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Aa a d’

011CandeoroeC?

SECONDA EDIZIONE .

MILANO

FRATELLI TREVES , EDITORI

1 894 .

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P R O P R I E T ! L E T T E R A R I A

Riserva ti tutti 1 diritti.

Mi lano . T ip . T reves .

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DON CANDELORO E C .

I

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X’ Don Candeloro era proprio a r t is ta nel suo genere”!

figl io d i bura t tinai,n i po te d i bura t tinai che biso

gna nascerei con quel bernoccolo il suo pane,i l

suo amore, la sua glor i a erano i burat t in i . Non

son ch i sono se non arrivo a farl i parlare ! d iceva

in cer ti moment i d i vanaglor ia come ne abbiamo tu t ti,

al lorchè gl i applausi de l pubbl i co gl i andavano allates ta , e gl i pareva d i essere un dio , fra l e nuvole

del palcoscenico , reggendo i fi l i de i suo i personaegi

Pe r essi non guardava a spesa . Li perfezionava,

lì vestiva sfarzosamen te , aveva ideato del le tes te che

movevano occhi e bocca , s tud iava sugl i autori ‘

la voce

che avrebbe dovu to avere ciascuno di ess i, A lman

sore o Astila a’oro. Quando declamava pei suoi burat

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Don Ca ndeforo C i

tini,nel le scene cu lm inan ti

,s i scaldava così , che dopo

r imaneva sfini to,asc iugandos i i l viso

,ne l raccogl iere

i m iral legro dei suoi ammi ra tor i sfega tati,come un

a t tore naturale .

Di ammira tor i ne aveva da per tu t to,al l a Marina ,

alla Pesche r ia,cer tun i che s i togl ievano il pan di

bocca per andare a sen t i re da l ui la Storia di Ri

na ldo o I l Guerin Mesc/zino e se l’ additavano poi ,incon trando lo per la s trada

,col la canna d’India sul

l’omero e la sua bel la andatu ra ma es tosa,che sem

brava Orlcma’o addi ri t tura . Era un gran regalo quando

egl i r i spondeva a l sa lu to toccando con due d i ta la

tesa del cappello . Se nasceva una l i te in teatro,e

ven ivano fuor i i col te l l i,bastava che don Candeloro

si mos trasse fra le qu in te,e d icesse : Ehi

.con quel l a bell a voce grassa .

Giacché s’era fa t ta anche la voce,come il ges to

e la parla ta , sul fare de i suo i pe rsonaggi e pareva d i sen t i re un Rea le di Francia anche se ch ia

mava i l lus tras t ival i dal terrazzino.

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Don Ca ndeloro e C.‘

Con queste do ti innamorò la figliuola d i un os te

che teneva bo ttega l ì accan to . La ragazza era bru t

t ina,ma aveva una bella voce , e doveva avere ah

che un bel gruzzolo . La voce è tu t to ! l e d iceva

don Candeloro sgranando le gl i occh i addosso, e acca

rezzahdosi i l p izzo . G 1;azia l Che bel nome ave te

pure ! Andava Spesso a far colazione al l’os teria per

amore del la Grazia,e le confidò che pensava d’acca

sars i,da c chè aveva volta to le Spal le a lla vecch ia b a

racca del padre , e messo su i l nuovo teatro che rubava

gl i avven tori a l SAN CARLINO,e al TEATRO D I MA

RIONETTE. Si mangiavano fra d i loro come lupi, pa

dre e figl io , e i suo i col legh i erano giun t i ad ordirgl

la cabala , e fargl i fi sch iare l a Storia diBuovo d ’

An

tona . Spendero i tesori d i Creso ! aveva fat to

vo to quel di don Candeloro ba t tendo i l pugno sul la

tavola. Ma non son ch i sono se non l i r iduco a

chinder bo t tega tu t t i quan t i !

Lu i con dei con tan t i avrebbe fat to cose da sba lo r

dire. Insino i l bal le t to e la pantomima avrebbe por

tato sul suo teatro ; tu t to col le marionet te . Ci aveva

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6 Don Ca ndeloro e C*

qualcosa l ì ! e s i p icchi ava l a fron te d inanz i al la

Grazia,fissando le gli occh i addosso come volesse man

giarsela , le i e la sua dote . Si scervel lo un mese in tero ,col capo fra le mani

,a cercare un bel t i tolo pel suo

teatr ino,qualcosa che pigl i asse la gen te per gl i oc

ch i e pei capell i,lì,nel car tel l one dipi n to e coi l umi

die tro . Le Ma rionette parlanti! Sì,com ’è vero

ch’ i o m i appel lo Candeloro Bracone ! parlan ti e vi

ven t i megl io d i voi e d i me ! Non deve passare un

cane che abbia un soldo in tasca d inanz i a l mio tea.

tro,senza che d ica : Spendi amo l ’osso del c ollo

per andare a vedere cosa sa fare don Candeloro !

L’os te veramen te non s i sarebbe lasc iato prendere

a quel le spampanate,perchè sapeva che gl i avven tori

sc ri i preferiscono andare a bere i l buon vino nel so

l i to can tucc io oscu ro ; e del res to , l u i voleva un ge

nero con una profess ione da cri s t iano,come l a sua

,

a mo ’ d’esemp io,e non un commedi an te con l a zaz

zera inanel la ta,che parlava come un l ibro e gl i in

cuteva suggezione .

Quel lo è un t iz i o che c i farebbe muovere a suo

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D on Ca ndeloro e C '

piacere come i bura t t in i,te e me ! d isse al la fi

gliuo la . Bada ai fa t t i tuo i : l e buone paro le,qual

che risatina anche,con gl i avventori . E poi orecchie

di mercan te . Hai in teso ?

Ma i l tradimen to gli venne da un finest rino che

dava su l palcoscenico , a l quale l a ragazza correva

spesso d i nascos to a met tere un occh io,e dove si

scaldava i l capo con tu t te quel le s tor ie d i palad in i e d i

principesse innamorate . Don Candeloro , dacchè s’era

dich iara to con lei,l asc i ava socch iusa appos ta l’im

pannata,e le sfuria te d i amore, Rina ldo e gl i al tri

personaggi,l e r ivolgevano lassù ; tan to che l a ragazza

ne andava in sol luchero,e aveva a schifo poi d i lavare

i p ia tt i e imbrat tars i le man i in cucina .

Non pur me,ma infini ti s ignori ques to amore

ha fat to suo i vassa li,princ ipessa

Tu non me la dai a i n tendere ! bron tolava

l’os te col la figliuo la . Che diavolo ha i in tes ta ?

Mi sbagl i i l con to del Gl i avven tor i s i lamen

tano… Questa s ton a non può durare .

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8 D on Ca ndeloro e C ‘

La catas tro fe avvenne al la gran scena in cu i labella Antinisca ri torna al la c it tà d i Presopo li, e Guerino quando la v idde dice la s tori a s

ac cese mol to

p iù del suo amore Smaniava per la scena,sba

lestrando l e gambe d i qua e d i l ‘a,al zando tra t to

tra t to l e braccia al c ie lo,squassando i l capo quasi

col to dal mal nervoso . Diceva,con la bel la voce can

tan te di don Candeloro :

O Dio,dammi gra zia *

ch’

io mi possa d ifendere

da ques ta fragi l carne,tan to ch’i o trovi i l padre mio ,

e la mi a generazi one .

E la bella Antinisca , d imenandos i anch ’essa , e l a

grimando (s i capiva dal le mani che le sbat tevano al

viso)O S ignor mio , i o speravo so t to l a vos tra spada

d i esser s icu ra de l Regno che vo i mi ave te rendu to,

per questa cagione v i giuro per l i De i che come sa

pro, che vo i s ie te par t i to , con l e m ie proprie mani

m i ucciderò per vos tro amore,e se m i promette te

,

che fini to i l vost ro viaggio ri tornere te a me , i o vi

p romet to aspe t tarv i d iec i ann i senza prender mari to

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D on Ca ndeìm o e C.‘

Non per Dio,sare te vecch ia d isse i l Me

schino . Ques to non curo,pur che voi gi ur ia te

d i tornare a me ,d i non pigl iare al tra donna .

(Veramen te la bella Antinisca aveva una voce d i

gal let to che faceva ridere gl i spe tt atori,giacchè don

Candeloro per le par t i d i donna aveva dovuto scrit tu

rare a giornata un ragazze t to che cominci ava adesso

a fars i grand icel lo , e per giun ta rec i tava come un

pappagal lo,ta lché al le vol te i l princ ipale

,sdegnato

,

gl i asses tava del le pedate, d ie tro la scena .) Allora la

bella Antinisca cadde d ’ un sal to fra l e braccia de l

Guerino, p iega ta in due dal la tenerezza , e Grazia ,arrampicata al fines trino

,si sen tì balzare così i l

cuore nel pe t to , che le sembrava propr i o d i essere nei

pann i de i due fel ic i aman ti,al lorchè i l Mese/rino, i n

presenza d i P a rnia’as , Armigrano e Moretto , gi urò

per tu t t i i sagramenti d i farla sua donna e legi t t ima

sposa.

Quando saremo mar i to e mogl ie,l e par t i d i

donna le farai tu ! le aveva de t to don Candeloro .

E la ragazza,ambiz iosa

,s i sen t iva gonfiare i l pe tto

dal la gioia,a quel le scene commoven t i che facevano

drizzare i capel l i in capo ad ognuno,e s i vedevano

degl i uomin i con tan to d i barba piangere come bam

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1 0 D on Ca ndeloro e C.i

bini,fra gl i applaus i che parevano subi ssare il tea

tro . Sì ! si l d isse Graz ia in cuor suo .

I l babbo invece disse d i no . C ’erano con t inuamente

del le scene fra padre e figl ia ; quel lo ripe tendo che

la s tor ia non poteva durare , e minacciando la ra

gazza d i tornare a mar i tars i,e metterle su l col lo

la matrigna . Lei dura nel proposi to : o don Cande

loro,o la mor te ! Quando don Ca'ndeloro andò a far

la domanda formale , ves ti to d i tu tto punto , l’os te

r ispose

Tanto onore e piacere . Ma ciascuno sa i fa tt i

d i casa sua . Sono vedovo,non ho al tr i figl iuol i

,e

m i abb isogna un genero che mi

Al lora vuol d ire che non son degno d i tanto

onore ! balbe tto don Cande loro facendosi rosso,

e pian tandosi d i tre quar ti , col la canna d’

India ap

poggiata al l ’anca .

Nossignore,l ’onore e mio .

L’onore è vostro , ma vos tra figli a non me la

Nossignore . Come vole te sen ti rl a ?

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D on Ca ndeloro e C ‘

Va bene . Umil iss imo servo ! conch iuse don

Candeloro ca lcandosi con due di ta la tuba sull’

orec

chio,e se ne andò mortifica tissimo .

Sen t i d isse poi al la Graz ia dal fines trino .

.Tuo padre è un ignoran te che non capisce nul la .

B isogna prendere una ri soluz ione ero ica , hai cap i to ?

La ragazza es i tava a prendere la ri soluzione eroi ca

di infi lare l’nsc io e ven i rsene a s tare con lui , per co

stringere po i i l babbo ad acconsen ti re a l ma tr imon io .

Ma don Candeloro aveva i l miel e su l le l abbra , e sapeva

trovare delle ragioni al le qual i non si po teva resistere . Le diceva d i fare nascos tamente i l suo fa

got to… con giud izio , C’era anche l a

sua par te nei denar i del padre , e veni rsene dove

la chiamavano i c ie l i . Non hai giura to per gl i

Dei di essere mia donna e leg i t t ima sposa ?

I l vecch io però era un furbo matri colato,i l quale

cantava sempre miseria , e nascondeva i suo i bezziJ

!

chissà dove . Grazia non por tò al tro che quat tro cenc i

in un fazzolet to , e quel le poche l i re sp i ccio le che

aveva po tu to arraffare al banco . Come ? bal

be tto don Candeloro che s i sen ti va gelare i l sangue

nel le vene In tanto tempo che c i s ta i,non hai

sapu to far d i megl io ?

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1 2 Don Ca ndeloro e C*

Ques to era ind iz io che non sarebbe s tata buona

a nul la,neppure per lu i ; e le ques t ion i cominc iarono

dal p rimo giorno . Bas ta , era un gen ti luomo , e la pro

messa d i Candeloro Bracone era parola d i Re . I l bel lo

poi fu che lo s tesso giorno in cu i andarono al l ’al tare,

l u i e l a sposa, i l suocero vol le fargl i la burle t ta d i an

darc i l u i pu re,i nsi eme a una bel la donnona col la quale

aveva combina to i l pa teracch io lì per lì . Senza

donne non possi amo s tare nè i o nè i l m io negozio,

car i miei,gl i p iaceva r ipe tere

,con quel sorri set to

che mostrava le gengive più du re de i den ti,e faceva

v eni re l a mosca al naso . State al legri e che i l Si

gnore v i prosperi e v i d ia mol t i figl iuol i.Alla mia

mor te poi avre te quel che v i tocca .

I figl i uol i vennero i nfat t i a tu t t i e due,genero e

suocero , uno dopo l’al tro . Ma l’os te promet teva d i

me tterne al mondo quan to i l Gran Sultano,e d i cam

pare gl i ann i del Mago Merlino. Ogni vol ta che gl i

partor iva la mogl i e o l a figliuola , i nv i tava tu t to i lparen tado a fare una bel la mangia ta

.

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Don Ca ndeloro e C*

Crescevano i figl iuoli,e i pesi del matrimon io ; ma

viceversa poi diminui vano gl i i n tro i t i e i l favore po

polare . Quel la gran bes tia del pubbl ico s’era lasc ia to

prendere a certe novità che avevano por ta to Bracone

i l vecchio e i l proprie tar i o del SAN CARLINO . Adesso

nei tea trin i d i marione tte rec i tavano de i personaggi

in carne ed ossa , l a Storia di Ga riba ldi, figuriamoci,

ed anche del le farsacce con P ulcinella ; e vi can ta

vano del le donne mezzo nude che facevano de l pal

coscenico un le tamaio . La gente correva a vedere

le gambe e le al tre porcherie,tale e quale come le

bes tie,chè don Candeloro ne arross iva pel mes tiere ,

e preferiva piu ttos to fare i l sal timbanco o il l us tra

scarpe , prima di scendere a quel le bassezze . Per nonreci tare al le panche era arriva to a far en trare i n

teatro grati s de i vecch i avven tori,fedel i a l le bel le

Storie a!

Orlando e dei P a la dini antichi , co i qual i

almeno si sfogava dicendo vituperidei suoi col legh i

Perchè non mettere le pers iane verd i al l e por te,

come . certi s tabi l imen t i ? … Sarebbe più pul i to.Do

vrebbe immischiarsene l a Ques tura,per Satanasso !

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Don Ca ndeloro e C z

Però l ignoranza e l’

ingra titudine del pubbl i co gl i

facevano cascare le b racc ia . Non valeva proprio la

pena di sudare coi l i bri,e spendere dei tesori per

dare roba buona a degl i as ini . Vole te l avare la

tes ta a ll’asino ? Gli s tess i bura t tin i rec i tavano svo

glia tamente, ves t i t i come Dio vuole. Ci s i perdeva

l’amore del l’ar te e d ’ogn i cosa,parola d i gen t i luomo !

Dov’

erano andat i i be i temp i in cu i s i facevano

due rappresen tazion i al giorno,la domen ica e le fes te

,

e l a gen te assed iava la por ta,quand’era annunzia to

sul car tel lone un personaggio nuovo ? Don Can

deloro,coll a barba d i o t to giorn i e la zazzera ar

rutfa ta,passava le giornate in tere nel l a bet tola del

suocero,a di r corna dei suo i col legh i

,o a l i tigare

col la mogl ie,ora che in casa pareva l’i nferno . Graz i a,

adesso che aveva v is to cosa c’era d ie tro le bel le scene

impias tr icc ia te,s tava con tan to d i muso a rammen

dar cenc i anche le i,a stemperar color i , e rompers i

braccia e sch iena,vociando come un pappagal l o per

le Arlenn'

sie e le Rosa linde, da ll’

avemaria a due ore

d i no t te ; che Specie quando i l S ignore le mandava dei

figl iuol i (e succedeva una vol ta al l’anno) era propri o

un gas tigo d i Dio .

Tu non sa i far a l t ro,per Maome t to ! l e rin

fa cc iava il mari to furib ondo .

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I 6 D on Ca ndeloro e C ‘

Don Candel oro v iaggiò per val l i e per monti,come

i caval ier i an ti chi , con tu t to i l suo tea tro ammuc

chia to in un carro , e l a mogl ie e i figl i uol i sopra .I l guaio era che non si tro x a va con chi combattere .Quei c on tad inacc i ignoran t i ed avar i

,s fogata la pr ima

curiosità, vol tavano le spal le a l le mar ione t te parlan ti

o s’arrampica rono sul te t to de l tea trino per goders i la

rappresen taz ione gra tis.Arrivando in un vil laggio,don

Candeloro scari cava la roba sul la piazza , pigl iava in

affi t to una bo ttega,un magazz ino , una s talla, quel che

trovava,e si me ttevano a inchiodare e i ncollare tu tt i

quant’

erano .Le s tagion i duravano ot to , quindic i giorni ,un mese , al p iù . Dopo

,si to rnava da capo a correre

i l mondo,e in quel va e vien i l a roba andava in ma

lora ; si mangiavano ogni cosa le spese d’affi t to e d i

viaggio,con dei carre t tier i l adri ch’

erano peggio dei

saracini,non usavano riguard i neanche a Cris to .

Don Candeloro , avvezzo ad essere ri spe t tato come un

Dio da s imi le gen tagl ia , voleva farsi ragione col le sue

mani,i n princip io , sinchè si busco una grandinata di

cal c i e pugn i .

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D on Ca ndeloro e C.‘ 1 7

E ci dove ttearrivare anche lu i,Candeloro Bracone

,

a fare i l pagl iacc io se vol le aver gen te nel suo tea

tro , e a rappresen ta re l a pan tomime nel le qual i pigl i a

vasi le pedate nel d id ie tro dal minore dei suoi ra

gazz i per far r idere la pla tea Quando vide che i l

pubbl ico non ne mangiava più in nessuna salsa del le

marione tte parlant i e c i voleva del l’al tro per ca

var soldi da que i bru ti,ebbe un’ idea luminosa che

avrebbe dovu to fare la for tuna di un ar tis ta,se la for

tuna baldracca non ce l’ avesse avu ta a mor te con

Ah,vogl iono i personaggi

Un bel g iorno s i v ide annunz iare sul car tel lone

che la parte di Orlando, nei Rea li diFrancia,l ’avrebbe

sos tenu ta don Candeloro in persona fat ica sua par

ticolare ! E comparve davvero sul palcoscen ico , l u i

e tut ta la sua famiglia, i n cos tume , e armato d i tu t to

punto : delle armature ord inate appos ta al pr imo lat

toniere della c i t tà , e che erano cos tate gl i occh i del la

testa. I l pubbl ico sciocco i nvece,al vedere quei ceffi

di giudei che toccavano i c ie l i co l capo , e suona

vano a ogni passo come scatole d i pe trol io,s i mise

a ridere e a ti rare ogni sorta d’immond ìzie sui P a la

dini, massime al lorchè ad Orlando cadde d i mano la

spada, ed egl i , tu t to ch iu so nel l’ armi , non po té ch iVERGA . D on Ca ndeloro e C.

!

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1 8 D on Ca ndeloro C.

nars i per ra c c a ttarla . Urli,

fisch i e mozz iconi d i s i

gari in‘ faccia a i Rea li. Un pu tiferio da . prendere a

sch iaffi tu t t i quan t i,o da passar loro la spada a ttra

verso i l corp o,se non fosse s tata d i la t ta

,pensando

a tan t i denari spes i inu ti lmen te .Da per tu t to , ove s i os t inava a por tare i P a ladini

di Francia con personaggi ver i trovava la s tessa

accogl ienza : tors i d i cavolo e bucce d’a rance I l pub

bl ico andava in teatro appos ta col le tasche p iene di

quel la roba . Non l i volevano pi ù neanche co i per

sonaggi ver i ,, iP a ladini ! Volevano le scempi aggin i d i

P ulcinella , e le canzone t te grasse can tate dal le donne

che alzavano la gamba .

E tu fagliele vedere le gambe ! disse infine

al la mogl ie don Candeloro infuriato . Diamogl i del le

ghiande al porco !

Lu i s tesso,col le sue mani , dove t te aiu tare la Gra

zia ad accorc iare la gonnel la , l i tigando con le i che

pre tendeva d i non esser nata per quel mes ti ere , e

si vergognava a ll’udire i comp l imen t i che i l pubbl ico

ind ir izzava a i suoi s t inch i magri . Per che cosa

sei na ta ? per far l a princ ipessa ? I l pane te l o mangi ,però ! Lu i invece era preso adesso dal la rabbia

d i mostrare ogni cosa,a quegl i an imal i , l a

mogl ie ,

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Don Ca ndeloro e C*

l a figliuola ch’era p iù giovane e chiamava più gen te .

Anchfio , g

se v_

o_gl_ iono Vogl io c a la rm1

le brache in faccia a quel le best ie ! Faceva delle

risate amare,povero don Candeloro ! Cercava le far

sacce p iù s tup ide e più indecen t i . Si t ingeva i l v iso

per fare i l pagl iacc io . Spu tava sul pubbl ico , d ie tro

le nin te Porc i ! orc iC! P

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LE MARIONETTE PARLANTI .

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D on Ca ndeloro e C i

e l i fac eva parla re,aiu tato dall a mogl i e e dai c inque

figl iuol i , talché in cer te rappresen tazion i c’erano fin

ven t i e più personagg i sull a scena,combat t imen to

ad arma bianca , musi ca e fuoch i di bengala , che ch iamavano gran gen te .

Dic iamo cinque figl iuol i,però uno di essi ve ramen te

iera figl io non si sa d i ch i , raccol to da don Cande

loro su l la pubbl i ca vi a per cari tà , ed anche perchè

aiu tasse a lavare i pia t ti , suonar la tromba e chia

mar gen te,ves ti to da pagl iacc io , all ’ ingresso del

teatro .

Mar tino , fate vedere I vos tr i talen ti,e ringra

zia te ques t i signori .

Mar t ino vol tava l a groppa,si bu t tava a quat tro

zampe e imi tava i l ragl i o del l ’asin o .

Egl i era i l buffo dell a Compagnia , faceva i l sol le

t i co all e donne,e a ndava a cacc iare i l naso fra l e

a ss i de l d ie tro scena , mentre si ves tivano per la

farsa . Col la ragazza po i i nven tava cen to burle t te che

la facevano r idere, e le me t tevano come una fiamma

negl i occh i l adr i e su l la facc ia len t igginosa .

Be’,Violan te

,vogl iamo rappresen tare al v ivo

l a scena fra Rina ldo e Armida ?

Una vol ta che don Candeloro lo sorprese a‘ far la

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Le m a rionette pa rla n ti 2 5

prova generale co l l a sua figliuo la , l a quale s i acca

lorava anch’essa nel la parte,e abbandona vasi su d i un

mucchi o d i cenci,quasi fossero le rose del giard ino

i ncan ta to,ammin is tro a tu t t i e due tal sal va d i calc i

e schiaffi da farne passare la vogl i a anche a dei gat t i

in gennaio . Ah bricconil Ah tradi tori ! V’

insegno

io ! La Violan te ne por tò un pezzo i l segno sul la

guancia . Ma ormai aveva preso gus to al le monel leri e

di Mar tino,s icchè andava a cercarl o ap pos ta d ie tro

le qu in te,fra le scene arro tolate

,e i casson i del le

marione tte,men tre lu i smoccol ava i lumi per l a rap

presentazione dell a sera,0 so ffiava so t to l a marmi t ta

posta su due sassi,nel cor t i le t to . Gli soffiava fra capo

e col lo de i sospi ri che avrebbero acceso tu t t’ al tro

fuoco, pigliandosela col le s tel le e coi barbar i geni tori .

Sta tranqui l la,disse Mar ti no , s ta tranqui l la

che me la pagherà .

Adesso era le i ' che lo s tuzzicava,vedendo che i l

ragazzo,ammaes trato dal le s tava al l’er ta pel

pr1na pale , co l l’ orecchi o teso e guardandosi i n torno

prima d i al lungare le mani verso d i lei . Gli por tava

di nascos to i miglior i boccon i ; gl i serbava , in cer t i

posti designati , i l vi no rimas to in fondo al fiasco ;per r ivolgergl i le parole p iù sempl ici

,dinanz i a i suoi

,

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26 D on Ca ndelo…e C {

faceva un cer to viso come avesse l’an ima ai den ti ,co l capo sull

omero e gl i occh i d i pesce mor to ; pi

gliava il tono del le Clorinde e del le Rosamunde per

d i rgl i sol tan to —Bisogna andare per l’ol io,Mart ino.

Guarda che non c ’è più legna so t to la mangiatoia…

E quando lavorava accan to a lu i,sul palco , con

le Artemisie i n mano , gl i bu ttava sul viso le paro le

i nfocate del la par te,cogl i occh i n er i che mandavano

lampi,e le labbra turgide che volevano mangiarse lo .

O Cie l i ! Chi mai vedo a me Mio

mio bene !

Lavora ! l avora , sgualdrine l l a ! borbot tava

don Cande loro ,al lungando del le pedate , quando

po teva .Com’è vero Dio ! t’ho de t to che me la pagherà !

rispose Mar tino fra i den ti p i ù d i una vol ta .

Sì,pri ncipessa adora ta…

E gl iela fece pagare,un gi orno che il princi pale

era anda to avan ti a procura r la piazza , e la Com

pagnia e la baracca seguivano d ie t ro s u d i un carro .

Martino e la Violan te finsero d i smarr i rs i per cer te

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Le ma rionette pa rla n ti

scorciatoie , in mezzo ai fich i d ’

India,e raggi unsero

poi la comi t iva in c ima al la sa l i ta , sca lmanati ; Mar

tino trionfan te,quasi avesse vin to un terno al lo t to

,

e la Violante che sembrava davvero una princ ipessa ,’ sdi l inquendo attacca ta al suo bracc io

,e lagnandos i

di avere male ai p iedi .

Chi si lagnò su l ser io poi fu don Candeloro,che non

poteva più maneggiare quel b i rbo d i Mar tino,divenu to

insolen te e pigro , minacci ando ogn i momen to d i pian

tar baracca e burat t in i e andarsene pe i fa t t i suoi .

Ora che t’ ho insegnato la professione, e t’ho

messo a ll’

onor del ri baldo,

Violan te pi angeva e suppli cava l’ aman te d i non

abbandonarla in quel pun to .

Che vuoi ? d i sse Mart ino . Sono s tanco

di lavora re come un asino pe i begl i occh i d i non so

chi . Ci levano la pel le . Non c i lasc iano resp irare un

momen to,neppure per trovarc i

In tre mes i sol tan to quat tro vol te,d i not te

,a ruba

ruba,con una paura del d iavolo addosso ! Una sera

che babbo e mamma avevano mangia to bene e be

vuto meglio , la ragazza andò a trovare i l suo Mar

tino i n so t tana , che sembrava la Fa ta Bianca , sci o

gliendosi i n lagrime come una fon tana .

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28 D on Ca nde loro e C !

Che facc iamo,Dio mio ? … Tu dormi

Eli ? Che vuoi fare ? ri spose l u i fregandosi

gl i occh i .

Non posso più nascondere i l m io La

mamma m i t iene gl i occh i B isogna confes

sare ogni Tu che hai p iù

lo,eh ? Perchè tuo padre m i dia i l resto del

car l ino ? Graz ie tan te ! Piu ttos to i nfi lo l’ uscio e me

ne vo . Se tu vuo i ven ire con me ,L’ idea gl i parve buona e l’ accarezzò per un po’

d i tempo .

lo so fare i l sal to mor tale,l ’ uomo senz’ ossa

,

i l gambero parlan te. Tu se i una bel la Sì,te

lo dico in facc ia… Vest i ta in magl ia,a raccogl iere

i sold i co l p ia t tel lo,l a gen te non si fa rà t i rar le

orecch ie per me ttere mano al la tasca . Andremo pel

mondo ; ci d ive rt i remo , e c iò che s i guadagna ce lo

mangeremo no i due. Ti piace ?

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Mai e poi ma i don Candeloro si sarebbe aspe t

tato un tradimento così nero . Propri o nel megl io

della s tagione , quando i l pubbl ico cominciava ad ab

boccare,e da o t to giorn i che erano arr iva t i in paese

,

e avevano pian tato le assi nel magazzino dell’a rc i

prete Simola , s’

in ta sca vano sold i colla pala,e ogn i

sera s i cenava ! Fu al lora !che Mar tin o e la Vio lan te,

sentendosi la pancia piena,spu tarono fuor i i l veleno

,

e gl i appiopparono i l calc i o del l ’asino,la sera che i l

pubblico affo llavasi in teatro per la con ti nuazione

del le imprese d i Guerin Meschino al la ricerca del la

Fa ta Alcida , e prevedevasi più d i ven t i l i re d’i ncasso .

La mogl ie d i don Candeloro,che da qualche tempo

aveva de i sospet t i e teneva d ’occh io la figliuola ,l a

sorprese tu t ta sossopra,die tro a Mar tino

,i l quale

i nsaccava del la roba . Violan te,col ta sul fa t to , l e s i

but tò ai p iedi p iangendo,come la Da nzigella di P a

czfero Re del P orchinos , quando sve la i l suo fal lo

al geni tore .

Ah,scel lerata ! s tri l lo l a madre . Cos’ha i

fatto ? Tuo pad re ora v’

a ccoppa t u t t’e due !

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3 0 D on Ca ndeloro e C.*

Don Candeloro sopraggiunse in quel pun to,facendo

i l d iavolo a quat tro appena in tese d i che s i trat tava .

Sua moglie gr idando aiu to,Violante bu ttandos i d i

nanz i al l’aman te per d ifenderlo ero i camen te a costo

dei suoi giorni,Mar tino a rramp icandom sull

intela ia

tura del le quin te,con tan to d i temperino in mano

,

i ragazzi s tri l lando tu t ti in coro : una scena al na tu

rale che chi u 1 que avrebbe pagato l’i ngresso volen tier i

per godersela . Don Candeloro però non d imen ti cò

neppure al lora nè ch i era nè quel che aveva a fare .Zi t t i tu tt i ! gridò co l la voce solenne del le

grand i rappresen taz ion i . Adesso appar ten iamo

al pubbl ico,che cominc ia a veni re i n tea tro . Tu

,Gra

z ia,va all a por ta, se no en trano di scappel lo t to . Ag

giusteremo i con ti dopo, in fam igl ia .

Figuriamoci la povera madre che doveva sorr idere

al la gen te incassando i due sold i del big l ie t to,con

quel pensiero e quel l o spaven to Le prime

scene poi,mentre aiu tava i l mar i to che aveva le man i

legate dai bura tti n i , e non poteva and are a prendere

pel col lo i due i nfami che non compari vano a tempo

coi loro

Che diavolo fanno ? Adesso è l ’entra ta di Alcida .

Com ’è vero D io,mi rovinano l a megl i o scena!.

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32 Don Ca ndeloro e C ‘;

Nella baraonda s i udì i l correre dei ques turin i,che

le orecch ie eserc i ta te r iconobbero subi to al rumore

degl i s t iva l i .Musica ! musica ! Non è niente ! n ien te !

Ma non ce ne fu b isogno . Guerino tornò in scena ,piegandos i in due ad inch inare gli spe t ta tori

,e dal

l ’al tra par te comparve immedia tamen te laFa ta A lcida ,di tan ta bel lezza

,adorna che la sua facc ia splen

deva come un sol e come spiegava a voce don Can

deloro,i l qua le accese ! i n que l punto un po’d i ma

gnesio , che fece un be l vedere sull’

arma tura d i lat ta

del Mese/tino, e i l man to del la fata tu t to a dragh i e

b isc ie d’

orpello .

Brav i ! b is ! gridarono i compari,che non ne

mancavano .

Si sarebbe udi ta volare una mosca . Da un canto

i l Guerino, che faceva orecch io d i mercan te al le’

se

duzioni del la Fa ta , e le i che ostinavasi a riscaldare

in l u i l e arden t i fiamme d ’ amore d iceva col la

sua s tessa bocca,e con cer ti a t ti d i mano anche

,

tan to che i l .Meschino dimenavasi tu t to c on un suon

d i ferracc ia e lasci ava i n tender chiaramen te che

se Dio per l a sua grazia non gl i avesse fa t to tenere

a men te gl i avver timen ti de i tre santi Romiti d i cer to

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Lc‘

ma rionette pa rla n ti 33

saria caduto . La gente si sen t iva dri zzare i capell i

in testa . Uno d i lassù , nei pos t i da un soldo , gridò

inferoc i to

Guardat i,Meschino ! Tradimento c’è !

Però gl i avven tor i sol i ti avevano notato che quel la

non era la voce del la Fa ta A lcida , e gl i s tess i ges ti

che faceva , d i qua e d i la, al l’ impazzata

,non ave

vano n iente d i naturale . Per cer to qualcosa d i grosso

doveva essere avvenu to d ie tro le qu in te . Sicchè da

prima furono osservazion i e niormorii, e po i vennero

le male paro le . Infine al lorchè invece dei d ragh i e

degl i al tr i incan tes im i che dovevano far nascere i l

finimondo,don Candeloro cercò d i cavarsela con una

manata d i pece greca e picch i ando su due scatole

di petrol io per im i tare i l fracasso dei tuon i,scoppiò

davvero l ’infe rno in p la tea : url i , fisch i,bucce d ’

arance

e pipe ro t te , che pareva volessero sfondare i l s ipari o .Pubblico r ispe ttabi le venne a di re la mogl ie

di don Candeloro p iù morta che viva,e con un

chio pes to , ora v iene una bel la farsa tu tta da

nuovissima per queste scene . Onora teci ecompa titec i.

Che farsa ! La gen te era lì da ll’avemaria per go

dersi appunto l a gran scena del l’i ncan tesimo,e aveva

VERGA . D on Ca ndeloro e 3

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34 D on Ca ndeloro e C ‘

speso i suoi denari per vedere i personaggi ch

s i azzuffavano sul ser io menando bot te da orbi,

non don Candeloro,i l quale fingeva d i prenders i

legnate dal randel lo imbot ti to d i s toppa e se l a ride

poi so tto i l naso . Parecch i s i bu t tarono sul l a casse t

C i fu un pigl ia pigl i a fra le guard ie e i più les t i

mano . I comi c i sal tarono giù dal pal coscenico,c

come s i trovavano,mezzo ves t i t i per la farsa

,

dando e s trep i tando anche l oro . Don Candeloro co

camic ia d i P ulcinella , scappò a correre verso la cam

pagna,al bu io

,in cerca de i fuggi t ivi , giurando d’ac

copparli tu t t’e due

,se l i p igl i ava .

Li ho vis t i i o,d isse un ragazzo : ce n’

sempre d i co tes ti : Son fuggi t i per di qua .

u!

Mar tino e la Violan te correvano ancora infat t i,

tan ta era la paura . Allorché i ncon travano dei carr i

per la s trada,Violan te si bu t tava d ie tro una siepe

,

poich’

era in sot tanina b ianca,così come aveva potu to

svignarsel a men tre vestivasi per la farsa . Mar tino,p iù

furbo,

fingeva d’andare pe’ fa tt i suoi, 0 d i al lacciars i

una scarpa . Poi,quando furono ben lon tani

,s i ac

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Le ma rionette pa rla n ti

coccolarono die tro un muro , e mangiarono de! sa

lame,che Mar tino

,i nnamorato com’ era

,aveva pen

sato a met tere da par te . Vi olan te , p iù del i ca ta e sen

sibi le,badava piu t tos to a guardare l e s tel le , pen

sando a quel che aveva fat to .

Dove si va adesso ? ch iese sbigo t ti ta .

Domani lo sapremo r ispose lu i col la bocca

piena .

Cominciava a spuntare i l giorno . Violan te non

aveva por tato al tro che uno sc ial le t to logoro , su l la

so ttan ina,e tremava dal freddo .

Hai paura forse ? ch iese l u i .

con te,mio

Le venivano in mente al lora le parla te d ’ amore

che aveva imparato a memoria pe i bura t t in i,al lorché

Martino r ispondeva col la voce grossa e facendo sma

niare d’amore Orlando e Rina ldo . Così le damigel le

e le pri ncipesse s i lasc iavano rap ire dal l’aman te su i

caval l i al a ti . Martino fermò un carre t t iere che andava

per l a s tessa via,e combinò d i mon tare sul carro

,

l u i e l a Violan te,pagando .

Hai de i sold i ? chiese lei so t tovoce .

Si, s ta z i t ta .

Dopo , per giust ificars i , si sfogo a di r male de i ge

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36 D on Ca ndeloro e C.

ni tor i d i lei,che l i facevano lavorare per nu lla e s i

arricch ivano a spese loro . Infine,conch iuse ,

ho preso i l mio . Tanto tempo che tuo padre non

m i dava un baiocco .

Però la Violan te non aveva appe t i to,sen tendosi

su llo s tomaco la paura del babbo, e i l peso d i quel

l’

azionaccia che Mar tino gl i aveva fa t to met tendo le

man i nel l a casse t ta . Lui i nvece era al legro come un

fringuel lo ; accarezzava la ragazza e faceva can tare

i sold i in tasca ; nel le s t rade maes tre c i s tava come

a casa sua , e ad Augus ta le fece far l’entrata in fer

rovi a come una princ ipessa .

Vedi ! le d i sse,pigl iando i due bigl ie t t i d i

te rza classe . Ved i come tra t to i o !

Da principi o non andava male . Violan te era un

po’ goffa,un po’ pesan te ; ma allorché gi rava in tondo

su d i un p iede , o s’

arrampicava sul dorso d i Mar

t ino,scopriva tal i a ttrat t ive che la gen te correva

in p iazza a vedere , e met teva volen t ier i mano al la

tasca . Mar tino chi udeva un occh io quando correvano

anche de i p i zzi co t t i , so ttomano , mentre la ragazza

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Le ma rionette pa rla n ti 3 7

girava con tegnosa col p iattel lo fra l a fol la . Pa

z ienza ! il mestiere voleva così . Oggi qua,domani lon

tani del le migl ia . Dove t i r ivedranno po i gl i scioc

ch i che si lasc iano spi l lare i sold i per l a tua bel la

faccia ? In compenso si mangi ava e beveva al

legramente, e lu i andava a le t to ubbri aco , sinchè i l

d iavolo c i m ise l a

La Violan te si ubbriacava pure agl i appl aus i e a l le

esclamazion i salate del pubbl i co,sicché scorciava

sempre più i l so t tan ino,e r isch i ava d i rompers i l’osso

del col lo nel fare i l cap i tombolo . Per disgrazi a s’ac

corse nel lo s tesso tempo che b isognava slargare d i

giorno in giorno la c in tu ra,e che le dolevano le

reni nel fare le forze . Gia quei baffe tt i gliel’

avevano

det to a Mar ti no,che non l ’ avrebbe passa ta l i sc ia .

Sicché le r infacc iava che quando sarebbe divenu ta

grossa come i l tamburone,i l pubbl ico l i avrebbe

lasci at i in piazza tu t t’e due a grat tars i l a panci a.—Per

giunta poi aveva de i sospe t t i su d i un Ti zio che

correva d ie tro' al la Violan te,da un paese al l’ al tro

e tirava a far lo becco .

Ne,aveva avu t i tan t i la bel l a figliuola degl i spa

simanti che us to lavano d ie tro i l suo gonnel l ino cor to

mil i tar i,bei g iovan i

,S ignor i che avrebbero speso

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38 D on Ca ndeloro e C ‘

tesori ! Nossignore ! Ecco che t i va a cascare in bocca

a quel d ispera to che por tava tu t ta la sua bot tega al

col lo,e gi rava anch’ esso per i l mondo a vendere

spi l l i e mercer ie di qua e d i la. Per un palmo d i

nas tro la bru t ta carogna s i era vendu ta ! Martino

h’ebbe la cer tezza quando gl i el o vide al col lo,e vide

pure i l merc iaiuolo che lo p igl i ava col le buone anche

lui,e gl i pagava da bere per tenerl o al legro .

Aspe t ta ! gh ignava fra sé e sé Martino al

zando il gomi to . Aspe tta , che vogl iamo r idere

meglio quando verrà i l momen to che d ico io !

Tol lero ancora un po’,per necessità ,

finché la

Violan te po té aiu tarl o a raccogl i ere sold i sul le p iazze,

odiandola i n tern amen te e dandole i n cuor suo tu t t i

i t i tol i che aveva imparato ne i trivii. Poi, un bel

giorno,accor tos i che i l merc iai o al lungava le mani

so t to l a tavola verso l a Viol an te,men tre des inavano

ins ieme come am ic i e fratel l i a l l ’ os teri a,fece una

scena i ndiavolata,t i rando fuor i i l co l tel lo

,minac

c iando gl i amic i che s i frapponevano a me t ter pace .Che pace ! Con quel la canagl ia Vogl io man

giargli i l cuore a tu t t i e due ! sbrai to raccogl iendo

i suo i cenc i,e tan t i salu t i al la compagnia !

I l povero merc ia io,che s i vide cadere sul le brac

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4 0 D on Ca ndeloro e C !

Madre natura m ’

ha fat to così , r ipe teva dal

can to suo don Candeloro nel crocch io degl i amic i,che

si r innovano sempre in ognipaese e in ognicaffé nuovo ,i l cuore largo come i l mare ' e le br'

arfc 1a

Cogl i ann i e ra d iven ta to fi losofo . Aveva imparato

a conoscere i capri cc i del la sor te e l ’ ingrati tud ine

degl i uomini . Perc iò pigli ava i l tempo come ven iva ,e gl i am ic i dove l i trovava . Si con ten tava d i por tare

i l corno d i coral lo fra i c iondol i del l’ orologio,e un

ferro d i caval lo,del p iede s ini s t ro

,in ch ioda to sul le

ass i del la bara cca .

Era anda ta su e giu quel la baracca . Una vol ta ,quando i figl iuol i

,fat t i grandicel l i

,aiu tavano anch ’essi

col le forze’

e nel le pan tomime,le MARIONETTEPARLANTI

con tavano fra le p rime d i quan te ne fossero in g iro,

e s i s tava bene . Poi i ragazzi erano sgat taiola t i d i

qua e di là,i n cerca d i migl i or for tuna o d ie tro la

gonnel l a d i qual che donnacc ia del lo s tesso mes tie re,

e don Candeloro per ai u tars i e ra s ta to cos tre t to a ri

prender Mart ino che aveva incon tra to a Giarra tana

povero in canna,e rido t to a far quals ia s i cosa per

i l pane .

Sono nato senza fiele in corpo,come i col ombi

,

d isse a l lora don Candeloro . Le anime grand i

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Le ma rionette pa rla n ti 4 1

si conoscono appun to al perdono del le offese . Se mi

prome tt i d i non tornar da capo,t i pigl io d i nuovo

in Compagni a , a quind ic i l i re i l mese , al loggi o e

vi t to compreso .

Sia pure , r ispose Mart ino che moriva d i

fame . LO fo per amor del la Violan te,che un giorno

o l’ al tro deve esser mia mogl ie e legi t t ima sposa .

Ma intendiamoci,voss ignoria , che non son più un

e se torna te a giocar d i mano o a farmi

pat ir la fame,c i guast iamo per l ’u l t ima vol ta

,com’è

vero Dio !

Si rappat tumarono anche col la Violan te,per i n

tromissione del babbo , i l quale però prescr i sse che

dormissero lontan i l’ uno dal l’ al tra,in omaggio al

buon costume,

finché fossero s tat i mar i to e mogl ie .

Messos i così l’an imo in pace , tornò agl i am ic i e al

l’

osteria , ora che a l res to badavano gl i a l tr i . Nondi

meno capi tava spesso d i dover sospendere le rappre

sentazioni per due se t t imane O t re a causa del la Vio .

lante,l a quale era cos tre t ta a tornare d i tan to in

tan to a ll’Ospizio d i Matern i tà . I l fidanzato al lora vo

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42 D on Ca ndeloro e C‘ ‘

mi tava ogni sor ta d i impropern con tro d i le i , p i

gliandosela anche con la suocera , l a quale non sapeva

tenere gl i occh i aper t i come faceva lu i,pro tes tando

di non averc i col pa ; e don Candeloro met teva pace

e tornava a ripe tere che quel la s tori a doveva avere

un termine,e che li avrebbe mena ti per le orecch ie

dinanzi al s indaco tu t ti e due,e l’avrebbe fa t ta fin i ta.

Disgrazia tamen te i temp i non d icevano . Le mario

net te facevano pochi affari,e la Violan te pro tes tava

che se Mar tino non arr ivava a met ter su teatro

da sé,sinchè doveva por tar le i sola tu t ta la baracca

sul le spal le,non voleva me t ters i pure quel l’al tra ca

tena a l col lo,e prefer iva res tar z i te l l a come Sant’Or

sola . Lei invece sapeva ingegnars i col suo pubb l ico ,d i qua e di là

,e per mezzo del le benefic ia te e dei re

gal i r iusc iva a porre da par te qualche soldo . Don

Candeloro vedeva già i l momen to in cu i gl i avreb

bero dato i l calc i o del l’ asino , come aveva fat to lu i

con suo padre .

Così paga i l mondo ! Non tu t ti hanno i l c uore

a un modo !

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Le ma rionette pa rla n ti 4 3

E ci aveva pure un’al tra spina nel cuore i l povero

vecchio,al vedere la condot ta che teneva la figliuola ,

e rodendosi i n ternamente con tro quel la bestia d i Ma r

tino che non si accorgeva d i nu l la . Acce t tava,é vero ,

per amor del la pace,le cortesie e gl i i nvi t i a cena

dei pro te ttor i che la figliuola sapeva trovare i n ogni

piazza ; si lasc iava me ttere in fondo al la tuba i l car

toccio coi dolc i 0 gl i avanzi del desinare per l a sua

vecchiarel la che aspet tava a casa ; ma stava a tavola

di mala vogl i a,senza al zare i l naso dal p iat to

,col

cuore grosso . E vedendo Martino che macinava a due

palmen ti,cuor con ten to

,quel l’al tro ! gl i dava fra sé

certo ti tol o che non aveva mai por tato,

Ah , no ! Non nacqu i so tto quel la s te l la , i o !

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PAGGIO FERNANDO .

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4 8 D on Ca ndeloro e C.z

di le t tan t i raccol t i i n torno al b i l iardo ne l Casino di

conversazione . Si udì prima un’osservazione t imida,

come un sospi ro ; posc ia il coro del le lagnanze : Per

ché é figliuolo del s indaco Perché torna dagl i s tudi

col so l ino al to tre d i ta

Che cosa Dicano,d icano pure l ibera

men te . Siam qui appos ta per fra

Si fece avan t i un giovano t to magro e barbu to,sot to

un gran cappel lacc io nero,e cominciò

Io Non d ico per l a d is tri buzione del le

parti Non me ne impor ta .… Ma quan to al la scel tadel la Mi pare che sarebbe ora d i fi

h i rl a coll a

Eh Che d ice ? Non l e p iace la P a rtita a sca cchi

del l’avvocato Giacosa Lavoro applaudi to i n tu t te

le p iazze

L’a l tro fece una spal la ta,e l’ accompagnò con un

r isol ino che diceva assai . Don Gaetanino , che pigl iava

le par t i del l’ avvocato Giacosa,come s i sen tisse già

sul le spal le la responsabi l i tà del la par te affida tagli ,

t i rava grosse boccate d i fumo dal virginia lungo un

palmo,col cuore al la gola .

Vediamo . Mi trovi d i megl io . Cerchi l ei , s ignor…

signor .

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Paggio Ferna ndo 49

Il giovanot to s’

inchinò ; c avo fuori dal por tatoiun bigl iet to d i v is i ta, e lo presen tò con un al tro in

chino al s ignor O l in to .

Ah ! ah ! corri sponden te del la Frusta tea tra le e

dell’

Ape dei tea tri ? … Fel ic i ss imo ! Io non domando

d i megl io che conten tare l a l ibera s tampa e la pub

bl ica Ved iamo,d ica lei . Mi suggeris ca

,

signor… E tornò a leggere i l b igl ie t to d i V i5 1 ta .Barbe t ti

,per servi rla .

Signor Barbe t ti,dica lei Se c i ha sot to mano

qual che al tra cosa che s i adat t i megl io al gus to d i

ques to col to Qualche l avoro d i

Barbet t i s i faceva pregare,mas ticando del le s cuse

,

fingendo di r ibel lars i al l ’amico Mer tola , i l quale mo—‘ riva dal la vogl ia d i trad i re i l segre to del l’amico Bar

betti . Infine Mer tola non seppe p iù frenarsi,e alzò l a

voce , scos tandos i dal l’amico , add i tandolo al pubbl i co

per quel grand ’uomo che egl i era.I l lavoro di polso c ’é… la sua Vittoria

Colonna Gli è cos tata due ann i d i l avoro

Ah ! ah ! fece i l capocomico . Ah ! ah ! e

me lo teneva nascos to, le i ! Non sa ch’i o sono ghio t to

d i simil i p rimizie ?VERGA . D on Candeloro e C i

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50 D on Ca ndeloro e C !

Barbett i s’arrese i nfine , e ti rò fuor i dal soprabi tino

un ro tolo legato con un nas tro verde .

Adesso ? r i spose i l s ignor O l i n to . Su due

piedi ? Che mi canzona,caro Un lavoro d i polso

come i l B isogna bisogna

In tan to dò

Col la sch iena appoggiata al la sponda del b i l i ardo

e i l men to nel bavero d i pel l i cc ia , andava sfogl iando

le pagine,aggro t ta to , e borbo t tava

Bene,

Effe t to Bei pensier i !

S ti le In ques ta par te la mia

Non le d ico al tro

Con permesso ! con pe rmesso ! in terruppe i l

cameriere de l Casino , spi ngendosi avan t i a gomi tate . ‘

Ecco qu i don Angel ino e i l n o taro Lel lo . Devo

preparare i l b i l i ardo per la sol i ta par t i t a .I l capocomi co si c acc iò l a mazza so t to l’ascel la

,e

raccat to gl i scar tafacc i e i te legrammi spars i sul panno

verde .

Va bene , va b ene . Ne riparleremo . In tan to bisogna far g i rare la pian ta .

Fu i l p iù d iffic i le . I g iuocatori d i tressett1 rispon

devano p icche,e bron tolavano con tro que l fores t i er e

che por tava la ie t tatura . Seduta s tan t e s i dove t tero

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Paggio Ferna ndo 5

ribassare i prezzi . Ma l ’ avvocato Longo,sen tendo

che c’era per aria un dramma del l’avvocato Barbe t ti,

repubbl icano e suo avversar io nel Consigl i o,una

gherminel la per togl iere l a par te d i Paggio Fernando

al suo figliuolo , dich i arò che non dava i l teatro per

rappresen tazioni immoral i e sovvers ive . I l s ignor

O l in to , che andava mostrand o la pian ta de l tea tro

col cappel lo in mano,gl i d i s se

Ma che !Lei ci c rede al la Vittoria Colonna Una

porcheria ! Servi rà per accendere l a pipa . Lasci farea me che so Me ne tr ovo tra i p ied i una ogn i

piazza,del le

Bene,faccia le i . Ma a buon con to sa che al sin

daco spet ta un pal co,e un al tro al l a Commiss ione

tea trale,senza con tare i l tan to per cen to sull

’introito

lordo a beneficio dell’Asilo Infan t i le .

Le trat tat ive durarono o t to giorn i . I l s ignor O l i n to

si scappel lava con tu t to i l paese,per rabbonire l a

gente,e la signorina Rosmunda aiu tava dal balcone ,

cive ttando,ves ti ta di se ta

,con un l ibro in mano , men

tre la mamma badava al la cuc ina . Don Gae tan ino

Longo,oramai sicuro del fa t to suo , aveva confidato

al l’am ico Renna

Quella me la pas teggio i o !

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52 D on Ca ndeloro e C*

E passava e ripassava sot to i l balcone,succh iando

i l vi rgin ia,a capo ch ino

,rosso come un pomodoro

,

lanciando poi da lon tano occh ia te incend iari e.

I l signor O l in to , che l’

incontrava spesso,gl i d isse

infine

Vogl io presen tar t i a l l a m ia signora. Così t i affia tera i pure con Jolanda .

I l tu g l ie lo aveva scocca to a bruciapelo,

fin dal p rimo

giorno . Ma quel tra t to d’am ic iz ia commosse davvero

don Gaetan ino . Trovarono la s ignorina Rosmunda

che s tava leggendo accan to al l ume posa to su d i uncassone, col la fron te nel la mano , l a bel la mano de l i

ca ta e b ianca che sembrava d iafana . Aveva i capel l i

neriss imi raccol t i e fermati in c ima al cap o da un

pe t t ine d i tar taruga,un casacch i no bianco e un cer

chiet to d ’argen to , dal quale pendeva una medagl ina,al polso . Da prima alzò i l capo arrossendo e fece un

bell’

inchino al figliuo lo del s indaco . Gli occh ion i scu ri

e m is ter ios i so t to le fol te sopraccigl i a lasciarono fi lare

uno sguardo l ungo che gl i cavo l ’anima , a l u i ! Ma in

quel la comparve la mamma infagot tata i n una vecch ia

pel l i cc ia co ll’

aria mala t icc ia , un fuoco d ’ar tifici o d i

ri cc iol i…manella ti sul la fron te , e le mani , nere d i ca r

bone,nei mezzi guan t i .

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Paggio Ferna ndo 53

Da ar tis ti,al la buona

,senza cerimon ie d isse

il signor O l i n to . E cominc iò a parlare dei suoi tr ionfi

e del le famo se cande le che gl i dovevano tan t i au tor i

che ade ss o andavano tronfi e pe t toru ti ; e del le b i r

bonate che aveva sal va to da un fiasco s icuro,e pas

savano ora per capolavori .

Anche quel la Vittoria Colonna,vedi

,s e m i c i

me t tess i !

Don Gae t anino assen ti va col vi so e con tu t ta l a

persona . Ma in tan to guardava d i so t tecch i la figliuola ,che aveva i l v iso lungo e i l naso del babbo

,ingen ti l i t i

da un pa l lore del ica to,da una t rasparenza d i carna

gione che sembrava vel lu ta ta,da l la polvere d i c ipria

abbondan te,e da una pe lur ia freschi ssima che agl i

angol i del la bocca met teva l’ombra d i due baffe t ti

provocant i . Essa d i tra t to i n tra tto gl i sae t tava ad

dosso di quel le occh ia te l um inose che lo i rrad i avano

internamente .Ah ! anche i l s ignore si occupa

Sì . Non hai i n teso ? Lui è Paggio

Essa al lora gl i p ian tò addosso gl i occh i e non l i

mosse p iù,perché egl i vedesse ch’erano propri o bel l i .

I l babbo colse gius to quel momen to pe r passare in

cucina ; e don Gaetan ino , sen tendo d i dover spifi‘

e

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54 D on Ca ndeloro e C.$

rare qualche cosa,balbe tto col cuore che bat tevai

for te

Signorina !… son

Oh ! Che d ice P iu t tos to

I l b icch iere del l’ am ic i z ia ! i n terruppe i l si

gnor O l i n to tornando con una bot t igl i a in mano e gl i

occh i g ià accesi . Da art is ti,al la buona . Scuserai…

Non abbiamo m ica i l buon vino che beve te voi al tr i

p roprie tar i del

La ragazza non vol le bere . I l giovane t to per

cor tes ia,bagnò appena le labbra in quel l

’ ace to,di

cendo le

Alla sua salu te !

Essa alzò gli occh i su d i lui,e lo ri ngraziò con

quel la sol a occh iata .

Divino Squisi to ! sen tenziò don Gaetan ino,

che non sapeva p iù quel che si d icesse . Vi man

dero domani un po’ d i que l vecch io… Questo qu i è

Non c’è che Ma

La mamma voleva pro tes tare . I l mari to le chiuse

la parola in bocca °

Per qualche bot ti g li a d i Non é un gran

male . Non é un regalo d i va lore . Fr a pel

bicch iere del l’amic i zia . G ia verrai a berlo anche

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56 Don Ca ndeloro e C ’v

Alla les ta ! Non perdere i l tempo a fi lare i l sen ti

men to . Già è donna d i teatro ; non t i d ico al tro !

Fi lare i l sen timen to ? borbo t to Gae

tanino,quas i repu tandos i offeso . Vedra i

Ma i l s ignor O l in to era l ì ogni sera,a fumare la ,

pipa e cen tel l inare i l v ino del l’ amic iz ia. Quando lu i

usc iva a prender ari a p oi,l a mamma

,che s tava ap

pisolata in un can tuccio,co l lo scald ino so t to le so t

tane,apriva un occh io . Fi lavano le occhiate

,del re

s to,che era uno s truggimen to, e le pedate so t to la

tavola,e i l fuoco e l’accen to d i cer te frasi

,al le prove

Io t i guardo negli o cchi che son tanto bell i !

Così ! escl amava i l capocomico , p icch iando

del l a mazza per terra . Faremo sal tare in ari a i l

te a troIn tan to que l b i ic cone d i Barbe tt i me t teva dei ba

ston i nel le ruo te. Erano giun te due cop ie del la Fru

sta tea tra le con un ar tico lacc i o che d iceva i ra d i D io

del la camorra le t terari a ed ar tis t i ca,e fecero i l gi ro

del paese,La pian ta del teatro r imaneva mezzo vuota .

Don Gaetanino , per onore d i firma,dove t te prendere

un palco ad insapu ta del geni tore . C ’erano pure del le

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Paggio Ferna ndo 7

al tre nubi in quel cie lo azzurro . I l v ino vecch io

scorreva com ’ ol io ; e l’ amico O l i n to qualche vol ta

,

conducendolo a bracce t to per le s trade remote , gl i

faceva del le confidenze

Sono sul le Spese… O t to giorn i i noperoso sul la

La reci ta non Don Gae tani no do

ve t te carpi re le ch i av i del magazzino e vendere del

grano d i nascos to .

In tan to i l capocomico , per rabboni re i l corr ispon

dente del la Frusta tea tra le e dell’Ape dei tea tri, aveva

t irato in casa pur lui a s tudiare Vittoria Colonna ,

insieme al la sua signora e al la ragazza. Quando don

Gaetanino trovò anche Barbe t t i i ns tal la to accan to a l la

Rosmunda, col c ap pella cmo in tes ta e il bicch iere in

mano,fece tanto d i muso , e andò a sedere in d i

spar te .

Lei mi deve fare en trare Vi t tori a a l la terza scen a

stava dicendo i l capocomico . C’

é più i n teress e

e movimen to . Un val le t to sol leva latenda , giusto a l

l’ul tima ba t tu ta mia sul la tu a corona superba,il

mio p iede sovrano d i e compar isce lei,

bel la, maes tosa,E così d icendo add i to l a sua s ignora . Cos te i al

richiamo spalanco gl i occh i d i bot to,e si r i zzo su l la

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58 Don Ca ndeloro e C.i

vi ta,col v iso d i tre quar t i , e un sorr i so sospeso al

l ’angolo del la bocca . Rosmunda finse d i dover andare

d i là,e passando v ic ino a don Gae tanino disse p i ano :Che seccatore

No l r iba tte Barbe t t i solennemen te . Non

mu to neppure una v i rgola Mi fare i tagl iare la mano

piu ttos to

Ah ! Bene ! bene ! Ques to s i chi ama aver coscienza ar t is t ica ! Non come tan t i a l tr i che magari viaggiungono o tagl i ano degl i a t t i i n t ieri… quas i fosse

un gi uoco d i bussolo t t i !… Mi pareva pel

movimen to per l ’in teresse… per la pratica

che c i ho !… Ma già , l e i è i l migl io r gi ud ice . Al la sua

salu te !

Don Gae tani no vedeva nel l ’al tra s tan za lampeggiare al bu io gl i occh i del l a Rosmunda

,l a quale si vol

tava a guardar lo d i tan to in tan to . Poi essa r i tornò

con un l avoro al l’uncine t to e gl i si mise al lato .

Che hai,Paggio Fernando gl i ch iese so t

tovoce, con una musica del i z iosa nel l a voce,e i begl i

o cch i chin i sul l avoro .

Al lora senza curars i d i Barbe t t i,senza curars i d i

nessuno,egl i le disse i l suo segre to

,col v i so acceso

,

col le parole calde che le balbe ttava al l’orecch io come

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P aggz'

o Ferna ndo 59

a carezza . Essa chinavasi sempre più su l lavoro,

asi v in ta,scoprendo la nuca bianca . Posci a si sol

levò con un sospi ro lungo d i cu i non si udì i l suono,

appoggiando le spal le al la seggiola col le man i ab

bandona te sul grembo , l a tes ta al! ind ie tro , i l v iso

pal l ido , la bocca semiaper ta , gl i occh i languid i d i

dolcezza che si fissavano su d i l u i .

Ma quel lo sfacc ia to d i Barbet ti non se ne dava per

inteso . Sembrava anzi che s i pigl iasse da sé l a sua

par te d i confidenza e d ’ in t im i tà i n casa de i com ici .

Era lì ogni sera , s tuzz icando la ragazza a fare i l

chiasso,bevendo i l v ino d i don Gae tan ino

,giuocando

a briscola col s ignor O l in to , sparl ando d i ques to e

d i quel lo . Da ar tis t i ! Una vi ta qu ie ta e tranqu i l la,

.che si sarebbe dimen ticato volen t ier i d i cercar le

piazze e le scri t tu re,in quel l’angol o del mondo !

diceva i l capocomico . Quando non c’era l ’amico Bar

betti,faceva dei solitari, o si eserc i tava in cer t i gino

chi di mano coi qual i aveva messo sossoma dei teatr i .

Don Gaetanino , purché l o l asciassero qu ie to nel suo

uccio,por tava nel le tasche del cappo t to sa lsic

e al tr i sal umi , che piacevano tan to al l a mamma ,simo quando poteva s tarsene msmme al l a Ro

l le mani i n trecc ia te , guardandos i negl i oc

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6 0 D on Candeloro e C.i

ch i,spas imando d i des iderio

,e volgendo le spal!

agl i a l tri .

Eh ? a che pun to siamo ? ch iedeva i l Ren

d i tan to in tan to . Don Gaetan in o r ispondeva con

sorriso che voleva sembrar d iscreto .

Ma c’

è sempre Barbe t t i ?

Ci vado d i confessò finalmente G

tanino facendosi rosso dal la finestra !

Tutto i l paese sapeva ch ’ egl i era l’ aman te del

prima donna e papà Longo seques trò le ch ia

del la dispensa,vedendo d iradare i sals icc io t t i

a l solaio,e avendo anche de i sospet t i quan to al

e a l V ino vecchio…Fu un affare seri o,poiché l’or

d ’argen to messo in pegno non durò neanche quar

to t t’

ore. Per gi un ta i l povero don Gaetanino era

10 50 d i quel la bes tia d i Barbet ti , i l quale col la

smunda si pigl iava t roppa l i ber tà , senza educazi

subi to in confidenza , con quel le manacce sudic ie semp

per aria,e le barzel le t te sala te che facevano ride

l a ragazza . Due o tre vol te , giungendo prima dell’or

sol i ta , l i aveva trovati a tavola tu t t i quan ti , mangiand

e bevendo al la sua barba. Vero è che Rosmunda s i

alzata subi to , con un pre tes to,ed e ra venu ta a d i

in un can tucc io

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Paggio Fernando 6

Quel secca tore !… L’ho sempre fra i p iedi !

Le prove ti ravano in l ungo , come la vend i ta de i

t t i per la sera ta . I l s ignor O l in to passava le

te dal barb iere , al caffé , nel le spez ier ie , dando

la sera una capat ina nel Casino d i conversa

e,cavando fuor i ogni momento l a p ian ta

,fer

do la gente per le s trade col cappel lo in mano .

Aveva pure radunata una Commiss ione,senza co

pol i t i co per proteggere la sera ta , i l pres iden te

ocietà opera ia insieme al vi ce pre tore,i qual i

avevano a cce t ta to sol tan to per goders i la P artita a

scacchi gratis . A Barbet t i poi d iceva , con una s triz

za tina d’

occhi che doveva chetarlO °

Abb i paz ienza ! Prima bisogna adescare i l pub

bli co con quel la roba lì ! Più tard i se abboc

hano… fuoco al la grossa ar tigl ier ia ! E d iamo mano

al l’ar te sul ser io !

Perc iò ogni mat tina al le I O,tu t t i in tea tro per le

ve : lu i ges t icolando col la canna d’

India i n mano

redicando dentro i l bavero d i pelo ; l a sua s i

come una marmo tta , col l a sci arpa di l ana

no al capo ; Rosmunda col nasino rosso sul ma

to d i pel le d i gat to,e la vele t ta imperl a ta dal

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62 D on Ca ndeloro e C t

La ! Fatemi suonare que i vers i !

Oh ! Ma non sa i, Jo landa , che ho giuoca to la v ita ?

Flou ! Hon ! flon ! La gamba un po’ più avan

La mano sul pet to ! Viva quel l a mano , perd io !

palp i t i e frema ! Tu sei innamorato del la mia r

gazza……

I l fat to è che a d i rgl ie lo in vers i d inanzi a tan

gente,don Gaetan ino d iven tava un minchione . C’

rano pure gli al tri d i le t tan t i , in posi zi one,ad aspe

ta re l a loro bat tu ta col la bocca mezzo aper ta ,i l cappel lacc io d i Barbet ti che andava svolazzando

al bu io per la pla tea , come un uccello d i malau

gurio

Jolanda al con trari o , padrona d i sé e del palco

scenico,si muoveva come una regina

,agi tav a d ram

ma ticamente i l manicot to , s i p ian tava sull’

anca ,col

seno palpi tan te,i l torso audace , gl i occhi s tralunati

sot to la vele t ta

Tu giungesti, Fernando , t u che sei forte e bello ,

E una vo ce nell’

anima mi grid ò tosto : È quello

Perdio ! Porca for tuna ! i l babbo p icch i ava

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64 Don Ca ndelo…e C !

momen to d inanzi al l o specch io per dars i un po

c ipria,O per accomodars i megl io la parrucca b ion

Appena i tre v iol i n i del la F i larmonica a t ta ccar

i l valzer d i Ma dama Angot, essa s tessa s i bu t tò sin

ghiozzando nel le bracci a d i Paggio Fernando , i l quale

aspe t tava d ietro una qu in ta,i rrigid i to

,e lo bac iò

sul la bocca,l ievemen te

,tenendolo d i scosto per non

sciupare il be l le t to .

Che hai,Rosmunda

O ra andremo fra qualche giorno Non

Cl vedremo più !

Comparve al l’improvviso i l babbo,come uno spet

tro,infari nato

,b ianco d i pelo

,col le calze b ianche

del la mogl ie t i ra te sul le polpe,e due dida te nere

so t to gl i occh i : Ragazzi ! a t ten t i ! Fuori d i scena !

Andò a ro t ta d i col lo la P a rtita a Sca cchi. Sia

che c i fosse i l par t i to con trari o sia che Paggio Fer

nando,c on que i s t ivalon i e quel l a penna d i s truzzo

d inanzi agl i occh i,perdesse la tramon tana. Incespicò ,

s’

impaperò , ba tté i p ied i in ter ra , tornò da capo

insomma un prec ip i z io . L’am ico O l i n to , bes temm iando

nel barbone d i bambagia,gli faceva degl i occh iacc i

te rr ib i l i . Jolanda fu l ì l ì p er isvenire. Barbe t t i e tre

o quat tro amici‘

suo i dal cappel l acc i o repubbl i cano,

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Paggio Fernando 65

in pied i addi ri t tura fischia vano come locomotive . La

mamma d i don Gaetanino e tu t to i l paren tado se ne

andarono prima che cal asse la tela . I l S indaco , furi

bondo,voleva fare arres tare tu tt i quan t i .

Ma fu peggio i l gio rno dopo,quando i l povero

innamorato , di sera , p igl iando le s t rade fuori mano ,andò a trovare la Rosmunda

,con tan to d i muso e bi

sbetica , che gl i fece appena l a cari tà d i un’occh ia ta

e d i una parola . Meno male l ’amico O l in to , che non

ne parlava più e badava sol tan to a fare i con t i de l lo

spesato,e con Barbe t t i

,i l quale p romet teva mari

e mon ti,e aveva d i nuovo in tavola to i l d iscorso del la

Vittoria .

Se avess i dato re t ta a Quel la è roba che

fa ridere Non parlo per

Più d i una vol ta,in quel la sera d isgraz iata

,don

Gaetanino accarezzò l’idea del su ic id io . G irovagò sin

tard i per le s trade bu ie come l’i nferno . Andò a ch i

nars i sul parapet to del Belvedere,scivol ando su i

mucch i d i s terro,col la mor te nel l ’an ima . Da per tu t to

,

nel la val lata scura e s inis t ra,nel c ie lo nuvoloso

,sugli

usc i neri , vedeva i l v iso d i le i rigido e chi uso ;la vedeva ancora col la parrucca bionda e i l bac io

sulle l abbra d i carminio . Non ch iuse occh i o tu t ta laVERGA . D on Ca ndeloro e C.

‘ 5

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66 D on Ca ndeloro e C t

not te,tormen ta to da quel la vi s i one implacabi le

,colle

s tesse paro le d i Paggio Fernando che gl i mar tel la

vano le tempie, r id icole , simi l i agl i sghignazzament i

del la platea , che gl i facevano cacc iare i l capo dispe

ra tamente fra i guanc ial i .

Poi,come tu tto passa

,anche Rosmunda si c a lmò ; i l

padre s tesso d i le i venne a cercarlo sin nel la strada .

Ri cominc iarono a far girare la p ian ta,e a parlare

di u n’

a ltra reci ta con un l avoro originale d i penna

paesana . ”I l capocomico e Barbe t t i tornarono a passar la

sera d iscorrendo di Vittoria Colonna , egl i e Rosmunda

parlando d i tu tt’al tro,a quat tr’occhi

,in un can tuccio

,

tenendos i le mani , benedicendo a quel l a Vittoria che

tra t teneva ancora in paese papà O l in to e la sua ra

gazza . Ma la gen te non voleva più saperne di met tere

mano alla tasca per s imi l i sc iocchezze . I l teatro r ima

neva quas i vuo to . Barbett i segui tava a pigl iarsela co lla

camorra,e don Gaetanino era i ndebi ta to s ino agl i oc

ch i . Infine suo padre,vedendo che quel la musi ca non

cessava,ed egl i r isch iava davvero di perdere il fi

gliuolo che già gl i si ri be l lava contro , tan to era in

mamorato , prese un par ti to eroi co : salasso i l b i lanc io

comunale d i un centinaio d i l i re , raccolse un al tro

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Paggio Ferna ndo 67

gruzzole t to per con tribuz ione , e mandò i denar i a i

cornic i per le spese del viagg io .

Che agoni a l’ ul tima sera ! Che sch ian to men tre

Rosmunda preparava i baul i co l le mani t reman t i , e

la mamma faceva friggere in cuc i na un po’ d i pesce

per la cena d’addio !Don Gae tanino seguì l a Rosmunda

anche Il , dinanz i al la mamma che vol tava le spal le, te

nendola per mano , appoggiat i al muro tu t t i e due , l a

ragazza s ingh iozzando for te come una bambi na,ne i

brevi is tan ti che la mamma discre tamente l i lasc iava

sol i .per Non c i vedremo

Sempre così sempre cosi '

Ora gl i parlava a cuore aperto lamen tandos i a

voce al ta,a risch io d ’essere ud i ta da l Barbet t i . Che

gliene impor tava ? Non si sarebbero vis t i mai p i ù !Così era s tato sempre , tu t ta la sua vi ta , da un paese

al l’ al tro,ogni due o tre se t t imane uno s trappo al

cuo re,appena i l cuore si a t taccava a

Ti ho volu to bene , sa i ! Tan to bene ! tan to !

E lo guardava fisso,accennando anche col capo

,

cogl i occh i pien i d i lagrime .

L’amico O l i nto , baci ando lo sul le due guancie, coi baffi

ancora umid i d i salsa,gli d isse al l’ul t imo momen to

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68 Don Ca ndeloro e C z

Arrivederc i , Paggio Fernando ! Le mon tagne

sole non si muovono . Chissà !… Rammen tat i l ’amico

O l i n to, in gi ro pel mondo , e v iva l’al l egri a !

Don Gaetanino Longo rimase Paggio Fernando : nel

paese , a ll’

Università , p iù tard i , quando vinse i l con

corso d i notaio,cons igl i ere comunale , marita to , padre

d i famigl ia : Paggio Fernando ! E la mogl i e, per giun ta,gelosa come una tigre per quel soprannome che gl i

faceva sospet tare non so che i nfedel tà .

Dopo un gran pezzo , a Roma , dove aveva aecom

pagna toi l S indaco per cer to affare del mummp 10 ,

r iv ide in tea tro la Rosmunda , acclamata , fes teggia ta ,tu t t i gl i occh i su d i le i , tu t te le mani che l’applau

d ivano . Provo un tuffo nel cuore , soffiandosi i l naso

come una t rombet ta , co i lucc ioni d i tan ti ann i ad

d ietro che gl i tornavano agl i occhi . Ma Renna,se

gre tar i o comunale,ch’era con l u i nel lo s tesso palco

,

se l a r ideva invece nel l a barba grigi a ; e Sever ino ,

i l suo ragazzo , d i già a l to così , i fece capi re quan

t’era sci occo .

Guarda, papà che p iange ! Se è tu t ta una finz ione !…

I ragazz i al giorno d’oggi hanno p iù giud iz i o de i

vecch i .

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LA SERATA DELLA DIVA .

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7 2 Don Ca ndeloro e C °

pu ta i n casa propria , Barbe t t i e i banchie re Macera ta

in c ravat ta bianca come dei pri nci pi ; i sol i t i ami c i d i

tu t te le prime donne che passano pel palcoscen ico del

l’

Apollo . C’erano anche del le facce nuove , che se ne

s tavano t imidamen te in seconda fi l a : un giovano t to

pal l ido e dagl i occh i sfavi l l an ti che tar tagl iava,una

s ignora in voce d i poe tessa , la quale ec lissavasi con

affe t taz ione d ie tro agl i al tri ; e un po ’i n d ispar te i l Re

di cuori, come lo chiamavano , i l pa tito del la signora

Celes te,un bel giovane tac i tu rno che assumeva un’aria

mis teri osa . Barbet t i scriveva già le impress ion i del la

sera ta sul gi nocchio , posando lo scarp ino i nvernic ia to

sul la sponda del canapé , elegan tiss imo e insolen te

quand’era in c ravat ta b ianca , mugolando fra le labbra :Ah

,Celes te mia ! Celes te volu ttà !

Lon tano,a l d i l à del la scena bu ia e d i un caos

d’

a t trezz i, con tinuava ancora l’applauso

,co l c repi tio

di un fuoco d ’

a rtifizio . Del le bal leri ne disc in te s i af

facc iavano al le r ingh iere de i cameri n i sopras tan ti.

l l bu t tafuori , in maniche d i camicia , accorreva scal

manato . Le s tesse voc i plauden t i ri pigl iarono

Senti te ! sen t i te Vi vogl iono Liavete propr i o e le t tr i zzati !

La d iva , nel l’orgogl io del t ri onfo, fec e un a t to su

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La sera ta della diva 7 3

blime d i d isdegno , lasc iandosi cadere quasi sfin i ta

su l canapé,accan to al ginocch io del c ronis ta

,e col la

coda del l’occh io segu iva i l lap is d’oro d i l ui,mentre

rispondeva col sol i to sorr iso s tracco a i compl iment i

che le p iovevano da ogni par te . L’

impresario venne

in persona a supp licarla d i accondiscendere al de

siderio del pubbl i co arrufi‘

a to, gongolan te, co l sor

r iso cupido che voleva sembrar benevolo .

Cara s ignora abbia te un

momen tino Bu ttano sossopra i l teatro,se

La trion fatr ice,a cu i gl i occh i sfavi l lavano d i de

siderio , ebbe però i l coraggio d i r ipe tere i l magna

nimo rifiu to,stringendos i ne l le spal le , questa vol ta

in barba al l ’uomo che teneva l a casse t ta . Ma i l gior

nalista paternamente le tol se la pel l icc i a d i dosso ,senza di r nu l la , e l a sp inse verso la r i bal ta in un

certo modo che significava

Via,via

,figliuola , non facc iamo sc iocchezze .

L’

applauso , quasi soffocato s i no allo ra , r i nforzò a

un trat to col lo scrosciare impetuoso d i una gran

dina ta . Del le acclamazioni ad al ta voce irruppero qua

e la. E a misura che l’en tus iasmo s’

ecc itava, propa

gandosi dal l’uno al l’al tro

,dei visi accesi

,del le man i

inguan tate,dei pe t t i d i camic ia cand id i ssim i sembra

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7 4 D on Ca ndeloro e C.’3

vano s taccars i confusamen te dal la fol la,e avanzarsi

verso l ’a t tri ce . Pi ù v ic ino,d inanzi a lei , dei profes

sori d ’ orches tra s i erano leva ti in p ied i,plauden t i

,

e si no in fondo al la vas ta sala,l ungo la fi la dei palchi

gremi t i d i spe ttatori,nel b ru l i chio immenso del la

fol la variopin ta,s i sen tiva c orrere

,quasi un fremi to

d’

entusiasmo,l’

ecc itamento del le note d ’

Aida ancoravibrant i nel l ’ari a e de i sen i ignud i che s i gonfi avano

mollemen te,tut ta la vaga sensual i tà diffusa per la

sala,che rivo lgeva si verso l

’ at tri ce e l’avviluppava

come una carezza del pubbl ico in tero col le man i !

che s i s tendevano verso d i l e i per applaudirla

col le grida che i nneggiavano al suo nome col l uc

c ichìo dei cannocch ial i che cercavano i l s uo sorr iso

ancora i nebbri a to,i l sogno d ’amore ch ’era ancora nei

suoi occh i,l ’ i nsena tura del i ca ta del suo pe t to e la

curva elegan te del la magl i a che balenava tra t to tra t to

fra le p ieghe del la tun ica d’Aida , t rasparen te e semia .

per ta,quas1 cedendo già al l ’i nv i to del le braema tese

verso d i lei,mentre essa inchina vasi dolcemen te , col

sorr iso tu ttora avido,volgendo sguard i l ungh i e mol l i

che cercavano l ’amore del la fol la .

Prop rio così ! s tava di cendo i l giornal is ta

che aveva fre tta d i andarsene a cena S tasera

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La sera ta della cima 01

non ce n’

è più per noial tri . Siamo in t ropp i , amic i

miei ! Vi Dopo aver dato i l cuore a duemi la

e in musica per

E Barbe t ti stonacchiò so t to i l naso del Re di cuori

Mori r d’amor per te per teee !.

I l principe sorri se l i evemen te , s tendendosi su l d i

vano . Macerata, men tre l a d iva rien trava nel came

rino,riba tté con mol to sp i ri to

Va bene . Vuol d i re che noi rapp resen t iamo l’en

tusiasmo l a depu tazione dei d imos tran ti

venu ta a prendere l’a ccola de!… E l a vogl i amo,per

bacco !

Così dicendo fece mos tra d i apri rle le bracc i a con

fidenzialmente. Ella vi mise sol tan to la pel l i cc ia,se

dendo accan to al principe, i l quale le bac iò la mano .

Un successone !… un vero tri onfo ! r ipeteva

intanto i l coro .

Ma essa non dava re tta . Sembrava assor ta, un

po’ stordi ta dell’applauso , e i n terrogava solo B arbe t t i

con uno sguardo ins is ten te .

Questi chinò i l capo affermando,senza d i re una

parola.

Ci pensere te vo i al tel egrafo ? d iss’e l l a un

momento dopo.

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76 D on Ca ndeloro e C.‘

Barbet t i es i tò .

Va bene,c i penserò c’è

Una dozzina d i persone pigiavansi ne l camerino .

E del le al tre tes te si ammon ticch iavano a ll’uscio,degl i

al tri v isi ta tor i sopraggiungevano : i l d i re t tore d’or

chestra che ven iva a congra tulars i del legi t t imo

successo un compos i tore famoso per cercare dei

compl imen t i da per tu t to,col pre tes to d i farne agl i

al t r i

Ah , signora Celes te , non c i s ie te che VO I ! il

vos tro metodo la vos tra l ’ar te vos tra

Per c inque minu t i s i parl ò anche d’ar te e d i mu

s ica . I l giovane t to tar tagl ione,s trozza to dal l’ emo

zione , ba lbet tò qualche frase sconnessa , facendos i

rosso , d i una fiamma sincera d ’entusiasmo che a vvi

vava le sue guance e i suo i occh i giovan i l i,e faceva

sorridere la commed ian te . La poe tessa s i fece avant i

al la fine, bisbigl i ando a mezza voce

Mi a Non ho sapu to Qual i

sensazion i del i z iose !

I l princi pe si era alza to per cederle i l pos to ; ma

essa preferiva drappeggiars i ne l suo mantel lo,per

reci tare con voce d imessa un madrigal e pomposo .

Barbe tt i che s i e ra messo a sedere su l bracciolo

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L a sera ta della deva 7 7

del canapé e la guardava insolen temen te , s i ch i nò

po i al l’orecch io del la s ignora Celes te , d icendo le

Ah,figliuola mia , se m’ i nnamora te anche le

donne,L’at trice r iceveva tu tti quegl i omaggi negl igente

mente seduta sul canapé,come in trono

,sorr idendo

a mala pena d i tan to i n tan to,in ar i a d is t ra t ta

,quasi

tendesse ancora l ’orecch io al rumore degl i applausi ,quasi cercando ancora i l suo pubb l i co de l i ran te col

l’occh io assor to che fissavasi i ncer to su ch i parl ava .

E tornava a sorridere i ncon trando gl i occh i sfavi l lan t i

del giovine t to ingenuo che la divoravano . Fragranze

rare e del i cate emanavano dai fiori ammucch ia t i da

per tu t to,sulla po l t rona

,sul le seggiole

,su l tavol i ne t to

che reggeva lo specch io,fra le qu in te : dei mazz i

enormi,dei monogrammi i nquadrat i su de i caval le t ti ,

del le giard in iere che imped ivano i l passo e che nes

suno guardava ; un profumo del i z ioso d i vari odori che

andava al la tes ta e i nebbriava al par i del la mus ica, al

pari del l’amore d ’

Aida al par i dell e paro le sonan ti

accompagnate dal r i tmo armonioso,al p ar i degl i ap

plaus i del l a platea , dei tan t i v is i acces i per l e i , dei

tan t i cuor i che essa aveva fat to palp i tare,d i tante

fan tasie e tan t i vagh i desider i i che essa aveva de

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78 Don Candeloro e C.i

s ta to e che erano venu t i a deporsi ai suo i p iedi , col l’a

dulazione ingenua e arden te de l col legiale che aveva

osa to mandarle la sua dich iaraz ione d’amore per l a

pos ta,col francobo l lo da c inque centesimi z

' Sta

not te v i ho Mi pareva d i essere so t to un

bell’

a lbero,in un ameno e un usignuolo

can tava co l la vos tra oppure col la l u singa

che era nel l’ ar ti co lo del gio rnale e ne i vers i ded i

cati a lei : Celes te scende degl i umani al

Per descr ivere le impress ion i veramen te cele

stia li desta te dal can to del la grande ar ti s ta signora

Le parole e le fras i che l’avevano in

neggia ta i n tan t i modi Sl r ipe tevano in que l momento

vagamen te den tro d i lei,quasi un’al tra armonia in

teriore, tu t te quan te , le p iù insu lse come le più ar

tificiose ; l e facevano gonfiare i l cuore egualmen te del

r icordo d i tu t t i i suoi ammi ra tor i da ll’

ado lescente

imberbe che rizzavasi i n pied i affasc ina to,d ie tro le

spal le del la mamma , nel palchet to d i proscenio , al

giornal i s ta che sme tteva i l sorri so canzonatorio quan

do le parl ava al di plomat ico che d isertava i l

Ci rcolo per le i e le offriva le ul t ime fiamme avan

zate dal le emozioni del giuoco e del la gran vita al

l’

opera io che le gridava bru talmen te i l suo en tusiasmo

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80 D on Ca ndeloro e C

ven t i d el la terra , o i l suo r i tra t to , sparso anch ’es

ai quat tro ven t i del l a terra,tornava a cadere lo

so t t’occh io . L’

avevano tu t ti,i l suo r i tratto

,nel g

nale i l l us tra to,nel la ve tr ina del l’ed i tore

,su l le ca

tonate del la v ia ; i fo tografi lo t i ravano a cen tinai a

dozzine,ed essa se l o lasc iava d ie tro , i n ogn i c i ttà.

a dozzine in tere,per tu t t i quan ti

,come dava a tu tti

quan t i i tesor i del suo can to,l e emoz ion i del la sua

anima,i segre t i del la sua bel lezza . Perché accordare

del le preferenze quando aveva bisogno dell’ammira

z ione d i tu t t i ? Perché impors i cer t i r i serbi,vincolare

i l suo cuore 0 i l suo capri cc io , se doveva mu ta

amici e paese a ogni mu tar d i s tagione,se ness o

le sarebbe s tato gra to del l a cos tan za,se l a sua digni tà

s tessa d i donna doveva essere diversa da quel l a del le

al tre ? E una mal i nconica dolcezza le ven iva da tan ti

r i cord i confus i,nel lo s to rd imento e nel la vaga las

sezza d i quel l’ora . E sorrideva pi ù volen tier i al gio

vi ne tto bleso d i cu i l’adoraz ione ingenua r idava una

spec ie d i verg in i tà a quel le memorie,E i l bel Re di

cuori, col lo sguardo suppl i chevole , implorava i nvano

da le i quel la sera l’oc chia ta compl i ce che avrebbe do

vuto assen t i re e prome ttere… Ei aspe t tava sempre ,paz ien te e rassegnato

,ai u tando a porre in ord ine lo

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La sera ta della diva

stanzino , scegl iendo i fior i da met tere da par te,ce

dendo il pos to ai nuovi v isi ta tori , dando so t tovoce

degli ordin i al la camer iera,la quale a ffrettavasi a ri

porre i regal i che br i l lavano sul la tavole t ta , segna ti

da bigl ie t t i d i vi si ta . Macerata,che covava cogl i occh i

da un pezzo i l suo , non seppe teners i dal pro tes tare

Senza fa rceli neppure ammi rare

Senza farc i vedere i l cuore degl i

Gli as tucc i al lora passarono di mano i n mano,am

ti,lodati

,so t to gl i occh i sospet tos i del la came

la quale si teneva r i tta presso la cor t ina che

ondeva i l fondo del camerino . Si r ipe té un ’al tro

ro di esc lamazioni

Bello ! Elegan t issimo ! Stupendo ! I l

ebiere insis teva sul l’ i n tenzi one che esprimeva i l

dono,uno spi l lo a ferro d i cavallo di br i llan ti .

Per dare un bel calc io al la je t tatu ra ! Nella confu

poi alcun i dei bigl ie t t i che accompagnavano al

i l nome del donatore andarono smarri t i,prima

a diva si fosse degnata d i accorgersene . Un ma

0 vezzo d i perle non si sapeva p iù da ch i fosse

stato offer to .

Eh , giacché sie te tan to i nd iscret i Sono s ta to

io , la ! disse infine Barbet t i .VERGA . D on Ca ndeloro e C.

i

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82 D on Ca ndeloro e C i

Tut t i quan ti scopp iarono a r idere,compresa la s i

gnora Celes te , quas i Barbe tt i avesse spacc ia to la papzana p iù ma tta .

/

l l princ ipe assenti anche co l capo .

In quel la fece capol ino al l’ usc io un i nservien te del

palcoscen ico,sorr idendo a l la seratan te come uno che

aspe t t i la mancia anche lu i,porgendole a mano un

bigl ie t to d i v is i ta .

C’ é ques to Dice che l a conosce

tan to .…

L’at tri ce s tudiava i l b igl ie t to,cercando d i ra m

mentarsi quel nome , quando en trò i l s ignore che essa

conosceva tanto,un bel g iovane fores tiero

,r icc io lu to

e azzimato al l’ul t ima moda,i l quale però rimase un

po’ male trovandosi a un t ra tto in si be l la compa

gnia,al cospet to del la d iva i n sogli o che lo guardava

d ’al to in basso,per raccapezzars i

,e d i tu t ta la sua

cor te .

Scusatemi,

balbe tto lu i .—H o le t to

sui Pres i subi to i l Non po tevo im

maginare una cosa

E com’ el la segui tava a guardarlo in quel modo

imbarazzan te,senza r ispondere

,in mezzo al s i lenz io

osti le d i tu t to l’uditorio,i l povero giovine perse del

tu t to la tramontana , cercando d ’

a iutarsi all a megl io .

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La sera ta della d i va 83

Et tore Baronc in i d i Sin igagl ia… Vi

rammen ta te… per la fiera ?

Ah fece le i Oh !

v E ttore Baroncini , incoraggia to dai due monosi l lab i

ì insidiosi, si l asc iò sfuggi re :

N’

è passato del tempo , eh !

Non aggiunse al tro, mortifica to de l sorr iso glaciale

di le i,che riprese immed ia tamen te a d iscorrere co l

i princ ipe ,

volgendo le spal le a ll’ amico Baroncin i e

al la fiera d i S inigagl i a , con un cer to sorr iso fine

per giunta,che aveva tu t ta l’ aria d’ essere ded i

cato a lui,e che gl i tolse i l coraggio finanche d ’an

darsene insalu ta to osp i te , e lo inchiodò al pos to in

cui era .

Allora riprese Barbe t ti,quas i con tinuando

un discorso incominciato . Allora di re i che i l do

ma tore incogni to é già bel l’e E vuol d i re

che non sarò s tato io,paz ienza !

D’

Antona , men tre gl i al tr i si acc ingevano a r idere

di nuovo,d isse galan temen te al la bel la s ignora

Chiunque si a s tato l’ammira tore i ncogn i to… Ne

avrete Vole te perme ttermi d i rappresen tarlo ?

Ell a che aveva già indovinato sorridendo gl i s tese

ala mano , che il p r incip e s i mise a bac iare gh io t ta

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84 D on Ca ndeloro e

mente,fra i l serio e i l face to , su l la palma, sul polso ,

salendo su pel bracc io che sembrava i nzuccherato dal la

polvere d i c ipria, mentre la Celes te r i deva quas i le

facesse i l sol le tico,

fingendo d i voler svincolarsi, esc la

mando

NO ! no ! bas ta ! Così ve la pigl ia te per ven ti

ammira tori !

Macerata reclamava in tan to la sua par te,e de

gl i al tr i pure,cor tesemen te . Solo la poetessa ac

comia tavasi a labbra s tre t te e i l giornal i s ta agi

tava i l gibus quasi per scacc iare del le mosche , r i

petendo :

Via,v ia

,s ignor i d inanz i al la dei

fores t ier i anche !

I l s ignore fores t iero , ancora rosso dall ’emozione ,aveva fat to la bocca al riso anche lu i

,per non re

s tar da grul lo,torrnentandosi i baffi

,gi rando in torno

suo malgrado , uno sguardo inquie to , sul la comi t iva

d i cu i la sola facc ia s impati ca gl i sembrò al lora quel la

del bel giovane taci turno,i l quale lisciavasi i baffi

anche l u i,sorr idendo a fior d i l abbro anche lui . Di

fuori in tan to i l macch in is ta s trepi tava per far sgom

brare i l palcoscen ico

La vi ta Signor i ! Abbiamo paz ienza ! Gli

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La sera ta della cima 85

ammirator i del la can tan te,che erano r imas t i sul l ’usc io

,

ondeggiavano d i qua e d i là . Degl i al tr i mazzi d i

fior i furono caccia t i nel camerino all a r infusa . I l ca

val le t to e l a giardiniera furono spazzat i v i a . S i udì

un corre r fre t toloso , uno sbat ter d i usci , del le voc i

d i comando e uno schiamazzar di voci femmini l i .I l bal lo ! In scena pel bal lo !

Lo stesso impresario,che era tu t to mie le un quar to

d ’ora prima,mandava ora al d i avolo gl i impor tuni .

Signor i un po’ di I l pubbl i co

s’ impazien ta !

Se s i andasse a cena ? propose Macera ta .

La signora Celes te fece una smorfia che d iceva d i

no. Ma i l banch iere tornò ad ins i s tere e a farle dolce

violenza,chino verso d i le i

,prendendole la mano

,par

landole sul col lo in un cer to modo che faceva arrie

c iare i l naso al Re di cuori e al l’amico di S inigagl ia .

Barbe t t i però approvava i l r ifiu to .

Andiamoci pure a cena,ma senza d i le i . Le i ha

bisogno d i riposare,poverina . Lasciatel i d i re

,mia cara .

Questa gen te non sa cosa significh i una serata

I l be l Re di cuori i nfine perse la pazienza,bor

bo ttando che non era quel la l a Et tore Ba

roncini in cuor suo fece lega con lu i .

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86 D on Ca nde loro e C.!

Ma no ! ma no ! diss’ el la . Andate via,

piu t tos to ! Non posso mica Spogl i arm i d inanz i a tu t ti

quanfi .

Oh ! Perché mai ?

j uste ma is se'

vere .’ conch iuse i l banchiere .

Bel lo ! lemol de esclamò

Barbet ti,e in tan to spi ngeva fuori l a gen te

,come uno

d i casa . I l Re di cuori era r imas to cercando i l cap

pel lo,aspe t tando dal la d iva la parol a o l’o cchia ta

che essa gl i aveva promesso per quel la sera .

Caro Sereni,gl i d i sse Barbet ti , non fac

c i amo de i gel osi

Barbet t i,eh i ! i l te legrafo l’avete d imen ti cato ?

esclamò la s ignora Celes te passando la tes ta nell ’apertura del la tenda .

Eh,

pur

A Milano !E rammen ta temi anche a Napol i,dove

farò la quaresima… Non lo Vi accom

pagnerà Sereni per ché non l o dimen t ichiate, al vo

s tro Aspe t ta te,Sereni

,Vi do un rigo per

memoria .

E li,scrivendo sul ginocchio anche le i come Bar

bet t i,col la tunica d i Aida semiaperta che scopri va i l

fine con torno del la gamba coper ta dal la magl ia car

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88 D on Ca ndeloro e C.‘

Andiam ! parti am ! a cena andiam Non dico

a voi,cara Celes te . Voi andere te a dormire tranqui l

Sen ti re te che brind isi,dal vos tro le t to

Ah meravigl i a del le meravigl ie !Angel i e min i

s tri d i grazia,soccorre tem i voi !

Ques t’ul t imo compl imento era di re tto al l’al tra d iva

del bal lo La s tel la che at traversava in que l pun to

i l d ie tro scena,seminuda

,col le spal le e i l seno ap

pena coper t i da una r i cca man te l l ina , tu t ta vaporosa

nel la c ipr ia e ne i vel i d iafan i co l sorriso morden te

del le labbra e degl i occh i t i n t i che salu tava gl i am ici

e gl i ammi ra tor i de l la can tan te,suoi ammiratori an

ch’

essi e suoi amici , quas i l i brandosi sul la pun ta delle

scarpe t te d i raso a ll’

inc itamento de l la musica che la

chi amava,per correre a ll’applauso che aspe t tava im

pazien te le i pure . I l tenore , con cu i l a d iva del

can to aveva del i rato d’ amore in musica,e per cui

era morta sul palcosceni co mezz’ora prima,l e passò

vic ino adesso senza salu tarla , r ialzando i l bavero

del la pel l i cci a,col fazzole t to sul l a bocca . Ed essa

non lo guardò neppure , scambiando invece un’oc

ch ia ta os ti le co ll’

a ltra d iva del l a danza .

No,no

,non vi lasc io andar Ho paura

che vi rub ino,i vos t ri d i ceva i l

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L a sera ta della diva 89

principe che ostinavasi a vole r montare in carrozza

con le i,dopo aver messo da banda tranqu i l lamen te

Macerata . Ed essa rispondeva con l a r isat ina squil

lan te : Sciocco v ia ! andate Barbe t t i

Si,si, i l telegrafo , non l

’ ho d imen ti cato . Si

gnor i bel l i,cosa si fa adesso ? S i va a cena , a fini r

la sera ta dell a d iva Ehi,d ico

,Sereni

,è quan to pos

siamo far d i megl i o . Non t i cavare gl i occh i so t to

quel lampione,che lo scri t to so i o cosa d ice .

Ma i l princ ipe si scusò dicendo d i avere un ap

puntamen to a l Ci rcolo,e Macerata non si sen tiva d i

pagare anche i brindis i che gl i al tr i avrebbero fat t i

al la diva . Rimasero Baroncini,i l quale non voleva

passare per ccione o per avaro , r icusando d i pa

gar da cena Seren i che aveva l e t to : Imposs ib i l e

per questa sera , mio Abbiate Sono

aff ranta… Sognero d i VOI Per al tro,tu t t i e due

avevano b isogno d i pensare al la diva,vic ino a de

gl i al tr i che avrebbero pure pensa to a le i o parlato

di lei .

Nei fumi de l vino , p iù tard i , poi ché Baronc in i aveva

fatto le cose bene , Barbe tt i , commosso anche lu i , sen

tenziava

Cari amic i I l telégrafo non sape te cosa si

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9 0 D on Ca ndeloro e C.!

l’agen te Dei col pi

d i gran cassa per far quat trin i… Siamo il

mondo gi ra su d i un pezzo da c inque Ciascuno

secondo i l suo L’ar te,i l

tu t te belle Segu i bene i l m io ragionamen to,

Seren i… lo sono un lo appar tengo al

i l pubbl ico é i l m i o Tu sei i nnamo

rato d i me , Se Venere, in camicia ,

ven isse a d irmi in cer ti moment i Barbe tti,dammi

una not te NO,no

,e poi no !

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IL TRAMONTO DI VENERE

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Quando Leda,ast ro del l a danza

,sp lendeva ne l

firmamen to del la Scal a e del San Carlo , come s tel l a

d i prima grandezza,con tornata d i bri l l an t i au ten tic i

,

e regalava le sue scarpe t te smesse ai p rinc ip i del

sangue e del denaro,ch i avrebbe immaginato che

un giorno el la sarebbe s ta ta r ido t ta a corre re d ie tro

le scri t ture e i soffie tti dei giornal i , cogl i s t i val i n i

i nfangat i e l ’ ombrel lo so t to i l bracc io a corre re

specialmen te d ie tro un mortale quals ias i , fosse pur

s tato Bibi,c roce e de l i z i a sua ?

Poiché Bibi era anche un mos tro , un donnai uolo ,i l quale correva dal can to suo d ie tro tu t te le gon

nel le , e concedeva perfino i suoi favor i , al le matrone

ancora tenere d i cuore,adesso che la sua Leda bat o

Nt

teva i l l as t ri co,i n cerca d i scr i t tu re e d i quat tri n i

,

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94 Don Ca ndeloro e C*

e lu i aspet tava fi l o soficamente la dea Fortuna al

Caffe Biffi,dal le 5 al le 6 , nel l’ora in cu i anche le

mat rone s’a vventurano in Gal ler i a Oppure ten tava

di s fo rzarla l’

instab il Diva — a pr imiera o al b i

glia rdo ,tu t te l e no t t i che non consacrava a l l a dea

Venere,come ch iamava tu t to ra la sua Leda

,quan

d’era for tunato al le car te 0 al trove , o quando non

l a p icchiava,pe r r i fars i l a mano.

Ahimè,si ! L

indegno era arr iva to al pun to d i fare

ol traggio a i vezz i pe r cu i aveva del i rato , un tempo

per cu i i Cres i de l la terra avevano profuso il l oro

oro . Le rinfacc iava adesso,bru talmen te : Dove

sono ques t i Cres i ?

Ah,l ’i ngrato

,che d imen t i cava quan to gl iene fosse

passato per le mani d i quell’

oro ; con quan ta del i ca

tezza l a sua Leda gl i ene avesse cela to spesso l a pro

venienza,per non farl o adombrare

,l u i che era tan to

ombroso,al lo ra ! E i so t t i l i a rtifi c ii

,l e trep ide men

zogne , i dol c i r imors i che rendevan o at traen te l’

in

ganno fa t to al l’aman te,per l’ aman te s tesso

,onde

legar lo co l benefic i o ! E le care scene d i ge los ia,e

le pac i pi ù care !… Che import a i l p rezzo ? Non era

lui i l s uo tesoro , i l suo bene ?

Ma ciò che ora rendeva furiosa spec i almen te la po

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96 D on Ca ndeloro e C.‘

sapore del fru t to proi b i to,un’ a t trat t i va i nsol i ta

,la

freschezza e la gran a d i un primo palp i to Le t

te re,mazzol in i d i fiori

,i ncon tr i semifortuiti al P incio

,

ogni fanc i ul l aggine , in una paro la . Ei r ipe teva, sup

p lice , come un eroe del l a s cena e poi

No ! r ispose e l la alfine . No ! Vivere e amar !

Amor,subl ime palpi to !… I l fa t to è che ne fu p resa

anche le i s tavol ta,al lo s tesso modo che aveva fa tto

ammat tire tan t i al tr i . Ma presa,la, come s i d i ce, pei

capel l i . Cosi i l for tunato giovane ascese fur tivo a l

l ’ambi to tal amo del geloso prence . Gl i sch iuse l’Eden

lei s tessa,t reman te

,a pied i n ud i i d iv in i p i ed i

can tat i in prosa e in vers i ! Bibi,che a sen t i rl o

era un leone i ndomi to , t remava anche lu i come una

fogl ia . E se lo prese , le i , t r i onfan te per la prima

vol ta ! Come sei t i m ido , fanc iul l o mio !

Tanto che Sua Al tezza,secca to alfine da quelle

fanc iu l laggini , degnò apri re un occh io,e l i s cacc iò

da ll’

Eden. Che importa ? I l mondo non era semina to

d i tea tr i e d i mecenat i che por tavano in palma d i

mano l e i e B ibi ? Sol tan to,come i pri ncip i son rari

e i mecenati vogl iono sapere dove vanno a fin i re i

loro denari,i d ue aman ti fecero le cose con mag

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I l tramonto di Venere 9 7

gior cautela,e le fanc i ul laggin i a usci ch ius i . Bibi era

fel ice come un Dio , vi agg iando da una capi ta le al l’al

tra,i n prima classe , ben ves ti to , ben pasc iuto ,

a

tu per tu cogl i impresar i e i p r im i s ignori del paese

che accorrevano a fare omaggio al la sua diva . Se b i

sognava ecc lissarsi qualche vol ta discre tamen te d i

nanzi a loro , lo faceva con un sorr iso c he voleva

dire ° Poveret t i ! Le s tesse scene di gelos ia

sembravano comb inate appos ta per infiorare quel pa

radiso,”come una carezza a ll’amor propr io d i en trambi

,

una pro tes ta digni tosa del l’ aman te,e una del icata

occasione offer ta al l’ amata d i tornare a giu rari e

spergiurargli la sua fede : NO , caro LO sai

Sei tu solo il signore e i l padrone. Ecco !

Basta,ora si tra t tava d i non lasc iars i sopraffare

da quell’

intrigante del la Noemi, che le rapiva agen t i

ed impresari,al la Leda

,con tu t te l e ar t i l ec i te e il

lec i te,e le por tava v ia le scr i t ture una che non

aveva d ieci ch i l i d i polpa sot to le magli e ! E le

portava via anche Bibi,i l quale si dava i l rossetters

VERGA . Don Ca ndeloro e C.‘

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98 D on Candeloro e C

ai baffi,e s i met teva i n ghingher i per andare ad

a pplaud irla , gra tis et amore.

Ma i l bal lo nuovo del caval ier Giammone non

me lo por ta via, no ! gimo a sé s tessa l a bell

Leda .

Da '

un mese , Barbe t t i e tu t t i gl i a l t r i giorna lische vendono l ’anima a ch i l i paga

,non facevano

che rompere la graz ia d i D i o ad ar ti s t i ed abbou

con quel nome del la Noem i s tampato a le t tere

scatola . Già erano in tan ti a far la spesa degl i ar ti

co l i,i pro te t tori del l a cas ta vergine !Mi i l bal lo n uovo

del caval ier G iammone non l’avrebbe avu to,no !

I l caval iere s tava appun to parlandone col l’ impre

sari o,ch ius i a quat tr’occhi , d inanz i al pi ano del Gran

Poema s tor ico-fi losofi co -danzan te , sc ior ina to sul l a ta

vola,al lorché cap i tò al l’improvvi so l a signora Leda

,

in gran gala , e co l fia to a i den t i .

Caval iere m io scusatemi… Non si parla d’al

tro sul l a Sarà un tr i onfo,V i garan t isco !…

Lasc ia tem iAh ! sbuffo il coreografo col to sul fat to

Oh

E si bu t tò sul le sue car te , quas i vo lessero rubar

gl ie le . L’

impresario , dal can to suo , d iede una famosa

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1 0 0 Don Ca ndeloro e C.

s t’

a ltro . Già l’avevano t u t t i quan t i a mor te coll’

lm

presa che lasc iava d ispon ibi l i i m igl iori sogget ti . Poi,

dopo che l’amorosa copp ia s i fu congedata , fra grandi

i nch in i e scappel la te B ibi s tavol ta vol le aecom

pagnare l a sua signora per sen ti r bene come era an

data a finire,un po’ i nqu ie to e nervoso in fondo

,ma

dis invol to,giocherel lando col la mazze tti na

,l e i tu t ta

arz i l la e sal tel lante,co l sorri so d i c inabro e le rose

sul le guance (quantunque s i sen t isse soffocare nel l a

giacche tta a t t i l la ta) per non dar gus to a i col leghi .

Scambolet ti, i l celeb re buffo , ch’era anche i l burlone

de l l a compagnia,mandò loro d ie tro ques to salu to :

Lei si che n ’ha del la graz ia d i Una ba

lena ! Anzi c i tò u n ’al tra bes tia . Senza invidia

però,Bibi

Senza invid ia,a lu i

,Bib i

,ch’era un pasci à a tre

code,e d i donne ne aveva s ino ai capel l i , damone

e t i tola te Bas ta,era un gen t i luomo ! E sapeva an

che quel lo che andava reso al l a sua signora . Ma in

quanto al l’ar te però non era par tigiano , e ammirava

ugualmen te tu tt i i gener i . Leda e ra del genere c las

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sico ? E lu i l’aveva fat ta subi to scri t tu rare a l Carcano,

un teatro d i car tel lo anche questo,non c ’è che d i re .

Oggi,pe i bal l i grand i

,bas tano le seconde par t i

,

gambe e macchinario . Piacc iono anche ques t i ? Eb

b ene,bat teva le man i l u i pure , senza second i fini.

Ma la Leda,che non aveva più un cane che le

battesse le man i,era d iven tata gelosa come un acc i

dente,e gl i amareggiava la vi ta

,povero galan tuomo .

Lagrime,rimproveri

,scene d i famigl i a con tinuamen te .

Alle vol te,magari , l u i doveva bu t tar via i l tova

gliuolo a mezza tavola , per non but tarle i l p ia t to in

faccia . Tanto , quel l a poca grazia d i Dio gl i andava

tut ta in veleno .

Si rappat tumavano dopo,è vero perché quando

si è fa t to per un uomo quel lo che aveva fa t to le i

E quando s i é un gen ti l uomo come era Ma

però art i s ti l ’uno e l ’ al tra,dopo l a commedi a del le

p'ac 1 e del le tenerezze si tenevano d’occh io a vicenda,

e la s ignora Leda , a buon con to , aveva messo un

tramagnino a l le calcagna d i B i bi,per scopri re il d ie

tro scena ne l reper tor i o del le sue tenerezze . Talché

gli amic i al vederlo sempre con l a guard ia del corpo ,affibbiarono i l t i tol o d i Re di P icche.

Infine tanto tuonò che p iovve,l a sera s tessa del l a

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1 0 2 D on Ca ndeloro e C.'3

benefi cia ta d i Leda, che non c’ erano duecen to per

sone a l Carcano . Ella cercò d i sfogars i con B ibi i l

quale faceva i l r i so t to al la Noem i,i nvece ! lu i e i

suo i amic i ! bes tie e animal i t u t t i quan ti,che non sa

pevano neppure dove s tesse d i casa i l vero mer i to !

e si l asc iavano p rendere al l’amo dal le grazie d i quel la

d iva,l a quale r ideva d i l oro

,poi s icuro ! d i

l u i pel pr imo ! Gonzo !

Via,fammi i l p iacere ! i n terruppe B i bi a ccen

dendo un mozzicone d i s igaro dinanz i a l lo specchio.

Ah,non vuoi sentirtela di re ? Già, quel la li non

t i pigl i a cer to pe i tuoi begl i occh i,mio caro ! Schiz

zava fuoco e fiamme dagl i occhi , l ei , col le cigl i a an

cora t in te e i l rosse t to su l la facc ia , così come si tro

vava al l’ usci re dal tea tro , una Furia d ’Averno

dopo tu tto quel lo che aveva fat to per lu i , e l e oc

casioni che gl i aveva sacr ificato , r iccon i e pezzi

grossi,che se avesse volu to , ancora !…

Fammi i l p i acere,via ! tornò a d ire B ibi

con quel ghignet to che la faceva usc i re dai gangheri .

Allora sen t i ! Bada bene a quel lo che fai ! Bada

bene, veh ! Che son capace d i andare a romperle i l

muso,al la tua cas ta d iva ! E qu i un mondo d i

al tre porcherie : che lu i era roba sua,d i lei

,giac

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1 0 4 Don Ca ndeloro e C.L

tuna,se non fossero s tat i i buon i amic i che V i s i

misero d i mezzo . Tanto , dopo tan to tempo che sta

vano insieme,erano più d i mari to e mogli e . No

,le i

non po teva s tarc i senza Bibi . Fosse sor te , fosse malia ,l a teneva legata ad un fi lo

,come essa ne aveva te

nu t i tanti , uomini seri , ed uomin i for ti , che in mano

sua sembravano del le marione t te . E anche Bibi, a

par te l ’i n teresse,un cuor d’oro in fondo , che non s i

po teva dire lo facesse muovere l ’ i n teresse,ormai .

Non tornò a servirla in ogni maniera e a procurarle

le scri t tu re egl i s tesso in America , in Turch ia , dove

po té,giacché al giorno d’oggi sol tan to laggiù sanno

conoscere ed apprezzare le celebr i tà . Prova i va

gl ia pos tal i che le i mandava , poco o mol to , quanto

po teva .

Un cuor d’oro . E al lorché la povera donna bat té

i l bot tone finale,e sbarcò a Genova senza un qua t

trino,bolsa e rifin i ta

,ch i trovò al l a s tazione , a brac

c ie aper te ? Chi si fece in quat tro per scovarle qua

e là mezza dozzina d i ragazze promet ten ti , e inse

diarla maes tra d i bal lo add i ri t tura ? Chi le pres tò i

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I l tramon to di Venere

mezzi,a un tanto al mese

,per met ter su pensione

d’ar tis t i una speculaz ione che sarebbe riusci ta

un affarone , se non c i s i fosse messa d i mezzo la

Ques tura,che l’aveva par ti colarmen te con Bibi ?

E come ogni cosa andava d i male in peggi o,cogl i

ann i e la d isde tta,ch i le pres tò qualche ven t ina d i

li re,al bi sogno

,d i tan to i n tan to , quando si poteva ?

Dio mio,l e ven tine d i l i re bi sogna sudare sangue e

acqua a me t terle i ns ieme ; e quando si d i ceva prestare

,da lu i a lei, era un modo d i d i re .

E al ca lar del s ipari o , i nfine , al lorché l a povera

Leda andò a fin i re dove finiscono gl i ar t is t i senza

giud iz io,ch i andò a trovarla qualche vol ta a ll

ospe

dale,e por tarle ancora dei so ldi

,se mai

,per gl i u l

tim i b i sogni ?

Bibi ne aveva avu to del giud i zio,è vero

,e un po’

d i sold i aveva messo da par te,co l ri sparmio e gl i

interessi modi ci , tan to da render servi zi o a qualche

amico , se era solv i b i le , e da far la qu i e ta v i ta , co i

suoi comod i e la sua brava cuoca . Perc iò quel l e vi

si te al l’ospedale gl i turbavano la d iges tione,gl i fa

cevano ven ire le lagrime agl i occh i,e non era com

med ia , no , quando ne parlava poi cogl i am ici , al caffé .Bisogna vedere , mie i cari ! Una cosa che s tringe

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t o6 Don Ca ndeloro C.i

lil cuore , ch i ne ha ! L’

avreste credu to,eh ? Lei ab i

tuata a dormi re nel la batis ta E ridot ta che non

si r iconosce Un canchero , un diavolo al pe t to… .

che so Non ho vol u to vedere neppure . Lei ha

sempre l a smania d i far vedere e toccare a tu t t i

quan t i . E del le p re tese poi ! Cer te i l l usion i !… Non si

dà ancora i l rosse t to ? Misera umani tà ! Ier i , sen t i te

questa,vo sin l aggiù a Por ta Nuova

,appos ta per

lei , con questo caldo , e trovo la scena del la Travia ta

O c ie l mori r si Mia gio

van i 0 Voi guar i re te,ve lo di co i o !

Ah ! Oh! Allora v iene la par te tenera,e vuol

sapere se sono sempre l o s tesso da

contarc i su… cer to .. Diamine O

non mi esce a d i re d i condurla via ? Sissignore

che una vol ta via d i lì é s i cu ra d i guari re che

vogl iono operarl a che ha paura del med ico : Per

cari tà ! Per amor d i D io ! Un momen to , cara

amica ! Che d iamine,un momen to ! El la si ri zza

come una dispera ta,afferrandomi pel ves ti to , bacian

domi le mani .… Non c i torno più , parola d’onore !

E vedendo che c i voleva anche quello , dal la facc ia

degl i am ic i,Bibi asciugo una fur tiva lagrima.

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Di commedian t i come Vi to Scardo non ne nascono

più a Mi l i tel lo,massime dacché fu tocca to dal la gra

zia , e da povero diavolo arr ivò ad essere guard iano

dei cappucc in i,come Papa Sis to .

Dopo aver provato cen to mes t ier i e averne

fatte d’ ogni colore anche,dicevasi coll a donna e

la roba al tru i r idot to col l e spal le al muro,ma

landa to d i borsa e d i salu te , Vi to Scardo capì alfine

Qui b i sogna mu tar s trada .

Era l’anno del la fame per giun ta,che i seminati

,

dal princ ip i o ,dissero ch iaro che si voleva r idere

quell’

inverno , e tu t ti quan ti , poveri e ri cch i , si s trap

pavano i capel l i , al la raccol ta . Vi to Scardo s tava be

stemmiando anche lu i nell’a ia di massaro Nasca

compare Nasca sfogandos i co i figl i uol i a pedate

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[ I O D on Ca ndeloro e C.‘

sua moglie covando le spighe magre cogl i occh i ars i

e i l la t tan te al pe t to lo s tesso marmocch io che s i

di sperava e non trovava nul la da poppare una

desolaz ione insomma da per tu tto,per l a campagna

brul la,senza una canzone 0 un suono d i tamburel lo

,

quando s i v ide arr i vare fra Angel ico , quel lo del la

cerca,fresco come una rosa

,t ro t tando al legramen t e

su ll a bel l a mula baia de i cappucc ini . Sia lodato

San Francesco ! E loda to sia,fra Angel ico !

d isse compare Nasca fuor i del la grazia d i Dio sta

vol ta . Che a voi al tr i , benedica , i l pane e i l com

pana tico non ve lo fa mancare San Francesco

Sangue d i Corpo d i Le bes temmie de lla ma

lanna ta ,i n una parola . Ma fra Angel ic o se ne r i

deva . O dunque ch i prega Domenedd io per la

pi oggia e pel bel tempo , gnor as ino ?

Un pezzo di tonaca sul le spal le , una presa d i ta

bacco qua e là,i l buon v iso e l a buona parola , e

fra Angeli co raccogl ieva grano , ol io mosto , senza

bisogno di mie tere né d i vendemmiare , e senza pen

sare ai guai e a ma lanna te, ché a l conven to , grazie

a Dio,i l c alda ione era sempre pieno , e

i monac i

non avevano al tro da fare che ringraz iare la P rov

v idenza e correre les t i a l refe ttor io quando suonava

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1 1 2 Don Ca ndeloro e C.5

come se lo vide capitar d inanzi con quel de t tato ,sano come una lasca fece i l segno del l a croce :

Monaco tu ? Non c i mancherebbe al tro adesso !E voss ignor ia che Vi cresceva qualche cosa

,

? P

arrivare guard iano anche !…

Voi che avres te fatto ? Un arnese come Vi to Scardo,

che puzzava d i tut t i i se t te peccat i mor tal i ! Però egl i

giurava che e ra un al t ro,ormai . Lo pigl iassero a

prova. Tan to d isse e tan to fece che i l p overo guar

d iano dove tte p igl i arlo a prova,pel vit to e l a tonaca

sol tan to fra te converso, Se la tonaca fa questol

miracolo,vuol di re ch’è una san ta cosa davvero

,fi

gliuo l mio !

Bas ta,o che l a tonaca abb ia fat to i l m i racolo o

che s ia s ta to i l b isogno far t ro t tare l’ asmo,Vi to

\Scardo d ivenne l ’ esemp io del la comun i tà . Bravo ,modesto

,pruden te le donne

,magari

,non le guar

dava neanche,in s trada. E per la cerc a poi va

l eva un Perù ; meglio d i fra Angel ico , ch’ è tu t to

d ire . La gente a l vederlo cosi cambia to , che pareva

un san to,diceva Questa è opera d i San Fran

cesco . E mandava elemosine .

Però c’ era ancora quel la cer ta t iz ia che ti rava a

fargl i perdere i l pane comare Men ica la mogl ie

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di Scaricalasino,dopo che suo mari to e ra anda to

in galera per le legnate d i quell a no t te l e i a ten

tarlo fino in ch iesa , e occh ia te d i fuoco , e imbasc ia te

con questa e con quel la . Una sera poi l’ appos tò al

cancel lo del podere,che tornava tard i dall a cerca e

non passava un cane , e lo s trinse propr io co l le

spal le al muro : Dopo averla messa i n quel lo

s tato né vedova né mari t a ta ! E tu t to quel lo

che aveva fat to per l u i ! Le legnate che s’ era

prese ! Sissignore ! Ec cole qua ! Quas i quas i

8 1 spogl iava li dov’era , d ie tro l a s iepe. La siepe fi t ta,

l’ora tarda,sul la s trada che non passava un

San Francesco glo rioso ,se Vi to Scardo tenne duro

come Giuseppe Ebreo , fu tu t to meri to vos tro .

Sorella m ia ri spose lu i sorel l a m ia,i n galera

si va e si viene , ma se mi scacc iano dal conven to

cosa fo,d i tel o voi ?

E lo disse anche al padre guardiano a ti tolo d i

confessione la carne i l demonio . La sai più

lunga d i lu i ! pensò i l guardiano .,Ma dove tte ch i

nare i l capo an che s tavol ta,togl ierlo dall a cerca e

metterlo ai servi z i i n tern i del conven to . Vi to,con

tentone , badava a far la sua s trada . Un colpo al

cerchio , un colpo al la bo t te , barcamenandos i fra queVERGA . D on Ca ndeloro e C ! 8

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1 1 4 Don Ca ndeloro e C i

sto e quel l’al tro , che i l conven to e come un piccolo

mondo , e le n imi c iz ie covano anche fra i servi di

Dio . Quando s’

accapigliavano fra d i loro , e volavano

le scodel le , l u i orbo e sordo . A tempo e l uogo poi

l i sciare i pezz i gross i pel verso del pelo,e pigl iare

ciascuno pel viz io suo,fra Serafino col tabacco

buono di Licodia , fra Mansue to chiudendo un oc

ch io ih por t ineria,i l Padre Let tore a colp i d’ incenf

siere . Ah,

che grazia°

v’ ha fat to i l Signore !

Quante cose sape te,vossignor ia ! Figl iuol mio

,ho

suda to sangue . Vedi , ho tu tt i i pel i b i anch i . Che mi

giova ? Padre Let tore , e nul la p i ù .

Birbona te ! La so l i ta s tor ia che chi p iù meri ta

meno ha… M’

intendo i o , se foss i pad re da messa e

avess i voce in capi to lo , quando fanno—il

I l guai o e ra che per en trare in novi z ia to ed ar

rivare padre da messa c i voleva un po’ di la t ino,e

20 onze di patrimonio . Quan to al la t ino , paz ienza ,Vi to Scardo

,picch ia e r ip i cch ia , sudando sui l i bracci

: ome Gesù al l’ or to , tendendo l’orecch io a ques to e

a quel lo , pigliandosi l a tes ta a d ue mani tes ta

fine d i v il lano che quel che voleva voleva co ll’a

iuto d i Dio e del Padre Le t tore r iesci a farvi em

itrare quel che c i vo leva . Ma trovare le 20 onze del

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[ 1 6 D on Ca ndeloro e C i

tan ta graz ia d ivina recalc i trava egl i s tesso,sempl ice

frate laico,senza neppure gl i ordin i sacri . Resi s teva

a l la ten tazione,si confessava i ndegno

,faceva i l sordo

o lo scemo,arr ivava a tapparsi le orecchie ins ino

,

quando i pover i g iuocator i gl i correvano d ie tro sup

pl icando Per l a santa tonaca che porta te l

Per l’ anima dei vos tri mor t i ! e per ques to,e

per ques t’al tro Due parole sol e,

.

e c i togl ie te dai

guai ! lntanto i numeri c he gl i bal lavano den tro,

e le d i ta s tesse che si tradi vano e accenn avano i l

te rno,senza sua vogl ia , sol tan to al modo d i l isci are

la barba e d i far segno : z i t to ! Chi sapeva imten .

dere poi e cavarne i l te rno c i p igl i ava l’ambo almeno .

E l’elemosine fi occavano .

l l padre guardiano , uomo rozzo a l l’ an ti ca , prese

infine Vi to Scardo a quat tr’occh i , e gl i fece una bel l a

l ava ta d i capo A che giuoco giuo chiamo ? Che

significa questa faccenda Lu i a tes ta bassa,col le

mani in croce nei man iconi , ri spose tu t to compun to

che sign ificava che i l S ignor e l o ch iamava in re l i

gione,e se non lo lasci avano en trare in now zia to sa

rebbe andato a fare l’eremi ta in c ima a una mon ta

gna . Fra Giuseppe Maria capi i l l a t ino . A fa re

i l san to per con to tuo,eh ? E tirar l’ acqua al tuo

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Papa Sis to i 7

mol ino ? Vi to Soardo non cap iva neppure .

L’acqua ? I l san to ? I l mul i no ? E le 20

onze del patr imon io,per p igl iar messa ? l e 20 onze

le hai ? aggiunse i l guardiano per tagliar cor to .

Ah,l e 20 onze

Come abbia fa t to a procurarsele ,quel d i avolo d i

Vi to Scardo,l o sa Dio e lui . O che s iano s ta t i fru t t i

d i s tol a,come d icevano le male l ingue

,denari rubat i

al lo s tesso San Francesco,mess i da par te su l la cerca ,

in barba a lu i ; o che l a vedova Brogna abbi a fa tto

anche ques ta,e si sia l asc ia to toccare i l cuore ; o

sia s ta ta i nfine car i tà fiori ta d i qual che al tra bene

fat trice,che t i rava an ime a salvamen to l a Scari

ca lasino vendé allo ra un pezzo d i ter ra , suo d i le i .

I l fat to è che a ll’

impensa ta sal tò fuor i i l padre d i

Vi to Scardo,Ma lanna ta , uno che i l soprannome

stesso diceva ch i fosse,povero e pezzente che avrebbe

cavato l a pel le p iu t tos to al suo figliuolo per ra t toppare la sua

,e mise fuori i denar i del pa trimon io ,

Qui,ecco le 20 onze ! I l guard iano

,che cer

cava pre tes ti anco ra,vo leva sapere donde venivano

e donde non ven ivano . Ma Vi to Scardo c he pian

geva d i tenerezza e d i gra ti tudi ne,abbracciando gnor

padre e b ac iandogli le mani , abbrancò i l suo gruzzolo

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1 1 8 D on Ca ndeloro e C.

i

e minacc iò d i p ian tar su due p ied i baracca e bura t tini.

Allora,bened ic i te ! Allora v i l asc i o la tonaca

e me ne vo ,giacché non vole te salvarmi l’ anima

neppure col fa t to mio ! Q ues to d iavol o c i darà

da fare a tu t ti quan ti ! d isse poi i n cap i tolo i l

padre guard iano . E d isse bene , che gl i parlava i l

cuore.

Bas ta,per toglierselo dai pied i l o mandarono a

fare i l nov iz iato fuori provinc ia,al la Cer tosa d i San ta

Maria . Ci pensassero i n tan to quegl i al t ri fra t i a ve

dere se spuntava grano o logl i o da quel seme . E

Vi to Scardo zi t to ; fece l’obbedienza

,fece i l novi zia to

,

girò anche un po’ i l mondo,come pi aceva ai supe

r iori,e tornò fra G iobb a t tis ta da Mi l i te l l o

,monaco

fatto , con tan to d i barba e qualche pelo bianco .

Però col la barba e i pel i bi anch i gl i era cresciu to

anche i l g iudiz io . Trovò i l paese so t tosopra : ban

d iere,lumi narie , r i tra t t i d i Pio IX ,

da per tu t to,

Scaricalasino a spasso per l e s trade,e i l padre

guard iano col la coda fra l e gambe . Cose che non

potevano durare,in una parola . In tan to si doveva

riunire i l cap i tolo per l a nomina dei superi ori . Mal

con ten ti ce n’ erano mol t i,minch ion i l a p iù par te

,

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1 2 0 D On Ca ndeloro e C i

quando ven ivano a tas tarlo anche lui, t i randolo ognuno

dal la sua par te Fra Mansue to che gl i ra ccoman

dava in tu t ta segre tezza d i guardars i bene di Sea

rica lasino , i l quale voleva reso con to del pezzo d i

terra vendu to da sua mogl ie I l Padre Le t tore che

lo i ncensava lu i adesso : I l mer i to deve premia rsi.Chi l’avrebbe de t to d i cos’era capace Vi to Scardo se

non fosse s ta to lu i ? LO s tesso fra Serafino che

veniva a sfogare le sue amarezze , dopo quaran t’ann i

d i rel ig ione , r imas to sempre a veder sal i re gl i a l tr i

e v ivere d i e lemosina anche per una presa d i ta

bacco ! ‘ Pote te d i rlo v o i s tesso , eh ! Che ve ne

pare ? Non é um’ i ngius ti zi a ? Allora vuol d i re che

non arr iveremo mai a prendere i l mes tolo i n mano,

né voi né io !

Era Giobat ti s ta,rassegnato i nvece

,s i s tr ingeva

ne lle spal le . Eli, tenere i l mes tolo… al giorno

E un affare Ci vuol c i

vuo l c i vuol cari tà . Tante bel le cose .E al Padre Le t tore Non dubi tate . I l vos tro

tempo è venu to . Ci vog l iono uom in i d i tes ta e d i

le t tere adesso . E senza d i VO I Guarda te,met tes

sero anche l’ul timo de l conven to a que l posto,met

tessero me, guardate… Senza i l vos tro aiu to che

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Papa Sisto

po tre i fare ? E dare perfino ragione a fra Man

sueto , ch’ era i l capo de i malcon ten ti . Ci vuol

Chiudere un occh i o . Non siamo più ai

tempi che i l guard iano faceva i l commissari o d i

pol i zia .

In ver i tà i l povero guardiano aveva al tro da fare

adesso . La tremarel la da una parte,e l a bi le che gl i

toccava ingoiare da ll’a ltra,e far buon v iso a ch i gl i

mi rava al cuore . Ques to vuol d i r pol i t ica,ora che

i l San to Padre aveva mu ta to casacca,e i l Re

,Dio

guardi,mandava truppe a far sacco e fuoco . Se la

spuntava,bene . Ma se no , ch i v i andava d i mezzo

per i l pr imo era lui,padre Giuseppe Maria . Un cal

c io nel la sch iena , e l o sbales travano ch issà dove , a

far peni tenza,sempl ice fratice l lo , giacché i po ch i a

lui fedel i gl i n i cchiavano in mano anch’ essi .

Era quel la famosa se t t imana san ta del 48 ; l e s tesse

funzioni sacre s i trascinavano svoglia te , l a ch iesa

quasi vuo ta,tu t ta la gen te in piazza dal l a mat ti na

alla sera,ad aspet tare le no t i z ie co l naso in ari a .

Giungevano fuggiasch i carri d i masseri z ie che te

mevano i l sacco anch’ essi , e r ivol tosi d i tu tte le

fogge,che con tavano d’aver fat to prodigi

,e corre

vano ad aspet tare i regi laggiù , a Pale rmo , per mas

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1 9 2 Don Ca ndeloro e C3

sa crarli tu t t i . I l s indaco , a buon con to , fece armare

i galantuomin i per tener d’occh io la roba del paese .

La fol la correva ogni tan to sul la col l ina del Cal

vario,i n c ima al vi l laggio

,per vedere se era già

comincia to i l fuoco nel la c i t tà laggiù,lon tano

,in

fondo alla p ianura verde uomini , donne , cappuc

c ini anche,c iascuno pel suo motivo . Vito Scardo

invece non si muoveva , badava al la ch iesa , badava

al conven to,badava ad aggius tare le sue faccende

con questo o con quel lo , a quattr’ occh i

,i n tan to che

fra Mansue to e i l Padre Let tore perdevano i l tempo

a venders i vesc iche per lan terne l’un l ’ al t ro,o a

correre lassù al Cal var io a cercar no ti z ie e le s tel le

d i mezzogiorno . Signor i m iei , bada te a quel che

fate ! ammoniva Vi to Scardo . Vin cano ques ti,

vincano quegl i al t r i,bada te a quel che fate !

Sol tan to a sera tarda sgusciava fuori un momen to

pe r p igl i ar ari a,e sen ti re quel che si diceva, e lì,

so t to gl i o lmi del la p iazze t ta , al bu io , amm,cono

scen ti,che spun tavano come funghi

,e perfino Ma

tanna ta , in gran sussurro . Alcuni d issero pure d i

averc i vi s to Scar icalas ino , in confidenza con fra Gio

bat t i s ta . Ma lanna ta poi che faceva i l mes t ie re d i

vender erbe,ed era sempre in gi ro

,ne por tava più

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i 24 Don Ca ndeloro e C 3

aveva da perdere , e perciò era i nquie to, e più Vi to

Soardo d iventava un pezzo grosso,con quel l’aria d i

d ico e non dico d i chi l a sa l unga davvero . Tanto

più che verso sera mu tò i l ven to d i nuovo : bande,

fiaccola te, grida d i v i va che arri vavano sin l assù,e

non s i sapeva che credere e che pesc i p igl iare . I l

venerdì fu peggio ancora . Giorno d i l u t to , in ch iesa

e fuori,le no t iz ie che facevano a pugni fra d i loro

,

dei curios i che correvano in piazza per vedere se

c’

era ancora la bandiera al Munic ip io . La sera i re

verendi accompagnavano il Cris to morto , quando al

l’ improvvi so corso la voce Corre te ! Lassù,

al Calvario ! Si vede l a c i t tà i n fiamme ! Pi

gura tevi come res tò l a process ione ! Fra Mansue to,nel deporre i l coro in sagrest ia

,gl i tremavano le

mani . I l guard iano non era tranqu i l lo neppur lui .

In refe t tor io non s i mi se neppur l a tavola . Ciascuno ,mogio mogio

,era andato a rin tanars i nel l a sua cella

,

e aspe t tava come andava a fini re . Verso mezzano t te,

too too, fra Gioba tt is ta in pun ta d i p ied i andò a

bussare a ll’

usoio del Padre guardiano . Che è,che

non é ? Gli al t r i rel igiosi , che avevano i l suo poc'

ca to c iascuno , e la tremarel l a addosso, s tavano ad

origl iare , e quando lo videro usci re , poi , dopo mez

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Papa Sis to 1 2 5

z’ora,c iascuno voleva sapere l a sua . Nien te . Si ve

dra domani , i n cap i tolo . Fra Giuseppe Maria pro

tes tava che ne aveva abbas tanza,del guardianato

,e

fra' Mansue to non voleva fasti d i neppur lu i . Basta,

vedremo . Sent i remo quel lo che consigl i a lo Spi ri to

Santo E Spun ta infine i l saba to san to,sempre

in quel l’ incer tezza. Gli s tessi c ur ios i i n piazza ; l a

bandiera sul campan i le ; la c i t tà che S i vedeva fu

mare,laggiù , dal Calvari o . In tan to , per p igl i ar tempo ,

si fecero l e funz ioni in chiesa,prima d i passare a i

voti,suonarono le campane a gl oria

, S’ i nvocò i l

Veni crea tor, e finalmen te s i riunì i l cap i to lo . Padre

Giuseppe Maria esordì con un discorse t to tu t to m iele,

tu t ta manna : La rel igione la fra tel lanza,l a

cari tà . Lu i domandava perdono a tu tt i se non era

stato al l’al tezza del la carica,men tre ne deponeva i l

peso,t roppo grave per la sua e tà

,supplica iido d i l a

sciarlo l’ul t imo degl i u l t imi , sempl ice servo d i D io .

Fra Mansue to ch inava i l capo anche lui . I l Padre

Lettore cominc iò un’

ora zione in tre pun ti,per dichia

rare che i temp i eran gravi e a reggere la comun i tà c i

voleva giust i z ia c i voleva prudenza tu tte le be l le

cose che aveva de tto fra Giobat t is ta . Però i l d iscorso

d iven tava lungo,e fra Serafino pel primo cominc iò

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1 26 Don Candeloro e C.

1

a i n terrompere . Basta . Lo sappiamo . Ai voti,

ai vo ti . Le l ingue s i confusero , e successe una

bab ilonia . Allora sal tò su fra Gioba t ti s ta,ch’era s tato

zi t to,e d isse l a sua : Signor i m iei

,a che giuoco

giuochiamo ? Altro che perdere i l tempo per sapere

se deve essere Tiz io o Cai o a pigl iare i l mes tolo in

mano ! Qui si tra t ta che s tasera non s i sa chi l o p i

gl ia sul capo, i l mestolo !

Successe un pu tifer i o . Fra Mansue to,che aveva

la maggioranza, voleva approfi t tare del momen to e

passar subi to ai vo ti . Fra Giuseppe Maria pro tes tò

invece che se ne lavava le mani . Sì e no . Una

baraonda . In quel l a si udì scampanel lare m furia

al la por tineria. Un momento ! s tri l lo fra Gio

bat ti s ta come un i ndemonia to , col le man i in aria .

Un momen to ! Eccol i qua !

Che cosa ? Lo sapeva lu i solo,che uscì correndo

,

col la tonaca a l ven to . Era proprio quel l’a l tro,Scar i

ca lasino , ansan te e trafe lato , che ven iva a pigl iar

ch iesa,quas i c i avesse già gl i sbirr i a lle ca lcagna;

poi Ma lanna ta , gongolan te , e al tr i ancora , che con

fermavano la mala nuova . Vi to Soardo l i p ian tò tu t ti

in asso , e capi tò d i nuovo come una bomba in mezzo

ai reverendi che si accapigl i avano gia.

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1 28 D on Ca ndeloro e C.5

colpo all a bot te,chiudendo un occhi o a tempo e

luogo,badando a non far ci arlare l e male l ingue

,a

proposi to del la Scari calas ino,o del la vedova Bro

gna,che era gelosa mat ta . Tutt i con ten ti e lu i pel

primo .

Chi r imase scon ten to fu solo Ma lanna ta che gl i

era parso d i dover mu tar vi ta anche lui,co l figl io

guard iano , e d iven tare non so che cosa . Ed era i l

solo che osasse lagnarsi .

Monaco ! Tanto basta ! Nemico d i Dio !

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EPOPEA SPICCIOLA .

VERGA . Don Ca ndeloro e C.

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1 32 Don Ca ndeloro e C.

!

Gl i svi zzeri ! La caval l eria ! E ch i non gl i

e ra bastato l ’an imo d i piantar sub i to ca sa e paese,

al l’ul t imo momen to d isse pu re : Megl io i l danno

che l a pel le e v ia : uomin i , donne , bes tie , quel lo

che si poteva met tere in salvo insomma ; le vecchie

co l rosario in mano .

Io non avevo nessuno a l mondo,sol tan to quei

quat tro sass i al sole,l a casa

,l ’orto

,lì p roprio sul la

s trada , con tan ti soldati c he passavano ch i l i d i

ceva de i nos tr i ch i d i quegl i al t r i c i ascuno che

voleva mangiars i i l mondo cer te facce ! Cosa

avres te fa t to ? Rimas i a guard ia del la m ia casa,li

accan to,sedu to sul muricc io lo . A svignarsel a

,poi

,

c’ è sempre tempo pensai . In tan to passa un ’ ora ,ne passano due. I nos tr i avevano ti rato de i cannon i

sin l assù su l l a col l ina,in mezzo al le Vigne . Figura

tevi i l danno ! A un t ra t to gi unge uno a caval lo,

tu t to arrabbiato,che pareva volesse mangiars i i l

mondo anche l u i uno d i quel l i che i nsegnano a fars i

ammazzare agl i al tri e s i me t te a gridare da lon tano .

Allora uomini,cannon i

,mul i

,via a rompicol lo dal

l’al t ra par te ; povere vigne ! Però s tavol ta quel lo del

cavallo aveva pure la tes ta fasc ia ta ; segno che si

pi cchiavano d iggià , in qualche l uogo . Però non s i ve

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Epopea’

SPJCClO

O IG 1 33

deva nulla ancora,dal le nos tre parti . I l paese qu ie to ,

l a via deser ta,l a c i t tà che pareva tranqu i l la anch’essa ,

come se non fosse fa t to suo , sdraiata in r iva al mare ,

laggiu , e l e fregate che andavano e ven ivano i nnanz i

e i ndie tro,fumando . Ques ta è l ’ora d’andare a

mangiare un boccone,d ico io

,dal l’al ba che s tavo

pian ta to l ì come un minch ione .

In quel la si met te a tuonare,l assù

,nel la mon

tagna . Uno , due , tre , i nfine un tempora le a c ie l se

reno,in quel la bel la giornata d i Venerdì San to che

dovevano succedere tant i pecca ti . Buono ! Addio

vogl ia d i mangiare un boccone ! LO s tomaco se n ’era

già bel l’ e sceso in fondo al le calcagna

,con quel l a

sol fa. A buon conto è megl io correre a casa,e s tare

a vedere come si mettono le cose da d ie tro l’usc io .

Scendo quat to quat to da l muricc iolo,e fi lo carpon i

lungo la s iepe . Le Prosc imo al lora m i ved ono pas

sare ; l a vecchia apre un po’ d i fines tra,e si me tte

a s tri l lare : O z io Lio Cosa succede ? Per

amor di D io ! C ’ era anche la figliuola ,Nunzia

,

dietro la madre,più morta che v iva anche le i ; tu t t’e

due che non sapevano far a l tro : Signore Ma

donna Ahimé ' Bene d ico io chiudotevi

in casa . Stiamo a vedere.

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1 34 Don Ca ndeloro e C.‘

Mi ch iudo i n casa m ia anch ’ i o , e s ti amo a vedere .

Niente . Non passa un cane . La pace degl i angel i da

ques te par ti . Sol tan to lassù che si d iver tono sempre

a cannona te . Buon pro v i facc i a ! Tanto,qui

i l sangue non arr iva , quando v i sare te accoppat i

tu t t i . Po teva essere mezzogiorno,a occh io

,ché

i l sagrestano non c i s i arrisch iava cer to sul campa

n i le quel la vo l ta . Quasi quasi m’

arrischio a mettere

i l naso fuori d i nuovo, quand

ecoo,crac

,i l te t to dei

Minola che rovina,e po i un al tro

,li a due passi .

Le pal le c i p iovono su i te t t i , adesso !

Che vedeste ! Chi é rimas to a fare i l b ravo va a

c‘acc iars i so t to i l l e t to . Al tr i che S’ erano rin tanat i

nel le can t ine o in qualche buco,sal tano fuori al

l’

impazza ta . Pian ti , grida , un baccano d ’ i nferno . lo

andavo correndo d i qua e d i là per la casa,senza

sapere dove fi c carmi, talmen te ogn i co lpo me lo sen

t ivo fra capo e col lo . Aiuto ! Cri s t ian i ! gri

davano le Proscimo . C’

é c r is t ian i e turch i in quel

momen to ? Malede t te donne che ce l i t i rano addosso,

ora ! Eccol i i nfa tti che arri vano , prima d ieci , poi

ven ti,poi

,che v i d ico ? un fiume . Soldat i e po i sol

dat i che si vedono passare dal buco del la ch iave ,

per più d i un’ora

,a pied i , a caval lo , con cer ti can

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336 D on Ca ndeloro e

campagnol i ! Noial tr i non c ’en triamo col la guerra.

A ch i d i te ! Come parlare al muro . E a capire

ciò che dicevano loro , peggio , con quel l inguaggio d ibes t ie che hanno . Andate a far sen t i r ragione al le

bestie ! La Proscimo che c i s’era provata con uno

che le sembrava p iù facci a da cri s tiano , un ragazzo

addi r i t tura , b iondo come l’oro, fine e b ianco d i pel le

che sembrava una donna,cercava d i addomes ticarlo

narrandoi guai e miser ie . Sono una povera ve

dova con due orfani sul le spal le ! Ci avre te la

m amma anche vossignoria , l aggiù al vos tro

S issignora che quello invece le adocch ia la figliuola ,e ti rava a fars i in tendere co l le mani , giacché col la lin

gua non s i cap ivano né le i , né l u i . L’uno peggio del

l ’al tro,in una parola . Gen te venuta da casa de l dia

vo lo ad ammazzare e fars i amm azzare per un tozzo

d i pa ne . Dopo che ebbero bevuta l’ acqua , vol lero

bere i l v ino , e dopo vol lero i l pane , e dopo volevano

anche l a ragazza . Ah , l e donne , poi ! Qui non si usa !Paz ienza la roba , e tu t to i l res to . Ma anche le donne

adesso ? propri o so t to i l mos tacc io ? Allora era me

gl io pigl iare lo sch ioppo anche no i , e come fin iva,

finiva . Vero ch’ erano in tan t i , e facevano tonn ina

de l v i l laggio in tero ! La Nunzia,però una ragazza

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o/>ea s/ u'

cciola 1 37

onesta quel d iscorso so t to gl i occh i dell a madre

e dei vi cini , per Url i , graffi , mors i , S i

difendeva come una l eonessa . E la vecchi a ! Ave tevis to una chiocc ia, che é una ch iocc ia , se la toc

cano nei pulc in i ? Insomma , sul p iù bel lo sal ta inmezzo anche i l ragazz ) de i M inola, che s tava abbe .

verando quoi p arc i l u i pure con quel bel cos tru tto .S al ta in mezzo , e si m atte a d i r b at te da orb i

con un pezzo d i l eg no che t rovò lì nel corti l e o

che gl i premesse la ragizz l , v ic in i come erano, op

pure che gl i sia andato i l sangue agl i occh i fina lmente; dopo tante soperch ier ie . B otte d i orbi , a : hipigl ia

,pigl ia .

Ma ch i l e p igl io peggio fummo noi poveri d iavol i

del paese,Le case arse

,i poderi d i s trut t i

,i l ragazzo

Minola con una baione ttata nel la panc ia,l a mamma

Proscimo r idot ta povera e pazza e Nunzia con un

figliuolo che non sa d i ch i s ia, adesso.

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Nel monas tero d i San ta -Maria degl i Angel i c’era

sempre s tata proprio la pace degl i angel i . Non d i

sputo né combriccole quando tra t tavas i d i r i el eggere

la superi ora,Suor Maria Faus tina , che reggeva i l

pastorale da ven t’anni , come i Mongiferro da cu i

usciva tenevano il bas tone del comando ne l paese ;

non l i t i fra le monache pel confessore o per l a no

mina delle car iche del la comuni tà . Le cari che si sa

peva a ch i andavano , secondo la nasci ta e l ’ i n

fluenza del paren tado . E come suol d i rs i che i l mo

nastero é un p iccol o mondo , anche li den tro c ’erano

le sue gerarchie , ch i d isponeva d i un pezze tto d’or

ticello , e ch i no , ch i aveva le sue camere ri serba te

sot to ch iave , le sue gal l i ne segnate a lla zampa, e i

giorn i fissi pe r servi rs i delle converse e del forno dellacomunità . Ma senza i nvid ie, senza gelos ie , che son

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1 42 D on Ca ndeloro e CJ

l ’opera del demonio e me t tono la d iscord ia dove non

regna il t imor di D io e i l p rece t to d ’

obbedienza . Già

si sa che tu t te l e d i ta della mano non sono egual i

tra d i loro,e che anche nel Tes tamen to Antico c’erano

i Pa tr i arch i e le Po tes tà . A San ta Maria degl i An

gel i I’ abbadessa e la cel lerar i a erano sempre sta to

una Flavitto o una Mongiferro : dunque vuol di re

che COS I doveva essere,e a nessuna ven iva in mente

d i Iagnarsene . Se nascevano del le ques ti on i a lle vol te

Dio buono,s iamo nel mondo

,e ne nascono da

per tu t to suor Faus tina colle bel le maniere, e Don

Gregor io suo fra tel lo CO I sorbet tie i trat tamen t i che

mandava per tu t te quan te le religiosé, nelle fes te SO

Ienni,man tenevano nel conven to il buon ord ine e il

princip io d ’au tori tà…

Ma un bel giorno ques ta bella pace degl i angel i

se ne andò in fumo . Basto un’

inezia e ne nacqi1e un

d iavolio .Padre Cice ro e padre Amore , Iiguorin i e c im

'e

d’uomini,vennero in paese pel quaresm ale e fon

darono l’

Opera de l D ivino Amore , con sermoni ap

propria tie so ttoscriz ion i pubbl i che fra i fedel i . Se

ne parlava da per tu tto . Le buone suore avrebbero

volu to vedere anch’ esso d i che si t rat tava . Però il

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1 4 4 D on Ca ndeloro e C.

i

via d i corsa . Peou -Pecu,povere t to

,ogn i vol ta correva

a cercare la sua figliuo la d i qua e d i la, fra gl i al tri mo

nell i,nei trivii

,fuor de l paese

,die tro le s iep i d i fichi

d’India pure

,e la ri conduceva per un orecchi o al con

vento,Suppl icando la madre badessa d i perdonarlo

e ripigliarsela per amor d i D io . Alla ragazze t ta che

si r i bel lava poi, e s t ri l lava r ivol to landos i in g iro per

terra,s trappandos i ves ti e capel l i

,e non vole va s tarci

,

carcera ta in conven to , Peou—Pecu tornava a d i re :—'

Bellonia ,abbi Per amor del tuo

Dammi ques ta conso lazione a l papà !

Bellonia non voleva dargl i e la . Vedendo che non

poteva escirne,d i gabbia

,o dopo tornava a cascarc i

sempre,cercò il modo e la maniera d i farsene cacciar

via dal le monache s tesse . Attaccò l i te con questa e

con quel la , mise zi zzan ie , i nven tò pet tegolezzi , fece

al tre mille d iavoleri e , e non giovava nien te . Pecu—Peou

accorreva,pregava

,suppl i cava , faceva in tercedere

ques to e quel l’al t ro , Si g iovava della pro tez ione d i

Dori Gregorio Mongiferro e degl i altri pezzi grossi ,ch’eran tu tt i suo i debi tori , mandava regal i al con

ven to,e Bellonia vi res tava sempre . Tan to , suo padre

s i e ra incaponi to d i lasc iarveia a imparare I’ educa

z ione,s ino a che la mari tava .

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L’

opera del Divino Amore 1 4 5

T u damm i ques ta conso laz ione , e il papà in

cambio t i con ten tera in tu t to que l lo che des ider i .

Pensa e ripensa,i nfine Bellonia d isse che voleva

quel l i del Divino Amore , e Pecu-Peou fece ven i re ir

due padri Iiguorin i a s ue spese . Quares imale in re

gola a Santa Maria degl i Angeli , con organo , mor

ta let ti e suono d i campane,

Dopo due giorn i sol i che padre Ci cero e padre

more fecero sen t i re l a parola d i Dio a modo loro,

povere monache parvero ammat t i te tu t te quan t’e

no . Chi fu presa dagl i scrupol i , e ch i s i trovava

giorno un pecca to nuovo…Es tas i d i bea ti tud ine ,r i re l ig ios i

,novene a ques ta O a quella Madonna ,

ni, c i l i z i , disc ipl ine che levavano i l pelo, Parec

ie si accusarono pubb l icamen te indegne del velo

ro . Suor Cand ida, per mor t ificazione , non s i l a

a più neppur le mani , suor Benede t ta por tava

funicel l a d i pol o,d i capra sul le nude carn i

,e suor

arr ivò a me ttere de i sassol in i nel le scarpe .

suor Glor iosa i nfine la pred ica dell’Inferno aveva

to dar vol ta comple tamen te al cervel lo,e andava

rbo ttando per ogni dove Gesù e Maria ! San

ichele Arcangelo ! Bru tto demonio,va via !

Siccome la gra zia poi toccava i cuor i per boccaVERGA . Don Ca ndeloro e C '! 1 0

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1 46 D on Ca ndeloro e C i

de i due pred ica tori fores tieri,le suore se l i rubavano

al confess ionale , a l parla torio,Ii assediavano s ino a

casa per mezzo del sagres tano,co i dubb i sp ir i tual i

,

co i cas i d i cosc ienza , co i vassoi p ien i d i dol c i . Alla

madre abbadessa fiocoavano l e domande del le rel i

giose, l e qua l i ch iedevano l’ uno o l ’al tro de i due

padr i Iiguor in i per confessore s traord inario . Invano

suor Maria Faus t ina,che a i suo i ann i era nemi ca di

ogn i novi tà , rifiu tava il permesso , anche per riguardo

a Don Mat teo Curc io , che era il cappel lano ordina

r io del mon as tero . Le monache r icorrevano a l vica

r io,al l’ arcipre te

,s ino a l vescovo , i nven tavano dei

peccat i r i servati,

Si lamen tavano che Don Mat teo

Curc io era duro d'

orecchio , non dava quas i re tta :

Ghora si Gnora no Il o i n teso Ti riamo

nanzi.,Qualcheduna giunse ad accusarlo . d i

cascare le pen i ten t i in d ist raz ione , con que lla ba

sudic ia d i o t to giorni,che in un servo d i Dio no

isp irava alcuna devoz ione .

Invece i due padri forest ieri , quell i si che sape

vano fare iL’

uno,padre Amore

,che por tava i l no

con sé,un bel l’ uomo che s i mangiava l ’ar ia , e

ceva tremar la ch iesa in ce rt i pass i della predica

padre Cicero,un ar tis ta nel suo genere , tu tto

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1 48 Don Ca ndeloro e C.

Maria Conce t ta , o doveva fare una magra figura,0

non s i poteva me ttere i n graz ia d i Dio co l confes°

sore fores t iero .

Perc iò suor Celes ti na fu cos tre tta a pri vars i del le

due un iche gal l ine , e suor Benede t ta , che non aveva

al tro , dove tte sol lec i tare l a graz i a d i l avare col le sue

mani la biancher i a d i Padre Cicero . Ogni fiore è

segno d ’amore . — I due reverendi pro tes tavano,pa

dre Cicero spec ialmente , che c i s tava alle convonienze : Non vogl i o . Non posso permet tere .

Una vol ta finse pure d’andare in col lera con Don Raf.

faele, i l sagres tano , che non c’ en trava per nu l la a f,

fa t to,e d i quel le scene non ne aveva v i s te cogl i al tr i

p re t i,s tomacato dalla commedia in cu i padre Amore

rappresen tava po i l a par te d i pac iere e p igl iava l u i le

paste e i regal i , per non mandarl i indietroe E per

non di r neanche grazie ! borbo t tava Don Raffaele

tornandosene a mani vuo te . Ma infine , s i a padre C i

cero o padre Amore,i reverend i p igl i avano ogni cosa

,

a somigl ianza degl i apos tol i che erano pescator i e

usavano la re te. Tu tt i i g iorni , dal monas tero ai Cap o

pucc in i,dove e rano al loggia t i padre Amore e padre

Ci cero , andava su e giù Don Raffaele,poveraccio

,

carico d i vassoi e d i canestr i p ien i d i regali,si cché

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L’

o/>era del Divino Amore 1 49

una vol ta Don Matteo Curc io,non per i ndisc rez ione

,

ma per saper d i re il fa t to suo a tempo e l uogo col l e

antiche peni ten ti,se mai

,l o fe rmò per v ia

,e vo lle

cacc iare il naso so t to i l tovagl iuo lo che cop r iva i l

canest ro .

Caspi ta , Don Ra ffae le ! Dev’

esser fes ta solenne

anche per vo i,con tan te mance che v i daranno i l i

guorini !

I l sagrestano gl i r i spose con un’

occhia taoc ia .

Mance,eh Neanche uno spu to in facc ia

,vos

Retribuere, Domine, bona f a cientibus, che

non cos ta

Figuriamoc i Bellonia , che aveva fa t to la spesa de i

Iiguorin i,e credeva d i averl i tu t t i per sé ! Vi l lana

senza educazione com’e ra,s i d iede a insolen t i re que

s ta e quel l’a l t ra . Suor Celes ti na che s tava a l con

feSsionale mezze giornate i n tere . Suor Mar ia

Conce t ta che s’ accaparrava padre Amore . Suor

Celes t ina che basi va d inanz i a padre Cicero. La

gelosia del monastero i nsomma , Dio ne scampi e

l iberi . La madre abbadessa al lo ra fece a t to d ’au tor i tà ,per met ter frena al lo scandalo . Nien te Iiguorini .

Nien te con fessori straordinarii. Chi voleva ri correre

al Tribunale della Peni tenza c’era Don Mat teo Cur

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1 50 Don Ca ndeloro e C !

c i o,i l cappel lano sol i to , nessuna eccet tuata , a comin

c iare d alla Flavetta , ch’

è tu t to d i re . Suor G abriel la

non disse nul l a,ma non s i confessò neppure

,né coi

I iguorin i,né col cappel l ano ord inari o

,quind ic i giorn i

i n te ri . La superiora quind i , a far vedere che non era

una Mongiferro per nul la

Suor Gabriel la , prece t to d ’

obbediehza,andate

a confessarvi da Don Mat teo Curc io .Suor Gabriel la fece anche ques ta

,s i presen tò al

confess ionale,c on quell

a lterigia d i casa Flave t ta

Son venu ta a fare a t to d ’

obbed ienza al la madre

badessa . Mi presento .

E nul l’al tro . I l povero Don Mat teo Curci o,buono

come il pane , non poté frenars i ques ta vol ta .

Voi al tre s ignore monache sie te tu t te superbe,

d isse,ma vossignori a é l a p iù superba d i tu tto.

Bellonia però tenne duro : O i l padre l iguori no , o

n ien te . Pecu-Peou dovet te tornare a infi la re i l ves t i to

nuovo e veni re a i n tercedere . L’ abbadessa dura

lei pure .

Anche le educande adesso ? Ci voleva anche

ques ta adesso ! Perché lo tengo padre Curci o al lora ?

Peou-Peou , che gl i cuoceva ancora la spesa dei

Iiguorin i,non sapeva dars i pace . O bel la ! Come

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1 52 Don Ca ndeloro e C.!

dessa mon tò su tu t te le furi e con tro Bellonia,e le

appioppo una bella pen i tenza,i l g iorno s tesso

,i n

pubbl ico refe ttorio

Donna Bellonia , mangere te co i ga t t i , per i nse

gnarvi i l prece tto d’

umiltà sen tenziò suor Maria

Faus tina col la voce nasale che met teva fuori nel le

occas ion i in cui l e premeva far vedere da ch i na

scova .

La ragazzaccia , come se non fosse s tato fatto sno ,se ne s tava tranqu il lamen te ginocch ion i nel bel mezzo

del refe ttor i o,sedu ta su l le calcagna , colla discipl ina

al col lo,e l a corona d i sp ine in capo , e per ingannar l a

noi a con tava quan t i boccon i faceva in tan to suor Agnese

con mezzo uovo , e quan te moschemangiavano nel lo

s tesso p ia t to con suor Cand ida . Posc ia cavo fuor i d i

tasca p ian p iano l’agora io , e s i d iver ti a far passare

gl i agh i da un bocc iuolo al l ’al tro . Tu tt’ a un tra tto,

mentre suor Speranza dal pulp i to faceva la le t tura,

e l e al tre rel igi ose s tavano zitto e i n ten te co l naso

su l p ia t to,s i udì l a figliuola d i PecrrPecu ,

da vera

figl ia d i tavernaio che era,a sbadigl iare in musi ca .

La superiora p icch io severamen te su l bi cch iere cdl

col tel lo,e s i fece s i lenz io .

Donna Bellonia ! prece tto d’ obbedienza,fare te

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L’

opera del D ivino Amore 1 53

subi to subi to tre vol te la via crucis ginocchi on i , co l

l i bano e la corona d i sp ine !

La ragazza spalanco gl i occh iacc i mezzo assonna ti,

ancora a bocca aper ta,e domandò

Perché,s ignora badess a ?

Per insegnarvi l’ educaz ione

,donna vo i !

al sol i to !

Poi , sempre sedu ta sul le calcagna in mezzo a l re

fettorio,cominc iò a s trappars i d i dosso la corona d i

spine e la funicel la sparsa d i nodi s tri l lando :

Io non vogl i o s tarc i qu i,l o sape te !… E mio padre

che vuo l tenerm i qui,

finché m i

L’ha preso per una l ocanda i l monas tero, l

ha

preso ! d isse for te suo r Benede t ta . Anz i l ’ ha

preso per un’ os teri a !…

G ià,

Vossignori a che l ava to i fa zzo

le t t i d i padre C icero per sen t i re l’odore del suo ta

Come se non fosse

Scoppio una tempes ta nel refe t tor i o . Suor Mari a

Conce t ta l asc iò la tavola forbendos i l a bocca col to

vagliuolo a p iù ri prese, quas i c i avesse del le porche

r ie ; suor Gabriel la arr icc io i l naso adunco dei Fla

ve tta,spu tando d i qua e —d i la. La superio ra po i

Sembrava che l e ven isse un acciden te , gial l a c ome lo

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1 54 D on Ca ndeloro e C 1

zafferano,col la voce che dal la col lera le t remava ne l

naso e fra i canin i malfe rmi . Tut te quan te che se

la prendevano con Donna Bellonia,ritto in p ied i

,VO

c i ando e ges ticolando .

Siss ignora ! ostinavasi a d i re la figl i a d i Peou

Pecu co l l a facc ia tos ta d i monel la . Come non s i

Suor Mari a Conce t ta che gl i imbocca i

b isco tt in i col le sue mani,a padre Cicero !… E le male

parole che suor Gabriel la ha de t to a suor Celes t ina

perché le ruba padre

E uno scandalo ! una porcheri a ! s tr i l lavano

tu t te i ns ieme .

Suor Gloriosa,cogl i occh i fuor i del l ’orb i ta

,andava

borbot tando

Gesù e Maria ! San Michele Arcangelo !

Libera nos,

Siss ignora ! l e porcheri e le fanno l oro pel con

fossore . I o non ho potu to averlo,il confessore fore

s t ioro , perché non son figl i a d i barone !.

La superiora,r i t ta sulla predel l a abbaz iale

,r iesci

i nfine a far ud i re l a sua voce in false t to

Lo scandalo l o fo cessare i o ! Da ora i nnanz i i l

so lo c on fessore d i tu t ta l a comun i tà sarà Don Mat teo

Curc io,come Prece t to d ’

obbedienza ! La ma

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1 56 Don Ca ndeloro e C.‘

che non sapeva frenars i,s ingh iozzava addiri ttura

come una bambina,so t to il velo nero . E Bellonia

che doveva udire e inghio t tir tu t to .

Gonfia , gonfia , l e venne in men te al l’ improvviso

l ’i sp i raz ione buona .

Terminato i l t r iduo,spen t i i l um i e paga te le spese

,

padre Amore e padre C icero vennero a r ingraz iare

le s ignore monache e a prender congedo dal le figl ie

pen i ten ti,una dopo l ’al t ra

,per non destar gelos ie.

Le povere t te figura tevx in quale s ta to , e padre Ci

cero cavando d i tasca i l fazzole t to ogni momen to,

quas i gl i si spezzasse i l cuore a quel la separaz ione .

A un t ra t to,in mezzo al l a scena mu ta che succedeva

fra pad re Amore e suor Celes t ina,tu t t’e due col le la

grime agl i occlu,sal tò in mezzo anche Bellonia , come

una spi ri tata , e ne fece e d isse d’ogn i sor ta . Pian ti

,con

vulsioni, s tr i l l i che s i udivano dal la p iazza , tan to che

corsero i v ic in i . Pecu—Pecu, Don Matteo Curc io , ed an

che gl i sfaccendat i de l la farmacia . E poi , quando vi de

i l parlator io p ieno d i gen te,Bellonia simise a gridare

che voleva andarsene co i padri Iiguor in i , che c i aveva

i l cuore at tacca to con ess i un pu tife rio . Saltò su

al lo ra la Madre Abbadessa,come una furia , e se l a

p rese con tu t ti quan ti , a cominc iare dai l iguorin i .

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L’

opera del Divino Amore

Ah ! È ques ta l’ opera del D ivi no Amore che

i n tendete vo i ? Non son ch i sono se non vi facc io

pen ti re ! Scrivero a mons ignore ! Vi farò togl i e re l a

messa e la confess ione ! Vedre te ch i s ieno i Mongi

ferro

Quei pover i servi d i Dio se ne andarono pi ù

mor t i che V IVI , l a madre abbadessa fu ,cos t re t ta a

m andar via quel d iavolo d i ragazza,s tavo l ta

,e Pecu

Pec u dove tte r ip igl i ars i l a sua Bellonia , c he non prese

i l D amm, ma vinse i l pun to .

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S tavol ta i l quares imal is ta , per far colpo su quel le

tes te d’ asin i che ven ivano al la predica t i ra t i propr io

er l a cavezza,e po i tornavano a far peggio d i

ima,i mmagino un colpo d i scena ; che se non gio

ava . quello , prediche o sermon i era tu t to come la

re la tes ta al l ’ asino davvero: Fece nascondere nel la

vecchia sepol tura , la sot to i l pavimen to del la ch iesa ,Il sacres tano e due o tre al tri, cu i aveva prima in

segnato la par te , e poi d isse : Lasc ia te fare a me .Cadeva gius ta l a pred ica dell’Inferno , in fine degl i

eserci z i spi r i tual i , e la ch iesa era p iena zeppa di

gente,ch i per un verso e chi per un al tro

,ch i per

dine del giudice (che a quei temp i i l t imor d i Dio

nsegnava col la sbi rragl ia) e ch i per amor del la gon

la . Gli uomini a sin is tra,da una par te

,e le donne

VERGA ; Don Ca ndeloro e CJ u

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1 62 D on Candeloro e C.!

dal l’al tra . I l p red ica tore mon tato su l pulp i to d ip ingeva

al v ivo l’Inferno , come se c i fosse s tato . E poi a ogni

t ra tto tuonava,con un vocione spaven toso : Guai !

Guai !

Come tan te cannonate. Le donne raccol te in brano

dentro i l recin to a des tra del la navata, ch inavano

capo sgomen te,a ogn i colpo , e lo s tesso don Ge

Pepi,c h’era don Gennaro Pep i ! si p icch iava i l pet

in pubbl ico , e borbo t tava ad a l ta voce : Pietà e

m iseri cordia , Signore !

Ma c ’ era poco da fidars i , perchè ogni g iorno ,prima d i scor t i care i l p rossimo a qua ttr

’ occhi,Don

Gennaro Pep i torn ava a me tters i in grazia d i Dio

andando a messa e a confessi one , e quan t i erano

al l a p red ica po i , si sapeva che Sarebbero torna

a fare que l che avevano fa tto sempre .

Guai a te,r icco Epulone , che t i se i ingrassa

col sangue del povero ! E tu , Scri ba e Parise

spogl i a tore del l a vedova e

Ques ta era pel no tai o Zaccò. E ce n ’era per t

gl i al tr i : pe l barone Scampol o che aveva una l i

co i RR. PP . cappucc in i ; per don Luca Arpone ,quale v iveva in concubina to col l a mogl ie del

tore ; pe l fa ttore che s i r ifaceva al la sua vo l ta 5

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1 64 Don Ca ndeloro e

tornassero a pizzi carvi tu tte le pu lc i degl i scrupol i

vecch i e muom,al

*

sentire spea almente le frus tate

del l a d iscipl ina che davasi l aggiù , al bu io, quel buon

cr ist iano d i Chel i Mosca , famoso ladro , che era ve

nu to a dare i l buon esempio e mos trare che mu

tava v i ta, l ì , so tto gl i occh i s tess i del giud ice e del

cap i tano gius ti z iere emg-c 1ang col la c igna dei cal

zoni . Che poi , se mancava un pol lo i n paese , anda

vano subi to a cercar lui , sangue d i Giuda l adro !Gl i

uomini,dal can to loro , tenevano duro , bene o male .

Ma nel rec in to del le donne la parola d i D io faceva

mi racol i add i ri t tura : sosp i ri , bron tol i i , soffiate d i naso

che non fin ivano p iù ; e ch i aveva la cosc ien za pul ita

ringraziava i l S ignore in facc ia a tu tt i quant i 60

mm populo e tan to peggio per qualcun’ al tra che

non osava levare i l naso dal l i bro d i messa , Donna

Cri s tina—del—giud ice a mo’ d’esempio , o la Caolina ,messa in d ispar te come un’

appesta ta , con tutt i i suoi

fronzol i e i l puzzo d i musch io c he ammorbava .

A che t i gioveranno , Maddalena impen i ten te, l e

ch iome profumate d i mirra e d ’ i ncenso , e i vezz i

Donna O rsola s i turo i l naso,s tomaca ta dal lo scan

dalo che recava in ch iesa la Caolina , poichè gl i uom in i

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I l pecca to di donna Sa n ta 1 65

per s imi l i donnaccie t rascurano fino i l sacramen to del

matrimonio,e vi lasc iano muffire i n casa le figliuole,

senza con tare po i gl i al tr i inconven ien t i che ne na

scono : l e ragazze che per ai u tars i s i a ttaccano pure

a uno spian ta to senz’arte nè par te , come Ninì Lanzo

i padr i d i famigl ia che con t i nuano a corre re l a ca

val l ina a Guai agl i adul ter i e ai

l ussuri os i

Ehm ! Ehm !…

Ora che i l pred icatore si era bu t tato addosso al set

t imo peccato mor tale , e d iceva pane a l pane, l a po

vera Donna O rsola si sen tiva su l le sp ine per la

figliuola , che sgranava gl i occh i e non perdeva una

sol a parola del la p red ica . Tossi, si soffiò i l naso ; in

fine cominciò a farle l a predica a modo suo che le

ragazze in ch iesa devono s tare composte e raccol te,ascol tando sol o quel lo che sta bene per loro

,senza

b isogno d i fare quel V1‘SO sc iocco , quas i i l servo d i Di o

parlasse

Parlava come sant’Agostino i nvece il predica tore ;tan to che si sarebbe ud i ta volare una mosca ; l a

s tessa Caolina s i era calato i l manto sugl i occh i e

pareva contri ta anche lei.

L’

uditorio era così pene tra to dal sogge tto del la pre

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1 66 Don Ca ndeloro e C 5

d ica,che vecchie d i c inquan t’ann i tornavano ad ar

rossire come z i te l le, e le più i nfervorate guardavano

d i traverso Donna San ta Brocca,l a mogl ie del dot

tore,che era venu ta al la pred ica con un ven tre d i

o t to mes i ch e faceva p ietà, e si sen t iva mor i re so tto

quel le occh iate,povere t ta .

Una san ta donna davvero però cos te i , t imorata d i

D io,sempre tra pre t i e confess ion i

,tu t ta del la casa e

del mari to,tan to che gl iela aveva e

.

mpi ta d i figli uol i

la casa . E i l mari to unt - liber tino , uno d i quel l i

ch e andavano a cosp i rare nel la farmac ia Mondel la

ogni vol ta che sua mogl ie met tevasi a.

letto ? co i do

l or i del par to ,se l a p igl i ava con Dio e cor sacra

menti,spec ie quel l o del ma tr imon io

,t al ché l a pove

re t ta p iangeva nove mes i i n ter i quando tornava ad

essere i n que l l o s tato .

Ma stavol ta Donna Santa gl i ene fece una p iu grossa

del le al tre . E vero che i l d i avolo e i l pred icatore c i

misero la coda con quel la scena del l’al tro mondo

che i l quaresinia lisìa aveva'

prepara to a fin d i bene

però.Men tre sgolavasi a gridare : Guai a vo i, l ussu

riosi! Guai a te,adul tera ! apparvero le fiamme

del la pece greca nel bel mezzo del la ch iesa , e si udirono‘

i l sagres tano co i compar i che s tri l lavano : Ahi !

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I 68 Don Ca ndeloro e C.?3

ri camate,scavalcando seggiole e panche megl io d i una

capra . Una baraonda da farvi badare al por tafogli o

o all a catenel la del l’ orologio,se era i l caso

, chè i l

g iudice a buon con to appioppo una s tangata sul le

spal le a Chel i Mosca,per tenerlo in riga .

Infine,qualche bene in tenz ionato, coll

aiuto de l giu

dice e del le al tre autorità, sgr idando , s trep i tando ,p igl iando la gen te per i l pe t to del ves t i to , correndo

d i qua e d i la come can i i n torno a l gregge,r iusc i

rono a met tere un po’d ’ ordine e ad avviare la pro

cessione che doveva recars i al la Matri ce , come al

sol i to,per r ingraz iare i l S ignore , l a c i urmagl ia in

nanzi,al la r infusa , a Spin te e a sdrucciolon i per la

viuzza d i rupa ta , e i_ gal an tuomin i d ie tro, a due a due,col la corona d i spi ne e l a d is c ip l ina a l co l lo

,che da

ogni par te correvasi a veder p assare a quel modo i

megl io signor i del paese,baron i e p ezz i grossi

,cogl i oc

ch i bassi,e le fines tre erano gremi te d i bel le donne

una ten taz ione per quel l i che passavano in proces«

s ione col la corona d i spi ne in tes ta . Nel terrazzino del

pre torio Donna Cri s t in a—del—giud ice ch iacch ierava

col le sue amiche, e faceva gl i onori d i casa quas i fosse

la padrona .

Sicuro ! Donna San ta Brocca ! Bisogna d ire che

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I l pecca to di donna Sa nta

c i abbia d i gran porcheri e sul l a cosc ienza ! L’ avre

ste de t to , eh ? una mascherona come le i ! E si faceva

passare per san ta ! Anche suo mari to farebbe megl i o

ad apri re gl i occh i in casa sua,i nvece d i sparlare

d i tu t to e d i tu t t i !

I l dottor Brocca , che era realmen te un giacobino ,un malal ingua d i quel l i del la farmacia Mondel la

,

e andava in giro per le sue vis i te,i nvece d i a scol

tare la predica e d i segui re la p rocess ione,come

eppe i l cas tigo d i D io che gl i e ra cap itato addosso,

e gl i por tarono a casa la mogl ie p i ù mor ta che vi va,

cominciò a s trepi tare e a prendersela col quares ima

l is ta , cogl i eserc izii sp i ri tual i , e col Governo che per

me tteva‘

s imi l i i mpos ture e‘tiravano ad accopparv i

una gestan te con quel le commed ie ; finchè i l g iudice

lo mandò a ch iamare in pre torio a d audz°

endum ver

bmn, e gl i fece una bel la l avata d i capo : che i l Go

verno è quel lo che comanda,e non sare te voi

,mio

caro,che gl i i nsegnere te c iò che deve fare . Ave te

cap i to ? E i l quaresm alista appar teneva a quell’

ordine

dei reverend i padri Iiguorin i che si facevano sen t i re

sino a Napol i,e andavano gi rando e pred icando pe r

no tare a l ibro maes tro buoni e ca t tiv i! c i t tad ini,come

fa san Pietro in paradiso, per con to dei super iori .

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1 7 0 Don Ca ndeloro e C.‘

G ia vo inon s ie te nel l a pagina pul i ta , caro don Erasmo!

Che s ie te s tanco d i fare le vos tre v is i te , adesso , e

vole te ri posar vi in qualche carcere d i S ua Maestà ?

Fa tevi i fat t i vos tri , p iu t tos to . Ave te capi to ?

I fa t ti suoi erano che sua mogl ie s tava per la

sciarlo vedovo , con c inque figl iuol i su l le spal le,po

vero Don Erasmo , e per giun ta, nel del i r io , essa gl i

sp ifferava so t to i l naso cer te cose che gl i facevano

d rizzare le o recch i e,pur troppo !

Guai a ll’adultera ! Guai a i l ussurios i Sono in

peccato mortale S ignore ,Quel lo che aveva sen t i to al la p red ica

,i nsomma .

Ma Don Erasmo , che non ,era s ta to al la pred ica , non

sapeva che pensare , sgranava gl i occh i , si faceva d i

tut t i i c ol ori , balbe t tava ansioso

Eh ? Che d ic i ? Eh ?

Non che sua mogl ie avesse mai da to occasi one a

sospettar d i l ei , povere t ta, c on quel la facc i a ! che sa

rebbe s ta ta una vera bi rbonata a vole rgl i fare quel

t i ro al do t tor Broc ca , un al tro che non c i fosse ob

b liga to , come vi era cos tre tto l ui , pur troppo, per amor

del la pace,per accon ten tare la mogl ie che aveva la

tes ta p iena del le d iavoler ie de i pre t i,e osservava con

fervore tu t t i e c inque S’

intendeva l ui ,

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1 7 2 D on Ca ndeloro e C.!

Almeno gl i sembrava ! Giacché , quando v i si è

fi cca ta una di quel le pu lc i nel l ’ orecch io un galan

tuomo non sa più che pensare . Vi to ’

Nzerra non

era venu to a riferirgli pure le ch iacch iere che fa

ceva correre Donna Cristinadel-giud ice , quel la pe t

tegola,in sud iciando anche lu i

,povero galan tuomo ?

Le ch iacch iere non fin ivano più : forse Donna San ta

era usc i ta d i casa che non si sen t iva bene quel giorno :

o una mala luna nel la gravidanza ! o qualche sp in

tone del la fol la : eques to , e ques t’al tro ; oppure aveva

avu to che d i re col mar i to : Di te la veri tà,eh

,don

Erasmo La la Nonsi può sa

pere la veri tà ! Don Erasmo , che s i sen tiva scop

piare,l a bu ttò alfine in facc ia al la Borel l a e a due

o tre al tr i fidat i : —Non vogl iono che si d ica la ve

pre t i , sb irri , e quan t i sono del la baracca de i

burat t in i che menano gl i imbec i l l i per i l naso !

propri o come le marione tte e t i rano ad accopparvi

una gestante con s imil i pagl iacc ia te !…

Ma no !Ma no ! Siamo s tate tu tte al la p red ica…

C’ero anch’i o A nessuna è successo n ien te .…

Al lora !

Allora non sapeva che d i re i l povero don Erasmo ,cogl i occh i s tral unat i e la bocca amara . Tornava a

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I l pecca to di donna Sa nta r7 3

suppl icare l a mogli e,prendendola col le buone

,col la

facc ia atteggiata a l r iso , men tre preparava deco tt i e

l’

abbevera va d i medic ine : Dil l a al tuo mari t i no la

Cos’

è ques to pecca to Che devo perdonar ti ?

Come parlare a un muro . Donna San ta non dis

serrava neppure i den t i per ingh io tti re’ l e med ic ine,

al le vol te ; oppu re , se parlava , tornava a battere la

s tessa solfa d i cas tigh i , d i pecca t i gravi , d i l ingue d i

fuoco che aveva sempre d inanz i agl i occh i .

Ah ? Non .posso sapere nemmeno cosa è suc

cesso in casa mia , ah ? sbu ffava a l lora furi bondo

don Erasmo rivol to a Donna Orsol a ch ’ era sempre

lì,fra i p ied i .

Lui che sapeva tu tte le s tor i e d i casa al tru i,gl i

scandal i d i Donna Cris t ina le scene del la vedova

Rame tta che andava a p iangere , la buon’anima , nel le

bracc ia d i ques to o d i quel lo ! Se ne facevano le

bel le r isate col farmaci s ta e Don Marco Crippa .‘Gli pareva d i veder lo , adesso , Don Marco , s tri zzando

l’occhio guerc io , ora che la disgrazia toccata a lu i faceva le spese del l a conversazione .

Capi te bene , Donn’

O rsola , che ho d iri tto d i

sapere infine cos’è successo in casa mia !

Cos’

è successo ? Che vede te ? Non vedete che

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1 7 4 D on Ca ndeloro e C.‘

va neggia,povere t ta ? Sono le parole del la predica

che le r imasero i n

G ius to ! perchè l e fossero r imas te in mente ap

punto quel le voleva sapere don Erasmo ! In casa

sua non ce n ’erano mai s tate d i s imi l i porcherie l…

Che sapesse lu i , almeno ! Che sapesse l u i , Cristo

san to ' Lasc iatemi s tare,Cri s to san to

,o d ico che

s i e te d’accordo fra d i vo i ! E tu sp iegat i,mannagia !

Che vole te ? Perdonatem i !…

Ah no ! Don Erasmo voleva pr ima sapere cosa

dovesse perdonare e ch i ringrazi are del t i ro fat

togl i,se de l fur to S issignore

,

de l fur to domes ti co ! Perchè quando un galan tuomo

non è s i curo nemmeno in una casa come l a sua,

una vera for tezza , e con una moglie come la sua,che

a fargl i un t i ro s imi le con siffat ta mogl i e doveva es

sere s ta ta i nimici z ia bel l’e Ma ch i ? compareMuzio

,i l solo ch e bazzicasse da a sessan t’anni

suonat i !… E vero che donna San ta non era più d i

p r imo pelo nemmeno le i , e i l pecca to poteva es

sere vecch io anch’esso… E al lora ? Allora ? Que i fi

glioli d i cu i s’era empi ta la casa i n ossequ io al se t

t imo sacramen to ? C’era qualche ladro anche frà di

Gennarino,0 0 Ni cola ? … Tu tt i i san ti

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1 76 Don Ca ndeloro e CJ

Nien te ! Neppu re al confessore aveva de t to nu l lasua mogli e . Una vera san ta

,caro don Erasmo !

Po te te vantarvene… o che realmen te sua moglienon avesse nu l la da d i re , o che anche le san te c ihanno i l pelo su l lo s tomaco .

E se i l do ttor Brocca non po tè togliersela al lora ,non se la tolse mai p iù quel la sp ina dal cuore

, queldubbi o amaro , que l sospe tto che gl i accendeva i lsangue a c iascuno che venisse a cercarlo

,o so l tan to

passasse per v ia , e lo cogl ieva d i soprassal to se fe rmavasi un quar to d ’ora nel la farmacia

,e gl i me t teva

l’i n ferno in casa gl i avvelenava i l pane s tesso che

mangiava a tavo la , fra quel l a n id iata d i marmocch iche ne d ivoravano de i casson i p ien i

,chi ssà quan ti

a t rad imen to , e quel la mogl i e che tornata da mor te

a v i ta avrebbe vol u to tornare anche ad essere come

e ra p rima , t u t ta del la casa e de l mari to,sempre fra

pre ti e confessori .

Come la fa i ques ta confessione ? Che anda tea d i rgl i al confessore vo i al tre donne Se non

d i te mai la

La povere tta piangeva, si disperava

, faceva mi l lepro tes te e mi l l e gi uramen ti . La cugina O rsola allevol te accorreva al le grida , e gl i diceva il fa t to suo

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I l pecca to di donna Sa n ta 1 7 7

vole te,i nfine da Vole te che in

ca t i ? Vole te esser becco per forza ?

a mandar giù anche ques ta e tacere !E gl i toccava chi nare i l capo e cambia r d i scorso

,

’quando si r ideva degl i al tr i mari t i d isgrazia t i con

Don Marco Crippa e i l farmaci s ta.

VERGA . D on Ca ndelo…e C.

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Era venu ta dopo,al la povera Donna Agnese , l a

vocazione d i prendere i l velo,quando la sua famigl ia ,

cadu ta i n rovina,fu cos tre t ta a farla monaca per

darle un tozzo d i pane .

Prima era des tinata al mondo . A casa sua fi lavano

e tessevano la b iancheri a pel corredo d i le i , men

tr’essa terminava l’educanda to a Santa Maria degl i

Angel i . Suo padre,Don Basi l io Arlo t ta , l

’aveva già

fidanzata co l figliuolo de l do t tor Zurlo , un par t i tone

che faceva gola a tu t te le mamme del paese,mal

grado la bassa nasc i ta , Bel giovane , bianco rosso e

tr ionfan te , egli‘faceva I

innamora to con tu t te quan te

le ragaz ze . Com ’era figl io un ico,e Donna Agnesina

Arlo t ta avrebbe por ta to la nobi l tà ne i Zurlo,s’era

lascia to fidanzare a lei , e aveva preso gus to anche

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1 82 Don Ca ndeloro e C*

a sca ldarle l a tes ta , recitando la sua par te d i primo

amoroso del paese . Babbo Zurlo che mi rava al sodo,

e a quella commedia c i c redeva poco,d iceva in cuor

suo : I l sugger i tore l o facc io i o . Se don Basi l io

Arlo t ta non snoccio la l a do te in con tan ti,spengo i

lum i e calo l a tela .

Don Bas i l i o arraba ttavasi appun to a me t tere in

sieme la dote c onfacen te al la nasc i ta del la sua Agnese,

giacchè d i nob i l tà in casa ce n’era assa i,ma poch i

ben i d i for tuna,e imbrogli a t i fra l e l i t i pe r gi un ta.

I l pover’ uomo che voleva far con tent i tu t t i , e non

c i vedeva dagl i occh i per la figliuola ,ingolfavasi

nel le spese : ven t i salme d i maggese al le Terremorte

seminate tu t te i n una vol ta ; l a l i te d i Palermo sp in ta

i nnanz i a ro t ta d i col lo , Come ch i d icesse un

pazzo che gi uoca ogn i cosa su d i una car ta , a fin d i

bene,s i a pure

,per amor del l a famigl ia ; ma fu quel la

l a sua rovina .

Lavorava come un cane , sempre i n faccende , d i

qua e di la,c on gen te d ’ ogn i colore che gridava

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1 84 D on Ca ndeloro e C.!

l ’orecchi o : È quel lo lì . Ti p iace ? Essa aveva

china to i l vi so,rosso qua l bra ce : Sì . Poi

,suc

cessa la ca tas trofe,come le fecero i n tendere che b i

sognava ri nunziare a Don Giacomino e dars i a Di o,

ch inò i l capo d i nuovo e disse : Sì .

Era s tato i l giorno d i Pasqua che gl ie lo avevano

fat to conoscere,quel cris t iano. L’

aspet tava , lo sapeva

quasi . Le avevano messo in capo que l bru l ich io le

confidenze del le amiche,l e vi s i te insol i te del le paren t i

d i lu i,cer te mezze parole del l a Ah

,che

fes ta quel la mat ti na che l a mamma le aveva fat to

d ire d i scendere in parla tori o,dopo le funzion i !Che .

dolcezza nel suono del l ’organo,quan te vi s i on i nel le

nuvole t te azzurre che recavano s ino a l coro i l p ro

fumo dell’ incenso ! Che ba tt i cuore in quell’

a ttesa !

Ogn i cosa che r ideva,ogni cosa che r isp lendeva

d ’oro e d i sole,ogni cosa che sembrava trasal i re al lo

sca lp iccio del la gen te che en trava in ch iesa , quas i

aspe t tasse,quas i sapesse Non lo d imen ticò pi ù

que l giorno d i Pasqua,l a povere tta . Ancora , dopo

tan t i anni,quando ud iva lo scampanio al legro che cor

reva su tu t to i l paese,l e sembrava d i r ivedere i l giardi

ne t totu t to in fiore,l e compagne appol laia te al le fine

s tre,un c ingue t t io d i passeri , un ch iacch ierio gi u l ivo

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La voca zione di suor Agnese 1 83

d i voci no te e care,un ronzio nel le orecchie

,uno sba

lordimento , e l ui , quel giov ine , co l sorri so già bel l’e

prepara to,e la des tra nel panc io tto , e l

occhia ta te

nera che sembrava sfuggi rgl i suo malgrado,i n mezzo

ai suoi paren t i , al d i là dell a sogl ia del por tone

spalanca to

Le avevano pure fatto una gran fes ta all’uscire dal

monas tero , tu tti 1 paren t i , anche quel l i d i lu i .I l babbo era tan to con ten to quel la sera ! I disp ia

ceri e i boccon i amar i se l i teneva per se,i l pove

re tto . Per gl i al tr i i nvece aveva fa t to preparare dolc i

e sorbet ti che D io sa quel che gl i e rano cos ta t i . Dio

e lu i solo ! E nessun al tro . Ne l a ragazza per cu i s i

faceva la fes ta, ne i l giovane che le avevano fa tto

sedere al lato . SeDon Giacom ino avesse sospe ttato

in quel momen to quan ti pas ti cc i c ’erano in quel la casa,

e come la do te che gl i avevano promessa tenesse pro

prio al fi l o del la buona ocat t iva annata, avrebbe preso

i l cappel lo e sarebbe andato via , senza curars i d i

far p iù l’innamora to .

E sarebbe s ta to megl io ; che al lora la giovine tta

non aveva anco ra messa tu t ta l’ an ima sua in que l

giov ine , al vederlo tu tt i i giorn i , quas i fosse già uno

della famigl ia, che ven iva a far le v is i ta, quam anche

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1 86 Don Ca ndeloro e C.!

l u i non p otesse s tare un giorno senza vederla . e s i

me tteva a sedere accan to a le i , e le d i ceva tan te cose

sot tovoce . E la mamma era con ten ta le i pure,e aspet

tava anche le i l ’ora in cu i egl i soleva ven i re,e ador

nava col le sue man i la sua creatura . Le avevano fa tta

una ves te nuova color tor torel la ; l’avevano pe tt inata

al la moda,col la d ivisa in m azzo. Allora aveva de i

be i capel l i cas tagni , che gl i p iacevano tan to a lu i . Le

d iceva che sarebbe s tato pecca to doverl i tagl iare per

fars i monaca . Discorreva anche d i tan te al tre cose,

con la mamma o col babbo , d i c iò che gl i avrebbe

assegnato suo padre, del come in tendeva far frut tare

la dote che gl i avevano promesso, del modo in cu i

voleva che andasse l a casa e tu t to . La mamma faceva

segno ad Agnese d i s tare a t ten ta e d i badare a c iò

che d iceva l ui che doveva essere i l padrone. Un

giorno egl i l e aveva regala to un bel pa io d’orecchini,

e aveva volu to metterglieli col le sue s tesse mani , i n

presenza del la mamma . Come passavano quei giorn i !

Le ore in cu i egl i e ra l ì , vic ino a le i , le ore in cu i essa

l’

aspettava , le ore in cu i pensava a l u i le sue parole,i l suono del l a su a voce

,i menomi ges ti

,tu tto col

cuore gonfio,co l l a tes ta piena d i lui

,ch ina sul lavoro

,

agucchiando al la to a l la mamma . La mamma sembrava

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1 88 Don Ca ndeloro e C 3

zando la sua Agnese,e rinfrancava la voce così d i

cendo,per dare ad in tendere ai gonz i che dormiva su

due guancial i , riguardo ai suoi i n teressi . A San Gio

vann i che i l paese in tero bes temmiava Dio e i sant i,

lagnandosi dell a malanna ta , aveva i l coraggi o d i d ire

sol tan to lu i : Non c ’è tan to male, pO l . Po trebbero

andar peggio le cose . Lì , a Terremorte, c i ho ven t i

salme d i maggese . Calcol iamo pure su ll a Ho

avu to buone not i z i e del l a l i te,laggiù…

Ma parlava così perchè nel c rocch io che s tava a

sen ti r la mus ica i n piazza era pure la sua figliuola ,seduta accan to al l o sposo , col l a ves te d i mc

'

rz

'

nos e il

cappel l ino comprato a credenza . Sembrava così con

ten ta, l a cara fanc iu l la , senza un pens iero e senza un

sospet to al mondo ! I l do ttor Zurlo i nvece aveva cer t i

occh i i nquis i tori,e insi steva con cer te domande in

d iscre te che facevano sudar freddo i l povero don Ba

s i l i o : E quan to crede te che vi daranno le Ter…

remorte ? E che n’è della causa ? Vi s ie te messo in

una grossa impresa,voi. lo ne i vostri pann i non dor

m ire i p i ù la Con una ma lanna ta s imile ! Le

megl io famigl ie non sanno come v a a fin ire,vi d ico !

A me t ter su casa c i penserà bene ogni galan tuomo ,ques t’anno ! Per poco non s i sfogo co l figliuolo

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La voca zione di suor Agnese 1 89

che non badava ad al t ro,l u i

,in quel momen to , pi

gliando fuoco ai begl i occh i d i Donna Agnes ina , ec

c i ta to dal la musica che suonava e dal la bel l a serata

tep ida .

Però Don Giacomino non era sc iocco neppur l ui . O l

t reche,ne i p iccol i paes i tos to o tard i s i vengono a

scopri re gl i imbrogl i d i c iascuno . I l povero don Ba

si l io Arlo t ta friggeva proprio c ome il pesce nel la pa

del la,assed iato dai c redi tori , s tre t to da tan t i b isogni ,

le spese del la causa,i l fi t to del le terre

,l e paghe de i

contadin i . Correva d a ques to a quel l’al tro , s’ arrapi

nava in ogni gu isa,cercava d i far fron te al l a tempe

sta , dava l a facc ia a l ven to con trari o almeno , pagava

d i persona . Quando,a l tempo del la messe

,fu col to

da una pern ic iosa che fu a un pelo d i por tarsel o v ia

e sarebbe s tato megl io per l u i non d iceva al tro,ne l

del i ri o : Lasc iatemi alzare. Non posso s tare a go

dermela i n le t to . Bisogna che vada . Bisogna che cer

So So io !

E lo sapevano anche gl i al tri,primo d i tu t ti Don

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1 go Don Ca ndeloro e C. ;

Giacomino,il quale bat teva freddo col l a sposa e s i

faceva t i rar l e o recch i e per tornare in casa d i le i,

ogni vol ta ; tan to che Donna Agnesina piangeva no t te

e giorno,e sua madre non sapeva che pensare . Le

povere donne avevano ancora gl i o cch i ch i us i su l

prec ip i zi o che i ngh io t ti va la casa , perchè Don Basi l i o

cercava ancora d i nascondere i l s ole col lo s tacci o,

sol tan to per risparmiare loro p iù che po teva quel do

lore che se l o mangiava Vivo . Ogni gi orno che tar

davano a.

conosce re i l vero s ta to del le cose era sem

pre un giorno d i meno d i quel l i che passava

Tacque dell’usc iere che venne a seques trare quel

po’ d i raccol ta al le Terremorte. Tacque del l a scena

terr ib i l e co i con tad in i che l ’avevano minacc ia to col le

forche,vedendo in per icolo le loro giorn a te . Alla mo

gl i e che scopava già i l g ranaio pel frumen to che do

veva ven i re dal l e Terremorte , d isse d’

averlo venduto

sul l ’aia . Come essa aspe ttava i denar i del l a vend i ta

d isse che gl iel i avevano promess i a Natal e . Doman i

Doman l’ al t ro All a fine del mese . Il po

ver’

uomo p igl iava tempo con t u tti,balbe t tando delle

bugie al le qual i quas i quasi c redeva anche l u i,tan to

aveva perdu ta l a tes ta . Al la vendemmia Al la rac

col ta del le o l ive . E l’usc iere era s ta to pure nel le vi

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1 92 D on Ca ndeloro C.i

al lora al lo sposo,quas i sapesse già che non le r ima

neva al tro a iu to ed al tro confor to : Cos’ è s ta to,

Don Giacom ino , per l’amor d i

Ah,quando vide i l babbo con quel l a facc ia ! La

facc i a che doveva avere in punto d i morte . Barcol

l ava come un ubbriaco ; andava d i qua e d i l à senzasapere que l che facesse , ch iudendo le impos te e le

fines tre,perchè l a gen te che passava non vedesse

l’

usc iere in casa sua . Imbat tendosi a un t ra t to nel

fidanzato d i sua figl i a,Don Bas i l io l o guardò s t ra

l unato,col sudore del l ’agonia in v iso . Giunse le mani

e aprì l a bocca senza di r nu l la . Allora Don Giacomino

s i m ise a cercare i l bas tone e i l pas t rano senza d i r

nu l l a,facendo ancora finta d i non saper n ien te d i

n ien te,per cor tesi a , ed anche per evi tare una scena

che gl i seccava , borbot tandoSono d’incomodo… Mi

Ma come Don Basi l i o voleva con tinuare a fare l a

commedia del l ’ uomo tranquillo , co i gocc iolon i del

l ’agon ia in fron te e pal l ido pi ù d i un, morto : Ma,

Don Giacomino !… Un momen to e l i

sbrigo Passate un momen to i n camera mia

col le Don Giacom ino s i fermò a guar

la rlo ,verde dal l a b i le su l punto d i spia t tellargli

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La voca zione di suor Agnese 1 93

i n facc ia : A che giuoco giuochiamo ? Fin iamola

adesso ques ta commedia ! Se lo sanno tut t i che s ie te

rovinato ! Mi meravigl io d i voi che vole te imbrogl iare

un galantuomo

Ma tacque ancora per prudenza . Sol tan to non c i

furono Cris t i per trattenerl o . Nè l a v is ta dell’Agnesina

che gl i faceva la scena del lo svenimen to .Nè l e lagr ime

del la madre che lo suppl icava tremante : Don Gia

comino… Figl iuolo Egl i d isse che tornava

subi to,per cavars i d’

impicc io : Mi disp iace . Non

posso,

Un momen to. Vado e torno .

Tornò invece i l no ta io Zu rlo,a res t i tu i re i regal i

che ven ivano dal la sposa : berre t to d i vel lu to e

pan tofole r icamate,facendo i l v i so compunto per

procura del figliuolo ,un v iso fra i l padre nobi le

e i l burbero benefico , to rnando a d i re anche lu i

Mi d isp iace Era i l m io p iù gran de

siderio . Ma voi non c i ave te colpa , Donna Agne

sina !… Ne trovere te degl i a l tr i co i vos tr i

E volle l asciarle anche una carezza pa terna sull a

guancia,con due di ta , sorr idendo bonariamente.

Ma come vide barcol lare la ragazza,bianca al par

d i un cenc io , s i a sc…gò pers ino gl i occh i co l fa zzole t to e conch iuse °

VE RGA . D on Ca ndeloro e C1

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1 94 Don Ca ndeloro e C.‘

Che d isgraz ia,figliuola Scusate se vi

ch iamo così . Vi tenevo già per figli a Che

crepacuore m i ave te

Ecco com’era venu ta la vocaz ione al l a povera Donna

Agnese. I l cappel l ano de l monas tero l a c i tava in

esempio al le al tre novi z ie c he mostravansi sb igo t t i te

nel pun to d i pronunc iare i vot i solenn i : Guar

date suor Agnese Arlo t ta ! Specchi a tev i su d i le i

che ha prova to que l che c ’è ne l mondo . C ’è l’i nganno

e la finzione . Imbrogliami che t’

imbroglio . Una

cosa sul le labbra e un’al t ra nel cuore . E poi che

res ta al l a fine d i tan te angus t ie,d i tan t i pas t i cc i ?

Un pugno d i polvere ! Va izz'ta s oam'

ta lum !…

Così,a poco a poco

,l a povere t ta s’era d is tacca ta

comple tamen te dal le cose terrene,e s ’e ra affez iona ta

invece al l’al tare che aveva in cura , al confessore che

la gu idava sul cammino de l la sa lva zmne,al can tucc i o

del dormi to r io dov’era i l suo le t to da tan t i anni,a l

pos to che occupava al coro e ne l refe t tori o,al suono

del la campana che regolava tu t te le sue faccenduole,

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1 96 D on Ca ndeloro e

nache,e gl

intrighi che nascevano quando tra t tavasi

d i el eggere le car i che pel t ri enn i o . Oh al lora !

Suor Gabriel l a,ch’ era l a superbi a in persona

,si

faceva um ile come un agnel lo pasquale ; e Suor Maria

Faus tina,ot to g iorn i prima

,aveva sul l a facc ia arcigna

un sorri so amab ile . Fra l e suore poi erano conc i

liaboli a tu t te l e ore,durante l a r i creaz ione

,o

quando si r i uni vano nel t inel lo a preparare i dolc i

e l e pas te per l e solenni tà,a Pasqua 0 a Natale .

Tan to p iù che suor Agnese non aveva nul la da fare,

perchè non aveva nè fior d i far i na,nè zucchero

,nè

denar i per comprarne , nè paren t i a cu i mandare in

regalo i dol c i . Sua madre , buon’ an ima , era mor ta

da un pezzo ; e anche Don Bas i l i o , quantunque fosse

c ompa to vecch io ne i guai , perchè Dio aveva volu to

dargl i i l purgator io in terra —'

e anche la z ia carita te

vole,che aveva sborsate le cen to e ven t i onze del la

dote perchè donna Agnese po tesse fars i monaca .

Pace al l e anime loro , d i tu t t i quan t i , compreso Don

G i acomino , che e ra mor to cari co d i figl iuol i,e gl i

avevano fat to i funera li a Santa Mari a degl i Angel i .

Sia fa t ta l a volon tà d i D io !A suor Agnese , povera vec

ch ia,i l Signore le accordava la grazi a . Col le sei onze

al l’anno del l a do te , e il p iat to che le passava i l con

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La voca z ione di suor Agnese

ven to,meno d i t ren ta cen tes im i a l giorno , essa r i u

sciva a man teners i le i,l a l avandaia

,e la conversa d i

cu i non po teva fare a meno pe i suoi ac ciacch i . Rispar

miava su l le due pa ia d i scarpe e sul la tonaca nuova \

che l e spe t tavano ogn i anno . Vendeva l e noc i e le

mandorle del la tavola che non poteva rosi cchiare . Di

due ova ne mangi ava uno l ei,e l ’al t ro

,me tà per una

fra l a serva e la l avandaia . Aveva anche combinato

che a tavola teneva un fornel lo al l a to a l pia t to,e

l a sua porz ione d i mines tra tornava a farla bol l i re

perchè crescesse e po tesse bas tare al le due donne che

avevano sempre una fame da lup i . Essa campava

d’aria,povera vecchi a . T a lchè a furia d i p rivazion i

t i rava innanz i anche le i , e arr i vava a cavar e d i quel

poco anche i l caffè e i l b i sco t to nel confessore,ogn i

mat t i na .

,Veramen te avrebbe avu to anch e le i l’amb izioncella

d i tenere i l pas torale,almeno una vol ta in tan t i ann i

Ma al le car i che erano nominate sempre quel le mo

nache che sapevano in trigare megl i o,e trovava…

appoggio ne l paren tado d i fuori . Bas ta , taceva

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1 98 Don Ca ndeloro e C.‘

r ingraz iava la D ivina Provvidenza . Che le man

cava,grazie a Dio ? Mentre fuori

,ne l mondo

,c’ e

rano tant i guai ! Col buon esemp io,e s imi l i

bel le paro le confor tava pure quel le novi z ie che in

conven to c i ven ivano t ira te proprio pe i capel l i,senza

vocazione . Una d i ques te però , maleducata e vi l lana ,le r ispose un bel g iorno ch i aro e tondo

Sape te com’è ? La mia vocaz ione è d i sposare

don Pepp ino Ber tola,per amore o per forza.

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Innamorat i lo erano davvero . Bruno Aless i vo

leva Nunz ia ta ; l a ragazza non d i ceva d i no ; erano

v ic in i d i casa e del lo s tesso paese . Insomma parevano

des tina ti,e l a cosa s i sarebbe fa t ta se non fossero

s ta t i que i malede t t i i n teress i che guas tan o tu tto .

Quando due passeri,o me tt iamo anche due al t re

bes t i e de l buon D io , s i ce rcano per fare i l n ido ,forse che s tanno a domandars i :—Tu cosa m i por t i

in do te , e tu cosa m i dai ?

La Nunzia ta , c ioè mas tro Nunzio Marza suo pa

dre,doveva avere un be l gruzzo lo

,dopo quaran t’ann i

che teneva mercer i a aper ta,e qu ind i Aless i pre ten

deva cen to onze i nsieme a l la ragazza . La gall i na

si pe la dopo mor ta ri ba t teva mas tro Nunz io .

Io non i n tendo lasc i armi spogl iare in vi ta . La mo

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20 2 D on Ca ndeloro e C.‘

gl ie va col la do te pi cch iava Bruno Alessi . Io

non vogl io mari ta rmi a credenza .

Veramen te ques to lo faceva di re da i su oi vecchi ,com ’è natu ra l e , e l u i badava a scaldare i ferr i col l a

giovane . l l d ia volo . è ten ta to re,e l e donne hanno i l

giud iz i o cor to . A poco a poco l a povera Nunz ia ta

prese fitoco come un pugno d i s toppa,e c i r im ise

i l sonno e l ’appe ti to .

Bene,disse mastro Nunzio . T

insegnerò

i o i l g iudi zi o .

E giù legna te da levare il pe l o , se l a sorprendeva

al l a fines tra , o l e vedeva fare al tre sci occhezze . Co

gl i Aless i i nvece usava pol i t i ca,e s tavano insi eme a

ti rare sul prezzo,senza troppa furia . Al giovanot to

però quel negozio non andava a sangue,s ia che c i

avesse la fregola addosso,o perchè le cose lunghe d i

ven tano serp i . Po i vo leva me t tere una bel la calzo

leri a,e pensare agl i i n teress i propr i

,i nvece d i lavo

rare a bot tega dal padre .

Senti,disse a lla ragazza . Qui c i menano

spasso,per fare i lo ro comod i . Bisogna fini rla .

G ia cchè Marza aveva un bel p icch ia re l a figliuo la ,e sprangare usc i e finest re . I l diavo ld è anche so t

t i l e , e Bruno Aless i ne sapeva una più del d iavolo .

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2 0 4 D on Ca ndeloro e C.!

a vedere i l sangue ! Allora sarai con ten ta ! Al lora

vedra i se t i vogl i o bene si o no !

E bisognava vedere che facma ! Nunzia ta a quel

l ’usc i ta sbigo t t i va,e tornava a balbet tare tu tta tre

man te :

Oh Madonna san ta ! cosa mi fa te

Bene . Quand ’è così , vuo l d i re propr i o che non

mi ami . E megl io finirla !…

Per abbreviare,gnor padre che picchi ava la ra

gazza tu t to i l g iorno,l’

innamora to che veni va a far led i no t te le s tesse scene d i amore e d i gelos ia

,Nun

z iata racco lse quat tro s tracc i in un fago t to,e andò

a raggi ungere Bruno che l’a spettava nel la viugza .

Però giura temi che m i sposere te subi to ! gl i

d isse prima d i tu t to . Giura temi i nnanz i a D io !

Bruno le giurò tu t to que l che voleva,lì,su due

p iedi,al cospe t to di Dio che vedeva e sen t iva

,lassù

una mano sul pe t to e l ’a l tra che chiamava angel i e

san t i testimonn . Non l o sa i c he t’ amo più del la

pupi l la degli occh i m ie i ? Non dobbiamo essere ma

ri to e mogl ie ? Poi vol le por tarl e l u i i l fago t to .

Hai preso gl i or i ? le ch iese pure .

Essa non aveva preso gl i ori,perch’era tu t ta so t

tosopra . H ai fat to una sc iocchezza, conch iuse

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Gl1'

innamora ti 20 5

Bruno. Tuo padre te l i me t terà su l con to del l a

do te .

Mastro Nunzio i l mat t ino t rovando l’uscio aper to

si mise a gridare a l l adro . Papà Alessi , che passava

di la a caso,i n quel pun to

,l o t i rò den tro pel b rac

c i o e gl i d i sse

Non fa te s trep i ti . Non facc i amo ri dere la gen te.

Vos tra figl i a è in casa d i m ia cugina Men i ca , ri spe t

ta ta e onora ta come una regina .

I l povero Marza s ’era messo a sedere col le gambe

rot te. Ma tos to si rim ise. Compare Al ess i gl i ofirì

una presa , accos tò una scranna lu i pure,e i nfine

in tavolo i l d i scorso .

Bene . Ora che facc i amo ?

Dite voi, r ispose Marzà asc i u t to asc i u t to .

Io l o so cosa devo fare .

E una disgrazi a, non d ico d i n o . Gl i al t ri r om

pono e tocca pagare a noi .

Chi rompe paga , e ch i n e ha ne spende .

Compare Ale ss i era uomo navigato anche lu i,e

capi' i l la t ino .

A me non impor ta i nfine,conch i use me tten

dos i col le spal l e a l muro .

E a me neppure .

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2 0 6 D on Ca ndeloro e C.‘

s cusate,scusate . S i trat ta d i vos tra figl ia . E

i l sangue vostro .

E voi,quando v i esce i l sangue dal naso , che

s ta te a cercare dov ’è anda to a cadere ?

Toccò a mas tro Aless i s tavol ta d i r imanere con

tan to d i naso e l a bocca aper ta .

Allora d i te voi . Come s i fa ?

S i fa ' così,che la Nunzia ta è minorenne e vo

stro figl io andrà in carcere .

Ah ! Va bene al lo ra ! Quand’è così vi sa

l u to tan to !

Papà Aless i s i al zò len tamen te , e fece anche fin ta

d’

andarsene,come quando si cap isce bene che i l ne

gozio non si combina . Pure,vedendo mas tro Nunzio

fermo come un macigno,con quel la facci a tos ta d i

negadeb iti, non potè frenars i dal r in facc i argl i,s tando

su l l ’usc i o

E v i terre te la figliuo la… così ?

Non m i avete det to ch ’è onorata come una re

gina ? H o quat tro sold i . Le troverò bene un mari to

a modo mi o .

Ah ! per que i qua t t ro sol d i ! escl amò l ’al tro

i nfuriato . Vende te vos tra figl i a per cen to

Sen ti te ! Scusa te ! È sangue vos tro, sì o no ? Sie te

cri s ti ano ? Sie te pad re,o cosa s ie te ?

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2 0 8 Don Ca ndeloro e C.5

Ti accompagno i o,tagl iò cor to l a z ia .

Mastro Nunz i o è un galan tuomo .

La sera s tessa,dopo ch iu sa l a bo ttega

,si

'

r iun i

rono nel la mercer i a loro quat tro,l e i

,Bruno e i

Marza, per d ire c iascuno la sua ragione . Bruno s tava

z i t to e grul lo , mas tro Nunzi o guardava in terra .

Nunzia ta versava i l v ino ne i b icch ier i,e toccò quind i

a comare Men i ca parlare

Bisogna fin irla . E una porcheria . Tut to i l paese

non d iscorre d ’al tro . Io non me ne vado d i qu i se

prima non si concl ude i l ma tr imon io .

Nunziata al lora si mise a piangere . Bruno guardava

ora le i e ora suo padre . La ragazza infi ne , vedendo

che non d iceva nul la , prese a sfogars i

D i tel o voi s tessa , comare Menica Dopo averm i

l us ingata pe r tan to tempo ! Dopo tan ti gi uramen t i !

E quel lo che ho fa t to per che sarebbe megl i o

bu ttarm i nel pozzo , adesso !

I o non m i t i ro ind ie tro,

borbo ttò l u i .

Per me non manca .

Dunque pe r ch i manca ? conch iuse l a z i a

Menica,guardando ora i l padre ed ora la figl ia .

Nessuno aprì p iù bocca,

finchè Bruno s’ al zò i n

p ied i,e prese u n bicch iere dal banco .

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Gli innamora ti 2 0 9

Guarda te ! d isse . Che ques ta graz i a d i D io

possa mu tars i.in veleno se d ico bug ia ! Del la do te

non me ne impor ta nul la . Quan to a me la sposere i

anche senza cam ic ia .

Ques to no,

i n terr uppe l a z ia Men ca .

Mastro Nunzio conosce i l s uo dovere .

Bene . D unque quel lo ch e dà lo dà a su a figl ia .

Vogl i o l e 1 0 0 onze nel suo in teresse . Ci ha lavora to

anche le i,col l a merceria

,sì o no ?

Qu i Nunz iata prese le sue par t i , e d isse che era

vero . Ci aveva spesa tu tta l a bel la g ioven tù d ie tro

a quel banco , dacch è era mor ta l a buon’ an ima d i

sua madre . Se fosse Sta ta ancora al mondo,quel la

,

non avrebbe fa tto penare l a sua creatu ra p er 1 0 0 onze

d i più o d i meno . E lì a i n teneri rs i tu t ti , e bu t ta rs i

piangendo al col l o d i mastro Nunz io,le i

,l o s poso e

anche l a z ia Menica,si nche il babbo dopo aver pe

s tato e r ipes ta to che l a gal l in a si pela dopo morta,

che i denari hanno l e al i,e quando Bruno Aless i

avesse mangiato quel l i del l a do te gli toccava po i a

l ui mantenere mar i to e mogl ie,pure s i lasc iò andare

a prome ttere le 1 0 0 onze,purchè c i fosse la s ua brava

cau tela .. Nunz ia ta bal lava e r ideva,comare Men ica

baci ava in terra,ma qu i Brunomos trò i l malan imo

,

VERGA . Don Candeloro e C !1 4

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2 1 0 D on Ca ndeloro e C 3

che le 1 0 0 onze e voleva in mano,perchè me t

terl e al l a Banca , no : se le por tano via . Comprare

un pezzo d i terra,neppure : non danno fru t to . ln

vece c ol con tan te in mano l ui avrebbe messo un bel

negoz io .

I l negoz i o è quel lo che vo le te fare con ques ta

sc iocca che vi c rede e s i lasma p rendere a l le vostre

commed ie .! i n te rruppe nel be l mezzo i l vecch io pi ù

arrabb ia to d i pr ima .

No ! r ispose Nunzia ta aprendo gl i occh i a un

trat to,e asc iugandos i le lagr ime . No

,che non mi

lasci o prendere !

E in ta l modo sfumarono matrimoni o ed amore .

Bruno rinfacciò a Nunzia ta,prima d’ andarsene :

Così dicevate d i bu t tarv i nel pozzo ? Lei,d i r i

mando : Come v i s ie te ucc iso voi col tr i nce t to,

ta l qual e . Mastro Nunz io ch iuse l’uscio,e la figliuola

s e ne andò a le t to fur iosa .

Se non fosse s tata la vergogna di essers i lasc1a ta

cogl i e re in trappol a da que l bel galan tuomo , ed era

d iffic i l e trovarne un al tro,avrebbe volu to mar i tars i

sub i to sub i to,per d ispet to

,anche con uno d i mezzo

al l a s trada . Ma suo padre , co i suoi denari , l e trovò

invece N ino Badal one,un pezzo d i mar i to che ne

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2 1 2 D on Ca ndeloro e C.i

Ma con quel l’ al tro vogl i o vedermela davve ro

bron to lava po i spu tando ve leno . Vogl i o mangi ar

gl i i l fegato ! Vogli o berne i l sangue .

Di buon i amic i ce ‘n’ è sempre a ques to mondo ;s i cchè co tes t i spro loqun arr ivarono al l

’ orecch io d i

Badalone. Cos tu i era s ta to soldato,e sapeva i l

fa t to suo. Bene , ri spose,vedremo !Chi è buon

cane mangia al la scodel la .

La domen ica d i carnevale dai Bozzo c i era un po’

d i fes t i no . B runo v i andò lu i pure,co ll a fisarmoni ca ,

per svagarsi,ed anche perchè sapeva che mas tro

Nunzio v i avrebbe condo t to l a figliuola , e voleva ve

dere come andava a fin ire . Men t re d unque suonava

l a fisarmon ica e faceva ball are gl i amic i,arr ivò in

fa tt i mastro Nunzio , col la Nunzia ta in gala , e d ie tro

Badalone gonfi o come un tacch ino .

Se Bruno Aless i i n que l momen to non fece uno

sproposi to e po tè andare innanzi col l a sona ta,fu pro

pr i o un mi racolo , ed anche per non lasc iare i n asso

i bal le ri n i . Per giun ta Badalone prese sub i to la sposa

a bracce t to,senza d ire nè uno nè due

,e si mise a

b a lla rgli sot to i l mostacc i o polche,va lzeri

,con

tra danze Nunzia ta che s i d imenava con bel garbo

e gl i faceva i l visavì,e l u i sa l tando come un pule

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Gli innamora ti 2 1 3

d ro,t u tto rosso e scalmana to . I l povero Bruno in

tan to gl i toccava por tare i l tempo e ingh io t t i re ve

leno . Infine l asciò i l pos to a Za cco , ch’era l ì pron to

col la cornamusa,e vo l le fare quat t ro sal t i anche l u i .

Permet te te,am ico ? d isse a Badalone

,toccan

dos i pu l i tamen te i l berre tto .

Quello screanzato i nvece lo squadro pr ima ben

bene,e po i r i spose asc iu t to

Non perme tto . Perchè ?

Gli d isse anche quel perchè che fa mon tare

la mosca al naso ! For tun a che Bruno Aless i e ra un

galan tuomo,e non vol eva p iù averc i a fare col la

gius ti z ia . Ma gl i gi urò i n cuor suo Ti farò becco ,com’è vero Dio ! E vol l e p ian tar subi to bal lo e

bal le ri ni . Non c i furono c ri s t i .

Se ne vedono Cive t te al mondo ! Sfacci a te come

quell a lì,che ridono a Cajo e a Ti z io , e passano da

una mano al l ’ al tra peggio de i can i d i s trada che

fanno fes ta a tu t t i ! Ma un t rad imen to s imi l e Bruno

non se l o aspe t tava,dopo tan to amore e tan te pene

,

e tu tto c iò che aveva fat to pe r l’ingra ta ! Ques to vo

leva d irl e,a qua t tr’occh i

,appena la cogl ieva un mo

mento sola,dovesse azzuffars i po i con Badalone .

Infat t i Nunziata se l o v id e capi tare in casa c on

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2 1 4 Don Ca ndeloro e C.i

quel p ropos i to , i l g io rno dopo , men tre s tava a ffa c

c ia ta a veder l e maschere . Era ves t i to da pulc inel la,

per non fars i scorgere,ma essa lo r i conobbe tos to

,

che i l cuore non è fat to d i sasso,e voleva chiudergli

l ’nsci o sul na so .

Ah,così mi r i ceve te ? diss’ egl i . Ques ta

m i toccava ?

Bene,parla te

,r i spose l e i .

Non m’impor ta d i vost ro padre . Non ho paura

d i nessun al tro . Vogl i o d i rv i i l fa t to m io .

Bene d i te,è fin iamol a subi to .

Bruno s era prepara to i l suo bel d i scorso,ma al

veders i t ra t tare i n que l modo n on trovò più le pa

role,Bugiarda ! Tradi tora ! L’aveva venduto per 1 0 0

onze,come Gesù a ll

’ or to ! E gl i r ideva sul muso

anche ! Al lora , d ispera to , s i s trappò la maschera , e

mos trò an che d i frugars i addosso per cercare i l t r in

ce t to .

Ah ! Vole te ammazzarvi un’al tra vol t a ? r i

spose le i con t inuando a r idere .

In quel punto sop raggiunse Nino , col le man i in

tasca,e quel la sua andatura d inocco la ta . Appena v ide

il Bruno,che lo seccava

,i nfine

,gl i asses to una peda ta

so t to l e reni,e ques to fu i l pr imo sal u to .

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FRA LE SCENE DELLA VITA .

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220 D on Ca ndeloro e C.‘

tu t t’ e due ! Nisc ima p iangeva,sua mogl ie p ian

geva,s t rappandos i i capel l i , fosse amore , o fosse t i

more del la gius ti z ia . O compare,che g iornata

spun tò oggi per tu t t i n o i ! O che fuoco c i ho qu i

den tro,compare bel lo ! E i l giud ice i s tru t tore era

presen te ; e la ! s tanza era p iena d i vi c i n i che sape

vano e non sapevano ; e i l mulo , legato li fuori , non

po teva parlare .

Matteo Sbarra,co l s inghi ozzo al la gola

,s tava z i t to

anche lu i,d inanz i a l gi ud ice

,d inanzi a i test1monn

,

d inanz i a l pre te che gl i dava l ’ assoluz ione de i suo i

pecca ti . Guardava l a comare , guardava i l compare ,cogl i occh i torb id i

,dove forse passava già l a v i s ione

del la v i ta e terna . Ah ! l e man i d i l ei , che gl i a sc iu

gavano adesso co l fazzole t to i l sangue e i l sudore

del la mor te ! E le man i del l ’ amico che gl i rasse t ta

vano i l guanc i al e so t to il capo , l ì , ne l lo s tesso le t to

ma tr imoniale dove l ’ aveva t ra t to in aggua to a

colpo s i cu ro,se era vero che la donna ve l’ aveva

stre t to al tre vol te fra le braccia,po ichè N isc ima sa

peva bene che i l masch io del la se l vaggina v i torna

d i nuovo so t to i l fuci le,al ri ch i amo del la femmina ,

fosse fer i to e grondan te sangue . La vi ci na Anna

aveva udi to d ie tro l’uscio i l rumore dell a l o t ta b rusca

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Fra le scene della vita 22 1

e vio len ta,appena i l mari to e ra a rr iva to a casa : l e

grida soffoca te, i l ran tolo del la donna , e I’anelito fu

rioso d i lui. Cosa doveva fare , povere tta , se era vero

che fosse colpevole ? se è vero che Dio non paga i l sa

ba to,e c i cas tiga col nos t ro s tesso pecca to ? Perchè

l ’ha i fa t to scappare,buona donna ? Digl i che torn i .

Dove te averc i un segna l e fra d i vo i. Fai segno di

veni re,pel nome d i D io ! Ell a mise i l segnale : un

fazzole tto rosso color d i sangue : l a v ide ro al tr i v ic i n i,

p iù mor ta che viva,al la finestra . Avevano ben ragione

d i s tr i l lare adesso tu t t i e due : O compare mio,che

fuoco mi lasci a te qu i den tro ne l 'mio cuore ! Signor

g iud ice,s ignori mie i

,uc cidetemi qu i s tesso

,d inanz i a

l u i,se fu i i o i l t radi tore ! E la gius ti z ia oscura che

era nel la cosc ienza de i tes t imon i mu ti,pensava forse

I l mor to è mor to . Bisogna salvare i l v i vo .

Ques t’ al tra da tri bunale correzionale invece : l u i

bu t tandos i fra le fiamme che aveva appi cca to d i na

scosto al magazzino , dicevasi, onde salva rs i da l fa l

l imen to , e cercando d i spegner le col le sue s tesse man i

le man i arse,i pann i che gl i fumigavano addosso

,i

capel l i i r ti,i l v iso s travol to e terreo d i un d ispera to

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222 D on Ca ndeloro e C.

!

o d i un del i nquen te e l a mogl ie seminuda,i figl iuol i

a tterri t i che s’avvinghia vano a lui . Lascia temi !…

perdio!… È la Megl io la morte ! I l vocio

del la fo l la,i l c rep i tare del l’ i n cendio , i l ge t to del le

pompe,lo squ i l lare del le cornet te dei pompieri .

E de i v is i arrossa ti,del le ombre nere che formico

lavano nel ch iarore arden te,l e p lacche de i carabi

n ier i che l’abbacinavano . Che vedeva egl i,che sen

t i va i n quel momen to torb ido ? Le man i convulse {che

si s tendevano verso d i lu i , fra i l luc c 1ca re del l e baio

ne t te ; l a fanci u l l a b ranci ca ta senza riguardo da cen to

sconosc i u ti,i l figliuo lo d iba t tendos i furi oso fra 1 sol

dat i : Papà ! papà mio ! E i sogghigni dei male

vol i,i l sussu rro avverso del la voce pubbl ica : Tre

cen tomi la l i re S i Tan to

p iù che l a barca faceva a cqua da tu t te le par t i ! Due

vol te il forsennato ten tò d i rompere il cordone d i

truppa che i solava l’ i ncend io,e due vol te fu resp in to

u rl an te e traba l l an te sul marc iapied i E l a m ia

roba , vi La mia Lascia tem i mori re !

E”

no i,papà ? Siamo no i !Ascol ta ! Ah , figl i mie i ! Po

veri figl i m ie i ! E i l p i angere che faceva , l ì in mezzo

al l a s trada,le lagrime che gl i ri gavano i l v i so sporco

d i fumo e d i polvere le lagrime del la mogl ie e

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224 Don Ca ndeloro e C.i

ci a de i figl i pe r slanc iars i nel la voragine a rden te,

rovesc iando quan t i gl i s i opponevano,lo t tando come

un forsenna to con tro tu t t i , resp in to , percosso , tor

nando a cacc iars i avan ti a tes ta bassa,grondan te san

gue,col l a sch iuma a l la bocca

,l a bocca da cui usc iva

u n grido che non aveva p iu nul la d’

umano : La

cassa ! I l i bri !

Lo por tarono a casa su d i una ba re l la,tu t to una

p iaga e mezzo asfissia to . S te t te un mese fra mor te

e v i ta , co ll’

a spet ta tiva de l g iud izio i n fame in quel l a

agon ia,e gl i occh i de i figl i che l o i n terrogavano .

Povera Lia,come se i pal l ida ! E anche tu

,Arturo !

Anche tu ! Vede te,sono tranqui l l o adesso

,t ra voi .

Vede te come sorr ido,pove re c rea tu re ? E poi an

cora d inanz i a i g iudici, seduto a l pos to de i mal fat tori ,so t to l ’i n terrogatorio e l e tes t imonianze con trar ie

,e

l a d ifesa del l ’ avvocato che invocava i n suo favore

quaran t’ann i d i prob i tà i n temera ta , e i l vi so pal l i do

del figliuolo che ascol tava fra l’

uditorio,e le bracci a

treman t i de l le sue donne che l ’ avvinsero al l’ usci ta

del tri bunale . Assol to ! Assol to ! Senza d i r a l

t ro,un’al tra parola

,che rimase mu ta e ge li da fra d i

l o ro,sempre !

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Fra le scene della vita 2 2 5

È l a commedi a d i tu t t i i gi orni,nel la casa pa tri

—zia,sot to lo s tesso te t to , a l l a

' s tessa ta vo la ,'

a l cospe t to

de i figl i e de i domes tic i,rappresen ta ta per ven t’ann i ,

col la d is invol tura de l gran mondo , t ra il mari to of

feso e l a mogl i e colpevole,se i l tr i s te segreto e ra

realmen tefra d i l oro . La mogl ie d i Cesare non deve

essere neppur sospe t tata,ed en trambi

,l egat i a ll a

medesima catena da un Casa to i l l us t re,osservavano

perfe t tamen te i l codice special e del la loro socie tà . Nè

i l mondo c i aveva nul la da vedere . Forse qualche

capel lo b ianco d i più sul le tempia del i ca te d i le i ; ma

non un riguardo , nè un ’a t tenz ione d i meno ne ll a cor

te5 ia implacab i le del mari to . Se la d ama,mogl ie e

madre onora ta e i nsospe t ta ta s ino al dec l i nare del la

giov inezza,era cadu ta tu t t’a un t ra t to , e cadu ta male ,

giacchè i l p leonasmo è ammesso nel suo mondo,come

una povera creatura del i ca ta e fiera,avvezza sol tan to

a camminar a tes ta al ta su i tappe t i e che non sap

pia me t tere l e mani avan ti,i l mari to l a sorresse tosto

con bracc io fermo,perchè con t inuasse a por tare de

gnamen te i l nome suo e quel l o de i figl i . Cer to è che

essa non gridò nè pianse,nè fece pi angere l e an ime

cari ta tevol i sul la p ie tà del caso . E anche i l ma

ri to ebbe gran par te d i meri to nel tenere l a cosa inVERGA… Don Ca ndeloro e C‘ 1 5

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226 D on Ca ndeloro e C.

famiglia ; poichè l’

a ltro era uomo d i mondo l u i pure,

l del l a s tessa cas ta e quas i dell o s tesso casato , bel ca

val ie re e be l giuocatore al le car te e in amore , che

cor reva al la rovina e a ll a mor te co l sorr i so al le lab

bra e i l fiore a l l ’occh iel l o,e sapeva vivere e mori re

,

al bi sogno,ev i tando ogn i scandalo . Egl i non l e aveva

scri t to che due o tre le t tere , ne i cas i p iù u rgen t i ,quando si era t rovato propr io coll

a cqua al la gol a o

c ol la rivol tel l a so t to ilmento . I l male fu che una d i quel le

. le t tere , l a p iù breve e grave , l’ul tima , cadde in mano

’del mari to,mentre s tavano per recars i a una gran

fes ta,e l a carrozza aspe t tava a piè del lo scalone

,e l a

povera donna già pet tina ta e ves ti ta,pal l ida come

una morta,sedu ta d inanz i a un gran fuoco

,aspe t tava

i gioie l l i ch e aveva impegnat i per l’ amante

,. e che

ques t i l e aveva promesso d i res t i tu i rle per quel l a sera

a ogni costo . A ogn i cos to . Perciò le ch iedeva

scusa , sc rivendole , se per l a prima vol ta , e l’u l tima ,

mancava al l a sua paro la,La povere t ta ne aveva già i l

t ris te presen t imen to,giacchè aveva i l cuore s tre t to

da quel la immensa angosc i a ed era così pal l ida d i

nanz i a quel gran fuoco ? Aveva vi s ta balen are l ’i dea

del suici d i o,ed era s ta ta la p ie tosa a t tra t t i va che

l’

a vea data a l u i , quando l o aveva v i s to perdere tu t to ,

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228 D on Ca ndeloro e C !

dal i s i aff ol larono a ll’usc io,quando fu annunz ia ta l ’i l

l us tre coppia,e le ami che i ndulgen ti s i r i volsero a

le i,al lorchè l a no ti z i a del su ic id io cominciò a ci rco

l are nel l a fes ta,videro le i d i r i t ta e for te

,senza ba t tere

pal pebra so t to i l colpo mor tal e che le p icch iava al l a

tes ta,e gl i sguard i dei cu rios i

,e le parole del ma

r i to che compiangeva quel povero Mau ri z io co ll a

d iscrezione mondana ch e a t tu t isce ogn i s tri dere mo

les to . Essa fu ma lata , e i l duca non lasciò un sol

giorno la s tanza d i le i . Ri comparve a i tea tri,a i rice

vimen ti,ammira ta

,i n ch ina ta

,al bracc io d i quel l ’uomo

d i cu i sen tiva l ’i n t ima repu lsione,accan to al la ver

gine candida e pu ra e a l giovine tto d i cu i era l ’or

gogl io e l a tenerezza . Quando ess i andarono sposi ,i l padre aveva de t to l oro : Serbatev i degn i del

vos tro nome,e del l ’esempio che v i hanno dato i vo

s tri . Dinanm a lo ro,d inanz i a tu t ti

,egl i non d i

men ticò giammai , un giorno solo,per ann i ed anni ,

d i dare l o s tesso esemp io d i devozione e d i s t ima al la

compagna del l a sua vi ta e del l a sua catena , r imasta

sol a con l u i,ne l palazzo immenso

,sonoro e vuoto

come una tomba . Se ma i i l volgare sospe t to fosse

du rato ancora ne l la men te d i qualche domes ti co o d i

un fami l ia re,egl i vol le smen t i rl o s i no al l’ul t imo mo

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Fra le scene del la vila 229

men to,s i no al pun to d i mor te

,s tringendo la mano

del la mogl i e s ingh iozzan te,pros tra ta d i nanzi a lu i , di .

nanz i a i figl i,d inanz i a i congi un ti

,mentre il pre te gl i

dava la es trema unzione . Sol tan to nel l ’ul tima c onvul

sione d i spas imo,respinse quel la mano col la mano

d i gh iacc io. Nel tes tamen to lasc iò un ri cco legato

all a sua fede le compagna

Quan te al tre ! Quan te ! I l sorriso procace de l l a

d isgrazia ta che deve guadagnars i i l p ranzo , Le

lagrime del lo sc roccone che v i ene a chi edervi ven t i

l i re in prest i to L’eleganza del lo spian tato che

cena col le paste de l the . Gli occh i bass i de ll a ra

gazza che cerca un mar i to . E la più desolan te ,i nfine , l a commed ia - del l’ amore

,quando l ’amore è

mor to,e res ta l a ca tena . O bracc i a del i ca te che v i

al lacc ias te a ll’

amplesso s tanche e i l l ivid i te ! Quando

Alber to s trinse in quel la fes ta da bal lo la p icco la

mano che doveva avvincergli così tenacemen te l a

ca tena a l co l lo , non sapeva che essa se ne sarebbe

svincol ata così p res to . E anche lu i al lo ra non sa

peva d i lasc iars i prendere a ll’

ardore che s imulava e

al la lusmga del le p ropr ie fras i galant i . I l sorri so

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230 D on Ca ndeloro e C.‘

t ri onfan te d i l e i che s i i nebbri ava a ll’

omaggio d i

que l bell’a vventuriero d ’amore d ispu ta to e ammira to

il sot t i l e ecc i tamen to del l a danza la carezza

del l a musi ca che accompagnava la carezza del le pa

ro le gl i occh i bramos i c he cercavano i suoi,e i l

fulgore ch ’essa v i scorse al lorchè ch inò i l capo biondo

ad assen ti re : Sì ! Sì ! Con qual al t ra ebb rezza

e qual smarrimen to negl i occh i el l a ascese la prima

vol ta quel l a scal a e sp inse quel l’ usc io , premendosi

for te i l manico t to su l seno ansan te ! Con qual al t ro

sbigo t t imen to v i r i tornò poi,guardandos i i n torno e

bu t tandos i a sedere appena en tra ta,col v i so pal l ido

e una ruga so t t i le fra l e sopracc igl ia . Mi son fa t ta

aspe ttare,non è vero ? No .. non importa

Sei Ah,son mezzo Sapes te !… Mio

Quel por t inaio che mi vede passare !

Insomma tu t te quel le cose che non vedeva prima ,quando aveva gl i occh i abbac inat i dal sogno d’oro .— Lasciatemi

,Ve ne prego ! Vi

Vi lasc io . Scusatem i !

Che v i pigl ia adesso ? Vede te in che stato sono

Che faccio per voi

Gl i,occhi negl i o cch i

,l e man i nel le man i

,e l a

bocca rosea che sorrideva s tanca e si offriva so t to

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232 D on Candeloro e C.i f

S i a lzò egl i pure senza di r nu l la .

Essa cercò i l man i co t to ed i guant i,s i aggiustò

i l velo sul viso se ri o e freddo,senza una parola

,

senza guardarlo,e s’avviò a ll

usc io . Egl i l’apriva già .

Fatem i i l favore . Se c i fosse qua lcheduno per

la scala .

Aspe t tate .

Uscì a sp iare dal p ianero t to lo e ri en trò tos to .

Nessuno.

L’amata esi tò un i s tan te e r i al zò l a vele t ta a l d i

sopra del l a bocca . L’ amante finse .d i non veder la,

e le s trinse l a mano .

Addio dunque .

Addio .

Udi s ino al l’ul t imo scal ino i l r umore de i pass i d i le i

c he al tra vol ta s i d i leguavano fur tiv i,e dal la fines tra

l a vide ferma e t ranqu i l l a su l marc iap ied i,come una

che non c i abbia p i ù 'null a da nascondere adesso ,accennando a un cocch iere d ’

a ccosta rsi, con un ges to

grazioso de l l a des tra infi la ta ne l manico t to .

F I N E

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MILANO FRATELLI TREVES,EDITORI MILANO

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P AOLO MANT EGAZZAp er f ar seguito a L’ARTE D I P RENDER MOGL I E

PARTE PRIMA . IL RACCONTO ,

I . La. bambina diventa donna . Compa iono sull’

orizzonteII . Libri e fantasmi. Sogni due a l tri pretendent i al cuo

e realtà. re di Emma .

I II . I l primo amore. V.

' La fanciulla si consulta con

IV. La corrispondenza cont inua . un’amica e Coll a mamma .

PARTE SECONDA. IL MANOSCRI TTO DEL BABBO .

I . Consigli di un babbo a lla sua figliuola per la scelta del maritoll marito tiranno. Il marito geloso. Il marito avaro.

Il manto debole. Il marito brontolone. Il marito Ilbertino.

Il marito stupido. Il marito fannullone.

II . Le professmm rispet to a lla felicità nel ma trimonio.

Il marito negoziante. Il marito artista. Il marito letterato.

il marito banchiere. Il marito ingegnere. Il marito scienziato.

Il marito industriale. Il marito medico. Il marito politico.

Il marito pr0p1 ietario. Il marito avvocato. Il maritomilitare.

I II . Al tri consigl i del babbo a sua figlia nella scel ta del mari to.

IV. Frammento di un codice di diplomaz ia ma trimonia le.

PARTE TERZA. LA CONCLUSIONE DEL L IBRO .

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FATTI,DISCUSSION I e COMMENTI

DI

NAP O LEO NE G O LA IANNIDEPUTATO AL PARLA M ENTO

CAP ITOLO P RIMO CAP ITOLO IV .

L A BAN CA_

R OMANA L A L E G G E BA N CA R I A.

CAP ITOLO I I .L

INCH IESTA PARLA M ENTARE . cu n ego v .

CAP ITOLO I II . I P R. O T A G 0 N I R T I .

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