Nora e il suo segrto

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©Giovanna S. – 2015

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Un amore travolto dalla vita

Una passione riposta nel cassetto come un paio di autoreggenti.

I sentimenti sembrano non avere confini e si ripresentano,

con la stessa forza, anche dopo tanto, tanto tempo

Ma noi saremo pronti a riviverli con lo stesso vigore dei vent’anni?

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“ Quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia!

Chi vuol essere lieto, sia:

del doman non v’è certezza. ”

Lorenzo de’ Medici

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- Non avrei mai creduto che il numero fosse ancora lo stesso, sai? – disse Mauro, con la solita nota di emozione nel tono, pacato, ma leggermente apprensivo. Probabilmente temeva a ogni istante che lei lo liquidasse: - Io sapevo che saresti andata via di la ... lontano, ma forse mi

confondo? –

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- Chissà, sono passati tanti anni – rispose Nora – ero ancora giovane, dovevo fare tante cose ... – un velo di nostalgia avvolse la fine delle sue parole ma forse, Mauro, se l’era solo immaginato.

Nora, invece, faceva del suo meglio per mantenersi laconicamente sul vago... e disinteressata. Dopo la loro storia, finita quasi venticinque anni prima, il suo umore e i suoi atteggiamenti erano cambiati spesso rispetto a “lui”!

Nei primi anni, soprattutto appena seppe che lui aveva sposato quella “puttana schifosa” una rabbia sorda e nascosta, l’aveva resa arida, cattiva, determinata. Si sposò pure lei, un “bamboccione”, uno dei tanti che le sbavavano dietro: il più coglione. Voleva un uomo da manipolare, sfruttare e mortificare e Pierpaolo era proprio il tipo giusto. In seguito, a letto, scoprì che la prima impressione non era sbagliata ... l’uomo, appena abbandonate le remore iniziali, era masochista e amante della sottomissione. All’epoca Nora era una furia e, pur di dimenticare, si prestò al gioco, imponendogli tutta una serie di mortificazioni e di castighi.

Lo faceva vestire da donna, lo mortificava, lo sculacciava ... Poi vennero i figli: prima Marco, poi la femmina dopo due anni. Nora era una persona “d’amore” e i bambini mitigarono la sua rabbia, che cedette il posto alla routine e agli impegni di una giovane

mamma. Pierpaolo venne “parcheggiato” e “accontentato” occasionalmente. Dopo cinque anni di matrimonio la vita si era normalizzata. L’uomo era un bravo padre e un gran lavoratore e quasi sempre, la notte, si dormiva. Per anni la donna aveva sepolto i ricordi, tutto l’impegno era per i figli e per la Caritas: quando poteva faceva volontariato per raccogliere offerte e aiuti per le giovani madri in difficoltà.

Mentre Mauro “la violentava” di parole dalla cornetta, Nora non capiva niente, ma ascoltava quella voce speciale, dall’accento inconfondibile, come alla radio si ascolta una vecchia canzone

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dimenticata, che, all’improvviso, ti riporta al cuore tanti ricordi, a volte struggenti. Ricordò che circa quindici anni prima lo aveva rivisto, per caso. Si

concessero un caffè ... quattro chiacchiere, ma lei lo aveva tenuto freddamente a distanza. In quel periodo era abbattuto, provato, le sue scelte si erano rivelate catastrofiche ... ma lei non riuscì a goderne, né allora, né mai.

Ricordò solo che, allora, lo odiava ... semplicemente. Forse, più che lui, odiava tutto ciò che lo circondava ... donne, figli, colleghi, casa ... lei odiava la sua vita. Forse non riusciva a sopportare che, mentre gli anni passavano, lui avesse una vita tutta sua, lontana, staccata da lei! Pensieri da folle, ammise adesso. Ora, superati da poco i cinquanta, Nora si sentiva abbastanza “anziana” da non avere più la grinta per i sentimenti “forti”. Da anni si era placata la sua sete di vendetta assurda, inutile: ora era una signora, ancora bella, dicevano, e questi palpiti del cuore li lasciava ai suoi figli, anzi nemmeno più a loro! Ormai erano abbastanza grandi da pensare solo all’università e, compostamente, ai rispettivi amori,

pacati e consapevoli. Stupidamente si chiese se, i suoi ragazzi, avessero mai provato la vera passione.

- Devo vederti ... ecco ... – stava dicendo Mauro, in quel momento. Nora si riprese dal fantasticare: - Tu sei matto – disse – e perché mai, poi? – - Perché voglio vederti ... almeno una volta, come allora. – disse lui emozionato – perché io non ti ho mai scordata ... – - Impossibile! – avrebbe voluto anche attaccare, drasticamente, per cancellare il passato con un colpo solo ma, pensò, se non era successo in trent’anni non sarebbe successo adesso. Tacque.

- Nora, – disse Mauro piano – ti prego ... voglio solo stringerti la mano, non voglio diventare ancora più vecchio ... non voglio lasciare questo “posto”, senza incontrarti, almeno una volta ... – - E va bene ... un caffè. Sia ... – rispose laconica. - Oh, cara, fra quanti minuti ... dove!? –

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- Non fare il buffone, come tuo solito ... non penserai di vedermi adesso!? – disse Nora categorica – Credi che mi lascerei incontrare senza andare dal parrucchiere? Hai una moglie giovane tu ... e io

invece ... sono passati gli anni, lo sai scemo? – - Tesoro, quando vuoi, dimmi tu ... non voglio assillarti. – - Uhm – meditò Nora – diciamo ... la settimana prossima, Martedì: puoi di mattina? –

- Ma certo, alle dieci, va bene? – - No aspetta ... – replicò lei – alle dieci si, va bene, ma di Mercoledì ... sono superstiziosa, lo sai. – - E dove? Vengo con la macchina, così, se vuoi, ci possiamo spostare ... – - Macché, vieni a casa ... ma cosa sogni nella tua mente malata, oh? – lo rimproverava ma era allegra – Sono una vecchia signora ... coi figli grandi e un marito vecchio e più rimbambito di te ... vieni a casa! Cosa credi di fare ... ? – - Non so ... ma sono certo che con te, farei ... farei tante cose, eccome! – - Puah! ... non solo sei vecchio, ma sei pure sporcaccione ... siamo a

posto! – Si salutarono ridendo.

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2 - Accomodati, vieni ... –

- Caspita – disse Mauro, guardandosi intorno – l’hai ristrutturata veramente bene ... non la riconosco più questa casa. – - Sai, sono arrivati i bambini ... ora sono grandi, la ragazza è sposata da poco, ma vive lontano. – Mauro seguiva Nora che gli mostrava gli

ambienti nuovi ricavati nella casa antica. - Comunque ... – disse Nora, con poco interesse alla visita guidata – salotto “buono” o cucina “living”? – - Camera da “letting”? – fece Mauro, una battuta scema. - Perché ... ti faccio venire sonno? – rise Nora – non pensavo di essere ridotta così. – Sedettero in cucina e, finalmente, appena lui tolse gli occhiali, si guardarono negli occhi e, per un interminabile istante, si tuffarono l’una nell’anima dell’altro. La stessa, identica sensazione provata la prima volta che si erano fissati e ... rapiti, con gli occhi, trent’anni prima. Erano cambiati.

Molti inverni avevano provato le loro ossa, molte estati avevano seccato la loro pelle ma, per le loro anime, niente era cambiato. La nostalgia li trascinò per pochi secondi in un vortice senza appigli e senza pavimento ... poi Nora fermò quel momento di caduta libera:

- Caffè? – chiese. - No, grazie, solo un bicchiere d’acqua ... devo riprendermi. – - Ma smettila di fare lo scemo – Nora era leggermente stizzita, mentre l’antica rabbia le ricordava tutto quello che non era stato, tra di loro. - Sei il buffone di sempre – disse poi, calmandosi – piuttosto raccontami di te, anche tu hai figli, ricordo bene? –

La donna si appoggiò alla cucina in una posa che, probabilmente, le era familiare e incrociò le braccia delicate. Mauro bevve con avidità, aveva la fronte leggermente sudata. Approfittò di un tovagliolino del dispenser.

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- Non parliamo di questo tempo inutile, te ne prego – disse – Mentre gli anni passavano sapevo di viverli senz’anima ... senza amore ... come se il mio spirito fosse parcheggiato, mentre il corpo faceva del

suo meglio per accontentare gli altri ... e forse, la vita stessa. – - Ma insomma ... – replicò lei spazientita – cosa vuoi? Vuoi che ti chieda di andartene ... ma io non lo so! – sbottò. - No, ti prego – disse Mauro – perdona la mia irruenza ... abbi

pazienza. E’ che non mi pare vero di vederti qui, davanti a me ... come una volta. – poi con delicatezza ... – Come sei bella! – - Si, proprio! – però sorrise del complimento. Effettivamente aveva avuto la fortuna di mantenersi magra e minuta, nonostante gli anni, le gravidanze e gli affanni ... però sapeva di avere le rughe agli occhi e che, sotto il reggiseno, non c'era più quel seno florido che le ornava il petto negli anni della sua “primavera”. Mentre lui finiva la sua acqua, lo studiò, critica, e dovette ammettere che si manteneva bene anche lui; ricordò dolorosamente che aveva quattro anni meno di lei e che, adesso, le pesavano tutti, altroché. Aveva messo qualche chilo, un po’ di pancia tipicamente “mediterranea” ... e che non gli stava tanto male.

Ma quello che non riconosceva assolutamente in questo “signore” così vicino ma così estraneo, era la dolcezza che trasmetteva ... il suo sguardo era remissivo, arrendevole; ma lui non era così, oh no! Lo ricordava, battagliero, deciso, volitivo: un po’ prevaricatore ...

invece adesso, eccolo, piegato dalla vita, con qualche ruga ai lati della bocca, segno di un lunga, misteriosa, sofferenza ... e fu così, che Nora, si lasciò fregare. Non avrebbe mai e poi mai ceduto a Mauro, mai più nella vita, lo aveva giurato; ma soprattutto mai e poi mai, quella mattina normale, in casa sua, proprio in quel giorno. Ma Mauro era diverso e, nonostante le battute che faceva, era talmente cambiato da farle un tenerezza dentro, che non Nora

proprio non si sapeva spiegare. Lui parlava e parlava, come un ragazzino che a scuola si accorge di essere comico, e lei sorrideva e fingeva di ascoltare le sue scemenze ma, intanto, moriva dalla voglia di abbracciare, di stringere, quel “vecchio” ragazzo.

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Le ricordava Charlot e le sue gag da clown, mentre il suo sguardo era triste e innamorato ... Ecco perché Nora cedette.

- Ma adesso parlami di te, te ne prego – stava dicendo Mauro – ti sto annoiando. Intanto si alzò per mettersi in piedi di fronte a lei ... forse un po’ più

vicino del dovuto. Nora si ritrovò all’altezza del petto di lui ... per dimostrarsi disinteressata aveva tenuto delle belle pantofole, ma basse ... e lui, come tanto tempo fa, la sovrastava di molti centimetri. Con la mano, Mauro, le prese delicatamente il mento, per poterla fissare ... Nora non riuscì a svincolarsi, mente i suoi occhi luccicavano per quel contatto così intimo, intenso. - Posso usare il bagno? - disse lui, inaspettatamente – Perdona, vengo da lontano ... – - Certo, si ... vieni con me. – e lo accompagnò alla toilette. Nora era una donna determinata, da sempre, fin dal primo incontro ... quando in un solo giorno erano finiti a letto, appassionatamente,

la sera stessa. Così, invece di fermarsi e aspettare gli eventi, si recò meccanicamente in camera da letto e indossò delle calze autoreggenti nere, come una volta piacevano a lui, le scarpe lucide

col tacco sottile e delle mutandine, sempre nere, col davanti in merletto trasparente. Si recò anche lei nel suo bagno, per dedicarsi un attimo a rimediare al trucco, a pettinarsi e a controllare le sue esigenze fisiologiche: con mauro non si sapeva mai. Mauro, intanto, seduto su uno sgabello, nell’altro w.c., prese dalla tasca il piccolo portapillole e lo aprì. Come al solito guardò con sospetto le pasticche, sorprendendosi di

quanto potesse fare, per un corpo, un “oggetto” così minuscolo. Come la sera prima scartò, ancora una volta, la dose di anticoagulanti che gli aveva ordinato il suo cardiologo, invece prese tra le dita quella piccola pillola blù e la osservò, prima di assumerla.

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Non aveva mai fatto uso di una cosa del genere ... ma, stavolta, ne valeva la pena, pensò, felice. Uscito dal bagno non trovò Nora, ma lei dal corridoio, gli gridò di

aspettarla in salotto. - Fai come a casa tua ... arrivo subito! – Sedette sul divano. La sua attesa non fu lunga: quando Nora arrivò, lui si rese conto che

qualcosa, nel suo aspetto era cambiato. Nella luce attenuata dalle spesse tende, Nora era bellissima e si muoveva per la camera a suo agio, come una gatta. La donna fece partire una musica delicata, accendendo lo stereo col telecomando. Poi, mettendosi di fronte a Mauro, accennò quello che in passato aveva già fatto per lui: uno spogliarello, semiserio ma intrigante. Piano piano, Nora, aprì il camice che aveva per casa, un bottone dopo l’altro ... e lo fece scendere languidamente dalle spalle verso il basso , fino a liberarsene completamente. Nella penombra, il suo corpicino, slanciato dai tacchi, era delizioso, come una volta.

Mauro sentiva sempre più caldo. Con gesti teatrali e abbozzati, Nora continuò e si fece scorrere le mutandine giù, giù fino a staccarle da sotto i tacchi a spillo. Ora, ferma, davanti al grande tavolo, concluse il suo “gioco” con una

posa da Pin-up: una mano sulla vulva e l’altra di traverso sopra i seni, protetti, comunque, dal reggipetto a mezza coppa, che lasciava intravvedere i piccoli seni. - Sono ancora brava? – concluse con una risata limpida – Ti ricordi? – - Mi fai uscire pazzo, come sempre, tesoro! – disse Mauro infervorato. Non riusciva a far finta di niente, come sempre la vista del suo corpo lo rendeva impaziente ... eccitato, e Nora lo sapeva bene.

Mauro si alzò e si accostò alla “sua” donna, con la stessa sicurezza del passato, la prese per i fianchi, affascinato dalle sue gambe, ancora tornite. Al tatto, la pelle di lei, era cedevole, deliziosa ... meno tonica di quella di una ventenne, ma delicatamente arrendevole sotto le dita.

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Nora era ancora molto bella e Mauro la baciò, senza mezze misure. Mentre protraeva quel contatto con passione, con le mani, dietro la schiena delicata, l’attirava a se, perché sentisse tutta la forza del suo

desiderio. La strattonava verso di lui in maniera animalesca, come se volesse rimarcare, dopo tanti anni, un possesso che andava oltre il tempo. Nora si lasciò andare al “suo uomo” ... solo adesso ammise,

amaramente con se stessa, di sapere che era stata sempre sua, nonostante tutto. Se non fosse stata così eccitata, avrebbe pianto di gioia e di dolore, ma adesso era troppo su di giri per non godersi quell’abbraccio maschile. Mauro aveva addosso lo stesso profumo di una vita fa, e Nora si rammaricò di non avere più usato il suo, per rabbia contro la vita e contro l’amore. Lei cominciò a frugarlo con sempre maggior frenesia, cercando di liberalo dagli abiti che ancora indossava. Erano due anni che non si concedeva a un uomo e adesso il desiderio e i sentimenti la soggiogavano.

Dopo poco Mauro, che era tornato il leone di sempre, la condusse per mano al divano, con gesti sapienti e la posizionò a favore dei suoi desideri. Fece in modo che Nora si stendesse di traverso sui cuscini per

dominarne il corpo, completamente. Iniziarono a fare l’amore, perdendosi in mille abbracci, stringendosi, avvinghiandosi l’uno all’altra, come avessero paura di perdersi ancora. Sottosopra, Mauro le cercò i piedini, per stringerli al petto villoso e baciarli come delicate reliquie: quanto l’aveva desiderata. Nora era eccitatissima e felice ... divertita ed esaltata: da buona

donna di casa, si chiese come avrebbe fatto a far scomparire dal divano le prove della loro libidine. Poi, come facevano ai bei tempi e quasi tutti i giorni, l’uomo si sedette sulla prima sedia che gli capitò a tiro e Nora, leggendogli il pensiero, andò ad abbracciarlo ... lei sapeva cosa gli piaceva.

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Aprì le gambe mentre gli stringeva il collo con la sinistra e si sedette su di lui, in un abbraccio peccaminoso a cui mai avrebbe potuto rinunciare.

Mentre si baciavano toccandosi le lingue, restavano incollati, senza staccarsi mai. Nora sentiva la testa girare, inebriata da tanta emozione; si fermò sul suo uomo, stringendolo forte a se, mentre si abbandonava agli

spasmi del piacere. Come ai bei tempi, urlò, respirò, mugugnò, ma soprattutto pianse, con i singhiozzi, mentre si appagava. Ma Mauro si ricordava bene di lei, in ogni particolare, e non se ne curò, anzi. Stringendolo al petto, Nora sussurrava al suo amante: - Che mi fai fare ... che mi fai fare? – e intanto non si stancava di baciargli il volto e le labbra. - Sono vecchia, vero? Sono brutta ... – gli disse, delicatamente, con tutta l’amarezza degli anni perduti. - Sei il mio amore ... l’unico: come potresti mai invecchiare, tesoro mio? – rispose Mauro, godendosi ogni tratto di lei.

Nella penombra, sembrava che il tempo si fosse veramente fermato. I tratti della donna, la sua pelle cedevole, le sue forme, erano ancora, per lui, quelli della sua “ragazza”. Il viagra aveva un effetto meraviglioso, lui non lo aveva mai preso,

non avrebbe potuto ... invece, si sentì uno sciocco. Il suo sesso, nonostante gli anni e gli acciacchi, sosteneva con veemenza quegli attacchi, senza incertezze, foraggiato dal piacere di avere ritrovato lei, Nora, la donna che portava nel cuore da un lontano passato. Nora scese dal suo grembo: - Vieni, amore – disse prendendolo per mano – ti voglio nella mia camera da letto. –

Stesi sul letto, fianco a fianco e nudi, ricordarono alcuni degli episodi più spassosi della loro giovinezza ... le risate di lei partivano cristalline, semplici, come una volta.

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Nessun accenno, mai, ai torti, ai litigi, ai momenti bui e ... agli anni passati, senza sapere niente l’uno dell’altra; mentre la vita, lontana e perduta, gli scorreva addosso.

In quel momento, tutto e tutti, passarono in secondo piano, come comparse in un film dove solo loro due erano i protagonisti. Mauro non sapeva come descrivere la sua gioia ... non c’erano parole per raccontare quello che quei momenti valevano per lui ... era come

se la vita, all’improvviso, riprendesse significato. La vicinanza dei loro corpi, però, vinse i ricordi e le parole, pian piano il desiderio dell’altro si fece inarrestabile e finirono di nuovo abbracciati sul letto matrimoniale di Nora. Lunghi minuti di carezze, sempre più intime e segrete, nella ricerca di riscoprirsi e donarsi ancora piacere. L’intesa fece capire a tutti e due quando erano pronti ... allora lei si scostò da lui e si pose in attesa. Mauro le fu sopra rapidamente e, senza preamboli, riprese il possesso totale del suo essere innamorato. Di nuova quella indescrivibile sensazione di essere un corpo solo, un tutt’uno.

Nora lo abbracciò con le braccia e con le gambe, dandogli la netta impressione di non volerlo mollare mai più ... così, come un’edera che si avvinghia all’albero che ha scelto. Si amarono a lungo, premendosi contro, mentre il loro petto, sudato,

si incollava, mentre i fianchi di lei lo accoglievano, e quando il ritmo divenne insostenibile e perverso ... raggiunsero il piacere contemporaneamente, perdendo del tutto ogni contatto con la realtà. Ormai il suo segno era dentro di lei, nel “sancta sanctorum” di una donna che ama. Goderono insieme, a lungo, e restarono abbracciati, nonostante il caldo, per interminabili minuti ... restarono in quel letto che era loro di diritto e che, chiunque altro, avrebbe solo potuto profanare.

Nora fu la prima a riprendersi: - Amore, se dipendesse da me non mi alzerei per tutto l’oro del mondo ma, tra poco, qui ... arrivano tutti!

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Proprio non saprei come giustificare questa nostra ... presa di posizione. – rise, felice di avere provato un pizzico di paura, come una ragazza che usurpa la stanza dei genitori.

- Hai ragione – rispose lui – è veramente molto tardi! – Quando uscì dal bagno era di nuovo vestito, ma notò che Nora aveva indossato solo la vestaglia. - Non ti lavi? – le chiese.

- No, voglio conservare il tuo odore dentro di me, il più possibile – rispose lei con uno sguardo sornione, delizioso e complice. - Naturalmente tu ... – abbozzò lui impacciato – non ... voglio dire, non hai più problemi! Giusto? – Un gelo improvviso si impadronì di Nora, perché un’ombra scura le attraversò, per un istante, l’anima ... - No – disse piano, con una punta amara – Non ho più problemi ... adesso. – C’era troppo feeling tra loro perché la mente di Mauro non si aprisse. Come un squarcio improvviso, il passato gli tornò alla mente e capì che i suoi timori di allora erano tutti fondati. - Ma allora ... allora ... – annaspò, sentendosi mancare – Tuo figlio, il

primo ... – - Ne parleremo un’altra volta ... se mai ci sarà. – rispose Nora, senza più allegria – Adesso è tardi, vai, te ne prego ... non mettermi in imbarazzo. –

E senza aggiungere altro lo accompagnò dolcemente, ma con fermezza, alla porta. - E’ stato meraviglioso, Mauro, ma adesso, addio. – e chiuse in fretta l’uscio per non commuoversi, o peggio, per non cadergli ancora tra le braccia. Mentre ritornava in cucina, sentì annaspare sulla porta, come un cane che volesse entrare ... ma decise di non rispondere a quel tentativo, così infantile, di vederla ancora.

Non poteva e non doveva: questa era la sua vita! Non poteva certo immaginare che Mauro strisciava le dita sulla porta perché non riusciva ad emettere neppure un lamento.

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3 Pochi minuti dopo, puntuale come sempre, rientrò il marito.

Poggiata la borsa sulla vecchia scrivania dello studiolo, si lavò le mani, si cambiò e come al solito, si sedette al tavolo della cucina. - Non ho avuto tempo, oggi – disse Nora, fredda – Sto scaldando le linguine e vi ci metto sopra un po’ di pesto. –

L’uomo capì che non era giornata, ma ormai ... non ci faceva più neppure troppo caso. Sapeva che, se mangiava ancora bene, lo doveva alla fortuna di avere Marco, il figlio grande, ancora in casa. Si incollò al televisore senza lamentarsi. Marco, invece, arrivò molto più tardi del solito e Nora gli servì la pasta, che aveva coperto per non farla freddare, mentre suo padre aveva appena terminato di mangiare la frutta. - Volevo aspettarti ... – disse il padre – ma poi. Sono passate le due! – - Come mai così tardi? – chiese Nora, più per distrarsi dal suo torpore che per vera curiosità. Guardava, fuori intanto, falla finestra della sua cucina. - Un casino ... – disse il ragazzo – mi sono trovato in mezzo a un

bordello ... proprio qui sotto. Cazzo! – - Ma ch’è stato? – disse il padre, facendosi più attento e anche Nora si riscosse. Adesso vide bene il giovane, era visibilmente turbato: si lavò le mani

sotto il rubinetto del lavello, come se stesse raccogliendo le idee. - E’ successo qualcosa? – chiese la madre. - Ma no ... niente a me, però ... – si vedeva chiaramente che Marco era veramente scosso. Sedette, ma senza decidersi a mangiare. I genitori pendevano dalle sue labbra. - Ma niente ... però, incredibile. – iniziò, per sfogarsi – io ero qui già all’una, forse anche prima di te, papà.

Ma mentre scendevo dalla moto mi è praticamente venuto addosso uno ... un vecchio, insomma, non tanto vecchio ... un uomo. - - Hai avuto un incidente? – chiese Nora, ormai apprensiva, riguardo le sorti del figlio.

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- Ma no, mamma – disse Marco – L’uomo non era in macchina, era a piedi, mi si è quasi buttato addosso ... dice: “Per piacere portami via ...”

Io sono trasalito, a vedermelo così vicino, ero sorpreso ... confuso. “Portami lontano da qui, per pietà ... Ti pago, ma allontaniamoci da qui, sto male!” “Vi chiamo l’ambulanza?” gli ho detto. E lui dice di no, insiste:

“Portami via, portami via ... ti pago”. “Ma dove?” gli dico, sempre più confuso ... anche perché si vedeva che stava tanto male, aveva il braccio tirato ... e tutto qui – s’indicò con la mano l’occhio e la guancia sinistra – livido, quasi bluastro ... insomma i sintomi di un infarto, ma di quelli fulminanti. Avrei voluto dire di no, ma lui me lo chiedeva quasi piangendo ... “Portami via ... per pietà, lei non mi deve vedere, così!” a chi si riferisse, non lo so? Boh? Non mi mollava, però, allora ho preso la moto di nuovo e lui è riuscito a salirci, non so come. Gli ho detto che non avevo il casco ... ma mi ha stretto i fianchi per incitarmi ad andare via. - Ma tu guarda che casino! – disse il padre preoccupato – Così si

passano i guai! – - Allora l’ho portato al Santa Croce, che dovevo fare? La ci sta il Pronto soccorso. L’ho fatto sedere sul marciapiedi, perché non si reggeva più ...

chiaramente non c’era un cazzo di nessuno, li fuori. Allora lui mi ha preso la mano ... stava male, ma mi ha sorriso ... e, poi, con l’altra mano ha preso dei soldi e me li ha dati. Io volevo dire di no, ma che vuoi discutere? Quello stava morendo, gli occhi annebbiati ... io non mi scorderò mai quegli occhi ... sembrava mi guardasse con dolcezza, ma di sicuro, nemmeno mi vedeva ... sicuro! Sono corso dentro come un pazzo, ancora col casco in testa, e ho

chiamato gli infermieri. Abbiamo spinto insieme la barella, ma non c’era più niente da fare. Niente ... – disse visibilmente commosso – non ce l’ha fatta ... – L’atmosfera, nella cucina, si era gelata.

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Nora si scosse per prima e andò verso il lavello, poi aprì l’acqua facendola scrosciare, senza motivo. Il figlio se ne stava lì, pensoso, come se stesse digerendo, soltanto

adesso, lo stress della situazione in cui si era trovato. Il padre, al suo fianco, non sapeva cosa dire. Allora il giovane Marco, si alzò e prese dalla tasca dei jeans, una manciata di euro, stropicciati, posandoli al centro della tavola.

- Adesso che devo fare con questi soldi? – disse sconfortato – Dobbiamo rintracciare la famiglia ... restituirli. – - No! – Secca, quasi rabbiosa, il grido di Nora ruppe il silenzio. - Ma, mamma ... – disse Marco, stupito - saranno più di cinquecento euro ... – - Non importa ... – disse ancora Nora, mentre l’acqua scorreva, inutilmente, nel lavabo – Non importa! Tienili tu, tienili. Quell’uomo sarà contento così ... tienili. Considerali un regalo, considerali come se fosse ... un’eredità! – La voce della donna era lievemente velata dall’emozione, era chiaro

per tutti in quella cucina: ma nessuno disse una sola parola, nel silenzio del pomeriggio.

©Giovanna S. – 2015

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