di Ivo Ferrario digitale - IBC onlineti in azienda. Nel caso dell’e-commerce, per esempio, si...

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n . 1 · marzo 2017 In questo numero POSTE ITALIANE S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale 70% C/RM a marca del distributore è un mercato sempre più attrattivo per le imprese industriali, ma le implicazioni operative e strategiche della relazione con il trade finora non sono state indagate in profondità. Per colmare questa lacuna, Ibc ha incaricato Trade Lab di realizzare Il corsivo segue a pagina 15 di Ivo Ferrario Idee e informazioni per gli associati el suo recente libro The Invitable. Un- derstanding the 12 Technological Forces That Will Shape the Future, Kevin Kel- ly racconta come, almeno fino al 1981, l’evolu- zione di calcolatori e computer non l’avesse im- pressionato più di tanto. Abituato ai futuribili scenari della fanta- scienza, il co-fondatore della rivista Wired non riusciva a cogliere nel succedersi di modelli e versioni sempre più performanti quel momento di discontinuità tale da innescare non solo una effettiva rivoluzione informatica, ma addirittu- ra un’autentica svolta culturale. «Certo», spiega Kelly, «l’Apple II (che aveva in dotazione quando lavorava presso l’Universi- tà della Georgia) mi consentiva di digitare me- glio di una macchina da scrivere ed era un por- tento nel produrre grafici e per immagazzinare dati. Ma non era un vero computer». Il motivo? Kevin non ha dubbi: «Quella macchina non mi stava cambiando la vita». In sintesi, velocizzava e agevolava molte ope- razioni, ma non ridisegnava le consuetudini e gli abiti concettuali dei suoi fruitori. La svolta sarebbe giunta di lì a pochi mesi; ovvero quando, grazie alla connessione con un modem, l’ultimo prodotto della factory di Cu- pertino si trasformò in una finestra informatica spalancata su un “universo pressoché infinito” che ci attendeva dall’altra parte di un connetto- re telefonico. Fu così, spiega Kelly, che «il com- puter sposò il telefono». E che dalla loro unione «si generò quel nuovo solido ibrido tecnologi- co» con cui avremmo più o meno consapevol- mente iniziato a riscrivere il paradigma delle nostre stesse esistenze. Le osservazioni di Kelly dovrebbero rappre- sentare un utile spunto per chi volesse davvero ri- fletteresulletecnologieche,diepocainepoca,(...) Persone e imprese Con il consumatore siate veri e semplici Jennifer Hubber a pagina 2 Idee e strategie Presidiare nicchie ed economie di scala Intervista a Luca De Biase a pagina 3 Business to consumer Una nuova sfida da affrontare con decisione Roberto Liscia a pagina 4 Business to business Le opportunità dell'e-commerce tra imprese Maurizio Benzi a pagina 5 Network 2.0 Aziende alla prova della SocialMediAbility Guido Di Fraia a pagina 6 Distribuzione Il nostro alleato si chiama smartphone Giorgio Santambrogio a pagina 11 S L All’assemblea Ibc approfondimenti su social media e strategie d’impresa I lavori si terranno al Magna Pars di Milano (via Forcella 6) il 28 marzo 2017, ore 10. In programma approfondimenti in materia di social media e strategie d'impresa a cura di: Stefano Moriggi (Filosofo della Scienza, Università degli Studi di Milano Bicocca), Jennifer Hubber (Ceo, Ipsos), Guido Di Fraia (Direttore Executive Master in Social Media Marketing, Università Iulm di Milano). Sulle evidenze che saranno proposte interverranno: Stefano Agostini (Presidente e Amministratore Delegato, Sanpellegrino), Andrea Carlucci (Amministratore Delegato, Toyota Motor Italia); Luca Colombo (Country Manager, Facebook Italia), Luca De Biase (Giornalista e Scrittore), Fabio Vaccarono (Managing Director, Google Italy), Ivo Ferrario (Direttore di Link·Ibc). Come di consueto la relazione introduttiva sarà a cura del Presidente Aldo Sutter. Per informazioni e adesioni: www.ibconline.it N.1 | Anno IV | marzo 2017 www.ibconline.it Appuntamento a Milano il 28 marzo 2017 E-commerce, smartphone, social media, superfici touch… Strumenti e servizi diventano sempre più utili, interattivi, facili da usare. Alcuni esperti ci aiutano a leggere la portata del cambiamento e i suoi effetti sull'evoluzione delle aziende Quando il computer “sposò” il telefono di Stefano Moriggi* una ricerca su un campione d’imprese. I risultati dell’indagine, di particolare interesse per le aziende associate, sono stati presentati pubblicamente a Bologna in occasione di “Marca 2017”. Una sintesi delle evidenze è contenuta nelle pagine centrali di questo numero di Link·Ibc. segue a pagina 16 e l’innovazione delle automobili avesse potu- to seguire il ritmo di quella informatica, oggi le utilitarie viaggerebbero a 480mila chilo- metri l’ora e costerebbero 4 centesimi di dollaro. Il paragone di Thomas Friedman, uno dei più noti opinionisti statunitensi, dà un’idea dell’incredibi- le progressione digitale. È difficile - e sarebbe arbitrario - stabilire in quale momento si possa tracciare lo spartiac- que tra un “prima” analogico e un “dopo” di- gitale. Momenti di svolta sono stati sicuramen- te l’invenzione del World Wide Web da parte di Tim Berners-Lee nei primi Anni Novanta. O il lancio nel 2007 dell’iPhone, scaturito dal- la straordinaria visione di Steve Jobs. Ma non possiamo dimenticare la rilevanza dello sviluppo di microchip sempre più performanti, delle reti di trasmissione e tanti al- tri fatti che hanno contribuito a determinare la realtà digitale in cui siamo immersi e che non possiamo ignorare. Facciamo le cose in modo diverso. Leggiamo, lavoriamo, studiamo, condividiamo idee, progetti ed emozioni attraverso il digitale. Succede e non ci facciamo caso, perché le architetture tecnolo- giche sono straordinariamente complesse, ma gli strumenti digitali sempre più immediati, utili, fa- cili da conquistare chiunque. Negli anni Sessanta e Settanta il supercomputer progettato dalla Ibm e programmato dagli inge- gneri del Massachusetts Institute of Technology per guidare le missioni Apollo nei viaggi sul- la Luna era grande come un autocarro. Oggi fa sorridere paragonare le sue capacità di calcolo a quelle di uno smartphone, soprattutto se consi- deriamo che al costo di 3,5 milioni di dollari cor- rispondeva una memoria di 64mila byte, contro i 256milioni di byte disponibili nei modelli top di un moderno apparecchio portatile, che solo per abi- tudine chiamiamo ancora telefono cellulare. Guardiamoci attorno: miliardi di dispositivi di- versi, fissi e mobili, oggi sono collegati. Le infor- mazioni scorrono velocissime, in tempo reale su- perano confini geografici, alimentano dialoghi che interessano persone e macchine. L’innovazio- ne avanza di continuo. Vetri, specchi, muri, mobi- li: progressivamente ogni superficie sta diventan- do touch, interattiva, intelligente, connessa. Queste riflessioni ci hanno spinto a mettere a punto il numero di Link·Ibc che state sfogliando (ma che trovate anche su www.ibconline.it), de- dicato non agli aspetti strettamente tecnologici del digitale, ma alle sue applicazioni e agli effetti che determinano nella società e quindi nei merca- ti. I contributi che troverete all’interno affronta- no l’argomento da diverse angolazioni, guidando il lettore attraverso un cambiamento di grandis- sima rilevanza per tutti gli operatori della filiera dei beni di consumo. Proviamo a sintetizzare alcune evidenze d’interesse per gli imprenditori e i manager, attingendo dalle considerazioni degli interventi contenuti in questo numero del giornale. Per prima cosa il digitale impone di guardare alle persone e all’organizzazione. Non è né efficiente né efficace mettere a punto una strategia aziendale per lo sfruttamento delle opportunità digitali se i collaboratori non hanno la preparazione per capirla e tradurla in chiave operativa. (...) Il consumatore ha un cuore digitale Abbiamo la tecnologia, riempiamola di contenuti Illustrazione di Guido Rosa N Aldo Sutter servizi all'interno

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Page 1: di Ivo Ferrario digitale - IBC onlineti in azienda. Nel caso dell’e-commerce, per esempio, si cre-ano le condizioni per la creazione di una “value proposition” più effi cace.

n . 1 · marzo 2017

In questo numero

POSTE ITALIANE S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale 70% C/RM

a marca del distributore è un mercato sempre più attrattivo per le imprese industriali, ma

le implicazioni operative e strategiche della relazione con il trade finora non sono stateindagate in profondità. Per colmare questa lacuna, Ibc ha incaricato Trade Lab di realizzare

Il corsivo

segue a pagina 15

di Ivo Ferrario

Idee e informazioni per gli associati

el suo recente libro The Invitable. Un-derstanding the 12 Technological Forces That Will Shape the Future, Kevin Kel-

lyraccontacome,almenofinoal1981,l’evolu-zionedicalcolatoriecomputernonl’avesseim-pressionato più di tanto. Abituato ai futuribili scenari della fanta-scienza, il co-fondatore della rivista Wired non riusciva a cogliere nel succedersi di modelli e versioni sempre più performanti quel momento di discontinuità tale da innescare non solo una effettiva rivoluzione informatica, ma addirittu-raun’autenticasvoltaculturale. «Certo»,spiegaKelly,«l’AppleII(cheavevaindotazionequandolavoravapressol’Universi-tà della Georgia) mi consentiva di digitare me-

glio di una macchina da scrivere ed era un por-tentonelprodurregraficieperimmagazzinaredati. Ma non era un vero computer». Il motivo? Kevin non ha dubbi: «Quella macchina non mi stava cambiando la vita». In sintesi, velocizzava e agevolava molte ope-razioni, ma non ridisegnava le consuetudini e gli abiti concettuali dei suoi fruitori. La svolta sarebbe giunta di lì a pochi mesi;

ovvero quando, grazie alla connessione con un modem,l’ultimoprodottodellafactorydiCu-pertinositrasformòinunafinestrainformaticaspalancatasuun“universopressochéinfinito”checiattendevadall’altrapartediunconnetto-re telefonico. Fu così, spiega Kelly, che «il com-puter sposò il telefono». E che dalla loro unione «si generò quel nuovo solido ibrido tecnologi-co» con cui avremmo più o meno consapevol-mente iniziato a riscrivere il paradigma delle nostre stesse esistenze. Le osservazioni di Kelly dovrebbero rappre-sentare un utile spunto per chi volesse davvero ri-fletteresulletecnologieche,diepocainepoca,(...)

Persone e imprese

Con il consumatore siate veri e sempliciJennifer Hubber a pagina 2

Idee e strategie

Presidiare nicchie ed economie di scalaIntervista a Luca De Biase a pagina 3

Business to consumer

Una nuova sf ida da affrontare con decisioneRoberto Liscia a pagina 4

Business to business

Le opportunitàdell'e-commerce tra impreseMaurizio Benzi a pagina 5

Network 2.0

Aziende alla provadella SocialMediAbilityGuido Di Fraia a pagina 6

Distribuzione

Il nostro alleatosi chiama smartphoneGiorgio Santambrogio a pagina 11

S

L

All’assemblea Ibc approfondimentisu social media e strategie d’impresa IlavorisiterrannoalMagnaParsdiMilano(viaForcella6)il28marzo2017,ore10.Inprogrammaapprofondimenti in materia di social media e strategie d'impresa a cura di: Stefano Moriggi (FilosofodellaScienza,UniversitàdegliStudidiMilano Bicocca), Jennifer Hubber (Ceo, Ipsos),Guido Di Fraia (Direttore Executive Master inSocial Media Marketing, Università Iulm diMilano). Sulle evidenze che saranno proposte interverranno: Stefano Agostini (Presidente eAmministratore Delegato, Sanpellegrino), Andrea Carlucci (Amministratore Delegato, ToyotaMotor Italia); LucaColombo (CountryManager,Facebook Italia), Luca De Biase (Giornalista eScrittore), FabioVaccarono (ManagingDirector,GoogleItaly),IvoFerrario(DirettorediLink·Ibc). Come di consueto la relazione introduttiva sarà a cura del Presidente Aldo Sutter. Per informazioni e adesioni: www.ibconline.it

N.1 | Anno IV | marzo 2017 www.ibconline.it

Appuntamento a Milano il 28 marzo 2017

E-commerce, smartphone, social media, superfici touch…

Strumenti e servizi diventano sempre più utili, interattivi,

facili da usare. Alcuni esperti ci aiutano a leggere la portata

del cambiamento e i suoi effetti sull'evoluzione delle aziende

Quando il computer

“sposò” il telefono

di Stefano Moriggi*

una ricerca su un campione d’imprese.I risultati dell’indagine, di particolare interesseper le aziende associate, sono stati presentati pubblicamente a Bologna in occasione di “Marca 2017”. Una sintesi delle evidenze è contenutanelle pagine centrali di questo numero di Link·Ibc.

segue a pagina 16

e l’innovazione delle automobili avesse potu-to seguire il ritmo di quella informatica, oggi le utilitarie viaggerebbero a 480mila chilo-

metri l’ora e costerebbero 4 centesimi di dollaro. Il paragone di Thomas Friedman, uno dei più noti opinionisti statunitensi, dà un’idea dell’incredibi-le progressione digitale. È diffi cile - e sarebbe arbitrario - stabilire in quale momento si possa tracciare lo spartiac-que tra un “prima” analogico e un “dopo” di-gitale. Momenti di svolta sono stati sicuramen-te l’invenzione del World Wide Web da parte di Tim Berners-Lee nei primi Anni Novanta. O il lancio nel 2007 dell’iPhone, scaturito dal-la straordinaria visione di Steve Jobs. Ma non possiamo dimenticare la rilevanza dello sviluppo di microchip sempre più performanti, delle reti di trasmissione e tanti al-tri fatti che hanno contribuito a determinare la realtà digitale in cui siamo immersi e che non possiamo ignorare. Facciamo le cose in modo diverso. Leggiamo, lavoriamo, studiamo, condividiamo idee, progetti ed emozioni attraverso il digitale. Succede e non ci facciamo caso, perché le architetture tecnolo-giche sono straordinariamente complesse, ma gli strumenti digitali sempre più immediati, utili, fa-cili da conquistare chiunque. Negli anni Sessanta e Settanta il supercomputer progettato dalla Ibm e programmato dagli inge-gneri del Massachusetts Institute of Technology per guidare le missioni Apollo nei viaggi sul-la Luna era grande come un autocarro. Oggi fa sorridere paragonare le sue capacità di calcolo a quelle di uno smartphone, soprattutto se consi-deriamo che al costo di 3,5 milioni di dollari cor-rispondeva una memoria di 64mila byte, contro i 256milioni di byte disponibili nei modelli top di un moderno apparecchio portatile, che solo per abi-tudine chiamiamo ancora telefono cellulare. Guardiamoci attorno: miliardi di dispositivi di-versi, fi ssi e mobili, oggi sono collegati. Le infor-mazioni scorrono velocissime, in tempo reale su-perano confi ni geografi ci, alimentano dialoghi che interessano persone e macchine. L’innovazio-ne avanza di continuo. Vetri, specchi, muri, mobi-li: progressivamente ogni superfi cie sta diventan-do touch, interattiva, intelligente, connessa. Queste rifl essioni ci hanno spinto a mettere a punto il numero di Link·Ibc che state sfogliando (ma che trovate anche su www.ibconline.it), de-dicato non agli aspetti strettamente tecnologici del digitale, ma alle sue applicazioni e agli effetti che determinano nella società e quindi nei merca-ti. I contributi che troverete all’interno affronta-no l’argomento da diverse angolazioni, guidando il lettore attraverso un cambiamento di grandis-sima rilevanza per tutti gli operatori della fi liera dei beni di consumo. Proviamo a sintetizzare alcune evidenze d’interesse per gli imprenditori e i manager, attingendo dalle considerazioni degli interventi contenuti in questo numero del giornale. Per prima cosa il digitale impone di guardare alle persone e all’organizzazione. Non è né effi ciente né effi cace mettere a punto una strategia aziendale per lo sfruttamento delle opportunità digitali se i collaboratori non hanno la preparazione per capirla e tradurla in chiave operativa. (...)

Il consumatoreha un cuore

digitale

Abbiamo la tecnologia, riempiamola di contenuti

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Aldo Sutter

di Ivo Ferrario

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e l’innovazione delle automobili avesse potu-to seguire il ritmo di quella informatica, oggi le utilitarie viaggerebbero a 480mila chilo-

metri l’ora e costerebbero 4 centesimi di dollaro. Il paragone di Thomas Friedman, uno dei più noti opinionisti statunitensi, dà un’idea dell’incredibi-

È diffi cile - e sarebbe arbitrario - stabilire in quale momento si possa tracciare lo spartiac-que tra un “prima” analogico e un “dopo” di-gitale. Momenti di svolta sono stati sicuramen-te l’invenzione del World Wide Web da parte di Tim Berners-Lee nei primi Anni Novanta. O il lancio nel 2007 dell’iPhone, scaturito dal-la straordinaria visione di Steve Jobs. Ma

performanti, delle reti di trasmissione e tanti al-tri fatti che hanno contribuito a determinare la realtà digitale in cui siamo immersi e che non

Facciamo le cose in modo diverso. Leggiamo, lavoriamo, studiamo, condividiamo idee, progetti ed emozioni attraverso il digitale. Succede e non ci facciamo caso, perché le architetture tecnolo-giche sono straordinariamente complesse, ma gli strumenti digitali sempre più immediati, utili, fa-

Il consumatore

digitale

Abbiamo la tecnologia, riempiamola di contenuti

Illus

trazi

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di G

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servizi all'interno

Page 2: di Ivo Ferrario digitale - IBC onlineti in azienda. Nel caso dell’e-commerce, per esempio, si cre-ano le condizioni per la creazione di una “value proposition” più effi cace.

Nei dialoghicon il consumatore siate

veri e sempliciL’architettura tecnologica è sofisticatissima, incomprensibile ai più.

Ma i suoi strumenti sono così immediati, facili e utili da conquistare chiunque.L'incalzare dell’innovazione apre nuovi inimmaginabili spazi d’interazione

Il punto di partenza di qualsiasi iniziativa digital è l'individuo, con le sue molteplici esigenze. L'azienda deve essere credibile

Per interagire in modo efficace è indispensabile varare progetti

originali, differenzianti, evitando approcci stereotipati

2 n . 1 · marzo 2017

Persone e imprese

l digital pervade la nostra vita. Cambia le nostre abitudini. Rende prodotti e servizi più accessibili e meno costosi. Facilita l’interazione

tra individui, aziende e istituzioni. È con noi a casa, mentre siamo in movimento, quando facciamo sport, shopping o ci sottoponiamo a un check up medico. Affi diamo quasi naturalmente alla rete stati d’animo, storie personali, opinioni, immagini, suoni.

L’architettura tecnologica è sofisticatissima, incom-prensibile ai più, ma i suoi strumenti sono così immedia-ti,facili,utili,divertenti,sfidantidaconquistarechiun-que. Lo leggiamo di continuo nelle nostre ricerche e il trend non dà segni di stanchezza. Anzi, si rafforza con l’incalzareinesorabilediun’innovazionechenonhamaifineeaprenuovifrontiinimmaginabilid’interazione. ÈunpeccatocheinItalial’adeguamentodell’infrastrut-tura indispensabile per far viaggiare velocemente tutto ciò che è in rete, si muova a una velocità nettamente inferiore al ritmo esponenziale con cui si moltiplicano le opportunità per effetto della costante evoluzione tecnologica. Non si è investito nella diffusione della banda larga. Il gap è forte perfino rispetto alla Spagna, uno dei paesimeno avanzati. E va colmato al più presto. L’aumentosignificativodegliaccessimobilecompensainuna certa misura la carenza strutturale, ma il problema resta edèserio.IlPaesenonstarispondendocomedovrebbeall’e-voluzione di un cittadino digitalmente esigente e iperattivo. A pagarne lo scotto sono soprattutto i residenti nei centri medio-piccoli, dove si registrano forti problemi di accessibi-lità alla rete e quindi alle opportunità che contiene per le per-sone e le imprese. Pensiamo all’e-commerce. Più della metà degli internetuser acquista online, per un giro di affari di prodotti e servi-zi valutato intorno ai 20 miliardi di euro. Il dato è inferiore agli altri paesi europei, ma il ritmo di crescita potenziale è di grande interesse.

Un’infrastrutturaall’altezzadellasituazione,unitaainve-stimenti da parte delle imprese nella ricerca di modalità in-novativedifruizione,cherendanosemprepiùgradevolel’e-sperienza, potrebbe sicuramente assecondare con successo l’orientamentodeiconsumatoriall’acquistoonlinedinume-rose merceologie. Anche appartenenti a settori grocery che finoadoggisonostaticonsideratiappannaggioesclusivodeipuntidivenditafisicidellamodernadistribuzione. Va poi affrontato il problema degli investimenti delle im-prese, indispensabili per colmare i ritardi di alfabetizzazio-ne rispetto alla rete e favorire un approccio interfunziona-lealdigital.Secondolenostreindagini,80aziendesu100hannoregistratobeneficidaquestasceltaquandohannoas-sunto collaboratori dotati di nuove competenze, che hanno operatoinsinergiaconlepersone(eiknow-how)giàpresen-tiinazienda.Nelcasodell’e-commerce,peresempio,sicre-anolecondizioniperlacreazionediuna“valueproposition”piùefficace.

Il punto di partenza di qualsiasi approccio al di-gital è la persona, con le sue esigenze. Barare è ri-

schioso, perché il consumatore in rete percepisce chiaramente gli elementi - in particolare le forme di comunicazione - che non sono coerenti. Ai suoi occhinonrisultanocredibilieperdonodiefficacia.Pensiamo, per esempio, ai social media: attraver-

so questo strumento straordinario di ascolto e intera-zione le aziende veicolano soprattutto contenuti interrut-

tivi (peresempio icommercialutilizzati in tv) insiemeadarticoli e prodotti multimediali chiaramente autoreferen-

ziali. Questo approccio irrita il consumatore, perché si rifà a una visione top-down della relazione. Vicever-

sa è fondamentale sviluppare con lui un dialogo, attraversounastrategiachevalorizzilespecificitàe il ruolo di ogni singolo social media e le moda-lità di interazione. Certo, farlosignificaavere ilcoraggiodispe-

rimentare, di dare spazio a personale più giova-ne, di credere in un approccio bottom-up. Soprattut-

to implica la formulazione di progetti non standardizzati e quindi probabilmente non in sintonia con le routine del-le imprese più strutturate. Ma attenzione: il rischio più grande, per chi vuole interagire sui social, è proprio quel-lo di adottare approcci stereotipati, che non differenziano. Alpuntodafarclassificarel’aziendacomeobsoletaefuo-ri dalla contemporaneità. (Testo raccolto da Valentina Bardozzo)

*Ceo Ipsos

di Jennifer Hubber*

I

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3n . 1 · marzo 2017

onostante i ritardi a livello in-frastrutturale, dal punto di vista degli utenti in Italia la digitaliz-zazione è un dato di fatto. Negli

ultimi dieci anni l’internet mobile ha conqui-stato una quantità di persone enorme rispet-to al fi sso, indipendentemente dalla loro pro-pensione alla tecnologia. Tutti possono essere considerati coinvolti o coinvolgibili nell’acces-so alla rete, dove la maggior parte del tempo è passato sui social media. Il problema è capire se le imprese stanno individuando le migliori modalità per entrare in contatto con i consu-matori e cogliere obiettivi di tipo commercia-le. In linea di massima direi che diversi punti meritano una registrazione».

Luca De Biase, giornalista, editor di innovazione al quotidiano Il Sole 24 Ore è la persona giusta per una conversazione non convenzionale sul rapporto tra imprese e digital. È stato componente del Tavolo permanente per l’innovazione e l’agenda digitale italiana, membro dellaCommissione sulle garanzie, i diritti e i doveri per l’uso diinternetallaCameradeiDeputatiedell’unitàdimissioneperilPresidentedelConsigliosull’Agendadigitaleitaliana. Ha tenuto inoltre interventi all’Ocse di Parigi, all’StsForum di Kyoto, al Massachusetts Institute of Technology Media Lab di Cambridge e presso altri autorevoli think tank internazionali.

Su cosa dovrebbe fondarsi l’approccio di un’azienda inten-zionata ad avere successo in rete? «Sull’autenticità.Bisognaaffermareciòchesièesifare-almente.Nonhasensoproporreun’immagineartificiale,peresempio facendo finta su Twitter o su Facebook di essere un account come gli altri, quando in realtà si ha palesemente un’ideapromozionaleinmente.Èmoltomegliodireconchia-rezza al consumatore perché si è in un certo contenitore di-gitale e cosa si vuole fare. Gli stratagemmi e i camuffamen-ti potevano funzionare nella old economy, ma oggi il gioco è nelle mani del consumatore, non delle aziende. E questo è pa-radossalmentetantopiùveronell’epocadellapost-verità.Unaltro errore che si dovrebbe evitare, indipendentemente dal-ledimensionidell’impresa,èquellodiconsiderareildigitalecome uno strumento a sé, che non interferisce con le attività extradigitali.Tuttoècollegatoeinterdipendente».

di Alessio Mainardi

Presidiare nicchie ed economie di scala

In questa conversazione Luca De Biase, giornalista, scrittore ed esperto di innovazione

al quotidiano Il Sole 24 Ore, ci parla della relazione tra imprese e rete. È in corso un importante

cambiamento culturale fondato su nuove competenze, incroci interfunzionali e flessibilità.

Tutto è sempre più collegato e interdipendente

«Nel nostro cervello abbiamo miliardi di neuroni. Ma cosa sono? Soltanto cellule. Il cervello non sa nulla fi no a quando i neuroni non sono collegati tra di loro». A Sir Timothy John Berners-Lee (nella foto) e a Robert Cailliau si deve l’invenzione nei primi Anni Novanta del World Wide Web, la rete mondiale che consente di navigare, fruire e interagire con una quantità enorme

di contenuti: informazioni, servizi, dati, immagini, suoni, testi… Una ragnatela sempre più ampia e interattiva che ha pervaso la vita delle persone e delle impresein tutto il mondo. «Ho progettato il web perché avesse una ricaduta sociale», scrive Berners-Lee, «perché aiutasse le persone a collaborare e non come un giocattolo tecnologico».

La visione di Tim

Idee e strategie

Facebook, Amazon, Google sono strumenti che offrono op-portunità diverse e vanno usati in modo differente. Nel mondo delle piccole e medie imprese questo è un dato acquisito? «Lo scenario mi sembra chiaro. Su Google, la pubblicità deve aggiungereinformazionisuuntemacheègiàalcentrodell’at-tenzione di chi è impegnato in una certa attività di ricerca. Fa-cebook,luogodeldialogo,consentel’ipertargetizzazionedellaproposta promozionale che si vuole veicolare. In entrambi i casi lavorando bene si possono inserire contenuti abbastanza coe-renticonquellocheinuncertomomentoèilfocusd’interessedel consumatore. Amazon è il luogo della vendita. Ogni sforzo lì è orientato a favore del cliente, per rendergli la vita più facile possibile: dal pagamento, alla consegna della merce, al modo di scegliere ciò che si desidera. In questo ambiente la promozione èaffidataall’algoritmo,chetisegnalacomesisonocomportatealtre persone con esigenze e gusti simili ai tuoi».

Non ritiene che molte piccole e medie aziende, spesso eccel-lenti nella cultura di prodotto, soffrano un senso di ritardo e di inadeguatezza che non consente loro di cogliere le opportu-nità offerte dalla rete? «Senza dubbio il digital impone uno sforzo aziendale impor-tante,unupgradeculturale,l’inserimentodinuovecompeten-ze,lacoltivazionediincrocirelazionalitrafunzionichefinoaieri non comunicavano tra loro. Ed è vero che rispetto alla con-tinua e rapida evoluzione delle piattaforme americane i nostri sforzisembranosempreinsufficientielanostracapacitàdiade-guarci troppo lenta. Ma non ne farei un dramma: non dobbiamo sopravvalutare il nostro senso di inferiorità.

In Italia abbiamo sviluppato una capacità di generare sul-le nostre produzioni un valore percepito, di dare un senso al consumo che fonde gusto, autenticità, innovazione, qualità, design… Fattori materiali ed immateriali che fanno la dif-ferenza al momento delle scelte del consumatore e generano valore aggiunto, quindi costi inferiori ai ricavi. Dobbiamo da una parte coltivare e consolidare sulla rete questa leader-ship culturale di prodotto costruita nel tempo da parte del-leaziende.Edall’altrapuntarecontemporaneamentesuduefattori: nicchia e scala. Le due cose non vanno in contrapposizione. Per avere scala i vari gestori delle nicchie possono condividere forme di sa-pere e servizi che sono utili per tutti senza essere strategiche per nessuno. Penso, per esempio, alla cybersecurity o alla lo-gistica… Insomma, cose che non sono segreto industriale, ma possono creare valore per tutti senza ripercussioni sulle stra-tegie e sulla piena competitività delle imprese».

I produttori italiani sono a un bivio: fare e-commerce da soli o salire sul carro dei grandi operatori. Che fare? «Stiamo parlando di business di volumi, quindi non deve stu-pire il fatto che pochi grandi operatori raccolgano la maggior parte degli ordini online. È però altrettanto vero che non esisto-no risposte giuste uguali per tutti. Oltre al mass market online ci sono siti di e-commerce di consorzi e cooperative, di micro brand commerciali che commercializzano con successo i loro prodotti. Ci sono esperienze positive nel biologico, nel com-mercio equo e in molti altri ambiti che fanno leva su “value proposition”distintiveesuidentitàautenticheeconvincenti».

«N

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Una nuova sf idada affrontare

con decisione

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Gli attori principali dell'e-commerce Btc sono grandi gruppi internazionali. Aziende native digitali con struttura organizzativa e cultura orientata a soddisfare i bisogni di un cliente che pretende di interagire in modo diverso. Ma non mancano startup e aziende tradizionali che hanno saputo conquistare un loro spazio,mettendo in discussione il proprio modo di essere impresae generando innovazioni appaganti per il pubblico

Oltre 1,4 miliardi di consumatori acquistano online nel mercato globale. La penetrazione delle vendite di prodotti sul totale è pari al 7%

un dato ormai assoda-to che il digitale sia una strada necessaria per le aziende che vogliono competere con successo.

Ma quale sia lo scenario di mer-cato attuale e cosa significhi co-gliere le opportunità dell’onli-ne sono temi sui quali ancora c’è poca chiarezza. Per comprende-re meglio come approcciarci al contesto digitale bisogna parti-re da un concetto di base: la ri-voluzione non è uno scenario a medio-lungo termine, ma un fe-nomeno che sta già cambiando profondamente i consumatori, lo scenario competitivo e il modo di fare impresa.

Il digitale non è il futuro, ma è già il presente. Basti pensare che nel 2016 sono stati acquistati nel mondo beni e servizi online per circa 2.600 miliardi di dollari, registrando una crescita del 17% rispetto al 2015. I consumatori che acqui-stano online a livello globale hanno raggiunto la quota di 1,4 miliardi e la penetrazione delle ven-dite online di prodotti sul totale della distribu-zione è del 7%. Anche l’e-commerce Btc in Italia registradati interessanti, nonostante rimanga un mer-cato emergente rispetto a realtà come Cina, UsaeRegnoUnito,caratterizzatedaunadif-fusione molto più importante delle vendite. Gli acquirenti online in Italia sono circa 19mi-lionieilvaloredellevenditeèdicirca19mi-liardidieuro(+18%rispettoal2015).Lesolevenditediprodottigenerano9miliardi,men-tre quelle di servizi 10,6. Il comparto storica-mente più rilevante è quello del turismo, con una quota del 44% e una crescita del 10%, se-guitodall’elettronicadi consumo, chevale il15%ecrescedel28%.Interzaposizionevièl’abbigliamento,checonlasuaquotadel10%e una crescita anno su anno del 27% si dimo-stra uno dei settori più interessanti. Altri ambiti, quali food&grocery, arreda-mento e home living, beauty e giocattoli ri-mangono comparti emergenti, che insieme

valgono oltre 1,5 miliardi di euro e crescono con tassi compresi tra il 30 e il 50%. Gli attori che ad oggi la fanno da padroni, sia in Italia che all’estero, sonograndi grup-pi internazionali di aziende native digitali. Il loro Dna pure digital consente loro di ave-re una struttura organizzativa e una cultura aziendale già orientata a soddisfare i bisogni del nuovo consumatore, che pretende di intera-gireconl’aziendainmodoimmediatoediret-toattraversounapluralitàdi interfacce(ine-gozifisici,ilnegozioonline,lepaginesocial,leapp,ecc.)vivendoun’esperienzaunica,per-sonalizzata e continuativa. Il nuovo contesto competitivo è caratteriz-zato anche da eccellenti start-up e da azien-de“tradizionali”chehannosaputocogliereleopportunità offerte dal digitale. Queste ultime hanno affrontato il mercato online non come un nuovo canale di vendita o di comunicazio-

Non è necessario avere a disposizione bud-get importanti, ma bisogna partire con un pro-getto chiaro, che si ponga degli obiettivi e che coinvolgal’interaazienda,formandooacqui-sendo le competenze necessarie. Gli elementi che ruotano intorno a un progetto di digitaliz-zazione sono infatti molti, così come etero-genee sono le possibili strategie da percorre-re: dall’apertura di uno store online proprio,all’affidarsiamarketplaceoe-retailergiàaf-fermati sul mercato, dall’integrazione dellecampagne digital nei piani marketing allo svi-luppo delle attività logistiche e di pagamento legate alle vendite online. Sitrattaindefinitivadicogliereleopportuni-tà che il digitale offre, in sinergia con gli asset attualidell’aziendaeipropriobiettivistrategici.

* Presidente di Netcomm, il Consorziodel Commercio Elettronico Italiano

ne, ma come un elemento da includere nella loro strategia di business. Le aziende offline che hanno affrontato il digitale con successo sono quelle che hanno messo in discussione il proprio modello di bu-siness, il modo di relazionarsi con il cliente e l’interazionetraonlineeoffline,generandoin-novazioni appaganti per il consumatore ed ef-ficaciperilbusiness. Le aziende che stanno cavalcando al meglio l’ondasonoperciòquellechenonsisonofat-telimitaredaipotenzialiconflittidicanaleodall’attualemodus operandi,ma hanno vistonel digitale un nuovo stimolo per portar lin-fa alla loro attività. E le aziende che non han-no ancora iniziato ad affrontare la rivoluzione digitale? È fondamentale per tutte le imprese italiane, sia grandi che medio-piccole, approc-ciarsi al digitale. Ne va della loro competitivi-tà e della loro sopravvivenza.

di Roberto Liscia*

Gli snodi della competitività online

Multicanalità

User experience e contenuti

Digital marketing

Il consumatore deve essere po-stoalcentrodell’e-sperienza complessiva del brand, attorno al qua-le orbitano gli elementi di interazionetraluiel’azienda.Negozifisiciestoreonline,app e canali social devono essere progettati per supportare in maniera sinergica il customer journey del cliente.

Un sito ben fatto si distingueper una user experience

ingaggiante e semplice, con contenuti di testo, immagini

e video studiati nel dettaglio, sia nella navigazione tramite

desktop che da mobile.

Unabuonacampagnapubblici-taria per un e-shop richiede ne-

cessariamente un investimento del budget in canali digitali. Le

campagne online non solo pos-sono essere definite con pre-cisione (target, obiettivi, ecc.)

ma possono essere monitorate e ottimizzate strada facendo, abeneficiodelRoifinale.

La consegna del prodotto acquista-to online è un aspetto fondamenta-

le per il consumatore, che deside-ra ottenere informazioni chiare ed esaustivealmomentodell’acquisto,

monitorare lo stato di evasione del-la consegna e avere a disposizione

una serie di opzioni che gli consen-tano di entrare in possesso del bene

nel modo che preferisce.

Non disporre degli strumenti di pagamento adeguati alle

esigenze del consumato-re può determinare la mancatafinalizzazio-

ne dell'ordine.

Logistica

Pagamenti

Business to consumer

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Page 5: di Ivo Ferrario digitale - IBC onlineti in azienda. Nel caso dell’e-commerce, per esempio, si cre-ano le condizioni per la creazione di una “value proposition” più effi cace.

5n . 1 · marzo 2017

Nel 2020 il valore globale dell'e-commerce Btbraggiungerà i 12 trilioni di dollari. Ma la vendita online è solo uno degli aspetti in cui si manifesta il cambiamento del mercato...

e-commerce e l'utilizzo della rete cambiano spesso radicalmente le strutture aziendali e i

processi di fi liera da parte delle aziende che vendono ai clienti fi nali. Oggi molte imprese Btb stanno attraversando la stessa metamorfosi, ma più rapida, avvantaggiate dall'abitudine delle persone all'utilizzo del web nel contesto privato. Il valore del mercato e-commerce Btb a livello mondiale raggiungerà un fatturato di 12 trilioni didollari(da5,5trilioninel2012)entroil2020,incluselevenditeviaEdi(Electronicdatainter-change). La vendita online è tuttavia solo uno degli aspetti in cui si manifesta il cambiamento del mercato Btb grazie al digitale. Secondo una ricerca che abbiamo condotto sulle aziende Btb italiane (downloadabile su:www.casaleggio.it/Btb) la trasformazione inve-ste infatti tutte e quattro le aree della strategia d'impresa. Vediamo con quali impatti. Brand. Cambiano le modalità e gli strumenti perpromuoverel’azienda,ilbrandeiprodotti.Gli investimenti di marketing sono diretti verso i canali online, anche laddove la vendita avvie-ne successivamente su altri canali. Vendite. Crescono quelle attraverso il sito di proprietà o sui marketplace. La vendita offli-ne, attraverso agenti, cataloghi o altro si avva-le sempre più di strumenti e dispositivi digitali come tablet e smartphone. Fedeltà.Cambianolestrategieperlafideliz-zazione dei clienti e la costruzione di relazioni continuative nel tempo, che devono necessaria-

mente passare attraverso i canali online. Organizzazione. Cambiano i modelli e i ruoli deidiversiattoricoinvoltinellafilieraenelpro-cessodiacquisto.All’internodell’aziendal’evo-luzionedigitaleinfluisceinvariomodonelledi-verseareeedefiniscenuovemodalitàdilavoro. Oggi le aziende italiane del Btb stanno già uti-lizzando attività di marketing online per la pro-mozione del brand e dei prodotti. Gli strumen-ti più utilizzati nel Btb a livello internazionale sono:e-mail(87%),registrazioneonline(70%),socialmedia (68%), contentmarketing (67%),fiereeconferenze(62%),directmail(49%),we-binars(44%),pubblicitàonline(43%),telemar-keting(37%),indirizzarionline(36%),retarge-ting(32%)edeventidalvivo(28%). Il potenziale di sviluppo del mercato Btb onli-neèenorme.L’e-commerce,ancorapocodiffu-soinItalianelBtb,èmoltopiùsviluppatoall’e-stero anche per le stesse aziende che operano sia sul nostromercato cheoltre confine, tendenzache sarà presto visibile anche in Italia. Questo porteràadunaprogressivaridefinizionedeiruo-lidegliattoridellafiliera,versounmodellodivendita sempre più self service. La digitalizzazione dei documenti, in parte spinta dalla necessità di rispettare le nuove di-rettive sulla fatturazione elettronica, sta portan-do le aziende ad investire nella digitalizzazione dell’interoprocessodigestionedell’ordine,ot-tenendorisparmisignificativi. Le attività dimarketing efidelizzazione chegià oggi si avvalgono di strumenti digitali, come l’e-mail marketing (utilizzato dall’89%delle aziende intervistate come strumento di contatto con i propri clienti e prospect), saran-nopotenziategrazieasistemidiprofilazionedeiclientisemprepiùefficaciedalladiffusionedisistemi per gestire queste attività in modo auto-matico. Gli investimenti sul marketing online delle aziende Btb si concentrano sulle attività di Seo (Searchengineoptimization), circa il19%delbudget, seguite dal keyword advertising che ri-ceve il 14%. Importanti anche gli investimen-

ti inpartecipazioneaeventiefiere (13,5%delbudget)ede-mailmarketing(13%).La produzione di cataloghi e altri materiali mar-keting stampati riceve il 12% del budget, mentre il 10% viene destinato a sponsorizzazioni e af-filiazioni.Leattivitàdisocialmediamarketingricevono in media il 7% del budget complessi-vo.Seguonodisplayadvertising(3%),produzio-ne di contenuti digitali - come blog, webinars, virtualevents,onlinevideo,richmedia-(2,5%),attivitàdipubblicherelazioni(2%)emediaof-flinecometv,radioestampa(1%). La generazione di lead può essere significa-tivamente incrementata attraverso le attività di marketingonline.Lostrumentopiùefficaceperlagenerazionedileadèl’e-mailmarketing,in-dicato dal 55% delle aziende del campione. Se-guonolapartecipazioneaeventiefiere,indica-ti dal 45% delle aziende, e le attività di keyword advertising(42%). Le attività di social media marketing sono in-dicatecomeefficaciperlagenerazionedeileaddal 37% delle aziende, le attività di Seo dal 35%, sponsorizzazionieaffiliazionidal29%.Televi-sione, radio e stampa complessivamente sono ef-ficaciperil27%delleaziende,leattivitàdipub-bliche relazioni per il 25%. La produzione di cataloghi e materiali stam-pati è utile alla generazione di lead per il 15% delle aziende Btb italiane, mentre i contenuti di-gitali e il display advertising sono indicati en-trambi dal 5% delle aziende. Per le aziende Btb che investono sui social me-dia,ilnetworkpiùefficaceèLinkedin,cherac-coglie il 21% di valutazioni molto positive e un equivalente 21% di giudizi favorevoli. Facebo-oksicollocainsecondaposizione(21%e16%).A seguire Youtube, reputato utile dal 37% del campione interpellato. Meno importanti risulta-noessereTwitter(peril5%èmoltovalido,peril16%incisivo)eInstagram(5%e11%).Infine,Pinterest, giudicato molto convincente dal 5% degli intervistati.

*Casaleggio & Associati

di Maurizio Benzi*

Le molteplici

opportunitàdel commercio digitale

tra imprese

Business to business

Redigere una strategia chedefinisca:iltarget,quali social utilizzare, tipo di contenuto da pubblicare, obiettivi, parametri da adattare, analisi dei competitor.

Monitorare i social rilevanti per il proprio brand e i propri prodotti.

Evitare di spingere subito l'obiettivo di lead: è necessario instaurare un dialogo con le persone primadiportarleall’acquisto.

Per la comunicazione interna, definiremetriche legate

al business e non ai social media(adesempiolead,

offerte, vendite rispetto alla reach, fan, follower...).

Identificareil target di riferimento. Si può iniziare

ascoltando la rete, conducendo attività di sentiment analysis

e studi del mercato.

Le best practice nell’utilizzo dei social

media nel Btb

INCIDENZE · Nel grafi co: le aree aziendali sulle quali il digitale ha maggiore impatto

L,

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Le aziende alla prova

della SocialMediAbilityutti i processi di inno-vazione si svolgono se-guendo fasi riconoscibi-li e la transizione verso

la comunicazione digitale da par-te delle aziende italiane non fa ec-cezione. L’osservatorio del Master Iulm in Social Media Marketing, segue questo processo monito-rando dal 2010 un panel di 720 aziende di 6 diversi settori.

L’analisi viene condotta sia attraverso unadesk analysis manuale dei canali social delle aziende monitorate, sia utilizzando tools profes-sionali di rilevazione delle principali metriche diperformance.L’insiemedeirisultatiottenuticonsentediricostruirel’indicediSocialMediA-bility: un modello standardizzato di valutazio-nedell’usoditalicanaliperattivitàdimarke-ting e comunicazione di ogni singola azienda. Le evidenze emerse dalle diverse edizioni della ricerca consentono oggi di fare alcune conside-razioni“disistema”sulprocessod’innovazionein corso. A una prima fase pionieristica in cui, a fron-te di un atteggiamento generale di scarsa cono-scenza e grande sospetto verso i social media, pochissime realtà avevano colto l’importanzaditalicanali(nel2010soloil32%delleaziendemonitorate ne aveva attivato uno), ne è seguita (trail2013eil2015)unadiaccettazione/curio-sità emulativa. Durante questa fase, la forte motivazione delle aziende ad attivare proprie presenze so-cial era riconducibile alla ben poco strategica considerazione: “I nostri competitor sono su Facebook,dobbiamoessercianchenoi!”. Come“esserci”eper“farcicosa”erauntemadi cui ci si sarebbe occupati poi. Attualmente leaziendepiùavanzate(cheingeneresonoan-che quelle di maggiori dimensioni) si trovano in una terza fase di tipo tattico-performativo. Si è compreso che i nuovi canali possono realmen-te contribuire al raggiungimento di obiettivi di business e questo ha fatto aumentare notevol-

di Guido Di Fraia*

Social media

Si è compreso che i nuovi canali possono realmente contribuire al raggiungimento di obiettivi di business e questo ha fatto aumentare notevolmente gli investimenti

mente gli investimenti su di essi, sia a livello di advertising, che di generazione di contenuti. Si è scoperta la necessità di ripensare il cu-stomer journey in modo più articolato rispetto a quello utilizzato per modellizzare i processi decisionali dei consumatori al tempo dei media classici.Cisièpersinoconvintidell’importanzadei consumatori e la customer centricity sta pro-gressivamente diventando il nuovo mantra. Oggi, il nuovo Santo Graal del marketing di-

gitale pare essere quello di intercettare il clien-te per offrirgli una user-experience di qualitàattraverso tutti i possibili touch-point aziendali, in modo da soddisfarne i bisogni nel momento stesso in cui essi si generano; magari preveden-doliaddiritturainanticipo.Un’opportunitàpre-ziosa, resa possibile dall’analisi dei Big Data,dalla diffusione delle applicazioni di cognitive computing e dei Bot e dalle diverse implemen-tazioni di marketing automation.

C’è qualcosa di sbagliato in tutto questo?Certamente no! Il rischio è solo quello di con-fondere la parte per il tutto. Di focalizzarsi su tali aspetti che, pur portando risultati economi-ci,sonocomunquedinatura“tattica”,perdendodivistailquadrod’insiemee,conesso,lastra-tegia. Non tanto la strategia di marketing digi-tale: per ottenere risultati bisogna che questa ci sia e funzioni. Quanto piuttosto la gestione stra-tegica di alto livello del brand. Qualcuno potrebbe obiettare che le cose non stanno affatto così e che, anzi, negli ul-timi tempi si parla sempre più spesso di digi-tal branding. Ma è una risposta che conferma l’ipotesi. Ilmotivoper cui inprecedenzanonsi è mai sentito parlare di tv branding o di ra-dio branding è perché, al tempo, la gestione del branderaintesacomeun’attivitàdialtolivelloin grado di orientare le scelte strategiche, indi-pendentemente dai canali. Certo, il nuovo paradigma rende le cose stra-ordinariamente più difficili.Mentre al tempodeimedia classici l’universo simbolico e im-materiale del brand era generato totalmente dall’azienda,oggiessoèsempredipiùilrisul-tato di un processo relazionale e negoziale con i consumatori che, avendo acquisito il “pote-redellaparola”,possonocondividereattraver-so i social network le proprie visioni del mon-do, comprese quelle sui brand. Da attività progettata e gestita in modo mo-no-autoriale, il brand è diventato il risultato di un’attività collaborativa intrinsecamente so-cial.Unaveraepropria“scritturaapiùmani”condivisa tra azienda e consumatori. Ma proprio in quanto attività complessa e non più approcciabile attraverso i modelli classici, il brand management deve tornare a essere uno dei principali focus attenzionali della gestione strategicadelleaziende.Farsiprenderedall’eu-foria dei risultati ottenibili attraverso le forme più avanzate e performanti del digital marke-ting, tralasciando il tema del branding, rappre-senterebbe un passo indietro pericoloso e di-sfunzionale nel processo di innovazione in atto. Ma altrettanto pericoloso è immaginare che possa esistere qualcosa come il digital bran-ding inteso come attività separata e distinta rispetto alla gestione strategica - e trasversale ai canali - del brand.

*Direttoreexecutivemasterinsocialmediamktg,Iulm - www.osservatoriosocialmedia.it

SocialMediAbilityT

Ogni giorno nel mondo è prodotta una mole abnor-medidatiraccoltiattraversoinfinitemodalità:daglismartphone con le loro applicazioni alle carte di cre-dito utilizzate per gli acquisti, dagli storage necessa-ri per le applicazioni dei computer alle infrastrutture intelligentidellecittà,aisensorimontatisugliedifici,sui mezzi di trasporto e così via. Le informazioni sono tante: per questo vanno sele-zionate ed elaborate se si vuole trasformarle negli in-gredienti di una strategia aziendale.

Nonhasenso,comeLoizzeddamostranell’illustra-zionequiaccanto,“fareilpieno”,accumulareinfor-mazioni se poi non si ha la volontà di analizzarle e condividerle per creare valore. Va considerato, inoltre, che la trasformazione dei Big Data in reali strumenti di supporto decisionale non implica una semplice elaborazione informatica. In gioco entrano competenze disciplinari trasversali: dall’ingegneria informatica alla statistica avanzata,dalla sociologia al marketing, dalla linguistica com-putazionale alla teoria delle reti. Sono un nuovo petrolio, come dicono alcuni, ma da distillare con grandissima attenzione. (a.m.)

Big Data, un nuovo petrolio da usare con attenzione

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svilu

ppo

della

pro

pria

mar

ca, l

e m

otiv

azio

ni d

elle

im

pres

e so

no a

nzit

utto

la r

icer

ca d

i sat

uraz

ione

deg

li im

pian

ti e

il

mig

liora

men

to d

elle

rela

zio

ni c

on

la d

istr

ibuz

ione

(Tav

ola

5 ).

È

anch

e si

gnifi

cati

vo c

he in

un

cont

esto

eco

nom

ico

sfav

ore

vo-

le c

om

e qu

ello

deg

li ul

tim

i ann

i sia

rite

nuta

una

mot

ivaz

ione

dec

i-sa

men

te s

eco

ndar

ia il

rec

uper

o di

per

dite

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endu

to s

ui p

rodo

t-ti

pro

post

i co

n la

mar

ca d

ell’a

zien

da: l

a sc

elta

di

pro

durr

e M

DD

no

n è

un r

ipie

go, u

n se

gnal

e di

dif

ficol

tà, m

a un

a de

cisi

one

fat

ta

in m

odo

pro

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vo p

er c

oglie

re u

n’o

ppo

rtun

ità.

Si t

ratt

a in

oltr

e di

un

a sc

elta

orm

ai c

ons

olid

ata,

co

n un

a pr

esen

za m

edia

in

ques

to

mer

cato

di 1

8 an

ni: q

uasi

la m

età

delle

impr

ese

pro

duce

MD

D d

a 20

o p

iù a

nni e

sol

o il

5% d

a m

eno

di 5

(Tav

ola

6 ).

Di n

uovo

, no

n è

una

scel

ta t

atti

ca, m

a di

lung

o pe

riodo

, che

ha

dato

buo

ni ri

sult

ati.

C

he la

pro

duzi

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di M

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non

sia

un

ripie

go e

mer

ge a

nche

dai

da

ti re

lativ

i al s

uo p

eso,

in m

edia

, sul

le re

fere

nze

prod

otte

e s

ul fa

t-tu

rato

in v

olum

e e

valo

re (T

avol

a 7

). Le

MD

D c

ostit

uisc

ono

infa

tti

il 32

% d

elle

refe

renz

e pr

odot

te, p

erce

ntua

le p

iù b

assa

sia

del

rela

ti-vo

fatt

urat

o in

val

ore

(35%

) che

in v

olum

e (4

0%),

conf

erm

ando

com

e es

se c

onse

ntan

o ef

ficie

nze

prod

uttiv

e le

gate

alla

sca

la.

A

ult

erio

re t

esti

mo

nian

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i una

pre

senz

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nsol

idat

a e

stru

t-tu

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vie

ne l

’ele

vato

num

ero

med

io d

i rel

azio

ni c

om

mer

cial

i (in

It

alia

e a

ll’es

tero

), 9,

6 co

n la

Gdo

e 2

,6 c

on

inse

gne

disc

oun

t. Va

so

ttol

inea

to c

om

e qu

esto

sec

ond

o i

nter

locu

tore

, per

le

impr

e-se

che

lo r

iforn

isco

no (5

1 su

75)

, co

nsen

ta e

leva

te c

onc

entr

azio

ni

di f

attu

rato

. La

quot

a m

edia

del

fat

tura

to in

MD

D r

ealiz

zato

co

n il

disc

oun

t è

infa

tti p

ari a

l 29%

anc

he s

e il

loro

num

ero

sul

tot

a-le

dei

clie

nti è

dec

isam

ente

infe

riore

(21%

). È

una

prim

a co

nfer

ma

dell’

impo

rtan

za c

he o

ggi i

l di

sco

unt

ha in

que

sto

mer

cato

, tem

a su

cui

si t

orn

erà

tra

brev

e.

IL T

IPO

DI F

OR

NIT

UR

E

AL

LA

DIS

TR

IBU

ZIO

NE

3TA

VO

LA

n.%

Esc

lusi

vam

ente

MD

D6

8,0

%M

arca

ind

ustr

iale

e M

DD

69

92

,0%

Iniz

io c

on

MD

D e

suc

cess

ivo

sv

ilup

po

del

la m

arca

ind

ustr

iale

710

,1%

Svi

lup

po

co

ntem

po

rane

o d

i en

tram

be

le ti

po

log

ie d

i mar

ca2

434

,8%

Iniz

io c

on

mar

ca in

dus

tria

le e

su

cces

sivo

svi

lup

po

di M

DD

385

5,1%

Tota

le75

100

,0%

LA

MO

TIV

AZ

ION

E A

LLO

SV

ILU

PP

O

DI U

NA

PR

OP

RIA

MA

RC

A

IMP

RE

SE

CH

E H

AN

NO

IN

IZIA

TO

C

ON

LA

MD

D (D

A 1

A 5

)

4TA

VO

LA

valo

re

Incr

emen

tare

la m

arg

inal

ità3,

9

Rid

urre

la d

ipen

den

za d

alla

dis

trib

uzio

ne3,

4

Sfru

ttare

le b

uone

rela

zion

i con

la d

istr

ibuz

ione

3,1

Inve

stire

ris

ors

e ec

ono

mic

he p

rove

nien

ti d

alla

MD

D2

,0

LA

MO

TIV

AZ

ION

E

AL

LA

PR

OD

UZ

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E D

I M

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IM

PR

ES

E C

HE

HA

NN

O IN

IZIA

TO

C

ON

LA

LO

RO

MA

RC

A (

DA

1 A

5)

5TA

VO

LA

valo

re

Sat

urar

e l’u

tiliz

zo d

egli

imp

iant

i pro

dut

tivi

3,3

Mig

liora

re la

rel

azio

ne c

on

i dis

trib

uto

ri3,

2O

tten

ere

eco

nom

ie d

i co

sto

nel

la lo

gis

tica

2,3

Rec

uper

are

i vo

lum

i per

si p

er l’

ind

ebo

limen

to

del

la m

arca

ind

ustr

iale

2,2

GL

I A

NN

I D

I A

TT

IVIT

À

NE

L M

ER

CA

TO

DE

LL

E M

DD

6TA

VO

LA

valo

re

Med

ia17

,8M

eno

di 5

5,1%

Da

5 a

915

,4%

Da

10 a

19

35,9

%2

0 e

oltr

e43

,6%

Tota

le10

0%

MD

D: L

A Q

UO

TA

DE

LL

E R

EF

ER

EN

ZE

P

RO

DO

TT

E E

IL

PE

SO

SU

L F

AT

TU

RA

TO

7

TA

VO

LA

Ref

eren

zeFa

ttur

ato

valo

revo

lum

eM

edia

31,9

%35

,3%

39,5

%Fi

no a

l 5%

20

,8%

11,8

%10

,8%

Dal

6 a

10

%19

,5%

17,1%

12,2

%D

a 11

a 2

5%

15,6

%15

,8%

14,9

%D

al 2

6 a

l 50

%2

0,8

%2

8,9

%35

,1%D

al 5

1 al

75

%10

,4%

13,2

%10

,8%

Più

del

75

%13

,0%

13,2

%16

,2%

Tota

le10

0,0

%10

0,0

%10

0,0

%

Trad

e La

b p

er IB

C, 2

016

Trad

e La

b p

er IB

C, 2

016

Trad

e La

b p

er IB

C, 2

016

Trad

e La

b p

er IB

C, 2

016

Trad

e La

b p

er IB

C, 2

016

6cord

o ac

cett

abile

. Dei

rest

anti,

il 15

% s

egna

la u

na ri

duzi

one

dei t

em-

pi d

i tra

sfer

imen

to, m

a la

riti

ene

gest

ibile

, e s

olo

il 10

% a

ffer

ma

che

la d

iffus

ione

del

le M

DD

han

no c

ausa

to u

na s

trut

tura

le ri

duzi

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dei

tem

pi d

i sfr

utta

men

to d

ell’i

nnov

azio

ne, r

iduc

endo

l’in

cent

ivo

a in

-no

vare

.

PR

OD

UR

RE

PR

IVA

TE L

AB

EL:

OP

PO

RTU

NIT

À E

PR

OB

LEM

I

In

fine

, la

Tavo

la 18

ripo

rta

la v

alut

azio

ne d

el li

vello

di p

rofi

tta-

bilit

à de

lla M

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, pro

fitt

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tà c

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ront

ata

a qu

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dei

pro

dot-

ti a

mar

ca in

dust

rial

e te

nend

o c

ont

o, a

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nsun

tivo

, anc

he d

elle

pa

rtit

e ex

trac

ont

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uali

defi

nite

in

cors

o d

’ann

o, c

he n

e ri

du-

cono

la r

eddi

tivi

tà, e

dei

mag

gio

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neri

che

le s

eco

nde

spes

so

com

port

ano

nel

la lo

gist

ica

e ne

lle r

elaz

ioni

co

mm

erci

ali.

Inte

sa

in q

uest

o m

odo

, nei

rap

port

i co

n la

Gdo

ess

a ri

sult

a eq

uiva

len-

te n

el 2

8% d

ei c

asi e

nel

26%

dec

isam

ente

più

bas

sa, m

entr

e ne

i ra

ppo

rti c

on

il di

sco

unt

la p

rim

a pe

rcen

tual

e sc

ende

al 2

1% e

la

seco

nda

sale

al 5

0%.

Se

si e

sclu

dono

, da

un la

to, l

e gr

andi

impr

ese

di m

arca

che

no

n pr

odu

cono

MD

D e

, dal

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ro, q

uelle

che

pro

duco

no s

olo

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D,

esis

te u

n am

plis

sim

o in

siem

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ope

rato

ri c

he s

i so

no s

trut

tura

ti

nella

pro

duzi

one

di

entr

ambe

. Co

me

acce

nnat

o i

n ap

ertu

ra, s

u di

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e e

sul m

odo

in c

ui v

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no la

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do

ppia

ves

te d

i im

pres

e di

mar

ca e

di f

orn

ito

ri d

i MD

D, n

on

si s

a m

olt

o e

dai

dat

i app

ena

com

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tati

em

ergo

no a

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i int

eres

se.

A

nzit

utto

app

are

evid

ente

co

me

la s

celt

a di

pro

durr

e M

DD

si

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nsap

evo

le e

pro

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va e

no

n un

rip

iego

fo

rzat

o a

fro

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diff

ico

ltà.

La

mo

tiva

zio

ne f

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amen

tale

è l

a ri

cerc

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vo

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i pe

r ra

ggiu

nger

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ono

mie

di s

cala

che

no

n sa

rebb

ero

alt

rim

en-

ti p

oss

ibili

co

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pro

dott

i a m

arca

indu

stri

ale.

Un

obi

etti

vo

che

in m

olt

i co

mpa

rti

è un

a co

ndiz

ione

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sopr

avvi

venz

a e

di-

vent

a la

pre

cond

izio

ne p

er c

ont

inua

re u

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rco

rso

impr

endi

to-

rial

e. I

dati

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attu

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rel

ativ

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assa

to t

rien

nio

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uelli

att

esi

per

il pr

oss

imo

dic

ono

che

l’o

biet

tivo

è s

tato

in m

olt

i cas

i rag

-gi

unto

po

iché

i r

isul

tati

del

le i

mpr

ese

sono

co

mpl

essi

vam

ente

bu

oni

. Per

mo

lte

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sse

la p

rodu

zio

ne d

i MD

D è

ino

ltre

una

re-

altà

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lidat

a, d

ove

è st

ata

mat

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a un

’orm

ai lu

nga

espe

rien

-za

e r

appo

rti a

ltre

ttan

to d

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uri c

on

le in

segn

e se

rvit

e.

U

n se

cond

o d

ato

che

em

erge

co

n ch

iare

zza

è l’e

sist

enza

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due

mer

cati

del

la M

DD

co

n ca

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eris

tich

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olt

o d

iver

se, q

uello

de

lla G

do e

que

llo d

el d

isco

unt.

I co

mpo

rtam

enti

e le

rel

azio

ni

che

si in

stau

rano

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pri

ma

sono

in c

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inui

tà c

on

quel

li ch

e tr

adiz

iona

lmen

te h

anno

co

nno

tato

il la

rgo

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nsum

o.

I b

uyer

so

no in

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ocu

tori

co

n un

a cu

ltur

a co

mm

erci

ale

e no

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pro

dott

o, s

pess

o s

ogg

etti

a r

apid

e ro

tazi

oni

neg

li af

fida

men

-ti

di c

ateg

ori

a, e

impo

stan

o il

rap

port

o in

mo

do s

imile

a q

uant

o av

vien

e co

n i f

orn

ito

ri d

i mar

che

indu

stri

ali.

Nel

dis

coun

t i b

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so

no i

nvec

e re

spo

nsab

ili d

ell’u

nico

o d

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och

i pr

odo

tti

che

il cl

ient

e tr

over

à a

scaf

fale

e n

on

poss

ono

no

n en

trar

e in

mer

ito

ai c

apit

ola

ti d

a co

nco

rdar

e. L

’app

rocc

io è

per

ciò

div

erso

e s

e di

no

rma

è an

che

più

aggr

essi

vo s

ulle

co

ndiz

ioni

di

prez

zo, è

vis

-su

to d

all’i

ndus

tria

co

me

più

pro

fess

iona

le,

più

aper

to a

l ri

co-

nosc

imen

to d

i pro

blem

atic

he d

i nat

ura

pro

dutt

iva.

Pro

prio

per

GD

OD

isco

unt

Iden

tici\m

olto

sim

ili5

7,4%

49,2

%D

iver

si42

,6%

50

,8%

(Mo

tivi d

ella

diff

eren

ziaz

ione

ris

po

ste

mul

tiple

rip

ort

ate

a 10

0)

Favo

rire

un d

iver

so p

osiz

iona

men

to

di p

rezz

o35

,8%

38,7

%

Man

tene

re u

n d

iver

so li

vello

q

ualit

ativ

o30

,2%

30,6

%

Man

tene

re u

n d

iver

so li

vello

di i

nno

vazi

one

22

,6%

24,

2%

Gar

antir

e sp

azio

a s

caffa

lean

che

per l

a m

arca

indu

stria

le11

,3%

6,5

%

Tota

le10

0%

100

,0%

LA

DIF

FE

RE

NZ

IAZ

ION

E D

EL

LE

MD

DR

ISP

ET

TO

AL

LA

MA

RC

A IN

DU

ST

RIA

LE

16TA

VO

LA

Trad

e La

b p

er IB

C, 2

016

IL T

RA

SF

ER

IME

NT

O

DE

LL

'IN

NO

VA

ZIO

NE

SU

LL

E M

DD

17TA

VO

LA

Dis

coun

t

Le M

DD

han

no c

ausa

to u

na s

trut

tura

le r

iduz

ione

d

ei te

mp

i di s

frut

tam

ento

del

l'inn

ova

zio

ne,

riduc

end

o l'

ince

ntiv

o a

inno

vare

9,8

%

I tem

pi d

i sfr

utta

men

to d

ell’i

nno

vazi

one

sui

p

rop

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arch

i ven

go

no r

ido

tti,

ma

non

annu

llati:

si

è o

bb

ligat

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asfe

rirli

sulle

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D14

,8%

Le in

seg

ne p

rem

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per

il tr

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rimen

to,

ma

se l’

inno

vazi

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è r

ealm

ente

tale

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orm

a si

tro

va u

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cord

o a

ccet

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ile32

,8%

No

n è

il tr

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to a

ccel

erat

o

del

l’inn

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zio

ne s

ulle

MD

D c

he n

e rid

uce

la

red

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vità

, ma

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orr

enza

di a

ltri p

rod

utto

ri42

,6%

Tota

le10

0%

Trad

e La

b p

er IB

C, 2

016

LA

RE

DD

ITIV

ITÀ

DE

LL

A M

DD

18TA

VO

LA

GD

OD

isco

unt

Val

utaz

ione

med

ia d

a 1

a 5

2,1

1,7

Dec

isam

ente

più

bas

sa2

6,3

%48

,9%

Più

bas

sa43

,9%

29,

8%

Eq

uiva

lent

e2

8,1%

21,

3%

Più

ele

vata

1,8

%0

,0%

Tota

le10

0%

100

,0%

No

ta:

si

inte

nde

a co

nsun

tivo,

te

nuto

co

nto

d

i tu

tte

le

par

tite

cont

ratt

uali,

anc

he d

i que

lle n

on

pre

vist

e al

l’att

o d

el c

ont

ratt

o

Trad

e La

b p

er IB

C, 2

016

La m

arc

a c

om

merc

iale

: il pu

nto

di v

ista d

ell’in

du

stria 7

la concentrazio

ne dell’offerta del disco

unt sulle MD

D, i vo

lumi

sono

elevati e quindi consento

no di raggiungere quelle eco

no-

mie di scala che hanno

in partenza spinto i pro

duttori a fo

rnire M

DD

. Nella G

do, dove esiste in Italia una fo

rte polverizzazio

ne e dove la M

DD

è solo

una delle alternative disponibili a scaffale,

il problem

a dell’insufficienza dei volum

i emerge e in alcuni casi

porta anche a rinunciare alla fo

rnitura.

Nel rappo

rto tra le parti so

no evidenti anche aree di diffico

l-tà. È sco

ntato che i m

argini sono

bassi, in particolare per le M

DD

per il disco

unt, e che chi opera in questo

mercato

non può

che farlo

sulla base di una rigida disciplina nel contro

llo dei co

sti. Un

elemento

negativo nuovo

che sta emergendo

è invece la richie-sta di co

ntributi aggiuntivi per sostenere la pro

mozio

nalità del-le M

DD

, creando una rilevante incertezza su co

ndizioni di fo

rni-tura che già sco

ntano una redditività co

ntenuta.

SI D

IFF

ON

DO

NO

LE A

ST

ES

U C

AP

ITOLA

TO

C

om

incia anche a diffondersi la pratica delle aste su capi-

tolato

, in particolare nel disco

unt e all’estero. U

na mo

dali-

tà di

approvvigionam

ento

considerata

mo

lto

negativamente

non so

lo per il suo

impatto

sui margini, m

a per le implicazio

-ni che può

avere quando i capito

lati, mal definiti, lasciano

aper-te aree grigie in m

erito alla qualità dei pro

dotti. Anco

ra, risul-ta pro

blematica la po

ssibilità di differenziare i prodotti a M

DD

da quelli o

fferti con la m

arca industriale: il tentativo di arriva-

re al consum

atore co

n prodotti co

n caratteristiche diverse può diventare inco

mpatibile co

n la ricerca di elevati volum

i di pro-

duzione per ridurre i co

sti. Infine, va rimarcato

il giudizio, per

mo

lti versi inaspettato, sul trasferim

ento sulla M

DD

dell’in-novazio

ne veicolata sulla m

arca industriale. Il problem

a esi-ste, m

a per mo

lte imprese sem

bra essere gestibile e non in-

fluenzare in mo

do determ

inante l’investimento

in innovazione.

In definitiva, il quadro

di relazioni che em

erge è caratterizza-to

da una notevole stabilità e da un clim

a nel com

plesso buo

no,

che favorisce un appro

ccio di m

edio-lungo

periodo

. Emerge an-

che qualche elemento

di criticità, in merito

alla valutazione tec-

nica dei capitolati per la G

do, all’incertezza co

ntrattuale e a una prim

a diffusione delle aste, che no

n pare per ora co

mpro

mette-

re la possibilità per entram

be le parti di trarre vantaggio dalla svi-

luppo di un m

ercato che in Italia ha anco

ra ampi spazi di crescita.

AN

NO

TAZ

ION

I

2 La m

arca del distributore (M

DD

) è orm

ai una presenza consoli-

data sugli scaffali di tutta la Gdo e do

minante su quelli delle inse-

gne del discount. È di co

nseguenza un mercato diventato attratti-

vo per l’industria disposta a produrla co

me specialista o accanto ai

beni offerti con la pro

pria marca.

IBC

, l’Asso

ciazione delle Industrie dei Beni di C

onsum

o, ha così

prom

osso

una ricerca per approfondire, a un livello

sia strategico che o

perativo, le implicazio

ni della sua diffusione per l’industria.

Il tem

a della MD

D è infatti esplo

rato nei dettagli sul lato del con-

sumato

re, con dati sulla sua percezio

ne e sui suoi com

portam

enti d’acquisto, e su quello della distribuzio

ne, in rapporto alle strategie

perseguite e a ciò che essa chiede ai propri fo

rnitori, m

entre è an-co

ra scarsa l’inform

azione dispo

nibile sull’industria, spesso a cau-sa della riservatezza dei rappo

rti com

merciali da indagare, in par-

ticolare per chi produce sia M

DD

sia la propria m

arca. È su questo fro

nte che la ricerca vuole offrire un contributo e nel seguito ver-

ranno riportati parte dei risultati del lavo

ro svolto, com

mentando

una sintesi dell’analisi condotta attraverso interviste e co

n un que-stio

nario agli associati IBC

che operano nel m

ercato della MD

D.

LE C

AR

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ISTIC

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D

EL C

AM

PIO

NE

L’indagine è stata co

ndotta nel 2016 e si è svolta in due fasi. Nel-

la prima so

no state fatte interviste in profondità a un insiem

e di im

prese di produzio

ne che rappresentano un ampio spettro di si-

tuazioni sia per dim

ensioni aziendali sia per setto

re di riferimento.

I risultati delle interviste sono stati poi la base per la costruzio

ne di un questio

nario inviato alle aziende associate a IBC

con più di 5 m

i-lio

ni di euro di fatturato attive nel largo consum

o. Le imprese che

produco

no MD

D che hanno co

mpletato il questio

nario sono sta-

te 75 e ad esse si riferiscono i dati e le co

nsiderazioni che seguo

no.

La mancanza di info

rmazio

ni sull’universo dei produtto

ri che fo

rniscono M

DD

rende difficile valutare la generalizzabilità dei dati raccolti nel lavo

ro ed è quindi oppo

rtuno riportare anzitut-

to le caratteristiche delle imprese che hanno risposto al questio

-nario. C

om

e si è detto, sono 75 e o

perano in 35 delle 41 categorie

merceologiche in cui è stato suddiviso il m

ercato, 26 foo

d (su 29) e 9 no

n alimentari (su 12); co

mplessivam

ente 120 osservazioni di ca-

tegoria, co

nsiderando presenze in più categorie, di cui 95 alim

en-tari e 25 no

n alimentari ( Tavola 1 ).

L’alim

entare è quindi rappresentato da un numero più elevato di

imprese. In term

ini dimensio

nali, rispetto all’universo di riferimen-

to il campio

ne rappresenta volutamente im

prese di medio

-grandi dim

ensioni, che espo

rtano in media il 25%

del loro fatturato.

Tenuto

conto

dell’andamento

dell’econo

mia italiana, i lo

ro ri-

sultati econo

mici so

no stati nel co

mplesso

buoni, co

n meno

del 15%

delle imprese che ha avuto

una riduzione delle vendite nell’ul-

timo

triennio. La loro

quota di mercato

è per circa la metà dei casi

inferiore al 5%

, ma per 16 aziende la quota è elevata, so

pra il 20%.

In termini di po

sizionam

ento, un terzo delle im

prese opera nell’al-

to di gam

ma, circa un quarto

ha posizio

ni di leadership, altrettan-te di follow

er e solo il 14%

si dichiara produtto

re di primi prezzi.

Poiché dalle interviste in profo

ndità era emersa una fo

rte corre-

ALC

UN

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0,0

%

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) - Me

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(4,5)

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io (3)

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Totale10

0,0

%

L’esposizione al confronto di prezzo per il distributore (d

a 1 a 5) - M

ed

ia = 3,4%

Alto

(4,5)

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%M

edio

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)18

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0,0

%

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m €

79,3%

Da 10

a 20

m €

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,0%

Da 2

0 a 5

0 m

€13

17,3%D

a 50

a 100

m €

192

5,3%

Da 10

0 a 5

00

m €

192

5,3%

Oltre 5

00

m €

56

,7%Totale

7510

0,0

%Fatturato estero: m

edia

-2

5,0

%

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ta di m

ercato nella categ

oria

n.%

Fino a 5

%42

48,3%

Da 6

a 10%

1517,2

%D

a 11 a 20

%14

16,1%

Da 2

1 a 30%

910

,3%O

ltre 30%

78

,0%

Totale8

710

0,0

%

Po

sizione d

i mercato

nella catego

ria n.

%

Alto

di g

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er / Co

-leader

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26

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/ Seco

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22

25

,0%

Altro

1213,6

%P

rimo

prezzo

33,4%

Totale8

810

0,0

%

Andam

ento del fatturato nel triennio 2013-2015n.

%

Co

ntrazione (<-5

%)

45

,3%Lieve co

ntrazione (-5

% - <0

%)

79,3%

Stab

ilità (0%

- 5%

)2

736

,0%

Mo

desta crescita (6

% - 10

%)

192

5,3%

Buo

na crescita (11% - 2

0%

)13

17,3%Fo

rte crescita (>20

%)

56

,7%Totale

7510

0,0

%

Trade Lab

per IB

C, 2

016

Trade Lab

per IB

C, 2

016

Page 9: di Ivo Ferrario digitale - IBC onlineti in azienda. Nel caso dell’e-commerce, per esempio, si cre-ano le condizioni per la creazione di una “value proposition” più effi cace.

9n . 1 · marzo 2017

La m

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e La

b p

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C, 2

016

Trad

e La

b p

er IB

C, 2

016

Trad

e La

b p

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C, 2

016

Trad

e La

b p

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C, 2

016

Trad

e La

b p

er IB

C, 2

016

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o ac

cett

abile

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il 15

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na ri

duzi

one

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em-

pi d

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sfer

imen

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ibile

, e s

olo

il 10

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ma

che

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iffus

ione

del

le M

DD

han

no c

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na s

trut

tura

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duzi

one

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l’in

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I

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azio

ne d

el li

vello

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tta-

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lla M

DD

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ata

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pro

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ti a

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ca in

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rial

e te

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o, a

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tivo

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he d

elle

pa

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nite

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port

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a eq

uiva

len-

te n

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nel

26%

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isam

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più

bas

sa, m

entr

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sco

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tual

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ende

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la

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al 5

0%.

Se

si e

sclu

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, da

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di m

arca

che

no

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l’alt

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D,

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one

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nnat

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ra, s

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sul m

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no la

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do

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i im

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mar

ca e

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ito

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on

si s

a m

olt

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com

men

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no a

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nti d

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A

nzit

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ente

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a di

pro

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DD

si

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le e

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va e

no

n un

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fro

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diff

ico

ltà.

La

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tale

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vo

lum

i pe

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ono

mie

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che

no

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rim

en-

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i a m

arca

indu

stri

ale.

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che

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ione

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sopr

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a e

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vent

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izio

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inua

re u

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rco

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endi

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e. I

dati

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attu

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rel

ativ

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nio

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uelli

att

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per

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oss

imo

dic

ono

che

l’o

biet

tivo

è s

tato

in m

olt

i cas

i rag

-gi

unto

po

iché

i r

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del

le i

mpr

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sono

co

mpl

essi

vam

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bu

oni

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mo

lte

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ne d

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nso

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ata

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urat

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rien

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to d

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on

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segn

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rvit

e.

U

n se

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o d

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che

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erge

co

n ch

iare

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è l’e

sist

enza

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due

mer

cati

del

la M

DD

co

n ca

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eris

tich

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olt

o d

iver

se, q

uello

de

lla G

do e

que

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unt.

I co

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enti

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rel

azio

ni

che

si in

stau

rano

co

n la

pri

ma

sono

in c

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inui

tà c

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li ch

e tr

adiz

iona

lmen

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anno

co

nno

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il la

rgo

co

nsum

o.

I b

uyer

so

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co

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erci

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e no

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pess

o s

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etti

a r

apid

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tazi

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neg

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fida

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-ti

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ateg

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impo

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o il

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port

o in

mo

do s

imile

a q

uant

o av

vien

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n i f

orn

ito

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i mar

che

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stri

ali.

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dis

coun

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uyer

so

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nvec

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ili d

ell’u

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o d

ei p

och

i pr

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ient

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scaf

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on

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ono

no

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trar

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mer

ito

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apit

ola

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a co

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rdar

e. L

’app

rocc

io è

per

ciò

div

erso

e s

e di

no

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che

più

aggr

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vo s

ulle

co

ndiz

ioni

di

prez

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vis

-su

to d

all’i

ndus

tria

co

me

più

pro

fess

iona

le,

più

aper

to a

l ri

co-

nosc

imen

to d

i pro

blem

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ura

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dutt

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Pro

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OD

isco

unt

Iden

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ili5

7,4%

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iver

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,6%

50

,8%

(Mo

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ella

diff

eren

ziaz

ione

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po

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mul

tiple

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a 10

0)

Favo

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un d

iver

so p

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iona

men

to

di p

rezz

o35

,8%

38,7

%

Man

tene

re u

n d

iver

so li

vello

q

ualit

ativ

o30

,2%

30,6

%

Man

tene

re u

n d

iver

so li

vello

di i

nno

vazi

one

22

,6%

24,

2%

Gar

antir

e sp

azio

a s

caffa

lean

che

per l

a m

arca

indu

stria

le11

,3%

6,5

%

Tota

le10

0%

100

,0%

LA

DIF

FE

RE

NZ

IAZ

ION

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EL

LE

MD

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ET

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LA

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LE

16TA

VO

LA

Trad

e La

b p

er IB

C, 2

016

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RA

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LL

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ZIO

NE

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LL

E M

DD

17TA

VO

LA

Dis

coun

t

Le M

DD

han

no c

ausa

to u

na s

trut

tura

le r

iduz

ione

d

ei te

mp

i di s

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ento

del

l'inn

ova

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ne,

riduc

end

o l'

ince

ntiv

o a

inno

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9,8

%

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pi d

i sfr

utta

men

to d

ell’i

nno

vazi

one

sui

p

rop

ri m

arch

i ven

go

no r

ido

tti,

ma

non

annu

llati:

si

è o

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ligat

i a tr

asfe

rirli

sulle

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D14

,8%

Le in

seg

ne p

rem

ono

per

il tr

asfe

rimen

to,

ma

se l’

inno

vazi

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è r

ealm

ente

tale

di n

orm

a si

tro

va u

n ac

cord

o a

ccet

tab

ile32

,8%

No

n è

il tr

asfe

rimen

to a

ccel

erat

o

del

l’inn

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zio

ne s

ulle

MD

D c

he n

e rid

uce

la

red

diti

vità

, ma

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onc

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ri42

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le10

0%

Trad

e La

b p

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C, 2

016

LA

RE

DD

ITIV

ITÀ

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LL

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DD

18TA

VO

LA

GD

OD

isco

unt

Val

utaz

ione

med

ia d

a 1

a 5

2,1

1,7

Dec

isam

ente

più

bas

sa2

6,3

%48

,9%

Più

bas

sa43

,9%

29,

8%

Eq

uiva

lent

e2

8,1%

21,

3%

Più

ele

vata

1,8

%0

,0%

Tota

le10

0%

100

,0%

No

ta:

si

inte

nde

a co

nsun

tivo,

te

nuto

co

nto

d

i tu

tte

le

par

tite

cont

ratt

uali,

anc

he d

i que

lle n

on

pre

vist

e al

l’att

o d

el c

ont

ratt

o

Trad

e La

b p

er IB

C, 2

016

La m

arc

a c

om

merc

iale

: il pu

nto

di v

ista d

ell’in

du

stria 7

la concentrazio

ne dell’offerta del disco

unt sulle MD

D, i vo

lumi

sono

elevati e quindi consento

no di raggiungere quelle eco

no-

mie di scala che hanno

in partenza spinto i pro

duttori a fo

rnire M

DD

. Nella G

do, dove esiste in Italia una fo

rte polverizzazio

ne e dove la M

DD

è solo

una delle alternative disponibili a scaffale,

il problem

a dell’insufficienza dei volum

i emerge e in alcuni casi

porta anche a rinunciare alla fo

rnitura.

Nel rappo

rto tra le parti so

no evidenti anche aree di diffico

l-tà. È sco

ntato che i m

argini sono

bassi, in particolare per le M

DD

per il disco

unt, e che chi opera in questo

mercato

non può

che farlo

sulla base di una rigida disciplina nel contro

llo dei co

sti. Un

elemento

negativo nuovo

che sta emergendo

è invece la richie-sta di co

ntributi aggiuntivi per sostenere la pro

mozio

nalità del-le M

DD

, creando una rilevante incertezza su co

ndizioni di fo

rni-tura che già sco

ntano una redditività co

ntenuta.

SI D

IFF

ON

DO

NO

LE A

ST

ES

U C

AP

ITOLA

TO

C

om

incia anche a diffondersi la pratica delle aste su capi-

tolato

, in particolare nel disco

unt e all’estero. U

na mo

dali-

tà di

approvvigionam

ento

considerata

mo

lto

negativamente

non so

lo per il suo

impatto

sui margini, m

a per le implicazio

-ni che può

avere quando i capito

lati, mal definiti, lasciano

aper-te aree grigie in m

erito alla qualità dei pro

dotti. Anco

ra, risul-ta pro

blematica la po

ssibilità di differenziare i prodotti a M

DD

da quelli o

fferti con la m

arca industriale: il tentativo di arriva-

re al consum

atore co

n prodotti co

n caratteristiche diverse può diventare inco

mpatibile co

n la ricerca di elevati volum

i di pro-

duzione per ridurre i co

sti. Infine, va rimarcato

il giudizio, per

mo

lti versi inaspettato, sul trasferim

ento sulla M

DD

dell’in-novazio

ne veicolata sulla m

arca industriale. Il problem

a esi-ste, m

a per mo

lte imprese sem

bra essere gestibile e non in-

fluenzare in mo

do determ

inante l’investimento

in innovazione.

In definitiva, il quadro

di relazioni che em

erge è caratterizza-to

da una notevole stabilità e da un clim

a nel com

plesso buo

no,

che favorisce un appro

ccio di m

edio-lungo

periodo

. Emerge an-

che qualche elemento

di criticità, in merito

alla valutazione tec-

nica dei capitolati per la G

do, all’incertezza co

ntrattuale e a una prim

a diffusione delle aste, che no

n pare per ora co

mpro

mette-

re la possibilità per entram

be le parti di trarre vantaggio dalla svi-

luppo di un m

ercato che in Italia ha anco

ra ampi spazi di crescita.

AN

NO

TAZ

ION

I

2 La m

arca del distributore (M

DD

) è orm

ai una presenza consoli-

data sugli scaffali di tutta la Gdo e do

minante su quelli delle inse-

gne del discount. È di co

nseguenza un mercato diventato attratti-

vo per l’industria disposta a produrla co

me specialista o accanto ai

beni offerti con la pro

pria marca.

IBC

, l’Asso

ciazione delle Industrie dei Beni di C

onsum

o, ha così

prom

osso

una ricerca per approfondire, a un livello

sia strategico che o

perativo, le implicazio

ni della sua diffusione per l’industria.

Il tem

a della MD

D è infatti esplo

rato nei dettagli sul lato del con-

sumato

re, con dati sulla sua percezio

ne e sui suoi com

portam

enti d’acquisto, e su quello della distribuzio

ne, in rapporto alle strategie

perseguite e a ciò che essa chiede ai propri fo

rnitori, m

entre è an-co

ra scarsa l’inform

azione dispo

nibile sull’industria, spesso a cau-sa della riservatezza dei rappo

rti com

merciali da indagare, in par-

ticolare per chi produce sia M

DD

sia la propria m

arca. È su questo fro

nte che la ricerca vuole offrire un contributo e nel seguito ver-

ranno riportati parte dei risultati del lavo

ro svolto, com

mentando

una sintesi dell’analisi condotta attraverso interviste e co

n un que-stio

nario agli associati IBC

che operano nel m

ercato della MD

D.

LE C

AR

AT

TER

ISTIC

HE

D

EL C

AM

PIO

NE

L’indagine è stata co

ndotta nel 2016 e si è svolta in due fasi. Nel-

la prima so

no state fatte interviste in profondità a un insiem

e di im

prese di produzio

ne che rappresentano un ampio spettro di si-

tuazioni sia per dim

ensioni aziendali sia per setto

re di riferimento.

I risultati delle interviste sono stati poi la base per la costruzio

ne di un questio

nario inviato alle aziende associate a IBC

con più di 5 m

i-lio

ni di euro di fatturato attive nel largo consum

o. Le imprese che

produco

no MD

D che hanno co

mpletato il questio

nario sono sta-

te 75 e ad esse si riferiscono i dati e le co

nsiderazioni che seguo

no.

La mancanza di info

rmazio

ni sull’universo dei produtto

ri che fo

rniscono M

DD

rende difficile valutare la generalizzabilità dei dati raccolti nel lavo

ro ed è quindi oppo

rtuno riportare anzitut-

to le caratteristiche delle imprese che hanno risposto al questio

-nario. C

om

e si è detto, sono 75 e o

perano in 35 delle 41 categorie

merceologiche in cui è stato suddiviso il m

ercato, 26 foo

d (su 29) e 9 no

n alimentari (su 12); co

mplessivam

ente 120 osservazioni di ca-

tegoria, co

nsiderando presenze in più categorie, di cui 95 alim

en-tari e 25 no

n alimentari ( Tavola 1 ).

L’alim

entare è quindi rappresentato da un numero più elevato di

imprese. In term

ini dimensio

nali, rispetto all’universo di riferimen-

to il campio

ne rappresenta volutamente im

prese di medio

-grandi dim

ensioni, che espo

rtano in media il 25%

del loro fatturato.

Tenuto

conto

dell’andamento

dell’econo

mia italiana, i lo

ro ri-

sultati econo

mici so

no stati nel co

mplesso

buoni, co

n meno

del 15%

delle imprese che ha avuto

una riduzione delle vendite nell’ul-

timo

triennio. La loro

quota di mercato

è per circa la metà dei casi

inferiore al 5%

, ma per 16 aziende la quota è elevata, so

pra il 20%.

In termini di po

sizionam

ento, un terzo delle im

prese opera nell’al-

to di gam

ma, circa un quarto

ha posizio

ni di leadership, altrettan-te di follow

er e solo il 14%

si dichiara produtto

re di primi prezzi.

Poiché dalle interviste in profo

ndità era emersa una fo

rte corre-

ALC

UN

I PA

RA

ME

TR

I D

EL

CA

MP

ION

E D

I IMP

RE

SE

1 TA

VO

LA

LE

CA

RA

TT

ER

IST

ICH

E

DE

I ME

RC

AT

I DI P

RE

SE

NZ

A2 T

AV

OL

A

Categ

orie d

i riferimento

n.%

Alim

entare9

579,2

%N

on alim

entare2

52

0,8

%Totale

120

100

,0%

L’imp

ortanza p

er il d

istributo

re(d

a 1 a 5) - M

ed

ia = 3,0%

Alta (4,5

)36

,5%

Med

ia (3)30

,6%

Bassa (1,2

)32

,9%

Totale10

0,0

%

Il marg

ine d

ella cate

go

ria pe

r il distrib

utore

(da 1 a 5

) - Me

dia = 2

,9%

Alto

(4,5)

33,0%

Med

io (3)

34,1%B

asso (1,2

)32

,9%

Totale10

0,0

%

L’esposizione al confronto di prezzo per il distributore (d

a 1 a 5) - M

ed

ia = 3,4%

Alto

(4,5)

46,5

%M

edio

(3)34,9

%B

asso (1,2

)18

,6%

Totale10

0,0

%

Fasce di fatturato

n.%

Fino a 10

m €

79,3%

Da 10

a 20

m €

1216

,0%

Da 2

0 a 5

0 m

€13

17,3%D

a 50

a 100

m €

192

5,3%

Da 10

0 a 5

00

m €

192

5,3%

Oltre 5

00

m €

56

,7%Totale

7510

0,0

%Fatturato estero: m

edia

-2

5,0

%

Quo

ta di m

ercato nella categ

oria

n.%

Fino a 5

%42

48,3%

Da 6

a 10%

1517,2

%D

a 11 a 20

%14

16,1%

Da 2

1 a 30%

910

,3%O

ltre 30%

78

,0%

Totale8

710

0,0

%

Po

sizione d

i mercato

nella catego

ria n.

%

Alto

di g

amm

a2

831,8

%Lead

er / Co

-leader

23

26

,1%P

rimo

/ Seco

ndo

follo

wer

22

25

,0%

Altro

1213,6

%P

rimo

prezzo

33,4%

Totale8

810

0,0

%

Andam

ento del fatturato nel triennio 2013-2015n.

%

Co

ntrazione (<-5

%)

45

,3%Lieve co

ntrazione (-5

% - <0

%)

79,3%

Stab

ilità (0%

- 5%

)2

736

,0%

Mo

desta crescita (6

% - 10

%)

192

5,3%

Buo

na crescita (11% - 2

0%

)13

17,3%Fo

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56

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0,0

%

Trade Lab

per IB

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016

Trade Lab

per IB

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016

Page 10: di Ivo Ferrario digitale - IBC onlineti in azienda. Nel caso dell’e-commerce, per esempio, si cre-ano le condizioni per la creazione di una “value proposition” più effi cace.

10 n . 1 · marzo 2017

La m

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ET-NET

Per quanto

riguarda i prezzi di cessione, prevalgo

no acco

rdi net-net all’atto

del contratto, nel 38%

e nel 61% dei casi rispettiva-

mente per G

do e disco

unt, ma revisio

ni in corso

d’anno

con ri-

chiesta di contributi per attività di so

stegno alle vendite si stanno

diffondendo, in particolare nella G

do (48%

dei casi, contro

il 27%

del discount), un feno

meno

innescato dalla crescente pro

mozio

-nalità che ha o

rmai interessato

anche le MD

D ( Tavola 1 3 ).

N

elle interviste è emerso co

me la professio

nalità degli interlo-

cutori della G

do sia un elemento im

portante per strutturare un’in-

tesa orientata al m

edio-lungo perio

do. È stato quindi chiesto alle im

prese com

e valutassero la com

petenza dei loro interlo

cutori e il

risultato più interessante emerso è la netta differenza del giudizio

dato sui buyer di Gdo e disco

unt ( Tavola 1 4 ). Il 60% dei rispo

ndenti ha infatti valutato la co

mpetenza dei seco

ndi com

e buona o m

ol-to buo

na, contro un’analoga percentuale per quelli della G

do del 42%

. Una differenza rilevante e spiegabile a partire dal diverso pre-

supposto con cui avviene la trattativa nei due casi.

In quello del disco

unt i buyer scelgono quella che spesso è l’uni-

ca alternativa offerta al cliente e dunque devono essere in grado di

valutarla da un punto di vista qualitativo in mo

do preciso, con una

logica simile a quella di un pro

duttore, m

entre i buyer della Gdo

tendono a trasferire sulla M

DD

lo stesso tipo di contrattazio

ne che caratterizza l’acquisto di beni a m

archio industriale, quindi più cen-trata sulle partite co

ntrattuali che sui contenuti del capitolato di

prodotto.

Infine, sem

pre in relazione ai rappo

rti di fornitura, è stata chie-

sta una valutazione sulla diffusio

ne delle aste, che è risultata an-co

ra non elevata, in particolare in Italia rispetto all’estero e per la

Gdo rispetto al disco

unt ( Tavola 1 5 ).

IL GR

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D

D

ue questioni su cui si è m

olto discusso in rapporto alla diffu-

sione delle M

DD

riguardano il grado di differenziazione dei pro

-dotti a M

DD

rispetto a quelli analoghi venduti con la m

arca del fo

rnitore ( Tavola 1 6 ) e gli effetti negativi sull’investim

ento in inno-

vazione che avrebbe la pressio

ne della distribuzione per accelerar-

ne il trasferimento dalla m

arca industriale alla MD

D (Tavola 1 7 ).

N

el primo caso le im

prese hanno dichiarato di produrre, per ra-

gioni di costo, beni sim

ili o identici alla MD

D nel 57%

dei casi per la G

do e nel 49% per il disco

unt. È palese il tentativo di differenziare di più le M

DD

del discount, in particolare per giustificare un diver-

so posizionam

ento di prezzo. Per quanto riguarda il trasferimento

dell’innovazione inizialm

ente veicolata sul proprio m

archio anche sulle M

DD

, le risposte del campio

ne non pare co

nfermare il tim

o-

re di una riduzione dei tem

pi di sfruttamento dell’investim

ento.

Per il 43% dei rispondenti non è il trasferim

ento accelerato dell’in-novazione sulle M

DD

che ne riduce la redditività, ma la concorren-

za di altri produttori. Un altro 33%

, pur subendo questa pressione, ritiene che se l’innovazione è realm

ente tale si trova di norma un ac-

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ndivisa

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otivazioni della condivisionerisposte m

ultiple riportate a 100

)

L’insegna vuole garantirsi un fornitore di riserva

45,9

%44,0

%

L’insegna vuo

le garantirsi un

confro

nto co

ntinuo tra fo

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Trade Lab per IBC, 2016

Trade Lab per IBC, 2016

Trade Lab per IBC, 2016

Trade Lab per IBC, 2016

4 Infine, la Tavola 8, dove è ripo

rtato l’andam

ento del fatturato

nel passato triennio

e le previsioni per il pro

ssimo, m

ostra le buo

-ne perfo

rmance ottenute dalle im

prese che fornisco

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alle interviste è emerso

che nel mercato

delle M

DD

esi-ste una netta differenziazio

ne tra i rapp

orti di fo

rnitura con la

Gd

o e co

n il disco

unt. Nella p

arte del questio

nario che ind

aga la natura d

ella relazione fra le p

arti si è quindi deciso

di spe-

cificare semp

re le singole d

om

ande p

er questi due diversi ag-

gregati di op

eratori.

La p

rima e generale valutazio

ne chiesta alle imp

rese è stata un giud

izio sintetico

sull’esperienza fatta co

n la MD

D ( Tavola

9 ), e l’elemento

di m

aggiore p

ositività che em

erge riguarda i

volum

i di p

rod

uzione, in m

od

o p

articolare p

er le forniture al

disco

unt. Positivo

anche il giudizio

sul contributo

dato

dalla

MD

D alla relazio

ne con la d

istribuzione.

M

eno favo

revole, m

a era scontato

, il giudizio

sui margini,

di nuo

vo in p

articolare quelli riferiti al d

iscount, sulla p

ossi-

bilità di acced

ere all’estero attraverso

il rapp

orto

di fo

rnitura d

i MD

D in Italia a d

istributori m

ultinazionali (m

a il dato

è co-

munque significativo

) e sullo sp

azio a scaffale o

ttenuto p

er la p

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ria marca ind

ustriale.

Anche la d

urata delle relazio

ni com

merciali evidenzia, in par-

ticolare p

er la Gdo

, rappo

rti impro

ntati al lungo p

eriodo

: han-no

avuto una d

urata tipica di 4-8 anni per la m

età delle azien-de cam

pionate e di o

ltre 8 anni per la restante m

età ( Tavola 10).

Sono

tempi che si rid

ucono

per il disco

unt, nei confro

nti del quale appaio

no anche lim

itati casi di forniture p

er perio

di mo

l-to

brevi, ma anche in questo

caso d

ue terzi delle imprese dichia-

ra una durata dei rapp

orti co

mm

erciali di oltre 4 anni.

La stabilità dei rappo

rti emerge anche da quanto

le imprese

dicono

sulla loro

rottura e sulle cause che l’hanno determ

ina-ta ( Tavola 11 ). D

ue terzi di esse, con percentuali sim

ili per Gdo

e disco

unt, non hanno

avuto esperienze di rottura delle relazio

-ni co

mm

erciali. Quando

si sono

verificate, il motivo

più citato è

l’ingresso di un co

ncorrente più aggressivo

sui prezzi, seguito da

un mancato

accordo

dovuto all’insufficiente m

arginalità dei prez-zi di cessio

ne che il cliente era disposto

a ricono

scere. Nel caso

della Gdo

ha inoltre un certo

peso l’interruzio

ne delle forniture

a motivo

dei bassi volum

i di prodotto

e più generali problem

i di rappo

rto co

n il managem

ent dell’insegna.

È noto che spesso l’affidamento dei pro

dotti a MD

D in una

categoria

non

viene co

nferito a

un solo

produtto

re e

que-sta situazio

ne è conferm

ata dalle imprese co

ntattate ( Tavola 12).

Infatti, solo nel 19% dei casi per la G

do e nel 16% per il disco

unt le im

prese sono fo

rnitrici uniche. I motivi so

no principalmente due:

la volontà dell’insegna di avere un fo

rnitore di riserva in caso di

problem

i con uno di quelli attivi nella catego

ria e la possibilità di un co

ntinuo confro

nto delle condizio

ni di fornitura. Rilevante, m

a solo per i pro

dotti dell’alimentare fresco, la presenza di fo

rnito-

ri diversi per aree territoriali per ottim

izzare i costi della logistica.

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%

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%

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Trade Lab per IBC, 2016

Trade Lab per IBC, 2016

Trade Lab per IBC, 2016

Trade Lab per IBC, 2016

Page 11: di Ivo Ferrario digitale - IBC onlineti in azienda. Nel caso dell’e-commerce, per esempio, si cre-ano le condizioni per la creazione di una “value proposition” più effi cace.

Un retailer moderno dovrebbe focalizzarsi sullo studio approfondito della customer journey.Il futuro è nel riconoscere il singolo cliente, profilando offerte specifiche coerenti con le caratteristiche dei suoi consumi e dello stile di vita. Ma soprattutto in funzione delle esigenze specifiche del momento

Il nostro alleatosi chiama

smartphone

11n . 1 · marzo 2017

Cos’èil beacon?

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Per quanto riguarda i prezzi di cessio

ne, prevalgono accordi net-

net all’atto del contratto, nel 38%

e nel 61% dei casi rispettiva-

mente per G

do e discount, m

a revisioni in corso d’anno co

n ri-chiesta di co

ntributi per attività di sostegno alle vendite si stanno diffo

ndendo, in particolare nella Gdo (48%

dei casi, contro il 27%

del disco

unt), un fenom

eno innescato dalla crescente prom

ozio-

nalità che ha ormai interessato anche le M

DD

( Tavola 1 3 ).

Nelle interviste è em

erso come la professionalità degli interlo-

cutori della Gdo sia un elem

ento importante per strutturare un’in-

tesa orientata al medio-lungo periodo. È stato quindi chiesto alle

imprese com

e valutassero la competenza dei loro interlocutori e il

risultato più interessante emerso è la netta differenza del giudizio

dato sui buyer di Gdo e discount ( Tavola 1 4 ). Il 60%

dei rispondenti ha infatti valutato la com

petenza dei secondi come buona o m

ol-to buona, contro un’analoga percentuale per quelli della G

do del 42%

. Una differenza rilevante e spiegabile a partire dal diverso pre-

supposto con cui avviene la trattativa nei due casi.

In quello del discount i buyer scelgono quella che spesso è l’uni-ca alternativa offerta al cliente e dunque devono essere in grado di valutarla da un punto di vista qualitativo in m

odo preciso, con una logica sim

ile a quella di un produttore, mentre i buyer della G

do tendono a trasferire sulla M

DD

lo stesso tipo di contrattazione che caratterizza l’acquisto di beni a m

archio industriale, quindi più cen-trata sulle partite contrattuali che sui contenuti del capitolato di prodotto.

Infine, sempre in relazione ai rapporti di fornitura, è stata chie-

sta una valutazione sulla diffusione delle aste, che è risultata an-cora non elevata, in particolare in Italia rispetto all’estero e per la G

do rispetto al discount (Tavola 1 5 ).

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DD

D

ue questioni su cui si è molto discusso in rapporto alla diffu-

sione delle MD

D riguardano il grado di differenziazione dei pro-

dotti a MD

D rispetto a quelli analoghi venduti con la m

arca del fornitore (Tavola 1 6 ) e gli effetti negativi sull’investim

ento in inno-vazione che avrebbe la pressione della distribuzione per accelerar-ne il trasferim

ento dalla marca industriale alla M

DD

(Tavola 1 7 ).

Nel prim

o caso le imprese hanno dichiarato di produrre, per ra-

gioni di costo, beni simili o identici alla M

DD

nel 57% dei casi per la

Gdo e nel 49%

per il discount. È palese il tentativo di differenziare di più le M

DD

del discount, in particolare per giustificare un diver-so posizionam

ento di prezzo. Per quanto riguarda il trasferimento

dell’innovazione inizialmente veicolata sul proprio m

archio anche sulle M

DD

, le risposte del campione non pare conferm

are il timo-

re di una riduzione dei tempi di sfruttam

ento dell’investimento.

Per il 43%

dei rispondenti non è il trasferimento accelerato dell’in-

novazione sulle MD

D che ne riduce la redditività, m

a la concorren-za di altri produttori. U

n altro 33%, pur subendo questa pressione,

ritiene che se l’innovazione è realmente tale si trova di norm

a un ac-

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16,1%

Fornitura condivisa

80

,6%

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%(M

otivazioni della condivisionerisposte m

ultiple riportate a 100

)

L’insegna vuole garantirsi un fornitore di riserva

45,9

%44,0

%

L’insegna vuole g

arantirsi un confronto continuo tra fornitori

40,5

%45

,3%

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Trade Lab per IBC, 2016

Trade Lab per IBC, 2016

Trade Lab per IBC, 2016

Trade Lab per IBC, 2016

4 Infine, la Tavola 8, dove è ripo

rtato l’andamento del fatturato

nel passato triennio e le previsioni per il pro

ssimo, m

ostra le buo

-ne perfo

rmance ottenute dalle im

prese che fornisco

no MD

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alle interviste è emerso

che nel mercato

delle M

DD

esi-ste una netta differenziazio

ne tra i rapp

orti di fo

rnitura con la

Gd

o e co

n il discount. N

ella parte d

el questionario

che indaga

la natura della relazio

ne fra le parti si è quindi d

eciso di sp

e-cificare sem

pre le singo

le do

mand

e per questi d

ue diversi ag-gregati di o

perato

ri.

La prim

a e generale valutazione chiesta alle im

prese è stata

un giudizio sintetico

sull’esperienza fatta co

n la MD

D (Tavola

9 ), e l’elemento

di maggio

re po

sitività che emerge riguard

a i vo

lumi di p

rod

uzione, in m

od

o p

articolare p

er le forniture al

discount. Po

sitivo anche il giudizio

sul contributo

dato

dalla

MD

D alla relazio

ne con la distribuzio

ne.

Meno

favorevo

le, ma era sco

ntato, il giudizio

sui margini,

di nuovo

in partico

lare quelli riferiti al discount, sulla p

ossi-

bilità di accedere all’estero

attraverso il rap

po

rto di fo

rnitura di M

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in Italia a distributori m

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munque significativo) e sullo

spazio

a scaffale ottenuto

per la

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arca industriale.

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nche la durata delle relazioni co

mm

erciali evidenzia, in par-tico

lare per la Gdo

, rapporti im

prontati al lungo

periodo

: han-no

avuto una durata tipica di 4-8 anni per la m

età delle azien-de cam

pionate e di o

ltre 8 anni per la restante metà (Tavola 10

). So

no tem

pi che si riducono

per il discount, nei co

nfronti del

quale appaiono

anche limitati casi di fo

rniture per periodi m

ol-

to brevi, m

a anche in questo caso

due terzi delle imprese dichia-

ra una durata dei rapporti co

mm

erciali di oltre 4 anni.

La stabilità dei rappo

rti emerge anche da quanto le im

prese dico

no sulla loro rottura e sulle cause che l’hanno determ

ina-ta (Tavola 11 ). D

ue terzi di esse, con percentuali sim

ili per Gdo e

discount, no

n hanno avuto esperienze di rottura delle relazio-

ni com

merciali. Q

uando si sono verificate, il m

otivo più citato è l’ingresso di un co

ncorrente più aggressivo sui prezzi, seguito da

un mancato acco

rdo dovuto all’insufficiente marginalità dei prez-

zi di cessione che il cliente era dispo

sto a ricono

scere. Nel caso

della Gdo ha inoltre un certo peso l’interruzio

ne delle forniture

a motivo dei bassi volum

i di prodotto e più generali pro

blemi di

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n il managem

ent dell’insegna.

È noto che spesso l’affidamento dei prodotti a M

DD

in una categoria

non viene

conferito a

un solo

produttore e

que-sta situazione è conferm

ata dalle imprese contattate (Tavola 12

). Infatti, solo nel 19%

dei casi per la Gdo e nel 16%

per il discount le im

prese sono fornitrici uniche. I motivi sono principalm

ente due: la volontà dell’insegna di avere un fornitore di riserva in caso di problem

i con uno di quelli attivi nella categoria e la possibilità di un continuo confronto delle condizioni di fornitura. Rilevante, m

a solo per i prodotti dell’alim

entare fresco, la presenza di fornito-

ri diversi per aree territoriali per ottimizzare i costi della logistica.

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Trade Lab per IBC, 2016

Trade Lab per IBC, 2016

Trade Lab per IBC, 2016

Trade Lab per IBC, 2016

Il presidio della sola dimensione analogi-ca non è comunque sufficiente per competereecostruirerelazioniefficacinellafiliera.Cre-do che un retailer moderno debba focalizzarsi sullo studio approfondito dell’intera customerjourney. Seguire digitalmente il cliente nel-lefasicheprecedonoeseguonol’esperienzadiacquisto. E ovviamente entrare in relazione con lui sul punto di vendita. Attraverso le innovative tecnologie geofen-cing e beacon, per esempio, si possono coglie-re opportunità mai esplorate. I consumatori che passano nei pressi di un punto di vendita rice-vono in tempo reale sui loro smartphone offer-teallettanti.Quellichedecidonodiapprofittar-ne, al loro ingresso nel pdv, sono ringraziati e davanti agli scaffali possono ricevere ulteriori proposteadhocsuspecificiprodotti. Certoèun’attivitàdasvolgereinmodointel-ligente, senza eccedere nelle proposte per non dar luogo a sindromi da rigetto per eccesso di stimoli. Ma il futuro è nel riconoscere il singo-locliente,profilandooffertespecificheinfun-zione delle caratteristiche dei suoi consumi e stili di vita, ma soprattutto in funzione delle specifiche esigenze nello specificomicromo-mento. Non credo di esagerare affermando che lo smartphone è già per molti distributori la nuova carta fedeltà.

di Giorgio Santambrogio*

Distribuzione

La tecnologia beacon consente di tra-smettere e ricevere messaggi, entro brevi distanze, tra apparecchi dotati di bluetooth. In parole più semplici, il beacon è un pic-colo strumento (misura pochi centimetri)applicabilenegliambienti(peresempioalmuro o su uno scaffale) che comunica con undispositivoricevente(l’appinstallatasuun device mobile). L’utilizzo dei beacon nell’ambito del-la moderna distribuzione consente nume-rose attività di marketing e di servizio al consumatore. È possibile inoltrare offerte, coupon, programmi fedeltà personalizza-tipericlientichetransitanoosonoall’in-ternodiunpuntodivendita(ilcontenutopuòvariareinbaseall’orario,alprofilodelconsumatore, ecc.). Si possono, inoltre, suggerire percorsi preferenziali. I beacon localizzano il cliente nel pdv e propongono delle mappe con percorsi ad hoc in sintonia con le sue caratteristiche (desunte anche dai datiforniti al momento della sottoscrizione della app o dalle serie storiche degli acquisti). I retailer, inoltre, possono monitorare le visite dei clienti, il tempo passato davanti a un certo scaffale, le statistiche degli acquisti, la reattività alle diverse tipologie promozionali proposte, ecc. (a.m.)

A fare la differenza sul piano competitivo contribuirà la capacità di monitorare la soddi-sfazionedelcliente,prima,duranteedopol’e-sperienzad’acquisto,conl’obiettivodicono-scerla a fondo, migliorarla, renderla nel tempo semprepiùprofilata. Abbiamo a disposizione tutte le tecnolo-gie e le progettualità per farlo. I social media, per esempio, possono consentirci di veicola-re promozioni, ma anche di dialogare, di re-gistrare le valutazioni dei clienti sui prodotti acquistati, di raccogliere informazioni sul pri-cingdeiconcorrenti.L’ingressodiAmazonelo sviluppo di altri e-player globali non porte-ràl’interosistemaariconvertirsiintegralmen-teall’e-commerce.Contribuiràperòadefiniremeglio le missioni dei formati distributivi. La Gdo deve attualizzare il suo ruolo, estra-endo dalle moderne tecnologie tutto ciò che può contribuire a migliorare il servizio e a rendere attrattivo il punto di vendita. Ma può anche usare il digitale per valorizzare in modo molto particolare la qualità, la sicurez-za dei prodotti, del fresco e del freschissimo, dellecarni,dell’ortofrutta,dell’ittico. Questo,siachiaro,nonsignificarinunciareapriori a gestire anche un canale di e-commer-ce. Ci sono potenzialità interessanti di sbocco da considerare per i prodotti destinati alla cura

dellacasaoperspecificisettoridell’alimenta-reconfezionato, incui lapropensioneall’ac-quisto online sarà sempre più elevata. La presenza di un elemento di garanzia come una marca forte, unita a un prezzo con-venienteeallacomoditàdifarel’acquistodacasafavorirannoinmisuracrescentel’acqui-sto online di numerose merceologie. Unadelleprioritàsucuistiamoconcentran-do i nostri sforzi è la formazione continua dei manager. Non possiamo pensare, per esempio, di avere persone che passano ore impegnate nella contrattazione, ma non sanno sfruttare i nuovi strumenti digitali che possono aiutarli a superare la discussione su sconti promoziona-liecontributidifineannoeaindividuareso-luzioni nuove per generare valore. Un altro elemento importante di attenzio-ne per le nostre imprese sono i Big Data. Le aziende vivono in una fase di sovrabbondan-za di informazioni. Per questo va prestata la massima attenzione nel selezionare e analiz-zare solo quelle ad alto valore aggiunto, uti-li per portare al successo le nostre strategie e quelle dei partner industriali. A tutti noi servono soprattutto gli “actiona-ble data”: informazioni puntuali che ci con-sentano di capire i mercati, le categorie, i pro-dotti, i clienti, da utilizzare nella relazione con i fornitori e con i consumatori. Anche per questo dovremmo iniziare a considerare le informazioni non come una merce di scambio, ma come un patrimonio comune da condividere. Abbiamo molte opportunità da cogliere. Nonperdiamol’occasioneperfarlo.

*Amministratore delegato Gruppo VéGé e presidente Adm

A nche noi distributori, come l’industria, lavoriamo quoti-dianamente per leggere il consumatore in chiave digital. È impegnativo, ma nel contempo molto stimolante. Aiuta a guardarsi dentro, a innescare processi evolutivi, a pensare

approcci diversi alla nostra attività.

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12 n . 1 · marzo 2017

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13n . 1 · marzo 2017

l 2016 si è chiuso per la distribuzione moderna nel segno della stagnazione. Le cause sono molteplici. Una

politica favorevole all’apertura di nuovi punti di vendita, adottata negli ultimi anni da molti operatori per far fronte alla contrazione della domanda, ha portato a un eccesso di capacità produttiva.

Altreminaccesiaffaccianopoiall’orizzontediunsettorematuro: inprimis l’entrata sulmercatodi ulteriori concorrenti internazionali (leggiAldi) e la diffusione di canali disruptive attivi nell’e-commerce, di cui Amazon è il principaleesempio. Per i player che vorranno continuare a esserecompetitivis’imponedunqueilsuperamentodi un modello consolidato e la necessità di sfruttare le opportunità concesse dalle nuove tecnologie e logiche di mercato. La bussola delle insegne - come pure quella delle marche - dovrà quindi essere orientatacondecisioneversol’innovazione. Giànelcorsodell’ultimodecennio,delresto,ire-tailer e le aziende consumer goods che hanno sapu-tocoglierequestasfidasonoquellechehannocre-ato maggiore valore per i propri azionisti. Letto in prospettiva,ciòsignificanontrascurarel’ondatadidigital transformation che, seppure con qualche ri-tardo rispetto ad altri Paesi, sta ormai lambendo an-chele“coste”delmercatoitaliano. L’evolversie ladiffusionedeidispositivimobi-le,lasempremaggiorecoperturadireteel’acces-so a un numero esponenziale di informazioni e dati aprono, infatti, a nuovi modelli capaci di coniuga-re le esigenze dei reparti commerciale e marketing conibeneficiderivantidall’utilizzodeidevicecon-nessi a internet. Si tratta di modelli che utilizza-no soluzioni applicative di Sa-lesforceautomation(Sfa)ediTrade marketing management (Tmm), capaci, nei proget-ti più all’avanguardia, di tra-slare la product strategy della marcafinoalsingolopuntodivendita attraverso un disegno chiaro e integrato tra le varie fasi e i diversi attori coinvolti. In grado, quindi, di accorciare sempre più le distan-zetramarca,canaledistributivoeclientefinale. Unesempiocalzanteèdatodalpercorsointrapre-sosuspecificheattivitàdimerchandisingdaLindt& Sprüngli: grazie alla soluzione di Sfa distribui-tasuidispostivitabletdeimerchandiser,l’aziendaha potuto monitorare il corretto posizionamento dei prodotti presso i pdv, rilevare la presenza a scaffa-le e la quota dello spazio espositiva per categoria diprodotto,valutare l’efficaciadelle isolepromo-zionali e tenere sotto controllo l’effettivoutilizzodei volantini o dei supporti promozionali concorda-ti. «Abbiamo introdotto strumenti di gestione della forza di vendita con una logica di modularità» spie-ga il trade marketing manager, Stefano Turati. «Co-noscere e misurare con precisione il cliente deter-minalapossibilitàdidefinireeperseguireobiettiviimportanti. Siamo partiti a valle, con lo scanning dello scaffale; i dati acquisiti si sono rivelati poi uti-li per analizzare le performance generate dalle in-segne in cui siamo presenti». Significativaèanchel’esperienzadiLavazza:av-viatialcuniannifa,iprogettiinambitoSfadell’a-zienda piemontese sono culminati nel 2014 con la revisione della strategia - e della tecnologia - mobi-le a supporto delle attività del personale di vendita. In buona sostanza, Lavazza ha dotato di tablet equi-paggiati con SalesWare i dipendenti e gli agenti che operanosuunaduplicetipologiadiclienti(GdoeFood service, cioè bar e ristoranti). «Volevamo raccogliere un’informazione detta-gliata sui luoghi dove i nostri consumatori acqui-stano il caffè per sviluppare una strategia condivi-sa con i nostri partner della distribuzione» afferma Guido Civati, project management manager di La-vazza. «La nuova soluzione di Sfa ci ha permesso diottenereinformazionifotografiche,dielaborarlesuccessivamente con sistemi di ricerca automatica,

di segnalare nuovi prodotti o nuove promozioni at-tive nei punti di vendita. Inoltre, ci ha consentito di raccogliere gli ordini, riducendo nettamente il mar-gine di errore. I vantaggi ottenuti sono stati in li-nea con gli obiettivi strategici non solo in termini dimaggiorevelocitànell’esecuzionedidetermina-teoperazioni,masoprattuttoinrelazioneall’enor-me mole di informazioni raccolte sul campo sui no-stri clienti». I benefici di queste soluzioni sono infatti evi-denti. La loro adozione consente di digitalizzare quei processi che tradizionalmente venivano svol-ti attraverso carta e penna dal personale on-fielde che richiedevano poi ulteriore tempo in fase di backoffice.Saltandoquestipassaggi,siriducefinoall’85%iltempoimpiegatonellagestioneenell’e-vasionedegliordinienell’inserimentodelleinfor-mazioniraccolteinmanieradestrutturataall’inter-no dei diversi sistemi informatici aziendali. Non solo. I vantaggi più interessanti riscontra-ti dalle aziende che hanno già messo a punto que-sto tipo di iniziative si manifestano soprattutto in un significativo miglioramento dell’efficacia del-levendite.L’utilizzodisoluzioni“everywhereedeverytime” consente di avere a disposizione datisempre aggiornati in grado di supportare un ap-proccio più consulenziale e target-oriented. Che a suavoltasiriflettepositivamentesulbusiness:in-dagini condotte dai principali centri di ricerca in-dicanocomel’adozioneditalistrumentipossapor-tare a un aumento del 28% delle vendite e a unincrementodelnumerodegliordinifinoal18%. Vaperòdettochel’adozionediquestesoluzio-ni almomento è tutt’altro che capillare. «Nellegrandi imprese» osserva Paolo Catti, associate partner di Partners4Innovation e co-fondatore de-gli osservatori Digital Innovation del Politecni-co di Milano «la Sfa è abbastanza diffusa con so-luzioniefficaci,inalcunicasiancoradiscutibili,magari non complete dal punto di vista delle in-tegrazioni con gli altri sistemi. Le piccole azien-de, invece, vivono una situazione decisamente meno evoluta: sono rimaste indietro e continuano amantenereattivociòchefinoaqualchetempo

fa ha dimostrato senza dub-bioefficacia,ecioèl’utiliz-zo di carta e penna come de-vice mobile. Purtroppo su questo fronte si stanno per-dendo opportunità che una Sfa efficace riesce a porta-re anche in realtà piccole. Si pensi, per esempio, all’in-cremento della produttivi-

tàdell’individuograziearisparmiditempoche,nell’esperienzadelsingoloagente,sfioranoaddi-ritturaledueorealgiorno.Ilchesignificapoten-zialmente due ore di recupero di operatività di-rettamenteacontattoconilcliente.Unbeneficioquasi incalcolabile». PerchélaSalesforceautomationrisultiefficaceè però necessario valutarne in maniera oggettiva gli impatti legati al change management. In pri-moluogo,nondeveesseresottovalutatal’impor-tanza di una forte sponsorizzazione e di un deci-so commitment da parte della proprietà o del top managementdell’aziendainmodochetuttigliin-terlocutori interessati siano in linea con gli obiet-tivi da perseguire. È inoltre fondamentale che gli stakeholder ven-ganocoinvoltifindalleprimefasidelprogettoperdefinireinmanierapuntualeildisegnodisvilupposia in termini di processi di business sia sul fronte degli aspetti più tecnici di delivery della soluzione, comeperesempiol’integrazioneconl’Erpazien-dale. Assolutamente non trascurabile è poi la fase di formazione degli addetti alla vendita, veri pro-tagonistionfieldeutilizzatorideidispositivitabletsui quali verranno distribuite le app di Sfa. Se si terranno in considerazione questi aspetti, i progetti potranno rappresentare una valida rispo-sta a mercati sempre più competitivi che richiedo-no di spostare l’attenzione verso un’integrazionespinta tra i bisogni del consumatore e le logiche dei retaileredellemarche.Unasfidachebrandein-segne dovranno affrontare insieme, mitigando gli aspetti competitivi delle relazioni e convergendo versonuovimodellicollaborativirivoltiall’inno-vazione e a nuove opportunità di posizionamento commerciale e di sviluppo di condotte strategiche.

*Direttore commerciale di Risorsa

Il successodella forza

vendita è un “affare” 2.0

L’adozione dei dispositivi mobili in ambito commerciale e marketing contribuisce ad aumentare il fatturato ed a incrementare gli ordini

Tecnologie & impresedi Marco Passera*

La Sales force automationpuò migliorare la produttività del singolo venditore, consentendo un recupero di operatività pari a due ore al giorno

I

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14 n . 1 · marzo 2017

Siamo un comparto che conta

LE INDUSTRIE ASSOCIATE: GRANDI E PICCOLE, ITALIANE ED ESTERE, ALIMENTARI E NON FOOD

GLI OCCUPATI DEL COMPARTO, PARI AL 25% DEI POSTIDI LAVORO DEL SETTORE INDUSTRIALE

L’INCIDENZA SUI CONSUMI TOTALI DELLE FAMIGLIE ITALIANE

IL CONTRIBUTO ALLA CREAZIONE DI VALORE AGGIUNTO DEL SETTORE INDUSTRIALE

www.ibconline.it

Bastano pochi numeri per descrivere la rilevanza nel tessuto economico e nella società dell’Industria dei Beni di Consumo. Migliaia di imprese che danno un apporto determinante alla soddisfazione dei bisogni dei cittadini, all’occupazione e alla crescita dell’economia. Ibc contribuisce a creare le condizioni affinché possano esprimereil loro potenziale competitivo, nelle relazioni di filiera, sul Mercato italiano ed internazionale.

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15n . 1 · marzo 2017

L’Italianoncorre.Elestimenonlascianobensperare. L’Accenture Institute for high perfor-mance, in collaborazione con Frontier Econo-mics, ha calcolato che, alle attuali condizioni, nel 2035 la crescita della nostra economia sarà dell’1%.Unaspintapropulsivapotrebbeperòve-niredall’Industry4.0,einparticolaredallaver-sione più radicale, ossia dall’intelligenza artifi-ciale.«Quest’ultima-si leggenel reportstilatodall’Istituto - sarebbe potenzialmente in gradodi duplicare la crescita nel 2035. In questo pe-riodo, in Italia il valore aggiunto potrebbe toc-carel’1,8%».Quasiildoppio,dunque,delvalo-re stimato a bocce ferme. Meno, però, del 2,5% della Spagna, del 2,9% della Francia e del 3%dellaGermania.L’aumentodellaproduttivitàita-liana, da qui al 2035, sarebbe del 12%. Superio-re all’11% spagnolo,ma inferiore al 20% fran-cese e al 29% tedesco. «Questa differenza», silegge ancora nel rapporto, «trova una sua origi-ne nella diversa capacità che i Paesi hanno di in-tegrare e assorbire le innovazioni tecnologiche». Ogni ipotesi di impatto di breve o di lungo pe-riodo deve perciò confrontarsi con il principio di realtà,cioèilprofiloconcretodelpaesaggioin-dustriale italiano, messo peraltro sotto pressio-ne dalla grande crisi. «La nostra industria», spie-gal’ultimanotadelCentroStudiConfindustria,«ha un’elevata propensione a innovare processie prodotti. Con una forte eterogeneità nelle for-me attraverso cui lo sforzo innovativo si tradu-ce, a seconda degli obiettivi strategici perseguiti,

dei canali utilizzati per accrescere le conoscenze detenuteedelletipologied’investimento.Inbasealle elaborazioni del Csc su dati Istat, le strategie più complesse, che puntano sugli investimenti sia in R&S sia in nuovi macchinari e attrezzature, sono state appannaggio di una piccola minoran-za(il7,4%delleimpreseconpiùdi10addettineltriennio2010-2012);perlealtreimprese(il38%deltotale)l’attivitàformalizzatadiricercaèstatadebole o quasi assente, mentre anche per loro si-gnificativoèstatoilricorsoalcanaledell’acqui-sto di nuovi macchinari e attrezzature. La metà circa delle imprese monitorate non ha invece av-viato attività innovative nel periodo di analisi, una quota purtroppo cresciuta nel corso del trien-nio 2012-2014 secondo quanto emerso dai dati ag-gregatipubblicatidall’Istatloscorsonovembre».

Spintadall’ottimoandamentoregistratonell’ul-timoquarterdell’anno,duranteilqualeperlapri-ma volta ha superato la soglia del miliardo di euro di business, Zalando archivia il 2016 con una cre-scita a doppia cifra. Grazie a un fatturato stimato tra i 3,63 e 3,64 miliardi di euro di ricavi, la so-cietà quotata a Francoforte ha incassato un incre-mentocompreso tra il22,9e il23,1%sull’annoprecedente,inlineaconlaguidanceprefissata. Il gruppo, attivo in 15 mercati worldwide, havaratonel2016unmaxipianoda180milio-ni di euro dedicato alla crescita commerciale, che comprende anche la logistica e lo sviluppo della piattaforma.

Per i retailer è oggi imperativo organizzare i propri siti in modo logico e user friendly, cosìda facilitare lequeryedunque l’attodiacquistofinale.InFranciaquestastradaègiàstata intrapresa con buoni risultati. Il website del gruppo franceseSystèmeU, cooperativache raccoglie oltre 1.500 punti di vendita, è stato, per esempio, strutturato secondo la lo-gicadell’alberodellecategorie: sipartedal-le più generali per procedere poi a cascata in sotto-sezioni sempre più precise e dettagliate. Eancora,ilsitoCourses-Uconsentediap-prodare alla referenza desiderata applicando unaseriedifiltriincrociatichefocalizzanolaricerca sulle specifiche connotazioni di pro-dotto: tipologia, gusto, brand, formato, novi-tà e promozioni. Senza dimenticare il prezzo unitarioeilprezzoalkg/litro.Unparametro,quest’ultimo, inspiegabilmente assente daisiti italiani: benché esposto, esso non costitu-isceinfattiun“filtrodiordinamento”innes-suno dei portali recentemente analizzati dal sito specializzato RetalWatch.it finendo conl’esseresurrogatoalmeroprezzounitario. E la mancanza non è di poco conto, perché la letteratura di retail marketing e shopper behavior insegnachenell’ambiente freddoeasettico del canale online la scelta del con-sumatore tende alla razionalità in modo più pronunciato rispetto a quanto accade negli storefisici.Ilcheimplica,appunto,unamag-giore tendenza al confronto non solo del prez-zounitario,maanche(esoprattutto)diquellorapportato al peso/volume. In questa prospettiva, una possibile solu-zione è data dalla classificazione merceolo-gica Nielsen-GS1, condivisa fra le imprese industriali e della Gdo, che consente di giun-gere al momento della scelta evitando molti aspetti confusivi destinati a interferire con l’efficienzadelloscambiofraiduefondamen-tali attori del mercato: azienda e cliente.

Unadichiarazionechevaleunadoppiare-plica. Jeff Bezos (foto) ha annunciato di voler creare 100 mila nuovi posti di lavoro entro la metà del 2018. Nelle previsioni del numerounodiAmazon,alraggiungimentodell’obiet-tivoconcorrerannol’aperturadinuovicentridi stoccaggio e gli investimenti in settori comeilcloud, l’apprendimentoautomaticoela logistica avanzata. Ma un ruolo importante sarà giocato anche da altre aree, quali i servi-zi commerciali, i centri di smistamento e i siti disseminati a livello locale. La decisione rappresenta una neppure trop-po velata risposta del colosso americano all’attacco sferrato da Donald Trump, cheaveva accusato la multinazionale di avere be-neficiatodiindebitivantaggifiscali. «Bezos - aveva tuonato il neopresidente Usa - ha utilizzato il Washington Post per esercitare potere sui politici a Washington ed evitare che Amazon sia tassata come dovreb-be». Ma non solo. Con questo annuncio il ma-nager ribatte anche colpo su colpo alla pro-messa fatta sempre a Trump dal rivale Jack Ma: assumere nella sua Alibaba 1 milione di statunitensinell’arcodiduedecenni.

(...) hanno contribuito a strutturare la societàoltre che le condotte dei singoli individui. Oggi, a quasi venticinque anni dalla diffusio-ne pubblica e gratuita del Web - era il 30 apri-le1993quandoilCerndiGinevradeciseintalsenso - ancora troppo spesso confondiamo la di-mestichezza operativa con cui si utilizza un di-spositivo tecnologico e l’effettivametabolizza-zione culturale della tecnologia in questione. Per esempio, come suggerisce David Weinber-ger in La stanza intelligente. La conoscenza come proprietà della rete, nonsièmeditato(ancora)ab-bastanza su come, «trasformando il medium - o il supporto - tramite cui sviluppiamo, conserviamo e trasformiamo il sapere, trasformiamo anche la conoscenza. Ovvero, gli stili di apprendimento, di comunicazione e di cooperazione». Una storia culturale dei supporti che hanno

resopossibile,divoltainvolta,un’ideadisape-re non meno che pratiche e metodologie di con-divisione e di apprendimento, farebbe meglio in-tendere quanto profondo sia il nostro rapporto con le tecnologie. Assumendo tale punto di vi-sta diventerebbe, di fatto, più intuitivo come - per dirla con una vecchia battuta di Derrick de Kerckhove - «noi siamo la continua reinvenzio-ne delle nostre stesse invenzioni». Non agiamo e non pensiamo indistintamente da strumenti e di-spositivi mediante i quali mediamo e aumentia-mo la nostra esperienza del mondo. Ecco dunque la necessità di pensare con le macchine: da non intendersi come una progres-siva delega in bianco della facoltà del pensiero aintelligenzeartificialisemprepiùpotenti;macomel’urgenzadicomprenderechetecnologica-menteabital’uomosuquestomondo. E non da ora…

*Filosofo della Scienza, UniversitàdegliStudidiMilanoBicocca

N. 1 - Anno IV - Marzo 2017

Testataperiodicaeditadall’AssociazioneIndustrie dei Beni di Consumo.Registrazione Tribunale di Milano n.329del22.10.2014

Direttore responsabileIvo Ferrario

In redazione:Valentina Bardozzo, Silvia Bergamaschini

Hanno collaborato:Maurizio Benzi, Guido Di Fraia, Manuela Falchero, Jennifer Hubber, Roberto Liscia, Danilo Loizzedda,Alessio Mainardi, Stefano Moriggi,Marco Passera, Luca Pellegrini,Guido Rosa, Giorgio Santambrogio.

Editore e redazioneVia Serbelloni 520122 [email protected]

Responsabile trattamento datiRoberto [email protected]

Art, impaginazione e stampaCromograficaRomaViaTiburtina192-00156Roma

Link Ibc non pubblica testi e immagini non richiesti. La pubblicazione non implica la condivisione dei contenuti da parte dell’editore,maèdaintendersiunicamente come un contributo di approfondimento utile per i lettori. Ogni numero di Link Ibc è diffuso a circa 33 mila industrie associate a Ibc. L’Editoreèadisposizionedegliaventidiritto con i quali non è stato possibile comunicare, nonché per eventuali omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti. Chiuso in redazione il 24/02/2017

Quando il computer “sposò” il telefono

segue dalla prima pagina

RetailerE-biz: l’esempio francese, il ritardo italiano

AmazonBezos promette 100 mila nuovi posti entro il 2018

In brevea cura di Manuela Falchero

BilanciZalando, i ricavi volano oltre i 3,6 miliardi di euro

EconomiaLa sfida della crescita è nell’Industry 4.0

Un fatturato di 4,8 milioni di dollari,oltre 42.000 dipendenti e tassi di crescita a tripla cifra non bastano a Jack Ma (foto). Il fondatore di Alibaba, la piattaforma di e-commerce cinese che rivaleggia ormai a pieno titolo con Amazon, guarda avanti e alza l’asticella. L’imprenditore haannunciato di poter centrare l’obiettivodi creare 100 milioni di posti di lavoro in vent’anni, regalandone addirittura “unmilione” all’America di Jeff Bezos, comepromesso dallo stesso Ma in un incontro con il neoeletto presidente Donald Trump. Un obiettivo ambizioso che il magnatecinese conta di centrare puntando oltre il web. Dobbiamo cambiare - ha scritto nell’ultima lettera agli azionisti - perché

anche l’e-commerce di oggi è destinato adiventareun“businesstradizionale”,mentreAlibaba deve «anticipare la nascita di un’industriadelcommerciore-immaginata,spinta dall’integrazione di online, offline,logistica e raccolta dati in una singola catena del valore». Solo teoria? Pare proprio di no, visto che l’offline c’è già: Alibabaha investito il 20% in Suning, la catena di elettronica di quello stesso imprenditore che, sul fronte calcistico, ha conquistato la nostra Inter. E così, i clienti possono, per esempio, scegliere una lavatrice in uno store dell’insegnaepoiordinarlasullapiattaformadi e-commerce. È il modello chiamato O2O: OnlinetoOfflinecommerce.Sitrattaoradivedere se davvero il futuro passerà da qui.

Online e off line:punta all’integrazione la strategia di Jack Ma

Alibaba

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INTERVENTI • Il Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda ha presentato il Piano Nazionale Industria 4.0, che prevede investimenti per 10 miliardi di euro nel periodo 2017-2020.

Page 16: di Ivo Ferrario digitale - IBC onlineti in azienda. Nel caso dell’e-commerce, per esempio, si cre-ano le condizioni per la creazione di una “value proposition” più effi cace.

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(...)Questo signifi ca attingere dal mercato del lavoro le risorse necessarie e formare quelle presenti in azienda. La parola chiave è: integrazione. Ottanta aziende su cento (Hubber, a pagina 2) hanno registrato benefi ci importanti quando i collaboratori dotati di nuove competenze sono stati messi nelle condizioni di operare in sinergia con le persone (e il loro know-how) già presenti in azienda. Nel caso dell’e-commerce, per esempio, si sono create le condizioni per l’espressione di una più effi cace “value proposition”. Si parla molto del ritardo infrastrutturale del Paese, ma indubbiamente dal punto di vista de-gli utenti la digitalizzazione oggi è un dato di fatto (De Biase, a pagina 3). È dunque imprescindibile per le aziende attivarsi sui fronti dell’e-commerce (Btb e Btc) e dei social media. Il primo può esse-re affrontato con successo perfi no da una picco-la e media impresa. Per esempio agganciandosi a un marketplace. Secondo l’osservatorio del com-

mercio online di Netcomm e Politecnico di Milano, in Italia circa 40mila aziende sono attive online. E moltissime piccole e medie colgono i vantaggi deri-vanti dall’utilizzo di piattaforme comuni, che con-sentono loro di approcciare il mercato digitale e farsi notare. È una soluzione per continuare ad oc-cupare posizionamenti di nicchia (spesso ad alto valore aggiunto, su piccole produzioni) sfruttando la notorietà e le economie di scala di contatto degli operatori online (Amazon, ma anche siti di e-com-merce aperti da consorzi o cooperative di produt-tori). Va sottolineato, però, che il contesto competiti-vo è caratterizzato anche da eccellenti start-up e da aziende tradizionali che hanno saputo coglie-re le opportunità offerte dal digitale. Le aziende of-fl ine che hanno avuto più successo sono quelle che hanno messo in discussione il loro modello di busi-ness e il loro modo di relazionarsi con il cliente ge-nerando innovazione (Liscia, a pagina 4). Anche il potenziale di sviluppo dell’e-commerce Btb è enorme. La tendenza sarà sempre più visibi-le anche in Italia e questo porterà ad una progres-siva ridefi nizione dei ruoli degli attori della fi liera, verso un modello di vendita sempre più self service (Benzi, a pagina 5). Rifl essioni importanti, nel contesto defi nito dal

digital, meritano i social media, cui non a caso Ibc dedica la sua assemblea annuale, in programma a Milano il prossimo 28 marzo (in merito si rimanda al riquadro in prima pagina). Questi nuovi strumenti determinano cambia-menti fondamentali per le marche. Da attività pro-gettata e gestita in modo mono-autoriale, il brand diventa il risultato di un’opera collaborativa intrin-secamente social. Una vera e propria “scrittura a più mani”, condivisa tra azienda e consumatori (Di Fraia, a pagina 6). Per questo il brand manage-ment deve tornare a essere uno dei principali focus attenzionali della gestione strategica delle aziende. Farsi prendere dall’euforia dei risultati ottenibili attraverso le forme più avanzate e performanti del digital marketing, tralasciando il tema del bran-ding, rappresenterebbe un passo indietro pericolo-so e disfunzionale. Nella società digitale la domanda si organiz-za, getta le basi per determinare le caratteristiche dell’offerta, impone alle aziende di trasformarsi in “Brand Editor”, cioè in entità capaci di opera-re e vincere nel mercato non attraverso i tradizio-nali meccanismi di promozione di un prodotto, ma agendo in modo intelligente e trasparente nelle co-munità dei consumatori. In questo contesto vince chi profi la il Brand in

modo coerente con le aspettative dei potenziali ac-quirenti. Non è una novità, certo. Ma farlo signifi ca sganciarsi realmente dagli stereotipi e riempire di contenuti veri e innovativi parole come marketing, qualità, innovazione, responsabilità sociale d’im-presa. Anche la distribuzione moderna lavora per leg-gere il consumatore in chiave digital. Un compi-to impegnativo, ma nel contempo stimolante per-ché aiuta a guardarsi dentro, a innescare processi evolutivi, a pensare approcci diversi alla propria attività. Il retailer tradizionale, fi no ad ora, ha in-novato soprattutto nella parte di back-end (dalla business intelligence alla fatturazione elettronica) e nella logistica. Se saprà agire anche all’esterno e all’interno del punto di vendita in una logica evo-luta sicuramente potrà cogliere risultati importan-ti (Santambrogio, a pagina 11). In tutta la fi liera è il momento di travalicare i re-cinti funzionali, di interagire, di contribuire proat-tivamente ai cambiamenti di cui le imprese - e più che mai il nostro Paese - hanno bisogno. Gli stru-menti ci sono, ma contano poco se a monte manca-no buone strategie, organizzazione, contenuti, con-divisione, commitment. Parole note nel mondo delle imprese che tutti siamo chiamati a riempire di reale sostanza. (i.f.)

Abbiamo la tecnologia,riempiamola di contenuti

segue dalla prima pagina