P2: l'Italia dei burattinai finita in farsa

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P i MAGAZINE Periodico italiano DOSSIER Approfondimenti tematici - Aprile 2011 LICIO GELLI L’Italia dei burattinai finita in farsa LICIO GELLI L’Italia dei burattinai finita in farsa

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”Quel Piano non solo lo rifarei, ma vorrei anche riuscire ad attuarlo”. Così il potere di uno Stato nello Stato continua a fare capolino, periodicamente, nelle interviste rilasciate da Licio Gelli. Ma anche il Venerabile critica amaramente la deriva a cui è giunta l'inefficienza della politica italiana.

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Periodico italiano

DOSSIERApprofondimenti tematici - Aprile 2011

LICIO GELLI

L’Italiadei burattinaifinita in farsa

LICIO GELLI

L’Italiadei burattinaifinita in farsa

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Il potere di uno Stato nello Stato continua afare capolino, periodicamente, nelle interviste

rilasciate da Licio Gelli. Nel 2003, intervistatoda Concita de Gregorio per Repubblica, fotogra-fava un Paese nel quale tutto era così come luil’aveva ‘pensato’ trent’anni prima: “La giustizia,

la tv, l'ordine pubblico. Ho scritto tutto trent'an-ni fa". Affermazioni comprovate dal contenutoinequivocable delle carte sequestrate a villaWanda trentadue anni fa. Nella lista contenen-te i nomi dei 962 affiliati alla Loggia (anche sesi vocifera ch fossero più del doppio) c'erano

dossier ”Quel Piano non solo lo rifarei, ma vorrei anche riuscire ad attuarlo”

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L’Italianon è un Paese serio

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militari, magistrati, politici, imprenditori, gior-nalisti, così come l'attuale presidente delConsiglio e il suo nuovo braccio destro alPartito, Fabrizio Cicchitto”.Un premier che l’ex-Venerabile ricorda come “unuomo fuori dal comune. Ricordo bene che giàallora, ai tempi dei nostri primi incontri, avevaquesta caratteristica: sapeva realizzare i suoiprogetti. Un uomo del fare. Di questo c'è bisognoin Italia: non di parole, di azioni".Un sogno che si è realizzato, il suo? Non proprioa sentire le recenti dichiarazioni rilasciate alsito di Roberto D’Agostino, Dagospia, il Piano dirinascita democratica è miseramente fallito gra-zie alla inettitudine della nostra classe politica,perché “politici validi, come Cossiga e Andreotti,non ci sono più”. Si esprime senza mezzi termini sulle ‘intempe-ranze’ di Silvio: “Sia chiaro, è vero che può fare ciòche gli pare e piace, come e quanto vuole, ma biso-gna anche avere la capacità di “saperlo fare”,eppoi esiste pur sempre un limite. Invece lui con-tinua… ha prima disfatto la famiglia, ora stadisfacendo l’Italia. Ma nessuno gli dice nulla…”.Non si capacita persino lui, che di pedine ne hamosse tante in Italia, L’ultima dichiarazione,nell’intervista, è una domanda, quella che moltidi noi si pongono costantemente: “Lei pensa chequesto sia un Paese serio?”

Un potere paralleloPochi lo sanno, ma anche lo scrittore americanoMark Twain era massone. Così come, saltandoda un secolo all’altro, lo erano il compositoreWolfang Amadeus Mozart e il nostro GiuseppeGaribaldi. Personaggi diversissimi fra loro,uniti tuttavia dal segreto. O meglio: dai segretidell’invisibile mondo della massoneria.L’esistenza di una loggia massonica denominata‘Propaganda 2’ emerse nel marzo del 1981,quando indagando sul caso Sindona, i magistra-ti di Milano Giuliano Turone e GherardoColombo sequestrarono molti documenti nellavilla e negli uffici aretini di Licio Gelli, GranMaestro della massoneria, personaggio dal pas-sato quanto mai ambiguo. Tra quei documenti,una lista di 935 nomi, per lo più esponenti poli-tici, alti ufficiali, personaggi del mondo econo-mico e uomini dei servizi segreti, tutti raccolti inuna loggia segreta potente strumento d’influen-za sulla vita del Paese. Licio Gelli e alcuni suoi

consulenti avevano anche stilato un ‘Piano dirinascita democratica’ che, attraverso il control-lo dei mass media, mirava alla normalizzazionedei sindacati, al controllo della magistratura eal rafforzamento in senso autoritario del potereistituzionale.La loggia P2 si delineò così come un potereparallelo, forse addirittura in grado di promuo-vere e gestire la cosiddetta ‘strategia della ten-sione’, mirata a minare la struttura democrati-ca del Paese. Il dubbio che tutt’oggi rimane èche, in realtà, quella che fu scoperta nel 1981fosse soltanto una parte, la meno influente,della società segreta. E che il potere cospirativoe occulto di questa ‘massoneria coperta’ sia con-tinuato negli anni. Il Piano di rinascita demo-cratica venne sequestrato all’aeroporto diFiumicino nel sottofondo camuffato di una vali-gia di Maria Grazia Gelli, figlia di Licio, chestava tornando in Italia da Nizza. LaCommissione parlamentare d’inchiesta sullaloggia massonica P2 decise la pubblicazione deidocumenti da essa acquisiti. Si trattava di91.416 pagine che contenevano, molto spesso,carte di non facile reperibilità. L’aspetto chevenne subito isolato fu quello dei rapporti tra laloggia P2 e la classe politica italiana. Negli anni’60 del secolo scorso, infatti, era ormai evidente

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IL CASO P2FIUMICINO, 4 LUGLIO 1981 . Alle 18 del 4 luglio 1981 veniva fer-mata all’aeroporto di Fiumicino Maria Grazia Gelli, figlia del Venerabile, pro-veniente da Rio de Janeiro via Nizza. Durante un controllo doganale eranostate rinvenute, celate sotto la fodera della sua borsa da viaggio, cinquebuste, sigillate con nastro adesivo, delle quali quattro contenevano, a lorovolta, altre buste (alcune sigillate, altre no), oltre a stampati vari riguardan-ti la loggia P2. Le buste erano indirizzate a Luciano Donnini (marito dellaGelli), alle segreterie del Policlinico Gemelli, al prof. Luigi Tonelli (dello stes-so Policlinico) e a Licio Gelli. Delle buste interne, due erano indirizzate a Gellie una a Mario Tedeschi (direttore de ‘Il Borghese’, deputato missino, tesseraP2 n. 2127). Il documento era databile attorno al 1976. Dopo il rinvenimen-to,Gelli ha avuto cura di introdurre nuovi elementi di confusione precisando,nel giugno del 1984, che il Piano di rinascita non è mai esistito: erano soloun insieme di appunti che dovevano servire da ‘scaletta’ per una serie di arti-coli e relazioni. “Non era altro - dichiarò lo stesso Gelli – che un’esposizionesullo stato della nazione, lecita per qualsiasi cittadino che voglia esprimereil suo punto di vista sull’andamento generale del Paese”. Sta di fatto che - aben vedere – alcuni obiettivi contenuti in quel Piano risultano, oggi, piena-mente applicati. Il dubbio che rimane è che, in realtà, quella scoperta sia sol-tanto una parte, la meno influente, della loggia e che il potere cospirativodella massoneria riservata sia continuato negli anni.

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che la democrazia italiana aveva assunto alcunepeculiarità negative che la differenziavano nonpoco dalle altre democrazie occidentali: la prima -e la decisiva - di queste era individuabile nellamancanza non solo di un’alternativa a una coali-zione governativa incentrata sulla Dc, ma anchedella semplice possibilità teorica di tale alternati-va. Era evidente, perciò, che la causa per cui erasorta una simile struttura cospirativa andassericercata nelle caratteristiche con cui si era venu-to strutturandosi il sistema dei Partiti italiano.Per comprendere meglio tale caratteristiche biso-gna affidarsi a un osservatore esterno, l’ingleseDavid Hine, il quale, facendo il punto sulla situa-zione politica italiana, propone un’interpretazionein termini di bargained pluralism. Il “pluralism”si riferiva, oltre che al sistema dei Partiti, anchead altri ambiti: in primo luogo, la pluralità (spes-so conflittuale) dei centri di decisione e dei gruppid’interesse: un ambito così strutturato, per poterfunzionare doveva necessariamente affidarsi allamediazione, al compromesso (“bargain”). Lo stu-dioso inglese conviene sul ruolo abnorme assuntodai Partiti in Italia: tale ruolo viene fatto risalireal fatto che, nell’immediato dopoguerra, le soleistanze disponibili a raccogliere le domande pro-

venienti dalla società (nella quale associazioni egruppi d’interesse erano, per forza di cose, in granparte assenti) fossero le forze politiche. La situa-zione di partenza avrebbe influenzato, quindi,anche gli sviluppi successivi nelle relazioni traPartiti e distinti gruppi d’interesse, sviluppi iquali si risolsero, il più delle volte, in un vero eproprio ‘clientelismo’. Ciò era particolarmenteaccertabile per la Democrazia Cristiana, Partitoche, rimanendo al potere qualsiasi cosa facesse,ha visto una gran parte dei suoi parlamentari -non costretti né all’unità, né all’efficienza, né alladisciplina di maggioranza - spingersi pericolosa-mente sulla china delle domande ‘sezionali’ prove-nienti dalle loro ‘clientele’, soprattutto nelMezzogiorno. La conclusione che Hine traedalla sua ricerca è che il problema fondamen-tale del sistema politico italiano sia quellodella sua “scarsa capacità aggregativa”, che simanifesta a vari livelli: sul piano della rappre-sentanza degli interessi, con la polverizzazio-ne dei gruppi, per di più divisi tra “pubblico” e“privato”; su quello del sistema partitico,frammentato in un alto numero di compagini,molte delle quali divise al loro interno; sulpiano parlamentare, con la mancanza di unasicura maggioranza governativa; su quello delGoverno, in cui la scarsa cooperazione, quandonon conflittualità, si riflette in politiche basa-te sull’inclusione indiscriminata di provvedi-menti, piuttosto che su chiari criteri selettivi;infine, sul livello della pubblica amministrazione,divisa in “policy network” tra loro isolati.La diagnosi, insomma, del sistema di potereitaliano riassumendo era la seguente:1) un sistema politico con l’impossibilità costitu-

tiva di un’alternanza; 2) una forte presenza dei Partiti ad ogni stadio

del processo decisionale (input, output, feed-back);

3) il controllo partitico dell’input strutturatosecondo domande sezionali;

4) la dispersione del potere; 5) la marginalizzazione del parlamento; 6) l’impossibilità dell’implementazione di politi-

che di ampio respiro a causa dei punti prece-denti;

7) l’incompiuta cooptazione/penetrazione delPci tra i partiti “pro sistema”;

8) il “pluralismo mediatorio” che si è instaurato; 9) l’alta permeabilità alle lobby di Partiti e isti-

dossier Il problema fondamentale del sistema politico italiano sia quello della>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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tuzioni; 10) uno sviluppo e una modernizzazione del

Paese attivata all’ombra di strutture politi-che complessivamente deboli e di centri dipotere occulto.

I POTERI OCCULTIPartiamo dunque dalla classica distinzione forni-taci da Bobbio tra “sottogoverno” e “criptogover-no”: il filosofo torinese riprese il primo termine daldibattito giornalistico, benché ritenesse ormaigiunto il tempo che venisse fatto proprio anchedalla politologia. Le origini remote del sottogover-no venirono individuate da Bobbio nel Governodell’economia tipico dello stato ‘postkeynesiano’,in cui “la classe politica esercita il potere non piùsoltanto attraverso le forme tradizionali dellalegge, del decreto legislativo, dei vari tipi di attid’amministrazione che […] sono entrati a farparte del potere visibile, ma anche attraverso lagestione di grandi centri di potere economico […].A differenza del potere legislativo e del potere ese-cutivo tradizionale, il Governo dell’economiaappartiene, in gran parte, alla sfera del potereinvisibile in quanto si sottrae, se non formalmen-te, sostanzialmente, al controllo democratico e alcontrollo giurisdizionale”.Bobbio definì invece ‘criptogoverno’ “quell’insiemedi azioni compiute da forze politiche eversive, cheagiscono nell’ombra in collegamento coi servizisegreti o con una parte di essi, o per lo meno daquesti non ostacolati”. Bobbio ravvisò inoltre nellastrage di Piazza Fontana una delle prime manife-stazioni del ‘criptogoverno’ italiano: da lì era ini-ziata “la degenerazione del nostro sistema demo-cratico”.In un successivo intervento, il filosofo puntualizzòulteriorimente tali concetti, individuando tre“strati di potere”: il primo, “il potere emergente opubblico”, era quello del Governo propriamentedetto; il secondo, “il potere semi - sommerso osemi – pubblico”, era quello del ‘sottogoverno’; ilterzo, era il “potere sommerso o occulto o invisibi-le”, quello del ‘criptogoverno’. In ogni caso, ilpunto ‘nodale’ che Bobbio segnalava era l’interdi-pendenza esistente fra i tre strati di potere: “Ilsegreto della governabilità sta nell’esistenza enella robusta vitalità del sottogoverno. Il boscomuore senza il sottobosco”. E ancora, più espli-citamente: “I Governi passano, il sottogovernoresta. […]. Il sottogoverno non è mai in crisi,

LICIO GELLI

IL GENIO DEL DOPPIO GIOCO

Prima volontario nelle camicie nere,

mandate in Spagna da Benito Mussolini

in aiuto di Francisco Franco, poi ispettore

del Partito Nazionale Fascista nel 1940, a

soli 23 anni, e un anno dopo ufficiale di

collegamento fra il governo fascista e il

Terzo Reich per la Repubblica di Salò.

Infine, partigiano quando la vittoria

della guerra cominciò a rivelarsi impossibile per i nazi-fascisti. Già nel

suo primo percorso di vita, Licio Gelli ha dimostrato quelle che sareb-

bero diventate le caratteristiche determinanti del suo futuro di agen-

te segreto italiano: l’abilità di saper analizzare e cogliere il momento

in ogni situazione. Avrebbe potuto farlo anche con la P2, come lui

stesso ha affermato in un’intervista apparsa a gennaio 2011 su dago-

spia – il sito di Roberto D’Agostino – gli sarebbero bastati solo altri 4

mesi per attuare il famoso Piano di rinascita democratica.

Nato a Pistoia il 21 aprile 1919, colui che viene ricordato oggi quale

"Maestro Venerabile" della loggia massonica segreta eversiva P2, con-

tinua a fare notizia, con commenti e riferimenti più o meno velati che

fanno capire che di verità ancora da scoprire ne esistono. Misteri e

intrecci politici, italiani e internazionali, che probabilmente il

Venerabile porterà con sè nell’al di là.

Daltronde, l’inadeguatezza e la superficialità delle indagini sui tra-

scorsi di Gelli (soprattutto riguardo al periodo 1944 - 1950) vennero

già rilevate da alcuni membri della Commissione Stragi, istituita nel

1988, che hanno visto nel passato del Venerabile la chiave per spiega-

re il nostro presente. Quanto questa loro intuizione fosse esatta lo si

vide al momento della stesura delle sei ‘Relazioni finali’. Le quattro

relazioni più accurate, quelle della presidente Anselmi, del radicale

Teodori, del comunista Cecchi e del missino Pisanò, pur nella diversità

delle conclusioni avevano un punto di partenza comune, costituito

proprio dalle vicende relative all’ambiguo passato di Licio Gelli: 4 dif-

ferenti esiti di uno stesso punto di partenza. Tina Anselmi asserì che

Gelli ebbe connessioni, seppur di incerta decifrabilità, con i servizi

segreti, anche stranieri; Massimo Teodori sostenne che da quei fran-

genti originavano inconfessabili legami del Venerabile col Pci; Giorgio

Pisanò, che aveva conosciuto di persona Gelli nel 1943 - 1944 in quan-

to entrambi membri della Federazione fascista di Pistoia, ammise che

il capo della P2 era “un genio dell’intrallazzo, nonché del doppio

gioco”, anche se gli negò qualsiasi reale ‘vocazione’ politica. Alberto

Cecchi, studioso comunista, al contrario di Teodori dimostrò che non

solo non vi erano legami col Pci, ma che anzi Gelli fu sempre profon-

damente anticomunista.

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a sua “scarsa capacità aggregativa”

Who is?

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anzi le crisi di Governo lo fanno diventare sem-pre più rigoglioso. Il sottogoverno costituisceuna struttura di potere stabile, permanente, conun personale meno soggetto a cambiamenti,meno controllabile e anche meno controllato […]e rappresenta la continuità del potere, speciedel potere democristiano, assai più che gli effi-meri governi succedutisi in questi trent’anni”.Riguardo, nello specifico, alla loggia di LicioGelli, Eugenio Scalfari, in uno dei primi com-menti sullo scandalo, privilegiò l’interpretazio-ne nella chiave che s’è detta: dando per sconta-to che nelle economie moderne - ‘postkeynesia-ne’, per dirla con Bobbio - una certa “dose di cor-ruttela è comunque inevitabile”, sottolineò che,

nel caso della P2, ci si trovava di fronte a un“processo di mutamento delle strutture delPotere”. Al direttore di ‘la Repubblica’ non sfug-gì, d’altra parte, che il versante economico -finanziario della P2 (riguardante tangenti pri-vate e di Partito, controllo del credito, esporta-zione di valuta e promozioni di carriera) si inse-riva in un disegno di più ampio respiro, con un‘fall out’ di indubbia rilevanza politica. Le connessioni indicate da Scalfari tra LicioGelli e Umberto Ortolani e Michele Sindona sispiegano, dunque, in questa luce. Soprattuttoattraverso Sindona erano stati aperti dei canaliinternazionali che collegavano, in un groviglioinquietante, il “clan dei texani” (produttori dipetrolio e finanzieri), Cosa Nostra, americana esiciliana, assieme alla Cia. Quindi, l’economiadella corruzione ‘italian style’ traeva le sue ori-gini dal largo intervento pubblico in economia edal permanere di una stessa coalizione diGoverno (o per lo meno di interessi) per untempo troppo lungo senza una minima possibili-tà di alternativa. Il tutto aggravato dalla perva-siva presenza dei Partiti e delle loro clientele.Ben presto, la corruzione divenne strutturale,tanto da divenire elemento portante del sistemanon solo economico, ma anche politico. E ciò èdimostrato anche dagli effetti di ‘Tangentopoli’:eliminando il meccanismo di ‘scambio corrotto’,il sistema si ‘inceppa’.

L’OCCULTEZZA DI UN PARTITO“Un fenomeno come quello di Licio Gelli e dellasua loggia è possibile solo in un sistema in cuil’estensione del ‘criptogoverno’ e la ‘clandestiniz-zazione’ della politica abbiano raggiunto dimen-sioni tali da rendere non solo possibile, ma addi-rittura necessaria, l’esistenza di specialisticapaci di organizzare e governare un’area cosìvasta”. Questo giudizio di Stefano Rodotà sinte-tizza perfettamente l’opinione di quanti, delfenomeno dei poteri occulti, pongono in luce laloro penetrazione nei gangli dello Stato. Ancorauna volta, viene sottolineato il ruolo negativodei Partiti che, occupando aree sempre più este-se dello Stato, hanno creato le condizioni perchési verificassero, tra di essi, continui conflitti peril controllo delle risorse, facendo degenerare ilnostro sistema politico in una ‘guerra perbande’.

ALICE STOPPONI

dossier La P2 : un processo di mutamento delle strutture del Potere>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Il 21 Maggio 1981 il Consiglio dei Ministri rende pubblica la lista degliappartenenti alla Loggia Propaganda 2. Nomi, Cognomi, fotocopie. Unelenco che spaventa. Numeri: 52 alti ufficiali dei carabinieri, 50 dell'esercito, 37 dellaGuardia della Finanza, 29 della marina, 11 questori, 5 prefetti, 70imprenditori, 10 presidenti di banca, 3 ministri in carica, 2 ex ministri,il segretario di un partito di governo, 38 deputati, 14 senatori.Il governo Forlani cade, trema l'Italia della finanza, il 24 Luglio la P2 èsciolta dal nuovo governo Spadolini.

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Le radici della massoneria vengono fatte risa-lire tradizionalmente – da parte dei suoi

membri – alla costruzione del Tempio diSalomone. Nella realtà dei fatti, tuttavia, trat-tandosi di un Ordine “segreto” ricostruirnel’evoluzione in termini storicamente incontro-vertibili è praticamente impossibile. Volendosemplificarne l’evoluzione riferendoci a un pas-sato a noi prossimo basti sapere che alla fine delXVII secolo a Londra esistevano molte Loggedove a volte predominava l'elemento operativoed altre in cui dominava l'elemento speculativo.Nel 1717 quattro di queste Logge giudicaronoopportuno eleggere un Gran Maestro nella per-sona di Antony Sayer, gentiluomo, creando unaGran Loggia permanente. Quella che può essereoggi definita la Massoneria moderna deriva dauna scissione fra queste quattro originarie. Volendo ricostruire, nella fattispecie, le origini ei presupposti che hanno dato vita al progetto diLicio Gelli, si fa riferimento alla Loggia delGrande Oriente, la cui attuale loggia italiana è

riconosciuta dalla Gran Loggia Unitad'Inghilterra.“Nella seduta del Grande Oriente del 6 giugno1875, due ‘Fratelli’ proposero di offrire uno “sta-tus speciale” a quei massoni costretti, per la loroprofessione, a non avere domicilio fisso. Così,nel marzo 1877, il Grande Oriente concesse labolla di fondazione alla Loggia “PropagandaMassonica”, un’unità atipica, che non si riunivamai e i cui membri erano privati dell’eserciziodei poteri e delle facoltà inerenti a ogni LiberoMuratore in seno all’Ordine, quale, ad esempio,l’elettorato attivo e passivo nella nomina dellecariche”. Chi dà questa rapida sintesi sull’origi-ne e sulla natura della P2 è uno dei massoni ita-liani più prestigiosi del dopoguerra, l’ex GranMaestro Giordano Gamberini: egli prosegue poispiegando che i Fratelli della “Propaganda”venivano iniziati direttamente dal GranMaestro “sulla spada”.Armando Corona, eletto al Supremo Magliettodopo lo scoppio del caso P2, fornisce qualche ele-

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La massoneria nasce

quale ordine iniziati-

co che ha per scopo il

"perfezionamento

dell'individuo".

Ma come è nata la

loggia massonica

di Licio Gelli?

Le originidella LoggiaP2

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mento ulteriore: i fratelli costretti “a non averedomicilio fisso” erano in pratica “i Massoni nonromani che si trasferivano o venivano trasferititemporaneamente a Roma” in quanto funziona-ri statali i quali potevano, in questo modo, fre-quentare regolarmente i lavori di loggia.Altre caratteristiche di questa loggia erano lariservatezza assicurata ai fratelli e il fatto che il‘piedilista’ (cioè l’elenco degli affiliati) era tenu-to direttamente dal Gran Segretario e che, quin-di, non rientrasse nello schedario generale del-l’anagrafe massonica. Più pragmaticamente, unaltro autore massone, Michele Moramarco, ciinforma che la ‘superloggia Propaganda’ vennecreata perché le importanti personalità che vierano affiliate non fossero “sommerse da richie-ste di favori e raccomandazioni” o, peggio, nonfossero costrette a “ripetere gli arcani gesti dellaliturgia massonica”. Il problema della riserva-tezza da garantire alle personalità più eminentiche volessero affiliarsi alla massoneria era, ineffetti, un problema reale: la soluzione adottata,tuttavia, fu tipicamente italiana: in altri Paesi,la questione era stata risolta regolando il ‘dirit-to di visita’.

Comunque sia, dopo la sua nascita, la loggia‘Propaganda’ proseguì la propria esistenzasenza grandi clamori (almeno per quel che se nesa) fino agli anni ‘60. C’è solamente da segnala-re che essa era diventata ‘P2’ nel 1945, alla finedel ‘grande sonno’ a cui il fascismo avevacostretto la libera muratoria italiana: in quel-l’anno, infatti, il Grande Oriente d’Italia si ade-guò alla prassi, già vigente in altri Paesi, dinumerare le proprie logge e alla ‘Propaganda’era capitato in sorte il numero 2.Il 1974 fu un anno tra i più drammatici per lanostra Repubblica: nella notte tra il 26 e il 27gennaio, a Roma vennero predisposte ecceziona-li misure di sicurezza, mentre, nelle caserme ditutta Italia entrò in vigore lo stato di allerta: ilperché di tali provvedimenti non è stato mairivelato. Il 1° marzo, presso l’Hotel Giada diCattolica, di proprietà di un collaboratore delSid, Ordine Nuovo si era trasformato in OrdineNero e, sotto questo nome, rivendicò, nel corsodell’anno, molti attentati dinamitardi tra cui,già il 28 maggio, quello che in piazza dellaLoggia, a Brescia, aveva provocato 8 morti e 94feriti. Il 4 agosto, un’altra strage della medesi-

dossier Negli anni '70 molte delle inchieste sull’eversione ‘nera’ cominciarono >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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ma ‘matrice’: quella del treno Italicus sullaFirenze - Bologna (12 morti e 105 feriti). A settem-bre crollò l’impero di Sindona, che fuggì all’estero.Il 20 novembre, una bomba venne fatta esploderea Savona. In più, sullo sfondo, continuavano leinchieste su ‘Rosa dei Venti’, ‘golpe bianco’, ‘golpeBorghese’, On e Sid parallelo (trasferite a Romain dicembre), mentre si rincorrevano insistenti levoci su tentativi di colpi di Stato. Il clima si fecepesante per Gelli e molte delle inchieste sull’ever-sione ‘nera’ cominciarono a imbattersi nella P2. Il 10 luglio 1976, a Roma, un commando di OrdineNero guidato da Pierluigi Concutelli assassinò ilsostituto procuratore Vittorio Occorsio. Questi,il giorno prima, parlando con un giornalista de‘l’Unità’, Franco Scottoni, gli aveva confidato diessere su una ‘pista’ che collegava il clan dei‘marsigliesi’ (specializzato in sequestri) a espo-nenti della massoneria tra cui, appunto, LicioGelli. Quest’ultimo, già al centro dell’attenzionegiornalistica ormai dall’aprile in seguito all’ar-resto di Albert Bergamelli, il 19 luglio chiese alGran Maestro Salvini di poter sospendere i lavo-ri della loggia. Il 27, Salvini accordò la sospen-sione (peraltro irrituale) “a tempo indetermina-to”. Nel frattempo, la magistratura cominciavaa verificare le notizie di stampa circa la ‘loggiagolpista’ (secondo la definizione de ‘l’Espresso’)e, tra l’agosto e l’ottobre, Salvini e Gelli compi-rono frequenti visite al Palazzo di Giustizia diFirenze, al fine di essere interrogati dai giudiciLuigi Pappalardo e Pier Luigi Vigna, titolaridell’inchiesta sull’omicidio Occorsio.

Anche sul versante della giustizia massonica‘interna’, le cose non andavano meglio: sempre inmerito alle notizie diffuse dalla stampa, Gellivenne convocato dal Tribunale del Consiglio circo-scrizionale di Lazio e Abruzzi il 3 ottobre, mentreil 5 settembre Martino Giuffrida, fedelissimo diGelli, svelando in parte alcuni retroscena di unacongiura, probabilmente ordita dallo stesso Gelli,aveva indotto la Corte centrale del GrandeOriente ad aprire un procedimento contro i cospi-ratori. Questo si conclude il 18 dicembre con lacensura semplice per Giuffrida, la censura solen-ne per Gelli e Seravalli e l’espulsione di altri fra-telli congiurati, tra cui gli oppositori storici del‘Sa. Ge. Ga.’: Bricchi, Benedetti, Siniscalchi eSoliani. Ancora una volta, Gelli usciva vincitore.Doppiamente, considerando l’espulsione deisuoi più irriducibili avversari. Che il potere delmaterassaio aretino non fosse stato minima-mente scalfito da questi attacchi e provvedimen-ti risulta anche dal fatto che, nell’aprile del1977, Salvini gli delegò (anche in questo casoirritualmente) la cura dei Fratelli alla memoria,cioè quelli la cui appartenenza alla Famiglia eranota solo al Gran Maestro: l’irritualità appareancor più evidente se si pensa che la censurasolenne inflittagli avrebbe dovuto comportarel’interdizione da qualsiasi carica massonica per3 anni mentre già nel giugno successivo, Salvinilo aveva graziato. Lo stesso Gran Maestro avevadel resto dichiarato un anno prima: “È possibileche mi separi da mia moglie, ma non è possibileche mi separi da Licio”.

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a imbattersi nella P2>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

facebook la lista P2 fra le pagine del socialnetwork

Le cronache quotidiane riportano sempre più spesso la segnalazione di truc-

chi e inganni, televisivi o giornalistici, diffusa attraverso i post degli utenti di

facebook. Non siamo così ottimisti da pensare che l’era dei misteri italiani sia

in declino, certo è comunque che la possibilità di riemergere da un passato

sgradito per molti sta diventando utopia. Fra le pagine del social network,

infatti, abbiamo trovato anche chi si è preso la briga di trascrivere il lungo

elenco degli iscritti alla P2. Basta andare alla pagina:

http://www.facebook.com/note.php?note_id=117456201600779.

La lista di nomi e cognomi riportata fu trovata il 17 marzo 1981 dai magistra-

ti durante le indagini sul presunto rapimento di Michele Sindona a Villa

Wanda, di proprietà di Licio Gelli. L'elenco fu reso pubblico dalla presidenza

del Consiglio solo il 21 maggio 1981.

Il lungo elenco viene completato con l’immagine di una finta campagna di adesione, giusto per riderci su (ma non troppo).