Diritto Tributario (La Rosa 2012)

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    Diritto Tributario

    Introduzione

    Il tributo è quel prelievo di ricchezza coattivo imposto da un ente pubblico per

    finanziare le proprie attività istituzionali.

    Perché è importante distinguere ciò che è tributo da ciò che non lo è?

    Per una serie di motivi:

    -  per identificare il giudice competente a risolvere le controversie (infatti per

    i tributi la giurisdizione è devoluta alle Commissioni Tributarie);

    presenta:

    -  un elemento soggettivo (cioè l’Ente impositore è un sogg. pubblico) 

    -  un elemento strutturale (cioè è un prelievo coattivo)

    -  un elemento finalistico (cioè serve per coprire le spese pubbliche)

    Ognuno di questi elementi è solo orientativo, infatti:  per quanto riguarda la natura pubblica dell’ente  a volte è stata riconosciuta

    natura tributaria a delle entrate di soggetti non propriamente pubblici, come

    ad es. i contributi obbligatori ai Consorzi di Bonifica;

      per quanto riguarda la coattività  questo elemento serve per distinguere le

    entrate tributarie da quelle che l’ente può ottenere dalla gestione del proprio

    patrimonio (entrate patrimoniali) o dal ricorso all’indebitamento (debito

    pubblico) o dall’esercizio di attività economiche riservate all’ente pubblico

    (monopoli fiscali) o dalla conclusione di negozi di diritto privato (canoni di

    locazione). A volte, però, si definisce tributaria un’entrata che deriva dalla

    domanda di servizi pubblici (ad es. le tasse scolastiche o universitarie) o

    ancora una somma pagata per svolgere legittimamente una determinata

    attività (ad es. tasse di concessione governativa);

      per quanto riguarda la finalità  questo elemento serve per distinguere le

    entrate tributarie da quei prelievi di ricchezza fatti per reprimere determinati

    fenomeni o cmq con effetto deterrente (ad es. le sanzioni amm. pecuniarie).

    Ma, a volte, si definisce tributario quel prelievo effettuato non a fini finanziari,

    come nel caso dei dazi doganali istituiti per contenere l’ingresso di alcune

    merci estere nel mercato italiano.

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    -  perché il tributo non può essere soggetto ad altro tributo;

    -  perché i tributi sono impignorabili;

    -  per capire se sono applicabili le norme speciali tributarie.

    L’ampia nozione di tributo include 3 sottocategorie: imposte, tasse e contributi.

    Sono forme di prelievo strutturalmente diverse; le relative nozioni si ricavano

    dalla scienza delle finanze.

    IMPOSTE  sono quei tributi prelevati per coprire il costo dei servizi pubblici

    indivisibili (ad es. difesa nazionale, tutela dell’ambiente) al pagamento del

    tributo il soggetto obbligato non riceva un’immediata controprestazione; 

    TASSE  sono quei tributi prelevati per coprire il costo dei servizi pubblici

    divisibili e sono posti a carico dei relativi utenti (ad es. sanità, istruzione) al

    pagamento del tributo il soggetto obbligato riceverà in cambio un servizio che

    può ottenere solo dall’ente impositore (carattere commutativo e non contributivo

    il cittadino potrebbe anche rifiutarsi di pagare se non ha ricevuto il servizio);

    CONTRIBUTI  sono quei tributi prelevati per finanziare interventi pubblici che,

    pur avendo carattere generale, avvantaggiano determinate categorie di

    consociati (ad es. contributi di bonifica) hanno il carattere dell’obbligatorietà

    tipico dell’imposta e determinano un intervento pubblico a favore dei soggetti

    obbligati, come le tasse.

    Questa distinzione è solo descrittiva.

    Altra distinzione

    Perché 2 tipologie di prelievo? Per frazionare l’elevato prelievo complessivo in

    tanti tributi e per arginare il fenomeno dell’evasione. 

    Negli ultimi anni si sono ridotte le imposte sui trasferimenti che inibiscono la

    circolazione della ricchezza e sono, invece, aumentate le imposte su redditi e

    IMPOSTE DIRETTE  colpiscono il reddito o il patrimonio dei

    contribuenti. Infatti, la ricchezza che si possiede o che si guadagna

    costituisce la manifestazione diretta e immediata della capacità

    contributivaIMPOSTE INDIRETTE  colpiscono i trasferimenti e i consumi, 2 eventi con i quali non si

    manifesta direttamente la ricchezza ma che indicano la titolarità di una ricchezza che si

    trasferisce o che si consuma (potrei aver ottenuto un prestito ma cmq pago l’imposta). 

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    consumi. Per quanto riguarda le imposte sul patrimonio, queste sono

    costituzionalmente ammissibili solo come forme di prelievo straordinario o se

    fronteggiabili con i redditi prodotti ordinariamente dal patrimonio, perché

    altrimenti si potrebbe configurare una sorta di espropriazione senza indennizzo,vietata dall’art. 42 Cost.

    Altra distinzione IMPOSTE PROPORZIONALI  sono quelle in cui l’aliquota non varia al

    variare della base imponibile. Ad es. un’imposta del 10% su imponibilisia di 100 che di 1000 l’imposta aumenta proporzionalmente

    all’aumentare della ricchezza imponibile (ad es. su 100 devo pagare

    10, su 200 devo pagare 20, su 300 devo pagare 30… sempre il 10%) 

    IMPOSTE PROGRESSIVE  sono quelle in cui l’aliquota cresce all’aumentare della base

    imponibile. Ad es. un’imposta del 10% su imponibili da 0 a 100; un’imposta del 15% su

    imponibili da 100 a 200 l’imposta aumenta più che proporzionalmente

    all’aumentare dell’imponibile (ad es. su 100 pago 10 ma su 200 pago 30). 

    Ci sono varie tecniche di attuazione della progressività di un’imposta: 

    -  progressività per classi  le aliquote sono diversificate in base alle diverse classi

    nelle quali vengono suddivisi i contribuenti;

    -  progressività per scaglioni  le aliquote sono diversificate in base ai diversi

    scaglioni nei quali è suddivisa la ricchezza dei contribuenti;

    -  progressività attuata mediante detrazione di una quota fissa dalla base

    imponibile e applicazione di un’aliquota costante sulla ricchezza residua (ad es. si

    detrae 50 e si applica un’aliquota del 10%: se l’imponibile è 100, si applica

    l’aliquota su 50; se l’imponibile è 200, si applica l’aliquota su 150). 

    La progressività risponde ad esigenze di equità verticale, cioè livellare i sacrifici

    derivanti dal prelievo tributario basandosi sulla legge dell’utilità marginale decrescente

    della ricchezza secondo la quale al crescere della ricchezza, diminuisce l’utilità

    apportata dall’ultima unità di ricchezza. 

    In questo caso, il prelievo è giustificato da esigenze di equità orizzontale: cioè si ritiene

    che i redditi provenienti dal patrimonio esprimono una > capacità contributiva rispetto al

    reddito da lavoro e possono essere tassati di +. 

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    Per entrambe le nozioni è importante il concetto di ALIQUOTA  rapporto %

    stabilito dalla legge tra l’ammontare dell’imposta dovuta e la base imponibile. 

    Astrattamente possibili sono

    Ancora possiamo distinguere tra

    Entrambe queste definizioni riguardano le imposte sui redditi.

    Questa distinzione ha molte implicazioni giuridico-sistematiche:

    1.  le imposte reali possono operare solo sui redditi prodotti all’interno del

    territorio dell’ente che le istituisce, mentre le imposte personali si

    estendono ai redditi prodotti all’estero; 

    2.  dal punto di vista delle aliquote, le imposte reali sono necessariamente

    proporzionali perché la progressività discriminerebbe irrazionalmente

    redditi di pari ammontare, a seconda del numero delle fonti produttive;

    mentre quelle personali sono normalmente progressive.

    3.  le imposte reali sono insensibili alle condizioni personali e sociali del

    contribuente, aspetti che, invece, sono valorizzati nelle imposte personali.

    Non esistono imposte che siano assolutamente reali o assolutamente personali

    perché bisogna contemperare la tutela dell’equità sia orizzontale che verticale

    le imposte personali contengono aperture ad aspetti reali e viceversa.

    Le fonti – La Costituzione 

    IMPOSTE FISSE  quelle il cui ammontare non

    varia al variare del presupposto di fatto del tributo;

    IMPOSTE REGRESSIVE  quelle il cui ammontare decresce all’aumentare della

    ricchezza tassabile

    IMPOSTE REALI  prelievo di una parte dei redditi

    prodotti dalle singole fonti produttive,

    indipendentemente dalla situazione personale deipercettori

    IMPOSTE PERSONALI  prelievo di una parte del reddito complessivo dei singoli soggetti

    passivi, indipendentemente dalla fonte dalla quale provengono

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    ARTT. 23 e 53 Cost. dedicati rispettivamente alla riserva di legge e alla capacità

    contributiva.

    L’ART. 81 è dedicato all’equilibrio tra le entrate e le spese dello Stato. 

    Ma possiamo citare tanti altre norme costituzionali rilevanti a livello fiscale: ad

    es. l’art. 14 sull’inviolabilità del domicilio consente all’amm. finanziaria di fare

    accertamenti nel domicilio del contribuente se c’è un interesse pubblico. 

    Riserva di legge

    ART. 23 Cost.: “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere

    imposta se non in base alla legge” .

    E’ inevitabile il collegamento al principio di legalità dell’azione amm. dal quale si

    distingue per il fatto di contenere una negazione della possibilità che le leggi

    attribuiscano all’amm. un potere discrezionale nella determinazione e

    applicazione dei prelievi tributari.

    Ambito di operatività dell’art. 23  

    La giurisprudenza costituzionale ritiene che si estende a qualunque prestazione

    personale e patrimoniale che venga imposta a chi deve effettuarla.

    Inizialmente la Corte aveva interpretato restrittivamente la nozione di

     “prestazione patrimoniale imposta”: infatti la configurava solo in presenza di un

    atto di autorità a carico di una persona senza il concorso della sua volontà. Però,

    in questo modo, rimanevano fuori dall’art. 23 le tasse (perché servono ad

    ottenere un servizio).

    Successivamente la Corte affermò l’irrilevanza della volontà del privato quando

    la prestazione pecuniaria non è inserita in un rapporto contrattuale, anche se

    correlata al godimento di servizi pubblici. Infine, è giunta ad affermare che

    anche quando la fonte del rapporto è contrattuale e il regime è privatistico, la

    prestazione contrattuale può cmq essere “imposta”: infatti, la libertà si riduce

    alla possibilità di scegliere tra la rinuncia al soddisfacimento di un bisogno

    Inoltre, altri profili finanziari e tributari li troviamo nelle disposizioni relative aipoteri di Regioni, Province e Comuni.

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    essenziale e l’accettazione di condizioni e obblighi prefissati in modo unilaterale e

    autoritativo.

    Inoltre, siccome la riserva di legge fa riferimento solo al momento

    dell’imposizione, si ritiene che per legge devono essere fissati: oggetto, soggettiattivi e passivi, base imponibile e aliquote di ogni tributo. Ma tutto ciò che

    riguarda il momento applicativo e procedimentale delle imposte (accertamento,

    riscossione, ecc…) il principio fondamentale è quello della legalità dell’azione

    amm.

    Le esenzioni e le agevolazioni fiscali rientrano nell’ambito di operatività dell’art.

    23? Si tende a rispondere affermativamente per il loro carattere derogatorio:

    cioè siccome derogano a delle norme, devono essere disposte con atti altrettanto

    normativi. Però si obietta che le esenzioni e agevolazioni fiscali sono forme di

    intervento pubblico con funzione surrogatoria delle sovvenzioni finanziarie e

    quindi fuoriescono dal campo dei tributi sono costituzionalmente ammissibili

    leggi che attribuiscano all’amm. delle discrezionalità simili a quelle ammesse in

    materia di contributi pubblici.

    Intensità della riserva di legge  

    il termine “legge” comprende anche il d.lgs. e il d.l. Però all’art. 4 dello Statuto

    del contribuente viene esclusa la possibilità di istituire nuovi tributi o di

    estendere i tributi esistenti ad altre categorie di soggetti con il d.l.

    ATTENZIONE!!!

    Lo statuto del contribuente non può certo derogare una norma costituzionale

    dobbiamo interpretare l’art. 4 come un monito per il governo: non abusare del

    decreto legge e utilizzarlo solo quando effettivamente sussistono le condizioni

    richieste nella costituzione, cioè necessità e urgenza.

    Mentre è frequente il ricorso alla legge delega per elaborare i testi normativi

    tributari.

    E’ controversa la riferibilità dell’art. 23 Cost. alle leggi tributarie regionali e alle

    fonti normative comunitarie.

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    Per quanto riguarda le leggi tributarie regionali trovano il loro fondamento

    costituzionale non tanto nella riserva di legge quanto nelle norme cost. che

    disciplinano contenuti e limiti delle autonomie regionali (artt. 5, 117 e 119).

    Mentre, le fonti normative comunitarie sono costituzionalmente ammesse in virtùdell’ art. 11 Cost.: infatti, sottoscrivendo il trattato internazionale l’Italia ha

    accettato la limitazione della propria sovranità.

    Esistono ambiti che possono essere disciplinati con fonti normative sub-primarie

    (come i regolamenti)?

    La Corte Cost., facendo leva sul testo dell’art. 23 che dice “in base alla legge” e

    non “per legge”, ha affermato il carattere relativo della riserva la legge

    tributaria può essere integrata e specificata da regolamenti. L’importante è che

    con la legge primaria siano fissati gli elementi essenziali delle prestazioni

    patrimoniali.

    Dimostrazione di riserva di legge relativa: IMU e IRAP perché sono istituite con

    legge statale ma si consente ai comuni e alle regioni di apportare delle modifiche

    (ad es. le aliquote) in base alle necessità degli enti locali. Ad es. se un comune

    ha molti alberghi potrebbe prevedere aliquote > per gli alberghi rispetto alle

    unità abitative.

    Capacità contributiva 

    ART. 53 Cost.: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione

    della loro capacità contributiva.

    Il sistema tributario è informato a criteri di progressività” .

    Inizialmente questa norma fu ritenuta meramente programmatica, cioè non

    vincolava la delineazione concreta dei profili oggettivi e soggettivi dei singoli

    tributi. E tutt’ora viene attribuita valenza programmatica al 2° com., infatti non

    sono considerate costituzionalmente illegittime le imposte fisse o proporzionali.

    Invece, con riferimento alla capacità contributiva di cui al 1° com., dottrina e

    giurisprudenza le hanno subito dato rilevanza in 2 direzioni:

    1.  i tributi devono necessariamente essere correlati a manifestazioni di

    ricchezza e capacità economica il legislatore ordinario nella scelta dei

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    fatti da sottoporre a tassazione deve sempre partire da fatti indicativi di

    ricchezza e di disponibilità economica.

    La Corte ha limitato questa esigenza alle sole imposte e non anche alle

    tasse. Inoltre, la Corte ha affermato che, nonostante non siaespressamente sancito il divieto di retroattività delle norme tributarie, le

    disposizioni che prevedono l’applicazione di prelievi tributari a fattispecie

    anteriori alla loro emanazione, possono essere costituzionalmente

    illegittime per violazione del principio di capacità contributiva se non

    contengono una ragionevole presunzione della persistenza della capacità

    economica riscontrata in passato.

    2. 

    l’art. 53 costituisce anche il fondamento del principio di eguaglianza

    tributaria, che è una specificazione del principio di cui all’art. 3. Dall’art. 53

    si è fatta discendere anche l’esigenza della ragionevolezza delle

    discriminazioni tributarie.

    Altri principi costituzionali

    ART. 75, 2° com. Cost.: “Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di

    bilancio”  questo per il timore di iniziative popolari irresponsabili.

    ART. 81, 3° e 4° com. Cost.  il testo precedente disponeva che: “Con la legge di

    approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese.

    Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi

    fronte".

    Per quanto riguarda il 3° com., il divieto si ricollegava al timore di decisioni affrettate da

    parte del Parlamento che doveva solo sindacare e controllare le soluzioni applicative

    delle norme finanziarie programmate dall’esecutivo. Successivamente, però, si rese

    necessario consentire un adeguamento della legislazione finanziaria ai mutamenti

    economici. Ecco perché dal 1978 l’approvazione del bilancio è stata strettamente

    collegata all’approvazione della legge di stabilità, con la quale vengono adeguati i

    contenuti delle leggi finanziarie previgenti (sia di entrata che di spesa) agli obiettivi di

    politica economica cui si ispirano il bilancio annale e pluriennale dello Stato e che

    rappresenta lo strumento col quale sono attuate le manovre finanziarie di fine anno.

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    Il 4° com. tende a garantire l’equilibrio finanziario tra entrate e spese pubbliche

    attraverso la previsione dell’obbligo di copertura delle nuove spese. 

    Quest’art. veniva criticato per 2 motivi: sia per l’ampiezza della nozione di “nuova” o

     “maggiore” spesa, sia per il fatto che i mezzi per far fronte alle spese non devono

    necessariamente provenire da aggravi tributari, infatti potevano provenire anche da

    riduzioni di spese preesistenti.

    L’attuale testo normativo dell’art. 81, modificato dalla l. cost. 1/2012, prevede al 2°

    com.:

     “Il ricorso all'indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo

    economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei

    rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali”. 

    Mentre al 5° com. stabilisce che:

     “Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare

    l'equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso

    delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza

    assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei princìpi definiti con legge

    costituzionale”. 

    Leggi finanziarie e decentramento finanziario Art. 5 Cost.: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le

    autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio

    decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua

    legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento” .

    L’autonomia politica degli enti locali presuppone necessariamente l’autonomia

    finanziaria: infatti, ciascun ente deve disporre delle risorse adeguate da

    spendere in modo autonomo per lo svolgimento dei compiti istituzionali.

    La l. cost. 3/2001 ha modificato l’intero titolo V e l’art. 114 stabilisce ora che “La

    Rep. è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle

    Regioni e dallo Stato.

    Per quanto riguarda, in particolare, la materia finanziaria le nuove norme cost.

    stabiliscono:

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    1.  all’art. 117, 2° com., lett. e)  che lo Stato ha legislazione esclusiva in

    materia di sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle

    risorse finanziarie;

    2. 

    all’art. 117, 3° com.

     che rientra tra le materie di legislazioneconcorrente l’armonizzazione dei bilanci pubblici e il coordinamento della

    finanza pubblica e del sistema tributario;

    3.  all’art. 117, 1° com.  che Comuni, Province, Città metropolitane e

    Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa.

    4.  all’art. 119, 2°, 3° e 4° com.  che “I Comuni, le Province, le Città

    metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e

    applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Cost. e secondo i

    princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.

    Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro

    territorio.

    La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di

    destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante” .

    Queste disposizioni sono state variamente interpretate: alcuni hanno ravvisato

    l’attribuzione alle Regioni di una potestà impositiva primaria, mentre altri

    ritengono che i poteri impositivi delle Regioni devono essere esercitai solo nei

    casi e nei limiti stabiliti dalle leggi statali, a salvaguardia dell’unità

    dell’ordinamento tributario. 

    La legge delega sul federalismo fiscale ha seguito, invece, una linea intermedia:

    infatti puntualizza che per tributi delle Regioni si intendono

    i “tributi propri derivati” cioè

    istituiti e regolati da leggi

    statali ma con gettito

    attribuito alle regioni

    le addizionali sulle basi

    imponibili dei tributi statali

    i tributi propri istituiti dalle

    Regioni con propria legge in

    base a presupposti non

    assoggettati a imposizione

    erariale. Inoltre, si è data alle

    Assemblee regionali la

    possibilità di modificare lediscipline sostanziali dei tributi

    riservati alle Regioni, entro i

    limiti fissati dalla legge statale.

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    Quindi le Regioni possono istituire tributi propri però, siccome tra le materie di

    legislazione esclusiva dello Stato c’è il sistema tributario, le Regioni non possono

    istituire tributi che colpiscono eventi che rientrano nel “sistema”. L’ oggetto del

    tributo deve essere qualcosa che riguardi solo quella regione che istituisce iltributo. Ad es. la legge statale ha stabilito che le plusvalenze non d’impresa che

    costituiscono reddito tassabile sono solo quelle che risultano nella categoria

    redditi diversi e cioè quelle di fonte immobiliare (detto in parole povere: compro

    e vendo un immobile, la differenza è reddito tassabile). Non costituisce

    plusvalenza la differenza di fonte mobiliare: cioè compro un quadro a 50 e lo

    rivendo a 100  quei 50 di differenza non costituiscono plusvalenza tassabile per

    una scelta del legislatore una regione non può prevedere che quei 50 siano

    tassabili. Infatti si tratterebbe di un evento che si potrebbe verificare ovunque

    sul territorio nazionale e quindi rientra nel “sistema”. Invece, ad es. la raccolta

    dei tartufi che si realizza solo in Toscana, non rientra nel sistema la regione

    Toscana potrebbe benissimo istituire un tributo proprio che ha per oggetto la

    raccolta dei tartufi.

    Altre fonti del diritto tributario

    Usi e consuetudini non hanno valenza normativa dato che vige il principio della

    riserva di legge. E la stessa cosa si deve dire per le Circolari e le Risoluzioni

    ministeriali che sono atti interni tra uffici amm. centrali e periferici e hanno la

    funzione di assicurare l’imparzialità e il buon andamento dell’amm. 

    REGOLAMENTI  possono disciplinare aspetti specifici delle prestazioni

    tributarie. Ciò risulta sia dagli artt. 3 e 4 delle preleggi sia dalla l. 400/88 che ha

    classificato i regolamenti in:

    di attuazione ed

    esecuzione integrano e

    completano la disciplina

    prevista dalle norme

    primarie;

    di organizzazione 

    regolano l’organizzazione

    ed il funzionamento dei

    pubblici Uffici; 

    autonomi disciplinano materie

    non regolate dalla legge purché

    non coperte da riserva di

    legge (non possono disciplinare

    gli aspetti sostanziali dei tributi)

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    In molti casi la legge rimette ad atti dell’esecutivo la disciplina sostanziale dei

    tributi e le modalità della loro concreta applicazione e riscossione: pensiamo ai

    decreti ministeriali in materia di determinazione dei coefficienti di aggiornamento

    delle rendite catastali o ai decreti con i quali vengono approvati i modelli per ledichiarazioni dei redditi. Inoltre, gli enti territoriali esercitano i loro poteri

    attraverso atti di natura regolamentare, ad es. per la determinazione delle

    aliquote dei tributi a loro devoluti (ovviamente tra un min. e un max. stabilito

    dalla legge).

    FONTI COMUNITARIE  

    direttive = hanno come destinatari gli Stati membri, i cui legislatori dovranno

    adeguarsi alle regole in esse contenute.

    regolamenti = hanno un’efficacia diretta in ogni Stato membro. 

    Di recente, però, anche alle direttive è stata riconosciuta un’efficacia diretta

    quando formulate in modo così preciso e dettagliato da avere un’ immediata

    applicazione, una volta scaduti i termini per la ricezione (direttive self-executive).

    Per quanto riguarda la collocazione delle fonti comunitarie, prima si riteneva che

    il regolamento potesse prevalere sulla disciplina interna difforme solo se questa

    veniva prima dichiarata incostituzionale. Oggi, invece, si ritiene che la

    prevalenza sussiste a prescindere dalla dichiarazione di incostituzionalità per il

    solo fatto che l’Italia, sottoscrivendo il trattato ha accettato una limitazione di

    sovranità.

    Le norme sovranazionali cmq non possono stravolgere i principi identitari dello

    Stato: ad es. il principio di capacità contributiva.

    Interpretazione delle norme tributarie e clausole antielusive

    la disciplina dei tributi viene integrata e specificata con atti che non possono derogare

    alla legge primaria e che, avendo natura amm., possono essere impugnati davanti al

    giudice amm. e disapplicati dal giudice ordinario.

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    In passato le norme tributarie, siccome limitano la libertà patrimoniale, erano

    assimilate alle norme penali. Ne derivava ad es. la regola “in dubio contra

    fiscum”, privilegiando il contribuente. Altri si opponevano a tale impostazione e,

    considerando preminente l’interesse pubblico sotteso al prelievo dei tributi,sostenevano il principio “in dubio pro fisco”. 

    Oggi, invece, si ritiene che per l’interpretazione delle leggi tributarie valgono le

    regole generali di cui all’art. 12 delle preleggi: 

     “Nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto

    palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla

    intenzione del legislatore. Se una controversia non può essere decisa con una

    precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o

    materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi

    generali dell'ordinamento giuridico dello Stato” .

    Il problema principale riguarda l’analogia: 

    è possibile l’estensione analogica delle leggi tributarie? 

    viene esclusa per le norme impositive, per quelle eccezionali e per quelle a c.d.

    fattispecie esclusiva, perché si riferiscono ad ipotesi specificamente individuate.

    Le maggiori problematiche sorgono sul piano applicativo delle norme tributarie.

    1° problema:

    -  qualificazione degli atti e dei negozi giuridici  

    Le norme tributarie spesso ritengono rilevanti fiscalmente gli atti e i negozi

    giuridici posti in essere dai contribuenti, al fine di colpire i fenomeni

    economici che si accompagnano ad essi. Siccome non sempre quell’atto o

    negozio giuridico dà luogo a quel fenomeno giuridico che le norme

    tributarie vogliono colpire, bisogna stabilire se e in che misura l’amm. e il

    giudice possano prescindere dalla forma giuridica dell’atto ed applicare le

    norme tributarie alla sostanza economica (ad es. considerare vendita

    quella che formalmente è una divisione).

    Alcuni ordinamenti hanno accolto il principio generale per cui le norme

    tributarie vanno applicate guardando alla sostanza economica della

    http://www.brocardi.it/dizionario/4258.htmlhttp://www.brocardi.it/dizionario/4272.htmlhttp://www.brocardi.it/dizionario/4273.htmlhttp://www.brocardi.it/dizionario/4274.htmlhttp://www.brocardi.it/dizionario/4274.htmlhttp://www.brocardi.it/dizionario/4273.htmlhttp://www.brocardi.it/dizionario/4272.htmlhttp://www.brocardi.it/dizionario/4258.html

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    fattispecie e non alla forma giuridica. Tuttavia, in questo modo viene meno

    la certezza del diritto.

    In Italia non esistono regole generali ma solo disposizioni settoriali che, a

    volte, sono considerate espressione di un principio generale.

    la riqualificazione delle fattispecie tributarie consiste nella corretta

    applicazione delle norme tributarie senza modificare gli assetti negoziali intercorsi

    tra le parti.

    -  l’elusione fiscale e le clausole antielusive  

    L’elusione fiscale sorge quando vi è il ricorso a forme negoziali anormali o

    atipiche per conseguire vantaggi che diversamente non si potrebbero

    ottenere. L’elusione viene definita come una situazione intermedia tra il

    lecito risparmio d’imposta (che si ha quando il minor carico tributario viene

    ottenuto nel pieno rispetto della legge) e l’evasione fiscale (che è invece

    caratterizzata dalla violazione delle leggi tributarie).

    L’elemento che caratterizza l’elusione fiscale è, appunto, il fatto che le

    norme tributarie non vengono violate, bensì aggirate.

    Proprio perché manca una violazione, il fenomeno dell’elusione viene

    contrastato con 2 tipi di misure:

    1.  emanando nuove norme volte a chiudere, di volta in volta, gli spazi che

    consentono l’elusione; 

    art. 20 DPR 131/86  dove leggiamo che le imposte di registro vanno applicate

    secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati per la

    registrazione, anche se non vi corrisponde il titolo o la forma apparente.

    art. 37, 3° com, DPR 600/73  a proposito delle imposte sui redditi “In sede di

    rettifica o di accertamento d'ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui

    appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di

    presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l'effettivo possessore per

    interposta persona” .

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    2.  attribuendo all’amm. finanziaria e al giudice tributario il potere di

    disapplicare le norme che hanno permesso l’elusione e di disconoscere i

    correlati vantaggi tributari.

    Nel nostro ordinamento si segue soprattutto la 1° via con conseguenteframmentazione e complessità della normativa tributaria. Però, una svolta

    verso la 2° via si è avuta con l’art. 37-bis DPR 600/73 che, con riferimento

    ad alcune operazioni economico-finanziarie, ha stabilito che i relativi atti,

    fatti e negozi giuridici se privi di ragioni economiche e diretti ad aggirare

    obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario divengono inopponibili

    all’amm. finanziaria. Inoltre, in queste circostanze, l’amm. disconosce i

    vantaggi tributari conseguiti dai contribuenti applicando le imposte

    determinate sulla base delle disposizioni eluse, al netto delle imposte

    dovute per effetto del comportamento inopponibile all’amm. Si

    consente all’amm. di determinare le imposte dovute applicando i principi

    ispiratori della disciplina elusa; e ciò in deroga all’art. 12, 2° com. preleggi

    che vuole che i principi si applichino solo in assenza di una specifica

    disposizione regolatrice del caso concreto.

    Questa disciplina è stata considerata espressione del generale divieto di

    abuso del diritto: cioè si nega che il contribuente abbia la possibilità di

    trarre indebiti vantaggi fiscali dall’utilizzo distorto di strumenti giuridici

    idonei ad ottenere un risparmio fiscale, in assenza di ragioni

    economicamente apprezzabili che giustifichino l’ operazione e diverse dalla

    mera aspettativa del risparmio fiscale.

    Ad es. nell’acquisto e vendita infraquinquennale di immobili che genera

    plusvalenza non d’impresa tassata come reddito diverso, se il cedente

    vende a 5 anni e 1 giorno, se non c’è una valida giustificazione economica,

    l’amm. finanziaria può tassare cmq la plusvalenza perché c’è un abuso del

    diritto.

    L’efficacia delle leggi tributarie nel tempo e nello spazio 

    Nel tempo

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    Valgono le regole generali ma con alcune eccezioni introdotte dalla l. 212/2000

    contenente lo Statuto dei diritti del contribuente.

    PRINCIPIO DI FISSITA’

    Art. 1

     le disposizioni costituiscono principi generali dell’ordinamento tributarioe possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi

    speciali.

    Questa norma ha suscitato qualche perplessità perché, essendo leggi ordinarie,

    non possono limitare la sovranità istituzionale del Parlamento.

    In realtà, dobbiamo guardare alle norme dello Statuto come enunciati generali

    assunti a canoni interpretativi e non come norme di rango superiore.

    LIMITI ALLA RETROATTIVITA’ DELLE NORME TRIBUTARIE 

    ART. 3  Le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo. Con riferimento

    ai tributi periodici, le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo

    d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle

    disposizioni che le prevedono.

    Questa disposizione serve a tutelare l’affidamento del contribuente negli oneri

    tributari previsti dalle norme vigenti al momento in cui si verificano i fattifiscalmente rilevanti, assicurando il collegamento dell’imposizione alla capacità

    contributiva. Proprio questa finalità garantista per il contribuente fa sì che il

    divieto non si applica alle norme istitutive di agevolazioni, sanatorie, ecc… In

    ogni caso la norma vale più come canone interpretativo che come regola di

    successione delle leggi nel tempo.

    ALTRE REGOLE PARTICOLARI

    Sempre con finalità garantiste sono dettate altre disposizioni per le quali le

    norme tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la

    cui scadenza sia fissata anteriormente al 60° giorno dalla loro entrata in vigore.

    Inoltre, i termini di prescrizione e decadenza per gli accertamenti di imposta non

    possono essere prorogati.

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    Nello spazio

    Le norme tributarie italiane possono essere applicate solo nel territorio italiano e

    dagli organi amm. e giurisd. italiani, ma possono riguardare fatti avvenuti

    all’estero (tassazione di redditi realizzati all’estero da italiani) o avvenuti in Italiama aventi come protagonisti soggetti stranieri (tassazione dei redditi prodotti da

    stranieri in Italia)

    può esserci dissociazione tra il contenuto delle norme e la capacità operativa

    degli organi chiamati ad applicarle; ma può anche esserci la possibili di una

    doppia imposizione internazionale di uno stesso reddito.

    In genere questi problemi vengono risolti applicando convenzioni internazionali

    che prevedono scambi di informazioni e forme di collaborazione.

    L’extrafiscalità e le agevolazioni fiscali

    L’extrafiscalità ha dei limiti di natura costituzionale? Soprattutto per quanto

    riguarda i principi di uguaglianza e capacità contributiva.

    A tal proposito si ritiene che l’extrafiscalità sia in contrasto con il principio

    generale della partecipazione alle spese pubbliche secondo la capacità

    contributiva individuale una parte della dottrina ha sostenuto che è

    ammessa solo quando è orientata a valori sanciti in altri principi costituzionali.

    Tuttavia, si tratta di una dottrina minoritaria perché quella prevalente e la

    giurisprudenza costituzionale riconoscono l’incidenza di fattori extrafiscali

    nell’apprezzamento della capacità contributiva; l’importante è che le conseguenti

    discriminazioni rispondano ad esigenza di ragionevolezza e non siano arbitrarie.

    Per quanto riguarda più in dettaglio le agevolazioni fiscali, sono sorte questioni

    più delicate per vari motivi:

    si ha quando le discipline tributarie vengono orientate a fini politico-sociali diversi dal

    riparto della spesa pubblica.

    Ad es. se si vogliono disincentivare alcuni fatti li si penalizza fiscalmente come

    avviene per i dazi protettivi volti ad ostacolare l’importazione di merci estere. Oppure,

    se si vogliono incentivare alcune operazioni, si attenuano gli oneri fiscali ad esse

    connesse, come avviene per le agevolazioni fiscali nelle zone depresse.

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    la varietà di forme in cui possono presentarsi (esenzioni, detrazioni, crediti

    d’imposta, ecc …); carenza di principi e regole generali; difficoltà a distinguere

    tra agevolazioni tributarie, che rimangono all’interno della disciplina dei singoli

    tributi, e agevolazioni fiscali che, invece, costituiscono forme di spesa pubblicaperché si tratta di sovvenzioni finanziarie erogate attraverso i circuiti tributari.

    Proprio per queste difficoltà, una parte della dottrina sostiene che le agevolazioni

    fiscali comportano sempre una disciplina derogatoria senza distinzioni

    qualitative; mentre un’altra parte della dottrina ha sostenuto che solo nel caso di

    credito d’imposta comporta una forma di spesa pubblica; un’altra parte ancora

    della dottrina ha poi distinto tra agevolazioni fiscali proprie e improprie:

     

    proprie  operano all’interno della disciplina dei singoli tributi; 

      improprie  sostituiscono di fatto una sovvenzione pubblica con

    conseguente spesa pubblica

    sottolineando poi che la distinzione deve essere fatta su un piano di

    interpretazione sistematica, considerando tutti gli interessi in gioco nelle

    discipline positive.

    In altri ordinamenti troviamo una disciplina specifica della spesa fiscale che stabilisce

    regole contabili e di bilancio; cosa che manca in Italia dove l’approccio è di tipo

    casistico. 

    La natura delle leggi tributarie

    Le leggi tributarie, pur provenendo dal Parlamento, mancano di alcuni requisiti

    tipici delle leggi: generalità, bilateralità, astrattezza. Infatti, semplicemente

    trasformano in regole la funzione di governo, sono + simili agli atti amm.

    Queste concezioni, formatesi all’inizio del ‘900 furono poi contrastate: infatti non

    poteva confondersi lo Stato legislatore, che esercita la sua sovranità imponendo i

    tributi con legge, con lo Stato amministratore, che è soggetto alla legge e che,

    quindi, può accertare e riscuotere i tributi solo se e nella misura in cui ciò è

    consentito dalla legge. i tributi sono oggetto di rapporti giuridici di

    debito/credito tra contribuente e amm. finanziaria (requisito della bilateralità) e

    hanno la loro fonte nel verificarsi dei fatti previsti astrattamente dalle norme

    impositive (requisito dell’astrattezza). 

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    Ma le leggi tributarie sono anche legate alle leggi di spesa: infatti le leggi

    tributarie regolano le entrate, mentre le leggi di spesa si occupano della

    redistribuzione, il tutto nell’ambito della stessa attività finanziaria pubblica.

    Questo legame assume rilievo giuridico per 2 motivi:1.  per il principio dell’unicità del bilancio  cioè le entrate tributarie

    concorrono indistintamente a soddisfare l’unitario fabbisogno pubblico

    (quindi sono prelievi di ricchezza senza rapporto sinallagmatico con le

    controprestazioni), tranne nei casi di imposte di scopo, cioè entrate

    destinate a coprire specifiche spese pubbliche;

    2.  perché anche in materia tributaria va dato rilievo all’annuale approvazione

    del bilancio da parte del Parlamento. Infatti, l’approvazione del bilancio

    costituisce il presupposto costituzionale per legittimare l’esecutivo a

    riscuotere le entrate e ad erogare le spese. Ecco perché si parla delle leggi

    tributarie come leggi “condizionate” all’approvazione del bilancio.

    A queste concezioni si è obiettato che le previsioni di bilancio limitano solo

    la spesa ma non anche le entrate pubbliche, per cui l’esecutivo deve

    procedere alla riscossione anche oltre gli importi indicati nei bilanci annuali

    di previsione. E in ogni caso, l’approvazione del bilancio costituisce condicio

    sine qua non per l’esercizio dei poteri da parte dell’amm. in materia

    tributaria, ma le leggi tributarie sono pienamente operanti, anche prima

    dell’approvazione del bilancio, per la parte in cui pongono obblighi o

    attribuiscono diritti ai contribuenti.

    Struttura giuridica dei tributi

    a) imposte “con” e “senza” accertamento preliminare da parte

    dell’Amm. finanziaria 

    CON  è istituzionalmente riservato all’Amm. finanziaria il compito di

    applicare delle norme impositive e determinare le imposte dovute nei

    singoli casi concreti. I contribuenti avranno solo obblighi di natura

    strumentale e servente per facilitare l’azione amm. (ad es. dichiarare i fatti

    fiscalmente rilevanti).

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    Queste sono le caratteristiche

    Ne deriva un modello unitario del procedimento di prelievo:

    iniziale dichiarazione dei contribuenti; controlli amm.; determinazione

    amm. dell’imposta dovuta; riscossione (anche coattiva) dell’imposta. 

    SENZA  significa che

    b) distinzione tra struttura economico-finanziaria e quella giuridica

    dei tributi

    Le discipline sostanziali sui tributi contengono alcuni elementi essenziali:

    o  presupposto  la legge indica quale manifestazione della capacità

    contributiva è assunta ad oggetto del tributo (ad es. il reddito, la

    vendita, ecc…). Di fatto, è spesso costituito non da un solo fatto

    giuridico ma da molteplicità di fatti, qualificati da norme diverse e

    produttivi di effetti giuridici diversi; 

    tenuità degli obblighi posti a

    carico dei contribuenti e delle

    conseguenti sanzioni

    le imposte vengono parametrate

    su valori medio-ordinari

    piuttosto che sulle dimensioni

    effettive dei fenomeni economici

    colpiti

    l’Amm. ha soprattutto poteri di

    valutazione estimativa della

    materia imponibile

    il contribuente ha il compito

    di procedere alla

    determinazione e al

    versamento delle imposte

    stabilite dalla legge;

    esistono pesanti

    sanzioni (anche penali)

    per chi non provvede

    l’Amm. ha il compito di orientare il

    contribuente all’assolvimento degli

    obblighi posti a suo carico e in più

    ha il compito di reprimere i

    comportamenti antigiuridici

    senza accertamento vuol dire che i controlli amm.

    vengono fatti ex post.

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    o  soggetti passivi  sono coloro che vengono gravati dal tributo

    perché si verifica in capo a loro il presupposto. Di fatto, non sempre

    vengono gravati direttamente (pensiamo alle ritenute alla fonte); 

    base imponibile

     è la grandezza che rappresenta il parametro per ladeterminazione, attraverso l’aliquota, dell’importo dovuto; 

    o  aliquota  è il criterio di quantificazione del tributo, espresso come

    rapporto % tra l’importo dovuto a titolo d’imposta e la base

    imponibile. 

    Di recente, si è affermata l’idea per cui le imposte non discendono solo da una

    norma sostanziale: la prestazione tributaria, anche se economicamente

    unitaria, può essere il risultato di una pluralità di norme e di situazionigiuridiche soggettive non necessariamente passive.

    A formare questa idea ha contribuito molto l’IVA che comprende obblighi di

    versamento e diritti di detrazione dalla cui combinazione possono scaturire

    posizione soggettive sia attive che passive verso l’Amm. finanziaria. 

    c) distinzione tra norme costitutive di situazioni soggettive

    unilaterali, di rapporti giuridici o attributive di poteri normativi

    norme costitutive situazioni giuridiche sogg. unilaterali  in pratica le

    norme collegano ai fatti giuridici degli effetti, positivi o negativi, che

    incidono sulla posizione giuridica di un solo soggetto; quindi hanno il

    carattere dell’assolutezza (come avviene nel campo dei diritti reali); 

    norme costitutive di rapporti giuridici  in pratica le norme collegano ai

    fatti giuridici degli effetti che consistono nella costituzione di relazioni

    giuridiche intersoggettive; quindi il diritto di un soggetto è il riflessodell’obbligo che incombe sull’altro. 

    norme attributive di poteri normativi  in pratica le norme collegano ai

    fatti giuridici l’attribuzione ad un soggetto del potere di determinare la

    disciplina del caso concreto, attraverso un proprio atto normativo di tipo

    negoziale (se privato) o provvedimentale (se pubblico).

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    La disciplina delle prestazioni tributarie, pur avendo qualcosa in comune con le

    normali obbligazioni pecuniarie, se ne differenzia per 3 motivi:

    le situazioni sogg. delcontribuente non sono

    sempre passive e cmq sono

    accompagnate da sanzioni

    che non ricorrono nei normali

    casi di inadempimento delle

    obbligazioni pecuniarie

    l’Amm. è investita i poteriautoritativi (an e quantum

    debeatur) che non dispone un

    comune creditore

    esistono ipotesi in cui ilcontribuente può

    autodeterminare la disciplina

    applicabile ai casi concreti

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    Imposte sui redditi

    IRPEF e IRES

    Sez. I - Evoluzione storica

    Originariamente il sistema era fondato sull’idea che l’imposizione reddituale sidovesse risolvere in un prelievo generale di una certa % di tutti i redditi prodotti

    nello Stato. Poi, nel 1923, si era aggiunta un’imposta personale complementare

    sul reddito complessivo delle persone fisiche, con l’intento di introdurre degli

    elementi di equità verticale. Nel 1954 fu aggiunta un’imposta sul reddito delle

    società di capitali, sempre aggiuntiva rispetto alle imposte gravanti sui singoli

    redditi, e sempre motivata da finalità di equità verticale: infatti si volevano

    limitare i vantaggi fiscali conseguiti dai soci, cioè il non assoggettamento degli

    utili non distribuiti all’imposizione progressiva.

    Nei primi anni ’70, il sistema tributario italiano venne totalmente ridisegnato:

    restarono ferme le diverse tipologie di reddito ma fu ribaltato il rapporto tra

    imposizione di tipo reale e quella di tipo personale, a vantaggio della

    progressività della tassazione.

    Infatti, le imposte sui singoli redditi furono sostituite da 3 tributi:

    IRPEF  imposta sul reddito delle persone fisiche  unica, personale e

    fortemente progressiva;

    IRPEG  imposta sul reddito delle persone giuridiche  unica, personale e

    proporzionale, sul reddito delle società di capitali e degli altri Enti pubblici e

    privati, commerciali e non commerciali.

    ILOR  imposta locale sui redditi  aggiuntiva, reale e proporzionale, a carico di

    persone fisiche e giuridiche ma gravante solo sui redditi di natura totalmente o

    parzialmente patrimoniale, motivata da finalità di equità orizzontale.

    Nel ’77 fu poi introdotto il “credito d’imposta sui dividendi” per eliminare ogni

    forma di doppia imposizione degli utili distribuiti dalle società di capitali (prima

    società e poi soci).

    Infine, tutto il sistema impositivo trovò un assetto definitivo nel T.U. delle

    imposte sui redditi, approvato con DPR 917/’86 (TUIR).

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    Negli anni ’90 vengono istituite l’ICI (imposta comunale sugli immobili – oggi

    IMU) e l’IRAP (imposta regionale sulle attività produttive). Gradualmente viene

    soppressa l’ILOR. 

    Una nuova riforma era stata avviata dalla legge delega 80/2003, che però èstata attuata solo per le imposte sui redditi col d.lgs. 344/2003 e con la l.

    244/2007.

    Le innovazioni hanno operato in 2 direzioni:

    Esaminiamo il TUIR. E’ composto da 3 titoli: 

    1.  disciplina l’IRPEF  imposta personale e progressiva sul reddito complessivo delle

    persone fisiche con aliquote tra il 23 e il 43%;

    2.  disciplina l’IRES  imposta proporzionale sul reddito complessivo delle società di

    capitali e di altri Enti pubblici e privati, con aliquota unica del 27,5%

    3.  contiene le “disposizioni comuni”  cioè norme particolari e settoriali, riferibili sia

    all’IRPEF che all’IRES. In realtà, l’area delle disposizioni comuni è + ampia sia

    perché molte norme vengono ripetute nella disciplina di entrambe le imposte, sia

    perché sono presenti numerosi rinvii dall’uno all’altro settore. Ad es. la disciplina

    del reddito d’impresa è collocata nell’IRES e poi richiamata ai fini dell’IRPEF. 

    abbassamento delle aliquote

    privilegiando le forme impositive di

    tipo reale e proporzionale.La progressività viene limitata ai

    redditi immobiliari e di lavoro che non

    possono essere delocalizzati.

    Mentre ai redditi d’impresa e di

    capitale va riservato un trattamento

    fiscale + favorevole, obiettivo

    raggiunto soprattutto con

    l’introduzione dell’IRES (in sostituzione

    dell’IRPEG). 

    scelta di una disciplina dei redditi

    societari + adeguata alle particolarità

    dei rapporti economici di naturatransnazionale (imprese italiane

    all’estero, imprese straniere in Italia,

    gruppi di società). L’obiettivo è stato

    quello di aumentare la competitività

    del sistema produttivo, adottando un

    modello fiscale omogeneo a quelli +

    efficienti nell’ambito dei Paesi dell’U.E. 

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    Sez. II - Principi generali 

    Il TUIR non contiene una nozione generale di reddito. Infatti, gli artt. 1 e 72

    identificano i presupposti, rispettivamente, dell’IRPEF e dell’IRES nel “possesso di

    redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie indicate nell’art. 6”  si rimanda alle regole di settore per individuare cosa si intende per reddito.

    Tuttavia, esiste un comune denominatore per la cui identificazione dobbiamo

    partire dalla definizione economica di reddito.

    In genere, la nozione di reddito si contrappone a quella di patrimonio

    Per quanto riguarda il REDDITO CONSUMO, si differenzia dal modello precedente

    per il fatto che considera tassabile solo quella parte di reddito prodotto destinato

    identifica la ricchezza nel suo

    aspetto statico, cioè definisce

    quel che si possiede in un certo

    momento storico.

    identifica quel che si guadagna o si perde in

    un certo arco temporale comporta

    sempre un confronto tra 2 diversi momenti

    temporali che delimitano il c.d. periodo

    d’imposta. Ma ci sono diversi modi per

    effettuare il confronto. In particolare, la

    dottrina economico-finanziaria ha elaborato 3

    teorie:

    1.  REDDITO PRODOTTO

    2. 

    REDDITO CONSUMO3.  REDDITO ENTRATA

    identifica il reddito nella sola ricchezza novella che sia:

    derivante da una fonte produttiva e suscettibile di esserereinvestita per generare nuova ricchezza

    si sottolinea la differenza tra fonte produttiva (può essere un immobile, un lavoro, ecc…)

    e prodotto. In questo modo si ottiene la tassazione di tutto il reddito prodotto nazionale

    senza salti o duplicazioni d’imposta. 

    Ciò comporta 2 conseguenze:

      irrilevanza delle vicende (ad es. alienazione) che riguardano le fonti produttive

    perché vanno ad incidere sul patrimonio del contribuente e non sul suo reddito;

      si nega la natura reddituale degli arricchimenti o impoverimenti derivanti da

    liberalità o da atti a titolo gratuito perché incidono sul patrimonio e cmq si tratta

    di ricchezza già soggetta a tassazione in capo al soggetto che l’ha prodotta.

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    -  il regime degli interessi moratori e dilatori  hanno una natura ambigua

    perché da un lato incrementano la ricchezza del percettore, e dall’altro

    costituiscono, in un certo senso, un risarcimento del pregiudizio per il

    ritardo nel pagamento. Oggi, sulla base del principio di accessorietà, l’art.6, 2° com. TUIR afferma che: “Gli interessi moratori e gli interessi per

    dilazione di pagamento costituiscono redditi della stessa categoria di quelli

    da cui derivano i crediti su cui tali interessi sono maturati” .

    Ad es. gli interessi per ritardata corresponsione di compensi per prestazioni

    lavorative sono tassabili come redditi di lavoro.

    Questo perché viene data importanza centrale alla fonte produttiva del

    reddito.

    -  la disciplina dei proventi illeciti  in passato, i proventi derivanti da fatti,

    atti o attività qualificabili come illecito civile, penale o amm. dovevano

    ritenersi compresi nelle singole categorie reddituali, se classificabili in esse

    e se non già sottoposti a sequestro o confisca penale bisognava

    valutare caso per caso la riconducibilità dei proventi ad una categoria

    reddituale. Ad es. i proventi da usura erano tassabili perché derivanti da

    impiego di capitali; mentre i proventi da furti e rapine non erano tassabili

    perché non rientravano in alcuna categoria reddituale, infatti erano

    assimilabili all’arricchimento, non reddituale, di chi trova un portafogli per

    strada. Inoltre, molte ipotesi restavano controverse.

    Per superare queste incertezze è stata introdotta una norma secondo la

    quale l’art. 14 l. 537/93 si interpreta nel senso che i proventi illeciti, se non

    sono classificabili nelle categorie di reddito di cui all’art. 6…sono cmq

    considerati come redditi diversi tutti i proventi illeciti hanno natura

    reddituale per il solo fatto della loro illiceità.

    Sotto il profilo sogg., il presupposto sia dell’IRPEF che dell’IRES è il possesso del

    reddito, cioè la titolarità delle situazioni sogg. nelle quali si concretizzano i singoli

    redditi. Ad es. i redditi dei beni immobili si considerano posseduti dal soggetto

    che ne è titolare, anche se il bene è sottoposto a procedure esecutive o

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    concorsuali e quindi i relativi frutti vanno a vantaggio dei creditori; un provento

    commerciale non viene meno perché viene estinto per compensazione; ed

    esistono alcuni casi nei quali il reddito viene fiscalmente imputato a soggetti

    diversi da quelli che lo hanno prodotto: come avviene per i redditi delle societàdi persone che vengono imputati direttamente ai soci, per trasparenza,

    indipendentemente dalla distribuzione.

    Da un punto di vista qualitativo, i redditi in denaro e in natura sono equiparati.

    Redditi in natura sono ad es. i compensi per attività lavorativa corrisposti sotto

    forma di beni e servizi, i quali andranno considerati secondo il loro valore

    normale, cioè il prezzo mediamente praticato per beni similari nelle stesse

    condizioni di mercato.

    Soggetti passivi dell’IRPEF e il regime dei redditi familiari (appunti)

    ART. 2 TUIR   “Soggetti passivi dell'imposta sono le persone fisiche, residenti e

    non residenti nel territorio dello Stato” .

    La distinzione tra soggetti residenti e non residenti sta nel fatto che ai residenti

    si applica il principio della commisurazione dell’imposta all’ammontare

    complessivo di tutti i redditi prodotti ovunque (c.d. principio della tassazione del

    reddito mondiale); mentre, per i non residenti vale la regola secondo cui sono

    soggetti ad IRPEF solo i redditi prodotti nel territorio dello Stato.

    Questo, però, può determinare il fenomeno della c.d. doppia imposizione

    internazionale di uno stesso reddito (Stato di residenza e Stato in cui viene

    prodotto). Per evitare questo, l’ordinamento italiano consente ai residenti di

    detrarre dall’IRPEF le imposte pagate a titolo definitivo allo Stato estero, fino a

    raggiungere la quota di imposta italiana che corrisponde al rapporto tra il reddito

    prodotto all’estero e quello complessivo. 

    Ad es. se il reddito estero è pari al 30% del reddito complessivo, si potrà

    detrarre dall’IRPEF solo il 30% dell’imposta pagata allo Stato estero. La parte

    dell’imposta estera che supera questo limite rimane a carico del contribuente. 

    L’art. 2 TUIR prosegue dicendo che: “Ai fini delle imposte sui redditi si

    considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta

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    sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio

    dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del c.c.” .

    E l’art. 43 c.c. afferma che: “Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa

    ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi. La residenza è nel luogoin cui la persona ha la dimora abituale.”  

    I cittadini italiani continuano ad essere considerati residenti nel territorio delloStato, salvo prova contraria, se si trasferiscono in Stati o territori non compresi

    nella c.d. white list

    Se, invece, il cittadino si trasferisce in uno Stato indicato nella lista, sarà l’Amm.

    finanziaria a dover dimostrare la residenza del contribuente in Italia.

    Per quanto riguarda i redditi familiari, le imposte progressive determinano

    esigenze di livellamento del trattamento fiscale dei redditi familiari, a parità del

    loro ammontare complessivo.

    Per fare questo, inizialmente si ricorreva all’istituto del cumulo dei redditi che

    commisurava l’imposta alla sommatoria dei redditi di tutti i componenti della

    famiglia. Ma questa regola fu dichiarata costituzionalmente illegittima nel ’76 per

    violazione degli artt. 3 e 31 Cost.: infatti, comportava una penalizzazione delle

    famiglie legittime rispetto alle convivenze di fatto.

    la legge tributaria considera decisivo il dato formale dell’iscrizione anagrafica; inoltre

    equipara residenza e domicilio e considera automaticamente abituale una dimora che si

    protragga per + di 6 mesi.

    è una lista di Stati, individuati con decreto ministeriale, che consentono un adeguato

    scambio di informazioni e nei quali il livello di tassazione non è sensibilmente

    inferiore rispetto a quello esistente in Italia.

    Spetta al contribuente dimostrare l’effettività del trasferimento in uno di questi Stati

    non compresi nella white list.

    http://www.brocardi.it/dizionario/652.htmlhttp://www.brocardi.it/dizionario/3617.htmlhttp://www.brocardi.it/dizionario/3617.htmlhttp://www.brocardi.it/dizionario/652.html

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    Oggi, si applica la regola della tassazione distinta dei redditi dei singoli

    componenti di ciascuna famiglia, nonostante la Corte Cost. abbia + volte invitato

    il legislatore ad adottare regole che non penalizzino le famiglie monoreddito,

    come ad es. il criterio del quoziente familiare.

    Soggetti passivi dell’IRES e distinzione tra Enti commerciali e non

    commerciali

    ART. 73 TUIR  individua 4 categorie:

    1.  società di capitali residenti nel territorio dello Stato;

    2.  gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel

    territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale

    l'esercizio di attività commerciali;

    3.  gli enti pubblici e privati diversi dalle società, i trust che non hanno per

    oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale nonché gliorganismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio

    dello Stato;

    4.  le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità

    giuridica, non residenti nel territorio dello Stato. In questa categoria

    rientrano le società di persone e le associazioni tra artisti e professionisti di

    cui all’art. 5 TUIR, che non sono residenti nel territorio (perché se sono

    residenti, i relativi redditi sono imputati ai soci per trasparenza).

    Dobbiamo esaminare 2 distinzioni:

    A.  ENTI RESIDENTI – ENTI NON RESIDENTI  

    La residenza si identifica nel fatto che l’Ente, per la maggior parte del

    periodo d’imposta, abbia avuto la sede legale o la sede

    dell’amministrazione o l’oggetto principale dell’attività nel territorio dello

    Stato.

    si divide l’ammontare complessivo dei redditi familiari per un coefficiente stabilito in base

    al nucleo familiare (ad es. coniuge=1, ogni figlio=0,5, ogni altro familiare a carico=0,3).

    Dopodiché si misura l’imposta sulla somma ricavata e si moltiplica per il quoziente. 

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    Agli enti residenti si applica il criterio della tassazione del reddito ovunque

    prodotto; a quelli non residenti si applica il criterio della tassazione del solo

    reddito prodotto nel territorio dello Stato (inoltre, opera il meccanismo del

    credito d’imposta). B.  ENTI COMMERCIALI – ENTI NON COMMERCIALI  

    Agli enti commerciali si applica il principio secondo il quale tutti i redditi, da

    qualunque fonte provengano, sono considerati redditi d’impresa e si

    determinano guardando le risultanze del conto economico.

    Agli enti non commerciali si applica il principio della determinazione del

    reddito imponibile attraverso la sommatoria dei redditi fondiari, di capitale,

    d’impresa e diversi secondo le regole applicate nei confronti delle persone

    fisiche.

    Questa distinzione investe anche le società di persone, anche se non

    soggette ad IRES, e si effettua sulla base di 2 criteri:

    criterio formale  si guarda alla

    natura giuridica del soggetto, infatti

    alcuni soggetti sono sempre

    considerati commerciali, a

    prescindere dall’attività svolta: così

    tutte le società di capitali, le s.n.c. e

    le s.a.s.; invece, le società semplici

    sono sempre non commerciali

    tutte le società, a parte quelle

    semplici, sono enti commerciali anchese non svolgono attività commerciale

    criterio sostanziale  si guarda alla natura

    dell’oggetto esclusivo o principale dell’attività

    dell’ente. Questo criterio opera nel campo degli

    enti non societari.

    La legge precisa che:

      l’oggetto esclusivo o principale si desume

    in base alla legge o dall’atto costitutivo e

    dallo statuto (se esistenti in forma di atto

    pubblico o scrittura privata autenticata);

     

    in alternativa, si guarda all’attivitàeffettivamente svolta;

      l’oggetto principale si identif ica

    nell’attività essenziale per realizzare

    direttamente gli scopi istituzionali

    dell’ente. 

    In ogni caso, anche se astrattamente lo statuto

    non parla di attività commerciale, se l’Ente

    svolge, per un intero periodo d’imposta, attività

    prevalentemente commerciale, questo è

    sufficiente per qualificarlo come ente

    commerciale.

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    PRINCIPIO DI TRASPARENZA – vige per le società di persone

    Il reddito della società viene imputato direttamente ai singoli soci,

    proporzionalmente alle quote di partecipazione, indipendentemente dalla

    percezione. Sulla società incombono tutti gli obblighi e i diritti relativi alladeterminazione e dichiarazione dei risultati positivi o negativi dell’attività sociale;

    mentre i soci hanno l’obbligo di dichiarare, insieme agli altri eventuali redditi, la

    quota di propria pertinenza del reddito o della perdita della società e

    corrispondere le relative imposte. A tal fine, le quote di partecipazione si

    presumono proporzionali al valore dei conferimenti se non risultano

    diversamente determinate da atto pubblico o scrittura privata autenticata di data

    anteriore all’inizio del periodo d’imposta. Inoltre, se non risulta determinato il

    valore del conferimento, le quote si presumono uguali.

    Il principio di trasparenza è stato poi esteso alle società di armamento, alle

    società di fatto, alle imprese familiari e alle associazioni tra artisti e professionisti

    (le quali sono equiparate alle società semplici con la differenza che le quote di

    partecipazione possono essere determinate mediante atto redatto ex post – cioè

    fino alla presentazione della dichiarazione dei redditi dell’ associazione).

    Per quanto riguarda, in particolare, l’impresa familiare: il reddito d’impresa,

    limitatamente al 49% dell’ammontare risultante dalla dichiarazione dei redditi

    del titolare, viene imputato a ciascun familiare che abbia prestato in modo

    continuativo e prevalente la sua attività di lavoro nell’impresa,

    proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili, ma a 3 condizioni:

    1.  i familiari partecipanti devono risultare nominativamente individuai in atto

    pubblico o scrittura privata autenticata prima dell’inizio del periodo

    d’imposta; 

    2.  la dichiarazione dei redditi dell’imprenditore deve recare l’attestazione che

    le quote attribuite ai singoli familiari sono proporzionate alla qualità e

    quantità del lavoro prestato nell’impresa;

    3.  ciascun familiare deve attestare, nella propria dichiarazione dei redditi, di

    aver prestato la propria attività di lavoro nell’impresa in modo continuativo

    e prevalente.

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    Il principio di trasparenza è stato esteso anche al regime IRES dei gruppi di

    società di capitali, alla disciplina dei redditi prodotti dalle società controllate da

    soggetti residenti in Italia e localizzate in Stati a fiscalità privilegiata, e alle s.r.l.

    di dimensioni ridotte. Inoltre, è stato esteso, come regime opzionale, alle s.r.l.che abbiano:

    a)  un volume di affari che non supera le soglie previste per l’applicazione

    degli studi di settore;

    b) una compagine sociale costituita da non + di 10 persone fisiche (20 per le

    società cooperative);

    c)  e nelle quali esiste una volontà comune di tutti i soci di optare

    irrevocabilmente, per 3 anni consecutivi, per l’adozione di questo regime. 

    In genere, questa opzione è vantaggiosa per le società in difficili condizioni

    economiche (infatti le perdite della società possono essere dedotte

    proporzionalmente dagli altri redditi propri dei singoli soci) e se si vuole

    evitare la parziale doppia tassazione del reddito che si accompagna al

    regime IRES (prima in capo alla società e poi in capo al socio). Dobbiamo,

    però, aggiungere che l’adozione di questo principio ha la conseguenza di

    rendere la società partecipata responsabile in solido con i soci per il

    pagamento delle imposte, delle sanzioni e degli interessi conseguenti

    all’imputazione del reddito ai singoli soci c’è il rischio che la

    compagine sociale sia esposta alle conseguenze delle inadempienze fiscali

    di ogni socio.

    Localizzazioni dei redditi 

    Quando un reddito può dirsi prodotto nel territorio dello Stato?

    Esistono diversi criteri per le singole tipologie di reddito:

    -  proventi immobiliari  rileva la localizzazione del bene si considerano

    prodotti nel territorio dello Stato i redditi fondiari, cioè quelli provenienti da

    immobili iscritti o iscrivibili nel catasto dei terreni o dei fabbricati;

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    -  redditi di capitale  rileva la localizzazione dell’erogante si considerano

    prodotti nel territorio dello Stato i proventi corrisposti dallo Stato italiano o

    da altri soggetti residenti in Italia;

    redditi di lavoro autonomo e dipendente

     rileva il luogo in cui è statasvolta la prestazione lavorativa dalla quale discende il reddito;

    -  redditi d’impresa  sono considerati prodotti in Italia quando derivano da

    attività esercitate in Italia attraverso una stabile organizzazione;

    -  redditi diversi  rileva la localizzazione dell’attività o dei beni dai quali

    derivano; mentre, per quanto riguarda le plusvalenze su partecipazioni,

    queste si considerano prodotte in Italia quando derivano da negoziazione

    di partecipazioni in Società residenti.

    Quando un reddito di un soggetto residente si considera prodotto all’estero?

    Sulla base di criteri reciproci a quelli previsti per individuare i redditi prodotti nel

    territorio dello Stato.

    Periodo d’imposta, il riporto delle perdite e la tassazione separata 

    Il periodo d’imposta è rappresentato dall’anno solare, per le persone fisiche, e

    dal periodo di gestione, per società ed enti (così come determinato dall’atto

    costitutivo o dallo Statuto, quindi può essere > o < dell’anno solare). 

    Fanno eccezione eventi come la liquidazione volontaria delle imprese o il

    fallimento.

    questa nozione ha sempre creato delle difficoltà nell’applicazione del

    criterio di localizzazione. Secondo l’ART. 162 TUIR la “stabile

    organizzazione” consiste in una sede fissa di affari per mezzo della quale

    l’impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul

    territorio dello Stato (succursale, ufficio, laboratorio, …); invece, non

    rientrano nella nozione quelle installazioni usate a meri fini di deposito,

    esposizione o consegna delle merci, o per acquistare beni.

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    2 anni anteriori non c’è stato reddito, si considera solo l’altro anno. E se

    non c’è stato reddito in alcuno dei 2 anni, si applica l’aliquota stabilita per il

    1° scaglione di reddito.

    In pratica, il livello dell’aliquota applicabile prescinde sempre dalle dimensioni delreddito sottoposto a tassazione separata. Ma, mentre nel 1° caso è condizionato

    dal numero di anni in cui è maturata l’indennità di fine rapporto, nel 2° caso

    dipende dal livello medio di tassazione subito dal contribuente nei 2 anni

    precedenti.

    La tassazione separata è un istituto che opera solo per l’IRPEF: infatti serve a

    superare le conseguenze della progressività, problema che non si pone per i

    soggetti IRES dato che l’IRES è già un’imposta proporzionale. 

    La disciplina della base imponibile e il regime dei dividendi

    IRPEF e IRES sono imposte uniche perché la loro base imponibile è costituita

    dalla sommatoria di tutti i redditi conseguiti nel periodo d’imposta. Ma dobbiamo

    fare alcune considerazioni:

    -  sono esclusi dalla base imponibile i redditi esenti e quelli soggetti a

    ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva.

    -  possono concorrere a determinare la base imponibile sia dell’IRPEF che

    dell’IRES le risultanze negative delle singole fonti reddituali. Infatti, per il

    calcolo della base imponibile dell’ IRPEF, possono essere detratte dagli altri

    redditi le perdite derivanti dall’esercizio d’impresa commerciale o

    dall’esercizio di arti e professioni (ART. 8 TUIR). Inoltre, i redditi e le

    rappresentano forme di prelievo proporzionali che assorbono ogni altro

    obbligo IRPEF o IRES e che si differenziano per il fatto di essere operate

    da un altro soggetto (per quanto riguarda le ritenute alla fonte) o dallo

    stesso contribuente (per quanto riguarda le imposte sostitutive).

    In particolare, le ritenute alla fonte operano soprattutto nel campo dei

    redditi di capitale percepiti da persone fisiche o da enti non commerciali;

    mentre, le imposte sostitutive si applicano soprattutto nel campo dei

    redditi d’impresa.

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    perdite devono determinarsi in base al risultato complessivo netto di tutti i

    cespiti che rientrano nella stessa categoria (ART. 9 TUIR).

    Questa stessa regola è richiamata nell’IRES per gli enti non commerciali

    residenti. Mentre, per gli enti commerciali non si pone il problema perché ilreddito è sempre determinato secondo le regole del reddito d’impresa. 

    -  un trattamento fiscale particolare è riservato ai dividendi distribuiti dai

    soggetti passivi dell’IRES. Questi proventi costituiscono redditi del socio

    ma sono già sottoposti a tassazione IRES come reddito proprio della

    Società distributrice bisogna introdurre delle misure volte a contenere

    il fenomeno della doppia imposizione.

    Nel tempo e nei vari ordinamenti sono state individuate varie soluzioni:

    ad es. l’applicazione di aliquote minori sugli utili distribuiti; ma +

    frequentemente si preferisce intervenire sul regime tributario del socio

    attraverso 2 tecniche:

    Nel nostro ordinamento per molti anni è stato seguito il principio

    dell’ imputazione: cioè la società pagava l’imposta sul suo reddito, poi

    distribuiva gli utili che il socio inseriva nella sua dichiarazione. Calcolato il

    reddito complessivo, il socio andava a detrarre il credito d’imposta cioè

    l’imposta pagata dalla società e se emergeva un’eccedenza, questa poteva

    essere rimborsata ma…solo al soggetto residente. Quindi si creava una

    disparità di trattamento rispetto ai soci non residenti si passò al

    principio della esenzione, secondo il quale la tassazione è già definitiva in

    capo alla società. Tuttavia l’esenzione non è mai totale. Infatti, se chi

    imputazione  si riconosce al socio la

    possibilità di defalcare dalla propria

    imposta, in tutto o in parte, quella già

    pagata dalla società su quel reddito.

    In pratica il socio vantava un credito

    d’imposta pari all’imposta pagata

    dalla Società

    esenzione  il percettore è esente

    dall’imposizione su quei dividendi

    già tassati in capo alla società.

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    percepisce gli utili è un soggetto IRES, allora si tassa solo il 5% degli utili.

    Cioè il 95% è esente.

    Se chi percepisce è una società di persone o un imprenditore individuale, a

    prescindere dalla partecipazione, si tassa il 49,72% (quindi il 50,28% èesente); se chi percepisce è una persona fisica bisogna vedere se la

    partecipazione è qualificata o no. Nel 1° caso si tassa il 49,72%, nel 2°

    caso c’è una ritenuta alla fonte a titolo d’imposta = 20%. 

    Gli oneri deducibili e le detrazioni dall’imposta 

    Le deduzioni dal reddito incidono sulla dimensione della base imponibile

    determinano risparmi d’imposta differenziati e tanto > quanto > è il reddito

    complessivo dei singoli contribuenti.

    Invece, le detrazioni d’imposta comportano vantaggi economici = per tutti i

    contribuenti, indipendentemente dal livello del loro reddito imponibile.

    Le detrazioni sono molte di + perché realizzano meglio i principi di uguaglianza e

    di capacità contributiva. Infatti, prevedono l’applicazione di un’aliquota

    proporzionale a valle della determinazione progressiva dell’imposta. 

    Nel nostro ordinamento, rientrano tra le deduzioni: gli oneri deducibili e le

    deduzioni per l’abitazione principale. Mentre, rientrano tra le detrazioni: le

    detrazioni per carichi di famiglia e le detrazioni per oneri.

    ONERI DEDUCIBILI

    sono, normalmente, delle erogazioni finanziarie necessitate

    (cioè un consumo di reddito obbligato che non può costituire

    imponibile. Ad es. spese mediche in caso di grave e

    permanente invalidità, gli assegni periodici corrisposti al

    coniuge separato) o che, pur non essendo necessitate, il

    legislatore le ritiene meritevoli di apprezzamento (ad es.

    contributi versati a forme pensionistiche complementari)

    sono previsti, con elenco tassativo, e disciplinati dall’ART. 10 TUIR.

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    DEDUZIONI PER L’ABITAZIONE PRINCIPALE

    DETRAZIONI D’IMPOSTA PER CARICHI DI FAMIGLIA  sono accordate per:

    il coniuge non legalmente ed

    effettivamente separato (nella misura di 800€),

    -  ogni figlio (nella misura di 800€) 

    -  gli altri familiari conviventi (nella misura di 750€)

    DETRAZIONI PER ONERI  sono riconosciute a fronte di spese tassativamente

    elencate. In pratica il legislatore consente al contribuente di detrarre dall’imposta

    lorda il 19% del loro importo fiscalmente riconosciuto. Ad es. il contribuente che

    paga le tasse universitarie = 1000€ potrà detrarre 190€ dall’imposta dovuta.

    Naturalmente in campo IRES non sono applicabili le deduzioni per l’abitazione

    principale né le detrazioni d’imposta per carichi di famiglia, ma sono riconosciuti

    alcuni oneri deducibili e alcune detrazioni per oneri.

    sono consentite quando alla

    determinazione del reddito

    complessivo hanno concorso redditi

    di immobili destinati ad abitazione

    principale del contribuente o dei

    suoi familiari.

    sono = alla rendita catastale del bene, per la

    quota e per l’arco temporale di possesso da

    parte del contribuente.

    a condizione che non

    posseggano redditi

    propri > 2840€. 

    Inoltre, sono rapportate

    al numero dei mesi nei

    quali sussistono queste

    condizioni.

    Provento  trovo la fonte produttiva e lo inserisco e lo inserisco in una

    categoria reddituale  applico le norme relative a quella categoria e calcolo

    il reddito netto di categoria  sommo tutti i redditi netti di ciascuna

    categoria e trovo il reddito complessivo lordo  opero le deduzioni

    consentite dalla legge e trovo il reddito complessivo netto  applico

    l’aliquota progressiva e trovo l’ imposta lorda  opero tutte le deduzioni e

    detraggo crediti d’imposta, acconti e ritenuto e trovo l’ imposta netta.

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    Categorie reddituali

    Per una scelta del legislatore ogni reddito deve rientrare nelle 6 categorie

    individuate dall’art. 6 TUIR: redditi fondiari, di capitale, di lavoro dipendente, di

    lavoro autonomo, d’impresa e diversi. Per società di capitali, enti commerciali e società di persone di tipo commerciale

    sussiste solo il reddito d’impresa. Mentre, per le persone fisiche, gli enti non

    commerciali e per i non residenti si configurano tutte le categorie.

    REDDITI FONDIARI

    Comprendono i redditi da fonte immobiliare. Si distinguono dagli altri perché non

    viene tassato il reddito effettivo ma un quantum astrattamente determinato che

    discende dall’applicazione delle tariffe d’estimo. In pratica viene tassato il reddito

    medio-ordinario che l’immobile astrattamente produce. 

    Perché?

    Per 2 motivi: semplificare gli adempimenti tributari e perché si tratta di redditi

    stabili non soggetti a variazioni come avviene ad es. per i redditi di lavoro

    autonomo. Inoltre, si vogliono scoraggiare gli inutilizzi del fondo: infatti, se il

    soggetto sa che pagherà sempre la stessa somma, cercherà di renderlo

    produttivo.

    Da questa definizione derivano 3 conseguenze:

    rientrano in questa categoria

    solo i redditi dei terreni e

    fabbricati situati nel territorio

    dello Stato perché solo questi

    possono e devono essere iscritti

    in catasto. Mentre, rientrano

    nella categoria dei redditi

    diversi quelli derivanti da beni

    immobili situati all’estero. 

    tutti i redditi insuscettibili di

    determinazione catastale

    rientrano nella categoria dei

    redditi diversi (ad es. redditi

    derivanti dall’affitto del

    terreno per uso non agricolo)

    è irrilevante la percezione o

    meno del reddito perché, in

    ogni caso, i redditi fondiari

    concorrono a formare il

    reddito dei soggetti che

    possiedono gli immobili.

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    Perché si parla di reddito MEDIO-ORDINARIO?

    Presupposto che dà luogo a reddito fondiario

    titolarità di 1 diritto reale su terreno o fabbricato (proprietario, usufruttuario,

    locatario, ecc…). 

    Nel caso del terreno, il reddito fondiario si scinde in reddito dominicale e

    agrario. Perché? Perché spesso i terreni sono dati in affitto a terzi ci sarà

    un’imposizione per il proprietario (reddito dominicale) e una per l’affittuario

    (reddito agrario – cioè il reddito dell’imprenditore agricolo) che beneficia del

    favor: cioè produce quanto vuole ma viene tassato il reddito medio-ordinario (è

    importante non costituire società di tipo commerciale perché altrimenti anche il

    reddito fondiario viene attratto nel reddito d’impresa). 

    Dobbiamo partire dal presupposto che il prodotto del terreno si determina

    tenendo conto

    -  della fertilità propria del terreno (vis naturalis produttiva);

    -  dei capitali fissi investiti (ad es. canalizzazioni, terrazzamenti);

    -  dei capitali di esercizio (ad es. concimi, sementi) e del lavoro di

    organizzazione dell’attività agricola;

    -  dell’eventuale lavoro dipendente prestato da terzi. 

    perché i terreni alternano

    periodi di produttività a

    periodi di fermo per larigenerazione dei principi

    nutritivi. Quindi si fa una

    media della produttività.

    perché si tiene conto dell’utilizzazione che

    normalmente si può fare del terreno in condizioni di

    normale agricoltura.Se manca la condizione di ordinarietà per una calamità

    (ad es. una siccità, un alluvione), il reddito si abbatte

    se c’è stata una perdita del prodotto del fondo = 30%.

    L’evento dannoso va denunciato entro 3 mesi dalla

    data in cui si è verificato o, se la data non è

    determinabile, almeno 15 gg prima del raccolto. La

    denuncia va fatta all’ufficio tecnico erariale che accerta

    la diminuzione, sentito l’ispettorato provinciale

    dell’agricoltura, e la trasmette all’ufficio delle imposte. 

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    Possiamo dire che la parte dominicale del reddito è quella riferibile alla fertilità

    della terra e ai capitali fissi investiti; mentre, il reddito agrario è costituito dalla

    parte del prodotto della terra che va a remunerare il capitale di esercizio e il

    lavoro di organizzazione dell’attività agricola e che va imputata all’imprenditoreagricolo.

    Se c’è un solo soggetto  c’è 1 solo quadro A con 2 sez: reddito agrario e

    dominicale e il soggetto compilerà entrambe.

    Se ci sono 2 soggetti  il titolare del diritto reale compilerà solo la sez. relativa

    al reddito dominicale; l’affittuario compilerà, nella propria dichiarazione, solo la

    sez. sul reddito agrario

    Si dichiara sempre la rendita catastale… ATTENZIONE!!!

    Questo vale finch�