· X’ Don Ca ndeloro era proprio a rtista nel suo genere ”! figlio di burattinai, nipote di...
Transcript of · X’ Don Ca ndeloro era proprio a rtista nel suo genere ”! figlio di burattinai, nipote di...
Aa a d’
011CandeoroeC?
SECONDA EDIZIONE .
MILANO
FRATELLI TREVES , EDITORI
1 894 .
P R O P R I E T ! L E T T E R A R I A
Riserva ti tutti 1 diritti.
Mi lano . T ip . T reves .
DON CANDELORO E C .
I
X’ Don Candeloro era proprio a r t is ta nel suo genere”!
figl io d i bura t tinai,n i po te d i bura t tinai che biso
gna nascerei con quel bernoccolo il suo pane,i l
suo amore, la sua glor i a erano i burat t in i . Non
son ch i sono se non arrivo a farl i parlare ! d iceva
in cer ti moment i d i vanaglor ia come ne abbiamo tu t ti,
al lorchè gl i applausi de l pubbl i co gl i andavano allates ta , e gl i pareva d i essere un dio , fra l e nuvole
del palcoscenico , reggendo i fi l i de i suo i personaegi
Pe r essi non guardava a spesa . Li perfezionava,
lì vestiva sfarzosamen te , aveva ideato del le tes te che
movevano occhi e bocca , s tud iava sugl i autori ‘
la voce
che avrebbe dovu to avere ciascuno di ess i, A lman
sore o Astila a’oro. Quando declamava pei suoi burat
Don Ca ndeforo C i
tini,nel le scene cu lm inan ti
,s i scaldava così , che dopo
r imaneva sfini to,asc iugandos i i l viso
,ne l raccogl iere
i m iral legro dei suoi ammi ra tor i sfega tati,come un
a t tore naturale .
Di ammira tor i ne aveva da per tu t to,al l a Marina ,
alla Pesche r ia,cer tun i che s i togl ievano il pan di
bocca per andare a sen t i re da l ui la Storia di Ri
na ldo o I l Guerin Mesc/zino e se l’ additavano poi ,incon trando lo per la s trada
,col la canna d’India sul
l’omero e la sua bel la andatu ra ma es tosa,che sem
brava Orlcma’o addi ri t tura . Era un gran regalo quando
egl i r i spondeva a l sa lu to toccando con due d i ta la
tesa del cappello . Se nasceva una l i te in teatro,e
ven ivano fuor i i col te l l i,bastava che don Candeloro
si mos trasse fra le qu in te,e d icesse : Ehi
.con quel l a bell a voce grassa .
Giacché s’era fa t ta anche la voce,come il ges to
e la parla ta , sul fare de i suo i pe rsonaggi e pareva d i sen t i re un Rea le di Francia anche se ch ia
mava i l lus tras t ival i dal terrazzino.
Don Ca ndeloro e C.‘
Con queste do ti innamorò la figliuola d i un os te
che teneva bo ttega l ì accan to . La ragazza era bru t
t ina,ma aveva una bella voce , e doveva avere ah
che un bel gruzzolo . La voce è tu t to ! l e d iceva
don Candeloro sgranando le gl i occh i addosso, e acca
rezzahdosi i l p izzo . G 1;azia l Che bel nome ave te
pure ! Andava Spesso a far colazione al l’os teria per
amore del la Grazia,e le confidò che pensava d’acca
sars i,da c chè aveva volta to le Spal le a lla vecch ia b a
racca del padre , e messo su i l nuovo teatro che rubava
gl i avven tori a l SAN CARLINO,e al TEATRO D I MA
RIONETTE. Si mangiavano fra d i loro come lupi, pa
dre e figl io , e i suo i col legh i erano giun t i ad ordirgl
la cabala , e fargl i fi sch iare l a Storia diBuovo d ’
An
tona . Spendero i tesori d i Creso ! aveva fat to
vo to quel di don Candeloro ba t tendo i l pugno sul la
tavola. Ma non son ch i sono se non l i r iduco a
chinder bo t tega tu t t i quan t i !
Lu i con dei con tan t i avrebbe fat to cose da sba lo r
dire. Insino i l bal le t to e la pantomima avrebbe por
tato sul suo teatro ; tu t to col le marionet te . Ci aveva
6 Don Ca ndeloro e C*
qualcosa l ì ! e s i p icchi ava l a fron te d inanz i al la
Grazia,fissando le gli occh i addosso come volesse man
giarsela , le i e la sua dote . Si scervel lo un mese in tero ,col capo fra le mani
,a cercare un bel t i tolo pel suo
teatr ino,qualcosa che pigl i asse la gen te per gl i oc
ch i e pei capell i,lì,nel car tel l one dipi n to e coi l umi
die tro . Le Ma rionette parlanti! Sì,com ’è vero
ch’ i o m i appel lo Candeloro Bracone ! parlan ti e vi
ven t i megl io d i voi e d i me ! Non deve passare un
cane che abbia un soldo in tasca d inanz i a l mio tea.
tro,senza che d ica : Spendi amo l ’osso del c ollo
per andare a vedere cosa sa fare don Candeloro !
L’os te veramen te non s i sarebbe lasc iato prendere
a quel le spampanate,perchè sapeva che gl i avven tori
sc ri i preferiscono andare a bere i l buon vino nel so
l i to can tucc io oscu ro ; e del res to , l u i voleva un ge
nero con una profess ione da cri s t iano,come l a sua
,
a mo ’ d’esemp io,e non un commedi an te con l a zaz
zera inanel la ta,che parlava come un l ibro e gl i in
cuteva suggezione .
Quel lo è un t iz i o che c i farebbe muovere a suo
D on Ca ndeloro e C '
piacere come i bura t t in i,te e me ! d isse al la fi
gliuo la . Bada ai fa t t i tuo i : l e buone paro le,qual
che risatina anche,con gl i avventori . E poi orecchie
di mercan te . Hai in teso ?
Ma i l tradimen to gli venne da un finest rino che
dava su l palcoscenico , a l quale l a ragazza correva
spesso d i nascos to a met tere un occh io,e dove si
scaldava i l capo con tu t te quel le s tor ie d i palad in i e d i
principesse innamorate . Don Candeloro , dacchè s’era
dich iara to con lei,l asc i ava socch iusa appos ta l’im
pannata,e le sfuria te d i amore, Rina ldo e gl i al tri
personaggi,l e r ivolgevano lassù ; tan to che l a ragazza
ne andava in sol luchero,e aveva a schifo poi d i lavare
i p ia tt i e imbrat tars i le man i in cucina .
Non pur me,ma infini ti s ignori ques to amore
ha fat to suo i vassa li,princ ipessa
Tu non me la dai a i n tendere ! bron tolava
l’os te col la figliuo la . Che diavolo ha i in tes ta ?
Mi sbagl i i l con to del Gl i avven tor i s i lamen
tano… Questa s ton a non può durare .
8 D on Ca ndeloro e C ‘
La catas tro fe avvenne al la gran scena in cu i labella Antinisca ri torna al la c it tà d i Presopo li, e Guerino quando la v idde dice la s tori a s
’
ac cese mol to
p iù del suo amore Smaniava per la scena,sba
lestrando l e gambe d i qua e d i l ‘a,al zando tra t to
tra t to l e braccia al c ie lo,squassando i l capo quasi
col to dal mal nervoso . Diceva,con la bel la voce can
tan te di don Candeloro :
O Dio,dammi gra zia *
ch’
io mi possa d ifendere
da ques ta fragi l carne,tan to ch’i o trovi i l padre mio ,
e la mi a generazi one .
E la bella Antinisca , d imenandos i anch ’essa , e l a
grimando (s i capiva dal le mani che le sbat tevano al
viso)O S ignor mio , i o speravo so t to l a vos tra spada
d i esser s icu ra de l Regno che vo i mi ave te rendu to,
per questa cagione v i giuro per l i De i che come sa
pro, che vo i s ie te par t i to , con l e m ie proprie mani
m i ucciderò per vos tro amore,e se m i promette te
,
che fini to i l vost ro viaggio ri tornere te a me , i o vi
p romet to aspe t tarv i d iec i ann i senza prender mari to
D on Ca ndeìm o e C.‘
Non per Dio,sare te vecch ia d isse i l Me
schino . Ques to non curo,pur che voi gi ur ia te
d i tornare a me ,d i non pigl iare al tra donna .
(Veramen te la bella Antinisca aveva una voce d i
gal let to che faceva ridere gl i spe tt atori,giacchè don
Candeloro per le par t i d i donna aveva dovuto scrit tu
rare a giornata un ragazze t to che cominci ava adesso
a fars i grand icel lo , e per giun ta rec i tava come un
pappagal lo,ta lché al le vol te i l princ ipale
,sdegnato
,
gl i asses tava del le pedate, d ie tro la scena .) Allora la
bella Antinisca cadde d ’ un sal to fra l e braccia de l
Guerino, p iega ta in due dal la tenerezza , e Grazia ,arrampicata al fines trino
,si sen tì balzare così i l
cuore nel pe t to , che le sembrava propr i o d i essere nei
pann i de i due fel ic i aman ti,al lorchè i l Mese/rino, i n
presenza d i P a rnia’as , Armigrano e Moretto , gi urò
per tu t t i i sagramenti d i farla sua donna e legi t t ima
sposa.
Quando saremo mar i to e mogl ie,l e par t i d i
donna le farai tu ! le aveva de t to don Candeloro .
E la ragazza,ambiz iosa
,s i sen t iva gonfiare i l pe tto
dal la gioia,a quel le scene commoven t i che facevano
drizzare i capel l i in capo ad ognuno,e s i vedevano
degl i uomin i con tan to d i barba piangere come bam
1 0 D on Ca ndeloro e C.i
bini,fra gl i applaus i che parevano subi ssare il tea
tro . Sì ! si l d isse Graz ia in cuor suo .
I l babbo invece disse d i no . C ’erano con t inuamente
del le scene fra padre e figl ia ; quel lo ripe tendo che
la s tor ia non poteva durare , e minacciando la ra
gazza d i tornare a mar i tars i,e metterle su l col lo
la matrigna . Lei dura nel proposi to : o don Cande
loro,o la mor te ! Quando don Ca'ndeloro andò a far
la domanda formale , ves ti to d i tu tto punto , l’os te
r ispose
Tanto onore e piacere . Ma ciascuno sa i fa tt i
d i casa sua . Sono vedovo,non ho al tr i figl iuol i
,e
m i abb isogna un genero che mi
Al lora vuol d ire che non son degno d i tanto
onore ! balbe tto don Cande loro facendosi rosso,
e pian tandosi d i tre quar ti , col la canna d’
India ap
poggiata al l ’anca .
Nossignore,l ’onore e mio .
L’onore è vostro , ma vos tra figli a non me la
Nossignore . Come vole te sen ti rl a ?
D on Ca ndeloro e C ‘
Va bene . Umil iss imo servo ! conch iuse don
Candeloro ca lcandosi con due di ta la tuba sull’
orec
chio,e se ne andò mortifica tissimo .
Sen t i d isse poi al la Graz ia dal fines trino .
.Tuo padre è un ignoran te che non capisce nul la .
B isogna prendere una ri soluz ione ero ica , hai cap i to ?
La ragazza es i tava a prendere la ri soluzione eroi ca
di infi lare l’nsc io e ven i rsene a s tare con lui , per co
stringere po i i l babbo ad acconsen ti re a l ma tr imon io .
Ma don Candeloro aveva i l miel e su l le l abbra , e sapeva
trovare delle ragioni al le qual i non si po teva resistere . Le diceva d i fare nascos tamente i l suo fa
got to… con giud izio , C’era anche l a
sua par te nei denar i del padre , e veni rsene dove
la chiamavano i c ie l i . Non hai giura to per gl i
Dei di essere mia donna e leg i t t ima sposa ?
I l vecch io però era un furbo matri colato,i l quale
cantava sempre miseria , e nascondeva i suo i bezziJ
!
chissà dove . Grazia non por tò al tro che quat tro cenc i
in un fazzolet to , e quel le poche l i re sp i ccio le che
aveva po tu to arraffare al banco . Come ? bal
be tto don Candeloro che s i sen ti va gelare i l sangue
nel le vene In tanto tempo che c i s ta i,non hai
sapu to far d i megl io ?
1 2 Don Ca ndeloro e C*
Ques to era ind iz io che non sarebbe s tata buona
a nul la,neppure per lu i ; e le ques t ion i cominc iarono
dal p rimo giorno . Bas ta , era un gen ti luomo , e la pro
messa d i Candeloro Bracone era parola d i Re . I l bel lo
poi fu che lo s tesso giorno in cu i andarono al l ’al tare,
l u i e l a sposa, i l suocero vol le fargl i la burle t ta d i an
darc i l u i pu re,i nsi eme a una bel la donnona col la quale
aveva combina to i l pa teracch io lì per lì . Senza
donne non possi amo s tare nè i o nè i l m io negozio,
car i miei,gl i p iaceva r ipe tere
,con quel sorri set to
che mostrava le gengive più du re de i den ti,e faceva
v eni re l a mosca al naso . State al legri e che i l Si
gnore v i prosperi e v i d ia mol t i figl iuol i.Alla mia
mor te poi avre te quel che v i tocca .
I figl i uol i vennero i nfat t i a tu t t i e due,genero e
suocero , uno dopo l’al tro . Ma l’os te promet teva d i
me tterne al mondo quan to i l Gran Sultano,e d i cam
pare gl i ann i del Mago Merlino. Ogni vol ta che gl i
partor iva la mogl i e o l a figliuola , i nv i tava tu t to i lparen tado a fare una bel la mangia ta
.
Don Ca ndeloro e C*
Crescevano i figl iuoli,e i pesi del matrimon io ; ma
viceversa poi diminui vano gl i i n tro i t i e i l favore po
polare . Quel la gran bes tia del pubbl ico s’era lasc ia to
prendere a certe novità che avevano por ta to Bracone
i l vecchio e i l proprie tar i o del SAN CARLINO . Adesso
nei tea trin i d i marione tte rec i tavano de i personaggi
in carne ed ossa , l a Storia di Ga riba ldi, figuriamoci,
ed anche del le farsacce con P ulcinella ; e vi can ta
vano del le donne mezzo nude che facevano de l pal
coscenico un le tamaio . La gente correva a vedere
le gambe e le al tre porcherie,tale e quale come le
bes tie,chè don Candeloro ne arross iva pel mes tiere ,
e preferiva piu ttos to fare i l sal timbanco o il l us tra
scarpe , prima di scendere a quel le bassezze . Per nonreci tare al le panche era arriva to a far en trare i n
teatro grati s de i vecch i avven tori,fedel i a l le bel le
Storie a!
Orlando e dei P a la dini antichi , co i qual i
almeno si sfogava dicendo vituperidei suoi col legh i
Perchè non mettere le pers iane verd i al l e por te,
come . certi s tabi l imen t i ? … Sarebbe più pul i to.Do
vrebbe immischiarsene l a Ques tura,per Satanasso !
Don Ca ndeloro e C z
Però l ignoranza e l’
ingra titudine del pubbl i co gl i
facevano cascare le b racc ia . Non valeva proprio la
pena di sudare coi l i bri,e spendere dei tesori per
dare roba buona a degl i as ini . Vole te l avare la
tes ta a ll’asino ? Gli s tess i bura t tin i rec i tavano svo
glia tamente, ves t i t i come Dio vuole. Ci s i perdeva
l’amore del l’ar te e d ’ogn i cosa,parola d i gen t i luomo !
Dov’
erano andat i i be i temp i in cu i s i facevano
due rappresen tazion i al giorno,la domen ica e le fes te
,
e l a gen te assed iava la por ta,quand’era annunzia to
sul car tel lone un personaggio nuovo ? Don Can
deloro,coll a barba d i o t to giorn i e la zazzera ar
rutfa ta,passava le giornate in tere nel l a bet tola del
suocero,a di r corna dei suo i col legh i
,o a l i tigare
col la mogl ie,ora che in casa pareva l’i nferno . Graz i a,
adesso che aveva v is to cosa c’era d ie tro le bel le scene
impias tr icc ia te,s tava con tan to d i muso a rammen
dar cenc i anche le i,a stemperar color i , e rompers i
braccia e sch iena,vociando come un pappagal l o per
le Arlenn'
sie e le Rosa linde, da ll’
avemaria a due ore
d i no t te ; che Specie quando i l S ignore le mandava dei
figl iuol i (e succedeva una vol ta al l’anno) era propri o
un gas tigo d i Dio .
Tu non sa i far a l t ro,per Maome t to ! l e rin
fa cc iava il mari to furib ondo .
I 6 D on Ca ndeloro e C ‘
Don Candel oro v iaggiò per val l i e per monti,come
i caval ier i an ti chi , con tu t to i l suo tea tro ammuc
chia to in un carro , e l a mogl ie e i figl i uol i sopra .I l guaio era che non si tro x a va con chi combattere .Quei c on tad inacc i ignoran t i ed avar i
,s fogata la pr ima
curiosità, vol tavano le spal le a l le mar ione t te parlan ti
o s’arrampica rono sul te t to de l tea trino per goders i la
rappresen taz ione gra tis.Arrivando in un vil laggio,don
Candeloro scari cava la roba sul la piazza , pigl iava in
affi t to una bo ttega,un magazz ino , una s talla, quel che
trovava,e si me ttevano a inchiodare e i ncollare tu tt i
quant’
erano .Le s tagion i duravano ot to , quindic i giorni ,un mese , al p iù . Dopo
,si to rnava da capo a correre
i l mondo,e in quel va e vien i l a roba andava in ma
lora ; si mangiavano ogni cosa le spese d’affi t to e d i
viaggio,con dei carre t tier i l adri ch’
erano peggio dei
saracini,non usavano riguard i neanche a Cris to .
Don Candeloro , avvezzo ad essere ri spe t tato come un
Dio da s imi le gen tagl ia , voleva farsi ragione col le sue
mani,i n princip io , sinchè si busco una grandinata di
cal c i e pugn i .
D on Ca ndeloro e C.‘ 1 7
E ci dove ttearrivare anche lu i,Candeloro Bracone
,
a fare i l pagl iacc io se vol le aver gen te nel suo tea
tro , e a rappresen ta re l a pan tomime nel le qual i pigl i a
vasi le pedate nel d id ie tro dal minore dei suoi ra
gazz i per far r idere la pla tea Quando vide che i l
pubbl ico non ne mangiava più in nessuna salsa del le
marione tte parlant i e c i voleva del l’al tro per ca
var soldi da que i bru ti,ebbe un’ idea luminosa che
avrebbe dovu to fare la for tuna di un ar tis ta,se la for
tuna baldracca non ce l’ avesse avu ta a mor te con
Ah,vogl iono i personaggi
Un bel g iorno s i v ide annunz iare sul car tel lone
che la parte di Orlando, nei Rea li diFrancia,l ’avrebbe
sos tenu ta don Candeloro in persona fat ica sua par
ticolare ! E comparve davvero sul palcoscen ico , l u i
e tut ta la sua famiglia, i n cos tume , e armato d i tu t to
punto : delle armature ord inate appos ta al pr imo lat
toniere della c i t tà , e che erano cos tate gl i occh i del la
testa. I l pubbl ico sciocco i nvece,al vedere quei ceffi
di giudei che toccavano i c ie l i co l capo , e suona
vano a ogni passo come scatole d i pe trol io,s i mise
a ridere e a ti rare ogni sorta d’immond ìzie sui P a la
dini, massime al lorchè ad Orlando cadde d i mano la
spada, ed egl i , tu t to ch iu so nel l’ armi , non po té ch iVERGA . D on Ca ndeloro e C.
!
1 8 D on Ca ndeloro C.
‘
nars i per ra c c a ttarla . Urli,
fisch i e mozz iconi d i s i
gari in‘ faccia a i Rea li. Un pu tiferio da . prendere a
sch iaffi tu t t i quan t i,o da passar loro la spada a ttra
verso i l corp o,se non fosse s tata d i la t ta
,pensando
a tan t i denari spes i inu ti lmen te .Da per tu t to , ove s i os t inava a por tare i P a ladini
di Francia con personaggi ver i trovava la s tessa
accogl ienza : tors i d i cavolo e bucce d’a rance I l pub
bl ico andava in teatro appos ta col le tasche p iene di
quel la roba . Non l i volevano pi ù neanche co i per
sonaggi ver i ,, iP a ladini ! Volevano le scempi aggin i d i
P ulcinella , e le canzone t te grasse can tate dal le donne
che alzavano la gamba .
E tu fagliele vedere le gambe ! disse infine
al la mogl ie don Candeloro infuriato . Diamogl i del le
ghiande al porco !
Lu i s tesso,col le sue mani , dove t te aiu tare la Gra
zia ad accorc iare la gonnel la , l i tigando con le i che
pre tendeva d i non esser nata per quel mes ti ere , e
si vergognava a ll’udire i comp l imen t i che i l pubbl ico
ind ir izzava a i suoi s t inch i magri . Per che cosa
sei na ta ? per far l a princ ipessa ? I l pane te l o mangi ,però ! Lu i invece era preso adesso dal la rabbia
d i mostrare ogni cosa,a quegl i an imal i , l a
‘
mogl ie ,
Don Ca ndeloro e C*
l a figliuola ch’era p iù giovane e chiamava più gen te .
Anchfio , g
se v_
o_gl_ iono Vogl io c a la rm1
le brache in faccia a quel le best ie ! Faceva delle
risate amare,povero don Candeloro ! Cercava le far
sacce p iù s tup ide e più indecen t i . Si t ingeva i l v iso
per fare i l pagl iacc io . Spu tava sul pubbl ico , d ie tro
le nin te Porc i ! orc iC! P
LE MARIONETTE PARLANTI .
D on Ca ndeloro e C i
e l i fac eva parla re,aiu tato dall a mogl i e e dai c inque
figl iuol i , talché in cer te rappresen tazion i c’erano fin
ven t i e più personagg i sull a scena,combat t imen to
ad arma bianca , musi ca e fuoch i di bengala , che ch iamavano gran gen te .
Dic iamo cinque figl iuol i,però uno di essi ve ramen te
iera figl io non si sa d i ch i , raccol to da don Cande
loro su l la pubbl i ca vi a per cari tà , ed anche perchè
aiu tasse a lavare i pia t ti , suonar la tromba e chia
mar gen te,ves ti to da pagl iacc io , all ’ ingresso del
teatro .
Mar tino , fate vedere I vos tr i talen ti,e ringra
zia te ques t i signori .
Mar t ino vol tava l a groppa,si bu t tava a quat tro
zampe e imi tava i l ragl i o del l ’asin o .
Egl i era i l buffo dell a Compagnia , faceva i l sol le
t i co all e donne,e a ndava a cacc iare i l naso fra l e
a ss i de l d ie tro scena , mentre si ves tivano per la
farsa . Col la ragazza po i i nven tava cen to burle t te che
la facevano r idere, e le me t tevano come una fiamma
negl i occh i l adr i e su l la facc ia len t igginosa .
Be’,Violan te
,vogl iamo rappresen tare al v ivo
l a scena fra Rina ldo e Armida ?
Una vol ta che don Candeloro lo sorprese a‘ far la
Le m a rionette pa rla n ti 2 5
prova generale co l l a sua figliuo la , l a quale s i acca
lorava anch’essa nel la parte,e abbandona vasi su d i un
mucchi o d i cenci,quasi fossero le rose del giard ino
i ncan ta to,ammin is tro a tu t t i e due tal sal va d i calc i
e schiaffi da farne passare la vogl i a anche a dei gat t i
in gennaio . Ah bricconil Ah tradi tori ! V’
insegno
io ! La Violan te ne por tò un pezzo i l segno sul la
guancia . Ma ormai aveva preso gus to al le monel leri e
di Mar tino,s icchè andava a cercarl o ap pos ta d ie tro
le qu in te,fra le scene arro tolate
,e i casson i del le
marione tte,men tre lu i smoccol ava i lumi per l a rap
presentazione dell a sera,0 so ffiava so t to l a marmi t ta
posta su due sassi,nel cor t i le t to . Gli soffiava fra capo
e col lo de i sospi ri che avrebbero acceso tu t t’ al tro
fuoco, pigliandosela col le s tel le e coi barbar i geni tori .
Sta tranqui l la,disse Mar ti no , s ta tranqui l la
che me la pagherà .
Adesso era le i ' che lo s tuzzicava,vedendo che i l
ragazzo,ammaes trato dal le s tava al l’er ta pel
pr1na pale , co l l’ orecchi o teso e guardandosi i n torno
prima d i al lungare le mani verso d i lei . Gli por tava
di nascos to i miglior i boccon i ; gl i serbava , in cer t i
posti designati , i l vi no rimas to in fondo al fiasco ;per r ivolgergl i le parole p iù sempl ici
,dinanz i a i suoi
,
26 D on Ca ndelo…e C {
faceva un cer to viso come avesse l’an ima ai den ti ,co l capo sull
’
omero e gl i occh i d i pesce mor to ; pi
gliava il tono del le Clorinde e del le Rosamunde per
d i rgl i sol tan to —Bisogna andare per l’ol io,Mart ino.
Guarda che non c ’è più legna so t to la mangiatoia…
E quando lavorava accan to a lu i,sul palco , con
le Artemisie i n mano , gl i bu ttava sul viso le paro le
i nfocate del la par te,cogl i occh i n er i che mandavano
lampi,e le labbra turgide che volevano mangiarse lo .
O Cie l i ! Chi mai vedo a me Mio
mio bene !
Lavora ! l avora , sgualdrine l l a ! borbot tava
don Cande loro ,al lungando del le pedate , quando
po teva .Com’è vero Dio ! t’ho de t to che me la pagherà !
rispose Mar tino fra i den ti p i ù d i una vol ta .
Sì,pri ncipessa adora ta…
E gl iela fece pagare,un gi orno che il princi pale
era anda to avan ti a procura r la piazza , e la Com
pagnia e la baracca seguivano d ie t ro s u d i un carro .
Martino e la Violan te finsero d i smarr i rs i per cer te
Le ma rionette pa rla n ti
scorciatoie , in mezzo ai fich i d ’
India,e raggi unsero
poi la comi t iva in c ima al la sa l i ta , sca lmanati ; Mar
tino trionfan te,quasi avesse vin to un terno al lo t to
,
e la Violante che sembrava davvero una princ ipessa ,’ sdi l inquendo attacca ta al suo bracc io
,e lagnandos i
di avere male ai p iedi .
Chi si lagnò su l ser io poi fu don Candeloro,che non
poteva più maneggiare quel b i rbo d i Mar tino,divenu to
insolen te e pigro , minacci ando ogn i momen to d i pian
tar baracca e burat t in i e andarsene pe i fa t t i suoi .
Ora che t’ ho insegnato la professione, e t’ho
messo a ll’
onor del ri baldo,
Violan te pi angeva e suppli cava l’ aman te d i non
abbandonarla in quel pun to .
Che vuoi ? d i sse Mart ino . Sono s tanco
di lavora re come un asino pe i begl i occh i d i non so
chi . Ci levano la pel le . Non c i lasc iano resp irare un
momen to,neppure per trovarc i
In tre mes i sol tan to quat tro vol te,d i not te
,a ruba
ruba,con una paura del d iavolo addosso ! Una sera
che babbo e mamma avevano mangia to bene e be
vuto meglio , la ragazza andò a trovare i l suo Mar
tino i n so t tana , che sembrava la Fa ta Bianca , sci o
gliendosi i n lagrime come una fon tana .
28 D on Ca nde loro e C !
Che facc iamo,Dio mio ? … Tu dormi
Eli ? Che vuoi fare ? ri spose l u i fregandosi
gl i occh i .
Non posso più nascondere i l m io La
mamma m i t iene gl i occh i B isogna confes
sare ogni Tu che hai p iù
lo,eh ? Perchè tuo padre m i dia i l resto del
car l ino ? Graz ie tan te ! Piu ttos to i nfi lo l’ uscio e me
ne vo . Se tu vuo i ven ire con me ,L’ idea gl i parve buona e l’ accarezzò per un po’
d i tempo .
lo so fare i l sal to mor tale,l ’ uomo senz’ ossa
,
i l gambero parlan te. Tu se i una bel la Sì,te
lo dico in facc ia… Vest i ta in magl ia,a raccogl iere
i sold i co l p ia t tel lo,l a gen te non si fa rà t i rar le
orecch ie per me ttere mano al la tasca . Andremo pel
mondo ; ci d ive rt i remo , e c iò che s i guadagna ce lo
mangeremo no i due. Ti piace ?
Mai e poi ma i don Candeloro si sarebbe aspe t
tato un tradimento così nero . Propri o nel megl io
della s tagione , quando i l pubbl ico cominciava ad ab
boccare,e da o t to giorn i che erano arr iva t i in paese
,
e avevano pian tato le assi nel magazzino dell’a rc i
prete Simola , s’
in ta sca vano sold i colla pala,e ogn i
sera s i cenava ! Fu al lora !che Mar tin o e la Vio lan te,
sentendosi la pancia piena,spu tarono fuor i i l veleno
,
e gl i appiopparono i l calc i o del l ’asino,la sera che i l
pubblico affo llavasi in teatro per la con ti nuazione
del le imprese d i Guerin Meschino al la ricerca del la
Fa ta Alcida , e prevedevasi più d i ven t i l i re d’i ncasso .
La mogl ie d i don Candeloro,che da qualche tempo
aveva de i sospet t i e teneva d ’occh io la figliuola ,l a
sorprese tu t ta sossopra,die tro a Mar tino
,i l quale
i nsaccava del la roba . Violan te,col ta sul fa t to , l e s i
but tò ai p iedi p iangendo,come la Da nzigella di P a
czfero Re del P orchinos , quando sve la i l suo fal lo
al geni tore .
Ah,scel lerata ! s tri l lo l a madre . Cos’ha i
fatto ? Tuo pad re ora v’
a ccoppa t u t t’e due !
3 0 D on Ca ndeloro e C.*
Don Candeloro sopraggiunse in quel pun to,facendo
i l d iavolo a quat tro appena in tese d i che s i trat tava .
Sua moglie gr idando aiu to,Violante bu ttandos i d i
nanz i al l’aman te per d ifenderlo ero i camen te a costo
dei suoi giorni,Mar tino a rramp icandom sull
’
intela ia
tura del le quin te,con tan to d i temperino in mano
,
i ragazzi s tri l lando tu t ti in coro : una scena al na tu
rale che chi u 1 que avrebbe pagato l’i ngresso volen tier i
per godersela . Don Candeloro però non d imen ti cò
neppure al lora nè ch i era nè quel che aveva a fare .Zi t t i tu tt i ! gridò co l la voce solenne del le
grand i rappresen taz ion i . Adesso appar ten iamo
al pubbl ico,che cominc ia a veni re i n tea tro . Tu
,Gra
z ia,va all a por ta, se no en trano di scappel lo t to . Ag
giusteremo i con ti dopo, in fam igl ia .
Figuriamoci la povera madre che doveva sorr idere
al la gen te incassando i due sold i del big l ie t to,con
quel pensiero e quel l o spaven to Le prime
scene poi,mentre aiu tava i l mar i to che aveva le man i
legate dai bura tti n i , e non poteva and are a prendere
pel col lo i due i nfami che non compari vano a tempo
coi loro
Che diavolo fanno ? Adesso è l ’entra ta di Alcida .
Com ’è vero D io,mi rovinano l a megl i o scena!.
32 Don Ca ndeloro e C ‘;
Nella baraonda s i udì i l correre dei ques turin i,che
le orecch ie eserc i ta te r iconobbero subi to al rumore
degl i s t iva l i .Musica ! musica ! Non è niente ! n ien te !
Ma non ce ne fu b isogno . Guerino tornò in scena ,piegandos i in due ad inch inare gli spe t ta tori
,e dal
l ’al tra par te comparve immedia tamen te laFa ta A lcida ,di tan ta bel lezza
,adorna che la sua facc ia splen
deva come un sol e come spiegava a voce don Can
deloro,i l qua le accese ! i n que l punto un po’d i ma
gnesio , che fece un be l vedere sull’
arma tura d i lat ta
del Mese/tino, e i l man to del la fata tu t to a dragh i e
b isc ie d’
orpello .
Brav i ! b is ! gridarono i compari,che non ne
mancavano .
Si sarebbe udi ta volare una mosca . Da un canto
i l Guerino, che faceva orecch io d i mercan te al le’
se
duzioni del la Fa ta , e le i che ostinavasi a riscaldare
in l u i l e arden t i fiamme d ’ amore d iceva col la
sua s tessa bocca,e con cer ti a t ti d i mano anche
,
tan to che i l .Meschino dimenavasi tu t to c on un suon
d i ferracc ia e lasci ava i n tender chiaramen te che
se Dio per l a sua grazia non gl i avesse fa t to tenere
a men te gl i avver timen ti de i tre santi Romiti d i cer to
Lc‘
ma rionette pa rla n ti 33
saria caduto . La gente si sen t iva dri zzare i capell i
in testa . Uno d i lassù , nei pos t i da un soldo , gridò
inferoc i to
Guardat i,Meschino ! Tradimento c’è !
Però gl i avven tor i sol i ti avevano notato che quel la
non era la voce del la Fa ta A lcida , e gl i s tess i ges ti
che faceva , d i qua e d i la, al l’ impazzata
,non ave
vano n iente d i naturale . Per cer to qualcosa d i grosso
doveva essere avvenu to d ie tro le qu in te . Sicchè da
prima furono osservazion i e niormorii, e po i vennero
le male paro le . Infine al lorchè invece dei d ragh i e
degl i al tr i incan tes im i che dovevano far nascere i l
finimondo,don Candeloro cercò d i cavarsela con una
manata d i pece greca e picch i ando su due scatole
di petrol io per im i tare i l fracasso dei tuon i,scoppiò
davvero l ’infe rno in p la tea : url i , fisch i,bucce d ’
arance
e pipe ro t te , che pareva volessero sfondare i l s ipari o .Pubblico r ispe ttabi le venne a di re la mogl ie
di don Candeloro p iù morta che viva,e con un
chio pes to , ora v iene una bel la farsa tu tta da
nuovissima per queste scene . Onora teci ecompa titec i.
Che farsa ! La gen te era lì da ll’avemaria per go
dersi appunto l a gran scena del l’i ncan tesimo,e aveva
VERGA . D on Ca ndeloro e 3
34 D on Ca ndeloro e C ‘
speso i suoi denari per vedere i personaggi ch
s i azzuffavano sul ser io menando bot te da orbi,
non don Candeloro,i l quale fingeva d i prenders i
legnate dal randel lo imbot ti to d i s toppa e se l a ride
poi so tto i l naso . Parecch i s i bu t tarono sul l a casse t
C i fu un pigl ia pigl i a fra le guard ie e i più les t i
mano . I comi c i sal tarono giù dal pal coscenico,c
come s i trovavano,mezzo ves t i t i per la farsa
,
dando e s trep i tando anche l oro . Don Candeloro co
camic ia d i P ulcinella , scappò a correre verso la cam
pagna,al bu io
,in cerca de i fuggi t ivi , giurando d’ac
copparli tu t t’e due
,se l i p igl i ava .
Li ho vis t i i o,d isse un ragazzo : ce n’
sempre d i co tes ti : Son fuggi t i per di qua .
u!
Mar tino e la Violan te correvano ancora infat t i,
tan ta era la paura . Allorché i ncon travano dei carr i
per la s trada,Violan te si bu t tava d ie tro una siepe
,
poich’
era in sot tanina b ianca,così come aveva potu to
svignarsel a men tre vestivasi per la farsa . Mar tino,p iù
furbo,
fingeva d’andare pe’ fa tt i suoi, 0 d i al lacciars i
una scarpa . Poi,quando furono ben lon tani
,s i ac
Le ma rionette pa rla n ti
coccolarono die tro un muro , e mangiarono de! sa
lame,che Mar tino
,i nnamorato com’ era
,aveva pen
sato a met tere da par te . Vi olan te , p iù del i ca ta e sen
sibi le,badava piu t tos to a guardare l e s tel le , pen
sando a quel che aveva fat to .
Dove si va adesso ? ch iese sbigo t ti ta .
Domani lo sapremo r ispose lu i col la bocca
piena .
Cominciava a spuntare i l giorno . Violan te non
aveva por tato al tro che uno sc ial le t to logoro , su l la
so ttan ina,e tremava dal freddo .
Hai paura forse ? ch iese l u i .
con te,mio
Le venivano in mente al lora le parla te d ’ amore
che aveva imparato a memoria pe i bura t t in i,al lorché
Martino r ispondeva col la voce grossa e facendo sma
niare d’amore Orlando e Rina ldo . Così le damigel le
e le pri ncipesse s i lasc iavano rap ire dal l’aman te su i
caval l i al a ti . Martino fermò un carre t t iere che andava
per l a s tessa via,e combinò d i mon tare sul carro
,
l u i e l a Violan te,pagando .
Hai de i sold i ? chiese lei so t tovoce .
Si, s ta z i t ta .
Dopo , per giust ificars i , si sfogo a di r male de i ge
36 D on Ca ndeloro e C.
ni tor i d i lei,che l i facevano lavorare per nu lla e s i
arricch ivano a spese loro . Infine,conch iuse ,
ho preso i l mio . Tanto tempo che tuo padre non
m i dava un baiocco .
Però la Violan te non aveva appe t i to,sen tendosi
su llo s tomaco la paura del babbo, e i l peso d i quel
l’
azionaccia che Mar tino gl i aveva fa t to met tendo le
man i nel l a casse t ta . Lui i nvece era al legro come un
fringuel lo ; accarezzava la ragazza e faceva can tare
i sold i in tasca ; nel le s t rade maes tre c i s tava come
a casa sua , e ad Augus ta le fece far l’entrata in fer
rovi a come una princ ipessa .
Vedi ! le d i sse,pigl iando i due bigl ie t t i d i
te rza classe . Ved i come tra t to i o !
Da principi o non andava male . Violan te era un
po’ goffa,un po’ pesan te ; ma allorché gi rava in tondo
su d i un p iede , o s’
arrampicava sul dorso d i Mar
t ino,scopriva tal i a ttrat t ive che la gen te correva
in p iazza a vedere , e met teva volen t ier i mano al la
tasca . Mar tino chi udeva un occh io quando correvano
anche de i p i zzi co t t i , so ttomano , mentre la ragazza
Le ma rionette pa rla n ti 3 7
girava con tegnosa col p iattel lo fra l a fol la . Pa
z ienza ! il mestiere voleva così . Oggi qua,domani lon
tani del le migl ia . Dove t i r ivedranno po i gl i scioc
ch i che si lasc iano spi l lare i sold i per l a tua bel la
faccia ? In compenso si mangi ava e beveva al
legramente, e lu i andava a le t to ubbri aco , sinchè i l
d iavolo c i m ise l a
La Violan te si ubbriacava pure agl i appl aus i e a l le
esclamazion i salate del pubbl i co,sicché scorciava
sempre più i l so t tan ino,e r isch i ava d i rompers i l’osso
del col lo nel fare i l cap i tombolo . Per disgrazi a s’ac
corse nel lo s tesso tempo che b isognava slargare d i
giorno in giorno la c in tu ra,e che le dolevano le
reni nel fare le forze . Gia quei baffe tt i gliel’
avevano
det to a Mar ti no,che non l ’ avrebbe passa ta l i sc ia .
Sicché le r infacc iava che quando sarebbe divenu ta
grossa come i l tamburone,i l pubbl ico l i avrebbe
lasci at i in piazza tu t t’e due a grat tars i l a panci a.—Per
giunta poi aveva de i sospe t t i su d i un Ti zio che
correva d ie tro' al la Violan te,da un paese al l’ al tro
e tirava a far lo becco .
Ne,aveva avu t i tan t i la bel l a figliuola degl i spa
simanti che us to lavano d ie tro i l suo gonnel l ino cor to
mil i tar i,bei g iovan i
,S ignor i che avrebbero speso
38 D on Ca ndeloro e C ‘
tesori ! Nossignore ! Ecco che t i va a cascare in bocca
a quel d ispera to che por tava tu t ta la sua bot tega al
col lo,e gi rava anch’ esso per i l mondo a vendere
spi l l i e mercer ie di qua e d i la. Per un palmo d i
nas tro la bru t ta carogna s i era vendu ta ! Martino
h’ebbe la cer tezza quando gl i el o vide al col lo,e vide
pure i l merc iaiuolo che lo p igl i ava col le buone anche
lui,e gl i pagava da bere per tenerl o al legro .
Aspe t ta ! gh ignava fra sé e sé Martino al
zando il gomi to . Aspe tta , che vogl iamo r idere
meglio quando verrà i l momen to che d ico io !
Tol lero ancora un po’,per necessità ,
finché la
Violan te po té aiu tarl o a raccogl i ere sold i sul le p iazze,
odiandola i n tern amen te e dandole i n cuor suo tu t t i
i t i tol i che aveva imparato ne i trivii. Poi, un bel
giorno,accor tos i che i l merc iai o al lungava le mani
so t to l a tavola verso l a Viol an te,men tre des inavano
ins ieme come am ic i e fratel l i a l l ’ os teri a,fece una
scena i ndiavolata,t i rando fuor i i l co l tel lo
,minac
c iando gl i amic i che s i frapponevano a me t ter pace .Che pace ! Con quel la canagl ia Vogl io man
giargli i l cuore a tu t t i e due ! sbrai to raccogl iendo
i suo i cenc i,e tan t i salu t i al la compagnia !
I l povero merc ia io,che s i vide cadere sul le brac
4 0 D on Ca ndeloro e C !
Madre natura m ’
ha fat to così , r ipe teva dal
can to suo don Candeloro nel crocch io degl i amic i,che
si r innovano sempre in ognipaese e in ognicaffé nuovo ,i l cuore largo come i l mare ' e le br'
arfc 1a
Cogl i ann i e ra d iven ta to fi losofo . Aveva imparato
a conoscere i capri cc i del la sor te e l ’ ingrati tud ine
degl i uomini . Perc iò pigli ava i l tempo come ven iva ,e gl i am ic i dove l i trovava . Si con ten tava d i por tare
i l corno d i coral lo fra i c iondol i del l’ orologio,e un
ferro d i caval lo,del p iede s ini s t ro
,in ch ioda to sul le
ass i del la bara cca .
Era anda ta su e giu quel la baracca . Una vol ta ,quando i figl iuol i
,fat t i grandicel l i
,aiu tavano anch ’essi
col le forze’
e nel le pan tomime,le MARIONETTEPARLANTI
con tavano fra le p rime d i quan te ne fossero in g iro,
e s i s tava bene . Poi i ragazzi erano sgat taiola t i d i
qua e di là,i n cerca d i migl i or for tuna o d ie tro la
gonnel l a d i qual che donnacc ia del lo s tesso mes tie re,
e don Candeloro per ai u tars i e ra s ta to cos tre t to a ri
prender Mart ino che aveva incon tra to a Giarra tana
povero in canna,e rido t to a far quals ia s i cosa per
i l pane .
Sono nato senza fiele in corpo,come i col ombi
,
d isse a l lora don Candeloro . Le anime grand i
Le ma rionette pa rla n ti 4 1
si conoscono appun to al perdono del le offese . Se mi
prome tt i d i non tornar da capo,t i pigl io d i nuovo
in Compagni a , a quind ic i l i re i l mese , al loggi o e
vi t to compreso .
Sia pure , r ispose Mart ino che moriva d i
fame . LO fo per amor del la Violan te,che un giorno
o l’ al tro deve esser mia mogl ie e legi t t ima sposa .
Ma intendiamoci,voss ignoria , che non son più un
e se torna te a giocar d i mano o a farmi
pat ir la fame,c i guast iamo per l ’u l t ima vol ta
,com’è
vero Dio !
Si rappat tumarono anche col la Violan te,per i n
tromissione del babbo , i l quale però prescr i sse che
dormissero lontan i l’ uno dal l’ al tra,in omaggio al
buon costume,
finché fossero s tat i mar i to e mogl ie .
Messos i così l’an imo in pace , tornò agl i am ic i e al
l’
osteria , ora che a l res to badavano gl i a l tr i . Nondi
meno capi tava spesso d i dover sospendere le rappre
sentazioni per due se t t imane O t re a causa del la Vio .
lante,l a quale era cos tre t ta a tornare d i tan to in
tan to a ll’Ospizio d i Matern i tà . I l fidanzato al lora vo
42 D on Ca ndeloro e C‘ ‘
mi tava ogni sor ta d i impropern con tro d i le i , p i
gliandosela anche con la suocera , l a quale non sapeva
tenere gl i occh i aper t i come faceva lu i,pro tes tando
di non averc i col pa ; e don Candeloro met teva pace
e tornava a ripe tere che quel la s tori a doveva avere
un termine,e che li avrebbe mena ti per le orecch ie
dinanzi al s indaco tu t ti e due,e l’avrebbe fa t ta fin i ta.
Disgrazia tamen te i temp i non d icevano . Le mario
net te facevano pochi affari,e la Violan te pro tes tava
che se Mar tino non arr ivava a met ter su teatro
da sé,sinchè doveva por tar le i sola tu t ta la baracca
sul le spal le,non voleva me t ters i pure quel l’al tra ca
tena a l col lo,e prefer iva res tar z i te l l a come Sant’Or
sola . Lei invece sapeva ingegnars i col suo pubb l ico ,d i qua e di là
,e per mezzo del le benefic ia te e dei re
gal i r iusc iva a porre da par te qualche soldo . Don
Candeloro vedeva già i l momen to in cu i gl i avreb
bero dato i l calc i o del l’ asino , come aveva fat to lu i
con suo padre .
Così paga i l mondo ! Non tu t ti hanno i l c uore
a un modo !
Le ma rionette pa rla n ti 4 3
E ci aveva pure un’al tra spina nel cuore i l povero
vecchio,al vedere la condot ta che teneva la figliuola ,
e rodendosi i n ternamente con tro quel la bestia d i Ma r
tino che non si accorgeva d i nu l la . Acce t tava,é vero ,
per amor del la pace,le cortesie e gl i i nvi t i a cena
dei pro te ttor i che la figliuola sapeva trovare i n ogni
piazza ; si lasc iava me ttere in fondo al la tuba i l car
toccio coi dolc i 0 gl i avanzi del desinare per l a sua
vecchiarel la che aspet tava a casa ; ma stava a tavola
di mala vogl i a,senza al zare i l naso dal p iat to
,col
cuore grosso . E vedendo Martino che macinava a due
palmen ti,cuor con ten to
,quel l’al tro ! gl i dava fra sé
certo ti tol o che non aveva mai por tato,
Ah , no ! Non nacqu i so tto quel la s te l la , i o !
PAGGIO FERNANDO .
4 8 D on Ca ndeloro e C.z
di le t tan t i raccol t i i n torno al b i l iardo ne l Casino di
conversazione . Si udì prima un’osservazione t imida,
come un sospi ro ; posc ia il coro del le lagnanze : Per
ché é figliuolo del s indaco Perché torna dagl i s tudi
col so l ino al to tre d i ta
Che cosa Dicano,d icano pure l ibera
men te . Siam qui appos ta per fra
Si fece avan t i un giovano t to magro e barbu to,sot to
un gran cappel lacc io nero,e cominciò
Io Non d ico per l a d is tri buzione del le
parti Non me ne impor ta .… Ma quan to al la scel tadel la Mi pare che sarebbe ora d i fi
h i rl a coll a
Eh Che d ice ? Non l e p iace la P a rtita a sca cchi
del l’avvocato Giacosa Lavoro applaudi to i n tu t te
le p iazze
L’a l tro fece una spal la ta,e l’ accompagnò con un
r isol ino che diceva assai . Don Gaetanino , che pigl iava
le par t i del l’ avvocato Giacosa,come s i sen tisse già
sul le spal le la responsabi l i tà del la par te affida tagli ,
t i rava grosse boccate d i fumo dal virginia lungo un
palmo,col cuore al la gola .
Vediamo . Mi trovi d i megl io . Cerchi l ei , s ignor…
signor .
Paggio Ferna ndo 49
Il giovanot to s’
inchinò ; c avo fuori dal por tatoiun bigl iet to d i v is i ta, e lo presen tò con un al tro in
chino al s ignor O l in to .
Ah ! ah ! corri sponden te del la Frusta tea tra le e
dell’
Ape dei tea tri ? … Fel ic i ss imo ! Io non domando
d i megl io che conten tare l a l ibera s tampa e la pub
bl ica Ved iamo,d ica lei . Mi suggeris ca
,
signor… E tornò a leggere i l b igl ie t to d i V i5 1 ta .Barbe t ti
,per servi rla .
Signor Barbe t ti,dica lei Se c i ha sot to mano
qual che al tra cosa che s i adat t i megl io al gus to d i
ques to col to Qualche l avoro d i
Barbet t i s i faceva pregare,mas ticando del le s cuse
,
fingendo di r ibel lars i al l ’amico Mer tola , i l quale mo—‘ riva dal la vogl ia d i trad i re i l segre to del l’amico Bar
betti . Infine Mer tola non seppe p iù frenarsi,e alzò l a
voce , scos tandos i dal l’amico , add i tandolo al pubbl i co
per quel grand ’uomo che egl i era.I l lavoro di polso c ’é… la sua Vittoria
Colonna Gli è cos tata due ann i d i l avoro
Ah ! ah ! fece i l capocomico . Ah ! ah ! e
me lo teneva nascos to, le i ! Non sa ch’i o sono ghio t to
d i simil i p rimizie ?VERGA . D on Candeloro e C i
50 D on Ca ndeloro e C !
Barbett i s’arrese i nfine , e ti rò fuor i dal soprabi tino
un ro tolo legato con un nas tro verde .
Adesso ? r i spose i l s ignor O l i n to . Su due
piedi ? Che mi canzona,caro Un lavoro d i polso
come i l B isogna bisogna
In tan to dò
Col la sch iena appoggiata al la sponda del b i l i ardo
e i l men to nel bavero d i pel l i cc ia , andava sfogl iando
le pagine,aggro t ta to , e borbo t tava
Bene,
Effe t to Bei pensier i !
S ti le In ques ta par te la mia
Non le d ico al tro
Con permesso ! con pe rmesso ! in terruppe i l
cameriere de l Casino , spi ngendosi avan t i a gomi tate . ‘
Ecco qu i don Angel ino e i l n o taro Lel lo . Devo
preparare i l b i l i ardo per la sol i ta par t i t a .I l capocomi co si c acc iò l a mazza so t to l’ascel la
,e
raccat to gl i scar tafacc i e i te legrammi spars i sul panno
verde .
Va bene , va b ene . Ne riparleremo . In tan to bisogna far g i rare la pian ta .
Fu i l p iù d iffic i le . I g iuocatori d i tressett1 rispon
devano p icche,e bron tolavano con tro que l fores t i er e
che por tava la ie t tatura . Seduta s tan t e s i dove t tero
Paggio Ferna ndo 5
ribassare i prezzi . Ma l ’ avvocato Longo,sen tendo
che c’era per aria un dramma del l’avvocato Barbe t ti,
repubbl icano e suo avversar io nel Consigl i o,una
gherminel la per togl iere l a par te d i Paggio Fernando
al suo figliuolo , dich i arò che non dava i l teatro per
rappresen tazioni immoral i e sovvers ive . I l s ignor
O l in to , che andava mostrand o la pian ta de l tea tro
col cappel lo in mano,gl i d i s se
Ma che !Lei ci c rede al la Vittoria Colonna Una
porcheria ! Servi rà per accendere l a pipa . Lasci farea me che so Me ne tr ovo tra i p ied i una ogn i
piazza,del le
Bene,faccia le i . Ma a buon con to sa che al sin
daco spet ta un pal co,e un al tro al l a Commiss ione
tea trale,senza con tare i l tan to per cen to sull
’introito
lordo a beneficio dell’Asilo Infan t i le .
Le trat tat ive durarono o t to giorn i . I l s ignor O l i n to
si scappel lava con tu t to i l paese,per rabbonire l a
gente,e la signorina Rosmunda aiu tava dal balcone ,
cive ttando,ves ti ta di se ta
,con un l ibro in mano , men
tre la mamma badava al la cuc ina . Don Gae tan ino
Longo,oramai sicuro del fa t to suo , aveva confidato
al l’am ico Renna
Quella me la pas teggio i o !
52 D on Ca ndeloro e C*
E passava e ripassava sot to i l balcone,succh iando
i l vi rgin ia,a capo ch ino
,rosso come un pomodoro
,
lanciando poi da lon tano occh ia te incend iari e.
I l signor O l in to , che l’
incontrava spesso,gl i d isse
infine
Vogl io presen tar t i a l l a m ia signora. Così t i affia tera i pure con Jolanda .
I l tu g l ie lo aveva scocca to a bruciapelo,
fin dal p rimo
giorno . Ma quel tra t to d’am ic iz ia commosse davvero
don Gaetan ino . Trovarono la s ignorina Rosmunda
che s tava leggendo accan to al l ume posa to su d i uncassone, col la fron te nel la mano , l a bel la mano de l i
ca ta e b ianca che sembrava d iafana . Aveva i capel l i
neriss imi raccol t i e fermati in c ima al cap o da un
pe t t ine d i tar taruga,un casacch i no bianco e un cer
chiet to d ’argen to , dal quale pendeva una medagl ina,al polso . Da prima alzò i l capo arrossendo e fece un
bell’
inchino al figliuo lo del s indaco . Gli occh ion i scu ri
e m is ter ios i so t to le fol te sopraccigl i a lasciarono fi lare
uno sguardo l ungo che gl i cavo l ’anima , a l u i ! Ma in
quel la comparve la mamma infagot tata i n una vecch ia
pel l i cc ia co ll’
aria mala t icc ia , un fuoco d ’ar tifici o d i
ri cc iol i…manella ti sul la fron te , e le mani , nere d i ca r
bone,nei mezzi guan t i .
Paggio Ferna ndo 53
Da ar tis ti,al la buona
,senza cerimon ie d isse
il signor O l i n to . E cominc iò a parlare dei suoi tr ionfi
e del le famo se cande le che gl i dovevano tan t i au tor i
che ade ss o andavano tronfi e pe t toru ti ; e del le b i r
bonate che aveva sal va to da un fiasco s icuro,e pas
savano ora per capolavori .
Anche quel la Vittoria Colonna,vedi
,s e m i c i
me t tess i !
Don Gae t anino assen ti va col vi so e con tu t ta l a
persona . Ma in tan to guardava d i so t tecch i la figliuola ,che aveva i l v iso lungo e i l naso del babbo
,ingen ti l i t i
da un pa l lore del ica to,da una t rasparenza d i carna
gione che sembrava vel lu ta ta,da l la polvere d i c ipria
abbondan te,e da una pe lur ia freschi ssima che agl i
angol i del la bocca met teva l’ombra d i due baffe t ti
provocant i . Essa d i tra t to i n tra tto gl i sae t tava ad
dosso di quel le occh ia te l um inose che lo i rrad i avano
internamente .Ah ! anche i l s ignore si occupa
Sì . Non hai i n teso ? Lui è Paggio
Essa al lora gl i p ian tò addosso gl i occh i e non l i
mosse p iù,perché egl i vedesse ch’erano propri o bel l i .
I l babbo colse gius to quel momen to pe r passare in
cucina ; e don Gaetan ino , sen tendo d i dover spifi‘
e
54 D on Ca ndeloro e C.$
rare qualche cosa,balbe tto col cuore che bat tevai
for te
Signorina !… son
Oh ! Che d ice P iu t tos to
I l b icch iere del l’ am ic i z ia ! i n terruppe i l si
gnor O l i n to tornando con una bot t igl i a in mano e gl i
occh i g ià accesi . Da art is ti,al la buona . Scuserai…
Non abbiamo m ica i l buon vino che beve te voi al tr i
p roprie tar i del
La ragazza non vol le bere . I l giovane t to per
cor tes ia,bagnò appena le labbra in quel l
’ ace to,di
cendo le
Alla sua salu te !
Essa alzò gli occh i su d i lui,e lo ri ngraziò con
quel la sol a occh iata .
Divino Squisi to ! sen tenziò don Gaetan ino,
che non sapeva p iù quel che si d icesse . Vi man
dero domani un po’ d i que l vecch io… Questo qu i è
Non c’è che Ma
La mamma voleva pro tes tare . I l mari to le chiuse
la parola in bocca °
Per qualche bot ti g li a d i Non é un gran
male . Non é un regalo d i va lore . Fr a pel
bicch iere del l’amic i zia . G ia verrai a berlo anche
56 Don Ca ndeloro e C ’v
Alla les ta ! Non perdere i l tempo a fi lare i l sen ti
men to . Già è donna d i teatro ; non t i d ico al tro !
Fi lare i l sen timen to ? borbo t to Gae
tanino,quas i repu tandos i offeso . Vedra i
Ma i l s ignor O l in to era l ì ogni sera,a fumare la ,
pipa e cen tel l inare i l v ino del l’ amic iz ia. Quando lu i
usc iva a prender ari a p oi,l a mamma
,che s tava ap
pisolata in un can tuccio,co l lo scald ino so t to le so t
tane,apriva un occh io . Fi lavano le occhiate
,del re
s to,che era uno s truggimen to, e le pedate so t to la
tavola,e i l fuoco e l’accen to d i cer te frasi
,al le prove
Io t i guardo negli o cchi che son tanto bell i !
Così ! escl amava i l capocomico , p icch iando
del l a mazza per terra . Faremo sal tare in ari a i l
te a troIn tan to que l b i ic cone d i Barbe tt i me t teva dei ba
ston i nel le ruo te. Erano giun te due cop ie del la Fru
sta tea tra le con un ar tico lacc i o che d iceva i ra d i D io
del la camorra le t terari a ed ar tis t i ca,e fecero i l gi ro
del paese,La pian ta del teatro r imaneva mezzo vuota .
Don Gaetanino , per onore d i firma,dove t te prendere
un palco ad insapu ta del geni tore . C ’erano pure del le
Paggio Ferna ndo 7
al tre nubi in quel cie lo azzurro . I l v ino vecch io
scorreva com ’ ol io ; e l’ amico O l i n to qualche vol ta
,
conducendolo a bracce t to per le s trade remote , gl i
faceva del le confidenze
Sono sul le Spese… O t to giorn i i noperoso sul la
La reci ta non Don Gae tani no do
ve t te carpi re le ch i av i del magazzino e vendere del
grano d i nascos to .
In tan to i l capocomico , per rabboni re i l corr ispon
dente del la Frusta tea tra le e dell’Ape dei tea tri, aveva
t irato in casa pur lui a s tudiare Vittoria Colonna ,
insieme al la sua signora e al la ragazza. Quando don
Gaetanino trovò anche Barbe t t i i ns tal la to accan to a l la
Rosmunda, col c ap pella cmo in tes ta e il bicch iere in
mano,fece tanto d i muso , e andò a sedere in d i
spar te .
Lei mi deve fare en trare Vi t tori a a l la terza scen a
stava dicendo i l capocomico . C’
é più i n teress e
e movimen to . Un val le t to sol leva latenda , giusto a l
l’ul tima ba t tu ta mia sul la tu a corona superba,il
mio p iede sovrano d i e compar isce lei,
bel la, maes tosa,E così d icendo add i to l a sua s ignora . Cos te i al
richiamo spalanco gl i occh i d i bot to,e si r i zzo su l la
58 Don Ca ndeloro e C.i
vi ta,col v iso d i tre quar t i , e un sorr i so sospeso al
l ’angolo del la bocca . Rosmunda finse d i dover andare
d i là,e passando v ic ino a don Gae tanino disse p i ano :Che seccatore
No l r iba tte Barbe t t i solennemen te . Non
mu to neppure una v i rgola Mi fare i tagl iare la mano
piu ttos to
Ah ! Bene ! bene ! Ques to s i chi ama aver coscienza ar t is t ica ! Non come tan t i a l tr i che magari viaggiungono o tagl i ano degl i a t t i i n t ieri… quas i fosse
un gi uoco d i bussolo t t i !… Mi pareva pel
movimen to per l ’in teresse… per la pratica
che c i ho !… Ma già , l e i è i l migl io r gi ud ice . Al la sua
salu te !
Don Gae tani no vedeva nel l ’al tra s tan za lampeggiare al bu io gl i occh i del l a Rosmunda
,l a quale si vol
tava a guardar lo d i tan to in tan to . Poi essa r i tornò
con un l avoro al l’uncine t to e gl i si mise al lato .
Che hai,Paggio Fernando gl i ch iese so t
tovoce, con una musica del i z iosa nel l a voce,e i begl i
o cch i chin i sul l avoro .
Al lora senza curars i d i Barbe t t i,senza curars i d i
nessuno,egl i le disse i l suo segre to
,col v i so acceso
,
col le parole calde che le balbe ttava al l’orecch io come
P aggz'
o Ferna ndo 59
a carezza . Essa chinavasi sempre più su l lavoro,
asi v in ta,scoprendo la nuca bianca . Posci a si sol
levò con un sospi ro lungo d i cu i non si udì i l suono,
appoggiando le spal le al la seggiola col le man i ab
bandona te sul grembo , l a tes ta al! ind ie tro , i l v iso
pal l ido , la bocca semiaper ta , gl i occh i languid i d i
dolcezza che si fissavano su d i l u i .
Ma quel lo sfacc ia to d i Barbet ti non se ne dava per
inteso . Sembrava anzi che s i pigl iasse da sé l a sua
par te d i confidenza e d ’ in t im i tà i n casa de i com ici .
Era lì ogni sera , s tuzz icando la ragazza a fare i l
chiasso,bevendo i l v ino d i don Gae tan ino
,giuocando
a briscola col s ignor O l in to , sparl ando d i ques to e
d i quel lo . Da ar tis t i ! Una vi ta qu ie ta e tranqu i l la,
.che si sarebbe dimen ticato volen t ier i d i cercar le
piazze e le scri t tu re,in quel l’angol o del mondo !
diceva i l capocomico . Quando non c’era l ’amico Bar
betti,faceva dei solitari, o si eserc i tava in cer t i gino
chi di mano coi qual i aveva messo sossoma dei teatr i .
Don Gaetanino , purché l o l asciassero qu ie to nel suo
uccio,por tava nel le tasche del cappo t to sa lsic
e al tr i sal umi , che piacevano tan to al l a mamma ,simo quando poteva s tarsene msmme al l a Ro
l le mani i n trecc ia te , guardandos i negl i oc
6 0 D on Candeloro e C.i
ch i,spas imando d i des iderio
,e volgendo le spal!
agl i a l tri .
Eh ? a che pun to siamo ? ch iedeva i l Ren
d i tan to in tan to . Don Gaetan in o r ispondeva con
sorriso che voleva sembrar d iscreto .
Ma c’
è sempre Barbe t t i ?
Ci vado d i confessò finalmente G
tanino facendosi rosso dal la finestra !
Tutto i l paese sapeva ch ’ egl i era l’ aman te del
prima donna e papà Longo seques trò le ch ia
del la dispensa,vedendo d iradare i sals icc io t t i
a l solaio,e avendo anche de i sospet t i quan to al
e a l V ino vecchio…Fu un affare seri o,poiché l’or
d ’argen to messo in pegno non durò neanche quar
to t t’
ore. Per gi un ta i l povero don Gaetanino era
10 50 d i quel la bes tia d i Barbet ti , i l quale col la
smunda si pigl iava t roppa l i ber tà , senza educazi
subi to in confidenza , con quel le manacce sudic ie semp
per aria,e le barzel le t te sala te che facevano ride
l a ragazza . Due o tre vol te , giungendo prima dell’or
sol i ta , l i aveva trovati a tavola tu t t i quan ti , mangiand
e bevendo al la sua barba. Vero è che Rosmunda s i
alzata subi to , con un pre tes to,ed e ra venu ta a d i
in un can tucc io
Paggio Fernando 6
Quel secca tore !… L’ho sempre fra i p iedi !
Le prove ti ravano in l ungo , come la vend i ta de i
t t i per la sera ta . I l s ignor O l in to passava le
te dal barb iere , al caffé , nel le spez ier ie , dando
la sera una capat ina nel Casino d i conversa
e,cavando fuor i ogni momento l a p ian ta
,fer
do la gente per le s trade col cappel lo in mano .
Aveva pure radunata una Commiss ione,senza co
pol i t i co per proteggere la sera ta , i l pres iden te
ocietà opera ia insieme al vi ce pre tore,i qual i
avevano a cce t ta to sol tan to per goders i la P artita a
scacchi gratis . A Barbet t i poi d iceva , con una s triz
za tina d’
occhi che doveva chetarlO °
Abb i paz ienza ! Prima bisogna adescare i l pub
bli co con quel la roba lì ! Più tard i se abboc
hano… fuoco al la grossa ar tigl ier ia ! E d iamo mano
al l’ar te sul ser io !
Perc iò ogni mat tina al le I O,tu t t i in tea tro per le
ve : lu i ges t icolando col la canna d’
India i n mano
redicando dentro i l bavero d i pelo ; l a sua s i
come una marmo tta , col l a sci arpa di l ana
no al capo ; Rosmunda col nasino rosso sul ma
to d i pel le d i gat to,e la vele t ta imperl a ta dal
62 D on Ca ndeloro e C t
La ! Fatemi suonare que i vers i !
Oh ! Ma non sa i, Jo landa , che ho giuoca to la v ita ?
Flou ! Hon ! flon ! La gamba un po’ più avan
La mano sul pet to ! Viva quel l a mano , perd io !
palp i t i e frema ! Tu sei innamorato del la mia r
gazza……
I l fat to è che a d i rgl ie lo in vers i d inanzi a tan
gente,don Gaetan ino d iven tava un minchione . C’
rano pure gli al tri d i le t tan t i , in posi zi one,ad aspe
ta re l a loro bat tu ta col la bocca mezzo aper ta ,i l cappel lacc io d i Barbet ti che andava svolazzando
al bu io per la pla tea , come un uccello d i malau
gurio
Jolanda al con trari o , padrona d i sé e del palco
scenico,si muoveva come una regina
,agi tav a d ram
ma ticamente i l manicot to , s i p ian tava sull’
anca ,col
seno palpi tan te,i l torso audace , gl i occhi s tralunati
sot to la vele t ta
Tu giungesti, Fernando , t u che sei forte e bello ,
E una vo ce nell’
anima mi grid ò tosto : È quello
Perdio ! Porca for tuna ! i l babbo p icch i ava
64 Don Ca ndelo…e C !
momen to d inanzi al l o specch io per dars i un po
c ipria,O per accomodars i megl io la parrucca b ion
Appena i tre v iol i n i del la F i larmonica a t ta ccar
i l valzer d i Ma dama Angot, essa s tessa s i bu t tò sin
ghiozzando nel le bracci a d i Paggio Fernando , i l quale
aspe t tava d ietro una qu in ta,i rrigid i to
,e lo bac iò
sul la bocca,l ievemen te
,tenendolo d i scosto per non
sciupare il be l le t to .
Che hai,Rosmunda
O ra andremo fra qualche giorno Non
Cl vedremo più !
Comparve al l’improvviso i l babbo,come uno spet
tro,infari nato
,b ianco d i pelo
,col le calze b ianche
del la mogl ie t i ra te sul le polpe,e due dida te nere
so t to gl i occh i : Ragazzi ! a t ten t i ! Fuori d i scena !
Andò a ro t ta d i col lo la P a rtita a Sca cchi. Sia
che c i fosse i l par t i to con trari o sia che Paggio Fer
nando,c on que i s t ivalon i e quel l a penna d i s truzzo
d inanzi agl i occh i,perdesse la tramon tana. Incespicò ,
s’
impaperò , ba tté i p ied i in ter ra , tornò da capo
insomma un prec ip i z io . L’am ico O l i n to , bes temm iando
nel barbone d i bambagia,gli faceva degl i occh iacc i
te rr ib i l i . Jolanda fu l ì l ì p er isvenire. Barbe t t i e tre
o quat tro amici‘
suo i dal cappel l acc i o repubbl i cano,
Paggio Fernando 65
in pied i addi ri t tura fischia vano come locomotive . La
mamma d i don Gaetanino e tu t to i l paren tado se ne
andarono prima che cal asse la tela . I l S indaco , furi
bondo,voleva fare arres tare tu tt i quan t i .
Ma fu peggio i l gio rno dopo,quando i l povero
innamorato , di sera , p igl iando le s t rade fuori mano ,andò a trovare la Rosmunda
,con tan to d i muso e bi
sbetica , che gl i fece appena l a cari tà d i un’occh ia ta
e d i una parola . Meno male l ’amico O l in to , che non
ne parlava più e badava sol tan to a fare i con t i de l lo
spesato,e con Barbe t t i
,i l quale p romet teva mari
e mon ti,e aveva d i nuovo in tavola to i l d iscorso del la
Vittoria .
Se avess i dato re t ta a Quel la è roba che
fa ridere Non parlo per
Più d i una vol ta,in quel la sera d isgraz iata
,don
Gaetanino accarezzò l’idea del su ic id io . G irovagò sin
tard i per le s trade bu ie come l’i nferno . Andò a ch i
nars i sul parapet to del Belvedere,scivol ando su i
mucch i d i s terro,col la mor te nel l ’an ima . Da per tu t to
,
nel la val lata scura e s inis t ra,nel c ie lo nuvoloso
,sugli
usc i neri , vedeva i l v iso d i le i rigido e chi uso ;la vedeva ancora col la parrucca bionda e i l bac io
sulle l abbra d i carminio . Non ch iuse occh i o tu t ta laVERGA . D on Ca ndeloro e C.
‘ 5
66 D on Ca ndeloro e C t
not te,tormen ta to da quel la vi s i one implacabi le
,colle
s tesse paro le d i Paggio Fernando che gl i mar tel la
vano le tempie, r id icole , simi l i agl i sghignazzament i
del la platea , che gl i facevano cacc iare i l capo dispe
ra tamente fra i guanc ial i .
Poi,come tu tto passa
,anche Rosmunda si c a lmò ; i l
padre s tesso d i le i venne a cercarlo sin nel la strada .
Ri cominc iarono a far girare la p ian ta,e a parlare
di u n’
a ltra reci ta con un l avoro originale d i penna
paesana . ”I l capocomico e Barbe t t i tornarono a passar la
sera d iscorrendo di Vittoria Colonna , egl i e Rosmunda
parlando d i tu tt’al tro,a quat tr’occhi
,in un can tuccio
,
tenendos i le mani , benedicendo a quel l a Vittoria che
tra t teneva ancora in paese papà O l in to e la sua ra
gazza . Ma la gen te non voleva più saperne di met tere
mano alla tasca per s imi l i sc iocchezze . I l teatro r ima
neva quas i vuo to . Barbett i segui tava a pigl iarsela co lla
camorra,e don Gaetanino era i ndebi ta to s ino agl i oc
ch i . Infine suo padre,vedendo che quel la musi ca non
cessava,ed egl i r isch iava davvero di perdere il fi
gliuolo che già gl i si ri be l lava contro , tan to era in
mamorato , prese un par ti to eroi co : salasso i l b i lanc io
comunale d i un centinaio d i l i re , raccolse un al tro
Paggio Ferna ndo 67
gruzzole t to per con tribuz ione , e mandò i denar i a i
cornic i per le spese del viagg io .
Che agoni a l’ ul tima sera ! Che sch ian to men tre
Rosmunda preparava i baul i co l le mani t reman t i , e
la mamma faceva friggere in cuc i na un po’ d i pesce
per la cena d’addio !Don Gae tanino seguì l a Rosmunda
anche Il , dinanz i al la mamma che vol tava le spal le, te
nendola per mano , appoggiat i al muro tu t t i e due , l a
ragazza s ingh iozzando for te come una bambi na,ne i
brevi is tan ti che la mamma discre tamente l i lasc iava
sol i .per Non c i vedremo
Sempre così sempre cosi '
Ora gl i parlava a cuore aperto lamen tandos i a
voce al ta,a risch io d ’essere ud i ta da l Barbet t i . Che
gliene impor tava ? Non si sarebbero vis t i mai p i ù !Così era s tato sempre , tu t ta la sua vi ta , da un paese
al l’ al tro,ogni due o tre se t t imane uno s trappo al
cuo re,appena i l cuore si a t taccava a
Ti ho volu to bene , sa i ! Tan to bene ! tan to !
E lo guardava fisso,accennando anche col capo
,
cogl i occh i pien i d i lagrime .
L’amico O l i nto , baci ando lo sul le due guancie, coi baffi
ancora umid i d i salsa,gli d isse al l’ul t imo momen to
68 Don Ca ndeloro e C z
Arrivederc i , Paggio Fernando ! Le mon tagne
sole non si muovono . Chissà !… Rammen tat i l ’amico
O l i n to, in gi ro pel mondo , e v iva l’al l egri a !
Don Gaetanino Longo rimase Paggio Fernando : nel
paese , a ll’
Università , p iù tard i , quando vinse i l con
corso d i notaio,cons igl i ere comunale , marita to , padre
d i famigl ia : Paggio Fernando ! E la mogl i e, per giun ta,gelosa come una tigre per quel soprannome che gl i
faceva sospet tare non so che i nfedel tà .
Dopo un gran pezzo , a Roma , dove aveva aecom
pagna toi l S indaco per cer to affare del mummp 10 ,
r iv ide in tea tro la Rosmunda , acclamata , fes teggia ta ,tu t t i gl i occh i su d i le i , tu t te le mani che l’applau
d ivano . Provo un tuffo nel cuore , soffiandosi i l naso
come una t rombet ta , co i lucc ioni d i tan ti ann i ad
d ietro che gl i tornavano agl i occhi . Ma Renna,se
gre tar i o comunale,ch’era con l u i nel lo s tesso palco
,
se l a r ideva invece nel l a barba grigi a ; e Sever ino ,
i l suo ragazzo , d i già a l to così , i fece capi re quan
t’era sci occo .
Guarda, papà che p iange ! Se è tu t ta una finz ione !…
I ragazz i al giorno d’oggi hanno p iù giud iz i o de i
vecch i .
LA SERATA DELLA DIVA .
7 2 Don Ca ndeloro e C °
pu ta i n casa propria , Barbe t t i e i banchie re Macera ta
in c ravat ta bianca come dei pri nci pi ; i sol i t i ami c i d i
tu t te le prime donne che passano pel palcoscen ico del
l’
Apollo . C’erano anche del le facce nuove , che se ne
s tavano t imidamen te in seconda fi l a : un giovano t to
pal l ido e dagl i occh i sfavi l l an ti che tar tagl iava,una
s ignora in voce d i poe tessa , la quale ec lissavasi con
affe t taz ione d ie tro agl i al tri ; e un po ’i n d ispar te i l Re
di cuori, come lo chiamavano , i l pa tito del la signora
Celes te,un bel giovane tac i tu rno che assumeva un’aria
mis teri osa . Barbet t i scriveva già le impress ion i del la
sera ta sul gi nocchio , posando lo scarp ino i nvernic ia to
sul la sponda del canapé , elegan tiss imo e insolen te
quand’era in c ravat ta b ianca , mugolando fra le labbra :Ah
,Celes te mia ! Celes te volu ttà !
Lon tano,a l d i l à del la scena bu ia e d i un caos
d’
a t trezz i, con tinuava ancora l’applauso
,co l c repi tio
di un fuoco d ’
a rtifizio . Del le bal leri ne disc in te s i af
facc iavano al le r ingh iere de i cameri n i sopras tan ti.
l l bu t tafuori , in maniche d i camicia , accorreva scal
manato . Le s tesse voc i plauden t i ri pigl iarono
Senti te ! sen t i te Vi vogl iono Liavete propr i o e le t tr i zzati !
La d iva , nel l’orgogl io del t ri onfo, fec e un a t to su
La sera ta della diva 7 3
blime d i d isdegno , lasc iandosi cadere quasi sfin i ta
su l canapé,accan to al ginocch io del c ronis ta
,e col la
coda del l’occh io segu iva i l lap is d’oro d i l ui,mentre
rispondeva col sol i to sorr iso s tracco a i compl iment i
che le p iovevano da ogni par te . L’
impresario venne
in persona a supp licarla d i accondiscendere al de
siderio del pubbl i co arrufi‘
a to, gongolan te, co l sor
r iso cupido che voleva sembrar benevolo .
Cara s ignora abbia te un
momen tino Bu ttano sossopra i l teatro,se
La trion fatr ice,a cu i gl i occh i sfavi l lavano d i de
siderio , ebbe però i l coraggio d i r ipe tere i l magna
nimo rifiu to,stringendos i ne l le spal le , questa vol ta
in barba al l ’uomo che teneva l a casse t ta . Ma i l gior
nalista paternamente le tol se la pel l icc i a d i dosso ,senza di r nu l la , e l a sp inse verso la r i bal ta in un
certo modo che significava
Via,via
,figliuola , non facc iamo sc iocchezze .
L’
applauso , quasi soffocato s i no allo ra , r i nforzò a
un trat to col lo scrosciare impetuoso d i una gran
dina ta . Del le acclamazioni ad al ta voce irruppero qua
e la. E a misura che l’en tus iasmo s’
ecc itava, propa
gandosi dal l’uno al l’al tro
,dei visi accesi
,del le man i
inguan tate,dei pe t t i d i camic ia cand id i ssim i sembra
7 4 D on Ca ndeloro e C.’3
vano s taccars i confusamen te dal la fol la,e avanzarsi
verso l ’a t tri ce . Pi ù v ic ino,d inanzi a lei , dei profes
sori d ’ orches tra s i erano leva ti in p ied i,plauden t i
,
e si no in fondo al la vas ta sala,l ungo la fi la dei palchi
gremi t i d i spe ttatori,nel b ru l i chio immenso del la
fol la variopin ta,s i sen tiva c orrere
,quasi un fremi to
d’
entusiasmo,l’
ecc itamento del le note d ’
Aida ancoravibrant i nel l ’ari a e de i sen i ignud i che s i gonfi avano
mollemen te,tut ta la vaga sensual i tà diffusa per la
sala,che rivo lgeva si verso l
’ at tri ce e l’avviluppava
come una carezza del pubbl ico in tero col le man i !
che s i s tendevano verso d i l e i per applaudirla
col le grida che i nneggiavano al suo nome col l uc
c ichìo dei cannocch ial i che cercavano i l s uo sorr iso
ancora i nebbri a to,i l sogno d ’amore ch ’era ancora nei
suoi occh i,l ’ i nsena tura del i ca ta del suo pe t to e la
curva elegan te del la magl i a che balenava tra t to tra t to
fra le p ieghe del la tun ica d’Aida , t rasparen te e semia .
per ta,quas1 cedendo già al l ’i nv i to del le braema tese
verso d i lei,mentre essa inchina vasi dolcemen te , col
sorr iso tu ttora avido,volgendo sguard i l ungh i e mol l i
che cercavano l ’amore del la fol la .
Prop rio così ! s tava di cendo i l giornal is ta
che aveva fre tta d i andarsene a cena S tasera
La sera ta della cima 01
non ce n’
è più per noial tri . Siamo in t ropp i , amic i
miei ! Vi Dopo aver dato i l cuore a duemi la
e in musica per
E Barbe t ti stonacchiò so t to i l naso del Re di cuori
Mori r d’amor per te per teee !.
I l principe sorri se l i evemen te , s tendendosi su l d i
vano . Macerata, men tre l a d iva rien trava nel came
rino,riba tté con mol to sp i ri to
Va bene . Vuol d i re che noi rapp resen t iamo l’en
tusiasmo l a depu tazione dei d imos tran ti
venu ta a prendere l’a ccola de!… E l a vogl i amo,per
bacco !
Così dicendo fece mos tra d i apri rle le bracc i a con
fidenzialmente. Ella vi mise sol tan to la pel l i cc ia,se
dendo accan to al principe, i l quale le bac iò la mano .
Un successone !… un vero tri onfo ! r ipeteva
intanto i l coro .
Ma essa non dava re tta . Sembrava assor ta, un
po’ stordi ta dell’applauso , e i n terrogava solo B arbe t t i
con uno sguardo ins is ten te .
Questi chinò i l capo affermando,senza d i re una
parola.
Ci pensere te vo i al tel egrafo ? d iss’e l l a un
momento dopo.
76 D on Ca ndeloro e C.‘
Barbet t i es i tò .
Va bene,c i penserò c’è
Una dozzina d i persone pigiavansi ne l camerino .
E del le al tre tes te si ammon ticch iavano a ll’uscio,degl i
al tri v isi ta tor i sopraggiungevano : i l d i re t tore d’or
chestra che ven iva a congra tulars i del legi t t imo
successo un compos i tore famoso per cercare dei
compl imen t i da per tu t to,col pre tes to d i farne agl i
al t r i
Ah , signora Celes te , non c i s ie te che VO I ! il
vos tro metodo la vos tra l ’ar te vos tra
Per c inque minu t i s i parl ò anche d’ar te e d i mu
s ica . I l giovane t to tar tagl ione,s trozza to dal l’ emo
zione , ba lbet tò qualche frase sconnessa , facendos i
rosso , d i una fiamma sincera d ’entusiasmo che a vvi
vava le sue guance e i suo i occh i giovan i l i,e faceva
sorridere la commed ian te . La poe tessa s i fece avant i
al la fine, bisbigl i ando a mezza voce
Mi a Non ho sapu to Qual i
sensazion i del i z iose !
I l princi pe si era alza to per cederle i l pos to ; ma
essa preferiva drappeggiars i ne l suo mantel lo,per
reci tare con voce d imessa un madrigal e pomposo .
Barbe tt i che s i e ra messo a sedere su l bracciolo
L a sera ta della deva 7 7
del canapé e la guardava insolen temen te , s i ch i nò
po i al l’orecch io del la s ignora Celes te , d icendo le
Ah,figliuola mia , se m’ i nnamora te anche le
donne,L’at trice r iceveva tu tti quegl i omaggi negl igente
mente seduta sul canapé,come in trono
,sorr idendo
a mala pena d i tan to i n tan to,in ar i a d is t ra t ta
,quasi
tendesse ancora l ’orecch io al rumore degl i applausi ,quasi cercando ancora i l suo pubb l i co de l i ran te col
l’occh io assor to che fissavasi i ncer to su ch i parl ava .
E tornava a sorridere i ncon trando gl i occh i sfavi l lan t i
del giovine t to ingenuo che la divoravano . Fragranze
rare e del i cate emanavano dai fiori ammucch ia t i da
per tu t to,sulla po l t rona
,sul le seggiole
,su l tavol i ne t to
che reggeva lo specch io,fra le qu in te : dei mazz i
enormi,dei monogrammi i nquadrat i su de i caval le t ti ,
del le giard in iere che imped ivano i l passo e che nes
suno guardava ; un profumo del i z ioso d i vari odori che
andava al la tes ta e i nebbriava al par i del la mus ica, al
pari del l’amore d ’
Aida al par i dell e paro le sonan ti
accompagnate dal r i tmo armonioso,al p ar i degl i ap
plaus i del l a platea , dei tan t i v is i acces i per l e i , dei
tan t i cuor i che essa aveva fat to palp i tare,d i tante
fan tasie e tan t i vagh i desider i i che essa aveva de
78 Don Candeloro e C.i
s ta to e che erano venu t i a deporsi ai suo i p iedi , col l’a
dulazione ingenua e arden te de l col legiale che aveva
osa to mandarle la sua dich iaraz ione d’amore per l a
pos ta,col francobo l lo da c inque centesimi z
' Sta
not te v i ho Mi pareva d i essere so t to un
bell’
a lbero,in un ameno e un usignuolo
can tava co l la vos tra oppure col la l u singa
che era nel l’ ar ti co lo del gio rnale e ne i vers i ded i
cati a lei : Celes te scende degl i umani al
Per descr ivere le impress ion i veramen te cele
stia li desta te dal can to del la grande ar ti s ta signora
Le parole e le fras i che l’avevano in
neggia ta i n tan t i modi Sl r ipe tevano in que l momento
vagamen te den tro d i lei,quasi un’al tra armonia in
teriore, tu t te quan te , le p iù insu lse come le più ar
tificiose ; l e facevano gonfiare i l cuore egualmen te del
r icordo d i tu t t i i suoi ammi ra tor i da ll’
ado lescente
imberbe che rizzavasi i n pied i affasc ina to,d ie tro le
spal le del la mamma , nel palchet to d i proscenio , al
giornal i s ta che sme tteva i l sorri so canzonatorio quan
do le parl ava al di plomat ico che d isertava i l
Ci rcolo per le i e le offriva le ul t ime fiamme avan
zate dal le emozioni del giuoco e del la gran vita al
l’
opera io che le gridava bru talmen te i l suo en tusiasmo
80 D on Ca ndeloro e C
ven t i d el la terra , o i l suo r i tra t to , sparso anch ’es
ai quat tro ven t i del l a terra,tornava a cadere lo
so t t’occh io . L’
avevano tu t ti,i l suo r i tratto
,nel g
nale i l l us tra to,nel la ve tr ina del l’ed i tore
,su l le ca
tonate del la v ia ; i fo tografi lo t i ravano a cen tinai a
dozzine,ed essa se l o lasc iava d ie tro , i n ogn i c i ttà.
a dozzine in tere,per tu t t i quan ti
,come dava a tu tti
quan t i i tesor i del suo can to,l e emoz ion i del la sua
anima,i segre t i del la sua bel lezza . Perché accordare
del le preferenze quando aveva bisogno dell’ammira
z ione d i tu t t i ? Perché impors i cer t i r i serbi,vincolare
i l suo cuore 0 i l suo capri cc io , se doveva mu ta
amici e paese a ogni mu tar d i s tagione,se ness o
le sarebbe s tato gra to del l a cos tan za,se l a sua digni tà
s tessa d i donna doveva essere diversa da quel l a del le
al tre ? E una mal i nconica dolcezza le ven iva da tan ti
r i cord i confus i,nel lo s to rd imento e nel la vaga las
sezza d i quel l’ora . E sorrideva pi ù volen tier i al gio
vi ne tto bleso d i cu i l’adoraz ione ingenua r idava una
spec ie d i verg in i tà a quel le memorie,E i l bel Re di
cuori, col lo sguardo suppl i chevole , implorava i nvano
da le i quel la sera l’oc chia ta compl i ce che avrebbe do
vuto assen t i re e prome ttere… Ei aspe t tava sempre ,paz ien te e rassegnato
,ai u tando a porre in ord ine lo
La sera ta della diva
stanzino , scegl iendo i fior i da met tere da par te,ce
dendo il pos to ai nuovi v isi ta tori , dando so t tovoce
degli ordin i al la camer iera,la quale a ffrettavasi a ri
porre i regal i che br i l lavano sul la tavole t ta , segna ti
da bigl ie t t i d i vi si ta . Macerata,che covava cogl i occh i
da un pezzo i l suo , non seppe teners i dal pro tes tare
Senza fa rceli neppure ammi rare
Senza farc i vedere i l cuore degl i
Gli as tucc i al lora passarono di mano i n mano,am
ti,lodati
,so t to gl i occh i sospet tos i del la came
la quale si teneva r i tta presso la cor t ina che
ondeva i l fondo del camerino . Si r ipe té un ’al tro
ro di esc lamazioni
Bello ! Elegan t issimo ! Stupendo ! I l
ebiere insis teva sul l’ i n tenzi one che esprimeva i l
dono,uno spi l lo a ferro d i cavallo di br i llan ti .
Per dare un bel calc io al la je t tatu ra ! Nella confu
poi alcun i dei bigl ie t t i che accompagnavano al
i l nome del donatore andarono smarri t i,prima
a diva si fosse degnata d i accorgersene . Un ma
0 vezzo d i perle non si sapeva p iù da ch i fosse
stato offer to .
Eh , giacché sie te tan to i nd iscret i Sono s ta to
io , la ! disse infine Barbet t i .VERGA . D on Ca ndeloro e C.
i
82 D on Ca ndeloro e C i
Tut t i quan ti scopp iarono a r idere,compresa la s i
gnora Celes te , quas i Barbe tt i avesse spacc ia to la papzana p iù ma tta .
/
l l princ ipe assenti anche co l capo .
In quel la fece capol ino al l’ usc io un i nservien te del
palcoscen ico,sorr idendo a l la seratan te come uno che
aspe t t i la mancia anche lu i,porgendole a mano un
bigl ie t to d i v is i ta .
C’ é ques to Dice che l a conosce
tan to .…
L’at tri ce s tudiava i l b igl ie t to,cercando d i ra m
mentarsi quel nome , quando en trò i l s ignore che essa
conosceva tanto,un bel g iovane fores tiero
,r icc io lu to
e azzimato al l’ul t ima moda,i l quale però rimase un
po’ male trovandosi a un t ra tto in si be l la compa
gnia,al cospet to del la d iva i n sogli o che lo guardava
d ’al to in basso,per raccapezzars i
,e d i tu t ta la sua
cor te .
Scusatemi,
balbe tto lu i .—H o le t to
sui Pres i subi to i l Non po tevo im
maginare una cosa
E com’ el la segui tava a guardarlo in quel modo
imbarazzan te,senza r ispondere
,in mezzo al s i lenz io
osti le d i tu t to l’uditorio,i l povero giovine perse del
tu t to la tramontana , cercando d ’
a iutarsi all a megl io .
La sera ta della d i va 83
Et tore Baronc in i d i Sin igagl ia… Vi
rammen ta te… per la fiera ?
Ah fece le i Oh !
v E ttore Baroncini , incoraggia to dai due monosi l lab i
ì insidiosi, si l asc iò sfuggi re :
N’
è passato del tempo , eh !
Non aggiunse al tro, mortifica to de l sorr iso glaciale
di le i,che riprese immed ia tamen te a d iscorrere co l
i princ ipe ,
volgendo le spal le a ll’ amico Baroncin i e
al la fiera d i S inigagl i a , con un cer to sorr iso fine
per giunta,che aveva tu t ta l’ aria d’ essere ded i
cato a lui,e che gl i tolse i l coraggio finanche d ’an
darsene insalu ta to osp i te , e lo inchiodò al pos to in
cui era .
Allora riprese Barbe t ti,quas i con tinuando
un discorso incominciato . Allora di re i che i l do
ma tore incogni to é già bel l’e E vuol d i re
che non sarò s tato io,paz ienza !
D’
Antona , men tre gl i al tr i si acc ingevano a r idere
di nuovo,d isse galan temen te al la bel la s ignora
Chiunque si a s tato l’ammira tore i ncogn i to… Ne
avrete Vole te perme ttermi d i rappresen tarlo ?
Ell a che aveva già indovinato sorridendo gl i s tese
ala mano , che il p r incip e s i mise a bac iare gh io t ta
84 D on Ca ndeloro e
mente,fra i l serio e i l face to , su l la palma, sul polso ,
salendo su pel bracc io che sembrava i nzuccherato dal la
polvere d i c ipria, mentre la Celes te r i deva quas i le
facesse i l sol le tico,
fingendo d i voler svincolarsi, esc la
mando
NO ! no ! bas ta ! Così ve la pigl ia te per ven ti
ammira tori !
Macerata reclamava in tan to la sua par te,e de
gl i al tr i pure,cor tesemen te . Solo la poetessa ac
comia tavasi a labbra s tre t te e i l giornal i s ta agi
tava i l gibus quasi per scacc iare del le mosche , r i
petendo :
Via,v ia
,s ignor i d inanz i al la dei
fores t ier i anche !
I l s ignore fores t iero , ancora rosso dall ’emozione ,aveva fat to la bocca al riso anche lu i
,per non re
s tar da grul lo,torrnentandosi i baffi
,gi rando in torno
suo malgrado , uno sguardo inquie to , sul la comi t iva
d i cu i la sola facc ia s impati ca gl i sembrò al lora quel la
del bel giovane taci turno,i l quale lisciavasi i baffi
anche l u i,sorr idendo a fior d i l abbro anche lui . Di
fuori in tan to i l macch in is ta s trepi tava per far sgom
brare i l palcoscen ico
La vi ta Signor i ! Abbiamo paz ienza ! Gli
La sera ta della cima 85
ammirator i del la can tan te,che erano r imas t i sul l ’usc io
,
ondeggiavano d i qua e d i là . Degl i al tr i mazzi d i
fior i furono caccia t i nel camerino all a r infusa . I l ca
val le t to e l a giardiniera furono spazzat i v i a . S i udì
un corre r fre t toloso , uno sbat ter d i usci , del le voc i
d i comando e uno schiamazzar di voci femmini l i .I l bal lo ! In scena pel bal lo !
Lo stesso impresario,che era tu t to mie le un quar to
d ’ora prima,mandava ora al d i avolo gl i impor tuni .
Signor i un po’ di I l pubbl i co
s’ impazien ta !
Se s i andasse a cena ? propose Macera ta .
La signora Celes te fece una smorfia che d iceva d i
no. Ma i l banch iere tornò ad ins i s tere e a farle dolce
violenza,chino verso d i le i
,prendendole la mano
,par
landole sul col lo in un cer to modo che faceva arrie
c iare i l naso al Re di cuori e al l’amico di S inigagl ia .
Barbe t t i però approvava i l r ifiu to .
Andiamoci pure a cena,ma senza d i le i . Le i ha
bisogno d i riposare,poverina . Lasciatel i d i re
,mia cara .
Questa gen te non sa cosa significh i una serata
I l be l Re di cuori i nfine perse la pazienza,bor
bo ttando che non era quel la l a Et tore Ba
roncini in cuor suo fece lega con lu i .
86 D on Ca nde loro e C.!
Ma no ! ma no ! diss’ el la . Andate via,
piu t tos to ! Non posso mica Spogl i arm i d inanz i a tu t ti
quanfi .
Oh ! Perché mai ?
j uste ma is se'
vere .’ conch iuse i l banchiere .
Bel lo ! lemol de esclamò
Barbet ti,e in tan to spi ngeva fuori l a gen te
,come uno
d i casa . I l Re di cuori era r imas to cercando i l cap
pel lo,aspe t tando dal la d iva la parol a o l’o cchia ta
che essa gl i aveva promesso per quel la sera .
Caro Sereni,gl i d i sse Barbet ti , non fac
c i amo de i gel osi
Barbet t i,eh i ! i l te legrafo l’avete d imen ti cato ?
esclamò la s ignora Celes te passando la tes ta nell ’apertura del la tenda .
Eh,
pur
A Milano !E rammen ta temi anche a Napol i,dove
farò la quaresima… Non lo Vi accom
pagnerà Sereni per ché non l o dimen t ichiate, al vo
s tro Aspe t ta te,Sereni
,Vi do un rigo per
memoria .
E li,scrivendo sul ginocchio anche le i come Bar
bet t i,col la tunica d i Aida semiaperta che scopri va i l
fine con torno del la gamba coper ta dal la magl ia car
88 D on Ca ndeloro e C.‘
Andiam ! parti am ! a cena andiam Non dico
a voi,cara Celes te . Voi andere te a dormire tranqui l
Sen ti re te che brind isi,dal vos tro le t to
Ah meravigl i a del le meravigl ie !Angel i e min i
s tri d i grazia,soccorre tem i voi !
Ques t’ul t imo compl imento era di re tto al l’al tra d iva
del bal lo La s tel la che at traversava in que l pun to
i l d ie tro scena,seminuda
,col le spal le e i l seno ap
pena coper t i da una r i cca man te l l ina , tu t ta vaporosa
nel la c ipr ia e ne i vel i d iafan i co l sorriso morden te
del le labbra e degl i occh i t i n t i che salu tava gl i am ici
e gl i ammi ra tor i de l la can tan te,suoi ammiratori an
ch’
essi e suoi amici , quas i l i brandosi sul la pun ta delle
scarpe t te d i raso a ll’
inc itamento de l la musica che la
chi amava,per correre a ll’applauso che aspe t tava im
pazien te le i pure . I l tenore , con cu i l a d iva del
can to aveva del i rato d’ amore in musica,e per cui
era morta sul palcosceni co mezz’ora prima,l e passò
vic ino adesso senza salu tarla , r ialzando i l bavero
del la pel l i cci a,col fazzole t to sul l a bocca . Ed essa
non lo guardò neppure , scambiando invece un’oc
ch ia ta os ti le co ll’
a ltra d iva del l a danza .
No,no
,non vi lasc io andar Ho paura
che vi rub ino,i vos t ri d i ceva i l
L a sera ta della diva 89
principe che ostinavasi a vole r montare in carrozza
con le i,dopo aver messo da banda tranqu i l lamen te
Macerata . Ed essa rispondeva con l a r isat ina squil
lan te : Sciocco v ia ! andate Barbe t t i
Si,si, i l telegrafo , non l
’ ho d imen ti cato . Si
gnor i bel l i,cosa si fa adesso ? S i va a cena , a fini r
la sera ta dell a d iva Ehi,d ico
,Sereni
,è quan to pos
siamo far d i megl i o . Non t i cavare gl i occh i so t to
quel lampione,che lo scri t to so i o cosa d ice .
Ma i l princ ipe si scusò dicendo d i avere un ap
puntamen to a l Ci rcolo,e Macerata non si sen tiva d i
pagare anche i brindis i che gl i al tr i avrebbero fat t i
al la diva . Rimasero Baroncini,i l quale non voleva
passare per ccione o per avaro , r icusando d i pa
gar da cena Seren i che aveva l e t to : Imposs ib i l e
per questa sera , mio Abbiate Sono
aff ranta… Sognero d i VOI Per al tro,tu t t i e due
avevano b isogno d i pensare al la diva,vic ino a de
gl i al tr i che avrebbero pure pensa to a le i o parlato
di lei .
Nei fumi de l vino , p iù tard i , poi ché Baronc in i aveva
fatto le cose bene , Barbe tt i , commosso anche lu i , sen
tenziava
Cari amic i I l telégrafo non sape te cosa si
9 0 D on Ca ndeloro e C.!
l’agen te Dei col pi
d i gran cassa per far quat trin i… Siamo il
mondo gi ra su d i un pezzo da c inque Ciascuno
secondo i l suo L’ar te,i l
tu t te belle Segu i bene i l m io ragionamen to,
Seren i… lo sono un lo appar tengo al
i l pubbl ico é i l m i o Tu sei i nnamo
rato d i me , Se Venere, in camicia ,
ven isse a d irmi in cer ti moment i Barbe tti,dammi
una not te NO,no
,e poi no !
IL TRAMONTO DI VENERE
Quando Leda,ast ro del l a danza
,sp lendeva ne l
firmamen to del la Scal a e del San Carlo , come s tel l a
d i prima grandezza,con tornata d i bri l l an t i au ten tic i
,
e regalava le sue scarpe t te smesse ai p rinc ip i del
sangue e del denaro,ch i avrebbe immaginato che
un giorno el la sarebbe s ta ta r ido t ta a corre re d ie tro
le scri t ture e i soffie tti dei giornal i , cogl i s t i val i n i
i nfangat i e l ’ ombrel lo so t to i l bracc io a corre re
specialmen te d ie tro un mortale quals ias i , fosse pur
s tato Bibi,c roce e de l i z i a sua ?
Poiché Bibi era anche un mos tro , un donnai uolo ,i l quale correva dal can to suo d ie tro tu t te le gon
nel le , e concedeva perfino i suoi favor i , al le matrone
ancora tenere d i cuore,adesso che la sua Leda bat o
Nt
teva i l l as t ri co,i n cerca d i scr i t tu re e d i quat tri n i
,
94 Don Ca ndeloro e C*
e lu i aspet tava fi l o soficamente la dea Fortuna al
Caffe Biffi,dal le 5 al le 6 , nel l’ora in cu i anche le
mat rone s’a vventurano in Gal ler i a Oppure ten tava
di s fo rzarla l’
instab il Diva — a pr imiera o al b i
glia rdo ,tu t te l e no t t i che non consacrava a l l a dea
Venere,come ch iamava tu t to ra la sua Leda
,quan
d’era for tunato al le car te 0 al trove , o quando non
l a p icchiava,pe r r i fars i l a mano.
Ahimè,si ! L
’
indegno era arr iva to al pun to d i fare
ol traggio a i vezz i pe r cu i aveva del i rato , un tempo
per cu i i Cres i de l la terra avevano profuso il l oro
oro . Le rinfacc iava adesso,bru talmen te : Dove
sono ques t i Cres i ?
Ah,l ’i ngrato
,che d imen t i cava quan to gl iene fosse
passato per le mani d i quell’
oro ; con quan ta del i ca
tezza l a sua Leda gl i ene avesse cela to spesso l a pro
venienza,per non farl o adombrare
,l u i che era tan to
ombroso,al lo ra ! E i so t t i l i a rtifi c ii
,l e trep ide men
zogne , i dol c i r imors i che rendevan o at traen te l’
in
ganno fa t to al l’aman te,per l’ aman te s tesso
,onde
legar lo co l benefic i o ! E le care scene d i ge los ia,e
le pac i pi ù care !… Che import a i l p rezzo ? Non era
lui i l s uo tesoro , i l suo bene ?
Ma ciò che ora rendeva furiosa spec i almen te la po
96 D on Ca ndeloro e C.‘
sapore del fru t to proi b i to,un’ a t trat t i va i nsol i ta
,la
freschezza e la gran a d i un primo palp i to Le t
te re,mazzol in i d i fiori
,i ncon tr i semifortuiti al P incio
,
ogni fanc i ul l aggine , in una paro la . Ei r ipe teva, sup
p lice , come un eroe del l a s cena e poi
No ! r ispose e l la alfine . No ! Vivere e amar !
Amor,subl ime palpi to !… I l fa t to è che ne fu p resa
anche le i s tavol ta,al lo s tesso modo che aveva fa tto
ammat tire tan t i al tr i . Ma presa,la, come s i d i ce, pei
capel l i . Cosi i l for tunato giovane ascese fur tivo a l
l ’ambi to tal amo del geloso prence . Gl i sch iuse l’Eden
lei s tessa,t reman te
,a pied i n ud i i d iv in i p i ed i
can tat i in prosa e in vers i ! Bibi,che a sen t i rl o
era un leone i ndomi to , t remava anche lu i come una
fogl ia . E se lo prese , le i , t r i onfan te per la prima
vol ta ! Come sei t i m ido , fanc iul l o mio !
Tanto che Sua Al tezza,secca to alfine da quelle
fanc iu l laggini , degnò apri re un occh io,e l i s cacc iò
da ll’
Eden. Che importa ? I l mondo non era semina to
d i tea tr i e d i mecenat i che por tavano in palma d i
mano l e i e B ibi ? Sol tan to,come i pri ncip i son rari
e i mecenati vogl iono sapere dove vanno a fin i re i
loro denari,i d ue aman ti fecero le cose con mag
I l tramonto di Venere 9 7
gior cautela,e le fanc i ul laggin i a usci ch ius i . Bibi era
fel ice come un Dio , vi agg iando da una capi ta le al l’al
tra,i n prima classe , ben ves ti to , ben pasc iuto ,
a
tu per tu cogl i impresar i e i p r im i s ignori del paese
che accorrevano a fare omaggio al la sua diva . Se b i
sognava ecc lissarsi qualche vol ta discre tamen te d i
nanzi a loro , lo faceva con un sorr iso c he voleva
dire ° Poveret t i ! Le s tesse scene di gelos ia
sembravano comb inate appos ta per infiorare quel pa
radiso,”come una carezza a ll’amor propr io d i en trambi
,
una pro tes ta digni tosa del l’ aman te,e una del icata
occasione offer ta al l’ amata d i tornare a giu rari e
spergiurargli la sua fede : NO , caro LO sai
Sei tu solo il signore e i l padrone. Ecco !
Basta,ora si tra t tava d i non lasc iars i sopraffare
da quell’
intrigante del la Noemi, che le rapiva agen t i
ed impresari,al la Leda
,con tu t te l e ar t i l ec i te e il
lec i te,e le por tava v ia le scr i t ture una che non
aveva d ieci ch i l i d i polpa sot to le magli e ! E le
portava via anche Bibi,i l quale si dava i l rossetters
VERGA . Don Ca ndeloro e C.‘
98 D on Candeloro e C
ai baffi,e s i met teva i n ghingher i per andare ad
a pplaud irla , gra tis et amore.
Ma i l bal lo nuovo del caval ier Giammone non
me lo por ta via, no ! gimo a sé s tessa l a bell
Leda .
Da '
un mese , Barbe t t i e tu t t i gl i a l t r i giorna lische vendono l ’anima a ch i l i paga
,non facevano
che rompere la graz ia d i D i o ad ar ti s t i ed abbou
con quel nome del la Noem i s tampato a le t tere
scatola . Già erano in tan ti a far la spesa degl i ar ti
co l i,i pro te t tori del l a cas ta vergine !Mi i l bal lo n uovo
del caval ier G iammone non l’avrebbe avu to,no !
I l caval iere s tava appun to parlandone col l’ impre
sari o,ch ius i a quat tr’occhi , d inanz i al pi ano del Gran
Poema s tor ico-fi losofi co -danzan te , sc ior ina to sul l a ta
vola,al lorché cap i tò al l’improvvi so l a signora Leda
,
in gran gala , e co l fia to a i den t i .
Caval iere m io scusatemi… Non si parla d’al
tro sul l a Sarà un tr i onfo,V i garan t isco !…
Lasc ia tem iAh ! sbuffo il coreografo col to sul fat to
Oh
E si bu t tò sul le sue car te , quas i vo lessero rubar
gl ie le . L’
impresario , dal can to suo , d iede una famosa
1 0 0 Don Ca ndeloro e C.
’
s t’
a ltro . Già l’avevano t u t t i quan t i a mor te coll’
lm
presa che lasc iava d ispon ibi l i i m igl iori sogget ti . Poi,
dopo che l’amorosa copp ia s i fu congedata , fra grandi
i nch in i e scappel la te B ibi s tavol ta vol le aecom
pagnare l a sua signora per sen ti r bene come era an
data a finire,un po’ i nqu ie to e nervoso in fondo
,ma
dis invol to,giocherel lando col la mazze tti na
,l e i tu t ta
arz i l la e sal tel lante,co l sorri so d i c inabro e le rose
sul le guance (quantunque s i sen t isse soffocare nel l a
giacche tta a t t i l la ta) per non dar gus to a i col leghi .
Scambolet ti, i l celeb re buffo , ch’era anche i l burlone
de l l a compagnia,mandò loro d ie tro ques to salu to :
Lei si che n ’ha del la graz ia d i Una ba
lena ! Anzi c i tò u n ’al tra bes tia . Senza invidia
però,Bibi
Senza invid ia,a lu i
,Bib i
,ch’era un pasci à a tre
code,e d i donne ne aveva s ino ai capel l i , damone
e t i tola te Bas ta,era un gen t i luomo ! E sapeva an
che quel lo che andava reso al l a sua signora . Ma in
quanto al l’ar te però non era par tigiano , e ammirava
ugualmen te tu tt i i gener i . Leda e ra del genere c las
sico ? E lu i l’aveva fat ta subi to scri t tu rare a l Carcano,
un teatro d i car tel lo anche questo,non c ’è che d i re .
Oggi,pe i bal l i grand i
,bas tano le seconde par t i
,
gambe e macchinario . Piacc iono anche ques t i ? Eb
b ene,bat teva le man i l u i pure , senza second i fini.
Ma la Leda,che non aveva più un cane che le
battesse le man i,era d iven tata gelosa come un acc i
dente,e gl i amareggiava la vi ta
,povero galan tuomo .
Lagrime,rimproveri
,scene d i famigl i a con tinuamen te .
Alle vol te,magari , l u i doveva bu t tar via i l tova
gliuolo a mezza tavola , per non but tarle i l p ia t to in
faccia . Tanto , quel l a poca grazia d i Dio gl i andava
tut ta in veleno .
Si rappat tumavano dopo,è vero perché quando
si è fa t to per un uomo quel lo che aveva fa t to le i
E quando s i é un gen ti l uomo come era Ma
però art i s ti l ’uno e l ’ al tra,dopo l a commedi a del le
p'ac 1 e del le tenerezze si tenevano d’occh io a vicenda,
e la s ignora Leda , a buon con to , aveva messo un
tramagnino a l le calcagna d i B i bi,per scopri re il d ie
tro scena ne l reper tor i o del le sue tenerezze . Talché
gli amic i al vederlo sempre con l a guard ia del corpo ,affibbiarono i l t i tol o d i Re di P icche.
Infine tanto tuonò che p iovve,l a sera s tessa del l a
1 0 2 D on Ca ndeloro e C.'3
benefi cia ta d i Leda, che non c’ erano duecen to per
sone a l Carcano . Ella cercò d i sfogars i con B ibi i l
quale faceva i l r i so t to al la Noem i,i nvece ! lu i e i
suo i amic i ! bes tie e animal i t u t t i quan ti,che non sa
pevano neppure dove s tesse d i casa i l vero mer i to !
e si l asc iavano p rendere al l’amo dal le grazie d i quel la
d iva,l a quale r ideva d i l oro
,poi s icuro ! d i
l u i pel pr imo ! Gonzo !
Via,fammi i l p iacere ! i n terruppe B i bi a ccen
dendo un mozzicone d i s igaro dinanz i a l lo specchio.
Ah,non vuoi sentirtela di re ? Già, quel la li non
t i pigl i a cer to pe i tuoi begl i occh i,mio caro ! Schiz
zava fuoco e fiamme dagl i occhi , l ei , col le cigl i a an
cora t in te e i l rosse t to su l la facc ia , così come si tro
vava al l’ usci re dal tea tro , una Furia d ’Averno
dopo tu tto quel lo che aveva fat to per lu i , e l e oc
casioni che gl i aveva sacr ificato , r iccon i e pezzi
grossi,che se avesse volu to , ancora !…
Fammi i l p i acere,via ! tornò a d ire B ibi
con quel ghignet to che la faceva usc i re dai gangheri .
Allora sen t i ! Bada bene a quel lo che fai ! Bada
bene, veh ! Che son capace d i andare a romperle i l
muso,al la tua cas ta d iva ! E qu i un mondo d i
al tre porcherie : che lu i era roba sua,d i lei
,giac
1 0 4 Don Ca ndeloro e C.L
tuna,se non fossero s tat i i buon i amic i che V i s i
misero d i mezzo . Tanto , dopo tan to tempo che sta
vano insieme,erano più d i mari to e mogli e . No
,le i
non po teva s tarc i senza Bibi . Fosse sor te , fosse malia ,l a teneva legata ad un fi lo
,come essa ne aveva te
nu t i tanti , uomini seri , ed uomin i for ti , che in mano
sua sembravano del le marione t te . E anche Bibi, a
par te l ’i n teresse,un cuor d’oro in fondo , che non s i
po teva dire lo facesse muovere l ’ i n teresse,ormai .
Non tornò a servirla in ogni maniera e a procurarle
le scri t tu re egl i s tesso in America , in Turch ia , dove
po té,giacché al giorno d’oggi sol tan to laggiù sanno
conoscere ed apprezzare le celebr i tà . Prova i va
gl ia pos tal i che le i mandava , poco o mol to , quanto
po teva .
Un cuor d’oro . E al lorché la povera donna bat té
i l bot tone finale,e sbarcò a Genova senza un qua t
trino,bolsa e rifin i ta
,ch i trovò al l a s tazione , a brac
c ie aper te ? Chi si fece in quat tro per scovarle qua
e là mezza dozzina d i ragazze promet ten ti , e inse
diarla maes tra d i bal lo add i ri t tura ? Chi le pres tò i
I l tramon to di Venere
mezzi,a un tanto al mese
,per met ter su pensione
d’ar tis t i una speculaz ione che sarebbe riusci ta
un affarone , se non c i s i fosse messa d i mezzo la
Ques tura,che l’aveva par ti colarmen te con Bibi ?
E come ogni cosa andava d i male in peggi o,cogl i
ann i e la d isde tta,ch i le pres tò qualche ven t ina d i
li re,al bi sogno
,d i tan to i n tan to , quando si poteva ?
Dio mio,l e ven tine d i l i re bi sogna sudare sangue e
acqua a me t terle i ns ieme ; e quando si d i ceva prestare
,da lu i a lei, era un modo d i d i re .
E al ca lar del s ipari o , i nfine , al lorché l a povera
Leda andò a fin i re dove finiscono gl i ar t is t i senza
giud iz io,ch i andò a trovarla qualche vol ta a ll
’
ospe
dale,e por tarle ancora dei so ldi
,se mai
,per gl i u l
tim i b i sogni ?
Bibi ne aveva avu to del giud i zio,è vero
,e un po’
d i sold i aveva messo da par te,co l ri sparmio e gl i
interessi modi ci , tan to da render servi zi o a qualche
amico , se era solv i b i le , e da far la qu i e ta v i ta , co i
suoi comod i e la sua brava cuoca . Perc iò quel l e vi
si te al l’ospedale gl i turbavano la d iges tione,gl i fa
cevano ven ire le lagrime agl i occh i,e non era com
med ia , no , quando ne parlava poi cogl i am ici , al caffé .Bisogna vedere , mie i cari ! Una cosa che s tringe
t o6 Don Ca ndeloro C.i
lil cuore , ch i ne ha ! L’
avreste credu to,eh ? Lei ab i
tuata a dormi re nel la batis ta E ridot ta che non
si r iconosce Un canchero , un diavolo al pe t to… .
che so Non ho vol u to vedere neppure . Lei ha
sempre l a smania d i far vedere e toccare a tu t t i
quan t i . E del le p re tese poi ! Cer te i l l usion i !… Non si
dà ancora i l rosse t to ? Misera umani tà ! Ier i , sen t i te
questa,vo sin l aggiù a Por ta Nuova
,appos ta per
lei , con questo caldo , e trovo la scena del la Travia ta
O c ie l mori r si Mia gio
van i 0 Voi guar i re te,ve lo di co i o !
Ah ! Oh! Allora v iene la par te tenera,e vuol
sapere se sono sempre l o s tesso da
contarc i su… cer to .. Diamine O
non mi esce a d i re d i condurla via ? Sissignore
che una vol ta via d i lì é s i cu ra d i guari re che
vogl iono operarl a che ha paura del med ico : Per
cari tà ! Per amor d i D io ! Un momen to , cara
amica ! Che d iamine,un momen to ! El la si ri zza
come una dispera ta,afferrandomi pel ves ti to , bacian
domi le mani .… Non c i torno più , parola d’onore !
E vedendo che c i voleva anche quello , dal la facc ia
degl i am ic i,Bibi asciugo una fur tiva lagrima.
Di commedian t i come Vi to Scardo non ne nascono
più a Mi l i tel lo,massime dacché fu tocca to dal la gra
zia , e da povero diavolo arr ivò ad essere guard iano
dei cappucc in i,come Papa Sis to .
Dopo aver provato cen to mes t ier i e averne
fatte d’ ogni colore anche,dicevasi coll a donna e
la roba al tru i r idot to col l e spal le al muro,ma
landa to d i borsa e d i salu te , Vi to Scardo capì alfine
Qui b i sogna mu tar s trada .
Era l’anno del la fame per giun ta,che i seminati
,
dal princ ip i o ,dissero ch iaro che si voleva r idere
quell’
inverno , e tu t ti quan ti , poveri e ri cch i , si s trap
pavano i capel l i , al la raccol ta . Vi to Scardo s tava be
stemmiando anche lu i nell’a ia di massaro Nasca
compare Nasca sfogandos i co i figl i uol i a pedate
[ I O D on Ca ndeloro e C.‘
sua moglie covando le spighe magre cogl i occh i ars i
e i l la t tan te al pe t to lo s tesso marmocch io che s i
di sperava e non trovava nul la da poppare una
desolaz ione insomma da per tu tto,per l a campagna
brul la,senza una canzone 0 un suono d i tamburel lo
,
quando s i v ide arr i vare fra Angel ico , quel lo del la
cerca,fresco come una rosa
,t ro t tando al legramen t e
su ll a bel l a mula baia de i cappucc ini . Sia lodato
San Francesco ! E loda to sia,fra Angel ico !
d isse compare Nasca fuor i del la grazia d i Dio sta
vol ta . Che a voi al tr i , benedica , i l pane e i l com
pana tico non ve lo fa mancare San Francesco
Sangue d i Corpo d i Le bes temmie de lla ma
lanna ta ,i n una parola . Ma fra Angel ic o se ne r i
deva . O dunque ch i prega Domenedd io per la
pi oggia e pel bel tempo , gnor as ino ?
Un pezzo di tonaca sul le spal le , una presa d i ta
bacco qua e là,i l buon v iso e l a buona parola , e
fra Angeli co raccogl ieva grano , ol io mosto , senza
bisogno di mie tere né d i vendemmiare , e senza pen
sare ai guai e a ma lanna te, ché a l conven to , grazie
a Dio,i l c alda ione era sempre pieno , e
’
i monac i
non avevano al tro da fare che ringraz iare la P rov
v idenza e correre les t i a l refe ttor io quando suonava
1 1 2 Don Ca ndeloro e C.5
come se lo vide capitar d inanzi con quel de t tato ,sano come una lasca fece i l segno del l a croce :
Monaco tu ? Non c i mancherebbe al tro adesso !E voss ignor ia che Vi cresceva qualche cosa
,
? P
arrivare guard iano anche !…
Voi che avres te fatto ? Un arnese come Vi to Scardo,
che puzzava d i tut t i i se t te peccat i mor tal i ! Però egl i
giurava che e ra un al t ro,ormai . Lo pigl iassero a
prova. Tan to d isse e tan to fece che i l p overo guar
d iano dove tte p igl i arlo a prova,pel vit to e l a tonaca
sol tan to fra te converso, Se la tonaca fa questol
miracolo,vuol di re ch’è una san ta cosa davvero
,fi
gliuo l mio !
Bas ta,o che l a tonaca abb ia fat to i l m i racolo o
che s ia s ta to i l b isogno far t ro t tare l’ asmo,Vi to
\Scardo d ivenne l ’ esemp io del la comun i tà . Bravo ,modesto
,pruden te le donne
,magari
,non le guar
dava neanche,in s trada. E per la cerc a poi va
l eva un Perù ; meglio d i fra Angel ico , ch’ è tu t to
d ire . La gente a l vederlo cosi cambia to , che pareva
un san to,diceva Questa è opera d i San Fran
cesco . E mandava elemosine .
Però c’ era ancora quel la cer ta t iz ia che ti rava a
fargl i perdere i l pane comare Men ica la mogl ie
di Scaricalasino,dopo che suo mari to e ra anda to
in galera per le legnate d i quell a no t te l e i a ten
tarlo fino in ch iesa , e occh ia te d i fuoco , e imbasc ia te
con questa e con quel la . Una sera poi l’ appos tò al
cancel lo del podere,che tornava tard i dall a cerca e
non passava un cane , e lo s trinse propr io co l le
spal le al muro : Dopo averla messa i n quel lo
s tato né vedova né mari t a ta ! E tu t to quel lo
che aveva fat to per l u i ! Le legnate che s’ era
prese ! Sissignore ! Ec cole qua ! Quas i quas i
8 1 spogl iava li dov’era , d ie tro l a s iepe. La siepe fi t ta,
l’ora tarda,sul la s trada che non passava un
San Francesco glo rioso ,se Vi to Scardo tenne duro
come Giuseppe Ebreo , fu tu t to meri to vos tro .
Sorella m ia ri spose lu i sorel l a m ia,i n galera
si va e si viene , ma se mi scacc iano dal conven to
cosa fo,d i tel o voi ?
E lo disse anche al padre guardiano a ti tolo d i
confessione la carne i l demonio . La sai più
lunga d i lu i ! pensò i l guardiano .,Ma dove tte ch i
nare i l capo an che s tavol ta,togl ierlo dall a cerca e
metterlo ai servi z i i n tern i del conven to . Vi to,con
tentone , badava a far la sua s trada . Un colpo al
cerchio , un colpo al la bo t te , barcamenandos i fra queVERGA . D on Ca ndeloro e C ! 8
1 1 4 Don Ca ndeloro e C i
sto e quel l’al tro , che i l conven to e come un piccolo
mondo , e le n imi c iz ie covano anche fra i servi di
Dio . Quando s’
accapigliavano fra d i loro , e volavano
le scodel le , l u i orbo e sordo . A tempo e l uogo poi
l i sciare i pezz i gross i pel verso del pelo,e pigl iare
ciascuno pel viz io suo,fra Serafino col tabacco
buono di Licodia , fra Mansue to chiudendo un oc
ch io ih por t ineria,i l Padre Let tore a colp i d’ incenf
siere . Ah,
che grazia°
v’ ha fat to i l Signore !
Quante cose sape te,vossignor ia ! Figl iuol mio
,ho
suda to sangue . Vedi , ho tu tt i i pel i b i anch i . Che mi
giova ? Padre Let tore , e nul la p i ù .
Birbona te ! La so l i ta s tor ia che chi p iù meri ta
meno ha… M’
intendo i o , se foss i pad re da messa e
avess i voce in capi to lo , quando fanno—il
I l guai o e ra che per en trare in novi z ia to ed ar
rivare padre da messa c i voleva un po’ di la t ino,e
20 onze di patrimonio . Quan to al la t ino , paz ienza ,Vi to Scardo
,picch ia e r ip i cch ia , sudando sui l i bracci
: ome Gesù al l’ or to , tendendo l’orecch io a ques to e
a quel lo , pigliandosi l a tes ta a d ue mani tes ta
fine d i v il lano che quel che voleva voleva co ll’a
iuto d i Dio e del Padre Le t tore r iesci a farvi em
itrare quel che c i vo leva . Ma trovare le 20 onze del
[ 1 6 D on Ca ndeloro e C i
tan ta graz ia d ivina recalc i trava egl i s tesso,sempl ice
frate laico,senza neppure gl i ordin i sacri . Resi s teva
a l la ten tazione,si confessava i ndegno
,faceva i l sordo
o lo scemo,arr ivava a tapparsi le orecchie ins ino
,
quando i pover i g iuocator i gl i correvano d ie tro sup
pl icando Per l a santa tonaca che porta te l
Per l’ anima dei vos tri mor t i ! e per ques to,e
per ques t’al tro Due parole sol e,
.
e c i togl ie te dai
guai ! lntanto i numeri c he gl i bal lavano den tro,
e le d i ta s tesse che si tradi vano e accenn avano i l
te rno,senza sua vogl ia , sol tan to al modo d i l isci are
la barba e d i far segno : z i t to ! Chi sapeva imten .
dere poi e cavarne i l te rno c i p igl i ava l’ambo almeno .
E l’elemosine fi occavano .
l l padre guardiano , uomo rozzo a l l’ an ti ca , prese
infine Vi to Scardo a quat tr’occh i , e gl i fece una bel l a
l ava ta d i capo A che giuoco giuo chiamo ? Che
significa questa faccenda Lu i a tes ta bassa,col le
mani in croce nei man iconi , ri spose tu t to compun to
che sign ificava che i l S ignor e l o ch iamava in re l i
gione,e se non lo lasci avano en trare in now zia to sa
rebbe andato a fare l’eremi ta in c ima a una mon ta
gna . Fra Giuseppe Maria capi i l l a t ino . A fa re
i l san to per con to tuo,eh ? E tirar l’ acqua al tuo
Papa Sis to i 7
mol ino ? Vi to Soardo non cap iva neppure .
L’acqua ? I l san to ? I l mul i no ? E le 20
onze del patr imon io,per p igl iar messa ? l e 20 onze
le hai ? aggiunse i l guardiano per tagliar cor to .
Ah,l e 20 onze
Come abbia fa t to a procurarsele ,quel d i avolo d i
Vi to Scardo,l o sa Dio e lui . O che s iano s ta t i fru t t i
d i s tol a,come d icevano le male l ingue
,denari rubat i
al lo s tesso San Francesco,mess i da par te su l la cerca ,
in barba a lu i ; o che l a vedova Brogna abbi a fa tto
anche ques ta,e si sia l asc ia to toccare i l cuore ; o
sia s ta ta i nfine car i tà fiori ta d i qual che al tra bene
fat trice,che t i rava an ime a salvamen to l a Scari
ca lasino vendé allo ra un pezzo d i ter ra , suo d i le i .
I l fat to è che a ll’
impensa ta sal tò fuor i i l padre d i
Vi to Scardo,Ma lanna ta , uno che i l soprannome
stesso diceva ch i fosse,povero e pezzente che avrebbe
cavato l a pel le p iu t tos to al suo figliuolo per ra t toppare la sua
,e mise fuori i denar i del pa trimon io ,
Qui,ecco le 20 onze ! I l guard iano
,che cer
cava pre tes ti anco ra,vo leva sapere donde venivano
e donde non ven ivano . Ma Vi to Scardo c he pian
geva d i tenerezza e d i gra ti tudi ne,abbracciando gnor
padre e b ac iandogli le mani , abbrancò i l suo gruzzolo
1 1 8 D on Ca ndeloro e C.
i
e minacc iò d i p ian tar su due p ied i baracca e bura t tini.
Allora,bened ic i te ! Allora v i l asc i o la tonaca
e me ne vo ,giacché non vole te salvarmi l’ anima
neppure col fa t to mio ! Q ues to d iavol o c i darà
da fare a tu t ti quan ti ! d isse poi i n cap i tolo i l
padre guard iano . E d isse bene , che gl i parlava i l
cuore.
Bas ta,per toglierselo dai pied i l o mandarono a
fare i l nov iz iato fuori provinc ia,al la Cer tosa d i San ta
Maria . Ci pensassero i n tan to quegl i al t ri fra t i a ve
dere se spuntava grano o logl i o da quel seme . E
Vi to Scardo zi t to ; fece l’obbedienza
,fece i l novi zia to
,
girò anche un po’ i l mondo,come pi aceva ai supe
r iori,e tornò fra G iobb a t tis ta da Mi l i te l l o
,monaco
fatto , con tan to d i barba e qualche pelo bianco .
Però col la barba e i pel i bi anch i gl i era cresciu to
anche i l g iudiz io . Trovò i l paese so t tosopra : ban
d iere,lumi narie , r i tra t t i d i Pio IX ,
da per tu t to,
Scaricalasino a spasso per l e s trade,e i l padre
guard iano col la coda fra l e gambe . Cose che non
potevano durare,in una parola . In tan to si doveva
riunire i l cap i tolo per l a nomina dei superi ori . Mal
con ten ti ce n’ erano mol t i,minch ion i l a p iù par te
,
1 2 0 D On Ca ndeloro e C i
quando ven ivano a tas tarlo anche lui, t i randolo ognuno
dal la sua par te Fra Mansue to che gl i ra ccoman
dava in tu t ta segre tezza d i guardars i bene di Sea
rica lasino , i l quale voleva reso con to del pezzo d i
terra vendu to da sua mogl ie I l Padre Le t tore che
lo i ncensava lu i adesso : I l mer i to deve premia rsi.Chi l’avrebbe de t to d i cos’era capace Vi to Scardo se
non fosse s ta to lu i ? LO s tesso fra Serafino che
veniva a sfogare le sue amarezze , dopo quaran t’ann i
d i rel ig ione , r imas to sempre a veder sal i re gl i a l tr i
e v ivere d i e lemosina anche per una presa d i ta
bacco ! ‘ Pote te d i rlo v o i s tesso , eh ! Che ve ne
pare ? Non é um’ i ngius ti zi a ? Allora vuol d i re che
non arr iveremo mai a prendere i l mes tolo i n mano,
né voi né io !
Era Giobat ti s ta,rassegnato i nvece
,s i s tr ingeva
ne lle spal le . Eli, tenere i l mes tolo… al giorno
E un affare Ci vuol c i
vuo l c i vuol cari tà . Tante bel le cose .E al Padre Le t tore Non dubi tate . I l vos tro
tempo è venu to . Ci vog l iono uom in i d i tes ta e d i
le t tere adesso . E senza d i VO I Guarda te,met tes
sero anche l’ul timo de l conven to a que l posto,met
tessero me, guardate… Senza i l vos tro aiu to che
Papa Sisto
po tre i fare ? E dare perfino ragione a fra Man
sueto , ch’ era i l capo de i malcon ten ti . Ci vuol
Chiudere un occh i o . Non siamo più ai
tempi che i l guard iano faceva i l commissari o d i
pol i zia .
In ver i tà i l povero guardiano aveva al tro da fare
adesso . La tremarel la da una parte,e l a bi le che gl i
toccava ingoiare da ll’a ltra,e far buon v iso a ch i gl i
mi rava al cuore . Ques to vuol d i r pol i t ica,ora che
i l San to Padre aveva mu ta to casacca,e i l Re
,Dio
guardi,mandava truppe a far sacco e fuoco . Se la
spuntava,bene . Ma se no , ch i v i andava d i mezzo
per i l pr imo era lui,padre Giuseppe Maria . Un cal
c io nel la sch iena , e l o sbales travano ch issà dove , a
far peni tenza,sempl ice fratice l lo , giacché i po ch i a
lui fedel i gl i n i cchiavano in mano anch’ essi .
Era quel la famosa se t t imana san ta del 48 ; l e s tesse
funzioni sacre s i trascinavano svoglia te , l a ch iesa
quasi vuo ta,tu t ta la gen te in piazza dal l a mat ti na
alla sera,ad aspet tare le no t i z ie co l naso in ari a .
Giungevano fuggiasch i carri d i masseri z ie che te
mevano i l sacco anch’ essi , e r ivol tosi d i tu tte le
fogge,che con tavano d’aver fat to prodigi
,e corre
vano ad aspet tare i regi laggiù , a Pale rmo , per mas
1 9 2 Don Ca ndeloro e C3
sa crarli tu t t i . I l s indaco , a buon con to , fece armare
i galantuomin i per tener d’occh io la roba del paese .
La fol la correva ogni tan to sul la col l ina del Cal
vario,i n c ima al vi l laggio
,per vedere se era già
comincia to i l fuoco nel la c i t tà laggiù,lon tano
,in
fondo alla p ianura verde uomini , donne , cappuc
c ini anche,c iascuno pel suo motivo . Vito Scardo
invece non si muoveva , badava al la ch iesa , badava
al conven to,badava ad aggius tare le sue faccende
con questo o con quel lo , a quattr’ occh i
,i n tan to che
fra Mansue to e i l Padre Let tore perdevano i l tempo
a venders i vesc iche per lan terne l’un l ’ al t ro,o a
correre lassù al Cal var io a cercar no ti z ie e le s tel le
d i mezzogiorno . Signor i m iei , bada te a quel che
fate ! ammoniva Vi to Scardo . Vin cano ques ti,
vincano quegl i al t r i,bada te a quel che fate !
Sol tan to a sera tarda sgusciava fuori un momen to
pe r p igl i ar ari a,e sen ti re quel che si diceva, e lì,
so t to gl i o lmi del la p iazze t ta , al bu io , amm,cono
scen ti,che spun tavano come funghi
,e perfino Ma
tanna ta , in gran sussurro . Alcuni d issero pure d i
averc i vi s to Scar icalas ino , in confidenza con fra Gio
bat t i s ta . Ma lanna ta poi che faceva i l mes t ie re d i
vender erbe,ed era sempre in gi ro
,ne por tava più
i 24 Don Ca ndeloro e C 3
aveva da perdere , e perciò era i nquie to, e più Vi to
Soardo d iventava un pezzo grosso,con quel l’aria d i
d ico e non dico d i chi l a sa l unga davvero . Tanto
più che verso sera mu tò i l ven to d i nuovo : bande,
fiaccola te, grida d i v i va che arri vavano sin l assù,e
non s i sapeva che credere e che pesc i p igl iare . I l
venerdì fu peggio ancora . Giorno d i l u t to , in ch iesa
e fuori,le no t iz ie che facevano a pugni fra d i loro
,
dei curios i che correvano in piazza per vedere se
c’
era ancora la bandiera al Munic ip io . La sera i re
verendi accompagnavano il Cris to morto , quando al
l’ improvvi so corso la voce Corre te ! Lassù,
al Calvario ! Si vede l a c i t tà i n fiamme ! Pi
gura tevi come res tò l a process ione ! Fra Mansue to,nel deporre i l coro in sagrest ia
,gl i tremavano le
mani . I l guard iano non era tranqu i l lo neppur lui .
In refe t tor io non s i mi se neppur l a tavola . Ciascuno ,mogio mogio
,era andato a rin tanars i nel l a sua cella
,
e aspe t tava come andava a fini re . Verso mezzano t te,
too too, fra Gioba tt is ta in pun ta d i p ied i andò a
bussare a ll’
usoio del Padre guardiano . Che è,che
non é ? Gli al t r i rel igiosi , che avevano i l suo poc'
ca to c iascuno , e la tremarel l a addosso, s tavano ad
origl iare , e quando lo videro usci re , poi , dopo mez
Papa Sis to 1 2 5
z’ora,c iascuno voleva sapere l a sua . Nien te . Si ve
dra domani , i n cap i tolo . Fra Giuseppe Maria pro
tes tava che ne aveva abbas tanza,del guardianato
,e
fra' Mansue to non voleva fasti d i neppur lu i . Basta,
vedremo . Sent i remo quel lo che consigl i a lo Spi ri to
Santo E Spun ta infine i l saba to san to,sempre
in quel l’ incer tezza. Gli s tessi c ur ios i i n piazza ; l a
bandiera sul campan i le ; la c i t tà che S i vedeva fu
mare,laggiù , dal Calvari o . In tan to , per p igl i ar tempo ,
si fecero l e funz ioni in chiesa,prima d i passare a i
voti,suonarono le campane a gl oria
, S’ i nvocò i l
Veni crea tor, e finalmen te s i riunì i l cap i to lo . Padre
Giuseppe Maria esordì con un discorse t to tu t to m iele,
tu t ta manna : La rel igione la fra tel lanza,l a
cari tà . Lu i domandava perdono a tu tt i se non era
stato al l’al tezza del la carica,men tre ne deponeva i l
peso,t roppo grave per la sua e tà
,supplica iido d i l a
sciarlo l’ul t imo degl i u l t imi , sempl ice servo d i D io .
Fra Mansue to ch inava i l capo anche lui . I l Padre
Lettore cominc iò un’
ora zione in tre pun ti,per dichia
rare che i temp i eran gravi e a reggere la comun i tà c i
voleva giust i z ia c i voleva prudenza tu tte le be l le
cose che aveva de tto fra Giobat t is ta . Però i l d iscorso
d iven tava lungo,e fra Serafino pel primo cominc iò
1 26 Don Candeloro e C.
1
a i n terrompere . Basta . Lo sappiamo . Ai voti,
ai vo ti . Le l ingue s i confusero , e successe una
bab ilonia . Allora sal tò su fra Gioba t ti s ta,ch’era s tato
zi t to,e d isse l a sua : Signor i m iei
,a che giuoco
giuochiamo ? Altro che perdere i l tempo per sapere
se deve essere Tiz io o Cai o a pigl iare i l mes tolo in
mano ! Qui si tra t ta che s tasera non s i sa chi l o p i
gl ia sul capo, i l mestolo !
Successe un pu tifer i o . Fra Mansue to,che aveva
la maggioranza, voleva approfi t tare del momen to e
passar subi to ai vo ti . Fra Giuseppe Maria pro tes tò
invece che se ne lavava le mani . Sì e no . Una
baraonda . In quel l a si udì scampanel lare m furia
al la por tineria. Un momento ! s tri l lo fra Gio
bat ti s ta come un i ndemonia to , col le man i in aria .
Un momen to ! Eccol i qua !
Che cosa ? Lo sapeva lu i solo,che uscì correndo
,
col la tonaca a l ven to . Era proprio quel l’a l tro,Scar i
ca lasino , ansan te e trafe lato , che ven iva a pigl iar
ch iesa,quas i c i avesse già gl i sbirr i a lle ca lcagna;
poi Ma lanna ta , gongolan te , e al tr i ancora , che con
fermavano la mala nuova . Vi to Soardo l i p ian tò tu t ti
in asso , e capi tò d i nuovo come una bomba in mezzo
ai reverendi che si accapigl i avano gia.
1 28 D on Ca ndeloro e C.5
colpo all a bot te,chiudendo un occhi o a tempo e
luogo,badando a non far ci arlare l e male l ingue
,a
proposi to del la Scari calas ino,o del la vedova Bro
gna,che era gelosa mat ta . Tutt i con ten ti e lu i pel
primo .
Chi r imase scon ten to fu solo Ma lanna ta che gl i
era parso d i dover mu tar vi ta anche lui,co l figl io
guard iano , e d iven tare non so che cosa . Ed era i l
solo che osasse lagnarsi .
Monaco ! Tanto basta ! Nemico d i Dio !
EPOPEA SPICCIOLA .
VERGA . Don Ca ndeloro e C.
‘
1 32 Don Ca ndeloro e C.
!
Gl i svi zzeri ! La caval l eria ! E ch i non gl i
e ra bastato l ’an imo d i piantar sub i to ca sa e paese,
al l’ul t imo momen to d isse pu re : Megl io i l danno
che l a pel le e v ia : uomin i , donne , bes tie , quel lo
che si poteva met tere in salvo insomma ; le vecchie
co l rosario in mano .
Io non avevo nessuno a l mondo,sol tan to quei
quat tro sass i al sole,l a casa
,l ’orto
,lì p roprio sul la
s trada , con tan ti soldati c he passavano ch i l i d i
ceva de i nos tr i ch i d i quegl i al t r i c i ascuno che
voleva mangiars i i l mondo cer te facce ! Cosa
avres te fa t to ? Rimas i a guard ia del la m ia casa,li
accan to,sedu to sul muricc io lo . A svignarsel a
,poi
,
c’ è sempre tempo pensai . In tan to passa un ’ ora ,ne passano due. I nos tr i avevano ti rato de i cannon i
sin l assù su l l a col l ina,in mezzo al le Vigne . Figura
tevi i l danno ! A un t ra t to gi unge uno a caval lo,
tu t to arrabbiato,che pareva volesse mangiars i i l
mondo anche l u i uno d i quel l i che i nsegnano a fars i
ammazzare agl i al tri e s i me t te a gridare da lon tano .
Allora uomini,cannon i
,mul i
,via a rompicol lo dal
l’al t ra par te ; povere vigne ! Però s tavol ta quel lo del
cavallo aveva pure la tes ta fasc ia ta ; segno che si
pi cchiavano d iggià , in qualche l uogo . Però non s i ve
Epopea’
SPJCClO
O IG 1 33
deva nulla ancora,dal le nos tre parti . I l paese qu ie to ,
l a via deser ta,l a c i t tà che pareva tranqu i l la anch’essa ,
come se non fosse fa t to suo , sdraiata in r iva al mare ,
laggiu , e l e fregate che andavano e ven ivano i nnanz i
e i ndie tro,fumando . Ques ta è l ’ora d’andare a
mangiare un boccone,d ico io
,dal l’al ba che s tavo
pian ta to l ì come un minch ione .
In quel la si met te a tuonare,l assù
,nel la mon
tagna . Uno , due , tre , i nfine un tempora le a c ie l se
reno,in quel la bel la giornata d i Venerdì San to che
dovevano succedere tant i pecca ti . Buono ! Addio
vogl ia d i mangiare un boccone ! LO s tomaco se n ’era
già bel l’ e sceso in fondo al le calcagna
,con quel l a
sol fa. A buon conto è megl io correre a casa,e s tare
a vedere come si mettono le cose da d ie tro l’usc io .
Scendo quat to quat to da l muricc iolo,e fi lo carpon i
lungo la s iepe . Le Prosc imo al lora m i ved ono pas
sare ; l a vecchia apre un po’ d i fines tra,e si me tte
a s tri l lare : O z io Lio Cosa succede ? Per
amor di D io ! C ’ era anche la figliuola ,Nunzia
,
dietro la madre,più morta che v iva anche le i ; tu t t’e
due che non sapevano far a l tro : Signore Ma
donna Ahimé ' Bene d ico io chiudotevi
in casa . Stiamo a vedere.
1 34 Don Ca ndeloro e C.‘
Mi ch iudo i n casa m ia anch ’ i o , e s ti amo a vedere .
Niente . Non passa un cane . La pace degl i angel i da
ques te par ti . Sol tan to lassù che si d iver tono sempre
a cannona te . Buon pro v i facc i a ! Tanto,qui
i l sangue non arr iva , quando v i sare te accoppat i
tu t t i . Po teva essere mezzogiorno,a occh io
,ché
i l sagrestano non c i s i arrisch iava cer to sul campa
n i le quel la vo l ta . Quasi quasi m’
arrischio a mettere
i l naso fuori d i nuovo, quand
’
ecoo,crac
,i l te t to dei
Minola che rovina,e po i un al tro
,li a due passi .
Le pal le c i p iovono su i te t t i , adesso !
Che vedeste ! Chi é rimas to a fare i l b ravo va a
c‘acc iars i so t to i l l e t to . Al tr i che S’ erano rin tanat i
nel le can t ine o in qualche buco,sal tano fuori al
l’
impazza ta . Pian ti , grida , un baccano d ’ i nferno . lo
andavo correndo d i qua e d i là per la casa,senza
sapere dove fi c carmi, talmen te ogn i co lpo me lo sen
t ivo fra capo e col lo . Aiuto ! Cri s t ian i ! gri
davano le Proscimo . C’
é c r is t ian i e turch i in quel
momen to ? Malede t te donne che ce l i t i rano addosso,
ora ! Eccol i i nfa tti che arri vano , prima d ieci , poi
ven ti,poi
,che v i d ico ? un fiume . Soldat i e po i sol
dat i che si vedono passare dal buco del la ch iave ,
per più d i un’ora
,a pied i , a caval lo , con cer ti can
336 D on Ca ndeloro e
campagnol i ! Noial tr i non c ’en triamo col la guerra.
A ch i d i te ! Come parlare al muro . E a capire
ciò che dicevano loro , peggio , con quel l inguaggio d ibes t ie che hanno . Andate a far sen t i r ragione al le
bestie ! La Proscimo che c i s’era provata con uno
che le sembrava p iù facci a da cri s tiano , un ragazzo
addi r i t tura , b iondo come l’oro, fine e b ianco d i pel le
che sembrava una donna,cercava d i addomes ticarlo
narrandoi guai e miser ie . Sono una povera ve
dova con due orfani sul le spal le ! Ci avre te la
m amma anche vossignoria , l aggiù al vos tro
S issignora che quello invece le adocch ia la figliuola ,e ti rava a fars i in tendere co l le mani , giacché col la lin
gua non s i cap ivano né le i , né l u i . L’uno peggio del
l ’al tro,in una parola . Gen te venuta da casa de l dia
vo lo ad ammazzare e fars i amm azzare per un tozzo
d i pa ne . Dopo che ebbero bevuta l’ acqua , vol lero
bere i l v ino , e dopo vol lero i l pane , e dopo volevano
anche l a ragazza . Ah , l e donne , poi ! Qui non si usa !Paz ienza la roba , e tu t to i l res to . Ma anche le donne
adesso ? propri o so t to i l mos tacc io ? Allora era me
gl io pigl iare lo sch ioppo anche no i , e come fin iva,
finiva . Vero ch’ erano in tan t i , e facevano tonn ina
de l v i l laggio in tero ! La Nunzia,però una ragazza
o/>ea s/ u'
cciola 1 37
onesta quel d iscorso so t to gl i occh i dell a madre
e dei vi cini , per Url i , graffi , mors i , S i
difendeva come una l eonessa . E la vecchi a ! Ave tevis to una chiocc ia, che é una ch iocc ia , se la toc
cano nei pulc in i ? Insomma , sul p iù bel lo sal ta inmezzo anche i l ragazz ) de i M inola, che s tava abbe .
verando quoi p arc i l u i pure con quel bel cos tru tto .S al ta in mezzo , e si m atte a d i r b at te da orb i
con un pezzo d i l eg no che t rovò lì nel corti l e o
che gl i premesse la ragizz l , v ic in i come erano, op
pure che gl i sia andato i l sangue agl i occh i fina lmente; dopo tante soperch ier ie . B otte d i orbi , a : hipigl ia
,pigl ia .
Ma ch i l e p igl io peggio fummo noi poveri d iavol i
del paese,Le case arse
,i poderi d i s trut t i
,i l ragazzo
Minola con una baione ttata nel la panc ia,l a mamma
Proscimo r idot ta povera e pazza e Nunzia con un
figliuolo che non sa d i ch i s ia, adesso.
Nel monas tero d i San ta -Maria degl i Angel i c’era
sempre s tata proprio la pace degl i angel i . Non d i
sputo né combriccole quando tra t tavas i d i r i el eggere
la superi ora,Suor Maria Faus tina , che reggeva i l
pastorale da ven t’anni , come i Mongiferro da cu i
usciva tenevano il bas tone del comando ne l paese ;
non l i t i fra le monache pel confessore o per l a no
mina delle car iche del la comuni tà . Le cari che si sa
peva a ch i andavano , secondo la nasci ta e l ’ i n
fluenza del paren tado . E come suol d i rs i che i l mo
nastero é un p iccol o mondo , anche li den tro c ’erano
le sue gerarchie , ch i d isponeva d i un pezze tto d’or
ticello , e ch i no , ch i aveva le sue camere ri serba te
sot to ch iave , le sue gal l i ne segnate a lla zampa, e i
giorn i fissi pe r servi rs i delle converse e del forno dellacomunità . Ma senza i nvid ie, senza gelos ie , che son
1 42 D on Ca ndeloro e CJ
l ’opera del demonio e me t tono la d iscord ia dove non
regna il t imor di D io e i l p rece t to d ’
obbedienza . Già
si sa che tu t te l e d i ta della mano non sono egual i
tra d i loro,e che anche nel Tes tamen to Antico c’erano
i Pa tr i arch i e le Po tes tà . A San ta Maria degl i An
gel i I’ abbadessa e la cel lerar i a erano sempre sta to
una Flavitto o una Mongiferro : dunque vuol di re
che COS I doveva essere,e a nessuna ven iva in mente
d i Iagnarsene . Se nascevano del le ques ti on i a lle vol te
Dio buono,s iamo nel mondo
,e ne nascono da
per tu t to suor Faus tina colle bel le maniere, e Don
Gregor io suo fra tel lo CO I sorbet tie i trat tamen t i che
mandava per tu t te quan te le religiosé, nelle fes te SO
Ienni,man tenevano nel conven to il buon ord ine e il
princip io d ’au tori tà…
Ma un bel giorno ques ta bella pace degl i angel i
se ne andò in fumo . Basto un’
inezia e ne nacqi1e un
d iavolio .Padre Cice ro e padre Amore , Iiguorin i e c im
'e
d’uomini,vennero in paese pel quaresm ale e fon
darono l’
Opera de l D ivino Amore , con sermoni ap
propria tie so ttoscriz ion i pubbl i che fra i fedel i . Se
ne parlava da per tu tto . Le buone suore avrebbero
volu to vedere anch’ esso d i che si t rat tava . Però il
1 4 4 D on Ca ndeloro e C.
i
via d i corsa . Peou -Pecu,povere t to
,ogn i vol ta correva
a cercare la sua figliuo la d i qua e d i la, fra gl i al tri mo
nell i,nei trivii
,fuor de l paese
,die tro le s iep i d i fichi
d’India pure
,e la ri conduceva per un orecchi o al con
vento,Suppl icando la madre badessa d i perdonarlo
e ripigliarsela per amor d i D io . Alla ragazze t ta che
si r i bel lava poi, e s t ri l lava r ivol to landos i in g iro per
terra,s trappandos i ves ti e capel l i
,e non vole va s tarci
,
carcera ta in conven to , Peou—Pecu tornava a d i re :—'
Bellonia ,abbi Per amor del tuo
Dammi ques ta conso lazione a l papà !
Bellonia non voleva dargl i e la . Vedendo che non
poteva escirne,d i gabbia
,o dopo tornava a cascarc i
sempre,cercò il modo e la maniera d i farsene cacciar
via dal le monache s tesse . Attaccò l i te con questa e
con quel la , mise zi zzan ie , i nven tò pet tegolezzi , fece
al tre mille d iavoleri e , e non giovava nien te . Pecu—Peou
accorreva,pregava
,suppl i cava , faceva in tercedere
ques to e quel l’al t ro , Si g iovava della pro tez ione d i
Dori Gregorio Mongiferro e degl i altri pezzi grossi ,ch’eran tu tt i suo i debi tori , mandava regal i al con
ven to,e Bellonia vi res tava sempre . Tan to , suo padre
s i e ra incaponi to d i lasc iarveia a imparare I’ educa
z ione,s ino a che la mari tava .
L’
opera del Divino Amore 1 4 5
T u damm i ques ta conso laz ione , e il papà in
cambio t i con ten tera in tu t to que l lo che des ider i .
Pensa e ripensa,i nfine Bellonia d isse che voleva
quel l i del Divino Amore , e Pecu-Peou fece ven i re ir
due padri Iiguorin i a s ue spese . Quares imale in re
gola a Santa Maria degl i Angeli , con organo , mor
ta let ti e suono d i campane,
Dopo due giorn i sol i che padre Ci cero e padre
more fecero sen t i re l a parola d i Dio a modo loro,
povere monache parvero ammat t i te tu t te quan t’e
no . Chi fu presa dagl i scrupol i , e ch i s i trovava
giorno un pecca to nuovo…Es tas i d i bea ti tud ine ,r i re l ig ios i
,novene a ques ta O a quella Madonna ,
ni, c i l i z i , disc ipl ine che levavano i l pelo, Parec
ie si accusarono pubb l icamen te indegne del velo
ro . Suor Cand ida, per mor t ificazione , non s i l a
a più neppur le mani , suor Benede t ta por tava
funicel l a d i pol o,d i capra sul le nude carn i
,e suor
arr ivò a me ttere de i sassol in i nel le scarpe .
suor Glor iosa i nfine la pred ica dell’Inferno aveva
to dar vol ta comple tamen te al cervel lo,e andava
rbo ttando per ogni dove Gesù e Maria ! San
ichele Arcangelo ! Bru tto demonio,va via !
Siccome la gra zia poi toccava i cuor i per boccaVERGA . Don Ca ndeloro e C '! 1 0
1 46 D on Ca ndeloro e C i
de i due pred ica tori fores tieri,le suore se l i rubavano
al confess ionale , a l parla torio,Ii assediavano s ino a
casa per mezzo del sagres tano,co i dubb i sp ir i tual i
,
co i cas i d i cosc ienza , co i vassoi p ien i d i dol c i . Alla
madre abbadessa fiocoavano l e domande del le rel i
giose, l e qua l i ch iedevano l’ uno o l ’al tro de i due
padr i Iiguor in i per confessore s traord inario . Invano
suor Maria Faus t ina,che a i suo i ann i era nemi ca di
ogn i novi tà , rifiu tava il permesso , anche per riguardo
a Don Mat teo Curc io , che era il cappel lano ordina
r io del mon as tero . Le monache r icorrevano a l vica
r io,al l’ arcipre te
,s ino a l vescovo , i nven tavano dei
peccat i r i servati,
Si lamen tavano che Don Mat teo
Curc io era duro d'
orecchio , non dava quas i re tta :
Ghora si Gnora no Il o i n teso Ti riamo
nanzi.,Qualcheduna giunse ad accusarlo . d i
cascare le pen i ten t i in d ist raz ione , con que lla ba
sudic ia d i o t to giorni,che in un servo d i Dio no
isp irava alcuna devoz ione .
Invece i due padri forest ieri , quell i si che sape
vano fare iL’
uno,padre Amore
,che por tava i l no
con sé,un bel l’ uomo che s i mangiava l ’ar ia , e
ceva tremar la ch iesa in ce rt i pass i della predica
padre Cicero,un ar tis ta nel suo genere , tu tto
1 48 Don Ca ndeloro e C.
‘
Maria Conce t ta , o doveva fare una magra figura,0
non s i poteva me ttere i n graz ia d i Dio co l confes°
sore fores t iero .
Perc iò suor Celes ti na fu cos tre tta a pri vars i del le
due un iche gal l ine , e suor Benede t ta , che non aveva
al tro , dove tte sol lec i tare l a graz i a d i l avare col le sue
mani la biancher i a d i Padre Cicero . Ogni fiore è
segno d ’amore . — I due reverendi pro tes tavano,pa
dre Cicero spec ialmente , che c i s tava alle convonienze : Non vogl i o . Non posso permet tere .
Una vol ta finse pure d’andare in col lera con Don Raf.
faele, i l sagres tano , che non c’ en trava per nu l la a f,
fa t to,e d i quel le scene non ne aveva v i s te cogl i al tr i
p re t i,s tomacato dalla commedia in cu i padre Amore
rappresen tava po i l a par te d i pac iere e p igl iava l u i le
paste e i regal i , per non mandarl i indietroe E per
non di r neanche grazie ! borbo t tava Don Raffaele
tornandosene a mani vuo te . Ma infine , s i a padre C i
cero o padre Amore,i reverend i p igl i avano ogni cosa
,
a somigl ianza degl i apos tol i che erano pescator i e
usavano la re te. Tu tt i i g iorni , dal monas tero ai Cap o
pucc in i,dove e rano al loggia t i padre Amore e padre
Ci cero , andava su e giù Don Raffaele,poveraccio
,
’
carico d i vassoi e d i canestr i p ien i d i regali,si cché
L’
o/>era del Divino Amore 1 49
una vol ta Don Matteo Curc io,non per i ndisc rez ione
,
ma per saper d i re il fa t to suo a tempo e l uogo col l e
antiche peni ten ti,se mai
,l o fe rmò per v ia
,e vo lle
cacc iare il naso so t to i l tovagl iuo lo che cop r iva i l
canest ro .
Caspi ta , Don Ra ffae le ! Dev’
esser fes ta solenne
anche per vo i,con tan te mance che v i daranno i l i
guorini !
I l sagrestano gl i r i spose con un’
occhia taoc ia .
Mance,eh Neanche uno spu to in facc ia
,vos
Retribuere, Domine, bona f a cientibus, che
non cos ta
Figuriamoc i Bellonia , che aveva fa t to la spesa de i
Iiguorin i,e credeva d i averl i tu t t i per sé ! Vi l lana
senza educazione com’e ra,s i d iede a insolen t i re que
s ta e quel l’a l t ra . Suor Celes ti na che s tava a l con
feSsionale mezze giornate i n tere . Suor Mar ia
Conce t ta che s’ accaparrava padre Amore . Suor
Celes t ina che basi va d inanz i a padre Cicero. La
gelosia del monastero i nsomma , Dio ne scampi e
l iberi . La madre abbadessa al lo ra fece a t to d ’au tor i tà ,per met ter frena al lo scandalo . Nien te Iiguorini .
Nien te con fessori straordinarii. Chi voleva ri correre
al Tribunale della Peni tenza c’era Don Mat teo Cur
1 50 Don Ca ndeloro e C !
c i o,i l cappel lano sol i to , nessuna eccet tuata , a comin
c iare d alla Flavetta , ch’
è tu t to d i re . Suor G abriel la
non disse nul l a,ma non s i confessò neppure
,né coi
I iguorin i,né col cappel l ano ord inari o
,quind ic i giorn i
i n te ri . La superiora quind i , a far vedere che non era
una Mongiferro per nul la
Suor Gabriel la , prece t to d ’
obbediehza,andate
a confessarvi da Don Mat teo Curc io .Suor Gabriel la fece anche ques ta
,s i presen tò al
confess ionale,c on quell
’
a lterigia d i casa Flave t ta
Son venu ta a fare a t to d ’
obbed ienza al la madre
badessa . Mi presento .
E nul l’al tro . I l povero Don Mat teo Curci o,buono
come il pane , non poté frenars i ques ta vol ta .
Voi al tre s ignore monache sie te tu t te superbe,
d isse,ma vossignori a é l a p iù superba d i tu tto.
Bellonia però tenne duro : O i l padre l iguori no , o
n ien te . Pecu-Peou dovet te tornare a infi la re i l ves t i to
nuovo e veni re a i n tercedere . L’ abbadessa dura
lei pure .
Anche le educande adesso ? Ci voleva anche
ques ta adesso ! Perché lo tengo padre Curci o al lora ?
Peou-Peou , che gl i cuoceva ancora la spesa dei
Iiguorin i,non sapeva dars i pace . O bel la ! Come
1 52 Don Ca ndeloro e C.!
dessa mon tò su tu t te le furi e con tro Bellonia,e le
appioppo una bella pen i tenza,i l g iorno s tesso
,i n
pubbl ico refe ttorio
Donna Bellonia , mangere te co i ga t t i , per i nse
gnarvi i l prece tto d’
umiltà sen tenziò suor Maria
Faus tina col la voce nasale che met teva fuori nel le
occas ion i in cui l e premeva far vedere da ch i na
scova .
La ragazzaccia , come se non fosse s tato fatto sno ,se ne s tava tranqu il lamen te ginocch ion i nel bel mezzo
del refe ttor i o,sedu ta su l le calcagna , colla discipl ina
al col lo,e l a corona d i sp ine in capo , e per ingannar l a
noi a con tava quan t i boccon i faceva in tan to suor Agnese
con mezzo uovo , e quan te moschemangiavano nel lo
s tesso p ia t to con suor Cand ida . Posc ia cavo fuor i d i
tasca p ian p iano l’agora io , e s i d iver ti a far passare
gl i agh i da un bocc iuolo al l ’al tro . Tu tt’ a un tra tto,
mentre suor Speranza dal pulp i to faceva la le t tura,
e l e al tre rel igi ose s tavano zitto e i n ten te co l naso
su l p ia t to,s i udì l a figliuola d i PecrrPecu ,
da vera
figl ia d i tavernaio che era,a sbadigl iare in musi ca .
La superiora p icch io severamen te su l bi cch iere cdl
col tel lo,e s i fece s i lenz io .
Donna Bellonia ! prece tto d’ obbedienza,fare te
L’
opera del D ivino Amore 1 53
subi to subi to tre vol te la via crucis ginocchi on i , co l
l i bano e la corona d i sp ine !
La ragazza spalanco gl i occh iacc i mezzo assonna ti,
ancora a bocca aper ta,e domandò
Perché,s ignora badess a ?
Per insegnarvi l’ educaz ione
,donna vo i !
al sol i to !
Poi , sempre sedu ta sul le calcagna in mezzo a l re
fettorio,cominc iò a s trappars i d i dosso la corona d i
spine e la funicel la sparsa d i nodi s tri l lando :
Io non vogl i o s tarc i qu i,l o sape te !… E mio padre
che vuo l tenerm i qui,
finché m i
L’ha preso per una l ocanda i l monas tero, l
’
ha
preso ! d isse for te suo r Benede t ta . Anz i l ’ ha
preso per un’ os teri a !…
G ià,
Vossignori a che l ava to i fa zzo
le t t i d i padre C icero per sen t i re l’odore del suo ta
Come se non fosse
Scoppio una tempes ta nel refe t tor i o . Suor Mari a
Conce t ta l asc iò la tavola forbendos i l a bocca col to
vagliuolo a p iù ri prese, quas i c i avesse del le porche
r ie ; suor Gabriel la arr icc io i l naso adunco dei Fla
ve tta,spu tando d i qua e —d i la. La superio ra po i
Sembrava che l e ven isse un acciden te , gial l a c ome lo
1 54 D on Ca ndeloro e C 1
zafferano,col la voce che dal la col lera le t remava ne l
naso e fra i canin i malfe rmi . Tut te quan te che se
la prendevano con Donna Bellonia,ritto in p ied i
,VO
c i ando e ges ticolando .
Siss ignora ! ostinavasi a d i re la figl i a d i Peou
Pecu co l l a facc ia tos ta d i monel la . Come non s i
Suor Mari a Conce t ta che gl i imbocca i
b isco tt in i col le sue mani,a padre Cicero !… E le male
parole che suor Gabriel la ha de t to a suor Celes t ina
perché le ruba padre
E uno scandalo ! una porcheri a ! s tr i l lavano
tu t te i ns ieme .
Suor Gloriosa,cogl i occh i fuor i del l ’orb i ta
,andava
borbot tando
Gesù e Maria ! San Michele Arcangelo !
Libera nos,
Siss ignora ! l e porcheri e le fanno l oro pel con
fossore . I o non ho potu to averlo,il confessore fore
s t ioro , perché non son figl i a d i barone !.
La superiora,r i t ta sulla predel l a abbaz iale
,r iesci
i nfine a far ud i re l a sua voce in false t to
Lo scandalo l o fo cessare i o ! Da ora i nnanz i i l
so lo c on fessore d i tu t ta l a comun i tà sarà Don Mat teo
Curc io,come Prece t to d ’
obbedienza ! La ma
1 56 Don Ca ndeloro e C.‘
che non sapeva frenars i,s ingh iozzava addiri ttura
come una bambina,so t to il velo nero . E Bellonia
che doveva udire e inghio t tir tu t to .
Gonfia , gonfia , l e venne in men te al l’ improvviso
l ’i sp i raz ione buona .
Terminato i l t r iduo,spen t i i l um i e paga te le spese
,
padre Amore e padre C icero vennero a r ingraz iare
le s ignore monache e a prender congedo dal le figl ie
pen i ten ti,una dopo l ’al t ra
,per non destar gelos ie.
Le povere t te figura tevx in quale s ta to , e padre Ci
cero cavando d i tasca i l fazzole t to ogni momen to,
quas i gl i si spezzasse i l cuore a quel la separaz ione .
A un t ra t to,in mezzo al l a scena mu ta che succedeva
fra pad re Amore e suor Celes t ina,tu t t’e due col le la
grime agl i occlu,sal tò in mezzo anche Bellonia , come
una spi ri tata , e ne fece e d isse d’ogn i sor ta . Pian ti
,con
vulsioni, s tr i l l i che s i udivano dal la p iazza , tan to che
corsero i v ic in i . Pecu—Pecu, Don Matteo Curc io , ed an
che gl i sfaccendat i de l la farmacia . E poi , quando vi de
i l parlator io p ieno d i gen te,Bellonia simise a gridare
che voleva andarsene co i padri Iiguor in i , che c i aveva
i l cuore at tacca to con ess i un pu tife rio . Saltò su
al lo ra la Madre Abbadessa,come una furia , e se l a
p rese con tu t ti quan ti , a cominc iare dai l iguorin i .
L’
opera del Divino Amore
Ah ! È ques ta l’ opera del D ivi no Amore che
i n tendete vo i ? Non son ch i sono se non vi facc io
pen ti re ! Scrivero a mons ignore ! Vi farò togl i e re l a
messa e la confess ione ! Vedre te ch i s ieno i Mongi
ferro
Quei pover i servi d i Dio se ne andarono pi ù
mor t i che V IVI , l a madre abbadessa fu ,cos t re t ta a
m andar via quel d iavolo d i ragazza,s tavo l ta
,e Pecu
Pec u dove tte r ip igl i ars i l a sua Bellonia , c he non prese
i l D amm, ma vinse i l pun to .
S tavol ta i l quares imal is ta , per far colpo su quel le
tes te d’ asin i che ven ivano al la predica t i ra t i propr io
er l a cavezza,e po i tornavano a far peggio d i
ima,i mmagino un colpo d i scena ; che se non gio
ava . quello , prediche o sermon i era tu t to come la
re la tes ta al l ’ asino davvero: Fece nascondere nel la
vecchia sepol tura , la sot to i l pavimen to del la ch iesa ,Il sacres tano e due o tre al tri, cu i aveva prima in
segnato la par te , e poi d isse : Lasc ia te fare a me .Cadeva gius ta l a pred ica dell’Inferno , in fine degl i
eserci z i spi r i tual i , e la ch iesa era p iena zeppa di
gente,ch i per un verso e chi per un al tro
,ch i per
dine del giudice (che a quei temp i i l t imor d i Dio
nsegnava col la sbi rragl ia) e ch i per amor del la gon
la . Gli uomini a sin is tra,da una par te
,e le donne
VERGA ; Don Ca ndeloro e CJ u
1 62 D on Candeloro e C.!
dal l’al tra . I l p red ica tore mon tato su l pulp i to d ip ingeva
al v ivo l’Inferno , come se c i fosse s tato . E poi a ogni
t ra tto tuonava,con un vocione spaven toso : Guai !
Guai !
Come tan te cannonate. Le donne raccol te in brano
dentro i l recin to a des tra del la navata, ch inavano
capo sgomen te,a ogn i colpo , e lo s tesso don Ge
Pepi,c h’era don Gennaro Pep i ! si p icch iava i l pet
in pubbl ico , e borbo t tava ad a l ta voce : Pietà e
m iseri cordia , Signore !
Ma c ’ era poco da fidars i , perchè ogni g iorno ,prima d i scor t i care i l p rossimo a qua ttr
’ occhi,Don
Gennaro Pep i torn ava a me tters i in grazia d i Dio
andando a messa e a confessi one , e quan t i erano
al l a p red ica po i , si sapeva che Sarebbero torna
a fare que l che avevano fa tto sempre .
Guai a te,r icco Epulone , che t i se i ingrassa
col sangue del povero ! E tu , Scri ba e Parise
spogl i a tore del l a vedova e
Ques ta era pel no tai o Zaccò. E ce n ’era per t
gl i al tr i : pe l barone Scampol o che aveva una l i
co i RR. PP . cappucc in i ; per don Luca Arpone ,quale v iveva in concubina to col l a mogl ie del
tore ; pe l fa ttore che s i r ifaceva al la sua vo l ta 5
1 64 Don Ca ndeloro e
tornassero a pizzi carvi tu tte le pu lc i degl i scrupol i
vecch i e muom,al
*
sentire spea almente le frus tate
del l a d iscipl ina che davasi l aggiù , al bu io, quel buon
cr ist iano d i Chel i Mosca , famoso ladro , che era ve
nu to a dare i l buon esempio e mos trare che mu
tava v i ta, l ì , so tto gl i occh i s tess i del giud ice e del
cap i tano gius ti z iere emg-c 1ang col la c igna dei cal
zoni . Che poi , se mancava un pol lo i n paese , anda
vano subi to a cercar lui , sangue d i Giuda l adro !Gl i
uomini,dal can to loro , tenevano duro , bene o male .
Ma nel rec in to del le donne la parola d i D io faceva
mi racol i add i ri t tura : sosp i ri , bron tol i i , soffiate d i naso
che non fin ivano p iù ; e ch i aveva la cosc ien za pul ita
ringraziava i l S ignore in facc ia a tu tt i quant i 60
mm populo e tan to peggio per qualcun’ al tra che
non osava levare i l naso dal l i bro d i messa , Donna
Cri s tina—del—giud ice a mo’ d’esempio , o la Caolina ,messa in d ispar te come un’
appesta ta , con tutt i i suoi
fronzol i e i l puzzo d i musch io c he ammorbava .
A che t i gioveranno , Maddalena impen i ten te, l e
ch iome profumate d i mirra e d ’ i ncenso , e i vezz i
Donna O rsola s i turo i l naso,s tomaca ta dal lo scan
dalo che recava in ch iesa la Caolina , poichè gl i uom in i
I l pecca to di donna Sa n ta 1 65
per s imi l i donnaccie t rascurano fino i l sacramen to del
matrimonio,e vi lasc iano muffire i n casa le figliuole,
senza con tare po i gl i al tr i inconven ien t i che ne na
scono : l e ragazze che per ai u tars i s i a ttaccano pure
a uno spian ta to senz’arte nè par te , come Ninì Lanzo
i padr i d i famigl ia che con t i nuano a corre re l a ca
val l ina a Guai agl i adul ter i e ai
l ussuri os i
Ehm ! Ehm !…
Ora che i l pred icatore si era bu t tato addosso al set
t imo peccato mor tale , e d iceva pane a l pane, l a po
vera Donna O rsola si sen tiva su l le sp ine per la
figliuola , che sgranava gl i occh i e non perdeva una
sol a parola del la p red ica . Tossi, si soffiò i l naso ; in
fine cominciò a farle l a predica a modo suo che le
ragazze in ch iesa devono s tare composte e raccol te,ascol tando sol o quel lo che sta bene per loro
,senza
b isogno d i fare quel V1‘SO sc iocco , quas i i l servo d i Di o
parlasse
Parlava come sant’Agostino i nvece il predica tore ;tan to che si sarebbe ud i ta volare una mosca ; l a
s tessa Caolina s i era calato i l manto sugl i occh i e
pareva contri ta anche lei.
L’
uditorio era così pene tra to dal sogge tto del la pre
1 66 Don Ca ndeloro e C 5
d ica,che vecchie d i c inquan t’ann i tornavano ad ar
rossire come z i te l le, e le più i nfervorate guardavano
d i traverso Donna San ta Brocca,l a mogl ie del dot
tore,che era venu ta al la pred ica con un ven tre d i
o t to mes i ch e faceva p ietà, e si sen t iva mor i re so tto
quel le occh iate,povere t ta .
Una san ta donna davvero però cos te i , t imorata d i
D io,sempre tra pre t i e confess ion i
,tu t ta del la casa e
del mari to,tan to che gl iela aveva e
.
mpi ta d i figli uol i
la casa . E i l mari to unt - liber tino , uno d i quel l i
ch e andavano a cosp i rare nel la farmac ia Mondel la
ogni vol ta che sua mogl ie met tevasi a.
letto ? co i do
l or i del par to ,se l a p igl i ava con Dio e cor sacra
menti,spec ie quel l o del ma tr imon io
,t al ché l a pove
re t ta p iangeva nove mes i i n ter i quando tornava ad
essere i n que l l o s tato .
Ma stavol ta Donna Santa gl i ene fece una p iu grossa
del le al tre . E vero che i l d i avolo e i l pred icatore c i
misero la coda con quel la scena del l’al tro mondo
che i l quaresinia lisìa aveva'
prepara to a fin d i bene
però.Men tre sgolavasi a gridare : Guai a vo i, l ussu
riosi! Guai a te,adul tera ! apparvero le fiamme
del la pece greca nel bel mezzo del la ch iesa , e si udirono‘
i l sagres tano co i compar i che s tri l lavano : Ahi !
I 68 Don Ca ndeloro e C.?3
ri camate,scavalcando seggiole e panche megl io d i una
capra . Una baraonda da farvi badare al por tafogli o
o all a catenel la del l’ orologio,se era i l caso
, chè i l
g iudice a buon con to appioppo una s tangata sul le
spal le a Chel i Mosca,per tenerlo in riga .
Infine,qualche bene in tenz ionato, coll
’
aiuto de l giu
dice e del le al tre autorità, sgr idando , s trep i tando ,p igl iando la gen te per i l pe t to del ves t i to , correndo
d i qua e d i la come can i i n torno a l gregge,r iusc i
rono a met tere un po’d ’ ordine e ad avviare la pro
cessione che doveva recars i al la Matri ce , come al
sol i to,per r ingraz iare i l S ignore , l a c i urmagl ia in
nanzi,al la r infusa , a Spin te e a sdrucciolon i per la
viuzza d i rupa ta , e i_ gal an tuomin i d ie tro, a due a due,col la corona d i spi ne e l a d is c ip l ina a l co l lo
,che da
ogni par te correvasi a veder p assare a quel modo i
megl io signor i del paese,baron i e p ezz i grossi
,cogl i oc
ch i bassi,e le fines tre erano gremi te d i bel le donne
una ten taz ione per quel l i che passavano in proces«
s ione col la corona d i spi ne in tes ta . Nel terrazzino del
pre torio Donna Cri s t in a—del—giud ice ch iacch ierava
col le sue amiche, e faceva gl i onori d i casa quas i fosse
la padrona .
Sicuro ! Donna San ta Brocca ! Bisogna d ire che
I l pecca to di donna Sa nta
c i abbia d i gran porcheri e sul l a cosc ienza ! L’ avre
ste de t to , eh ? una mascherona come le i ! E si faceva
passare per san ta ! Anche suo mari to farebbe megl i o
ad apri re gl i occh i in casa sua,i nvece d i sparlare
d i tu t to e d i tu t t i !
I l dottor Brocca , che era realmen te un giacobino ,un malal ingua d i quel l i del la farmacia Mondel la
,
e andava in giro per le sue vis i te,i nvece d i a scol
tare la predica e d i segui re la p rocess ione,come
eppe i l cas tigo d i D io che gl i e ra cap itato addosso,
e gl i por tarono a casa la mogl ie p i ù mor ta che vi va,
cominciò a s trepi tare e a prendersela col quares ima
l is ta , cogl i eserc izii sp i ri tual i , e col Governo che per
me tteva‘
s imi l i i mpos ture e‘tiravano ad accopparv i
una gestan te con quel le commed ie ; finchè i l g iudice
lo mandò a ch iamare in pre torio a d audz°
endum ver
bmn, e gl i fece una bel la l avata d i capo : che i l Go
verno è quel lo che comanda,e non sare te voi
,mio
caro,che gl i i nsegnere te c iò che deve fare . Ave te
cap i to ? E i l quaresm alista appar teneva a quell’
ordine
dei reverend i padri Iiguorin i che si facevano sen t i re
sino a Napol i,e andavano gi rando e pred icando pe r
no tare a l ibro maes tro buoni e ca t tiv i! c i t tad ini,come
fa san Pietro in paradiso, per con to dei super iori .
1 7 0 Don Ca ndeloro e C.‘
G ia vo inon s ie te nel l a pagina pul i ta , caro don Erasmo!
Che s ie te s tanco d i fare le vos tre v is i te , adesso , e
vole te ri posar vi in qualche carcere d i S ua Maestà ?
Fa tevi i fat t i vos tri , p iu t tos to . Ave te capi to ?
I fa t ti suoi erano che sua mogl ie s tava per la
sciarlo vedovo , con c inque figl iuol i su l le spal le,po
vero Don Erasmo , e per giun ta, nel del i r io , essa gl i
sp ifferava so t to i l naso cer te cose che gl i facevano
d rizzare le o recch i e,pur troppo !
Guai a ll’adultera ! Guai a i l ussurios i Sono in
peccato mortale S ignore ,Quel lo che aveva sen t i to al la p red ica
,i nsomma .
Ma Don Erasmo , che non ,era s ta to al la pred ica , non
sapeva che pensare , sgranava gl i occh i , si faceva d i
tut t i i c ol ori , balbe t tava ansioso
Eh ? Che d ic i ? Eh ?
Non che sua mogl ie avesse mai da to occasi one a
sospettar d i l ei , povere t ta, c on quel la facc i a ! che sa
rebbe s ta ta una vera bi rbonata a vole rgl i fare quel
t i ro al do t tor Broc ca , un al tro che non c i fosse ob
b liga to , come vi era cos tre tto l ui , pur troppo, per amor
del la pace,per accon ten tare la mogl ie che aveva la
tes ta p iena del le d iavoler ie de i pre t i,e osservava con
fervore tu t t i e c inque S’
intendeva l ui ,
1 7 2 D on Ca ndeloro e C.!
Almeno gl i sembrava ! Giacché , quando v i si è
fi cca ta una di quel le pu lc i nel l ’ orecch io un galan
tuomo non sa più che pensare . Vi to ’
Nzerra non
era venu to a riferirgli pure le ch iacch iere che fa
ceva correre Donna Cristinadel-giud ice , quel la pe t
tegola,in sud iciando anche lu i
,povero galan tuomo ?
Le ch iacch iere non fin ivano più : forse Donna San ta
era usc i ta d i casa che non si sen t iva bene quel giorno :
o una mala luna nel la gravidanza ! o qualche sp in
tone del la fol la : eques to , e ques t’al tro ; oppure aveva
avu to che d i re col mar i to : Di te la veri tà,eh
,don
Erasmo La la Nonsi può sa
pere la veri tà ! Don Erasmo , che s i sen tiva scop
piare,l a bu ttò alfine in facc ia al la Borel l a e a due
o tre al tr i fidat i : —Non vogl iono che si d ica la ve
pre t i , sb irri , e quan t i sono del la baracca de i
burat t in i che menano gl i imbec i l l i per i l naso !
propri o come le marione tte e t i rano ad accopparvi
una gestante con s imil i pagl iacc ia te !…
Ma no !Ma no ! Siamo s tate tu tte al la p red ica…
C’ero anch’i o A nessuna è successo n ien te .…
Al lora !
Allora non sapeva che d i re i l povero don Erasmo ,cogl i occh i s tral unat i e la bocca amara . Tornava a
I l pecca to di donna Sa nta r7 3
suppl icare l a mogli e,prendendola col le buone
,col la
facc ia atteggiata a l r iso , men tre preparava deco tt i e
l’
abbevera va d i medic ine : Dil l a al tuo mari t i no la
Cos’
è ques to pecca to Che devo perdonar ti ?
Come parlare a un muro . Donna San ta non dis
serrava neppure i den t i per ingh io tti re’ l e med ic ine,
al le vol te ; oppu re , se parlava , tornava a battere la
s tessa solfa d i cas tigh i , d i pecca t i gravi , d i l ingue d i
fuoco che aveva sempre d inanz i agl i occh i .
Ah ? Non .posso sapere nemmeno cosa è suc
cesso in casa mia , ah ? sbu ffava a l lora furi bondo
don Erasmo rivol to a Donna Orsol a ch ’ era sempre
lì,fra i p ied i .
Lui che sapeva tu tte le s tor i e d i casa al tru i,gl i
scandal i d i Donna Cris t ina le scene del la vedova
Rame tta che andava a p iangere , la buon’anima , nel le
bracc ia d i ques to o d i quel lo ! Se ne facevano le
bel le r isate col farmaci s ta e Don Marco Crippa .‘Gli pareva d i veder lo , adesso , Don Marco , s tri zzando
l’occhio guerc io , ora che la disgrazia toccata a lu i faceva le spese del l a conversazione .
Capi te bene , Donn’
O rsola , che ho d iri tto d i
sapere infine cos’è successo in casa mia !
Cos’
è successo ? Che vede te ? Non vedete che
1 7 4 D on Ca ndeloro e C.‘
va neggia,povere t ta ? Sono le parole del la predica
che le r imasero i n
G ius to ! perchè l e fossero r imas te in mente ap
punto quel le voleva sapere don Erasmo ! In casa
sua non ce n ’erano mai s tate d i s imi l i porcherie l…
Che sapesse lu i , almeno ! Che sapesse l u i , Cristo
san to ' Lasc iatemi s tare,Cri s to san to
,o d ico che
s i e te d’accordo fra d i vo i ! E tu sp iegat i,mannagia !
Che vole te ? Perdonatem i !…
Ah no ! Don Erasmo voleva pr ima sapere cosa
dovesse perdonare e ch i ringrazi are del t i ro fat
togl i,se de l fur to S issignore
,
de l fur to domes ti co ! Perchè quando un galan tuomo
non è s i curo nemmeno in una casa come l a sua,
una vera for tezza , e con una moglie come la sua,che
a fargl i un t i ro s imi le con siffat ta mogl i e doveva es
sere s ta ta i nimici z ia bel l’e Ma ch i ? compareMuzio
,i l solo ch e bazzicasse da a sessan t’anni
suonat i !… E vero che donna San ta non era più d i
p r imo pelo nemmeno le i , e i l pecca to poteva es
sere vecch io anch’esso… E al lora ? Allora ? Que i fi
glioli d i cu i s’era empi ta la casa i n ossequ io al se t
t imo sacramen to ? C’era qualche ladro anche frà di
Gennarino,0 0 Ni cola ? … Tu tt i i san ti
1 76 Don Ca ndeloro e CJ
Nien te ! Neppu re al confessore aveva de t to nu l lasua mogli e . Una vera san ta
,caro don Erasmo !
Po te te vantarvene… o che realmen te sua moglienon avesse nu l la da d i re , o che anche le san te c ihanno i l pelo su l lo s tomaco .
E se i l do ttor Brocca non po tè togliersela al lora ,non se la tolse mai p iù quel la sp ina dal cuore
, queldubbi o amaro , que l sospe tto che gl i accendeva i lsangue a c iascuno che venisse a cercarlo
,o so l tan to
passasse per v ia , e lo cogl ieva d i soprassal to se fe rmavasi un quar to d ’ora nel la farmacia
,e gl i me t teva
l’i n ferno in casa gl i avvelenava i l pane s tesso che
mangiava a tavo la , fra quel l a n id iata d i marmocch iche ne d ivoravano de i casson i p ien i
,chi ssà quan ti
a t rad imen to , e quel la mogl i e che tornata da mor te
a v i ta avrebbe vol u to tornare anche ad essere come
e ra p rima , t u t ta del la casa e de l mari to,sempre fra
pre ti e confessori .
Come la fa i ques ta confessione ? Che anda tea d i rgl i al confessore vo i al tre donne Se non
d i te mai la
La povere tta piangeva, si disperava
, faceva mi l lepro tes te e mi l l e gi uramen ti . La cugina O rsola allevol te accorreva al le grida , e gl i diceva il fa t to suo
I l pecca to di donna Sa n ta 1 7 7
vole te,i nfine da Vole te che in
ca t i ? Vole te esser becco per forza ?
a mandar giù anche ques ta e tacere !E gl i toccava chi nare i l capo e cambia r d i scorso
,
’quando si r ideva degl i al tr i mari t i d isgrazia t i con
Don Marco Crippa e i l farmaci s ta.
VERGA . D on Ca ndelo…e C.
‘
Era venu ta dopo,al la povera Donna Agnese , l a
vocazione d i prendere i l velo,quando la sua famigl ia ,
cadu ta i n rovina,fu cos tre t ta a farla monaca per
darle un tozzo d i pane .
Prima era des tinata al mondo . A casa sua fi lavano
e tessevano la b iancheri a pel corredo d i le i , men
tr’essa terminava l’educanda to a Santa Maria degl i
Angel i . Suo padre,Don Basi l io Arlo t ta , l
’aveva già
fidanzata co l figliuolo de l do t tor Zurlo , un par t i tone
che faceva gola a tu t te le mamme del paese,mal
grado la bassa nasc i ta , Bel giovane , bianco rosso e
tr ionfan te , egli‘faceva I
’
innamora to con tu t te quan te
le ragaz ze . Com ’era figl io un ico,e Donna Agnesina
Arlo t ta avrebbe por ta to la nobi l tà ne i Zurlo,s’era
lascia to fidanzare a lei , e aveva preso gus to anche
1 82 Don Ca ndeloro e C*
a sca ldarle l a tes ta , recitando la sua par te d i primo
amoroso del paese . Babbo Zurlo che mi rava al sodo,
e a quella commedia c i c redeva poco,d iceva in cuor
suo : I l sugger i tore l o facc io i o . Se don Basi l io
Arlo t ta non snoccio la l a do te in con tan ti,spengo i
lum i e calo l a tela .
Don Bas i l i o arraba ttavasi appun to a me t tere in
sieme la dote c onfacen te al la nasc i ta del la sua Agnese,
giacchè d i nob i l tà in casa ce n’era assa i,ma poch i
ben i d i for tuna,e imbrogli a t i fra l e l i t i pe r gi un ta.
I l pover’ uomo che voleva far con tent i tu t t i , e non
c i vedeva dagl i occh i per la figliuola ,ingolfavasi
nel le spese : ven t i salme d i maggese al le Terremorte
seminate tu t te i n una vol ta ; l a l i te d i Palermo sp in ta
i nnanz i a ro t ta d i col lo , Come ch i d icesse un
pazzo che gi uoca ogn i cosa su d i una car ta , a fin d i
bene,s i a pure
,per amor del l a famigl ia ; ma fu quel la
l a sua rovina .
Lavorava come un cane , sempre i n faccende , d i
qua e di la,c on gen te d ’ ogn i colore che gridava
1 84 D on Ca ndeloro e C.!
l ’orecchi o : È quel lo lì . Ti p iace ? Essa aveva
china to i l vi so,rosso qua l bra ce : Sì . Poi
,suc
cessa la ca tas trofe,come le fecero i n tendere che b i
sognava ri nunziare a Don Giacomino e dars i a Di o,
ch inò i l capo d i nuovo e disse : Sì .
Era s tato i l giorno d i Pasqua che gl ie lo avevano
fat to conoscere,quel cris t iano. L’
aspet tava , lo sapeva
quasi . Le avevano messo in capo que l bru l ich io le
confidenze del le amiche,l e vi s i te insol i te del le paren t i
d i lu i,cer te mezze parole del l a Ah
,che
fes ta quel la mat ti na che l a mamma le aveva fat to
d ire d i scendere in parla tori o,dopo le funzion i !Che .
dolcezza nel suono del l ’organo,quan te vi s i on i nel le
nuvole t te azzurre che recavano s ino a l coro i l p ro
fumo dell’ incenso ! Che ba tt i cuore in quell’
a ttesa !
Ogn i cosa che r ideva,ogni cosa che r isp lendeva
d ’oro e d i sole,ogni cosa che sembrava trasal i re al lo
sca lp iccio del la gen te che en trava in ch iesa , quas i
aspe t tasse,quas i sapesse Non lo d imen ticò pi ù
que l giorno d i Pasqua,l a povere tta . Ancora , dopo
tan t i anni,quando ud iva lo scampanio al legro che cor
reva su tu t to i l paese,l e sembrava d i r ivedere i l giardi
ne t totu t to in fiore,l e compagne appol laia te al le fine
s tre,un c ingue t t io d i passeri , un ch iacch ierio gi u l ivo
La voca zione di suor Agnese 1 83
d i voci no te e care,un ronzio nel le orecchie
,uno sba
lordimento , e l ui , quel giov ine , co l sorri so già bel l’e
prepara to,e la des tra nel panc io tto , e l
’
occhia ta te
nera che sembrava sfuggi rgl i suo malgrado,i n mezzo
ai suoi paren t i , al d i là dell a sogl ia del por tone
spalanca to
Le avevano pure fatto una gran fes ta all’uscire dal
monas tero , tu tti 1 paren t i , anche quel l i d i lu i .I l babbo era tan to con ten to quel la sera ! I disp ia
ceri e i boccon i amar i se l i teneva per se,i l pove
re tto . Per gl i al tr i i nvece aveva fa t to preparare dolc i
e sorbet ti che D io sa quel che gl i e rano cos ta t i . Dio
e lu i solo ! E nessun al tro . Ne l a ragazza per cu i s i
faceva la fes ta, ne i l giovane che le avevano fa tto
sedere al lato . SeDon Giacom ino avesse sospe ttato
in quel momen to quan ti pas ti cc i c ’erano in quel la casa,
e come la do te che gl i avevano promessa tenesse pro
prio al fi l o del la buona ocat t iva annata, avrebbe preso
i l cappel lo e sarebbe andato via , senza curars i d i
far p iù l’innamora to .
E sarebbe s ta to megl io ; che al lora la giovine tta
non aveva anco ra messa tu t ta l’ an ima sua in que l
giov ine , al vederlo tu tt i i giorn i , quas i fosse già uno
della famigl ia, che ven iva a far le v is i ta, quam anche
1 86 Don Ca ndeloro e C.!
l u i non p otesse s tare un giorno senza vederla . e s i
me tteva a sedere accan to a le i , e le d i ceva tan te cose
sot tovoce . E la mamma era con ten ta le i pure,e aspet
tava anche le i l ’ora in cu i egl i soleva ven i re,e ador
nava col le sue man i la sua creatura . Le avevano fa tta
una ves te nuova color tor torel la ; l’avevano pe tt inata
al la moda,col la d ivisa in m azzo. Allora aveva de i
be i capel l i cas tagni , che gl i p iacevano tan to a lu i . Le
d iceva che sarebbe s tato pecca to doverl i tagl iare per
fars i monaca . Discorreva anche d i tan te al tre cose,
con la mamma o col babbo , d i c iò che gl i avrebbe
assegnato suo padre, del come in tendeva far frut tare
la dote che gl i avevano promesso, del modo in cu i
voleva che andasse l a casa e tu t to . La mamma faceva
segno ad Agnese d i s tare a t ten ta e d i badare a c iò
che d iceva l ui che doveva essere i l padrone. Un
giorno egl i l e aveva regala to un bel pa io d’orecchini,
e aveva volu to metterglieli col le sue s tesse mani , i n
presenza del la mamma . Come passavano quei giorn i !
Le ore in cu i egl i e ra l ì , vic ino a le i , le ore in cu i essa
l’
aspettava , le ore in cu i pensava a l u i le sue parole,i l suono del l a su a voce
,i menomi ges ti
,tu tto col
cuore gonfio,co l l a tes ta piena d i lui
,ch ina sul lavoro
,
agucchiando al la to a l la mamma . La mamma sembrava
1 88 Don Ca ndeloro e C 3
zando la sua Agnese,e rinfrancava la voce così d i
cendo,per dare ad in tendere ai gonz i che dormiva su
due guancial i , riguardo ai suoi i n teressi . A San Gio
vann i che i l paese in tero bes temmiava Dio e i sant i,
lagnandosi dell a malanna ta , aveva i l coraggi o d i d ire
sol tan to lu i : Non c ’è tan to male, pO l . Po trebbero
andar peggio le cose . Lì , a Terremorte, c i ho ven t i
salme d i maggese . Calcol iamo pure su ll a Ho
avu to buone not i z i e del l a l i te,laggiù…
Ma parlava così perchè nel c rocch io che s tava a
sen ti r la mus ica i n piazza era pure la sua figliuola ,seduta accan to al l o sposo , col l a ves te d i mc
'
rz
'
nos e il
cappel l ino comprato a credenza . Sembrava così con
ten ta, l a cara fanc iu l la , senza un pens iero e senza un
sospet to al mondo ! I l do ttor Zurlo i nvece aveva cer t i
occh i i nquis i tori,e insi steva con cer te domande in
d iscre te che facevano sudar freddo i l povero don Ba
s i l i o : E quan to crede te che vi daranno le Ter…
remorte ? E che n’è della causa ? Vi s ie te messo in
una grossa impresa,voi. lo ne i vostri pann i non dor
m ire i p i ù la Con una ma lanna ta s imile ! Le
megl io famigl ie non sanno come v a a fin ire,vi d ico !
A me t ter su casa c i penserà bene ogni galan tuomo ,ques t’anno ! Per poco non s i sfogo co l figliuolo
La voca zione di suor Agnese 1 89
che non badava ad al t ro,l u i
,in quel momen to , pi
gliando fuoco ai begl i occh i d i Donna Agnes ina , ec
c i ta to dal la musica che suonava e dal la bel l a serata
tep ida .
Però Don Giacomino non era sc iocco neppur l ui . O l
t reche,ne i p iccol i paes i tos to o tard i s i vengono a
scopri re gl i imbrogl i d i c iascuno . I l povero don Ba
si l io Arlo t ta friggeva proprio c ome il pesce nel la pa
del la,assed iato dai c redi tori , s tre t to da tan t i b isogni ,
le spese del la causa,i l fi t to del le terre
,l e paghe de i
contadin i . Correva d a ques to a quel l’al tro , s’ arrapi
nava in ogni gu isa,cercava d i far fron te al l a tempe
sta , dava l a facc ia a l ven to con trari o almeno , pagava
d i persona . Quando,a l tempo del la messe
,fu col to
da una pern ic iosa che fu a un pelo d i por tarsel o v ia
e sarebbe s tato megl io per l u i non d iceva al tro,ne l
del i ri o : Lasc iatemi alzare. Non posso s tare a go
dermela i n le t to . Bisogna che vada . Bisogna che cer
So So io !
E lo sapevano anche gl i al tri,primo d i tu t ti Don
1 go Don Ca ndeloro e C. ;
Giacomino,il quale bat teva freddo col l a sposa e s i
faceva t i rar l e o recch i e per tornare in casa d i le i,
ogni vol ta ; tan to che Donna Agnesina piangeva no t te
e giorno,e sua madre non sapeva che pensare . Le
povere donne avevano ancora gl i o cch i ch i us i su l
prec ip i zi o che i ngh io t ti va la casa , perchè Don Basi l i o
cercava ancora d i nascondere i l s ole col lo s tacci o,
sol tan to per risparmiare loro p iù che po teva quel do
lore che se l o mangiava Vivo . Ogni gi orno che tar
davano a.
conosce re i l vero s ta to del le cose era sem
pre un giorno d i meno d i quel l i che passava
Tacque dell’usc iere che venne a seques trare quel
po’ d i raccol ta al le Terremorte. Tacque del l a scena
terr ib i l e co i con tad in i che l ’avevano minacc ia to col le
forche,vedendo in per icolo le loro giorn a te . Alla mo
gl i e che scopava già i l g ranaio pel frumen to che do
veva ven i re dal l e Terremorte , d isse d’
averlo venduto
sul l ’aia . Come essa aspe ttava i denar i del l a vend i ta
d isse che gl iel i avevano promess i a Natal e . Doman i
Doman l’ al t ro All a fine del mese . Il po
ver’
uomo p igl iava tempo con t u tti,balbe t tando delle
bugie al le qual i quas i quasi c redeva anche l u i,tan to
aveva perdu ta l a tes ta . Al la vendemmia Al la rac
col ta del le o l ive . E l’usc iere era s ta to pure nel le vi
1 92 D on Ca ndeloro C.i
al lora al lo sposo,quas i sapesse già che non le r ima
neva al tro a iu to ed al tro confor to : Cos’ è s ta to,
Don Giacom ino , per l’amor d i
Ah,quando vide i l babbo con quel l a facc ia ! La
facc i a che doveva avere in punto d i morte . Barcol
l ava come un ubbriaco ; andava d i qua e d i l à senzasapere que l che facesse , ch iudendo le impos te e le
fines tre,perchè l a gen te che passava non vedesse
l’
usc iere in casa sua . Imbat tendosi a un t ra t to nel
fidanzato d i sua figl i a,Don Bas i l io l o guardò s t ra
l unato,col sudore del l ’agonia in v iso . Giunse le mani
e aprì l a bocca senza di r nu l la . Allora Don Giacomino
s i m ise a cercare i l bas tone e i l pas t rano senza d i r
nu l l a,facendo ancora finta d i non saper n ien te d i
n ien te,per cor tesi a , ed anche per evi tare una scena
che gl i seccava , borbot tandoSono d’incomodo… Mi
Ma come Don Basi l i o voleva con tinuare a fare l a
commedia del l ’ uomo tranquillo , co i gocc iolon i del
l ’agon ia in fron te e pal l ido pi ù d i un, morto : Ma,
Don Giacomino !… Un momen to e l i
sbrigo Passate un momen to i n camera mia
col le Don Giacom ino s i fermò a guar
la rlo ,verde dal l a b i le su l punto d i spia t tellargli
La voca zione di suor Agnese 1 93
i n facc ia : A che giuoco giuochiamo ? Fin iamola
adesso ques ta commedia ! Se lo sanno tut t i che s ie te
rovinato ! Mi meravigl io d i voi che vole te imbrogl iare
un galantuomo
Ma tacque ancora per prudenza . Sol tan to non c i
furono Cris t i per trattenerl o . Nè l a v is ta dell’Agnesina
che gl i faceva la scena del lo svenimen to .Nè l e lagr ime
del la madre che lo suppl icava tremante : Don Gia
comino… Figl iuolo Egl i d isse che tornava
subi to,per cavars i d’
impicc io : Mi disp iace . Non
posso,
Un momen to. Vado e torno .
Tornò invece i l no ta io Zu rlo,a res t i tu i re i regal i
che ven ivano dal la sposa : berre t to d i vel lu to e
pan tofole r icamate,facendo i l v i so compunto per
procura del figliuolo ,un v iso fra i l padre nobi le
e i l burbero benefico , to rnando a d i re anche lu i
Mi d isp iace Era i l m io p iù gran de
siderio . Ma voi non c i ave te colpa , Donna Agne
sina !… Ne trovere te degl i a l tr i co i vos tr i
E volle l asciarle anche una carezza pa terna sull a
guancia,con due di ta , sorr idendo bonariamente.
Ma come vide barcol lare la ragazza,bianca al par
d i un cenc io , s i a sc…gò pers ino gl i occh i co l fa zzole t to e conch iuse °
VE RGA . D on Ca ndeloro e C1
1 94 Don Ca ndeloro e C.‘
Che d isgraz ia,figliuola Scusate se vi
ch iamo così . Vi tenevo già per figli a Che
crepacuore m i ave te
Ecco com’era venu ta la vocaz ione al l a povera Donna
Agnese. I l cappel l ano de l monas tero l a c i tava in
esempio al le al tre novi z ie c he mostravansi sb igo t t i te
nel pun to d i pronunc iare i vot i solenn i : Guar
date suor Agnese Arlo t ta ! Specchi a tev i su d i le i
che ha prova to que l che c ’è ne l mondo . C ’è l’i nganno
e la finzione . Imbrogliami che t’
imbroglio . Una
cosa sul le labbra e un’al t ra nel cuore . E poi che
res ta al l a fine d i tan te angus t ie,d i tan t i pas t i cc i ?
Un pugno d i polvere ! Va izz'ta s oam'
ta lum !…
Così,a poco a poco
,l a povere t ta s’era d is tacca ta
comple tamen te dal le cose terrene,e s ’e ra affez iona ta
invece al l’al tare che aveva in cura , al confessore che
la gu idava sul cammino de l la sa lva zmne,al can tucc i o
del dormi to r io dov’era i l suo le t to da tan t i anni,a l
pos to che occupava al coro e ne l refe t tori o,al suono
del la campana che regolava tu t te le sue faccenduole,
1 96 D on Ca ndeloro e
nache,e gl
’
intrighi che nascevano quando tra t tavasi
d i el eggere le car i che pel t ri enn i o . Oh al lora !
Suor Gabriel l a,ch’ era l a superbi a in persona
,si
faceva um ile come un agnel lo pasquale ; e Suor Maria
Faus tina,ot to g iorn i prima
,aveva sul l a facc ia arcigna
un sorri so amab ile . Fra l e suore poi erano conc i
liaboli a tu t te l e ore,durante l a r i creaz ione
,o
quando si r i uni vano nel t inel lo a preparare i dolc i
e l e pas te per l e solenni tà,a Pasqua 0 a Natale .
Tan to p iù che suor Agnese non aveva nul la da fare,
perchè non aveva nè fior d i far i na,nè zucchero
,nè
denar i per comprarne , nè paren t i a cu i mandare in
regalo i dol c i . Sua madre , buon’ an ima , era mor ta
da un pezzo ; e anche Don Bas i l i o , quantunque fosse
c ompa to vecch io ne i guai , perchè Dio aveva volu to
dargl i i l purgator io in terra —'
e anche la z ia carita te
vole,che aveva sborsate le cen to e ven t i onze del la
dote perchè donna Agnese po tesse fars i monaca .
Pace al l e anime loro , d i tu t t i quan t i , compreso Don
G i acomino , che e ra mor to cari co d i figl iuol i,e gl i
avevano fat to i funera li a Santa Mari a degl i Angel i .
Sia fa t ta l a volon tà d i D io !A suor Agnese , povera vec
ch ia,i l Signore le accordava la grazi a . Col le sei onze
al l’anno del l a do te , e il p iat to che le passava i l con
La voca z ione di suor Agnese
ven to,meno d i t ren ta cen tes im i a l giorno , essa r i u
sciva a man teners i le i,l a l avandaia
,e la conversa d i
cu i non po teva fare a meno pe i suoi ac ciacch i . Rispar
miava su l le due pa ia d i scarpe e sul la tonaca nuova \
che l e spe t tavano ogn i anno . Vendeva l e noc i e le
mandorle del la tavola che non poteva rosi cchiare . Di
due ova ne mangi ava uno l ei,e l ’al t ro
,me tà per una
fra l a serva e la l avandaia . Aveva anche combinato
che a tavola teneva un fornel lo al l a to a l pia t to,e
l a sua porz ione d i mines tra tornava a farla bol l i re
perchè crescesse e po tesse bas tare al le due donne che
avevano sempre una fame da lup i . Essa campava
d’aria,povera vecchi a . T a lchè a furia d i p rivazion i
t i rava innanz i anche le i , e arr i vava a cavar e d i quel
poco anche i l caffè e i l b i sco t to nel confessore,ogn i
mat t i na .
,Veramen te avrebbe avu to anch e le i l’amb izioncella
d i tenere i l pas torale,almeno una vol ta in tan t i ann i
Ma al le car i che erano nominate sempre quel le mo
nache che sapevano in trigare megl i o,e trovava…
appoggio ne l paren tado d i fuori . Bas ta , taceva
1 98 Don Ca ndeloro e C.‘
r ingraz iava la D ivina Provvidenza . Che le man
cava,grazie a Dio ? Mentre fuori
,ne l mondo
,c’ e
rano tant i guai ! Col buon esemp io,e s imi l i
bel le paro le confor tava pure quel le novi z ie che in
conven to c i ven ivano t ira te proprio pe i capel l i,senza
vocazione . Una d i ques te però , maleducata e vi l lana ,le r ispose un bel g iorno ch i aro e tondo
Sape te com’è ? La mia vocaz ione è d i sposare
don Pepp ino Ber tola,per amore o per forza.
Innamorat i lo erano davvero . Bruno Aless i vo
leva Nunz ia ta ; l a ragazza non d i ceva d i no ; erano
v ic in i d i casa e del lo s tesso paese . Insomma parevano
des tina ti,e l a cosa s i sarebbe fa t ta se non fossero
s ta t i que i malede t t i i n teress i che guas tan o tu tto .
Quando due passeri,o me tt iamo anche due al t re
bes t i e de l buon D io , s i ce rcano per fare i l n ido ,forse che s tanno a domandars i :—Tu cosa m i por t i
in do te , e tu cosa m i dai ?
La Nunzia ta , c ioè mas tro Nunzio Marza suo pa
dre,doveva avere un be l gruzzo lo
,dopo quaran t’ann i
che teneva mercer i a aper ta,e qu ind i Aless i pre ten
deva cen to onze i nsieme a l la ragazza . La gall i na
si pe la dopo mor ta ri ba t teva mas tro Nunz io .
Io non i n tendo lasc i armi spogl iare in vi ta . La mo
20 2 D on Ca ndeloro e C.‘
gl ie va col la do te pi cch iava Bruno Alessi . Io
non vogl io mari ta rmi a credenza .
Veramen te ques to lo faceva di re da i su oi vecchi ,com ’è natu ra l e , e l u i badava a scaldare i ferr i col l a
giovane . l l d ia volo . è ten ta to re,e l e donne hanno i l
giud iz i o cor to . A poco a poco l a povera Nunz ia ta
prese fitoco come un pugno d i s toppa,e c i r im ise
i l sonno e l ’appe ti to .
Bene,disse mastro Nunzio . T
’
insegnerò
i o i l g iudi zi o .
E giù legna te da levare il pe l o , se l a sorprendeva
al l a fines tra , o l e vedeva fare al tre sci occhezze . Co
gl i Aless i i nvece usava pol i t i ca,e s tavano insi eme a
ti rare sul prezzo,senza troppa furia . Al giovanot to
però quel negozio non andava a sangue,s ia che c i
avesse la fregola addosso,o perchè le cose lunghe d i
ven tano serp i . Po i vo leva me t tere una bel la calzo
leri a,e pensare agl i i n teress i propr i
,i nvece d i lavo
rare a bot tega dal padre .
Senti,disse a lla ragazza . Qui c i menano
spasso,per fare i lo ro comod i . Bisogna fini rla .
G ia cchè Marza aveva un bel p icch ia re l a figliuo la ,e sprangare usc i e finest re . I l diavo ld è anche so t
t i l e , e Bruno Aless i ne sapeva una più del d iavolo .
2 0 4 D on Ca ndeloro e C.!
a vedere i l sangue ! Allora sarai con ten ta ! Al lora
vedra i se t i vogl i o bene si o no !
E bisognava vedere che facma ! Nunzia ta a quel
l ’usc i ta sbigo t t i va,e tornava a balbet tare tu tta tre
man te :
Oh Madonna san ta ! cosa mi fa te
Bene . Quand ’è così , vuo l d i re propr i o che non
mi ami . E megl io finirla !…
Per abbreviare,gnor padre che picchi ava la ra
gazza tu t to i l g iorno,l’
innamora to che veni va a far led i no t te le s tesse scene d i amore e d i gelos ia
,Nun
z iata racco lse quat tro s tracc i in un fago t to,e andò
a raggi ungere Bruno che l’a spettava nel la viugza .
Però giura temi che m i sposere te subi to ! gl i
d isse prima d i tu t to . Giura temi i nnanz i a D io !
Bruno le giurò tu t to que l che voleva,lì,su due
p iedi,al cospe t to di Dio che vedeva e sen t iva
,lassù
una mano sul pe t to e l ’a l tra che chiamava angel i e
san t i testimonn . Non l o sa i c he t’ amo più del la
pupi l la degli occh i m ie i ? Non dobbiamo essere ma
ri to e mogl ie ? Poi vol le por tarl e l u i i l fago t to .
Hai preso gl i or i ? le ch iese pure .
Essa non aveva preso gl i ori,perch’era tu t ta so t
tosopra . H ai fat to una sc iocchezza, conch iuse
Gl1'
innamora ti 20 5
Bruno. Tuo padre te l i me t terà su l con to del l a
do te .
Mastro Nunzio i l mat t ino t rovando l’uscio aper to
si mise a gridare a l l adro . Papà Alessi , che passava
di la a caso,i n quel pun to
,l o t i rò den tro pel b rac
c i o e gl i d i sse
Non fa te s trep i ti . Non facc i amo ri dere la gen te.
Vos tra figl i a è in casa d i m ia cugina Men i ca , ri spe t
ta ta e onora ta come una regina .
I l povero Marza s ’era messo a sedere col le gambe
rot te. Ma tos to si rim ise. Compare Al ess i gl i ofirì
una presa , accos tò una scranna lu i pure,e i nfine
in tavolo i l d i scorso .
Bene . Ora che facc i amo ?
Dite voi, r ispose Marzà asc i u t to asc i u t to .
Io l o so cosa devo fare .
E una disgrazi a, non d ico d i n o . Gl i al t ri r om
pono e tocca pagare a noi .
Chi rompe paga , e ch i n e ha ne spende .
Compare Ale ss i era uomo navigato anche lu i,e
capi' i l la t ino .
A me non impor ta i nfine,conch i use me tten
dos i col le spal l e a l muro .
E a me neppure .
2 0 6 D on Ca ndeloro e C.‘
s cusate,scusate . S i trat ta d i vos tra figl ia . E
i l sangue vostro .
E voi,quando v i esce i l sangue dal naso , che
s ta te a cercare dov ’è anda to a cadere ?
Toccò a mas tro Aless i s tavol ta d i r imanere con
tan to d i naso e l a bocca aper ta .
Allora d i te voi . Come s i fa ?
S i fa ' così,che la Nunzia ta è minorenne e vo
stro figl io andrà in carcere .
Ah ! Va bene al lo ra ! Quand’è così vi sa
l u to tan to !
Papà Aless i s i al zò len tamen te , e fece anche fin ta
d’
andarsene,come quando si cap isce bene che i l ne
gozio non si combina . Pure,vedendo mas tro Nunzio
fermo come un macigno,con quel la facci a tos ta d i
negadeb iti, non potè frenars i dal r in facc i argl i,s tando
su l l ’usc i o
E v i terre te la figliuo la… così ?
Non m i avete det to ch ’è onorata come una re
gina ? H o quat tro sold i . Le troverò bene un mari to
a modo mi o .
Ah ! per que i qua t t ro sol d i ! escl amò l ’al tro
i nfuriato . Vende te vos tra figl i a per cen to
Sen ti te ! Scusa te ! È sangue vos tro, sì o no ? Sie te
cri s ti ano ? Sie te pad re,o cosa s ie te ?
2 0 8 Don Ca ndeloro e C.5
Ti accompagno i o,tagl iò cor to l a z ia .
Mastro Nunz i o è un galan tuomo .
La sera s tessa,dopo ch iu sa l a bo ttega
,si
'
r iun i
rono nel la mercer i a loro quat tro,l e i
,Bruno e i
Marza, per d ire c iascuno la sua ragione . Bruno s tava
z i t to e grul lo , mas tro Nunzi o guardava in terra .
Nunzia ta versava i l v ino ne i b icch ier i,e toccò quind i
a comare Men i ca parlare
Bisogna fin irla . E una porcheria . Tut to i l paese
non d iscorre d ’al tro . Io non me ne vado d i qu i se
prima non si concl ude i l ma tr imon io .
Nunziata al lora si mise a piangere . Bruno guardava
ora le i e ora suo padre . La ragazza infi ne , vedendo
che non d iceva nul la , prese a sfogars i
D i tel o voi s tessa , comare Menica Dopo averm i
l us ingata pe r tan to tempo ! Dopo tan ti gi uramen t i !
E quel lo che ho fa t to per che sarebbe megl i o
bu ttarm i nel pozzo , adesso !
I o non m i t i ro ind ie tro,
borbo ttò l u i .
Per me non manca .
Dunque pe r ch i manca ? conch iuse l a z i a
Menica,guardando ora i l padre ed ora la figl ia .
Nessuno aprì p iù bocca,
finchè Bruno s’ al zò i n
p ied i,e prese u n bicch iere dal banco .
Gli innamora ti 2 0 9
Guarda te ! d isse . Che ques ta graz i a d i D io
possa mu tars i.in veleno se d ico bug ia ! Del la do te
non me ne impor ta nul la . Quan to a me la sposere i
anche senza cam ic ia .
Ques to no,
i n terr uppe l a z ia Men ca .
Mastro Nunzio conosce i l s uo dovere .
Bene . D unque quel lo ch e dà lo dà a su a figl ia .
Vogl i o l e 1 0 0 onze nel suo in teresse . Ci ha lavora to
anche le i,col l a merceria
,sì o no ?
Qu i Nunz iata prese le sue par t i , e d isse che era
vero . Ci aveva spesa tu tta l a bel la g ioven tù d ie tro
a quel banco , dacch è era mor ta l a buon’ an ima d i
sua madre . Se fosse Sta ta ancora al mondo,quel la
,
non avrebbe fa tto penare l a sua creatu ra p er 1 0 0 onze
d i più o d i meno . E lì a i n teneri rs i tu t ti , e bu t ta rs i
piangendo al col l o d i mastro Nunz io,le i
,l o s poso e
anche l a z ia Menica,si nche il babbo dopo aver pe
s tato e r ipes ta to che l a gal l in a si pela dopo morta,
che i denari hanno l e al i,e quando Bruno Aless i
avesse mangiato quel l i del l a do te gli toccava po i a
l ui mantenere mar i to e mogl ie,pure s i lasc iò andare
a prome ttere le 1 0 0 onze,purchè c i fosse la s ua brava
cau tela .. Nunz ia ta bal lava e r ideva,comare Men ica
baci ava in terra,ma qu i Brunomos trò i l malan imo
,
VERGA . Don Candeloro e C !1 4
2 1 0 D on Ca ndeloro e C 3
che le 1 0 0 onze e voleva in mano,perchè me t
terl e al l a Banca , no : se le por tano via . Comprare
un pezzo d i terra,neppure : non danno fru t to . ln
vece c ol con tan te in mano l ui avrebbe messo un bel
negoz io .
I l negoz i o è quel lo che vo le te fare con ques ta
sc iocca che vi c rede e s i lasma p rendere a l le vostre
commed ie .! i n te rruppe nel be l mezzo i l vecch io pi ù
arrabb ia to d i pr ima .
No ! r ispose Nunzia ta aprendo gl i occh i a un
trat to,e asc iugandos i le lagr ime . No
,che non mi
lasci o prendere !
E in ta l modo sfumarono matrimoni o ed amore .
Bruno rinfacciò a Nunzia ta,prima d’ andarsene :
Così dicevate d i bu t tarv i nel pozzo ? Lei,d i r i
mando : Come v i s ie te ucc iso voi col tr i nce t to,
ta l qual e . Mastro Nunz io ch iuse l’uscio,e la figliuola
s e ne andò a le t to fur iosa .
Se non fosse s tata la vergogna di essers i lasc1a ta
cogl i e re in trappol a da que l bel galan tuomo , ed era
d iffic i l e trovarne un al tro,avrebbe volu to mar i tars i
sub i to sub i to,per d ispet to
,anche con uno d i mezzo
al l a s trada . Ma suo padre , co i suoi denari , l e trovò
invece N ino Badal one,un pezzo d i mar i to che ne
2 1 2 D on Ca ndeloro e C.i
Ma con quel l’ al tro vogl i o vedermela davve ro
bron to lava po i spu tando ve leno . Vogl i o mangi ar
gl i i l fegato ! Vogli o berne i l sangue .
Di buon i amic i ce ‘n’ è sempre a ques to mondo ;s i cchè co tes t i spro loqun arr ivarono al l
’ orecch io d i
Badalone. Cos tu i era s ta to soldato,e sapeva i l
fa t to suo. Bene , ri spose,vedremo !Chi è buon
cane mangia al la scodel la .
La domen ica d i carnevale dai Bozzo c i era un po’
d i fes t i no . B runo v i andò lu i pure,co ll a fisarmoni ca ,
per svagarsi,ed anche perchè sapeva che mas tro
Nunzio v i avrebbe condo t to l a figliuola , e voleva ve
dere come andava a fin ire . Men t re d unque suonava
l a fisarmon ica e faceva ball are gl i amic i,arr ivò in
fa tt i mastro Nunzio , col la Nunzia ta in gala , e d ie tro
Badalone gonfi o come un tacch ino .
Se Bruno Aless i i n que l momen to non fece uno
sproposi to e po tè andare innanzi col l a sona ta,fu pro
pr i o un mi racolo , ed anche per non lasc iare i n asso
i bal le ri n i . Per giun ta Badalone prese sub i to la sposa
a bracce t to,senza d ire nè uno nè due
,e si mise a
b a lla rgli sot to i l mostacc i o polche,va lzeri
,con
tra danze Nunzia ta che s i d imenava con bel garbo
e gl i faceva i l visavì,e l u i sa l tando come un pule
Gli innamora ti 2 1 3
d ro,t u tto rosso e scalmana to . I l povero Bruno in
tan to gl i toccava por tare i l tempo e ingh io t t i re ve
leno . Infine l asciò i l pos to a Za cco , ch’era l ì pron to
col la cornamusa,e vo l le fare quat t ro sal t i anche l u i .
Permet te te,am ico ? d isse a Badalone
,toccan
dos i pu l i tamen te i l berre tto .
Quello screanzato i nvece lo squadro pr ima ben
bene,e po i r i spose asc iu t to
Non perme tto . Perchè ?
Gli d isse anche quel perchè che fa mon tare
la mosca al naso ! For tun a che Bruno Aless i e ra un
galan tuomo,e non vol eva p iù averc i a fare col la
gius ti z ia . Ma gl i gi urò i n cuor suo Ti farò becco ,com’è vero Dio ! E vol l e p ian tar subi to bal lo e
bal le ri ni . Non c i furono c ri s t i .
Se ne vedono Cive t te al mondo ! Sfacci a te come
quell a lì,che ridono a Cajo e a Ti z io , e passano da
una mano al l ’ al tra peggio de i can i d i s trada che
fanno fes ta a tu t t i ! Ma un t rad imen to s imi l e Bruno
non se l o aspe t tava,dopo tan to amore e tan te pene
,
e tu tto c iò che aveva fat to pe r l’ingra ta ! Ques to vo
leva d irl e,a qua t tr’occh i
,appena la cogl ieva un mo
mento sola,dovesse azzuffars i po i con Badalone .
Infat t i Nunziata se l o v id e capi tare in casa c on
2 1 4 Don Ca ndeloro e C.i
quel p ropos i to , i l g io rno dopo , men tre s tava a ffa c
c ia ta a veder l e maschere . Era ves t i to da pulc inel la,
per non fars i scorgere,ma essa lo r i conobbe tos to
,
che i l cuore non è fat to d i sasso,e voleva chiudergli
l ’nsci o sul na so .
Ah,così mi r i ceve te ? diss’ egl i . Ques ta
m i toccava ?
Bene,parla te
,r i spose l e i .
Non m’impor ta d i vost ro padre . Non ho paura
d i nessun al tro . Vogl i o d i rv i i l fa t to m io .
Bene d i te,è fin iamol a subi to .
Bruno s era prepara to i l suo bel d i scorso,ma al
veders i t ra t tare i n que l modo n on trovò più le pa
role,Bugiarda ! Tradi tora ! L’aveva venduto per 1 0 0
onze,come Gesù a ll
’ or to ! E gl i r ideva sul muso
anche ! Al lora , d ispera to , s i s trappò la maschera , e
mos trò an che d i frugars i addosso per cercare i l t r in
ce t to .
Ah ! Vole te ammazzarvi un’al tra vol t a ? r i
spose le i con t inuando a r idere .
In quel punto sop raggiunse Nino , col le man i in
tasca,e quel la sua andatura d inocco la ta . Appena v ide
il Bruno,che lo seccava
,i nfine
,gl i asses to una peda ta
so t to l e reni,e ques to fu i l pr imo sal u to .
FRA LE SCENE DELLA VITA .
220 D on Ca ndeloro e C.‘
tu t t’ e due ! Nisc ima p iangeva,sua mogl ie p ian
geva,s t rappandos i i capel l i , fosse amore , o fosse t i
more del la gius ti z ia . O compare,che g iornata
spun tò oggi per tu t t i n o i ! O che fuoco c i ho qu i
den tro,compare bel lo ! E i l giud ice i s tru t tore era
presen te ; e la ! s tanza era p iena d i vi c i n i che sape
vano e non sapevano ; e i l mulo , legato li fuori , non
po teva parlare .
Matteo Sbarra,co l s inghi ozzo al la gola
,s tava z i t to
anche lu i,d inanz i a l gi ud ice
,d inanzi a i test1monn
,
d inanz i a l pre te che gl i dava l ’ assoluz ione de i suo i
pecca ti . Guardava l a comare , guardava i l compare ,cogl i occh i torb id i
,dove forse passava già l a v i s ione
del la v i ta e terna . Ah ! l e man i d i l ei , che gl i a sc iu
gavano adesso co l fazzole t to i l sangue e i l sudore
del la mor te ! E le man i del l ’ amico che gl i rasse t ta
vano i l guanc i al e so t to il capo , l ì , ne l lo s tesso le t to
ma tr imoniale dove l ’ aveva t ra t to in aggua to a
colpo s i cu ro,se era vero che la donna ve l’ aveva
stre t to al tre vol te fra le braccia,po ichè N isc ima sa
peva bene che i l masch io del la se l vaggina v i torna
d i nuovo so t to i l fuci le,al ri ch i amo del la femmina ,
fosse fer i to e grondan te sangue . La vi ci na Anna
aveva udi to d ie tro l’uscio i l rumore dell a l o t ta b rusca
Fra le scene della vita 22 1
e vio len ta,appena i l mari to e ra a rr iva to a casa : l e
grida soffoca te, i l ran tolo del la donna , e I’anelito fu
rioso d i lui. Cosa doveva fare , povere tta , se era vero
che fosse colpevole ? se è vero che Dio non paga i l sa
ba to,e c i cas tiga col nos t ro s tesso pecca to ? Perchè
l ’ha i fa t to scappare,buona donna ? Digl i che torn i .
Dove te averc i un segna l e fra d i vo i. Fai segno di
veni re,pel nome d i D io ! Ell a mise i l segnale : un
fazzole tto rosso color d i sangue : l a v ide ro al tr i v ic i n i,
p iù mor ta che viva,al la finestra . Avevano ben ragione
d i s tr i l lare adesso tu t t i e due : O compare mio,che
fuoco mi lasci a te qu i den tro ne l 'mio cuore ! Signor
g iud ice,s ignori mie i
,uc cidetemi qu i s tesso
,d inanz i a
l u i,se fu i i o i l t radi tore ! E la gius ti z ia oscura che
era nel la cosc ienza de i tes t imon i mu ti,pensava forse
I l mor to è mor to . Bisogna salvare i l v i vo .
Ques t’ al tra da tri bunale correzionale invece : l u i
bu t tandos i fra le fiamme che aveva appi cca to d i na
scosto al magazzino , dicevasi, onde salva rs i da l fa l
l imen to , e cercando d i spegner le col le sue s tesse man i
le man i arse,i pann i che gl i fumigavano addosso
,i
capel l i i r ti,i l v iso s travol to e terreo d i un d ispera to
222 D on Ca ndeloro e C.
!
o d i un del i nquen te e l a mogl ie seminuda,i figl iuol i
a tterri t i che s’avvinghia vano a lui . Lascia temi !…
perdio!… È la Megl io la morte ! I l vocio
del la fo l la,i l c rep i tare del l’ i n cendio , i l ge t to del le
pompe,lo squ i l lare del le cornet te dei pompieri .
E de i v is i arrossa ti,del le ombre nere che formico
lavano nel ch iarore arden te,l e p lacche de i carabi
n ier i che l’abbacinavano . Che vedeva egl i,che sen
t i va i n quel momen to torb ido ? Le man i convulse {che
si s tendevano verso d i lu i , fra i l luc c 1ca re del l e baio
ne t te ; l a fanci u l l a b ranci ca ta senza riguardo da cen to
sconosc i u ti,i l figliuo lo d iba t tendos i furi oso fra 1 sol
dat i : Papà ! papà mio ! E i sogghigni dei male
vol i,i l sussu rro avverso del la voce pubbl ica : Tre
cen tomi la l i re S i Tan to
p iù che l a barca faceva a cqua da tu t te le par t i ! Due
vol te il forsennato ten tò d i rompere il cordone d i
truppa che i solava l’ i ncend io,e due vol te fu resp in to
u rl an te e traba l l an te sul marc iapied i E l a m ia
roba , vi La mia Lascia tem i mori re !
E”
no i,papà ? Siamo no i !Ascol ta ! Ah , figl i mie i ! Po
veri figl i m ie i ! E i l p i angere che faceva , l ì in mezzo
al l a s trada,le lagrime che gl i ri gavano i l v i so sporco
d i fumo e d i polvere le lagrime del la mogl ie e
224 Don Ca ndeloro e C.i
ci a de i figl i pe r slanc iars i nel la voragine a rden te,
rovesc iando quan t i gl i s i opponevano,lo t tando come
un forsenna to con tro tu t t i , resp in to , percosso , tor
nando a cacc iars i avan ti a tes ta bassa,grondan te san
gue,col l a sch iuma a l la bocca
,l a bocca da cui usc iva
u n grido che non aveva p iu nul la d’
umano : La
cassa ! I l i bri !
Lo por tarono a casa su d i una ba re l la,tu t to una
p iaga e mezzo asfissia to . S te t te un mese fra mor te
e v i ta , co ll’
a spet ta tiva de l g iud izio i n fame in quel l a
agon ia,e gl i occh i de i figl i che l o i n terrogavano .
Povera Lia,come se i pal l ida ! E anche tu
,Arturo !
Anche tu ! Vede te,sono tranqui l l o adesso
,t ra voi .
Vede te come sorr ido,pove re c rea tu re ? E poi an
cora d inanz i a i g iudici, seduto a l pos to de i mal fat tori ,so t to l ’i n terrogatorio e l e tes t imonianze con trar ie
,e
l a d ifesa del l ’ avvocato che invocava i n suo favore
quaran t’ann i d i prob i tà i n temera ta , e i l vi so pal l i do
del figliuolo che ascol tava fra l’
uditorio,e le bracci a
treman t i de l le sue donne che l ’ avvinsero al l’ usci ta
del tri bunale . Assol to ! Assol to ! Senza d i r a l
t ro,un’al tra parola
,che rimase mu ta e ge li da fra d i
l o ro,sempre !
Fra le scene della vita 2 2 5
È l a commedi a d i tu t t i i gi orni,nel la casa pa tri
—zia,sot to lo s tesso te t to , a l l a
' s tessa ta vo la ,'
a l cospe t to
de i figl i e de i domes tic i,rappresen ta ta per ven t’ann i ,
col la d is invol tura de l gran mondo , t ra il mari to of
feso e l a mogl i e colpevole,se i l tr i s te segreto e ra
realmen tefra d i l oro . La mogl ie d i Cesare non deve
essere neppur sospe t tata,ed en trambi
,l egat i a ll a
medesima catena da un Casa to i l l us t re,osservavano
perfe t tamen te i l codice special e del la loro socie tà . Nè
i l mondo c i aveva nul la da vedere . Forse qualche
capel lo b ianco d i più sul le tempia del i ca te d i le i ; ma
non un riguardo , nè un ’a t tenz ione d i meno ne ll a cor
te5 ia implacab i le del mari to . Se la d ama,mogl ie e
madre onora ta e i nsospe t ta ta s ino al dec l i nare del la
giov inezza,era cadu ta tu t t’a un t ra t to , e cadu ta male ,
giacchè i l p leonasmo è ammesso nel suo mondo,come
una povera creatura del i ca ta e fiera,avvezza sol tan to
a camminar a tes ta al ta su i tappe t i e che non sap
pia me t tere l e mani avan ti,i l mari to l a sorresse tosto
con bracc io fermo,perchè con t inuasse a por tare de
gnamen te i l nome suo e quel l o de i figl i . Cer to è che
essa non gridò nè pianse,nè fece pi angere l e an ime
cari ta tevol i sul la p ie tà del caso . E anche i l ma
ri to ebbe gran par te d i meri to nel tenere l a cosa inVERGA… Don Ca ndeloro e C‘ 1 5
226 D on Ca ndeloro e C.
‘
famiglia ; poichè l’
a ltro era uomo d i mondo l u i pure,
l del l a s tessa cas ta e quas i dell o s tesso casato , bel ca
val ie re e be l giuocatore al le car te e in amore , che
cor reva al la rovina e a ll a mor te co l sorr i so al le lab
bra e i l fiore a l l ’occh iel l o,e sapeva vivere e mori re
,
al bi sogno,ev i tando ogn i scandalo . Egl i non l e aveva
scri t to che due o tre le t tere , ne i cas i p iù u rgen t i ,quando si era t rovato propr io coll
’
a cqua al la gol a o
c ol la rivol tel l a so t to ilmento . I l male fu che una d i quel le
. le t tere , l a p iù breve e grave , l’ul tima , cadde in mano
’del mari to,mentre s tavano per recars i a una gran
fes ta,e l a carrozza aspe t tava a piè del lo scalone
,e l a
povera donna già pet tina ta e ves ti ta,pal l ida come
una morta,sedu ta d inanz i a un gran fuoco
,aspe t tava
i gioie l l i ch e aveva impegnat i per l’ amante
,. e che
ques t i l e aveva promesso d i res t i tu i rle per quel l a sera
a ogni costo . A ogn i cos to . Perciò le ch iedeva
scusa , sc rivendole , se per l a prima vol ta , e l’u l tima ,
mancava al l a sua paro la,La povere t ta ne aveva già i l
t ris te presen t imen to,giacchè aveva i l cuore s tre t to
da quel la immensa angosc i a ed era così pal l ida d i
nanz i a quel gran fuoco ? Aveva vi s ta balen are l ’i dea
del suici d i o,ed era s ta ta la p ie tosa a t tra t t i va che
l’
a vea data a l u i , quando l o aveva v i s to perdere tu t to ,
228 D on Ca ndeloro e C !
dal i s i aff ol larono a ll’usc io,quando fu annunz ia ta l ’i l
l us tre coppia,e le ami che i ndulgen ti s i r i volsero a
le i,al lorchè l a no ti z i a del su ic id io cominciò a ci rco
l are nel l a fes ta,videro le i d i r i t ta e for te
,senza ba t tere
pal pebra so t to i l colpo mor tal e che le p icch iava al l a
tes ta,e gl i sguard i dei cu rios i
,e le parole del ma
r i to che compiangeva quel povero Mau ri z io co ll a
d iscrezione mondana ch e a t tu t isce ogn i s tri dere mo
les to . Essa fu ma lata , e i l duca non lasciò un sol
giorno la s tanza d i le i . Ri comparve a i tea tri,a i rice
vimen ti,ammira ta
,i n ch ina ta
,al bracc io d i quel l ’uomo
d i cu i sen tiva l ’i n t ima repu lsione,accan to al la ver
gine candida e pu ra e a l giovine tto d i cu i era l ’or
gogl io e l a tenerezza . Quando ess i andarono sposi ,i l padre aveva de t to l oro : Serbatev i degn i del
vos tro nome,e del l ’esempio che v i hanno dato i vo
s tri . Dinanm a lo ro,d inanz i a tu t ti
,egl i non d i
men ticò giammai , un giorno solo,per ann i ed anni ,
d i dare l o s tesso esemp io d i devozione e d i s t ima al la
compagna del l a sua vi ta e del l a sua catena , r imasta
sol a con l u i,ne l palazzo immenso
,sonoro e vuoto
come una tomba . Se ma i i l volgare sospe t to fosse
du rato ancora ne l la men te d i qualche domes ti co o d i
un fami l ia re,egl i vol le smen t i rl o s i no al l’ul t imo mo
Fra le scene del la vila 229
men to,s i no al pun to d i mor te
,s tringendo la mano
del la mogl i e s ingh iozzan te,pros tra ta d i nanzi a lu i , di .
nanz i a i figl i,d inanz i a i congi un ti
,mentre il pre te gl i
dava la es trema unzione . Sol tan to nel l ’ul tima c onvul
sione d i spas imo,respinse quel la mano col la mano
d i gh iacc io. Nel tes tamen to lasc iò un ri cco legato
all a sua fede le compagna
Quan te al tre ! Quan te ! I l sorriso procace de l l a
d isgrazia ta che deve guadagnars i i l p ranzo , Le
lagrime del lo sc roccone che v i ene a chi edervi ven t i
l i re in prest i to L’eleganza del lo spian tato che
cena col le paste de l the . Gli occh i bass i de ll a ra
gazza che cerca un mar i to . E la più desolan te ,i nfine , l a commed ia - del l’ amore
,quando l ’amore è
mor to,e res ta l a ca tena . O bracc i a del i ca te che v i
al lacc ias te a ll’
amplesso s tanche e i l l ivid i te ! Quando
Alber to s trinse in quel la fes ta da bal lo la p icco la
mano che doveva avvincergli così tenacemen te l a
ca tena a l co l lo , non sapeva che essa se ne sarebbe
svincol ata così p res to . E anche lu i al lo ra non sa
peva d i lasc iars i prendere a ll’
ardore che s imulava e
al la lusmga del le p ropr ie fras i galant i . I l sorri so
230 D on Ca ndeloro e C.‘
t ri onfan te d i l e i che s i i nebbri ava a ll’
omaggio d i
que l bell’a vventuriero d ’amore d ispu ta to e ammira to
il sot t i l e ecc i tamen to del l a danza la carezza
del l a musi ca che accompagnava la carezza del le pa
ro le gl i occh i bramos i c he cercavano i suoi,e i l
fulgore ch ’essa v i scorse al lorchè ch inò i l capo biondo
ad assen ti re : Sì ! Sì ! Con qual al t ra ebb rezza
e qual smarrimen to negl i occh i el l a ascese la prima
vol ta quel l a scal a e sp inse quel l’ usc io , premendosi
for te i l manico t to su l seno ansan te ! Con qual al t ro
sbigo t t imen to v i r i tornò poi,guardandos i i n torno e
bu t tandos i a sedere appena en tra ta,col v i so pal l ido
e una ruga so t t i le fra l e sopracc igl ia . Mi son fa t ta
aspe ttare,non è vero ? No .. non importa
Sei Ah,son mezzo Sapes te !… Mio
Quel por t inaio che mi vede passare !
Insomma tu t te quel le cose che non vedeva prima ,quando aveva gl i occh i abbac inat i dal sogno d’oro .— Lasciatemi
,Ve ne prego ! Vi
Vi lasc io . Scusatem i !
Che v i pigl ia adesso ? Vede te in che stato sono
Che faccio per voi
Gl i,occhi negl i o cch i
,l e man i nel le man i
,e l a
bocca rosea che sorrideva s tanca e si offriva so t to
232 D on Candeloro e C.i f
S i a lzò egl i pure senza di r nu l la .
Essa cercò i l man i co t to ed i guant i,s i aggiustò
i l velo sul viso se ri o e freddo,senza una parola
,
senza guardarlo,e s’avviò a ll
’
usc io . Egl i l’apriva già .
Fatem i i l favore . Se c i fosse qua lcheduno per
la scala .
Aspe t tate .
Uscì a sp iare dal p ianero t to lo e ri en trò tos to .
Nessuno.
L’amata esi tò un i s tan te e r i al zò l a vele t ta a l d i
sopra del l a bocca . L’ amante finse .d i non veder la,
e le s trinse l a mano .
Addio dunque .
Addio .
Udi s ino al l’ul t imo scal ino i l r umore de i pass i d i le i
c he al tra vol ta s i d i leguavano fur tiv i,e dal la fines tra
l a vide ferma e t ranqu i l l a su l marc iap ied i,come una
che non c i abbia p i ù 'null a da nascondere adesso ,accennando a un cocch iere d ’
a ccosta rsi, con un ges to
grazioso de l l a des tra infi la ta ne l manico t to .
F I N E
MILANO FRATELLI TREVES,EDITORI MILANO
—0 E USC IT O
<S
P AOLO MANT EGAZZAp er f ar seguito a L’ARTE D I P RENDER MOGL I E
PARTE PRIMA . IL RACCONTO ,
I . La. bambina diventa donna . Compa iono sull’
orizzonteII . Libri e fantasmi. Sogni due a l tri pretendent i al cuo
e realtà. re di Emma .
I II . I l primo amore. V.
' La fanciulla si consulta con
IV. La corrispondenza cont inua . un’amica e Coll a mamma .
PARTE SECONDA. IL MANOSCRI TTO DEL BABBO .
I . Consigli di un babbo a lla sua figliuola per la scelta del maritoll marito tiranno. Il marito geloso. Il marito avaro.
Il manto debole. Il marito brontolone. Il marito Ilbertino.
Il marito stupido. Il marito fannullone.
II . Le professmm rispet to a lla felicità nel ma trimonio.
Il marito negoziante. Il marito artista. Il marito letterato.
il marito banchiere. Il marito ingegnere. Il marito scienziato.
Il marito industriale. Il marito medico. Il marito politico.
Il marito pr0p1 ietario. Il marito avvocato. Il maritomilitare.
I II . Al tri consigl i del babbo a sua figlia nella scel ta del mari to.
IV. Frammento di un codice di diplomaz ia ma trimonia le.
PARTE TERZA. LA CONCLUSIONE DEL L IBRO .
Un volume in forma to!
bij ou stamp a to a colori su ca rta di lusso
L I R E Q U A T T R O .
Dirigere commissioni e vagl ia. ai Fra telli Treves, editori, Milano!
.
M ILANO FRATELLI TREVES, EDITORI MILANO
P AOLO MANT EG AZZA
Fn Scil la e Caridd i . Le armonie del sent imento.
I l ma trimonio nel la società mo Le armonie del pensiero.
derma . La quest ione finanziaria nel
L’
elezione sessua le nel matri ma trimonio.
monio. Dall’
arte di scegl ier Gli inc ident i e gli acc ident i delbene. ma trimonio.
L’
età e la sa lute. L’
inferno.
Le simpa t ie fi siche. La razza . I l purga torio.
La naziona lità I l paradiso.
Un volume in. forma to bij ou stamp a to a colori su ca rta d i lusso.
L I R E Q U A T T R O .
D E L L O S T E S S O A U T O R E
I l secolo ta rtufo edizione) 2
Un giorno a Madera (1 5 .
3Ledizione) 1
Testa,libro per i giovinet t i ed izione) 2
I ndia , ediz ione il lustra ta ediz ione) 3 {'
O
L a Na tura , 8 volumi in-4 . 80
Gli amori degli uomin i, 2 volumi edizione) . 7
L e estasi umane, 2 volumi (5 ?ed iz ione) 7
Fisiologia dell’odio edizione) 5
Îqiene dell’amore edizione) 4
Ep icuro, saggio d’
wn fisiologia del bello edizione): 3 50
D izionario delle cose belle ediz ione) 4
Dirigere commissioni e vaglia a i Fra telli Treves,edi tori M i l…o .
MILANO FRATELLI TREVES,EDITORI MILANO
È U S C I T O
6
—4 NUMERO S P EC IALE
, TESTO DI ACQUERELLI D I
ARNALDOFERRAGUTIG . VER) GA rip ro d o t t i in c rom o t ip i a
Sp lend ida. p ubbl ica zw ne in—f olio ma ssimo riccamente
illustra ta,con cop erta in c romot ip ia
CORSO ELEMENTARE DI D/SEGNO
ALBUM DI 20 TAVOLE D I
EDUARDO X IMENES
L I R E T R E
SONO GIA USCITI :
L O R N A T O L A F I G U RAALBUM D I 20 TAVO LE AL BUM D I 20 ome
L IRE T RE L IRE T RE
Dirigere commissioni e vaglia ai Fra tell i Treves, ed itori, M ilano.
M ILANO FRATELL I TREVES, EDITORI MILANO
FATTI,DISCUSSION I e COMMENTI
DI
NAP O LEO NE G O LA IANNIDEPUTATO AL PARLA M ENTO
CAP ITOLO P RIMO CAP ITOLO IV .
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R OMANA L A L E G G E BA N CA R I A.
CAP ITOLO I I .L
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INCH IESTA PARLA M ENTARE . cu n ego v .
CAP ITOLO I II . I P R. O T A G 0 N I R T I .
L A QU IST I ON E M ORAL E . E L’
A M B I E N T E .
L IRE D UE Un volume di 400 pagine. L IRE D UE
E U S C IT O
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MA T I L D E S ER AO
L’imperfetto amante (N ino ì tresa) . La veste di
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seta (Ma d . la marqu 1se )
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Imperfetto amante‘
tGiustmo Mo La veste d i crespo (M adame H é
rel li l. hotrop e) .
perfet to amante (Masmmo D1a s) . Un suicidio (J ul i an Sorel‘.
ll pertettissimo amante (Luig1 (la Il convegno (La p i ccol a Man a ) .ra cc iolo ) . L
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ineluttab1le ( M ISS Gera ldma ) .
l lvia le deglioleandri( M arioFel ice) Il segreto (Car1clea ).Nella via (V1 0enzella ) . L
’ulhma lettera \Angel 1ca ) .
Un rolmne forma to bij ou stamp a to a colori su carta (li gran lusso
L I R E Q U A T T R O .
Dirigere commissioni e vaglia a i Fra tel l i Treves, ed i tori, Milano .