Dossier i Broker Della Fame

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di Silvia Pochettino

I broker della fame Dossier

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Dopo il crollo delle Borse nel 2008, enormi capitali sono scappati dai prodotti finanziari tradizio-nali e si sono rifugiati in oro e prodotti agricoli, ritenuti più sicuri

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Il cibo costa sempre più caro. Non è necessario essere studiosi di statistica per rendersene conto. Basta essere una massaia

o comunque occuparsi della spesa per la famiglia. Ma il peggio deve ancora arrivare. Secondo la Fao il prezzo del cibo è desti-

nato a raddoppiare da qui al 2030, i cereali nel prossimo decennio aumenteranno del 20% e la carne del 30%. Ma perché i

prezzi dei prodotti alimentari continuano a salire? Il cibo è sempre più scarso a livello mondiale? La sovrappopolazione del

pianeta ha raggiunto livelli insostenibili? L’effetto serra sta distruggendo i terreni coltivabili? Niente di tutto questo, in real-

tà. La disponibilità di cibo pro capite non è mai stata tanto elevata nella storia dell’umanità.

Fame “volatile”Eppure fra il 2005 e il 2008, i prezzi mondiali degli alimenti hanno raggiunto i livelli più alti da 30 anni a questa parte. Il

prezzo del mais è aumentato del 74% mentre quello del riso è quasi triplicato, con un incremento complessivo del 166%.

Dopo il picco registrato a giugno 2008, i prezzi hanno fatto registrare un breve calo (del 33% in sei mesi), ma nel 2010 hanno

di nuovo subito un’impennata del 50% e hanno continuato ad aumentare nel 2011. A questo punto, non è possibile preve-

dere cosa succederà nei prossimi mesi.

In altre parole, sembra che si sia instaurata una tendenza alla volatilità (questo il termine tecnico che descrive il fenomeno)

dei prezzi degli alimenti, che salgono e scendono. Ma soprattutto salgono.

Non è per niente una buona notizia. Le fluttuazioni dei prezzi, in particolare quelle al rialzo, rappresentano la maggiore

minaccia alla sicurezza alimentare, soprattutto per i più poveri. Secondo la Banca mondiale, nel biennio 2010-2011 l’aumen-

to dei costi degli alimenti ha spinto quasi 70 milioni di persone nella povertà estrema, portando la quota di affamati nel

mondo a oltre 1 miliardo.

Giochi d’azzardoMa se non è la sovrappopolazione o la carenza di cibo, allora perché mangiare costa sempre più caro? La prima risposta è

che c’è anche chi, sulla fame degli altri, si arricchisce alla grande.

Lo illustra molto bene Andrea Baranes, portavoce della Campagna 0.05 per l’introduzione di una tassa sulle transazioni finan-

ziarie e membro della Fondazione Banca Etica, nel suo ultimo libro “Il grande gioco della fame” (Altraeconomia 2011). «Il cibo

sarà sempre più caro nel prossimo futuro» assicura Baranes, «ma per motivi disgiunti dall’agricoltura». Alla base del rincaro,

secondo Baranes, la crescita esponenziale delle speculazioni finanziarie sui prodotti alimentari. «Dopo la bolla speculativa e

il crollo delle Borse nel 2007-2008, enormi capitali sono scappati dai prodotti finanziari tradizionali considerati troppo

rischiosi e si sono rifugiati in oro e prodotti agricoli, ritenuti più sicuri». Così se prima gli strumenti finanziari sui prodotti

agricoli riguardavano solo chi in agricoltura effettivamente ci lavorava, negli ultimi anni i grandi speculatori sono entrati a

gamba tesa nel settore, e i “derivati” sul cibo sono entrati anche nei fondi pensione, nei titoli misti e in tutti i prodotti dei

piccoli risparmiatori, quasi sempre a loro insaputa. Speculare sul cibo significa “scommettere” sul prezzo futuro di un prodot-

to, ad esempio il grano, acquistando “futures” che si basano sull’indicizzazione del prezzo del grano. Ma cosa sono questi

benedetti futures? Sono contratti a termine standardizzati per poter essere negoziati facilmente in Borsa. Con quelli basati

su indici di merci specifiche, come il grano appunto, le parti si obbligano a liquidarsi una somma di denaro pari alla differen-

Dossier

I broker della fameLa disponibilità di cibo pro capite non è mai stata tanto elevata come oggi. Eppure il prezzodegli alimenti è destinato a raddoppiare entro il 2030; nel prossimo decennio i cerealiaumenteranno del 20% e la carne del 30%. Di chi la responsabilità? Tanti gli imputati, a par-tire da chi, sulla fame degli altri, fa soldi a palate speculando in Borsa.

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za fra il valore dell’indice di riferimento alla stipula del contratto e il valore dello stesso indice nel

giorno di scadenza. Il problema è che tanto più si acquistano o si vendono tali prodotti finanziari,

tanto più si influisce sul prezzo reale del grano. «Se si sparge la voce che il prezzo di un prodotto

salirà, tutti si gettano a comperare futures e titoli su quel prodotto, perché al momento della riven-

dita potranno fare grandissimi guadagni, ma se tutti acquistano quel prodotto il valore e il prezzo

del prodotto, appunto, sale». Continua Baranes: «I prodotti agricoli poi sono perfetti per gli specu-

latori perché ci sono sempre incertezze nel prezzo, legate alle variazioni climatiche, all’andamento

politico dei paesi produttori e a molti altri fattori. Proprio in quell’incertezza è possibile scommet-

tere e determinare, con le scommesse, il risultato». E’ la profezia che si auto adempie, “la coda che

scodinzola il cane” come si usa dire oggi per la finanza-casinò, dove non c’è più nessuna connes-

sione con l’economia reale. Ma ci sono effetti estremamente reali per la vita della gente.

Una crescita del prezzo del grano infatti significa enormi profitti per chi ha giocato bene in Borsa,

ma anche rincari drammatici per chi, il pane, lo deve comperare.

Piccoli produttori a rischio«Il cibo costituisce una fetta importantissima dei bilanci delle famiglie povere» sottolinea Sergio

Marelli, Segretario generale della Focsiv e presidente del Comitato italiano per la sovranità alimen-

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«Una porzione significativa dei picchi nei prezzi è dovuta alla crescita di una bolla spe-culativa ed è necessario riformare dalle basi il sistema finanziario»

In apertura:

contrattazioni in Borsa e

la carestia nel Corno

d’Africa, due situazioni

così distanti sono in

realtà correlate. Sotto:

l’andamento dei prezzi

dei prodotti alimentari,

sempre più volatili e un

mercato contadino in

Italia.

Sulla fame non si speculaA dirlo sono ormai migliaia di persone e un’ampia rete di associazioni che si sono riu-nite per chiedere regole anti-speculazione sui beni alimentari. Partita ad aprile 2011da Milano, “Sulla fame non si specula” è una campagna della società civile che vedetra i primi firmatari esponenti dell’associazionismo come Carlo Petrini di Slow Food,don Virginio Colmegna della Casa della Carità, ma anche chef come Davide Oldani,attori come Giacomo Poretti e Giovanni Storti del trio “Aldo, Giovanni e Giacomo”. Asostenere l’iniziativa si sono via via aggregate numerose realtà del terzo settore emedia come VpS e il settimanale Vita. L’obiettivo è semplice: chiedere regole chetutelino dalla speculazione finanziaria un bene e un diritto così primario come il cibo.Cosa si può fare? Innanzitutto informarsi, si legge sul sito www.sullafamenonsispe-cula.org, dal quale è possibile scaricare gratuitamente un kit informativo su cosa c’èin gioco, da utilizzare anche in gruppi e nelle scuole. Poi sensibilizzare le amministra-zioni locali: a Milano la campagna ha chiesto al Comune di non investire in titoliderivati legati ai beni alimentari e ha lanciato l’idea di promuovere un osservatoriosu Cibo & Finanza. Nel frattempo la campagna è diventata nazionale e si è collegatacon altre iniziative analoghe in Europa e negli Usa, come la campagna inglese coor-dinata dal World development movement e l’iniziativa “Stop gambling on hunger”,promossa da un cartello di ong americane che hanno chiesto al presidente Obama dirivedere la legge sui derivati reintroducendo norme anti-speculazione dopo un decen-nio di liberalizzazione senza regole. Per aderire e per scaricare il kit informativo:www.sullafamenonsispecula.org

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tare (Cisa). «Di conseguenza, i prezzi più elevati colpiscono i poveri in maniera sproporzionata aggra-

vando ulteriormente l’ineguaglianza. Ecco allora che nei paesi in via di sviluppo, dove ben il 70% della

spesa delle famiglie va in cibo rispetto al 10-20% di quella delle famiglie dei paesi ricchi, la questio-

ne assume proporzioni drammatiche. I picchi nei prezzi, inoltre, sono dannosi non solo per i consu-

matori ma anche per i piccoli produttori. Sebbene un prezzo elevato in alcune circostanze possa esse-

re vantaggioso per chi produce, l’instabilità risulta molto pericolosa perché i coltivatori hanno asso-

lutamente bisogno di prevedere, a mesi di distanza, il prezzo che raggiungeranno le coltivazioni al

momento del raccolto. Se si prevedono prezzi elevati, piantano di più. Se si prevedono prezzi bassi,

piantano meno».

Proprio all’instabilità dei prezzi dei prodotti alimentari la Fao ha dedicato quest’anno la Giornata

mondiale dell’alimentazione del 16 ottobre al tema “Prezzi degli alimenti. Dalla crisi alla stabilità”.

«La volatilità dei prezzi dei beni alimentari» ha sostenuto Jacques Diouf, ex direttore generale della

Fao, «trae le sue origini in fattori fondamentali come gli choc climatici in paesi chiave di produzione

ed esportazione, ma è stata aggravata dai legami sempre più stretti tra il mercato agricolo e quello

dell’energia da un lato, e, dall’altro, dalle speculazioni finanziarie sulle commodity agricole».

Per la sovranità alimentareQuesto legame tra fame-mercati-speculazioni finanziarie è al centro delle riflessioni delle organizza-

zioni della società civile che hanno ribattezzato il 16 ottobre Giornata mondiale della Sovranità ali-

mentare. A sottolineare la volontà delle popolazioni di riappropriarsi non solo del cibo ma anche del

diritto a definire i propri sistemi agricoli e alimentari, e ad avere un cibo salubre, prodotto con siste-

mi ecologici e culturalmente adeguati ai territori.

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Rappresentanti della società civile di tutto il mondo si sono riuniti a Roma, presso la Fao nella 37ª

sessione del Committee on World food security (Cfs), l’organismo di governo dell’agricoltura, l’unico

partecipato anche dalla società civile, e hanno consegnato al presidente del Cfs, Noel D. De Luna,

l’Appello di Dakar, documento sottoscritto da numerosissimi movimenti contadini, associazioni, ong

contro il fenomeno del “land grabbing”, cioè l’accaparramento da parte di multinazionali e corpora-

tion di grandi quantità di terra nei paesi più poveri a fini speculativi.

«Le nostre richieste sono sempre le stesse» spiega Sergio Marelli, «si tratta di spingere con forza, a

partire dal governo italiano che quest’anno organizza la Giornata mondiale per la sicurezza alimen-

tare, fino a tutte le diverse istituzioni internazionali, verso una moratoria degli investimenti specula-

tivi in agricoltura e puntare a una proposta globale di riforma agraria che svincoli le situazioni di

monopolio».

Biocarburanti “voraci” Ma ci sono anche altre concause al dramma che colpisce milioni di persone. Una di queste è la dif-

fusione dei biocarburanti, come spiega ancora Marelli: «La messa a monocoltura cerealicola di este-

sissimi appezzamenti di terre tra le più fertili per la produzione di carburanti vegetali sta avendo un

impatto esorbitante sulla domanda di cereali, il che genera un forte aumento dei prezzi oltre a pro-

durre una sfrenata corsa all’accaparramento dei terreni da parte delle multinazionali». A oggi l’indu-

stria dei biocarburanti sfrutta il 40% della produzione di mais degli Usa e due terzi della produzione

di olio vegetale in Europa. Nel 2009 il sostegno governativo ai biocarburanti ha raggiunto gli 8 miliar-

di di dollari tra Usa e Ue. «L’abolizione immediata degli obiettivi per i biocarburanti» prosegue il

Culture locali (sotto) e

culture intensive (nella

pagina a fianco), due

sistemi a confronto. Le

popolazioni tendono

verso il primo modello,

per riappropriarsi del

diritto di poter definire

autonomamente i propri

sistemi agricoli e

alimentari. In ultima

pagina: una mamma

con il figlio in braccio

colpita dalla crisi dei

prezzi dei prodotti

agricoli in Niger.

Il Messico introduce la sicurezza alimen-tare nelle Costituzione“Un’alimentazione nutriente, sufficiente e di qualità” è un diritto diogni cittadino e “lo Stato la garantirà”: è un passo avanti per lasicurezza alimentare l’emendamento all’art. 4 della Costituzioneappena entrato in vigore in Messico. Tra le modifiche alla Cartafondamentale spicca inoltre un’aggiunta all’art. 27 che obbliga loStato a promuovere le condizioni necessario per lo sviluppo rurale.Soddisfazione è stata espressa dal relatore speciale dell’Onu per ildiritto all’alimentazione, Olivier de Schutter. «Le riforme degli arti-coli 4 e 27» ha detto l’esperto belga, che a giugno ha condotto unamissione nel paese latinoamericano, «sono particolarmente impor-tanti nel contesto di instabilità dei prezzi e alla luce della necessi-tà che i governi garantiscano l’accessibilità e la disponibilità dicibo per i propri cittadini. Con queste riforme il Messico sancisce ildiritto all’alimentazione nella sua Costituzione. Ora tocca applicar-le per il beneficio di tutta la popolazione».Nonostante progressi significativi compiuti finora nella lotta controla fame e la malnutrizione - il tasso di bambini con meno di cin-que anni sottopeso è passato dal 14% nel ‘98 al 5% nel 2006 -circa 19 milioni di persone (il 18% della popolazione) vivono anco-ra in condizioni di insicurezza alimentare.

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segretario generale della Focsiv e presidente Cisa, «e la rimozione dei sussidi sulla produzione e lavo-

razione sono elementi assolutamente indispensabili per affrontare la sfida di sfamare il mondo inte-

ro».

Secondo il dettagliato documento “Volatilità dei prezzi alimentari” prodotto da Focsiv e dall’europea

Cidse, “ogni politica sui biocarburanti dovrebbe fondarsi sulla capacità a produrre a livello locale,

mentre è necessario sostenere la ricerca sull’efficienza energetica per ridurre i consumi”.

Dumping e liberalizzazioniNegli ultimi 10 anni le riserve mondiali di alimenti sono state sempre più ridotte, fino a toccare i

minimi storici nel 2011. Eppure il rapporto tra livello delle scorte e instabilità dei prezzi è ormai rico-

nosciuto. Scorte ridotte portano a picchi nei prezzi. Inoltre la Fao afferma che il 30% dei raccolti, fino

al 40% in Africa, va sprecato a causa della mancanza di luoghi di conservazione o per la loro inade-

guatezza. Per contro le eccedenze nei paesi sviluppati, immesse nei mercati internazionali, raggiun-

gono i paesi poveri ed entrano in competizione con la produzione locale. I piccoli coltivatori locali

non possono competere con l’agricoltura sovvenzionata del Nord. Nonostante questo a partire dal

1995 si è introdotta la deregolamentazione delle importazioni e al momento sono in negoziazione

accordi per il libero scambio (Fta) che costringerebbero i paesi in via di sviluppo ad abolire comple-

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Filippine : sostenere la produzione locale Numerosi paesi, fra cui Cina, Indonesia, Malaysia, Filippine, Malawi, Nigeria eSenegal, stanno sostenendo la produzione alimentare nazionale come rispostastrategica ai prezzi elevati degli alimenti. Ad esempio il governo delle Filippine,paese abituato a essere il più grande importatore di riso al mondo, sta cercan-do di raggiungere entro il 2013 l’autosufficienza per quanto riguarda il riso. Ilgoverno intende tagliare le importazioni dagli oltre due milioni di tonnellate del2010 a meno di un milione quest’anno, grazie a un programma di produzioneintensiva che dovrebbe permettere di aumentare del 15% il raccolto estivo e diconcretizzare l’autosufficienza nel giro di 2-3 anni. Efficaci riparazioni ai siste-mi di irrigazione, creazione di più strutture post raccolto, costruzione di stradedalle coltivazioni ai mercati, soprattutto a Mindanao (Filippine meridionali):tutte iniziative che rientrano in un programma di intensificazione per portare laproduzione filippina di riso a 17,46 milioni di tonnellate quest’anno. LeFilippine hanno svolto un ruolo fondamentale nella Rivoluzione verde. Nel ‘60 fusviluppata la varietà ibrida di riso Ir8, destinata a mettere fine alle frequenticarestie che colpivano molte regioni dell’Asia, grazie all’Istituto internazionaledi ricerca sul riso, istituito dal governo filippino, e alle fondazioni Ford eRockefeller a Los Baños. Grazie a questa nuova varietà ad alto rendimento, laproduzione di riso raddoppiò in breve tempo, e il paese divenne un esportatorenetto. Ma i successivi aumenti della produzione non riuscirono a tenere il passocon la domanda di una rapida esplosione demografica. Nel ‘90, il paese impor-tava 600.000 tonnellate di riso, salite a ben 2,5 milioni nel 2008.

Negli ultimi 60 anni le riserve mondiali di alimenti sono state sempre più ridotte, finoai minimi storici del 2011

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tamente le tariffe d’importazione per l’80-90% dei prodotti. Mentre la Fao raccomanda di ripensare

le attuali regole commerciali e dare “più spazio agli interessi pubblici in materia di sicurezza alimen-

tare”, il G20 chiede ancora più liberalizzazioni.

Un sistema da riformareOlivier de Schutter, il relatore speciale all’Onu sul diritto al cibo, non ha dubbi: «Una porzione signi-

ficativa dei picchi nei prezzi è dovuta alla crescita di una bolla speculativa ed è necessario riforma-

re dalle basi il sistema finanziario per scongiurare un’altra crisi». Ma i passi fatti finora sono pochi.

«Le soluzioni tecniche non mancano» riprende Andrea Baranes. Da una moratoria sui Etf/Etc, i titoli

misti in cui dentro ci sono anche derivati di prodotti agricoli, all’”obbligo di consegna del sottostan-

te” ovvero l’obbligo di acquistare effettivamente il prodotto e non solo fare operazioni “virtuali”, fino

a una tassa sulle transazioni finanziare, la 0,05 proposta anche dal presidente Sarkozy. «Ma è la

volontà politica che manca. Il G20, che si è autoproclamato governo mondiale dell’economia, è stato

efficace nel 2008 nel salvare le banche, ma non altrettanto oggi per salvare le persone».

http://tinyurl.com/sovranita-alimentare-vpsweb

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Niger: il sistema del “warrantage” Come molti piccoli agricoltori africani, anche quelli delNiger sono stati a lungo penalizzati dalla necessità divendere la loro produzione subito dopo il raccolto, ossianel momento in cui il prezzo è più basso. Il primo passoè stato quello di aiutare gli agricoltori a unirsi in grup-pi. I gruppi sono stati poi assistiti nell’ottenere creditograzie a una versione locale del cosiddetto “warranta-ge” (sistema creditizio su garanzia), utilizzato dagliagricoltori europei nel XIX secolo. Con questo sistema,anziché venderlo subito, gli agricoltori usano il raccoltocome garanzia per ottenere un prestito bancario. Con ifondi ottenuti, gli agricoltori comprano mezzi tecnicifondamentali per la produzione successiva e, al tempostesso, conservano il raccolto fino ai tempi di minoreabbondanza, quando i prezzi salgono. Da uno studiocondotto a dicembre 2009 su un progetto della Fao inNiger emerge che gli agricoltori coinvolti sono riuscitiad aumentare il loro reddito fra il 19 e il 113% in seimesi. Inoltre, essendo riusciti a comprare fertilizzanti esementi migliori, il loro rendimento è aumentato fra il44 e il 120%.

Nei paesi in via di sviluppo ben il 70% della spesa delle famiglie va in cibo, rispettoal 10-20% di quella delle famiglie dei paesi ricchi