Dossier caritas 2011

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Dossier sulle povertà della Caritas diocesana di Benevento.

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5 Prefazione di Vittorio Nozza

9 Presentazione di Nicola de Blasio

13 Presentazione di S.E. Arcivescovo Andrea Mugione

15 Capitolo I La cena di Betania di Angelo Moretti

19 Capitolo II Un anno di ascolto. Indagine sulla povertà e l’impoverimento

45 Capitolo III Focus: Analisi multidimensionale della povertà

53 Capitolo IV Interventi realizzati nel 2011

» Scheda A » Scheda B » Scheda C

57 Capitolo V Focus: Adolescenti e dipendenze

Indice

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©2012 Caritas Diocesana di BeneventoTutti i diritti riservati

AutoriNicola de Blasio, Angelo Moretti

Hanno collaboratoArturo Bernabei, Adele Caporaso, Valerio Ciullo, Delia Delli Carri, Enea Goglia,

don Santino Marino, Raffaela Melisi, Maria Pia Mercaldo, don Sergio Rossetti

Grafica e impaginazioneMassimo Cesario

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3Prefazione

Prefazionedi sac. Vittorio NozzaDirettore Caritas italiana

Di fronte al vasto panorama delle povertà, acuito dai pesanti effetti della crisi in atto, appare sempre più necessario uno sforzo congiunto, che sappia incrementare la capacità di intercettare le varie situazioni di povertà del territorio, anche prevedendo l’adozione di nuovi approcci di lavoro, più attenti alla dimensione domiciliare e territoriale degli interventi.

In questa prospettiva alla Chiesa e in essa alle Caritas è chiesto un servizio che garantisca la costruzione di un linguaggio comune ricco di costante ascolto, di ampia e puntuale osservazione e di appassionato accompagnamento delle realtà del territorio perché si esprimano sempre più in un’azione di solidarietà e giustizia a dimensione personale e comunitaria. In altri termini un metodo di lavoro basato su tre attenzioni tra loro correlate e sinergiche: ascoltare, osservare, discernere, da mettere a servizio della missione affidata alle Caritas: l’animazione caritativa dentro le comunità e i territori. Partendo da questo si deve crescere sempre più nella direzione di visibilizzare le progettualità significative e capaci di:

» provocare cammini di liberazione e promozione dei vissuti dei poveri, » farli spiovere nei diversi contesti della nostra società per far crescere una

cultura della giustizia e della carità che sia ricca di osservazione, incontro, ascolto, relazione e intervento.

L’elaborazione di rapporti sulla povertà e la cura delle ricadute socio pastorali di queste analisi a diversi livelli -diocesano, regionale, nazionale- va proprio in questa direzione, per contribuire alla costruzione di una nuova “città” e di un nuovo territorio:

» un territorio chiamato a favorire incontri, relazioni, confronto, tutela dei diritti; » un territorio aperto, che considera le persone in una logica di prossimità più

che di invisibilità; » un territorio che rende accessibili a tutti i suoi beni; » un territorio ripensato a partire dal “comune” (dal municipio) come luogo di

partecipazione e di crescita di cittadinanza.

Cambia il volto della povertàÈ quasi impossibile raccontare la molteplicità di piccoli, medi e grandi interventi

da parte di tutte le diocesi e di tutte le parrocchie. Una molteplicità di interventi che stanno dentro l’ordinarietà e che si realizzano in termini di servizi strutturati e continuativi e di servizi e risposte meno organizzate, ma comunque molto importanti, la presa in carico dei bisogni ordinari o delle molteplici emergenze

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che richiedono risposte immediate, in risposta ai bisogni dei singoli, delle famiglie e dei vari gruppi di persone in situazione di povertà. Risposte queste che sono arricchite molto dalla conoscenza, dall’incontro, dalla relazione, dall’ascolto e dai tentativi di far star dentro il tessuto sociale ed ecclesiale le persone che sperimentano povertà ed emarginazione. A tutto questo si aggiungono le nuove progettualità, sorte negli ultimi anni, per sostenere in modo specifico le famiglie e le piccole imprese colpite dalla crisi economica.

I dati e le analisi di questo rapporto confermano quanto già emerso nel volume “Poveri di dirittti” di Caritas Italiana e Fondazione Zancan. Si evidenziano dunque quattro aree di attenzione:

» la famiglia (specialmente quella con bambini, priva di lavoro regolare e con un’attenzione particolare ai giovani);

» il Meridione (dove la crisi piove su un bagnato di povertà cronica); » la non autosufficienza (specialmente quella che coinvolge gli anziani); » le situazioni di povertà estrema.

Il raggio di azione della povertà economica si sta progressivamente allargando, e coinvolge un numero crescente di persone e famiglie tradizionalmente estranee al fenomeno. Indicatori di tale trasformazione sono il forte aumento dell’afflusso di cittadini italiani ai servizi promossi dalle Caritas diocesane e il fatto che la povertà colpisce un numero crescente di persone in possesso di elevati titoli di studio, con buone capacità professionali. Si tratta comunque di nuclei familiari che, anche nella fasi di vita più favorevoli, possono contare su un reddito che non si posiziona molto al di sopra della soglia di povertà. Per le nuove famiglie povere, la povertà non è sempre cronica, ma rappresenta una situazione episodica del proprio percorso di vita. Non è il prodotto di processi di esclusione sociale irreversibili, ma di un più generale modo di vivere, di una instabilità delle relazioni sociali, di una precarietà che coinvolge il lavoro, le relazioni familiari e l’insufficienza del sistema di welfare.

Le nuove situazioni di povertà che si affacciano ai Centri di Ascolto e ai vari servizi coinvolgono pesantemente l’intero nucleo familiare: tutti i membri della famiglia si trovano a vivere, in modi diversi, una condizione di stress e di sofferenza, anche se le donne e le nuove generazioni si trovano a pagare il prezzo più elevato. Di sicuro i giovani stanno pagando più di altri le conseguenze della crisi economica e, dato estremamente preoccupante, incomincia ad affacciarsi anche nel mondo dei servizi promossi dalle Caritas diocesane la presenza dei cosiddetti Neet (Not in Education, Employment or Training), ossia di persone in età attiva, che:

» non ricevono un’istruzione » non hanno un impiego » non stanno cercando un’occupazione

Segni di speranzaPer rispondere a questi bisogni è indispensabile da parte delle Caritas diocesane

e parrocchiali un’attenzione costante al territorio e alla sua animazione, sempre unita alla capacità di leggere l’evolversi della vita delle persone che lo abitano, le difficoltà e le preoccupazioni, ma anche le opportunità e le prospettive.

Prefazione

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«La carità -ci ha ricordato il Santo Padre in occasione dell’Udienza per i 40 anni di Caritas Italiana- richiede apertura della mente, sguardo ampio, intuizione e previsione, un “cuore che vede”. Rispondere ai bisogni significa non solo dare il pane all’affamato, ma anche lasciarsi interpellare dalle cause per cui è affamato... È in questa prospettiva che l’oggi interpella il vostro modo di essere animatori e operatori di carità... L’umanità non necessita solo di benefattori... ma cerca segni di speranza... Ed è per questo motivo che c’è bisogno della Caritas...».

(Benedetto XVI – 24.11.11)

Non per delegarle il servizio di carità, ma perché sia un segno della carità di Cristo, un segno che porti speranza, che aiuti la Chiesa tutta a rendere visibile l’amore di Dio, a vivere la gratuità, a richiamare tutti all’essenzialità dell’amore che si fa servizio sull’esempio di Maria nella casa di Elisabetta: un amore che ascolta i fatti (la cugina aspetta un figlio), un amore che impegna a decidere “subito” (partire in fretta verso la casa della cugina), un amore che si fa prossimità, che si fa cura duratura (sostare per un lungo periodo nella casa della cugina).

Prefazione

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Presentazionedi sac. Nicola de Blasio

Direttore Caritas Diocesana di BeneventoVicario Episcopale per la Carità

“I poveri li avrete sempre con voi”(Mc. 14,7)

È la prima volta che viene presentato un dossier statistico della realtà del disagio e della emarginazione nella Diocesi di Benevento e dell’intera provincia Sannita.

I dati raccolti dai Centri d’Ascolto non sono solo statistiche sul lavoro o la sua perdita, sul bisogno della casa, sull’inserimento degli stranieri o sulla difficoltà di pagare le bollette, ma storie e volti di persone che hanno trovato un luogo accogliente per l’ascolto della loro dignità calpestata.

«La carità eccede la giustizia, perché amare è donare, offrire del “mio” all’altro; ma non è mai senza la giustizia, la quale induce a dare all’altro ciò che è “suo”, ciò che gli spetta in ragione del suo essere e del suo operare. Non posso “donare” all’altro del mio, senza avergli dato in primo luogo ciò che gli compete secondo giustizia»

(Benedetto XVI, Caritas in Veritate, 6)

I Centri d’Ascolto offrono prima di tutto rispetto, amore, prossimità, e attraverso i dati raccolti hanno anche una funzione pedagogica, in quanto stimolano la comunità cristiana a farsi carico, nell’ottica non solo dell’amore ma anche della giustizia, di ciò che nella società viene sempre più spesso nascosto e dimenticato, perché non fa notizia, perché è scomodo. Naturalmente la funzione di stimolo è anche verso la società civile, i cui strumenti di indagine per conoscere sofferenze e povertà non hanno occhi adeguati a vedere anche sotto le apparenze e orecchi che odano anche ciò che non viene detto.

Questo dossier, viene consegnato alle parrocchie e alle diocesi di Benevento e Cerreto, Telese, Sant’Agata de’ Goti, perché possa aiutare la pastorale ordinaria a coniugare la fede con la vita; alle Istituzioni Civili, Comuni e Provincia, affinché attuino politiche sociali fondate sul rispetto della dignità della persona, al fine di compiere scelte economiche che abbiano come fine ultimo il Bene Comune e non gli interessi di pochi o dei poteri forti. Soprattutto viene consegnato a tutti quegli uomini di “buona volontà”, che realmente hanno la voglia di cambiare se stessi e i luoghi del loro vivere.

Prima di addentrarci nei numeri e nelle cifre, mi corre l’obbligo di ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile questo primo dossier: Angelo Moretti, coordinamento ed analisi dei dati; Maria Pia Mercaldo, raccolta ed elaborazione dati; Raffaela Melisi,

Presentazione

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elaborazione grafici; Delia Delli Carri, Don Santino Marino, Adele Caporaso, Enea Goglia, raccolta dati Centro d’Ascolto; Valerio Ciullo, supervisione statistica; don Sergio Rossetti e Arturo Bernabei, dati Agea, Mensa e Market.

La presentazione del dossier delle povertà è un momento significativo per la vita della Chiesa. È anche l’occasione per rendere disponibili alla società una quantità di dati importanti per le persone che vivono in un determinato territorio. Lo studio in se stesso presenta ai lettori un’immagine inespressa, ma condivisa dal sentire comune che percepisce il peggioramento delle condizioni di vita della gente italiana. Eravamo abituati a standard di vita superiori a quelli a cui, anche forzosamente, siamo costretti ad adeguarci. Questo stato di cose è per molte persone ragione di sofferenza e di difficoltà. Chiede a tutti un profondo cambiamento nello stile di vita. La situazione economica globale ha inferto un profondo vulnus alla civiltà dei consumi. In molti ci stiamo chiedendo ancora che cosa sia essenziale per una vita felice. Il quesito è già di per sé una conseguenza benefica per reagire all’intorbidamento del senso critico, facile conseguenza di una sorta di lavaggio mentale effettuato ad arte nell’Occidente, con il fine di creare bisogni e necessità non necessariamente connessi con la libertà di ciascuno di scegliere il proprio approccio con il mondo.

Il rapporto sulle povertà di una non trascurabile componente dell’Europa manifesta soprattutto lo ‘stato dell’unione’, facendo emergere la parte più dolorante della nostra società, nella quale le fortissime riduzioni dell’impiego di denaro pubblico per i servizi sociali, la sanità, la promozione dei rapporti di vicinanza e l’offerta di possibilità e di luoghi per l’incontro delle persone generano imbarazzi e, in molti casi, difficoltà e sofferenza. Gli organi delle pubbliche Istituzioni preposti al rilevamento dei dati anche in queste materie si possono avvalere, con lo studio che presentiamo, di quanto appare a quegli osservatori privilegiati del disagio sociale che sono le Caritas, con i loro Centri di ascolto e il contatto che la Chiesa ha con i poveri. La collaborazione con l’Ente pubblico, che è di per sé un dovere per i cristiani sia singoli che associati, è un contributo fattivo che la Comunità cattolica offre alla società civile in spirito di servizio, con la conseguente denunzia di quelle sofferenze che altrimenti resterebbero nascoste. La sequela dei dati si presenta con l’umiltà che bene si sposa con ogni ricerca scientifica, ma non perde di efficacia e di valenza propositiva. Il presente studio, nella linea di tendenza dei consimili lavori di questi ultimi anni, evidenzia alcuni dati inquietanti.

Ad avvalersi dei centri Caritas della Chiesa cattolica in Italia al momento non sono prevalentemente gli immigrati più o meno regolari presenti sul territorio italiano, ma gli italiani stessi; soprattutto quei cittadini che vivono nel disagio sociale, per oggettive condizioni di vita: gli anziani, i giovani disoccupati, gli adulti portatori di handicap e molte di quelle persone che, nel passato del benessere, trovavano collaborazione ed aiuto da Enti pubblici e privati.

A noi non compete, almeno in questa sede, entrare nel dibattito politico sulla ripartizione dei fondi pubblici. Ci incombe invece una riflessione sull’eticità almeno di taluni tagli alla spesa pubblica, laddove una consistente porzione degli abitanti del territorio sono costretti alla drastica riduzione di servizi, ai quali erano adusi e, in alcuni casi, a lottare per la sopravvivenza. Le motivazioni che spingono la Chiesa a

Presentazione

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interessarsi dei poveri trovano le proprie radici nel Vangelo. Già di per sé la Scrittura ci invita alla solidarietà e ci obbliga a farci carico delle sorti degli altri. Con effetti inquietanti, il libro della Genesi pone all’origine di ogni peccato sociale la terribile domanda che Caino rivolge a Dio: «Son forse io il guardiano di mio fratello?» (Gen. 4, 9). La stessa nozione della paternità di Dio comporta la maternità della Chiesa, che “costituisce per tutta l’umanità un germe validissimo di unità, di speranza e di salvezza... inviato a tutto il mondo” (Concilio Ecumenico Vaticano II, L. G. 9).

L’antropologia biblica riceve consenso, almeno formale, da grandi moltitudini di persone al mondo. Tocca però a noi, che di essa ci dichiariamo convinti per scelta di fede, ad avere un’attenzione privilegiata rivolta agli ultimi della terra, come seppero mostrarci in ogni secolo e nelle mutate circostanze della vita teorie di Santi, testimoni qualificati della fede evangelica. L’insegnamento dei grandi Dottori della Chiesa in Occidente, ma soprattutto in Oriente, e tra i Padri significativo è Giovanni Crisostomo, chiedono ai fedeli di Cristo di farsi carico dei poveri, come già S. Paolo nel caso della celebre colletta per Gerusalemme. Per una strana combinazione non naturale in materia di dottrina alcuni errori del nostro tempo vengono enfatizzati, mentre una coltre di silenzio cala sui problemi dei poveri, quasi fosse scontato che chi meno ha debba necessariamente patire. Eppure esiste un continuo appello al rinnovamento della politica. Il Papa con insolita frequenza sta chiedendo alla Chiese d’Italia di esprimere laici maturi che si pongano all’interno della res publica, dedicando il loro impegno alla ricerca del bene comune che è poi, con il linguaggio ricco di evocazioni patristiche, il progetto di dar forma alla città dell’uomo a immagine della città di Dio. Tocca decisamente a noi, assieme a tutti gli uomini di buona volontà, riproporre in ogni consesso la tematica degli ideali e rimotivare alla speranza la nazione intera. Il ruolo dei cristiani nella cosa pubblica è ripresentare in ogni tempo ciò che la Scrittura esprime con il nome stesso di Gerusalemme, città per antonomasia della giustizia e della pace. Siamo infatti convinti che senza il continuo perseguire le via della giustizia non si costruisce una pace solida e duratura dentro l’ordinamento sociale. La sfida educativa che da vescovi italiani abbiamo proposto ai cattolici delle nostre Chiese comporta anche educare soprattutto le generazioni nuove a confrontarsi continuamente con il progressivo evolversi del corpo sociale e a riaffermare che le ingiustizie vanno rimediate e il bene comune continuamente riproposto. Il rapporto che presentiamo fa emergere sofferenze generalmente nascoste. Al corpo ecclesiale non sono ignote le tribolazioni di una parte consistente del nostro popolo che stenta ad arrivare alla fine del mese, con i magri ricavi che ottiene dal proprio lavoro.

Comunque la disoccupazione giovanile, la inquietante precarietà sempre più indotta nella gestione anche del lavoro intellettuale, contrassegnato da una provvisorietà costantemente minacciata dal sopraggiungere di eventi incontrollati induce mali sociali non accettabili per i cristiani. Le ristrettezze economiche sopravvenute fanno esplodere attività illecite, frenano la normale creazione di nuove famiglie, ingenerano una sorta di egoismo assurto a cultura sociale, sui modelli meno esemplari d’oltremare. La condivisione dei dati raccolti, e le analisi che ne conseguiranno, vuole essere un primo contributo alla soluzione di problemi che le turbolenze finanziarie e lo stato di crisi diffuso nell’Occidente

Presentazione

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Europeo, ma anche nella nostra Italia, hanno generato. Per i cristiani è tempo di riattivare in ogni modo la carità, sia nel risanamento funzionale della struttura pubblica, che nelle relazioni intergenerazionali e comunque famigliari. La Chiesa che ama presentarsi come comunione di tante comunità non può rimanere indifferente di fronte a povertà generate dall’ingiustizia.

Come “cittadini degni del Vangelo” ci appelliamo alla intera compagine sociale, ricordando a tutti che il tema della solidarietà appartiene a tutte le componenti ideologiche e politiche della nostra tradizione nazionale, è parte irrinunciabile dell’identità culturale dell’Italia. C’è una distanza preoccupante tra crisi economica e risposte della politica. La crisi economica che sta interessando oggi tutti i paesi capitalistici occidentali rischia di essere ricordata dagli storici come un momento di “cesura” epocale tra un’era di sostanziale crescita del benessere collettivo e un’era nella quale un impoverimento generalizzato della popolazione potrà essere affrontato sempre meno attraverso misure di welfare. Al di là delle sempre più rigide indicazioni provenienti dalla Unione Europea, infatti, tutte le ultime manovre economiche e finanziarie del Governo sono state improntate a tagliare e ridurre drasticamente le risorse per il welfare, come esemplifica bene la vicenda del Fondo sociale delle regioni. La crisi dello Stato sociale viene affrontata ricorrendo ai risparmi delle famiglie, che ancora sembrano riuscire a compensare le pressioni sociali dovute a disoccupazione, diminuzione del potere di acquisto dei salari, precarizzazione del lavoro dei giovani, ma che saranno destinate anch’esse ad un processo di generalizzata erosione, soprattutto se pensate come alternativa al welfare pubblico. Questo tipo di politica si disinteressa colpevolmente della società, che tende sempre più a radicalizzare la contrapposizione tra coloro che sono molto ricchi e coloro che invece vivono uno stato di povertà reale o latente. I dati, purtroppo, parlano da soli.

Come ci ricorda il Rapporto nazionale Caritas “Poveri di diritti” nel 2010 i cittadini in stato di povertà nel nostro paese erano 8,3 milioni, ovvero il 13,8% della popolazione, con un aumento di circa 400mila persone rispetto all’anno precedente ma, dato ancora più preoccupante, con un aumento di persone giovani con meno di 35 anni non solo di nazionalità straniera. Anche i dati rilevati dai Centri di Ascolto della Caritas ci confermano una società in sofferenza dove, accanto alla crescita generale del numero delle persone che si sono rivolte al servizio, si segnalano la crescita degli italiani, dei giovani senza lavoro, delle famiglie che non riescono a trovare un rimedio alla improvvisa perdita del lavoro del capofamiglia. L’analisi della Caritas è un osservatorio attento alla misurazione del fenomeno, un utile strumento conoscitivo per le politiche sociali. In questo quadro generale, la Chiesa Beneventana è impegnata, nonostante i tagli alle risorse, nello sforzo di sostenere il welfare Comunale e Provinciale e ricucire la società attraverso politiche di sostegno al tessuto sociale e associativo, nella convinzione che solo contrastando l’acuirsi della forbice delle disuguaglianze sociali sia possibile garantire un livello di civiltà e di tenuta sociale accettabile per il futuro.

Presentazione

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PresentazioneNella povertà di Cristo, la ricchezza dell’uomo

di S.E. Andrea MugioneArcivescovo Metropolita di Benevento

“Lasciamoci amare da Dio e accogliamo con gioia il vangelo della carità. Dilatiamo l’impegno del nostro amore secondo il Suo amore. A fianco dei poveri manifestiamo la prossimità di Dio, lasciamoci cambiare il cuore da loro”.

Con queste parole del messaggio alla Chiesa beneventana per il Santo Natale 2011, ho esortato tutti i fedeli a vivere una nuova stagione di carità, basata sullo slancio del cuore e radicata sulla fede, mai appoggiata a tecnicismi e barriere.

Oggi con la presentazione del Dossier della Caritas Diocesana, l’appello si fa ancora più stringente. Non si può stare solo a guardare, un cristiano non è solo l’uomo dell’ascolto, ma anche l’uomo capace di azioni generose, di ricercare nel Vangelo la giusta fantasia per intervenire nella storia secondo la Vocazione che il Signore da a ciascuno di noi.

«Viviamo in una società di paradossi e di contraddizioni. Mentre ci rallegriamo per le conquiste nel campo della tecnica, in ogni settore della scienza, dell’industria, dobbiamo registrare la tragica realtà della povertà, della disoccupazione, dell’ignoranza, della miseria, della violenza alla dignità umana, dell’oppressione alla libertà dell’uomo e ai suoi diritti, a partire dagli attentati alla vita. Abbiamo gli antichi poveri: uomini privi dell’essenziale ed in povertà assoluta o relativa, in povertà socio economica (senza alloggio, senza lavoro, senza mezzi di sussistenza) e in povertà culturale. E abbiamo i nuovi poveri: gli emarginati per la perdita del posto di lavoro senza effettivo riconoscimento civile. La lista degli esclusi, degli isolati, è lunga: cassaintegrati, precari, anziani, orfani, diversamente abili, tossicodipendenti, dimessi dal carcere o ospedali psichiatrici. E non dimentichiamo tutti gli ammalati e i sofferenti non solo privi di salute, ma a volte spogliati anche dell’affetto, di una dignitosa assistenza ed attenzione. Tra i nuovi poveri è doveroso collocare anche i giovani. Qualcuno ha svuotato il loro cuore, ha interrotto i loro sogni, ha tagliato loro le ali della speranza.

Alcuni si sono chiusi in dolorosa solitudine e sono rimasti senza valori e senza entusiasmo per la vita. Molti non riescono a combattere e cedono alle lusinghe di “paradisi artificiali”, come la droga. Saremo giudicati in base ai bicchieri d’acqua versati ai poveri, ai detenuti che saremo andati a trovare, al cibo offerto, agli ammalati visitati (Mt, 25). Queste le azioni che non richiedono competenze particolari se non la fede in Dio padre, che ci fa scoprire tutti

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fratelli e che mette al centro della nostra attenzione di fedeli proprio i fratelli più bisognosi del nostro territorio... Difendendo i nostri giovani da questa malattia morale, difendiamo noi stessi, il nostro futuro, la nostra dignità di uomini”. È chiaro, quindi, che “la povertà non è soltanto privazione di mezzi economici, ma anche privazione sostanziale di diritti e doveri che dovrebbero essere garantiti a tutti i cittadini e lo Stato è l’unica realtà che ha il potere e il dovere di assicurare ad ognuno la piena cittadinanza, di garantire i diritti delle persone così come ha il potere di esigere l’adempimento di doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Altrimenti abbiamo una società malata sotto il profilo etico e incompiuta sul profilo democratico»

(Relazione sull’XI Rapporto sulla Povertà)

Come fratelli non rassegniamoci a una passività colpevole, a una fatalità endemica nel nostro Sud. Impegniamoci nel dare la preferenza ai poveri per collaborare all’opera di liberazione e richiamiamo alla responsabilità gli individui, le comunità ecclesiali e civili, le istituzioni. Noi, cristiani e figli di Dio, chiamati alla sequela del Cristo povero, chiediamo la grazia della Beatitudine evangelica, della povertà volontaria e spirituale! Chiediamo, inoltre, la povertà delle cose perché non soffochino lo spirito, la povertà del cuore perché sia capace di amare Dio, la povertà delle opere perché siano messe a disposizione dei poveri. In attesa di continuare a registrare gesti concreti e significativi, prego il Signore con il grande poeta indiano Tagore:

«Dammi, Signore, la forza di non rinnegare mai il povero, ...di sopportare serenamente gioie e dolori, ...di rendere il mio amore più utile e fecondo, di non piegare le ginocchia di fronte all’insolenza dei potenti»

(dal messaggio natalizio alla Chiesa Beneventana 2011)

I nostri prossimi, oggi, qui in questa nostra Arcidiocesi, sono le persone e le famiglie che non arrivano a fine mese e che non hanno sicurezze per il loro immediato futuro familiare e lavorativo, di cui ci parla il presente dossier. A questi fratelli dovremo giustificare la nostra fede.

Nell’augurare un buon lavoro a tutti coloro che utilizzeranno questo strumento per migliorare le situazioni di difficoltà che attanagliano tanti figli della nostra amata chiesa Beneventana, vi accompagno con la benedizione del Dio fatto uomo e povero, nostro compagno di viaggio e nostra vera ricchezza.

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La Cena di Betania 13

Capitolo 1La Cena di Betaniadi Angelo Moretti

Prima di addentrarci nel commento dei dati e dei grafici che nel capitolo successivo ci restituiranno un’immagine approfondita, e mai completa, della povertà, dell’impoverimento e dell’esclusione nella nostra Diocesi, rubo qualche pagina per una stringente necessità di raccontare, che non consente di scrivere altro se non prima questo episodio.

Un volontario della Caritas Diocesana mi ha raccontato la sua cena della sera del primo gennaio 2012, la sera del capodanno. Era seduto a cena con persone di un’importanza determinante per il nostro futuro. Uomini che potrebbero valutare da qui ai prossimi cinquant’anni anni lo stato di salute della nostra civiltà. Sono uomini che testimoniano le falle inesauribili del sistema sociale, che sulla loro carne e con la loro carne parlano a noi tutti normodotati, casadotati, lavorodotati, affettodotati, ricordandoci tutta la precarietà del nostro essere.

Quel volontario era a casa Betania, in via Marco da Benevento, 8-10, una struttura non conosciuta all’anagrafe dei servizi sociali né sanitari, non presente su alcun sito internet, non convenzionata con alcuno, sostenuta dai suoi stessi ospiti, dalla Caritas, dalla gente di buona volontà che vuole che Betania esista, anche senza fare troppo rumore. Come la Betania narrata dai Vangeli, non un ostello, ma una casa degli amici dove Gesù sa che può fermarsi quando vuole, può piangere per un amico, può ascoltare e vedere litigare due sorelle nella loro quotidianità. Betania è l’insieme di 4 mura strappate ad una scuola, 200 metri quadri altrimenti inutilizzati, 8 posti letto, un miracolo beneventano. Dal 2004 sono passati in essa un’umanità interessante e ricca: da Michael, il primo ospite, monaco ortodosso viandante con problemi e risorse straordinari, ad Alfred, scampato al terrore del Sudan, e poi Vita, Maria, Flora, che hanno trascorso a Betania mesi di ospitalità quando ogni porta sembrava chiusa per sempre alle loro esistenze schizofreniche e ricche.

A capodanno del 2012 alla tavola di Betania era seduto Vincent, che ha attraversato il deserto del Sahara per arrivare in Italia, lasciando lì la sua famiglia, a soli 12 anni. Arrivato per vie traversissime a Benevento, accolto in casa famiglia a carico del Comune di Benevento fino a 21 anni e poi fuori nella jungla per raggiungimento dei limiti di età. Passa le sue giornate in attesa di una chiamata al lavoro, ascoltando musica ghanese, mettendo da parte le briciole da inviare alla mamma. Vive come un missionario la sua vita a Benevento, in mezzo a pochi amici che ne hanno apprezzato l’innocenza, non si confonde con la gente, ha passato qui quasi la metà della sua giovane vita eppure sembra arrivato ieri, ed ancora senti con lui l’odore del deserto quando scappando pensava a quando sarebbe ritornato, ed ancora oggi ci pensa.

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Capitolo I14

Seduto a fianco a lui Adriano, attende una risposta importante. La sua causa di lavoro è durata anni, oggi è tutto finito, non ha più un lavoro, non ha più casa né famiglia, e vive in attesa che lo Stato, il suo ex datore di lavoro, gli liquidi finalmente il Tfr (trattamento di fine rapporto). Dovrebbe avvenire a gennaio di quest’anno, questo gennaio, ma il tempo che lo separa da quel giorno sembra infinito. Questi anni di giudizio per difendere la sua posizione lavorativa l’hanno ridotto senza più un soldo in tasca, a dormire dove capita, nei vagoni, nei garage prestati dagli amici, oggi a Betania. Oggi egli accetta con serenità di aver perso la battaglia legale, ma vuole che arrivi subito il giorno in cui gli liquidino ciò che gli hanno comunque riconosciuto, mentre da un anno e mezzo ogni forma di sostentamento gli era stata tolta. Vorrebbe avere quei pochi euro che gli consentirebbero di arrivare a trovare i figli in questi giorni di festa, ma quei pochi euro sono un ostacolo insormontabile e la cena la passa a Betania, tra sconosciuti, che comunque riscaldano la sua giornata con una provvisoria amicizia, autentica, come quelle che rendono belle anche le guerre e le trincee.

Dall’altra parte del tavolo siedono Moslem, anche lui ghanese (davvero piccolo il mondo!) e suo cugino, venuto in visita per le feste. Moslem è uscito solo un mese fa dalla casa circondariale di Capodimonte, dopo essere stato arrestato 4 anni fa a Milano. Condannato? No, in attesa di giudizio. Moslem ha passato 4 anni in carcere, i primi due nella sezione A.S., alta sicurezza, in attesa che lo si giudicasse. Poi si sono accorti che 4 anni erano passati, il limite massimo per una custodia cautelare, ed allora gli hanno ridato una libertà con obbligo di firma. Moslem ci ha messo la firma. Ed oggi vive a Betania, aiutato da un suo passeggero compagno di cella, che per soli tre mesi ha condiviso e conosciuto il travaglio umano di Moslem, tanto appassionato a lui da curarsene come di un fratello minore, una volta fuori dal penitenziario.

La serata è andata giù liscia, mi ha detto il volontario, tra il pollo per chi era islamico ed il cotechino per la parte cristiana della casa. L’atmosfera era davvero serena e conviviale. Un consorzio umano improvviso ed imprevedibile ha condiviso il primo giorno dell’anno in una casa di proprietà delle Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli, adibita a scuola.

Niente emozioni straordinarie, solo il miracolo di riscoprirsi fratelli. Ognuno bisognoso dell’altro, il volontario in primis, che non sapeva di essere in cerca di quella cena, di quel momento, in cui come i discepoli di Emmaus ha riconosciuto Cristo in un pane spezzato che pensava di aver portato lui ed invece era di tutti, già prima di quella cena. Il pane della fratellanza, che non entrerà in alcun grafico, perché non si pesa, non si compra, non si dona, si può solo spezzare.

Mentre quei poveri non avranno mai soluzione, non ci sarà una società perfetta che ci metterà al riparo da un deserto, da un errore giudiziario, da un Tfr che non arriva. Ci potrà essere solo un gesto fraterno che possa annullare le sofferenze inutili, che ristori dal deserto, che incoraggi negli assurdi tempi di attesa che una società imperfetta porterà sempre con sé, come sacche di distrazione. In cui i beni relazionali vengono distratti e sottratti in virtù di un principio teorico di funzionamento del welfare, della protezione sociale, in cui chi non vi rientra semplicemente non esiste.

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La Cena di Betania 15

Quel volontario ha raccontato la sua gande scoperta. La frase evengelica così controversa “i poveri li avrete sempre con voi” non è né un augurio ironico di Gesù né una condanna eterna, semplicemente l’invito a guardarsi sempre intorno, perché non vi sarà epoca né luogo che potrà fare a meno di gesti fraterni verso i più poveri che vivono in mezzo a noi.

Vincent, Adriano e Moslem potranno giudicare il nostro dossier sulle povertà del 2050, monitorando quante Betania saranno allora aperte nella nostra Diocesi, quanti fratelli caduti in disgrazia hanno trovato accoglienza, come alle Querce di Mamre, senza doversi giustificare di nulla. Quanti pescatori hanno condiviso il pane con il peccatore, senza giudicarlo.

Quanto di Betania sarà ancora presente in loro per la Resurrezione della loro vita.

Page 17: Dossier caritas 2011

16

Page 18: Dossier caritas 2011

Un anno di ascolto. Indagine sulla povertà e l’impoverimento 17

Capitolo 2Un anno di ascolto.

Indagine sulla povertà e l’impoverimento

I dati che di seguito illustriamo sono il risultato di un intenso anno di lavoro del Centro Ascolto Diocesano. Le persone e le famiglie di cui la Caritas Diocesana si prende carico, attraverso i suoi servizi, sono molte di più di quelle di cui, nel presente studio, riportiamo le risultanze statistiche. Basti pensare ai circa 10.000 pacchi alimentari AGEA distribuiti a 79 Caritas parrocchiali ed a tutto il lavoro di orientamento ed informazione, paziente e certosino, che le volontarie del Centro Ascolto Migrantes ogni giorno offrono agli stranieri, circa 500 colloqui nell’anno appena trascorso.

I dati che danno la sostanza al nostro Dossier 2011 sono basati su 642 storie personali/familiari. Sono le persone e le famiglie che si son rivolte al nostro Centro Ascolto nell’anno 2011, si sono sedute di fronte a noi e prima di chiedere una mano hanno parlato di sé, delle proprie paure e delle loro speranze, dei propri figli e dei propri nonni, di una casa con l’affitto troppo alto, di uno sfratto imminente, di un licenziamento più o meno improvviso.

Un focus particolare all’interno di questo campione è stato poi realizzato su quel gruppo di utenti, circa il 50% del totale, che si è rivolta alla Caritas Diocesana per poter usufruire del servizio Market Solidale, in collaborazione con la Provincia ed il Comune di Benevento. A questi, infatti, è stato somministrato il test Zero Poverty elaborato dalla Caritas di Zurigo ed utilizzato dalla Caritas Italiana per l’indagine sulle caratteristiche multidimensionali della povertà, nell’anno 2010, anno europeo contro l’esclusione sociale e la povertà.

Alle persone che si sono rivolte alla Caritas Diocesana gli operatori sociali, preparati per l’accoglienza e l’orientamento degli utenti, hanno somministrato una scheda informativa, da cui oggi possiamo trarre le informazioni utili a poter descrivere, in questa prima parte, le condizioni di povertà, precarietà ed esclusione in cui molti nostri fratelli versano.

Page 19: Dossier caritas 2011

Capitolo II18

I nuclei familiariIl dato deve essere ben interpretato. Le persone che sono venute al Centro Ascolto,

infatti, sono state soprattutto esponenti di nuclei familiari che si sono “esposti” nel ri-volgersi alla Caritas, vincendo anche una piccola vergogna che molti si portano dietro. Come se chiedere una mano sia un’onta, un fallimento. Per cui il dato che risulta, cioè che sia ben maggiore il numero di donne richiedenti, rispetto agli uomini, sta a signi-ficare non tanto una maggioranza della povertà femminile su quella maschile, quanto che siano state quest’ultime, a nome della loro famiglia a venire al Centro Ascolto.

Nell’ottica della sociologia relazionale di Pierpaolo Donati1 il nostro Centro ha ascoltato ed è intervenuto non a favore di 642 individui presi a sé, ma a favore di 642 madri, padri, figli, nonni, sposi, ecc.

Per radiografare fin da subito la consistenza del dato relazionale (in quale conte-sto familiare è inserito l’utente che è venuto al CdA), vediamo le tabelle dello stato civile e del carico dei figli minori:

1 P. Donati, Introduzione alla sociologia relazionale, Milano, 1983

SessoValore

assoluto%

Femminile 378 58,88

Maschile 264 41,12

Totale 642 100,00

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Page 20: Dossier caritas 2011

Un anno di ascolto. Indagine sulla povertà e l’impoverimento 19

Stato civileValore

assoluto%

Celibe o nubile 70 10,90

Coniugato/a 336 52,34

Separato/a legalmente 95 14,80

Divorziato/a 20 3,12

Vedovo/a 30 4,67

ůƚƌŽŽŶǀŝǀĞŶƟ 45 7,01

EŽŶƐƉĞĐŝĮĐĂƚŽ 46 7,17

Totale 642 100,00

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ŝƐƚƌŝďƵnjŝŽŶĞƉĞƌƐƚĂƚŽĐŝǀŝůĞ

Page 21: Dossier caritas 2011

Capitolo II20

Stato civile&ŝŐůŝŵŝŶŽƌŝĐŽŶǀŝǀĞŶƟ

Figli 0 Figli 1 Figli 2 Figli 3 Figli 4 e più Totale

Celibe o nubile 54 4 9 3 0 70

Coniugato 98 70 106 40 22 336

Separato legalmente 42 19 21 11 2 95

Divorziato 15 2 3 0 0 20

Vedovo 20 2 6 2 0 30

ůƚƌŽŽŶǀŝǀĞŶƟ 16 7 11 7 4 45

EŽŶƐƉĞĐŝĮĐĂƚŽ 31 8 6 1 0 46

Totale 276 112 162 64 28 642

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ŽŶŝƵŐĂƚŽ

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ŝǀŽƌnjŝĂƚŽ

sĞĚŽǀŽ

ůƚƌŽŽŶǀŝǀĞŶƟ

EŽŶƐƉĞĐŝĮĐĂƚŽ

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^ƚĂƚŽĐŝǀŝůĞĞĮŐůŝŵŝŶŽƌŝĐŽŶǀŝǀĞŶƟ

Page 22: Dossier caritas 2011

Un anno di ascolto. Indagine sulla povertà e l’impoverimento 21

Il quadro è piuttosto chiaro: è la condizione di coppia a farla da padrona. Il dato più alto rispetto allo stato civile sono le coppie coniugate, che spiccano sul resto delle condizioni di vita (il 56,38% dei casi), subito dopo vengono le coppie separate e divorziate (il 19% dei casi). 132 sono invece le persone senza figli e che non vivono una relazione di coppia stabile, o perché celibi/nubili o perché separati/divorziati o perché vedovi. Nell’universo dei celibi si consideri il dato dell’età, poiché al Centro Ascolto pervengono persone di tutte le età.

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Classe di etàValore

assoluto%

15 - 18 anni 1 0,16

19 - 24 anni 21 3,34

25 - 34 anni 124 19,75

35 - 44 anni 187 29,78

45 - 54 anni 200 31,85

55 - 64 anni 63 10,03

65 - 74 anni 28 4,46

75 e oltre 4 0,64

Totale 628 100,00

Dato mancante 2,18%

Page 23: Dossier caritas 2011

Capitolo II22

Secondo i canoni europei2 la fascia giovanile, la fascia cioè di coloro che ancora non sono pervenuti ad una condizione stabile di vita (caratterizzata dal metter su famiglia, avere un lavoro più o meno definito ed una corrispondente indipendenza economica ed organizzativa), va dalla maggiore età fino ai 30-35 anni. Il Centro Ascolto ha avuto tra i suoi utenti un buon 24% caratterizzato da giovani, persone che dunque vivono la condizione di figli di famiglia e che probabilmente si sono rivolti alla Caritas proprio per essere aiutati a mettere le basi per il proprio futuro, per compiere quel salto di “stato”, dall’età giovanile a quella adulta, che è premessa essenziale perché un uomo, una vita, possa sentirsi in cammino verso la realizzazione della propria esistenza. È interessante altresì notare che il gruppo di utenti più numeroso rispetto alla classe di età sia quello dell’età media, dai 35 ai 54 anni, quando quella stabilità che si desiderava, molte volte si agognava, non è arrivata.

Collegando la presenza di tanti adulti al dato di tutte quelle persone sposate, o già sposate ed oggi separate, che hanno zero figli, possiamo leggere questa mancanza di fertilità come legata non solo ad una precarietà di natura sentimentale/affettiva3 , la precarietà dei sentimenti e della durevolezza degli stessi, se non incardinati su va-lori e radici profonde, ma anche ad una condizione generalizzata di precarietà di vita, vissuta per alcuni come una sfida da accettare, per altri come una minaccia troppo pericolosa per programmare il proprio futuro.

La ProvenienzaLa città di provenienza degli utenti al Centro Ascolto dimostra che il Centro

è riconosciuto come luogo di sostegno soprattutto dagli autoctoni. Gli stranieri prediligono i servizi di orientamento al lavoro e di orientamento ai servizi.

2 Cfr. su www.agenziagiovani.it3 Cfr. Bauman, Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi, Laterza, 2006 ed anche l’ottimo saggio di Beck-Gernsheim, Il normale caos dell’amore, Bollati Boringhieri, 2008

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ŝƐƚƌŝďƵnjŝŽŶĞƉĞƌĐŝƩĂĚŝŶĂŶnjĂ

Page 24: Dossier caritas 2011

Un anno di ascolto. Indagine sulla povertà e l’impoverimento 23

Prima di addentrarci nella descrizione dei dati maggiormente qualitativi dei 642 utenti intervistati al Centro Ascolto Caritas, possiamo chiudere questa prima carrellata di dati con una sintesi.

Prima sintesi dei datiAl Centro Ascolto della Caritas Diocesana sono venute essenzialmente famiglie,

ed in una discreta parte giovani ancora legati alle famiglie d’origine. Sono venuti i beneventani, dunque non fratelli bisognosi di passaggio, ma persone e famiglie della nostra terra: una richiesta di aiuto che non perviene da chi occasionalmente passa di qui, ma da chi vive, lavora e mette su famiglia nella nostra Arcidiocesi.

Le condizioni di vitaCon lo studio presente ci siamo interrogati su quale fosse la condizione di vita

degli utenti, rispetto alle variabili più importanti: l’istruzione, il lavoro, la salute, la casa, i bisogni in genere.

ŝƩĂĚŝŶĂŶnjĂ Valore

assoluto%

ŝƩĂĚŝŶĂŶnjĂ/ƚĂůŝĂŶĂ 606 94,39

ŝƩĂĚŝŶĂŶnjĂŶŽŶ/ƚĂůŝĂŶĂ 14 2,18

EŽŶƐƉĞĐŝĮĐĂƚŽ 22 3,43

Totale 642 100,00

Provincia

ĚŝƌĞƐŝĚĞŶnjĂValore

assoluto%

Pesaro 1 0,16

Benevento 572 89,10

Avellino 55 8,57

Campobasso 1 0,16

Palermo 1 0,16

Ragusa 2 0,31

EŽŶƐƉĞĐŝĮĐĂƚŽ 10 1,56

Totale 642 100,00

Dato mancante 1,56%

Page 25: Dossier caritas 2011

Capitolo II24

Rispetto al lavoro

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ŽŶĚŝnjŝŽŶĞƉƌŽĨĞƐƐŝŽŶĂůĞƉĞƌƐĞƐƐŽ

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&ĞŵŵŝŶŝůĞ

Classi

di età

ŽŶĚŝnjŝŽŶĞƉƌŽĨĞƐƐŝŽŶĂůĞ

Occupato DisoccupatoLeva o

SCVCasalinga Pensionato

Altro /

Lavoro nero

Non

ƐƉĞĐŝĮĐĂƚŽ Totale

15 - 34 anni 3 107 0 0 0 21 15 146

35 - 64 anni 17 295 2 5 6 79 45 449

65 e oltre 0 14 0 0 15 2 2 32

Non

ƐƉĞĐŝĮĐĂƚŽ 1 7 0 0 0 1 5 14

Totale 21 423 2 5 21 103 67 642

Il dato che emerge è, come probabilmente ci si aspettava, che la stragrande mag-gioranza delle famiglie utenti vivono una condizione di disoccupazione. Abbiamo anzi potuto constatare che la condizione del lavoro nero è vista come una “fortu-na” per la maggior parte delle famiglie, l’orizzonte possibile e più concretamente raggiungibile. È capitato non di rado sentir parlare di disoccupazione di fronte alla perdita di un lavoro che lavoro già non era, o meglio di un lavoro che mai era stato regolarizzato. Sono le numerose maestranze di aziende edili in crisi, operai non spe-cializzati che fino a qualche anno fa “arrangiavano” e non ritenevano un passaggio necessario o doveroso un contratto a tempo indeterminato o determinato che fos-

Page 26: Dossier caritas 2011

Un anno di ascolto. Indagine sulla povertà e l’impoverimento 25

Sesso

ŽŶĚŝnjŝŽŶĞƉƌŽĨĞƐƐŝŽŶĂůĞ

Occupato DisoccupatoLeva o

SCVCasalinga Pensionato

Altro /

Lavoro nero

Non

ƐƉĞĐŝĮĐĂƚŽ Totale

Femminile 12 256 1 5 10 59 35 378

Maschile 9 168 1 0 11 43 32 264

Totale 21 424 2 5 21 102 67 642

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se, che oggi vivono aspettando una possibile chiamata, ed arrivano in Caritas molte volte già indebitate oltremisura, nella speranza che il lavoro interrotto prima o poi riprendesse, come capitava negli anni passati. L’età spesso non gioca a loro favore. La maggior parte dei disoccupati, oltre il 50% del totale, è nella fascia dell’età adulta. Una età difficilissima, l’unica speranza sembra essere la mobilità, partire per un nord molte volte più immaginario che reale.

Ma non è facile partire se i tuoi figli e tua moglie non godono delle minime certez-ze, se si vive il rischio di uno sfratto imminente, se non sai come faranno i tuoi bam-bini a pagarsi i buoni mensa alla scuola elementare o i libri scolastici, mentre tu sei in cerca di lavoro al nord. Inoltre l’età adulta e la famiglia a carico sono condizioni di vita spesso accompagnate da una mancanza di specializzazione, che non consente una ri-progettazione del proprio inserimento lavorativo. Così che molti cominciano a pensare ad un nord ancora più lontano, la Germania, o almeno la Svizzera.

Page 27: Dossier caritas 2011

Capitolo II26

Figli minori

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ŽŶĚŝnjŝŽŶĞƉƌŽĨĞƐƐŝŽŶĂůĞ

Occupato Disoccupato/a Pensionato/aAltro /

Lavoro neroTotale

ϬĮŐůŝ 10 171 21 31 233

ϭĮŐůŝ 5 76 0 20 101

ϮĮŐůŝ 5 111 0 34 150

ϯĮŐůŝ 0 48 0 10 58

ϰĮŐůŝĞƉŝƶ 1 18 0 7 26

Totale 21 424 21 102 568

Ϭ ϱϬ ϭϬϬ ϭϱϬ ϮϬϬ

ϬĮŐůŝ

ϭĮŐůŝ

ϮĮŐůŝ

ϯĮŐůŝ

ϰĮŐůŝĞƉŝƶ

ŽŶĚŝnjŝŽŶĞƉƌŽĨĞƐƐŝŽŶĂůĞĞĮŐůŝŵŝŶŽƌŝĐŽŶǀŝǀĞŶƟ

ůƚƌŽ >ĂǀŽƌŽŶĞƌŽ

WĞŶƐŝŽŶĂƚŽĂ

ŝƐŽĐĐƵƉĂƚŽĂ

KĐĐƵƉĂƚŽ

Page 28: Dossier caritas 2011

Un anno di ascolto. Indagine sulla povertà e l’impoverimento 27

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KĐĐƵƉĂƚŽ

ŝƐŽĐĐƵƉĂƚŽĂ

WĞŶƐŝŽŶĂƚŽĂ

ůƚƌŽ >ĂǀŽƌŽŶĞƌŽ

ŽŶĚŝnjŝŽŶĞƉƌŽĨĞƐƐŝŽŶĂůĞĞŝƐƚƌƵnjŝŽŶĞ

ůƚƌŽ ŝƉůƵŶŝǀ>ĂƵƌĞĂ >ŝĐĞŶnjĂŵĞĚŝĂƐƵƉĞƌŝŽƌĞ

ŝƉůƉƌŽĨĞƐƐŝŽŶĂůĞ >ŝĐĞŶnjĂŵĞĚŝĂŝŶĨĞƌŝŽƌĞ >ŝĐĞŶnjĂĞůĞŵĞŶƚĂƌĞ

ŶĂůĨĂďĞƚĂ EĞƐƐƵŶƟƚŽůŽ

/ƐƚƌƵnjŝŽŶĞŽŶĚŝnjŝŽŶĞƉƌŽĨĞƐƐŝŽŶĂůĞ

Occupato Disoccupato/a Pensionato/aAltro /

Lavoro neroTotale

Analfabeta /

EĞƐƐƵŶƟƚŽůŽ 0 22 4 3 29

Licenza elementare 2 90 8 27 127

Licenza media

inferiore5 231 4 47 287

Diploma professionale 2 24 1 8 35

Licenza media

superiore1 28 1 8 38

Diploma universitario /

Laurea1 4 1 3 9

Altro 0 1 0 1 2

Totale 11 400 19 97 527

Page 29: Dossier caritas 2011

Capitolo II28

Rispetto all’istruzione

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ŶĂůĨĂďĞƚĂ EĞƐƐƵŶƟƚŽůŽ

>ŝĐĞŶnjĂĞůĞŵĞŶƚĂƌĞ

>ŝĐĞŶnjĂŵĞĚŝĂŝŶĨĞƌŝŽƌĞ

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>ŝĐĞŶnjĂŵĞĚŝĂƐƵƉĞƌŝŽƌĞ

ŝƉůŽŵĂƵŶŝǀĞƌƐŝƚĂƌŝŽ

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ůƚƌŽ

/ƐƚƌƵnjŝŽŶĞ

Il dato più impressionante è forse quello restituito dall’indagine sull’istruzione. Gli utenti del Centro Ascolto soffrono al tempo stesso di mancanza di un’istruzione specializzata e mancanza di lavoro. Somministrando il test Zero Poverty gli operatori si sono spesso trovati nella difficoltà di non sapere come classificare le risposte, poiché il livello minimo pensato da chi aveva elaborato il test a Zurigo era la scuola dell’obbligo, mentre non era per niente infrequente che la persona seduta di fronte non aveva raggiunto neanche la licenza media. 169 persone senza licenza media (il 30% del totale) non sono poche se si considera che l’età media degli intervistati non è quella degli anziani

ultrassessantacinquenni ma quella degli adulti, che sono cresciuti lontani dalle guerre, addirittura nell’epoca del famoso boom economico degli anni ’70 ed ’80. Così come si provava imbarazzo a chiedere se l’utente, disoccupato da anni, avesse mai frequentato un corso di specializzazione, una formazione regionale. Sono domande che sembrano venire da un altro pianeta, poiché la formazione è vista come un lusso per chi deve lottare per il pane quotidiano. Le aree di vita: lavoro ed istruzione, sono certamente aree altamente problematiche per la maggioranza degli utenti.

/ƐƚƌƵnjŝŽŶĞ Valore

assoluto%

ŶĂůĨĂďĞƚĂEĞƐƐƵŶƟƚŽůŽ 30 5,20

Licenza elementare 139 24,09

Licenza media inferiore 314 54,42

Diploma professionale 40 6,93

Licenza media superiore 42 7,28

Diploma universitario 1 0,17

Laurea 8 1,39

Altro 3 0,52

Totale 577 100,00

Page 30: Dossier caritas 2011

Un anno di ascolto. Indagine sulla povertà e l’impoverimento 29

/ƐƚƌƵnjŝŽŶĞ 15 - 34 anni 35 - 64 anni 65 e oltreNon

ƐƉĞĐŝĮĐĂƚŽ Totale

Analfabeta /

EĞƐƐƵŶƟƚŽůŽ 0 23 4 1 30

Licenza elementare 11 115 12 1 139

Licenza media inferiore 89 214 7 3 313

Diploma professionale 14 23 1 2 40

Licenza media superiore 16 24 1 1 42

Diploma universitario 2 6 1 0 9

Laurea 1 2 0 0 3

Altro 14 42 6 6 66

Totale 147 449 32 14 642

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/ƐƚƌƵnjŝŽŶĞƉĞƌĐůĂƐƐŝĚŝĞƚă

ůƚƌŽ >ĂƵƌĞĂ ŝƉůƵŶŝǀĞƌƐŝƚĂƌŝŽ

>ŝĐĞŶnjĂŵĞĚŝĂƐƵƉĞƌŝŽƌĞ ŝƉůƉƌŽĨĞƐƐŝŽŶĂůĞ >ŝĐĞŶnjĂŵĞĚŝĂŝŶĨĞƌŝŽƌĞ

>ŝĐĞŶnjĂĞůĞŵĞŶƚĂƌĞ ŶĂůĨĂďĞƚĂ EĞƐƐƵŶƟƚŽůŽ

Page 31: Dossier caritas 2011

Capitolo II30

Rispetto alla Casa, alla Salute ed ai Bisogni in genereCon l’analisi dei bisogni, divisi per macrovoci: Abitazione/Salute/Lavoro/Famiglia/

Dipendenze/Detenzione e giustizia/Problemi economici ed ancora Lavoro ed Istruzione vengono esplorate le situazioni di vita problematiche che hanno spinto le persone/famiglie a rivolgersi al Centro Ascolto. Chiaramente il dato non è più su 642 utenti, ma sull’universalità dei bisogni che questi hanno espresso.

Il confronto è schiacciante: le famiglie vengono al Centro Ascolto a chiedere aiuto perché spinte dalla mancanza di reddito e dalla mancanza di lavoro. Subito dopo vengono i problemi della salute, dell’abitazione e della famiglia.

Questo dato fa riflettere su alcune condizioni di Welfare che ancora tengono, per coloro che anni fa sono riusciti ad entrare in un regime di protezione sociale, o perché beneficiari di un alloggio popolare o perché hanno avuto la possibilità di ricevere assistenza sanitaria pubblica, anche specialistica, in caso di malattia. Sono dati che fanno riflettere sulla Famiglia, come risorsa relazionale primaria, che ancora tiene nonostante l’incremento di separazioni e divorzi. Fanno riflettere sulla circostanza per cui la Caritas è vista dalle famiglie come risorsa ultima quando il Welfare presenta le sue falle: cosa succede ad una famiglia se il capofamiglia non lavora, se le utenze costano troppo, i libri scolastici non sono accessibili, i buoni mensa non sono acquistabili?

E la riflessione diventa allarmante preoccupazione se si pensa ad una nuova stagione in cui le spese per le case popolari e per la salute vorrebbero essere riviste, ma al ribasso, con un rischio di conseguenze disastrose nell’eventualità in cui le famiglie povere di domani dovessero pagarsi anche le spese per la salute e per la casa.

Page 32: Dossier caritas 2011

Un anno di ascolto. Indagine sulla povertà e l’impoverimento 31

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WƌŽďůĞŵĂƟĐŚĞĂďŝƚĂƟǀĞ 13 25 0 38 3,45

ĞƚĞŶnjŝŽŶĞĞŐŝƵƐƟnjŝĂ 3 7 0 10 0,91

Dipendenze 0 7 0 7 0,64

Problemi familiari 12 16 5 33 3,00

Handicap e salute 11 55 13 79 7,18

Problemi di istruzione 1 7 1 9 0,82

Problemi occupazionali 116 346 14 476 43,27

Povertà / Problemi economici 97 320 25 442 40,18

Altri problemi 2 4 0 6 0,55

Totale 255 787 58 1100 100

Page 33: Dossier caritas 2011

Capitolo II32

Foranie Belvedere Caudina Fortorina Irpina ^ĂďĂƟŶĂ Tammaro Vitulanese Benevento

WƌŽďůĞŵĂƟĐŚĞĂďŝƚĂƟǀĞ 1 3 1 1 0 2 1 22

Detenzione e

ŐŝƵƐƟnjŝĂ 0 1 0 0 1 0 0 9

Dipendenze 1 0 0 0 0 0 0 7

Problemi

familiari2 1 0 0 4 0 0 21

Handicap e

salute2 14 2 4 5 0 3 40

Problemi di

istruzione0 1 0 0 1 0 1 3

Problemi

occupazionali16 58 17 8 27 13 20 208

Povertà / Problemi

economici15 42 14 6 28 13 16 215

Altri problemi 1 0 1 0 0 0 0 3

Totale 38 120 35 19 66 28 41 528

Le aree di bisogno e le aree geografiche dell’ArcidiocesiAbbiamo provato ad indagare se la distribuzione cambiasse in base alla zona

di provenienza. L’Arcidiocesi di Benevento è suddivisa in 8 zone pastorali (Belvedere, Caudina,

Fortorina, Irpina, Sabatina, Tammaro, Vitulanese, Benevento), per una popolazione complessiva di circa 266.230 abitanti ed un’estensione territoriale di 1.691 Km2.

Page 34: Dossier caritas 2011

Un anno di ascolto. Indagine sulla povertà e l’impoverimento 33

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Page 35: Dossier caritas 2011

Capitolo II34

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Page 36: Dossier caritas 2011

Un anno di ascolto. Indagine sulla povertà e l’impoverimento 35

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Page 37: Dossier caritas 2011

Capitolo II36

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Page 38: Dossier caritas 2011

Un anno di ascolto. Indagine sulla povertà e l’impoverimento 37

Anche suddivise per foranie, la classifica resta la stessa: in testa restano i problemi economici ed il lavoro.

Due areee problematiche fortemente ed intrinsecamente correlate, come dimostra il seguente grafico:

Page 39: Dossier caritas 2011

Capitolo II38

Focus su lavoro e redditoVista la centralità di queste due aree problematiche, le esploriamo con

l’approfondimento delle micro-voci in cui le abbiamo suddivise al Centro Ascolto.

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Page 40: Dossier caritas 2011

Un anno di ascolto. Indagine sulla povertà e l’impoverimento 39

I dati si dividono praticamente in due tra chi non ha alcun reddito e chi non arriva fine mese, i casi di povertà procedono linearmente in base alla consistenza del nucleo familiare.

Numero

ĐŽŶǀŝǀĞŶƟReddito

ŝŶƐƵĸĐŝĞŶƚĞNessun

redditoPovertà

Povertà

estrema Altro Totale

0 33 49 3 3 0 88

1 19 16 0 0 0 35

2 44 36 2 1 1 84

3 73 45 3 2 2 125

4+ 61 48 2 1 3 115

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Page 41: Dossier caritas 2011

Capitolo II40

Numero

ĐŽŶǀŝǀĞŶƟ ŝƐŽĐĐƵƉĂnjŝŽŶĞ Lavoro nero >ŝĐĞŶnjŝĂŵĞŶƚŽ Altro Totale

0 78 15 3 3 99

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2 64 21 0 0 85

3 92 39 4 1 136

4+ 92 34 1 3 130

Totale 356 112 9 7 486

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Page 42: Dossier caritas 2011

Un anno di ascolto. Indagine sulla povertà e l’impoverimento 41

Sintesi ConclusivaCome si può notare il problema della mancanza del lavoro non è strettamente

legato ad un licenziamento, ma ad una condizione di disoccupazione di lunga durata o ad uno stato di disoccupazione non conseguente ad un licenziamento poiché trattasi di disoccupazione da lavoro nero.

Segnaliamo come altamente problematica la condizione di coloro che si trovano nella fase adulta della vita, tra i 35 ed i 65 anni, che hanno tre figli a carico e si trovano in uno stato di disoccupazione di lunga durata, con un reddito pari a zero o un reddito insufficiente proveniente dal lavoro nero, e con una bassa istruzione.

A differenza di altri fratelli che si trovano nella fascia giovanile, dove è possibile una mobilità notevole, ed è ancora possibile specializzarsi e ri-convertirsi per un nuovo mestiere, o nella fascia anziana, ancora in una condizione di protezione da Welfare, questi fratelli sono in una condizione di allarmante “calo di speranza”, come ha affermato Benedetto XVI il 24 novembre scorso all’incontro in San Pietro con tutte le Caritas Diocesane di Italia.

A questi fratelli dobbiamo una risposta di solidarietà, una fantasia della carità che promuova la dignità e restituisca loro la speranza di una vita serena, fuori da una condizione di continuo affanno e preoccupazione, una condizione che sembra togliere l’aria ai progetti di sviluppo personale e familiare.

Classi

di età

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35 - 64 anni 17 295 2 5 6 79 45 449

65 e oltre 0 14 0 0 15 2 2 32

Non

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Totale 21 423 2 5 21 103 67 642

Page 43: Dossier caritas 2011

Capitolo II42

Page 44: Dossier caritas 2011

Focus: Analisi multidimensionale della povertà 43

Capitolo 3Focus: Analisi multidimensionale della povertà

Nel presente capitolo abbiamo focalizzato l’attenzione su un campione particolare dell’universo degli utenti del Centro Ascolto. Si tratta delle 387 famiglie che sono entrate nella graduatoria della Provincia e del Comune di Benevento e che possono fruire della card del Market Solidale1.

La differenza sostanziale tra il campione del Market Solidale e quello generale dei fratelli che si sono rivolti al centro Ascolto è dato dalla pre-selezione dell’utenza. Al Market, infatti, possono accedere unicamente i nuclei familiari che siano residenti nella Provincia di Benevento e che abbiano un ISEE pari o inferiore a 2.000,00 euro. Per rientrare nella graduatoria, poi, sono titoli preferenziali il numero di figli minori conviventi e la presenza nel nucleo familiare di persone diversamente abili.

Il campione si distingue dunque per due ragioni: » per essere fortemente caratterizzato da uno stato di povertà assoluta o di

fortissima insufficienza del reddito, tanto da rendersi necessario un aiuto nell’acquisizione dei beni alimentari, considerati essenziali nel Paniere Istat;

» perché nel campione rientrano non solo i fratelli dell’Arcidiocesi di Benevento, ma anche famiglie provenienti dalla Diocesi di Cerreto Sannita (appartenenti alla Provincia di Benevento), mentre non vi accedono gli abitanti della Zona Irpina, che invece usufruiscono del progetto Procarnet della Provincia di Avellino2.

Alle 387 famiglie che hanno ottenuto la card abbiamo sottoposto l’intervista sull’analisi multidimensionale della povertà elaborata dalla Caritas di Zurigo ed adottata da Caritas Italiana nel 2010, anno europeo della lotta alla povertà ed all’esclusione sociale3.

Teoria della multidimensionalità della povertà e dell’esclusione socialeLa teoria che è dietro all’analisi multidimensionale della povertà è

l’inquadramento del fenomeno “povertà” in termini non solo quantitativi (basato sulle variabili meramente economiche delle dimensioni di povertà), ma qualitativi. Nella prospettiva multidimensionale la povertà interroga alla radice le società europee ed il loro modello di “sviluppo e coesione sociale”4.

1 Per un approfondimento del servizio Market Solidale cfr. Scheda B del presente volume2 Cfr. Scheda B del presente volume3 A. Tosolini, Zero Poverty Agisci Ora, Città Nuova, 20104 Caritas Europa, Poverty Paper Parte A - Un Approccio analitico, disponibile su www.caritasitaliana.it

Page 45: Dossier caritas 2011

Capitolo III44

Secondo lo studioso Maurizio Franzini lo studio della povertà non può basarsi unicamente sull’entità quantitativa del fenomeno, per cui si parla abitualmente di indici alti o bassi di povertà in certi territori piuttosto che in altri, ma andrebbe per il futuro incentrato sull’entità etica e valoriale. La povertà dovrebbe essere descritta non con gli indicatori alta/bassa, ma con i riferimenti etici dell’accettabile e dell’inaccettabile5. «Le disuguaglianze -scrive Franzini- sono lo specchio del “carattere” di una società, ne riflettono le dinamiche economiche, le relazioni sociali, i valori culturali, le scelte politiche e l’articolazione del potere. Le disuguaglianze, anche soltanto quelle economiche, sono un criterio essenziale per valutare il progresso civile e sociale del paese»6. Sulla stessa lunghezza d’onda uno dei più affermati sociologi economici, in uno dei suoi ultimi studi, ha teorizzato che la crisi del denaro che ha colpito la società europea e mondiale negli ultimi anni, non andrebbe vista come risultato di una crisi economica, quanto come una crisi degli standard di civiltà, una regressione degli stadi di coesione sociale a cui eravamo arrivati in epoche in cui l’economia non era più forte o solida di oggi, mentre resisteva la solidarietà interna nei territori e nelle popolazioni7.

L’indagine Zero PovertyL’intervista strutturata somministrata alle famiglie utenti del Market Solidale,

a novembre 2011, prende in considerazione otto dimensioni della povertà e dell’esclusione sociale: risorse finanziarie, benessere derivante dallo stato di salute, situazione abitativa, livello di istruzione, integrazione occupazionale, integrazione sociale, integrazione inerente alle norme sulla residenza, famiglia di origine.

Oltre alla carenza dei beni materiali, abbiamo indagato sulle carenze del sistema sociale di welfare, sulla la solitudine e la capacità di sostegno delle reti informali di cui la famiglia fa parte.

Spesso, è un evento critico nella vita di una persona a causare il movimento verso i margini della società. Questo evento avrà di certo un impatto negativo anche su altre dimensioni, colpendo quindi la persona da molteplici punti di vista. Al contrario, uno sviluppo positivo in una dimensione può indurre un miglioramento in un’altra.

I risultati all’intervista vengono suddivisi su quattro possibili variabili per ognuna delle otto aree di riferimento:

» 0: la famiglia è perfettamente integrata; » 1: la famiglia è in condizione di precarietà; » 2: la famiglia è in condizione di protezione sociale o welfare; » 3: la famiglia verte in una condizione di esclusione sociale.

Delle 387 famiglie utenti del Market Solidale, 356 hanno risposto all’intervista. I risultati più interessanti sono stati i seguenti.

5 M. Franzini, Ricchi e poveri. L’Italia e le disuguaglianze (in)accettabili, Editrice Università Bocconi, 20106 Ibi., pag. 117 L. Gallino, Finanzcapitalismo, Einaudi, 2011

Page 46: Dossier caritas 2011

Focus: Analisi multidimensionale della povertà 45

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Page 47: Dossier caritas 2011

Capitolo III46

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Page 48: Dossier caritas 2011

Focus: Analisi multidimensionale della povertà 47

È interessante notare che anche questo strumento d’indagine conferma i dati del Centro Ascolto: le aree di maggiore esclusione concernono l’istruzione, il lavoro ed il reddito.

Le dimensioni maggiormente correlateCome detto in precedenza, tutte le variabili considerate nello studio incidono sullo

stato di povertà degli individui, ma nel nostro studio abbiamo cercato di evidenziare alcune variabili in correlazione tra loro. Effettuando dei test statistici, accettando un livello massimo di errore del 5%, le variabili più significativamente correlate sono:

» integrazione sociale e famiglia d’origine » risorse finanziarie e livello d’istruzione » risorse finanziarie e benessere derivante dallo stato di salute

Integrazione sociale e famiglia d’origineQueste due variabili sono correlate poiché, probabilmente, le persone che

vivono in situazioni precarie e di difficoltà, non hanno alcun familiare, amico o conoscente in cui poter confidare e sono pertanto estremamente vulnerabili agli eventi. Inoltre ciò induce a pensare che più il retaggio economico, sociale e culturale dei genitori è limitato, maggiore è il rischio di povertà dei figli; migliore è la posizione di partenza dal punto di vista della famiglia d’origine, maggiori sono le possibilità di integrazione.

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Page 49: Dossier caritas 2011

Capitolo III48

Attraverso un’analisi delle corrispondenze è emersa, in particolare, l’associazione tra le situazioni di welfare e di esclusione che lega queste due dimensioni, ma è risultata evidente anche una percentuale di persone che si trovano in situazioni di vita difficili nonostante le famiglie d’origine siano o siano state completamente integrate.

Questo secondo dato è stato interpretato dagli operatori del Centro Ascolto in due modi:

» il fattore oggettivo della crisi economica e del lavoro che sta caratterizzando tutta la società negli ultimi anni;

» i fattori soggettivi della percezione di protezione sociale ed affettiva di cui gli adulti intervistati, padri e madri di famiglia, avevano memoria rispetto alla loro precedente condizione di figli.

Anche graficamente possiamo notare la relazione tra le variabili considerate: le curve tendono a salire in corrispondenza della precarietà e del welfare ma allo stesso tempo scendono in riferimento all’esclusione, mostrando quindi l’intervento dello stato e delle istituzioni che riescono a migliorare o comunque ad alleviare le situazioni di disagio.

Risorse finanziarie e livello d’istruzioneI fattori di rischio finanziari che spesso conducono alla povertà sono la

disoccupazione di lunga durata, i salari bassi, un reddito familiare basso, una spesa familiare elevata e il peso eccessivo dei debiti.

L’istruzione è tesa al pieno sviluppo della personalità umana e del senso della sua dignità.

Se è insufficiente ha pesanti conseguenze materiali: le persone con bassi livelli di istruzione e scarse qualifiche sono infatti a elevato rischio di indigenza, perché sono spesso disoccupate oppure perché sono lavoratori poveri, e incontrano maggiori difficoltà ad affrontare situazioni di vita critiche rispetto alle persone con un’istruzione superiore.

Il grafico mostra l’assenza di persone completamente integrate in merito al livello d’istruzione ma anche per le risorse finanziarie (solo una risposta positiva in

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Page 50: Dossier caritas 2011

Focus: Analisi multidimensionale della povertà 49

merito). Le curve hanno un andamento contrastante: quella delle risorse finanziarie cresce molto in corrispondenza della precarietà e del welfare e si abbassa molto in riferimento all’esclusione; quella del livello d’istruzione sale di poco in merito alle situazioni di difficoltà occasionali o quotidiane, salendo poi vertiginosamente in corrispondenza dell’esclusione.

L’aspetto più rilevante è la presenza della maggior parte del campione nelle situazioni di bisogno per la dimensione delle risorse finanziarie: rari i casi in cui le famiglie sono completamente integrate ma anche in cui lo stato non aiuta. All’interno di una famiglia più è basso lo stato socioeconomico, minori sono le risorse disponibili e questo provoca delle gravi conseguenze: i figli di genitori con uno status socioeconomico basso incontrano spesso maggiori difficoltà a costruirsi una carriera scolastica e lavorativa soddisfacente, rispetto ai bambini che sotto questo aspetto hanno una situazione familiare privilegiata. Ad esempio la situazione in cui, a causa di problemi economici, i genitori decidono che la carriera scolastica del bambino debba essere breve (o addirittura nulla), favorendo un’entrata precoce nel mondo del lavoro: questo si riflette anche nella curva del livello d’istruzione del nostro grafico, dove si vede l’altissima percentuale di coloro che si sentono esclusi e non avvertono la vicinanza della collettività pubblica.

Risorse finanziarie e benessere derivante dallo stato di saluteL’analisi si riferisce alla correlazione tra le dimensioni “risorse finanziarie” e “benessere

derivante dallo stato di salute”.Sebbene in via teorica ogni essere umano abbia diritto al più alto standard

possibile di salute fisica e mentale, in modo da poter condurre una vita dignitosa, nella pratica, il benessere derivante dallo stato di salute di una persona, dipende in misura significativa dal suo stato socioeconomico. Chi ha uno status socioeconomico inferiore, tende infatti a vivere una vita meno sana e viceversa, un miglioramento di carattere economico può contribuire a un miglioramento dello stato di salute.

Anche da questo grafico notiamo, come in precedenza, la concentrazione del campione nelle modalità “precarietà” e “welfare” per le risorse finanziarie mentre

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Page 51: Dossier caritas 2011

Capitolo III50

per il benessere derivante dallo stato di salute, la maggior parte si trova nella situazione di completa integrazione, anche se è da considerare comunque la percentuale di coloro che sono in difficoltà finanziarie e di salute, confermando quanto detto in precedenza.

ConclusioniLa Provincia di Benevento, provincia dell’entroterra campano, del civilissimo

Mediterraneo, pur non affacciandosi né culturalmente né fisicamente al mare, presenta tutte le contraddizioni del nostro occidente “de-civilizzato”. È accettabile che per mere ragioni economiche ci siano bambini e ragazzi costretti a lasciare le scuole? È accettabile che per congiunture legate all’impoverimento del mercato agricolo e dei vecchi sistemi di produzione ci siano famiglie che non abbiano garantiti i tre pasti giornalieri? È accettabile che la salute dipenda dal denaro?

Dalla povertà non si esce se non insieme a qualcun altro, al gruppo sociale a cui apparteniamo. Il “sogno americano” di chi da solo possa unicamente decidere della sua cattiva o buona sorte, su cui si basa la democrazia di quel grande paese, non è il sogno dei nostri padri costituenti, che hanno basato la nostra democrazia sui diritti e doveri di solidarietà dei cittadini (art.2 Cost.), né del progetto di Costituzione Europea8.

Soprattutto, per quanto ci riguarda, queste disuguaglianze non sono dentro il sogno di Dio per gli uomini.

«Il tema dello sviluppo coincide con quello dell’inclusione relazionale di tutte le persone e di tutti i popoli nell’unica comunità della famiglia umana, che si costruisce nella solidarietà sulla base dei fondamentali valori della giustizia e della pace».

(Benedetto XVI, Caritas in Veritate, 54)

8 Art.2 del progetto di Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa: Valori dell’Unione. L’Unione si fonda sui va-lori della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello stato di Diritto e del rispetto dei diritti umani.

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Interventi realizzati nel 2011 51

Capitolo 4Interventi realizzati nel 2011

In questo Capitolo descriviamo brevemente gli interventi realizzati dalla Caritas Diocesana nell’anno 2011.

La rendicontazione è suddivisa in interventi e progetti, intendendo per Progetti quelle azioni realizzate in partenariato sia economico che operativo con altri enti.

La nostra rendicontazione sarà sempre carente di tutte le informazioni. Si pensi solo a tutti gli aiuti dati alle parrocchie attraverso la consegna dei pacchi alimentari Agea ed i sostegni economici, ma pensiamo che i dati di seguito riportati diano una sufficiente percezione di ciò che fa la Caritas nel suo essere ogni giorno a fianco ai poveri.

Inoltre la diffusione di tale impegno è anche dovere di trasparenza e di visibilità al fine di dar conto alla comunità diocesana ed alla collettività tutta di ciò che la Chiesa locale fa con l’8 per mille devoluto alla Chiesa cattolica.

I centri di costo decisamente più significativi sono costituiti dal funzionamento del Market Solidale e dalla Mensa Caritas, per una spesa complessiva di 305.000,00 euro.

Il Market, in collaborazione con Provincia e Comune, ha offerto la possibilità a 300 famiglie della Provincia di Benevento, ogni mese per 8 mesi all’anno, di acquisire l’intero paniere dei beni alimentari considerati necessari dall’Istat per essere fuori dalla soglia di povertà assoluta1.

La mensa nell’anno 2011 ha offerto 16.838 pasti ad indigenti. Per una media di 69 pasti giornalieri. La grande novità è però costituita dalla crescente domanda proveniente da nuclei familiari che non frequentano la mensa nei suoi locali in via dell’Episcopio a Benevento, ma vengono a prendersi il pasto caldo da portare a casa. Nell’anno 2011 ben 9.988 pasti sono stati distribuiti nelle case, mentre 6.850 sono stati consumati in sede. Questo dato indica l’incremento della richiesta da parte delle famiglie, che vanno ad ingrossare le file dei poveri di passaggio e degli stranieri che solitamente affollano le mense urbane.

Questi i dati dei pasti consumati in sede:

1 Cfr. Scheda B del presente volume

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Donne 1.595 23,30% Stranieri 1.787 26,10%

Uomini 5.255 76,70% /ƚĂůŝĂŶŝ 5.063 73,90%

Page 53: Dossier caritas 2011

Capitolo IV52

Qualche piccola annotazione potrà forse far meglio comprendere l’entità e la qualità degli interventi effettuati.

L’Advocacy è il servizio di consulenza gratuita che la Caritas Diocesana per il tramite di una sua operatrice, l’avv. Paola Ferrannini, offre alle persone in condizioni di fragilità sociale che hanno bisogno di un orientamento ed un’assistenza specialistica.

Nell tabella riportiamo, a mo’ di esempio, alcuni degli interventi effettuati dallo sportello Advocacy.

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Disagio/Richiesta InterventoSfratto per morosità e problemi con l’ex marito.La sig.ra riferisce di essere sotto sfratto, e che il marito pur avendo beni immobili di proprietà non intende mettere gli stessi a disposizione della moglie e dei figli.

Raggiunto telefonicamente e incontrato personalmente il marito della Sig.ra M., si è reso possibile arrivare ad un accordo. Stilato contratto di comodato a uso gratuito in favore dei figli, di una delle due unità immobiliari in suo possesso, e finché gli stessi non saranno autosufficienti.

Ragazza madre.Si rivolge allo sportello perché è suo interesse procedere ad un azione di riconoscimento giudiziale di paternità in favore della figlia minore (due anni). L’uomo (già sposato e con figli) con cui ha avuto la bambina non intende procedere al riconoscimento della stessa. M. in passato ha provato a rivolgersi ad altri legali a cui tuttavia non ha conferito l’incarico perché il costo della prestazione professionale che le si chiedeva era troppo alto, non ricorrendo i presupposti del gratuito patrocinio.

Falliti i tentativi di bonario componimento della lite, M. ha conferito incarico legale per proporre azione giudiziale di riconoscimento della paternità. Giudizio in corso di causa.

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Interventi realizzati nel 2011 53

Gli interventi concernenti l’acquisto di biglietti di viaggio è un servizio di sostegno a coloro che per ragioni sanitarie o di lavoro devono spostarsi e non hanno i mezzi economici per farlo.

L’intervento più pressante, sia per chi lo richiede che per chi lo opera, è invece il pagamento delle utenze. La quotidianità al Centro Ascolto è infatti caratterizzata dalle famiglie che non riescono a pagarsi le utenze domestiche e corrono il rischio di vedersi staccata la luce o il gas. In questo tipo di interventi, gli operatori del Centro Ascolto faticano non poco per discernere sulle reali situazioni di indigenza.

Ci sono stati casi di famiglie che sono venute in Caritas quando l’energia elettrica era già stata staccata e nonostante la presenza di figli minori in casa, durante l’arsura dell’estate, il frigorifero non funzionava. È il vero dato allarmante. Quando diciamo che le famiglie non arrivano a fine mese, diciamo i realtà che le famiglie spesso arrivano a fine mese, ma senza più energie.

Disagio/Richiesta InterventoDue figli minori. Lei disoccupata. Lui infartuato.A causa dell’infarto che ha colpito il Sig. M. a Maggio scorso, la famiglia si è trovata in grandi difficoltà economiche che l’ha portata ad essere in mora con il pagamento del fitto di casa. La coppia ha provato a rivolgersi al Servizio Sociale che ha proceduto verso la fine di Ottobre a pagare i fitti di Maggio - Luglio e Agosto, con l’ulteriore intesa che appena giunti i soldi al Comune si sarebbe provveduto a pagare anche le morosità successive. Tuttavia, subito dopo aver incassato i soldi, la padrona di casa ha proceduto a mettere in mora i coniugi per gli ulteriori fitti scaduti e non pagati (settembre-ottobre). Il giorno immediatamente successivo alla scadenza anche del mese di Novembre, la proprietaria ha provveduto a notificare intimazione di sfratto.La coppia si è dunque rivolta allo sportello ascolto Caritas, ma solamente il giorno prima della udienza di convalida dello sfratto.

Assunta velocemente la difesa si è chiesta la concessione di un termine di grazia per provvedere al pagamento di quanto dovuto. La causa è stata dunque rinviata alla fine di Marzo.Il problema tuttavia persiste perché se non sarà sanata la morosità entro Marzo, lo sfratto sarà definitivamente convalidato. Allo stato infatti le ipotesi di proroghe e sospensioni degli sfratti riguardano esclusivamente gli sfratti per finita locazione e non già per morosità.La coppia che si è rivolta allo sportello è stata “rappresentata” da un volontario vincenziano, competente nella materia edilizia, per denunciare lo stato di degrado in cui versava l’abitazione.

Senegalese che intende recuperare copia del documento che lo riconosce rifugiato politico.

La richiesta di riconoscimento dello stato di rifugiato politico è stata presentata a Roma. Attivati canali con associazioni che possano su Roma prendere informazioni relative alla sua pratica.

Page 55: Dossier caritas 2011

54 Capitolo IV

I beneficiari dei progetti2

2 Per la descrizione dettagliata dei progetti si vedano le apposite schede in questo stesso volume

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Market Procarnet P. d. S. WƌĞƐƟƚŽ dŽƚĂůĞŝŶƚĞƌǀĞŶƟƉƌŽŐĞƫ

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Page 56: Dossier caritas 2011

Interventi realizzati nel 2011 55

Scheda APrestito della Speranza

La Conferenza Episcopale Italiana attraverso il Prestito della Speranza intende fronteggiare l’emergenza sociale nell’attuale contesto di crisi economica. Per questo motivo ha istituito un fondo straordinario di garanzia con 30 milioni di euro, destinato a sostenere l’accesso al microcredito sociale delle famiglie che hanno subìto una significativa riduzione del reddito da lavoro, e l’accesso al microcredito delle persone fisiche, delle società di persone e delle società cooperative che intendono avviare o sviluppare una attività imprenditoriale.

Il nuovo accordo CEI - ABI siglato il 23 dicembre 2010, in coerenza con la normativa in materia (art. 111 d.lgs 141/2010), ammette due forme di finanziamento:

» il microcredito sociale di importo non superiore a 6 mila euro per famiglie in condizioni di particolare vulnerabilità economica o sociale; il prestito potrà essere rinnovato per una sola volta e per non più di altri 6 mila euro se sussistono i requisiti e previa valutazione della banca;

» il microcredito di impresa di importo non superiore a 25 mila euro a persone fisiche o società di persone o società cooperative, per l’avvioo l’esercizio di attività di lavoro autonomo o di microimpresa.

I destinatariPer il microcredito sociale sono le famiglie, giuridicamente costituite o il genitore

affidatario dei figli, in temporanea difficoltà economica, perché rappresentano uno degli ammortizzatori sociali più efficienti e la trama relazionale per un armonico sviluppo delle persone e della società.

Il fondo di garanziaÈ costituito dalla Conferenza Episcopale Italiana con il contributo di offerte liberali

provenienti da istituzioni e privati. La consistenza di 30 milioni di euro permette di erogare finanziamenti per 120 milioni di euro.

I tempi di erogazioneL’Ufficio diocesano verifi ca la presenza dei requisiti soggettivi e la sostenibilità

della richiesta. Entro 15 giorni lavorativi inoltra la pratica ad un Istituto di credito convenzionato. La banca entro 15 giorni valuta il merito del credito e se approvato, entro altri 15 giorni lavorativi eroga il finanziamento.

Page 57: Dossier caritas 2011

Capitolo IV56

I costi del prestitoPer i finanziamenti alla famiglia (“microcredito sociale”) il tasso annuo

effettivo globale (TAEG) applicato non potrà essere superiore al 4,00 per cento omnicomprensivo di ogni costo. Per i finanziamenti alle imprese, il TAEG applicato non potrà essere superiore al tasso effettivo globale medio (TEGM) della categoria corrispondente, pubblicato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze ai sensi della legge 108/1996, decurtato del 30%.

Il Prestito della Speranza nella Diocesi di BeneventoNell’anno 2011, la Caritas Diocesana ha accolto 34 richieste di prestito. Al

momento in cui viene elaborato il presente Dossier 15 sono i prestiti già in fase di erogazione dal Banco di Napoli (del gruppo Banca Intesa), 10 sono i prestiti bocciati. 9 le pratiche in corso di valutazione presso la Banca. Al prestito possono fare domanda tutte le famiglie residenti in Diocesi direttamente al Centro Ascolto Diocesano, da lunedì al venerdì mattina. Gli operatori della Caritas Diocesana sono supportati nella valutazione e nella stesura dei piani di prestito da un’associazione molto seria e professionale, la Vobis: i volontari bancari per iniziative solidali del Banco San Paolo, che ogni settimana partecipano volontariamente e gratuitamente alle attività del Centro Ascolto.

Hanno trovato aiuto nel prestito soprattutto un gruppo di lavoratori lasciati in balia di se stessi da quasi due anni. Sono i 127 lavoratori dei Consorzi Rifiuti che dal luglio 2010 sono “sospesi” dal lavoro senza aver avuto diritto né a una indennità di disoccupazione né alla Cassa Integrazione né, soprattutto, ad un futuro chiaro dei loro destini lavorativi e familiari. Addirittura il primo dicembre scorso vennero richiamati al lavoro tramite telegramma, scoprendosi ancora una volta bluffati. Il prestito è stato per alcuni di loro un piccolo ponte di speranza nell’attesa che qualcosa di questa assurda vicenda si chiarisca.

CriticitàPer diversi fattori, tra cui le molteplici domande che pervengono allo sportello

ascolto e la fase di rodaggio del prestito, i tempi non sono stati ancora rispettati. Mediamente una pratica di Prestito della Speranza impiega almeno 2 mesi per arrivare ad una definzione.

Page 58: Dossier caritas 2011

Interventi realizzati nel 2011 57

Scheda BLe Azioni di contrasto all’indigenza

Market Solidale

ObiettiviIl Market si pone l’obiettivo del miglioramento parziale della qualità di vita delle

famiglie in condizioni di povertà assoluta, sollevando queste dal disagio di non poter accedere ad una completa varietà alimentare, dovendo ricorrere, per raggiungere la sussistenza alimentare mensile, agli aiuti standardizzati dell’Agea (i cosiddetti pacchi della Caritas e della Croce Rossa distribuiti su tutto il territorio provinciale). Parliamo di miglioramento parziale non perché non puntiamo ad un miglioramento globale, ma poiché gli strumenti messi a disposizione del Market hanno il solo pregio di ridurre il caro vita relativo al paniere alimentare, mentre non incidono sulle ulteriori spese correnti delle famiglie in difficoltà ( abitazione, salute, spese personali e residuali).

DestinatariAl Market si accede tramite un avviso pubblico, che viene bandito ogni anno dalla

Provincia e dal Comune di Benevento. I requisiti per beneficiare del servizio sono: » residenza nella Città o Provincia di Benevento; » disoccupazione del capofamiglia o stato di inoccupazione; » ISEE del nucleo familiare del richiedente non superiore a euro 2.000,00

riferito all’anno 2010 (da allegare);La graduatoria si compone sulla base dei seguenti criteri, fino ad un punteggio

massimo di 17 punti ripartiti, in base al reddito familiare ( da 0 a 2.000,00 euro di Isee) ed in base alla composizione del nucleo familiare (presenza o meno di minori e di disabili);

In base al punteggio totale ottenuto verranno attribuiti i punti solidal (cioè il poter d’acquisto della card elettronica presso il Market Solidale) nel seguente modo:

Punteggio ottenuto Punteggio ottenuto

Punti SolidalDa A

0 5 50

6 12 70

13 17 100

Dove i 100 punti solidal corrispondono al 100% del paniere Istat dei beni alimentari considerato nell’anno 2009, i 70 punti sono pari al 70% del paniere, i 50 punti corrispondono al 50%.

Page 59: Dossier caritas 2011

Capitolo IV58

Il paniere è costituito dalla cessione gratuita di: Categoria biscotti e frollini, max 3 punti solidal equivalenti a 15 pezzi; Burro, max 3 punti solidal equivalenti a 1

pezzo; Carne Fresca bovino adulto, max 3 punti equivalenti ad 1 Kg; Carne Suina, max 3 punti equivalenti ad 1 Kg; Farina, max 3 punti equivalenti a 3 Kg; Pesce surgelato, max 3 punti equivalenti a 1 Kg; Latte lunga conservazione, max 3 punti equivalenti a 15 L; Latte in polvere neonati, max 3 punti equivalenti a 5 pezzi; Nel caso in cui il nucleo familiare non ha neonati, i punti possono essere spalmati sulle categorie Grana, Pecorino, Riso, Biscotti; Olio di semi, max 3 punti equivalenti ad 1 L; Olio Extravergine di Oliva, max 3 punti equivalenti ad 1 L; Pane, max 3 punti equivalenti a 10 Kg; rana, max 3 punti equivalenti a 1 pezzo; Pasta, max 3 punti equivalenti a 15 Kg; Legumi, max 3 punti equivalenti a 2 pezzi; Pollo fresco, max 3 punti equivalenti ad 1 Kg; Pomodori passata, max 3 punti equivalenti a 5 pezzi; Prosciutto cotto, max 3 punti equivalenti ad 1 Kg; Riso, max 3 punti equivalenti a 2 pezzi; Verdura surgelata, max 3 punti equivalenti a 2 pezzi; Pecorino, max 3 punti equivalenti a 1 pezzo; Tonno, max 3 punti equivalenti ad 1 Kg; Uova confezione da 6, max 3 punti equivalenti a 4 confezioni; Zucchero/Sale, max 3 punti equivalenti a 2 pezzi; Beni fuori paniere alimentare per l’igiene personale: pannolini/assorbenti donna ( in caso di presenza dell’uno o dell’altra nel nucleo) max 2 punti equivalenti ad 1 pezzo; shampoo/bagnoschiuma max 2 punti equivalenti ad 1 pezzo; carta igienica, max 2 punti equivalenti ad 1 pezzo; ortofrutta, max 25 punti equivalenti a 25 Kg.

Attualmente Beneficiano del Market 387 famiglie. Al budget annuale del Market partecipano anche la Provincia ed il Comune con stanziamenti di fondi pari a circa ¼ della spesa totale del servizio. Il Market funziona 8 mesi l’anno. Il Market è però da considerarsi un’Opera Segno della Caritas e non un servizio istituzionale. Tra tre anni la Caritas Diocesana si aspetta che il funzionamento del Market possa suscitare in tutti territori della provincia e dell’arcidiocesi dei piccoli magazzini alimentari per le famiglie in condizioni di povertà assoluta, che non usufruiscano solo di un pacco standardizzato, sia nel contenuto che nella relazione umana, ma dell’accessibilità ai tuti i beni alimentari considerati necessari dagli Istituti della Nutrizione Umana, perché non accada che un bambino sia diverso da un altro perché mangia peggio o di meno. È una questione di civiltà, di giustizia. È una questione cristiana.

ProcarnetÈ degno di nota nel presente Dossier anche il progetto proposto dalla Provincia

di Avellino Assessorato alle Politiche del Lavoro, che ha deciso di stanziare fondi per l’indigenza, affidando alle Caritas Diocesane di tutte le zone Avellinesi, la possibilità di erogare direttamente agli indigenti piccole somme, utili a pagarsi fitti di casa scaduti, utenze, spese mediche e spese alimentari.

Il progetto Procarnet è stato avviato a novembre 2011 ed è stato indirizzato unicamente alla Zona Pastorale Iripnia, che tra l’altro non è servita dal Market Solidale.

In soli due mesi, grazie ad un piccolo fondo di 8.000,00 euro, il Centro Ascolto Caritas è riuscito a far fronte alle piccole e grandi esigenze di circa 60 famiglie della zona in condizioni di povertà assoluta, pagando i canoni scaduti del fitto casa, le utenze a rischio distacco o addirittura già staccate, provvedendo a fabbisogni familiari impellenti.

È la dimostrazione di quanto conta il poco che ciascuno di noi può mettere in gioco per migliorare le sorti di qualcun altro. Solo 8.000,00 euro e 60 famiglie che si sono sentite confortate nel momento del bisogno, senza burocratismi né sofismi, solo l’aiuto diretto, immediato, non pomposo, che ha risolto qualcuna delle loro ansie quotidiane.

Page 60: Dossier caritas 2011

Interventi realizzati nel 2011 59

Scheda CAppello per il lavoro giovanile nel Mezzogiorno d’Italia

Benevento, 5 novembre 2011

Dalle riflessioni svolte nell’ambito del seminario nazionale di studio “Il lavoro giovanile nel Mezzogiorno d’Italia” promosso dalla Diocesi di Benevento e dal Comitato Scientifico e Organizzatore delle Settimane Sociali dei Cattolici Italiani, praticando la virtù del realismo cristiano, abbiamo avuto la conferma di quanto già le maggiori agenzie di ricerca ci dicono da alcuni anni sul Sud: alti tassi di inoccupazione e disoccupazione giovanile, soprattutto tra le donne; un andamento demografico paurosamente invertitosi negli ultimi quindici anni, per cui il Mezzogiorno sta diventando un territorio per vecchi; una dissipazione crescente della ricchezza intellettuale costituita dai giovani, a beneficio del Nord ed oggi, di nuovo, anche di paesi stranieri; da una tendenziale convergenza tra le due aree del paese, sotto l’aspetto dello sviluppo, si è passati ad una drammatica divergenza; una qualità ambivalente del sistema formazione nelle regioni del Sud, in un contesto per cui la scuola non è più funzionale all’inserimento lavorativo. Sul piano più generale, ma con manifestazioni ancora più forti al Sud, non possiamo sottacere che la società italiana è organizzata inconsapevolmente contro i giovani.

Il Mezzogiorno, fortunatamente, non è però solo un problema ma anche un’area territoriale in cui si stanno coltivando eccellenze, iniziative imprenditoriali di successo, buona formazione universitaria, forme di resistenza civile all’illegalità che il Nord non è abituato a praticare.

Affrontiamo questi temi alla luce del Vangelo, attingendo a radici solide: Dio, la Chiesa e il Magistero. La crisi che stiamo vivendo, inoltre, va vista anche come opportunità di un nuovo pensiero e di nuova cultura. Per questo non ci rassegniamo allo stato attuale delle cose e come comunità cristiana del Sud intendiamo stare al fianco dei giovani ed accompagnarli in questa difficile stagione. Oggi i giovani, ed in particolare quanti non hanno lavoro e prospettive, sono la nostra priorità. Partiamo per il nostro impegno, da questa consapevolezza e da una convinta speranza per un futuro possibile, che si fonda su un’antropologia positiva. Per fare questo è importante attingere alle testimonianze cristiane esemplari del passato, mettendoci in umile ascolto della santità sociale tra ’800 e ‘900, cioè di quegli uomini santi che hanno fatto l’Italia e la sua unità sostanziale. Il motivo ricorrente di quella santità è la centralità dell’educazione e dell’attenzione ai giovani.

Attraverso il metodo dello stare insieme e adottando lo strumento agenda, proponiamo di:

» creare servizi di sostegno che accompagnino l’intrapresa personale e associata; » ripartire dai territori e dalle micro realtà del Sud, anche per non farsi

Page 61: Dossier caritas 2011

Capitolo IV60

schiacciare dai numeri pesanti che fotografano le questioni, per nuove assunzioni di responsabilità che non significa negare l’interdipendenza e la solidarietà tra persone e aree geografiche diverse del paese;

» incrementare le buone pratiche ma soprattutto metterle tra loro in rete; » ricreare una sana connessione tra economia umana e di mercato, riattivando

processi di integrazione sociale tra famiglia, scuola e lavoro; » offrire una formazione alle vocazioni imprenditoriali più realistica e smitizzata; » coltivare le competenze e le attitudini dei giovani, in uno spirito di lavoro

insieme, non accettando come irreversibile la condizione dei NEET; » indagare con più accuratezza nuovi settori da esplorare per iniziative

imprenditoriali giovanili: ambiente, turismo, agroalimentare, welfare, comunicazione;

» propagare ancor di più il modello del Progetto Policoro, rafforzando la leva dell’impresa, nel quadro della nuova cultura del lavoro che, attraverso di esso, si sta diffondendo nel Mezzogiorno da ormai sedici anni.

Sul versante delle politiche c’è bisogno di scelte rivolte a: » creare occasioni di lavoro buono e dignitoso, corrispondenti alle attese dei

giovani e delle loro famiglie; » instaurare un’alleanza profonda tra imprese e un territorio, quello meridionale,

che non va saccheggiato ma valorizzato nelle sue tante risorse; » mettere in atto un’offerta formativa in grado di preparare i giovani rispetto

a profili artigianali, tecnici e professionali sempre più richiesti ma a cui non corrisponde una sufficiente offerta;

» predisporre un sistema di orientamento che aiuti le scelte di istruzione delle ragazze e dei ragazzi;

» fornire un’assistenza efficace nella transizione scuola lavoro; » realizzare un uso corretto, evitandone gli abusi e le distorsioni, degli strumenti

oggi a disposizione: stage, tirocini formativi e apprendistato per il quale di recente è stata varata una nuova normativa che, auspichiamo, possa far venir fuori tante occasioni lavorative;

» intervenire, per correggerle, sulle circolarità viziose oggi in atto: chi è disoccupato ha in generale meno opportunità; la disoccupazione genera dequalificazione; la disoccupazione determina demotivazione;

» attivare, quindi, canali per allagare le opportunità di “farsi vedere e conoscere” per i giovani senza lavoro del Mezzogiorno;

» alimentare, nelle risposte ai problemi, una logica di sussidiarietà multistakeholder: collaborazione tra istituzioni pubbliche, organizzazioni del terzo settore, famiglie, fondazioni bancarie, soggetti economici profit.

Pur essendo consapevoli che non sarà semplice, siamo fermamente convinti che è possibile riaprire le porte del lavoro ai giovani, soprattutto a quelli del Sud. I giovani, però, non devono aspettare, né sentirsi oggetti di politiche più o meno avvedute ma cittadini a tutto tondo capaci di protagonismo nella definizione delle scelte che riguarderanno il futuro del Mezzogiorno e del nostro paese. E, soprattutto, deve crescere una solidarietà tra i giovani stessi oltre quella tra le generazioni.

Page 62: Dossier caritas 2011

Focus: Adolescenti e dipendenze 61

Capitolo 5Focus: Adolescenti e dipendenze

di Antonio Garofalo, Maria Teresa Forte, Angelo Moretti

La Ricerca1

Queste pagine rappresentano la sintesi dei risultati relativi al questionario di ricerca Clearing House al quale gli studenti di diversi istituti hanno preso parte come protagonisti, in un’ora dell’orario scolastico tra novembre e dicembre dell’anno 2010.

Poiché si tratta di analisi statistiche, in cui tutte le loro risposte sono state raccolte e dalle quali, in seguito, sono stati tratti i risultati, potrebbe succedere che qualcuno tra coloro che hanno aderito, leggendo ciò che c’è scritto di seguito, non riveda se stesso. I risultati riportati rappresentano le risposte che sono state scelte più spesso tra tutti.

Lo scopo che ci si è posti come associazione è stato quello di conoscere il punto di vista degli adolescenti rispetto al fenomeno delle dipendenze. Ecco, si è voluto andare oltre lo schermo della tv che ogni giorno ci propone notizie in merito alle dipendenze e scendere direttamente sul campo per apprendere chiaramente ciò che ne pensano i ragazzi dell’età in oggetto.

In particolare, questi ultimi hanno partecipato alla compilazione del questionario in 203, appartenenti alle classi prima e seconda media superiore, suddivisi in cinque località della provincia di Benevento.

L’età media degli adolescenti intervistatiDai risultati delle analisi statistiche è emerso che l’età media di tutti gli studenti

partecipanti è di poco superiore ai 14 anni e che c’è stata una leggera prevalenza di partecipazione di ragazzi (il 57%) rispetto alle ragazze (il 43%).

La consistenza dei nuclei familiariNel 95% dei casi, nella loro casa sono presenti sia il padre che la madre. Più o meno

in egual misura, i loro genitori sono liberi professionisti o dirigenti, impiegati, operai o commercianti. Una madre su due è casalinga.

1 La presente ricerca è stata effettuata ed elaborata tra il 2010 ed il 2011 dall’associazione di Volontariato Vivere Dentro all’interno del progetto “Clearing House – la casa dell’auto-mutuo-aiuto” finanziato con i fondi di perequazione per la progettazione sociale Bando 2008. La riportiamo nel presente dossier quale focus su un mondo specifico, quello delle dipendenze, anche in considerazione del fatto che nell’anno 2011 la Caritas Diocesana di Benevento e l’associazione Vivere Dentro hanno aperto l’Opera Segno Casa di Accoglienza “Gli amici di Tonino” per il recupero di persone in condizione di dipendenza patologica.

Page 63: Dossier caritas 2011

Capitolo V62

La percezione della dipendenzaSecondo le risposte dei ragazzi, una persona diventa tanto più dipendente quanto

più spesso fa uso di droghe o alcol e, inoltre, si è più o meno dipendenti a seconda del tipo di sostanza di cui si fa uso. Ancora, la sostanza rappresenta un mezzo per sentirsi più forti e maggiormente accettati tra i propri coetanei e un mezzo attraverso cui poter evitare di affrontare i propri problemi.

Secondo gli adolescenti intervistati si ricorre all’uso di sostanze spesso per sentirsi più forti e per divertirsi, per essere accettati maggiormente all’interno dei contesti sociali di riferimento, ma anche per evitare di dover affrontare una problematica. Contrariamente, secondo gli stessi adolescenti l’uso di sostanze non rappresenta, con la stessa forza, un mezzo per sfuggire alla noia e colmare sentimenti di vuoto e solitudine. Il 47,5% degli adolescenti dichiara che procurarsi le sostanze è relativamente semplice o molto semplice, il 19,2% dichiara di non avere un’opinione a riguardo. Inoltre gli studenti indicano la discoteca (seguita dagli ambienti di strada e pub e dall’ambiente del gruppo amicale di riferimento) come luogo reale in cui è possibile con maggiore facilità avere accesso alle sostanze.

Secondo le risposte date, fumare sigarette e bere alcol sono comportamenti abbastanza accettabili e maggiormente plausibili rispetto a fumare marijuana o hashish, sniffare, spacciare, fare uso di pasticche e bucarsi.

I fattori di protezioneGli intervistati hanno dichiarato che la situazione che fa sentire loro più sicuri è

la vicinanza della propria famiglia (57,9%) e la stima dello specifico gruppo di amici. Due aspetti che li ferirebbero in particolar modo sarebbero il tradimento di fiducia da parte degli amici e il non riuscire a raggiungere i personali obiettivi. Per quanto riguarda la dimensione relazionale ed il sentimento di auto-realizzazione, gli studenti cui è stato somministrato il questionario dichiarano di vivere con maggiore difficoltà il tradimento della fiducia da parte dei propri amici (36,8%), il mancato raggiungimento dei propri obiettivi (22,9%), un rapporto genitori/figlio non funzionale (14,4%).

Gli obiettivi di vitaUno su due, tra loro, ha affermato come prioritario riuscire a trascorrere una vita

tranquilla, lontani da eventi stressogeni.Uno su quattro ha affermato di ambire a diventare ricco e famoso.Il 15% si vede impegnato nelle risposte a situazioni di disagio sociale.Il dialogo, il rapporto con i genitori ed il tempo liberoI sistemi sociali di riferimento cui gli studenti dichiarano di ricorrere per

confrontarsi e cui “appoggiarsi” in caso di bisogno risultano essere il “migliore amico” nel 34 % dei casi, i coetanei nel 27,8%, i genitori nel 18,6%. Il 95% degli adolescenti dichiara di percepire un rapporto con i propri genitori molto o abbastanza buono, e l’83,1% dichiara di sentirsi molto o abbastanza compreso dai genitori stessi. Il 50,0% degli studenti riferisce di vivere una situazione di tranquillità maggiore in casa rispetto all’esterno e il 36,0 % dichiara di sentire spesso il bisogno di stare solo in casa. Gli studenti riferiscono un livello di ascolto da parte delle rispettive madri

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Focus: Adolescenti e dipendenze 63

maggiore rispetto a quello offerto dai padri ed inoltre una maggiore propensione sia nel condividere con le madri eventuali situazioni di difficoltà sia nell’esprimere le proprie emozioni. Le madri vengono descritte come maggiormente empatiche nei confronti dei figli. Gli studenti riferiscono inoltre di percepire un buon grado di sincerità da parte di entrambi i genitori. Infine per quanto riguarda il modo in cui gli studenti impiegano il proprio tempo libero, il 68,9% dichiara di frequentare le proprie reti amicali, il 10,9% la famiglia e l’8,3% il proprio partner. Il 92% del totale del campione dichiara di essere molto o abbastanza soddisfatto di come impiega il proprio tempo libero. Per quanto riguarda i luoghi, gli studenti dichiarano di aver frequentato nell’ultimo anno soprattutto la piazza o il giardino quasi ogni giorno (media 4,19), casa di amici una o più volte durante la settimana (media 3,61).

La differenza di genere e le interazioni tra i generiA un certo punto ci si è chiesti se, separando i partecipanti tra ragazzi e ragazze,

ci fossero delle differenze nelle risposte ottenute dagli stessi. Quindi sono stati analizzati nuovamente i dati e ci si è resi conto che effettivamente, per alcuni aspetti, ragazzi e ragazze hanno fornito risposte diverse.

In particolare, per i ragazzi fumare sigarette o bere alcol rappresentano comportamenti più accettabili rispetto alle ragazze. Lo stesso vale per lo sniffare, spacciare, fare uso di pasticche e bucarsi. Per quanto riguarda questi ultimi comportamenti, secondo i ragazzi sono meno accettabili dei primi, seppur più accettabili rispetto alle ragazze.

Quasi tutti i ragazzi (il 97%) hanno affermato di avere un rapporto buono o molto buono con i genitori. Il 92% delle ragazze ha affermato lo stesso. I ragazzi dichiarano di vivere con serenità all’interno di casa maggiormente rispetto alle ragazze. Una ragazza su due ha affermato di sentire spesso il bisogno di trovare dei momenti per stare con se stessa all’interno di casa, mentre hanno affermato lo stesso un ragazzo su quattro.

Dopo un litigio con il proprio padre, le ragazze dichiarano di avere maggiori difficoltà, rispetto ai ragazzi, a “riaprirsi” superando il litigio stesso. Le ragazze dichiarano, maggiormente rispetto ai ragazzi, difficoltà nel condividere determinati argomenti con il padre. In maniera simile a quanto dichiarato per il padre, le ragazze affermano una maggiore difficoltà, rispetto ai ragazzi, nell’affrontare e superare situazioni conflittuali con la madre.

Conclusioni. Tra educazione alla Resilienza e prevenzione Disagio SocialeGli ultimi orientamenti scientifici in materia di prevenzione delle dipendenze,

e delle devianze e in genere, pongono un accento particolare sulla presenza negli individui e nelle comunità di appartenenza di un’abilità sociale particolare: la resilienza. Essa viene definita in ambito psico-sociale come2:

» flessibilità, adattamento positivo in risposta ad una situazione avversa, da intendersi sia come condizione di vita sfavorevole, sia come evento traumatico ed inatteso;

2 V. tra gli altri Garmezy, 1972; Garmezy et al., 1984; Rutter, 1985, 1988; Werner, 1993; Masten, 1994; Masten & Coatsworth, 1998; Grotberg, 1995; Cyrulnik, 1998; Manciaux, 2001; Newman & Blackburn, 2002.

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Capitolo V64

» capacita di una persona o di un gruppo a svilupparsi nonostante l’esperienza di avvenimenti destabilizzanti, condizioni di vita difficili e traumi;

» qualità che aiuta gli individui o le comunità a resistere e superare le avversità.La resilienza è dunque vista come il fattore protettivo per eccellenza degli

adolescenti e dei giovani esposti a rischi sociali (povertà e degrado ambientale), familiari (mancata coesione, scarsa qualità dei legami, confusione/promiscuità) ed individuali (per ragioni psico-fisiche, organiche e di temperamento)3.

I risultati della presente ricerca su Adolescenti e Dipendenze, letti insieme ai dati del Dossier 2011 della Caritas Diocesana ci devono far riflettere.

Il brodo culturale in cui siamo immersi influenza non poco gli obiettivi di vita se un giovane su quattro si immagina realizzato solo divenendo ricco e famoso, mentre il 15% di essi si immagina proiettato nell’impegno sociale ed altruistico. La famiglia come punto di riferimento resiste ancora. Ma la maggiore disgrazia per i giovani è essere traditi da un amico (quindi dalla propria comunità di appartenenza) o non raggiungere i propri obiettivi (i quali se irraggiungibili, o non etici, portano comunque frustrazione).

I consumi devianti sono in una condizione di “limbo valoriale”, in continuo mutamento: ciò che ieri era inaccettabile oggi è più accettato e si affaccia all’orizzonte degli adolescenti l’accettabilità sociale anche delle cosiddette droghe pesanti.

Se le condizioni di vita comunitarie e la coesione sociale del territorio dovessero regredire, come l’esposizione di tante famiglie ad uno stato di povertà assoluta può comportare, i giovani che nel prossimo futuro non dovessero possedere a sufficienza l’abilità sociale e psicologica della resilienza, per ragioni familiari o individuali, sarebbero fortemente esposti alle dipendenze patologiche.

Dunque le sfide sono due: la sfida educativa, perché ogni giovane sappia scegliere, nel limbo etico, i valori più giusti per la propria felicità; la sfida territoriale, perché non accada che una famiglia, che tante famiglie, smettano di essere punti di riferimento per i loro figli, presi dalla paura di non potervi provvedere.

A queste sfide si risponde solo insieme: famiglie, scuola, politiche sociali, imprese, parrocchie.

A queste sfide la Chiesa Italiana propone la buona vita del Vangelo, come modello di cambiamento comunitario ed individuale, dove centrale è l’uomo, la sua relazione d’amore con gli altri e con l’Altro4.

3 Cfr. L. Peveri, Resilienza e regolazione delle emozioni. Un approccio multimodale, Università Bicocca, Milano, 20084 Cei, Educare alla Buona vita del Vangelo. Orientamenti pastorali per il prossimo decennio, 2011

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