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didascalie PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO Rivista della scuola in Trentino n.5 maggio 2010 08/02/2006 AUT DR/CB Centrale/PTMagazine EDITORI/213/2006 17 n.5 maggio 2010 Inserto a cura di: Mario Caroli Interventi di: Norma Borgogno, Mario Caroli, Elisabetta Montagni, Daniele Siviero In Centro e in periferia: luoghi e tempi per una riflessione “LA SCUOLA DELL’INCLUSIONE…” il doier DENTRO L’ARGOMENTO il doier la novità riflione “uno” riflione “due” riflione “tre” in cooperativa centro Erickson

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(n. 5 - Maggio 2010)

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1n.5 maggio 2010

didascalie

PROVINCIA AUTONOMADI TRENTO

Rivista del la scuola in Trentino

n. 5 maggio 2010

08/02/2006AUT DR/CB Centrale/PTMagazine EDITORI/213/2006

17

n.5 maggio 2010

Inserto a cura di: Mario Caroli

Interventi di:

Norma Borgogno, Mario Caroli, Elisabetta Montagni, Daniele Siviero

In Centro e in periferia:

luoghi e tempi per una riflessione“LA SCUOLA DELL’INCLUSIONE…”

il dossier dentro l’ArGoMentoil dossierla novità

riflessione “uno”

riflessione “due”

riflessione “tre”

in cooperativa

centro erickson

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DIDASCALIE Rivista della scuola in TrentinoPeriodico mensileAnno XIX, numero 5 maggio 2010

Rivista promossa dallaProvincia Autonoma di Trento(L. P. 3 maggio 1990, n.15, art. 22)Autorizzazione del Tribunale di Trento n. 745dell’11.1.1992

Direttore responsabile:Giampaolo Pedrotti

Coordinatore:Mario CaroliE-mail: [email protected]

In redazione:Norma BorgognoPatrizia LuccaManuela Saltori (segreteria)

In questo numero:Paola Baratter, Norma Borgogno, Beatrice Bottamedi, Marta Cainelli, Paolo Calidoni, Mario Caroli, Pietro Cal-lovi, Francesca Costanzo, Sara Dallabrida, Sergio Filosi, Luciana Grillo Laino, Maria Grazia Leccese, Pietro Mar-silli, Elisabetta Montagni, Magda Niro, Daniele Siviero, Studentesse classe 5LC “Rosmini” Trento.

Redazione: Via Gilli 3,38121 Trentotel. 0461/497268 - 69fax 0461/497267

Realizzazione e StampaLitografia Effe e Erre - Trento

Per richiedere la rivista Didascalietelefonare o mandare un fax o scrivere a:Redazione Didascalie,Palazzo Istruzione via Gilli, 3 – 38121 TrentoE-mail: [email protected]

Didascalie è stampata su cartaecologica, sbiancata senza cloro

Le foto di questo numero sono di:archivio Didascalie, fornite dai diretti interessati, Archivio Ufficio stampa PAT

In copertina in alto: la cerimonia di consegna dell’Aquila di San Venceslao a Gottfried Wackerle (vedi servizio alle pagine 3-9); sempre in alto, a destra, la copertina del cata-logo dedicato all’insegnante Antonia Caputo presentato nello spazio del Segnaliamol (vedi pagine 44-46); in basso, la copertina e un’immagine del dossier interno su “La scuola dell’inclusione…” (vedi pp. 17-32)1n.5 maggio 2010

didascalie

PROVINCIA AUTONOMADI TRENTO

Rivista del la scuola in Trentino

n. 5 maggio 2010

08/02/2006AUT DR/CB Centrale/PTMagazine EDITORI/213/2006

17

n.5 maggio 2010

Inserto a cura di: Mario Caroli

Interventi di:

Norma Borgogno, Mario Caroli, Elisabetta Montagni, Daniele Siviero

In Centro e in periferia:

luoghi e tempi per una riflessione“LA SCUOLA DELL’INCLUSIONE…”

il dossier dentro l’ArGoMentoil dossierla novità

riflessione “uno”

riflessione “due”

riflessione “tre”

in cooperativa

centro erickson

SOMMARIO

la notizia/CSEP: Cagol il nuovo presidente 1la notizia/Comitato provinciale di valutazione: il punto 2lingue straniere/Trentino Tirolo: Bilingue, rilancio del progetto strategico 3-9lingue straniere/Associazioni: Lend e Giscel 10-13consulta provinciale studenti/Riforma: Studenti con Dellai e Dalmaso 14-16

il dossier

dentro l’argomento

“LA SCUOLA DELL’INCLUSIONE…”InCentro e in periferia: luoghi e tempi per una riflessione

Il dossierLa novitàRiflessione “uno”Riflessione “due”Riflessione “tre”CooperativeCentro Erickon Edizioni

Inserto a cura di: Mario CaroliInterventi: Norma Borgogno, Mario Caroli, Elisabetta Montagni, Da-niele Siviero

Inserto 17-32

dalle scuole/Liceo Rosmini Trento: Ponti di Pace; Trento Napoli 33-37 Trento Palermodentro le scuole paritarie/Arcivescovile: Maratona 38offerta varia/servizio civile: Nelle scuole 39-41offerta varia/il concorso: Associazione scuola senza frontiere 42-43segnaliamo/Il libro: Bellezza e verità in Antonia Caputo 44-46segnaliamo/La recensione: Discariche… da leggere a scuola 47la scuola al museo/MTSN: Patatrac

terza di copertinaofferta varia/concorso: Premio Giuseppe Papaleoni quarta di copertina

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LA NOTIZIA

Stefano Cagol è il primo presidente del nuovo Consiglio del Sistema Educativo Provinciale ed è stato eletto nella prima riunione il 6 maggio 2010 presso il Palazzo Istruzione a Trento. Erano quasi tutti i presenti i 38 componenti di questo organo collegiale del sistema scolasti-co e formativo, istituito con elezioni il 24 febbraio scorso, che è tra i più alti livelli di rappre-sentatività. Lo scopo principale della riunione era l’elezione del presidente, da scegliere tra la componente docenti, del vicepresidente e del consiglio di presidenza. I “lavori” sono sta-ti avviati dall’assessore all’istruzione Marta Dalmaso mentre al dirigente del servizio scuola infanzia, istruzione e formazione professionale Roberto Ceccato è spettato il compito di spiegare le competenze e le funzioni del con-siglio, oltre a tutto l’aspetto tecnico, come previsto dalla legge 5/06.

CSEP Cagol il nuovo presidente

La prima riunione

Le facce dei presenti erano incuriosite e un po’ diffidenti come capi-ta a chi si trova in un gruppo di cui non conosce quasi nessuno, ma il ghiaccio è stato subito sciolto con la presentazione di ogni persona che oltre al nome e cognome ha spiegato la componente di apparte-nenza e la provenienza territoriale. L’assessore ha quindi sottolineato l’importanza della partecipazione perché anche chi vuole partecipare e lo desidera, a volte, prova disagio e non si lancia perché non si sen-te valorizzato. Il consiglio del sistema educativo provinciale ha compi-ti importanti nei confronti dell’amministrazione provinciale e trove-rà anche un momento dedicato per trovare modalità di collaborazione con confronti e dibattiti. Il dirigente Roberto Ceccato ha illustrato le competenze del consiglio, riferendosi in particolare alla legge provinciale 5 del 2006, e i compiti, costituiti sia da pareri obbligatori che consultivi, che il consiglio dovrà svolgere.

L’elezione del presidente

Dal seggio elettorale sono risultati inizialmente tre candidati alla carica di presidente: Stefano Cagol, Alberto Lauria e Francesco Pugliese, che a turno si sono presentati al consiglio. In questo contesto il presidente della consulta degli studenti Tommaso Galli ha chiesto ai candidati se ri-tenevano possibile che in futuro il consiglio del sistema educativo provinciale si occupasse della valutazione dei docenti, come accade in altri paesi europei. Alberto Lauria e Francesco Pugliese hanno risposto presentando le loro esperienze, mentre Stefano Cagol ha raccontato che nell’isti-tuto dove insegna, l’I.T.I. Marconi di Rovereto, è già in atto una valutazione del genere. I consi-glieri hanno quindi espresso il proprio voto, ma non avendo nessun candidato ottenuto la mag-gioranza assoluta si è svolta una seconda votazione da cui è risultato eletto presidente Stefano Cagol, docente dell’istituto tecnico industriale “Marconi” di Rovereto, con 21 voti.

Il vicepresidente e il consiglio di presidenza

Dopo aver votato due volte, in mancanza di maggioranza assoluta, anche per l’elezione del vice-presidente è risultato eletto Francesco Pugliese, docente dell’Istituto di istruzione “La rosa bian-ca – weisse rose” di Cavalese con 18 voti. La votazione dei cinque membri del consiglio di pre-sidenza si è conclusa con l’elezione di Rosa Michele, rappresentante della componente dirigenti, Ferenzena Rita, docente della scuola infanzia provinciale, Sommadossi Norma, ATA e assistente educatore, Prai Cristian, consulta degli studenti, Zecchinelli Roberto, genitore. (N.B.)

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comitato provinciale di valutazione

Azioni nelle scuole

Attualmente sono in corso diverse azioni che coinvol-gono la grande maggioranza delle scuole per l’analisi di aspetti specifici dell’attività, finalizzate e funzio-nali –contemporaneamente – ad arricchire ed appro-fondire la consapevolezza dei punti di forza e delle cri-ticità da correggere nelle scuole ed a fornire elementi per la valutazione del sistema nel suo complesso. Ad esempio:l’analisi delle pratiche d’integrazioni degli alunni di cittadinanza non italianae di quelle di inclusione degli alunni che presentano bisogni educativi speciali,l’approfondimento sull’utilizzo nelle scuole delle rile-vazioni standardizzate degli apprendimenti,la rilevazione delle potenzialità di sviluppo degli inse-gnanti,la sperimentazione dell’analisi del valore aggiuntosono attività di ricerca promosse dal Comitato Provin-ciale di Valutazione - realizzate grazie all’IPRASE e con la collaborazione anche di altri istituti di ricerca ed universitari - che coinvolgono direttamente le scuole che se ne avvalgono nell’ambito delle proprie strategie di analisi e miglioramento.

La valutazione d’istituto

In parallelo proseguono le attività di valutazione d’istituto, nelle quali giocano un ruolo sempre più ri-levante i Nuclei Interni di Valutazione (NIV) con la significativa ed attiva partecipazione dei genitori e de-

La valutazione come strumento di analisi e miglio-ramento di un sistema si sviluppa più con un lavo-ro continuo e sottovoce che per mezzo di classifi-che gridate. È quanto sta avvenendo da anni anche nel sistema educativo trentino che, essendo stato anticipatore delle più recenti politiche nazionali di valutazione, sta proseguendo, valorizzando e per-fezionando le pratiche ormai consolidate per com-pletare il quadro secondo quanto previsto dalla L.5/2006, dagli Indirizzi della Giunta Provinciale e – conseguentemente – dal programma del Co-mitato Provinciale di Valutazione (CPV) (http://www.vivoscuola.it/Valutazion/doc/PROGRAM-MA-DI-ATTIVITA--2009-10.pdf ).

IL PUNTOEntro l’anno il primo Rapporto

gli studenti (nell’istruzione secondaria), impegnate a basare analisi e strategie di miglioramento su dati con-frontabili nel tempo e con istituzioni e contesti analo-ghi. Significative, al riguardo, sono – ad esempio – la massiccia partecipazione volontaria degli istituti com-prensivi trentini alla rilevazione degli apprendimen-ti realizzata a livello nazionale dell’Istituto Naziona-le per la VALutazione del Sistema di Istruzione e la rilevazione della customer satisfaction con strumen-ti e modalità uniformi a livello provinciale. La valo-rizzazione ed il perfezionamento di queste pratiche sono al centro di un’azione di analisi e proposta del Co-mitato (CPV) orientata a renderle sempre più rigorose e funzionali per il miglioramento delle singole istituzioni e del sistema, le cui linee guida sono state condivise nell’incontro con i Dirigenti Scolastici e NIV dell’ot-tobre 2009 (pluriennalità della valutazione d’istituto, distinzione tra indicatori descrittivi e di performance, integrazione tra autovalutazione e valutazione ester-na).

Approfondimenti e Rapporto

Infine, si stanno sviluppando approfondimenti sui copiosi dati disponibili di rilevazione degli apprendi-menti, grazie alla partecipazione da anni a diversi pro-getti anche internazionali, e sulla valutazione dei diri-genti scolastici e sono in fase di realizzazione analisi e indagini ‘sperimentali’ su aspetti del sistema di va-lutazione previsti dalla L.5/2006 ed ancora da attiva-re a regime: valutazione per la valorizzazione degli in-segnanti, misurazione dell’efficienza delle istituzioni scolastiche, opinione pubblica sulla scuola come ca-pitale sociale.Le azioni previste dal programma del CPV produrran-no report tecnici e confluiranno nel Rapporto (bien-nale) sulla valutazione del sistema educativo trentino che fornirà alla Giunta (secondo quanto previsto dal-la L.5/2006) un bilancio delle trasformazioni in corso ed indicazioni e strumenti per valutare l’efficacia del sistema educativo provinciale e delle singole istituzio-ni scolastiche e formative.

Paolo CalidoniPresidente “Comitato provinciale

di valutazione del sistema educativo”

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La cerimonia

Mattinata intensa di comunica-zioni, dati e riflessioni sul proget-to di scambio di docenti in scuole bilingue del Trentino e del Tiro-lo, ma anche di emozioni fra in-segnanti ed operatori che da anni ormai collaborano alla riuscita di un’esperienza, iniziata timidamen-te nel lontano 2003 con un in-contro a Candriai su un progetto di scambio già allora definito ‘sto-rico’ “perché dopo quasi un seco-lo di storia si trovano a confronto la scuola trentina e quella tirolese”. Un progetto, che ora vedrà il ri-lancio, grazie all’integrazione sot-toscritta il 22 maggio 2010 del Protocollo iniziale e ad una Lette-ra d’intenti (ma anche di impegni concreti) tra la Provincia autono-ma di Trento ed il Land Tirolo.Didascalie ha sempre seguito e documentato i passaggi decisivi di questo scambio, culminato con l’avvio della scuola bilingue presso l’Istituto “J. A. Comenius” di Co-gnola/TN2 e proprio nella cartella del Seminario del 22 maggio scor-so sono stati inseriti i servizi della rivista del febbraio 2003, maggio 2005 (progetto e firma del Proto-collo a Innsbruck), maggio 2006 e

il dossier interno del marzo 2009. Il Seminario è stato allietato da in-termezzi musicali di un gruppo di fiati, del Conservatorio “Bonpor-ti” di Trento, ed una soprano ac-compagnata da un pianista.In apertura, gli interventi dei due assessori all’istruzione, Marta Dal-maso, della Provincia Autonoma di Trento, Beate Palfrader, del Land Tirol, che hanno riconosciuto en-trambi il valore culturale, oltre che didattico, dello scambio tra docen-ti e delle varie iniziative di gemel-laggio e collaborazione tra scuole, che – come hanno ribadito tutti i docenti nelle esperienze succes-sive raccontate sia per il Trentino che per il Tirolo – non si limita-no solo alle relazioni fra insegnanti e fra ragazzi, ma coinvolgono qua-si sempre l’intera comunità, tan-to che i contatti proseguono anche dopo che i ragazzi sono usciti dal-la scuola.La dimensione del progetto, il per-corso che via via si è ampliato e ir-robustito nei numeri e nelle ini-ziative, è stato presentato per il Trentino da Carlo Basani, diri-gente generale del Dipartimento istruzione, da Mario Turri, diri-gente scolastico che segue da sem-pre il progetto; dall’ispettore scola-

stico Reinhold Wöll, per il Land Tirol. Poi, è toccato agli insegnan-ti entrare nel vivo delle esperien-ze con aneddoti e riflessioni molto partecipate.

L’aquila di San Venceslao a Gottfried Wackerle

In tarda mattinata, la cerimonia di conferimento dell’Aquila di San Venceslao, consegnata dal Presi-dente della Provincia di Trento a Gottfried Wackerle, ex Dirigente scolastico VS Hötting West. La motivazione:– per essere conoscitore e cultore

della storia comune e delle radi-ci della nostra autonomia

– per aver collaborato da più di 12 anni alla realizzazione di proget-ti culturali comuni tra Tirolo e Trentino

– per aver creato le condizioni per la nascita delle scuole bilingue di Innsbruck e Trento, del pro-getto di scambio docenti Trenti-no – Tirolo, delle Sommerschu-len a favore degli alunni trentini presso scuole primarie di varie località tirolesi

– per essere persona di riferimen-to importante in tutte le rela-zioni che coinvolgono le scuole dell’obbligo trentine e tirolesi.”

LORENzO DELLAI: il valore storico, culturale e politico

“Questo progetto – ha assicurato il Presidente della Provincia auto-noma di Trento – proseguirà e ver-rà esteso, anche perché si inserisce in una cornice già ricca di impor-tanti iniziative di collaborazione nell’ambito della regione transfon-taliera che abbiamo detto di voler costruire in Europa, in un’ottica che ci vede glocali, legati al nostro contesto ma aperti al mondo. C’è uno sforzo comune da parte del Trentino e del Tirolo. Le assem-

LINGUE STRANIERE

Trentino Tirolo

Il Presidente della Provincia ha conferito l’Aquila di San Venceslao a Gottfried Wackerle, ex dirigente scolastico VS Hötting West, prin-cipale ideatore e sostenitore del progetto di scuole bilingue in Tren-tino e nel Tirolo, con scambio reciproco di docenti per un intero anno. Cerimonia presso l’aula magna della Fondazione E. Mach a San Michele all’Adige, sabato 22 maggio 2010, all’interno del Se-minario di studio dedicato al progetto iniziato nel 2005 e che ora proseguirà portando a 4 i docenti trentini ed altrettanti quelli ti-rolesi in scambio nelle scuole gemellate. Momento importante per fare il punto e rilanciare, alla presenza dell’assessore provinciale all’istruzione, Marta Dalmaso, e la sua collega Beate Palfrader, as-sessore all’Istruzione del Land Tirol, oltre ai docenti coinvolti.

BILINGUERilancio del progetto strategico

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blee legislative del Tirolo, Trenti-no ed Alto Adige sono da sempre impegnate nella rivendicazione di questo patrimonio comune, attra-verso numerose azioni di coopera-zione transfrontaliera. Parlare dei rapporti tra Tirolo e Trentino significa parlare di storia. Una storia secolare comune nel-la quale tutto il nostro patrimo-nio linguistico e culturale affonda le proprie radici; una storia ed un terreno fertile e virtuoso, sempre pronto al dialogo ed alla crescita. Oggi ci troviamo qui riuniti per portare avanti un progetto di in-ternazionalizzazione delle nostre scuole: l’estensione della scuola bi-lingue italiano-tedesco e tedesco-italiano anche agli istituti di istru-zione secondaria di primo grado. Ma il dialogo interculturale, seb-bene si attui in primis attraverso lo strumento linguistico, può esse-re stimolato e realizzarsi anche at-traverso ulteriori modalità e vie di comunicazione. E’ per questo mo-tivo che, accanto all’istituzione di scuole bilingue e ad uno scambio continuo di docenti dalle rispetti-ve regioni, il Trentino ed il Tirolo stanno investendo a 360 gradi nel-la promozione dei giovani, cioè in varie direzioni, nella consapevolez-za che ciò costituisca un valore ag-giunto per l’intera comunità.In Trentino stiamo facendo delle scelte importanti anche sullo stu-dio del tedesco, con discussioni talvolta accese. Insistiamo coi gio-vani sulla necessità di non smarri-re il proprio patrimonio storico e di non tralasciare l’ambiente geo-grafico ed antropologico nel qua-le vivono; ma siamo convinti altre-sì che vogliamo e dobbiamo essere glocali. Il dialogo interculturale

dovrebbe servire per superare pro-prio queste presunte barriere e per affrontare con maggiore compren-sione ed apertura mentale le diffe-renze dell’altro. In questo senso as-sume grande importanze la ricerca di valori comuni, passati e presen-ti, che legano due realtà confinanti come il Trentino ed il Tirolo.Garantiamo il nostro impegno a proseguire e intensificare que-sta esperienza di collaborazione tra scuole, con l’augurio che cre-sca e si allarghi anche ad altri livelli dell’istruzione, della ricerca e di al-tre istituzioni sociali.”

MARtA DALMASO E BEAtE PALfRADER:assessori all’istruzione trentino e tirolo

Palfrader, con un intervento in italiano, ha insistito sull’obiettivo dell’abbattimento delle barriere e sulla ricaduta in questa direzione grazie ai contatti ed ai progetti di partenariato fra scuole, fra ragaz-zi, fra insegnanti… “collabora-zione reciproca per creare sempre più punti di unione fra il Trenti-no e il Tirolo. Mi pare che ci stia-

mo avvicinando sempre di più al raggiungimento del nostro obiet-tivo dichiarato nel Protocollo del 2005 ed ora integrato al me-glio.” Un grazie particolare, l’As-sessore Palfrader l’ha indirizzato in modo chiaro “agli insegnanti, che si impegnano a diffondere sempre di più la lingua tedesca anche in Trentino; senza di loro non succe-de nulla, le Amministrazioni pos-sono mettere i soldi e le struttu-re, ma solo coi docenti si può dare vita al progetto.”

dalmaso si è rammaricata per non essere in grado di rispondere alla collega in tedesco. Ha parlato di “giornata anche di festa” ed ha ri-cordato come proprio nei giorni “caldi” del confronto sulla riforma delle superiori “abbiamo ripreso la riflessione sullo studio della lingua tedesca fino a 16 anni, abbiamo dovuto ridire e rimotivare il valore dello studio del tedesco, spiegando il perché, le ragioni storiche, geo-grafiche e culturali dello scambio tra il Trentino e l’area mitteleuro-pea. Concetti ripresi in parte an-che dalle Linee guida ai Piani di studio del primo ciclo. Siamo tutti consapevoli come lo studente della scuola trentina viva in una regione particolare. Per questo riteniamo fondamentale che i nostri ragazzi sappiano co-municare in modo efficace, nella

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loro lingua nativa (quella parlata in famiglia), nella lingua d’istru-zione (non solo Italiano, ma per noi anche il Ladino, il Mocheno e il Cimbro) e nelle lingue comu-nitarie Tedesco ed Inglese. L’In-glese è indispensabile. Il Tedesco però, oltre ad essere la lingua dei nostri vicini, è un valore aggiun-to, quel “di più” che risulta altret-tanto indispensabile, perché “fa la differenza”. Insegnare Tedesco, fare apprendere il Tedesco agli stu-denti trentini fino al 16° anno ci è sembrata una scelta in linea con il mandato che la storia ha assegnato alla nostra provincia.Valorizzare il Tedesco significa an-che contrastare l’omologazione, quella che nasce, prima che dalla voglia - lecita e spesso passeggera - di annullare le differenze con i pro-pri coetanei, da una certa noncu-ranza (spesso tollerata e trasmessa dai genitori ai figli), da quella stes-sa “disattenzione” che porterebbe, a lungo termine, ad annullare qua-si le differenze tra la nostra provin-cia e le altre.Il plurilinguismo scolastico ha i suoi problemi, non possiamo ne-garlo. L’introduzione dell’Inglese in affiancamento al Tedesco (più in generale le due lingue nella prima-ria) ha avuto l’effetto di costituire un’area di apprendimento entro la quale i bambini possono avere li-velli differenziati di apprendimen-to. C’è però anche la difficoltà del-la diminuzione dell’orario dell’una e dell’altra lingua, sulla quale è an-cora necessario riflettere.L’assessore Dalmaso ha concluso con una citazione dallaLectio magistralis di Mons. Igi-nio Rogger 18 agosto 2009:“Per convivere occorre conoscere bene la sensibilità (e a volte la suscettibi-lità) del partner. In ogni caso la sola promozione dei meri interessi ma-teriali non potrà mai essere il gluti-ne che tiene insieme una convivenza regionale. Solo su una nuova e for-

te impostazione culturale ed ideale si potranno costruire insieme progetti e programmi più articolati. Penso an-che che la stessa “identità del Tren-tino”, anziché perdersi in disquisi-zioni retoriche, potrebbe emergere in modo più concreto dal confron-to più differenziato e concreto con i nostri primi vicini. Le risorse morali per questa crescita vanno dunque ri-chiamate a raccolta, riconosciute nel loro valore, confermate nell’esercizio quotidiano della giustizia e della so-lidarietà, garantite e sorrette con re-golamenti e norme adeguate. Sono molti i capitoli che ci uniscono ancor oggi con le popolazioni altoatesine e tirolesi, senza pregiudicare le no-stre caratteristiche proprie, che nes-suno oggi del resto mette in pericolo. Sono molto ampie, a ben guardare, le cause e le motivazioni comuni e gli spazi stessi di interessi materia-li coincidenti, che possono avvantag-giarsi efficacemente da una promo-zione fatta insieme, piuttosto che da una ricerca in ordine sparso”.

CARLO BASANI: Dirigente generale Dipartimento Istruzione Provincia autonoma

trentoIl dirigente generale ha ringraziato tutti i docenti “per il grande lavoro di verifica e riflessione fin qui svol-to, docenti partiti dalla voglia di collaborazione culturale ma subi-to divenuto anche un modo nuo-vo e significativo di apprendere le lingue straniere con la scoperta di nuove modalità d’insegnamen-to. Si tratta di dar voce ad un’at-tività comune tra Trentino e Tiro-lo volta all’internazionalizzazione e all’apertura verso una realtà regio-nale cui siamo legati dalla Storia, nello spirito di promuovere e va-lorizzare la reciproca conoscenza e collaborazione. In particolare, esso dà voce ad otto anni di relazioni svoltesi tra la Provincia di Trento e il Land Tirol in ambito scolasti-co, attuate su vari livelli e percorsi. Una occasione di confronto e di ri-flessione tra tutti i partecipanti per ipotizzare futuri sviluppi, una sin-tesi del progetto di scambio do-centi tra Trentino e Tirolo.La possibilità di attuare questo progetto è proposta ogni anno scolastico. Il progetto si articola essenzialmente in un incontro di progettazione, una settimana di scambio effettivo e un incontro fi-nale di valutazione.Esso pone l’accento su una proget-tualità comune che coinvolge gli Istituti Comprensivi - con Scuo-le Primarie e Secondarie di I gra-do della Provincia Autonoma di Trento - e le Scuole elementari e medie del Tirolo.Sono coinvolti in primo luogo i docenti, ma anche gli alunni, i ge-nitori, e le comunità scolastiche.Lo scopo primario è migliorare le conoscenze linguistiche e cultura-li, con un’attenzione particolare

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agli aspetti della socializzazione e della costruzione di rapporti tra le comunità.

Il progetto e lo stato dell’arte

La finalità dell’iniziativa si esplica, infatti, nella promozione di intera-zioni tra le due realtà non solo dal punto di vista scolastico-didattico, ma anche da quello territoriale e culturale.Questo progetto è nato con una durata quinquennale a partire dall’anno scolastico 2002/03; ora viene rinnovato con un atto forma-le che sarà sottoscritto dai due As-sessori.Siamo partiti con la partecipazio-ne di 20 docenti trentini, di cui 10 della Scuola Primaria (elementari) e 10 della Scuola secondaria di primo grado (medie), ed altrettanti tirole-si per i rispettivi livelli di scolarità. Questo numero è stato successiva-mente aumentato di 4 unità per un totale di 24 docenti per ciascuna delle parti.Dall’avvio del progetto e fino al

2009 hanno partecipato 148 do-centi trentini e 160 docenti tiro-lesi. Ognuno per le proprie com-petenze ha messo in comune metodologie didattiche e percorsi pedagogici tesi a sviluppare le com-petenze linguistiche in Italiano e in Tedesco e ad ampliare la conoscen-za reciproca sotto molteplici aspetti.Nell’incontro di valutazione fina-le vengono raccolte tutte le relazio-ni delle varie esperienze e vengo-no elaborate delle schede di sintesi (progetti didattici comuni) per la pubblicazione sul sito della scuola trentina – Vivoscuola.

Protocollo, scuole bilingue

Nell’ambito di questa intercultura-lità, come diretta emanazione del progetto di scambio docenti, e a seguito del protocollo d’intesa fra la Provincia Autonoma di Tren-to e il Land Tirolo del 20 apri-le 2005 (di durata quinquennale e quindi in scadenza), si è dato avvio nell’anno scolastico 2005/06 alla creazione sperimentale di sezioni

di scuola bilingue con program-mi scolastici integrati a Trento e ad Innsbruck.Questa sperimentazione ha con-cluso il percorso nella scuola pri-maria (elementari) ed ora prose-guirà nella Scuola secondaria di I grado (medie). E’ intenzione co-mune aumentare da tre a quattro le unità di docenti coinvolti in questa iniziativa.Le classi interessate a tale proget-to sono:Scuola primaria e secondaria di I grado “Comenius” di Cognola dell’Istituto Comprensivo di Tren-to 2la scuola elementare “Innere Stadt” e la scuola media “Fritz Prior” di Wilten.

Insegnamento veicolare

Sempre sul fronte dell’insegna-mento della lingua e cultura tede-sca un altro aspetto importante da sottolineare è l’attivazione in di-verse scuole del Trentino dell’in-segnamento in modalità CLIL su discipline quali, ad esempio Arte e Immagine, Musica, Geografia, Cultura Tedesca/Inglese, Attività Motorie e Sportive, Attività di La-boratorio.Al momento ci sono nella scuo-la primaria:84 classi di 21 plessi appartenenti a 18 Istituti Comprensivi, 12 progetti per il tedesco e 9 per l’in-glese. circa1600 alunni e 48 docenti (vei-colaristi e di classe).Nella scuola secondaria di i grado:60 classi appartenenti a 15 Istitu-zioni Scolastiche 9 progetti di cui 8 per il tedesco e 11 per l’inglese.istituti scolastici di scuola se-condarie di ii grado 13 con circa 150 classi.Infine la Provincia Autonoma di Trento nell’ambito della dimen-

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sione internazionale della scuola trentina ha attivato anche l’inizia-tiva dei gemellaggi europei ed ex-traeuropei che vede la propria na-scita nell’anno scolastico 2006/07.I progetti europei finanziati fi-nora dalla Provincia Autonoma di Trento sono 107.Per l’anno scolastico 2009/10:23 progetti di cui 5 rivolti all’Au-stria con 15 docenti trentini e 163 studenti di cui72 delle scuole secondarie di primo grado, 91 degli istituti secondari di secondo grado.Al di là della freddezza dei nume-ri, questi dati ci dicono comunque che si tratta di un progetto non solo didattico, ma fortemente cul-turale, un percorso faticoso e im-pegnativo, che ha richiesto azione continua di mediazione, ma che deve andare avanti.

REINhOLD WöLL,Ispettore scolastico del Land tirol

L’ispettore del Land Tirol, scher-zando ma non troppo, ha richia-mato Trento “città del Concilio, importante per la fede, ed oggi San Michele “il Concilio pedago-gico”. Riflettendo sul percorso di scambio transfrontaliero, “chi vuo-le conquistare il futuro – ha detto – deve conquistare i bambini per aiu-

tarli a come capire il mondo. L’idea dell’intuizione si basa proprio sul farci un’immagine, un’idea del mondo: l’identità non si crea chiu-dendosi, ma aprendosi. La lingua italiana ha suoni musicali, è poesia, (“pensiamo al suono gradevole del-la parola ‘capuccino’…); ma anche il tedesco ha un suo fascino, non è solo la lingua dei grandi pensatori, ha moltissime metafore che non ci sono in altre lingue”. Proprio per questo, ha detto rivolto ai docenti trentini, sono felice che voi voglia-te studiarla. Tutto questo è un passo avanti an-che per noi del Tirolo, gli studenti conoscono e studiano altre lingue, ma non sempre conoscono quel-le del vicino, perché c’è come una riserva. Per esempio, l’avvio delle scuole bilingue: c’era paura di sot-toscrivere oggi il protocollo e l’In-tesa che regolamenta lo scambio di quattro docenti trentini e quattro tirolesi per tutto l’anno. Invece è un eccellente risultato.“Grazie al sostegno della Giunta e delle Amministrazioni delle due realtà ora tutto è più chiaro e re-golamentato anche col Ministero e dopo il Protocollo ora integrato avremo più coraggio per fare nuovi passi importanti (penso, ad esem-pio, a scambi durante le vacanze estive). Si tratta di esperienze non solo per imparare insieme, ma an-che per imparare l’uno dall’altro. Con ricadute che ritroveremo e persone che poi ritorneranno nei reciproci posti.”

MARIO tURRIdirigente scolastico presso Dipartimento istruzione Provincia autonoma trento

Il gusto di scoprireil vicino

Tutte le scuole realizzano attività educative e progetti che si collegano ai propri piani di studio e molte indi-viduano dei filoni di lavoro che, nel tempo, le caratterizzano e le rendono un po’ diverse l’una dall’altra. In questo progetto, però, ci sono docenti e scuole un po’ particola-ri; scuole che scelgono di andare in profondità, più che in lontanan-za, che scelgono di proporre ai loro alunni dei percorsi di lavoro che le portano poco lontane sulla carta ge-ografica, ma fanno fare il vero viag-gio di scoperta, che non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi. Queste scuole hanno deciso di riscoprire il vicino, il gusto della prossimità.E’ anche questo un modo per non dimenticare che “Un paese ci vuole, non fosse altro che per il gusto di an-darsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”.

I progetti

Nei resoconti che annualmen-te questi docenti fanno sulle loro

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esperienze di partenariato, una del-le cose più commoventi è il raccon-to della meraviglia dei bambini nel-lo scoprire i punti in comune tra le nostre realtà. I docenti li portano, ad esempio, a scoprire nella “Sprache des Nach-barn” che ci sono parole simili a quelle dei nostri dialetti, che da noi ci sono persone che hanno il co-gnome tirolese e lassù ce l’hanno trentino.Scoprire che „alle müssen mit Was-ser kochen“ fa bene ai nostri bambi-ni perché dà loro dei riferimenti es-senziali di realtà.Trovare elementi comuni nella di-versità è propriamente un esercizio filosofico, significa educare all’astra-zione, a trovare la sub-stantia – ciò che sta sotto - delle cose, trovare ciò che vale.Nella carta geografica i confini sono tracciati dalla politica, ma nella re-altà c’è un continuum sociale, cul-turale, linguistico che va dal Polo all’Equatore.Il Tirolo – Terra tra i monti – è luo-go in cui l’osmosi linguistica e cul-turale, che va dalla Groenlandia al Maghreb, si intensifica, forse anche a causa della conformazione oro-grafica di questa terra, e si rende particolarmente interessante. Le comuni, severe condizioni di vita della montagna ci hanno por-tato a sviluppare una forte cultu-ra della sicurezza e della solidarietà. Sono valori sociali irrinunciabili, ri-ferimento per tutti coloro che fan-no educazione.Ecco perché in Trentino, provin-cia italofona con tre importanti mi-noranze linguistiche, abbiamo un mandato speciale dalla Storia, ecco perché abbiamo una storia speciale, siamo una provincia speciale, con un’autonomia speciale.

Il tedesco in trentino

Oggi è ovunque difficile insegnare, non solo perché le famiglie e quindi

i ragazzi hanno problemi una volta più rari, ma anche perché siamo in un’epoca di passaggio da:un’economia industriale ad un’eco-nomia fondata sulla conoscenzada un testo ad un ipertestoSappiamo che oggi è difficile inse-gnare il Tedesco in Trentino, come altrove è difficile insegnare l’Italia-no, crediamo: più propriamente, è difficile insegnare una lingua che non sia l’Inglese.In Trentino abbiamo quattro tappe fondamentali per l’insegnamento delle lingue:1972, quando il Tedesco è stato in-serito come insegnamento speciale; in Italia si comincia solo nel 1992, dopo la Legge 1481997, con la legge 11, che ha espres-so una scelta a favore del Tedesco2005, con le due lingue alla prima-ria2010 con i nuovi piani di studio.Da cinque anni in Trentino abbia-mo quindi due lingue nella scuo-la primaria e i nostri PSP parlano di apprendimenti a livelli differen-ziati di apprendimento, parlano di lingua come strumento di comu-nicazione, parlano di legame con il territorio.All’inizio i docenti di Tedesco furo-no testimoni dell’allestimento pio-nieristico dei materiali, soprattutto di una buona formazione al lavoro comune, anche a livello territoriale.Per tutti noi, si tratta ora di inse-gnare in modo che chi appren-de abbia il coraggio ed il gusto di buttarsi a parlare.Nelle fasi di cambiamento, ciò che non cambia deve essere cambiato. Dobbiamo riprendere l’impegno di allora.Bisogna sostenere la passione e la competenza di questi docenti, per-ché sono protagonisti.E’ un progetto partecipativo nato dal basso. La politica dei due Län-der lo ha però sostenuto fortemen-te, fino ad inserirlo negli ordini del giorno del Dreierlandtag.

Si tratta di un progetto poco costo-so, il valore lo lasciamo giudicare ad altri.Ora si ipotizzano alcuni passi di mi-glioramento:– l’allestimento di un panel dei

rapporti strutturali contenente i partenariati delle scuole che de-cidono di dare stabilità al loro rapporto.

– un maggiore coinvolgimento dei dirigenti scolastici

GOttfRIED WACkERLEex dirigente scolastico scuola primaria hötting West

Sicuramente l’intervento più toc-cante e coinvolgente, quello di Gottfried Warckerle, “motore e cuore” del progetto di scambio, come lui stesso ha voluto definirsi.“Felice di vedere realizzato qualco-sa che pensavo da piccolo: scopri-re quanto e come il Trentino e l’Al-to Adige siano legati al Tirolo, una terra abitata da genti e ceppi diver-si, peò resta nel suo insieme una regione, divisa al suo interno per decisioni venute dall’Alto, ma che ora può cancellare ciò che è avve-nuto prima.”

Storia comune, ci servono le tre lingue: italiano, tedesco, ladino

Wackerle ha poi iniziato un accat-tivante excursus autobiografico,

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per confermare metaforicamen-te la forza della regione tirolese: “mio nonno si chiamava Giuseppe Viero, nato a Lavis e come tirole-se austriaco ha studiato a Vienna, poi esperto legale in ufficio, spo-sato con mia nonna provenien-te dall’Alto Adige, dalla quale ha avuto una figlia (mia madre), pri-mo ufficiale austroungarico caduto in Boemia nel 1912… Io vivo ad Innsbruck, ma spesso vengo a La-vis dove da bambino per due o tre settimane ho anche frequentato la scuola materna…Ho avuto da sempre chiaro che malgrado le differenze tra noi sa-remmo riusciti a parlarci ed a capir-ci. Proprio per questo era necessario studiare la terza lingua, che per noi era straniera, ma era la lingua del vicino, dell’altro e tutt’e tre le lin-gue ci servivano e ci servono anco-ra oggi e in futuro: ladino, italiano, tedesco. Ci aiutano a riscoprire nel-la moderna Europa le nostre radici, era il lascito anche dei nostri nonni.

Rendere ovvio e naturale la non necessità di barriere e confini…

Ci sono ancora delle barriere, come c’erano i contadini che non riuscivano a capire ciò che accade-va, ma se guardiamo ancora oggi i necrologi scopriamo sempre che ci sono i nomi della ex regione del

Tirolo, che ora sono oltre i confi-ni costruiti artificialmente nel cuo-re delle persone, ed oggi nella testa dei bambini. Siamo noi i colpevo-li del fatto che oggi vengano cerca-ti nuovi confini, perché non siamo riusciti a far capire che è natura-le vivere insieme e non vivere se-parati.” Certe cose si possono dire e capi-re solo utilizzando la lingua madre. Una volta non si pensava proprio di dover cercare confini e barriere logistiche, basta guardare le nostre vallate e lo sanno bene gli alpinisti e gli amanti della montagna.Questo dev’essere l’obiettivo per tutta l’Europa: rendere ovvia e na-turale la non necessità di barrie-re e confini. E questo acquista an-cora più significato, se detto in una sede come questa di San Mi-chele all’Adige, nella rotaliana e a due passi dall’Avisio, che segnava il confine linguistico con le altre Vallate… in questo territorio divi-so e martoriato poi da molte batta-glie, ma che ci ha visti sempre re-stare uniti.

Le esperienze nel racconto degli insegnanti

Motivazioni, percorsi, attività sono stati “raccontati” brevemente da alcuni insegnanti sia del Tren-tino che del Tirolo: Lucia Borto-

lon, Barbara Riser, Lucio Gazzi-ni e Cordula Egger.Sono stati richiamati i punti di forza del progetto:possibilità di ampliare i propri orizzonti, rinforzare la motivazio-ne e la conoscenza, ampliare le co-noscenze di Landeskunde/civiltà, offrire una didattica dinamica, la possibilità di soggiorni in famiglie straniere, possibili evoluzioni della corrispondenza a distanza con uti-lizzo dei nuovi mezzi di comuni-cazione.Non solo scambio tra ragazzi, ma in classe, nel territorio e con rap-porti interpersonali. Esperienze nel dettaglio riferite all’I. C. di Vi-golo Vattaro, di Mori e delle scuole gemellate del Tirolo. Racconti con foto dei momenti più significati-vi, ma anche con riflessioni dei do-centi e richiamo ai genitori. Rac-conti di esperienze, che didascalie continuerà a riprendere e docu-mentare, come fatto finora.“Questo che noi facciamo”, ha det-to Barbara Riser, docente del Tiro-lo, è il fusto iniziale dell’albero, dal quale sono già usciti molti ramet-ti con gemellaggi ed altre iniziati-ve, ma il nostro alberello comincia ora a dare dei frutti. I nostri ragaz-zi guardano all’Europa in modo diverso, per questo il progetto va sostenuto e portato avanti.”

servizio a cura di Mario Caroli

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Ouvertures

Il primo importante risultato del Convegno è stato quello di non isolare la valutazione autentica come fenomeno periferico e par-ziale, in un certo modo successivo rispetto alla centralità della presen-tazione delle strutture grammati-cali e/o lessicali; già la sessione ini-ziale di Viljo Kohonen ha chiarito che essa rappresenta l’anima del nostro lavoro e va quindi inserita nel tessuto più pregnante della pra-tica didattica come atteggiamento primario del docente. L’intervento ha evidenziato le connessioni con l’autonomia dello studente, la per-sonalizzazione dell’insegnamento, l’interazione sociale in classe e l’au-tenticità di persone, contesti e re-lazioni. Poco dopo, Jim Cummins ha ribadito l’importanza di un’im-postazione costruttivista e della pedagogia trasformativa: il nostro intento come insegnanti è di ren-dere consapevoli gli studenti del-le intersezioni tra conoscenza e re-altà sociali per promuovere la loro alfabetizzazione critica. Ha soste-

associazioni

I duecento insegnanti giunti a Levico da tutta Italia per il convegno nazionale promosso dall’Associazione nazionale LEND dal 4 al 7 marzo 2010 sono stati salutati dall’ assessore provinciale all’istruzio-ne e allo sport, Marta Dalmaso, e dal presidente del Consiglio pro-vinciale, Gianni Kessler. Levico 2010 è stato un primo momento di scambio, siamo riusciti a seminare molte stimolanti domande che sono il sale del nostro lavoro e anche a dare qualche risposta (comun-que mai definitiva). L’idea è di continuare il lavoro sulla valutazione autentica insieme con i relatori presenti al Convegno e con tutti gli insegnanti interessati a condividere analisi ed esperienze (i siti www.lendtrento.eu/convegno e www.lendtrento.eu sono sempre attivi). Noi del Direttivo di lend Trento, (oltre a me, Michela Chicco, Phil Dahl, Anna Goio, Sandra Lucietto, Maria Lorenza Mancin e Maria Chiara Schir) cercheremo di rendere disponibili tutti i nostri materia-li ma vogliamo anche i contributi dei colleghi che stanno già lavoran-do in questo settore o stanno sperimentando quanto visto a Levico.

LENDBilancio sulla valutazione autentica

nuto con forza il potere inclusivo dell’apprendimento e la funzione essenziale della lettura. La valuta-zione autentica richiede una peda-gogia autentica.

Nei laboratori…

Nei laboratori si è cercato di ana-lizzare e utilizzare strumenti per la valutazione autentica, come griglie di auto-valutazione e di valuta-zione tra pari; i partecipanti sono stati incoraggiati prima alla rifles-sione e poi all’applicazione nelle proprie classi di quanto visto e vis-suto, nell’ottica della ricerca-azio-ne. L’aspetto operativo del lavoro è stato prevalente in quasi tutti i la-boratori; questo ci riporta alla di-namica di base del lavoro dell’in-segnante, cioè l’interazione con gli alunni senza intermediazioni tec-nologiche (Tessa Woodward dice “You have to teach with nothing”). Credo sia necessario soffermarsi sul rapporto pedagogico con e tra gli allievi che spesso dimentichia-mo e/o nascondiamo dietro altre preoccupazioni.

Speaking in tongues

Un altro grande risultato del Con-vegno è stato far interagire docen-ti di diverse lingue e gradi di scuo-la nello stesso contesto: operazione non facile e non compresa da tut-ti prima dell’inizio dei lavori. Mol-ti erano preoccupati di non capi-re; altri avevano espresso in modo esplicito la loro preferenza per un Convegno ‘parcellizzato’ in settori, corrispondenti alle 5 lingue pre-senti. Anche di fronte a queste ri-mostranze, abbiamo confermato la giustezza e la lungimiranza del-la nostra decisione, anche se dob-biamo ammettere che molte del-le scelte effettuate per i laboratori sono state dettate – purtroppo – dalla lingua di insegnamento: è difficile per tutti cambiare forme e stilemi che ci portiamo dietro dal-la più tenera età! Nessun problema invece a livello di comprensione: hanno sicuramente aiutato le pre-sentazioni in italiano e la capacità di cambiare lingua (vedi plenaria di Teresa Hernández González).

I contributi…

Richard Rossner ha affrontato il punto di vista dell’auto-valutazio-ne degli insegnanti, come svilup-po professionale continuo organiz-zato attorno a descrittori di ‘valori’, ‘atteggiamenti’, ‘saperi’ e ‘abilità’. Monica Barni e Maria Piscitel-li hanno parlato del contesto italia-no, ponendo l’attenzione su criteri e standard per la valutazione autenti-ca e sui processi di costruzione della conoscenza. Petra Köhler e Marie-Thérèse Medjadji hanno analizzato il tema nelle proposte pedagogiche per la lingua tedesca e per quel-la francese, rispettivamente; Teresa

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Hernández González ha presenta-to il materiale prodotto insieme con i suoi alunni in un progetto di ap-prendimento bilingue in Spagna. Altri esperti hanno trattato della va-lutazione autentica in diversi conte-sti in sessioni più brevi, all’interno del programma “Fringe”: Dave Al-lan, Mathilde Anquetil, Elsa Del Col, Sarah Ellis, Elizabeth Gue-rin, Peeter Mehisto, Lorenzo Roc-ca e i nostri due amici Maria Chia-ra Schir e Phil Dahl. Qualcuno ha presentato ricerche nel campo, altri hanno analizzato gli strumenti pe-dagogici che contraddistinguono la valutazione autentica.

La valutazione autentica

In chiusura, Franca Quartapelle ha raccolto i diversi fili del Conve-gno, prendendo lo spunto da una ricerca svolta con Francesca Gat-tullo e Graziella Pozzo. Si sono approfondite le implicazioni della valutazione autentica nella nostra attività didattica: alcuni compiti e attività dovranno essere rivisti per-ché non in sintonia con il nuovo at-teggiamento pedagogico e perché purtroppo spesso in contraddizio-ne con le richieste di “oggettività” da parte dei nostri dirigenti scola-stici. Secondo Franca Quartapelle, “per valutare delle capacità richie-ste dal mondo reale vanno proposti compiti contestualizzati analoghi a quelli della vita reale” come intervi-ste, saggi, racconti e progetti. Trop-po difficile? Per cambiare abbiamo bisogno di cominciare a sperimen-tare. La stessa relatrice ha lasciato il discorso/dialogo aperto a nuovi sti-moli e discussioni: la fine non è che un nuovo inizio.

Luci e ombre...

E veniamo a qualche aspetto nega-tivo, che non manca – né guasta – mai: alcune voci raccolte attraverso i moduli di feedback hanno sotto-

lineato la preponderanza della te-oria sulla pratica, anche durante i laboratori. Altri docenti hanno po-sto l’attenzione sull’informazione e la mancanza di pubblicità data all’evento. Altri hanno lamentato l’assenza – più psicologica che fisi-ca – delle istituzioni e la discrepan-za tra quanto detto durante le ses-sioni e la normale pratica scolastica. L’ultimo mese prima del Convegno è stato difficile per noi del Direttivo di lend Trento, al lavoro continuo per l’evento si univa l’ansia di non farcela. A metà febbraio, avevamo 25 partecipanti (solo una ventina da tutti i gruppi lend) e poi, il Cen-tro per la Formazione Insegnanti di Rovereto ci ha dato una mano, impegnandosi a pagare le quote di iscrizione per gli insegnanti in ser-vizio nella Provincia di Trento. An-che se largamente sottoutilizzata (il Centro aveva messo a disposizione fondi per 150 docenti), questa pos-sibilità ci ha dato la tranquillità di cui avevamo bisogno, il Convegno era salvo (e anche noi).

Imparare sperimentando

E per finire, un inno alla libertà, di cambiamento, di movimento, di sperimentazione. Siamo troppo spesso vittime di costrizioni po-ste da altri ma anche da limiti in cui noi stessi ci rifugiamo per di-fenderci e sentirci protetti. Liber-

tà è proseguire nel proprio percor-so di sviluppo professionale, è fare, e sbagliare, e ritornare indietro, e perdonarsi e riprendere daccapo, anche se è doloroso rendersi conto dei propri limiti ... e delle proprie incapacità. È riguadagnare entusia-smo, motivazione e fiducia, anche attraverso un seminario come que-sto. Le ultime due voci che vi pro-pongo sono segnate – in un certo senso, paralizzate – dalla stanchez-za e dall’impotenza sia verso l’ester-no sia, in modo ancora più chiaro e toccante, verso la propria interio-rità e inadeguatezza. Va bene tutto quello che ho sentito ma tante cose non possono diventare realtà nella situazione italiana. E a questo nean-che Levico 2010 può rispondere o fornire soluzioni. Proviamo a muo-verci a piccoli passi, a prenderci i nostri spazi di manovra, di prova ed errore; rinunciamo a un esercizio o a una pagina del libro; scegliamo di credere nelle nostre intuizioni; ascoltiamo le voci dei nostri stu-denti, accettiamo le loro difficoltà e anche le nostre. Non riusciremo mai a cambiare tutto il sistema ma riprendiamoci la libertà di lavorarlo ai fianchi. E raccontiamoci la storia di quando, in un freddo pomerig-gio di inizio marzo, abbiamo parte-cipato a un Convegno sulla valuta-zione autentica …

Pietro Callovi, Lend Trento

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Chi fa che cosa

L’associazione, che oggi conta cir-ca 40 soci tra docenti di ogni ordi-ne e grado della scuola trentina più altrettanti simpatizzanti, si incon-tra periodicamente anche attraver-so l’articolazione in piccoli gruppi che, in un’ottica di ricerca-azione, compiono approfondimenti teorici e sperimentano nelle proprie clas-si metodologie e materiali elaborati insieme. In questi anni il GISCEL Trentino ha promosso inoltre nu-merose iniziative di formazione e aggiornamento con professori uni-versitari e docenti esperti (ricordia-mo, per citarne solo alcuni, gli in-contri seminariali con Serenella Baggio, Adriano Colombo, Patri-zia Cordin, Valter Deon, Manuela Facinelli, Paola Iannacci, Donatella

associazioni

L’associazione GISCEL Trentino è nata ufficialmente nel 2006 come articolazione regionale del GISCEL - Gruppo di Intervento e Studio nel Campo dell’Educazione Linguistica - costituitosi nell’am-bito della Società di Linguistica Italiana nel 1973 con lo scopo di studiare i problemi teorici e sociali dell’educazione linguistica nella scuola e di contribuire a rinnovarne i metodi e le tecniche dell’inse-gnamento. GISCEL Trentino collabora con la Facoltà di Lettere e Fi-losofia di Trento, l’IPRASE e le istituzioni scolastiche del territorio e nel 2008 si è costituito come associazione professionale riconosciuta dalla PAT, la segreteria è composta da Paola Baratter, Sara Dallabrida e Stefano Morelato, con l’incarico di tesoriere.

GISCELUn convegno e un libro

Lovison, Luisa Miola e Letizia Ro-vida), occupandosi prevalentemen-te di comprensione del testo, gram-matica valenziale, didattica della grammatica, e, in anni recenti, an-che di dislessia.

Dal seminario al libro

Nell’autunno 2008 il GISCEL Trentino ha proposto un semina-rio dal titolo Riflessioni sulla lingua e la grammatica: prassi e prospetti-ve didattiche per approfondire alcu-ne questioni grammaticali, lessicali e sintattiche, che coinvolgono docenti di lettere quanto di altre discipline, e per trovare nuove prassi didattiche da sperimentare a scuola. Attraver-so la ricerca sulle strutture della lin-gua italiana e le ricadute cognitive della riflessione linguistica, il grup-

po GISCEL infatti si è posto l’obiet-tivo di confrontare basi teoriche ed esperienze reali utili per un nuovo curricolo grammaticale, la pratica didattica quotidiana e l’analisi del-la produzione viva degli studenti. A tal fine nelle due giornate semina-riali sono stati anche attivati, sotto la guida di esperti, alcuni laborato-ri ripresi durante il corso dell’anno scolastico nell’attività didattica dei docenti. Il risultato del lavoro di ri-cerca e sperimentazione è confluito nel volume Lingua e grammatica. Te-orie e prospettive didattiche (Franco Angeli, 2009) che raccoglie i contri-buti dei relatori che hanno parteci-pato al convegno e propone, a titolo esemplificativo, tre esperienze didat-tiche condotte in scuole differenti per ordine e grado.

La categoria lessicale del nome

In generale l’attenzione è stata ri-volta all’analisi morfemica e al mo-dello valenziale quali possibili strumenti utili per lo sviluppo co-gnitivo dell’alunno e per abituarlo a riconoscere, e possibilmente cor-reggere, testi sintatticamente e se-manticamente non compiuti. Apre la prima parte del volume una ri-cerca sull’apprendimento della ca-tegoria lessicale del nome condotta da Maria G. Lo Duca, Martina Fer-ronato e Elena Mengardo, le quali mettono in discussione gli obiettivi stabiliti dalle Indicazioni per il Cur-ricolo per la scuola dell’Infanzia e per il primo ciclo di istruzione. In accor-do con le conclusioni della ricerca, Donatella Lovison riflette sull’uso e sui contenuti di tre manuali di grammatica per la scuola seconda-ria di I grado e propone una trat-tazione ideale della categoria del nome. Nei contributi di Patrizia Cordin e Fioretta Mandelli, inve-ce, viene spiegato il modello valen-ziale attraverso casi paradigmatici e complessi utilizzabili nella prassi

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didattica. Infine Valter Deon inter-viene sul significato e l’opportunità del fare l’analisi logica se inserita in un modello logico-semantico che abbia come riferimento complessi-vo il testo.

I percorsi sperimentati

La seconda parte della miscellanea presenta tre percorsi didattici speri-mentati in scuole diverse per ordi-ne e grado a partire dalle precedenti considerazioni teoriche. Sull’utili-tà dell’analisi morfemica per com-prendere termini nuovi e di ambi-ti differenti viene proposto il lavoro di sperimentazione condotto da Al-vise Cristinelli e Elena Martinelli; sulla rappresentazione grafica del-la frase semplice e complessa come strategia d’aiuto per gli studenti, la ricerca di Paola Baratter e Cristina Fait; sul modello valenziale e sul-le possibili omissioni di argomen-ti in testi letterari, il modulo svolto da Sara Dallabrida e Magda Niro. Il volume termina con un inter-vento di Giancarlo Navarra volto a mostrare come le conoscenze ma-tematiche non si possano costruire senza un controllo significativo de-gli strumenti linguistici.

Il convegno a Padova“La grammatica a scuola? Meglio meno, ma meglio”

Si è tenuto a Padova, dal 4 al 6 marzo 2010, il XVI Convegno GISCEL che ha visto la presen-

za di trenta relatori, tra cui Tul-lio De Mauro e Luca Serianni, e la partecipazione di centinaia di do-centi provenienti da tutta Italia. Il tema scelto era in effetti di gran-de attualità, come evidenzia il tito-lo: La grammatica a scuola. Quan-do? Come? Quale? Perché? Si tratta di domande per le quali non è fa-cile trovare una risposta, ma alcu-ni punti fermi sono emersi, primo tra tutti l’inutilità di fare gramma-tica esplicita prima della IV ele-mentare, a causa dell’insufficiente evoluzione cognitiva degli alun-ni. In questa prospettiva il GI-SCEL Lombardia si occupa da al-cuni anni della costruzione di un percorso curricolare di gramma-tica per la scuola primaria che sia “sostenibile”, nel senso di fondato, giustificabile e plausibile nei suoi riferimenti scientifici, ma soprat-tutto equilibrato, praticabile e ri-spettoso delle caratteristiche co-gnitive degli alunni a cui si rivolge e dei loro bisogni di apprendimen-to.

Come fare la grammatica

Sul come fare grammatica, la ri-sposta è unanime: non ha alcun senso studiare liste di parole e re-pertori di regole, ma è necessario selezionare i contenuti grammati-cali essenziali e approfondirli, stu-diarli sotto diversi aspetti, con lo scopo di coinvolgere attivamen-te gli studenti in un procedimento di riflessione e scoperta. Tra le rela-zioni Giuseppina Franca Colmelet e Valter Deon hanno indagato le modalità del procedere del pensie-ro degli studenti attraverso i con-nettivi espressi e non espressi nella scrittura di un testo. Al convegno sono stati presentati anche i pri-mi risultati di una ricerca condotta da Maria G. Lo Duca in collabo-razione con i docenti trentini Al-vise Cristinelli e Elena Martinelli sul riconoscimento della categoria

del verbo da parte degli studenti di due scuole, una elementare e l’al-tra media, del Trentino. Quanto al perché fare grammatica, se tutti concordano sulla sua utilità come palestra del pensiero, Maria Tere-sa Serafini ha sottolineato come le capacità degli studenti di rivedere i propri scritti possano essere po-tenziate dall’utilizzazione di cono-scenze grammaticali che permetta-no agli studenti di capire l’errore e di parlarne.

L’incidenza del testo

Luca Serianni ha affrontato un de-licato problema di teoria e meto-dologia della didattica. “Quale incidenza può avere, nell’insegna-mento della grammatica, il te-sto adottato? Quali caratteristiche hanno i libri usati dagli insegnan-ti? Quale il rapporto tra libro di te-sto e ‘pratiche’ di insegnamento?” Un’indagine mirata lascia intrave-dere elementi interessanti. In ge-nere si caratterizzano per un’atten-zione eccessiva alla classificazione e scarsa all’applicazione pratica. La relazione ha suggerito alcuni am-biti di intervento per migliorare l’insegnamento: l’incremento del-la riflessione linguistica, la proble-matizzazione degli argomenti teo-rici e delle esercitazioni proposte, l’articolazione progressiva dell’in-segnamento. Anche Tullio De Mauro ha riflettuto sui testi sco-lastici di grammatica, lamentan-done le mancanze, e ha proposto una progressione nell’insegnamen-to apprendimento della gramma-tica che parta dalla chiarificazione della nomenclatura per arrivare, solo a partire dalla scuola superio-re, all’analisi della realtà gramma-ticale. Gli atti del Convegno saran-no pubblicati nella collana Giscel edita dalla Franco Angeli.

Paola Baratter, Magda Niro, Sara Dallabrida

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La lingua tedesca

Il confronto ha preso il via con l’intervento di Tom-maso Galli che chiedeva, per quel che riguarda l’inse-gnamento delle lingue straniere, le ragioni del tedesco come seconda lingua obbligatoria nel biennio delle scuole secondarie di secondo grado. Lo sguardo ver-so la lingua tedesca, ha spiegato l’assessore, non è una decisione a monte ma una scelta argomentata, detta-ta dalla collocazione geografica oltre che dalla storia di ieri e di oggi. Si sa che l’inglese è la lingua universale e in quanto tale è la prima lingua ma è parso opportu-no continuare la conoscenza anche del tedesco come lingua obbligatoria. Il punto di vista dell’insegnamen-to della lingua tedesca non è quello di un biennio che non si conclude, ma considerando il fatto che l’inse-

gnamento del tedesco inizia già nella scuola primaria e arriva fino al biennio delle secondarie di secondo gra-do con il senso di un ciclo di 10 anni di studi della co-noscenza della lingua e cultura tedesca. Va considera-to oltre a ciò anche il rapporto economico e lavorativo con il mondo tedesco.

Il metodo di insegnamento

La riforma inizia adesso, ha spiegato il Presidente, nel momento in cui si affrontano i veri nodi, cioè i conte-nuti della componente educativa: i piani di studio pro-vinciali e la metodologia dell’insegnamento e dell’ap-prendimento. È corretto dire se le lingue devono essere presenti, ma è più importante sapere come si devono insegnare. C’è molto da fare per introdurre metodolo-gie innovative, capaci di suscitare più interesse e que-sto lavoro enorme entra nel merito anche di formazio-ne del personale insegnante e di madrelingua. L’idea, ha sottolineato Dellai, è di lavorare molto sulla meto-dologia e spingere su incentivi per soggiorni all’estero e esperienze fuori dall’Italia, perché il punto più impor-tante su cui discutere è come riuscire, fuori dal conte-sto scolastico, ad accattivare lo studio linguistico, ma-gari copiando anche esperienze che ci sono in Europa. “Dobbiamo essere glocal fino in fondo – ha detto il pre-sidente – cioè non perdere di vista il mondo in cui sia-mo inseriti: siamo su una linea di confine, tra il mondo italiano e tedesco, importante non solo dal punto di vi-sta storico ma economico e lavorativo, con interscambi e rapporti. La conoscenza di un linguaggio universale come l’inglese è fondamentale ma bisogna coltivare op-portunità importanti”. Anche in prospettiva è impor-tante capire che va discusso come si possono apprende-re le lingue straniere con più facilità, si sta facendo un ragionamento su questo con il centro di Rovereto per

CONSULTA PROVINCIALE DEGLI STUDENTI

riforma

Martedì 4 maggio 2010 i ragazzi della Consulta provinciale e i rappresentanti degli studenti eletti nel consiglio dell’istituzione si sono incontrati con il presidente della provincia Lorenzo Dellai e con l’assessore all’istruzione Marta Dalmaso in assem-blea plenaria. Il confronto si è articolato su questio-ni precise e sulle motivazioni delle scelte operate a cui punto per punto hanno risposto sia il presidente che l’assessore all’istruzione. L’incontro è stato gui-dato dal presidente della Consulta Tommaso Gal-li che ha presentato in quest’occasione un proto-collo d’intesa per la promozione di iniziative svolte a sviluppare il senso di cittadinanza attraverso l’in-formazione e la formazione alla conoscenza e ad un uso appropriato e attivo degli spazi di partecipazio-ne negli organismi collegiali degli istituti scolastici e dei centri di formazione professionale.

4 MAGGIO 2010 Incontro con Dellai e Dalmaso

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la formazione degli insegnanti ma aspettiamo suggeri-menti sulle modalità anche dagli studenti.

L’orientamento scolastico

L’altro vasto argomento che sta particolarmente a cuo-re agli studenti è l’orientamento scolastico e la relazio-ne tra superiori e università: come legare il passaggio? Di certo non è sufficiente un open day per operare la scelta di un percorso di studi universitario hanno det-to i ragazzi. Secondo loro ci vuole un meccanismo di raccordo, per esempio prefigurare alcune lezioni che gli studenti degli ultimi anni delle superiori possano seguire all’università. L’innovazione è cercare un filo tra questi due poli così che gli studenti possano sce-gliere con consapevolezza. Anche riguardo a questo proposta la componente politica ha espresso la con-vinzione che sia una buona base su cui riflettere. Nel quinto anno delle superiori, secondo l’assesso-re, bisogna spingere lo sguardo oltre, con uno slan-cio verso il dopo che sia mondo del lavoro o univer-sità. Anche secondo Dellai bisogna aver presente che: il 5° anno orientativo si presta a esperienze di rappor-to tra scuola e università, che vanno costruiti poli di specializzazione nella rete della scuola che operino nel campo della ricerca, formazione, università e mondo del lavoro, pensati come filiere, dove il rapporto con l’università sia un rapporto organico con interscambio costante e infine che è importante che anche le equipe dei docenti possano lavorare in partnership con quelli dell’università di Trento che è di grande qualità.

L’Alta formazione

Alcuni ragazzi sono poi intervenuti durante il dibat-tito per riportare argomenti che stanno loro a cuo-

re, come le modalità con cui verrà strutturato il bien-nio e quali percorsi si stanno delineando con il lavoro del gruppo scientifico o l’attivazione dell’Alta Forma-zione. A quest’ultimo quesito l’assessore ha risposto spiegando che Alta Formazione non è in sé prosecu-zione della formazione professionale, ma una vera e propria specializzazione. L’elemento caratterizzante è che è fortemente collegato con il mondo del lavoro. È una proposta flessibile anche nell’organizzazione e di-venta un’opportunità importante perché questo quin-to anno di istruzione consente di raggiungere la ma-turità. Questo percorso dovrà essere attivato quando ci sarà l’accordo da Roma, ma è fondamentale per-ché sono percorsi di qualità che danno titoli spendibi-li. Dellai, dal canto suo, ha sottolineato, in proposito, che la volontà di superare la formazione professiona-le e gli istituti professionali ha portato con sé l’oppor-tunità di riorganizzare questo ramo, cioè la formazio-ne professionale che raccoglie il 20% delle iscrizioni. È una parte del sistema formativo di grande impor-tanza e consente di ridurre al minimo la percentua-le di dispersione scolastica. Riassumendo la formazio-ne professionale standard dura tre anni, diventerà di 4 anni, poi ci sarà il quinto anno e l’alta formazione, visti come elementi in più per rispondere ai ragazzi che scoprono, lungo il percorso scolastico, la voglia di proseguire e possono così recuperare la maturità.

La proposta di protocollo d’intesa

Tommaso Galli ha letto poi un protocollo d’intesa il cui oggetto è l’autonomia e la corresponsabilizzazio-ne della componente studente che fa riferimento alla Consulta provinciale. L’autonomia che interessa i ra-gazzi è quella degli studenti negli organi collegiali sco-lastici come occasione reale di partecipazione, coin-volgimento, indrizzamento della scuola verso mete condivise dati ragazzi. Sono convinti che partecipazio-ne significhi senso di appartenenza e perciò identifi-cazione con le proprie scuole e quindi miglioramento dei livelli di apprendimento e formazione di quell’al-to senso di cittadinanza che si nutre di saperi insie-me sociali e disciplinari. Chiedono quindi uno sfor-zo da parte della scuola, dirigenti scolastici e docenti, segreterie e tecnici per riconoscere e valorizzare il di-ritto – dovere degli studenti alla partecipazione. Sia l’assessore che il presidente sono rimasti piacevolmen-te sorpresi dal taglio del protocollo e dall’impostazio-ne di grande serietà. “Se ci viene proposto questo do-cumento – ha concluso Dellai - sarà accettato come stimolo positivo a condividere spazi di autogoverno, individuando figure di sistema nella comunità edu-cante”. (N.B.)

riforma

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16 n.5 maggio 2010

I dati del questionario

L’iniziativa era partita dalla Consulta provinciale degli studenti, allargata alla partecipazione dei rappresen-tanti eletti nei Consigli dell’Istituzione della scuola su-periore in Trentino, anche per presentare i risultati di un breve questionario inviato a 1300 studenti dell’ul-timo anno delle superiori su aspetti specifici della ri-forma del secondo ciclo, per un commento, da fare assieme.Più di cento i rappresentanti degli studenti, che han-no risposto all’invito della Consulta di partecipare all’assemblea plenaria allargata. Un confronto appro-fondito, ma pacato e nel merito delle questioni pre-cise, introdotto da Tommaso Galli, presidente della Consulta.Dai risultati del questionario erano giunti segnali in-coraggianti per le scelte operate dall’Amministrazio-ne in merito al monte ore settimanale ed al biennio orientativo, con una percentuale del 63% favorevo-le, mentre era stata espressa una chiara preferenza per potenziare le materie d’indirizzo e quelle di labora-torio ed una scelta secca a favore del mantenimento dell’educazione fisica anche nel quinto anno.

Il primo vero confronto sulla riforma del secondo ciclo tra gli studenti ed i rappresentanti istituzionali, il presidente della Provincia, Lorenzo Dellai, e l’as-sessore provinciale all’istruzione, Marta Dalmaso. Giudizio decisamente positivo espresso da antrambe le parti e impegno a proseguire con altre iniziative analoghe di confronto, come poi avvenuto due mesi dopo (vedi servizio nelle due pagine precedenti).

9 MARZO 2010 Primo faccia a faccia sulla riforma

Approfonditi alcuni nodi tematici

Questionario a parte, il confronto aveva toccato tutti gli aspetti della riforma. Molti gli interventi degli stu-denti, tante le richieste di chiarimento. Sul metodo, sul mancato confronto nella prima fase, sul biennio, sull’obbligatorietà del tedesco, sulla soppressione degli istituti professionali e del liceo scientifico tecnologico, sui quadri orari ed i piani di studio.Punto per punto, il presidente e l’assessore avevano ri-badito le motivazioni delle scelte operate, gli spazi an-cora aperti per il confronto sui piani di studio e sul percorso ancora da fare, la chiarezza sulla distinzione dei ruoli tra chi deve esprimere pareri ed opinioni e chi alla fine deve pur assumersi il peso delle decisioni. A più riprese, sia il presidente che l’assessore avevano dovuto ribadire agli studenti che molti rilievi erano privi di fondamento, per il semplice fatto che non ci sono nella proposta trentina di riforma. “Condivido – aveva replicato ad una studentessa l’assessore Dalma-so– che questo è un momento di smarrimento per tut-ti i soggetti coinvolti, ma se si continuano a ripetere gli stessi slogans che si vuole distruggere l’Iti di Rove-reto o altre cose del genere, il confronto non farà pas-si in avanti”. Dopo due ore di domande e risposte, però, tutti con-cordi sulla positività dell’iniziativa, sulla necessità di percorrere strade operative nuove e nuovi strumenti per l’informazione ed il confronto sulla riforma, a co-minciare dagli aspetti che più direttamente possono interessare gli studenti e le famiglie”.“Confronto molto interessante, molto civile per il quale vi ringrazio” aveva concluso Dellai; “clima sere-no e voglia di entrare nel merito delle questioni, che deve continuare” per l’assessore. Da qui, impegno a ripetere l’idea dell’assemblea plenaria allargata ai rap-presentanti degli studenti nei consigli dell’istituzio-ne” da parte del presidente della Consulta provinciale, Tommaso Galli. (m.c.)

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17n.5 maggio 2010

Inserto a cura di: Mario CaroliInterventi di:Norma Borgogno, Mario Caroli, Elisabetta Montagni, Daniele Siviero

InCentro e in periferia: luoghi e tempi per una riflessione

“LA SCUOLA DELL’INCLUSIONE…”

il dossier denTro l’ArGoMenToil dossierla novità

riflessione “uno”riflessione “due”riflessione “tre”

cooperativecentro erickson

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18 n.5 maggio 2010

Centro Risorse…

In centro città, a Trento, nei pres-si della nuova biblioteca universita-ria di via Verdi, a ridosso della ferro-via, al numero civico di via Tomaso Gar 10 c’è una targhetta che diver-si insegnanti, ma anche genitori ed operatori della scuola trentina han-no imparato a riconoscere perché hanno cominciato a mettere piede nella sede del Centro Risorse INte-grazione. Una novità, ma non del tutto, perché chi varca la soglia tro-va ad accoglierlo delle figure note dell’Area Bisogni Educativi Speciali: Angela De Mitri, Elisabetta Mon-tagni, Daniele Siviero … le stes-se persone che fino a ieri operava-

il dossier

Da qualche mese c’è un nuovo riferimento anche fisico per il problemi dei BES (Bisogni Educativi Speciali) e più in generale sull’integrazione nella scuola trentina. Una novità, anzi no, ve-dremo più avanti. Sempre in questo ultimo periodo ci sono stati tre di-versi momenti in cui s’è fatto in modi diversi il punto sui temi dell’inclu-sione: due giorni a Rovereto ed uno a Trento, proposti su iniziativa anche del Centro per la formazione permanente di Rovereto e poi ancora a Trento presso l’Istituto professionale provinciale di viale Verona. Infi-ne, su iniziativa di Con.Solida, il Consorzio di cooperative trentine che operano nel sociale, c’è stata una giornata di interessante confronto tra scuola e cooperazione sulla figura dell’Assistente Educatore, a conclusio-ne anche di una ricerca specifica. Ce n’é abbastanza per documentare il sintesi in questo dossier un passaggio che riteniamo significativo.

BES E DINTORNIIniziative e riflessioni sull’inclusione

no nella stessa Area presso il Palazzo Istruzione di via Gilli a Trento e che continuano ad operare all’in-terno del Dipartimento istruzione, in stretto collegamento con le altre figure di riferimento per i Bes, che sono: Antonia Dallapè, che sosti-tuisce Chiara Ghetta ora in aspet-tativa per partecipare alla fase fina-le del corso-concorso per dirigenti scolastici, Patrizia Rigotti e Flora Plotegher. Siamo andati di persona a conosce-re questa nuova sede e, sinceramen-te ci è piaciuta molto la “persona-lizzazione” che hanno fatto degli spazi, ma anche l’articolazione e la gestione dei momenti di contat-to con gli insegnanti, i genitori, gli stessi studenti e gli operatori a va-rio titolo. Difficile sintetizzare quello che ab-biamo visto e le informazioni che abbiamo avuto dai diretti interessa-ti. Abbiamo chiesto a loro stessi di farci l’esempio di come hanno ge-stito un mese, quello di marzo, di fatto il primo mese completo e pie-no, e nelle tre pagine seguenti c’è il resoconto fatto da Elisabetta Mon-tagni. Un resoconto dettagliato, che a tratti può sembrare la trascrizio-ne dell’agenda degli operatori, ma

dà il senso di ciò che “gira attorno”. Abbiamo ben capito che si tratta di “un posto per… avere informazio-ni, creare contatti, fare delle buo-ne chiacchiere, lavorare in gruppo, avere consulenza anche informale presso il Centro o presso la propria scuola. Un posto dove “si produce pensiero”, ci è stato detto, ma an-che “dove si raccoglie e si mettono in atto azioni…”

Inclusione, perché non resti una parola vuota…

A partire dalla nuova realtà anche fisica sui problemi dell’integrazio-ne, abbiamo pensato di unire in un dossier significativo i vari momen-ti di riflessione che ci sono stati in questo periodo, accanto ad altri che noi però non abbiamo potuto se-guire. Un nuovo riferimento fisico a Trento, tre seminari, una ricerca sull’assisitente educatore che opera nelle scuole ma legato alla coope-razione, ma anche, in questo stes-so periodo, l’inaugurazione a Gar-dolo (Trento) della nuova sede delle edizioni Erickson, che con l’inte-grazione hanno certo a che fare, e che si propone ora di allargare ulte-riormente la propria offerta di ini-ziative e laboratori rivolti a docenti e alla scuole.Siamo perfettamente consapevoli che non esauriamo certo con que-ste pagine le occasioni di approfon-dimento sui temi legati ai Bisogni Educativi Speciali, ma aggiungia-mo un nuovo tassello, continuando a “raccontare” momenti significati-vi nella nostra provincia sul tema.

Mario Caroli

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19n.5 maggio 2010

la novità

Le attività del Centro cominciano a prendere forma. In marzo 2010 parte il “Percorso per voi” dedicato ai docenti con funzione di coordi-namento per i BES, si avviano i gruppi di confronto fra docenti, si apre l’attività “Le buone chiacchiere”, si avviano i contatti con il Centro di formazione di Rovereto, si comincia a preparare i seminari del 29 apri-le e del 13 maggio 2010. Nel frattempo continuano le attività di con-sulenza presso il Centro e nelle scuole, di documentazione di pratiche di inclusione, i contatti telefonici e di posta elettronica, gli incontri a tema con soggetti esterni, le attività di coordinamento con il Diparti-mento Istruzione, l’organizzazione interna….

INCentroPer esempio in marzo 2010 …

Una partenza in sordina

Il centro è partito in sordina, c’è stato il tempo di accordare gli stru-menti, definire il repertorio, comin-ciare a suonare insieme. Ora siamo una buona band (banda BESsotti così qualcuno ha definito affettuo-samente l’area BES). Stiamo impa-rando ad usare le nostre competen-ze nella gestione di un centro che è anche nel centro della città. Il vin-colo istituzionale delimita moda-lità e campo di azione, promuove un’interpretazione creativa, prepara a rappresentarsi gli esiti come pos-sibili (non certi), fa stare più vicini l’agito e il dichiarato (sei quello che fai). È una struttura esposta e SEN-sibile che incrocia più facilmente i percorsi di docenti, educatori, geni-tori, studenti.

SENsibile (SEN: Special Educa-tional Needs): detto di persona o gruppo di persone, sensibile indica la capacità, l’attitudine a sentire, av-vertire, essere ricettivi.Detto di strumento, sensibile indica la capacità di fornire una risposta va-riabile in relazione alle sollecitazioni e alle variazioni che esso rileva.Nel sistema tonale, la sensibile è la nota che rappresenta il settimo grado della scala. distante un semitono dal-la tonica. Il termine trae il suo signi-ficato dal fatto che la tendenza melo-dica del settimo grado è sensibilmente rivolta verso la tonica; per la sensa-zione che crea dà un senso di incertez-za, instabilità, di ricerca di un pun-to d’appoggio. Il Centro si propone come stru-mento di ascolto, supporto, facilita-zione, dialogo sui temi dei bisogni

educativi speciali SENsibilmen-te rivolto alla tonica rappresenta-ta dalle scuole e dalle persone che in esse operano per la complessa ar-monia dell’inclusione.

Percorso per voi

il gruppo di confronto: la pro-posta nasce dalla rilevazione di un bisogno diffuso di informazioni e scambio di esperienze efficaci nel-la didattica per gli studenti con di-sturbi specifici di apprendimen-to. Si intende anche far emergere e documentare pratiche didatti-che messe in atto con successo nel-le scuole sulla problematica in og-getto e promuovere condivisione e collaborazione fra docenti che ope-rano con studenti della stessa fascia di età.ipotesi che sorreggono l’azio-ne: Le proposte funzionano se fan-no riferimento a bisogni espres-si o impliciti che non sono solo di mancanza (difficoltà, fatica, solitu-dine…) ma anche di presenza (desi-derio, espressione, relazione…) e se riconoscono le persone a cui sono rivolte (esperienza, competenza, funzione “implicita”..). L’immagi-ne che ha dei docenti stessi chi fa proposte agli insegnanti, influenza il tipo e l’efficacia della proposta; i docenti hanno un sapere didatti-co e pedagogico che può essere ri-conosciuto e valorizzato attraverso il confronto e lo scambio. Il dialo-go con le scuole permette di vede-re che non sempre servono inter-venti dall’alto: a volte è sufficiente mettere in contatto, allestire luoghi di incontro, mettere in circolazione le risorse esistenti. Docenti che la-vorano con studenti della stessa fa-scia di età possono lavorare insieme anche se sono in scuole con diffe-renti curricoli e i docenti dell’IS e della FP non si conoscono. Ci sono pregiudizi forti che influenzano l’orientamento e le scelte degli stu-denti e delle famiglie.

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20 n.5 maggio 2010

Al Centro e nelle scuole

Le molteplici richieste di informa-zioni (soprattutto telefoniche) o i colloqui al centro rivelano: neces-sità di formazione specifica sui casi ,difficoltà a rappresentarsi lo stu-dente con DSA, studente dal fun-zionamento sconosciuto, ambi-guo, difficile da valutare, difficoltà nella relazione con le famiglie (so-prattutto le madri), rappresenta-zioni di inadeguatezza e ansia. Gli inviti presso le scuole rivelano: ne-cessità e difficoltà di condivisio-ne fra colleghi, richiesta di “fare il terzo” fra spinta innovativa del di-rigente o del coordinatore e cor-po docente resistente, desiderio di mostrare ciò che si mette in atto, si promuove, si realizza, si scopre attraverso l’esperienza. Se i docen-ti si confrontano sui vissuti e sul-le pratiche didattiche è possibile che si formino altre rappresenta-zioni degli studenti e dei docenti; le rappresentazioni che i docenti hanno degli studenti e di se stessi

come insegnanti influenzano gran-demente l’efficacia della loro azio-ne di insegnamento.

Le buone chiacchiere

La giornata nasce nel cuore del Cen-tro Risorse e Integrazione. E’ ri-volta in particolare ai docenti, agli alunni, agli educatori e ai genitori, tutti invitati a fare, appunto, quat-tro chiacchiere importanti su temi fondamentali come la disabilità, per condividere esperienze e impara-re. Il centro è luogo di INformazio-ne e INcontro per fornire supporto alle istituzioni scolastiche e formative per la integrazione e la inclusione di studenti con bisogni educativi spe-ciali documentare, valorizzare e dif-fondere il sapere costruito attraverso la esperienza e la professionalità nelle scuole facilitare processi di collabora-zione fra scuole, istituzioni e profes-sionalità diverse. Un appuntamen-to al mese dalle 17.00 alle 19.00 al Centro dove un ospite propone un tema su cui conversare.

INCROCI

LE SCUOLE A SCUOLANel mese di marzo abbiamo avu-to incontri con le scuole presso le loro sedi:1 marzo: partecipazione al gruppo di lavoro presso IFPA di Rovereto: le difficoltà nei percorsi di inclusio-ne come oggetto di lavoro, micro spostamenti come ipotesi di rispo-sta; 2 marzo: consulenza I.C. La-vis – team docenti, referente BES, genitori, per studenti con DSA; 3 marzo: consulenza I.C. Mezzolom-bardo – Dirigente, referente BES, servizi clinici e privato sociale, do-cente referente medie, genitori, per progettualità disabilità gravissima; 4 marzo: consulenza I.C. Cembra – docenti medie e referente BES su “Lettera C”; 5 marzo: incontro Consiglio di classe IFP Legno: un percorso personalizzato da fuori a dentro la classe; 8 marzo: consulen-za I.C. Avio – incontro Dirigente e referenti BES primaria e secondaria per Regolamento; 9 marzo: consu-lenza I.C. Primiero – Collegio do-centi primaria, secondaria di primo e secondo grado su Regolamento art. 74; 10 marzo: consulenza I.C. Trento 7 – team docenti e referente BES per la progettazione del percor-so per uno studente con disturbo della condotta; 12 marzo: consu-lenza I.C. Isera Rovereto incontro Dirigente, referente BES, team pri-maria, insegnate media, genito-ri, progettualità studente disabili-tà gravissima; 12 marzo: interviste presso IC di Mori per documenta-zione di pratiche inclusive; 22 mar-zo: incontro con il consiglio di clas-se IS La Rosa bianca di Cavalese per un percorso personalizzato speri-mentale; 25 marzo: consulenza I.C. Ala – Dirigente e docenti prima-ria su Regolamento art 74; 29 mar-zo: incontro presso scuola steineria-na con il gruppo degli insegnanti di sostegno; 30 marzo: Pergine II

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21n.5 maggio 2010

Curie partecipazione ai consigli di classe di I sociale e II aziendale sul tema: curricoli personalizzati, curri-coli differenziati e consulenza I.C. Primiero – team docenti plesso To-nadico – gruppo di lavoro sul tema “Lavorare in gruppo” .

LE SCUOLE AL CENTRONel mese di marzo abbiamo ospi-tato al Centro le seguenti scuole:15 marzo: gruppo di confronto dei docenti dell’II Martini sulle azioni di supporto agli studenti con DSA ; 30 marzo: incontro con suor Ma-risa della scuola paritaria Maria Bambina su risorse e azioni di sup-porto per studenti con difficoltà di apprendimento; 29 marzo: con-versazione con Direttrice CFP Ba-relli-Levico sul numero elevato di studenti con disturbi della condot-ta che approdano presso il Centro: è necessaria una riflessione su que-sto tema; 8, 9, 10 marzo: contat-ti telefonici fra IC e CFP su orien-tamento e passaggi di studenti da una scuola all’altra

Coi docenti: incontro e confronto

4 marzo: gruppo di confronto per i docenti che hanno partecipato al corso. Aperture presso la casa labo-ratorio di Cenci: ricaduta dell’espe-rienza, organizzazione della giorna-ta con i ragazzi del centro ANFFAS per la fine dell’anno scolastico; 8 marzo: gruppo di confronto per docenti di lingue straniere della FP e IS su insegnamento delle lin-gue a studenti con DSA; 10 marzo: gruppo di confronto per docenti di matematica della FP e IS su inse-gnamento/apprendimento della matematica con studenti con DSA. Incontri di approfondimento per docenti coordinatori BES: 11 marzo: l’orizzonte comune (per chi inizia); 16 marzo: attraversa-menti (il passaggio da una scuo-la all’altra); 23 marzo: il cammino

percorso (la valutazione); 24 mar-zo: l’orizzonte comune 2.

Educatori, cooperative, servizi…

8 marzo: a Maso Pez: i luoghi al-ternativi nei percorsi personaliz-zati, il ruolo della cooperativa, la rete delle scuole, gli esiti possibili; 18 marzo: Kaleidoscopio: il ruolo dell’educatore nei percorsi perso-nalizzati; 23 marzo: partecipazione Tavolo di lavoro “Politiche giova-nili” con Politiche sociali – (Presso Polo Sociale TN Sud) : la co-pro-gettazione di azioni di rete a sup-porto dei giovani a rischio di ab-bandono scolastico.Incontro con genitore e studen-te con deficit sensoriale per pro-blematiche relative allo svolgimen-to dell’esame di maturità, incontro con genitore e studente con DSA per rischio abbandono scolastico, consulenza ai genitori di uno stu-dente con DSA, consulenza al ge-nitore di uno studente con auti-smo al Centro.Incontri e seminari: 9 marzo: le buone chicchiere “Alla periferia della classe” con Marco Rossi Do-ria. Partecipano docenti, educato-ri della CS4 e i colleghi del Centro Pais di Bolzano. Un filo la colle-ga alla serata successiva: “la diver-sità che è in ciascuno di noi”, il no-stro trovarci per qualche aspetto alla periferia o vicini a essere fuori. Partecipazione al gruppo Distur-bi della condotta presso il Diparti-mento Istruzione. Incontro grup-po disturbi della condotta per la preparazione del seminario (pres-so IPC L. Battisti); 15 marzo: in-contro presso il Centro di forma-zione di Rovereto, per il seminario di studi Includere.Al telefono: conversazione con un genitore di bambino con sindrome di Down, sul difficile percorso di integrazione nella scuola media;arriva un sms: il percorso sta an-

dando bene; ogni venerdì arriva una telefonata che tiene aperto il contatto: il percorso continua (lo studente sta tentando di “tenere” un percorso temporaneamente ad orario ridotto; sappiamo tutti che è complicato)La lente su una mail: ci arrivano anche richieste di aiuto tramite mail come questa: “Abbiamo due ragazzi certificati se-condo la 104 in uscita e sto cercando di attivare in zona un progetto tipo Perla per loro. Ho contattato il ser-vizio sociale e le associazioni del pri-vato sociale del nostro territorio (C8), ma anche loro non sanno come muo-versi. Come possiamo fare? Il Servi-zio ci può dare indicazioni? C’è qual-cun altro nella mia stessa situazione? Eventualmente sono disponibile a far parte di un gruppo di lavoro per fare rete e cercare una soluzione.”

Organizzazione interna.

19 marzo: riceviamo in regalo una tesi di laurea sul portfolio delle competenze nei percorsi Perla pro-duzione di materiali.

Elisabetta Montagni

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22 n.5 maggio 2010

Il Centro Formazione Insegnanti di Rovereto ha organizzato nei pomerig-gi dell’8 e 9 aprile scorsi due giornate di studio rivolte ai dirigenti scolastici ed ai referenti con funzioni di coordinatori di istituto sui BES e sugli alunni stranieri. Come dichiarato in apertura dei lavori da Italo Fiorin, scopo dei due giorni era di fare il punto sull’inclusione degli studenti stranieri e con BES nella scuola. Parafrasando le tre “I” della scuola morattiana, Inglese, Internet e Impresa, con questo seminario si voleva evidenziare invece le tre “ I ”del-la scuola inclusiva: Inserimento, Integrazione, Inclusione e il Mal di scuola.

INCLUDEREDue giornate di studio a Rovereto

La nuova vulnerabilità

Ha aperto gli interventi della pri-ma giornata Ivo Lizzola, preside facoltà di Scienze della Formazio-ne di Bergamo, con un interven-to che significativamente s’intito-lava Aver cura. Bisogna aver cura d’ogni bambino che entra a scuola con la sua storia: “Includiamo i corpi i sentimenti e le storie degli studenti delle nostre classi”. A scuola si trova-no alunni stranieri tra loro, ma non estranei, perché si avvicinano agli stessi oggetti culturali delle disci-pline. Ciò può avvenire attraverso l’esperienza di costruire conoscen-ze in maniera responsabile con gli altri. Questa cura deve riattraversa-re i luoghi scolastici, perché vivono un tempo di fragilità e d’esposizio-ne a situazioni di vulnerabilità. C’è però una nuova vulnerabilità cogni-tiva delle nuove generazioni che de-riva dai contesti sociali. In questa zona grigia, dove si entra per un’in-stabilità relazionale o una frattura famigliare, basta poco per scivolare

riflessione “uno”

ai margini. Così la valutazione può avere un effetto perverso sulla per-sona, con il rischio che la scuola di-venti il luogo di una silenziosa sele-zione sociale. Meglio non agire da soli e coinvolgere le famiglie altri-menti si perde un alleato e sembra di lavorare contro vento.

Due approcci

Nel suo intervento Dario Ianes do-manda provocatoriamente Chi è che se ne occupa?( degli alunni con BES). La risposta di Ianes è che se ne devono occupare tutti con com-petenza. Ma prima di arrivarci af-fronta il tema delineando due ap-procci: quello Speciale-Speciale, che dice che siccome sei speciale ti devo dare una risposta speciale. Così degli alunni con BES ne oc-cupano gli specialisti, con il rischio di dare etichette alle persone e cre-are percorsi separati. Viceversa l’ap-proccio Normale – Normale, che afferma una sostanziale uguaglian-za, comporta che siccome sei ugua-le tutti ti possono aiutare. Bisogna spaccare il dilemma e la sfida è te-nere insieme le due cose.

Le esperienze sul campo

La coordinatrice nazionale del pro-getto I care Luciana Ferraboschi ha presentato gli esiti che questo ha avuto nel mettere in luce i proces-si per l’inclusione nelle scuole ita-

liane. Pur con le difficoltà che com-porta essere dei docenti che operano come professionisti riflessivi, chi ha provato il percorso di ricerca-azio-ne di I care ha ricavato dei vantaggi da questo percorso, quali la capacità di trasformare i casi in modello, dis-seminare le buone pratiche, dando valore alla rete di scuole, praticare la documentazione per promuovere la diffusione dei materiali, attivando un processo di miglioramento con-tinuo nella scuola. L’esperienza con-creta è stata presentata da Erik Ga-dotti, direttore del CFP Artigianelli, che nel suo interevento Quando la disabilità è una sfida ha riportato ciò che è stato fatto nel suo istituto. In-nanzitutto si è cercato di creare un ambiente con un elevato benesse-re sociale, che nascesse nel gruppo dei pari, favorendo momenti infor-mali, come l’accompagnamento in mensa degli alunni con autismo con gruppetti di compagni. Si è poi in-tervenuti sull’organizzazione didat-tica, introducendo ogni due mesi una settimana dedicata al recupero ed al potenziamento, coinvolgendo gli alunni migliori e più sensibili in attività d’affiancamento dei compa-gni disabili.

Il patto con le famiglie

La seconda giornata dal titolo Mal di scuola è stata aperta dalla pre-sentazione da parte di Marco Ros-si Doria, coordinatore del progetto

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23n.5 maggio 2010

provinciale Campus. È da abban-donare l’idea che la scuola risolva tutta l’esperienza di un adolescente perché la vita è più grande. La scuo-la deve essere un luogo salvo, che è aperto e sì connesso in rete con i servizi del territorio e le famiglie, ma che deve restare scuola, mante-nendo il suo mandato, altrimenti si dequalifica rispetto ad altre agen-zie. Un tema caldo è quello del pat-to con le famiglie. In passato il pat-to era implicito, mentre oggi è un patto esplicito. Se il patto viene rot-to bisogna riscoprire creativamente le sanzioni, perché hanno in parte perso il loro valore simbolico. C’è un rischio educativo che non pos-siamo evitare di prenderci, proprio per questo va spiegato nel patto il valore educativo della sanzione. La cosa peggiore è la mancanza di una risposta ad una cosa fatta male. Bi-sogna essere equilibrati ma bisogna pensare a cose simbolicamente ri-parative, brevi. Ma è poi possibile trovare delle sanzioni riparatorie? In definitiva bisognerebbe declina-re quali sono le virtù civili, il saper stare al mondo.

Imparare ad imparare

L’altra cosa fondamentale è l’im-parare ad imparare. Nel metodo di studio è cruciale la motivazione all’apprendimento, il senso. Il pro-blema non è portare a scuola i ra-gazzi, secondo Marco Rossi Doria,

ma è piuttosto quello di farli sco-prire il gusto di apprendere, che è una sfida ancora più ardua. Quanto è compatibile questo tipo di scuola con la scuola? Una scuola che dà le stesse cose a tutti non regge. Oggi è l’individuo che prevale sulla cate-goria plurale di persone. Anche la scuola sembra aver assunto questa visione. Se la scuola vuole declinare l’equità deve rafforzare le parti de-boli, rinforzare le parti forti, fare esplorare le parti nascoste. La scuo-la ha due vincoli di rigidità: l’aula e il tempo. Siccome non si possono moltiplicare i contenitori, partendo da una base comune per tutti, il re-sto, tempo (orario lezioni) e luoghi (aule), vanno rivoluzionati.

Dalla storia dell’intercultura alla costruzione del gruppo

Il responsabile del Ministero dell’Istruzione per l’Intercultura Vi-nicio Ongini ci ha presentato una cronistoria dell’Intercultura attra-verso i documenti ufficiali degli 20 anni nella scuola italiana. Il ritardo accumulato dall’Italia che è parti-ta affrontando tardi il problema ri-spetto ad altri paesi ci ha posti però al riparo dagli errori fatti altrove, ponendoci in pochi anni all’avan-guardia, almeno dal punto di vista legislativo, nel campo dell’inclusio-ne scolastica degli studenti stra-nieri a scuola. Il tema della gestio-ne della classe e la costruzione del gruppo è stato sviluppato da Clau-dio Girelli dell’Università di Vero-na. Si cresce attraverso esperien-ze di successo, che non vuol dire non provare insuccessi, ma trovare la via del successo dopo l’insucces-so. Se non costruisco un vero grup-po il buon esito della parte emersa rischia di essere invalidata. Sempre di più infatti arrivano bambini sco-perti dal punto di vista relazionale. La classe come gruppo tra efficien-za e affettività/socialità va tenuta

in equilibrio. Diventare un gruppo classe è il frutto del lavoro implici-to nell’apprendimento, è il modo di azione. Claudio Girelli ci ricor-da che a scuola ....“Tutto conta. Non si deve fare altro, ma farlo in un al-tro modo.”

L’inclusione come processo

Infine ha concluso i lavori Lucia-no Covi, direttore del Centro For-mazione Insegnanti che ha rica-vato dal seminario la convinzione che l’inclusione è un processo, che può evolvere o regredire, e che per questo va sempre coltivato. Con la consapevolezza che la scuola inclu-siva debba essere tutelata, cercando di aver cura delle buone pratiche che vanno seguite e accompagnate, ha ricordato che inclusione signi-fica coinvolgimento reale di tutti gli attori, dai docenti agli studen-ti, passando dalle famiglie e dal-le agenzie formative del territorio. Chiamare a raccolta tutti i sogget-ti del territorio per fare un azione coordinata è esattamente nelle in-tenzioni del Centro Formazione Insegnanti. Con questo spirito so-stiene gli appuntamenti che l’area Bes con il Centro Risorse Integra-zione ha organizzato il 29 aprile e l’area Intercultura con il Centro Millevoci per il 18 maggio.

Daniele Siviero

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tra specialità e normalità

La sala è gremita, sono tutti docen-ti coordinatori per i bisogni educati-vi speciali, che hanno accolto l’invi-to a trovare un giorno per riflettere sul proprio lavoro, sulla funzione del coordinatore e sul contesto in cui si trova ad operare. Le reali mansio-ni sono veramente tante e in par-te si modificano anche a seconda della scuola in cui si trova l’alunno con difficoltà. Essere referente, han-no spiegato le coordinatrici interve-nute come Lina Broch dell’I.C. Tn 7 e Chiara Bertolini, direttrice del CFP di Levico, significa coordinare il gruppo di insegnanti di sostegno, educatori e curricolari con compito di conduzione del gruppo di lavoro, affiancare gli insegnanti nuovi, inte-grare nel PI le figure esterne in con-venzione, documentare dei percor-si personalizzati, oltre a confrontarsi

il 29 aprile a Trento, presso l’Istituto Formazione Professionale “Per-tini”, il Centro Risorse Integrazione ha organizzato il seminario ”Un giorno per… trovare il tempo di riflettere sui propri passi: interpre-tazioni, spostamenti, evoluzioni, relazioni, tra investimento personale e dimensioni organizzative istituzionali”, dedicato ai docenti coordi-natori per i bisogni educativi speciali. Questa giornata, incentrata so-prattutto su narrazioni ed esperienze concrete di dirigenti e docenti, è stata presentata come occasione di riflessione intorno alla funzione e ai percorsi di integrazione e inclusione raccontati da chi vive que-sta quotidianità, cioè ragazzi, genitori, docenti, educatori, dirigenti.

UN GIORNO PER…Docenti coordinatori BES

riflessione “due”

costantemente con i dirigenti, essere referente per il lavoro con il Servizio Sociale, partecipare ai Tavoli di lavo-ro territoriali.

tra centralità e diffusione

Dalle molte testimonianze è emer-so che essere referente è una respon-sabilità, un prendersi cura affinché i saperi e le risorse possano creare col-laborazione e condivisione. “Se pen-so ad un’immagine del mio lavoro penso ad una ragnatela”, ha detto una coordinatrice che ha voluto ri-manere anonima. E per spiegare an-cora la necessità di aprirsi spiega che nell’essere referente è molto impor-tante il lavoro in rete con un altri istituti. C’è chi, come Miriam Mi-chelotti dell’I.C. Arco, si interro-ga sul ruolo dell’istituto e pensa che

deve essere fulcro della diffusione te-nendo ben presente il rapporto con il territorio e l’importanza di costrui-re reti di scuole così come è stato fat-to nelle Valli Giudicarie e nelle valli di Non e di Sole, per le quali sia Raf-faela Alberico e Rosanna Lizzari che Paola Barolo e Pierpaolo Endrizzi ci hanno spiegato che la parola vincen-te è stata condivisione nell’ottica di confronto e scambio.

Le criticità

Ci sono anche elementi di critici-tà da tenere presente e tante le diffi-coltà che si sono trovati ad affronta-re gli insegnanti, come Silvia Pavan (Don Dilani di Rovereto), sia in classe che in rapporto alla famiglia, alla quale va data l’informazione, l’accoglienza e poi il tempo neces-sario per presentare la certificazio-ne. Annamaria Pradel (Primiero) ha raccontato il suo disagio: “Ho vissuto il primo anno di esperienza con forti aspettative di vedere realiz-zazioni, con addosso l’ansia e la sen-sazione che l’impegno era ‘troppo’ ...”. Maria Teresa Lever (Riva) rife-risce che in tanti anni di insegna-mento ha sentito una serie di affer-mazioni come “ Ma, io insegno così da 20 anni…” , “..ad alunni nor-mali, come faccio con questo?...” e ha cominciato a porsi delle doman-de. Lucia Castelli riporta come ele-menti di criticità anche il numero elevato di studenti BES soprattut-to nella Formazione professionale, e la fatica nel gestire la complessità smussando i contrasti ed evitando le incomprensioni tra le parti e fa-cendo lavoro di squadra.

Il punto

È stato affidato a Claudia Marabi-ni, formatrice e consulente nell’am-

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bito dei servizi sociali e formativi di Milano, il compito di fare il pun-to per mettere a fuoco gli appren-dimenti costruiti e la loro utilità. Claudia Marabini ha individua-to tre focalizzazioni: i cambiamen-ti del contesto sociale e l’esigenza di individuare i bisogni educativi spe-ciali, la difficoltà per gli insegnanti a entrare in contatto con questi cam-biamenti e quindi assumere questi i ragazzi come oggetto di lavoro, ri-costruire transiti culturali organiz-zativi rispetto all’identità profes-sionale dell’insegnante. Quattro le difficoltà che gli insegnanti in-contrano: quella legata all’avvici-namento culturale, la scarsa legit-timazione a livello sociale per gli insegnanti, il mettere in discussione le competenze e la fatica individua-re un’identità professionale, la spin-ta individualistica.

I transiti

Claudia Marabini ha chiuso il suo intervento con una riflessione sui transiti, cioè i cambiamenti cultu-rali e sociali che sono emersi dal-le testimonianze, e che in sinte-si sono questi: da una visione di scuola al centro dei processi so-cio-educativi a centro che va co-struito; da una visione di proble-mi solo se certificati da specialisti a una visione vista e valutata da un diverso punto di vista; da una vi-sione di referente BES, attribuito da un ruolo formale, a uno che si accredita nelle relazioni significati-ve che riesce a tessere, valorizzan-dosi perché fa quello che serve; da una visione individuale e singolare del referente che fa con una visio-ne che deresponsabilizza a quella di un referente che allestisce e ac-compagna gli apprendimenti per poter assumere corresponsabilità, creando cultura e sensibilizzazio-ne; da una valutazione negativa ad una valutazione di ricerca di risor-se per il singolo e le famiglie.

I percorsi del pomeriggio

Nel pomeriggio sono stati presenta-ti percorsi di integrazione e inclusio-ne personalizzati, con un occhio di riguardo per chi ha vissuto in prima persona le difficoltà:Istituto “A. Rosmini” Trento: i laboratori gestiti dagli studenti per l’integrazione dei compagni disabili I. C. Ala: i percorsi personalizzatiI. C. Altopiano di Pinè: la valuta-zione inclusiva Testimonianze varie: i genitori di studenti con DSAI.F.P Alberghiero Rovereto: il per-corso di uno studente downI.F.P del Legno Villazzano eC.F.P. Veronesi di Rovereto : i per-corsi con la classe e personalizzati I. C. Val di Cembra: presentazione di un sito interattivo per l’integrazio-ne nella classe e tra scuola e famiglie.Dalle testimonianze è emersa una ri-cerca diffusa di percorsi propositivi che ricercano buone pratiche da ca-pitalizzare e condividere e che con-vincono che vale la pena investire. Non possiamo entrare nel merito di tutte le situazioni, che continue-remo a monitorare, ma la costante che è emersa è sicuramente quella di porre al centro dell’attenzione il ra-gazzo, prima di tutto come persona, nella convinzione condivisa che gli obiettivi non sono solo cognitivi ma e soprattutto anche sociali.

Disabilità 2%, BES 15%, differenze 100%

L’inclusione, ha spiegato Dario Ia-nes, è una sfida che tocca l’essere, il fare e il diventare. Si deve mirare ad una cultura inclusiva in cui coinvol-gere i genitori, e tutti gli attori del si-stema, nell’ottica di una progettuali-tà inclusiva che è una delle prassi che

qualifica il referente coordinatore bes con un piano di intervento per l’integrazione e l’inclusione. Le al-leanze interne ed esterne sono chia-vi del successo di alcune dimensioni territoriali che tessono reti interisti-tuzionali formali e informali e che, documentando le buone prassi, fan-no anche vera e propria ricerca. Ci vuole riconoscimento contrattua-le, manutenzione continua e svilup-po di un portfolio personale di com-petenze e processi di reclutamento, un monitoraggio e una valutazione dei vari livelli di prassi. La monocol-tura della certificazione, le ore di so-stegno, dovrebbero sparire dal lessi-co per dare vita a una scuola di full inclusion dove riusciamo a fare una personalizzazione di tutti. La corre-sponsabilità va vista nell’ottica che la specialità diventa normale e può convivere nella assoluta normalità.

Non conclusioni ma punto di partenza

Nella parte conclusiva del seminario è intervenuto Luciano Covi che ha posto la domanda di quale ruolo può assumere il Centro di Formazione di Rovereto in questo processo? Il me-todo è partire dalla pratica, dal vis-suto esperienziale, per farlo oggetto di metacognizione che se anche pre-senta difficoltà poi riesce ad incide-re maggiormente e va condiviso con i colleghi. C’è poi il coinvolgimento di diversi attori (insegnanti, genitori, ragazzi) che incidono sull’inclusione e che a livello trasversale riguardano anche le istituzioni e il tema di fare scuola. Sia Luciano Covi che l’asses-sore hanno concordato che semina-ri come questi sono punti di parten-za più che di arrivo, momenti in cui prendere atto del lavoro di tutti e in-sieme. (N.B.)

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riflessione “tre”

Il pomeriggio del 13 maggio 2010, nell’aula magna dell’Istituto Pro-fessionale “Pertini” di Viale Verona a Trento, si è svolto il seminario “I disturbi della condotta in età evolutiva. Sintesi di un lavoro e pro-poste per un progetto” promosso dall’Assessorato all’istruzione e allo sport e l’Assessorato alla salute e politiche sociali. Scopo del seminario era quello di dare una restituzione del lavoro di ricerca svolto dal grup-po di lavoro interassessorile provinciale sui disturbi della condotta in età evolutiva, gruppo insediato nel 2008 e coordinato dal dirigente scola-stico dell’I.P.S.S.C.T. Battisti di Trento Stefano Kirchner. Il seminario ha raccolto oltre 120 persone, tra operatori sociali, educatori, insegnan-ti, psicologi e medici e dirigenti scolastici hanno seguito i lavori.

I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO

Il gruppo di lavoro e le sue finalità

L’attenzione ai bisogni e alle ca-ratteristiche degli studenti con di-sturbi gravi del comportamento, soprattutto nel mondo della scuo-la, aveva fatto sentire, già qual-che anno fa, l’esigenza di costitu-ire, ha spiegato Stefano Kirchner aprendo i lavori, un gruppo di la-voro che si ponesse domande su “che cosa di diverso” o “che cosa in più” si sarebbe potuto fare per questi ragazzi. Nel 2008 era nato quindi su proposta del Gruppo di Lavoro Interistituzionale Provin-ciale il “Gruppo di lavoro inte-rassessorile sul tema dei disturbi gravi del comportamento in età evolutiva”che prevedeva per il la-voro la durata di un anno. Il grup-po era composto da professionisti rappresentativi di ciascun servizio dei due assessorati con lo scopo di: avere una conoscenza più appro-fondita del disturbo della con-dotta dai punti di vista clinico, pedagogico e psico-sociale, indivi-duare le proporzioni del problema a livello epidemiologico, effettuare la ricognizione dei progetti e pra-tiche attivi, divulgare i saperi e le pratiche attraverso un seminario, ipotizzare percorsi più efficaci an-che con metodo di ricerca azione.

Gli intenti

Il gruppo di lavoro era compo-sto da Alberico Raffaela Docente scuola secondaria I grado I.C. Tio-ne, Barone Corrado Neuropsi-chiatra infantile - Distretto Giudi-carie e Rendeva, Bassetti Claudio Docente scuola secondaria I gra-do I.C. Trento 7, Berloffa Anna Centro per l’infanzia Trento, De Mitri Maria Angela Dipartimen-to istruzione, area B.E.S., Disnan Giuseppe Psicologo clinico - Di-stretto Bassa Valsugana e Tesino, Kirchner Stefano Dirigente sco-lastico IPSCT Battisti Trento, Ro-ner Daniela Ufficio programma-zione politiche sociali, Chilovi Flavia assistente sociale, Peder-zolli Elena assistente sociale, Bri-di Susan Tirocinante Università di psicologia Padova, Candioli Me-lissa Tirocinante Università di psi-cologia Padova, Gabrielli Lorenza Tirocinante Università di psico-logia Padova. Il gruppo si è mos-so nell’intento di esplorare con-temporaneamente la dimensione teorica dei modelli di riferimen-to assieme ad una dimensione più operativa relativa alle pratiche for-mali ed informali con le quali cia-scun servizio opera, ma anche i modelli di intervento, le buone prassi, a livello territoriale, nazio-

nale ed europeo. Nel muoversi tra le due dimensioni, nei diversi siste-mi, l’intento è stato quello di inte-grare i saperi con le esperienze al fine di identificare risposte possi-bili a carattere organizzativo, tera-peutico, sociale-comunitario, edu-cativo che possano essere messe a disposizione degli operatori dei servizi coinvolti.

Gli esiti clinici

Lo scopo della giornata del 13 maggio è stato proprio quello di restituire gli esiti da parte dei com-ponenti del gruppo di lavoro. Il quadro clinico del problema è in-tervenuto Giuseppe Disnan che ha definito da un punto di vista medico chi sono i soggetti con di-sturbi della condotta in età evolu-tiva e la loro caratteristica callosità emozionale, che li rende imper-meabili ai sensi di colpa, porta-ti a sfidare i pericoli, in conflitto con l’autorità. Corrado Barone ha evidenziato che la diagnosi non deve diventare solo un’etichetta sul bambino, ma dovrebbe raccontare i bisogni di quel bambino, per po-ter progettare un intervento psi-co-pedagogico che non è né una psico-terapia né vuole essere una terapia farmacologica. Sarebbe importante costruire una rete che coinvolga i clinici, gli insegnanti, gli educatori, gli assistenti sociali, compito affatto facile.

I risvolti sociali

L’esigenza di un approfondimen-to del tema dei disturbi del com-portamento è nato da moltepli-ci fattori come la scarsa efficacia negli interventi con soggetti DC, l’elevato rischio di insuccesso e ab-bandono scolastico, la frustrazione degli operatori per “risultati ine-sistenti” con costi personali e so-ciali elevati, le storie di vita con esiti spesso drammatici, l’elevato

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rischio evolutivo verso “carriere” devianti o psicopatologie dell’età adulta, il lavoro di rete spesso “in crisi”, la problematicità dei servi-zi nella gestione dei casi. Lorenza Gabrielli e Melissa Candioli han-no presentato il loro studio (han-no fatto la tesi di laurea su questa ricerca) su casi rappresentativi, i criteri metodologici e l’approccio epidemiologico adottati. A livello sociale Flavia Chilovi sostiene che l’azione preventiva costa di meno dell’azione riparatrice che si atti-va per l’emergenza e che una for-mazione comune potrebbe aiutare a far dialogare meglio le diverse fi-gure professionali coinvolte.

Le piste di lavoro

Stefano Kirchner ha provato a tracciare delle prospettive di la-voro per il gruppo: realizzare mo-delli efficaci di lavoro di rete tra i servizi per condividere respon-sabilità, procedure, azioni, stra-tegie, mediante co-costruzione di progetti in un’ottica di progetto di vita e che si caratterizzino per alta specificità e flessibilità de-gli interventi da parte dei servizi; avere personale specializzato; am-pliare la fascia di analisi alla prima infanzia ed età prescolare; creare un coordinamento per risponde-re alle emergenze; identificare una proposta formativa innovativa in collaborazione con il Centro di Rovereto per la formazione degli insegnanti e il Centro risorse in-tegrazione Area Bes; coinvolgere l’ IPRASE per la parte di ricerca-azione nella scuola, introducendo una variazione negli aspetti me-todologici dello “studio di caso”

utilizzando “una consulenza alle equipe su progetto”; identificare procedure di collaborazioni tra i servizi; implementare ed organiz-zare la documentazione (di pro-cesso) attraverso un archivio dei materiali.

Il dibattito

Quando è stata data la parola al pubblico si è capito che il tema dei disturbi della condotta in età evo-lutiva suscita molto interesse e pre-occupazione. Dal dibattito è per-venuta la richiesta di una figura di connessione come quella dell’edu-catore, figura “alta” con profilo sa-nitario. Si è sostenuto che l’educa-tore, non avendo i vincoli che ha l’assistente sociale rispetto al tribu-nale dei minori, riesce ad entrare in relazione in modo più proficuo. C’è stato poi chi ha chiesto che il gruppo di studio venga integrato con operatori del privato sociale. E’ stato ripetuto il ruolo strategi-co della rete per evitare interven-ti settorializzati e costruire una ri-sposta istituzionale, riconoscendo il ruolo del team, andando anche a riconoscere l’impegno degli inse-

gnanti. Qualcuno poi ha voluto ri-marcare l’assenza di un interlocu-tore, cioè il tribunale dei minori, che andrebbe coinvolto nel grup-po di lavoro interassessorile. Infine qualcuno ha ricordato l’esperienza positiva della legge 35 provinciale del 1991.

Le conclusioni

Riassumendo gli esiti interistitu-zionali Stefano Kirchner ha poi elencato i punti di forza eviden-ziati dalla ricerca: l’ importan-za del lavoro di rete tra i servizi, l’attenzione a progettare interven-ti specifici con equipe, la presenza di interventi personalizzati e fles-sibili, la formazione condivisa per tutti i soggetti coinvolti e lascian-do delle domande aperte qua-le mandato per la prosecuzione del lavoro, come ipotizzare azio-ni di prevenzione, come rispon-dere a situazioni di emergenza (scolastica). Sia Marco Rossi Do-ria che l’assessore Marta Dalmaso nelle conclusioni hanno ribadito che lavorare in modo efficace per i casi di disturbi del comporta-mento richiede un coordinamen-to, una rete, che è elemento im-portante, ma faticoso perchè deve essere fatta da persone fisse con un mandato chiaro. Bisogna te-nere in carico questi casi con una regia che li segua e tenga insieme le risorse multidisciplinari e tro-vare dei luoghi che restituiscano situazioni di successo, che possa-no entrare a far parte del bagaglio personale di questi ragazzi come racconti interi, che ridiano un si-gnificato alle narrazioni spezzetta-te. (D.S.)

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sti, assistenti sociali e psicologi clini-ci. In particolare sono stati sentiti sei genitori di alunni con bisogni edu-cativi speciali; diciassette educatori; quattordici insegnanti; cinque coor-dinatori di area scuola delle coopera-tive; quattro funzionari del Servizio Istruzione della Provincia. Interviste individuali sono state fatte a quat-tro assistenti sociali, a sei dirigenti di istituto comprensivo, a sei referenti per bisogni educativi speciali, a due psicologhe cliniche, a un logopedista e a tre neuropsichiatre.La presenza della cooperazione so-ciale trentina inizia nel 1993 con la cooperativa sociale CS4 di Pergine Valsugana e, l’anno successivo, con “Grazie alla Vita” di Mezzolombar-do, due cooperative attive nell’am-

bito della disabilità, vennero inizial-mente chiamate a riempire un vuoto creatosi nell’organico degli assisten-ti educatori che allora dipendeva-no dai Comprensori. All’inizio del Duemila vengono coinvolte anche altre cooperative che lavorano prin-cipalmente con i minori, coprendo quindi, nelle scuole trentine, le tre aree della disabilità, dell’infanzia e dell’adolescenza.L’autonomia didattica concessa agli istituti nel 1999, l’attivazione delle procedure di accreditamento degli enti in convenzione presso la Provin-cia autonoma di Trento nel 2004, la legge Salvaterra del 2006 e il suc-cessivo regolamento attuativo han-no definito gli ambiti e le modali-tà del nostro intervento nella scuola trentina. È del 2002 la stipula del-le convenzioni direttamente con gli Istituti comprensivi e il compenso standard orario di € 25,00 per assi-stente educatore indicato dalla pro-vincia e a tutt’oggi in vigore.In questa storia quasi ventennale si assiste ad un’evoluzione della figura centrale della nostra presenza a scuo-la attraverso l’assistente educatore. Partendo da mansioni di assistenza di base ad alunni disabili gravi, l’assi-stente educatore è arrivato oggi a dif-ferenziare i suoi campi di intervento nei confronti dei disturbi specifi-ci dell’apprendimento, le patologie neuropsichiatriche, il disagio socia-le, fino alle attività di laboratorio e di interscuola, mantenendo l’atten-zione rivolta all’alunno portatore di bisogno da un lato, e all’istituzio-ne scolastica dall’altro. È la “clas-se”, quindi, il luogo dell’intervento dell’educatore, ma anche l’oggetto, il contesto stesso su cui lavora per-ché la sua abilità è quella di favorire una duplice inclusione: la sua e quel-la dell’alunno.“Lavorare nella scuola in questi anni – hanno detto d’Amico e Branz, –ha avuto un notevole impatto sulle cooperative sociali sia sul piano or-ganizzativo sia su quello gestionale”.

Con.Solida, la scuola, la ricerca

La ricerca “Saperi Condivisi”, pro-segue ed allarga l’indagine che era stata svolta nel 2005 all’interno del-le cooperative sociali che aderiscono al Con.Solida: ha quindi consenti-to di riflettere sul percorso fatto fino ad ora e ha permesso di interrogarsi sul futuro della cooperazione sociale nella scuola. Introdotta da France-sco d’Amico e Miriam Branz.Nel corso della ricerca sono state sentite 73 persone tra focus group e interviste individuali; con il pro-cedere della ricerca il percorso di in-dagine iniziale è stato arricchito dal coinvolgimento di nuovi interlocu-tori quali neuropsichiatri, logopedi-

cooperative

Un Convegno per fare il punto su una storia ventennale e per tratteg-giare le linee del futuro: con la partecipazione degli assessori provinciali all’Istruzione e alla Cooperazione si è tenuto a Trento, sabato 15 maggio 2010 presso la Sala “Don Guetti” della Federazione della Cooperazione Trentina dal titolo “Saperi condivisi: bisogni educativi speciali, la Co-operazione sociale nella scuola”. Un’opportunità davvero preziosa, per la riflessione e i contributi e perché nel convegno sono stati illustrati i ri-sultati di una ricerca, finanziata dall’Assessorato alla Cooperazione, pro-prio su ruolo e funzione delle figure di educatori tra scuola e cooperativa.”

EDUCATORISaperi condivisi: una ricerca

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LA RICERCA: “Saperi condivisi”

Le cooperative sociali che han-no partecipato alla ricerca “Saperi Condivisi” sono:Con.Solida (rete di 50 cooperative sociali); Arianna di Gardolo; Pro-getto 92 di Trento; Grazie alla Vita di Mezzolombardo; Ephedra di Riva del Garda; Kaleidoscopio di Povo; Ar-cobaleno di Riva del Garda; C.S.4 di Pergine Valsugana; Il Ponte di Ro-vereto; G.S.H. di Cles; L’Ancora di Tione. Coordinata da Silvia Fargion dell’Università di Bolzano, che ha presentato i risultati.“Questa linea di ricerca valorizza quella che è stata definita la saggezza pratica o saggezza professionale de-gli attori coinvolti. La saggezza pra-tica si caratterizza come una capacità di utilizzare fonti di sapere differenti per mettere in atto strategie per pro-ve ed errori e trovare soluzioni con-tingenti, ragionevolmente positive. La ricerca si colloca in questo uni-verso ed è una esplorazione di come le diverse persone, i diversi soggetti e professionisti coinvolti nell’inclu-sione scolastica trovano dei modi di dare un senso alla propria operatività e al proprio ruolo, di come spiegano e rappresentano la realtà e i proble-mi che sono chiamati a fronteggiare, di quali soluzioni e vie mediano per stare nelle situazioni e per migliorare la qualità dell’esperienza di ridefinire e raggiungere degli obbiettivi.”

I risultati

Questi i quattro punti analizzati: L’inclusione scolastica: ovvero go-vernare l’incertezzaTre modi di fronteggiare l’incer-tezza: la delega, mettere a tacere i se-gnali, avviare un processo di ricercaIl modello euristico e le reti: Tenere i fili: il tema della continuità,La rilevanza dei ruoli di ponte, Percepire i nodi di rete come risorse: Il

gioco delle partiIncertezza, indefinitezza e reti: la questione delle identità professionali

Molto ricco e interessante il report con la trascrizione delle risposte dei soggetti coinvolti. Riportiamo solo alcune considerazioni riportate nel-la ricercaIl gioco delle parti: i pregiudizi fra assistenti educatori e insegnanti sono decisamente un ostacolo.La percezione degli educatori è di avere in carico le persone e il loro be-nessere, mentre gli insegnanti sono visti come titolari della classe e della didattica. Nell’attribuzione di un co-dice paterno e di un codice materno gli educatori finiscono con l’essere protettivi e gli insegnanti invece la-vorano sull’autonomia intesa come capacità di fare da soli.

“Quello che dicevo forse io prima, di questo rapporto che magari si può cre-are troppo di dipendenza tra l’alunno e questo insegnante, che è stato nomi-nato, che è lì proprio per lui, questo va gestito molto attentamente, diciamo, perché non diventi una dipendenza … noi come obiettivo abbiamo l’auto-nomia dell’alunno, questo non dev’es-sere perso di vista, e credo che sia un pericolo insito in questo tipo di rappor-to e quindi va tenuto presente e va con-trollato” (insegnante).

“e mi sono avvicinata per vedere il compito e “Non aiutarlo, eh, perché lui deve farlo da solo”, l’ha preso e l’ha spostato in un’altra aula....cioè....al che gli ho detto, “Guardi, voglio dire, non è nel mio interesse suggerirgli....non è che siamo qua per far sì che lui arrivi all’ottimo per forza” e allora lì si è un

attimo inquadrata....Però io ero quel-lache aiutava, in tutto e per tutto, pur di arrivare alla sufficienza....cosa as-surda in realtà” (educatrice).

“e due-tre volte spuntava sulla verifi-ca del bambino che seguivo “Nessun voto perché aiutato dall’assistente edu-catore”. Una volta. Due volte. Tre vol-te. La quarta volta sto bocia poreto c’è rimasto malissimo, si stava per mettere a piangere, io mi sono arrabbiato pro-prio tanto quella volta lì.” (educato-re).

“mi sono avvicinata ad un bambino a chiedere se riesce, non riesce, se ha biso-gno di aiuto, lei mi ha detto “No Car-la, aspetta, deve finire”. Va bene. Però ci mettiamo d’accordo prima, per-ché vuol dire che io non sto nelle rego-le. Allora, non conosco quello che biso-gna fare in quella lezione lì, allora…il bambino ti vede come incapace in qualche modo. Io mi sono avvicina-ta, ero anche curiosa, mi piace… No. Stop Carla!” (educatrice).

Assistenti educatori comunque apprezzati

La natura della ricerca, la selezio-ne degli intervistati in parte sul-la base della responsabilità, fanno ritenere che mediamente i sogget-ti coinvolti fossero già tra i più at-tenti al tema dell’integrazione sco-lastica, e impongono cautela nella generalizzazione dei risultati. Tut-tavia va rilevato che, se innegabil-mente si colgono dei chiaroscuri e delle esperienze di tensione, in linea generale la ricerca ha fatto emergere un deciso apprezzamento della fi-gura dell’educatore.

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LE ESPERIENzE: scuola, cooperativa, genitori

Rosanna Lazzeri (psicopedagogi-sta I. C. Storo), Marcella Giovanel-li (genitore), Cristina Fuoli (coop. Grazie alla vita) e Matteo Callia-ri (educatore “Progetto ‘92) hanno portato la propria esperienza eviden-ziando anche alcuni punti critici.E’ stato richiamato, come una sor-ta di invitato di pietra, il Proget-to formativo d’Istituto, all’interno del quale va trovato lo spazio per “un continuo interrogarsi e nel con-fronto tra relazione educativa de-gli operatori scolastici”. L’assisten-te educatore ha subìto una costante evoluzione rispetto ai suoi tempi, alla sua funzione, al rapporto col ter-ritorio. L’ingresso dell cooperative sociali in diverse forme in supporto all’attività educativa dei ragazzi è un esempio positivo di come “incorag-giare, essere incoraggiati e non fer-marsi solo ad alcuni esiti raggiunti nell’integrazione”.Dal genitore un richiamo al “desi-derio di senso che tutti abbiamo nel nostro lavoro”, ma anche la puntua-lizzazione che “l’inclusione non può essere affare di un solo professionista né della sola scuola né della sola fa-miglia”. Così come dall’educatore il richiamo all’ottica dialogica tra figu-re diverse, sforzo di conoscenza reci-proca, di riprogettazione in itinere, studio e formazione congiunta, co-struire insieme.

I DIALOGhI: non solo mansionario

Il valore certo, della ricerca così come del confronto nella mattinata del 15 maggio 2010, sta innanzitut-to nel fatto che sugli assistenti edu-catori si discuta non in termini pret-tamente sindacali, ma a partire dal vissuto dell’educatore nella scuola, nella classe, nel rapporto con i ragaz-zi per un’integrazione migliore.E’ stato richiamato Andrea Caneva-

ro più volte (l’educazione è un bri-colage che bisogna saper tenere in-sieme), la necessità di una riflessione sul senso dell’educare più che sui mansionari.Tanti gli stimoli anche dalla tavola rotonda coordinata da Franco Flo-ris (Animazione sociale).Marta Dalmaso ha detto che sull’in-tegrazione non ci sono scorciatoie, questo è, però, un buon punto di partenza per affrontare il problema col taglio giusto: vanno chiariti bene i mandati delle varie figure e meno i mansionari, che sono una garanzia ma che a volte diventano un proble-ma che non ci cogliere le vere poten-zialità. Va pensata una regia di si-stema che possa aiutarci in questo senso, perché nella scuola trentina ci sono realtà molto innovative ed al-tre in cui si fa ancora molta fatica ad operare per l’inclusione. ”Sulla chiarezza nei “mandati” e sul-la ripresa di una riflessione seria sul senso dell’educare aveva insisitito anche Franco Floris nell’introdur-re la tavola rotonda: “educare come ponte tra scuola e territori, perché la vita del bambino è continua anche oltre la scuola”.La scuola al tempo delle “reti” può ancora appassionarsi col territorio come soggetto di vita?La cooperativa sociale cosa può fare come apporto a questo soggetto? Solo manodopera? Bisogna risco-prire cos’è la cooperazione nel mo-mento in cui entra ad operare nel-la scuola non come singoli operatori ma come istituzioni sociali virtuose.Bisogna tenere il filo della continuità con il Progetto in evoluzione: “avete condiviso dei saperi, ma motli saperi sono ancora da condividere”Ancora stimoli e condivisione da Sil-vano Deavi, presidente di Con.Soli-

da (la partecipazione di persone gio-vani: capitale umano, è una novità importante che alza anche la respon-sabilità di chi ha compiti diversi); da Elina Massimo, dirigente scolasti-co I. C. Trento6 (gli assistenti edu-catori sono entrati da un’altra logica e un altro sguardo ed hanno costret-to la scuola a fare i conti col proprio modo di operare. Individualità e di-versità oggi sempre più differenti tra loto, non solo i disabili. Leggere scri-vere e far di conto, ma anche fare educazione sociale e aggredire in rete il problema da più punti di vista); Elena Giammarco, assistente sociale (“tenere la regia della Rete e garanti-re pari opportunità a tutti”); Corra-do Barone, neuropsichiatra infantile (partiamo da “progetti di vita” e non da “progetti d’istituto” o cose simili; non solo saperi condivisi ma anche saperi co-costruiti, dobbiamo abbat-tere le difese delle barriere di funzio-ni e ruoli, dobbiamo dirci: da solo col mio sapere non posso.”

A cura di Mario Caroli

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l’evento

Inaugurazione della nuova sede, a Gardolo in via del Pioppeto al numero 24, alle ore 16.00 di lunedì 26 aprile 2010. Prima e dopo, però, una serie di eventi aperti a tutti e sconti speciali sull’acquisto di materiale della Erickson, “Open week” dal 26 al 30 aprile, riuscito e con successo di pubblico. Madrina dell’inaugurazione Maria Concetta Mattei, sala gremita da operatori della scuola, del sociale e del welfare in particolare (i due pun-ti di forza delle edizioni), da dipendenti e collaboratori.

ERICKSONNuova sede nuove idee

Il taglio del nastro, ma già in corsa…

Cerimonia semplice ma nello sti-le cui ci hanno abituati da tem-po le edizioni “trentine ma inter-nazionali”: evento in grande, però attenzione ai contenuti, momen-to comunque per “pensare” e per accogliere. Così, Accoglienza mu-sicale piacevolissima del «Gruppo Archi Versus» diretta dal Maestro Zoran Milenkovich, saluto del sin-daco della città, Alessandro An-dreatta, presentazione della casa editrice da parte di Giorgio Dossi, presidente Edizioni Erickson, bre-ve ma intensa tavola rotonda con-dotta da Pierangelo Giovanetti, direttore de «L’Adige», con Miche-le Colasanto (Università Cattoli-ca di Milano) presidente Agenzia del Lavoro, i due fondatori (Fabio Folgheraiter e Dario Ianes) e due autori Erickson, Alberto Pellai e Carlo Scataglini. Conclusioni del Presidente della Provincia, Loren-zo Dellai, prima del taglio del na-stro. Tra gli ospiti, in prima fila, Marta Dalmaso, assessore provin-ciale all’istruzione e allo sport, ma s’è vista anche “tanta famiglia”, sia nel senso dei dipendenti e collabo-ratori della casa editrice che in sen-so stretto di madri e bambini che scorazzavano. Cerimonia condotta da Maria Concetta Mattei, tren-

tina, giornalista e conduttrice tele-visiva RAI.

Dai banchi del liceo scientifico e poi dal 1984…

I due fondatori di Erickson Edizio-ni c’erano, ovviamente, da prota-gonisti: Fabio Folgheraiter (Uni-versità Cattolica di Milano) e Dario Ianes (Università di Bolzano). Un video, tanta leggerezza e poca in-sistenza sull’amarcord. “Eravamo così, come si vede in quella foto con la valigia in mano, in parten-za per la prima Fiera a Francofor-te. Già dal liceo il gusto del sapere, del conoscere e dell’apertura inter-nazionale. Con la scuola trentina – è Ianes a rimarcarlo – c’è sem-pre stato un rapporto reciproco, noi abbiamo ricevuto molto in ter-mini innovativi, specialmente per l’inclusione, su cui il Trentino è la-

boratorio all’avanguardia, ma ab-biamo anche dato il nostro contri-buto nella stesura di alcune leggi provinciali”.

We care…

Nella tavola rotonda, tanti i richia-mi alla necessità di capire il feno-meno Erickson come impresa, ma anche capire “come può far lievi-tare in Trentino una più forte so-cietà della conoscenza”. Lo ricorda Michele Colasanto che “una casa editrice ha come compito quel-lo di aiutare un territorio a pensa-re”; Pierangelo Giovanetti parla di “boccata d’ossigeno per il Tren-tino ma non solo e, per questo, i trentini devono essere fieri e orgo-gliosi di qvere tale novità editoria-le”. Tema, che Dellai riprenderà e svilupperà nelle conclusioni.Dai due autori Pellai e, messag-gio in piena sintonia: prima letto-

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ri e fruitori di libri Erickson, poi da insegnante di sostegno (Carlo Scataglini) e da medico e ricerca-tore (Alberto Pellai) diventati au-tori più che orgogliosi “perché ave-re un libro con Erickson è subito un marchio di qualità, curato, ri-cercato, a prescinedere dalle ven-dite” e, in particolare pe la scuola “perché la casa punta sulla operati-vità e dà una mano a scovare e tro-vare materiali da far circolare.”

Dellai: grazie per questa impresa della conoscenza…

Dal Presidente della Provincia di Trento innanzitutto tre “grazie” ai

fondatori della Erickson: per aver scelto la zona di Gardolo, a nord di Trento, per la nuova sede (“qua-lifica la rete di imprese e strutture che già ci sono sul territorio, che qualcuno in mala fede continua a considerare come il Bronx”), per la scommessa che c’è dietro que-sta impresa, e per il modo in cui la Erickson ha scelto per presenta-re un’impresa di successo.Nel merito della storia e dell’evo-luzione della casa editrice, Dellai ha riconosciuto il merito “di aver capitalizzato una parte importante del tessuto trentino. Ogni impre-sa ha dietro di sé anche una visio-ne del mondo e del futuro e que-sta è un’impresa della conoscenza. C’è dietro il coraggio dei fondato-ri, ma anche la fiducia e la scom-messa per il futuro; un’impresa che dà lavoro qualificato, che fa filie-ra, che dà lavoro ad altre imprese trentine. Fa filiera anche nel mon-do della scuola, della cooperazio-ne, e con successo.Il Presidente Dellai si è fermato in particolare sul tema della cono-scenza.“Il trentino deve riuscire sem-pre più a pensarsi come un di-stretto della conoscenza. Servo-no investimenti nella formazione e nell’impresa, ma ci vuole un hu-mus, una cultura, una visione che non può che nascere da una co-munità. In questo distretto c’è la

scuola ed è lei che deve trovare la sua flessibilità per tirare fuori i ta-lenti, rispettandoli e non piegan-doli alle necessità organizzative e corporative.”Concludendo con gli auguri, Del-lai ha detto. “Continuate ad essere stimolo per la scuola, per il Tren-tino, per la scuola trentina perché non perda concentrazione sulla vi-sione sulla sua mission, sapndo di essere uno dei punti più avanzati del sistema a livello nazionale. E’ importante recuperare il senso di una mission e tante imprese cultu-rali come la Erickson ci aiutano a non perdere questa visione.Dateci una mano ad essere all’al-tezza del “We care” che avete in-dicato come slogan e che suona anche meglio del “I care”, don Mi-lani mi perdoni”. (m.c.)

Erickson CHIESA

Supermercato POLI REGINA

PASSAGGIO A LIvELLO

GARDOLO

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tRENtO NAPOLIClasse 4 BD: la docente referente

Viaggio a Napoli: un percorso iniziato in classe.Come sempre accade, il mese di ottobre è dedicato alla programmazione delle attività per il nuovo anno scolastico e durante il primo consiglio di classe di una 4a liceo sociopsicopedagogico vengo a sapere che gli studenti avrebbero scelto Napoli come meta del loro viaggio d’istruzione, unitamente ad un itinerario lun-go la costiera amalfitana. Mi domando se quel viaggio, peraltro già “collaudato” negli anni precedenti da altre classi dell’istituto non

possa diventare per i miei alunni l’occasione per lega-re le materie d’indirizzo ad una realtà che andranno a conoscere, per dare concretezza e senso ad uno stu-dio teorico che da alcuni non è ancora compreso nella sua funzione formativa, per offrire ad altri la possibili-tà di un approfondimento che li aiuti a guardare quel-la particolare realtà con l’occhio di chi ha cominciato a comprendere e vorrebbe capirne di più proprio in-contrandola. Propongo ai ragazzi l’idea, chiarisco che sto chiedendo loro un supplemento di lavoro che si aggiunge a quanto già previsto dalla programmazio-ne. Lascio che ne discutano tra loro. La risposta presto arriva ed è un sì convinto a collaborare. Ora tocca a me progettare il percorso che vedrà coinvolta anche la classe 4E dell’indirizzo scienze sociali, guidata dalla collega Silvia Tarolli che condividerà con noi la parte sociologica del percorso.

Sociologia e pedagogia: le discipline più coinvolte

Si decide per il nostro indirizzo di privilegiare le di-scipline di sociologia e pedagogia; con la collega Ma-ria Elena Margoni, docente di pedagogia, scegliamo di approfondire lo studio del fenomeno dell’abban-dono scolastico nella città di Napoli. L’argomento in-fatti permette di incrociare l’analisi di taglio sociolo-gico del territorio di Napoli, con le sue povertà, le sue emergenze, come quella della criminalità organizza-ta e la riflessione di tipo pedagogico per l’importanza che assumono in quel contesto di grave disagio socia-le le “scuole di seconda occasione” nell’azione di con-trasto al fenomeno dei “drop-out” e come esempio di un modo diverso di fare scuola, capace di tener conto di bisogni diversi che nella scuola ordinamentale non sono sempre considerati.Inoltre si ritiene anche che il tema proposto, per l’apertura che esso offre su problemi rilevanti del no-stro Paese, possa aiutare i ragazzi a esercitare in prima persona quella cittadinanza attiva che ci rende cittadi-ni attenti e partecipi di quanto accade anche ad altri perché in qualche modo ci riguarda.

Un testimone privilegiato

Si pensa che il percorso abbia bisogno di un testimo-ne privilegiato, di qualcuno che, da napoletano, ci racconti la città, ci trasmetta la sua anima, conosca i ragazzi di camorra perché ci è vissuto fianco a fian-co nel suo lavoro di educatore. La scelta cade sul ma-estro di strada Marco Rossi Doria che con entusia-smo risponde alla nostra richiesta. I due incontri che egli avrà con i ragazzi saranno fondamentali non solo

DALLE SCUOLE

liceo “rosmini” Trento

Didascalie ha sempre raccontato, attraverso la voce degli insegnanti e degli studenti, molte esperienze di gemellaggi, di viaggi di istruzione o di sempli-ci “uscite” dalla scuola. In queste pagine, abbia-mo voluto dare spazio a due “gite scolastiche” dav-vero speciali: si sceglie la destinazione, una città come le altre, ma poi il tutto si intreccia – prima/durante/dopo – con un tema d’alto valore educa-tivo e civile, quello della legalità, e non solo. Con ricadute positive per chi l’ha fatto, per l’istituto e per altri studenti e docenti che volessero ripetere ed approfondire l’esperienza. Due classi del liceo “A. Rosmini” di Trento, raccontano qui di segui-to questo interessante percorso. (m.c.)

PONTI DI PACEDue viaggi di istruzione diversi

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per la mole di informazioni trasmesse ma anche per-ché egli porterà la sua esperienza di maestro di strada e la passione per questo mestiere. L’approfondimento nei mesi successivi prosegue poi con gruppi di studio sulle scuole di seconda opportunità , con la lettura di una ricerca sul fenomeno della camorra come orga-nizzazione d’impresa in un’ottica glocal, con la visio-ne del docufilm “Biutiful Cauntri” e si conclude con le relazioni degli studenti alla classe sui singoli temi.

Il viaggio, il rientro, il saggio breve… Il viaggio a Napoli nel mese di aprile e l’incontro con gli insegnanti e gli alunni della scuola media del quartiere Forcella , nel centro storico, permette ai ragazzi di completare e inverare il percorso compiuto precedentemente potendo dialo-gare con chi, vivendo in prima persona l’emergenza dell’abbandono scolastico cerca di porvi rimedio. Infi-ne, al rientro dal viaggio, abbiamo proposto agli alun-ni un saggio breve come momento di verifica pluridi-sciplinare sul tema trattato. L’esito è risultato molto buono e l’obiettivo ci è sembrato raggiunto.

Maria Grazia LecceseL’insegnante di sociologia classe 4BD,

referente per il viaggio a Napoli

La studentessa: il mio diario

trento, 19 marzo 2010Lo scopo principale del nostro viaggio di istruzione con destinazione Napoli era quello di poter visitare e capire il funzionamento di una scuola media e ele-mentare situata a Forcella, quartiere molto povero in cui la criminalità è all’ordine del giorno. Diversi mesi prima della partenza le professoresse di sociolo-gia (Maria Grazia Leccese) e di pedagogia (Maria Ele-na Margoni) ci hanno accompagnato, con un preci-so percorso di studio, alla comprensione e allo studio del disagio sociale presente a Napoli che è fortemen-te collegato all’abbandono scolastico. Abbiamo inoltre avuto la possibilità di imparare di più sulla camor-ra, sulla sua organizzazione e sul funzionamento delle scuole di seconda occasione.Un altro aiuto importante ci è stato fornito da Marco Rossi Doria, formatore di docenti sulle didattiche la-boratoriali e le metodologie di contrasto della disper-sione scolastica, del disagio e dell’esclusione precoce e fondatore del progetto Chance, che si era messo a disposizione dell’istituto Antonio Rosmini di Trento per alcuni incontri con la nostra classe (una quarta del liceo socio psico pedagogico) e un’altra (quarta del liceo sociale) in preparazione all’imminente viag-gio verso Napoli. Egli, dopo averci illustrato la storia di Napoli e la situazione attuale della città, ci ha por-tato la sua personale testimonianza, come ex maestro di strada, di quelle che sono le grandi problematiche che devono affrontare i ragazzi nati in situazioni di di-sagio e come il suo lavoro sia improntato sulla pazien-za e sulla comprensione. Nelle sue parole, nei suoi di-scorsi, nelle sue riflessioni e nelle sue storie traspariva in maniera chiara la passione che lo ha portato, e lo porta tutt’ora, a svolgere un lavoro così impegnativo e non finalizzato al guadagno economico.

L’incontro coi ragazzi di forcella…

Il giorno della partenza per il viaggio, spinti da entu-siasmo e curiosità, ci sentivamo tutti pronti per visita-re e affrontare una realtà così vicina ma nel contempo così diversa dalla nostra. Appena giunti alla scuola di Forcella le professoresse ci hanno accolto con calorosità e gentilezza e, orgoglio-se, ci hanno delineato le particolarità del proprio isti-tuto e del relativo operato. Le insegnanti hanno espli-citato come nelle zone frequentate dalla Camorra sia importante trasmettere fortemente nell’alunno valori quali la legalità e l’importanza dell’istruzione per evi-tare che i ragazzi finiscano sulla strada come compo-

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nenti attivi della grande organizzazione camorristica. Il compito della scuola di valorizzare le attitudini e sviluppare le competenze di ogni singolo alunno as-sume una maggiore importanza nelle zone come quel-le di Forcella. È stata inoltre di grande interesse l’esi-bizione da parte dei ragazzi frequentanti la scuola che hanno voluto intonarci una canzone scritta da loro molto semplice ma densa di significato. Attraverso il loro componimento ci hanno raccon-tato e trasmesso la loro volontà di cambiare la si-tuazione attuale di Napoli e il loro impegno nei confronti della società (“...Forcella è segno del nostro impegno/in questa città io voglio restare/per questa cit-tà io voglio lottare/da questa città io non voglio scappa-re...”).

“Siamo fortunate perché abbiamo una scuola che ci accoglie…”

Un altro intervento toccante è stato quello di una delle alunne che, con voce tremante, ha volu-to evidenziare come lei e i suoi compagni si trovino in una si-tuazione privilegiata rispetto alla gran parte dei loro concittadini in quanto hanno la fortuna di avere una scuola stabile in gra-do di accoglierli in ogni momen-to e di aiutarli con tutti i mezzi disponibili. L’intervento dei ra-gazzi ha strappato a tutti noi un sorriso e, commuovendoci, ci ha aiutati a comprendere veramen-te come questa scuola permette a molte persone di costruirsi un

futuro concreto ed è importante che gli abitanti di Forcella ne siano consapevoli. È importante puntua-lizzare come la scuola da noi visitata sia un punto di riferimento per tutto il quartiere in quanto è riusci-ta a formarsi in una situazione difficile e, con gran-de impegno, quotidianamente educa ragazzi decisi a cambiare il destino della propria città in meglio ed è solo grazie a loro che nutriamo nel futuro maggiori speranze di miglioramento sociale e culturale. Nel complesso l’esperienza che abbiamo vissuto è stata di rilevante importanza per il nostro percor-so di studio e ci ha aiutato a conoscere e capire un mondo che, senza l’aiuto della nostra scuola, non avremmo mai realmente scoperto fino in fondo.

Beatrice BottamediStudentessa classe 4BD

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Un’idea nuova

Alla quarta C del nostro liceo lingui-stico lo scorso anno con la collega di filosofia abbiamo lanciato una pro-posta che esulava dalle solite ipote-si per il viaggio di istruzione. Perché non rendere la solita gita qualcosa di unico e di significativo e formativo? Così è nata l’idea di far partecipare la classe al concorso Bettiol promos-so dal comune di Trento e a cui le ra-gazze si sono dedicate con interessere e convinzione. Ne è nato un proget-to che prevedeva tra l’altro la nostra permanenza a Palermo nell’ultima settimana di ottobre, non per i so-liti giri turistici, ma per poter toc-care con mano una realtà di cui si

era visto solo in televisione o letto sui giornali. Il concorso è stato vin-to e così di contatto in contatto ne è nato un programma denso di incon-tri con persone che ci hanno segnato nel profondo e che hanno mostrato alle ragazze un aspetto della realtà fi-nora sconosciuto. Personaggi come Giovanni Impastato, fratello di Bep-pino, piuttosto che Rita Borsellino hanno destato in noi un profondo interesse soprattutto per la convin-zione e il desiderio di non lasciar-si determinare dagli eventi ed esse-re sempre e comunque protagonisti della realtà. Il giro per Palermo con i ragazzi dell’associazione “Addio piz-zo” e lo scegliere locali “pizzo free” ci hanno fatto riflettere su una piaga

sociale, che da noi apparentemente non esiste e su un modo di guardare alla città siciliana diverso rispetto ai soliti pregiudizi.

Solidarietà e sussidia-rietà: tra i bambini del quartiere zen

L’incontro con alcuni alunni di un liceo locale il “Danilo Dolci” ed un collega ci hanno permesso un in-teressante dialogo e confronto per evidenziare quanto siano maggiori i punti di contatto rispetto agli ele-menti di divisione tra due realtà re-gionali apparentemente così lonta-ne. Sicuramente però ciò che ci ha maggiormente segnato sono sta-ti i tre pomeriggi trascorsi ad aiuta-re nello studio e in attività di dopo-scuola i bambini del quartiere Zen due. Alle nostre alunne così abituate a girare l’Europa (Inghilterra, Ger-mania, Spagna), passando con faci-lità da una lingua all’altra, si è spa-lancato un mondo nuovo, quello della solidarietà e della sussidiarietà, aiutando un gruppo di suore della carità, tra cui una nostra ex collega trasferita in Sicilia tre anni fa, nelle loro attività. Dedicare gratuitamen-te del tempo a chi ha praticamente bisogno di tutto è stato significati-vo anche per rivalutare ciò che nel quotidiano appariva spesso sconta-to. L’esperienza è risultata preziosa sotto tanti punti di vista ed il desi-derio è questa possibilità possa es-sere ripresa e vissuta da altri nostri ragazzi tanto da poter diventare un progetto del nostro istituto.

Marta CainelliInsegnante liceo “A. Rosmini”

Trento

classe 5a lC

Sempre dello stesso istituto questa seconda esperienza di viaggio d’istru-zione “speciale” effettuato a Palermo, legato alla tematica della legalità e pensato dopo la partecipazione al concorso Insieme per la Pace, intitola-to a Pierluigi Bettiol e promosso dal comune di Trento. Un concorso ri-volto ai giovani, che mira a sostenere la realizzazione di progetti finalizzati a promuovere la cultura della pace e della multiculturalità nella cittadi-nanza di Trento e a realizzare scambi culturali con Paesi in via di sviluppo. L’esperienza della classe 5^LC del liceo “Rosmini” di Trento è stata re-alizzata prima di quella di Napoli raccontata nelle pagine precedenti..

TRENTO PALERMOIl progetto nel resoconto della docente

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TESTIMONIANZELe studentesse raccontano

Siamo le studentesse della classe 5^LC e, essendo molto interessate e vicine alle tematiche di pace e multicultu-ralità, abbiamo deciso di prendere parte ad un progetto organizzato dal comune di Trento intitolato “Insieme per la pace”. Abbiamo ritenuto che, per quanto il mon-do e la stessa Europa abbiano bisogno di attenzione e sostegno, non dobbiamo dimenticarci del nostro Pae-se, in particolare del Sud, che presenta problematiche che non vanno sottovalutate. Per questo abbiamo pen-sato che per aiutare gli altri popoli sia necessario aiutare prima noi stessi. Accade spesso di sentir parlare dei pro-blemi che affliggono lo Stato italiano come se esso fos-se diviso in due parti, in maniera tale da far sembrare che gli accadimenti del Nord non riguardino in nessu-no modo le regioni meridionali e viceversa. Come stu-dentesse, ma anche come giovani ragazze che si stanno preparando a far parte della società in modo attivo, re-sponsabile e consapevole, ci siamo chieste se sia davve-ro così e se l’idea di un’Italia “spaccata” in due sia reale o immaginaria.

Il quartiere zen Abbiamo vissuto un’esperienza nuova che ci ha inse-gnato non solo a comprendere meglio il nostro Paese, ma anche a rapportarci con altre persone che vivono una realtà in cui alcune problematiche sono palpabi-li ed evidenti. Infatti abbiamo avuto l’occasione di en-trare in contatto con dei giovani che vivono nel quar-tiere Zen di Palermo. Coscienti che questo progetto ci avrebbe potuto far imbattere nella realtà mafiosa che è nascosta eppure molto evidente, non abbiamo preteso di risolvere tale profonda ferita di cui il Sud è vittima, eppure pensiamo che la conoscenza e l’esportazione del problema al Nord potrebbe far agire i nostri concittadi-ni in maniera più consapevole e soprattutto dimostra-re a quelle persone di non essere sole nel contrastarlo.

La nostra motivazione

Il nostro obiettivo principale era quello di donare un supporto umano che ci permettesse di instaurare un

ponte tra il Nord e il Sud in un rapporto da protrar-re nel tempo. Per fare questo abbiamo preso i contatti con suor Francesca Ranghetti, una nostra ex-insegnan-te di religione, che da tre anni opera nel quartiere Zen ed è venuta a contatto con la realtà che noi volevamo conoscere e analizzare. Inoltre ci siamo attivate, anche con l’aiuto di altre classi dell’istituto, a raccogliere dei fondi finalizzati all’acquisto di materiale scolastico per i bambini e per permettere loro di uscire dalla loro real-tà e visitare la città di Trieste per qualche giorno. Così oltre a cercare una risposta alla domanda se davvero il nord sia immune da un certo tipo di problemi, abbia-mo condiviso con i ragazzi siciliani alcuni pensieri: sa-pere come loro vivono la loro realtà e se la considerano davvero problematica come viene dipinta, come pensa-no sia la vita in Settentrione e se secondo loro l’Italia sia davvero divisa in due.

Per realizzare questo progetto, abbiamo:

Studiato in classe in modo approfondito il fenomeno della mafia in tutti i suoi aspetti (quando è nato e per-ché, come agisce, ecc…);contattato suor Francesca e una classe del liceo lingui-stico Danilo Dolci del quartiere Brancaccio di Palermo;organizzato assieme a suor Francesca e altre volonta-rie alcune attività di dopo-scuola e di laboratorio con bambini che abitano nel quartiere Zen;incontrato alcuni ragazzi di Palermo con i quali ci sia-mo confrontate e abbiamo stretto amicizia (“Associa-zione Lievito” e alunni del liceo D. Dolci);visitato la città con la guida di alcuni volontari dell’as-sociazione “Addio Pizzo”, incontrato Giovanni Impa-stato, fratello di “Peppino”, e Rita Borsellino, sorella del giudice Paolo Borsellino.Il prossimo passo sarà quello di organizzare un incon-tro serale e un’assemblea di istituto in modo tale da po-ter condividere la nostra esperienza con alunni, genitori e docenti del nostro istituto. Cogliamo l’occasione per ringraziare tutti coloro che hanno donato il loro con-tributo per la realizzazione del nostro progetto e vi in-vitiamo a partecipare numerosi agli incontri che orga-nizzeremo.

Le studentesse della classe 5^LC

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Allegria, gambe e solidarietà…

Il via ufficiale alla Maratona, come sempre, alle 10 in punto, in prima fila l’arcivescovo monsignor Luigi Bressan, il preside degli istituti supe-riori dell’Arcivescovile, don Umber-to Giacometti, il sindaco di Trento, l’assessore Dalmaso e il rettore del collegio, don Bruno Tomasi.

Scaletta della mattinata un po’ modi-ficata, col saluto delle autorità antici-pato a prima della celebrazione della messa, brevi messaggi che richiama-no tutti l’importanza della presenza delle scuole cattolche e paritarie nel nostro territorio. Oltre al Sindaco Andreatta ed all’assessore Dalmaso, anche il saluto di Giancarlo Paolaz-zi, presidente dell’Associazione ge-nitori scuola cattolche Agesc, e don Sergio Borsato, presidente regiona-le della Fidae. Poi la maratona in cit-tà, ancora Domenico Spina il vinci-tore degli ultimi quattro anni e Carla Damin, la prima donna degli ultimi tre anni e tutti gli altri “non compe-titivi”. Ovviamente anche la lotteria e l’omaggio per tutti i partecipanti.Attorno alla Festa, molte le iniziati-ve, ma anche il tradizionale opusco-lo con le riflessioni degli alunni delle

DENTRO LE SCUOLE PARITARIE

arcivescovile

Meno autorità sul palco e meno presenze politiche, per impegni coin-cidenti o per altro, rispetto alle precedenti edizioni della Maratona di primavera delle scuole cattoliche, ma i numeri c’erano tutti anche per l’appuntamento di domenica 16 maggio 2010: oltre 15 mila i biglietti venduti e più di tremila i partecipanti alla marcia non competitiva. Sul palco, comunque, c’erano i referenti principali per la città di Trento e per il mondo della scuola: il sindaco Alessandro Andreatta, e della Pro-vincia, l’assessore all’istruzione e allo sport, Marta Dalmaso.

MARATONALa festa delle scuole cattoliche

scuole paritarie trentine, concerti, in-contri, giochi e intrattenimenti.La presentazione della edizione 2010 della Festa è stata fatta mercoledì 12 maggio dai ragazzi insieme a don Borsato ed ai veri “motori” dell’or-ganizzazione: Giampiero Guerra, Mauro Caldara, Emanuela Gallia-ni e Manuela Cammelli, la studen-tessa autrice del manifesto con lo slo-gan e obiettivo di solidarietà 2010: “Sotto il cielo dello Zambia: una scuo-la da salvare… un futuro da progetta-re”. (m.c.)

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Progetto e percorsi

La prima parte attiva del progetto è stata dedicata alla stesura di un breve fascicolo: “A lunga conservazione. Guida pratica all’uso del patrimonio culturale”, uno stru-mento di facile e rapida consultazione che raggruppa tutte le informazioni necessarie per orientarsi nell’am-pio tema del patrimonio culturale e nella normativa vi-gente; l’intento principale è quello di avvicinare le isti-tuzioni al cittadino rendendo sempre più trasparente il lavoro della pubblica amministrazione. Gli argomen-ti proposti spaziano dai servizi offerti dalle soprinten-

OFFERTA VARIA

servizio civile

“Adotta un Bene Culturale” è un progetto nato dalla collaborazione tra la Soprintendenza per i Beni Sto-rico-artistici e il Servizio Civile: un importante tas-sello tra le iniziative che caratterizzano le attività di un ente come la Soprintendenza che già quotidiana-mente opera sul territorio provinciale. L’obiettivo del progetto, coordinato da Daniela Floris, era quello di fornire una corretta informazione al bene culturale e promuovere nella popolazione, in particolare quella più giovane, una maggiore sensibilità sul tema della tutela e della conservazione di questi beni. Un’offer-ta nuova attraverso la quale si è cercato di coinvolge-re i cittadini nella riscoperta delle emergenze cultura-li presenti sul territorio. Il percorso ha coinvolto per tutto l’anno 2009 quattro volontarie: Linnet Bet-ta, Luciana Cincelli, Francesca Costanzo e, fino a settembre, Luana Tarter, tutte con studi nel campo storico-artistico alle spalle.

NELLE SCUOLE“Adotta un bene culturale”

denze e le pratiche che possono essere evase attraverso i loro uffici, a consigli concreti su come contribuire alla conservazione del patrimonio. Tutti gli argomenti sono stati proposti con un linguaggio leggero che rende il tema coinvolgente anche per chi si approccia per la pri-ma volta a questa vasta materia. La guida è scaricabile in formato pdf dal sito di Vivoscuola nella sezione Edi-toria – Libri e pubblicazioni; oppure è possibile richie-derla in formato cartaceo presso la Soprintendenza per i Beni Storico-artistici di Trento.

Madonna di CampiglioIl Salone hofer del Grand hotel Des Alpes

La seconda parte del progetto, invece, ha previsto la partecipazione delle scuole del territorio trentino che, in via sperimentale, è stato circoscritto alle Valli Giu-dicarie Interiori. La scelta del bene culturale con il quale coinvolgere gli alunni, è ricaduta su Madonna di Campiglio, dove è presente uno dei più antichi edi-fici turistici del Trentino: il Salone Hofer del Grand Hotel Des Alpes, decorato con un ciclo di pitture dal tema profano mitologico naturalistico commissionato al pittore bolzanino Gottfried Hofer nel 1898. Solo da pochi anni il Salone è stato dichiarato bene d’in-teresse culturale dalla Provincia Autonoma di Trento e nel dicembre 2007 ha purtroppo subito anche un gravoso incendio che lo ha in parte danneggiato. Tut-te queste particolarità rendevano l’edificio interessan-te sotto diversi punti di vista -la storia delle pitture, il restauro, la tutela e la manutenzione del patrimonio- sui quali ci si è concentrati per elaborare le proposte di lavoro, diversificate in base all’ordine e al grado delle classi coinvolte in modo tale da inserirsi agevolmente nel programma scolastico.

Il programma

La scuola coinvolta è stata la secondaria di I grado pre-sente in paese, sia perché in questo modo non c’era il problema dello spostamento degli studenti, sia perché si è ritenuto che i ragazzi sarebbero stati maggiormen-te stimolati nella riscoperta di un bene a loro così vici-

arcivescovile

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no. Sul piano pratico, il percorso si è sviluppato orga-nizzando per ogni classe un’uscita di circa tre ore nel Salone e un incontro di un’ora a scuola, avvenuti nei mesi di ottobre e novembre 2009, grazie alla supervi-sione dell’insegnante Rudi Corradi. Il ridotto nume-ro degli incontri è stato scelto principalmente perché il tempo dedicato al curriculum scolastico locale è li-mitato e nel medesimo tempo non si voleva utilizza-re tutto il monte ore delle già poche lezioni di edu-cazione artistica. Durante la visita al Salone, i ragazzi si sono avvalsi del supporto di semplici schede semi-strutturate, ideate in modo da sollecitare un continuo scambio tra l’osservazione, l’organizzazione delle in-formazioni e il conseguente raffronto tra esse e i docu-menti in possesso.

tra mito e conservazione

I ragazzi della classe prima hanno affrontato il tema del mito, per cui hanno potuto scoprire i personaggi che popolano le pareti del Salone, come fauni, ninfe, dei, e scoprire le narrazioni fantastiche di cui sono i protagonisti; infine sono stati stimolati ad individuare i danni, purtroppo molto evidenti, che l’incendio ha provocato ai dipinti. Le classi seconda e terza, dopo una breve visita guidata del Salone, sono state chiama-te a riflettere sulla conservazione e la tutela dei luoghi d’arte: hanno analizzato un articolo di giornale che trattava dell’incendio e poi hanno tentato di immede-simarsi in funzionari della Soprintendenza per compi-lare a gruppi una breve scheda di catalogo sulla scena delle pareti che più preferivano. Infine, nell’appunta-mento conclusivo in classe, sono state consegnate ul-teriori schede riassuntive e attraverso semplici giochi si è ripassato quanto visto durante la visita. Al pro-

getto hanno partecipato un totale di 39 alunni che si sono svelati ottimi osservatori, deliziosi detective in erba e simpatici curiosi d’arte.

Caderzone termePercorso nel centro storico

Contemporaneamente agli incontri di Madonna di Campiglio, si è ritenuto opportuno coinvolgere nel progetto anche il target delle scuole primarie, perciò è stato avviato un percorso con le classi terza e quarta di Caderzone Terme. Questo comune è stato preferito in quanto offre uno dei centri storici più antichi della Val Rendena e, proprio per questo, adatto ad illustrare an-che ai più piccoli il patrimonio culturale che li circon-da. La posizione della scuola, a pochi passi dal centro storico, ha agevolato l’organizzazione delle uscite per esplorare i beni del paese. Il programma è stato realiz-zato in cinque incontri settimanali tra novembre e di-cembre 2009 in cui si sono alternati laboratori in clas-se e uscite nel centro storico. Di volta in volta, in base alla modalità didattica con cui s’intendeva affrontare la lezione, è stato strutturato il materiale: schede tec-niche, giochi, disegni, in modo tale da favorire il coin-volgimento e l’apprendimento dei bambini. Anche in questo caso i temi sono stati diversificati in base alle classi aderenti. Per la terza è stato scelto il tema degli animali da riscoprire nell’iconografia dei santi presen-ti nella vicina chiesa di San Biagio.

La chiesa e le terme

Durante il primo incontro i bambini sono stati intro-dotti all’argomento e invitati ad osservare la chiesa che si trova proprio davanti alla loro scuola, mentre nel-

Per tutti gli

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le settimane successive, sono stati accompagnati alla scoperta della chiesa; prima di tutto sono stati aiutati a riconoscere le varie parti della facciata, in modo da imparare qualche facile termine specifico, dopodiché sono stati aiutati, grazie ad alcune schede, nella ricer-ca di tutti gli animali che abbondano nei dipinti e nel-le statue all’interno. La quarta, invece, ha affrontato l’argomento dell’acqua dato che il loro comune è sede di una stazione termale. Il primo incontro è stato, an-che per loro, introduttivo alla successiva visita ester-na. Durante l’uscita i bambini hanno visitato l’edi-ficio delle terme, nel quale la maggior parte di loro, pur abitando in zona, non era mai entrata; in seguito sono stati accompagnati attraverso il paese alla scoper-ta delle numerose fontane stimolandoli ad osservare particolari poco evidenti e le diverse caratteristiche di ognuna. Nuovamente in classe, negli incontri seguen-ti, è stato affrontato il funzionamento del mulino an-che con l’ausilio di un modellino.

Il diario

Infine in entrambe le classi. nel corso dell’ultimo labo-ratorio, ciascuno degli alunni ha ordinato, sottoforma di diario, tutte le schede e i propri lavori, includen-do alcune fotografie scattate negli incontri preceden-ti, che lo vedevano protagonista delle varie esperien-ze vissute sia in classe che durante le uscite. Il diario è sembrato un modo utile e riassuntivo per lasciare il ricordo dell’esperienza e del lavoro svolto. L’esperien-za ha coinvolto un totale di 34 alunni e ha fatto cono-scere ai bambini alcuni beni del loro paese particolar-mente importanti avvicinandoli all’arte con il gioco e il divertimento.

Francesca Costanzo

LE tEStIMONIANzE

“Ho visto il fauno Pan, la ninfa Siringa ed Eco, Asclepio dio della Medicina, Franz Josef Oester-reicher ed Elisabetta, le montagne, i laghetti ed i fiori delle Dolomiti staccarsi dalle pareti e materia-lizzarsi, come per incanto, tra i ragazzi, pronti a far-si conoscere e comprendere. Questa è la magia che ho visto nelle due ore trascorse all’Hofer”.Grazie a un puzzle, alla ricerca di indizi, alla so-luzione di un cruciverba, al “trova le differenze”, al compilare una scheda tecnica di analisi simulando di essere dei piccoli restauratori o esperti al servizio della Soprintendenza per i Beni Storico-artistici di Trento, i ragazzi, tramite il gioco, si sono avvicinati in modo semplice e naturale al mondo dell’Arte. Di sicuro un metodo vincente del fare cultura sensibilizzando gli alunni a quella che è la conoscenza del patrimonio artistico-culturale del proprio territorio.

Rudi Corradi insegnante scuola secondaria I grado

Madonna di Campiglio

L’attività svolta con le operatrici in Servizio Civile si è dimostrata motivante e accattivante sia per le insegnanti che per gli alunni.Tale attività ha permesso agli scolari di conosce-re luoghi e tradizioni presenti sul territorio che in altri contesti non sarebbero stati presi in conside-razione.Tutto questo può ritenersi utile nel caso dello stu-dio della storia locale previsto nei Programmi Pro-vinciali da poco approvati. Auspichiamo che il progetto possa, negli anni, ve-nire attuato anche nelle classi inferiori per valoriz-zare sempre di più i luoghi e le bellezze artistiche presenti in tutto il territorio.

Le insegnanti classi III e IVScuola primaria Caderzone Terme

SERVIzIo CIVILEIl Servizio Civile ha la durata di un anno ed è ri-volto ai giovani tra i 18 e i 28 anni. I settori in cui è possibile operare sono i più diversi: assistenza, protezione civile, patrimonio culturale ed educa-zione. Per tutte le informazioni relative ai progetti e alle modalità di partecipazione rivolgersi a:Ufficio Servizio Civile - Provincia Autonoma di TrentoVia Gilli, 3 - 38121 Trentotel. 0461.493111 – fax 0461.493101 www.serviziocivile.provincia.tn.ite-mail: [email protected]

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Il concorso

Durante l’anno scolastico 2009/10 sono ci sono state due ricorrenze importanti: il 50° della promulga-zione della Dichiarazione sui di-ritti dei bambini e il 20° dell’ap-provazione della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adole-scenza. Questo concorso è stato suddiviso in sei sezioni: la prima riservata alle prime tre classi del-la scuola primaria per le quali era prevista la partecipazione con un disegno; la produzione di un ela-borato scritto spettava invece alle

il concorso

Trentino Solidale onlus, in collaborazione con l’assessorato all’istru-zione ha indetto un concorso sui diritti dei bambini, la cui premia-zione è stata fatta il 21 aprile 2010 presso la sala della cooperazione di Trento. Moltissimi erano i bambini presenti, con i loro insegnanti e i genitori che hanno partecipato alla cerimonia di premiazione a cui è intervenuta anche l’assessore alla solidarietà internazionale ed alla convivenza Lia Giovanazzi, oltre a diversi amministratori comunali, sindaci e assessori dei comuni di provenienza dei bambini. Hanno fat-to le veci dei padroni di casa la presidente di Trentino Solidale Fran-cesca Ferrari e il responsabile del progetto Carlo Bridi.

ASSFRONAssociazione Scuola Senza Frontiere

successive tre sezioni: la secon-da riservata ai bambini delle clas-si quarte e quinte, la terza ai ragaz-zi della scuola secondaria di primo grado e la quarta alla secondaria di secondo grado. La quinta sezione prevedeva la narrazione di un fatto vissuto nei rapporti con un ragazzo terzomondiale e la sesta e ultima sezione riguardava i video. La giu-ria era composta da insegnanti dei vari ordini di scuola per valutare i 652 elaborati pervenuti, mentre la sezione video, a cui sono arrivati 26 cortometraggi, è stata visiona-ta da un regista della Rai.

L’incontro

Il numero di elaborati presenta-ti è stato notevole soprattutto dalle scuole e dalle classi che erano state incontrate dall’esperto volontario Carlo Bridi, che è riuscito a entra-re in contatto con 267 classi,con 5680 alunni e 560 insegnanti, vi-sitando non solo la città di Trento, ma le valli dell’Adige, la Vallagari-na, le Giudicarie, la Valsugana, le valli di Non e Sole, Fiemme e Fassa e soprattutto la Val Rendena. Car-lo Bridi non ha incontrato solo le scuole ma anche molte giunte e consigli comunali per ricordare le importanti ricorrenze della Dichia-razione sui diritti dei bambini e del-la Convenzione dell’Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. In tutti gli incontri è stato proiettato il video realizzato da Bridi sui diritti dei bambini e nelle classi elementa-ri anche quello realizzato su un’idea della scuola elementare di Serraval-le lo scorso anno sul signor diritto e sul signor dovere.

L’associazione

Assfron, cioè associazione scuola senza frontiere, di cui Carlo Bridi è segretario e Marina Borlotti Nar-delli la presidente è coinvolta di-rettamente in quanto proponente del progetto. Assfron è costitui-ta da un gruppo di insegnanti e di esperti di tematiche della solidarie-tà, della pace, dell’ambiente, del-la biodiversità. Lo scopo è quello di sensibilizzare i ragazzi in pri-mo luogo, ma anche gli adulti, su queste tematiche favorendo la co-noscenza e aiutando ad approfon-dire dei temi che possono porta-re ad un modello di sviluppo più ecocompatibile ed un rapporto più solidale nel nostro Paese e con i popoli dei paesi impoveriti. Sono previste attività formative per gli insegnanti su questi temi, attivi-tà di informazione nelle scuole di

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ogni ordine e grado, predisposizio-ne di materiale didattico e infor-mativo. L’associazione è aperta a tutti gli insegnanti e più in gene-rale tutti coloro che sentono il bi-sogno di dare il proprio contribu-to alla costruzione di una società più equa, più giusta e più solida-le e che si impegnino a rispetta-re le finalità dell’associazione. Se si desiderano ulteriori informazioni la sede dell’associazione è in piazza Leonardo da Vinci 2, a Trento, il modulo di domanda è scaricabile dal sito www.scuolasenzafrontiere.it e va spedito all’associazione.

I vincitori

In ordine di classificatiSezione A disegni (prime classi primaria)terza Caderzone gruppo “fiocco di neve”, a pari merito: gruppo ”forbici” Sacra Famiglia Trento e Noemi Colo-gna della 3C Mezzolombardo, gruppo Snupy Caderzone.

Sezione B elaborati scritti (classi IV e V primaria)classe V di Giustino, classe V Mez-zolombardo con pseudonimo “ricor-datevi”, V Carano: Zamboni Anica, Deagostin Federico e Stroppa Vanes-sa; segnalazioni classe IV Caderzone e V Sacra Famiglia di Trento, premio speciale III e IV Mezzolombardo.

Sezione C elaborati scritti (secondaria di primo grado)Daria Borsetti II F di Lavis, a pari merito Di meglio Federica III B Bomporti di Trento e Tait Alessia I D Mezzolombardo, a pari merito Salvatori Consuelo III A Bompor-ti e Marlen Gironimi III B Marti-ni Revò. Premio per l’originalità: Ies-se Tisi di Pinzolo, Decarli, Bhuyan, Mazzoni I C Mezzolombardo e Giu-liani, Maestrelli, Sicher III C Mezzo-lombardo.

Sezione D elaborati scritti (secondaria di secondo grado)Barbara Dellai Scuola d’arte Vittoria

Trento, a pari merito Erica Chioc-chetti Rosa Bianca Cavalese e Devigi-li Jenny Liceo Scienze Sociali Marti-ni Mezzolombardo, Patrizia Ioriatti Rosa Bianca Cavalese.

Sezione E narrazione di un fatto vissutoIV e V primaria Sofia Puddu e Sil-via Bulla Darè Val Rendena, secon-daria di primo grado Mercedes Alber-tini Revò, Federico Paris II F Lavis, Leonardo Ceolan II F Lavis, seconda-rie di secondo grado Zeoli Anna Tere-sa e Devigili Veronica III Liceo Mar-tini Mezzolombardo, Valeria Tonolli II C Vittoria di Trento.

Sezione F videoa pari merito Florio Carlotta e Luca Dallarosa con Alessandro Pa-luselli Rosa Bianca di Cavalese, a pari merito Alessandro Misconel, Carpella Martina, Beatrice Ventu-ra e Marta Deflorian, Varesco, Pao-lazzi, Federico e Ilaria Rosa Bianca di Cavalese.

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SEGNALIAMO

il libro

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Scheda

Bellezza e Verità nell’opera di Antonia Caputo – La serialità delle opere di Antonia Caputo sarebbe fraintesa se si applicasse la ca-tegoria che si fonda sul dualismo di prototipo e immagine, oggetto primo e replica, creazione irripetibile e manufatto funzionale. Proprio in ragione del fatto che la realtà da rappre-sentare si trova sempre al di là di ogni possibi-le rappresentazione e sempre inaccessibile alla comune percezione, la serialità sperimentata da Antonia non fa che attestare la molteplicità degli sforzi dell’artista per afferrare mediante l’immagine un’idea intuita, quella verità che è impossibile possedere e fissare senza perderla di vista, quel senso della vita che può essere solo pensato e riesposto in forme sempre deludenti e tuttavia sempre avvincenti…

Antonia Caputo (Bari, 1 aprile 1952 – Trento, 3 gennaio 2010) diplomata all’Ac-cademia di belle Arti del capoluogo puglie-se, è stata titolare della cattedra di Discipline pittoriche presso l’Istituo d’Arte “A. Vitto-ria” di Trento, pressoché ininterrottamen-te dal 1977, anno del suo arrivo a Trento, al 19 novembre 2009. Qui ha svolto la sua at-tività didattica con paziente dedizione, im-pegnandosi in molteplici iniziative di ag-giornamento e formazione, e in qualità di coordinatrice di numerosi progetti d’Istitu-to. Moltissime le mostre cui ha parteciato ed i premi conseguiti.

Claudio Tugnoli (a cura di), Bellezza e Verità nell’opera di Antonia Caputo, - Antologia di un’esperienza artistica nella scuola trentina. Istituto d’Arte “A. Vitto-ria” Trento 2010.Il volume non è in commercio, ma può esserne richiesta copia a: [email protected]

BELLEZZA E VERITÀL’esperienza artistica di Antonia Caputo

Per omaggiare la memoria di Antonia Caputo suo marito Claudio Tugnoli ha predisposto un catalogo sulla sua ope-ra pittorica nel quale, accompagnate da alcuni saggi e testi-monianze, sono riprodotte oltre duecento opere. Una artista toccata nell’intimo dal “sacro fuoco” dell’arte, che delibera-tamente ha abdicato ad inseguire il successo, a promuoversi e ad imporsi, per misurarsi soltanto col suo mondo percetti-vo ed alla quale la “funzionalità” del prodotto pittorico le è sempre apparsa irrilevante. Opere, le sue, essenziali (che non vuole dire semplici), abitate da qualcosa di aereo e dominate dal sapiente accostamento fra il segno sottile, i colori solari e le forme definite e fluttuanti. Il catalogo, presentato lunedì 31 maggio alle 17.00 nell’Aula magna dell’Istituto d’ar-te “Alessandro Vittoria” di Trento, Via Zambra 3, alla pre-senza di colleghi, amici e a tanti che apprezzano la Bellezza e la Verità. L’attività di Antonia, come docente e artista, così come nel catalogo, è stata affadata al dirigente scolastico Ser-gio Filosi, al critico Andrea Diprè e a Pietro Marsilli, do-cente di Storia dell’arte e per oltre venti anni collega di An-tonia Caputo all’Istituto d’arte. (P.M.)

La formazione come etica del soggetto

Gli allievi entrano in classe. Il loro atteggiamento è disteso. Le sedie e i banchi sono disposti in modo da facilitare il lavoro come in un vero atelier. In esso brilla il silenzio, il raccoglimen-to, l’addensarsi di “oggetti” possibili in veste del pensiero me-taforico. Lo scopo principale dell’insegnante è di far produrre idee e forme da soggetti non inibiti. Gli allievi lavorano su pro-blemi (essenzialmente lo studio della natura, della figura uma-na e la decodificazione di opere d’arte), mettono insieme ma-teriali vari (per presentare nella forma il potere del significante cherealizza le possibilità di apertura all’immaginazione) e rac-colgono dati (per rispondere ad un nuovo atteggiamento men-tale). C’è curiosità ed interesse a realizzare cose nuove, poiché il farsi della forma costituisce nel contempo un lavoro intellet-tuale e la percezione di elementi emotivi. E’ così che si riallarga gradualmente la fase delle attività: si osserva, si percepisce, si ri-cerca, si progetta, si sperimentano problemi tecnici e teorici che caratterizzano i compiti da eseguire. Nell’aula, infatti, dall’azio-ne mediata o immediata ai suoi preparativi, dall’esperienza rea-le all’esperienza mentale, dall’azione sulle cose all’azione sui se-gni, aleggia qualcosa di inarrestabile: la produzione deliberata dell’immaginazione.Lo spaccato di vita formativa sopra descritto rappresenta l’as-se portante di tutta l’attività didattica ed educativa esercitata da Antonia Caputo fin dal lontano 1977 presso l’Istituto d’Arte di Trento. E ciò costituisce senza dubbio il “cuore” dell’operazione

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interpretativa, secondo la modalità della monografia a carattere mul-tidisciplinare, del “raccolto ricor-dare” a pochi mesi dalla scomparsa della docente. Il punto essenziale è che la pratica educativa di Anto-nia Caputo ha la natura di un ge-sto “luminoso” relativo alle pulsio-ni emotive, che preludono ad una potenziale, impensata “umanissi-ma” età dell’uomo. In questa pro-spettiva la docente riveste con gli allievi un comportamento inter-soggettivo declinato ad un esplici-to compito etico. Tale prescrizione induce a far ricavare insegnamen-ti dalla pratica dell’introspezione, occasione continua di esercizio, occasione ed esercizio di “figure”, nel senso di poterla ripetere e far-la accadere ex novo: educando, tra-endo fuori di esso una nuova “eti-ca del soggetto”, un nuovo modo di stare nel sapere e nel mondo, sicchè ognuno diviene membro di quel “luogo di verità”, specchio di nuove pratiche sociali, morali, psi-cologiche e culturale. Per di più, la maggior parte degli psicologi le-gati alla Gestalttheorie documen-tano che l’introspezione “corri-sponde ad una modifica del fatto primitivo ed essa risponde ad un nuovo atteggiamento mentale”. In tal senso, siamo abilitati a sostene-re che l’introspezione è interamen-te un esercizio pedagogico e un pe-culiare agire alla soglia dinamica della verità. Pertanto le immagini apparentate alle pulsioni emotive disegnano una nuova soglia di sen-so tra “stupore” e nuovi frammen-ti di ulteriori verità. In termini più mediati, la vita recupera la propria “archè” e si apre alla speranza del futuro. Tale sapienza di vita insie-me risana e redime.

Un impegno di ricerca-azione

Dai dati esposti, si rileva che la do-cenza di Antonia Caputo abbia ac-

quistato una precisa fisionomia nell’ambito di un impegno di ri-cerca-azione, volto a documenta-re pedagogicamente “un processo di emancipazione dell’insegnan-te e dell’allievo, che richiede un campo comune di interazioni con-crete” (L. Corradini). Più in ge-nerale, sul piano della prassi arti-stica, si è trattato di un tentativo di mantenere strettamente con-nessi fra di loro il versante distin-tivo delle implicazioni esistenzia-li in senso soggettivo, ovvero della procedura che rivaluta gli affetti, i sentimenti e le emozioni alla luce della teoria dell’empatia, e quel-lo di natura metodologica affe-rente agli atteggiamenti scientifi-ci delle dottrine della percezione visiva, della metodologia della vi-sione, della psicologia contempo-ranea con a capo la Gestalttheorie (discipline queste che costituisco-no i fondamenti per ogni percor-so artistico). Comprendere questa circolarità tra atteggiamenti pras-seologici e scientifici, che può esse-re percepita a variabile forte o de-bole, potrebbe anche condurci a far emergere ulteriori proficui con-torni delle esperienze estetiche del-la docente. Un contributo a que-sta interpretazione ci sembra possa sopraggiungere dalla pratica di un insegnamento non ancorato ad un sapere concluso, ma aperto ad una trasformazione progressiva legata alla responsbilità etica, in quanto riconduce all’atteggiamento gno-seologico primario di procede-re lungo sentieri diversi rispetto ai modelli di stampo classico-positi-vistico. Basterebbe esaminare qua-li effettive pratiche di vita coinvol-gono i giovani a fronteggiare i loro bisogni “psicologici” per addiveni-re alla pretesa di una nuova, im-pellente dottrina pedagogica. Non si tratta di prospettare soltanto il risveglio “etico”, ma piuttosto di esercitare la funzione esplorativa per la quale si richiede di far tran-

sitare il soggetto alla verità. E se la verità è nei “modi trans-eunti” (C. Sini), per poter indirizzare gli all-lievi a nuovi stili di vita (essere nel mondo, avere un mondo, transi-tando nell’essere in errore), occor-re immaginare un modello di ri-cerca-azione che abbia la forza di raffigurare il ritorno alla “soglia” del saper fare e saper dire, per poi ricominciare da capo. In tal senso l’ulteriore frequentazione teorica è l’esercizio di quella azione “po-litica” dell’educatore, consapevole del valore della modernità, di rein-ventare nuovi modi di espressione e di coinvolgimento che, proprio allo stato attuale, le istituzioni uf-ficiali della scuola mortificano. E così, rispetto ai modelli educativi della tradizione, la ricerca-azione trova la sua speficificità, tanto da poter far brillare, con particolari contenuti estetici, la pienezza ide-ale dell’uomo secondo uno slancio utopico verso una nuova e chiara coscienza di civiltà. In tali termi-ni l’insegnante assume il ruolo di educatore-guida, che segue da vici-no il suo allievo, lo sollecita, lo sor-regge, ma non si sostituisce a chi deve imparare.

L’impegno a trasformare la realtà

Su questi vissuti didattici, Anto-nia Caputo avverte la necessità di

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rafforzare il principio secondo cui la ricerca-azione spinge i sogget-ti all’urgenza di impegnarsi a tra-sformare la realtà, mediante la per-sistenza e la volontà, poiché tale modo di procedere prende nu-merose forme con la natura del-la conoscenza. Sullo sfondo di tale enunciazione, la docente libera pe-raltro il punto di vista del pensie-ro scientifico dal fondamento del-la realtà oggettiva e di assolutezza, in quanto tale pensiero nega la di-versità dell’azione. Di fatto il me-todo della pratica creativa ha an-che lo scopo di segnare i piccoli e grandi atti della vita, modificare abitudini, determinare nuove di-sposizioni, produrre un senso nuo-vo all’esperienza dell’individuo, anche attraverso l’abisso dell’indi-cibile o più propriamente dando ascolto alle spressioni dell’essere. E’ inevitabile che in un tale pro-cesso educativo il docente non solo abbia la capacità di programmare l’azione educativa e di realizzare interventi a favore degli apprendi-menti, della produzione, ma abbia in particolare la competenza di af-frontare i problemi con le moda-lità di pensiero divergente. Nella letteratura tassonomica, che studia la gerarchia dei comportamenti cognitivi nei processi di apprendi-mento, si prescrive che lo studente possa maturare compiutamente le risorse intellettuali di ordine supe-riore nella duplice versione di in-tuizione e scoperta (Bloom, Guil-ford, Sullivan).Da ciò si deduce che solo attraver-so la capacità del pensiero diver-gente (piano della scoperta, della invenzione e di soluzioni nuove), sussiste la possibilità di incidere sugli atteggiamenti di fondo degli studenti. Altresì l’intuizione, nella sua qualità di saper stimare, rico-noscere un problema chiave, pre-vedere il nascosto, l’obliato o una possibile visione di ciò che vie-ne alla luce dall’io, e che non ha

ancora nulla di speculativo, è co-stantemente aperta alle possibili-tà dell’immaginario. Sebbene nel-la esperienza artistica il concetto più inclusivo sia quello relativo alla dottrina della percezione, d’altra parte anche l’istanza alla “bella for-ma” assume una posizione centra-le nella pratica artistica, poiché fi-nisce col ritenere che l’uomo possa essere “liberato” alla luce della bel-lezza. Se non vogliamo mantene-re una figura parziale della attività educativa di Antonia Caputo, po-tremmo dire che il suo cammino fa riferimento ad una possibile com-penetrazione tra pensiero (pensa-re intellettualistico tramite lo stu-dio degli elementi costitutivi delle forme) ed essere (esperienza di un mondo immaginario, penetrante di analogie e inavvertite proiezio-ni di segni), dove comunque l’im-maginario è una configurazione che destina al significato e alla ve-rità. Appare evidente che la stessa produzione artistica della docente indichi che l’attività artistica è un modo di esistere e non è ancorata al solo studio della forma, e postu-li piuttosto rapporti con un insie-me molto complesso di fenome-ni emotivi. D’altra parte il sottrarsi dell’essere implica necessariamente la necessità di una relazione diret-ta con “l’attitudine sentimentale” o comunque con quei fatti cognitivi che non sembrano avere un carat-tere intellettivo. Tali possibili con-figurazioni “rivelative”, di cui vive la nostra esperienza, sono “presen-tificate” attraverso l’invenzione for-

La parole per dirlo

[…]

Il presente catalogo è pubbli-cato per iniziativa e impulso dell’uomo che Antonia ha avu-to al suo finaco per ventiquat-tro anni, suo marito. Antonia non se lo sarebbe mai aspettato, e sarà per lei una piacevolissima sorpresa accorgersi che noi quag-giù la stiamo ricordando con af-fetto riconoscente, cercando di comprendere e di mettere a frut-to quel modo altro di essere qui tra noi che è la sua eredità.

Claudio Tugnoli Insegnante di Filosofia e Storia

nei Licei e libero docente in Filosofia Morale

male di una “poiesis” immaginativa che dà origine ad un nuovo oriz-zonte di significati, non certo nella immediatezza ma secondo un per-spicuo lavoro riflessivo. Ciò condu-ce alla considerazione che alla base del lavoro concettuale debba per-manere l’immaginazione, la qualità del “sentire”, la forma nell’attitudi-ne “estetica” (S. Borutti). Pertan-to il processo creativo è un dono che intreccia esperienze di caratte-re psicologico, cognitivo e ontolo-gico, e non pone distanza tra noi e l’essere, poiché da sempre alber-ghiamo in esso, sebbene luogo in-visibile e indicibile e correlazione di spazi speculativi lontani tra di loro. Così definito il processo creativo, va considerato come del tutto pe-culiare l’intento esplorativo di An-tonia Caputo di tracciare linee su molteplici fronti nei quali ha trova-to la propria deontologia professio-nale, nel senso di avere avuto modo di esibire un proprio peculiare stile di intervento, pronto ad interrogar-si sulla propria identità e funzione culturale, pronto ad educare in noi l’intreccio del vivere e del pensare.

Sergio FilosiDirigente dell’Istituto

delle Arti di Trento

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Un romanzo che invita a pensare

Emilia Bersabea Cirillo, architet-to avellinese, autrice di racconti e di un altro romanzo, con questa storia raggiunge, a mio avviso, una maturi-tà compiuta. Tutto è lineare, la Cirillo segue un percorso, anche linguistico, assolu-tamente naturale, rivelando nel con-tempo una sensibilità acuta ed una intelligenza profonda. Non c’è una parola di troppo o una pagina super-flua. Il romanzo si legge d’un fiato, sia per la storia che racconta, sia per come è raccontata, sia infine per l’at-tualità scottante del tema di fondo.Splendido romanzo “doppio”, questo Una terra spaccata: da un lato la sto-ria di una professionista seria e coe-rente, che preferisce perdere il lavo-ro piuttosto che dare il suo assenso alla costruzione di una discarica che devasterebbe il territorio, con conse-guenze gravi, a lungo termine; dall’al-tro una donna fragile e appassionata, affamata d’amore, capace di dire, di dare, di ascoltare, di ascoltarsi.Gregoriana De Felice, la protagoni-sta, bella donna poco più che qua-rantenne, geologa affermata, inviata a Napoli dalla Società di prospezio-ni geologiche per cui lavora, insieme a due colleghi, uno più anziano di lei, l’altro - neoassunto - più giovane.

Di pagina in pagina la conosciamo e comprendiamo ( e condividiamo) i suoi stati d’animo, la sua intransigen-za, le sue malinconie, la sua incorrut-tibile professionalità.

La lenta scoperta dell’uomo…

Il romanzo ce la rivela lentamen-te, perché procede a ritroso, nel sen-so che inizia in un asettico obitorio, dove Gregoriana si reca per ricono-scere un morto. Dopo lo sconcer-to, il pianto silenzioso, il non voler accettare una realtà inattesa e in-comprensibile, fluiscono i ricordi... Leggiamo che Gregoriana ha un compagno, un diplomatico, sempre in viaggio, inafferrabile. Quando lo vorrebbe vicino, è dall’altra parte del mondo; quando decide di lasciar-lo, lui, come un bambino viziato al quale non è più concessa la marmel-lata, insiste, supplica, implora. Inva-no. Perché Gregoriana ha conosciuto Filippo, misterioso e gentile, signo-re d’altri tempi, che ora sembra cor-teggiarla, ora evitarla, ora nasconder-le un segreto.

… di Napoli, della disca-rica, della bellezza

Accompagnata da Filippo, Gregoria-na scopre una Napoli “minore”, bel-

Perché leggere questo romanzo a scuola? perché suggerirne la lettura? Perché, semplicemente, è un romanzo vero, completo, appagante. In-vita a meditare su Filippo e sul suo vivere in ombra, su Gregoriana e sul suo ritorno - sconfitta? sconfitta! - a casa della madre, ammala-ta, alla ricerca di radici salde, dopo decisioni difficili e dolorose. Invi-ta a meditare sulla coerenza, sulla correttezza professionale, sugli “in-trighi” che, come un cancro, penetrano nella nostra società. Invita ad amare la terra, a recuperare le radici, ad esaltare i valori umani... È un romanzo, insomma, che invita il lettore a riflettere, proponendo fatti e situazioni di cui tanto si è detto e scritto, ma che necessitano, forse, di un ripensamento ed un approfondimento seri e consapevoli.

DISCARICHE…Leggere e riflettere anche a scuola

la recensione

Emilia Bersabea Cirillo, Una terra spaccata, San Paolo s.r.l., Torino 2010, pp 227,€ 14,50

la e struggente, e, insieme, storie af-fascinanti di vite. A lui Gregoriana parla anche del suo lavoro, gli mani-festa dubbi e incertezze sulla locali-tà dove alcuni vogliono costruire la discarica, tanto che Filippo diven-ta un difensore appassionato di quei luoghi, che impara a conoscere e ad amare.Quando Gregoriana legge i diari di Filippo, apprende con sorpresa che egli si è recato spesso lassù per “difen-dere la bellezza...questo luogo è un ri-chiamo...la luce è già matura. Comu-nica speranza, una luce così pulita”. E insieme all’immagine di Gregoriana, ormai partita, Filippo sembra ritro-vare in quel luogo un tempo lontano e perduto e ricordi dolorosi, un’in-fanzia dimenticata, una madre “spe-ciale”...Per lui, difendere una terra, anche mettendo a rischio la vita, è come di-fendere quei trecento ettari che tanti anni prima erano stati sottratti a suo nonno, ma nello stesso tempo, è an-che un modo per ritrovarsi accanto Gregoriana, che “...è andata via. Ma già mi manca. Doveva. E’ una donna coraggiosa...Non ho voluto salutarla. Odio gli addii. Gli strazi. Le promesse. Non farò nulla per farla tornare. Lei è diversa. Lei è accogliente. Come il si-lenzio. Come la terra.”

Luciana Grillo Laino

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48 n.5 maggio 2010

Il percorso

L’assessore provinciale all’istruzione Marta Dalmaso è stata accompagnata da Laura Fusco di Nasinsù attra-verso la mostra, che riproduce una casa vera e propria, con tutti gli ambienti nel suo interno, dalla cucina al bagno alla cameretta, dove tutto può e deve essere toccato e sperimentato dai bambini. Il protagonista è Patatrac, un cucciolo d’orso mol-to simpatico ma un po’ birichino che, accompagnato da Nasinsù, il padrone di casa, scopre insieme ai bambini quanti pericoli ci sia-no nell’ambiente domestico e ne-gli spazi aperti se non si presta la giusta attenzione. Grazie ai con-sigli di Nasinsù, Patatrac si rende conto di come sia facile avere in-cidenti solo stando in casa! I bam-bini si divertono molto e scopro-no così che i rischi non ci sono solo per gli adulti sul posto di la-voro, ma aiutando l’orso combi-naguai a rispettare le regole “per non farsi male” imparano a loro volta che ci si può far male an-che in luoghi che sembrano sicu-ri, tanto che alla fine ricevono un

LA SCUOLA AL MUSEO

Museo Tridentino di Scienze naturali

È stata inaugurata il 27 aprile 2010 presso il Museo Tridentino di Scienze Naturali l’esposizione, dedi-cata ai bambini dai 4 agli 8 anni, sul tema della sicu-rezza domestica, alla presenza dell’assessore all’istru-zione e allo sport Marta Dalmaso e all’assessore alla cultura, rapporti europei e cooperazione Franco Pa-nizza. Il titolo della mostra è Patatrac! Gioca in si-curezza, un percorso interattivo e giocoso che ha lo scopo di prevenire e di creare cultura della sicurez-za nei bambini di età scolare. È l’INAIL che ha pro-posto questa campagna di prevenzione dei rischi in ambiente domestico per i bambini della provincia di Trento. Progettato e curato dall’associazione cul-turale Nasinsù, “Patatrac” si sta muovendo su tutto il territorio nazionale dal 2003 ed oggi è giunto alla XIX edizione, coinvolgendo circa 85.000 bambini di 18 città diverse. La novità di questo mostra inte-rattiva è di insegnare attraverso l’esperienza diretta.

PATATRACGioca in sicurezza

patentino di “Esperto in sicurezza” che certifica la loro preparazione.

Perché l’INAIL

Il direttore provinciale dell’Inail per il Trentino, Fa-bio Lo Faro, dopo l’esperienza in altre regioni, ha pro-mosso questa mostra per la prima volta qui in Trenti-no. Interessante è cercare di capire perché, visto che il target prevede bambini dai 4 agli 8 anni, se ne occupa l’Inail, istituto nazionale assicurazione contro gli in-fortuni sul lavoro. La politica sottesa è quella di preve-nire, nelle forme di informazione e formazione. Fin da piccoli i bambini vanno educati alla cultura della sicu-rezza, quando saranno grandi, un domani, se avranno interiorizzato alcune regole, si vedranno i risultati sul lavoro. È vero infatti che sono davvero molti, statisti-che alla mano, gli incidenti che avvengono in casa, e da qui l’idea che partendo dai più piccolini si formi-no in prospettiva quelli che saranno i lavoratori di do-mani. La proposta è quindi quella di formare caratte-ri prudenti, far si che le azioni diventino spontanee. Sono previsti 6000 visitatori entro il 6 giugno, data di conclusione della mostra.

Abituare alla sicurezza

Anche l’assessore all’istruzione Marta Dalmaso ha apprezzato l’idea dell’Inail e il progetto dell’associa-zione Nasinsù. Importante è trovare tutte le modali-tà per fare della cultura di prevenzione per preserva-re la vita e la salute. Ci sono tante norme di sicurezza, leggi, tutte cose necessarie per favorire la consapevo-

lezza che tutti dobbiamo contribu-ire per la sicurezza, sia nostra che per quella degli altri. Per far capi-re spesso è necessario sperimenta-re, facendo esperienza e mettendosi a confronto con il pericolo nel mo-mento in cui si crea. Far conosce-re i pericoli ai bambini non ha lo scopo di incutere il timore ma di dar loro sicurezza: se conosci non hai paura, perché se sai individuare il pericolo puoi riuscire ad evitarlo. Le cose possono essere tanto utili quanto dannose, a seconda dell’uso che se ne fa, quindi imparare le re-gole della sicurezza fin da bambini significa che con il tempo possono diventare categorie, habitus menta-li che sfrutteranno poi da grandi e nel mondo del lavoro. (N.B.)

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Museo Tridentino di Scienze naturali

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Premio Giuseppe Papaleoni X Edizione

Norme entro le ore 18.00 del 31 gennaio 2011

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