efa cl · ad aspettare la chiamata non fa per me. Ho biso-gno di creare, di spaziare. Ad esempio...

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stefano accorsi col furioso orlando sfida il pubblico napoletano La paternità mi dà una forza incredibile, mi arricchisce, mi motiva. È qualcosa che mi mette sempre più intimamente in contatto con me stesso. di IlarIa CarlonI - foto di ChICo De luIgI courtesy SaverIo FerragIna - abiti guCCI i’ M novembre-dicembre 2012 i’ M novembre-dicembre 2012

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stefano

accorsi

col “furioso

orlando” sfida

il pubblico

napoletano

La paternità mi dà una forzaincredibile, mi arricchisce,mi motiva. È qualcosa chemi mette sempre piùintimamente in contattocon me stesso.di IlarIa CarlonI - foto di ChICo De luIgI

courtesy SaverIo FerragIna - abiti guCCI

i’M novembre-dicembre 2012i’M novembre-dicembre 2012

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lo chiamo. Ciò che mi colpisce imme-diatamente è la soavità della voce,con quel discreto, ormai vago, accentobolognese. Quarantuno anni suonati,compagno della splendida attrice-mo-della Laetitia Casta e padre “sempre

più felice” di due figli, anzi tre, come lui stessotiene a specificare: Sahteene, undici anni, natadal primo legame della Casta, Orlando, sei anni eAthena, tre. Stefano Accorsi è sempre in maggiore“connessione” con se stesso e l’inquietudine tipicadegli attori ha imparato a farla confluire nellagiusta direzione: la creatività.Del privato non vuol parlare. Non me lo dice, malo anticipo. Lo condivido e lo rispetto, ma dopoun’ora di telefonata la sua riservatezza si sciogliein una simpatica profonda interazione, dallaquale colgo molto di lui, dello Stefano “privato”:quello istintivo, intenso, che anche sul lavoro, la-vora col cuore, scegliendo solo progetti che glipiacciono, al di là del risultato che possono avere.Come questo del “Furioso Orlando”, opera diffi-cile, coraggiosamente portata da Accorsi in teatro.

Mi parli del “Furioso Orlando”, l’opera checoraggiosamente ha portato in teatro.Saremo al Teatro Nuovo a Napoli dal 18 dicembreper una settimana. L’idea mi è venuta mentrestavo recitando dei brani dell’“Orlando Furioso”al Louvre. Mi è piaciuta così tanto quell’espe-rienza che ho proposto al produttore Marco Bal-samo di portare l’opera in teatro. Il regista MarcoBaliani ha sapientemente rielaborato e riadattatoi testi, scegliendo come temi principali le storie diOrlando e Angelica e Bradamante e Ruggiero, in-torno alle quali ruotano gli altri personaggi.

Perché il titolo è invertito?“Furioso Orlando” per far capire che ci siamo con-cessi delle libertà nel rielaborare l’opera e perporre i riflettori sulle emozioni.

Cosa le appartiene di questo personaggio?

Orlando mi “interpella”. Vive in un modo così to-talizzante le sue passioni e mi fa molta tenerezzaperché è il più integro dei paladini cristiani, quellodai valori più forti. Mi colpisce la sua fragilità chelo porta alla follia per amore. Cade e poi si rialza:questo è l’aspetto che più mi tocca.

Un’opera ricca di sentimenti come l’amore,la gelosia, la follia, la violenza…Questa di Ariosto la definirei il primo best sellerdi fine Rinascimento, che ha venduto di più inquell’epoca e che ha in un certo senso anticipatole tematiche shakespeariane e la psicoanalisi.

Il suo primo figlio si chiama proprio Or-lando: un caso, oppure fu ispirato in tempinon sospetti dall’opera ariostesca?Conoscevo l’opera ma non l’avevo approfondita.Era un nome che a me e a Laetitia piaceva molto.Mio figlio quando è venuto a vedermi a teatro,ogni volta che pronunciavo il nome “Orlando”, al-zava la mano e alla fine, quando si è chiuso il si-pario, è scoppiato a piangere come a dire “Mi haichiamato per un’ora e mezza e poi chiudi il sipa-rio?!”

Che padre è Stefano Accorsi?Un padre sempre più felice. La paternità mi dàuna forza incredibile, mi arricchisce, mi motiva.È qualcosa che mi mette sempre più intimamentein contatto con me stesso.

I personaggi caratterizzati dall’inquietu-dine, come anche quello del poeta DinoCampana in “Un viaggio chiamato amore”,le riescono particolarmente bene: è un in-quieto?L’inquietudine la conosco, è qualcosa che mi è fa-miliare, ma a 41 anni ho imparato a gestirla gra-zie alla psicoanalisi ma anche alla creatività. L’in-quietudine resta se la si ha, ma bisogna direzio-narla in qualcosa di buono. Ho scoperto col tempoche non mi bastava fare solo l’attore, stare a casa

Per me la cultura diversa di Laetitianon ha costituito un ostacolo. E poi

amare significa proprio andareincontro a qualcuno,

a qualcosa di “altro” da sé.“i’M novembre-dicembre 2012

Stefano Accorsi: Nato a

Bologna il 2 marzo 1971.

Tra i suoi più grandi suc-

cessi “L’ultimo bacio”,

“Radiofreccia”, “Un

viaggio chiamato

amore”, “Le fate

ignoranti”, “Saturno

contro” e “Baciami

ancora”. Nel 2008 è tor-

nato in teatro nel

dramma “Il dubbio”

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ad aspettare la chiamata non fa per me. Ho biso-gno di creare, di spaziare. Ad esempio sto lavo-rando ad una serie per Sky, “1992”. Nasce da unamia idea e ne sono produttore creativo. La scri-vono Ludovica Rampoldi, Stefano Sardo e Ales-sandro Fabbri per la Wildeside.

Di cosa tratta?Vent’anni fa, il 17 febbraio 1992, scattava il primoarresto della maxi-inchiesta denominata “ManiPulite”, quello di Mario Chiesa: è il simbolico ini-zio di Tangentopoli. Proprio con la scena dei soldidelle tangenti buttati dall’allora presidente delPio Albergo Trivulzio si apre questa serie in 10episodi, che vede al centro del racconto sei italiani,persone “comuni” la cui vita si intreccia con l’in-chiesta. Un punto di vista particolare su un mo-mento decisivo della storia italiana, che fa dasfondo alle vicende dei protagonisti. Ogni puntataracconta un mese del 1992, partendo proprio dalquel primo arresto del 17 febbraio, per concludersiil 15 dicembre, con l’avviso di garanzia al segre-tario del PSI Bettino Craxi.

A gennaio uscirà anche la fiction “Il clan deicamorristi” e due film per il cinema: uno diMaria Sole Tognazzi, “Viaggio sola” e uno diPaolo Zucca, “Terza Categoria” in bianco enero. Lei passa dal teatro, al cinema e tele-visione. Quale la emoziona di più?Tutto mi emoziona, è solo l’impatto che è diverso.A teatro c’è l’immediatezza dello scambio col pub-blico. Il teatro è un rito, qualcosa di sacro, infattinon mi piace quando lo si definisce una “palestra”perché mi sembra dissacrante.

Sembra che lei a differenza di molti suoi col-leghi, segua un suo percorso, che non siasoggetto a tutti i meccanismi del mondodello spettacolo italiano. È una mia impres-sione?Ora che mi ci fa riflettere è vero, e mi fa anchepiacere che si percepisca. Io cerco di fare ciò chemi diverte, che mi stimola. Non penso a se funzio-nerà, anche perché è quasi sempre una incognita.Il mio motore è cercare di fare quello che mi ispiradavvero.

Sarà al Teatro Nuovo a Napoli dal prossimo18 dicembre. Come si trova col pubblico na-poletano? Crede apprezzerà?Amo la gente napoletana, ti fa sentire un caloreincredibile. Ricordo ancora l’affetto ricevuto unavolta in cui mi trovai a mangiare in un pub a Na-poli. Come pubblico è sempre una sorpresa.

i’M novembre-dicembre 2012

L’inquietudine laconosco, è qualcosache mi è familiare, maa 41 anni ho imparatoa gestirla grazie allapsicoanalisi maanche alla creatività.

i’M novembre-dicembre 2012

Chissà come reagirà. Vedremo…

Cosa le piace di Napoli? Ci è mai stato perlunghi periodi?Ci sono stato in un’altra tournée teatrale ed è unacittà che nonostante le difficoltà mi piace molto.Ha una dolcezza unica. E poi Napoli mi porta for-tuna.

Lei è bolognese trapiantato in Francia peramore. Cosa le piace di Parigi?A Parigi tutto funziona molto bene, c’è un grande

senso civico e questo la accomuna con Bologna,oltre al clima. Infatti, mi sento a casa.

Cosa le manca dell’Italia? Mi manca quel giusto equilibrio tra tempo liberoe lavoro che i francesi non hanno.

A Parigi lei e Laetitia riuscite a condurreuna vita normale?Certo. Andiamo a fare la spesa al supermercato,prendiamo l’autobus. Questo è l’aspetto positivodel formalismo dei francesi: hanno grande ri-spetto per la privacy. Ci riconoscono, ci guardano,ma niente di più.

I suoi figli si sentono “diversi” ad avere ge-nitori famosi?No, lo vivono con grande normalità. Loro sannoche facciamo un lavoro particolare ed anzi, ad Or-lando piace che la gente ci riconosca.

Non avrà le sue stesse velleità artistiche?Boh, vedremo tra qualche annetto…

Trasmette ai suoi figli la cultura italiana?Certo. Innanzitutto gli parlo italiano, poi vengonospesso in Italia, frequentano i nonni…Stando inFrancia ho riscoperto i valori dell’italianità e li horinsaldati.

La sua compagna è francese. Non crede aldetto “Moglie e buoi dei paesi tuoi?”Per me la cultura diversa di Laetitia non ha co-stituito un ostacolo. E poi amare significa proprioandare incontro a qualcuno, a qualcosa di “altro”da sé.

Che madre è Laetitia?Una bravissima madre.

Lei è un uomo di grande fascino, divenutoun sex simbol grazie anche ai ruoli interpre-tati. Che rapporto ha con se stesso: si piace?Certo, fa piacere che la gente ti apprezzi, ma perme conta altro. E vivo serenamente il passaredegli anni.

Un bilancio dei suoi primi 40 anni.Mi dia ancora un annetto…

Come si definisce come attore e comeuomo?Non ho mai saputo definirmi e le volte che l’hofatto, ho detto cavolate. Quindi, I’M puntini, pun-tini…

Il teatro è un rito,qualcosa di sacro, infattinon mi piace quandolo si definisce una“palestra” perchémi sembra dissacrante.

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