EDV 153 - La passione educa

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L’educazione in famiglia: riflessioni per crescere Family2012: come la Comunità si sta preparando Nuovi mezzi di comunicazione: testimoniare è condivisione Periodico della Comunità Piccolo Gruppo di Cristo | n°. 153 - anno XXXIII | Dicembre 2011 E D V ESPERIENZE DI VITA LA PASSIONE EDUCA

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In questo numero affrontiamo il tema: l’educazione in famiglia. Ci sembra interessante come filo conduttore tra il tema dell’anno comunitario (la vocazione infamiglia) con un argomento digrande attualità: quali sceltefaccio per l’educazione dei mieifigli, come vivo il rapporto conla scuola, come gioco la mia consacrazione dentro questi ambienti, quali domande ci pone la Chiesa.

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L’educazione in famiglia: riflessioni per crescere

Family2012: come la Comunità si sta preparando

Nuovi mezzi di comunicazione: testimoniare è condivisione

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EDVESPERIENZE DI VITA

LA PASSIONE EDUCA

EDVredazione

info PGC

N°153In questo numero affrontiamo il tema: l’educazione in famiglia. Ci sembra interessante come filo conduttore tra il tema dell’anno comunitario (la vocazione in famiglia) con un argomento di grande attualità: quali scelte faccio per l’educazione dei miei figli, come vivo il rapporto con la scuola, come gioco la mia consacrazione dentro questi ambienti, quali domande ci pone la Chiesa.

EDITORIALE

Si parte dalla fine

ATTUALITà

Sempre pronti ad educare con gioia

Ditelo in musica

Genitori & Insegnanti

Nota di merito

Saper fare (e far sapere) per fuggire il nozionismo

Dare sapore al sapere

Ad occhi aperti

Il mio bambino ha tutto

ZOOM

Gli orientamenti “pastorali” per il decennio 2010-2020

Perchè è importante cercare di “seguirlo”

A Milano “Family 2012”, nessuno si senta escluso

RUBRICA

La santità nel matrimonio

IN COMUNITà

Un invito accorato a vivere da consacrati

Lettera al nuovo arcivescovo

Voci dalla “Festa dell’Eremo”

La parola diventa social

Verso Assisi

BACHECA

News dalla Comunità

Sommariodicembre 2011

COLLABORATORIGiovanni CattaneoLuigi CrimellaMichela BottaPaolo Cattaneo

PROGETTO GRAFICOE IMPAGINAZIONEPaolo Cattaneo

[email protected]

www.piccologruppo.it

Piccolo Gruppo di CristoVia San Pietro, 2020033 Desio, MB

SegreteriaTelefono: (+39) 0362 621651Fax: (+39) 0362 287322Mail: [email protected]

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EDITORIALE

La stella e il pastore, la giovane ma-dre, un bambino appena nato, un papà diventato Giuseppe. Tante pe-core e un gregge di genitori. È que-sta la scena che si ripete ogni anno, in questi giorni, con la recita natali-zia nelle scuole. È un appuntamento tradizionale per tutti, bambini, ge-nitori e nonni.

Il Natale alle porte, con il suo corre-do di feste e incontri tra scuola e fa-miglia, offre l’occasione per una ri-flessione sul rapporto con il mondo dell’educazione. Emerge l’influenza della scuola sui ritmi quotidiani delle famiglie, la ricaduta sulle scel-te lavorative, il dialogo con i figli, le preoccupazioni di mamma e papà di fronte a un ambiente che vorrebbero

sempre costruttivo e che invece fa-tica ad essere realmente formativo.Quanto incide la scelta della scuo-la sul futuro di figli e nipoti? Come valutiamo le proposte educative che impattano sulla famiglia, sui valori che i cristiani comuni vorrebbero seminare dentro la società?

Dall’asilo alle superiori, si rincor-rono età e domande, successi e delusioni: l’esigenza formativa dei ragazzi cresce con loro e provoca i genitori, mettendoli di fronte a nuo-vi modelli educativi e alla responsa-bilità di trasmettere ai più giovani una visione cristiana del mondo.“Occorre partire dalla fine” – fa-ceva notare Erasmo Figini, raccon-tando l’esperienza della scuola di

formazione Oliver Twist di Como - “si parte dalla vita - da una sedia, da una casa, da un tessuto - e non dalla teoria - dalla matematica. Si cerca di suscitare l’interesse mo-strando dove si può arrivare. In cosa consiste il nostro lavoro allo-ra? Consiste nel ridare il senso: re-stituire un senso che i ragazzi han-no già visto e che quindi risulta a loro meno estraneo. Tutto il lavoro è colmare il divario che c’è per arri-vare al fine”.

Si riparte dalla fine, dal rapporto tra scuola e lavoro, tra formazione umana e spirituale, per capire dove accompagnare i più giovani, dove spendere il nostro contributo edu-cativo, dentro e fuori la famiglia.

LA PASSIONE EDUCA

Domande a margine della recita di Natale

SI PARTE DALLA FINE

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ATTUALITà

Maestra in una scuola dell’infan-zia da venti anni e mamma da tre. Rita Frigerio ci racconta la sua esperienza con i più piccoli, le moti-vazioni e le preoccupazioni dell’“ar-te gioiosa dell’educazione”.

Quanti ricordi, quante emozioni, quante gioie e sconfitte ho nel mio cuore: la cosa importante è sempre stata pensare fondamentalmente al bene dei bambini che avevo di fronte. Quante volte con il mio sti-le di presenza ho potuto diffondere attorno a me un senso di calma, di pace e fiducia; mentre in altre oc-casioni ho faticato mettendo la fret-ta al primo posto, non riuscendo a fermarmi per guardare, ascoltare questi piccoli e lasciarli parlare per raccontarmi “parte del loro mondo”. Sì, il mio modo di fare, i miei gesti di dolcezza e tenerezza, ma anche il mio essere ferma e decisa nel trat-tare con loro e nel prendere le deci-sioni (anche con toni a volte troppo

forti) mi hanno messa sempre in di-scussione, non mi hanno lasciata se-rena e tranquilla e anche dopo aver chiuso alle spalle il cancello della scuola, portavo spesso a casa con me, in famiglia e davanti al Signore questi bambini con le loro famiglie, questi tesori preziosi che mi erano stati affidati.

Tantissime storie, racconti perso-nali, gioie e paure che mi sono sta-te confidate, esigevano da me una risposta: mi hanno chiesto (a volte nei momenti più impensabili) il per-ché di fronte ad alcuni fatti profon-di della vita. Ed io ringraziando il Signore (anche se alcune volte non ero io a parlare ma la forza che Lui mi donava) sono rimasta estasiata, sorpresa, provando differenti emo-zioni, meravigliandomi ma anche piangendo con loro e per loro, mo-strandomi magari un po’ negativa e pessimista, ma con la voglia di vol-tare pagina e continuare il cammi-no insieme, giorno dopo giorno. Mi sono impegnata a reagire sempre con il sorriso sulle labbra e nel cuo-re, perché ai bambini piace la mae-stra che fa ridere e sa scherzare.

Si insegna con gioia e stando con i piccoli imparo questo atteggiamen-to, ricordando le parole del cardi-nal Martini: “l’educazione è un’arte gioiosa: non può essere un lavoro forzato. La soddisfazione e l’appa-gamento primo e sommo sono dati a un vero artista dal capolavoro

Motivazioni e preoccupazioni viste da una maestra

SEmPRE PRONTIAD EDUCARE CON gIOIA

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uscito dalle sue mani. L’educazio-ne esige nell’educatore originalità e individualità, chiede che si educhi con gioia”. In questi anni - specie in questi ultimi - passione, entusiasmo e gioia a volte sono state un po’ of-fuscate da difficoltà, da pesantezza delle relazioni con i nuovi modelli familiari, dal dover stare attenta alle parole dette, dal sentirmi ina-deguata per risolvere situazioni particolari, dal far fronte ad una sfi-da sempre più impegnativa.

Quante volte (non essendo ancora mamma) mi sono messa nei panni dei genitori; ho consigliato, ho posto dei limiti, li ho messi in crisi come coppia e famiglia… Non ho la pre-tesa di insegnare qualcosa e di giu-dicare gli altri genitori, ma vorrei saperli trattare con amore, rispetto e umiltà. Alcuni non si sono fidati fino in fondo, altri mi hanno sbattu-to la porta in faccia. Altri mi hanno ringraziato, hanno cambiato il loro modo di educare e rapportarsi con i figli. In tutto questo il Signore mi

ha accompagnato, l’ho sentito molto vicino: lavorando in una scuola par-rocchiale di ispirazione cattolica ho posto le premesse per favorire l’in-contro dei bambini con Dio, sommo Bene.

Questa è l’educazione religiosa au-tentica. Trovo illuminanti le parole del catechismo dei bambini: “Dio nessuno lo ha mai visto, come può farsi conoscere dai bambini? Dio parla di sé attraverso le persone, i fatti le cose, Dio è amore e tutti i gesti d’amore hanno radice in Lui”. L’incontro dei bambini con la tene-rezza che Dio ha per tutte le creatu-re avviene attraverso i gesti di bontà degli adulti, i bambini avvertono se le persone amano o no la vita, se hanno paura e speranza, se credono in quello che dicono. Se li amano, se li incoraggiano e consolano!

Tutta questa esperienza, come grande dono, l’ho potuta riversare sul mio piccolo Francesco, un bam-bino speciale per me e per Marco, amante della gioia e della vita che gli è stata donata. È stato natura-le e facile all’inizio per me educare Francesco: un angelo mandateci dal cielo, buono e gioioso. Ogni giorno - nel ringraziare il Signore per la sua bontà - lo affido a Lui, anche con le sfide che ci pone e le difficoltà quo-tidiane che incontriamo.

Con fiducia e amore mi sento di ac-compagnare nel cammino della vita tutti i bambini che il Signore vorrà pormi sulla strada, nella mia mis-sione di educatrice.

RITA FRIGERIO

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ATTUALITà

Sui temi educativi si spendono fiu-mi di parole. Si parla di “emergenza educativa” e non è soltanto il Papa a lanciare l’allarme. Eppure all’in-terno del mondo degli insegnanti si respira un’aria di sostanziale fidu-cia e speranza nel futuro. Sentiamo la voce di un appartenente al Pic-colo Gruppo di Cristo, Giovanni Tonello, che svolge il ruolo di ma-estro elementare.

Nella tua qualità di educatore, come spiegheresti a un giova-ne i motivi e il percorso che ti ha condotto alla scelta di vita di insegnare?

“Nel personale percorso formati-vo sento che ci sono stati diversi elementi significativi che mi han-no condotto a consapevolizzare la mia vocazione all’insegnamento. In primo luogo credo che l’anno di obiezione civile mi abbia introdotto nell’ambito educativo in quanto ho prestato servizio in un istituto per ragazzi difficili e contemporanea-mente nella sensibilizzazione alla mondialità e pace nelle scuole me-die. Tale esperienza è stata determi-nante per cogliere la mia attitudine nell’ambiente educativo. Inoltre, gli studi per il conseguimento del Ma-gistero in Scienze Religiose hanno contribuito allo sviluppo di una par-ticolare attenzione alla persona sia nell’aspetto umano che spirituale”.

Come hanno inciso i valori cri-

stiani, la tua educazione in fa-miglia e nel tuo ambiente, sul cammino di formazione verso questa attività lavorativa?

“La mia famiglia ha sempre avuto una fede semplice, fatta soprattutto di fedeltà. Fin da piccolo sono stato accompagnato a prendere coscien-za della presenza di Gesù nella mia vita e spesso mi è stata data la mas-sima fiducia e libertà nelle scelte personali. È stata poi determinante l’esperienza di otto anni, nel periodo adolescenziale e giovanile, presso il Seminario Vescovile di Treviso, in cui la mia crescita personale e spiri-tuale è sempre stata accompagnata da un sacerdote che mi ha condotto amorevolmente alla scoperta del-la mia vocazione. Credo che queste realtà abbiano favorito in me la cre-scita di una sensibilità favorevole all’ambiente educativo”.

Quali sono le più grandi sod-

I piccoli si attendono dai grandi che siano veri “testimoni”:parla un insegnante

DITELO IN mUSICA

disfazioni personali che trai nell’insegnare ai piccoli e qua-li le difficoltà che devi affron-tare?

“L’affetto e la gioia che mi trasmet-tono i bambini quando ci incontria-mo a scuola è certamente il segno più bello di un rapporto empatico e fiducioso costruito giorno per gior-no; il difficile è trasferire questa relazione positiva da un rapporto a due ad una realtà di gruppo-classe, dove per il bene di tutti ciascuno deve rinunciare ad un po’ di se stes-so”.

Il fatto di avere risposto a due chiamate specifiche: quella al matrimonio e poi anche quella alla vita comunitaria, con gli impegni connessi, ti aiutano nel tuo impegno quotidiano di educatore?

“Credo che il sacramento del matri-monio mi richiami ad una dimen-sione di paternità da esercitare nel rapporto personale con il singolo bambino, mentre la vita comunita-ria mi rimanda ad una consapevo-lezza sempre più viva ed esigente della presenza di Gesù nei bambini che mi sono stati affidati”.

Quale “spessore” religioso per-cepisci o favorisci nei più picco-li?

“I bambini sono esigenti, pretendo-

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no chiarezza, ma soprattutto fedel-tà e lealtà; nello stesso tempo sono sempre pronti a ricominciare, a re-cuperare in ogni momento le picco-le rotture che possono crearsi nella giornata. I bambini si attendono da me fermezza, coerenza, pazienza e amore… proprio come Gesù”.

Ti sembra possibile che in fu-turo l’educazione possa arri-vare a prescindere totalmente da Dio o da un insegnamento “religioso”, come talune cor-renti di pensiero tendono a proporre?

“Io credo che l’educazione possa arrivare più facilmente, non solo dall’insegnamento religioso, ma soprattutto da un atteggiamento religioso. Un atteggiamento fatto di testimonianza di vita, dove io sono chiamato ad essere ciò che sono senza compromessi e falsi pudori, trasmettendo la mia fede nella con-cretezza dell’azione educativa”.

In particolare la tua compe-tenza musicale è di aiuto per innalzare la sensibilità spiri-tuale dei più piccoli?

“Ciò che non è facile per il bambi-no è proprio far emergere quanto ha dentro di sè. La musica lo può aiutare ad esprimere il suo vissuto e dare ad esso un nome, in quanto strumento capace di suscitare emo-zioni, immagini, sensazioni… anche spirituali”.

La scuola oggi è in grado di of-frire le risposte alle domande più profonde dei ragazzi, op-pure può solo limitarsi a pro-porre contenuti culturali?

“Credo che la capacità della scuola di trasmettere o meno risposte ai ragazzi, dipenda esclusivamente dalla volontà, sensibilità e determi-nazione dell’insegnante che aiuta gli alunni che ha di fronte a porsi le domande e trovare assieme le ri-sposte; poiché la scuola come istitu-zione, salvo nei casi in cui essa sia religiosa, non lo richiede, o almeno non esplicitamente”.

Il “Gruppo” ti aiuta a crescere interiormente nella tua voca-zione di educatore?

“Lavora e prega senza pretendere nessuna ricompensa: mi è capitato

recentemente di vivere, nonostante l’immissione in ruolo, situazioni di precarietà, di incertezza nelle pro-spettive future. Ciò inizialmente mi ha lasciato interdetto, poiché mi sono accorto che molte energie che ho speso in questi anni per la scuola, all’improvviso sono state vanificate da un trasferimento d’ufficio per so-vrannumero di personale. Ora que-sto comporta ricominciare daccapo, nella formazione, nelle relazioni con i bambini, con le colleghe, con i ge-nitori,… e le domande che umana-mente sorgono spontanee sono: ma per chi mi sono impegnato fino ad ora? Che fine farà tutto ciò che ho costruito? Che ne sarà delle persone che lascerò? Come faranno senza di me?. Al di là dell’esito della vicenda personale, sento che in questa si-tuazione il Gruppo mi ha offerto gli strumenti per capire che quanto io posso fare, offrire o inventare nella mia professione, tutto ciò non mi appartiene, ma è del Signore e per il Signore. Egli deve essere il fine del-le mie azioni o meglio egli è il mio agire. “Lavora e prega senza pre-tendere nessuna ricompensa,… io ti vedrò”.

LUIGI CRIMELLA

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ATTUALITà

“State attenti a voi stessi, che i vo-stri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita(...). Vegliate in ogni mo-mento pregando, perché abbiate in voi la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo”. Duran-te il giorno insegnava nel tempio; la notte, usciva e pernottava all’aper-to sul monte detto degli Ulivi. E tut-to il popolo di buon mattino andava da lui nel tempio per ascoltarlo. Lc 21, 34-38

Durante il giorno insegnava nel tempio. Insegnava. È la dimensio-ne della mia quotidianità: educare come insegnante ed educare come genitore. Due dimensioni ben di-stinte ma che si accomunano enor-memente e una prende spunto e slancio dall’altra in un reciproco scambio continuo. Non potrei, oggi come oggi, definirmi mamma senza tenere in considerazione la parte di

insegnamento che vive in me e non potrei fare l’insegnante senza essere un po’ genitore di tutte le situazio-ni che il Signore mi ha messo tra le mani per i prossimi cinque anni.

Mai come in questi ultimi anni si avverte forte nei genitori la richie-sta di aiuto nell’educazione dei figli e, dentro questo aiuto, il desiderio di una vita bella per i propri figli. È per questo che il confronto con l’insegnante è sempre più richiesto. Vivo la mia giornata in quella che io chiamo un’oasi felice, lavoro in una scuola cattolica, a contatto con genitori che scelgono di iscrivere i figli lì e che quindi ne condividono il progetto educativo, all’inizio non sanno bene cos’è, vengono attratti dalla didattica, dalla cura di ogni singolo bambino, dalle potenzialità di un ambiente curato e accogliente, ma scoprono poi, cammin facendo che questa accoglienza, cura e sti-ma nasce dall’essere tutti persona-creatura.

Durante il giorno insegnava al tempio: “I vostri cuori non si ap-pesantiscano in affanni della vita”. È la cruda realtà dei genitori d’oggi che affidano i propri figli alla scuola chiedendo che le insegnanti soppe-riscano ad una vita troppo frenetica e che insegnino ai loro figli non solo il leggere e far di conto, ma anche lo stare al mondo con animo sereno, proprio quello che loro non anno e che nel colloqui con l’insegnante

Istruzioni per l’uso da una maestra: educare insieme gENITORI & INSEgNANTI

esce con prepotenza quando al po-sto di parlare del figlio ci si trova ad ascoltare le difficoltà di vita di ogni famiglia. Il colloquio diventa sem-pre più un luogo per parlare e per trovare qualcuno che ascolta le loro difficoltà con tranquillità e che, con una parola sincera, se ne fa carico per quel che può. Vegliate in ogni momento pregan-do, perché abbiate in voi la forza. Vigilare e pregare è ciò che serve per la lettura dei segni dei tempi dentro nelle situazioni che siamo chiamati a

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ATTUALITà

Scrivere non è il mio forte, ho ac-cettato perché questo argomento mi tocca particolarmente. In ogni classe, in ogni famiglia c’è sempre la testa calda, quella che non rispetta mai le regole, che fa i dispetti, ve-ramente difficile da gestire. Come fare? Come educare queste pesti? Per rispondere a questa domanda, mi sono fatta aiutare, con molte chiacchierate, da un amico diacono ed ho riflettuto in particolare sul testo Lc 7,36-50 “La peccatrice per-donata”.

Ho concluso che il mio primo erro-re è quello di classificarli, di mette-re un bollino su quel povero bimbo che solitamente ha già lottato con-tro tante problematiche. Gesù non fa così, va oltre, non si ferma all’ap-parenza come il fariseo “se costui fosse un profeta saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice”, Lui vede il posi-tivo, riesce a vedere l’amore dato ed in ognuno di noi c’è sempre questo positivo, occorre solo trovarlo e far-lo emergere. Tutto questo è la pre-messa per poter condividere con voi quello che ho iniziato a fare con la classe più difficile che ho.

Ho iniziato ad usare le note di meri-to. Tento di non punire e di non fare risaltare quello che non va, al con-trario, lavoro sul positivo, scovo nel gruppo il bambino che nel momento peggiore sta attento e lo premio con la nota di merito. Vi assicuro che ho

ottenuto risultati strabilianti, sono migliorati notevolmente ed ora fan-no a gara per essere il bambino più bravo. È bastato spostare l’attenzio-ne dal negativo al positivo, è bastato provare ad essere un po’ come Gesù con la peccatrice, non giudicare e punire il male che ha fatto, ma ri-saltare il bene che stava facendo.

Ciò non significa chiudere gli occhi sugli eventuali errori e fingere che tutto sia lecito, no, no, anzi si devo-no riprendere, ma ogni volta con uno sguardo d’amore, facendo loro capire che li amiamo per come sono, con i loro limiti, li amiamo e voglia-mo aiutarli a migliorare.

BARBARA CANALI(Nella foto in alto)

Valutare con i numeri non bastaNOTA DI mERITO

vivere. Ci sono molte fragilità, e ogni giorno in classe sono messa di fron-te sempre più alla fragilità dell’uo-mo di oggi: la difficoltà nei genitori di sperare, il loro dedicarsi tanto al lavoro e poco alla festa, il loro desi-derio di togliere dalla vita dei figli le difficoltà quotidiane. Questo rende i figli fragili e incapaci di affrontare le dinamiche quotidiane della vita di relazione. Tanti bambini hanno l’ansia di dover essere sempre pronti ad ogni occasione e ciò crea in loro la paura di guardarsi per quelli che

sono: bambini che devono crescere. La notte, usciva e pernottava all’aperto sul monte. Più che la tec-nica oggi a me è chiesta una vita intensa di preghiera e di veglia per essere aperta alla presenza di Dio e a pregare con la vita, non un fiume di parole ma un abito che mi renda, agli occhi di chi mi è accanto, alun-ni, genitori, figlio, marito, colleghi e amici, testimone vero della speranza.

CRISTINA RIPAMONTI(Nella foto a pag. 8)

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ATTUALITà

È dagli anni Settanta del secolo scorso che sembrano essersi natu-ralizzate, nel pensiero comune della gente, alcune concezioni che si sono trasformate in veri e propri pre-giudizi con cui, oggi, siamo ancora chiamati a fare i conti.

Il primo è che chi studia non la-vora; e che chi lavora non stu-dia, e in ogni caso lavora perché non sarebbe riuscito a studiare. Per questo l’intellettuale sarebbe chi non svolge un lavoro, soprattutto se manuale. E il filosofo che cucina o che fa l’artigiano apparterrebbe alla commedia. In realtà, non è mai sta-to possibile, ma a maggior ragione non lo è oggi, immaginare qualsiasi “fare” che non sia e non debba es-sere, allo stesso tempo, anche un “sapere”, e viceversa. Non a caso ogni “saper fare”, quando autentico e riconosciuto, è anche, sempre, un “fare sapere”. Consapevolezze che le nostre scuole, purtroppo, ammor-bate dal centralismo ideologico e da nozionismi e astrattismi burodisci-plinari degni di miglior causa, sem-brano aver dimenticato. Facendone per di più pagare le disastrose con-seguenze a oltre la metà dei ragazzi e delle ragazze che le frequentano.

Il secondo pregiudizio è una diretta conseguenza del primo. Esistereb-be un’età della vita nella quale si imparano le competenze di base e un lavoro e il resto della vita in cui si metterebbero in

opera le prime e si svolgereb-be il secondo. Soprattutto in una società pretenziosamente definita della conoscenza e nella quale ogni mattina quasi tutti si sciacquano la bocca con slogan sul “capitale uma-no”, tuttavia, questa separazione dei due tempi è inconcepibile. Lavoro e formazione, impresa e scuola, pro-duzione materiale ed elaborazione concettuale, competenze culturali generali e competenze professionali specifiche dovrebbero stare, infatti, sempre insieme. Indissolubilmente. Tanto più che è fin troppo ovvio co-statare quanto sia finita l’epoca in cui si poteva iniziare un lavoro a 15 anni e concluderlo, più o meno sem-pre uguale e, magari, nella stessa azienda, a 65 ed oltre.

Nell’arco di questi 50 anni, al contrario, ogni lavoratore del nostro tempo o dovrà cambia-re da sei a otto lavori/aziende se non vuole essere espulso dal mer-cato o, se resta a svolgere la stessa professione, deve sapere che essa, per restare competitiva, deve modi-ficarsi ogni cinque anni a tal punto per complessità strutturale, modali-tà di esecuzione e contesto di eserci-zio da palesarsi ogni volta come un mestiere diverso. E come farà a “im-parare” questi diversi modi di ese-guire lo stesso mestiere se non sarà suo costume, ogni giorno, “lavorare imparando e imparare lavorando”?

Il terzo pregiudizio immagina pos-

Parola a un professore

SAPER FARE (E FAR SAPERE)PER FUggIRE IL NOzIONISmO

sibile una società popolata da stu-denti, cantautori, stilisti, artisti, architetti, giornalisti, professori, bancari ecc. senza panettieri, ce-mentisti, autisti, stallieri, operai, macellai, artigiani e simili. Una società di addetti al settore economico “quaternario” e “terziario” senza bravi addetti in quelli “secondario” e “pri-mario”, tuttavia, non esiste. Almeno nella realtà. Tantomeno, se esiste, può durare nel tempo, una società che ritenga di dovere reclu-tare gli addetti ad agricoltura, arti-gianato e industria manifatturiera soltanto o soprattutto tra espulsi dalla scuola per demerito, immigra-ti a cui infliggere un diffuso, mo-derno neoclassismo etnico (per cui certi lavori sarebbero non inadatti, ma perfino indegni per i rampolli di etnia autoctona) e, purtroppo, “nuo-vi schiavi”.

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L’ultimo pregiudizio è lo snobi-smo aristocratico del disinte-resse. […] Come se l’umanesimo fosse incompatibile con l’economia e con il lavoro. E non fosse vero, in-vece, per storia (vedi il Rinascimen-to), per epistemologia (come hanno teorizzato molti studiosi da Aristo-tele, Tommaso e Adamo Smith fino a Peirce) e, soprattutto, per espe-rienze e testimonianze di vita […], esattamente il contrario.

Einstein ricordava che è più facile rompere un atomo che un pregiudi-zio. Aveva ragione. Tuttavia, se non ci affretteremo a frantumare al più presto quelli presentati, sarà diffi-cile guardare al futuro con qualche ragionato ottimismo. Ci seppellirà, non tanto o non solo la crisi eco-nomica mondiale e nazionale di dimensioni mai viste che stiamo vi-vendo da anni, ma, in particolare, la grave crisi intellettuale e morale di cui questi pregiudizi sono il frutto avvelenato.

GIUSEPPE BERTAGNA,Ordinario di Pedagogia generale

all’Università degli studi di Bergamo

(l’intervento è stato pubblicato su www.ilrinascimento.com dove sono raccolti gli interventi del seminario Giovani e lavoro: esperienze e prospettive, l’op-portunità dell’apprendistato)

L’esperienza di un’insegnante

DARE SAPOREAL SAPERE

Insegnante dal 1993. Donatella Zurlo ha iniziato in una scuola ele-mentare paritaria, tenendo il corso di inglese pomeridiano. Poi il ma-trimonio, il trasferimento in Brian-za e dal ’97 al lavoro nella scuola pubblica. Donatella ci racconta la sua esperienza di professoressa e mamma alle prese con graduatorie e compiti a casa.

Com’è nata in te la scelta di “arruolarti” nella scuola?Non avevo mai pensato alla scuola: proprio mentre venivo assunta in azienda con un contratto part-time al mattino, mi si proponeva di te-nere un corso pomeridiano alle ele-mentari. Accettai il lavoro a scuola nell’attesa di sposarmi e cercare poi un’occupazione vicino alla mia for-mazione. Il contatto con i bambi-ni, la trasmissione di conoscenze e l’aspetto educativo mi hanno subito affascinata. Sono entrata nella trafi-la delle iscrizioni in graduatoria per

le supplenze, la gavetta con contratti a termine (qualche settimana e poi qualche mese) fino a fare dell’inse-gnamento il mio lavoro a cui voglio bene nonostante le difficoltà.

Come rileggi dopo un po’ di anni il tuo cammino di “edu-catrice” e il percorso che ti ha condotto alla scelta di inse-gnare?Credo che questo sia il lavoro che si adatta meglio alla mia personalità e alle esigenze della mia famiglia. Non avrei mai rinunciato ai figli per il lavoro. Ma allo stesso tempo av-vertivo la necessità di stare anche fuori casa per un mio equilibrio e per poter realizzare il desiderio di comunicare ad altri quello che ave-vo studiato e che sentivo essere im-portante, bello e prezioso.

Sei riuscita a realizzare questo desiderio?L’insegnamento mi ha permesso tutto questo e non solo. Mi ha per-messo anche una gestione familiare sostenibile, una trasmissione del valore del sapere inteso come “dare sapore alle cose”, uno stare a contat-to con le persone e quindi coltivare relazioni. Insegnare è una sfida. È un’avventura nella crescita di bam-bini e ragazzi della cui formazione e vicenda umana ti senti responsa-bile.

Quali sono le domande di “sen-so” che attraversano il cuore

ATTUALITà

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dei tuoi alunni?È avvincente essere un tassello nella loro formazione. Da un punto di vi-sta didattico noto che una gran par-te di loro è desiderosa di conoscere e apprendere. Se i ragazzi trovano gli stimoli giusti, veicolati con una buona mediazione, sono veramente pronti a dare il meglio. C’è chi arriva al 50, chi al 70, chi al massimo. Mi interessa che siano messi nella con-dizione di apprendere e di risponde-re pienamente per quella che è la loro situazione, in quel momento, sapen-do che possono sempre migliorare. La scuola è in grado di formare i ragazzi a entrare nel mondo del lavoro?Dobbiamo fare il possibile per dare strumenti adeguati a tutti. Qui, cri-stianamente parlando, trovo bello collaborare con il Creatore in tal senso. Lui ci ha dato enormi poten-zialità. Sta a noi scoprirne i mecca-nismi e trovare la chiave affinché si possa diventare sempre più corri-spondenti al Suo disegno di pienez-za. Dico spesso ai miei ragazzi che più progrediamo nella conoscenza di chi siamo, di chi è l’altro che ci sta accanto, di che cos’è la realtà che abbiamo intorno e con cui in ogni istante siamo chiamati a relazionar-ci, più migliora la qualità della no-stra vita.

Cosa ti spinge ad andare avanti nella sfida educativa?E’ bello vivere insieme ai ragazzi il loro affacciarsi alla vita con mille aspettative, con l’entusiasmo e la vi-vacità che li caratterizza ma anche con le fatiche della crescita. Mi ap-passiona il loro vissuto e se noto un desiderio di apertura non tardo mai nel prestare un minimo di ascolto. Capita che entrando in classe trovi una studentessa piangere a dirotto. Che fai? Ti avvicini in punta di pie-di, cercando di capire se puoi aiutar-la e se accetta il tuo aiuto. Se vedi che è disponibile a raccontare allora fuori, lontana da orecchi indiscreti, a tu per tu, scopri che è per via di

uno sgarbo fatto dai compagni, op-pure perché i genitori non vanno d’accordo, o perché un’amicizia non viene accolta o, ancora, perché è da poco mancato il padre.

C’è qualche episodio a cui sei particolarmente legata, in cui ti sei ritrovata a riflettere sul senso del tuo rapporto con gli studenti a te affidati?Lo scorso anno seguivo dei ragazzi con difficoltà cognitive legate al con-testo affettivo. Uno di questi era ar-rivato a bestemmiare ripetutamente e con rabbia perché non si sentiva amato da Dio. Aveva una sofferenza di rapporti all’interno della famiglia talmente grande che non sapeva più con chi prendersela se non con Dio stesso. Questo è stato uno dei mo-menti più intensi, dove un ragazzo metteva nelle mie mani un vissuto straziante e che non aveva mai ri-velato a nessuno in questi termini. Ho trascorso un’ora a parlare con lui di un sacco di cose, tra cui l’amore e Gesù. Deve essere accaduto qual-cosa in lui perché, rammaricato, si è scusato comprendendo la falsità della sua posizione.

Insegnamento vuol spesso dire anche precarietà e incer-tezza: come vivi (o hai vissuto) le difficoltà legate all’inseri-mento stabile nel mondo della docenza?Sono ancora precaria, nonostante abbia alle spalle 14 anni di insegna-mento nella scuola pubblica e 2 alla scuola privata, non mi viene garan-tita una continuità. Questo fatto è deprimente, a volte mi mette rabbia, specialmente quando devo lascia-re un lavoro impostato in un certo modo, dei ragazzi con cui stavo in-tessendo relazioni belle e significa-tive, colleghi con cui avevo stabilito una buona sintonia. Pazienza!

In qualche modo anche tu hai dovuto ri-educarti…Ho imparato ulteriormente ad affi-darmi alla Provvidenza e a pregare

più profondamente. Cioè a collocar-mi in un rapporto di filiale abbando-no e conoscere cosa significhi essere salvati, portati fuori dalla chiusura dell’io per trovare piena libertà in un Tu. Anche questo fa parte di un piano provvidenziale che il Signo-re ha preparato per me. In questo modo cerco di vivere serenamente il fatto che il 30 giugno si pone fine tutti gli anni ad un percorso e che a fine agosto c’è la convocazione. Mi sono sempre affidata alla Trini-tà. La cosa strepitosa è che anche quando non vedevo possibilità alcu-ne, la Provvidenza è stata geniale a disporre affinché io potessi ottenere quell’unico incarico per me possibi-le in quel momento.

Scuola e famiglia, come vivi questo binomio?Conciliare famiglia e lavoro fuori casa non è semplice. A volte le diffi-coltà organizzative e i numerosi im-pegni sono motivo di scoraggiamen-to e di tensioni. Ma sono convinta che anche il mio lavoro sia una stra-da per la realizzazione di un Proget-to che Dio Padre ha per me e la mia famiglia e che questa progettualità si inserisca nel dono della santità.L’insegnamento è un tutt’uno con il resto della mia vita di sposa, mam-ma, laica consacrata. Non riesco a scinderle, sono tutte sfaccettature della stessa pietra preziosa: la chia-mata all’amore.

G.C.

LA PASSIONE EDUCA 13

Alcune delle cose più belle vissute a scuola

AD OCCHI APERTI

Vorrei partire da alcuni esempi molto semplici per cercare di farvi conoscere alcune delle cose più be le che mi sono capitate durante gli anni del mio lavoro, scaturite certa-mente dall’impegno, ma soprattut-to dalla preghiera e dal cercare di coinvolgere sempre i genitori per es-sere insieme impegnati in un lavoro comune per il bene dei loro figli.

Mi ricordo Edoardo, ricco di un ar-gento vivo davvero “esagerato”: tut-to era suo e nulla poteva impedir-gli di impossessarsi dei giochi, del materiale, dell’attenzione dei gran-di. Con uno spintone, un calcio, un urlo pretendeva di essere il primo in tutto. Eppure con grande pazienza, aiutandolo ad aprire gli occhi sugli altri, a vederli come amici, è riuscito ad incanalare l’energia innata. Non ha perso mai la vivacità, ma ha im-parato a dire: “posso, per piacere, vorrei, mi aiuti, non sono capace, gioca con me, scusami”. Se penso a Matteo vedo ancora le sue difficol-tà, le sue paure, il timore di non ri-uscire. Piano piano è diventato un compagno prezioso per i più piccoli, verso i quali ha saputo manifesta-re tenerezza, incoraggiamento. Se qualche cosa non andava per il verso giusto con pazienza ricominciava e

diventava come il Robin Hood del-la classe e si rivolgeva a chi era nei guai dicendo “adesso ti aiuto io!”.

Ho bene in mente Giulia: all’inizio della sua esperienza scolastica era come una “bambolina”, abituata ad essere servita come una piccola principessa. Lentamente ha rag-giunto una buona autonomia, pre-occupandosi di tenere in ordine le sue cose, abituandosi a vedere i bisogni degli altri, cercando di aiu-tarli sempre per prima. Era davvero felice quando era lodata per le sue gratuite attenzioni agli altri, ma le compiva anche quando, apparente-mente, nessuno se ne accorgeva.

Non posso dimenticare Francesco che, da bambino molto possessivo che con pianti disperati non vole-va condividere con nessuno i gio-chi che lui si portava da casa, si è trasformato, conquistando la gioia di dare e ha imparato a scambiare i suoi giochi con quelli degli altri. Questi pochi esempi dicono però quante esperienze belle, insieme a tantissime altre, hanno accompa-gnato la mia vita lavorativa. Non sembrano importanti, ma quando alla fine della giornata comprendi che il piccolo seme gettato nel ter-

reno ha cominciato a germogliare e sai che potrebbe piano piano diven-tare pianticella o albero rigoglioso di bene puoi solo ringraziare il Si-gnore che ha usato di te per rendersi presente, per entrare nel cuore dei bambini. Anche il rapporto con i ge-nitori è stato veramente importan-te e spesso gratificante attraverso un dialogo molto frequente e il loro coinvolgimento nell’esperienza sco-lastica: l’interesse comune è sempre stato il bambino, ma il confronto sereno sui comportamenti che si adottano in famiglia e a scuola può aiutare a vedere con occhi diversi le reali necessità educative, a scopri-re che ci sono possibilità nuove per educare con amore vero, partendo dalle piccole cose che, se proposte nel modo giusto e insieme, riescono a radicarsi nelle abitudini quotidia-ne, trasformando il nostro parla-re in un comunicare, il nostro fare in un aiutare, il nostro avere in un condividere. Il nostro vedere in un ammirare insieme la bellezza di una vita che resta sempre un bellissimo dono di Dio.

DONATELLA BERGAMINI

ATTUALITà

14 LA PASSIONE EDUCA

ATTUALITà

Nel corso degli anni di insegnamen-to nella scuola dell’infanzia mi è ca-pitato spesso di dovermi confronta-re con genitori che ponevano quesiti di questo genere:

“Il mio bambino ha tutto, perché al-lora fa sempre tanti capricci?”

“Il mio bambino ha quasi sei anni e vuole ancora dormire nel lettone però, Rosanna, perché mi devo pre-occupare se a lui piace tanto?”

“È proprio necessario dirgli dei –no- ? In fondo è ancora piccolo…”

Alcuni genitori, spesso stressati dall’insistenza dei capricci del bam-

bino, percepiscono che c’è qualcosa che non va, si pongono domande e cercano una soluzione, altri nem-meno riconoscono una situazione come problematica, altri ancora pensano forse che l’educazione è una cosa da grandi.Dal punto di vista dell’adulto un capriccio è un comportamento che non ha nessuna giustificazione, è per lo più considerato un comporta-mento egoista e decisamente inam-missibile soprattutto quando sfocia in scenate corredate da pianti e urla.

Dal punto di vista del bambino, invece, il capriccio può essere uno dei modi più efficaci per comuni-care un disagio, può infatti essere

Nuovi orizzonti, nuove opportunità nel percorso educativo.Riflessioni di un’insegnante

IL mIO BAmBINO HA TUTTO

un tentativo di farsi ascoltare da un ambiente sordo, può dunque essere il sintomo superficiale di un males-sere più profondo.

“Mamma, mi compri il gelato?”“No, adesso no!”“Mamma, voglio il gelato!”“No, non è quasi mezzogiorno, poi non mangi più a pranzo…”“Ma io voglio il gelato, me lo com-pri?”“Ho detto di no!!!”“Se non mi compri il gelato non ti voglio più bene…”“E va bene, compriamo il gelato!”

Il bambino ne mangia un po’ e poi…non ne vuole più!

LA PASSIONE EDUCA 15

Siamo proprio sicuri allora che vo-leva il gelato? Voleva il gelato o vo-leva un po’ di “attenzione e rassicu-razione” ? E che risposta ha avuto? Esterior-mente il gelato (che poi non gli in-teressava così tanto), interiormente una disconferma circa il suo biso-gno di attenzione; il messaggio che il bambino riceve è infatti questo – la mamma ha creduto davvero che io non le volessi più bene se non mi comprava il gelato-.

RIFLESSIONISappiamo bene che la riduzione dei valori a beni strumentali e le scelte di vita operate in base a criteri di ri-ferimento edonistici - mi piace, non mi piace, mi interessa non mi inte-ressa-, si costituiscono spesso come veri e propri ostacoli all’apertura della coscienza umana al senso pie-no della vita. La quotidianità ci offre numerosi esempi in cui la sequela al criterio dell’emozione e dell’interes-se ha come diretta conseguenza ge-sti sconsiderati. Dobbiamo dunque riflettere su quel tutto che vogliamo dare ai nostri figli.

È sempre un rischio impostare l’educazione utilizzando come para-metri di riferimento “mi piace-non mi piace” “mi interessa- non mi in-teressa” sperando che razionalità e spiritualità entrino in gioco “più avanti negli anni” senza troppi con-flitti: i conflitti ci saranno e gros-si, soprattutto se quell’adolescente non avrà imparato fin da bambino a temperare il suo sentimento di onnipotenza attraverso l’esperienza del limite e se non avrà maturato i sentimenti di sicurezza e di fiducia attraverso l’esperienza viva di una relazione significativa con i suoi ge-nitori.

FIN DA PICCOLIAnche il bambino sa leggere la real-tà nei suoi significati. Si allena, ad esempio, a percepire il tempo quo-tidiano come una mistura di cose possibili e impossibili, di bello e di

brutto, di amore e di dolore, come un insieme di limiti e di possibili-tà. Sappiamo che nella vita vi sono eventi che possiamo modificare, altri che risultano inesorabilmen-te immodificabili e rispetto ai qual l’unica opportunità è riuscire a mo-dificare se stessi, il proprio modo di pensare e di agire, la propria pro-spettiva. Il bambino può essere aiu-tato ad affrontare tale eventualità?

Forse sì, se nel tempo accanto a mo-menti di gioia impara ad accettare e vivere anche momenti di frustra-zione; forse sì, se gli viene data l’op-portunità di costruire, vivere e raf-forzare il sentimento di autostima, quella vera autostima che non ha bi-sogno di vantare solo abilità ma che sa convivere anche con la fragilità e con il limite, quella vera autostima che apre le porte alla speranza chiu-dendole alla disperazione.

Può il bambino rendersi conto che un momento di crisi apre a nuove opportunità?Che un momento di pianto per una richiesta negata apre a nuovi oriz-zonti?

Forse, se ne farà piccole esperien-ze, si abituerà a vedere gli eventi che danno origine a una crisi come momenti di inizio verso nuove fasi e nuove possibilità, si abituerà a man-tenere mobili sia la mente sia il cuo-re in quell’ atteggiamento di ricerca che prima o poi gli farà incontrare anche la dimensione trascendente aprendogli la strada verso l’autenti-co incontro con il suo Dio.

ROSANNA

16 LA PASSIONE EDUCA

“Educare alla vita buona del Van-gelo” è il titolo degli Orientamenti pastorali della Cei per il decennio. Si tratta di un lungo documento che – come dice il nome stesso – rap-presenta una sorta di “base di par-tenza” per condurre le iniziative pa-storali, associative, dei movimenti e gruppi in un percorso il più possi-bile unitario tra tutte le componenti della Chiesa italiana. Proviamo a considerare questo testo, in forma sintetica, traducendo i vari passag-gi e capitoli in altrettante “pillole”, facilmente comprensibili da parte di tutti. EDUCAZIONE - È “un’arte deli-cata e sublime” e oggi rappresenta “una sfida culturale e un segno dei tempi”. Lo scopo degli Orientamenti è di “rendere Dio presente in que-sto mondo e di far sì che ogni uomo possa incontrarlo, scoprendo la forza trasformante del suo amore e della sua verità” (card. Bagnasco).

CHIESA CHE SI ESAMINA – La Chiesa italiana con questo testo si propone “un’approfondita verifica dell’azione educativa”, in vista di “promuovere con rinnovato slancio questo servizio al bene della socie-tà”. La Chiesa si dedica alla “cura del bene delle persone nella prospettiva di un umanesimo integrale e tra-scendente”. Si tratta di “educare al gusto dell’autentica bellezza della vita”, formando ad un tempo “intel-ligenza, volontà e capacità di amare”.

CHIESE LOCALI - Le comunità cristiane sul territorio nazionale si dovranno interrogare sul loro “agi-re” in quanto Chiesa che educa, con-fidenti “nel tesoro che il Signore ha posto nelle nostre mani”. In pratica si interrogheranno sulla loro azione educativa.

I CAMBIAMENTI IN ATTO – Il momento attuale è segnato da pro-fonde trasformazioni. C’è bisogno di “riferimenti affidabili”, mentre la cultura contemporanea sembra fa-vorire “il disorientamento, il ripie-gamento su se stessi e il narcisismo”.

EMERGENZA EDUCATIVA - C’è “un’emergenza educativa” – come ha detto a più riprese il Papa – e

la “formazione dell’identità perso-nale” è sempre più difficile “in un contesto plurale” come il nostro. L’incontro tra culture ed esperien-ze religiose diverse, la pretesa di una educazione che vorrebbe essere “neutrale”, un diffuso “scetticismo e relativismo”, sempre denunciati da Benedetto XVI, fanno sì che la tra-smissione dei grandi valori educa-tivi da una generazione all’altra sia sempre più difficile.

PERSONALITÀ FRAMMENTA-TE - Come conseguenza si registra la “separazione tra le dimensioni co-stitutive della persona” (razionalità, affettività, corporeità e spiritualità). Armonizzare queste componenti, favorire uno “sviluppo armonioso di

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Educare alla vita buona del Vangelo

gLI “ORIENTAmENTI PASTORALI”PER IL DECENNIO 2010-2020

LA PASSIONE EDUCA 17

tutte le capacità dell’uomo” diviene quindi un compito educativo molto difficile, più che in passato.

COME SI EDUCA IN FAMIGLIA - Di fronte a tali problematiche, la Chiesa sente di doversi interrogare sul “come” attua la propria voca-zione educativa al Vangelo e al suo messaggio di pienezza umana e cri-stiana. Anzitutto è la famiglia che deve educare a questo incontro col Cristo, oltre che con tutti gli uomini. In questo consiste “la crescita piena del figlio”, perché sia “orientato nel mondo” e dotato di “un orizzonte di senso”. Ai genitori e agli adulti in ge-nere è chiesta “autorevolezza”, “cre-dibilità”, coerenza di vita.

LE REALTÀ AGGREGATIVE - Gruppi parrocchiali, associazioni, movimenti, volontariato, servizio in ambito sociale e in missione pos-sono svolgere un importante ruolo formativo dei giovani, verso i quali occorre sempre “guardare con spe-ranza”.

FORMARE LA “COSCIENZA CREDENTE” – Oltre alla famiglia l’educazione successiva poi vede en-trare in gioco la catechesi, i sacra-menti, la liturgia, l’impegno di ca-rità, quali elementi di “un poteziale educativo straordinario”. A questo livello si va formando la “coscienza credente”, che verrà corroborata – col crescere dell’età – da cammini specifici quali la scelta vocazionale,

il matrimonio, la vita consacrata, il presbiterato, l’adesione ad associa-zioni e movimenti.

RUOLO DI SCUOLA E UNIVER-SITÀ - Scuola e università giocano un loro ruolo altrettanto rilevante nell’educazione: oltre alla cultura, offrono gli strumenti per una “co-scienza critica” che è alla base di una partecipazione convinta alla vita sociale.

INTERNET E NUOVO “EDUCA-TORE” – Con l’avvento di Internet “le tradizionali agenzie educative sono state in gran parte soppian-tate dal flusso mediatico”. È un campo, quest’ultimo, che esige un particolare impegno della comunità cristiana, dove è importante avere coraggio e creatività per raggiunge-re i giovani che non vengono più in Chiesa e che “vivono in rete”.

NUOVE FIGURE EDUCATIVE - Il documento esorta infine a “pro-muovere nuove figure educative”, specie di fronte alle novità costituite da immigrazione, devianza, rotture familiari, carcere, nuove povertà.

L.C.

18 LA PASSIONE EDUCA

Tornando nella sua terra natia, Be-nedetto XVI ha stupito ancora una volta i suoi interlocutori perché ha presentato un pensiero cristiano ampio, articolato, per nulla “con-servatore”. Anzi ha scombussolato gli schemi interpretativi, aprendo singolari possibilità di dialogo con i protestanti, gli ebrei, i musulma-ni, i non credenti, con quanti sono “secolarizzati”.

Se Giovanni Paolo II aveva il singo-larissimo dono di “piacere” anche a molti tra quanti erano indifferenti, o non credenti, o addirittura ostili alla religione e alla Chiesa, Bene-detto XVI ha un altro dono, diverso, meno vistoso, ma forse ancora più incisivo: è “troppo avanti” rispetto alla media dei suoi interlocutori, ed è difficilissimo – anche per i cristia-ni più convinti – “tenere dietro” alla sua intelligenza creativa, che elabo-ra un pensiero dinamico e provoca-torio.La prova viene dal recente viaggio in Germania, la sua terra natia, dove in quattro giorni (dal 22 al 25 settembre 2011), ha tenuto una ven-tina di discorsi in altrettanti impe-gnativi incontri di natura ecclesiale, civile, politica, ecumenica, interreli-giosa.Dicono che ai Papi i discorsi venga-no scritti (almeno in parte) dalla po-derosa macchina di pensiero costi-tuita dalla Segreteria di Stato. Può essere vero, ma solo parzialmente. Il caso di Benedetto XVI è – sotto

Il Papa in Germania (22-25 settembre 2011)

PERCHé è ImPORTANTECERCARE DI “SEgUIRLO”

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LA PASSIONE EDUCA 19

questo profilo – illuminante. Se ci si sforza un po’ di “seguirlo”, andando-si a rileggere i suoi testi, ad esempio di questo viaggio in Germania, si scopre una cosa sorprendente: que-gli stessi testi sono legati come da una meravigliosa rete unitiva, una sorta di filigrana potente e chia-rissima al cui interno non ci sono sbavature, squilibri, accentuazioni o debolezze logiche nei diversi pas-saggi concettuali.Papa Benedetto XVI imprime, cioè, ad ogni suoi discorso o intervento una indiscutibile logica che non si presta a contestazioni, e soprattut-to gli stessi elaborati appaiono in assoluta coerenza l’uno con l’altro. Si tratta di un dono di natura, intel-ligenza e pensiero che fa di questo pontefice un “grande” della Chiesa di tutti i tempi, forse si potrebbe dire uno tra i più grandi in assoluto. Proviamo allora a cercare di coglie-re alcuni concetti da lui espressi nel viaggio in Germania.

Cominciamo dal concetto di Dio. “L’uomo ha bisogno di Dio, oppu-re le cose vanno abbastanza bene anche senza di Lui?”, si è chiesto a Erfurt (omelia del 23 settembre). Durante l’incontro con il Consiglio della Chiesa evangelica, ha detto: “Che cosa significa la questione su Dio nella nostra vita? Nel nostro annuncio?” (Erfurt, 23 settembre). L’esperienza dice che quanto più il mondo si allontana da Dio, tanto più diventa chiaro che l’uomo, nell’ec-

cesso del potere, nel vuoto del cuo-re e nella brama di soddisfazione e di felicità, perde sempre di più la vita. Sì, la sete di infinito è presen-te nell’uomo in modo inestirpabile. L’uomo è stato creato per la relazio-ne con Dio e ha bisogno di Lui. Per questo il primo servizio ecumenico in questo tempo deve essere quello di testimoniare insieme la presen-za del Dio vivente e con ciò dare al mondo la risposta di cui ha bisogno.

Passiamo al concetto del pecca-to. Benedetto XVI su questo aspet-to è stato chiaro: dire di sì a Dio comporta inevitabilmente dire no al peccato: si riconosce il primato di Dio nella misura in cui si avver-te il senso del peccato. Purtroppo, la maggior parte della gente, anche dei cristiani, oggi dà per scontato che Dio, in ultima analisi, non si interessa dei peccati e delle virtù degli uomini. Egli sa, appunto, che tutti sono soltanto carne. Se si crede ancora in un al di là e in un giudi-zio di Dio, allora quasi tutti presup-pongono, in pratica, che Dio debba essere generoso e, alla fine, nella sua misericordia, ignorerà le pic-cole mancanze. La questione non ci preoccupa più. “Ma sono veramen-te così piccole le nostre mancanze? Non viene forse devastato il mondo a causa della corruzione dei grandi, ma anche dei piccoli, che pensano soltanto al proprio tornaconto?”. No, il male non è un’inezia.

Sul concetto di politica il Papa è stato altrettanto chiaro: “La poli-tica deve essere un impegno per la giustizia e creare così le condizioni di fondo per la pace”, e proprio “al criterio della giustizia, alla volontà di attuare il diritto e all’intelligenza del diritto” è subordinato “il suc-cesso” di ogni politico” (discorso al Parlamento federale). “In gran par-te della materia da regolare giuridi-camente, quello della maggioranza può essere un criterio sufficiente”, ha poi osservato Benedetto XVI; tuttavia “nelle questioni fondamen-tali del diritto, nelle quali è in gioco la dignità dell’uomo e dell’umanità, il principio maggioritario non ba-sta”. “Nel processo di formazione del diritto - ha spiegato -, ogni persona che ha responsabilità deve cercare lei stessa i criteri del proprio orien-tamento”. Ma per un politico “la do-manda su che cosa ora corrisponda alla legge della verità”, ossia “ciò che in riferimento alle fondamentali questioni antropologiche sia la cosa giusta e possa diventare diritto vi-gente”, non è “affatto evidente di per sé”. Di qui il richiamo al cristiane-simo che, “contrariamente ad altre grandi religioni”, non ha mai “impo-sto allo Stato e alla società un dirit-to rivelato”, ma “ha rimandato alla natura e alla ragione quali vere fonti del diritto - ha rimandato all’armo-nia tra ragione oggettiva e sogget-tiva” che “però presuppone l’essere ambedue le sfere fondate nella Ra-gione creatrice di Dio”. Proprio dal

20 LA PASSIONE EDUCA

“legame precristiano tra diritto e fi-losofia parte la via che porta, attra-verso il Medioevo cristiano”, “alla Dichiarazione dei diritti umani” e “alla nostra Legge Fondamentale tedesca”, ha sottolineato Benedetto XVI. Eppure oggi “l’idea del diritto naturale” è considerata “una dottri-na cattolica piuttosto singolare”, e di fronte alla “concezione positivista” quasi “generalmente adottata, di natura e ragione”, “le fonti classiche di conoscenza dell’ethos e del diritto sono messe fuori gioco”.

Concetto di Europa e pensie-ro positivistico. Il Papa è stato altrettanto chiaro e risoluto su un altro aspetto centrale dell’odierno dibattito culturale: quello del pre-dominio della “ragione positivistica e funzionalista”. A questo riguardo ha spiegato che occorre tornare a “spalancare le finestre”, cioè saper ritornare sul tema dei fondamenti del pensiero, reagire ad una deriva minacciosa, che rischia di diventare la base della stessa costruzione eu-ropea, “in cui vasti ambienti cerca-no di riconoscere solo il positivismo come cultura e fondamento comune per la fondazione del diritto”.Secondo Benedetto XVI siamo di fronte ad un passaggio drammati-camente cruciale: “Con ciò si pone l’Europa, di fronte alle altre cultu-re del mondo, in una condizione di mancanza di cultura e vengono suscitate, al contempo, correnti estremiste e radicali”. La sua è una visione realista, ma non sfiduciata o pessimista. Dal patrimonio cultura-le dell’Europa, infatti, si può riparti-re, dall’incontro della ragione greca, della fede giudea, del diritto roma-no. Perché i grandi principi giuridici dello Stato e della democrazia sono stati costruiti proprio “sulla base della convinzione circa l’esistenza di un Dio creatore”. Spalancando le finestre si può ritrovare un dinami-smo di civiltà che oggi comincia a mancarci, con conseguenze dram-matiche.Sul concetto del dialogo con gli

ebrei ha avuto parole altrettanto convincenti. Ha infatti affermato che “mi sembra che noi cristiani dobbiamo renderci sempre più con-to della nostra affinità interiore con l’ebraismo. Per i cristiani non può esserci una frattura nell’evento sal-vifico. La salvezza viene, appunto, dai Giudei”. Il Papa ha chiesto ai cat-tolici di non guardare al giudaismo “in modo superficiale”. “Di fatto - ha detto - il Discorso della montagna non abolisce la Legge mosaica, ma svela le sue possibilità nascoste e fa emergere nuove esigenze; ci ri-manda al fondamento più profon-do dell’agire umano, al cuore, dove l’uomo sceglie tra il puro e l’impuro, dove si sviluppano fede, speranza e amore”. E riprendendo quanto già affermato nel libro «Gesù di Naza-ret», ha detto che se “il messaggio di speranza che i libri della Bibbia ebraica e dell’Antico Testamento cristiano” è stato “assimilato e svi-luppato da giudei e da cristiani in modo diverso”, occorre oggi fare in modo che “dopo secoli di contrap-posizione”, questi due modi di lettu-ra “entrino in dialogo tra loro”.

Un ultimo concetto sulla Chiesa. Benedetto XVI ha sottolineato che ad essa non bisogna guardare come “ad una delle tante organizzazioni in una società democratica”. Essa è diversa dal suo aspetto esteriore, in essa possono esserci “pesci buo-ni e cattivi”, e soprattutto “l’intera comunità dei credenti è saldamente compaginata in Cristo, la vite”. In questa comunità “Egli ci sostiene e, allo stesso tempo, tutti i membri si sostengono a vicenda”, resistono insieme “alle tempeste e offrono protezione gli uni agli altri. Noi non crediamo da soli, ma crediamo con tutta la Chiesa” che, “annunciatrice della Parola di Dio e dispensatrice dei sacramenti, ci unisce con Cri-sto”. “Con la Chiesa e nella Chiesa - è la conclusione di Benedetto XVI - possiamo annunciare a tutti gli uo-mini” il messaggio evangelico. Sul modo di questo annuncio ha detto

che occorrono “comunità diffusive di luce, di Cristo nella società plu-ralistica, rendendo gli altri curiosi”.Occorre pensare a fondo a cosa vo-glia dire il Papa quando parla di “comunità diffusive”. È il segreto dell’annuncio futuro.

LUIGI CRIMELLA

LA PASSIONE EDUCA 21

“Famiglia, il lavoro e la festa”

A mILANO “FAmILy 2012”,NESSUNO SI SENTA ESCLUSO

Essere familiari di Dio, lasciarsi educare da Lui. Nasce da qui l’idea di affrontare il tema dell’educazio-ne in famiglia, raccogliendo le testi-monianze di chi vive dentro il mon-do della scuola e facendo emergere le motivazioni per le scelte del per-corso formativo dei figli, il rappor-to con gli insegnanti e gli altri geni-tori. Una riflessione che si allarga all’ascolto delle domande poste dal-la Chiesa in campo educativo, con l’ambizione di avviare un confronto e una condivisione delle esperienze personali. Chi volesse approfondire il tema o rilanciare una propria os-servazione lo può fare attraverso il sito www.piccologruppo.it

Tre passaggi fondamentali in vista dell’arrivo in terra ambrosiana del Santo Padre, Benedetto XVI. Iscri-zione, accoglienza, preparazione: sul primo punto è sufficiente col-legarsi al sito internet dell’evento - www.family2012.com - e accedere

all’area riservata alle iscrizioni per scegliere il periodo in cui si prevede di essere presenti a Milano e la tipo-logia di alloggio.

Per chi si trovi invece a un’ora di viaggio da Milano (o dal parco Nord - zona Bresso, dove si terrà la veglia e la celebrazione con il Papa) è in-vece possibile comunicare via mail agli organizzatori la propria dispo-nibilità ad accogliere pellegrini e fa-miglie. Il sito fornisce tutti i punti di

contatto e gli organizzatori stanno chiedendo a tutti i gruppi, le asso-ciazioni e le parrocchie interessate di fare un passo in avanti e avanzare la propria candidatura.

In modo molto più spontaneo cia-scuno può farsi carico di invitare qualche amico e provare - dove pos-sibile - ad ospitarlo in casa proprio negli ultimi giorni dell’evento. In-fine è importante diffondere il più possibile il materiale con i suppor-ti multimediali alle catechesi (in edicola dall’inizio di dicembre e in parte disponibile online): si tratta di un sussidio integrativo a quanto già pubblicato nei mesi scorsi, con testimonianze, testi e video coinvol-genti, in grado di aprire il cuore e la mente al tema “Famiglia, il lavoro e la festa”.

GIOVANNI CATTANEO

zOOm

22 LA PASSIONE EDUCA

RUBRICA

Ogni destino umano si radica in una terra, in un’epoca, in una famiglia. Nessun uomo è un’isola. Santa Tere-sa di Lisieux è nata in terra di Nor-mandia e se i suoi genitori avessero seguito l’inclinazione del loro cuore, la più grande santa dei tempi mo-derni, non sarebbe venuta alla luce.

La famiglia è il luogo privilegiato dell’esperienza dell’Amore e del-la Fede. Con la beatificazione nel 2008 dei coniugi Martin, genitori di Santa Teresa di Lisieux, la Chie-sa ha lanciato la sfida a tutte le fa-miglie cristiane. Come “pietre vive e preziose scolpite dallo Spirito” ci testimoniano la santità come “fare la volontà di Dio”. Santa Teresa di Gesù Bambino, nel suo manoscritto «Storia di un’anima» quando parla della sua famiglia , scrive “Io sono nata in una terra santa” e la terra santa, il terreno, il clima erano i suoi genitori: sinceri e umili testimoni di Cristo, sanno che le cose della ter-

I Beati Luigi Martin e Zelia GuerinLA SANTITà NEL mATRImONIO

ra hanno un inestimabile valore se sono tenute in relazione con il cielo, così vogliono andare verso il prossi-mo passando per Dio.

Papà Luigi Martin, nato il 22 agosto 1823, di temperamento solitario e meditativo, apprese l’arte dell’oro-logiaio, professione di pazienza e di precisione, si impone esemplar-mente di non aprire mai il negozio la domenica giorno del Signore. Egli sogna una vita solitaria e meditativa in un monastero, ma non conoscen-do il latino non viene accettato.

Zelia Guerin, nasce il 23 dicembre 1831 in una famiglia molto seve-ra tanto da far soffrire molto il suo cuore per non sentirsi amata dalla madre. Per questo mostrerà nella sua vita un temperamento inquie-to, spesso triste, ma anche una fede a tutta prova, il suo grande amore per i nove figli, la sua dedizione al lavoro, il suo cuore caritatevole nei

confronti dei poveri che ospitava in casa. Anche lei pensò subito alla vita religiosa, ma venne rifiutata da un monastero e allora si gettò nel lavo-ro e aprì un negozio per la fabbrica e la vendita di merletti, dove diede lavoro a molte donne. Dei loro nove figli, che lei amava pazzamente, con i quali giocava vivacemente, soprav-vissero solo le cinque figlie.

Questi sposi vissero grandi soffe-renze tutti abbandonati alla volontà del Signore. La signora Martin era di salute molto precaria e minaccia-ta da un cancro al seno che si mani-festò incurabile. La vita familiare è molto felice insieme, e ricca di gioie semplici. La morte della mamma spezza brutalmente la felicità. Ogni mattina presto, i due coniugi esco-no silenziosamente di casa e vanno a messa per porre il giusto sigillo alla giornata. Inginocchiarsi davanti all’Eucarestia è per loro il più auten-tico atto di libertà. Prendere il Cibo Eucaristico è garantirsi la forza per compiere bene tutto il resto.

Questi sposi cristiani si lasciano dolcemente plasmare nelle fibre più profonde del loro essere, dal miste-ro di Dio così che la loro fede è ade-sione totale a Dio. Il Signore è per loro una presenza luminosa e vicina e va onorato tutti i giorni special-mente nel giorno del Signore. Il re-gno di Dio non è un mito o una chi-mera, ma una realtà che comincia già qui e quindi bisogna collaborare

“Poiché noi siamo collaboratori di Dio,voi siete il campo di Dio, l’edificio di Dio” (1Cor 3,9 )

LA PASSIONE EDUCA 23

lealmente giorno per giorno. Luigi e Zelia Martin avvertono chiaramen-te che nella loro Francia, a Lisieux, è in corso un distacco tra la Chiesa e il mondo, a tutti i livelli cultura-li, sociali e lavorativi e allora sanno che devono difendere i grandi valori entro il perimetro segnato loro dal Signore.

La perfezione consiste nel fare la volontà del Signore, nell’es-sere quello che vuole che noi siamo. Per il valore-famiglia, senza chiasso ma anche senza paura, pro-pongono la loro testimonianza di sposi che si stimano, si rispettano, si amano in maniera inequivocabile offrendo il dono di sé stessi alle loro nove creature che fanno versare loro lacrime di gioia e anche di dolore per la malattia e la morte di cinque dei figli. Nella loro famiglia aleggia lo spirito missionario che trasmet-tono in maniera assai marcata spe-cialmente alla piccola Teresa. È la salvezza delle anime ciò che preme maggiormente questi sposi cristia-ni. Per loro l’uomo realizzato e com-piuto è quello che vive nella grazia di Dio e, sentendosi da Lui amato, è fedele a questo amore. Mamma Zelia donna di fede straordinaria, è affascinata dall’umiltà e dalla cari-tà missionaria della Vergine Maria come quando accorre a visitare la cugina Elisabetta e le porta la pre-senza del Verbo di Dio fatto carne.

Luigi e Zelia “non erano santi di cera” senza ardore e senza passioni. Si amavano con entusiasmo, vole-vano reciprocamente la propria fe-licità, ed erano talmente uniti che la minima separazione sembrava loro insopportabile. Si santificaro-no con e nel matrimonio, un grande sacramento, immagine dell’unione del Cristo e della Chiesa. Una san-tità che non fa rumore, le loro nozze sono state il punto di partenza per una scalata a due verso il monte del-la perfezione. Hanno lasciato dietro di loro il “profumo di Cristo” tanto da testimoniare la bellezza e il fasci-

no della vocazione cristiana e ma-trimoniale. Il matrimonio è un vero cammino di santità. Una conoscenza vissuta di Lui porta a vivere in sintonia con i “i suoi sen-timenti”.

Alla santità nella vita religiosa siamo abituati. Dire matrimonio invece, vuol dire immediatamente: santità per la sessualità, i soldi, l’impren-ditoria, la politica, la salute? Cioè quale santità per i laici? Nei primi del 900 i moduli consueti di anali-

si e giudizio del comportamento di due santi che sono marito e moglie non sembrano ancora inventati o sufficientemente collaudati, tant’è vero che il meccanismo della ca-nonizzazione si inceppò subito. La santità in famiglia? Sembrava natu-rale che la santità andasse cercata fuori casa, fuori dalla famiglia, nel-la vita consacrata, appunto. Non fu facile misurare l’eroicità delle virtù nel lavoro imprenditoriale, che pure era l’attività di Zelia (assunzioni, li-cenziamenti, paghe, ammonizioni, propaganda, finanziamenti...).

Altrettanto arduo fu valutare l’origi-nale comportamento di Luigi Mar-tin, così distaccato dal suo negozio,

non apre la domenica, il giorno più redditizio per la sua attività di oro-logiaio, contro il parere del confes-sore. Ci vorrà un Concilio, e tutto quanto ha comportato, per colloca-re al centro dell’attenzione cristiana la chiamata universale alla santità, cioè la condizione normale della gente cristiana comune. Un contri-buto straordinario l’ha dato proprio Santa Teresa di Gesù Bambino, mostrando come una ragazza di 24 anni, mai uscita dalla clausura, con una “piccola via” di santità, pove-ra, silenziosa ma evangelicamente esplosiva tanto da essere eletta Dot-tore della Chiesa.

La Spiritualità laicale della nostra Comunità è la spiritualità di chi vive povero, libero, sereno, che si accontenta, che non fa progetti al-tezzosi o a lunga gittata, si tratta, con una metafora usata spesso da Ireos Della Savia , di andare in Cie-lo … in bicicletta. “Caratteristica del Piccolo Gruppo di Cristo è la compresenza di celibi e sposi nella stessa comunità e con la stessa vocazione di donazione a Dio. In entrambi gli stati di vita è possibile la medesima radicalità evangelica. Dal momento infat-ti che il comandamento di amare Dio con tutto il cuore (ossia con cuore indiviso) è rivolto a tutti i credenti, a tutti deve essere possi-bile realizzarlo. La compresenza di celibi e sposi rende più evidente la grandezza inesprimibile dell’amore di Cristo Sposo della Chiesa.” (Le beatitudini in famiglia Comunità PGdC)

Buon cammino di santificazione in-sieme.

ROSALBA BEATRICE

24 LA PASSIONE EDUCA

IN COmUNITà

Un invito accorato a vivere da consacratiNELL’INTImITà CON DIO

Secondo Gesù noi non stiamo vi-vendo da consacrati, ma da semplici cristiani. Preghiamo, sì, certamen-te, ma non viviamo profondamente nell’intimità con Dio. Viviamo da cristiani ma non siamo totalmente di Dio. I responsabili debbono fare i colloqui personali e il programma annuale con i fratelli che accompa-gnano, tenendo presente che siamo dei consacrati e dobbiamo testimo-niare la vita futura gloriosa.

Quando facciamo i nuclei o i Con-sigli Locali dobbiamo prepararci bene: in noi ci deve essere la pre-occupazione di aiutare tutti a vive-re con il Signore. Qualunque cosa facciamo chiediamo a Lui qual è il modo migliore per fare la sua vo-lontà. Spero che nei Consigli Locali ognuno, prima di esprimere il pro-prio pensiero personale, si confron-ti con il Signore in modo da saper ascoltare gli altri. Allora entreremo con le nostre idee, ma usciremo ar-

ricchiti da quelle degli altri. I con-siglieri dell’Istituto Cristo Re prima erano 15, adesso sono 5, perché non conta il numero, ma l’essere attenti a ciò che dice il Signore e che vuole da noi. Non è importante essere il RG o il RL, ma essere santo quanto vuole il Signore e perciò fare sempre la volontà di Dio, questo sì!

Le istruzioni domenicali di forma-zione devono essere adatte per il cammino dei consacrati, non solo per essere dei cristiani. Non sem-pre chi espone alla IV del mese ha detto qualche cosa di importante. Il Gruppo deve essere totalmente di Dio, del Signore. Con comprensione dobbiamo vedere se dobbiamo fare delle modifiche alle istruzioni, com-piendo tutti gli adempimenti che troviamo nella Costituzione. Si fa la schedina? Ci si interessa della Co-munità come nostra autentica fami-glia per aiutare tutti i componenti a vivere in santità?

Il Gruppo deve cercare di essere e di diventare come lo vuole il Signore: dobbiamo essere uniti tra di noi. Vogliamoci bene, l’antipatia tra noi non deve esserci: non è una cosa giusta. Ricordiamoci che il vivere completamente la vocazione che ci ha dato il Signore ci permette di es-sere sereni, tranquilli e felici, pronti ad accettare le difficoltà quotidiane, quelle della gioventù e quella della vecchiaia. Bisogna capire che cosa vuol dire essere totalmente di Dio. La mia preghiera è stare in presenza costante con il Signore. Io sono sere-no, perché mi sento nelle braccia di Dio. Ringrazio il Signore perché mi dà delle prove che accetto. Occorre ridare al Gruppo la gioia di fare la volontà di Dio. Noi, del Consiglio Ge-nerale e tutti coloro che hanno delle responsabilità per primi dobbiamo dare il buon esempio. Dalle nostre scelte si comprende dove dimora il nostro cuore. Anche la nostra casa di Desio, in un prossimo futuro, po-trebbe avere bisogno di riparazioni: noi pensiamo di mettere da parte dei risparmi per questo? Anche le nostre scelte di carità devono essere mirate, non generiche, ad esempio pensiamo ai cristiani di Terrasanta che hanno dovuto lasciare la loro terra per mancanza di casa, di lavo-ro, di aiuti. Per noi è molto impor-tante aiutarli, affinché nella terra dove ha vissuto Gesù possano anco-ra vivere dei suoi discepoli.

IREOS DELLA SAVIA

LA PASSIONE EDUCA 25

Eminenza Reverendissima,

in occasione del Suo ingresso nell’arcidiocesi milanese, desidero, a nome del Piccolo Gruppo di Cristo e mio personale, esprimerLe tutto il nostro amore filiale e assicurarLe la nostra preghiera affinchè il Signo-re sostenga Lei ed il Suo impegno come nuovo pastore della Chiesa ambrosiana.

Il giorno in cui è stata resa nota la Sua nomina ad Arcivescovo di Mila-no, comunitariamente ci siamo riu-niti nella Cappella della nostra casa di Desio, per una solenne adorazio-ne eucaristica, presieduta da Sua Eccellenza, Mons. Luigi Stucchi; in quella occasione abbiamo ringrazia-to la SS. Trinità per il dono del nuo-vo Pastore inviatoci nel nome del Si-gnore dall’amatissimo Santo Padre, Benedetto XVI.

Quando i Suoi impegni glielo con-sentiranno saremmo ben lieti di poterLa incontrare, per farLe cono-scere la nostra realtà spirituale, di cristiani comuni ancorché consa-crati, sia nello stato celibatario che in quello matrimoniale, nella linea delle nuove comunità di vita evan-gelica e secondo gli Statuti approva-ti nel 1984 dall’allora Arcivescovo di Milano Card. Carlo Maria Martini. Come potrà constatare siamo un’as-sociazione di diritto diocesano con sede a Milano, ma ormai presente in diverse diocesi della Lombardia,

della Toscana, del Lazio e del Vene-to. Da circa quindici anni siamo in contatto con la Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. Nel 2007 abbiamo avuto la gioia di celebrare il nostro giubileo di fondazione con un pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, con solenni celebrazioni eucaristiche alla Cat-tedra di Pietro presieduta dal Card. Attilio Nicora ed in San Paolo fuori le Mura presieduta dal Card. Cot-tier, ed alla fine abbiamo avuto an-che il dono di essere ricevuti in dele-gazione in udienza privata dal Santo Padre Benedetto XVI.

Siamo poca cosa ma, con l’aiuto del-la Grazia e animati dal desiderio di amare il Signore, siamo impegnati a servire la Chiesa e l’umanità. In particolare – sentendoci profonda-

mente grati alla Chiesa milanese che ha visto nascere la nostra espe-rienza spirituale – siamo a dispo-sizione con il nostro carisma per la preparazione e la condivisione del grande appuntamento che attende la nostra Diocesi e la Chiesa Univer-sale nel giugno del prossimo anno, con l’arrivo a Milano del Santo Pa-dre in occasione dell’Incontro Mon-diale delle Famiglie.

Nell’invocare la Sua benedizione confidiamo nel ricordo della Sua preghiera.

Con affetto filiale.

GIANCARLO BASSANINIResponsabile Generale

Piccolo Gruppo di Cristo

IN COmUNITà

Desio, settembre 2011LETTERA AL NUOVO ARCIVESCOVO

Cardinale Angelo Scola

26 LA PASSIONE EDUCA

IN COmUNITà / SPECIALE EREMO 2011

Febronia Rizzo

Prima del 2006, anno in cui ho co-nosciuto il Piccolo Gruppo, per me il morire era un guadagno, perché sentivo che il peso della vita era troppo grande per me. La mia lin-fa vitale si era seccata, ero priva di amore per me stessa e non ne avevo da dare agli altri.

Grazie Signore, per avermi fatto co-noscere il tuo “Piccolo Gruppo” che mi ha aiutata a conoscerti meglio, a stare con te, non solo con le parole ma anche con l’esempio, mostran-domi che è possibile vivere il Vange-lo, la tua sequela, solo se ci affidia-mo a te, unico nostro bene. “Mi hai sedotto Signore, e io mi sono lasciato sedurre … nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sfor-zavo di contenerlo, ma non potevo.” (Ger. 20,7-9)

“Quando penso a te che sei stato il mio aiuto, esulto di gioia all’ombra delle tue ali.” (salmo 62.8).

Grazie Signore, per il tuo essermi stato vicino con il tuo Amore, nei momenti in cui, mi sentivo sola, senza amore umano che mi potes-se consolare. Grazie Signore, per avermi fatto conoscere Manuela, la sua fede, il suo affidamento a te nel vivere la sua grande prova. Grazie Signore, per il dono della fede, “il

“Benedetto l’uomo che confida nel Signoree il Signore è la sua fiducia”

VOCI DALLA “FESTA DELL’EREmO”

soldo” che dai ad ogni operaio del-la tua vigna, è il tesoro più prezioso che si ha nella vita, noi tuoi figli, ci ami così tanto che a tutti quelli che ti accolgono fai sentire la tua pace e il tuo amore.

Grazie Signore, che mi aiuti a sta-re con gli altri, a combattere il mio egoismo e la mia pigrizia, mi aiuti ad avere compassione degli altri, soprattutto per il fratello che faccio fatica ad accogliere ed amare. Gra-zie Signore, per il dono delle prove che mi portano ad avvicinarmi a te, fonte di vera gioia.Grazie Signore, per tutte quelle vol-te che mi hai dato il dono di “lavora-re con frutto”.

Grazie Signore di tutte quelle perso-ne che mi hai messo accanto, che mi hanno condotto nella tua vigna per lavorare con te come Lucia, Mara, Giovanni, Elena, tutti gli aspiranti, gli effettivi e i sacerdoti che mi hai

fatto conoscere.

Grazie Signore, per aver dato un senso al mio matrimonio, quando un senso non lo vedevo più. Quando mi sono sposata in chiesa nel 2007, ricordo che avevo scelto la lettura delle “Nozze di Cana”, adesso dopo 4 anni, ho pensato come hai trasfor-mato il mio matrimonio da acqua a vino buono.

Grazie Signore, per il dono del mio sposo Giovanni e della sua famiglia, il suo agire, la sua accoglienza ver-so i suoi amici che sono in difficol-tà, l’amore che mostra nei confronti della sua famiglia di origine e nel-la nostra, mi aiuta a stare nella tua strada che non è né quella più sem-plice e neanche quella più “chiara”.

Grazie Signore, per il dono dei tuoi figli Luca e Marianna, che tu hai affidato a me, perché conoscessi il vero significato dell’Amore, che è

Da sinistra. Paolo Baldo, Febronia Rizzo, Stefania Zambon, Giancarlo Bassanini

LA PASSIONE EDUCA 27

quello di far morire noi stessi per sacrificarci come tu hai fatto con noi sulla croce. Ti chiedo Signore di farmi sentire ogni giorno il bisogno del dono dell’Umiltà, di non trasfor-mare le tue opere in mie opere, di avere un cuore docile che sappia di-stinguere il bene dal male e di pren-dermi come sono e di farmi come tu mi vuoi.

Mara Zanette

Carissimi sorelle e fratelli amati da Dio e amanti di Dio, nel nostro RITUALE DELLA FESTA c’è scrit-to che è consuetudine nel mese che precede “la salita all’eremo”, di pre-pararsi alla festa con un’esortazione per verificare e ravvivare la nostra vocazione.

Questo sta avvenendo grazie alla re-lazione del nostro Resp. Gen. Gian-carlo, dove ci invita a non lasciare nulla di intentato perchè il Suo Vol-to compassionevole e pieno di tene-rezza sia reso presente qui ora tra di noi e nella valle operosa che ci at-tende. Avviene questo per Grazia e per Dono e, con una virtù “fuori moda”: l’umiltà. Diventando sempre più piccoli, davanti alla Sua Presen-za e sotto la sua Croce Gloriosa, con-templo (e qui lo dico al singolare) il mio più o meno consapevole “vuoto totale” e lo affido, abbandonandomi totalmente a Lui.Ci ha accompagnato, con delle forti suggestioni, l’abbondanza del tem-

po liturgico, che è entrato nei nostri ritmi e nelle nostre vicende quoti-diane, non solo per aiutarci a far memoria, ma a farci vivere tutti gli istanti nel mistero della salvezza.

• La lettera di S. Paolo agli Efesini (4, 1-7.11-13) dove ci invita o meglio ci esorta di comportarci in maniera degna della chiamata che abbiamo ricevuto con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità (mi piace di più dire con “grande animo”), sopportando-ci a vicenda nell’amore…

• La chiamata di Matteo (9, 9-13) dove Gesù l’ha guardato e con una sola parola “SEGUIMI” gli ha pro-vocato una destinazione nuova, fa-cendolo diventare con il suo consen-so un vangelo vivente. Non stiamo forse vivendo anche noi questa de-stinazione nuova? Pensate che bel-lo, Questa iniziativa di Dio in Cristo, non è dovuta dalla capacità o inte-grità morale dell’uomo, ma solo per dono per grazia gratuitamente rice-vuta e al di sopra di qualsiasi giudi-zio umano. (E questo personalmen-te mi è di grande consolazione?).

• E ancora dal vangelo di Luca (9,18-22) “Ma voi, chi dite che io sia?” Il Cristo di Dio risponde Pietro. (E se rivolgesse a me questa domanda da brividi?) ma il proseguo del vangelo non è da meno: “il figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdo-ti e dagli scribi, venire ucciso e ri-sorgere il terzo giorno”. Tu Signore,

sei il Dio dei Viventi, che desidera continuare la sua opera di salvezza attraverso noi (e pensate, Lui che è Dio, ci chiede di fare questo), fa-cendoci capire, per la verità in molti modi, che il cammino è impegnati-vo ma assai bello.

• Dal libro del profeta Zaccaria (8, 1-8) dove troviamo il Signore degli eserciti che dice: “sono molto gelo-so di Sion, un grande ardore m’in-fiamma per lei... Tornerò a Sion e dimorerò a Gerusalemme…Geru-salemme sarà chiamata “Città fe-dele” e il monte del Signore “Monte santo”. (Se penso che abbiamo un Signore, il Signore degli eserciti, che compatte e si infiamma per noi, un Dio geloso, che poi si dona tenera-mente come un “bacio” nell’Eucare-stia).

Il card. M. MARTINI dice : “L’Euca-restia, così com’è accolta nella fede della Chiesa, presenta un aspetto sorprendente che sconvolge l’intel-ligenza e commuove il cuore. Siamo di fronte a uno di quei gesti abissali dell’amore di Dio, davanti ai qua-li l’unico atteggiamento possibile all’uomo è la resa adorante piena di sconfinata gratitudine”.

PIENI DI SCONFINATA GRATITU-DINEAnche per questa nostra liturgia della festa, nelle icone, per la costi-tuzione che sono bellezza di Dio e scaldano il cuore, che il Signore ave-va pensato fin dall’eternità e che ha voluto per noi oggi, per ridire il no-stro ECCOMI (e il mio personale “lo voglio e ti scelgo per sempre”).PIENI DI SCONFINATA GRATITU-DINEPer accompagnare Febronia e Stefa-nia qui a Treviso … perché, come loro, siamo desiderosi di vivere il Vangelo in modo più profondo, in-tessendo la nostra vita di preghiera dentro le virtù evangeliche e nelle scelte anche piccole, umili, pazien-ti. Perché il nostro carisma è il na-scondimento e sappiamo che da Lui Don Stefano Stimamiglio

28 LA PASSIONE EDUCA

siamo veduti e amati. Tutto questo, per dare Gloria a Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. Personalmente sono PIENA DI SCONFINATA GRATI-TUDINE per un cespuglio, (che a volte se potato in maniera giusta di-venta un piccolo albero), il cui nome è OSMANTHUS FRAGRANS, (OLEA FRAGRANS per gli amici). Ebbene è un cespuglio abbastanza insignificante a vederlo, foglie co-riacee sempreverdi, (ricorda visto da lontano o il lauro o l’alloro) ma la sua particolarità è nel profumo che diffonde proprio in questo periodo autunnale (alcune specie anche in primavera). È delicato e avvolgente, per nulla invadente. Quando lo si percepisce con un’inspirazione ca-suale non è detto che al successivo respiro lo si riesca a risentire ma, ti invita a guardarti intorno, per cercare e vedere dov’è questo fiore. Lo si immagina grande, colorato e perciò visibile agli occhi. Ed invece è piccolo e si nasconde tra le foglie. Niente di più bello in questo mese di ottobre, nel ricordare così come una metafora, tutto il Piccolo Gruppo di Cristo.

Letizia Pasqualotto

Quando ho iniziato a pensare a cosa avrei potuto dire nei ringraziamen-ti, mi sono venuti in mente molti volti. I volti di tutti i fratelli della comunità di Treviso, che mi hanno cresciuta e che sono stati per me, e per la mia famiglia, una presenza costante e fondamentale. Dai nuclei fatti per anni a casa nostra, alle sva-riate volte in cui siamo state loro af-fidate mentre mia mamma era via.Grazie a loro Dio mi si è rivelato come Padre: pronto ad accogliermi, a sostenermi, a gioire con me per la vita. Penso al misterioso dono che è quello di avere mio papà Corrado già tra le braccia del Signore: siamo dovute crescere velocemente, quan-do se ne è andato, ma sempre, mi ha accompagnata la consapevolezza della sua incessante presenza e del suo sguardo su noi tre, mentre cre-

scevamo ed imparavamo ad assapo-rare la bellezza della vita. Penso a mia mamma e a Ire, al dono prezio-sissimo che voi siete per me; a come la storia della nostra famiglia, che il Signore ha pensato per noi, ci abbia unite e ci dia la grazia, nonostante le distanze, della presenza l’una per le altre.Mi vengono in mente i volti di Al-berto, Letizia, Matti e tutta la gran-de (in tutti i sensi ) e speciale fa-miglia Cattaneo. Mi avete accolta, sostenuta, affiancata in questi anni di crescita così importanti per me. Vi siete fatti pane di Vita e di Amore spezzato.Penso al mio percorso umano, ma soprattutto spirituale. A Mauro, da quel primo viaggio in macchina Treviso-Lecco dove ho iniziato la ri-scoperta del Signore, a Mikiko che mi sta sapientemente prendendo per mano per camminare assieme nella relazione col Signore. Non posso di-menticare gli amici, in particolare gli amici aspiranti, assieme a tutti i responsabili che si sono succeduti in questi anni. Tutti, pur nella diversi-tà delle vostre vite e storie, mi avete dato la possibilità di vivere veri mo-nenti di profonda intimità spiritua-le; per poter dire con certezza che camminare assieme è bello!Così com’è sorprendente, e fonte di speranza, trovarsi tutte le settima-ne al nucleo per mettere assieme i pezzettini delle nostre vite e parlare di come Lui opera nelle nostre gior-nate e si fa presenza viva. Signore,

tu mi scruti e mi conosci, mi hai vestita con un abito nuovo, mi lasci appoggiare il capo sul tuo petto. Tu mi ami e l’unica cosa che posso fare è rispondere al tuo Amore. Porto nel cuore una frase che ricorre spesso nelle mie preghiere : voglio essere più vicina a Te, prendimi, aiutami a ricentrare le mie giornate in Te. La relazione col Signore è una sto-ria d’amore, un innamoramento che per ciascuno di noi si è rivelato in modo diverso, ma che sempre, ogni giorno, ci fa tornare a desiderarlo. Il dono in quest’ultimo anno di Paolo, mi aiuta ancor più a pensare a te Si-gnore, come sposo cui voglio corre-re incontro e per il quale devo farmi sempre più bella. Noi non potrem-mo pensare alla nostra relazione senza di Te. Da Te attingiamo l’amo-re che doniamo l’uno all’altra. Dallo stare con Te impariamo a conoscer-ci e ad essere Amore. Se così vuole il Signore, se come parla la mia vita, Lui mi ama, perché non vivere que-sta chiamata e a Lui abbandonarmi fiduciosa? Dove io non arriverò, ar-riverà il soffio dello Spirito, se sarò infedele e lo tradirò, Lui sarà pronto a ricondurmi a se. Prendi Signore la mia vita, le mie debolezze, la mia in-sicurezza, il mio fuggire da Te, pen-saci tu e fa che il mio sguardo sia sempre fisso su di Te. Parafrasando Steve Jobs: fammi essere e fa che questo tuo Piccolo Gruppo sia folle e affamato di Te. Ringrazio col cuore chi con la preghiera mi ha pensata e sostenuta in questi anni di cammino.

Da sinistra. Ireos Della Savia, Letizia Pasqualotto, Giancarlo Bassanini

LA PASSIONE EDUCA 29

Raffaele Tavoloni

“Il Signoremi ha preso per mano”

Non abbiate paura, il Signore è fe-dele per sempre! Questo dico a chi si prepara ad emettere i voti e que-sta è la mia esperienza a 26 anni dall’emissione dei primi voti. Io ero molto timoroso e non mi ritenevo pronto ma il Signore mi ha preso per mano e mi ha dimostrato che Lui fa sul serio! Guardando indietro lo ringrazio perché Lui ha scelto per me quando non sapevo decidermi, ha disposto per me anche contro la mia volontà, ed ora Lo ringrazio per non avermi assecondato! Negli ultimi anni al rinnovo dei voti io aggiungevo in silenzio il mio sì per sempre. Emettere oggi i voti per-petui in stato aperto è una scelta di povertà: Davanti a Te vengo a mani vuote Signore! Desideravo sposar-mi, ma a quanto pare la mia sposa è questa malattia. Fa’ che questa pro-va con le umiliazioni che comporta mi purifichi dal mio orgoglio, sa-pendo che se tu la hai permessa, sai anche che col Tuo aiuto posso sop-portarla. Mi affido completamente a Te, Signore che sei fedele. Fa’ di me quello che vuoi ma salvami. Prendi-mi come sono e fammi come tu mi vuoi!”.

Manuela Mascherucci

“Fidiamoci gli uni degli altri”

Ho iniziato a pensare a questa esor-tazione domenica scorsa. Non sape-vo da dove cominciare. Mi venivate in mente tutti, tutte le situazioni belle e quelle più difficili, dai più grandi di noi ai più giovani, giova-nissimi; Raffaele che emette i voti perpetui; chi con un carattere chi con un altro, chi sta affrontando con coraggio anche malattie importanti personali o dei propri figli, o dei ge-nitori o di familiari stretti, e pensa-vo che siete proprio voi con le vostre

vite ad esortare me quotidianamen-te ad essere più fedele al Signore.Quindi cosa potevo aggiungere, dire, in un momento inoltre anche non troppo facile per la nostra Co-munità?Mi è venuto in soccorso il Signore con le letture della Messa di dome-nica scorsa. San Paolo ai Filippesi diceva: “Non angustiatevi per nulla fratelli, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste e la pace di Dio che supera ogni in-telligenza custodirà i vostri cuori”.Per me questo già basterebbe: - ha detto - non angustiatevi per nulla, non temete, non abbiate paura! Che ovviamente non significa “non pre-occupatevi di niente, fatevi gli affari vostri”, ma al contrario “abbando-natevi, abbiate veramente fiducia che io mi prendo cura di voi, che ci penso io alle vostre necessità spi-rituali e materiali”. Abbandonarsi, affidarsi a qualcuno, significa la-sciare che questo si prenda cura di noi, significa lasciarsi amare come lui vuole. Io trovo che spesso è più difficile lasciarsi amare che amare. Per lasciarsi amare dall’altro (che spesso ci ama non come noi vorrem-mo, ma come giustamente lui vuole o lui sa fare) è necessario in qualche modo abbandonare le proprie cer-tezze, sicurezze, il proprio modo di pensare, riconoscere la propria de-bolezza, bisogna quasi “crollare” di fronte all’altro per dargli il modo di passare, di entrare, di trovarci. Quello che il Signore ci chiede oggi credo sia proprio questo desiderio

di lasciarci fare da lui, di lasciarci amare e quindi di “crollare” tutti davanti a lui e insieme metterci ai suoi piedi. Insieme. Non ciascuno individualmente.Fidiamoci di Dio e fidiamoci gli uni degli altri. Se Dio, che è Dio, si è fi-dato di ciascuno di noi e ci ha volu-ti più vicini a lui, chi siamo noi per non fidarci di lui o gli uni degli altri? Il mondo purtroppo attualmente ci esorta a fare l’opposto, a non fidarci più di nessuno, né dei vicini di casa, né degli insegnanti, né dei sacerdoti, né tantomeno di parenti e familiari stretti. Anche in questo caso non conformiamoci alla mentalità del mondo e viviamo con fiducia que-sta bellissima vocazione che ci tiene uniti tra noi e soprattutto al Signo-re anche quando siamo dispersi nel mondo. Ci tiene uniti e legati ma an-che liberi di esprimere i nostri modi di essere, i nostri caratteri, le nostre aspirazioni… Questa vocazione è un dono grande di Dio”.

“Anzi per me la vocazione nel Grup-po non è un dono, ma il dono che il Signore mi ha fatto per fortuna da giovane quando ho potuto libera-mente e con entusiasmo rispondere e seguire il Signore. Non che uno non possa farlo anche in età più adulta, il Signore chiama quando vuole. Però per me penso che allora (cioè da giovane) è stato un grosso investimento per la mia vita. Ecco, se dovessi fare in particolare una esortazione agli aspiranti, direi que-sto, “investite ora”. Perché la vita è

Da sinistra. Giancarlo Bassanini, Raffaele Tavoloni, Luigi Crimella

30 LA PASSIONE EDUCA

Comunità di Roma

Comunità di San Ambrogio

Comunità di Treviso

Comunità di San Carlo e San Pio V°

LA PASSIONE EDUCA 31

Una sorella

Chi dice che la Comunità di San Pio è formata da “vecchi” ha ragione, perché ne fanno parte i “primi”, che dopo tanti anni non sono certamen-

te più i 18-20enni dell’inizio.

Ma quando in occasione della no-stra Festa ho guardato, dalle ultime file dei banchi, le persone presenti ho visto e ritrovato ben altro. Cer-to i capelli sono bianchi, il corpo si è appesantito, la pelle non è liscia come nei tempi della giovinezza, ma io ho avvertito in quelle (per for-tuna) numerose presenze (infatti c’erano quasi tutti i primi) una stra-ordinaria freschezza che nasceva dal coraggio, dalla costanza, dalla volontà, dalla gioia di essere ancora lì a dire grazie al Signore, a lodarlo per il dono di una vocazione ricevu-ta non per merito, ma per amore di colui che è Amore!

Anche il coro durante la celebrazio-ne ha dimostrato la stessa cosa, per-ché in fondo non importa essere gio-vani di età per unirsi nel canto, ma quello che conta è la lode che scatu-risce dalla nostra voce, che è sempre carica di novità e di vigore se vuole esprimere l’amore per Gesù, amore che si dà in modo sempre nuovo e forte. La loro mi è parsa una presen-za viva, giovane nonostante qualche acciacco, che ha testimoniato la fe-deltà ad un invito personalissimo a vivere come ha chiesto il Signore per la propria salvezza, per i fratel-li del Piccolo Gruppo, e per quelli sconosciuti che attendono di “essere salvati”. La giovinezza a parer mio nasce in ogni età dal riconoscersi sempre e dal vivere come figli sem-

molto bella ma anche intensa, to-sta, e a volte questo è l’unico inve-stimento che ci permette di viverla in pienezza e quantomeno di vivere i momenti di prova serenamente. Anche se non fosse in questo grup-po la vostra vocazione, fate in modo che il Signore rimanga sempre. Voi cambierete, la vostra vita cambierà, ma trovate ora il modo di rimanere uniti al Signore. Non trascuriamo il dono di Dio, custodiamolo, perché c’è sicuramente chi vuole farci cre-dere che tutto sommato è un dono come gli altri, che non è proprio la perla preziosa. Non trascuriamo il Gruppo, il consiglio dei responsabili che per quanti limiti e difetti possa-no avere sono tutti qui a rimettersi nelle mani del Signore. Non trascu-riamo le persone che ci sono affida-te, i nostri mariti, le nostre mogli, i nostri figli, non trascuriamo i nostri familiari, perché è il Signore stesso che desidera prendersi cura di loro attraverso di noi. Non ci trascuria-mo gli uni gli altri.

A questo proposito mi viene in men-te il Vangelo di Matteo (13,44) “Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo”. Pieno di gioia, vende tutto e compra il campo subi-to. Ci riempe di gioia il fatto di aver trovato il tesoro? Perché se stiamo qui è perché l’abbiamo trovato. E Cristo deve essere la nostra gioia al-trimenti come potremmo convince-re gli altri che può diventare la loro? Visto che il tesoro è per tutti, non è solo per noi. Mettiamoci fiduciosi nelle braccia del Signore dicendogli: prendici come siamo e facci come tu ci vuoi”.

pre bambini, amati immensamente da Dio, Padre davvero unico.

Che dire? Grazie, grandi giovani di un tempo che non è passato, ma è sempre presente attraverso la vostra fedeltà, la vostra testimonianza e la vostra preghiera.

Da sinistra. Walter Coti e Giancarlo Bassanini

Crocifissione, Eremo San Salvatore - Erba

32 LA PASSIONE EDUCA

IN COmUNITà

Quando sentiamo parlare di “nuovi strumenti di comunicazione” spes-so ci sembrano dei discorsi un po’ vaghi e senza un reale e concreto cambiamento. Ma non possiamo far finta di non vedere i cambiamenti nel nostro modo di comunicare in famiglia, sul posto di lavoro e nelle diverse attività quotidiane. Messag-gi, sms, mail, internet, pc, cellulari, tv: tutto comunica.

Oggi la sfida nel campo della comu-nicazione è quella di catturare l’at-tenzione di persone che hanno sem-pre meno tempo e sono sempre più occupate. Bisogna arrivare al cuore del nostro interlocutore, con un messaggio chiaro, con una comuni-cazione pertinente che raggiunga il suo obiettivo: aprire un dialogo. E per aprire un dialogo serve un ter-reno di condivisione, uno strumen-to dove poter ascoltare, raccontare e coinvolgere nuove persone.

È per questo che il Piccolo Gruppo intende fare dei nuovi passi nel cam-po della comunicazione, partendo da quanto di buono è stato fatto fino ad oggi. I contenitori c’erano già (si pensi a Esperienze di Vita e al sito) ma oggi li riproponiamo con uno stile nuovo, dinamico e chia-ro. In un mondo dove tutti parlano e cercano di affermare la loro idea comunicando sempre di più nella logica “più parlo, più mi ascoltano” senza capire realmente quello che la gente cerca, noi partiamo proprio dall’esatto opposto, dall’osservare i cambiamenti interrogandoci “che cosa sta cercando la gente?”.

Con i nostri limiti, senza la prete-sa di avere la Verità in tasca, non possiamo più sottrarci da questo compito: intercettare le domande più profonde delle persone che ci stanno vicine e rispondere con un messaggio di speranza, che sappia indicare la Verità anche attraverso

le nuove tecnologie. Oggi i giovani ci chiedono questo: saper dialogare e raccontare di Cristo anche nel nuo-vo mondo della comunicazione.

Come ci indicava il nostro responsa-bile - “In un tempo contrassegnato dalla globalizzazione, dal plurali-smo culturale e religioso, dalle sfi-de della secolarizzazione, la nostra spiritualità deve individuare alcu-ne vie di futuro e portare il segno di una profezia dentro questo mondo, pur essendo alternativi al mondo” – abbiamo ripensato al nuovo proget-to editoriale di Esperienze di Vita mantenendo inalterato l’obiettivo di sempre: testimoniare la nostra fede nella quotidianità. In questo nuovo progetto abbiamo individuato due parti: una di attualità con articoli legati al tema principale con anche un’apertura sulle comunicazioni più importanti del momento da parte della Chiesa, e l’altra in comunità che racconta le esperienze e gli av-

È ora di imparare ad aprirsi alla condivisioneLA PAROLA DIVENTA SOCIAL

LA PASSIONE EDUCA 33

venimenti che la Comunità propone in quel periodo dell’anno. Troverete anche una sezione dedicata a figure di santi non molto conosciuti e an-che articoli con voci esterne alla co-munità. Il tutto con una grafica rin-novata per poter meglio comunicare attraverso testo e immagini.

Questi sono stati anche gli ingre-dienti che ci hanno mosso nel rin-novare ulteriormente il sito internet della Comunità. Seguendo le indi-cazioni emerse negli scorsi mesi dall’utilizzo del vecchio portale ab-biamo voluto rendere la consulta-zione delle diverse sezioni del sito e la condivisione dei documenti più semplice e intuitiva. Per questo ri-teniamo che il nuovo portale (www.piccologruppo.it) sia una porta fon-damentale al dialogo verso l’ester-no, verso quelle realtà che oggi non ci conoscono ancora o ci conoscono poco.

Troverete sia una parte dinamica con articoli e news dalla rete, sia delle pagine che spiegano chi siamo, il cammino del Piccolo Gruppo e la spiritualità. Una sezione più inte-rattiva con foto, video e documenti racconterà di volta in volta le di-verse esperienze della Comunità. Una newsletter e un’area riservata saranno a disposizione per essere sempre aggiornati sulle ultime no-vità e condividere documenti utili alla preghiera e alla meditazione (infatti potete trovare i testi delle domeniche di comunità, le istru-zioni dell’aspirantato, le preghiere, le meditazioni del Piccolo Gruppo e molto altro ancora). Non resta che imparare ad aprirsi alla condivisio-ne utilizzando questi nuovi stru-menti di comunicazione.

PAOLO CATTANEO

IN COmUNITà

Per me Assisi è stata un’esperienza straordinaria: l’esperienza dell’ in-contro con il mio Dio. La prima volta sono andato ad As-sisi da solo dopo aver letto un libro su San Francesco e con nel cuore un desiderio fortissimo di vivere una settimana in raccoglimento e di conoscere più da vicino la figura del Santo. Sono tornato a casa en-tusiasta e per anni ho continuato la mia vita fatta di lavoro, impegni in parrocchia e ricerca della strada da percorrere. Dopo anni sono tornato per fre-quentare un corso vocazionale che rimarrà impresso per sempre nel mio cuore: ricordo con commozio-ne ed una grande gratitudine quan-to ho vissuto in quella settimana e quanto il Signore mi avrebbe donato di vivere successivamente. Tutto è nato da un grande desiderio di in-contrarlo ed incontrandolo ho rice-

vuto in dono molto di più di quanto potessi anche solo desiderare. È sta-to sulla base di quanto ricevuto che mi è venuto spontaneo mettermi a disposizione con la speranza che altri possano incontrarlo: magari proprio in questo luogo Santo dove i nostri fratelli Francesco e Chiara ci aspettano per far festa.

Un abbraccio.

EMILIANO GIGLIOTTI

Pensieri sul pellegrinaggiodella comunità nel 2012

VERSO ASSISI

34 LA PASSIONE EDUCA

BACHECA

Abbiamo ricordato e pregato per:

• Anna, mamma di Giulio Pedrotti - della comunità di S.Ambrogio - salita

al cielo il 15 settembre 2011

• Bruno, papà di Renato Rossi - della comunità di S.Pio V° - salito al cielo

il 21 ottobre 2011

• Raffaele, papà di Antonio Garofalo - della comunità di Treviso - nato al

cielo il 22 novembre 2011

NEWS DALLA COmUNITà

PICCOLO GRUPPO DI CRISTO

Il Responsabile Generale

NATALE 2011

Il Santo Natale è un evento che,

nella sua straordinaria semplicità,

continua a interpellare il cuore dell’uomo.

Con l’incarnazione di Gesù,

Dio ci mostra che può fare cose grandi

con la nostra povera umanità.

Buon Natale e felice anno nuovo

a tutti voi e ai vostri cari.

Giancarlo

Settimana di Comunità 2012

28 luglio - 4 agosto

CaSa alpina piandimaiaScalabriniVillabassa - BZ

La casa, tenuta dai Padri Scalabriniani, si qualifica per la sua accoglienza religiosa e familiare grazie alla sua struttura interna (sala da pranzo, sale riunioni, sale per incontri, cappella) e esterna (parco giochi per bambini, campo da calcio e ampi spazi).

Villabassa è considerata la culla del turismo della Val Pusteria è ed teatro dei più bei paesaggi montani, le Dolomiti.

In questo luogo dello Spirito siamo invitati

a mettere in comune la nostra umanità ed i nostri talenti spirituali,

ma anche il nostro entusiasmo e la nostra voglia

di condividere l’amicizia e la famigliarità

che provengono dalla nostra vita vissuta in Cristo.

www.piccologruppo.it

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