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Direttore aRTURO DiaCOnaLE Mercoledì 22 Giugno 2016 Fondato nel 1847 - anno XXi n. 118 - Euro 0,50 DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 DCB - Roma / Tariffa ROC poste italiane Spa Spedizione in abb. postale QUOTIDIANO LIBERALE PER LE gARANzIE, LE RIfORME ED I DIRITTI UMANI delle Libertà di ARTURO DIACONALE Roma, affari sporchi sui rom L’ingresso di Virginia Raggi in Campidoglio coincide con la raffica di arresti di imprenditori delle cooperative e di funzionari comunali accusati di aver preso mazzette sugli aiuti ai campi nomadi La sconfitta dei due Mattei A lla vigilia del voto nelle princi- pali città italiane si dava per scontato che dal risultato sarebbe uscito un nuovo assetto del centro- destra fondato sulla prevalenza delle forze d’ispirazione lepenista su quelle di orientamento liberale e po- polare. Sulla base di questa previ- sione Roma è stata trasformata nel banco di prova del passaggio forzato di consegne della leadership del fronte dei moderati da Silvio Berlu- sconi a Matteo Salvini. E Milano, per reazione, è diventata il terreno di sperimentazione di un progetto poli- tico opposto fondato su una federa- zione di tutte le diverse componenti dell’area aggregate attorno ad un candidato sindaco di grande espe- rienza manageriale e di cultura libe- ralsocialista. Il risultato del voto ha brutal- mente bocciato l’operazione romana e ha reso evidente che il centrodestra può tornare ad essere competitivo con la sinistra e con il Movimento Cinque Stelle solo se dà vita ad una federazione rinnovata nelle idee, nel linguaggio e nei comportamenti e se sceglie come rappresentante un per- sonaggio di estrazione moderata in grado di tenere insieme sia le forze lepeniste che quelle liberali, riformi- ste e popolari. Il progetto di Matteo Salvini, in sostanza, ha avuto la stessa sorte del progetto di Matteo Renzi. I due Mattei erano impegnati l’uno a co- struire un nuovo centrodestra a guida populista... PRIMO PIANO MASSIMANO A PAGINA 3 Comune a 5 Stelle: da Città Eterna a città di ethernet ECONOMIA PEZZANI A PAGINA 4 Brexit e dintorni: molto rumore per nulla ESTERI DIONISI A PAGINA 5 Le donne musulmane protestano in India CULTURA Teatro Eliseo: Luca Barbareschi scopre il “cartellone” BONANNI a pagina 7 Il ricavato dei ballottaggi S peciale ed irredimibile Paese, l’Ita- lia. Cosa stanno cercando di rica- vare dai ballottaggi? Nulla di ciò che se ne dovrebbe ricavare: aspettative del popolo e rimedi politici, come da ogni elezione, specie municipale. In- vece il succo dei commenti, sia dei vincitori che degli sconfitti, riguarda la legge elettorale. Dei Comuni? No, del Parlamento. La sedicente classe dirigente, di governo e di opposi- zione, sembra interessarsi all’esito dei ballottaggi solo per minimizzare le sconfitte e ingigantire le vittorie, mentre pensa davvero a una cosa sola: conviene ad essa mantenere l’italicum oppure cambiarlo, e come? Questa sedicente classe dirigente ha in testa soltanto la tecnica elettorale di PAOLO PILLITTERI di PIETRO DI MUCCIO de QUATTRO C hiamare minestra riscaldata uno come Stefano Parisi e, per so- prammercato, gli inediti alleati come Maurizio Lupi e Corrado Passera è la chiave di volta di una neoparabola salviniana, una delle tante che gli corrono per la testa quando la Lega non ottiene i successi sperati. Invece di accontentarsi, tra l’altro, dell’ef- fettiva ripresa che il suo movimento, portato ai minimi termini dal bossi- smo decadente, ha da lui stesso gua- dagnato, ecco che Matteo Salvini prende di mira uno dei pochissimi, forse l’unico, leader emerso nel cen- trodestra, da anni a questa parte, cioè Parisi; il quale ha perso per un pugno di voti la gara con Beppe Sala ma ha vinto l’altra gara, quella di chi Continua a pagina 2 Continua a pagina 2 Continua a pagina 2 Salvini e Parisi: chi è la minestra riscaldata? più idonea ad agguantare il potere. Come dimostra anche la riforma co- stituzionale, che ha divorato il Se- nato come la mantide il maschio dopo l’accoppiamento e che si oc- cupa prevalentemente di rafforzare il presidente del Consiglio togliendogli l’impaccio del controllo parlamen- tare, la preoccupazione... fa politica vera e non di plastica al- l’interno di un’alleanza con a capo Silvio Berlusconi il federatore, ogget- tivamente in serie difficoltà da qual- che anno. La parabola che va per la mag- giore fra i salviniani, che speriamo sia al più presto archiviata come “errore di stampa”, è che la formula mode- rata impressa all’alleanza con Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia, Lupi e Passera da Stefano Parisi a Milano abbandonando i toni e i temi toni- truanti del leghismo da talk show, ap- partiene non soltanto al passato (quale?) ma, soprattutto, non paga, non dà risultati, cioè non vince, per- ché si tratta di una minestra riscal- data giacché il “dentro tutti non paga, la formula moderata è sba- gliata e le minestre riscaldate la gente non le mangia. Se le novità di centro- destra sono Angelino Alfano e Cle- mente Mastella (si è dimenticato di Passera, ndr) io non ci sto” così Sal- vini. La parabola della minestra ri- scaldata era inoltre arricchita da pungiglioni ficcati nei glutei di Lupi...

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Direttore aRTURO DiaCOnaLE Mercoledì 22 Giugno 2016Fondato nel 1847 - anno XXi n. 118 - Euro 0,50

DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1

DCB - Roma / Tariffa ROC poste italiane Spa Spedizione in abb. postale QUOTIDIANO LIBERALE PER LE gARANzIE, LE RIfORME ED I DIRITTI UMANI

delle Libertà

di ARTURO DIACONALE

Roma, affari sporchi sui romL’ingresso di Virginia Raggi in Campidoglio coincide con la raffica di arresti di imprenditori dellecooperative e di funzionari comunali accusati di aver preso mazzette sugli aiuti ai campi nomadi

La sconfitta dei due Mattei

Alla vigilia del voto nelle princi-pali città italiane si dava per

scontato che dal risultato sarebbeuscito un nuovo assetto del centro-destra fondato sulla prevalenza delleforze d’ispirazione lepenista suquelle di orientamento liberale e po-polare. Sulla base di questa previ-sione Roma è stata trasformata nelbanco di prova del passaggio forzatodi consegne della leadership delfronte dei moderati da Silvio Berlu-sconi a Matteo Salvini. E Milano,per reazione, è diventata il terreno disperimentazione di un progetto poli-tico opposto fondato su una federa-zione di tutte le diverse componentidell’area aggregate attorno ad uncandidato sindaco di grande espe-rienza manageriale e di cultura libe-ralsocialista.

Il risultato del voto ha brutal-mente bocciato l’operazione romanae ha reso evidente che il centrodestrapuò tornare ad essere competitivocon la sinistra e con il MovimentoCinque Stelle solo se dà vita ad unafederazione rinnovata nelle idee, nellinguaggio e nei comportamenti e sesceglie come rappresentante un per-sonaggio di estrazione moderata ingrado di tenere insieme sia le forzelepeniste che quelle liberali, riformi-ste e popolari.

Il progetto di Matteo Salvini, insostanza, ha avuto la stessa sorte delprogetto di Matteo Renzi. I dueMattei erano impegnati l’uno a co-struire un nuovo centrodestra aguida populista...

PRIMO PIANO

MASSIMANO A PAGINA 3

Comune a 5 Stelle:da Città Eterna

a città di ethernet

ECONOMIA

PEZZANI A PAGINA 4

Brexit e dintorni: molto rumore per nulla

ESTERI

DIONISI A PAGINA 5

Le donne musulmaneprotestano in India

CULTURA

Teatro Eliseo: Luca Barbareschi

scopre il “cartellone”

BONANNI

a pagina 7

Il ricavato dei ballottaggi

Speciale ed irredimibile Paese, l’Ita-lia. Cosa stanno cercando di rica-

vare dai ballottaggi? Nulla di ciò chese ne dovrebbe ricavare: aspettativedel popolo e rimedi politici, come daogni elezione, specie municipale. In-vece il succo dei commenti, sia deivincitori che degli sconfitti, riguardala legge elettorale. Dei Comuni? No,del Parlamento. La sedicente classedirigente, di governo e di opposi-zione, sembra interessarsi all’esitodei ballottaggi solo per minimizzarele sconfitte e ingigantire le vittorie,mentre pensa davvero a una cosasola: conviene ad essa mantenerel’italicum oppure cambiarlo, e come?Questa sedicente classe dirigente hain testa soltanto la tecnica elettorale

di PAOLO PILLITTERIdi PIETRO DI MUCCIO de QUATTRO

Chiamare minestra riscaldata unocome Stefano Parisi e, per so-

prammercato, gli inediti alleati comeMaurizio Lupi e Corrado Passera èla chiave di volta di una neoparabolasalviniana, una delle tante che glicorrono per la testa quando la Leganon ottiene i successi sperati. Invecedi accontentarsi, tra l’altro, dell’ef-fettiva ripresa che il suo movimento,portato ai minimi termini dal bossi-smo decadente, ha da lui stesso gua-dagnato, ecco che Matteo Salviniprende di mira uno dei pochissimi,forse l’unico, leader emerso nel cen-trodestra, da anni a questa parte,cioè Parisi; il quale ha perso per unpugno di voti la gara con Beppe Salama ha vinto l’altra gara, quella di chiContinua a pagina 2 Continua a pagina 2

Continua a pagina 2

Salvini e Parisi: chi è la minestra riscaldata?

più idonea ad agguantare il potere.Come dimostra anche la riforma co-stituzionale, che ha divorato il Se-nato come la mantide il maschiodopo l’accoppiamento e che si oc-cupa prevalentemente di rafforzare ilpresidente del Consiglio togliendoglil’impaccio del controllo parlamen-tare, la preoccupazione...

fa politica vera e non di plastica al-l’interno di un’alleanza con a capoSilvio Berlusconi il federatore, ogget-tivamente in serie difficoltà da qual-che anno.

La parabola che va per la mag-giore fra i salviniani, che speriamo siaal più presto archiviata come “erroredi stampa”, è che la formula mode-

rata impressa all’alleanza con ForzaItalia, Lega, Fratelli d’Italia, Lupi ePassera da Stefano Parisi a Milanoabbandonando i toni e i temi toni-truanti del leghismo da talk show, ap-partiene non soltanto al passato(quale?) ma, soprattutto, non paga,non dà risultati, cioè non vince, per-ché si tratta di una minestra riscal-data giacché il “dentro tutti nonpaga, la formula moderata è sba-gliata e le minestre riscaldate la gentenon le mangia. Se le novità di centro-destra sono Angelino Alfano e Cle-mente Mastella (si è dimenticato diPassera, ndr) io non ci sto” così Sal-vini. La parabola della minestra ri-scaldata era inoltre arricchita dapungiglioni ficcati nei glutei di Lupi...

Page 2: D a˚˜˝O DiaCOnaLE F 1847 - a i n. 118 - E 0,50 Mercoledì ... · D a˚˜˝O DiaCOnaLE F 1847 - a i n. 118 - E 0,50 Mercoledì 22 Giugno 2016 DL353/2003 (1. L 27/02/04 . 46) .1

Dopo il voto di domenica bisogna chequalcuno cominci a recitare il mea

culpa per aver sottovalutato i CinqueStelle. Catalogare il fenomeno grillino allavoce “populismi” è stato un errore. Altroche populista: il movimento è popolare.Come altrimenti si potrebbe definire unaforza politica che a Tor Bella Monaca,quartiere romano di frontiera sociale, haraccolto l’80 per cento dei consensi? Cosamai accaduta prima. Segno che la propo-sta Cinque Stelle è stata giudicata credi-bile dalla gente. Segno che i grillinil’hanno saputa comunicare agli interes-sati. Segno che i vari Di Battista, Taverna,Lombardi e simili, l’armata Brancaleoneche gli inquilini dei palazzi istituzionaliavevano guardato con spocchiosa sicu-mera, hanno trovato le giuste chiavi perarrivare al cuore di un popolo tradito dal-l’arroganza della razza padrona radical-chic. Pochi, prima del tornado elettoraledi domenica, avevano intuito che questa

volta la partita sarebbe stata giocata nelleperiferie, che la vittoria e la sconfitta sa-rebbero state decise lontano dalle Ztldelle strade-vetrina dei centri storici. ARoma, come a Torino, a Milano, a Na-poli e a Bologna, dappertutto nelle grandicittà. Il Partito Democratico non lo ha ca-pito e ha duramente pagato l’errore. Nonsappiamo se sia stata colpa esclusiva dellahybris reziana o se, molto verosimil-

mente, trovandosi in fase di mutazioned’identità, il Pd abbia perso memoria delsuo blocco sociale.

Il fatto che il piddino Roberto Gia-chetti abbia chiuso la campagna eletto-rale a sindaco di Roma con una festa viporganizzata al Ponte della Musica, zonaPrati-Flaminio, non può essere derubri-cato a notizia di colore: è cambio di linea,è riposizionamento strategico di un par-tito che insegue la media-alta borghesia egira le spalle ai ceti popolari nell’illusoriaconvinzione di cogliere il dato strutturaledell’espulsione del popolo minuto dalledinamiche di costruzione del consenso. ICinque Stelle hanno azzeccato la paro-lina magica che ha modificato la realtà:partecipazione. Termine desueto nel les-sico della politica politicante. Convincerela “sora Mariuccia” che un cambiamento

della qualità della vita individuale e co-munitaria sia producibile attraversol’espressione del voto è stata l’arma ato-mica escogitata dagli apprendisti stregonigrillini per far implodere un sistema dipotere assolutamente autoreferenziale.Niente di fantascientifico, solo la scopertadella forza dirompente dell’acqua calda.Era dai tempi del teatro-canzone di Gior-gio Gaber che la parola “partecipazione”non facesse capolino nell’ordinarietàdella politica. Inchiodata a una parete delMuseo delle Cere la “Partecipazione”avrebbe dovuto essere testimonianza dipresenza delle masse lavoratrici nell’edi-ficazione della società democratica. Mala sinistra, autoproclamatasi titolare delsuo copyright, l’aveva dimenticata, comespesso accade quando si tratta di antica-glie del passato. I Cinque Stelle l’hanno

riportata alla luce e hanno provato a farlafunzionare. Ora però tocca di affrontarela parte più difficile: corrispondere alle at-tese suscitate nella popolazione. Gover-nare comunità complesse come quelledelle grandi città è arte assai complicata.Tuttavia, un eventuale successo gli apri-rebbe scenari insospettati. L’opportunitàdi provare a sfrondare la macchina dellapubblica amministrazione locale dai con-dizionamenti generati dall’ipertrofismoburocratico e dall’azione corrosiva degliinteressi illeciti, li gratificherebbe della so-stenibilità, in ottica nazionale, di ben altraequazione di governo. I grillini stannogradualmente lasciando il piano del tra-dizionale confronto partitico per trasfe-rire il loro progetto a un diverso livello,finora sconosciuto ai competitor. Se lospostamento dell’asse dell’offerta politicadovesse avere successo il futuro del Paesesarebbe nelle loro mani. E degli odierniprotagonisti, Matteo Renzi in testa, nonresterebbe che uno sbiadito, sgradevolericordo.

daco pur importante. Se le condizioni politichesono cambiate, forse bisogna cambiare anche il si-stema per valorizzarle o contrastarle, pensano. Daqui ad arrovellarsi sul che fare il passo è breve. Edè stato fatto. La politica tenta di far apparire tuttofondamentale prima di un voto, ma, dopo, se nedisinteressa e passa appresso, al prossimo voto.Questa volta, però, “il prossimo voto” fondamen-tale lo è davvero. Il No al referendum costituzio-nale travolgerà pure l’italicum e Renzi con esso.Perciò potrebbe valere doppio o addirittura triplo.Ecco un altro motivo di angoscia per tale stato dicose.

Certo lascia l’amaro in bocca agli italiani“apoti” (quelli che non la bevono) questo tramareper prevalere truffaldinamente, questo trattare perinteresse di bottega i termini di una legge eletto-rale che le forze in campo dovrebbero adottaresotto “il velo dell’ignoranza”, all’oscuro del risul-tato prevedibile, anziché ad occhi sbarrati perscongiurare l’imprevisto. Stanno discutendo, sottoi banchi del Parlamento, come fotografare la re-altà, quella “loro”, e come ricavarne non già il me-glio per la democrazia e per il gioco leale, bensì ilmeglio per i giocatori in campo. Degli altri che vor-rebbero giocare e del popolo che vorrebbe parte-cipare e contare si curano poco o nulla.

PIETRO DI MUCCIO de QUATTRO

...e Gabriele Albertini, rappresentanti di MilanoPopolare nell’alleanza, perché: “facevano a gara aprendere le distanze dalla Lega come fossimo ap-pestati”. Tiè! La sintesi del ragionamento di Sal-vini non può che riguardare l’avvenire di StefanoParisi: nientepopodimeno che capo dell’opposi-

2 L’OPINIONE delle Libertà mercoledì 22 giugno 2016Politica

segue dalla prima

...l’altro a dimostrare l’esistenza del Partito dellaNazione. Entrambi sono usciti sconfitti dal voto didomenica scorsa. Renzi ha avuto la conferma dinon avere alcuna possibilità di conquistare i votidel centrodestra, neppure agitando lo spauracchiodel successo dei grillini. E Salvini ha toccato conmano che dove il centrodestra ha un baricentrospostato sull’estrema lepenista si divide e perde edove riesce a rimanere unito attorno ad un espo-nente moderato capace e nuovo torna ad esserecompetitivo e, in qualche caso come Trieste e Gros-seto, vincente.

È logico chiedersi se e come i due Mattei rece-piranno la lezione elettorale. Ma è ancora più lo-gico sottolineare come sia molto difficile che lereazioni personali possano modificare la volontàpopolare. È la democrazia!

ARTURO DIACONALE

...di tali improbabili neocostituenti si appunta e siconcentra sul sistema per eleggere i deputati.

Anzi, più che di preoccupazione, si tratta di verae propria angoscia, di quella che prende chi hapuntato tutto sulla roulette del potere e teme di ve-derselo sfuggire nel momento stesso in cui pensavadi essere sul punto d’agguantarlo. E angosciatisono poi quei gruppuscoli che vedono la soglia disbarramento come un miraggio. Mentre i gruppivincenti godono nell’illusione di poter sfruttare lostatus quo del vantaggio in voti nel ben più deci-sivo ballottaggio nazionale.

Insomma, l’elezione dei sindaci è cosa fatta ecapo ha. Ma l’elezione del governo, a breve omedio tempo, ha molta più importanza di un sin-

tipolitico è la pericolosa onda lunga destinata adassorbire altri populismi per dir così minori, so-prattutto quando si illudono di potervi competeresul loro stesso livello rischiando di fare il loro giocoe di finirne assorbiti. Vada invece avanti StefanoParisi con la sua politica avviata a Milano. È lastrada maestra, ancorché non sempre in discesa,per mantenere una posizione di credibilità nel nuo-vissimo sistema tripolare emerso dalle elezioni.Non è consentibile, per errori di orgoglio o scivo-late ambiziose, che l’imminente scontro sia solo adue per via dell’inconsistenza politica e strategicadel terzo. A meno che il disegno nascosto di qual-cuno sia la vittoria di Beppe Grillo. Chissà...

PAOLO PILLITTERI

Le metamorfosi grillinedi CRISTOFARO SOLA

zione nel Consiglio Comunale di Milano. Com’èumano Salvini...

Questa riduzione ai minimi termini politici del-l’unico leader credibile espresso da un centrode-stra milanese altrove in gravi difficoltà, la dicelunga sul grado di crisi all’interno dell’ex Casadelle Libertà, una crisi di rapporti personali ma,soprattutto, una crisi politica. Dove non c’entranoo c’entrano poco i Lupi, gli Albertini e i Passera deltutto esterni, se non addirittura al governo conMatteo Renzi, al duo Lega-FI, ma contano so-prattutto i propositi salviniani tesi alla realizza-zione di una leadership sul tipo di quella poibocciata dal Cavaliere a Roma, che veda primeg-giare una leadership leghista movimentista, rumo-rosa, radicale, e se del caso alleata con ipentastellati, e con Forza Italia, se vuole, al traino,e vinca il migliore, cioè Salvini.

Ora, un ragionamento del genere non soltantoè stato smentito proprio dal brillante risultato mi-lanese di Parisi, uno sconosciuto fino a sessantagiorni fa, ma fa letteralmente a pugni con ogni pro-spettiva di governo seria e credibile per un centro-destra che in questi ultimi anni solo due personaggierano riusciti a tenere insieme, a federare: Berlu-sconi e Parisi. Una federazione nel solco di unamoderazione che non significa affatto rinuncia oresa o inciuci, ma vuole indicare uno stile, un’ele-ganza, un modo di essere e di fare politica in gradodi includere, di acquisire, di cooptare, di sedurre;cioè di conquistare i voti di tutti e di governare.

Del resto, la stessa stilistica rabbiosa salviniana,la sua impostazione urlata e virulenta nella lotta alGoverno, a Elsa Fornero, a Denis Verdini - arrivataal punto di far votare per i sindaci grillini pur dibattere Renzi, il che ricorda un’altra parabola,quella del marito che si evira per le corna inferte-gli dalla moglie - non è affatto funzionale alla go-vernabilità, ed è quasi ovunque scavalcata dalgrillismo di lotta e di governo, il cui populismo an-

Com’è noto i Romani seguivano unaregola non scritta ma costantemente

osservata, per cui ogni cittadino che aspi-rasse ad ottenere una carica pubblica do-veva seguire il cursus honorum cioè essereeletto a cariche pubbliche in ordine pro-gressivo, dalle meno impegnative (que-store) alle più importanti (console). Lederoghe erano rarissime: anche Giulio Ce-sare e Scipione l’africano “fecero la ga-vetta” prima di arrivare al consolato: perScipione l’eccezione fu, in due casi, d’es-ser eletto alla carica malgrado più giovanedell’età prescritta. La ragione di tale per-corso di “carriera” è evidente: assicurareche gli eletti avessero sia l’esperienza che lacapacità di gestire gli affari pubblici. Unedile – magistrato competente per gli af-fari interni, come la manutenzione degliedifici pubblici, l’organizzazione delle festecittadine, l’ordine pubblico – che avessecurato i templi romani con la premura (ei risultati) con cui i Sindaci di Roma ten-gono la metropolitana, ben difficilmenteavrebbe potuto ragionevolmente aspirarealla Pretura o al Consolato. Molto pro-babilmente sarebbe stato meglio per lui ri-tirarsi a vita privata, come Cincinnato, maper tutt’altre ragioni. E di tali prassi i ro-

mani erano così convinti e soddisfatti, cheanche cambiando la costituzione da Re-pubblica a Impero, fu mantenuta per al-meno un paio di secoli dopo Augusto; ilquale, in un impeto di giovanilismo, si li-mitò ad abbassare i requisiti di età per ac-cedere alle magistrature. Opposta èl’opinione che va per la maggiore oggi inItalia, forse più sulla stampa, televisioni einternet che nelle convinzioni diffuse.

Il fatto di essere esperti e capaci nella ge-stione degli affari pubblici è ritenuto secon-dario e spesso controproducente. È almenoun ventennio che si vogliono governantiprovenienti dalla “società civile”; e per farparte di tale eletta compagnia, è requisitoessenziale non essersi occupati (diretta-mente) di politica e soprattutto di non averesercitato cariche pubbliche “politiche”.Abbiamo avuto Presidenti della Repubblicae del Consiglio dei Ministri mai eletti nep-pure in un consiglio scolastico; altri che ave-vano amministrato enti pubblici di carattereper lo più economico e avevano punta opoca esperienza di cariche e affari politici;altri erano solo figure di secondo o terzopiano, sfuggiti al vaglio di tangentopoli non

tanto per le loro virtù morali, quanto per lascarsa rilevanza loro e degli incarichi rico-perti. Che poi il risultato (anche) di tutto ciòsia stato che l’Italia è peggiorata economi-camente, la disoccupazione è alle stelle, ildebito pubblico non arretra come pur-troppo fa il reddito individuale (e il Pil), laconsiderazione internazionale della “se-conda” repubblica è minore di quella – noneccelsa – della prima è anche conseguenzadi tale convinzione, e soprattutto della pra-tica della medesima. Di cui pertanto ci sideve domandare se ha un fondamento ra-zionale o, almeno ragionevole. All’uopo cisoccorre Croce.

Questi in un notissimo passo di “Eticae politica”, parlando dell’onestà del poli-tico, “ideale che canta nell’animo di tuttigli imbecilli” enunciava criteri validi ancheper giudicare di quest’altro “ideale”, e scri-veva “mentre nessuno, quando si tratti dicurare i propri malanni o sottoporsi a unaoperazione chirurgica, chiede un one-st’uomo, e neppure un onest’uomo filosofoo scienziato, ma tutti chiedono e cercano esi procurano medici e chirurgi, onesti o di-sonesti che siano, purché abili in medicina

e chirurgia, forniti di occhio clinico e di abi-lità operatorie, nelle cose della politica sichiedano, invece, non uomini politici, maonest’uomini, forniti tutt’al più di attitudinid’altra natura”; onde si chiedeva cos’èl’onesta politica e rispondeva “L’onestà po-litica non è altro che la capacità politica:come l’onestà del medico e del chirurgo èla sua capacità di medico e di chirurgo, chenon rovina e assassina la gente con la pro-pria insipienza condita di buone intenzionie di svariate e teoriche conoscenze”.

Ciò che Croce affermava dell’onestà siapplica in relazione all’esperienza ed allacapacità: infatti il filosofo non sostenevache bisogna essere disonesti, ma che l’es-senziale è essere capaci di conseguire risul-tati positivi; e per farlo è determinante espesso decisivo avere esperienza e capacitàpolitiche. E l’una e l’altra si conseguono (esi valutano) esercitandole e in particolarericoprendo cariche pubbliche, meglio sepolitiche.

Tutt’altra la convinzione diffusa nel-l’Italia di oggi; non solo non averlo fattoè un titolo di merito, ma quando ci si pre-senta alle elezioni non si bada a capacitàed esperienza ma all’immagine e alla sim-patia. Se si è eletti, oltre a ciò, quel che sirileva non sono le attitudini politiche, ma,ad esempio, il “genere” sessuale. Essere

donna o gay appare un titolo superiore adessere stato ministro o sindaco di una cittàimportante.

D’altra parte se il pubblicova così male,una delle ragioni è proprio questa: l’eleg-gere personaggi senza esperienza e capa-cità, scelti perché simpatici, nuovi o diversi.Con criteri empatici e non politici. E sedopo qualche anno, o anche prima, si ca-pisce la loro totale inidoneità alle funzioniconseguite, gli stessi possono anche ri-spondere che in definitiva non è colpa loro:sono stati eletti perché simpatici o diversi,non perché capaci ed esperti. Che poi que-sti gradevoli eletti finiscano per lo più adessere le marionette di altri e in particolaredella burocrazia che dovrebbero dirigere econtrollare è anch’essa una conseguenza,meno vistosa e notata, dell’inesperienza(e/o dell’incapacità) di cui sono colmi. Per-ché in uno Stato burocratico, se il gover-nante non ha quelle doti finisce per essereirretito e sottomesso al “sapere specializ-zato” del proprio “aiutantato” burocraticoche invece di servire, padroneggia.

Per l’una e l’altra ragione è preferibileseguire l’esempio e la saggezza dei romani.La repubblica dei quali durò circa cinquesecoli ed altrettanti, in occidente, l’impero.La nostra, dopo settant’anni, fa acqua datutte le parti.

Cursus HonorumdiTEODORO KLITSCHE de la GRANGE

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CHIUSO IN REDAZIONE ALLE ORE 19,00

La sconfitta dei due Mattei

Salvini e Parisi: chi è la minestra riscaldata?

Il ricavato dei ballottaggi

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3L’OPINIONE delle Libertàmercoledì 22 giugno 2016 Primo Piano

Terminata la sbornia di dati elet-torali e la serie infinita di pisto-

lotti propinati dai tanti politici chepensano di aver vinto, adesso è lavolta dei politologi estremamente in-telligenti i quali vogliono spiegarcicome funziona l’universo e cosa sicela nel retrocranio del cittadino-elettore.

Noi, che più modestamente ciconsideriamo degli artigiani della ta-stiera, non azzardiamo analisi fuoridalla nostra portata ma ci limitiamoa notare come questa campagna elet-torale abbia preso spesso delle pie-ghe ai limiti del supercafone. Ciriferiamo al filo conduttore che uni-sce le lacrime della Pascale esibitealla finestra del San Raffaele, il postdel marito del sindaco Virginia Raggiche sbatte i propri problemi familiariin piazza e la missiva del figlio di Ro-berto Giachetti che ha pensato benedi consolare il padre con una letteraaperta sui giornali acuendo quel-l’alone di sfiga che si è posato sulcandidato sindaco Dem.

Queste “lacrime napulitane” trail recitato e l’ostentato restitui-scono il vero senso della nuova po-litica la quale vira sempre più versola soap opera, abbandonando in-vece l’aspetto più nobile ed utile diquella che una volta veniva definital’arte del governare.

Aspetti di costume a parte, non sipuò certo affermare che i candidatiabbiano brillato per attenzione aicontenuti o per elaborazione di solu-zioni innovative preferendo invecedare maggior rilievo alle emozioniche riuscivano a suscitare nell’udito-rio, alla polemica di bassa lega (comeil ricorso verso la Raggi da parte diassociazioni vicine al Pd a mò di dos-sieraggio giudiziario che in passatofu la fortuna elettorale di Berlusconi)o alla generica dichiarazione di pu-rezza tipica dei pentastellati che sisono auto intestati la patente di unici

onesti.Qualcuno ricorda un punto quali-

ficante del programma elettorale diuno dei candidati alla carica di sin-daco? A noi, facendo un estremosforzo mnemonico, forse qualcosasovviene ma del tutto marginal-mente. Se queste sono le premesse,non osiamo immaginare cosa sarà,ad esempio, la gestione del Comunedi Roma.

Siamo pronti a scommettere che idifficili problemi reali verranno pre-sto mandati in vacca in luogo dellaconsueta apparenza che general-mente per i Cinque Stelle si sostan-

zia nel solito taglio dello stipendio,nel rifiuto dei finanziamenti pubblicie nella rinuncia alle auto blu ed atutti i privilegi. Così la sete di ven-detta popolana verso i potenti saràsoddisfatta, ma la gestione della cittàrimarrà al palo sepolta sotto il nulladei triti e ritriti gesti giacobini, ipo-criti e plateali.

Sbagliato tagliarsi lo stipendio edi privilegi? No, ma una città ha biso-gno di un sindaco e non di un frateflagellante che pratica il pauperismo.L’esempio è importante ma nonbasta ad amministrare un mostrocome Roma. La politica dei piccoli

gesti sarà anche bella, ma sostituirela politica dei segnali di buona vo-lontà alla politica tout court è comecredere che la forma possa sopperirealla sostanza.

Siamo pronti a scommettereanche che la manfrina utile a na-scondere le carenze amministrativesarà quella di mandare vagonate diatti in Procura giustificando la man-cata realizzazione delle promesseelettorali con la situazione di aber-rante illegalità rinvenuta nella mac-china comunale. Già li vediamo igrillini gridare all’inagibilità moraledi un contesto come quello del Mu-

nicipio Capitolino ed a stringersinelle spalle per la mole di debiti chele passate amministrazioni comunaliavevano colpevolmente nascosto ri-bandendo come un disco rotto cheintanto loro si sono tagliati lo sti-pendio. Anche in questo caso: sba-gliato denunciare i furfanti?Ovviamente no, ma resta il fatto chela città aspetta delle risposte e nonsolo uno sceriffo che denuncia tuttio che svela il terzo segreto di Fatimain base al quale a Roma non si puòinvestire un euro perché ci sono tre-dici miliardi di debiti. Non è l’anti-patia nei confronti dei grillini a farciparlare ma il pregresso: promisero diaprire il Parlamento come una scato-letta di tonno ma in realtà si sonosolo lodevolmente tagliati questo be-nedetto stipendio e la qual cosa saràanche apprezzabile ma, lo riba-diamo, non è politica.

Non nutriamo molte speranze nelnuovo corso ma siamo pronti a ri-crederci e fare pubblica ammenda sedel caso. Allo stato attuale non riu-sciamo proprio ad aspettarci il mira-colo da chi, anche per intitolare unastrada, ritiene opportuno consultareil web. E non ci consola nemmeno ilfatto che, dove non arriverà la rete,a muovere i fili del sindaco ci penseràla Casaleggio e Associati, società chetiene sotto contratto la Raggi co-stringendola di fatto ad adeguarsi aidettami di una ditta privata (con laprevisione di vere e proprie penali)nel suo ruolo di primo cittadino.

In pratica la gestione del Comunedi Roma è subappaltata ad una so-cietà informatica di Milano - ed inalcuni casi alla Rete - ma di fatto sot-tratta all’unica entità che può giudi-care un Sindaco e cioè il popolosovrano. Da Città Eterna a città diethernet.

di VITO MASSIMANO Da Città Eterna a città di ethernet

Quello che segue è il dialogo im-maginario tra Matteo Renzi e

Roberto D’Alimonte, “l’uomo delPrincipe” (Sartori dixit ) che partorìla genialata dell’Italicum, dopo le ba-toste subite ai recenti ballottaggi elet-torali.

“Senti Roberto, io lo so che tul’Italicum lo hai ideato seguendo lemie indicazioni, però mi sa che cisiamo fatti un po’ prendere dall’en-tusiasmo dopo le europee del2014…”. “Bè, Matteo, forse sì, a ve-dere cosa sta accadendo. Però chi loimmaginava che quelli di destra, epure quelli di centro, pur di non vo-tare Pd, avrebbero preferito eleggerei candidati grillini? Io l’avevo pen-sata bene: soglia, per fare contentiquei barbogi noiosi della Consulta ela loro pretesa di tutela del ‘con-senso’, al 40% al primo turno, asti-cella che solo noi potevamoraggiungere, visto la dissoluzione delcentrodestra orfano di Berlusconi ela distanza dei pentastellati da un si-mile traguardo, e, del caso, secondoturno, dove chi vince si pappa lamaggioranza assoluta, a prescindereda quanti voti effettivi ha preso, eche doveva essere affar nostro, chésicuramente potevamo contare sulcompattamento della sinistra in fun-zione antidestra, nel caso fosse arri-vato al ballottaggio uno di loro, e sulvoto moderato e prudente degli ita-liani nell’eventualità che invece il tuoavversario fosse stato un ortottero”.

“Sì, sì, ricordo tutto, era perfetto.Almeno sembrava. Invece guarda chesuccede. Il 40% è una chimera pureper noi, e qui, maremma maiala, ma-

gari c’eravamo un po’ illusi, però ilproblema è il ballottaggio. Li ab-biamo persi tutti! Non solo a Roma,dove la Raggi ha stracciato quel po-veraccio di Giachetti, ma anche a To-rino, dove Fassino stava 10 puntiavanti dopo il primo turno e la pro-testa non aveva grandi ragioni d’es-sere, ché il capoluogo piemontesenon sta messo male. Quelli di destra,ma anche quelli di centro – guarda iflussi elettorali della Mole! – hannotutti votato per i grillini!”. “Menomale che il contrario non succede,Matteo”.

“E anche questo mica è del tuttovero, Roberto. Certo, per fortunanon è accaduto a Milano, e così perun soffio Sala ce l’ha fatta – non vo-

glio pensare se avessimo perso purelì… – ma a Grosseto? Novara? Lì ègrazie ai grillini che abbiamo persocontro il candidato di centrodestra.E tutti quei voti alla Bergonzoni aBologna? Dove poi ha vinto Merola,che mi sta pure un po’ sulle scatole”.“D’accordo Matteo, ma penso che alivello nazionale, se andassimo alballottaggio con uno di destra, allafine andrebbe come a Milano. Ma-gari di poco, ma vinceremmo noi”.

“Sia pure. Qui però mi sembraimprobabile che al ballottaggio arri-vino gli orfani di Silvio. Quello è uncampo di Bramante, e non ce li vedoriorganizzarsi adeguatamente inpoco tempo, in fondo si vota al mas-simo tra due anni, troppo presto per

loro. No, il problema sono i grillini,che tra l’altro si stanno emancipandopositivamente dal loro fondatore.Adesso Di Maio ha una sua visibi-lità, piace, è quasi pacato, e così laAppendino e anche la Raggi rappre-senta una nuova generazione, diversada quelli del ‘vaffa’ e basta”.

“Matteo, posso essere sincero?”.“Mmmm, se proprio devi… sai chenon mi piacciono quelli che fanno igufi…”. “Il problema è che stare algoverno in un’epoca così problema-tica, con la crisi economica che nonmolla e il dramma immigrazioni, lo-gora eccome. E non è, se posso pro-prio dirla tutta, che tu stia brillandoper simpatia... Insomma, qui è suc-cesso che il “Partito della Nazione”,

il voto trasversale che dovevamoprendere, espandendoci al centro etagliando le ali più radicali, non de-colla, e tu non hai l’appeal degli inizi.Occhio che anche la maggioranzache ti appoggia nel partito cominciaad essere meno compatta”.

“E che non lo so? Il carro tra-bocca quando vinci, se non lo fai…Ad ogni modo, il problema qui èserio. L’Italicum non va bene. C’era-vamo inventati questo sistema per-ché eravamo sicuri di vincere noi, maadesso il rischio di perdere è forte, efrancamente non voglio passare lastoria come l’apprendista stregoneche ha consegnato il Paese a Grillo eCompany. Gente che avrebbe il con-trollo del Parlamento e di PalazzoChigi raccogliendo sì e no il voto del20% degli italiani…”. “Bè, questaobiezione varrebbe anche se vinces-simo noi…”. “Ma se vinciamo noi èun conto, loro sono degli irresponsa-bili, dei dilettanti allo sbaraglio. Te liimmagini le reazioni di Draghi eMerkel di fronte ad un Di Maio? Giàsopportano a malapena me !”. “Equindi? Hai più volte detto che l’Ita-licum non si tocca”. “Bè, l’ho detto,ma si dicono tante cose… E poi, ma-gari, lo facciamo ‘toccare’ dal Parla-mento, che in fondo, quando ciconviene, è sovrano…”. “Mmmmm,la vedo dura, senza contare che i gril-lini adesso lo difenderanno a palleincatenate”. “Proprio per questo vacambiato. Inventati qualcosa su”.“Non ci farò una bella figura. Ci homesso la faccia su quella legge, misono azzuffato con un sacco di colle-ghi ed esperti commentatori…”.

“Roberto, faccio finta di non aversentito le ultime parole”.

di STEFANO TURCHETTI

Dialogo immaginario Renzi-D’Alimonte

Page 4: D a˚˜˝O DiaCOnaLE F 1847 - a i n. 118 - E 0,50 Mercoledì ... · D a˚˜˝O DiaCOnaLE F 1847 - a i n. 118 - E 0,50 Mercoledì 22 Giugno 2016 DL353/2003 (1. L 27/02/04 . 46) .1

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4 L’OPINIONE delle Libertà mercoledì 22 giugno 2016Economia

Il titolo dell’opera di William Sha-kespeare rappresenta simbolica-

mente il senso della crisi del nostrotempo in cui ogni singolo fatto vienerappresentato come una sorta disvolta epocale, nella generalità deicasi, di tipo drammatico. La gentedeve essere spaventata così la societàaperta diventa aggredibile da forzerapaci e sempre più simile ad ungregge da affidarsi ai cani lupo - po-liziotti - per poter essere più facil-mente dominato e dominabile da ungioco della finanza che, priva di ognifondamento scientifico, finisce per ar-ricchire solo i falsi sacerdoti del suotempio criminale ma, come dice laStoria: “chi semina vento raccogliesempre tempesta”. Una cultura cheha allontanato la nostra società daidiritti fondamentali dell’uomo di-chiarati nel 1948 creando una sortad’inferno che sembra divorare ognisperanza di dare una perduta dignitàall’uomo non è diversa dall’essereconsiderata un crimine contro l’uma-nità. Quei principi sono spesso statirichiamati quando faceva comodoagli interessi superiori e le dichiara-zioni di pace, di corsa al bene comunediventano sempre più una foglia difico che nasconde la brutalità del-l’esercizio di un potere che non am-mette responsabilità ma solo diritti.

Il caso della Brexit è da manualeper trasformare un fatto scritto datempo nel libro della Storia in unevento esiziale per tutti, una sorta difine del mondo ma soprattutto la dei-ficazione dell’ottusità. È l’eterno dub-bio dell’essere o non essere cheAmleto chiudeva dicendo: “Così lacoscienza ci rende tutti codardi, e cosìil colore naturale della risolutezza èreso malsano dalla pallida cera delpensiero, e imprese di grande altezzae momento per questa ragione de-viano dal loro corso e perdono ilnome di azione”. Già Sir Winston

Churchill se lo era posto, ma nel1947 quando affermava dobbiamodecidere se essere parte dell’Europa ouno stato degli Stati Uniti era più rea-lista del re ed in un Paese monarchicoè qualcosa di sorprendente. La GranBretagna (UK) non è mai stata vera-mente parte dell’Europa, nel passatoha sempre cercato di tenerla divisaper mettere tutti contro tutti, ma orarischia solo di mettersi in un “cul desac” e di generare al suo interno unprocesso di balcanizzazione che inparte è già iniziato con il referendumin Scozia, poi con il Galles ed alla fineaddio Regno Unito.

A differenza dei Paesi europei, che

hanno sempre avuto la loro strutturaproduttiva all’interno, il Common-wealth aveva già da tempo attuato ladelocalizzazione per cui i Paesi ade-renti erano le fabbriche che fornivanooggetti e manifatture preziose ad unaclasse nobiliare che ha pensato dipoter sopravvivere a sé stessa. La ma-nifattura delocalizzata era funzionalea sostenere la ricchezza del Paese maspesso a carico di contesti sociali dimiseria dominati da una forza bellicastraordinaria che faceva grande ilPaese. Alla fine della Seconda guerramondiale e di fronte ad un liberismosfrenato che ha trovato in MargaretThatcher una madrina coraggiosa ma

poco lungimirante, il Paese seguendol’esempio degli Stati Uniti si è gettatonella finanza e nelle sue banche cheda tempo governavano l’impero per-dendo la manifattura che oggi incidesul loro Pil solo per il 5 per cento. Lamoneta non genera moneta, come di-mostra anche il drammatico mo-mento degli Usa, ma spesso solopovertà e disuguaglianza. Il 33,3 percento degli inglesi sono sotto la sogliadella povertà e il patrimonio delleprime cinque famiglie più ricche delPaese è uguale al 20 per cento dellepersone più povere del Paese. Senzamanifattura non si cresce perché lacarta per quanto si possa moltiplicare

all’infinito rimane solo carta e nonproduce nulla se non un degrado so-ciale che rischia di degenerare in di-sperazione.

Ora, se la Gran Bretagna decide diisolarsi lo diventa veramente perchédall’altra parte dell’Oceano gli StatiUniti non sono messi meglio anzi, laloro storia fatta di progressi tecnicima povera di cultura vera li rendemeno governabili e sempre più espo-sti al rischio di fratture al loro in-terno. Wolfgang Schäuble, con ilquale non è facile condividere le idee,afferma che sarebbe meglio una GranBretagna nell’Europa, ma se voglionouscire escano ma si dimentichino dirinegoziare un loro rientro; a malin-cuore oggi è difficile dire che sbaglia.

Così ogni giorno si legge di fibril-lazione dei mercati finanziari, i mediali richiamano ossessivamente attri-buendo ad essi una razionalità in-trinseca ed una qualifica di entitàastratta e superiore. I mercati, invece,non sono come vengono dipinti, nonsono entità astratte e magiche masono gli uomini che operano dentro imercati che fanno i mercati spingen-doli verso gli obiettivi che si voglionoperseguire.

Oggi ancora una volta siamo alleprese con il “dramma” della Brexitesattamente come siamo stati prigio-nieri del dramma dello “spread” nel2011 e con la “Grexit” un Paese cheha un Pil come Parigi.

I problemi veri sono da altre partima fino a quando non riusciremo acapire che non possiamo conviverecon una finanza totalmente deregola-mentata saremo sempre schiavi dellenostre paure alimentate ad arte da unpotere che finirà per soffocarci tuttiprima di essere lui stesso vittima del-l’eutanasia del redditiere come lo de-finiva il grande Keynes che avevacapito tutto settant’anni fa.

(*) Ordinario di Programmazione e ControlloUniversità Bocconi

Brexit: molto rumore per nulladi FABRIZIO PEZZANI (*)

Page 5: D a˚˜˝O DiaCOnaLE F 1847 - a i n. 118 - E 0,50 Mercoledì ... · D a˚˜˝O DiaCOnaLE F 1847 - a i n. 118 - E 0,50 Mercoledì 22 Giugno 2016 DL353/2003 (1. L 27/02/04 . 46) .1

5L’OPINIONE delle Libertàmercoledì 22 giugno 2016 Esteri

Qualche anno fa, in Svezia, il Par-tito di Centro, uno dei quattro

partiti della coalizione di centro-de-stra di quel periodo, propose di lega-lizzare la poligamia. L’idea suscitòindignazione e la proposta fu re-spinta. Ma la sezione giovanile delPartito rifiutò di accantonare l’idea.“Pensiamo che sia importante cheuna persona sia libera di deciderequante partner intenda sposare”,disse allora Hanna Wagenius, leaderdel movimento giovanile del Partitodi Centro, prevedendo che la poliga-mia sarebbe stata legale nel giro didieci anni, quando la sua genera-zione sarebbe entrata in parlamentoe se ne fosse occupata.

La Svezia non è l’unico Paese dellaScandinavia dove i giovani “idealisti”hanno perorato la causa della poliga-mia. Nel 2012, in Danimarca, ancheil movimento giovanile del RadikaleVenstre Party (“Sinistra radicale” oPartito social-liberale), che allora fa-ceva parte della coalizione di go-verno, propose la legalizzazione dellapoligamia nel Paese. La proposta èstata avanzata quattro anni dopo cheun richiedente asilo iracheno, cheaveva lavorato per l’esercito danesein Iraq come traduttore, si era trasfe-rito in Danimarca con le sue duemogli. Poiché in Danimarca la biga-mia è illegale e l’uomo rifiutò di di-vorziare dalla seconda moglie, eglidovette fare ritorno in Iraq. “È inac-cettabile che qui in Danimarca siamocosì gretti e non aiutiamo un uomoche ci ha aiutato. Vogliamo fare qual-cosa a riguardo”, dichiarò all’epocaDitte Søndergaard, leader del movi-mento giovanile della Sinistra radi-cale. La proposta però non trovòconsensi tra gli altri partiti politici.

Per quanto inverosimili possanosembrare tali proposte, esse simbo-leggiano i cambiamenti in atto inOccidente riguardanti questioni eti-che fondamentali come la parità digenere e la volontà di adattarsi allalegge islamica della sharia. Esse sonoanche la prova di un’ostinata cecitàagli effetti dannosi della pratica dellapoligamia, non solo in termini dicosti finanziari per lo Stato, maanche per ciò che concerne i dirittidelle donne e dei minori musulmaniche questi giovani politici asseri-scono di sostenere.

I media parlano raramente di po-ligamia musulmana. Pertanto, questapratica, nonostante la sua diffusionein tutto il continente europeo – Sve-zia, Danimarca, Regno Unito, Ger-mania, Francia e Paesi Bassi –continua in gran parte a passareinosservata all’opinione pubblica.

Poiché la poligamia è illegale in tuttii Paesi europei, e quindi dovrebbe es-sere inesistente, non ci sono statisti-che ufficiali riguardo i matrimonipoligamici in tutti i Paesi dell’Unioneeuropea.

Tuttavia, alcuni Paesi, come ilRegno Unito, i Paesi Bassi e la Fran-cia, riconoscono i matrimoni poliga-mici musulmani, se sono staticontratti all’estero, là dove la poliga-mia è legale. Si stima che in GranBretagna esistano almeno 20milaunioni poligamiche. In Francia, lapoligamia è stata ufficialmente ban-dita nel 1993, ma nel 2006 si stima-vano almeno 20mila matrimonipoligamici. In Germania, è stato sti-mato che nel 2012, solo a Berlino, il30 per cento degli uomini arabi erasposato con più di una moglie.

Ad aprile, dopo aver appreso chela Svezia aveva legalizzato “centinaia”di matrimoni poligamici contratti al-l’estero, il professore svedese GöranLind ha obiettato che è arrivato il mo-mento di “essere irremovibili” perquanto riguarda la poligamia. Il pro-fessor Lind ha dichiarato che la poli-gamia è incompatibile con i principidel diritto svedese sulla parità di trat-tamento tra i coniugi, l’uguaglianzadi tutti gli esseri umani e il divieto diogni discriminazione fondata sulsesso, come codificato dalla Conven-zione europea sui diritti dell’uomo. Aqueste disposizioni, si possono ag-giungere i principi sanciti dalla Con-venzione delle Nazioni Unitesull’eliminazione di tutte le forme didiscriminazione contro le donne, edelineati all’articolo 16, secondo ilquale “Gli Stati parte devono pren-dere tutte le misure adeguate per eli-minare la discriminazione contro ledonne in tutte le questioni relative almatrimonio e ai rapporti familiari ein particolare devono garantire, suuna base di uguaglianza tra uomini edonne: a) lo stesso diritto di con-trarre matrimonio; b) lo stesso dirittodi scegliere liberamente il coniuge edi contrarre matrimonio soltanto conlibero e pieno consenso”.

Visto quanto tempo i leader poli-tici europei passano a convincere iloro elettori dell’impegno che dedi-cano alla difesa dei diritti umani, èpiuttosto strano che essi accettino ta-citamente la poligamia, che costitui-sce una violazione eclatante dei dirittidelle donne, sanciti dalle convenzioniprima menzionate.

L’elevato numero di unioni poliga-miche mostra che questi matrimoni

sono arrivati anche in Europa, in se-greto, attraverso le cerimonie cele-brate dagli imam. Nella maggiorparte dei Paesi europei, gli imam nonsono tenuti a segnalare tali matrimonialle autorità. Pertanto, nonostante leautorità sappiano dell’esistenza diquesta pratica illegale, essa continualiberamente a prosperare. Poiché ilmatrimonio islamico non ha alcunvalore giuridico in Europa, le donneche lo contraggono non sono tutelategiuridicamente e non hanno alcunapossibilità di chiudere il matrimonio– che può essere sciolto solo dal-l’imam o dal Consiglio della sharia.Anche se teoricamente le donne pos-sono rivolgersi alla polizia o spor-gere denuncia, esse corrono il rischiodi essere picchiate o ripudiate. I cen-tri di accoglienza per donne sono“pieni di donne musulmane”, comeconferma Ayaan Hirsi Ali, che ha la-vorato in una di queste strutture. Imatrimoni poligamici musulmanisono destinati a diventare un pro-blema ancora più grande a seguitodella crisi migratoria.

In Danimarca, il caso di Daham AlHasan sta facendo parlare tutti i gior-nali. Daham ha venti figli e tre mogli,ma due anni fa è fuggito dalla Siriaper raggiungere il Paese scandinavo,lasciando in patria consorti e prole.Di recente, in virtù della normativadanese sui ricongiungimenti familiari,una delle sue mogli e otto dei suoi figlilo hanno raggiunto in Danimarca.Ma Al Hasan vuole che lo faccianoanche tutti gli altri figli e le altre duemogli. Gli è stato accordato il per-messo di essere raggiunto da altrinove dei suoi figli, ma poiché in Da-nimarca la poligamia è illegale, se-condo le stesse norme in materia diricongiungimento familiare, le altredue mogli non possono raggiungere il“marito”. Gli avvocati però stimanoche queste ultime potranno recarsi inDanimarca in tutta autonomia e poiuna volta lì ricongiungersi ai lorobambini già arrivati nel Paese.

La vicenda ha suscitato moltoscalpore nel Paese, non solo a causa

della dimensione straordinaria dellafamiglia e per le spese che lo Statodanese dovrà sostenere solo per gliassegni familiari, ma anche perché AlHasan afferma di essere troppo ma-lato per lavorare o anche per impa-rare il danese. “Non solo soffro didisturbi psichici, ma sono affettoanche da problemi fisici”, egli haspiegato. “La schiena e le gambe mifanno male”. L’uomo ha ammessoche i suoi “disturbi psichici” sono do-vuti alla sofferenza per la lontananzadei figli, che ha volontariamente ab-bandonato. Questo significa che luie la sua famiglia vivono esclusiva-mente grazie al denaro dei contri-buenti.

Ciò che è degno di nota nel dibat-tito in corso è ciò che non è stato di-battuto, ossia che Al Hasan è unpoligamo. È naturale che i politici e icittadini si sentano violati e lesi perl’onere finanziario che questa fami-glia comporta. Ma essi devono anchepreoccuparsi per la poligamia. Nonuna sola femminista danese si èespressa a riguardo.

In un documentario televisivo,“La sharia in Danimarca”, diversiimam ripresi da una telecamera na-scosta hanno risposto affermativa-mente e senza la minima esitazionealla domanda se un uomo già spo-sato possa legalmente prendere inmoglie un’altra donna contro la vo-lontà della prima. Nonostante questiimam vivano in un Paese dove la bi-gamia e la poligamia sono illegali,per loro è assolutamente naturaleche un uomo prenda una seconda,una terza o una quarta moglie, indi-pendentemente da ciò che pensano lealtre consorti. Uno studio qualitativorealizzato da Tina Magaard sulledonne musulmane presenti in Dani-marca dal 2009 e condotto per contodel Ministero danese del Welfare hadocumentato la pratica della poliga-mia tra i musulmani danesi.

Una donna turca ha detto a chil’ha intervistata: “Un numero cre-scente di donne sposa un uomo che ègià sposato. Le unioni vengono cele-brate da un imam perché sono me-glio accettate. Dicono di non averealternativa. Se esse divorziano e sonoda sole, vengono emarginate. Moltepreferiscono avere una vita che con-ferisca loro un’identità – avere unposto dove stare ed essere accettate.È triste che questo accada in Dani-marca. Credo che se si potesse quan-tificare il fenomeno, il che è moltodifficile, esso sarebbe molto più dif-

fuso di quello che pensiamo”.Un’altra donna, una convertita

musulmana, ha dichiarato: “Questofenomeno (la poligamia, ndr) è qual-cosa che ho visto molte volte, c’èstato un periodo in cui è diventato dimoda. Credo che cinque o sei anni fafosse veramente pazzesco: in quasiogni coppia che conoscevo, l’uomoaveva una seconda moglie. Ma poidopo un anno o più, l’uomo se nepentiva o divorziava dalla prima mo-glie. Nella mia cerchia di amici, unadozzina di uomini ha un’altra mo-glie”.

Un documentario tedesco del2013 mostra come gli uomini mu-sulmani utilizzino la poligamia comeun mezzo per commettere frodi e ot-tenere maggiori aiuti sociali. La stra-tegia utilizzata consiste nel far recarele loro mogli negli uffici di colloca-mento a dichiarare di essere madrisingle che ignorano l’identità delpadre dei loro figli. La storia fun-ziona, perché la Germania, comealtri Paesi europei, non ha modo diaccertare l’esistenza di un matrimo-nio islamico, soprattutto perché il di-ritto tedesco non obbliga le donne ainformare le autorità del loro statocivile. Nel documentario, i giornalistiintervistano la portavoce dell’Agen-zia federale del lavoro – organismosupervisore delle agenzie di colloca-mento, responsabile dell’erogazionedelle prestazioni sociali – chieden-dole se l’Agenzia sia al corrente deinumerosi casi di frode. La funziona-ria risponde dicendo che l’organismoè a conoscenza della poligamia edelle frodi. Poi, ella elenca i luoghidove è più dilagante: le grandi cittàdella Germania occidentale, comeBerlino, Colonia e Francoforte. Ilgiornalista le chiede allora il motivoper il quale non è stato fatto nulla ariguardo. E la donna risponde:“Credo che queste differenze cultu-rali siano una questione molto deli-cata, noi siamo un Paese moltotollerante”. Alla domanda se l’Agen-zia federale del lavoro sia forsetroppo tollerante, la donna ribattedicendo che in effetti anche lei stessasi chiede come andrà a finire tuttoquesto. La funzionaria aggiungeanche che la creazione di un registrocentrale dei matrimoni islamici sa-rebbe utile e auspicabile per poter in-dagare sulle frodi, ma spetta aipolitici decidere di farlo. “Come fi-nirà tutto questo?” Non bene.

(*) Gatestone Institute

di JUDITH BERGMAN (*) Poligamia: le statistiche nascoste dell’Europa

La Shariah, la legge della religioneislamica, stabilisce che il marito

possa divorziare la propria mogliesemplicemente pronunciando per trevolte la parola “talaq”, che in arabosignifica “ti divorzio”.

Da quel momento la donna perdeogni diritto al mantenimento daparte del marito e spesso deve accol-larsi anche il sostentamento dei figli.Un tempo si doveva andare davantial mullah che chiedeva all’uomo dipronunciare la formula in tempi se-parati, per consentire un ultimo ten-tativo di riconciliazione tra lacoppia, ma ai giorni nostri, la tripliceparola di divorzio può arrivareanche per Facebook, WhatsApp ocon un messaggio di posta elettro-nica.

Questa antica pratica, che lasciale donne senza alcun diritto, è stataabolita in molti paesi musulmani, maè ancora accettata e molto usata inIndia, paese ufficialmente laico. Lapopolazione musulmana dell’India èla terza maggiore del mondo, famo-sissimi i monumenti dell’architetturaislamica, come il Taj Mahal e il Qutb

Minar. Secondo la costituzione, lanazione è una repubblica laica chedeve però difendere il diritto diognuno dei propri cittadini a poteresprimere liberamente il suo culto ediffonderlo; il diritto alla libertà direligione è riconosciuto uno dei di-ritti fondamentali dell’essere umano.Per garantire la libertà di culto, ogniconfessione ha il diritto di applicarele proprie norme religiose; uno deisettori di applicazione è l’ambito fa-miliare.

I 155 milioni di musulmani in-diani sono perciò regolati dalla leggefederale Muslim Personal Law Ap-

plication Act che si basa sui principidella Shariah. La Muslim Applica-tion Act riconosce dunque il “triplotalaq”, al quale sono ricorsi negli ul-timi tempi moltissimi mariti indianiper lasciare mogli e figli al loro de-stino. Se le anziane accettavano conrassegnazione il ripudio islamico,non è più il caso con le giovani ge-nerazioni. Centinaia di giovanidonne, divorziate frettolosamente damariti desiderosi di ritrovare la “li-bertà” o piuttosto di scaricarsi la re-sponsabilità di crescere una famiglia,si sono appellate alla Corte supremaindiana contro questa pratica. MolteOng e non solo femminili o musul-mane hanno dato vita ad una cam-pagna di protesta sui social media econ sit-in davanti alle moschee e aitribunali. Le donne musulmane in-diane si sentono trattate come citta-dine di seconda classe e sonodiscriminate da un’interpretazioneerrata della religione islamica, urlanonelle piazze le loro leader che hanno

anche indirizzato petizioni abroga-tive sulla pratica del “talaq” al Con-gresso Indiano.

Sondaggi effettuati nelle comunitàislamiche indiane hanno rilevato chela stragrande maggioranza delledonne è favorevole all’abolizionedella pratica del “talaq”. Sulla que-stione sono intervenuti anche espertie cattedratici indiani della dottrinaislamica. Secondo alcuni, il Coranoprevede il divorzio in 90 giorni dallapronuncia del primo talaq, con unperiodo di 30 giorni tra ogni talaqper consentire ulteriori tentativi perla riflessione e la riconciliazione.

In questo senso, secondo la mag-gior parte degli esperti, il ripudio,“talaq”, istantaneo è diverso dai pre-cetti del Corano ed è diventato piut-tosto un atto arbitrario che nulla haa che fare con la Shariah. L’ondadella protesta delle donne sta cre-scendo ma i leader musulmani in-diani sembrano riluttanti a cambiarela legge, per paura che un cedimento

su un punto possa portare alla dis-soluzione dell’identità religiosa edella libertà di culto islamica e in ul-tima analisi possa mettere a rischiola stessa sopravvivenza della comu-nità in India, specialmente in tempidifficili per le minoranze religiose.

Dall’ascesa al potere del leader delPartito Popolare indiano e ultrana-zionalista Narendra Modi, diventatoprimo ministro nel 2014, si è regi-strato infatti un incremento del-l’estremismo indù - è induista oltrel’80 per cento della popolazione - inmolte parti del Paese. Sono state datealle fiamme moschee e luoghi diculto cristiani e di altre confessioni egrande è la pressione sul primo mi-nistro, anche da parte di diversimembri del Governo, perché riveda idiritti delle minoranze religiose eabolisca le leggi a loro destinate. Difronte all’acuirsi del contrasto poli-tico c’è solo da sperare che non sifermi la legittima rivoluzione delledonne musulmane indiane.

di PAOLO DIONISI Le donne musulmane protestano in India

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7L’OPINIONE delle Libertàmercoledì 22 giugno 2016 Cultura

Teatro da bere! Giorni fa, oltre adannunciare una veste sempre più

nuova e la composizione di ulteriorispazi sociali (come un ristorante conil miglior rapporto qualità/prezzo) emulticulturali per il Piccolo e ilGrande Eliseo, anche Luca Barbare-schi (sorretto da un ottimo assist diGianni Letta) ha scoperto le suecarte, o meglio, il cartellone, presen-tando in tempi record gli spettacoliper la prossima stagione. Ovvero, ap-pena pochissimi minuti per ogni sin-gola opera, pari a una camicia diNesso per attori, autori e registi di so-lito piuttosto ciarlieri e comunicatici.Ma, giustamente, nello spirito delnuovo patron la ruota del cricetodeve girare senza sosta! E non c’ètempo e spazio per protagonismi pro-attivi!

Si apre all’Eliseo con un testo diMamet, “Americani”: storia di un fal-limento e del travisamento del capi-talismo in una sorta di meccanismoantropofago del tutti contro tutti, inun clima di mercificazione del-l’umano dove non conta ciò che si èma il risultato! Il testo è ricamato innapoletano con dentro la filosofiadella strada e personaggi frammen-tati, pieni di difetti.

Motivo conduttore della nuovastagione dell’Eliseo sarà il degradometropolitano delle periferie, verodramma della modernità, culla e nu-trimento anche di nuove forme di ter-rorismo in cui il disagio è una levapotente all’azione distruttiva. Il ten-tativo di fondo è quello di dire chesenza i teatri le periferie rimangonosoltanto arene di violenza: per stem-perarne l’impatto destabilizzante, oc-corre costruire luoghi di creatività edi crescita, attraverso la rielabora-zione teatrale della violenza stessa edelle sue ragioni. Su questo tema, ilPiccolo aprirà le sue porte a “Ri-sorgi” in cui si parte dal degradodelle periferie, per mettere in scenauno spettacolo sulle decadenze, doveprotagonisti sono la sporcizia(umana, in particolare) e il cementoin una Roma del Giubileo peggioratain tutti i suoi aspetti di socializza-zione e gravemente ammalata, a

causa della perdita della forma mo-rale.

Ma anche la pazzia e, in partico-lare, quella creativa, ha il suo luogo aprocedere nel tribunale astratto delpalcoscenico. Rimanendo nella pro-grammazione dell’Eliseo, a fine no-vembre Anna Foglietta sarà AldaMerini in “La pazza della porta ac-canto”, scritto da Claudio Fava inomaggio a una forte e controversapersonalità letteraria del XX secolo;mentre Alessandro Gassman dirige“Qualcuno volò sopra il nido del cu-culo” - un meraviglioso caleidosco-pio tra follia e talento - con cui sirivisitano le gesta di pazzi straordi-nari del manicomio di Aversa, nel-l’anno dei mondiali di calcio del1982. Tra i classici, si citano: il“Giuoco delle parti” di Pirandello,con Umberto Orsini - che si presentacon la battuta: “Stoppa non si ricor-dava della sua età al contrario dime!” - nella parte del marito separatoe tradito; “Edipo” nelle due versioni,che vedono entrambe protagonistaGlauco Mauri, il quale dall’alto deisuoi anni ci assicura che “La gioia piùgrande si esprime attraverso il dolorefecondato di poesia e di umanità.L’importante è tornare bambini e riu-scire a commuoversi, e il teatro aiuta

l’uomo a comprendere quel bellis-simo viaggio che è la vita”.

Si prosegue, poi con “Romeo e

Giulietta”, con Alessandro Preziosicome protagonista che presenta lasua compagnia ringraziando se stesso

(“Ciao come sto?”) e ci raccomandadi investire in ciò che si crede. Tra glispettacoli per così dire “di rottura” discena al Piccolo Eliseo si segnalanoper la loro originalità: “Paradiso2.0”, in cui Dio ricontratta i 10 Co-mandamenti con il pubblico, datoche il lavoro fatto in sei giorni pre-senta oggettivamente qualche lacunae poi, suvvia, “Voi siete a Roma e,quindi, dateci dentro!”; “Animali dabar” (per la stessa compagnia di sca-tenati interpreti di “Thanks for vase-lina” dello scorso anno), con unabadante sessuale ucraina di un no-vantenne, la quale concede in affittol’utero a una coppia di scombinati (siconsiglia vivamente la lettura dellapresentazione dello spettacolo nel-l’opuscolo ricognitivo!); “Misia”, belmonologo traslato direttamente dalTeatro India, per l’interpretazione diLucrezia Lante della Rovere.

Devo fermarmi qui, anche sesiamo solo a uno scarso 40 per centodi tutte le opere e le iniziative davverointeressanti che riguardano il circuitodell’Eliseo.

di MAURIZIO BONANNI

Teatro Eliseo: Barbareschi scopre il “cartellone”

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