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Duccio Sacchi 1 Corso di laurea magistrale in Psicologia clinica e di comunità Psicopatologia del legame e omissione di soccorso Anno accademico 2011-2012 «Il trauma nella scrittura clinica psicoanalitica» Docente: prof. Duccio Sacchi [Selezione di slide utilizzate a lezione]

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Corso di laurea magistrale in Psicologia clinica e di comunità

Psicopatologia del legame e omissione di soccorso

Anno accademico 2011-2012

«Il trauma nella scrittura clinica psicoanalitica»

Docente: prof. Duccio Sacchi

[Selezione di slide utilizzate a lezione]

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Psicopatologia del legame e omissione di soccorso «Il trauma nella scrittura clinica psicoanalitica»

Argomento e metodo del corso (I)

Argomento e metodo del corsoDue moduli interrelati di lezioni frontali basate su

esposizione teorica, presentazione e discussione di testi:

1) Evoluzione delle teorizzazioni psicoanalitiche sul trauma, in particolare su quello conseguente a deprivazione infantile

e «omissione di soccorso»

2) Presentazione e confronto di studi teorico-clinici «classici» (Klein, Ferenczi, Winnicott) e contemporanei

(Bleichmar, Borgogno, Eigen…)

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Argomento e metodo del corso (II)

Il primo modulo sarà suddiviso a sua volta in due parti:

1a) Origini e caratteri specifici di due tra i principali modelli psicoanalitici del trauma psichico infantile (Freud e Ferenczi).

1b) Illustrazione di un tentativo contemporaneo (Hugo Bleichmar) di elaborare e coniugare i due (e più) modelli in una teoria psicoanalitica della cura segnata dal «paradigma della complessità» (E. Morin, F. Varela, H. Maturana).

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Argomento e metodo del corso (III)

Nel secondo modulo saranno commentati e discussi esempi di scrittura clinica e teorico-clinica – classica e contemporanea – relativi alle ricadute patologiche delle inadempienze dell’ambiente di crescita.

Particolare attenzione sarà portata sullo stretto rapporto esistente tra pratica clinica, elaborazione psicologica ed elaborazione teorica.

(Per alcuni titoli cfr. slide successiva)

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Argomento e metodo del corso (IV)

Alcuni testi «classici» di riferimentoS. Ferenczi«Il bambino mal accolto e la sua pulsione di morte» (1929).«Principio di rilassamento e neocatarsi» (1930).«Riflessioni sul trauma» (1931-1932).

M. Klein«Contributo alla psicogenesi degli stati maniaco-depressivi» (1935).«Il lutto e la sua connessione con gli stati maniaco-depressivi» (1940).

D. W. Winnicott«L’osservazione del bambino piccolo in una situazione prefissata» (1941)«La teoria del rapporto infante-genitore» (1960).«Classificazione: esiste un contributo psicoanalitico alla classificazione

psichiatrica?» (1959/1964).«La distorsione dell’Io in rapporto al vero ed al falso Sé» (1960). «La paura del crollo» (1963).

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Psicopatologia del legame e omissione di soccorso «Il trauma nella scrittura clinica psicoanalitica»

Testi d’esame

Testi d’esameParte generale

C. Bonomi e F. Borgogno (a cura di), La catastrofe e i suoi simboli, Utet libreria 2001: Intr. e capp. 4, 7, 8, 9, 10, 11, 12.

H. Bleichmar, Psicoterapia psicoanalitica. Verso una tecnica di interventi specifici, Astrolabio 2008, capp. 1-4.

Parte monografica

D. Winnicott, Sviluppo affettivo e ambiente, Armando 2002, capp. 2-13.

M. Eigen, Cibo tossico, Roma, Astrolabio 2003.

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Note sulla concezione del trauma in Ferenczi(I)

Riferimenti bibliografici (sintetici):

• Borgogno, Psicoanalisi come percorso, cap. 9.• Laplanche e Pontalis, Voci: «Trauma», «Seduzione»,

«Fantasmi originari» in Enciclopedia della psicoanalisi.• Bonomi, «Breve storia del trauma psichico», in La catastrofe

ei suoi simboli.• Borgogno, «Ferenczi e il trauma: una piccola mappa

introduttiva».

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Note sulla concezione del trauma in Ferenczi(II)

«La teoria del trauma proposta da Ferenczi non è affatto un ritorno al primo Freud della seduzione. E’ al contrario del tutto originale e assolutamente moderna per diverse ragioni:

1) La varietà dei fenomeni che ricopre;

2) le dinamiche sottili e complesse che mette in luce;

3) l’analisi dettagliata delle conseguenze del trauma sull’Io e sulla psiche della persona traumatizzata che evidenzia.»

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C. Bonomi, «Breve storia del trauma psichico» (I)

Fine Settecento: per spiegare la durata talvolta «abnorme» delle «impressioni spiacevoli», si passa dal modello tradizionale degli «umori» alle prime teorie mediche sui «nervi», intesi come «tessuti eccitabili».Ne derivano ad esempio:

la diagnosi di «irritazione spinale». Railway spine (da metà

Ottocento).

1883: Herbert Page: «shock nervoso». 1884: Adolf Strümpell: «trauma psichico». 1884-85: Jean Martin Charcot: «Lésion dynamique»

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C. Bonomi, «Breve storia del trauma psichico» (II)

Fine Ottocento: si diffonde, a partire dall’Università di Lipsia, il

«paradigma psicologico».

Estensione dell’interpretazione «ideogenetica» a tutti i sintomi dell’isteria: «isteriche» vennero considerate «tutte le modificazioni morbose del corpo causate da rappresentazioni», ovvero tutti i sintomi «psicogeni», prodotti cioè da rappresentazioni e guaribili con rappresentazioni (p. 78).

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C. Bonomi, «Breve storia del trauma psichico» (III)

Il «paradigma psicologico» ha il risultato paradossale di distogliere l’attenzione dall’importanza del reale «incidente» traumatico all’origine delle «rappresentazioni patologiche». L’incidente è sempre più visto come casuale causa scatenante: la causa strutturale risiede nella personalità, o nella volontà («rappresentazioni di desiderio» [Stümpell]), del soggetto. Solo il paradigma «neuropsicologico» (P. Janet, H. Oppenheim) sottolinea la realtà del trauma e l’oggettività delle sue conseguenze, a discapito però dell’interesse per il significato soggettivo rivestito dal trauma.

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C. Bonomi, «Breve storia del trauma psichico» (IV)

Il modello progressivamente elaborato da Freud tra il 1890 e il 1897 si pone, per così dire a mezza strada, tra paradigma psicologico e paradigma neuropsicologico.

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C. Bonomi, «Breve storia del trauma psichico»Schema riassuntivo (per il 21-2)

Disturbi funzionali ideogeni traumatici:Sono sempre basati su «serie complementari»: trauma + predisposizione.La prospettiva neurologica dà maggior peso al «trauma»: il danno è reale, oggettivo, ma non curabile nelle cause ultime, siano esse dovute all’evento traumatico o alla predisposizione genetica.La prospettiva psicologica dà minor peso al «trauma» e non riconosce un’oggettività del danno: il danno non è curabile perché non c’è evento patogeno, ma costituzione genetica o falsità caratteriale

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C. Bonomi, «Breve storia del trauma psichico»Freud (I)

Freud: 1893-1894: a) equiparazione «completa tra la paralisi traumatica e

l’isteria comune, non traumatica»;b) modello catartico, per abreazione* (mutuato da Joseph

Breuer);c) caratterizzazione dell’evento traumatico da evento

«impersonale» a evento «interpersonale».--------------------------------------------------------------------------------

* Abreazione: scarica emozionale con cui un soggetto si libera dall’affetto legato al ricordo di un evento traumatico, evitando così che esso divenga o rimanga patogeno.

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C. Bonomi, «Breve storia del trauma psichico»Freud (II)

Freud: 1896 (Saxa loquuntur)Individuazione del trauma infantile come «causa specifica» delle psiconevrosi, in quanto causa della «predisposizione» al loro sviluppo. Lo «sforzo» di dimenticare, che impedisce l’abreazione e l’elaborazione degli affetti, è motivato dal contenuto specifico dei ricordi traumatici. I sintomi sono «i testimoni vivi e parlanti della genesi della malattia» (1896, p. 334). L’idea di Freud era «spiegare come precocemente acquisito ciò che finora era necessario attribuire a una predisposizione ereditaria». (accessibilità e curabilità)

---------[Nella sintesi di Winnicott: «Nell’ambito della sua nuova nozione

dell’inconscio, Freud concepì la formazione del sintomo come una comunicazione» («Classificazione», p. 158)] v. slide successiva

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Sul sintomo come comunicazionee come conseguenza di «eventi di vita» storici, reali (I)

Freud: da «Etiologia dell’isteria (1896)

«La reazione dell’isterico [a un evento o a uno stimolo obiettivamente di poca importanza] è solo apparentemente esagerata; può sembrarci tale solo perché ci è nota unicamente una piccola parte dei motivi ai quali essa è dovuta. In realtà questa reazione è proporzionale allo stimolo che provoca l’eccitamento, ed è quindi normale e psicologicamente comprensibile. Lo si capisce immediatamente non appena l’analisi ha aggiunto ai motivi manifesti,dei quali il malato è cosciente, quegli altri motivi che hanno agito a sua insaputa e che quindi non ci poteva comunicare. […] segue

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Sul sintomo come comunicazione e come conseguenza di «eventi di vita» storici, reali (II)

Freud: da «Etiologia dell’isteria (1896)

«[…] Non è l’ultima offesa, in sé minima, quella che ha provocato il pianto spasmodico, la crisi di disperazione, il tentativo di suicidio, infirmando così il principio della proporzionalità tra causa ed effetto; questa piccola offesa attuale ha invece destato e attivato il ricordo di così tante e più profonde offese precedentemente subíte, dietro le quali tutte ancora si cela il ricordo di un’offesa grave, mai sanata, subita durante l’infanzia» (pp. 356-357).

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C. Bonomi, «Breve storia del trauma psichico»Freud (III)

Freud: 1897 (1905): Abbandono (non definitivo) della teoria della

seduzione, a favore del modello della «serie complementare» tra trauma e predisposizione (1915-1917, p. 518).

Costituzione sessuale + esperienza infantile =

-------------------------------------Disposizione dovuta alla + esperienza accidentale

fissazione della libido (traumatica) dell’adulto =----------------------------------------------------------------------------------- Nevrosi

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C. Bonomi, «Breve storia del trauma psichico»Freud (IV)

Freud, 1915-1917: Definizione del traumatico in termini «economici». Lezione 18: pp. 436-438 (Opere, vol. 8).

«In un punto però possiamo rilevare una completa concordanza [tra psiconevrosi e nevrosi traumatiche]. Le nevrosi traumatiche offrono chiari indizi che alla loro base vi è una fissazione al momento dell’incidente traumatico. Nei loro sogni questi ammalati ripetono regolarmente la situazione traumatica; dove compaiono attacchi di tipo isterico, che permettono un’analisi, si viene a scoprire che l’attacco corrisponde a una trasposizione completa della situazione traumatica.» <segue1>

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C. Bonomi, «Breve storia del trauma psichico»Freud (V)

«E’ come se questi ammalati non fossero venuti a capo della situazione traumatica, come se questa stesse dinanzi a loro quale compito attuale non sormontato; e noi prendiamo molto sul serio questa concezione: essa ci indica la via verso una considerazione, diciamo così, economica dei processi psichici. Anzi l’espressione “traumatico” non ha altro senso se non questo, economico. Con essa noi designiamo un’esperienza che nei limiti di un breve lasso di tempo apporta alla vita psichica un incremento di stimoli talmente forte che la sua liquidazione o elaborazione nel modo usuale non riesce, donde è giocoforza che ne discendano disturbi permanenti nell’economia energetica della psiche.» <segue2>

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C. Bonomi, «Breve storia del trauma psichico»Freud (VI)

«Questa analogia ci induce nella tentazione di designare come traumatiche anche quelle esperienze alle quali i nostri nevrotici sembrano fissati. Ci sarebbe in tal modo prospettata una semplice condizione determinante per l’insorgere della malattia nevrotica. La nevrosi sarebbe da equipararsi a una malattia traumatica e insorgerebbe per l’incapacità di risolvere un’esperienza che ha una tonalità affettiva eccessiva.» <segue3>

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C. Bonomi, «Breve storia del trauma psichico»Freud (VII)

«…Qui dunque s’intravedono complicazioni, una più ricca gamma di condizioni che determinano l’insorgere della malattia; ma presentiamo anche che non si deve abbandonare come erroneo il punto di vista traumatico, che potrà inserirsi e subordinarsi in qualche altro contesto».

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C. Bonomi, «Breve storia del trauma psichico»Freud (VIII)

I ricordi non sono più «traumatici» anche quando sono veri; i ricordi vengono ora interrogati per «rintracciare i motivi e le disposizioni psicologiche che li rendono significativi» (p. 95).

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C. Bonomi, «Breve storia del trauma psichico»Freud (IX)

Esempi del non totale abbandono da parte di Freud della teoria traumatogenica della nevrosi, dell’idea di un terreno «storico» reale in cui si radicano i ricordi traumatici.

 1914-1915 Caso clinico dell’uomo dei lupi. Dalla storia di una nevrosi infantile (1914)

 

1920 Al di là del principio di piacere (Nevrosi traumatiche [di guerra, da infortunio]

 

1925: Inibizione, sintomo e angoscia 

1937-38. Note sulla scissione dell’Io («La scissione dell’Io nel processo di difesa» e Compendio di psicoanalisi).

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C. Bonomi, «Breve storia del trauma psichico»Dopo Freud (Anni Trenta)

Dissoluzione del trauma come fattore precipitante (Strachey).

Diffusione del concetto di «trauma interno» (Glover, Fenichel): posizione «biologica» contro posizione «sociologica».

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C. Bonomi, «Breve storia del trauma psichico»Spunti offerti da Freud all’elaborazione successiva del

concetto di «trauma interno» (I)

Dal Compendio di psicoanalisi, 1938, cap. 7, pp. 611-14

Il fatto che gli eventi all’origine della nevrosi adulta si situino nell’infanzia (in particolare fino ai sei anni) si spiega – dice Freud - «facilmente. Come sappiamo, le nevrosi sono affezioni dell’Io, e non c’è da meravigliarsi che l’Io, fintantoché è fragile, incompiuto e incapace di opporre resistenza, fallisca miseramente nel tentativo di padroneggiare compiti di cui in seguito potrebbe venire a capo senza alcuna difficoltà (Le pretese pulsionali provenienti dall’interno, al pari degli eccitamenti del mondo esterno, agiscono allora alla stregua di “traumi”, particolarmente se ad essi vengono incontro determinate disposizioni). <segue>

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C. Bonomi, «Breve storia del trauma psichico»Spunti offerti da Freud all’elaborazione successiva del

concetto di «trauma interno» (II)

Il povero Io inerme si difende mediante tentativi di fuga (rimozioni) che più tardi si rivelano inadeguati e determinano limitazioni durature per lo sviluppo ulteriore» (pp. 611-612).

C’è qualcosa che può essere definito l’episodio centrale di questo periodo infantile? Risposta di Freud:

piuttosto frequentemente: 1) episodi di abuso; 2) di seduzione; 3) di partecipazione osservativa alla «scena primaria»

sempre: le esperienze legate al complesso edipico

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C. Bonomi, «Breve storia del trauma psichico»Percorso rielaborativo di Ferenczi (I)

Ferenczi, 1908, «Quando l’analisi di persone non malate fece apparire il ricordo di traumi analoghi nell’infanzia, senza che più tardi fosse insorta una psiconevrosi, Freud dovette ammettere che non è il trauma il vero agente patogeno, ma la rimozione delle rappresentazioni ad esso collegate *….

<segue>

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* Da «La nevrosi alla luce dell’insegnamento freudiano e la psicoanalisi». Cfr. Freud (1905), Tre saggi sulla teoria sessuale (riferimento a Havelock Ellis) (CFM p. 89)

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C. Bonomi, «Breve storia del trauma psichico»Percorso rielaborativo di Ferenczi (II)

«… Così Freud ristabilì l’effettiva importanza della predisposizione individuale nell’eziologia della nevrosi, mentre all’inizio, impressionato dalla grande frequenza dei traumi, non vi aveva attribuito peso. Ma egli ha precisato la nozione mal definita di tara ereditaria o di predisposizione sostituendola con quella di costituzione sessuale anormale, caratterizzata in una delle sue forme dalla rimozione eccessiva dei complessi sessuali» (pp. 18-19).

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C. Bonomi, «Breve storia del trauma psichico»Percorso rielaborativo di Ferenczi (III)

1916-1917: nozione di «ferita dell’Io, ferita narcisistica» - esempi di mutilazioni come elementi etiologici specifici (specifici cioè come vent’anni prima il trauma infantile sessuale).

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C. Bonomi, «Breve storia del trauma psichico»Percorso rielaborativo di Ferenczi (IV)

1918-1924: progressivo spostamento dell’attenzione dalle «idee» al «corpo, inteso come luogo sorgivo delle idee» (p. 104), come vissuto soggettivo, come magazzino di tracce mnestiche inconsce: l’azione traumatogena non consiste più nella generazione di un’idea patogena, ma nello sconvolgimento che arreca a un mondo organizzato.

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C. Bonomi, «Breve storia del trauma psichico»Percorso rielaborativo di Ferenczi (V)

1932: ulteriore evoluzione del concetto di trauma psichico. Il trauma colpisce direttamente «l’anima», si manifesta attraverso il dolore psichico ed è radicato nel mondo delle relazioni umane. «La mente è ora vista come un sistema che interagisce con altre menti, e che però può essere sopraffatta dal dolore. Quando questo succede essa cessa di funzionare in modo interattivo e modifica se stessa, scindendosi in varie parti».

Il trauma, in altri termini, non genera idee patogene, ma divide la mente in più parti. (p. 106)

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Concezioni del trauma: alcuni punti di distacco di fondo tra Freud e Ferenczi (I)

1) Se Freud definisce il trauma essenzialmente nella sua dimensione «economico-energetica» e «intrapsichica» (1915-1917),

Ferenczi lo viene via via descrivendo come evento emozionale e psicologico che ha origine tipicamente «interpsichica», ovvero nella reale vita relazionale.

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Concezioni del trauma: alcuni punti di distacco tra Freud e Ferenczi (II)

2) Per Freud il trauma «è un fatto è una esperienza vissuta che provoca nello spazio di poco tempo un aumento così forte di eccitazione della vita psichica che non si riesce ad avere una sua liquidazione o elaborazione con i mezzi normali e abituali, … [provocando così] disturbi durevoli nel funzionamento energetico»;Per Ferenczi il trauma è, per usare una sintetica ridefinizione di Borgogno, «una sottrazione dell’ambiente idoneo alla crescita» (1999, p. 172). Questa «sottrazione», agendo su un soggetto in fase di maturazione che – rileva Ferenczi – ricorre a un uso privilegiato dell’introiezione, ha effetti impoverenti (non fornisce al bambino ciò di cui ha fisiologicamente bisogno [quella che Borgogno chiama «omissione di soccorso»]) e alienanti (fornisce al bambino elementi a lui estranei e non confacenti): ne fa, per usare un’altra espressione rielaborata da Borgogno, uno spoilt child.

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Concezioni del trauma: alcuni punti di distacco tra Freud e Ferenczi (III)

3) Freud, anche quando si sofferma sugli eventi traumatici nella vita infantile, mantiene una prospettiva del trauma che, con Carlo Bonomi, possiamo definire «adultocentrica», direttamente discendente dai primi studi ottocenteschi sulle conseguenze psichiche dei traumi fisici.

Ferenczi – fin dai primi scritti analitici, ma con piena consapevolezza nei suoi ultimi testi – sottolinea la specificità qualitativa e quantitativa del processo traumatico, e delle sue conseguenze, nel bambino piccolo.

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Concezioni del trauma: alcuni punti di distacco tra Freud e Ferenczi (IV)

4) Rielaborazione del concetto di Nachträglichkeit.

Per Freud l’evento traumatico acquisisce il suo carattere patogeno soprattutto a posteriori (Nachträglichkeit), in concomitanza con un secondo evento che, per via associativa, tende ad attivare le memorie rimosse e non elaborate del primo evento: il processo è privilegiatamente intrapsichico.

Per Ferenczi l’evento traumatico acquista la sua piena patogenicità in seguito al diniego dell’adulto che ha commesso l’abuso: «nel diniego non è unicamente negata e disconosciuta le percezione della realtà che ha il bambino, ma vengono negati e disconosciuti la realtà e lo sviamento che il genitore impone» (Psicoanalisi come percorso, p. 164).

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Borgogno, Psicoanalisi come percorso, cap. 9: «Un contributo di Ferenczi alla psicoanalisi infantile: la

pensabilità del trauma e del traumatico» (I)

La concezione ferencziana del trauma e del traumatico è il risultato di un lungo lavoro clinico che, a partire dai primi studi sui traumi infantili e sui traumi di guerra, delineerà gradualmente la complessa fenomenologia del trauma, soffermandosi in particolare, negli ultimi studi, su quello originato da diverse forme di inadeguatezza dell’ambiente relazionale di crescita.

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Borgogno, Psicoanalisi come percorso, cap. 9: «Un contributo di Ferenczi alla psicoanalisi infantile: la

pensabilità del trauma e del traumatico» (II)

La fenomenologia del trauma descritta da Ferenczi, nella sua impostazione schiettamente relazionale (bi- e multi-personale) e centrata «sull’urgenza di distinguere fra bisogni e desideri del bambino e dell’adulto e sulla necessità di diversificare i loro diritti e doveri» (ibid., p. 162), permette di evidenziare da una parte 1) le azioni, le omissioni e i dinieghi con cui l’ambiente di crescita inadeguato agisce sulla soggettività in formazione del bambino, azioni descritte da Ferenczi, ad esempio, in termini di: intrusioni, estrazioni, abbandoni, alienazioni… Dall’altra

2) le reazioni difensive autoplastiche del bambino a tali azioni abusanti, reazioni che Ferenczi descrive, ad esempio, come: autoscissione narcisistica, frammentazione, atomizzazione, pietrificazione, evitamento, regressione a difese arcaiche di tipo mimetico…

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Borgogno, Psicoanalisi come percorso, cap. 9: «Un contributo di Ferenczi alla psicoanalisi infantile: la

pensabilità del trauma e del traumatico» (III)

Il processo di fondo che caratterizza le reazioni difensive del bambino al trauma è individuato da Ferenczi in quella che definisce:

«autoscissione narcisistica», forma estrema di difesa «autoplastica» con cui il soggetto scinde se stesso in una parte che «sa e vede tutto» ma non «sente», e in un’altra parte che «soffre», ma «non capisce ed è impotente e inerme nel suo muto dolore» (Borgogno, 1999, p, 172).

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«Autoscissione narcisistica»

«Nella situazione analitica accade talvolta che il paziente, sentendosi offeso, deluso, piantato in asso, cominci a giocare con se stesso, come fanno i bambini abbandonati. Si ha la netta impressione che essere abbandonati comporti una scissione della personalità: una parte comincia a sostenere il ruolo di padre o di madre nei confronti dell’altra e in tal modo annulla l’abbandono, lo rende per così dire un fatto non avvenuto» (Ferenczi, Principio di rilassamento e neocatarsi, 1930, p. 72)

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Ricadute della concezione ferencziana del traumatico sulla teoria e sulla pratica dell’ascolto analitico (I)

Sulla base delle sue progressive scoperte relative alla dinamica del trauma, all’incidenza patogenetica degli eventi traumatici infantili, alla loro fenomenologia e alla loro ripetizione all’interno della relazione analitica, Ferenczi assegna alle modalità e alla qualità dell’ascolto dell’analista un ruolo terapeutico fondamentale.

E’ grazie alla capacità (e disponibilità) dell’analista di dar credito alle percezioni e alle sensazioni del paziente, e di esplorarle, che il paziente potrà essere fattivamente aiutato a rivivere in modo nuovo – cioè consapevole – nella relazione analitica le ripetizioni traumatiche che hanno segnato la sua esistenza, e così, a partire da questo «nuovo inizio», a superarle.

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Ricadute della concezione ferencziana del traumatico sulla teoria e sulla pratica dell’ascolto analitico (II)

Sotto questo aspetto gli inviti di Ferenczi al «tatto», all’«elasticità della tecnica», alla «fiducia nella reversibilità dei processi psichici», possono essere considerati come un ampliamento e un approfondimento dell’originaria raccomandazione fatta da Freud al clinico di mantenere un’«attenzione liberamente sospesa».

Le difficoltà poste dall’adozione di questo genere di ascolto – difficoltà psicologiche, affettive ed emozionali, prima che tecniche, come avrebbe argomentato anche Theodor Reik – costituiranno il tema centrale dell’ultimo scritto di Ferenczi, il Diario clinico.

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Sándor Ferenczi (1929):«Il bambino mal accolto e la pulsione di morte»

Struttura dello scritto

Struttura 1) Premessa clinica e premessa teorica.

2) Osservazione clinica su alcuni sintomi correlati a tendenze suicidarie, di «tedio della vita».

3) Ipotesi eziologica che riconduce queste tendenze a una specifica carenza traumatica dell’ambiente di crescita.

4) Altre considerazioni cliniche

5) Proposta nosografica

6) Ricadute dell’ipotesi eziologica sulla pratica terapeutica.

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Sándor Ferenczi (1929):«Il bambino mal accolto e la pulsione di morte»

Due premesse

1) Osservazioni di Ernest Jones sulla tendenza alle malattie da raffreddamento, interpretate come ripetizione della sensazione di dispiacere provata dal bambino piccolo «quando è strappato dal calore dell’ambiente materno» (p. 45).

2) Teoria freudiana della pulsione di morte: «Tutti i fenomeni vitali, compresi quelli psichici, sono forme di manifestazione dell’impasto tra pulsione di vita e pulsione di morte» (ibid.).

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Sándor Ferenczi (1929):«Il bambino mal accolto e la pulsione di morte»

Ipotesi

Osservazione clinica di Ferenczi:«analizzando casi di disturbi circolatori e respiratori di origine

nervosa, specialmente di asma bronchiale, e di totale inappetenza e dimagramento, anatomicamente inspiegabili», mi sono accorto che «questi sintomi concordavano talvolta con le tendenze suicidarie con cui questi pazienti dovevano combattere.» (p. 46).

Ipotesi: Queste tendenze suicidarie, e i sintomi con cui si manifestano (vedi slide successiva), sembrano correlate al fatto che i pazienti in questione furono ospiti non benvenuti nella loro famiglia.

Per una conferma, osserva quasi di passaggio Ferenczi, sarà necessario un numero più nutrito di osservazioni, in particolare da parte dei pediatri.

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Sándor Ferenczi (1929):«Il bambino mal accolto e la pulsione di morte»

Ipotesi

Osservazione clinica di Ferenczi:Sintomi considerati:

Da bambini, tendenza ad ammalarsi, disturbi respiratori e circolatori,

totale inappetenza e dimagrimento…

…che nell’adulto si sviluppano in «pessimismo morale e filosofico, scetticismo e sfiducia»

«tedio della vita», «avversione al lavoro», «incapacità a sopportare sforzi di lunga durata, infantilismo emozionale , non senza, naturalmente, dei tentativi di rafforzare il carattere con delle coercizioni» (pp. 46-47).

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Sándor Ferenczi (1929):«Il bambino mal accolto e la pulsione di morte»

Considerazioni cliniche I

«Certo, all'inizio della vita intra- ed extrauterina gli organi e

le loro funzioni attraversano fasi di sviluppo di una

pienezza e di una rapidità sorprendenti, anche se

unicamente nella favorevole condizione di protezione

della vita prima embrionale e poi infantile. Il bambino

deve essere portato, con un' enorme profusione di

amore, tenerezza e cure, a perdonare i genitori di

averlo messo al mondo senza chiedere il suo parere; in

caso contrario, entrano ben presto in azione gl'impulsi

distruttivi. E, in fondo, la cosa non deve stupire.

(segue)

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Sándor Ferenczi (1929):«Il bambino mal accolto e la pulsione di morte»

Considerazioni cliniche II

«…Il lattante è molto più vicino alla non esistenza individuale di

quanto non lo sia l'adulto, che ne è separato dall' esperienza

della vita. Scivolare all'indietro, verso l'inesistenza, potrebbe

quindi essere, per i bambini, molto più facile. La "forza vitale"

che resiste alle difficoltà della vita non è dunque poi così grande

alla nascita e, a quanto pare, si consolida solo dopo una

progressiva immunizzazione contro i danni fisici e psichici,

garantita solo da un trattamento e un'educazione gestiti con

tatto. In corrispondenza del decrescere della curva di morbilità e

mortalità nell'età media, è nella maturità che la pulsione di vita

potrebbe controbilanciare le tendenze distruttive» (p. 48).

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Sándor Ferenczi (1929):«Il bambino mal accolto e la pulsione di morte»

Proposta nosografica (sviluppata successivamente da Winnicott) (I)

A)I casi che presentano questa eziologia – l’essere mal accolti

dall’ambiente di crescita – dovrebbero essere posti all’incirca,

propone Ferenczi, «tra le nevrosi endogene e le nevrosi esogene,

o da frustrazione» (p. 48).

«Coloro che perdono così presto la voglia di vivere danno l'idea di

esseri a cui faccia difetto la capacità di adattamento, simili a coloro

che, nella classificazione freudiana, soffrono di una debolezza

congenita di capacità vitale, con la differenza però che nel nostro

caso l'aspetto congenito di tale debolezza è solo apparente, in

quanto essa è conseguenza del trauma precoce» (ibid.).

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Sándor Ferenczi (1929):«Il bambino mal accolto e la pulsione di morte»

Proposta nosografica (sviluppata successivamente da Winnicott) (II)

B)

«Naturalmente resta poi da risolvere il problema di

cogliere le sottili differenze tra i sintomi nevrotici dei

bambini maltrattati fin dall'inizio e quelli dei bambini

accolti dapprima con entusiasmo e con

manifestazioni appassionate d'amore e poi "lasciati

perdere"» (ibid.).

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Sándor Ferenczi (1929):«Il bambino mal accolto e la pulsione di morte».

Ricadute sulla tecnica terapeutica

«In accordo con i miei esperimenti di "elasticità“ della tecnica

analitica in molti casi di diminuita voglia di vivere mi sono visto

costretto, durante la cura, a ridurre sempre più le mie richieste

di efficienza ai pazienti. Alla fine mi capitava di paragonare il

paziente a un bambino che bisogna lasciare in pace per un certo

tempo, in modo analogo, per l'appunto, a quel "trattamento

preliminare" che Anna Freud ritiene necessario nell'analisi

infantile. Lasciare in pace i pazienti significa allora lasciarli

godere per la prima volta di quel senso di irresponsabilità che è

proprio dell'infanzia, il che significa introdurre impulsi vitali

positivi e motivazioni per continuare a vivere» (pp. 48-49).