Dossier_Amianto

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SE LO CONOSCI LO EVITI “Se lo conosci lo eviti”. Recita così il titolo della campagna contro l’AIDS, che, a distanza di pochi anni ha portato i suoi frutti, con un notevole abbassamento del numero delle persone infettate. Grazie alla prevenzione. Purtroppo così non è stato per l’amianto. Utilizzato in tutto il mondo nelle lavorazioni dei più diversi manufatti, la Peste del terzo millennio, come è stato definito, ha colpito un numero indefinito di persone. Il picco è previsto tra il 2030 e il 2050. La sicurezza nelle fabbriche ha ceduto alle logiche del potere economico; i produttori alle lobby mondiali; le istituzioni hanno girato la testa dall’altra parte, lì dove bisognava bonificare anzitempo. L’amianto, tuttavia, oggi si può combattere con le armi della consapevolezza del pericolo e dei danni che produce, della prevenzione lì dove ancora lo si lavora, e della bonifica totale dei siti contaminati. Ma, soprattutto, si può evitare di morire di amianto solo smettendo di farne uso. Amianto, cresce la consapevolezza Aumentano associazioni e organismi a tutela dei lavoratori esposti alla fibra killer. E aumenta anche la conoscenza dei casi a rischio. Se ne parla in questo dossier di Lucia Schinzano pubblicato il 4 marzo 2013 È sempre più forte la consapevolezza che “davvero si muore di amianto”, come ha detto adAmbient&Ambienti il prof. Giorgio Nebbia, ambientalista fin nel più profondo di ogni sua fibra. E la consapevolezza che si fa sempre più convinta e che richiede misure decise trova spazio in questo dossier – il secondo – che Ambient&Ambienti dedica all’amianto. Se nel primo dossier ci siamo concentrati su casi locali come quello dell’ex Fibronit e della Bridgestone di Bari per poi allargarci agli altri luoghi che hanno ospitato le fabbriche della morte, questa volta cogliamo i segnali di quanto si sta sviluppando in altre parti del mondo, soprattutto negli Stati Uniti, che vantano il triste primato di 10mila morti all’anno per malattie asbesto- correlate e che non hanno ancora una legislazione che tuteli i lavoratori esposti alla fibra-killer. Proprio dagli USA arriva la testimonianza di Linda Reistein, fondatrice dell’ADAO (Asbestos Disease Awareness Organization) l’associazione da anni impegnata nel sensibilizzare la popolazione e gli organi politici sugli effetti letali dell’amianto (non tutti sanno che il crollo delle Torri gemelle nel New York. Nel crollo delle Torri gemelle sono state disperse nell'aria 2mila tonnellate di amianto

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SE LO CONOSCI LO EVITI “Se lo conosci lo eviti”. Recita così il titolo della campagna contro l’AIDS, che, a distanza di pochi anni ha portato i suoi frutti, con un notevole abbassamento del numero delle persone infettate. Grazie alla prevenzione. Purtroppo così non è stato per l’amianto. Utilizzato in tutto il mondo nelle lavorazioni dei più diversi manufatti, la Peste del terzo millennio, come è stato definito, ha colpito un numero indefinito di persone. Il picco è previsto tra il 2030 e il 2050. La sicurezza nelle fabbriche ha ceduto alle logiche del potere economico; i produttori alle lobby mondiali; le istituzioni hanno girato la testa dall’altra parte, lì dove bisognava bonificare anzitempo. L’amianto, tuttavia, oggi si può combattere con le armi della consapevolezza del pericolo e dei danni che produce, della prevenzione lì dove ancora lo si lavora, e della bonifica totale dei siti contaminati. Ma, soprattutto, si può evitare di morire di amianto solo smettendo di farne uso.

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SE LO CONOSCI LO EVITI

“Se lo conosci lo eviti”. Recita così il titolo della campagna contro l’AIDS, che, a distanza di pochi anni ha

portato i suoi frutti, con un notevole abbassamento del numero delle persone infettate. Grazie alla prevenzione.

Purtroppo così non è stato per l’amianto. Utilizzato in tutto il mondo nelle lavorazioni dei più diversi manufatti,

la Peste del terzo millennio, come è stato definito, ha colpito un numero indefinito di persone. Il picco è previsto

tra il 2030 e il 2050.

La sicurezza nelle fabbriche ha ceduto alle logiche del potere economico; i produttori alle lobby mondiali; le

istituzioni hanno girato la testa dall’altra parte, lì dove bisognava bonificare anzitempo.

L’amianto, tuttavia, oggi si può combattere con le armi della consapevolezza del pericolo e dei danni che

produce, della prevenzione lì dove ancora lo si lavora, e della bonifica totale dei siti contaminati. Ma, soprattutto,

si può evitare di morire di amianto solo smettendo di farne uso.

Amianto, cresce la consapevolezza

Aumentano associazioni e organismi a tutela dei lavoratori esposti alla fibra killer. E aumenta anche la

conoscenza dei casi a rischio. Se ne parla in questo dossier

di Luc ia S ch inzano pubblicato il 4 ma rzo 2013

È sempre più forte la consapevolezza che “davvero si muore di amianto”, come ha detto

adAmbient&Ambienti il prof. Giorgio Nebbia, ambientalista fin nel più profondo di ogni sua fibra. E la

consapevolezza che si fa sempre più convinta e che richiede misure decise trova spazio in questo

dossier – il secondo – che Ambient&Ambienti dedica all’amianto.

Se nel primo dossier ci siamo

concentrati su casi locali come

quello dell’ex Fibronit e della

Bridgestone di Bari per poi

allargarci agli altri luoghi che

hanno ospitato le fabbriche della

morte, questa volta cogliamo i

segnali di quanto si sta sviluppando

in altre parti del mondo,

soprattutto negli Stati Uniti, che

vantano il triste primato di 10mila

morti all’anno per malattie asbesto-

correlate e che non hanno ancora

una legislazione che tuteli i

lavoratori esposti alla fibra-killer.

Proprio dagli USA arriva la testimonianza di Linda Reistein, fondatrice dell’ADAO (Asbestos

Disease Awareness Organization) l’associazione da anni impegnata nel sensibilizzare la popolazione e

gli organi politici sugli effetti letali dell’amianto (non tutti sanno che il crollo delle Torri gemelle nel

New York. Nel crollo delle Torri gemelle sono state disperse nell'aria 2mila tonnellate di amianto

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2001 a New York mise in circolo

2mila tonnellate di amianto). E

dagli Stati Uniti abbiamo raccolto

anche le considerazioni del

prof. Ronald Gordon,presidente

del neonato International

Asbestos Observatory. Una

considerazione è d’obbligo: se in

Italia vantiamo una legislazione

all’avanguardia sul tema, se in

Europa si monitora con

attenzione il problema, se negli

Stati Uniti c’è ancora molto da

fare, la spinta all’associazionismo diventa fondamentale per ottenere comportamenti comuni tali da

tutelare le vittime di chi con l’amianto ha convissuto.

Ci siamo rivolti anche a studiosi italiani per capire quali strategie mettere in campo per difendersi

dall’amianto, dallaprevenzione a livello domestico alle ricerche in corso per combattere il mesotelioma

– o almeno per limitarne gli effetti – ; dallosmaltimento dei materiali contenenti la fibra

allabonifica e messa in sicurezza degli edifici. Abbiamo toccato con mano quanto sia lungo e

complicato da parte delle Pubbliche Amministrazioni individuare e monitorare gli scarti di amianto –

solo in Puglia ci sono ancora 5mila capannoni con coperture in Eternit. Abbiamo riportato alla luce

situazioni come quella delle 22 scuole milanesi che potrebbero essere addirittura abbattute; abbiamo

ricordato le fasi del processo contro i dirigenti dello stabilimento Eternit di Casale Monferrato –

conclusosi giusto un anno fa con la storica condanna dei “padroni”; abbiamo ricordato anche le lotte

degli operai della fabbrica barese Fibronit, lotte raccolte in un libro bianco che racconta passo passo le

vicende di operai, sindacati, magistrati, enti locali. E abbiamo voluto lanciare una proposta

provocatoria: perchè non fare di quelle rovine “blu” che ancora stanno lì un museo civico

permanente che ricordi, come un particolare museo dell’olocausto, gli orrori di cui la società del

benessere è capace?

I "muri blu" della vecchia fabbrica della Fibronit, a Bari

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Piano Regionale Amianto,

stanziati 2 mln di euro a

sostegno dei comuni pugliesi

.

di G iuseppe Lavopa pubblicato il 4 ma rzo 2013

«Combattere lo smaltimento illecito del cemento

amianto è il primo irrinunciabile passo per arginare il

problema da un lato e per aumentare la

consapevolezza e la cultura della legalità rispetto al

tema dall’altro». Mosso da questa considerazione,

l’Assessorato pugliese alla Qualità dell’Ambiente,

rappresentato da Lorenzo Nicastro, ha destinato lo

scorso anno i proventi dell’Ecotassa all’attuazione di

un Piano Regionale Amianto.

«Gli 870mila euro dei fondi Ecotassa – ha dichiarato tuttavia Nicastro – si sono rilevati insufficienti a

soddisfare le richieste che sono giunte dai comuni; si è pertanto dovuto ricorrere ad altre risorse». Al

primo bando di accesso ai fondi del Piano Nazionale Amianto hanno infatti risposto 47 comuni, di cui

38 con istanze perfettamente in linea con gli obiettivi per un importo finanziato di quasi 1,9 milioni di

euro; a ciascuno di essi è andato un importo non superiore ai 60mila euro. I fondi erogati ai

comuni, uniti a risorse degli enti locali hanno incentivato le rimozioni dei manufatti di amianto, anche

piccoli, dalle proprietà.

«Sulla scorta del successo di questa iniziativa – annuncia l’assessore – abbiamo individuato ulteriori 2

milioni di euro, all’interno del Programma regionale per la tutela dell’Ambiente, che permetteranno

anche ad altri comuni di attingere ai fondi: l’obiettivo è ampliare sempre più lo spettro di azione e

cercare un più ampio coinvolgimento degli enti locali e dei privati cittadini».

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Combattere l’amianto in tutto il

mondo: uniti si può

La migliore soluzione per evitare di morire di amianto consiste nella cessazione dell’impiego di questo

materiale. Con l’incontro della cultura latina con quella anglosassone sono state messe le basi culturali

sociologiche e giuridiche per metterlo al bando

di G iann i Avvantagg ia to pubblicato il 4 ma rzo 2013

Nel 2006 la World Health Organization (WHO) ha dichiarato ufficialmente che la migliore soluzione

per eliminare le patologie asbesto-correlate consiste nella cessazione dell’impiego di tutti i tipi

diamianto. Non esiste un livello di esposizione minimo rispetto al quale il rischio di contrarre malattie

da asbesto sia scongiurato. A sostegno delle tesi dello WHO, lo stesso anno interviene anche

l’International Labour Organization (ILO),

sostenendo l’eliminazione dell’uso dell’amianto a

360° e la bonifica degli ambienti di vita e di lavoro

per prevenire l’insorgenza futura di malattie e morti

causate dall’asbesto, visti i lunghi tempi di

latenza. Solo in Europa sono 500mila le persone

che potrebbero morire di malattie asbesto-

correlate nei prossimi trent’anni.

Nel corso dei lavori della Conferenza Internazionale

organizzata dall’Osservatorio Nazionale

Amianto il 15 novembre 2012, presso la Camera dei Deputati, dal titolo Lotta all’amianto – Il diritto

incontra la scienza, si è sentita la necessità di costituire un’organizzazione internazionale che unisca

sinergie, conoscenze scientifiche e obiettivi giudiziari raggiunti, per contrastare le lobby dell’amianto,

che fuori dai confini europei e negli Stati Uniti in particolare – sono più di 10mila gli americani che

ogni anno muoiono per malattie asbesto-correlate – sono ancora molto forti e operative.

«Pochi uomini senza scrupoli hanno avvelenato e contaminato non solo il continente europeo ma

continuano a farlo in altri continenti – avverte l’avvocato Ezio Bonanni presidente dell’Associazione

Osservatorio Nazionale Amianto (ONA) -. Ecco perché una organizzazione internazionale di uomini e

donne che a testa alta combattono i produttori di amianto, assassini della nostra civiltà, della nostra

cultura oltre che di esseri umani».

Ecco che dal dialogo con il prof. Ronald Gordon, direttore del Dipartimento di Patologia della Mount

Sinai School of Medicine di New York – intervenuto al meeting nella capitale – e con il suffragio del

prof. Giancarlo Ugazio, del prof. Renato Sinno, del prof. Pietro Sartorelli del comitato tecnico

nazionale dell’ONA, nasce l’International Asbestos Observatory (IAO). Ne abbiamo parlato con

l’avv. Ezio Bonanni

L'auletta dei parlamentari a Palazzo Montecitorio dove si è tenuto l'incontro

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Avvocato Bonanni, con quali presupposti nasce

la IAO?

«Occorre mettere in relazione uomini e culture e

credere e lottare per il progresso non solo

economico ma anche umano e morale, con

l’incontro della cultura latina con quella

anglosassone e con la sintesi di tutti i valori che

esprimono, riportati all’attualità e proiettanti nel

futuro. Queste sono le basi culturali e non solo

sociologiche e giuridiche – alla Conferenza

internazionale è intervenuto anche l’avvocato John Eaves, il cui studio vanta sedi in mezzo mondo –

per mettere al bando l’amianto e quella idea di civiltà che si fonda solo sul progresso identificato con

l’incremento del profitto che invece nega l’uomo che tradisce le sue stesse basi, morali e culturali e non

solo umane e scientifiche».

Perché ha scelto proprio gli Stati Uniti e il professor Gordon come partner?

Negli Stati Uniti presso il Mount Sinai di New York

ha studiato e lavorato il prof. Irving J. Selikoff, che

nel 1964 organizzò una conferenza internazionale nel

corso della quale tenne un intervento che

impressionò così tanto, da far raggiungere l’unanimità

scientifica sulla tesi del nesso causale tra l’esposizione

all’amianto e il mesotelioma. A quel simposio

internazionale – occasione, per molti scienziati indipendenti di acquisire dati fondamentali di

conoscenza e di consapevolezza dei danni che l’amianto è in grado di determinare in tutti gli organi

del corpo umano – intervenne anche il prof. Enrico Vigliani, che guidava la delegazione italiana e che

illustrò la situazione nel nostro Paese. Fermo restando che l’aspirazione dell’International Asbestos

Observatory è quella di articolarsi in tutti i continenti».

Cosa l’ha spinto a scegliere il professor Gordon per dirigere il Comitato tecnico scientifico

internazionale?

«Ronald Gordon mi è stato presentato dall’avvocato Audrey P. Raphael di New York in occasione del

mio impegno al 29th Annual International Symposium On Acupuncture, Electro-Therapeutics, & The Latest

Related Medical Topics And Advancements presso la Columbia University nell’ottobre del 2011 e ci siamo

intesi subito».

La stretta di mano tra il professor Gordon, di fronte, e l'avvocato Bonanni a suggellare la nascita dello IAO

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Quali sono i programmi della IAO?

«L’ International Asbestos Observatory, oltre a

Comitato tecnico scientifico internazionale

presieduto dal prof. Gordon, sarà una rete di

associazioni – la sede probabilmente sarà a New

York, presso la Mount Sinai School – che si prefigge

di mettere al bando l’amianto in tutti i Paesi del

pianeta, interdire le lobby, assicurare alla giustizia i

criminali produttori e utilizzatori dell’amianto, per

cercare di porre fine all’olocausto delle vittime

dell’asbesto, e di perseguire e realizzare il rischio

zero, secondo l’equivalenza già affermata dal prof.

Ugazio: ambiente pulito uguale salute, ambiente contaminato uguale malattia. Per il mesotelioma in

particolare non c’è una soglia sotto la quale il rischio si annulla».

Avvocato Bonanni un’ultima domanda: lei è stato più volte già negli Stati Uniti, ha sentito

parlare dell’associazione Asbestos Disease Awareness Organization (ADAO) e della sua CEO

signora Linda Reinstein?

«Sì, la conosco e abbiamo già preso contatti per una prossima stretta collaborazione».

Come accennato dall’avvocato Bonanni, lo IAO nasce per volontà anche del professor Ronald

Gordon che abbiamo raggiunto telefonicamente alla Mount Sinai School a New York.

Professor Gordon, in seguito ai risultati positivi della Conferenza internazionale di Roma a

novembre scorso, è stato istituito l’International

Asbestos Observatory (IAO) e lei é

statonominato presidente del comitato

scientifico. Lei crede che le leggi in materia

potrebbero essere uniformate dalla sinergia tra

l’ONA e lo IAO?

«Mi auguro che il Comitato internazionale non solo

renda possibile i cambiamenti nella legislazione in

Italia, ma in tutta Europa e nel mondo, dal momento che l’amianto è un problema mondiale».

In Italia, per l’esposizione professionale, il limite di soglia è ancora 100 fibre/litro. Lei pensa

che, come scienziato, si potrebbe eliminare completamente il rischio di malattie, portando

l’esposizione a zero, dal momento che una singola fibra può essere dannosa e, in ogni caso,

ogni esposizione si aggiunge alle altre?

Ezio Bonanni

Ronald Gordon

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«Il livello di 100fibre/litro è 10 volte i livelli indicati dal governo qui negli Stati Uniti. Inoltre, c’è una

dichiarazione del nostro governo che ogni livello oltre lo zero è dannoso e contribuisce allo sviluppo

della malattia. Anche il livello minimo è abbastanza alto in Italia; l’amianto è dappertutto, nelle

costruzioni, nel sistema idrico ecc. Poco o niente è stato fatto per ridurre la presenza di amianto sia in

Italia, sia in tutta Europa. Il problema è grave non solo per i lavoratori ma anche la grande massa».

Professor Gordon, l’Osservatorio Nazionale Amianto ha scelto di espandere il suo lavoro in

diversi Paesi europei e negli Stati Uniti d’America, dove lei ha accettato di presiedere il

comitato scientifico. Quali misure lei pensa dovrebbero essere prese per indurre tutti i Paesi a

bandire l’amianto e sconfiggere le lobby, visto che in molti stati del pianeta è ancora usato?

«Farò quello che posso in base agli studi passati e

all’evoluzione delle conoscenze scientifiche per

convincere i governi europei così come quelli in

Africa, Asia, Russia ecc. che fino a quando

continueranno a utilizzare l’amianto ci sarà sempre

un aumento delle malattie associate all’esposizione.

Questo include il manifestarsi di tumori in diverse

parti del corpo, in particolare nei polmoni e, nello specifico, mesoteliomi e asbestosi. Comprovando

queste malattie con i fatti, mi auguro che i governi, come quello degli Stati Uniti vieti l’uso di questo

materiale molto dannoso».

Come potrebbe la neonata associazione internazionale suscitare l’interesse delle istituzioni del

mondo scientifico americano, che sono la forza motrice del progresso?

«Il neo costituito gruppo scientifico si adopererà per aggiornare i vecchi dati con nuove scoperte di

scienziati di tutto il mondo, compresi quelli che fanno parte di questa commissione».

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“Asbestos: Still Legal and Lethal

in the USA”

Linda Reinstein ha conosciuto Ambient&Ambienti grazie a Facebook e ci scrive dagli Stati Uniti. Ha

fondato l’ADAO prima che un mesotelioma le portasse via suo marito Alan. Nel suo racconto la tragedia

amianto negli States

di redaz io ne pubblicato il 4 ma rzo 2013

Nel 2003, dopo aver sofferto per nove mesi i sintomi e dopo molteplici visite mediche, a mio marito,

Alan Reinstein, è stato diagnosticato un mesotelioma mortale. All’epoca, non avevo mai sentito parlare

prima di quella malattia e come la maggior parte degli americani, pensavo che l’amianto fosse stato

dichiarato illegale da molto

tempo negli Stati Uniti. Putroppo

mi sbagliavo.

Ho trasformato il mio profondo

dolore e la mia rabbia causati

dalla diagnosi del mesotelioma di

Alan in azione, fondando

l’ADAO(Asbestos Disease

Awareness Organization –

Organizzazione per la

Consapevolezza delle Malattie

causate dall’Amianto). A causa di

un’esposizione all’amianto, Alan è

morto tre anni più tardi accanto a

me e a nostra figlia allora tredicenne. Quasi un decennio dopo la diagnosi di Alan, i principi cardini

dell’ADAO sono rimasti inalterati: educazione, supporto e solidarietà.

Negli Stati Uniti, più di 10mila americani muoiono ogni anno a causa di malattie asbesto-

correlate. Il 25% di queste morti è causato da mesotelioma. I fatti sono inconfutabili: l’amianto è un

noto cancerogeno umano and non vi è un alcun livello sicuro di esposizione ad esso. Negli anni ’70,

diverse leggi riguardanti la salute pubblica sono state emanate; nonostante ciò, da allora, pochi passi

verso il divieto d’uso dell’amianto sono stati compiuti negli Stati Uniti.

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Nel 1989, l’Ente Nazionale per

la Protezione Ambientale degli

Stati Uniti (United States

Environmental Protection Agency)

ha emanato una norma decisiva

per il divieto della maggior parte

dei prodotti contenenti amianto.

Tuttavia, nel 1991, questa norma è

stata invalidata dal Quinto Circolo

della Corte d’Appello di New

Orleans (Fifth Circuit Court of

Appeals in New Orleans).

Attualmente, gli unici tre prodotti

proibiti che contengono amianto sono: isolante per pavimenti, isolante per pareti e carte per l’edilizia.

L’ultimo intervento fatto dal governo federale per proteggere il popolo americano dall’esposizione

all’amianto è stato una dichiarazione sui pericoli che quest’ultimo comporta, da parte del ministro della

Salute americano (Surgeon General).

All’insaputa di molti americani, gli Stati Uniti continuano a far uso di amianto. L’Istituto

Americano di Geofisica (USGS) ha stabilito che all’interno degli Stati Uniti l’impiego di amianto nel

2001 è aumentato del 13%, e 140 tonnellate di crisotilo sono state importate e stoccate negli USA per

un utilizzo futuro. L’impiego di amianto negli Stati Uniti è stato stimato quasi intorno alle 2.000

tonnellate. I prodotti da costruzione rappresentano il 60% dell’intero consumo degli USA e il cloro-

soda all’incirca il 35%.

Incommensurabile è il danno

causato dall’uso di amianto

all’interno degli Stati Uniti.

L’11 settembre del 2001, quasi

3.000 persone persero la vita a

causa degli attentati terroristici,

ma il numero dei morti continua

a crescere. Nel momento in cui

crollarono le Torri Gemelle,

detriti derivanti da materiale

edilizio coprirono tutta la zona di

Lower Manhattan, esponendo

migliaia di altre persone ad agenti

cancerogeni tristemente noti, tra cui vi erano oltre 2.000 tonnellate di amianto. Tuttora, residenti

della zona e lavoratori dei servizi d’emergenza continuano a morire di tumori legati all’esposizione

all’amianto subita l’11 settembre.

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E l’esposizione ambientale, lavorativa e privata continua ancora. Malattie causate dall’amianto,

contratte sul posto di lavoro non sono casuali. C’è differenza tra un operaio che cade da un’impalcatura

e tra un lavoratore esposto ai rischi dell’amianto. Gli operai impiegati per la manutenzione

delle gallerieche scorrono sotto la superficie della capitale Washington D.C., sono rimasti esposti

all’amianto a lungo tempo subendone le conseguenze. Infatti, la polvere d’amianto era così spessa che il

sovrintendente ai lavori era in grado di scrivere il proprio nome sulle tubature. Questo è un tragico

esempio di violazione dei diritti dei lavoratori. Nonostante il governo federale abbia emanato multiple

citazioni, gli operai hanno continuato ad essere esposti all’amianto.

Nel Maggio del 2010, il presidente del Comitato Tumori Americano ha pubblicato un’importante

relazione di duecento pagine intitolato “Riduzione dei rischi di cancro per cause ambientali: cosa

bisogna fare” (Reducing Environmental Cancer Risk: What We Can Do Now). Il Comitato ha stabilito che

“operai impiegati nel settore edilizio hanno undici volte più probabilità di contrarre il mesotelioma,

causato dall’esposizione all’amianto sul posto di lavoro”. Tumori contratti sul posto di lavoro sono

sempre più alla ribalta sui quotidiani.

Disastri ambientali, causati o no dall’uomo, espongono il popolo americano all’amianto. I primi

soccorritori e residenti furono esposti al pericolo dell’amianto, sia in occasione della distruzione e ri-

pulizia in seguito all’uragano Sandy, sia quando la città di Joplin, nello stato del Missouri, fu colpita da

un tornado. Infatti, furono rimosse 2.600 tonnellate di amianto dalla sola città di Joplin. La miniera

“WR Grace Vermiculite” di Libby, nel Montana, è stata la causa di un alto prezzo economico ma

soprattutto di vite umane. Quasi due terzi degli abitanti della cittadina ha sofferto o è morta per colpa

dell’amianto e il governo ha speso più di 450milioni di dollari per risanare la zona dall’inquinamento

tossico.

L’obiettivo principale della

fondazione ADAO è la

sensibilizzazione del pubblico.

Grazie al fatto che circa il 90%

della popolazione mondiale abbia

accesso alla rete informatica,

ADAO si adopera tramite la

pubblicazione online di dati e

informazioni riguardanti, appunto,

la sensibilizzazione del pubblico.

La prevenzione dell’esposizione

all’amianto è particolarmente

difficile a causa della microscopica

dimensione delle fibre di amianto, dell’errata visione dell’uso sicuro dell’amianto e del lungo periodo di

latenza delle malattie. ADAO mostra liberamente immagini che mostrano 20mila fibre di amianto a

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confronto con un chicco di riso o di un capello umano. ADAO inoltre condivide in tutto il mondo

immagini che mostrano come identificare l’amianto in casa.

Il dolore sprona l’azione. Vi sono solamente due modi per bloccare le malattie mortali legate

all’amianto: prevenzione e cura. È doloroso vedere con quale lentezza si muovono i legislatori per porre

fine ad uno dei più grandi disastri creati dall’uomo. ADAO è impegnata nel prevenire l’esposizione

ambientale, occupazionale e privata. Come afferma la relazione dell’Associazione Internazionale della

Sicurezza Sociale del 2011, il rapporto sul potenziale “spesa-beneficio” per gli investimenti in campo

preventivo potrebbe essere pari ad 1:2,2 e forse anche maggiore in alcuni casi.

La cooperazione per la prevenzione è fondamentale. Lapagina online “Condividi la tua esperienza”,

dell’ ADAO, è in continua espansione. Pazienti e familiari di tutto il mondo condividono volentieri le

proprie storie riguardanti diagnosi, cure mediche e, nella maggior parte dei casi, la morte. Questo

processo di catarsi, rafforza i legami di

cooperazione della comunità e

indubbiamente influenza le politiche

governative.

Dal 22 al 24 marzo prossimi, l’ADAO

terrà a Washinton D.C. laNona

Conferenza Annuale Internazionale

sulla Sensibilizzazione al Problema

dell’Amianto (9th Annual International

Asbestos Awareness Conference), durante la

quale medici, scienziati, esperti, avvocati,

pazienti e relativi familiari discuteranno

delle “Nuove Tendenze e Tecniche di

Prevenzione e Trattamenti delle

Malattie Legate all’Amianto”.

Linda Reinstein

(Linda Reinstein ha co-fondato

l’organizzazione no-profit ADAO

(Asbestos Disease Awareness

Organization – Organizzazione per la

Consapevolezza delle Malattie causate

dall’Amianto) nel 2004, in seguito alla

diagnosi a suo marito Alan di un mesotelioma causato dall’esposizione all’amianto. Dopo la morte di

Alan nel 2006, la signora Reinstein continua a rivestire la carica di presidente dell’ADAO, facendo da

testimonial principale per la campagna di sensibilizzazione mondiale e da supporto alle comunità e alle

loro iniziative. Riconosciuta come esperta con più di 35 anni di attività no-profit alle spalle nel costruire

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e fare da supporto alla comunità, Linda Reinstein sviluppa e realizza tuttora campagne mediatiche per

sensibilizzare il pubblico riguardo i pericoli dell’esposizione all’amianto e, inoltre, si presta come

portavoce dell’ADAO difronte a organi governativi sia nazionali, sia internazionali, come il Congresso

degli Stati Uniti e le Nazioni Unite.)

Traduzione in italiano a cura di Guido De Mola

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Amianto: un minerale prezioso

noto sin dall’antichità

Intervista al Prof. Rocco Laviano, docente di mineralogia applicata all’Università degli Studi di Bari,

per conoscere meglio questo minerale così prezioso per il suo molteplice uso e molto pericoloso per la salute

dell’uomo

di Anto ne l lo F io re pubblicato il 4 ma rzo 2013

Utilizzato fin dall’antichità,

l’amianto è stato sempre

considerato un elemento

misterioso e prezioso. Con

l’amianto i Persiani e

i Romaniavvolgevano i cadaveri

da cremare e realizzavano stoppini

per le lampade. Una credenza

popolare attribuiva alle fibre di

amianto un’origine animale: “lana

della salamandra”; grazie al potere

del suo mantello fatto di amianto,

l’animale poteva sfidare senza

danno il fuoco.

Abbiamo intervistato il Prof. Rocco Laviano, docente di mineralogia applicata presso il Dipartimento

di Scienze della Terra e Geoambientali dell’Università degli Studi di Bari, per conoscere meglio questo

minerale così prezioso per il suo molteplice uso e molto pericoloso per la salute dell’uomo.

Professor Laviano, quali sono

i minerali fibrosi noti

commercialmente con il nome

di amianto? Quali i più

diffusi?

Amianto (dal greco áµίαυτος=

incorruttibile) o asbesto (dal

greco άσβεστος= inestinguibile) è

il nome commerciale attribuito

ad alcuni minerali silicati idrati

quando cristallizzano in maniera

fibrosa. In questa definizione

sono contenuti almeno trenta

Amosite

Page 14: Dossier_Amianto

minerali, di cui soltanto sei hanno avuto importanza tecnologica e commerciale. Questi ultimi

appartengono a due diversi gruppi mineralogici: il “gruppo del serpentino” per il solo Crisotilo; il

“gruppo degli anfiboli” per Amosite, Antofillite, Crocidolite, Tremolite, Actinolite. Il Crisotilo, la Crocidolite e

l’Amosite hanno avuto una notevole importanza industriale, mentre i rimanenti sono stati usati

saltuariamente.

I minerali fibrosi si trovano in natura sotto forma di vene o fasci di fibre nella roccia madre. All’abito

cristallino di tipo fibroso si accompagnano altre peculiari caratteristiche quali la possibilità, unica fra le

fibre minerali, di essere tessute e le capacità d’isolamento nei confronti di elettricità, vibrazioni, suoni e

calore. Questi minerali hanno anche la proprietà di dividersi longitudinalmente in lunghe e sottilissime

fibre, impropriamente dette fibrille, ed è questa la causa della loro pericolosità nei confronti dell’uomo.

Quali sono le rocce che contengono i minerali amiantiferi? Ci sono giacimenti sfruttati anche

in Italia?

I più importanti giacimenti si trovano in Canada, nella regione del Quebec, nell’ex URSS, nel distretto

di Bazhenov, negli Urali e nella regione di Tuwa, in Siberia, in Rodesia, in Cina, negli USA, in

Iugoslavia, in Italia, in Grecia e a Cipro. Simili a questi, ma più modesti, si trovano anche in Europa e

Australia. Ricordiamo anche i giacimenti in rocce precambriane (il precambriano o archeozoico è l’era

più antica della storia della Terra) della Rodesia e del Sud Africa. In Italia ci sono giacimenti di amianto

a fibra lunga in Val Malenco (Sondrio) e a fibra corta presso Balangero nelle valli di Lanzo (Torino).

Quali proprietà chimico-fisiche di questi minerali ne hanno diffuso l’utilizzo?

L’enorme diffusione dell’uso dell’amianto era ed è dovuta alle sue eccellenti e svariate proprietà

tecnologiche, quali ad esempio:

- resistenza meccanica (flessibilità, trazione);

- resistenza all’usura e buone caratteristiche di frizione;

- resistenza agli agenti corrosivi;

- resistenza alle alte temperature (incombustibilità);

- resistenza all’azione di agenti batterici;

- isolamento elettrico;

- proprietà fonoassorbenti;

- proprietà termoisolanti;

- alto potere adsorbente;

- facilità di lavorazione e applicazione.

È una convinzione errata quella che i minerali di amianto siano indistruttibili. Infatti, sebbene abbiano

un’elevata resistenza rispetto ad altri minerali, sono anch’essi sensibili sia all’attacco chimico che

Page 15: Dossier_Amianto

termico. Nonostante le loro relativamente alte temperature di fusione, i minerali di asbesto vengono

completamente decomposti a temperature intorno ai 1.000°C o minori secondo la varietà.

Quali sono stati i principali

utilizzi?

L’amianto è stato utilizzato in

centinaia di materiali e prodotti, che

spesso sono riportati in letteratura

comeAsbestos Containing

Materials (ACM): il Federal

Register americano elenca oltre

3mila oggetti finiti che contengono

amianto. I principali settori

industriali in cui si utilizzava

amianto sono quelli legati alla

produzione di:

cemento-amianto;

prodotti tessili (filati, tessuti, nastri e feltri)

materiali d’attrito (freni e frizioni)

carta e cartoni.

L’utilizzo forse più diffuso era quello di prodotti di cemento-amianto. Infatti, negli Stati Uniti

d’America l’USEPA ha censito la presenza di materiali contenenti minerali di amianto in 31mila scuole

e in 733mila edifici amministrativi e commerciali.

Oggi sono presenti in commercio materiali di amianto o contenenti amianto?

Dobbiamo tenere alta l’attenzione e la vigilanza sui materiali importati sopratutto dai Paesi di

grandissima importanza economico-commerciale; è importante che tutti i materiali importati da Paesi in

cui l’amianto non è vietato siano muniti di una dichiarazione che certifica l’assenza di amianto.

Quali sono le tecniche di analisi e le difficoltà di campionamento per una corretta diagnostica?

Nel Decreto Ministeriale 6 settembre 1994 (allegato):“Normative e metodologie tecniche per la valutazione del rischio,

il controllo, la manutenzione e la bonifica di materiali contenenti amianto presenti nelle strutture edilizie”sono

contenute le indicazioni sulle tecniche analitiche e di campionamento. Il documento fa riferimento a

due tipi di indicazioni:

Asbestos Containing Materials (ACM)

Page 16: Dossier_Amianto

a) “norme prescrittive”

b) “norme indicative”, da intendersi

come linee guida non prescrittive.

Le tecniche analitiche di riferimento

vanno intese come indicative.

Le tecniche microscopiche – ottiche o

elettroniche – permettono di fare

distinzione tra le varietà asbestiformi e

quelle non asbestiformi di uno stesso

minerale ma forniscono dati solo in

termini di numero di fibre presenti in

un campione. La conversione da

numero di fibre a valore ponderale –

che costituisce l’espressione più

adeguata dei risultati per un’analisi di campioni di massa – è soggetta a numerosi errori soprattutto se si

impiega la microscopia ottica. Questi errori possono essere contenuti se si utilizza la microscopia elettronica

a scansione (SEM) integrata da microanalisi a Raggi X del campione. Viste le difficoltà di campionamento

e analisi dei materiali contenti amianto e vista la pericolosità del minerale per la salute umana, per tutte

le fasi dal campionamento all’analisi è necessario avvalersi di personale tecnico molto qualificato.

Da questa breve intervista si comprende perché l’amianto, grazie alle sue eccezionali proprietà chimiche

e fisiche, sia stato così largamente utilizzato e sia stato considerato un minerale prezioso e utile per

l’evoluzione tecnologica dell’umanità. Come spesso succede, però, anche le sostanze naturali e preziose

posso nascondere un aspetto pericoloso. La pericolosità può essere limitata ed eliminata solo con

laconoscenza e la consapevolezza, due stadi evolutivi del pensiero che possono portare a compiere

scelte alternative meno redditizie per alcuni ma sicuramente meno pericolose per la salute di tutti.

Crisotilo

Page 17: Dossier_Amianto

L’amianto; quanto ha a che fare

con la vita?

Ne parliamo con il professor Giorgio Nebbia, docente di Merceologia e noto ambientalista

di F rancesca D i To mmaso pubblicato il 4 ma rzo 2013

Giorgio Nebbia è stato professore ordinario, ora

emerito, di Merceologia presso la Facoltà di

Economia e Commercio dell’Università di Bari.

Dottore honoris causa in Scienze Economiche e

Sociali (università del Molise) e in Economia e

Commercio dagli atenei di Bari e Foggia. Nonché

ambientalista e parlamentare alla Camera e al

Senato.

Professore, lei si occupa di risorse naturali,

energia, merci. Quelle che chiama le “cose

che hanno a che fare con la vita” (vedi il

mondo delle cose). Le chiedo: l’amianto,

quanto ha a che fare con la vita?

«Con la vita biologica poco. Col

nomeamianto (o asbesto) ci si riferisce ad un

gruppo di minerali, presenti in varie parti del

mondo, costituiti da silicati, che si presentano,

unici fra tutti i minerali, in forma di fibre

del diametro di 0,1-1 millesimo di

millimetro e della lunghezza di alcune decine

di millesimi di millimetro. Sottilissimi aghi

durissimi che non si decompongono con i comuni agenti chimici e col fuoco. Per questa sua proprietà

l’amianto ha sempre destato sorpresa e curiosità ed è stato utilizzato in molte applicazioni nella vita

quotidiana e commerciale. Lo conoscevano i Romani e ne parla, nei primi anni del Trecento, Marco

Polo, meravigliato per le tovaglie, viste in Cina, che si lavavano col fuoco anziché con l’acqua. Già

nell’Ottocento si è diffusa anche in Europa l’idea di utilizzare le fibre di amianto per farne filati e tessuti

che si prestavano bene per oggetti e anche indumenti resistenti al fuoco. Per decenni le persone addette

allo spegnimento degli incendi potevano avvicinarsi alle fiamme coperti da tute di amianto. Con

amianto si facevano anche cartoni, quelli che vedevamo in casa e su cui si appoggiava il ferro da stiro e

pannelli adatti come isolanti acustici oltre che termici. Poi si è scoperto che l’amianto poteva essere

usato nei freni e nelle frizioni delle macchine e come isolante elettrico, termico, acustico.

Giorgio Nebbia

Page 18: Dossier_Amianto

Nei primi anni del Novecento è stato

scoperto che l’amianto poteva essere

miscelato con cemento; si potevano

così produrre, con amianto-cemento,

pannelli adatti per coperture di edifici,

recipienti anche di grandi dimensioni,

tubazioni. Tutti resistenti al fuoco e agli

agenti chimici e duraturi; quasi eterni.

Donde il nome di una marca di tali

materiali, Eternit. Queste scoperte

hanno spinto a cercare giacimenti di

amianto in tutto il mondo e ad aprire

cave per la sua estrazione in Italia,

Russia, Canada, Australia, Brasile eccetera. Primo Levi, il chimico torinese ebreo che, dopo le infami

leggi razziali fasciste, non trovava altre occupazioni, lavorò per qualche mese, in clandestinità, nella cava

di amianto di Balangero, vicino Torino. Levi racconta questa esperienza nel libro: Il sistema periodico:

“C’era amianto dappertutto, come una neve cenerina”. A dire la verità che qualcosa non andasse bene

lo avevano scoperto alcuni medici già nei primi anni del Novecento. Ma i pericoli per la salute di quei

minutissimi aghetti indistruttibili che si depositavano nelle vie respiratorie dei lavoratori sono stati

tenuti nascosti davanti al trionfo merceologico dei manufatti di amianto. Anzi; le fabbriche di manufatti

di amianto-cemento si sono moltiplicate col nome di Eternit o Fibronit o Materit, a Casale

Monferrato, Bagnoli, Bari, Rubiera, Massa-Carrara, perfino in Valbasento.

Nel frattempo si è osservato che sempre più spesso comparivano tumori e si verificavano casi mortali

non solo negli addetti alla produzione di manufatti di amianto, ma anche nella popolazione che abitava

vicino alle fabbriche o nelle persone che venivano a contatto con fibre di amianto nelle industrie della

gomma, in siderurgia, negli edifici, all’interno delle navi e dei vagoni ferroviari, nelle scuole. Dovunque

l’amianto fosse stato impiegato come isolante termico, acustico, elettrico. Polveri contenenti amianto si

sono diffuse nell’aria di New York dopo il crollo delle due Torri Gemelle. L’amianto si libera

all’interno degli edifici anche in seguito allo sgretolamento dei pannelli di amianto-cemento, quelli che

erano stati promessi “eterni”. Davvero, di amianto si muore. Finalmente si è formato un movimento

internazionale che ha portato, in alcuni Paesi, al divieto dell’estrazione del minerale e dell’uso di

manufatti di amianto e alla regolazione delle discariche di amianto e dei suoi manufatti. Nonostante

questo, ancora nel mondo ogni anno si producono circa 2milioni di tonnellate di amianto, la metà

delle quali in Russia, seguita da Cina, Brasile, Kazakistan, Canada. I danni mortali e alla salute sono ben

emersi, fra l’altro, nel processo che a Torino ha portato alla condanna dei proprietari della Eternit di

Casale Monferrato; proprio il 14 febbraio scorso è iniziato il processo di appello».

Ci spieghi: come si bonificano gli edifici?

Resti di un tubo di cemento-amianto

Page 19: Dossier_Amianto

«Purtroppo, da quando è stata

emanata la legge del 1992,

l’amianto è ancora intorno a noi.

Nel caso dei pannelli all’interno

degli edifici l’unica cosa da fare

consiste nel rimuovere i materiali

e le coperture contenenti amianto

e amianto-cemento con grande

precauzione perché, nel

maneggiare tali materiali,

soprattutto se sono in opera da

anni, si ha dispersione nell’aria

delle fibre di amianto. Esistono

delle ditte specializzate che fanno

tale rimozione con addetti

opportunamente protetti. Anche qui occorre grande cautela perché, per far spendere meno soldi ai

clienti, alcuni promettono deirivestimenti con vernici o altri materiali che non fanno altro che

spostare il pericolo delle dispersioni dell’amianto in avanti nel tempo, senza eliminarlo».

E come si mettono in sicurezza i materiali contenenti amianto?

«Tutti i caratteri così apprezzati dell’amianto – il presentarsi in sottilissime fibre, la sua resistenza al

fuoco e agli agenti chimici – rendono molto difficile l’operazione di smaltimento e sepoltura dei residui

di amianto, perverso dono della natura. Probabilmente l’unico, anche se scomodo, sistema di

smaltimento è la sepoltura dei manufatti e dei materiali contenenti amianto in qualche deposito ben

sigillato, eventualmente miscelato o ricoperto con cemento. Occorre però grande precauzione sia nelle

imprese sia nei lavoratori per evitare che un apparente smaltimento si traduca di fatto in altra diffusione

delle fibre. Dal momento che lo

smaltimento dell’amianto richiede

particolari norme e precauzioni e

quindi comporta dei costi, sono in

molti a disfarsi clandestinamente

dei loro manufatti abbandonandoli

nell’ambiente, all’aria aperta,

talvolta al più in sacchi di plastica.

Ciò aggrava il problema perché

comporta non solo la sepoltura dei

manufatti smaltiti male, ma anche

la raccolta dei manufatti sparsi nel

territorio – quante volte si vedono

I muri della fabbrica ex Fibronit di Bari coperti da una speciale vernice blu

Page 20: Dossier_Amianto

lastre di amianto-cemento abbandonate nei campi o al margine delle strade? – ma anche la bonifica

delle discariche abusive. In Italia ci sono ancora, disperse nel territorio,molte decine di milioni di

tonnellate di amianto».

Sgombriamo il campo da equivoci: si possono smaltire correttamente i rifiuti?

«Talvolta si legge la proposta di “riciclare”, strizzando l’occhio alle mode ambientaliste e con l’illusione

di spendere meno, i manufatti contenenti amianto per farne materiali di riempimento di strade o cave,

ma questa mi sembra proprio una idea sbagliata. Per attuarla occorrerebbe “macinare” e frantumare

le tettoie o i recipienti di amianto-cemento con liberazione di fibre nell’aria, lasciando in circolazione

l’amianto in forma suscettibile di liberarsi di nuovo in futuro».

Come ci si deve comportare quando si ha a che fare con strutture contaminate in casa, a

scuola, nei luoghi di lavoro?

«L’unica soluzione è affidarsi a imprese specializzate che siano affidabili. Le operazioni di rimozione e

bonifica dei siti contenenti amianto mettono in circolazione molti soldi; lo smaltimento è costoso e

costoso è il rispetto delle norme di sicurezza. Purtroppo possono esistere degli avventurieri che,

spacciandosi come specializzati nelle operazioni con amianto, in realtà si limitano a ritirare, alla meglio, i

materiali contenenti amianto smaltendoli in maniera non corretta, anzi pericolosa per gli addetti e per

l’ambiente. Le autorità sanitarie e le Agenzie per l’ambiente (ce ne è una in ogni Regione, con uffici

decentrati – vedi ARPA Puglia) sono in grado di dare consigli corretti e di suggerire le imprese

affidabili. Utili informazioni anche sul sito del Ministero della Salute, alla voce “amianto”».

Page 21: Dossier_Amianto

Amianto e mesotelioma, le scomode

verità di Luciano Mutti

A Bari, il professor Luciano Mutti l’ultima volta c’è stato per un confronto nell’ambito della mostra

Eternit(à). Un gioco di parole apprezzato anche da lui, che con le parole, non solo ha dimestichezza ma le

usa per ribadire convinzioni e concetti forse scomodi per qualcuno

di Fu lv io D i G iuseppe pubblicato il 4 ma rzo 2013

Nell’intervista che ha rilasciato ad Ambient&Ambienti, a margine del suo intervento a fine 2012 all’ex

Palazzo delle poste di Bari, Luciano Mutti, direttore Gime (Gruppo Italiano Mesotelioma) non

disdegna qualche frecciata, spiegando a che punto è la ricerca e svelando alcune certezze «che noi

conosciamo in anticipo e altri leggono sulle riviste di locali e non su quelle scientifiche». Si toglie qualche sassolino

dalla scarpa: «Non siamo più visti come dei venditori di fumo». Ribadisce «importanti sviluppi nello studio della

genetica del mesotelioma» e invita a «superare le divisioni tra ricercatori di base e clinici». Il presidente del GiMe ha

le idee chiare su presente e prospettive della ricerca

Professore, a proposito di ricerca, lei più volte ha

ribadito un concetto cardine: il segreto per andare

avanti è almeno partire e superare le divisioni tra

ricercatori di base e clinici.

«È così, il metodo utilizzato in tutto il mondo, seppur con

qualche difficoltà, è quello di integrare la ricerca preclinica

con la ricerca clinica. Ci sono linee guida internazionali

molto chiare in cui si dice che non si possono fare

sperimentazioni cliniche se non esiste un razionale forte che

ne possa in qualche modo far prevedere una certa

probabilità di successo».

In sostanza, esperimenti solo se si è sicuri di risultati:

un cane che si morde la coda…

«Infatti, è una cosa che ovviamente nel momento in cui si testano farmaci senza questo tipo di studi

prima, diventa estremamente complicato ottenere risultati. La percentuale di efficacia di un trial che ha

un razionale preclinico forte non supera comunque il 20% quando poi testato nell’uomo; invece la

possibilità che un farmaco senza studio preclinico forte sia efficace nell’uomo non supera il 5%. Quindi,

integrare questa ricerca di base che dà il razionale, cioè i meccanismi attraverso cui quel farmaco ha

dimostrato già di funzionare in modelli sperimentali, consente di fare trials che siano più

ragionevolmente efficaci di altri».

Quindi lei invita anche a usare farmaci specifici in base alle anomalie?

«C’è tutto un campo di questa cosiddetta personalize therapy, che è quella che studia i cancri in base alle

anomalie genetiche che li correlano alla sensibilità ai farmaci. Cioè ci sono dei geni, la cui mutazione

Luciano Mutti

Page 22: Dossier_Amianto

ovvero l’espressione, permette di dire che quelle cellule di cancro che hanno quei geni alterati sono

sensibili a un certo farmaco. Questo è il futuro: ora siamo in un periodo di mezzo, queste tecniche non

sono standardizzate e non sono ancora completamente accettate in clinica per questione di costi, ma ci

sono step intermedi come quello di valutare biomarkers specifici che consentono di predire, in base

allo studio preclinico, che la cellula tumorale che ha quel biomarcatore sarà sensibile a un farmaco».

A che punto siamo invece con gli studi della

genetica del mesotelioma?

«Ci sono due cose importanti. Innanzitutto a

Cambridge, al Sanger Institute, si sta facendo il

profilo genomico di tutti i mesoteliomi per cui, come

si è avuto già per altri cancri, ilmesotelioma è stato

inserito in questo atlante e permette di valutare quali

siano le anomalie specifiche di un cancro. Quando

avremo un profilo genetico omogeneo potremo

capire più o meno quali sono le mutazioni più

frequenti e ovviamente poi vanno valutate se queste

mutazioni sono importanti o meno in termini di

processo di cancerogenesi. Quindi, siamo su quella

strada da lì deriva la possibilità di utilizzare farmaci in base alla differenza di espressione di geni»

In base a questo, cosa prevedete come risposta immunitaria?

«I geni regolano anche la risposta immunitaria per cui ci sono una serie di modificazioni della capacità

di indurre risposta immune contro la cellula tumorale anche in base ai geni che esprime, quindi alle

proteine che interagiscono con il sistema immunitario».

Intanto, a fine 2012 con la conferenza

governativa di Venezia siete tornati un

interlocutore “credibile”.

«Se devo parlare specificatamente delle conclusioni di

Venezia, devo innanzitutto evidenziare che siamo

contenti: Dopo aver detto che eravamo dei venditori

di fumo, si sono accorti della fibulina 3.

Probabilmente l’hanno letto su qualche rivista, ma noi

lo sapevamo da un anno. Solo che adesso mi faccio

una domanda: dato che è sperimentale, io vorrei

capire dove possono trovare un kit per dosare la fibulina 3, che non c’è, non è un comunque un

metodo standardizzato nel range del valori, quindi ci vogliono tutti i valori normali per definire poi il

valore patologico: vorrei capire proprio come faranno. La seconda conclusione cui sono giunti è la

Una radiografia di polmoni affetti da patologia asbesto-correlata

Eternit(a). Un momento del convegno a Bari

Page 23: Dossier_Amianto

presa in carico dei pazienti, ma vorrei capire cosa intendono, dato che non hanno proposto alcuni tipo

di ricerca terapeutica. La terza conclusione è quella della banca biologica: eppure ce ne sono già due,

una a Pittsburgh (Stati Uniti) e una in Inghilterra. Lo stesso vale per i centri clinici: ci sono una serie di

centri europei e statunitensi che stanno lavorando alacremente facendo trials pubblicati che dimostrano

miglioramento della sopravvivenza. E infine, a proposito della ricerca sul mesotelioma: hanno detto che

la ricerca sul mesotelioma non esiste, eppure all’ultimo incontro che abbiamo fatto a Boston devo dire

di non aver mai visto tanti delegati, quasi 600, una massa di lavori pubblicati quintuplicata negli ultimi

due anni e un numero di chemical trials almeno raddoppiati».

Page 24: Dossier_Amianto

FIBRONIT: morire di amianto

Breve storia dello stabilimento barese che fece ammalare la metà dei dipendenti

di A le ssandra Mast ro dona to pubblicato il 4 ma rzo 2013

«Alla CEMENTIFERA

ITALIANA FIBRONITS.p.A.

(ex SAPIC), fabbrica sita in Bari alla

Via Caldarola n. 13, i dipendenti

continuano ad ammalarsi e a morire».

Si apriva così il ricorso presentato

nell’aprile del 1974 alla Pretura di

Bari – Sez. Lavoro da 128

dipendenti dello stabilimento

barese, sostenuti nella loro azione

legale da Cgil, Cisl e Uil e dai tre

patronati confederali Inca, Inas e

Ital. E, appellandosi all’art. 9

dello Statuto dei Lavoratorisulla

tutela della salute e dell’integrità

fisica nell’ambiente di lavoro, così

proseguiva: «Questa, che potrebbe

sembrare una dichiarazione allarmistica

e demagogica, è invece probabilmente

inadeguata solo per difetto alla

gravissima situazione che regna in

fabbrica sotto il profilo dell’igiene e della

sicurezza nell’ambito del lavoro».

La vertenza, primo step di un

lungo iter processuale destinato a

concludersi soltanto nel 1985 con

la chiusura dello stabilimento, giungeva al termine di un biennio tormentato di lotte sindacali, culminate

nel gennaio-febbraio del 1972 con agitazioni, scioperi e assemblee, segnate dalla partecipazione

unanime dei lavoratori. Sconcertante il bollettino presentato in quell’occasione dai sottoscrittori del

ricorso: nel 1971, un solo caso accertato di malattia professionale ricollegabile all’inalazione di polveri

di amianto; nel 1972, 54 casi di asbestosi e 9 di silico-asbestosi; nel 1973 (relativamente al solo primo

trimestre), 25 casi di asbestosi e 2 di silico-asbestosi, con una progressione a dir poco allarmante che

non avrebbe tardato di lì a poco a far registrare i primi decessi.

Alcuni momenti dell'ispezione in fabbrica eseguita dal Pretore di Bari, Dott. Vincenzo Binetti

Page 25: Dossier_Amianto

Le lotte sindacali dei primi

anni ’70 - Nonostante un

resoconto così puntuale e

documentato e l’amplissima

mobilitazione operaia di quei

mesi capace di smuovere le

autorità e di coinvolgere l’intera

società civile, bisognò aspettare

ancora diversi anni perché il

collegamento eziologico con le

risultanze cliniche emerse a

carico di numerosi lavoratori

dello stabilimento barese venisse

provato in modo

incontrovertibile e trovasse piena

certificazione anche per via

giudiziale. A nulla erano valsi gli

allarmi lanciati a gran voce dalle

organizzazioni sindacali e del

tutto insoddisfacenti, se non

addirittura viziate da latenti

connivenze con i dirigenti

dell’azienda, si erano rivelate le

perizie eseguite dall’ENPI e

dall’Ispettorato del Lavoro,

tendenti ad imputare i casi di

malattia professionale allora

accertati più alla fatalità o alla negligenza dei lavoratori colpiti (per via dell’omesso impiego di maschere

protettive) che alla criticità della situazione ambientale. Sebbene la pericolosità delle polveri di amianto

fosse già stata resa nota dalla letteratura scientifica nel 1935, quando presero il via le attività della

FIBRONIT – ex SAPIC di Bari, le indagini condotte dagli enti competenti avevano, infatti, dimostrato

per quell’epoca, e soprattutto in seguito ad una parziale bonifica degli impianti avviata a partire dal

1966-67, livelli tollerabili di polverosità ambientale (misurata in termini di concentrazione di fibre di

amianto per cm³).

AMIANTO - libro bianco Fibronit Bari

Page 26: Dossier_Amianto

Anche a seguito delle lotte

durissime intraprese dai dipendenti

dell’azienda nei primi anni ’70 e

della disposizione, nel gennaio del

1973, di nuove perizie a carico

dell’Istituto di Medicina del Lavoro

e del Centro Provinciale

Antitubercolare, nonostante

l’introduzione di qualche

accorgimento teso a ridurre i rischi

per i lavoratori, le condizioni di

lavoro all’interno della fabbrica

non erano mutate in modo

sostanziale, soprattutto per quel

che riguardava la pericolosità della

lavorazione dell’amianto e del

cemento. Sarebbe stata necessaria

la morte di 16 dipendenti (primi di

una lunga serie), a fronte

dell’accertamento da parte

dell’INAIL di ben 151 casi di

asbestosi, perché le responsabilità

dell’azienda, rea di non aver

adempiuto al proprio dovere di

«adottare tutti gli idonei

accorgimenti e le misure necessarie

per tutelare l’integrità fisica e e la

personalità morale dei lavoratori», venissero provate anche per via giudiziale e le autorità competenti

disponessero la chiusura dello stabilimento barese e la relativa condanna della FIBRONIT S.p.A. al

risarcimento dei gravissimi danni causati ai dipendenti.

Anche dopo la chiusura, la FIBRONIT continua a mietere vittime

Nel 1985 lo stabilimento barese della FIBRONIT chiudeva, dunque, i battenti. Ma si apriva, al

contempo, una questione forse ancora più spinosa, destinata di lì a breve a coinvolgere

drammaticamente l’intera città. I capannoni vuoti della fabbrica, non opportunamente bonificati e

soggetti a progressivo degradamento con conseguente dispersione di polveri sottili nell’area circostante,

non avrebbero tardato a trasformarsi in una vera e propria “bomba ecologica”, che negli ultimi anni ha

provocato gravi patologie, e in alcuni casi anche la morte, di numerosi residenti del quartiere, suscitando

un vasto movimento di opinione che ha coinvolto i cittadini e l’intera società civile. Ma questa è un’altra

storia…

AMIANTO - libro bianco Fibronit bar

Page 27: Dossier_Amianto

I grandi edifici blu della

Fibronit: un Museo Civico a cielo

aperto nel centro di Bari

Negli ultimi vent’anni, benchè conoscessero la pericolosità del sito, le Giunte Comunali sia di centrodestra, sia di

centrosinistra non si sono adoperate nei tempi e in modi idonei al caso

di Do menico Tanga ro pubblicato il 4 ma rzo 2013

Volando a bassa quota sulla città

di Bari in prossimità del Campus

del Politecnico, verso la costa del

mare Adriatico, salta subito agli

occhi una grande area con

edifici“dipinti di blu” . È la

grande area nel centro urbano

della città che ospitava, sino ad

alcuni anni fa, la Fibronit,

un’azienda italiana nota per la

produzione di semilavorati

incemento-amianto per l’edilizia,

area che da settembre scorso, è

stata destinata a parco

urbano: Parco della Rinascita. Ma ciò che incuriosisce della vicenda Fibronit a Bari è la “lentezza”

operativa della Pubblica Amministrazione della città, governata negli ultimi vent’anni da Giunte

Comunali composte da uomini politici delle coalizioni di centrodestra e di centrosinistra. Uomini che, a

mia memoria, nonostante fossero a conoscenza della pericolosità del sito sia per le lavorazioni avvenute

che per le stesse “coperture” dell’azienda, non si sono adoperati nei tempi e in modi idonei al caso.

Queste sensazioni di “pericolo

urbano” e la contestuale

“lentezza dello Stato” per gli

interventi d’urgenza necessari a

tutelare la salute dei cittadini,

sono sensazioni che mi hanno

accompagnato in questi anni.

Lo Stato, nella sua “elegante

lentezza” che lo

contraddistingue in tutti i suoi

apparati operativi e decisionali,

supportato da una burocrazia

I muri blu dell'ex Fibronit nella foto aerea di Gianni Avvantaggiato - si ringrazia il ROAN della Guardia di Finanza di Bari

Con lo sviluppo edilizio, la fabbrica si è trovata al centro degli abitati dei quartieri San Pasquale e Japigia - foto di Domenico Tangaro

Page 28: Dossier_Amianto

zelante, ha impiegato anni per attuare un piano di bonifica e dopo averlo attuato, risolvendo

l’emergenza sanitaria, si è tuffato in un’altra lunga, lenta, storia di recupero urbano supportato da una

miscela di pensieri composti per l’occasione a promozione di “alti valori politico-sociali” che attraverso

il Piano di Recupero, un “giocattolo” che puntualmente appassiona tutti, trovando ampio spazio nei

“programmi politici” di tutti i sindaci, governatori e onorevoli i quali si impegnano, a parole e in prima

persona nei famosissimi primi “cento giorni” di governo cittadino, a risolvere il caso.

Come sempre, dopo le parole non si avverano i fatti. La Fibronit è sempre lì, seppur bonificata e

“dipinta di blu”, un segno urbano forte, che indica visivamente che qualcosa è accaduto e ha “tacitato la

coscienza” dei politici impegnati ad effettuare la prima e l’unica, sin’ora, fase di bonifica.

L’edificio e l’area circostante,

abbandonati a se stessi e alle

intemperie, rappresentano e

sintetizzano in sè tutta l’incapacità

di governo degli uomini politici

degli ultimi venti anni. È una sintesi

fisica e visiva che mi porta al

ricordo di simili “forti segni

urbani” nella storia delle città come

il Muro di Berlino o gli edifici

spogli di Auschwitz, oggi

trasformati a musei. Luoghi che

ricordano un drammatico

momento storico e l’importanza

dell’unicità della vita umana. Luoghi di storia e memoria che, una volta resi pubblici, sono stati sottratti

all’oblio della memoria raccontando, attraverso “l’architettura residua” alle nuove generazioni, i gesti, le

omissioni, gli occultamenti volontari e le errate scelte politiche, etiche, morali ed economiche.

La Fibronit, a mio avviso, dovrà diventare, all’interno del parco urbano un Museo

Civico permanente, perché è un luogo della memoria collettiva e come tale deve conservarsi,

cristallizzato come “un’opera d’arte contemporanea” dipinta di “blu”, creata dalla somma dalle scelte

sbagliate degli uomini del novecento; riordinata, messa in sicurezza permanente, senza demolire nulla e

senza cancellarne i segni che sino ad oggi si sono sovrapposti, in modo che possa essere visitato ogni

giorno dalle scolaresche, dalle nuove generazioni e dagli uomini che vorranno in un prossimo futuro

governare la città di Bari.

Un Museo Civico a cielo aperto, in cui deve essere chiaro e forte “l’urlo” visivo di denuncia, da

comunicare a tutti i cittadini, un urlo che indica ciò che non si deve mai fare in un prossimo futuro in

una società civile, diventando così un’architettura forte, educativa nella vita quotidiana di una città

contemporanea.

La fabbrica, abbandonata a se stessa e alle intemperie, rischia di diventare una bomba ecologica al centro dell'abitato

Page 29: Dossier_Amianto

Amianto, perché è (ancora) così

difficile censire e “mappare” una

provincia

Troppi “abbandoni incontrollati” originano discariche a cielo aperto. Nel 2005 l’amministrazione

provinciale di Foggia lanciò un monitoraggio del territorio per comuni, ma i risultati di questo screening non

sono stati ancora diffusi

di Ma r ia Graz ia Fr isa ld i pubblicato il 4 ma rzo 2013

Che sia estremamente pericoloso

per la salute è un dato ormai

risaputo e riconosciuto; che sia

ancora presente in larga quantità

in numerose aree della provincia

di Foggia e in piccole quantità in

vecchi oggetti o piccoli

elettrodomestici di uso comune,

un po’ meno. Stiamo parlando

dell’amianto – “killer silenzioso”

come è stato universalmente

ribattezzato – messo al bando,

nero su bianco, nel 1992 (anche

se, di fatto, la produzione di componentistica varia basata su queste fibre estremamente resistenti è

terminata già 30 anni fa). Nonostante ciò, individuare e monitorare la presenza di scarti di amianto

non è assolutamente facile. E questo anche a causa del largo utilizzo che ne è stato fatto nei decenni

passati: dall’edilizia al settore dei trasporti (come materiale termo e fono-isolante, ad esempio, di vagoni

e carrozze), dall’industria

all’impiantistica, solo per citare

alcuni settori d’impiego.

Abbandoni incontrollati -

Ancora oggi, infatti, sono

tantissimi gli “abbandoni

incontrollati” di scarti di

amianto e cemento-amianto

che originano vere e proprie

discariche a cielo aperto. A

queste

presenze random,vanno ad

aggiungersi lecoperture –

Amianto - Tettoia

Amianto - Via Menichella, Foggia

Page 30: Dossier_Amianto

purtroppo ancora presenti - di capannoni industriali (5.000 solo in Puglia, per un volume

complessivo stimato superiore al milione e mezzo di metri cubi). In provincia di Foggia, i

numerosi blitz messi a segno dalle efficienti Guardie Ambientali o le operazioni dei carabinieri

nelNucleo Operativo Ecologico mettono in evidenza come sia ancora molto diffusa, per molti cittadini,

la tendenza ad abbandonare e disfarsi impunemente dell’amianto – in forma di tettoie, pluviali o

vecchie coperture; fusti di autoclavi, rivestimenti di vani caldaia – nelle cunette a bordo strada, poco

fuori la città, senza adottare le necessarie precauzioni. Particolare scalpore riscosse, solo pochi mesi, il

ritrovamento da parte delle Guardie Ambientali di Foggia di lastre di cemento-amianto tra gli scarti

di materiale edile abbandonati nei giardini di Via Menichella, nel capoluogo dauno, in un’area verde

cittadina distante pochi metri da

alcune abitazioni e una scuola

elementare.

Mappatura del territorio - Certo,

per operare attivamente

bisognerebbe censire e monitorare

costantemente il territoriosia nelle

cosiddette “zone rosse” (come il

Manfredoniano, ad esempio, dove

c’è l’ex Enichem con il suo vecchio

e pesante fardello e i suoi tanti

interrogativi insoluti), sia in

quelle zone a rischio, perché

spesso trasformate in

discaricherandom per

l’individuazione delle quali è fondamentale la collaborazione della cittadinanza (andrebbe, tra l’altro

evidenziato, che non segnalare la presenza di amianto o, peggio, disfarsene senza le dovute precauzioni

è un reato che prevede pesanti sanzioni). Per quanto riguarda invece le istituzioni, uno degli interventi

più significativi da questo punto di vista era stato lanciato nel 2005 dalla squadra dell’allora

amministrazione provinciale che annunciava con una nota stampa ufficiale l’inizio di un’attività

di censimento, da effettuarsi in tutti i comuni del Foggiano, sui siti a “rischio amianto” per una

successiva bonifica. I risultati di questo screening, però, non sono stati ancora diffusi (o almeno non

pubblicamente). Sull’argomento – dopo aver bussato, metaforicamente parlando, alle porte della

“memoria storica” dell’assessorato competente – chi scrive non ha ricevuto ancora risposta. Scena muta

anche dell’assessore all’Ambiente Pasquale Pazienza, per quanto riguarda progettualità e interventi

necessari.

Enichem Manfredonia

Page 31: Dossier_Amianto

A Milano si respira ancora

amianto nelle scuole?

Nel capoluogo lombardo fa ancora scandalo la vicenda dell’amianto in ben ventidue edifici scolastici, tra

medie, elementari e materne. Ma nulla si conosce ancora circa eventuali provvedimenti

di I sabe l la M i lano pubblicato il 4 ma rzo 2013

Lo scandalo dell’amiantonegli

edifici scolastici milanesi è

scoppiato circa un anno fa, ma

sembra che il Comune

ambrosiano, già dall’ottobre 2011,

fosse a conoscenza della

gravissima situazione in cui

versavano gli edifici (oltre

ventidue), frequentati

quotidianamente da centinaia di

bambini, senza, però, che nulla

trapelasse o senza provvedere

tempestivamente a rimuovere il

“veleno”!

Ciò fino a quando il vaso di pandora non è stato scoperchiato, nel maggio 2012, cioè quando

l’incresciosa notizia dell’amianto nelle scuole non ha fatto il giro della città ed è giunta ai genitori. Da

allora, forte lo sgomento, il timore per la salute dei propri bambini, la rabbia nei confronti delle

istituzioni che languivano, specie perchè di mezzo c’erano la salute o la vita di esseri umani (per di più

minori), tanta la voglia di denunciare la vicenda e di operare in prima persona per riparare i danni. Quei

danni che il Comune stesso avrebbe dovuto proprio evitare.

Innumerevoli sono state le

iniziative adottate, per lo più da

parte delle madri dei bimbi

coinvolti direttamente nel

“pericolo” di contagio da amianto:

ad es. la disponibilità ad accollarsi

le spese per rimuovere le piastrelle

in amianto presenti all’interno e

all’esterno degli edifici, a mettere a

disposizione gratuitamente le

competenze ingegneristiche per

stilare progetti di rimozione e a far

Milano dall'alto, a sinistra il grattacielo "Pirellone"

Una mamma accompagna la figlia a scuola

Page 32: Dossier_Amianto

partire una denuncia corale, che coinvolgesse media e carta stampata.

Anche l’ONA (Osservatorio Nazionale Amianto) ha preso a cuore la vicenda e, tramite il suo

Presidente, l’avvocato Ezio Bonanni e l’iniziativa congiunta dell’avvocato Simonetta Macor, ha

cercato di coinvolgere la magistratura, per indagare sul fenomeno e sulle attuali e reali condizioni degli

edifici messi sotto accusa. È stato, infatti, depositato, proprio lo scorso 9 gennaio, un esposto della

Macor alla procura della

Repubblica di Milano, di denuncia

dell’accaduto, con la speranza di

soluzioni tempestive. Il caso sarà

seguito dal Sostituto Procuratore

della Repubblica Maurizio

Ascione.

La Macor, nel suo documento,

descrive la nocività e la pericolosità

dell’amianto come un problema

che non può essere soltanto

“privato”, viste le ripercussioni

che esso può avere sull’intera comunità. «Nel Comune di Milano ci sarebbero da abbattere 22 istituti scolastici

pieni di amianto»; scrive e ancora «il consigliere del PD Marco Cormio, ha presentato una mozione in consiglio,

firmata anche dall’opposizione, per chiedere al Governo un contributo straordinario, che oltrepassi il vincolo di stabilità,

che paralizza anche la Provincia». Anche se, come ci ha spiegato al telefono Anna Gallo, addetta stampa

dell’assessore all’Educazione Francesco Cappelli (che attualmente si occupa della vicenda), il vecchio

Governo aveva ignorato questa mozione.

L’esposto, inoltre, riporta anche stralci di articoli di vari quotidiani a tiratura nazionale come il Giorno oil

Giornale, pubblicati tra maggio e settembre 2012, in cui si denunciano gli scandali e che vengono presi

come spunto per sottolineare alla procura i singoli punti di indagine. Si fa riferimento, ad esempio, al

momento in cui la sconcertante notizia dell’amianto nelle scuole è giunta, il 16 maggio 2012, alle

orecchie incredule dei genitori, al

fatto, ancor più grave, che le

istituzioni sapevano ma tacevano,

oppure al fatto che gli interni e gli

esterni di molti edifici, rivestiti

con piastrelle in pvc, (nelle quali

l’amianto è mescolato) esistono da

anni e, da anni, i bambini ci stanno

a contatto, respirando l’aria

potenzialmente inquinata di quelle

Un disegno dei bambini di una scuola del capoluogo lombardo, riadattato in versione pericolo amianto

Campagna di verifica della qualità dell'aria presso la scuola primaria Ruffini di Milano, uno tra gli edifici inquinati

Page 33: Dossier_Amianto

stanze. Certo, il fatto che quell’amianto sia compatto e, quindi, pericoloso solo se frantumato, non

rincuora affatto.L’esposto, inoltre, fa riferimento ad un programma del Comune per incapsulare,

riverniciare o proprio rimuovere l’amianto presente, entro il 2015, sulla base di una mappatura che

individua sei aree in cui la concentrazione di amianto varia (ad es. nella 1 è altissima, nella 6 è quasi

assente). Ma due anni sono un tempo biblico se paragonato alla velocità con cui si inalano le singole

fibre. Questi sono soltanto alcuni dei dati inseriti nel documento dell’ONA (clicca per visionare) e

servono per segnalare alla procura la concreta pericolosità del rischio morbigeno dovuto alla reiterata

esposizione alla concentrazione di fibre.

Nonostante, dunque, la situazione descritta non sia delle più rosee, le ultime notizie che ci giungono

sembrano piuttosto incoraggianti. Infatti la Gallo spiega che «l’assessorato ai lavori pubblici, in sinergia con

quello all’educazione, ha approvato due appalti comunali, da 6mln € ciascuno, di cui uno già parte del vigente piano delle

opere pubbliche, per accelerare le opere di bonifica delle scuole ancora inquinate. Perché fino all’intervento dell’assessore

Cappelli e del vice sindaco Ada De Cesaris, la situazione delle scuole di Milano era veramente fatiscente.Certo -

aggiunge Gallo -, per risanare la situazione ci vorrà tempo e la manovra è complessa visto che, come è già accaduto nei

mesi scorsi per la bonifica di altri edifici, i bambini dovranno essere spostati in altra sede e poi, per intervenire, bisogna

prima aspettare gli esiti delle indagini, da svolgersi secondo le procedure ASL. I tempi non possono essere così celeri, ma

l’impegno e i fondi ci sono».

Page 34: Dossier_Amianto

Casale, la Spoon River del Po

Un libro ricostruisce il processo di Torino contro i proprietari dello stabilimento Eternit, fino alla storica

condanna: non si poteva non sapere e non si è fatto nulla per evitare il disastro

di Luc ia S ch inzano pubblicato il 4 ma rzo 2013

Si fa presto a parlare di amianto come la “fibra-killer”

e si fa presto anche a condannare – oggi – quelle

fabbriche che hanno prodotto sì l’eternit – un tempo

salutato come un materiale miracoloso per la sua dote

di estrema resistenza- ma che hanno prodotto anche

morte: anzi, morti, più di3mila nella fabbrica di Casale

Monferrato e fuori di essa. Un po’ più lento risulta,

invece, attribuire in sede giudiziaria le reali

responsabilità a chi ha governato e gestito quelle

fabbriche, perchè da parte di questi ultimi diventa quasi

d’obbligo giocare allo scaricabarile e tendere a

stemperare le colpe, dato che tutti “rispondevano al

superiore” e chi era ai vertici “non sapeva ciò che si

faceva lì”. Eppure questo teorema dell’ io non sapevo è

stato smontato sia pur con grande difficoltà ed ha reso

giustizia a un’intera popolazione di un paese – Casale

Monferrato, in provincia di Alessandria, dove ogni

famiglia è stata segnata da uno o più lutti per

mesotelioma.

Il processo per i fatti svoltisi nello stabilimento Eternit

della cittadina piemontese dal 1952 al 2008, è quello svoltosi a Torino dal 2010, la cui storica sentenza

del 13 febbraio 2012 ha fatto ormai giurisprudenza – la condanna a 16 anni di reclusione per i

proprietari della fabbrica, il barone belga Louis de Cartier e il miliardario svizzero Stephan

Schmidheiny – ed ha aperto la strada ad analoghe azioni giudiziarie. Questo processo viene raccontato

con grande partecipazione ma anche con profonda discrezione e rispetto per vittime e sopravvissuti dal

giornalista Giampiero Rossi in Amianto – processo alle fabbriche della morte (Melampo).

L’autore non è nuovo ad indagini sull’amianto e in questa sua ultima fatica, che vede la bella prefazione

di Susanna Camusso, ricostruisce le fasi dibattimentali fino alla famosa “offerta del diavolo”, la foga e

il rigore morale con cui il pmRaffaele Guariniello, insieme agli altri due pm Sara Panelli eGianfranco

Colace, ha inchiodato alle loro colpe “gli eredi delle due famiglie che – scrive l’autore – dai primi del

Novecento, fino ai divieti imposti dai singoli Stati, hanno dominato l’industria dell’amianto in Europa e

in tutto il mondo”; inoltre dà un ruolo fondante a tutte le strategie di controinformazione attuate

Una manciata di fibre di amianto raccolta da un operaio munito delle opportune protezioni

Page 35: Dossier_Amianto

dalla dirigenza, consapevole dell’effetto letale dell’amianto sin dagli

anni ’50 (ed è di questi giorni la notizia della radiazione, da parte

dell’ordine dei giornalisti del Piemonte, della giornalista Maria

Cristina Bruno, che per anni aveva inviato informazioni su ciò che

accadeva a Casale a una società di pubbliche relazioni che aveva tra

i committenti anche l’Eternit). Dello stabilimento di Casale, Rossi

ricostruisce la storia: perchè nacque lì e non altrove, quali erano i

suoi rapporti con gli altri stabilimenti di Cavagnolo, Rubiera e

Bagnoli, perchè venne dichiarato fallito nel 1986. L’autore segue

passo passo il deliberato e sconsiderato tentativo di minimizzare gli

effetti della fibra-killer e di privare di fondamento qualsiasi

azione di bonifica dei siti inquinati, perchè

antieconomica: perchè investire nel miglioramento delle

condizioni di lavoro dello stabilimento quando si sa che quello

stabilimento verrà abbandonato dato che esistono tecnologie più

pulite di quelle legate all’amianto?

Rossi però va oltre il semplice resoconto del processo: cita dati a livello nazionale e internazionale,

segnala il vasto movimento d’opinione che ha superato i confini nazionali e soprattutto restituisce

spessore e potenza alle tante piccole storie segnate dal mesotelioma: la panettiera, l’operaio, il

professore, la ragazza, il sindacalista; su tutte svetta la storia di Romana Blasotti Pavesi, ormai

ultraottantenne e non più capace di piangere, come lei stessa ha detto più volte, presidente

dell’associazione familiari vittime dell’amianto e non tanto perchè lei di persone care ne ha perse

cinque, ma perchè è stata quella che ha dato a tutti la forza di lottare e il senso di dignità di una battaglia

civile da affrontare. Battaglia che viene sintetizzata dalla proposta di Guariniello di dare vita a

unasuperprocura nazionale incaricata di agire sui reati ambientali.

Giampiero Rossi, Amianto – Processo alle fabbriche della morte, Melampo, 2012, 160 pp., € 15,00

La copertina del libro

Page 36: Dossier_Amianto

Asbestos: Still Legal and Lethal

in the USA

In 2003, after enduring nine months of symptoms and multiple visits to doctors, my husband, …

di redaz io ne pubblicato il 4 ma rzo 2013

In 2003, after enduring nine months of symptoms and multiple visits to

doctors, my husband, Alan Reinstein, was diagnosed with deadly mesothelioma. At

the time, I had never heard of the disease, and, like most Americans, thought that

asbestos had long been banned in the United States. It has not.

I turned intense grief and anger

about Alan’s mesothelioma

diagnosis into action by co-

founding the Asbestos Disease

Awareness Organization (ADAO).

As a result of asbestos exposure,

Alan died three years later with our

then 13-year-old daughter and me

by his side. Almost a decade after

Alan’s diagnosis, ADAO’s core

principles have remained constant

– education, advocacy, and

community.

In the USA, more than 10,000 Americans die each year from preventable

asbestos-caused diseases. 25% of those deaths are from mesothelioma. The facts

are irrefutable: asbestos is a known human carcinogen and there is no safe level of

exposure. In the 1970s, several

significant pieces of legislation

regarding public health

were approved; however, since

then, not many steps have been

taken towards an

asbestos ban in the United States.

In 1989, the United States

Environmental Protection

Agency issued a final rule

banning most asbestos-containing

products. However, in 1991, this

regulation was

Page 37: Dossier_Amianto

overturned by the Fifth Circuit Court of Appeals in New Orleans. Currently, the only

three banned asbestos-containing products are: flooring felt, rollboard, and

corrugated, commercial, or specialty paper. The last action that the federal government has taken to

protect the American people from asbestos was a 2009 statement from the

Surgeon General about the dangers of asbestos. Unbeknownst to many Americans, the U.S. continues

to use asbestos.

The United States Geological Survey (USGS) reported that U.S. consumption of asbestos increased

13% in 2011, and 140 metric tons of chrysotile imported to the U.S. in 2011 was placed in stocks for

future use. Asbestos consumption in the United States was estimated to be almost 2,000 metric tons.

Roofing products were estimated to account for about 60% of U.S. consumption and chloralkali about

35%.

The damage caused by asbestos

use in the U.S. is immeasurable.

On

September 11, 2001, nearly 3,000

innocent lives were lost, but the

death toll

continues. When the towers

collapsed, building debris

blanketed Lower Manhattan,

exposing thousands more to

known hazards in the air, including

over 2,000 tons of

asbestos. Today, area residents and

emergency service workers continue to die of cancer due to 9/11 exposure.

Consumer, environmental, and occupational exposure continues in the

United States. Occupational diseases are not accidents. There is a difference between

a worker who falls from a crane and a worker who is exposed to occupational hazards like asbestos. In

Washington D.C., employees were exposed to and sickened by asbestos

while maintaining the tunnels under the nation’s capitol. Underground, the asbestos

dust was so thick that the supervisor was able to write his name on the top of a pipe.

This is a tragic example of worker rights violations. Although the federal government

issued multiple citations, exposure continued.

In May 2010, the U.S. President’s Cancer Panel released a landmark 200-page

report entitled “Reducing Environmental Cancer Risk: What We Can Do Now”. The panel

reported that: “Construction workers were found to be 11 times more likely to

develop mesothelioma, due to asbestos exposures at the site.” Occupational cancers

are on agency radars now more than ever before.

Page 38: Dossier_Amianto

Environmental disasters, natural and man-made, expose Americans to

asbestos. First responders and

residents were endangered

during Hurricane Sandy

clean-up and when the Joplin,

Missouri tornado ravaged the

city. 2,600 tons of

asbestos debris was removed in

Joplin. The WR Grace

Vermiculite mine in Libby,

Montana has been expensive in

dollars and lives. Nearly 2/3 of

the town has suffered

from sickness or died, and the

government has spent $450

million dollars to clean up

this toxic dump.

ADAO’s top priority is education. 90% of people all over the world live in

locations with access to a mobile network. ADAO uses online graphics to share

facts and visualize data. Preventing exposure is especially difficult because of

asbestos’ extremely small fiber size, public misconception about safe use, and the long latency period

for disease to present. ADAO freely shares the penny slide, which shows 20,000 asbestos fibers

compared to the size of rice and human hair that can fit under President Lincoln’s nose. ADAO also

shares “Identifying Asbestos in the Home” graphics around the world.

With pain, comes action. There are only two ways to stop deadly asbestos-caused diseases – prevention

and a cure. It is painful to watch legislators move so slowly to end one of the largest man-made

disasters. ADAO is committed to preventing consumer, environmental, and occupational exposure. As

the International Social Security Association reported in 2011, the “cost-benefit potential for

investments in prevention may be as strong as 1: 2.2, and even higher in some cases.” Partnering for

Prevention is imperative. ADAO’s online “Share Your Story” feature is expanding. Patients and

families around the world willingly share their unique stories about diagnosis, treatment and, for most,

death. This process is cathartic, strengthens community bonds, and undeniably shapes policy.

Page 39: Dossier_Amianto

ADAO returns to Washington, D.C. for the 9th

Annual International Asbestos Awareness

Conference. At the conference, doctors, scientists,

professors, advocates, and patients and their

families will discuss “The Asbestos Crisis: New

Trends in Prevention and Treatment.” One life

lost to asbestos disease is tragic; hundreds of

thousands of lives is unconscionable. But

together, change is possible.”

Linda Reinstein co-founded the nonprofit

Asbestos Disease Awareness Organization

(ADAO) in 2004, after her husband Alan was

diagnosed with mesothelioma, a cancer caused by

asbestos exposure. Even after Alan passed away in

2006, Ms. Reinstein continues to serve as

President of ADAO, spearheading the

organization’s global-focused education, advocacy,

and community support initiatives. Recognized as

an expert with more than 35 years of nonprofit

experience in building and sustaining grassroots

advocacy, she develops and executes integrated social media campaigns to educate the public about the

dangers of asbestos exposure, in addition to speaking to international audiences, including the United

States Congress and the United Nations.

Page 40: Dossier_Amianto

“Polvere. Il Grande Processo

dell’Amianto”

La recensione del film documentario di Niccolò Bruna e Andrea Prandstraller

di Fe l i c i ta S ca rdacc io ne pubblicato il 4 ma rzo 2013

Una comunità tenace, combattiva e

quella terribile – silente – morte che

pian piano s’insinua e

travolge Casale Monferrato, in

Piemonte. L’accusa finale: disastro

doloso permanente e omissione

dolosa di misure

antifortunistiche. La pena

applicabile: 16 anni di carcere. Gli

imputati: il n. 142 e il n. 243 nella

classifica degli uomini più ricchi del

mondo. Ovvero i principali

azionisti della multinazionale più

tristemente famosa , lo

svizzero Stephan Schmidheiny e

il belgaJean Louis de Cartier de

laMarchienne. Testimoni a carico:

800 persone di Casale Monferrato,

parenti delle vittime, in

rappresentanza delle decine di

migliaia che hanno lavorato, in un

secolo, nei diversi

stabilimenti Eternit di tutti i paesi d’Europa. Numeri che a livello mondiale lasciano ammutoliti:

centomila i morti stimati per mesotelioma. Ma sono loro gli ex operai e semplici cittadini i duri

accusatori a “viso scoperto” che con grande compostezza intervengono nel film denuncia firmato da

Niccolò Bruna e Andrea Prandstraller “Polvere. Il Grande Processo dell’Amianto” (clicca qui per

vedere il trailer) in sequenze a volte dure, raccolte nei primi mesi delle udienze del processo penale

contro i “padroni” dell’amianto, terminato poi il 13 febbraio 2012 a Torino con le condanne sopra

riportate. Fermi immagine di un quotidiano apparentemente comune a tanti, unite ai numerosi

sentimenti di speranza e alle tante ansie che si susseguono ad inevitabili momenti di sconforto. Una

sofferenza che si rinnova ancora adesso. Non basta quella tragedia a ridare fiducia in un futuro migliore:

la scia di morte non si arresta. La produzione di amianto nel mondo ha ripreso a crescere, infatti,

POLVERE Il grande processo dell'amianto - la locandina del film

Page 41: Dossier_Amianto

grazie all’enorme consumo delle economie in rapido sviluppo come India, Cina e Russia. La lobby dei

Paesi esportatori, con in testa i Canadesi (che lo producono e lo esportano nei paesi in via di

sviluppo,ma non lo usano), è potentissima e agisce nelle sedi internazionali per influenzare le

politiche dei singoli Paesi

Un triste destino mai concluso,

come quello che ha unito nella

sorte Luisa, donna combattiva

fino all’ultimo, ex assessore

dell’ambiente, Romana “la

coraggiosa”, Bruno, Nicola,

Raffaele, Fernanda, e tanti altri.

Non sono altro che uomini e

donne destinati loro malgrado a

completare un elenco esteso

ormai a macchia d’olio. E non

lascia indifferenti. Il 14 febbraio

scorso si è aperto il secondo

grado di giudizio del processo,

un’udienza lampo per ribadire

“l’interesse sociale particolarmente rilevante alla conoscenza del dibattimento”, ma è stata una giornata soprattutto

significativa per rilanciare un appello rivolto alle giovani generazioni intervenute : “stop alla strage

dell’amianto”. Perché non si può raccogliere un simile documento di vite spezzate d’eroi (così è

corretto scrivere) senza osservare con amarezza come a distanza di anni siano pronte, e fino

all’ultimo, a puntare il dito contro i loro assassini, pronte a dare energie per ottenere

una giustizia tentennante nel 2013: ciascuno di loro porta con sé da trent’anni il carico di lutti e di

paure, esempio per noi di forza , per loro invece emblema di una determinazione sconfinata ad andare

avanti.

POLVERE Il grande processo dell'amianto - un fotogramma del film