Didascalie Informa -n. 5 maggio 2012

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n.5 maggio 2012 INFORMA 08/02/2006 AUT DR/CB Centrale/PTMagazine EDITORI/213/2006 didascalie Rivista della scuola in Trentino Archeologi a scuola Quattro istituti superiori della città con l’Università di Trento PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO

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DOSSIER: Archeologi a scuola

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PROVINCIAAUTONOMADI TRENTO

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II n. 5 maggio 2012

DIDASCALIE Rivista della scuola in TrentinoPeriodico mensileAnno XXI, numero 5 maggio 2012

Rivista promossa dallaProvincia Autonoma di Trento(L. P. 3 maggio 1990, n.15, art. 22)Autorizzazione del Tribunale di Trento n. 745dell’11.1.1992

Direttore responsabile:Giampaolo Pedrotti

Coordinatore:Mario CaroliE-mail: [email protected]

In redazione:Norma BorgognoManuela Saltori (segreteria)

In questo numero:Emanuela Antonelli, Paola Baratter, Piergiorgio Barichelli, Mariella Benedetti, Norma Borgogno, Patrizia Boschi, Paola Bosco, Assunta Toti Buratti, Mario Caroli, Paolo Dalvit, Beatrice de Gerloni, Giuseppina Emer, Marianna Fumai, Antonio Girardi, Barbara Luscia, Raffaella Improta, Liliana Magotti, Grazia Modugno, Irene Moltrer, Magda Niro, Massimo Parolini, Maurizio Passerini, Annaluisa Pedrotti, Michela Sansoni, Gabriella Scarinci, Marina Togni, Rolando Trenti, Silvano Zammatteo.studenti: Luca Huarcaya, Elena Galler, Alessia Nardelli, Ilenia Pavonessa, Viviana Cappelletti, Victoria Cazimir, Antonina Chepa, Giorgia Lavore, Alessandro Trinca, Leonardo Bianchin, Leonardo Gammino, Gianluca Torresani, Gloria Malfatti, Valeria Ottaviani, Maddalena Marcolla, Federica Mattivi, Chiara Zardi, Nicola Menin, Elisabetta Rosatti, Emily Chiesa, Valentina Gosetti, Lisa Bonetti, Sara Tomasi, Caterina Visentin, Marco Calliari, Mariasole Battan, Federica Zampedri, Marika Volpe, Camilla Nardelli, Lorenzo Cima, Sebastiano Rossi; Syria Bridi, Sabina Coser, Manuel Dallapiccola, Dennis Franceschi, Nada Soufiani, Yinere Marin, Matteo Pedranz; Marco Bernardi.

Redazione: Via Gilli 3,38121 Trentotel. 0461/497268 - 69fax 0461/497267

Realizzazione e StampaLitografia Effe e Erre - Trento

Per richiedere la rivista Didascalietelefonare o mandare un fax o scrivere a:Redazione Didascalie,Palazzo Istruzione via Gilli, 3 – 38121 TrentoE-mail: [email protected]

Le foto di questo numero sono di:archivio Didascalie e fornite dai diretti interessati, archivio Ufficio stampa Pat

In copertina: In alto, l’immagine di un gruppo di studenti dell’Istituto Tecnico Tec-nologico “M. Buonarroti” di Trento, in un’attività di laboratorio sull’archeologia tra storia e storia locale presso il Laboratorio “Bagolini” dell’Università degli Studi di Trento (vedi servizio nel Dossier interno alla rivista nelle pagine 17-32); in basso, la copertina del DVD “Archeologi in erba”, realizzato sempre dagli studenti di quattro istituti superiori di Trento

SOMMARIO

la notizia: Dipartimento: la nuova “mappa” e i referenti 1-3centro rovereto/Le azioni FSE del Centro 4-5

Le azioni FSE dell’Iprase 6-7 /seminario Le competenze 8-11

dalle scuole/convegno La terza cultura 12-15offerta varia/Trentino Book festival 16

il dossier

dentro l’esperienza il dossier: Tra storia e storia locale Il progetto La rete Il percorso Commenti Il preside Gli studenti

ARCHEOLOGI A SCUOLAQuattro istituti superiori della città con l’Università di Trento

Inserto a cura di Mario Caroli Interventi: Piergiorgio Barichelli, Norma Borgogno, Paola Bosco, Ma-rio Caroli, Paolo Dalvit, Beatrice de Gerloni, Marianna Fumai, Raffa-ella Improta, Irene Moltrer, Magda Niro, Annaluisa Pedrotti, Gabriel-la Scarinci, Silvano Zammatteostudenti: Luca Huarcaya, Elena Galler, Alessia Nardelli, Ilenia Pavonessa,Viviana Cappelletti, Victoria Cazimir, Antonina Chepa, Gior-gia Lavore, Alessandro Trinca, Leonardo Bianchin, Leonardo Gammino, Gianluca Torresani, Gloria Malfatti, Valeria Ottaviani, Maddalena Mar-colla, Federica Mattivi, Chiara Zardi, Nicola Menin, Elisabetta Rosat-ti, Emily Chiesa, Valentina Gosetti, Lisa Bonetti, Sara Tomasi, Caterina Visentin, Marco Calliari, Mariasole Battan, Federica Zampedri, Marika Volpe, Camilla Nardelli, Lorenzo Cima, Sebastiano Rossi, Syria Bridi, Sabina Coser, Manuel Dallapiccola, Dennis Franceschi, Nada Soufiani, Yinere Marin, Matteo Pedranz, Marco Bernardi.

Inserto 17-32

scuola dell’infanzia /Strumenti Pensieri di cielo 33 /Associazione Coesi Relazioni scuola famiglia 34-35dalle scuole/I.C. Dro Territorio e consapevolezza civica 36-39 /I.C. Brentonico Benessere e progetti interculturali 40-41 /Gemellaggio Creatività e didattica a fumetti 42-43 / Premiazione Biennale d’Arte giovani 44-45segnaliamo / Il libro Il primato educativo 46-47la recensione/ I.C. Civezzano Giovani storici in IV elementare 48la recensione/ I.C. Mezzocorona Padre Kino terza copertina offerta varia / Formazione Summer School quarta di copertina

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08/02/2006AUT DR/CB Centrale/PTMagazine EDITORI/213/2006

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Archeologia scuolaQuattro istituti superioridella città con l’Universitàdi Trento

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LA NOTIZIA

DIPARTIMENTOLa nuova “mappa” e i referenti

Dipartimento: “Istruzione”, “Istruzione, Università e Ricerca”, “Della Conoscenza”

Il percorso parte dal 2 maggio 2011, con l’insediamento ufficiale di Marco Tomasi, presentato uf-ficialmente dal presidente della Provincia Dellai e dall’assessore all’istruzione e allo sport Dalmaso, nell’aula magna del Palazzo di via Gilli 3, a Trento, come il nuovo dirigente generale del “Dipartimen-to Istruzione, università e ricerca”, dopo l’esperienza presso il Ministero Università e Ricerca (MIUR) e, prima ancora, presso l’Università di Torino, dopo quella di direttore amministrativo dell’ateneo tren-tino.In quella sede, venne ricordato che presto sarebbe giunta la nuova e definitiva denominazione del Di-partimento, per recuperare l’idea di una nuova organizzazione unitaria “di filiera della conoscenza”, come anticipato nella stessa delibera di nomina.Con l’approvazione della norma d’attuazione per l’università, c’è stato un salto di qualità, “non più un’autonomia speciale che conquista una competenza alla volta e la gestisce, ma un’autonomia che deve avere un pensiero ed un progetto unico su istruzione, formazione, alta formazione, università e ricerca, e deve saperlo poi gestire.” Da queste premesse nasceva l’idea della riorganizzazione del Dipar-timento ricomposto come filiera della conoscenza.Marco Tomasi, dopo i ringraziamenti in quell’occasione disse che “in questa fase voglio innanzitutto ascoltare e conoscere da vicino persone, servizi e uffici, prima di proporre riorganizzazione e strategia elaborata assieme a tutti i collaboratori.” Concetto poi ripreso anche negli incontri coi dirigenti scola-stici il 6 ottobre 2011, assieme al presidente Dellai e all’assessore Dalmaso. In quella occasione venne-ro proiettate le slide con i primi passi fatti “nell’analisi dell’attuale realtà del dipartimento e della lettu-ra dei macro processi verso una proposta organica di riorganizzazione.” Ma la riorganizzazione del Dipartimento istruzione si è presto intrecciata con la riorganizzazione com-plessiva della Provincia, con il dimezzamento del numero dei dipartimenti e, per quanto riguarda quel-lo dell’istruzione, con l’aggiunta di nuovi settori di competenza, come quello della cultura. 24 Febbraio 2012: la Giunta approva la delibera n. 330 “Atto organizzativo concernente le attribu-zioni della direzione generale della Provincia e le denominazioni e le attribuzioni dei dipartimenti della Provincia, ai sensi dell’art. 29 della legge provinciale 16 giugno 2006, n. 3 di riforma.” Per la prima volta, viene indicato ufficialmente il Dipartimento della Conoscenza, con quattro Servi-zi: Servizio amministrazione e attività di supporto, Servizio istruzione, Servizio università e ricerca scien-tifica, Servizio attività culturali.Dal 2 aprile 2012 è diventata operativa la nuova riorganizzazione della Provincia che prevede l’ accor-pamento del Dipartimento Istruzione, Università e Ricerca e del Dipartimento Beni e Attività Cultu-rali nel Dipartimento della Conoscenza.

È giunta in questi giorni nelle scuole del Trentino la circolare inviata a tutti i presidi dal diri-gente generale del Dipartimento della Conoscenza, Marco Tomasi, con la nuova “mappa” del Dipartimento, per quanto riguarda l’ambito dell’istruzione e con le competenze e i riferimen-ti degli uffici che intrattengono rapporti con le scuole.Si tratta decisamente di un passaggio molto importante non solo per chi opera nella struttura pro-vinciale centrale di via Gilli a Trento, ma per l’intera comunità del sistema educativo con la quale, direttamente o indirettamente, il Dipartimento entra in relazione.In queste pagine della rivista, ci limitiamo a riportare una breve sintesi del percorso completa-to per l’istruzione, ma non ancora per tutti gli altri ambiti del Dipartimento della Conoscenza. Accanto al breve “racconto” una slide con la nuova “mappa” di uffici e responsabili, dal primo al terzo livello.

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ISTRUZIONE: la riorganizzazione

Il dirigente generale, Marco Tomasi, ha presentato tutto il percorso di riorganizzazione, relativo all’am-bito dell’istruzione, in più occasioni, ai dirigenti dei servizi, al personale di via Gilli, ai presidi riuniti per un percorso di formazione a Comano il 18/19 aprile 2012.In un precedente incontro coi dirigenti scolastici aveva ricordato che “ci sono stati molti cambiamen-ti, è cambiata la direzione sono state attribuite competenze più ampie con la filiera della conoscenza che implica continuità tra scuola, formazione, università e impatto poi sul mondo del lavoro (elemen-to positivo e caso unico nel panorama nazionale). Maggiori competenze sono state attribuite o rimo-dulate e ci troviamo anche all’interno di un discorso più ampio del sistema provinciale che deve ripen-sare il proprio modo di essere dentro la crisi.”La proposta di un nuovo modello organizzativo, quindi, non nasce dalla sera alla mattina, ma ha die-tro un lungo e complesso lavoro condotto da un’agenzia esterna (Deloitte), a partire dal contesto degli obiettivi di riforma posti dalla Giunta volti alla modernizzazione del sistema scolastico e alla costitu-zione di un nuovo tipo di rapporto con il sistema trentino della ricerca e con l’università:• Chiarificazione dei ruoli degli organi di governo della scuola al fine di specificare le responsabilità e il

funzionamento dei processi decisionali interni alle singole istituzioni scolastiche• Revisione delle logiche di assegnazione dei finanziamenti alle scuole al fine di unificare le attuali nu-

merose fonti di finanziamento e attuare una distribuzione delle risorse con eccanismi “formula-ba-sed” ispirati alle pratiche dei Paesi OCSE più evoluti al riguardo

• Individuazione di più adeguate modalità di reclutamento e formazione iniziale del personale inse-gnante della scuola

• Definizione dei modelli e dei metodi di valutazione del sistema scolastico• Avvio di una riflessione pedagogico-didattica sull’introduzione delle tecnologie nformatiche nella

scuola al fine di avviare un percorso efficace di diffusione di strumenti quali tablet, reader e una mag-giore propensione al software libero

• Definizione del primo atto di indirizzo con l’università e di un modello di valutazione dei risultati raggiunti.

La convinzione è che per ottenere risultati dalle riforme è fondamentale che il dipartimento si organiz-zi con una struttura più snella, attenta alla programmazione, alle assegnazioni budgettarie, all’in-novazione e alla valutazione, superando l’attenzione alle verifiche burocratiche e formali attuate nei confronti degli enti finanziati. L’attività di ricognizione del modello di funzionamento si è focalizzata su organizzazione, processi e sistemi informativi. “L’approccio all’analisi è stato di tipo “estensivo”, cercando di coinvolgere le risor-se operative in modo da cogliere le effettive cause dell’inefficacia / inefficienza percepita.”Un esempio: solo sull’organizzazione circa 30 incontri, per un totale di circa 75 interlocutori.

Un nuovo modello di funzionamento

L’obiettivo della riorganizzazione del Dipartimento resta quello di “ Definire un modello di funziona-mento efficace e snello, che garantisca un governo centralizzato, funzionale all’attuazione delle linee di in-dirizzo, e che preservi il livello di autonomia degli istituti scolastici e formativi”.Per quanto riguarda il comparto istruzione, sono state istituite due strutture di secondo livello: il Ser-vizio Istruzione, coordinato dal dirigente Roberto Ceccato, e il Servizio Amministrazione e Attività di Supporto, coordinato dalla dirigente Laura Pedron.L’Ufficio Previdenza e stipendi della Scuola a carattere statale è stato accorpato presso il Dipartimento Organizzazione, personale e affari generali.il servizio istruzione ha la responsabilità della programmazione e del coordinamento della scuola dell’in-fanzia, dell’istruzione e della formazione professionale, compresa la gestione di tematiche trasversali quali i bi-sogni educativi speciali, l’educazione per gli adulti, le funzioni di sistema, l’edilizia e la sicurezza scolastica. il servizio amministrazione e attività di supporto si occupa di programmazione finanziaria del di-partimento, reclutamento, gestione delle risorse umane della scuola, relazioni sindacali, supporto alla valu-tazione, consulenza alle scuole su tematiche amministrativo, contabili, fiscali e giuridiche, supporto agli or-gani di controllo contabile, assegnazione delle risorse secondo criteri formula based. (m.c.)

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COVI: Azioni di sistema

“Cercare fuori per migliorare den-tro”. Così, Luciano Covi, direttore del Centro per la formazione con-tinua del personale insegnante, ha sintetizzato il senso delle prospet-tive di apertura “fuori dalla realtà del Trentino”, che hanno di fatto già preso corpo attraverso i Pro-getti finanziati dal Fondo Sociale Europeo gestiti metà dal Centro stesso. Non a caso, è stato scelto proprio un momento simbolico a fine mattina per la firma del primo Protocollo d’Intesa tra il Cen-

La prima mattinata del seminario residenziale il 18 e 19 aprile 2012 per dirigenti scolastici e direttori dei Centri di F. P. organizzato dal Centro Formazione Insegnanti con focus sui “Territori di frontie-ra”, è stata dedicata a quattro Progetti cofinanziati dal Fondo So-ciale Europeo e gestiti due dal Centro e altri due dall’Iprase, presen-tati dai rispettivi direttori: Luciano Covi (Centro F.I.), Beatrice de Gerloni (Iprase). Quattro azioni di sistema, alcune già avviate e che vivacizzeranno la scuola trentina con attività, sperimentazioni, ricer-che, percorsi di formazione e convegni pubblici di approfondimen-to. A questo dedichiamo il servizio, ma torneremo con un dossier su due recenti Seminari promossi dal Centro: il 26 marzo sul pro-filo professionale del docente e il 19 aprile con la giornata dedicata alla Facoltà di scienze cognitive all’interno del Seminario di Comano.

INNOVAZIONE“Cercare fuori per migliorare dentro”

tro per la formazione insegnanti di Rovereto e il National Colle-ge for School Leadership ingle-se di Nottingam. Firma di Lucia-no Covi, per il Centro di Rovereto, e di Silvia Campbell, Senior Mana-ger del National College. Il Proto-collo prevede una collaborazione più stretta e nello stesso tempo su più vasti ambiti, tra la scuola del Trentino, tramite il Centro, e il corrispettivo Istituto inglese.

internazionalizzazione Delle istituzioni scolastiche e formative

Gennaio 2012 – Giugno 2014

finalità: Si punta a realizzare esperienze di mobilità/scambi di docenti, nell’ottica dell’”insegna-mento europeo”; ma anche espe-rienze di mobilità/scambi di stu-denti.

Background Si inserisce in un contesto di globa-lizzazione/transnazionalità che in-veste l’intero settore dell’istruzione e della formazione (esiti di appren-dimento, competenze degli inse-gnanti, modelli organizzativi)

Fa propri gli orientamenti e gli in-dirizzi di policy provinciale in tema di sviluppo del capitale umano Fa riferimento a dinamiche spon-tanee di internazionalizzazione di scuole e Cfp già in corso, con l’o-biettivo di potenziarne il capitale professionale, costruire progressi-vamente profili professionali di ca-rattere transnazionale, avviare mo-dalità di management attenti a standard internazionaliInternazionalizzazione intesa come:Ridisegno e ampliamento delle di-namiche di interazione e di scam-bio già presenti;Parte integrante di progetti di mi-glioramento, sia individuali, sia di scuola, sia di reti;Opportunità di attivazione di di-namiche di shadowing, imitazione e trasferimento come base per l’av-vio di processi di innovazione;Valorizzazione del patrimonio di competenze linguistiche come ele-mento fondante e strategico nel curricolo di docenti e studenti;

L’articolazione operativa

Si richiede la presentazione di pro-getti di transnazionalità da parte delle Istituzioni scolastiche e for-mative provinciali (anche in rete) entro novembre 2012 I progetti potranno riguardare: par-tenariati transnazionali con Istitu-zioni/Enti di altre regioni europee, esperienze di mobilità/scambi di do-centi, esperienze di mobilità/scambi di studenti (solo per il 2° ciclo).Per mobilità/scambi di docenti: ogni progetto potrà prevedere sia l’invio di docenti all’estero sia l’ospitali-tà di docenti stranieri (un numero predefinito di docenti per istituto coinvolto e per un dato periodo)Per mobilità/scambi di studenti: le esperienze solo per scuole del secon-do ciclo; per ogni progetto numero massimo di 20 studenti (non neces-

progetti FSE

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5n. 5 maggio 2012

sariamente della stessa classe) per un periodo di circa due settimane.Possibili temi di riferimento dei pro-getti: piani di studio/curricoli, pro-fili professionali, modelli organiz-zativi, pratiche didattiche, pratiche di leadership, processi di valutazio-ne, testing/certificazione dei livelli di apprendimento, interazioni tra scuole e territorio, …Elementi di contenuto dei pro-getti Tema di riferimento, Descrizione articolata e puntuale degli interlo-cutori esteri (funzionale alla costi-tuzione di un elenco di soggetti ac-creditati), Definizione delle risorse/competenze linguistiche coinvolte nel progetto, come condizione di fattibilità dello stesso (certificazione dei livelli di competenze linguisti-che possedute), Integrazione delle attività svolte all’estero con quan-to svolto in loco ex ante ed ex post (progetto di miglioramento), Iden-tificazione di indicatori di risultato e di valutazioneStrumenti di supporto da parte del CFIStaff di accompagnamento nella “rifinitura” delle candidature pre-sentate, Primo elenco di soggetti esteri con descrizione di caratteri-stiche e ambiti di possibile colla-borazione, Riconoscimento dei costi di trasferta, vitto e alloggio per circa 400 studenti (attraverso il supporto diretto del FSE) e 200 docenti (attraverso le Istituzioni proponenti), Riconoscimento di costi eventuali per la costituzio-ne dei partenariati ed il coinvolgi-mento di realtà estere (attraverso le Istituzioni proponenti)

prossime scadenzePresentazione delle candidature secondo il format dedicato entro giugno 2012 Comunicazione dell’accettazione della candidatura da parte del CFI entro agosto 2012Accompagnamento nella “rifinitu-

ra” del progetto settembre/otto-bre 2012Presentazione del progetto defini-tivo entro novembre 2012Realizzazione delle attività dicem-bre 2012 – dicembre 2013Rendicontazione attività al CFI entro marzo 2014

Format Candidature: Descrizio-ne Istituzione/i proponente/i; Titolo, tematica di riferimento; Obiettivi di miglioramento attesi; Tipologia di at-tività (partenariato, mobilità docenti, mobilità studenti); Descrizione e nu-mero soggetti coinvolti (incluse com-petenze linguiste); Periodo di realizza-zione; Indicatori di risultato e di valu-tazione; [……]

percorsi e processi Di innovazione nella DiDattica Delle istituzioni scolastiche e formative

Gennaio 2012 – Giugno 2014 finalitàSostenere il capitale professionale delle Istituzioni scolastiche e for-mative provinciali attraverso: • la qualificazione e lo sviluppo

professionale continuo e pro-gressivo del personale docente, perseguiti in base alla formazio-ne permanente e ad opportunità di apprendimento lungo l’intera durata della carriera

• la formazione di profili/funzio-ni professionali specifici, con-siderati oggi importanti con riferimento sia alla gestione in-novativa degli ambienti di ap-prendimento, sia alle esigenze espresse dalle “organizzazioni” scolastiche autonome

BackgroundFa propria “la visione di un’insegna-mento europeo”, di una professione altamente qualificata, che compor-ta un apprendimento lungo tutto l’arco della vita con gli insegnan-

ti sostenuti per proseguire lo svi-luppo professionale nell’arco di tutta la carriera, una professione mobile, fondata sul partenariato: le istituzioni di formazione degli insegnanti organizzano il proprio lavoro in collaborazione con le scuole e altri parti interessate.(Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo ed al Consiglio “Migliorare la qualità della formazio-ne degli insegnanti”, Bruxelles 2007) Tiene conto delle indicazioni del DM 249/2010 sulla Formazione iniziale dei docenti con riferimen-to a) alle competenze che costitui-scono il fondamento dell’unitarie-ta’ della funzione docente; b) ad alcuni profili specifici individuati.

Le sei linee di lavoro

1. Percorsi di sviluppo delle compe-tenze metodologico-didattiche

2. Percorsi di sviluppo delle compe-tenze digitali e tecnologiche

3. Percorsi di sviluppo delle compe-tenze a sostegno dell’autonomia delle Istituzioni scolastiche e for-mative

4. Percorsi di sviluppo delle compe-tenze per l’inclusione

5. Percorsi di sviluppo delle compe-tenze nei processi di valutazione

6. Percorsi di sviluppo dell’insegna-mento in chiave europea

Ognuna di queste linee di lavoro viene poi articolata nel dettaglio, dalla programmazione/insegna-mento e valutazione per competen-ze (PSP) ad azioni specifiche mirate sul rafforzamento delle competenze digitali e tecnologiche, sui coordi-natori di classe, sulla gestione della complessità della classe e l’interven-to sui Bes, multiculturalità, equi-tà ed eccellenza, interventi specifi-ci per i referenti della valutazione e percorsi per sviluppare competenze transnazionali. Informazioni complete sul sito del Centro (m.c.)

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Beatrice de Gerloni, direttore IPRASE, ha presentato i Progetti dell’Istituto cofinanziati dal Fondo Sociale Europeo, riprendendo prima i progetti “a completamento”, annunciando una serie di ap-puntamenti di approfondimento, e poi soffermandosi sui due Proget-ti gestiti dall’Iprase, la cui articolazione completa si può consultare sul sito dell’Istituto. Qui riportiamo un’estrema sintesi dei dati esposti.

SISTEMAOrientamento e valutazione

DE GERLONI: Offerta molto qualificata

Orientamento, in una nuova pro-spettiva sia per il primo che per il secondo ciclo, con una verifica puntuale sui percorsi di orienta-mento oggi esistenti, su quelli di alternanza scuola/lavoro, con un rapporto più stretto con l’univer-sità (oggi c’è un tasso di dispersio-ne rilevante (25%-30%) nel primo anno di università);Un sistema integrato per la va-lutazione del sistema educativo trentino, che punta alla costruzio-ne e sperimentazione di modelli e strumenti nuovi di valutazione, compresa quella degli insegnanti e delle scuole. Tra le novità annun-ciate dall’Iprase, una ricerca pilota

Formazione permanente dei For-matorifine settembre 2012 Convegno su “Competenze di cittadinanza e competenze disci-plinari ” Un confronto tra le migliori pratiche a livello nazionale e internazionale rivolto a docenti e DS – in raccordo con il Centro di Roveretoprima metà ottobre 2012 Seminario su “La Gestione delle risorse umane”Seminario a invito rivolto a Diri-genti scolastici, dell’Amministrazio-ne provinciale e esterni, in raccordo con il Centro di formazione di Ro-veretoAggiornamento professionale per dirigenti scolastici e direttori IeFP

orientamento

modellizzazione di un sistema organico di orientamento, coe-rente con i faBBisogni professio-nali espressi dal territorio e con le linee della programmazione provinciale In collaborazione con Centro per la Formazione di Rovereto, Ad Personam

Per ogni azione vengono specifi-cate le principali attività previste, il coinvolgimento delle scuole ed i tem-pi d’attuazione.Ricognizione e organizzazione sistematica, attraverso database e report di analisi strutturati, sulle pratiche di orientamento diffu-se e attive nel contesto scolastico trentino nel periodo compreso tra le ultime classi del primo ciclo di istruzione e le ultime classi del se-condo ciclo di istruzioneTra le principali attività previste: strumenti di rilevazione da utilizza-re; Ricognizione sul campo e ricerca documentale; rilevazione censuaria su tutte le scuole medie e superio-ri della PAT sulle attività di orien-

progetti FSE

sugli studenti particolarmente do-tati (highly gifted), sulle compe-tenze digitali degli studenti e sul-la valutazione dei docenti basata sia sulla dimensione individuale (sviluppo professionale e funzioni, competenze didattica e progettua-le), ma anche sulla dimensione di gruppo (risultati rispetto al mi-glioramento dei livelli di appren-dimento degli studenti e soddisfa-zione da parte delle famiglie e, per le superiori, degli studenti).

progetti Da completare e scaDenze

nuovi piani di studio provinciali 25 maggio 2012Seminario su Istruzione licealePLA rivolto a DS e docenti di staff8 giugno 2012Seminario su Istruzione tecnica PLA rivolto a DS e docenti di staffNel seminario i temi affrontati le-gati all’organizzazione dei Peer Le-arning Assessment (PLA); La nuova Istruzione tecnica/liceale: introdu-zione e tavola rotonda con esper-ti; Presentazione di casi e confron-to tra istituti scolastici trentini ed esperienze di istituti di altre regio-ni su singole tematiche di interesse diffuso (es. didattica laboratoriale, integrazione delle scienze ecc.); Te-stimonianze di referenti istituzio-nali (MIUR); Lavori di gruppo in sessioni parallele su tematiche spe-cifiche; Discussione plenaria.

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tamento progettate e realizzate; stu-di di caso; ricerca sul campo su un campione rappresentativo di studen-ti (e le relative famiglie) in situazio-ne di transizioni (passaggio scuola media/superiore, scelte lavorative o di studio post-diploma); analisi dei dati e Report. Il coinvolgimen-to delle scuole due fasi: maggio-giugno 2012 e nell’a.s. 2012-2013

Ricerca finalizzata alla conte-stualizzazione delle linee gui-da nazionali per l’alternanza scuola-lavoro nel sistema edu-cativo trentinoTra le principali attività previste: Ricerca preliminare su un campio-ne di scuole trentine circa le pra-tiche di ASL sviluppate, critici-tà registrate e le soluzioni messe a punto; ricognizione buone pratiche di alternanza scuola-lavoro a livel-lo nazionale ed europeo; materia-li di approfondimento sulle Linee guida nazionali ASL; Report fina-le con indicazioni per possibili mo-delli operativi.

Ricerca-azione per la promo-zione di nuove competenze e per lo sviluppo professionale degli insegnanti referenti dell’orien-tamento in ambito scolastico e formativoTra le principali attività previste: Progettazione dell’intervento, Indi-viduazione degli utenti del percor-so, Realizzazione del percorso attra-verso seminari specialistici e attività di progetto sul campo. Riconosci-mento formale delle competenze acquisite con crediti formativi. Il coinvolgimento dei docenti nell’a.s. 2012-13, partendo dagli attuali referenti e sviluppando la sperimentazione con esperienze di didattica orientativa presso gli Isti-tuti scolastici di appartenenza.

Elaborazione di un modello di sistema integrato di orienta-mento scolastico e formativo a

livello provinciale e messa a re-gime di relativi strumenti, an-che informatici, di diffusione e mantenimento

Tra le principali attività previste: Studio e codifica del materiale già raccolto con prototipi innovati-vi nel contesto trentino, proposte di modello complesso a livello di si-stema. Condivisione e validazione delle proposte dei modelli; Svilup-po di tecnologie web per mettere a disposizione del territorio locale i dati raccolti durante il progetto - database dei dati di scenario e da-tabase di prototipi di progetti in-novativi con relative linee guida per l’applicazione nei contesti re-ali - e per la diffusione del mo-dello.

valutazione

sistema integrato per la valu-tazione del sistema educativo trentinoProgetto in partnership e con su-pervisione scientifica del Comi-tato Provinciale di Valutazione

Definizione, validazione e suc-cessiva messa a regime di un di-spositivo organico ed integrato di indicatori per il monitoraggio del sistema educativo del Trenti-no, comprendente la raccolta si-stematica e il reporting degli esiti delle attività di analisi ed elabora-zione dati.Tra le principali attività previste: Studio preliminare dei sistemi di indicatori utilizzati a livello nazio-nale e da paesi europei ed extra eu-ropei per costituire una base infor-mativa; Scelta degli indicatori di sistema da utilizzare per la descri-zione del sistema educativo trenti-no; monitoraggio e valutazione del sistema e diffusione degli esiti con report specifici e Rapporto bienna-le sullo stato del sistema a cura del

Comitato Provinciale di Valutazio-ne; un archivio informatico per la consultazione on-line e l’interro-gazione, attraverso chiavi di ricer-ca, dei dati e degli indicatori pro-vinciali, ad uso del Dipartimento della Conoscenza, del CPV, dell’I-PRASE.

Sviluppo operativo e messa a re-gime del modello di valutazione integrata (interna e esterna) del-le istituzioni scolastiche sulla base delle pratiche sino ad ora speri-mentate e predisposizione dei servizi di supporto e accompa-gnamento alle pratiche valutativeArchitettura generale del model-lo di valutazione Tra le principali attività: Svilup-po di un insieme di indicatori; De-finizione e validazione di un modello operativo per la valutazione esterna; un Servizio di supporto alla valuta-zione); un primo audit completo che integri valutazione esterna e autova-lutazione su una progressiva quo-ta delle scuole trentine (a copertu-ra nel triennio 2012-15); strumenti di accompagnamento, comunità di pratica ad hoc; ricerche sul valore ag-giunto delle scuole, che verranno coinvolte in due fasi: settembre-ot-tobre 2012 e a.s. 2012-13.La previsione è di una copertura di tutte le scuole trentine nel triennio 2012-2015.

Ultime due azioni:

Sviluppo di strumenti per la valutazione dei risultati di ap-prendimento

Sperimentazione e validazione di un dispositivo di valutazio-ne della prestazione professio-nale del personale docente delle istituzioni scolastiche e forma-tive nella prospettiva della va-lorizzazione e sviluppo profes-sionale.

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seminario

Il tema delle competenze e della loro certificazione è uno di quei temi destinati ad avere sempre più importanza nei percorsi di formazione per gli insegnanti, per tutti gli insegnanti, per il suo intreccio con le richieste che vengono dalla dimensione europea, per l’articolazione dei nuovi piani di studio provinciali (ma anche nazionali) e per la ri-flessione da varie angolature sul problema della valutazione degli ap-prendimenti.Come rivista ce ne siamo già occupati in diverse occasioni; ricordia-mo solo il contributo di Crescenzo Latino in coincidenza con l’appro-vazione della delibera con il regolamento sulla valutazione degli ap-prendimenti degli studenti. Ma il tema delle competenze e della loro certificazione è stato presen-te, in modo diretto o indiretto, anche nel percorso che hanno fatto gli insegnanti neo-assunti per l’anno di formazione (“anno di prova”) promosso dal Centro Formazione Insegnanti di Rovereto, all’inter-no delle azioni che rientrano nei Progetti finanziati dal Fondo Sociale Europeo. “La didattica orientata alle competenze” era stato il tito-lo dei quattro contributi territoriali per i docenti neo-assunti, tenu-ti da Piero Cattaneo, Mario Martini e Franca De Re, esperti e dirigen-ti scolastici che si sono occupati del tema in altri ambiti formativi, e che ritroviamo quasi tutti anche nel percorsi narrati qui di seguito .Un’iniziativa collaterale appunto a tale percorso è quella promossa dal Centro, nel pomeriggio di venerdì 30 marzo 2012, presso l’aula magna del Palazzo dell’Istruzione in via Gilli 3, a Trento: “La certifi-cazione delle competenze – alla fine del primo biennio del secon-do ciclo”, incontro conclusivo dei percorsi di accompagnamento alla certificazione delle competenze alla fine del primo biennio del secon-do ciclo. Un appuntamento, che ha registrato una presenza qualifica-ta di esperti, docenti ed operatori che, a vario titolo hanno relazionato offrendo ed una serie di contributi certamente interessanti al di fuo-ri dei diretti partecipanti. A Paola Baratter, docente in utilizzo pres-so il Centro, abbiamo chiesto per la rivista una sintesi degli interven-ti che proponiamo con alcuni ritocchi per problemi di spazio. (m.c.)

COMPETENZECertificarle nel biennio 2° ciclo

L’obbligo di certificazione

Aprendo i lavori, Luciano Covi, direttore del Centro di Rovere-to, ha ricordato come l’obbligo di certificazione sia stato introdot-to dalla legge provinciale n. 22 del 7 ottobre 2011, auspicando che non venga letto come l’ennesimo adempimento, ma che costituisca invece un’opportunità per com-piere il percorso a ritroso e dalla certificazione giungere quindi alla progettazione e alla didattica per competenze. L’incontro è stato anche l’occa-sione per presentare il modello provinciale di certificazione del-le competenze predisposto da un gruppo di lavoro composto da rappresentanti del Dipartimen-to e del mondo della scuola (Ma-nuela Broz, Maurizio Madonna, Daniela Carlini, Alessandra Pa-sini, Daniela Simoncelli, Anto-nia Zamboni) coordinato da Cre-scenzo Latino. Il Dirigente ha ripercorso i riferimenti normativi che hanno portato all’introduzio-ne del modello anche in Trentino, ricordando che il fine della certi-ficazione è l’acquisizione di consa-pevolezza da parte dello studente di quanto appreso, per la prosecu-zione degli studi o l’inserimento lavorativo anche all’estero.

Il modello provinciale

Rispetto al modello di certificazio-ne nazionale, quello trentino pre-senta alcuni elementi di continui-tà (le competenze da certificare per ciascun asse culturale, il riferimen-to alle competenze di cittadinanza, i livelli da attribuire) e due di dif-ferenziazione: la maggiore visibilità riservata alle competenze di cittadi-nanza e al loro intreccio con gli assi culturali e la valutazione unitaria, non tripartita, per quanto riguarda l’asse dei linguaggi, in analogia con

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gli altri assi culturali (Matematico, Scientifico-tecnologico, Storico-so-ciale). A garanzia dell’equivalenza formativa relativa alle competen-ze di base e a conferma della scel-ta contenuta nel regolamento per quanto riguarda l’area comune e i passaggi, il modello è unitario per tutti i percorsi del primo biennio del secondo ciclo. Dopo aver evi-denziato l’importanza della certifi-cazione anche come strumento in-dirizzato a potenziare la riflessione sulle pratiche didattiche in direzio-ne di una maggiore collaborazione in team, Latino ha concluso chia-rendo che se è vero che il modello è sperimentale (quello definitivo ver-rà adottato, sulla base degli esiti di un monitoraggio, entro settembre 2012)la sua compilazione è invece obbligatoria.

Le équipe territoriali

Il percorso formativo, illustrato brevemente da Damiano Previtali, ha visto il coinvolgimento di quat-tro équipe di lavoro, ciascuna rap-presentativa di altrettanti approcci tra i più significativi a livello nazio-nale, che hanno lavorato nelle quat-tro sedi di Trento, Rovereto, Cles e Borgo/Pergine. La presentazione di una pluralità di approcci permet-terà ad ogni scuola o rete di scuo-le di scegliere il modello che le è più congeniale, in un’ottica di autono-

mia e responsabilità, elementi che sono i paradigmi fondanti del con-cetto stesso di competenza.Le équipe territoriali sono così composte: Trento: Fiorino Tessaro con An-tonio Gasperi, Gioacchina Giam-belluca, Daniela Lazzaro e Rober-ta Rigo. Rovereto: Mario Castoldi con Luisa Bartoli, Sonia Claris, Mario Martini e Enrica Massetti. Cles: Angela Martini con Bruna Baggio, Vannina Fonte-Basso, Ste-fania Pozio e Letizia Rovida. Bor-go/Pergine: Dario Eugenio Nicoli e Franca Da Re con Sandra Ber-tolazzi, Laura Parenti, Paolo Rigo, Maria Renata Zanchin.

Il percorso fatto con i docenti

Il referente di ogni équipe ha quin-di presentato il percorso fatto assie-me ai docenti. Mario Castoldi ha evidenziato come nel percorso da lui coordinato si sia cercato di av-viare un processo a ritroso conside-rando il modello di certificazione come l’ultimo passaggio, l’output di un processo valutativo orienta-to all’apprendimento per compe-tenze. Sono state quindi assunte a premessa alcune sfide professio-nali legate all’approccio valutativo: considerare i saperi come risorse da mobilitare, integrare i prodot-ti dell’apprendimento con i pro-

cessi (sia a carattere cognitivo che extracognitivo, come la motivazio-ne e la consapevolezza), recuperare il valore formativo della valutazio-ne e, coerentemente, riconfigurare il ruolo dello studente nella valuta-zione (riconoscendolo anche come soggetto e non solo come oggetto). Dal punto di vista tecnico la sfida consiste nell’elaborare tipi diverse di prove e impiegare una pluralità di fonti informative per la valuta-zione imperniate sullo strumento della rubrica valutativa come de-scrizione di profili di competen-za: l’autovalutazione, l’analisi delle prestazioni (prove di verifica tradi-zionali e compiti autentici) e l’ete-rovalutazione, esterna. Nel percor-so, per questioni di tempo, sono stati affrontati essenzialmente due strumenti cruciali, la rubrica valu-tativa e il compito di realtà. Data l’impossibilità di una valutazio-ne oggettiva, da che cosa è carat-terizzata una buona valutazione? - si sono chiesti docenti. Una buo-na valutazione è una valutazione professionale che, come tale, deve possedere alcuni requisiti: la vali-dità e l’attendibilità degli strumen-ti utilizzati, la pluralità delle fonti, la trasparenza e la condivisione, la documentazione del giudizio e, in-fine, l’utilità, tanto per l’insegnan-te che per lo studente. Se si volesse riassumere con un’im-magine il percorso fatto, si po-trebbe pensare a una porta che

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si socchiude facendo intravedere qualcosa oltre, ossia la partita delle competenze.

La rete della Valsugana

Il percorso proposto alla rete del-la Valsugana, presentato da Fran-ca Da Re, è il frutto di quanto ela-borato dal suo team negli ultimi quattro anni e proposto nella rete veneta per le competenze di cui si trova ampia documentazione nel sito www.piazzadellecompetenze.net, dove sono stati profilati con rubriche quasi tutti i curricoli del-la scuola secondaria di II grado del nuovo ordinamento, nonché alcu-ni della formazione professionale. Per fare questo è stato prima neces-sario identificare i saperi irrinun-ciabili che lo studente dovrà tra-sformare in conoscenze, fornendo contestualmente gli strumenti per poi cercare e organizzare in manie-ra autonoma, attraverso la compe-tenza dell’imparare a imparare, i sa-peri non essenziali. Nelle rubriche sono elencate le ‘evidenze’ di riferi-mento, ossia le operazioni e i com-portamenti che lo studente assume quando agisce in modo competen-te. Sulla base di questa esperienza, nel percorso proposto ai docenti trentini si è lavorato sì per assi cul-turali, ma con riferimento alle otto competenze chiave europee. Nel percorso proposto ai docenti trenti-

ni quindi si è lavorato sì per assi cul-turali, ma con riferimento alle otto competenze chiave europee. Dopo un seminario introduttivo sulla de-finizione del concetto di competen-za tenuto da Nicoli e un successi-vo seminario di presentazione del modello della rete veneta, si è pro-seguito in sottogruppi con l’elabo-razione di prove esperte. Per prova esperta si intende una prova di veri-fica che non si limita a considerare conoscenze e abilità ma anche la ca-pacità di risolvere problemi, com-piere scelte, argomentare, produr-re un microprogetto, tutti aspetti peculiari della competenza. Per sua natura multifocale, con un sistema di punteggi ponderati a seconda dei diversi aspetti della competen-za considerati, la prova esperta ha il vantaggio di poter essere sommi-nistrata a classi e studenti di scuole diverse e quindi di poter confron-tare i dati; si differenzia dall’unità di apprendimento perché mentre quest’ultima si connota come un percorso formativo, che verrà co-munque verificato, in cui l’allievo acquisisce e incrementa la propria competenza, la prova esperta ha il vero e proprio carattere di verifica, mettendo alla prova lo studente. È necessario quindi scegliere compiti che non siano un duplicato dell’u-nità di apprendimento, ma che rap-presentino vere e proprie situazio-ni critiche, il più possibile legate a contesti veri o quantomeno verosi-mili, fronteggiando le quali lo stu-dente dimostra di possedere effet-tivamente le risorse adeguate per gestire con successo la situazione.

Cles e gli INVALSI

Il percorso di Cles, coordinato da Angela Martini, rappresenta l’ap-proccio alle competenze da par-te dell’INVALSI ed è partito dal-la definizione di competenza come “una combinazione di abilità e co-

noscenze, ma anche di attitudini e atteggiamenti”. Pur riflettendo che per la certificazione delle compe-tenze sia probabilmente più adatta una prova esperta, durante gli in-contri si è proceduto a fornire gli elementi utili alla costruzione di un prova oggettiva. Sono stati pri-ma di tutto esaminati i quadri teo-rici di riferimento e anche le prove prodotte da alcune indagini in-ternazionali come l’OCSE-PISA, la quale ha proprio come obiet-tivo quello di valutare le compe-tenze fondamentali che dovrebbe-ro essere maturate dagli studenti alla fine del percorso della scuola dell’obbligo per potersi inserire a pieno titolo nella società. Gli in-contri per sottogruppi hanno avu-to invece il compito di collegare le competenze di ciascuno dei quat-tro assi a una prova/compito da proporre agli studenti, completa di modalità di verifica e criteri di valutazione.

Trento tra valutazione e certificazione

Fiorino Tessaro, coordinatore del gruppo di Trento, ha innanzitutto posto come necessaria la distinzio-ne tra valutazione e certificazio-ne: mentre lo scopo della certifi-cazione è principalmente quello di garantire la mobilità lavorativa internazionale, quello della valu-tazione è la ricerca del valore. Nel-la scuola italiana la certificazione presenta però numerosissimi pro-blemi: una corretta certificazione dovrebbe essere terza, certa e su standard (come quella delle lingue straniere), mentre quella richiesta alle scuole non è terza, non può basarsi su standard e, riguardo alla certezza, si appoggia su elementi piuttosto precari. Da qui la scel-ta di orientarsi non tanto su prove che simulino certificazione ester-ne, quanto di fare leva sul vantag-

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gio innegabile derivante dall’aver lavorato a contatto con gli studen-ti per due anni, ponendo partico-lare attenzione ai processi attivati: cognitivi, metacognitivi (nell’am-bito delle competenze si intende il modo attraverso cui un soggetto arriva a capire come quella com-petenza possa essere utilizzata, prevalentemente in termini pro-attivi) e relazionali (non bisogna guardare se lo studente sa intera-gire, se è solidale, ma se sa attivare i processi sociali in funzione della competenza). In merito agli stru-menti bisogna distinguere quelli attraverso cui il soggetto manife-sta le competenze (prove, compi-ti di realtà, attività vere e proprie) e quelli che invece servono per va-lutare le competenze (griglie, ru-briche, matrici), ma non si può pensare che l’insegnante produca rubriche e matrici per ogni com-petenza che vuole verificare. In sostanza è necessario prestare at-tenzione alla scuola reale: bisogna fare in modo che quello che si fa a scuola sia letto, interpretato e vis-suto dagli studenti stessi, nonché dagli insegnanti, in un’ottica di valorizzazione. Un’altra richiesta è quella di modelli semplici, incen-trati su conoscenze, abilità, pro-cessi ma, soprattutto, sulle situa-zioni, che rappresentano la novità delle certificazioni. La proposta è quella di non costruire prove, ma di operare all’interno di unità rile-vanti integrate, come ad esempio quelle svolte nel biennio in ambi-to intra-asse, accompagnando le certificazioni con dei supplemen-ti descrittivi, in accordo con quan-to avviene nel resto d’Europa. Un strumento utile a tale scopo è co-stituito dalle tabelle di incrocio tra le competenze disciplinari e quelle di cittadinanza. Il coinvolgimento dello studente deve esserci a livello progettuale, decisionale e co-valu-tativo. Tessaro ha infine concluso affermando che se i gruppi sono

partiti con l’idea che insegnare per competenze fosse facile e certifi-care per competenze fosse diffici-le, sono giunti a un esito opposto: il problema è insegnare per com-petenze.

La Tavola Rotonda

Dopo queste brevi presentazio-ni (i cui materiali di riferimento sono pubblicati sulla piattaforma del Centro Formazione Insegnan-ti, a cui è possibile accedere pre-via registrazione), si è poi aperta la tavola rotonda, presieduta da Ita-lo Fiorin, a partire da due doman-de: come far sì che la valutazione e la certificazione delle competen-ze possano determinare elementi di continuità fra primo e secondo ci-clo? Come accompagnare la messa a sistema del modello di certifica-zione su tutto il territorio trenti-no? L’idea condivisa è che il primo elemento di continuità sia costitu-ito dalla necessità di collaborazio-ne tra docenti di ordini e gradi di scuola contigui per costruire pro-ve comuni sulla base di rubriche di

competenza (in primo luogo quel-le di cittadinanza), tradurre cioè gli enunciati di competenza in presta-zioni visibili, concrete, per poi de-finire i livelli di osservabilità del-la prestazione e attribuire un grado di padronanza. Per far in modo che il modello venga messo a sistema, secondo Angela Martini è fonda-mentale il ruolo della documenta-zione e della circolazione del mate-riale elaborato nelle scuole. Dario Nicoli e Fiorino Tessaro sottoline-ano invece come sia necessario, at-traverso la creazione di gruppi di la-voro all’interno dei singoli istituti, rompere il circolo vizioso che de-prime gli insegnanti, costretti ad abbassare continuamente l’asticella, e conferma gli studenti rispetto alla lontananza della scuola dalla loro vita, facendo sì che la certificazione delle competenze rappresenti l’ini-zio di una nuova didattica che ob-blighi gli studenti a mettere in gio-co la loro intelligenza vera. Anche Mario Castoldi evidenzia l’impor-tanza della presa in carico culturale dell’innovazione e del conseguen-te cambiamento del punto di vista sull’apprendimento.

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Passaggi, licei delle scienze umane… in rete!

L’argomento del convegno di quest’anno è stato la “terza cul-tura”, cioè l’intreccio tra le due culture, quella umanistica e quel-la scientifica, un’occasione per fa-vorire il confronto su temi di gran-de attualità e rilevanza scientifica, economica e filosofica fra il mon-do delle Scienze da un lato e quel-lo delle discipline umanistiche dall’altro, alla luce dei cambia-menti introdotti dai nuovi piani di studio. Il convegno è stato artico-lato in momenti tre formativi di-stinti:• prima giornata dedicata alla de-

finizione del campo epistemolo-gico delle discipline delle scien-ze umane e a una riflessione sulla terza cultura con interventi di docenti delle università;

• secondo giorno con i gruppi di lavoro su tematiche specifiche, come: Le buone pratiche nelle scienze umane, quali competenze?; Il dialogo interdisciplinare: fare ri-cerca a scuola, lavorare insieme e comunicare in modo efficace; I nuovi linguaggi della didattica;

• terzo giorno (solo mattino) de-dicato ad una Tavola rotonda su

Dal 29 al 31 marzo 2012 si è svolto a Rovereto il Convegno naziona-le della rete dei Licei delle Scienze Umane e Sociali “Passaggi”, dal ti-tolo: “Il liceo delle Scienze Umane: un nuovo dialogo tra umanisti e scienziati”. La Rete “Passaggi”, composta da circa 40 scuole nazio-nali, promuove ogni anno un convegno ospitato in una città italiana, e organizzato da uno dei licei delle Scienze Umane che ne fanno par-te: quest’anno è stato il Liceo delle Scienze Umane “Fabio Filzi” di Rovereto a ospitare questo evento. Presenti all’inaugurazione dei la-vori, oltre ai numerosi relatori, anche l’assessore provinciale all’istru-zione e sport Marta Dalmaso, l’assessore comunale Giovanna Sirotti e, nella seconda giornata, c’è stato un breve intervento di Elena Ugo-lini, sottosegretario del Miur.

TERZA CULTURANuovo dialogo tra scienziati e umanisti

DALLE SCUOLE il convegno

I linguaggi e le risorse della contem-poraneità.Va detto che i ragazzi hanno par-tecipato attivamente nei vari mo-menti del convegno ed è stata data la massima attenzione ai contribu-ti che sono emersi da parte loro. Infatti, durante la seconda gior-nata, si sono anche organizzati in gruppi di lavoro su tematiche spe-cifiche, in modo da poter prendere parte attivamente alle sezioni chia-ve inclusa la tavola rotonda finale.

Il senso dell’incontro

Sono stati la dirigente Mar-ta Ober e il docente coordinato-re dell’evento, Aldo Muciaccia, a farsi carico di organizzare que-sto convegno convinti che gran-de importanza abbia parlare di ter-za cultura soprattutto davanti agli operatori del mondo della scuo-la. Marta Ober ha parlato dell’im-portanza della rete “Passaggi” per sostenerci reciprocamente in dif-ficoltà come confronto e condi-visione, evitando il rischio che la nostra scuola sia un biotopo a se stante e sollecitando i docenti a la-vorare in team. Quindi se il tema è la terza cultura, il senso sono le

buone pratiche e la cooperazione, convinti che, come dice Pereira: “Per fare una buona scuola c’è biso-gno di coraggio e cuore”.Aldo Muciaccia nella sua intro-duzione ha sottolineato come la scuola abbia disperata necessità di far dialogare le diverse discipline nella testa dei nostri studenti per-ché “in essi si sviluppi la possibili-tà di utilizzare strumenti e prero-gative cognitive e intellettuali delle discipline, non solo per conoscerle e orientarsi all’interno di esse, ma saperli utilizzare per pensare e cre-are visioni del mondo e strumenti di rappresentazione e di giudizio. Tutto questo perché nei soggetti in formazione possano crescere capa-cità critiche e consapevolezza de-mocratica”.Con il coordinamento di Paola Bruschi, dirigente scolastico della scuola capofila della Rete Passag-gi, si sono susseguiti i vari inter-venti delle autorità. In partico-lare l’assessore Marta Dalmaso ha messo in luce come la scuola e le sue dinamiche siano com-plesse, così che chi vuole lavora-re per e nella scuola trova difficol-tà proprio per questa complessità.

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“Stanno lavorando tutti con gran-de impegno anche se c’è dibatti-to – ha continuato l’assessore- e questo convegno è importantissi-mo perché il Trentino ha tanto bi-sogno di confrontarsi con il resto del mondo. Solo il lavoro di rete che si amplia ci permette di soste-nersi e incoraggiarsi sostenendo e confrontando le idee. Questo è un momento di crescita, un passo avanti per dare spessore ai conte-nuti della nostra riforma”.

Terza cultura, ponte verso nuovi orizzonti

Angela Mongelli, professore stra-ordinario di Sociologia dell’E-ducazione presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’U-niversità di Bari, ha presentato una prospettiva della terza cultura nei saperi della società comples-sa. Secondo la docente il grande cambiamento a cui siamo chiama-ti deve trasformare la nostra for-ma mentis da lineare a circolare. La circolarità è l’elemento caratte-rizzante: bisogna dunque che av-venga una evoluzione della socia-lizzazione, perché la relazione di questa con la società è la cultura. Dove avvengono questi proces-si? In un contesto definito com-plesso, che cambia in continua-zione. Non è stata solo un’analisi di contesto, ma Angela Mongel-li ha cercato di individuare parole chiave come circolarità, relaziona-

lità e complessità, che è anche con-nessione. È la co-noscenza che de-termina il nostro essere, ma il ri-schio è la sogget-tivazione perché la molteplicità dei saperi fa confusio-ne. Allora sorge la domanda: come

affrontare questi rischi? L’idea po-trebbe essere quella di sviluppare al suo interno una struttura che non lavora a segmenti ma getta ponti. La terza cultura è un pon-te, non si vogliono creare sape-ri nuovi ma un nuovo punto di vista, in cui l’insegnante diventa mediatore culturale.

Da informazione a conoscenza

Una delle grandi sfide a cui guar-da la nostra società è quella di ca-pire come e quando trasforma-re l’informazione in conoscenza. In tale ottica l’attenzione cade sia sugli elementi introduttivi alla costruzione della conoscen-za, funzionali alla trasformazione dell’informazione in conoscen-za, non più quindi un accumulo di informazioni o di dati, sia sul-la nuova concezione di cultura, la terza cultura, capace di superare i vecchi dualismi. Aderendo a tale esigenza di trasformazione cultu-rale ci si trova innanzi a una mol-teplicità di domande e alla neces-sità di elaborare una qualche (o una possibile) risposta. Che cosa significa trasformare le informa-zioni in conoscenza? Che cos’è la conoscenza? Come si può rea-lizzare un simile programma? Un discorso scientifico sulla cultura presuppone la (ri)messa a punto sia di concetti e di categorie (es-senziali per la sua descrizione e

comprensione) - come complessi-tà, sapere, ecc.,- sia dei paradigmi di riferimento. Così si osserveran-no meglio i cambiamenti in atto nell’ambito del sapere, di reperi-re solidi strumenti interpretativi e l’impatto che ciò determina sui processi di socializzazione, stru-mento di trasmissione dei saperi.

Non dimostrazioni, ma proposte

L’ambizione non è trovare una ri-sposta definitiva agli interrogati-vi posti, che rimangono ancora del tutto aperti, ma individuare piste che offrano indicazioni su come la trasformazione delle informazioni in conoscenza passi attraverso un lavoro di rielaborazione, contras-segnato da continui interrogativi e dalla messa alla prova di argomen-tazioni e di punti di vista. La do-cente di Sociologia dell’Educazio-ne, parafrasando Foucault, ha detto che le riflessioni che vengono pro-poste intendono essere un’esperien-za tanto per chi le propone quan-to per chi le riceve, e non già una dimostrazione di verità o un’elenca-zione di affermazioni. In tale pro-spettiva lo strutturarsi di una terza cultura, diventa cruciale in quanto permetterebbe di uscire dallo stal-lo degli attuali vissuti societari con-trassegnati dall’incertezza e dal ri-schio funzionando da contesti che, mentre offrono chances e possibili-tà, sottraggono legittimazione e au-torevolezza tanto ai saperi quan-to alle persone. Sviluppare idee sul mondo, sapendo che altri le possa-no accogliere per proseguire, con-tinuando, a loro volta migliorando la conoscenza, ma anche la propria esistenza, diventa uno dei modi per rispondere alla domanda su come si possa trasformare l’informazione in conoscenza, sulle prospettive di una terza cultura nei saperi della società complessa.

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È il ponte che crea il paesaggio?

È un ponte l’immagine scelta per la copertina del libro scritto da Vitto-rio Lingiardi, psichiatra e psicoana-lista, professore ordinario di Psico-logia dinamica presso la Facoltà di Medicina e Psicologia della Sapien-za, Università di Roma, dove diri-ge la Scuola di Specializzazione in Psicologia clinica, e Nicla Vassal-lo, filosofa, professore ordinario di Filosofia teoretica presso l’Universi-tà degli Studi di Genova. Intitolato “Terza Cultura. Idee per un futu-ro sostenibile” (Il Saggiatore, Mila-no), il libro presenta l’immagine di un ponte in costruzione, un pon-te che crea il passaggio. Non è dun-que una cosa già pronta, ma la terza cultura è un processo di costruzio-ne di un passaggio scientifico, inde-finibile. Anche in una singola espe-rienza può esserci una terza cultura. Gli autori del libro sono stati coor-dinati da Francesco Pavani, pro-fessore associato di Psicologia Ge-nerale dell’Università degli Studi di Trento. Dall’alternarsi di domande e risposte date da entrambi i relatori è emerso che è importante aver spe-rimentato le diverse culture, i lin-guaggi, il modo di argomentare per riuscire a generare il passaggio co-municativo. C’è una visione con-trastante al concetto di idea statica, una persona non può sottrarsi da una mente capace di fare connessio-ni e in questo senso, per tornare alla metafora, se il ponte viene portato a termine è come bloccare la costru-zione, da quel momento non ci sa-ranno più progressi.

L’importanza della comunicazione

Dopo le scuole superiori ci si spe-cializza e le discipline sono estre-mamente specialistiche e avere una conoscenza su due o tre spe-

cializzazioni è già molto perché i linguaggi sono diversi, di diffici-le traduzione l’uno nell’altro. Il grande specialista è in grado di fare buona divulgazione per fare conoscenza, ma il singolo da solo non può progredire. Nel concet-to di ponte aperto lo scopo non è completare quel ponte, ma ar-ricchire le fondamenta che maga-ri si spostano; forse non è necessa-rio che i due lati del ponte vadano nella stessa direzione. Se si parte da prospettive lontane può esse-re difficile completare quel pon-te. Allora nel contesto scolastico come possiamo trasformare que-sti stimoli e realizzare la terza cul-tura? Ci vuole un percorso, biso-gna frequentare i vari ambiti per poter sperimentare. L’importante è la formazione perché tra le due culture ci deve essere comunica-zione: c’è un bilinguismo che fa tradurre da un contesto ad un al-tro le cose, ma non devono essere calchi sbiaditi, ma possibilità co-municative. L’importante è ragio-nare per problemi, va insegnato il ragionamento.

Un dialogo creativo-costruttivo

Che l’obiettivo consista nella riso-luzione di problemi o nella ricerca della verità, le scienze abitano or-mai la nostra quotidianità. Il pon-te che si ritiene di do-ver costruire tra le varie discipline in effetti esi-ste già; occorre però raf-forzarlo: le scienze e le tecnologie attraversa-no ogni pratica uma-na, nonché ogni cultu-ra umanistica, mentre le discipline umanistiche tendono a naturalizzar-si, ovvero a richiedere il contributo delle scienze sulle questioni di fatto,

nel tentativo di rispondere a do-mande determinanti per ogni es-sere umano: «cos’è l’etica?», «cos’è l’identità personale?», «cos’è l’esi-stenza?». Di cosa abbiamo bisogno allora? Della «terza cultura» (anche se l’etichetta è oggi forse già un po’ troppo brendizzata), cioè di un re-ale dialogo creativo-costruttivo tra le tante e varie discipline, attività e competenze. È la terza cultura che vogliamo e dobbiamo costrui-re, per potenziare scambi informa-ti sulle frontiere delle ricerche con-temporanee più avanzate, oltre che per condividere certi tratti psicolo-gici, può darsi affettivi, senz’altro altruistici, in grado di condurre a comunicare ad altri la propria co-noscenza ed esperienza.

I workshop con gli studenti

Durante il secondo giorno pre-so il Liceo “Fabio Filzi” sono sta-ti effettuati workshop coordinati da Marco Dallari, Cristian Mo-sca, Letizia Quintavalla, Maria Teresa Santacroce, Stefania Ste-fanini e Paola Sterni. Mentre nel pomeriggio Anna Sgherri ha co-ordinato la relazione di France-sca Rigotti, docente di Dottrine e Istituzioni Politiche alla facol-tà di Scienze della Comunicazio-ne dell’Università di Lugano, sui modelli di conoscenza e dopo è

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15n. 5 maggio 2012

stato effettuato il collegamento in video conferenza con Telmo Pie-vani. La restituzione dei vari wor-kshop, soprattutto le proposte dei ragazzi sono stati così interessanti che sono stati ripresentati subito dopo la riunione Sisus con l’ inter-vento di Amelia Stancanelli, che ne è presidente, e poco prima della Tavola rotonda che doveva chiude-re il convegno.I ragazzi, con grande disinvoltu-ra, hanno presentato in power-point i loro lavori di gruppo che avevano realizzato cooperativa-mente e hanno ragionato arrivan-do a conclusioni simili ponendo-si il problema della terza cultura. Tantissimi gli spunti emersi: per alcuni è importante che lo studen-te impari dall’insegnante e vice-versa, altri sono partiti dalle con-siderazioni sulle loro espressioni “artistiche” nel senso creativo, al-tri ancora si sono chiesti se anche la scuola si evolve così come sta fa-cendo la società. Tante sono le mo-dalità di pensiero, una cultura uni-ca sul ponte, ma è la conoscenza che determina l’essere o viceversa? Linguaggi diversi, connessioni in-terattive, neologismi scientifici, ri-schio del tutto –nulla sono stati i poster proposti dai ragazzi.

La Tavola rotonda

Tavola rotonda con Marco Dal-lari, Stefano Oss, Francesco Pava-ni e Clotilde Pontecorvo dal titolo “Linguaggi e risorse semiotiche della contemporaneità in edu-cazione” che più che dare rispo-

ste aveva il com-pito di suscitare problemi su cui riflettere. Ecco al-lora alcuni quesi-ti: come aggiusta-re il tiro su questa prospettiva nuo-va della “terza cul-

tura”? Cosa c’entra dunque la di-dattica per competenze? Uno dei traguardi della terza cultura è si-curamente “una mente ben fatta” come suggerisce anche Edgar Mo-rin. Clotilde Pontecorvo, profes-sore emerito di psicologia dell’e-ducazione Università La Sapienza di Roma e considerata nume tute-lare di questo percorso “Passaggi”, ha consigliato di far capire che la rete può essere un’indicazione su come operare in altri settori, quindi suggerisce una riforma dal basso. Gli studenti hanno cercato di dare una rappresentazione sin-tetica delle loro rappresentazioni suggerendo che i prof danno un’a-nalisi, i ragazzi una sintesi. Per la prima volta è stata data tanta at-tenzione ai ragazzi, e bello è che ci sia stato un riferimento all’a-zione perché i ragazzi hanno pre-sentato il loro prodotto. France-sco Pavani dal suo punto di vista ha sottolineato una nota di cau-tela: attenzione a prendere con-cetti di certe discipline e farli pas-sare ad altre con facilità, tenendo presente che il nostro cervello ha la capacità di cambiare, si potreb-bero avere problemi di comunica-bilità. Stefano Oss, professore as-sociato di Struttura della materia per la Facoltà di Scienze di Povo, ha spiegato come anche la fisica a dimensione umana non sia di-sumana, anzi è una finestra aper-ta sul mondo che ci circonda e di cui noi siamo parte. È rimasto an-che incuriosito dal termine “terza cultura” perché pensava esistesse solo “una” cultura. Ma non esi-ste solo la cultura dello studente

ma del cittadino e la scuola non deve essere chiusa ma aperta al mondo esterno (altrimenti si di-venta accademici). I punti di vi-sta sono diversi per una questione di linguaggi e questo è uno scolla-mento pericoloso. È Marco Dal-lari, professore ordinario di Pe-dagogia generale Università di Trento, che si pone la domanda : che cosa intendiamo per cultura? Due cose compatibili, ovvero ciò che ciascuno sa e l’insieme delle conoscenze, credenze, lingue (ciò che rende riconoscibile un popo-lo). Questo si sposa con il termi-ne identità intesa come persona-le e collettiva. Le conoscenze, le materie, i saperi - ha sottolineato Dallari - sono significativi quan-do diventano cultura, ma per gli studenti è difficile capire il senso della cognizione. Come insegnan-ti dobbiamo verificare se i nostri soggetti in formazione hanno ri-cadute sulla loro cultura, così da farla diventare identità persona-le. Suggerisce poi di mettere al centro la relazione interpersona-le che non deve portare a pensare ai contenuti ma sperimentare con coraggio una nuova autonomia e formazione didattica basata sul-la ricerca e personalizzazione del curricolo dove si sceglie l’orienta-mento del proprio percorso for-mativo. Ci vuole coraggio.

Norma Borgogno

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16 n. 5 maggio 2012

l’evento

Il programma della II edizione

L’appuntamento è per il weekend tra il 15 e il 17 giu-gno. Nonostante si tratti solo della seconda edizione, il Trentino Book festival è oramai già un classico dell’of-ferta culturale del Trentino. Nato indipendente, lo re-sta, per scelta e perché i numeri gli danno ragione. Come amano ribadire l’Associazione di Promozione Sociale “Balene di Montagna”, che lo organizza e lo promuove, il Trentino Book Festival è l’appuntamento con una cultura disposta prima di tutto al confronto per necessità, verità e vocazione, con i problemi reali del nostro tempo. Non solo: la modalità del confronto è trasversalmente presente interessando prima di tutto

il pubblico, cui si offre, ripe-tutamente in un programma densissimo, una gran quanti-tà di incontro e conversazione con gli autori. Sono ben noti a tutti, non solo agli appassiona-tissimi di libri e lettura, nomi che in qualche modo “rappre-sentano” la letteratura italiana. Freschi di premiazioni o a bre-

ve distanza dalla conclusione di fatiche che un pubblico enor-me ha assapora-to e apprezzato,

saranno al Festival Antonia Arslan; Massimo Carlot-to (con Tersite Rossi); Erri De Luca; Luca Doninelli; David Fauquemberg; Dacia Maraini; Mariapia Vela-diano. Sguardi penetranti sulla qualità e i colori dell’e-poca in cui viviamo arriveranno da Roberta Bruzzone (che si occuperà del caso di Chico Forti), Davide Car-lucci; Claudio Sabelli Fioretti, Susanne Scholl e altri ancora.

La sezione Junior

Una straordinaria crescita di segnala per la sezione Junior, con la presenza di Luigi Dal Cin, con mo-menti di spettacolo alla collaborazione grazie alla si-nergia con la Fondazione AIDA di Verona, di labo-ratori creativi. Tra rappresentazioni teatrali, mostre, e performance artistiche, da Virginia Woolf rievo-cata in un intenso monologo di Maura Pettorru-so, a Pier Paolo Pasolini con un’inedita esposizio-ne di frame dalla sua filmografia. Insieme a Denis Fontanari, The Bastard Sons of Dioniso fonderan-no rock e poesia con “D’un pianto di stelle”, pro-duzione TBF, omaggio a Giovanni Pascoli nel cen-tenario della morte.Altra produzione del TBF, l’evento intitolato “Venti giorni sull’Ortigara”, primo di tre appuntamenti com-memorativi del centenario della Grande Guerra. An-drea Castelli e il Coro La Tor di Caldonazzo promet-tono un’esibizione da brividi, a pochi metri da quello che fu proprio lo scenario di tante battaglie.

Dal 15 al 17 giugno, Dacia Maraini, Erri De Luca, Antonia Arslan, Massimo Carlotto e tan-tissimi altri scrittori al Festival Letterario del Tren-tino. Ma ci sono anche The Bastard Sons of Dio-niso che omaggiano Giovanni Pascoli. Pino Lo perfido è il giornalista ideatore della Rassegna Trentino Book festival, organizzata dall’Associa-zione di Promozione Sociale “Balene di Montagna” e promossa dall’assessorato alla Cultura della Pro-vincia Autonoma di Trento, in collaborazione col Comune di Caldonazzo, l’Apt Valsugana e alcuni privati, otre che ai media partner, TrentinoMese e lavalsugana.it.

TBFTrentino Book Festival

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Inserto a cura di: Mario Caroli

Interventi di: Piergiorgio Barichelli, Norma Borgogno, Paola Bosco, Mario Caroli, Paolo Dalvit, Be-atrice de Gerloni, Marianna Fumai, Raffaella Improta, Irene Moltrer, Magda Niro, Annaluisa Pedrot-ti, Gabriella Scarinci, Silvano Zammatteostudenti: Luca Huarcaya, Elena Galler, Alessia Nardelli, Ilenia Pavonessa, Viviana Cappelletti, Victoria Cazimir, Antonina Chepa, Giorgia Lavore, Alessandro Trinca, Leonardo Bianchin, Leonar-do Gammino, Gianluca Torresani, Gloria Malfatti, Valeria Ottaviani, Maddalena Marcolla, Federica Mattivi, Chiara Zardi, Nicola Menin, Elisabetta Rosatti, Emily Chiesa, Valentina Gosetti, Lisa Bonet-ti, Sara Tomasi, Caterina Visentin, Marco Calliari, Mariasole Battan, Federica Zampedri, Marika Vol-pe, Camilla Nardelli, Lorenzo Cima, Sebastiano Rossi, Syria Bridi, Sabina Coser, Manuel Dallapicco-la, Dennis Franceschi, Nada Soufiani, Yinere Marin, Matteo Pedranz, Marco Bernardi

Quattro istituti superiori della città con l’Università di Trento

ARCHEOLOGI A SCUOLA

il dossierdEntro l’ESpEriEnzail dossier: tra storia e storia localeil progettola reteil percorsoCommentiil presideGli studenti

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18 n. 5 maggio 2012

Torniamo molto volentieri, in questo numero, ad un dossier interno dedicato ad un’esperienza di-dattica che ha molti motivi per essere interessan-te non solo per le scuole che l’hanno realizzata: un modulo tra storia e storia locale, multidisciplina-rietà, rete tra quattro istituti superiori e una facol-tà universitaria, dimensione operativa e riflessione “meta” da parte di studenti, docenti e preside… Beatrice de Gerloni, direttore Iprase, inquadra il tutto con un breve focus su storia e storia locale. Gli spazi sono sempre tiranni, abbiamo dovuto ri-durre qualche testo, ma resta intatto il valore com-plessivo. (m.c.)

ESPERIENZAModulo: tra storia e storia locale

il dossier

Il valore aggiunto dell’esperienza

Quando si avvia lo studio della disciplina storica nel primo anno della scuola superiore, non si può dare per scontato che gli studenti che ci troviamo davan-ti intendano tutti la stessa cosa quando si parla di sto-ria. Inoltre, le loro esperienze scolastiche precedenti sono state probabilmente diverse: di interesse e curio-sità per le vicende studiate e per il lavoro di compren-sione di aspetti del passato, o, all’opposto, di noia e di inutilità per la sequenza di date, nomi, avvenimenti da ricordare e ripetere nell’interrogazione.Proprio a partire dalla consapevolezza di questa diver-sità si basa l’importanza di avviare l’introduzione alla storia nel primo anno superiore attraverso un mo-dulo che sia fondativo dello studio della storia attra-verso un approccio scientifico al metodo storico – me-diato da un rapporto diretto con chi per professione fa ricerca scientifica – attraverso l’intreccio tra conoscen-za e sperimentazione, tra didattica d’aula e dimensio-ne laboratoriale. Sul piano della motivazione per gli studenti, l’aver privilegiato la dimensione locale favorisce un’esperien-za più diretta e coinvolgente. Sul piano dell’innova-zione della didattica, la scelta dell’ambito preistorico consente di aprire a una dimensione interdisciplina-re particolarmente feconda, perché implica l’intercon-nessione tra saperi, metodi e prospettive fortemente diversificati che fanno capo a molteplici discipline. i principali punti di forza di questa efficace composi-zione e combinazione di metodi e contenuti: l’attenzio-ne alle soggettività dei discenti e dei docenti, la dimen-

sione laboratoriale e la sperimentazione sul campo, la ricerca di un rapporto stretto tra la storia e gli altri sape-ri, l’apertura alle diverse “dimensioni di scala” della sto-ria, la scelta di coinvolgere in modo forte le professio-nalità esperte degli archeologi dell’Università di Trento. Tutto supportato da una progettazione rigorosa dell’u-nità di lavoro, da una documentazione puntuale, dalla valutazione finale dei risultati e delle competenze acqui-site, dall’osservazione in itinere sia degli apprendimen-ti che degli atteggiamenti e comportamenti. L’appor-to delle varie competenze disciplinari dei docenti che vi hanno collaborato e la loro appartenenza a istituti molto diversi tra loro hanno rappresentato un valore ag-giunto e l’opportunità di un confronto, a volte non faci-le ma sicuramente fecondo.dalle parole degli studenti si rileva quanto abbia-no apprezzato soprattutto la parte laboratoriale ed esperienziale, la possibilità di confrontarsi “dal vivo” con la ricerca scientifica, di entrare dentro un sito ar-cheologico guidati da chi può restituire a quegli stra-ti di terra e di argilla o a piccoli frammenti d’osso o di selce un’interpretazione e la dignità di reperti, l’oc-casione per compiere simulazioni insieme divertenti e istruttive, l’opportunità di svolgere un’attività di labo-ratorio scientifico come parte di un percorso di storia. Ma dalle loro parole si ricava anche la consapevolezza di come, attraverso questa sorta di “apprendistato” in cui il fare e il pensare si intrecciano insieme al piace-re della scoperta, matura la comprensione del metodo storico, si costruiscono e si acquisiscono conoscenze durature, si comprende come il professionista esper-to lavora e produce quel sapere che sta dentro i libri di storia, si maturano coscienza storica e pensiero critico. Vi è infine da rilevare, dentro la pluralità di percor-si esperienziali che caratterizzano questo modulo di storia-preistoria, la presenza e la sostanza di una di-mensione emotiva e relazionale, molto importante anche per la costruzione del gruppo classe, sia nel rap-porto tra i compagni sia nella relazione con i docenti e, in questo caso, con professionisti esperti di ambito extrascolastico.Chi avrà occasione di vedere il video di documenta-zione, che restituisce sia pure in piccola parte lo svilup-po di questo percorso didattico, ritroverà in quei visi di ragazzi e ragazze sorridenti, attenti, partecipi, motivati, un senso autentico e nuovo dell’essere e del fare scuola.

Beatrice de Gerloni

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19n. 5 maggio 2012

Lo sappiamo bene. Ai docenti e a tutti gli educato-ri l’esperienza mostra che i giovani trovano la storia spesso ‘difficile’ e ben poco interessante. Forse per-ché immersi in un presente ricchissimo di stimo-li. E perché questo presente appare privo di radici nel passato, nuovo e difficile da comprendere. Cer-to è che in grande maggioranza hanno difficoltà a cogliere le particolarità delle riflessioni che si muo-vono lungo la linea del tempo. Trovano dunque la storia incomprensibilmente complessa e perciò sfuggente. Soprattutto, la storia è per molti di loro ‘lontana’, e perciò quasi astratta. E quando con gli allievi si riesce a riflettere insieme emerge che que-sta lontananza, questa ‘astrattezza’ corrispondono a un senso di indifferenza di fronte a eventi e processi sentiti come appartenuti ad altri, inattuali, estranei.

ARCHEOLOGIAFare esperienza della storia

Le motivazioni

Dunque il coinvolgimento risulta difficile in partenza. Chi non ha discusso con lo studente un po’ più ardito, il quale, esattamente su queste basi, ama proclamare addi-rittura che la storia è inutile? Eppure tutti i docenti che si sono trovati a riflettere, pur in questa situazione non facile, sulla didattica della storia - e siamo in molti – san-no che proprio l’attuale situazione sociale e culturale, in continuo cambiamento, la “società fluida”, come la de-finisce S. Bauman, richiede a tutti una accresciuta con-sapevolezza delle trasformazioni. Chi voglia porsi in re-lazione attiva, partecipe e costruttiva con la realtà, oggi più che mai deve essere in grado di misurare il presen-te con il passato, scorgendo in quanto è stato fatto la ra-gione di quel che accade. In altre parole c’è bisogno di storia, e più precisamente di formazione storica nella scuola.

Gli obiettivi

Dopo l’avvenuta riprogettazione del curricolo, rafforzare la forma-zione storica nella scuola trenti-na significa accrescere e struttura-re una competenza storica che sia intesa come un insieme organico

il progetto

e coerente di capacità e consapevolezze idonee a sup-portare forme di ragionamento storico sui quadri d’as-sieme e i fondamentali processi della storia.Tenendo conto dell’atteggiamento tipico degli studenti rispetto alla storia, dobbiamo probabilmente chiederci se una delle chiavi importanti per rendere la disciplina meno lontana e sfuggente, meno ‘astratta’, non sia l’of-ferta della opportunità di fare esperienza della storia. Si tratta in altre parole di offrire il modo a ogni studente di orientarsi con qualche consapevolezza dentro una di-mensione storica e territoriale data. Si tratta di provare a sviluppare in ognuno il senso concreto della ricostru-zione, e quindi della comprensione, della storia.

Quale storia insegnare

Gli insegnanti riuniti nel gruppo che ha dato vita al progetto del quale provo a esporre le motivazioni e gli obiettivi erano convinti che occorreva focalizzarsi sul-la storia locale.Infatti la storia locale riesce a offrire agli studenti la possibilità di riconoscersi in essa, di farne oggetto di esperienza concreta. Si presenta con una dimensione territoriale limitata, per certi versi nota, dunque non sconcertante. Insomma una dimensione entro la qua-le ci si orienta meglio. Inoltre la storia locale appare di lettura più immediata, più concreta e tangibile. La storia locale, in definitiva, ci è apparsa partico-larmente idonea a rivestire una funzione formativa che contribuisca alla costruzione di una esperienza umana, storica e civica negli alunni. Anche perché essa è idonea a attivare un apprendimento che fac-cia riferimento a una pluralità di campi tematici, dal

territorio al paesaggio, dall’am-biente alla società, dalla menta-lità e l’identità alla vita quoti-diana. Analogamente, la storia locale incentiva l’uso di una di-versificata gamma di fonti: ar-chivistiche, archeologiche, lette-rarie, artistiche e monumentali, orali e tradizionali, toponoma-stiche e linguistiche. Viene così chiamata in causa una prospet-tiva metodologica e interpretati-va a carattere multidisciplinare e interdisciplinare.

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Storia locale e innovazione didattica

Doveva poi essere affrontato il rapporto tra storia loca-le e innovazione didattica. Siamo partiti dalla consta-tazione che lavorare sulla storia locale si presta all’atti-vazione di forme di didattica attiva e operativa, legate anche a esperienze laboratoriali. Proprio queste ulti-me possono permettere una costruzione di segmenti e momenti di conoscenza e competenza storica ope-rata in maniera condivisa e cooperativa, tra insegnan-te e alunni, ma nello stesso tempo anche tra pari, per quanto riguarda gli studenti.Occorreva inoltre individuare quale ambito di storia locale privilegiare. Poiché il progetto si proponeva di contribuire all’attuazione delle “Linee guida” provin-ciali ed era rivolto agli studenti del primo anno del primo biennio delle superiori, bisognava valutare se concentrarsi sulla fase romana della storia del Tren-tino o se, invece, rivolgere l’attenzione a un ambito preistorico. Per una serie di precise ragioni si è deciso di privilegiare questa seconda opzione.

La preistoria

Lo studio della preistoria ha forti dimensioni arche-ologiche, sperimentali, ambientali e territoriali, geo-logiche, chimiche, paleobotaniche e dunque implica un significativo incrocio di saperi, di metodologie e di prospettive interpretative. Allo stesso tempo chi lavora sulla preistoria fa ampio uso di laboratori specializzati e di tecniche di indagine e di ricostruzione che fanno ricorso a conoscenze tecnologiche e scientifiche speri-mentali; per questa ragione una esperienza di insegna-mento/apprendimento focalizzata sulla preistoria non può non prevedere una ricca serie di concrete espe-rienze quali le attività laboratoriali di analisi dei ma-teriali, le ricognizioni del territorio e di siti archeolo-gici particolari, i momenti di introduzione allo scavo

archeologico come modalità di indagine sul passato.Il Progetto ha naturalmente dovuto individuare nello specifico precisi obiettivi formativi. Innanzitutto ci si è rivolti alla focalizzazione delle competenze da promuo-vere e prime tra tutte quelle relative alla comprensione delle procedure della ricerca e all’uso della documen-tazione, in questo caso, di natura archeologica e tecni-ca. Ma anche alla percezione da parte degli studenti dei processi di trasformazione del mondo passato e delle re-lazioni tra eventi e processi storici locali e quelli di più ampia portata geografica e cronologica. Si è poi privile-giata l’acquisizione di una familiarità con la dimensio-ne interdisciplinare dell’argomento trattato, in specifi-co riferimento al concorso di saperi umanistici e saperi tecnico-scientifici. Attenzione è stata posta inoltre alle competenze metodologiche e operative connesse a una dimensione di autonomia individuale dello studente ri-spetto ai vari ruoli e compiti assegnati.

Le competenze da promuovere

Per quanto riguarda le abilità da implementare si è in-dividuata una gamma articolata che va da quelle di natura più generale e metodologica, a quelle di natura più concreta e operativa. Saper distinguere le differen-ze tra contesti economici, sociali e culturali; saper uti-lizzare informazioni e materiali per ricostruire i proces-si di trasformazione; essere in grado di cogliere i nessi passato-presente. Si è inoltre individuato l’obiettivo di favorire l’acquisizione della capacità di orientarsi, in contesti guidati, nelle metodologie dell’archeologia; di costruire grafici cronologici e mappe concettuali; di leggere carte geo-storiche; di documentare l’attività di lavoro svolta; di stendere brevi testi descrittivi di tipo storico usando un linguaggio pertinente.Il piano delle conoscenze naturalmente non poteva es-sere trascurato. Nello specifico del progetto si trattava di favorire l’acquisizione del concetto di preistoria su scala mondiale e su scala locale, delle nozioni di base sulle civiltà preistoriche, nonché della conoscenza delle principali fonti per costruire le nostre conoscenze sulle civiltà preistoriche. Parimenti essenziale è apparsa la pa-dronanza della nozione di datazione storica, di cronolo-gia assoluta basata sui metodi scientifici, e infine di cro-nologia relativa riferita al metodo stratigrafico.Queste le motivazioni e questi gli obiettivi dello sforzo progettuale messo in atto dal gruppo che ha lavorato al Progetto “Storia e storia locale in Trentino”.

Magda NiroInsegnante ITT “M. Buonarroti”,

coordinatrice progetto

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21n. 5 maggio 2012

la rete

L’idea di lavorare in rete è scaturita dall’esigenza de-gli insegnanti e dei dirigenti di sperimentare nuo-vi percorsi. Progettare in rete offre l’opportunità di raccordare differenti modalità di intervento forma-tivo e di confrontare le prassi di apprendimento che coinvolgono studenti appartenenti ad ambiti scola-stici che per consuetudine non sempre dialogano. O perlomeno non dialogano con quella intensità che una didattica progettuale e innovativa richiede-rebbe nell’attuale situazione sociale e culturale.

COOPERARELa rete di soggetti coinvolti

Progettazione, referenti, docenti

La fase di progettazione: gennaio - maggio 2011 Referenti e coordinatori dell’Attività di Progetto:Beatrice de Gerloni - Dipartimento della ConoscenzaMagda Niro - ITT Buonarroti TrentoAnnaluisa Pedrotti - Università di Trento, Dipartimen-to di Filosofia, Storia e Beni CulturaliAutori del percorso didattico:Paola Bosco, Francesca Carraro - ITT Buonarroti TrentoSilvano Zammatteo - Istituto Tecnico Tambosi TrentoRaffaella Improta - Liceo Prati TrentoGabriella Scarinci - Istituto Tecnico Pozzo TrentoLa progettazione ha innanzitutto interessato la defi-nizione delle competenze, ma ha anche scelto come obiettivo principale l’avvicinamento dei saperi umani-stici a quelli tecnico scientifici. In effetti il docente di storia sa, o intuisce, che la ricerca storica, la ricostru-zione e la seria comprensione del passato richiedono ai ricercatori e agli storici in generale una vasta gamma di specializzazioni tecniche e disciplinari. Sono spe-cializzazioni che si pongono in stretto rapporto con la quantità di fonti e materiali diversi che lo storico affronta nel suo laboratorio. Ma non si tratta solo di questo, perché i processi storici hanno aspetti molte-plici: sociali, politici, economici, ambientali, artistici, religiosi, demografici, letterari.La comprensione del passato si basa anche sull’incro-cio di prospettive di lettura della realtà proprie di di-scipline diverse, di campi del sapere che spesso ven-gono considerati lontani tra loro. Ecco, sarebbe forse importante restituire alla didattica della storia una eco, una impronta, derivanti dall’incrocio delle pro-spettive e di saperi di cui la ricerca storica si alimen-ta. (M. N.)

Dipartimento di Chimica ITT “Buonarroti” Trento

Un ruolo centrale nella progettazione è stato svolto dal Dipartimento di Chimica dell’Istituto Tecni-co “Buonarroti”, che da anni svolge sul territorio un ruolo importante nel promuovere la cultura scientifi-ca e nel proporre, a docenti di ogni ordine scolastico, esperimenti scientifici volti a sviluppare un currico-lo verticale. Non poteva rimanere quindi indifferente allo stimolo di predisporre delle proposte sperimentali attinenti al percorso sulla preistoria che si andava deli-neando. Coscienti che il giovane adolescente è ancora pronto a cogliere la realtà in modo globale al di là del-le barriere disciplinari e anzi ha difficoltà a cogliere il processo astratto di analisi della stessa realtà da punti di vista diversi, si è cercato di progettare attività spe-rimentali in modo che risultassero non solo attinen-ti ma fondamentali alla costruzione del concetto di ri-cerca nella storia. Una delle principali sfide nella progettazione è stata quella di trovare degli esperimenti scientifici che non avessero prerequisiti complessi, adatti a studenti del primo biennio delle scuole secondarie che, spesso per la prima volta, si affacciano a un metodo strutturato di indagine. Sono state privilegiate attività sperimen-tali che richiedono strumentazioni semplici, fatte con materiale povero, facilmente reperibile nei laboratori scolastici, ma non per questo meno stimolanti. Esse hanno messo gli studenti di fronte a problemi di ana-lisi e interpretazione dei materiali di cruciale rilievo ai fini dello sviluppo delle competenze individuate nel Progetto.L’Istituto Buonarroti ha ospitato nei suoi laboratori di Chimica gli studenti del liceo Prati, questo con lo spirito proprio della rete, cioè quello di condividere e valorizzare le peculiarità tipiche delle due scuole. Da una parte la condivisione di competenze tecno-scien-tifiche, dall’altra quelle della ricerca e studio delle fon-ti scritte.

Paola BoscoInsegnante all’ ITT Michelangelo Buonarroti

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22 n. 5 maggio 2012

Nell’ambito del Dipartimento Filosofia, Storia e Beni culturali dell’Università Trento opera da anni il Laboratorio “B. Bagolini” al quale fan-no riferimento tutte le attività di ricerca nel cam-po dell’archeologia preistorica, medievale e del-la geografia storica. Il LAB diretto da Annaluisa Pedrotti, docente di Preistoria e Protostoria, si avvale della collaborazione di numerosi docenti, dottori di ricerca dottorandi, tecnici, studenti e volontari del servizio civile.

UNIVERSITÀIl Laboratorio “B. Bagolini”

Ricerche nel territorio trentino e padano-alpino

Le ricerche svolte dal laboratorio riguardano tutto l’arco cronologico dall’avvento dell’uomo nella Prei-storia e nel Medioevo. Campo d’azione delle ricerche è il territorio trentino e padano-alpino in generale. Il laboratorio si occupa della selezione e campionatura dei materiali per analisi di dettaglio, svolge analisi di campioni di natura organica e inorganica e analisi di campioni al microscopio stereoscopico, metallografi-co e petrografico e cura anche la documentazione e archiviazione di dati in ambiente GIS e CAD, utiliz-zando le tecniche della fotogrammetria e georeferen-ziazione della documentazione di scavo.Lavora in stretta sinergia con le Facoltà di Ingegneria e Scienze e altre istituzioni di ricerca trentine (Museo Tri-dentino di Scienze Naturali, Fondazione Bruno Kessler, Edmund Mach e Soprintendenza per i beni archivistici li-brari e archeologici), nazionali e internazionali, nell’am-bito di progetti cofinanziati dalla Provincia autonoma di Trento, dalla Comunità Europea, dal MIUR, dal CNR. Recentemente ha ripreso le attività di scavo al Riparo Gaban presso Piazzina di Martignano (TN) che docu-menta una frequentazione dell’area, a parte brevi inter-

ruzioni, dall’8000 al 1600 a.C. Il Riparo rappresenta il principale sito di riferimento dell’arco alpino per la comprensione del cambiamento culturale avvenuto nel corso del Neolitico, uno dei periodi cronologici più si-gnificativi della storia dell’Umanità in termini economi-ci, sociali e politici. I reperti più noti sono senz’altro gli oggetti di alto valore artistico portati alla luce nei livel-li del mesolitico e neolitico. Tra gli oggetti più noti figu-rano il flauto ricavato da un femore umano e la piccola venere su placchetta ossea che associa elementi figurativi tipici delle culture neolitiche a caratteri puramente me-solitici riconosciuta come simbolo per definire il feno-meno di acculturazione delle popolazioni mesolitiche.

Un campo scuola aperto a tutti gli studenti

Il cantiere è concepito come campo scuola aperto a tut-ti gli studenti che possono seguire dal vivo le operazioni di scavo e i progressi degli studi preistorici e metodolo-gici. In futuro dovrebbe diventare un laboratorio inter-disciplinare open air di ricerca e formazione nelle scien-ze archeologiche utilizzabile per testare e aggiornare le molteplici metodiche applicate allo studio dei beni ar-cheologici. In questo contesto il Laboratorio ha rico-nosciuto la grande importanza di un lavoro in sinergia tra scuola e università. In primo luogo l’università ha così la possibilità di disseminare i risultati dei proget-ti di ricerca, creando consapevolezze e acquisizioni cul-turali al di là della cerchia degli specialisti. In secondo luogo, ha la possibilità di individuare modalità di la-voro comune e di condividere e discutere con gli inse-gnanti le metodologie di ricerca e docenza. Di contro la scuola può proporre agli studenti un approccio innova-tivo più coinvolgente e stimolante della lezione frontale che prevede il coinvolgimento dei ragazzi e degli inse-gnanti nelle visite ai siti archeologici e nelle varie attivi-tà di laboratorio, ma soprattutto nelle discussioni sulle diverse possibilità interpretative ottenute grazie all’au-silio di più materie disciplinari. Non da ultimo, scopo della collaborazione è stato l’intento di diffondere am-piamente, presso gli studenti e le famiglie, la consape-volezza dell’importanza della ricerca archeologica nella vita di una realtà locale.

Annaluisa Pedrottidocente di Preistoria e Protostoria

Università degli studi di Trento

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il percorso

“Se faccio capisco”. Chi non ha sperimentato nel suo vissuto quanto è utile, a raggiungere una vera comprensione della realtà, contestualizzare l’ap-prendimento in un quadro variegato di attività ed esperienze condivise con i propri pari, discusse con gli esperti e rielaborate personalmente a con-clusione di un processo partecipato? Avvertiamo spesso questa esigenza degli studenti, anche se in genere non è espressa direttamente. Con questa consapevolezza il progetto “Storia e storia locale. La preistoria nel Trentino” ha voluto assumere un forte carattere esperienzale, partecipato e mul-tidisciplinare.

RIELABORAREUn processo partecipato

Un progetto complesso

È stato così necessario organizzare un percorso didat-tico particolarmente articolato fondato sulla conver-genza di proposte e iniziative diverse, condivise tra i colleghi dei quattro istituti superiori coinvolti in rete e i docenti, i giovani archeologi e il personale tecnico del Laboratorio di Preistoria e Protostoria “Bernardo Bagolini” del Dipartimento di Filosofia, Storia e Beni culturali dell’Università di Trento. È opportuno, dun-que, almeno accennare ai dettagli della complessa or-ganizzazione del Progetto, soffermandoci in particola-re sulle attività didattiche.protagonisti: studenti di sette classi prime biennio su-perioreTrento, di cui3 istituto Buonarroti, 2 istituto Tambosi, 1 istituto Pozzo, 1 liceo Pratitempi: da fine settembre a fine novembre 2011 - 20 ore circ.insegnantiMagda Niro (ITT Buonarroti) coordinatrice percorso storico-archeologicoPaola Bosco (ITT Buonarroti), coordinatrice percorso scientifico-laboratorialeITT Buonarroti: Emanuela Artini e Cristian Marchel-li (IA)Franca Ravagni, Giancarlo Comai, Paolo Cavagna (IG)Paola Bosco, Magda Niro, Alberto Girardi (IM)Istituto Tambosi: Sara Losa, Silvano Zammatteo, Anna Blasi e Assunta Iannonee per le uscite: Patrizia Forgione, Anita Gei, Alessandra Marchese (IB - ID)

Istituto Pozzo: Gabriella Scarinci, Piergiorgio Baru-chelli (IA)Liceo Prati: Raffaella Improta, Laura Tagnin (4E)dipartimento di filosofia, storia e Beni culturali - facoltà di lettere:Annaluisa Pedrotti: docente di Preistoria e ProtostoriaPaola Salzani e Alessandro Fedrigotti: dottorandi in Preistoria e ProtostoriaFabio Cavulli: tecnico archeologo responsabile del La-boratorio “Bernardo Bagolini”Lucia Dallafior, Giulia Foradori, Irene Moltrer, Fabio Santaniello: volontari del servizio civile presso il La-boratorioMonica Bersani: tecnico archeologo presso la Soprin-tendenza Beni Librari Archivistici e Archeologici PAT

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Caterina Pangrazzi: antropologa collaboratrice ester-na del LaboratorioClaudio Del Frari: tecnico del Centro Tecnologie Mul-timediali dell’ Università di Trento.

Le varie fasi

Il percorso è stato strutturato in cinque fasi:1a Fase (in classe, durata 3 ore):presentazione del percorsoÈ stato presentato il percorso allo scopo di favorire la motivazione allo studio e per comprendere il nes-so presente-passato-presente nello studio della storia.2a Fase (in classe, durata 6-8 ore):a. come l’archeologo ricostruisce il passato;b. come la scienza ricostruisce la storia.Si è fatto un ulteriore passo avanti ponendo attenzio-ne a come l’archeologo ricostruisce il passato, presen-tando la metodologia dello scavo archeologico e come la scienza ricostruisce la storia, con diverse attività spe-rimentali condotte nei laboratori di chimica dell’Isti-tuto Buonarroti o negli Istituti Pozzo e Tambosi dai singoli docenti coordinati dall’insegnante Paola Bosco che ha progettato le che ha progettato le metodiche.3a fase (sul territorio, durata 8 ore):Esperienza diretta sul territorio al sito archeologico del Riparo Gaban e attività nel laboratorio “Bagoli-ni” con il riconoscimento e inquadramento cronolo-gico dei reperti archeologici e la comprensione del la-voro dell’antropologo. a. come lavora l’archeologo (5 ore) Visita al sito archeologico del Riparo Gaban (Mar-

tignano, Trento), progettata e guidata dai docenti e dagli archeologi del Dipartimento di Storia, Filoso-fia e Beni culturali dell’Università di Trento, dagli archeologi del Laboratorio Bagolini e della Soprin-tendenza per i Beni Librari Archivistici Archeologi-ci della PAT.

b. attività nel laboratorio b. bagolini (3 ore) Attività sperimentali presso il laboratorio Bagolini4ª fase (in classe e in laboratorio con docenti ed esperti)rielaborazione e approFondimentoa. il docente di classeSulla base dei materiali prodotti (schede sintetiche), ha richiamato i principali aspetti affrontati sperimen-talmente.b. ötzi: l’uomo del similaun Lezione treorica e attività pratica sull’inizio della me-tallurgia dell’arco alpino.Lezione teorica e attività pratiche.5ª fase in classe (in classe con docenti ed esperti) conclusione del percorsoLe ultime due fasi sono state la rielaborazione e l’ap-profondimento, attività svolte dai docenti di storia e dagli esperti; l’ultima destinata all’accertamento degli apprendimenti sulla base della valutazione sia di pro-cesso che di prodotto. Importante notare, da ultimo, che per gli studen-ti dell’Istituto Buonarroti, le competenze acquisite sono state messe alla prova e dimostrate in una presen-tazione del percorso ai ragazzi dell’ultimo anno del-la scuola media, in occasione dei pomeriggi di ‘scuola aperta’, con modalità diverse: cartelloni, power point, video e simulazione pratica delle tecniche di lavora-zione della ceramica e della scheggiatura.

Magda Niro

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commenti

Riportiamo in queste quattro pagine un breve commento “a posteriori” da alcuni dei protagoni-sti: insegnanti, volontari del servizio civile, l’oc-chio critico della docente che ha coordinato il pro-getto e quello del dirigente scolastico dell’istituto referente ITT “Buonarroti”.

PUNTI DI VISTADagli istituti e dall’università

ISTITUTO TAMBOSISilvano Zammatteo, docente di storia

Nel progetto sono state coinvolte due classi, la 1ª B e la 1ª D, con i rispettivi docenti di storia e di scienze, Sara Losa e Silvano Zammatteo, Anna Blasi e Assunta Iannone, coadiuvati per le uscite dalle colleghe Patri-zia Forgione, Anita Gei e Alessandra Marchese.Secondo le linee guida concordate, i docenti di sto-ria e di scienze hanno introdotto rispettivamente le tematiche generali della preistoria e gli argomenti di base utili per comprendere gli aspetti tecnico-scienti-fici della ricerca paletnologica. Hanno poi curato la ri-elaborazione e il consolidamento delle conoscenze ac-quisite negli incontri della classe con gli esperti. Tra le attività svolte la classe 1ª B ha scritto un articolo per il Giornalino di Istituto, mentre la classe 1ª D con un lavoro di gruppo ha prodotto un cartellone che sinte-tizza i temi trattati.Il modulo ha suscitato negli studenti notevole interes-se: ha garantito loro la guida competente di un team di docenti e di ricercatori di archeologia; ha ancorato i temi della preistoria alla realtà territoriale, mettendo a confronto passato e presente; ha consentito un ap-proccio interdisciplinare, con ampio spazio all’attività laboratoriale (Riparo Gaban e Laboratorio Bagolini); la trattazione delle parti teoriche è stata arricchita da materiale visivo ricco ed esplicativo; l’uomo del Simi-laun, trattato come un caso poliziesco, ha consentito di presentare in modo incisivo la disciplina secondo una prospettiva storico-critica.

LICEO “GIOVANNI PRATI”Raffaella Improta, docente di storia

Sembrava un’esperienza azzardata quella di un attua-re un progetto di ricerca-azione sulla Preistoria al li-ceo “Prati”, non perché tale periodo non sia trattato in

maniera adeguata al liceo classico, ma perché la quan-tità di ore da investire nelle varie fasi della progetta-zione e della realizzazione di questo percorso sembra-va entrare in contrasto con la necessità, specifica del nostro istituto, di affrontare in maniera sistematica ed approfondita la storia greca e la storia romana. Ma via via che il progetto prendeva forma, le remore iniziali sono state spazzate via dalla consapevolezza di propor-re agli studenti un’attività stimolante ed avvincente. Il progetto, elaborato insieme ai docenti di storia e di scienze di altri istituti, coadiuvati da docenti dell’Uni-versità degli Studi di Trento e da esperti del Diparti-mento della Conoscenza della Provincia Autonoma di Trento, è stato portato avanti dall’insegnante di sto-ria e da quella di scienze che, attraverso lezioni teo-riche svolte durante le ore curricolari, hanno fornito agli studenti le coordinate spazio temporali e le cono-scenze scientifiche di base per affrontare un “viaggio” nella Preistoria. Preziose sono state la competenza, l’esperienza e la passione dei docenti di archeologia, dei dottori di ricerca e dei laureandi dell’Università di Trento che hanno infuso la loro passione ai nostri gio-vani studenti e li hanno guidati nelle varie attività la-boratoriali. Grande interesse hanno suscitato le lezioni sulla ne-cropoli scavata nella località Vela, sull’uomo del Simi-laun e la visita al riparo Gaban: lo studio della Prei-storia è risultato un’ottima occasione per riscoprire il legame con il territorio e per conoscere i cambiamen-ti che si sono verificati nella Valle dell’Adige alla fine dell’ ultima glaciazione. Inoltre le conoscenze acquisite attraverso approfon-dite lezioni teoriche sono state messe a frutto prati-

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camente durante le esperienze laboratoriali, che han-no visti i ragazzi ripercorrere tutte le fasi di uno scavo archeologico, dall’esperienza della ricerca o della sco-perta casuale di un sito, fino alla schedatura dei reper-ti rinvenuti. Lo studio della Preistoria in Trentino ha poi permesso di collegare la storia locale alla macrostoria: partendo dallo studio del territorio e dei processi di sviluppo e di trasformazione che hanno investito la realtà locale, gli studenti hanno acquisito gli strumenti per riusci-re ad orientarsi e a comprendere eventi più complessi su macro-scala. Ma l’efficacia di una reale ricaduta sugli apprendi-menti può essere valutata da coloro che, con grande entusiasmo, hanno reso possibile la realizzazione di tale progetto: gli alunni di Quarta E.

I.T.G. “A. POZZO”Gabriella Scarinci, docente di storia

C’è qualcosa di nuovo nell’aria quest’anno nella scuo-la trentina, anzi d’antico, anzi di entrambi. Una pro-posta da sviluppare: un lavoro in collaborazione tra l’Università e le scuole superiori di Trento sulla prei-storia nella nostra regione.Al progetto ha partecipato il nostro Istituto insieme all’Istituto Tambosi, al Liceo Prati e alla scuola orga-nizzatrice: l’Istituto tecnico Michelangelo Buonarroti. Per noi la classe scelta è stata la I A. È stato molto sti-molante vedere i nostri studenti lavorare con ragazzi più grandi, laureandi o dottorandi, insieme ai docen-ti della Facoltà di Lettere, specialmente nelle attività svolte presso i laboratori dell’Università.I ragazzi hanno seguito lezioni in classe, nei labora-tori dell’Università, appunto, e all’esterno al Riparo Gaban dove hanno assistito e in parte partecipato, ad attività pratiche (qualcuno ha imparato a sue spese

che le lame di selce tagliano come quelle d’acciaio).Speriamo che tale tipo di collaborazione si possa ripe-tere anche per gli anni a venire.

Piergiorgio Baruchelli, docente di chimica Marianna Fumai, docente di Scienze

Il progetto di ricerca/azione di storia locale promos-so dall’ITT Buonarroti di Trento, ha coinvolto alcu-ne classi prime di diversi Istituti superiori tra le quali la classe 1ªA dell’Istituto Tecnico Tecnologico “Andrea Pozzo”. Nell’ambito delle attività del progetto sono state proposte delle esperienze nei laboratori di chi-mica e di scienze con l’obiettivo di studiare le diverse caratteristiche dei suoli per poterle collegare alla capa-cità di conservazione dei materiali (reperti archeologi-ci) degli stessi.Nel laboratorio di chimica veniva studiata la compo-sizione chimica dei terreni analizzando e misurando l’acidità di campioni di argilla, limo, terreno di cam-pagna e come il grado di acidità di un terreno può in-fluenzare la conservazione di alcuni materiali. Al ter-mine delle esperienze gli studenti hanno consegnato la relazione che è stata corretta e valutata e poi allegata al diario del progetto di ciascuno. Le difficoltà riscontra-te hanno riguardato, in particolare, la determinazio-ne del grado di decomposizione dei vari materiali nel-le soluzioni acide e basiche che in alcuni casi non era molto evidente e la distinzione delle tonalità di colore dell’indicatore nei diversi tipi di terreno che, in effet-ti, erano molto simili.Nel laboratorio di scienze sono state effettuate tre esperienze: 1) permeabilità del suolo 2) velocità di se-dimentazione dei granuli e determinazione della com-posizione del suolo 3) erosione del suolo. Ogni esperienza è stata preceduta dalla spiegazione te-orica degli argomenti (tessitura del suolo, definizione

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di ghiaia, sabbia, limo, argilla, fenomeno dell’erosio-ne, ecc.). Gli studenti hanno partecipato con interes-se all’attività proposta ed in generale hanno elaborato con impegno le relazioni.

FACOLTÀ DI LETTEREIrene Moltrer, volontaria del servizio civile presso Laboratorio “B.Bagolini”Dipartimento di Filosofia, Storia, Beni culturali

Il percorso prevedeva un momento di apertura e di chiusura a lezione frontale presso i diversi Istituti coinvolti nel progetto, e un’attività all’area archeologi-ca del Riparo Gaban, più interattiva e pratica, per un maggiore coinvolgimento dei ragazzi.La mattinata nella zona del sito è stata pensata in mo-dalità laboratoriale: le classi, una volta arrivate nell’a-rea archeologica, venivano suddivise in cinque gruppi: il ridotto numero di persone ha permesso ai ricercato-ri, ai tecnici dell’Università e a noi volontari del Servi-zio Civile di essere più diretti nelle spiegazioni e di ri-uscire a soddisfare meglio le curiosità di ognuno.A turni di mezz’ora i ragazzi avevano la possibilità di approfondire che cosa sono la selce e la ceramica e come si lavorano, come si forma e si legge una stra-tigrafia archeologica, come e perché si effettuano le operazioni di rilievo, vaglio e setacciatura del terreno su uno scavo, quali sono le differenze tra il territorio della valle dell’Adige nella Preistoria e quello che ve-diamo oggi. Ciò che abbiamo cercato di trasmettere loro, parten-do dagli oggetti e dalle materie prime, è di fatto la base del metodo archeologico: lo studio degli oggetti e dei materiali che li costituiscono non è fine a se stesso, ma è il mezzo che l’archeologo impiega per arrivare a ca-pire le persone che li hanno creati e utilizzati, inter-pretando il motivo per cui sono state compiute deter-minate scelte rispetto ad altre. Questo salto, sebbene sembri un concetto semplicistico, non è affatto scon-tato né banale. Abbiamo anche notato che per i ragaz-zi sentirsi dire 100.000, 10.000 o 1.000 anni è ugua-le: nella loro testa è sempre “tanto”, è sempre “prima”. Nei nostri interventi ci siamo quindi spesso sofferma-ti sull’idea del tempo, offrendo loro spunti concreti di contestualizzazione. Come volontari in Servizio Civile, alla nostra prima esperienza di didattica archeologica, abbiamo trovato l’attività pratica laboratoriale particolarmente efficace nell’ambito storico/archeologico, poiché permette di avvicinare i ragazzi a una lettura più concreta del pas-sato e di stimolarne lo spirito critico.

IL PUNTO CRITICOMagda Miro, docente coordinatrice del progetto

L’esperienza di collaborazione da un lato tra docen-ti di scuole diverse, e tra essi e i docenti universitari, i tecnici e i dottorandi, e dall’altro tra studenti che si è potuto attuare sulla base del Progetto è stata molto in-tensa e appassionata, oltre che coinvolgente e fruttuo-sa di scambi di idee e metodi, spunti metodologici e pratiche didattiche innovative. Essa pertanto ha assor-bito molte energie, e si è cercato di far fronte alla com-plessità organizzativa dell’iniziativa grazie alla buona volontà e alla disponibilità di tutti. Tuttavia si è fat-ta indubbiamente sentire la difficoltà di inserire un progetto didattico in rete, basato su una didattica at-tiva e collaborativa esperita non solo nelle classi, ma anche nei laboratori e sul campo. In particolare non è stato agevole inserire i tempi richiesti dal Progetto all’interno degli orari e dei ritmi di ciascuna classe del-le varie scuole e dei vari docenti. Da questo punto di vista, una eventuale ripetizione dell’esperienza richie-derà senz’altro la predisposizione di una programma-zione d’insieme che lasci più agio a tutti i docenti per preparare e esplicare le attività previste nel Progetto.Un altro aspetto da segnalare in sede di bilancio è rap-presentato da una duplice difficoltà connessa al tipo di didattica sperimentato. Da un lato, infatti, non è sta-to immediato né per i docenti, né per gli studenti pas-sare dalle modalità didattiche consuete all’interno della classe a forme di didattica attive e molto partecipate, ol-tre che vissute nel confronto con altri docenti e studen-ti e con il personale universitario. Dall’altro, una volta consolidato l’approccio alla particolare didattica impli-cata dal Progetto, tutti hanno avvertito l’esigenza, e al tempo stesso la difficoltà, di ‘trasferire’, almeno in par-te, e con le modalità adeguate, lo spirito e alcune prati-che innovative di quelle modalità di insegnamento/ap-prendimento alla pratica dell’insegnamento quotidiano all’interno delle classi. Su questo tipo di raccordo si do-vrà indubbiamente lavorare con impegno in futuro.

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Il sistema formativo sta vivendo una fase di profon-di cambiamenti della didattica e delle metodologie di insegnamento/apprendimento. Il mondo della scuo-la è consapevole del processo in atto, sebbene non sempre ci sia una piena condivisione del tipo di in-tervento da mettere in campo. Il processo di cam-biamento in atto comporta una revisione ab imis dei presupposti stessi della professione docente. È ine-vitabile che tutto ciò non avvenga in modo lineare.

NOVITÀAttività didattica in comune

L’opportunità

Una delle valenze positive dell’esperienza attuata dai quattro istituti superiori della città è consistita preci-samente nell’aver offerto l’opportunità, per il tramite dell’attuazione di un progetto imperniato sulla didat-tica laboratoriale in storia, di sperimentare, in comu-ne, nuove modalità di organizzazione dell’attività in aula così come sul campo.In più occasioni si è sottolineata la necessità di supe-rare la tradizionale tendenza del docente al solipsismo didattico, una attitudine che risulta tanto più nefasta quanto più si rende complessa e articolata la modalità di apprendimento del discente.Negli ultimi anni si sono registrate, nelle scuole di ogni ordine e grado della Provincia, delle iniziative volte a porre i docenti nella condizione di confrontarsi sulle peculiarità della propria disciplina e di sviluppare momenti di elaborazio-ne didattica e metodologica condivisa e sperimentata direttamente. Un approc-cio che riguarda in particolare medie e superiori, dato che questa impostazio-ne collegiale della didattica è da tempo esercitata nella scuola primaria.Esistono anche delle esperienze che pre-vedono la creazione di reti tra scuole di-verse, con la finalità di produrre materia-le finalizzato all’ attuazione dei piani di studio provinciali, previsti dalla riforma in atto a livello nazionale e locale.I singoli istituti sono chiamati a dare il loro contributo nella identificazione delle forme di realizzazione più adegua-te per conformare la pratica didattica ai nuovi curricoli.

il preside

Progettare in rete

Il progetto che è stato attuato dai quattro istituti, con capofila l’ITT Buonarroti, in un arco temporale che va da gennaio 2010 all’autunno 2011, presenta l’a-tout di individuare un preciso obiettivo da perseguire coniugato con l’intervento di più soggetti che ne han-no vivificato il percorso in una sorta di filiera verticale. Sembra significativo rilevare che un istituto tecnico, abbia in questo caso promosso e coordinato l’inte-ro processo. A testimonianza di quanto i paradigmi che prevedono una schematica separazione tra istituti, in relazione alle caratteristiche dell’offerta formativa, sono destinati a cadere come paratie artificiali.La rete tra scuole ha permesso di attivare una collabo-razione con il Dipartimento di Filosofia, Storia e Beni Culturali dell’Università di Trento: la presenza di più scuole ha fornito la massa critica di base per dare re-spiro all’intervento di affiancamento da parte dei dot-torandi della Facoltà di Lettere e ha permesso di di-stribuire l’onere finanziario in modo equilibrato. Si è infatti stabilito, previa stipula di un contratto di colla-borazione con il Dipartimento di Filosofia sottoscritto dai dirigenti dei quattro istituti, un impegno finanzia-rio massimo di 1080,00 euro per classe che ha garan-tito la realizzazione dell’intero intervento. I docenti delle scuole hanno potuto attingere alle 70 ore per il riconoscimento dell’impegno profuso. Ogni scuola sviluppa una propria specifica cultura for-mativa, che dipende da diversi fattori, quali il tipo di indirizzo, la collocazione geografica, la composizione media del corpo docente, la tradizione incorporata nel corso dei decenni: si tratta di una ricchezza perché è il motore in virtù del quale la scuola ha una propria iden-

tità propositiva, ma al tempo stesso può risultare un elemento di freno, nel mo-mento in cui i docenti devono confron-tarsi con modelli didattici innovativi.Il progetto in essere ha il vantaggio di porre i docenti di scuole diverse in con-tatto nel perseguimento di un obiettivo comune, elaborando sul campo modali-tà didattiche cooperative e integrando il proprio impianto metodologico. Gli stu-denti, aspetto non secondario, dimostra-no di apprezzare e di cogliere la forza del-la proposta formativa, partecipando con entusiasmo alle diverse fasi dell’iniziativa. Ne ha beneficiato anche il rendimento.

Paolo Dalvit Dirigente scolastico

ITT “Buonarroti” Trento

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testimonianze

La testimonianze raccolte tra gli studenti sono state davvero tante, scritte anche in modo breve e perso-nalizzate. Per motivi si spazio nel dossier le abbiamo raggruppate per istituto, cercando di non alterare il senso dei commenti, mantenendo per quanto più possibile la versione originale dei testi. Solo in un caso abbiamo preferito salvare “il diario”.

STUDENTINoi l’abbiamo vissuta così

I.T.C. TAMBOSIUscire dalla classe non annoia

È stato interessante, perché abbiamo visto come si vive-va nell’antichità. Appassionante è stato il tiro con l’ar-co, perché era una novità. O vestirsi da uomo primitivo, con i “leggins” e dei calzari, che assomigliavano agli at-tualissimi Ugg. È stato bello al Riparo Gaban, freddo a parte, entrare nel rifugio con i caschetti di sicurezza.Abbiamo scoperto come lavorano gli archeologi e ab-biamo sperimentato su noi stessi, attraverso la parteci-pazione diretta, non solo osservando e ascoltando. Ab-biamo conosciuto nuovi materiali. Uscire dalla classe aiuta a ricordare, non annoia. E che dire degli arche-ologi intervenuti in classe e “spiriti-guida” sul territo-rio? Simpatici, disponibili, non noiosi e molto profes-sionali: cercavano uno scambio reciproco di attenzione e interesse.

Luca Huarcaya, Elena Galler, Alessia Nardelli, Ilenia Pavonessa, 1ª B

L’attività che abbiamo sperimentato ha permesso di co-noscere meglio la preistoria, i popoli antichi, i modi di vivere. Le cose che sono rimaste più impresse sono state le visite al Riparo Gaban e al laboratorio Bagolini. In particolare ci hanno colpito lo studio della stratigrafia del terreno e dei reperti archeologici rari e antichi, ma anche la lavorazio-ne della selce e dell’argilla e il tiro con l’arco. Gli archeologi sono stati molto disponibili e aperti: posi-tivo è stato il dialogo che abbiamo avuto con loro. Sicu-ramente è stato un esperimento ben riuscito, che speriamo si diffonda in tutte le scuole, perché è stata un’esperienza irripetibile, interessante, che amplia le nostre conoscenze sul territorio in cui viviamo.

Viviana Cappelletti, Victoria Cazimir, Antonina Chepa, Giorgia Lavore, Alessandro Trinca, 1ª D

I.T.G. POZZOIl significato dell’archeologia

Quest’anno la nostra scuola, insieme ad altri istituti e all’Università di Trento, ha organizzato una serie di in-contri ed uscite riguardanti la preistoria nella regione, in collaborazione con alcune scuole superiori della città. Que-sti incontri sono stati molto interessanti, dando la possibili-tà a noi studenti di poter comprendere ed osservare ciò che normalmente apprendiamo sui libri di testo. La nostra at-tività è stato seguita da docenti e studenti dell’Università che non solo ci hanno mostrato reperti e presentazioni in power point in classe e all’università, ma ci hanno accom-pagnato sul campo, mostrandoci il lavoro di un archeologo. Ci è stato possibile approfondire il significato dell’archeolo-gia, disciplina che studia il passato dell’umanità attraverso le tracce materiali lasciate dall’uomo. Abbiamo compreso che un sito archeologico è una miniera di informazioni se si presta attenzione ai manufatti, agli ecofatti, ai materiali organici ed inorganici. L’analisi dei reperti trovati dall’ar-cheologo nel sito comporta vaste conoscenze quali la bota-nica, la geologia, la chimica, la geografia, e tante altre. Per datare i reperti ci si avvale di tecniche quali la dendrocro-nologia, la datazione relativa, la stratigrafia, la datazione al C14. L’uscita al riparo Gaban si è rivelata molto inte-ressante, in quanto è stato possibile vedere come viene ge-stito un sito archeologico.L’ultimo incontro, svolto a scuola, ha riguardato il ritro-vamento di Ötzi, l’uomo del Similaun, il 19 settembre 1991. Ci ha stupito comprendere quante informazioni si possono ottenere con un’attenta analisi dei reperti, qua-li l’età le malattie, i tatuaggi, l’abbigliamento e tutto ciò che aveva con sé, ma anche ciò che aveva mangiato pri-ma di morire. Tutto ciò è stato molto coinvolgente per noi studenti che ringraziamo esperti e docenti che ci sono sta-ti a fianco in questa esperienza. Grazie a tutti.

Leonardo Bianchin, 1ª A

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LICEO PRATIUn salto nella preistoria

Durante i primi mesi dell’anno la nostra classe ha parte-cipato ad un progetto sulla Preistoria, quel periodo stori-co spesso sottovalutato, perché ritenuto troppo lontano per attirare ancora. E invece, osservando ciò che milioni di anni non sono riusciti a cancellare, ci si rende conto del-la incredibile modernità e del progresso raggiunto dai no-stri lontani antenati. Il progetto ci ha permesso di capire l’importanza dell’archeologia per lo studio di un periodo storico caratterizzato dall’assenza di scrittura e di cono-scere gli strumenti e le metodologie utilizzate per datare e distinguere i vari reperti. Nell’uscita che abbiamo svolto presso il riparo Gaban, con un po’ di fantasia e di immaginazione siamo riusci-ti a “vedere” la valle dell’Adige nel Mesolitico e a capi-re come si sia trasformato il paesaggio trentino alla fine delle glaciazioni. Un enorme ghiacciaio ricopriva l’inte-ra valle e la scavava, pertanto la popolazione era costretta a vivere sulle cime delle montagne. Quando il ghiaccia-io si ritirò, lasciò il suo posto all’Adige e ai suoi affluen-ti; gli abitanti si spostarono nella valle, costruendo villag-gi stanziali e abbandonando la vecchia vita da nomadi. Nello spazio adiacente il riparo Gaban, ci siamo muni-ti di arco e freccia e abbiamo provato a “cacciare un cer-vo”; quest’attività ci ha permesso di capire come si muo-veva l’uomo preistorico durante le sue battute di caccia, quali armi usava e con quali materiali le costruiva; inol-tre abbiamo ricevuto interessanti informazioni sulla die-ta dell’uomo primitivo. Un’attività molto interessante è stata l’osservazione di uno scheletro presso il laboratorio “Bagolini”. È incredi-bile constatare quante informazioni ci possa fornire “un mucchietto di ossa”, dallo stile di vita, all’alimentazione, alle malattie di cui soffriva l’uomo preistorico, dall’ideo-logia della morte che aveva elaborato, alle pratiche di se-poltura che aveva acquisito.

La lezione più entusiasmante

Vedere e toccare i reperti che di solito si vedono sui libri di storia ci ha permesso di comprendere meglio la vita de-gli uomini preistorici. Ma la lezione più entusiasmante è stata quella sull’uomo del Similaun. Abbiamo ripercor-so la storia del suo casuale rinvenimento e abbiamo ri-costruito in maniera abbastanza dettagliata, grazie alle più moderne tecniche di investigazione usate da medici e scienziati, l’abbigliamento che indossava, le malattie di cui soffriva, l’equipaggiamento che aveva prima di mo-rire, l’ultimo pasto da lui consumato. E’stata un’attività coinvolgente, soprattutto perché abbiamo indossato i ve-

stiti di Ötzi ricostruiti in laboratorio per scopi didattici.Gli esperimenti svolti presso l’ITT ci hanno permesso di determinare la composizione del suolo, la sua permea-bilità e l’acidità /basicità del terreno; i risultati ci han-no aiutato a capire che i reperti si conservano in modo differente secondo la composizione chimica del terreno. Abbiamo inoltre compreso come l’archeologia si avvalga anche del supporto delle discipline scientifiche, quali per esempio la chimica, la fisica e la geologia.È stato importante per la riuscita del progetto il clima che si è instaurato tra gli esperti e noi studenti, perché i quesiti che ci ponevano stimolavano la nostra curiosità, il nostro interesse e ci spingevano a trovare da soli le ri-sposte. Con la passione per il loro lavoro che li contrad-distingueva riuscivano a coinvolgerci durante le attività che ci proponevano. Tutto il mondo conosce Pompei, ma quasi nessuno conosce il riparo Gaban, che è fondamen-tale per lo studio della Preistoria, perché è uno dei pochi esempi di stratigrafia conservatasi inalterata nel corso dei millenni. Spero che a questo progetto possano prendere parte in futuro anche altri studenti. È stato sicuramen-te più interessante seguire le lezioni degli esperti e i labo-ratori pratici che studiare da soli la preistoria a casa sul libro di testo. Inoltre, se è vero che “la storia insegna solo che da essa non si impara mai niente” è pur vero che, per comprendere la sua identità, l’uomo non deve perdere il legame con il suo passato e con il territorio in cui vive.

Leonardo Gammino, Gianluca Torresani, Gloria Malfatti, Valeria Ottaviani,

Maddalena Marcolla, Federica Mattivi, Chiara Zardi, Nicola Menin, Elisabetta Rosatti,

Emily Chiesa, Valentina Gosetti, Lisa Bonetti, Sara Tomasi, Caterina Visentin, Marco Calliari,

Mariasole Battan, Federica Zampedri, Marika Volpe, Camilla Nardelli, Lorenzo Cima,

Sebastiano Rossi, 4ª E

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31n. 5 maggio 2012

I.T.T. BUONARROTIChimica e storia per capire il mondo

La storia ci aiuta a capire il mondo. Nei primi di scuola la nostra classe è stata coinvolta in una sperimentazione sul-la storia locale del Trentino. Tutti pensavamo ad un cam-mino molto travagliato e noioso, ma i fatti non ci hanno dato ragione. Il progetto di storia locale, invece è stato sti-molante e molto ben preparato, anche per chi non ne vole-va sapere nulla. Secondo noi, affiancare due materie mol-to divergenti quali chimica e storia, ai fini di raggiungere uno scopo comune, è stata una trovata molto coraggiosa e degna di molti ringraziamenti. I laboratori di chimica di cui la nostra scuola è ben fornita, sembravano dei tavoli di lavoro di alcuni storici che però nel nostro caso erano 24 ragazzi in camice bianco dell’Istituto tecnico Michelangelo Buonarroti, intenti a studiare il pH di terreni diversi così da poter scoprire in quali tipi di terreni avrebbero potuto trovare reperti metallici, scavando magari con lo stesso spi-rito di avventura di Indiana Jones. Utilizzare poi al Riparo Gaban quanto avevamo impa-rato sul pH ci è piaciuto un sacco: peccato, però, che non abbiamo trovato i metalli preziosi che ci aspettavamo.Quanti di voi che state leggendo hanno toccato con le proprie mani lo scheletro di un uomo preistorico? Ebbe-ne noi non ci siamo scoraggiati, ma spinti da un insolito desiderio di risposte abbiamo ricostruito passo dopo passo la vita e gli aspetti biometrici di un uomo vissuto in età preistorica grazie all’osservazione, guidata naturalmente, delle sue ossa. Ora sappiamo che cosa fa un antropologo.Che cosa ci ha divertito? Le interviste che ci hanno fat-to gli archeologi. Le nostre risposte sono diventate il com-mento alle immagini girate dal tecnico durante la nostra visita al Riparo Gaban.Insomma noi vi possiamo assicurare che scoprire la storia del posto in cui si vive e immedesimarsi in veri archeo-logi rende anche più bello lo studio del passato. Questa esperienza, come testimonia, ognuno di noi, è stata dav-vero coinvolgente, ben strutturata, approfondita. Ha la-sciato dentro di noi molte conoscenze e bei pensieri, ma ci ha fatto nascere un desiderio di ricerca, una sete di ri-sposte, che molto probabilmente ci farà guardare il mon-do con occhi diversi.

Syria Bridi, Sabina Coser, Manuel Dallapiccola, Dennis Franceschi, 1ª M

Nel mese di ottobre ci siamo recati al riparo Gaban, per mettere in pratica le conoscenze storiche sui nostri ante-nati. La parte che mi ha affascinata di più era la strati-grafia del terreno. Ci hanno spiegato cos’è, a cosa serve e la differenza tra i terreni. E’ stato molto istruttivo, per-ché ci hanno spiegato molte cose che non sapevamo, ad esempio: con lo studio di un terreno si può arrivare a sa-

pere la provenienza e l’età. Ci siamo avventurati nella grotta, con il caschetto di protezione, sembrava di esse-re veri storici.

Nada Soufiani, 1ª G

Per capire meglio come si comportava l’uomo dell’an-tichità abbiamo potuto fare diverse attività didattiche, come il tiro con l’arco, che permetteva all’uomo di Nean-derthal di cacciare le proprie prede. Abbiamo visto qua-li sono le parti più vulnerabili di un animale, perché già nell’antichità l’uomo aveva capito che per faticare meno durante la caccia, doveva colpire la sua preda in certi punti strategici, facendo in modo che essa morisse dopo un paio di minuti. Un’altra attività a cui abbiamo par-tecipato, era legata ai vasi ed alla loro decorazione. Noi abbiamo utilizzato un piccolo pilastro di argilla e con dei bastoncini, abbiamo realizzato dei piccoli segni, impa-rando e capendo le tecniche dell’epoca preistorica.

Yinere Marin, 1ª G

Le attività che abbiamo svolto nel laboratorio di chimica sono state interessanti. Una di queste aveva lo scopo è ve-rificare la permeabilità dei suoli. Abbiamo tre tipi diversi di terreno: sabbia, terreno rosso e terreno grigio. Si attacca un filtro in fondo ad un imbuto e si riempie l’imbuto di sabbia, si fa lo stesso con gli altri due terreni. Si infila ogni imbuto in un cilindro graduato. In seguito si versano 75 ml di acqua in ogni imbuto e si fa partire un cronometro. Si misura la quantità di acqua percolata nel cilindro gra-duato prima dopo 30 secondi e poi dopo 60 secondi. L’e-sperienza ci mostra la permeabilità di ogni terreno, in que-sto caso il terreno maggiormente permeabile è la sabbia, gli altri due terreni risultano impermeabili (ovviamente nei tempi stabiliti, cioè 1 minuto), perché non è passata ac-qua. Più i singoli granuli che compongono un terreno sono grandi, più spazio c’è tra di loro. Questo spazio determina la permeabilità: più spazio c’è, più il terreno è permeabile.

Matteo Pedranz, 1ª G

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I.T.T. BUONARROTIDiario del percorso

Quest’anno la mia classe ha partecipato a un’attività di archeologia, in cui degli esperti ci hanno dato moltissime informazioni sul loro lavoro e su come si svolgono gli sca-vi archeologici. Ci hanno persino portato in un sito ar-cheologico, quello del riparo Gaban, dove ci hanno mo-strato il testimone stratigrafico (è un pezzo di terreno che presenta strati di diverso colore che testimonia le età e la frequentazione del sito), il focolare che si trovava in quel territorio e molte altre cose. Mercoledì 12 ottobre sono venuti degli esperti sul campo dell’archeologia per darci informazioni generali su cos’è l’archeologia. Questa lezione è stata molto istruttiva e abbiamo imparato un sacco di nozioni e di notizie, per esempio che cos’è la stratigrafia (studia gli strati del ter-reno), i metodi di datazione (relativa, meno precisa e in riferimento ad altri reperti, e assoluta, ti dice qual è l’e-tà giusta del reperto ritrovato). È stata una lezione un po’ faticosa però molto interessante. La volta successiva siamo andati al riparo Gaban, dove gli esperti ci hanno diviso in gruppi: un gruppo andava con un professore che spiegava dove ci sono altri siti ar-cheologici in Trentino (Riparo Pradestel, La Vela, Terla-go, Romagnago, …), di che età sono e che cosa è stato ri-trovato; un altro gruppo entrava nel Riparo Gaban, che è stato scoperto nel 1970 da Bagolini, dove un’ archeo-loga spiegava che cosa è stato ritrovato e ci descriveva il testimone stratigrafico del riparo Gaban. Questo è divi-so in vari strati (età) e parte dal Mesolitico recente e ar-riva fino all’età del Bronzo medio. Poi un altro gruppo andava con un esperto che spiegava le tecniche che usa-vano gli uomini primitivi per scolpire le pietre. Gli uo-mini primitivi sapevano scegliere molto bene le pietre da scheggiare e le sapevano lavorare molto bene. In segui-to un altro gruppo andava con una studentessa per capi-re come gli uomini primitivi lavoravano l’argilla. Erano

molto bravi: sapevano costruire vasi, statuette e avevano diverse tecniche per realizzare vari oggetti. Intanto un al-tro gruppo andava con un’esperta a rappresentare su un foglio di carta millimetrata e a descrivere il focolare che era stato ritrovato al Riparo. Infine un gruppo andava a setacciare la sabbia al cui interno si ritrovavano diver-si oggetti come carbone, schegge e pezzi di ossa. Questa esperienza al riparo Gaban è stata quella più bella an-che perché abbiamo potuto vedere dal vivo come lavora un archeologo. Venerdì 28 ottobre siamo andati all’università di archeo-logia di Trento, dove una professoressa ci ha spiegato cosa è stato ritrovato a La Vela. Questo sito archeologico è una necropoli (città dei morti, cimitero), infatti, sono stati ri-trovati tantissimi scheletri di uomini primitivi del 4400 a.C. Un altro esperto ci ha poi spiegato come fare a ca-pire di che età sono le schegge. Infine, insieme ad una antropologa, abbiamo analizzato uno scheletro apparte-nente all’età del Medioevo: ci ha insegnato a distingue-re la differenza tra maschio o femmina, a capire di che età è,…. Mercoledì 9 novembre è venuta un’archeologa a scuola, Annaluisa Pedrotti, a parlarci dell’Uomo del Si-milaun (Ötzi). È stato ritrovato il 19/9/91 (se si legge al contrario la data è la stessa) casualmente da due persone. Oltre allo scheletro di Ötzi sono stati rinvenuti altri og-getti che si presume si sia portato con sé. Ötzi è stato mol-to probabilmente ucciso da una freccia e sul suo schele-tro sono state scoperte numerose ferite. L’archeologa ci ha dato moltissime informazioni ed è stata una lezione mol-to interessante.Questa esperienza è stata molto piacevole e istruttiva, perché le lezioni sulla preistoria e sull’archeologia non sono state lezioni tradizionali, ma attività molto varie e differenti, svolte in ambienti diversi e con esperti che ci illustravano con entusiasmo il loro lavoro e le loro scoper-te. Abbiamo imparato moltissime cose, che sicuramente ci ricorderemo molto di più, perché le abbiamo viste e speri-mentate e che potrebbero servirci nel nostro futuro.

Marco Bernardi, 1ª A

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SCUOLE DELL’INFANZIA strumenti

PENSIERI DI CIELOL’educazione religiose nelle scuole

Una scala che sale verso il cielo e che raccoglie gli interrogativi e le sensazioni dei bambini. Sono i loro Pensieri di cielo espressi in uno spazio dove la spiritualità dei bambini interpella gli adulti chiedendo loro disponibilità all’ascolto prima ancora che una risposta. Emergo-no questioni di senso che i bambini elaborano con la fantasia, con ciò che hanno sentito dire, con ciò che registrano dall’ambiente. Ma le risposte possono essere diverse e molteplici. È dunque necessario co-struire un contesto scolastico che sa mettere insieme, costruendo co-noscenza e rispetto, accogliendo le diverse “risposte” nell’incontro tra culture e religioni.

Una tematica ricca

L’Ufficio di coordinamento peda-gogico generale ha dunque deciso di affrontare il grande tema dell’e-ducazione religiosa nella scuola dell’infanzia attraverso più azioni, fra le quali questo libro, che è da una parte riassuntivo delle attivi-tà formative promosse e dall’altra rilancia e diffonde i nodi sostan-ziali individuati. Dopo diver-si anni dall’inizio di un percorso complesso e affascinante, affron-tato da più di cento insegnanti in 120 scuole, questa pubblicazio-ne ne racconta la storia e gli esi-ti, fornendo un utile strumento di riflessione e operatività. Pensie-ri di cielo - L’educazione religiosa nella scuola dell’infanzia è, infat-ti, la decima pubblicazione della Collana “ITINERARI - Strumen-ti e riflessioni pedagogiche”, che offre agli insegnanti delle scuole dell’infanzia approfondimenti pe-dagogico-didattici su diverse te-matiche. Questo libro prende avvio dalle parole degli Orientamenti dell’at-tività educativa della scuola dell’in-fanzia – che indicano gli intenti educativi anche nel campo dell’e-ducazione religiosa – e poi dipana molte facce della tematica: dalle curiosità del bambino alle proget-

tazioni scolastiche, dai dubbi de-gli adulti alla convivenza delle di-verse forme che l’umanità ha dato al suo bisogno di senso e di infi-nito.

I contenuti

Il volume, curato dall’Ufficio di co-ordinamento pedagogico genera-le, è composto da quattro sezioni che propongono diversi punti di vi-sta. Enrico Delama, esperto in at-tività di ricerca, presenta i risulta-ti dell’indagine, avviata nel corso del 2004, con l’analisi dei dati e la loro elaborazione, per indicare in-fine nel capitolo “comporre e inte-grare le diverse istanze” quale risul-ta essere la modalità più consona al comprendersi fra agenzie educative.Seguono i contributi degli esper-ti che hanno curato la formazio-ne e raccolto il materiale prodotto nelle scuole. Padre Matteo Giulia-ni, docente di Didattica della Reli-gione, propone di considerare l’e-ducazione religiosa secondo tre dimensioni: spirituale, etica e re-ligiosa (relativa alla religione cri-stiana e alle altre religioni); distin-gue i comportamenti attribuibili alla fede e quelli che appartengo-no alla cultura religiosa del terri-torio e ai valori universali e indica

attività didattiche metodologiche da inserire nella programmazione educativa. Il contributo della pe-dagogista Pina Tromellini ha un taglio psicologico e pone il focus soprattutto sulla dimensione spiri-tuale che appartiene ai bambini e che possono esprimere e sviluppa-re se un educatore attento mostra disponibilità all’ascolto e sa dare forma a momenti dedicati al silen-zio e all’osservazione che dispone allo stupore. Alessandro Martinel-li, Direttore del Centro per l’Ecu-menismo e il Dialogo Interreligio-so della diocesi di Trento, presenta, invece, uno scenario di dialogo in-terreligioso con l’obiettivo di valo-rizzare le diverse esperienze e ap-partenenze religiose.L’ultimo capitolo ripercorre, in sin-tesi, il senso del percorso con l’in-tento di riconoscere le tappe del cammino percorso e i punti focali di un argomento che certamente ri-mane aperto.

Grazia ModugnoUfficio di coordinamento

pedagogico generale

Enrico Delama - Padre Matteo Giuliani - Pina Tromellini - Ales-sandro Martinelli - Pensieri di cielo - L’educazione religiosa nella scuola dell’infanzia, Colla-na “ITINERARI”, Provincia au-tonoma di Trento 2011, pp 185

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SCUOLE DELL’INFANZIA associazione Coesi

RELAZIONIScuola e famiglia alleate per educare

La “grammatica delle relazioni” vista nel rapporto scuola-famiglia è stata oggetto del seminario promosso sabato 21 aprile 2012 dall’asso-ciazione Co.e.s.i. (Comunità educative scuola infanzia) a S. Donà di Trento. Ad approfondire la questione davanti a una sala affollata da insegnanti, genitori e gestori di scuole materne equiparate, sono stati il vicario diocesano don Lauro Tisi, Carlo Ancona, giudice che è tra i volontari dell’ente gestore della scuola materna di S. Antonio di Tren-to, Carlo Felice, docente ed esperto di didattica e formazione di Foli-gno, la psicopedagogista dell’Iprase Silvia Tabarelli, e il coordinatore pedagogico Alessandro Laghi.

L’alleanza fra scuola materna e famiglie

“Se una scuola materna è realmen-te interessata alla crescita piena dei bambini – ha avvertito Carlo Feli-ce –, rende nota ai genitori, fin dai primi incontri con loro, la propria concezione educativa e il progetto che intende realizzare con loro”. E ha aggiunto: “dal Manifesto educa-tivo di Co.e.s.i. emerge chiaramen-te che per le scuole aderenti la re-sponsabilità educativa primaria appartiene alla famiglia”. Ovvia-mente i genitori educano in modo informale, non tanto con le parole quanto attraverso le scelte quotidia-ne, le abitudini e gli atteggiamen-ti che formano una sorta di copio-ne non scritto rispetto al quale i figli si regolano. A scuola i bambi-ni trovano un copione diverso, che risponde invece ad un contesto di senso chiaro, a finalità e ad un di-segno consapevoli ed espliciti. Ecco perché i gestori e il personale della scuola devono sforzarsi di conosce-re il copione della famiglia e cerca-re così l’integrazione con il proprio che, altrimenti, i bambini rischia-no semplicemente di subire o, peg-gio ancora, di percepire in termini contradditori, pagandone le conse-guenze. “Per questo – ha concluso Felice – l’alleanza fra scuola mater-na e famiglie si costruisce median-te un continuo processo di negozia-zione dei significati”.

La scuola materna come punto fermo

L’esperienza di volontariato matura-ta nel mondo dell’associazionismo e nel consiglio direttivo della scuola materna S. Antonio di Trento, è alla base della convinzione dichiarata

La grammatica delle relazioni

Dopo l’introduzione di Roberto Avanzi, presidente di Co.e.s.i. (“cre-sce il numero di bambini problema-tici di cui il personale e i gestori de-vono occuparsi cercando il contatto con i genitori”), per don Lauro Tisi ha esordito: “checchè se ne dica, la famiglia e la scuola materna sono ancora realtà sane, luoghi nei qua-li si costruisce vita e in cui vi sono genialità e risorse capaci di recupe-rare le persone”. Come? La collabo-razione tra i due soggetti “educa alla grammatica delle relazioni mostran-do che tu sei parte e non tutto, per cui gli altri sono da rispettare”. Se-condo: insieme, famiglia e scuola

insegnano a riscoprire “l’arte di dire di no”, cioè che nella vita non esiste solo la soddisfazione narcisistica dei desideri. Terzo: l’intesa scuola-fami-glia comunica che è forte chi sa dire di aver bisogno, mentre la debolezza sta nel credere di non aver bisogno di nessuno. Quarto: in un contesto sociale profondamente intollerante verso chi sbaglia e in cui si teme di ammetterlo, famiglia e scuola per-mettono di accettare l’idea che nel-la vita si possono commettere degli errori e riconoscere le proprie re-sponsabilità. Infine famiglia e scuo-la materna allenano alla bellezza del “vivere con” e del “vivere per”, su-perando l’idea di essere definiti dal-le cose che si possiedono e dal pro-prio ruolo.

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durante il seminario da Carlo An-cona, che “un regime dirigista non riesce a governare la complessità perché troppo rigido e incapace di adattarsi alla varietà e al mutare del-le esigenze e delle situazioni”. “La scuola materna equiparata – ha pro-seguito il giudice – è invece espres-sione della società civile e mostra che in Italia non esiste solo il fami-lismo amorale, ma anche un famili-smo morale di cui le associazioni di volontariato sono testimonianza”. Ciò non vuol dire che il volontaria-to sia sempre sinonimo di coesione, anzi. Secondo Ancona nelle associa-zioni occorre non limitarsi a condi-videre bandiere, ma valori positivi e presenti. “Spesso nelle famiglie c’è divisione, manca il confronto e tut-to è precario, non si ha un’identità. Il personale insegnante si sente tal-volta impotente davanti a certi vuo-ti che emergono dalle famiglie dei bambini”. Ma una scuola materna fondata sul volontariato ha il com-pito di colmare questi vuoti, di rap-presentare un punto fermo per le famiglie, di conoscerne la situazio-ne anche quando sono disastrate. “Perché – ha concluso Ancona – le scuole materne rappresentano spes-so l’unico luogo educativo nel quale le famiglie, anche se frante, possono trovare un aiuto concreto”.

L’identità dell’insegnante

L’istanza di “ripartire dalle relazioni riflessive” tra chi opera nella scuo-la e le famiglie, è stata evidenzia-ta da Silvia Tabarelli, insegnan-te e psicopedagogista dell’Iprase, che ha posto l’accento sull’identi-tà dell’insegnante. Un’identità co-stituita, come le ha insegnato Giu-seppe Nicolodi, da tre “grembiuli” irrinunciabili: quello “istituziona-le” identificabile nelle regole, quello “didattico” indicativo della profes-sionalità, e quello “personale” (af-fettivo-relazionale). Solo tenendo

presenti questi suoi tre “grembiuli” l’in-segnante riesce ad “ascoltare in profon-dità i genitori per-ché anch’essi possano contribuire all’edu-cazione”. Si tratta di impegnarsi a cono-scere la situazione re-ale delle famiglie pri-ma di giudicarle. Solo così ci si può incontrare “andando oltre i con-fini”, e si superano le barriere dei ruoli. Il valore innovativo di que-sto approccio emerge maggiormen-te nelle situazioni limite, di soffe-renza. “Quando in una famiglia c’è un figlio che ha problemi di disabi-lità – ha notato Tabarelli – l’ecce-zionalità del problema fa sviluppa-re risorse straordinarie”. Certo, non che il dolore come tale generi solu-zioni. Ma la sua ricerca sulle rela-zioni nelle famiglie con figli disabili gravi, ha permesso alla psicopeda-gogista di osservare come in alcuni nuclei “emergano priorità e valori che aiutano a dare un senso a quan-to accaduto, a convivere anche con una prospettiva di limite, di sacri-ficio e impegno. Un modus viven-di che, a volte, è sconosciuto dalla famiglie che non si trovano ad af-frontare problematiche tanto com-plesse. Occorre allora che per l’edu-cazione e la crescita dei bambini la scuola materna e le insegnanti svi-luppino l’attitudine a cogliere e va-lorizzare queste risorse e questi va-lori, veri e propri “tesori nascosti” nell’intimità delle famiglie.

Dare risposte significative

Nell’ultimo contributo del semi-nario, cui è seguito un partecipa-to dibattito in sala, Alessandro La-ghi, coordinatore pedagogico di Co.e.s.i., ha riportato la voce del “campo”. La percezione che le inse-gnanti con più esperienza oggi han-

no – ha osservato – è che, rispetto a 15-20 anni fa i bambini e i genitori sono profondamente cambiati. Da una parte abbiamo genitori sempre più fragili e insicuri, disorientati e che pongono domande disarman-ti. Dall’altra registriamo moltis-simi Bes, cioè bambini portatori di “bisogni educativi speciali” che non sappiamo definire, perché, ad esempio, sono troppo agitati, han-no crisi. Poiché il loro numero è in crescita esponenziale, forse è forse arrivato il momento di chiedersi se i Bes siano davvero bisogni educativi speciali, o se non identificano bam-bini con bisogni educativi normali ai quali non è stata data una rispo-sta adeguata. Per Laghi la domanda da porsi allora è: questi bambini il cui disagio esprime una domanda, che adulti di riferimento trovano? Perché i genitori oggi ne subiscono facilmente la tirannia? Il problema non è sociale, ma culturale e impli-ca, quindi, l’impegno di tutti. “An-che la scuola materna deve avere il coraggio di agire”. Ha concluso il coordinatore: “la formazione pro-fessionale è certo una risposta, ma forse oggi serve un passo in più. Per-ché in fondo tutte le domande dei bambini chiedono come risposta un significato. Scrive Daniel Pen-nac in un suo racconto: “I bambini se ne fregano delle cause, quello che interessa loro è lo scopo”. “Questa età esige risposte finalistiche. Un esempio di risposta finalistica? Per-ché piove? Affinché i fiori cresca-no”. E ancora: “perché litigate? Af-finché tu venga su bene”. (A. G.)

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La scuola secondaria di primo grado: “Nuova Europa” di Dro ha re-alizzato il progetto I love my community, my community loves me proposto dal Piano Giovani di Zona – Alto Garda e Ledro – che ha avuto come finalità principale quella di avvicinare i ragazzi alla cono-scenza delle realtà istituzionali del territorio locale e nazionale, al fine di maturare consapevolezza civica personale: sentirsi, cioè, cittadini attivi, che esercitano diritti inviolabili e rispettano doveri inderogabi-li della società di cui fanno parte ad ogni livello. Supportati dalla di-rigente Paola Bortolotti, gli insegnanti hanno lavorato in stretta col-laborazione tra loro offrendo ai ragazzi la possibilità di conoscere le istituzioni, le attività di volontariato e di solidarietà, l’educazione alla legalità e la promozione di sani stili di vita, ossia tutti quegli strumen-ti efficaci che i giovani e gli adulti possono utilizzare per realizzare una vera appartenenza alla comunità.

TERRITORIOMaturare consapevolezza civica

Le varie fasi

Il progetto, sviluppato sui due anni scolastici (anno solare 2011), si è articolato in una serie di fasi.All’inizio sono state svolte attività di approfondimento in classe e sul territorio volte alla conoscenza del-le Istituzioni presenti nel Comune di riferimento di ogni Istituto con approfondimenti della conoscen-za dell’amministrazione comuna-le, dello statuto, degli organi, de-gli uffici amministrativi, dei servizi al cittadino, la visita al Municipio e gli incontri con le associazioni operanti sul territorio. Successiva-mente in classe e sul territorio si è puntato alla conoscenza delle Isti-tuzioni extra comunali con la co-noscenza della Comunità di Val-le, lo statuto, gli organi, gli uffici e i servizi che la caratterizzano, ac-compagnata dalla visita alla sede di Riva del Garda, in cui sono sta-ti incontrati gli amministratori e le associazioni operanti nella Co-munità. Questa fase ha conosciu-to anche il coinvolgimento di alcu-ni studenti della scuola superiore il Liceo Maffei di Riva.È stato fatto poi il passaggio dalle

DALLE SCUOLE istituto Comprensivo dro

Istituzioni locali a quelle nazionali, si è parlato dei principi fondamen-tali della Costituzione, delle fasi storiche della nascita della Repub-blica italiana, della divisione dei po-teri della Repubblica tra Parlamen-to e Senato. Il tutto si è concluso con la visita a Roma di Montecito-rio e di Palazzo Madama e la realiz-zazione dell’opuscolo informativo “La Comunità di Valle vista dai ra-gazzi”. Si è organizzata poi una se-rata conclusiva con la presentazione del materiale prodotto.

La polizia locale

L’attività con le classi coinvolte è iniziata nella primavera dello scor-so anno scolastico (ex classi II): in occasione della compresenza set-timanale tra le insegnanti di sto-

ria-educazione alla cittadinan-za (insegnante Michela Sansoni) e tecnologia (insegnante Federica Pedrinolla e Massimo Amistadi) sono stati approfonditi gli elemen-ti caratterizzanti delle amministra-zioni locali (i servizi, gli uffici, gli statuti…), aspetti successivamen-te ripresi durante l’intervento nelle classi di una rappresentante della Polizia Locale (agente Tania Pa-sini) che, partendo da situazioni molto reali e concrete del territo-rio di appartenenza, ha illustrato ai ragazzi e alle ragazze le peculiari-tà e le funzioni degli organi comu-nali. Oltre alle lezioni prettamen-te frontali, gli alunni sono stati poi coinvolti in momenti di lavo-ro di gruppo finalizzati all’analisi e al confronto dei siti internet dei tre comuni di appartenenza (Dro, Drena e Lasino). L’attività si è rive-lata propedeutica alla visita al Mu-nicipio e all’incontro con i rappre-sentanti comunali, programmati per la fine dell’anno scolastico.

La Comunità di Valle

Parallelamente, la classe ha appro-fondito, seguendo le stesse moda-lità riferite per l’amministrazione comunale, la conoscenza dell’am-ministrazione extraterritoriale, la Comunità di Valle. Oltre alle le-zioni previste per il gruppo classe, si è cercato di coinvolgere un grup-

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petto più ristretto di alunni i qua-li, partendo dalle conoscenze ap-prese in materia, hanno preparato un breve testo di descrizione del-la Comunità di Valle. In seguito, gli stessi hanno utilizzato il testo prodotto per realizzare un opusco-lo informativo, semplice e chiaro, intitolato “La Comunità di Valle vista dai ragazzi”. In questa di-vertente fase di lavoro il gruppo è stato affiancato, oltre che dall’in-segnante di arte e immagine (in-segnante Maria Parisi), dall’esper-to grafico Nicola Micheletti che ha supervisionato i ragazzi nell’attivi-tà di integrazione grafica della bro-chure.

La visita a Roma e la costituzione

All’inizio del nuovo anno scolasti-co per le classi terze sono ripre-se le attività legate al progetto, tra cui la preparazione del viaggio a Roma con la visita a Monteci-torio e Palazzo Madama prevista per il mese di ottobre. La tratta-zione storica delle fasi salienti del-la formazione dello Stato italiano ha permesso l’approfondimento di tematiche basilari di educazio-ne civica: dalle fasi storiche del-la nascita della Repubblica italia-na, con particolare attenzione al referendum del 1946, ai concetti di Assemblea Costituente, di suf-

fragio universale, di democrazia, di ideologia e di libertà, alla divi-sione dei poteri e alle attuali sede del potere, ai diritti e ai doveri del cittadino. All’interno di questo quadro non poteva mancare, na-turalmente, una presentazione e un’analisi della nostra Costituzio-ne, con particolare attenzione alla prima parte. Per la realizzazione di questa fase la scuola ha acquistato dei pratici manuali, “La Repubbli-ca a piccoli passi”, che hanno offer-to una presentazione chiara, sem-plice e divertente delle tematiche; un contributo significativo è stato dato anche dalla lettura di alcuni passi tratti dalle opere di Gherar-do Colombo (“Educare alla legali-tà”, “Sulle regole” e “Democrazia”) e dall’ascolto delle registrazioni di alcuni suoi significativi interventi pubblici. Il progetto si è conclu-so “alla grande”: il 21 dicembre i docenti e i ragazzi hanno pre-sentato alle famiglie e alle autori-tà presenti gli esiti della ricca at-tività svolta; il 16 gennaio, infine, una delegazione di rappresentanti degli alunni è stata accolta presso la sede della Comunità di Valle di Riva del Garda dal Presidente Va-landro e dall’assessore Michelotti, ricevendo apprezzamenti ed elogi per il lavoro realizzato.

Cittadini consapevoli

Il progetto I love my community, my community loves me si è intrec-ciato con il percorso di educazione alla cittadinanza “Cittadini consa-pevoli” che tra gli altri interventi prevede anche una serie di incon-tri con le forze dell’ordine presen-ti sul territorio. Inizialmente con la Polizia Stradale che, con l’aiu-to di filmati, interviste, diagram-mi e simulazioni, ha fatto riflet-tere i ragazzi sull’importanza di un corretto comportamento sul-la strada e sulla necessità di esse-

re in un buono stato fisico quan-do si è alla guida di un mezzo. In secondo luogo sono intervenuti i Carabinieri che hanno puntato la discussione sul concetto di legali-tà e responsabilità in ogni ambi-to della vita civile approfondendo in maniera particolare il problema delle dipendenze da sostanze stu-pefacenti. Parallelamente c’è sta-to l’incontro di alcuni agenti del-la Guardia di Finanza che ha fatto conoscere i compiti principali di questo corpo, ossia la prevenzio-ne, la ricerca e la denuncia del-le evasioni, delle violazioni finan-ziarie e la vigilanza sull’osservanza delle disposizioni di interesse poli-tico-economico. Ci si è soffermati sulla lotta al traffico di droga con l’aiuto dei cani opportunamen-te addestrati e infine, il momento tanto atteso, ossia la dimostrazio-ne di un “ritrovamento” con l’a-iuto di Pari, un bellissimo pastore tedesco di sette anni che si è gua-dagnato fin dal primo minuto la simpatia di tutti i presenti, alunni e insegnanti. Guidato dal suo ac-compagnatore ha esaminato tutti gli angoli del cortile fino a scova-re la “droga” nascosta preventiva-mente dagli agenti. Immediato e spontaneo è stato l’applauso dei ragazzi che hanno subito adotta-to il bel cagnolone ed hanno ter-minato l’incontro apprezzandone la simpatia e ricambiando con nu-merose coccole.

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Le prove di evacuazione

Tutti gli anni, inoltre, sono previ-ste almeno due prove di evacua-zione ma quest’anno è avvenuta in grande stile con la collaborazione attiva dei VVFF di Dro ed Arco. L’allarme è scattato alle ore 14.00 e, come da copione, gli alunni di ogni classe, accompagnati dal ri-spettivo insegnante, hanno lascia-to con ordine l’edificio scolastico per raggiungere il punto di rac-colta stabilito. Tutte le classi tran-ne una, la terza A, che è rimasta bloccata nella propria aula poiché il corridoio era invaso dal fumo, provocato artificialmente. Imme-diata è partita la chiamata al 115 e nel giro di breve tempo sono arri-vati i mezzi dei VVFF di Dro che si sono subito attivati per estingue-re il fumo. Dopo poco ecco arriva-re anche l’autoscala dei VVFF di Arco che hanno provveduto a “sal-vare” gli alunni bloccati nell’aula al secondo piano della scuola. Rag-giungendo le finestre dall’ester-no e facendoli uscire caricandoli sull’autoscala, li hanno poi depo-sitati dolcemente a terra sotto gli occhi affascinati degli alunni e in-segnanti che osservavano le opera-zioni dal basso. La collaborazione fra la scuola e i VVFF è consolida-ta da diversi anni, da sempre infat-ti sono disponibili sia per lezioni in classe sulla sicurezza che per vi-site alla caserma, sia per evacuazio-

ni in caso di incendio (simulato) come in questo caso.Tutti gli agenti coinvolti hanno ri-sposto in maniera completa alle molte domande rivolte loro dai ra-gazzi, riguardanti l’attività specifi-ca delle varie forze dell’ordine.La serie di incontri programmati

all’interno del progetto “Cittadini consapevoli” continuerà nel secon-do quadrimestre con la Polizia Lo-cale la Polizia delle Comunicazioni e gli operatori del 118.

Michela SansoniInsegnante di italiano presso I.C. Dro

TESTIMONIANZELa parola agli alunni

In relazione al progetto gli alunni sono stati invitati a realizzare due produzioni scritte: un primo elaborato, successivo al ritorno dal viag-gio a Roma svoltosi in ottobre 2011, sotto forma di diario e una se-conda relazione, a conclusione del Progetto.

Il diario

Caro diario,da pochi giorni sono tornato da un indimenticabile viaggio con la mia clas-se a Roma. Infatti, a conclusione del “Progetto Giovani”, attraverso il quale abbiamo avuto il modo di conoscere da vicino le realtà istituzionali locali, con la visita al Comune e alla Comunità di Valle, noi ragazzi della classi terze della scuola media abbiamo intrapreso un viaggio a Roma con lo scopo di visitare Montecitorio e Palazzo Madama. Siamo partiti lunedì 10 otto-bre da Dro alle ore 5.00 del mattino ed io, come credo anche tutti gli altri miei compagni, ero stravolto per la levataccia. Durante il tragitto in pul-mann, trovandomi in fondo, nella posizione centrale, riuscivo a scorgere le facce stanche ed addormentate dei miei compagni. Io, invece, un po’ per l’ec-citazione, un po’ per l’emozione e la voglia di viaggiare, non riuscivo a pren-dere sonno e così ho continuato a giocare infinite partite con il Gameboy. Arrivati a Roma, e dopo esserci sistemati nelle rispettive stanze, ci siamo recati a Montecitorio, sede della Camera dei Deputati. Seguendo la gui-da abbiamo attraversato il Transatlantico, un lungo salone che condu-ce all’Aula, dove si tengono le sedute e dove vengono prese importanti de-cisioni per il Paese. Abbiamo avuto modo di visitare altre ricchissime e sfarzose stanze, come la sala Gialla e la sala “della Lupa”. Stanchi e affa-mati, passando per la fontana di Trevi e il Quirinale, siamo arrivati in albergo, dove abbiamo gustato una più che meritata cena. All’indomani, dopo una lunga e rigenerante dormita, ci siamo recati a Palazzo Mada-ma, dove abbiamo visitato numerosissime stanze tra le quali anche quel-la dello Struzzo, che si dice fosse stata la camera della figlia di Carlo V. Dopo una lunga dettagliata descrizione nell’Aula del Senato, ci siamo fer-mati per una piccola sosta in piazza Navona, dove abbiamo avuto modo di fare alcune compere. Affamati, ci siamo quindi diretti verso un carat-teristico ristorante nei pressi del Colosseo. Nel pomeriggio ci siamo dedi-cati alla visita Roma antica: Colosseo e Fori imperiali. Rovistando un po’ nella memoria dei vecchi libri abbiamo incontrato i grandi romani. In-

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fatti, nel bel mezzo di quella caotica città, si ergono i resti dell’ antica civiltà romana. Attraversando quei viali e contemplando dal basso verso l’alto quei mae-stosi monumenti mi immedesimo in quella che era la vita di Roma più di 2000 anni fa: il Colosseo, i gla-diatori con spade ed armi, i grandi imperatori, i sa-cerdoti, gli schiavi... Il richiamo dell’ ordine da parte della professoressa mi ha riportato alla realtà, al fra-stuono e all’ insopportabile caldo di quella metropo-li italiana. Il terzo ed ultimo giorno di questa gita abbiamo sa-lutato con nostalgia la cara e vecchia Roma.Pronti per il lungo viaggio in pullman, ci siamo dispo-sti sui sedili. Cantando e chiacchierando allegramente in compagnia le ore sono volate. La gita è ormai giun-ta al termine. Devo dire che sono molto soddisfatto, mi sono divertito tantissimo e sono riuscito a portare via qualcosa da questa stupenda esperienza!!! A presto... tuo Davide

La relazione

Da ormai quasi due anni a questa parte, noi ragaz-zi delle classi terze abbiamo aderito al “Progetto Giovani di Zona” con l’obiettivo di avvicinarci a piccoli passi alla maggior età e al divenire cittadini a tutti gli effetti. Per raggiungere questo “obietti-vo” abbiamo avuto modo di partecipare ad alcuni incontri con le forze dell’ordine, di visitare le au-tonomie locali (Comune e Comunità di Valle) e di intraprendere un viaggio di istruzione a Roma, con il fine di visitare e conoscere più da vicino le sedi della Camera e del Senato.Il primo incontro, tenutosi verso la fine dell’an-no, con la vigilessa Tania, ci ha portato nel mondo amministrativo del nostro paese, analizzando i tre poteri dello Stato (Legislativo, Esecutivo e Giu-diziario ), le varie cariche politiche e le funzioni del governo, fino a passare all’amministrazione del Comune e della Comunità di Valle. La Comunità di Valle è un ente autonomo a carattere sovra co-munale ed intergovernativo, istituita nel 2006 con lo scopo di adottare politiche corrispondenti alle esigenze del territorio.Verso la fine dell’anno scorso, dopo aver a lungo trattato in classe queste tematiche, abbiamo avu-to modo di visitare Comune e Comunità di Valle,

analizzando, grazie alla dettagliata spiegazione degli amministratori, i vari organi servizi e uffici.Abbiamo ripreso il progetto “I love my communi-ty my community loves me” all’inizio di quest’an-no, partecipando a numerosi incontri con le forze dell’ordine. Abbiamo potuto ascoltare ed impa-rare da vigili, carabinieri, polizia stradale, vigili del fuoco e Guardia di Finanza, i quali attraverso DVD, presentazioni e simulazioni ci hanno illu-strato i comportamenti più adeguati da tenere e il rischio dell’assunzione di droga e alcol.I lunghi, ma interessanti discorsi ci hanno portato a capire che per vivere in una società civile ognu-no deve rispettare le leggi senza mai violare in alcun modo la libertà degli altri.A conclusione del Progetto Giovani, noi ragazzi delle classi terze, siamo partiti per un viaggio di istruzione a Roma alla scoperta delle istituzioni. Qui abbiamo avuto la possibilità di visitare le Sedi del Parlamento: Palazzo Madama, sede del Sena-to e Montecitorio, sede della camera dei Deputati.Accompagnati dal senatore Molinari abbiamo visi-tato e analizzato da vicino le due aule dove vengono prese importanti decisioni per il nostro Paese.La successiva visita alle stanze e ai saloni delle due sedi ci hanno sbalordito per il fasto, il lusso e la sfarzosità.A conclusione di questo progetto devo dire che sono molto contento di avervi aderito, perché re-puto che tutte queste uscite e interventi abbiano contribuito a migliorare i nostri comportamenti ed educarci in modo tale da divenire cittadini più consapevoli e responsabili.

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La persona verso le persone

Con lo scorso anno in collabora-zione con l’Assessorato alle Poli-tiche Giovanili ci siamo aperti al territorio considerando come fru-itori dei percorsi che intendeva-mo proporre le persone di tutta la comunità. Va detto che il nostro contesto territoriale si presenta in maniera frazionata e la scuola ri-mane il luogo privilegiato per i contatti e le relazioni tra i ragazzi, ma con la perdita del tempo pro-lungato contribuisce meno all’a-spetto della relazione. Nelle no-stre proposte abbiamo voluto dare degli spazi, favorire gli incontri e le collaborazioni, dare l’opportu-

Tutti gli anni come Commissione Salute dell’istituto comprensivo di Brentonico ci siamo occupati di realizzare dei progetti attraverso i Pia-ni Giovani di Zona costruendoli rispetto alla nostra realtà scolastica. Questo anno, in collaborazione con l’Assessore alle Politiche Giova-nili, Maurizio Passerini, e supportati dalla dirigente scolastica Danie-la Depentori, la Commissione ha realizzato diversi progetti intercul-turali, realizzati tra settembre 2011 e marzo 2012, attraverso il fare, rivolti a tutta la comunità e che hanno avuto come filo conduttore l’idea che il Benessere della persona può essere inteso come scoperta, come viaggio insieme nelle relazioni e che l’attenzione al proprio Be-nessere è garanzia del Benessere del gruppo.

BENESSEREProgetti interculturali per aprirsi

i.C. Brentonico

nità di prendersi del tempo per fare… dedicandolo alle cose che veramente hanno valore e che la-sciano un segno positivo nella no-stra comunità.L’ideazione delle attività che in-tendevamo proporre è partita dalla raccolta e lettura dei bisogni:bisogno di incontrarsi: l’incon-trarsi comporta il fare, l’esprimer-si e l’ascoltarsi che non sono prere-quisiti ma l’obiettivo trasversale di tutti i progetti proposti;bisogno di lavorare sull’identità e il senso di appartenenza, favo-rendo le dinamiche introspettive che sono il terreno fertile per l’in-tegrazione e l’accoglienza;bisogno di riscoprire il passato per riscoprire le proprie radici e favorire la ricerca della propria identità;bisogno di prendersi tempo per sé.

I nostri laboratori

Attorno al tema centrale del be-nessere abbiamo costruito una rete di relazioni e proposizioni, verso l’alto per sviluppare i concetti di identità ed emozioni e verso il bas-so per porre attenzione alla cura del corpo. Ogni attività è diversa dall’altra per sviluppare l’idea cen-trale verso l’alto, identità ed emo-

zioni, e verso il basso, corpo e ali-mentazione.Leggendo i bisogni del territorio e tenendo fermo il concetto di be-nessere della persona a 360° sono nati vari progetti: il laboratorio di cesteria per rispolverare così un’arte del passato che va scom-parendo e consentire il recupero dell’ esperienza grazie ai signori Domenico e Nello, artigiani lo-cali da anni impegnati nella lavo-razione dei cesti di vimini; dallo spunto della lettura di un libro adatto all’età, non semplificato e contenente espressioni idioma-tiche è nata l’idea progettuale di coinvolgere insieme nativi e im-migrati realizzando così un grup-po misto, favorendo il reciproco scambio di modelli, il passaggio di esperienze e stili comunicati-vi, svoltosi prima dell’inizio del-la scuola e conclusosi con la rap-presentazione teatrale del libro; il presepio di lana cardata è una stata un attività creativa e ma-nipolativa coordinata dall’inse-gnante Claudia Marzari, che ha arricchito i percorsi stimolando e guidando i partecipanti con lettu-re sull’avvento e sulla preparazio-ne interiore che precede la festa del Natale; il gemellaggio attivo dal 2010 tra l’I.C. di Brentoni-

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co e la scuola primaria di Busiga in Burundi, per la quale si raccol-gono fondi realizzando il mercati-no di Natale; due incontri rivol-ti a genitori, educatori, studenti e adulti con la grafologa Rita Pel-legrini; un corso di dao-yin gin-nastica, rilassamento e cura di sé stessi per ritrovare salute equili-brio e armonia acquisendo consa-pevolezza del proprio corpo e del-le proprie emozioni con l’esperta shiatsu Elena Faes. Nel progetto sono state inserite anche due se-rate formative sulle life skills per sviluppare le capacità di vita, la gestione delle emozioni, l’empatia e la capacità di relazioni interper-sonali; cucinare salutare, un cor-so di cucina realizzato con genito-ri e ragazzi.

Cucinare salutareLe collaborazioni e il senso

Tra tutti i progetti ci soffermiamo sul corso di cucina che si è svolto in tre incontri e che ha visto im-pegnati ragazzi e i genitori per im-parare a cucinare in maniera salu-tare, fare esperienze di manualità, metodo e ordine. Grazie alla col-laborazione del Distretto Sanitario Centro Sud della Vallagarina, del Servizio di Dietetica dell’Ospedale

di Rovereto e dell’Istituto di For-mazione Professionale Alberghie-ro, che ha messo a disposizione anche la cucina, con il contributo dei Piani Giovani di Zona e del-la PAT, il percorso, realizzato con i ragazzi dell’ultimo biennio delle elementari e quelli di prima me-dia assieme ai loro genitori, è stato guidato dello chef della scuola Al-berghiera, Corrado Collini e dal-la dietista dell’Azienda Sanitaria, Patrizia Ziviani. Hanno collabo-rato nelle fasi operative l’operatri-ce sanitaria del Servizio Igiene Sa-nità pubblica, Mariapia Baldessari e le insegnanti della Commissione Salute Mariella Benedetti e Patri-zia Boschi. Ma perché un’attività di questo tipo? La scorretta alimentazione è fattore di rischio per le malat-tie croniche, quindi la proposta del laboratorio di cucina va vi-sta come strumento di apprendi-mento legato alla necessità di al-largare le conoscenze ed affiancare esperienze di manipolazione, pre-parazione ed assaggio di alimen-ti all’aspetto nutrizionale dell’ali-mentazione.

La validità dell’esperienza

“La cucina non è solo un gio-co o un passatempo: è una cosa seria, un’attività di grande valo-re educativo e affettivo, alla por-tata di ogni famiglia che fa bene sia ai bambini sia a noi genitori”, ecco uno dei commenti dei parte-cipanti a questo corso di cucina, che fa riferimento a un proget-to nazionale dal titolo “Guada-gnare salute in adolescenza” che intende promuovere strategie di prevenzione e promozione del-la salute rivolte agli adolescenti. Alcuni dei temi proposti nelle se-rate sono stati infatti: come pre-parare la prima colazione e la me-renda, i cereali dell’altro mondo,

l’unione fa la forza (i piatti unici) e non solo carne (secondi piatti a base di pesce o verdure ripiene). Genitori, figli e insegnanti suddi-visi in piccoli gruppi hanno dun-que preparato semplici piatti con la supervisione del cuoco Corra-do Collini approfondendo, con-temporaneamente, gli aspetti nu-trizionali grazie alla presenza della dietista Patrizia Ziviani. Il labora-torio si è concluso con il regalo ai ragazzi partecipanti di un grem-biule rosso con il logo della pi-ramide alimentare e ai genitori è stato dato il libro “Gusto e salu-te nel piatto”. Cucinare insieme è stato una esperienza unica nel suo genere, un progetto di prima rea-lizzazione che ha messo in campo non solo l’aspetto dell’imparare a cucinare, ma quello più impor-tante della condivisione, del fare qualcosa insieme, esperienze che favoriscono la comunicazione e il dialogo inter-generazionale.

la commissione salute: Emanuela Antonelli, Mariella Benedetti, Patrizia Boschi, insegnantiMarina Togni, facilitatore linguisticoMaurizio Passerini, assessore alle politiche giovanili

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Trento-Madrid

La Scuola Italiana di Madrid, che dipende dal ministero degli Esteri ed è in rapporti diretti con il Con-solato e l’Ambasciata, è un polo scolastico che comprende vari or-dini di insegnamento, dalla scuo-la materna alle medie superiori, ed accoglie studenti italiani, studenti figli di genitori italiani e spagno-li ed anche solo spagnoli, attratti tutti dal prestigio della scuola. Il Dirigente, Cosimo Guarino, stu-dioso di formazione classica, assai aperto ed attento a tutte le forme espressive, ha sostenuto con entu-siasmo il progetto. Si è trattato di un progetto è nato dalla collabo-razione tra Maria Teresa Ruscia-no, insegnante di ruolo presso il Liceo Scientifico “ L. Da Vinci” di Trento, attualmente incaricata dal Ministero degli Esteri presso il Li-ceo “ E. Fermi” di Madrid, e As-sunta Toti Buratti, già insegnante di disegno presso l’Istituto d’Ar-te “Alessandro Vittoria” di Trento, disegnatrice umoristica e direttrice artistica dello Studio d’Arte “An-dromeda”. Per il lavoro nella classe della prima media ha inoltre colla-borato l’insegnante Rossana Var-riale della Scuola di Madrid.

Nel mese di aprile 2012 si è conclusa presso la Scuola Italiana “Enri-co Fermi” di Madrid una significativa esperienza didattica nata dalla collaborazione con esponenti della scuola e della cultura artistica tren-tina. L’idea è nata durante una visita di Teresa Rusciano, insegnante di ruolo del Liceo Da Vinci e da tre anni incaricata al Liceo E. Fermi di Madrid e in passato è stata socia dello Studio Andromeda, veden-do alcuni libri realizzati dai ragazzi del nostro laboratorio umoristico ha pensato di creare un contatto fra queste due realtà. Ne è nato un progetto di un corso di fumetto umoristico dal titolo “RACCONTI TRA LE NUVOLE”, della durata di due settimane, che ha coinvol-to 45 studenti delle classi prima liceo scientifico e prima media.

MADRIDCreatività e didattica a fumetti

gemellaggio

L’entusiasmo dei ragazzi

Il tema trattato “Scuola- conoscen-za. Tecnica del linguaggio umori-stico e traduzione in immagini” si è sviluppato in un rapido percorso dalle tecniche della comunicazione umoristica alla realizzazione degli esecutivi. La risposta degli studen-ti è stata entusiasmante: una volta afferrato il meccanismo della tec-nica della comunicazione umori-stica e raggiunta la consapevolez-za della ricchezza, dell’originalità e delle potenzialità espressive di tale forma di linguaggio, l’interesse si è tradotto in “voglia di fare”. Pur nella brevità del tempo a disposi-zione si sono così concretizzati la-vori di grafica umoristica assai vari nelle soluzioni narrative e nel lin-guaggio figurativo adottato, che rispecchiavano la personalità dei ragazzi. Gli insegnanti hanno ri-scontrato e valutato assai positiva-mente la valorizzazione di nuove potenzialità creative e l’entusiasmo fattivo ed operativo dimostrato da-gli studenti in occasione del corso, il Dirigente scolastico ha espresso apprezzamento per i risultati otte-nuti ed ha proposto di ripetere l’e-sperienza nel prossimo anno sco-lastico.

Le fasi del lavoro

Abbiamo pensato di iniziare il la-voro a distanza via e-mail. La cosa ha suscitato nei ragazzi molta cu-riosità ed è stata forse la molla che ha attivato il tutto. Quando sono arrivata nelle classi i ragaz-zi erano pronti alla realizzazione delle storie; e il lavoro si è svilup-pato molto bene. La chiave umo-ristica è importante, richiede una marcia in più, infrange barrie-re e scatena la creatività. Quan-do hanno capito come funzio-na il meccanismo umoristico si è sentito in classe come un’eufo-ria e il lavoro ha preso corpo alla grande. Gli insegnanti della scuo-la sono stati colpiti dall’entusia-smo degli allievi. Il Preside ha ap-prezzato molto il lavoro svolto. Si è parlato a lungo del valore dell’u-morismo come forma di ulteriore riflessione rispetto al discorso di-retto. Insomma l’esperienza è sta-ta entusiasmante e il dirigente ci ha chiesto di preparare il progetto per il prossimo anno.All’Andromeda continuiamo a lavorare sempre nel campo del di-segno umoristico in modo soddi-sfacente dove si vedono crescere piccoli talenti (alcuni si sono lau-reati). Io invecchio ma ho qual-che soddisfazione: sono stata in-vitata in Turchia a Smyrne per l’inaugurazione del museo del-la satira in rappresentanza dei di-segnatori italiani. È molto bello entrare in contatto con realtà di-verse e continuare a mettersi in gioco con questa magica forma espressiva.

Assunta Toti Buratti

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Le commissioni e le opere vincitrici

Alla premiazione, oltre ai curato-ri Giulio Martini e Paola Ferret-ti (entrambi di AreaArte) e al di-rettore della Fondazione museo storico Giuseppe Ferrandi, erano presenti il dirigente generale del Dipartimento della Conoscenza della Provincia di Trento, Marco Tomasi e alcuni rappresentanti dei Musei che hanno prescelto i vinci-tori. C’erano soprattutto centinaia

“L’arte fa bene all’anima, insegna a non essere omologati, è il luogo dell’esperienza: visitate i Musei”: così si sono rivolti, venerdì 20 apri-le 2012, nei loro saluti agli oltre cinquecento studenti del Triveneto convenuti alle Gallerie di Piedicastello di Trento, i rappresentanti del-la Commissione museale che ha premiato, tra i vari partecipanti espo-sti in mostra, le opere ritenute più significative, all’interno della pri-ma rassegna “Biennale d’Arte giovani”. I prescelti proseguiranno ora il proprio tour espositivo nel Triveneto attraverso le tredici province dopo il 10 giugno (giorno in cui si conclude la mostra presso le Gal-lerie stesse). L’iniziativa, ideata dall’Associazione AreaArte ha ricevu-to il patrocinio dalle Regioni Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Ve-nezia Giulia e dalla Provincia autonoma di Trento, con la Fondazione Museo storico del Trentino.

AREAARTE Biennale d’Arte giovani

di studenti (accompagnati da inse-gnanti e dirigenti scolastici) in rap-presentanza dei venti istituti d’ar-te/licei artistici del Triveneto, si son dati quindi convegno alla Gal-leria bianca per visionare le opere esposte e presenziare alle premia-zioni. Va ricordato che la modalità di re-alizzazione delle opere era total-mente libera per quanto riguarda la forma espressiva e la tecnica, con l’unico limite del formato che do-veva essere con dimensioni massi-

me di cm 21 base x cm 29,7 altezza. Per la selezione sono state istitui-te due commissioni: la prima for-mata dai docenti degli istituti e la seconda, finale,composta dai cin-que musei che hanno patrocinato l’iniziativa: Fondazione Bevilacqua La Masa e Collezione Peggy Gug-genheim di Venezia, Galleria Civi-ca di Trento, MART di Rovereto e Kunst di Merano. Con questa pro-cedura al termine dell’esposizione sono state selezionate e nominate tre opere vincitrici per ciascun isti-tuto partecipante. I nove prescelti per l’Istituto delle arti di Trento e Rovereto sono sta-ti: Croitor Irina (Vittoria), Gutu Julian (Vittoria), Marignoni Luca (Vittoria), Negri Chiara (Vitto-ria), Pellizzari Gaja (Vittoria), Ra-vanelli Arianna (Vittoria), Sanna Carlotta (Vittoria), Soini Giorgia (Depero), Zulian Martino (Depe-ro), che hanno utilizzato varie tec-niche, dagli acrilici alla doratura a guazzo, dalle foto digitali elaborate agli smalti a fuoco. Di questi nove, la Commissione (dei Musei-Gallerie) ne ha scelti tre: Chiara Negri (Merce), Irina Croi-tor (Sopravvivere il tempo), Julian Gutu (Conquista): a loro una tes-sera di valore annuale per visitare (gratuitamente) i musei coinvolti.

Associazione AreaArte

AreaArte ha dato inizio alla pri-ma edizione della Biennale d’Ar-te per giovani promesse, attingen-

premiazione

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do talenti nelle numerose scuole ed istituti d’arte sparsi sul territo-rio Triveneto. Il duplice obiettivo è quello di dare l’occasione agli stu-denti di confrontarsi con il pubbli-co e contemporaneamente di pro-muovere l’arte contemporanea del territorio Triveneto tessendo, an-che partire dalla scuola, quel tessu-to socio-culturale creativo che dia peso alla candidatura di Venezia e del Nordest quale Capitale euro-pea della cultura nel 2019. Il pro-getto consiste nell’organizzazione di un concorso a scadenza bienna-le rivolto a giovani artisti studen-ti dell’ultimo biennio di ogni tipo di scuola d’arte, finalizzato all’alle-stimento di un’esposizione che ha dato l’opportunità a ciascun parte-cipante di esporre la propria opera e confrontarsi così con il pubblico. La Biennale seguirà poi un itine-rario attraverso le tredici provin-ce del triveneto, coinvolgendo gli studenti. L’evento ha dato l’oppor-tunità a ciascuno studente che ha partecipato all’iniziativa di esporre la sua opera, e così di sottoporla al giudizio del pubblico. Sono state istituite due commissioni, la pri-ma formata dai docenti degli isti-tuti e la seconda, finale,formata dai musei che patrocineranno l’i-niziativa. Con questa procedu-ra al termine dell’esposizione ver-ranno selezionate e nominate tre opere vincitrici per ciascun istituto partecipante. La prima edizione di AREAARTE GIOVANI ha trova-to la sua sede espositiva nelle Gal-

lerie di Piedicastello - Fondazione Museo Storico del Trentino ed è stata inaugurata il 31 Marzo 2012 alla presenza dell’assessore provin-ciale all’istruzione Marta Dalmaso.

“A rebours” cioè “Controcorrente”

Il tema prescelto da AreaArte è sta-to “A rebours. L’arte dei giovani ri-pensa la Storia”: Evocando il titolo di un famoso romanzo di Joris-Karl Huysmans, “A rebours” cioè “Controcorrente”, l’iniziativa si è rivolta ai giovani artisti che stan-no completando il biennio con-clusivo della loro formazione. Nel libro dello scrittore francese, ca-polavoro della fine dell’ ‘800 e del Decadentismo, si narrano le vicen-de dei pittori Gustave Moreau e, soprattutto di Odilon Redon che viene descritto come un intellet-tuale che rifiuta la mediocrità del suo tempo scegliendo un’esistenza che egli decide di vivere fuori da-gli schemi, appunto, controcor-rente. Questo letterariamente. Ma “A rebours” significa letteralmen-te anche “a ritroso”, nella direzione cioè che va – o guarda- all’indietro. Una rilettura che il presente può e anzi deve, costantemente, rivol-gere agli eventi passati, prossimi o remoti, cioè alla Storia, per trarne insegnamenti utili al proprio futu-ro. In questa duplice connotazione semantica è da leggere il suggeri-mento che la letteratura e la storia

propongono (ed affidano) parti-colarmente alla generazione che si affaccia al presente. In modo par-ticolare agli artisti che per loro sen-sibilità sono i più attenti interpreti della realtà e spesso i più lucidi e in-tuitivi conoscitori delle problema-tiche umane presenti e passate. In quest’ottica gli studenti all’ultimo biennio della formazione artistica sono stati chiamati a rappresenta-re, attraverso la loro personale cre-atività e capacità espressive, eventi della Storia contemporanea.Con questa bella iniziativa si è fat-to rete, quindi, quale “modello nor-dest” sul piano culturale ma anche economico, costituendo una rete di supporto, privato-pubblico, se-guendo un modello di collabora-zione fra i territori: alcuni sponsor-aziende hanno finanziato il catalogo (i cui proventi andranno agli istitu-ti), musei e docenti hanno curato il giudizio artistico. Le Gallerie, da luogo di transito-passaggio sono diventate luogo di sosta riflessiva, rimembranza stori-ca e sito espositivo di critica socia-le. (M.P.)

INFOData Mostra: da Sabato 31 mar-zo a Domenica 10 giugno 2012 Dove: Gallerie di Piedicastello Orario: ore 9-18/lunedì chiuso Sito internet: www.legallerie.tn.it/biennale-giovani-2012

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SEgNALIAMO

il libro

IN CASAL’incontro all’Arcivescovile

Scheda

IL PRIMATO EDUCATIVO - Un percorso culturale-pedagogico lungo trentasei anni - Un percorso cultura-le-pedagogico lungo trentasei anni con approdo al Liceo Internazionale Arcive-scovile (LIA), un progetto di formazio-ne fortemente innovativo. “Ho creduto all’educazione, al valore educativo del-la cultura, alla relazione con i ragazzi e con le ragazze. Ho creduto al valore for-mativo della scuola, di tutta la scuola, quella statale e quella non statale e pro-prio per questo motivo non mi sono ti-rato indietro quando si trattava di di-fendere quella più debole. Ho cercato di farlo con rispetto per tutti e allo stesso tempo con chiarezza, cercando di docu-mentare quando andavo dicendo.”

Umberto Giacometti. Rettore del Collegio Arcivescovile di Trento dal 1975 al 2009 e dirigente scolastico de-gli istituti superiori del Collegio Arci-vescovile e del LIA (Liceo Internazio-nale Arcivescovile di Rovereto) fino al 2010; presidente regionale della scuo-la cattolica FIDAE dal 1979 al 2009. Laurea in Filosofia nel 1974, iscritto all’Albo degli Psicologi dal 1989, ca-nocico onorario della Cattedrale di Trento e insignito dell’onorificenza di Prelato d’Onore del Papa Benedet-to XVI nel 2009. Ha pubblicato studi e articoli su quotidiani e riviste locali e nazionali specialmente su tematiche psicologiche, educative e scolastiche.Umberto Giacometti, IL PRIMA-TO EDUCATIVO - Un percorso culturale-pedagogico lungo trenta-sei anni, Ancora edizioni, Milano 2011, pp 448, € 15,00

Giovedì mattina 29 marzo 2012: teatro del Collegio Arcivescovi-le con alcuni studenti delle ultime tre classi degli istituti superiori. Cerimonia breve, essenziale, per parlare del libro di don Umberto Giacometti “Il Primato educativo”. Sul palco: Marco Bridi (docen-te storico dell’Arcivescovile e collaboratore di don Giacometti per l’Annuario), don bruno Tomasi (nuovo rettore del Collegio) e l’au-tore del testo. In sala, assieme agli studenti, il preside Udalrico Fan-telli, altri docenti e Giampiero Guerra, insegnante ed anima “non solo fotografica” degli eventi dell’Arcivescovile.

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Poche parole essenziali…

In apertura, il canto del coro di studenti diretto dal maestro Cri-stian Ferrari dell’Istiutto Sacro Cuore, poi il professor Marco Bri-di, che traccia un profilo biografi-co di don Umberto “una persona che molti di voi – non tutti! – conoscono, ma che è stato rettore e presi-de dell’Arcivescovile.” Dopo l’autore, il libro “nel quale ha raccolto il suo impegno dedicato a questa scuola in 36 anni”; brevi cenni ai vari capito-li ed al significato del titolo.Don bruno Tomasi ringrazia don Umberto “perché ci viene dato un libro importante per la nostra cultura in tempi di internet e di perdi-ta di riferimenti”, come ci ricorda anche il Papa Benedetto XVI par-lando dei suoi “amici libri”. Non posso competere con don Giacomet-ti – dice – “ma c’è nel libro parecchia materia mia come insegnante e come studioso, perché la cultura è uno dei capisaldi della dottrina so-ciale della Chiesa”. All’autore, rivolto ai ragazzi, la riflessione finale ri-presa da Papa Woityla: “Prendete in mano la vostra vita e fatene un ca-polavoro. Non è facile, ma non siamo da soli. Ragazzi, siete una grande risorsa, portatela a compimento bene!”.

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SEgNALIAMO

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Grazie da tanti e impegno a leggerlo

Gli onori di casa li ha fatti l’amica e collega “rivale di sempre” di don Giacometti, Lia de Finis, respon-sabile dell’Associazione “Antonio Rosmini” ed ex preside del Liceo classi “G. Prati” di Trento, che ha ripercorso le fasi storiche dell’im-pegno dell’autore come rettore e preside dell’Arcivescovile, intrec-ciandole col dibattito sulla pari-tà pubblico/privato, sul model-lo trentino di scuola e sulla ricerca costante di dialogo con la scuo-la pubblica, da una parte, e di in-novazione vera nella scuola cattoli-ca, dall’altra, che ha nel LIA (Liceo Linguistico Arcivescovile) di Rove-reto la sua massima espressione.Don Lamberto Agostini, respon-

IN PUBBLICOAll’Associazione “A. Rosmini”

Venerdì pomeriggio 30 marzo 2012: Sala gremita e pubblico anche nell’atrio dell’Associazione culturale “Antonio Rosmini” in via Dordi a Trento per la presentazione del libro di Mons. Umberto Giacometti, Il primato educativo, con interventi di don Lamberto Agostini, Lia de Finis e Franco de Battaglia, alla presenza dell’autore, dell’Arcivescovo Mons. Luigi Bressan e del Presidente della Provincia Lorenzo Dellai, che hanno concluso l’incontro dopo la riflessione dell’autore.

sabile del settore culturale per la Curia, ha scelto l’approfondimen-to del tema “Primato educativo”, utilizzando le parole del Papa Be-nedetto XVI, declinando la neces-sità anche “del silenzio che ci viene a scomodare, sapendo che non si può essere educatori se prima non si è fatta l’esperienza di discepoli”.

Il giornalista Franco de Battaglia, ha rimarcato l’importanza dei mol-ti contributi di don Giacometti nel dibattito sulla scuola in momen-ti “caldi”, richiamando le risposte pacate ai diversi interlocutori che dalle colonne della stampa locale partecipavano con passione al con-fronto, l’argomentazione minuzio-sa e l’apertura alla scuola pubblica.“Grazie a don Giacometti per tutto ciò che ha fatto per la scuola, sen-za aggettivi, e per la quella catto-lica in particolare. Grazie per que-sto libro, un contributo che ci aiuta a tenere alta l’asticella del confron-to sulle tematiche dell’educazione e della scuola. Oggi la vera sfida pas-sa per l’innovazione passa in questi due orizzonti: il primato educati-vo segna l’orizzonte etico, l’innova-zione didattica quello operativo. Le potenzialità per innovare ci sono, si tratta di capire come attivare nuo-vi strumenti per liberare energie e non passaggi burocratici”. Così il governatore Lorenzo Dellai ha concluso il suo breve saluto. Saluto finale dell’Arcivescovo Mons. Lui-gi Bressan; prima, l’autore, un po’ commosso, ha ricordato qualche momento privato e di legame alla sua Valle di Ledro e, poi, ha ringra-ziato i tanti che hanno avuto modo di operare o solo di confrontar-si con lui e che hanno voluto esse-re presenti alla presentazione della “summa dei suoi 36 anni all’Arci-vescovile”. (m.c.)

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ÇIVEZAMGiovani storici in quarta elementare

Gli autori della ricerca: Antonelli Adele, Lissoni Gabriele, Bampi Sofia, Lenzi Margherita, Bebber Nikki, Macinati Christopher, Betti Umber-to, Huez Alessandro, Magnago Nicola, Caldonazzi Francesco, Molina-ri Daniel, Camin Laura, Molinari Ester, Dallapiccola Alessio, Nadalini Anna, Facchinelli Miro, Nadalini Carlotta, Folgheraiter Aurora, Papini Alessio, Gardelli Valeria, Svaldi Mattias, Graff Mattia, Tava Maddale-na, Grazzi Gabriele, Zanella Alessandro Docente: Barbara LusciaClasse quarta elementare (a cura della), La Geisla de Santa Maria de Çivezam – Sec. XVI, Scuola primaria “G. B. Borsieri” I.C. Civez-zano 2011, pp 159

L’insegnante, la dirigente, il sindaco

Verso la fine dello scorso anno sco-lastico, la scoperta del Registro LA-FABRICA DELA GESIA DI SAN-TA MARIA DE ÇIVEZAM aveva suscitato subito una forte curiosità, perché avevamo intuito che avreb-be potuto farci conoscere degli aspetti sconosciuti della nostra Pie-ve negli anni immediatamente suc-cessivi alla sua riedificazione. Nel frattempo avevo ripreso con i bam-bini la scoperta e lo studio di alcu-ni elementi architettonici e artistici esterni e interni della Fabrica clesia-na, quando Domenico Gobbi mi propose di presentare loro il Regi-stro. Cominciammo e per i bambi-ni fu davvero un’avventura: se ini-zialmente la decodifica della grafia fu un’esperienza impegnativa, via via i segni acquistarono significato sempre più velocemente. Iniziaro-no così le “scoperte” e le incredibili testimonianze dell’enorme devozio-ne dei nostri predecessori presero corpo, si resero evidenti, destando nei bambini lo stupore di conoscere l’enormità di rinunce fatte da tutta la popolazione, pur di rendere sem-pre più bella internamente ed ester-namente la propria Pieve. Infatti il ricavato delle donazioni fu regi-

RECENSIONE

Scuola primaria “G. B. Borsieri” - i. C. Civezzano

strato con meticolosità e ciò ci ha permesso di immaginare meglio la Pieve mentre gradualmente veniva abbellita, dato che nel 1538 erano state ultimate solo le sue strutture essenziali.Attraverso la lettura delle pagi-ne del registro i bambini hanno così scoperto nuove chiavi di let-tura della bellezza del nostro gio-iello, ma soprattutto sono rimasti attoniti di fronte ai sacrifici di co-loro che ci hanno preceduto, che riuscivano a privarsi, a staccarsi, a sacrificare anche i miseri beni che possedevano, pur di partecipare allo sforzo della comunità. La Pie-ve era del popolo, quindi ogni do-nazione era più che giustificata, al di là di tutte le motivazioni lega-te all’avere in paese un santuario mariano così importante. Dome-nico Gobbi, con pazienza infini-ta, ha seguito tutto il percorso, ha raccolto tutte le osservazioni dei bambini e anche le loro curiosità legate al lessico; ha poi ordinato il tutto e insieme lo abbiamo inse-rito nel percorso sulla scoperta di importanti elementi artistici pre-senti nelle Pieve. Questo cammino di scoperta è un seme gettato, per-ché solo attraverso la conoscenza è possibile amare e difendere ciò che è stato realizzato da chi ci ha pre-

ceduto. (BarBara luscia, docente scuola primaria Civezzano)

Ai giovani storici di Civezzano. Ecco terminato il secondo libro che testi-monia una nuova significativa tap-pa nel percorso di scoperta della sto-ria del proprio territorio e delle sue testimonianze artistiche, religiose e sociali iniziato l’anno scorso in terza elementare, sotto la guida appassio-nata e tenace della vostra insegnan-te Barbara Luscia. Durante la classe quarta avete affinato lo sguardo del “ricercatore” mettendo sotto la len-te di ingrandimento un evento fon-damentale che ha costituito la pietra miliare di sviluppo della vita religio-sa, economica e sociale della comu-nità di Civezzano e delle vicine fra-zioni: la costruzione della chiesa di Santa Maria Assunta. Sono con-vinta che l’amore per la storia, per il passato del proprio paese e del-la propria regione che nutre la vo-stra insegnante vi sia stato trasmes-so in maniera profonda e duratura, insieme con i primi strumenti tec-nici del mestiere dello storico, che potrete ulteriormente affinare, se lo vorrete, in un futuro percorso per-sonale di studio. (antonella za-non, dirigente scolastico dell’Isti-tuto Comprensivo di Civezzano)

La storia della nostra comunità, la Pieve dell’Assunta, raccontata dal futuro della nostra comunità, i bambini dell’attuale classe V di Civezzano. Si potrebbe sintetizzare in questo modo il lavoro conclu-so quest’anno… (stefano dellai, sindaco di Civezzano)

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Nei ringraziamenti introduttivi, ci sono: Leone Melchiori (che ha con-dotto una ricerca sui legami, negli anni dell’adolescenza, di Eusebio Chini con Mezzocorona) e il Comune di Mezzocorona, Silvio Chini, il preside Claudio Negri, scomparso di recente ma presente nel libro con una sua testimonianza sull’intitolazione della scuola, il segretario dell’Istituto Comprensivo, Michele Vanin, per la ricerca d’archivio, e il dirigente scolastico, Nicola Cetrano.G. Emer, L. Magotti, L. Melchiori, R. Trenti, Padre Kino – La fede in viaggio, Scuola Viva 2, I.C. Mezzocorona, Mezzocorona 2011, pp 115

PADRE KINOUn ricerca sulla storia locale

istituto comprensivo Mezzocorona

Gli insegnanti nell’introduzione

Questa pubblicazione si collo-ca nell’iniziativa “Scuola viva”, nata qualche anno fa con l’inten-to di valorizzare il rapporto scuola-territorio attraverso la conoscenza dell’ambiente e dei personaggi del luogo. Volendo proseguire in tale progetto, abbiamo pensato a qua-le personaggio o aspetto della sto-ria locale avremmo potuto, questa volta, prendere in considerazione con i nostri alunni. Dal confron-to con l’allora assessore alla cul-tura Leone Melchiori, che insie-me ad altre persone auspicava la prosecuzione dell’iniziativa, si de-lineò l’dea di dedicarci alla figura, troppo spesso dimenticata, di pa-dre Eusebio Chini che, pur essen-do nato in VaI di Non, ebbe forti legami con Mezzocorona.Parlando con i ragazzi di questo personaggio, di cui la nostra Scuo-la media porta il nome, ci siamo resi conto di quanto, effettivamen-te, sapessimo poco di lui e del suo eclettico ingegno. Abbiamo deci-so, così, di conoscere meglio que-sto Padre gesuita, che alcuni appas-sionati studiosi americani e italiani ricordano come esploratore, carto-grafo e storico, oltre che come mis-sionario. li progetto, di conseguen-

za, non poteva prescindere da una stretta collaborazione disciplinare tra italiano, storia, geografia, arte e religione e doveva essere, quindi, organizzato in un percorso didatti-co che cogliesse le sinergie cultura-li del passato e del presente che ca-ratterizzano un territorio.Il nostro percorso è iniziato a Se-gno con la visita al Museo a lui de-dicato e alla sua casa natale. L’al-lora presidente dell’Associazione Chiniana, signor Silvio Chini, ci ha guidati nel percorso all’interno del Museo dandoci molte infor-mazioni sulle attività di Padre Chi-ni in America. Osservando il ma-teriale esposto e ascoltando ciò che ci veniva detto, siamo rimasti col-piti dagli interessi e dalle moltepli-ci attività del nostro personaggio. Il primo passo, la visita alla sua cit-tà natale, era compiuto ed era si-curamente quello più piacevole; il secondo, la stesura e l’illustrazionedi un breve testo su Padre Chi-ni, si presentava senz’altro più im-pegnativo per i ragazzi coinvol-ti nel progetto; si trattava, infatti, di prendere in considerazione tut-ti quelli aspetti della sua vita che lo mostrassero non solo come mis-sionario, ma anche come esplora-tore e uomo di scienza. Ciò signi-ficava documentarsi: ricercare su Internet; leggere alcuni libri a lui

dedicati, individuandone le par-ti più significative e confacenti al nostro scopo; rielaborarle in testi che avessero un filo conduttore, in modo che la narrazione risultasse chiara; illustrare con disegni e car-tine i passaggi più significativi del-la storia del nostro personaggio.Questo lavoro ha richiesto tanto impegno e pazienza, specialmen-te quando i ragazzi erano occupati nella scrittura che non era conside-rata, propriamente da tutti, il mo-mento più piacevole. La revisione finale e la collocazione delle imma-gini hanno richiesto più tempo del previsto; scegliere e inserire i dise-gni, eliminare gli errori, le ripeti-zioni, anche involontarie, e le in-congruenze dovute alla trattazione di singole parti assegnate ai diversi gruppi di scrittura è stata comples-so, ma senz’altro più gratificante perché il nostro testo cominciava a prendere corpo.Alcune pagine, poste a seguito del-la biografia di Padre Chini, ripren-dono aspetti significativi della sua vita, a cui non avevamo dato am-pio spazio nella narrazione, per non appesantire la lettura. Altre, invece, son oinformazioni geogra-fiche e storiche in supporto alla conoscenza della situazione e degli eventi dell’Europa e dell’America contemporanea a Eusebio Chini e anche precedente ai suoi anni.

Emer Giuseppina, Magotti Liliana, Trenti Rolando

insegnanti di religione, di lettere e di arte e immagine

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1,2,3 Storie: la narrazione come strumento educativo

Ogni esistenza è una storia, ma solo chi delle storie conosce esempi e modelli è in grado di costruire coscientemente la propria e di accedere alla conoscenza del mondo. Dalla consapevolezza dell'importanza educativa del narrare è nata in Trentino "1,2,3 Storie!", la manifestazione che fa uscire le storie per bambini e ragazzi dalle pagine dei libri e le porta nelle piazze e nelle strade, nei parchi e nei palazzi. Ora 1,2,3 Storie! diventa anche una Summer School dedicata a educatori, bibliotecari, insegnanti e genitori e a tutti coloro che hanno il difficile ma entusiasmante compito di educare e vogliono acquisire e migliorare competenze e capacità narrative. L'iniziativa - ideata da La Coccinella insieme all'Università di Trento e alla rivista Bambini - si svolgerà a Cles (Tn) dall'11 al 13 luglio. Negli incontri realizzati con il metodo del microteaching si tratteranno temi come l'arte del narrare, la scelta dei libri per bambini e ragazzi, la lettura animata, le risorse audiovisive e tecnologiche per la narrazione. Per partecipare è necessario iscriversi entro il 15 giugno. Per informazioni su programma, costi e iscrizioni: La Coccinella 0463 600168; [email protected]; www.lacoccinella.coop. La Summer School di 1,2,3 Storie! è un'iniziativa di formazione per il personale della scuola ai sensi del D.M. 26-07-2007 di Ente accreditato dal MIUR con Direttiva Ministeriale n.90 del 1-12-2003. Sarà rilasciato attestato.