New Domenica 13 Novembre 2016 Salvini-Parisi: botta e risposta · 2016. 11. 13. · D A˛˚˙...

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Direttore ARTURO DIACONALE Domenica 13 Novembre 2016 Fondato nel 1847 - Anno XXI N. 210 - Euro 0,50 DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale QUOTIDIANO LIbERALE pER LE gARANzIE, LE RIfORmE ED I DIRITTI UmANI delle Libertà Salvini-Parisi: botta e risposta tante del governo nazionale. Tutto le- cito? Solo formalmente. Nei fatti Renzi si sta comportando come il fantino del Palio di Siena che usa tutti i mezzi, anche e soprattutto di ARTURO DIACONALE I l Presidente del Consiglio Matteo Renzi concepisce l’attività politica come una sorta di Palio di Siena dove tutto è permesso. Questa con- vinzione non è inedita ma antica. Basta rileggere Svetonio, senza nep- pure arrivare a Machiavelli, per prendere atto che chi opera politica- mente punta sempre ad evitare o ag- girare qualsiasi tipo di regola. Questa pratica che stabilisce l’as- senza di regole trova costante appli- cazione in tutti i sistemi autoritari, ma dovrebbe avere dei limiti nelle democrazie liberali degli stati di di- ritto. Questi limiti non possono im- pedire le promesse fasulle, le mance elettorali e tutte quelle forme di voto di scambio che non rientrano o sfio- rano appena la fattispecie penale. E non possono neppure evitare che i governi in carica sfruttino il proprio potere per cercare di condizionare al massimo il comportamento degli elettori. Non si diceva un tempo che il liberale Giovanni Giolitti gover- nasse con i prefetti? Ma, anche dando per scontato che i governi più spregiudicati pos- sano aver usato in passato i prefetti ed in tempi più recenti l’assistenziali- smo più inverecondo tipo i cinque- cento euro ai diciottenni, un confine ci deve pur essere. E questo confine ora è stato abbondantemente supe- rato dalla scelta di Renzi di usare le strutture dello Stato per condizio- nare i quattro milioni di voti degli italiani all’estero per ribaltare le pre- visioni che lo vedono destinato alla sconfitta nell’ormai imminente refe- rendum sulla riforma costituzionale. Prima ha inviato Maria Elena Bo- schi in tutti i Paesi del Sud America imponendo agli ambasciatori di met- tere a disposizione della ministra le strutture e l’organizzazione delle Ambasciate per promuovere il “Sì” tra gli italiani, che con le modifiche costituzionali non avranno più la possibilità di eleggere i propri rap- presentanti. Poi ha inviato una let- tera a quattro milioni di concittadini residenti all’estero nella speranza di convincerli a ribaltare i pronostici in- fausti del referendum. I suoi sostenitori affermano che Renzi ha inviato questa lettera nella sua veste di segretario del Partito De- mocratico. Ma non ci vuole grande acume nell’ipotizzare che, pur aven- dola firmata in qualità di leader di partito, il Premier abbia voluto far pesare il suo ruolo di Presidente del Consiglio e di massimo rappresen- quelli più riprovevoli, per poter vin- cere. Ci si può fidare di un personag- gio del genere? Il vero quesito referendario è questo. E la risposta è “No”. Il Palio di Siena di Renzi Fermento politico: il segretario della Lega Nord da Firenze si candida come futuro leader del centrodestra, ma l’ex candidato sindaco moderato di Milano pone un freno all’ascesa del numero uno del Carroccio MENICUCCI A PAGINA 2 Varare subito i decreti della riforma dell’editoria POLITICA GUIDI A PAGINA 3 La “lezione” dell’elezione di Donald Trump PRIMO PIANO MANCIA-BRESSAN A PAGINA 5 Elezioni americane: dieci fatti in ordine sparso ESTERI D’ALESSANDRI A PAGINA 7 “Fai bei sogni”, regia impeccabile di Bellocchio CULTURA ROMITI A PAGINA 4 I rischi di arruolare il soldato Trump POLITICA - ECONOMIA

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Direttore ARTURO DIACONALE Domenica 13 Novembre 2016Fondato nel 1847 - Anno XXI N. 210 - Euro 0,50

DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1

DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale QUOTIDIANO LIbERALE pER LE gARANzIE, LE RIfORmE ED I DIRITTI UmANI

delle Libertà

Salvini-Parisi: botta e risposta

tante del governo nazionale. Tutto le-cito? Solo formalmente. Nei fattiRenzi si sta comportando come ilfantino del Palio di Siena che usatutti i mezzi, anche e soprattuttodi ARTURO DIACONALE

Il Presidente del Consiglio MatteoRenzi concepisce l’attività politica

come una sorta di Palio di Sienadove tutto è permesso. Questa con-vinzione non è inedita ma antica.Basta rileggere Svetonio, senza nep-pure arrivare a Machiavelli, perprendere atto che chi opera politica-mente punta sempre ad evitare o ag-girare qualsiasi tipo di regola.

Questa pratica che stabilisce l’as-senza di regole trova costante appli-cazione in tutti i sistemi autoritari,ma dovrebbe avere dei limiti nelledemocrazie liberali degli stati di di-ritto. Questi limiti non possono im-pedire le promesse fasulle, le manceelettorali e tutte quelle forme di votodi scambio che non rientrano o sfio-

rano appena la fattispecie penale. Enon possono neppure evitare che igoverni in carica sfruttino il propriopotere per cercare di condizionare almassimo il comportamento deglielettori. Non si diceva un tempo cheil liberale Giovanni Giolitti gover-nasse con i prefetti?

Ma, anche dando per scontatoche i governi più spregiudicati pos-sano aver usato in passato i prefettied in tempi più recenti l’assistenziali-smo più inverecondo tipo i cinque-cento euro ai diciottenni, un confineci deve pur essere. E questo confineora è stato abbondantemente supe-rato dalla scelta di Renzi di usare lestrutture dello Stato per condizio-nare i quattro milioni di voti degliitaliani all’estero per ribaltare le pre-visioni che lo vedono destinato alla

sconfitta nell’ormai imminente refe-rendum sulla riforma costituzionale.

Prima ha inviato Maria Elena Bo-schi in tutti i Paesi del Sud Americaimponendo agli ambasciatori di met-tere a disposizione della ministra lestrutture e l’organizzazione delleAmbasciate per promuovere il “Sì”tra gli italiani, che con le modifichecostituzionali non avranno più lapossibilità di eleggere i propri rap-presentanti. Poi ha inviato una let-tera a quattro milioni di concittadiniresidenti all’estero nella speranza diconvincerli a ribaltare i pronostici in-fausti del referendum.

I suoi sostenitori affermano cheRenzi ha inviato questa lettera nellasua veste di segretario del Partito De-mocratico. Ma non ci vuole grandeacume nell’ipotizzare che, pur aven-dola firmata in qualità di leader dipartito, il Premier abbia voluto farpesare il suo ruolo di Presidente delConsiglio e di massimo rappresen-

quelli più riprovevoli, per poter vin-cere. Ci si può fidare di un personag-gio del genere? Il vero quesitoreferendario è questo. E la risposta è“No”.

Il Palio di Siena di Renzi

Fermento politico: il segretario della Lega Nord da Firenze si candida come futuro leader del centrodestra,ma l’ex candidato sindaco moderato di Milano pone un freno all’ascesa del numero uno del Carroccio

MENICUCCI A PAGINA 2

Varare subito i decreti

della riforma dell’editoria

POLITICA

GUIDI A PAGINA 3

La “lezione” dell’elezione

di Donald Trump

PRIMO PIANO

MANCIA-BRESSAN A PAGINA 5

Elezioni americane:

dieci fatti in ordine sparso

ESTERI

D’ALESSANDRI A PAGINA 7

“Fai bei sogni”, regia

impeccabile di Bellocchio

CULTURA

ROMITI A PAGINA 4

I rischi di arruolare

il soldato Trump

POLITICA - ECONOMIA

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2 L’oPinione delle Libertà domenica 13 novembre 2016Politica

Un risultato importante per lanuova legge sull’editoria. Ma per

la piena attuazione il percorso è an-cora lungo. Il Parlamento dopo diecianni di discussioni e rinvii ha varatoun provvedimento a 35 anni dallalegge sull’editoria (n. 416 del 1981) ea 53 anni dalla legge istitutiva del-l’Ordine dei giornalisti (n. 69 del1963). Cosa manca? Sia la Federa-zione degli editori che quella deigiornalisti sollecitano la soluzione dialcuni punti essenziali.

Per la Fieg occorre passare all’at-tuazione di misure urgenti con de-creti delegati sul credito d’impostarelativo alla pubblicità, una misuranecessaria per una ripresa degli inve-stimenti nel settore. In secondo luogooccorre la modernizzazione e la libe-ralizzazione del sistema distributivoper favorire una maggiore capillaritàe presenza dei quotidiani e dei perio-dici sul territorio. In terzo luogoserve lo sblocco dei prepensiona-mento e misure necessarie per un ef-fettivo passaggio generazionale nelleimprese editrici. Le altre richiestedegli editori riguardano la tutela deldiritto d’autore per contrastare i fe-nomeni di pirateria e lo sfruttamentonon autorizzato dei contenuti edito-riali. È stata sollecitata inoltre la certi-ficazione dell’audience per la pubblicitàdigitale, per garantire al mercato, inve-stitori ed editori, una corretta dinamicacompetitiva. La questione riguarda al-lora i tempi per i decreti attuativi, chedevono essere brevi.

Il quadro di riferimento è quelloche emerge dalla pubblicazione deinuovi dati dell’Ads sulla diffusionedella stampa di quotidiani e settima-

nali di settembre. I dati delle tiraturee della diffusione sono stati calcolatisenza copie digitali multiple perchémanca l’approvazione del nuovo re-golamento delle edizioni digitali cheè in fase di approfondimento daparte della Commissione lavori dellaCamera al fine di ottenere una rap-presentazione completa ed affidabiledel mercato delle copie digitali. I se-gnali sono negativi. Nei primi 9 mesidell’anno i ricavi sono in calo del 7per cento. La pubblicità sulla stampa

conosce una diminuzione del 6 percento per quanto riguarda i quoti-diani, del 4,9 per cento per i perio-dici e una quota stazionaria per imensili.

Solo l’Avvenire tra i quotidiani e“Tv Sorrisi e canzoni” che scavalca“Di più” registrano un segno posi-tivo. Ecco la classifica dei primi 15quotidiani: 1) la Repubblica a340mila copie di diffusione; 2) ilCorriere della Sera con 240mila; 3)la Gazzetta dello Sport con 180mila;

4) La Stampa con 155mila; 5) IlMessaggero con 115mila; 6) L’Avve-nire con 107mila; 7) Il Sole 24 Orecon 106mila; 8) Il Resto del Carlinocon 100mila; 9) Il Corriere delloSport con 100mila; 10) Qn Nazionecon 77mila; 11) Il Giornale con72mila copie di diffusione; 12) Tut-tosport con 61mila; 13) Il Gazzettinocon 56mila; 14) Il Secolo XIX con46mila; 15) Il Tirreno con 43mila.

Una ecatombe con perdite di oltrel’11 per cento per Repubblica, Gaz-

zetta, Stampa e Il Giornale. Crollodel Corriere della Sera del 17 percento e del quotidiano della Confin-dustria di circa il 27 per cento. Per isettimanali ben otto sono sopra le260mila copie con Tv Sorrisi e Can-zoni oltre 536mila e Di Più oltre513mila. L’Espresso poco sopra le300mila copie, mentre Famiglia cri-stiana è scesa a 285mila copie.

E sul versante giornalisti? Unprimo dato riguarda la violenza con-tro la categoria. Dal 2006 al 2016sono stati uccisi nel mondo 800 re-porter ma soltanto per nell’8 percento dei casi si sono trovati i colpe-voli. Con la nuova legge sull’editoriasi lascia un passo che parlava almondo delle linotype e al monopolioradiotelevisivo. Oggi è l’epoca dei so-cial network e dei mutamenti inter-venuti nel modo di fare e ricevereinformazione. C’è necessità di nuoveregole antitrust e di tutela dell’auto-nomia delle redazioni di fronte aiprocessi di fusione e di cessione delleproprietà delle testate. Altre esigenzesono state esposte da una delega-zione della Fnsi guidata dal presi-dente Beppe Giulietti e dal segretarioRaffaele Lorusso al ministro dellaGiustizia, Andrea Orlando. È statasollecitata l’approvazione di unprovvedimento di legge che recepiscale sollecitazioni arrivate dalle Istitu-zioni europee in materia di abroga-zione del carcere per i giornalisti. Igiornalisti chiedono al Governo e alParlamento la definizione di unanorma che scoraggi le querele teme-rarie, che sono diventate un vero eproprio strumento di minaccia neiconfronti dei cronisti che indagano escrivono di mafie, corruzione e ma-laffare.

Varare subito i decreti della riforma dell’editoria

E rottamiamoli noi! Chi? Ma queipolitici e opinionisti pol-pottiani

che sono nutriti da una placenta dibenessere per pochi, costruita sul edal denaro che fabbrica altro denaroe si dimentica dei destini umani e ter-reni; della fatica del vivere giornodopo giorno in economie globaliz-zate senza più lavoro per le vecchie enuove working class, giovani o at-tempate, rimaste senza fabbriche esenza futuro. Da chi sono pagati esponsorizzati tutti costoro che ve-dono una “risorsa” in un’immigra-zione africana disperata (prodotto

primario delle politiche di rapina e didepauperamento del mondo interoda parte dell’alta finanza specula-tiva), completamente dequalificata,costretta alla marginalità (anche de-linquenziale) ed a svolgere lavori chelatitano nei gradini più bassi degliimpieghi lavorativi, ai quali guar-dano con sempre più insistenza eser-citi bisognosi e altrettanto disperatidi autoctoni senza più lavoro e fu-turo? Le colf straniere chiedono 10

euro l’ora più i contributi. Quanteitaliane/i hanno compensi orari pre-cari e in nero per metà esatta diquella cifra? Tranquilli, però: al-l’uno-due di “Brexit plus Trump” se-guirà a breve il “No” oceanico allariforma storta di Matteo Renzi.

Giusta punizione per lui e il suoPartito Democratico, ibridato daivecchi democristiani di sinistra e dairesti del Pci storico (che non ha maiabiurato al marxismo leninismo),

solo a parole “rottamati” da chi si èipocritamente abbeverato alle sueormai avvizzite ampolle elettorali eche sta per smontare da cavallo, ve-dendo cadere i suoi sogni di “Uomosolo al comando”. Voi tutti che oc-cupate manu militari i talk-show(come mai siete sempre gli stessi chefanno identici giri di giostra scam-biandosi le sedute, tipo: “Io invitote e tu inviti me!”), credete davverodi influenzare con sondaggi addo-mesticati i risultati della democra-zia diretta, della quale vorresterapidamente sbarazzarvi perché, vidite nelle vostre riunioni segrete, la“gente comune non può fare scelte

su ciò che non riesce a com-prendere”? Mentre siete voie chi tira le fila della comu-nicazione globale a non ca-pire che sono farina deldiavolo la finanza ammaz-zapopoli, l’austerità senzasovranità e senza una mo-neta identitaria, che sonoda considerare peccati mor-tali contro l’umanità desti-nati, tra l’altro, a dissolversial primo squillo delletrombe del giudizio popo-lare! Per questo non ci vo-lete far votare prima del2018? E che cosa sperateche cambi, fino ad allora?

Tanto vigliacchi (voi ma-nipolatori di consensi) davoler eliminare ogni regoladeontologica ed etica per-ché vi crea solo fastidiosiimpedimenti al dominio eli-tario di pochi contro mi-liardi! Così pusillanimi, poi,da sottrarre all’uso dellaforza ogni ipotesi di sacro-santo intervento armatocontro quegli straccioni dial-Baghdadi, ai quali si è la-sciata mano libera per annidi terrorizzare le opinionipubbliche occidentali! La

gente, sappiatelo, conta infinita-mente di più del vostro Re di Denarie, vedrete, gli anteporrà assai prestoe sempre più frequentemente quellodi… Bastoni! Solo e soltanto voi cheraccontate fandonie alla gente co-mune sarete i soli responsabili del ri-torno prossimo venturo deitotalitarismi!

Chi ha, infine, paura di DonaldTrump? Solo gli intossicati dallacampagna clinton-renziana-progres-sista. I saggi, invece, sanno benissimoche un Presidente “è” la sua squadra(Segretari di Stato, della Difesa, del-l’Interno e della Giustizia, in partico-lare) e che gli “Apparati” che glipreesistono e gli sopravvivrannosono i veri custodi della società edella tradizione democratica statuni-tensi. L’America, miei cari, non è néWashington né New York, ma sonogli Stati e le loro composite strutturesocio-economiche. A quando anchenoi diremo “Italy first”? A quando losmantellamento dell’eurocrazia diBruxelles per gridare un giorno tuttinoi, forte e chiaro, “Europe first”?

“Trumpizzati”di MAurizio BonAnni

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CHIUSO IN REDAZIONE ALLE ORE 19,00

di Sergio Menicucci

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3l’oPinionE delle libertàPrimo Piano

Shock per l’elezione di DonaldTrump a Presidente della più

grande democrazia del mondo? Èimmaginabile che alla fine l’establi-shment del Partito Repubblicanoimporrà alcune linee di politica in-terna ed estera meno scioccanti ri-spetto alle premesse roboanti dellacampagna elettorale. Tuttavia loshock resta, per i contenuti, maanche per il modo con cui Trump haconquistato 59 milioni di elettoriamericani e 290 grandi elettori.

Aveva contro il 95 per cento dellastampa americana, l’intero mondoimprenditoriale e della finanza, lecancellerie europee, i premi Nobeldell’economia, il Partito Democra-tico e quasi tutto l’apparato del Par-tito Repubblicano, le star delcinema, della musica, dell’informa-zione e dello spettacolo. Ciò nono-stante Trump diventa Presidentedegli Stati Uniti, contro un apparatomediatico ostile, di dimensioni for-midabili. È la democrazia.

Il fenomeno è sorprendente. Mo-stra evidenti analogie con la vicendaitaliana e i sussulti politici in atto intutte le democrazie europee. Meritadi essere scrutato. Trump cavalca itemi del nazionalismo e del prote-zionismo, nel solco della destra tra-dizionale. Tuttavia, le violenti presedi posizione contro le migrazionipaiono dettate, più che da ideologiaxenofoba, da ragioni di opportuni-smo economico ed elettorale. Na-zionalismo e protezionismo servonoinfatti a marcare una scelta dicampo, contro il progressivo impo-verimento dei ceti medio bassi, cau-sato dalla globalizzazione selvaggiae dalle migrazioni. Sono il salva-gente protettivo di una società ame-ricana in larga parte impoverita einsicura.

I 59 milioni di americani sosteni-tori di Trump contro i 59 milioni diClinton segnano visivamente laspaccatura della società americana:per metà libertaria, permissiva,mondialista, multiculturalista, pro-gressista, e per metà nazionalista eprotezionista. I 59 milioni di clinto-niani sono quelli che accettano divivere nella società “liquida” con-temporanea, decomposta in unamoltitudine di individui soli ed au-tosufficienti, che non hanno pauradi competere con il resto del

mondo; anzi, hanno l’ambizione dicondizionare il mondo. I 59 milionidi trumpiani hanno intrapreso in-vece un’altra strada, più istintiva,difensiva, meno permissiva e piùprotettiva, contro le paure delmondo. Quest’ultima è vincente,perché la globalizzazione ha messoin discussione quel po’ di certezzeche finora tenevano unite le societàliberali e solidali (socialiste). Toc-queville scriveva che per stare as-sieme una comunità di persone devepoter contare su un minimo di fat-

tori di comunanza. “Si ha una so-cietà - scriveva - solo quando gli uo-mini considerano un gran numerodi oggetti sotto lo stesso aspetto;quando hanno la stessa opinione ri-guardo a un gran numero di sog-getti; quando gli stessi fatti fannonascere in loro eguali impressioni edeguali pensieri”.

Invece, le società laiche, liberali elibertarie sembrano non essere piùin grado di offrire quel minimogrado di coesione che rassicura eunisce. La ribellione americana sta

già avvenendo anche da noi. Le ele-zioni americane insegnano che nonservono mezze risposte. Serve laconsapevolezza che la crisi è di si-stema, che merita soluzioni di si-stema. Serve cioè una vera e propriarivoluzione, a partire dall’applica-zione di metodi innovativi perl’esercizio della democrazia. Per i 59milioni di elettori di Trump il lin-guaggio aggressivo, l’eccesso, anchela bugia, danno prova che la crisi ri-chiede interventi diversi, “sovver-sivi”. La loro scelta può essere rozzaquanto si vuole, ma è stata vincente.

In un contesto di paura e po-vertà, del resto, serve poco contrap-porre competenza a ignoranza,responsabilità a improvvisazione,cultura a incultura, universalismo aprovincialismo, antirazzismo a raz-zismo. Servono soprattutto ricettecapaci di far sperare. I rischi delmondo globale sono percepiti con lamedesima intensità, anche in Italiae in Europa. Anche da noi hannocambiato le regole della convivenza.Anche da noi, a causa degli effettiindotti dalla globalizzazione, la con-trapposizione non è più tra destra esinistra. Per questo vincerà chi, aprescindere dallo schematismo de-stra-sinistra, sarà in grado di mani-festare un’identità (anche povera)pur che sia. Perde chi non ce l’ha, oce l’ha sbiadita. La politica fatta diaccordi segreti, trasformismi, sgam-betti, intrighi, voltafaccia, furbizie,non ha storia. È finito il tempo dellepartitocrazie. Le elezioni non si vin-cono più “al centro”. È finito iltempo delle ambiguità, delle ipocri-sie, del linguaggio cifrato tra i par-titi. Trump dimostra che si puòinstaurare un fruttuoso dialogo congli elettori anche senza avere un par-tito alle spalle. Del resto, il tycoonha vinto contro l’intero apparatodel Partito Repubblicano.

La “lezione” dell’elezione di Donald Trump

All’improvviso il mondo s’è sve-gliato. Le certezze che gli ave-

vano propinato i mass media sulmostro che stava cimentandosi conHillary Clinton nella corsa per laconquista della Casa Bianca avevanoun’altra lettura. All’improvviso ilmondo s’è reso conto, per usare lestesse parole dello sconfitto BarackObama, che “il sole avrebbe conti-nuato a sorgere”, giornalmente. Al-l’improvviso uomini e donne diquesto pianeta hanno aperto gliocchi e hanno capito cosa fosse suc-cesso. La verità si è presentata intutta la sua crudezza. Gli elettoriamericani avevano provveduto aspazzare via tutte le menzogne.

Erano stati letteralmente imbro-gliati col sistema ormai collaudato,dalla sinistra mondiale, che è quellodi criminalizzare l’avversario dipin-gendolo come un lestofante, un peri-coloso nemico della libertà e dellademocrazia, un depravato che consi-dera le donne solo come oggetti delproprio piacere, un essere immondoe spregevole, una caricatura che lasocietà civile avrebbe dovuto rifiu-tare. E il tutto è stato accompagnatocon la mobilitazione dei media, deipolitici anche del passato, degli intel-lettuali in cerca di notorietà (?), deipersonaggi dello spettacolo pronti aschierarsi con volgarità come la can-tante Madonna (e nessuno della sini-stra si è scandalizzato), col fine dicostruire certezze indiscutibili.

Lo avevano fatto in Usa contro iBush, e prima ancora contro Reagan,presentato come un attorucolo diterza categoria che era meglio sosti-tuire con John Wayne, ma che si ri-velò uno dei migliori Presidenti degliStati Uniti. La malafede spinse ad

ignorare il periodo positivo passatoa fare il Governatore in California.Lo hanno fatto in Italia (per citaresolo gli ultimi) con Bettino Craxi, co-stretto a morire in esilio (propo-nendo i funerali di Stato rifiutatidalla famiglia), e poi con Silvio Ber-lusconi, dipinto come il male asso-luto, facendogli subire una condannacon una sezione feriale della Cassa-zione (che aboliva il giudice naturale)e che si continua ancora, senza al-cuna vergogna, a perseguitare.

Un ruolo importante lo hannogiocato gli istituti americani di rile-vazione degli orientamenti degli elet-tori con i sondaggi, fortementeorientati a sostenere la Clinton, ri-lanciati dai media che hanno condi-zionato anche quelli italiani che sisono schierati (non tutti per la verità)con la candidata democratica e con-tro il tycoon americano, e che almassimo si rifugiavano nel dire sol-tanto che “è stata la più brutta cam-pagna elettorale negli Usa” pensandoche, accomunando tutte e due i can-didati in un giudizio negativo, liavrebbe fatti assolvere.

Oggi gli stessi media non battonociglio sulla dichiarazione della Clin-ton che si offre di lavorare conTrump e su quella di Obama chechiede agli americani di sostenerlo.Trump, improvvisamente, non è piùl’uomo nero. Ma in Italia non ci si èposti per nulla quale poteva esserel’interesse del nostro Paese a parteg-giare tra la democratica e il magnatedell’edilizia. La prima, falco ricono-sciuto e pericoloso, corresponsabiledelle “Primavere arabe”, del disastro

nel Medio Oriente, delle sanzionialla Russia che hanno creato dannienormi alla nostra economia; il se-condo, che ha già manifestato un di-verso atteggiamento nei confronti diPutin e di ciò che rappresenta, neiconfronti dell’Isis, e rilanciando itemi tanto cari a Oriana Fallaci qualila Patria, la Famiglia e l’Orgoglio. Laprima di danni ne ha fatti parecchi ebisognava fermarla onde evitare che

la perpetuazione della politica oba-miana potesse farne di più gravi, conuna Guerra fredda che rischiava didiventare calda; il secondo era accu-sato di poterli fare, ma già il discorsofatto appena la vittoria è diventatacerta ha diradato molte nubi. Ma gliUsa, comunque, avevano e hannotanti e tali contrappesi che gli per-mette di potersi difendere da intru-sioni letali, ad altissimi livelli.

Quei contrappesi che MatteoRenzi vuol far sparire dalla nostraCostituzione per ottenere che la sua“presa del potere” sia definitiva. Perevitare che per riottenere la demo-crazia e le libertà non si abbia biso-gno di martiri e nuovi partigiani ènecessario intensificare la campagnaelettorale per respingere la riformaad uso personale di Renzi, votando“No”.

“The Donald” non è più l’uomo nero

di Guido Guidi

domenica 13 novembre 2016

di Giovanni alvaro

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Soprattutto in considerazione deinostri colossali problemi di si-

stema, mi sembra che l’operazione diarruolare Donald Trump da parte dialcune forze politiche italiane, in par-ticolare i lepenisti e i grillini, ri-sponda più a meri interessi dipropaganda che non ad una attentaanalisi dei rischi che una rigida ap-plicazione del programma del neo-presidente americano comporrebbe.

Se realmente il tycoon newyor-kese avesse in animo di perseguirefino in fondo la sua dottrina prote-zionistica, vista l’importanza del-l’economia Usa nell’interscambiomondiale, sarebbero guai seri perl’Italietta del parmigiano e dell’oliod’oliva, tanto per citare due prodottiparticolarmente apprezzati negli Sta-tes. Gli stessi guai che dopo la tantodecantata Brexit ci troveremmo afronteggiare una volta che il pro-cesso di uscita della Gran Bretagnadal mercato comune europeo saràstato effettivamente completato. Per-sonalmente non credo affatto che ilmedesimo protezionismo, il quale haavuto un grosso ruolo nella vittoriadi Trump, verrà poi declinato nei ter-mini da vera e propria guerra com-merciale proposta da quest’ultimo incampagna elettorale. Credo inveceche alla fine la forza del sistema isti-tuzionale, Parlamento a maggio-ranza repubblicana compreso,riuscirà a contemperare le velleitàisolazionistiche di Trump, sempre-ché, ripeto, egli abbia seriamente in-tenzione di seguirle fino in fondo.

Resta comunque il fatto che danoi i profeti del ritorno all’autarchia

monetaria e quelli che invocano lacosiddetta decrescita felice sembranoaver trovato in Trump un modello diriferimento per rinforzare le loro, amio avviso, deliranti tesi. Tuttavia,occorrerebbe ricordare loro che gliStati Uniti sono un grande e organiz-zato Paese molto ricco di materie

prime e che, in termini di dipendenzaenergetica, sono persino riusciti asviluppare una tecnologia che estraepetrolio dalle rocce a costi più bassirispetto a quelli dei pozzi tradizio-nali. L’Italietta dei nostalgici dell’au-tarchia con le pezze nel di dietro, alcontrario, non è nemmeno in grado

di piazzare una tri-vella lungo le propriecoste alla ricerca digas o petrolio, para-lizzata com’è da de-cenni dai veti delgrande partito tra-sversale del non fare.

Ma in un catastro-fico scenario domi-nato dallo scatenarsidi conflitti doganali acatena, i fautori del-l’isolazionismo diPulcinella continuano

a prospettare il paradiso basato sullacosiddetta sovranità monetaria. Inquesto modo, attraverso il ricorso acontinue svalutazioni competitive,essi ritengono di poter comunquecontinuare ad esportare anche in unoscenario dominato dal protezioni-smo. Io ho invece il sospetto chel’unico effetto interno che si realizze-rebbe dal combinato disposto di unmondo dominato dalla “Trumpono-mics” e dal ripristino della vecchia li-retta sarebbe quello di un rapido esano ritorno ad una esistenza buco-lica dominata dalla zappa e la vanga.

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4 L’OPINIONE delle Libertà Politica - Economia

di CLAUDIO ROMITI

domenica 13 novembre 2016

I rischi di arruolare il soldato Trump

Page 5: New Domenica 13 Novembre 2016 Salvini-Parisi: botta e risposta · 2016. 11. 13. · D A˛˚˙ DIACALE F 1847 - A I . 210 - E 0,50 Domenica 13 Novembre 2016 DL353/2003 (0. L 27/02/04

1)Dimenticatevi la favoletta degli“Stati rossi” contro gli “Stati

blu”. Con uno degli elettorati piùpolarizzati della storia degli StatiUniti, la vera linea di demarcazione èstata – come sempre negli ultimi de-cenni – tra le aree densamente urba-nizzate e tutto il resto della Nazione(sobborghi, città di piccola e mediagrandezza, aree rurali). Nelle metro-poli, Hillary R. Clinton ha dominato(+72,5 per cento nei confronti diDonald J. Trump). Fuori dalle me-tropoli, è stata dominata (con per-centuali a favore di Trump cheoscillano dal +84,6 per cento nellecontee rurali al +49,3 per cento deisobborghi).

2) Le elezioni presidenziali del2016 sono state decise da un centi-naio di migliaia di voti su circa 120milioni di schede scrutinate. Trumpha vinto la Pennsylvania con un van-taggio di 68.236 voti, il Wisconsinper 27.257 voti e il Michigan per11.837 voti. Totale: 107.330. Se laClinton avesse vinto in tutti e tre gliStati, sarebbe stata davanti al candi-dato repubblicano nel conto degliElectoral Votes: 278 a 260.

3) Anche se in un ciclo elettoralecon un candidato – Donald J. Trump– non esattamente in linea con il ba-ricentro politico tradizionale del suopartito, dai risultati si nota chiara-mente come la polarizzazione del-l’elettorato sia ormai estremamenteradicata. Il voto per il Senato ha se-guito con impressionante regolaritàquello per la Casa Bianca: per laprima volta da quando i senatorivengono eletti con il voto popolare,il vote-splitting tra Presidente e Se-

nato è assente in ogni Stato chiamatoalla doppia consultazione elettorale.Anche il numero di contee passate dimano rispetto al 2012 è stato relati-vamente ridotto e concentrato inaree geografiche ben definite.

4) La polarizzazione dell’eletto-rato è ancora più evidente se si os-servano le mappe, che sonorappresentazioni grafiche diversedello stesso fenomeno. Nella prima(Nyt) l’intensità delle frecce quanti-fica lo spostamento dell’elettoratoverso destra (rosso) o verso sinistra(blu) in ogni singola contea. Nella se-conda (Cnbc) le contee sono coloratecon intensità diversa a seconda che ilvantaggio repubblicano o democra-tico sia aumentato o diminuito. Inentrambi i casi si nota chiaramentecome, in generale, le contee rossestiano diventando sempre più rossee quelle blu sempre più blu. La “coa-lizione obamiana” (neri, latinos, mil-

lennials, unions, lgbt, coastal élites),che ha permesso all’ex Presidente diconquistare la Casa Bianca nel 2008,si è letteralmente disintegrata du-rante gli otto anni dell’amministra-zione Obama. Dopo la sconfitta diMcCain, il Partito Democratico con-trollava la Casa Bianca, entrambi irami del Congresso (con una quasi-supermaggioranza al Senato), 29 go-vernatori (contro 22), 27 statelegislatures (contro 14). Oggi il Par-tito Democratico ha perso la CasaBianca (2016), la Camera (2010), ilSenato (2014) e controlla 15 gover-natori (contro 34) e 13 state legisla-tures (contro 33). Un tracollo senzaprecedenti nella storia elettorale sta-tunitense del dopoguerra.

5) Trump ha battuto nettamentela Clinton tra gli elettori bianchi(+21 per cento), ma superando solomarginalmente i precedenti record diReagan (1984) e Romney (2012),

che si erano fermati al +20per cento. Ma se nel 1984 ibianchi rappresentavanol’84 per cento dell’eletto-rato, questa percentuale –già scesa al 72 per cento nel2012 – si è fermata al 70 percento nel 2016. Secondo gliexit poll (i cui dati, natural-mente, devono essere analizzaticon estrema cautela), la perfor-mance di Trump rispetto aRomney è stata migliore siatra gli afro-americani (8 percento contro il 6 per cento diRomney) che tra gli ispanici(29 per cento contro 27 percento).

6) In Wisconsin, unodegli Stati che – tra lo stu-pore generale – ha regalatola Casa Bianca al Gop,

Trump aveva (più o meno) contro ilgovernatore repubblicano (ScottWalker), il leader della maggioranzaalla Camera ed ex candidato alla vi-cepresidenza (Paul Ryan), il capo delRepublican National Committee edex presidente del partito nello Stato(Reince Priebus) e la stragrande mag-gioranza delle talk radio conserva-trici. Trump ha conquistato1.409.467 voti. Romney, nel 2012,ne aveva conquistati 1.408.746 conl’appoggio incondizionato di tutto ilpartito. Praticamente la stessa cifra.Parties do not matter, people do.

7) La tanto attesa esplosione delvoto ispanico in funzione anti-Trump alla fine non si è materializ-zata del tutto. I cosiddetti “latinos”,che nel 2012 avevano rappresentatoil 10 per cento dell’elettorato, nel2016 sono cresciuti solo marginal-mente, arrivando a toccare l’11 percento. E se, come detto, Trump ha

migliorato del 2 per cento la perfor-mance in questo segmento demogra-fico rispetto a Romney, è ancora piùsignificativo il calo democratico dal71 per cento di Obama nel 2012 al65 per cento della Clinton. Stessacosa per l’elettorato femminile, chemalgrado l’isteria mediatica è calatodal 53 per cento del 2012 al 52 percento del 2016. E la quota di votifemminili conquistati da Trump (-12per cento rispetto alla Clinton) èmolto simile a quella conquistata daRomney (-11 per cento rispetto aObama). Ma, soprattutto, le donnenel loro complesso non hanno vo-tato come un blocco unico. Anzi.

8) Sempre secondo gli exit poll, 4elettori su 10 hanno dichiarato chetra le qualità dei candidati che ave-vano maggiormente influenzato illoro voto c’era la “capacità di pro-durre un cambiamento”. Tra questielettori, l’83 per cento ha sceltoTrump e il 14 per cento ha scelto laClinton.

9) I democratici hanno speso tuttoil ciclo elettorale nel disperato tenta-tivo di minimizzare l’impatto del-l’Emailgate. Lamentandosi (!) dicome la stampa insistesse sull’argo-mento quando in gioco c’erano i de-stini della nazione (“Grab thepussy!”). Eppure quasi due terzidegli americani (il 63 per cento) hadichiarato che “l’utilizzo privato” delserver di posta elettronica da partedell’ex Segretario di Stato era unfatto che li preoccupava. In questogruppo di elettori, Trump ha rac-colto il 70 per cento dei voti controil 24 per cento di Hillary Clinton.

10) Trump ha perso tutti e tre i di-battiti.

(*) Articolo tratto da Right Nation

5L’oPinione delle LibertàEsteri

di AndreA MAnciA

e SiMone BreSSAn (*)

Elezioni americane: dieci fatti in ordine sparso

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domenica 13 novembre 2016

Page 6: New Domenica 13 Novembre 2016 Salvini-Parisi: botta e risposta · 2016. 11. 13. · D A˛˚˙ DIACALE F 1847 - A I . 210 - E 0,50 Domenica 13 Novembre 2016 DL353/2003 (0. L 27/02/04
Page 7: New Domenica 13 Novembre 2016 Salvini-Parisi: botta e risposta · 2016. 11. 13. · D A˛˚˙ DIACALE F 1847 - A I . 210 - E 0,50 Domenica 13 Novembre 2016 DL353/2003 (0. L 27/02/04

Èl’Italia di fine anni Sessanta: la te-levisione in bianco e nero tra-

smette “Canzonissima”, RaffaellaCarrà mostra il suo ombelico da-vanti ai telespettatori e tra le seriepiù in voga del momento c’è Belfa-gor. A Torino Massimo è un bambinocome tanti. Trascorre le sue giornatetra la scuola, le passeggiate e i balli

con l’adorata madre. Poi di botto ilbuio, la solitudine, la difficoltà di unvuoto inquietante, improvviso, inspie-gabile. Ma soprattutto incolmabile.

Liberamente ispirato al romanzoautobiografico “Fai bei sogni” di Mas-simo Gramellini, successo editorialedel 2012, l’omonimo film di MarcoBellocchio ripropone il racconto diMassimo, della sua dolorosa perditadella madre, quando aveva solo 9

anni, e delle ripercussioni pro-fonde che questo avvenimentoha avuto sulla sua vita in cui,pur essendo divenuto un notogiornalista, ha finito per sentirsisempre e soprattutto un or-fano.

Si riconosce la mano del re-gista di Bobbio nella rabbia diMassimo bambino (lo straordi-nario Nicolò Cabras) che negala morte della mamma (“vogliovederla, non può essere andatavia così senza neanche salu-tarmi”), batte i pugni, si rifiutadi assistere al funerale nella cer-tezza che lei potesse tornare.Poi, più grande, racconta aisuoi compagni che sua madrevive oltreoceano, pur non dan-dosi interiormente pace. Stra-ordinario lo scambio diMassimo ormai adolescente(Dario Dal Pero) con il prete profes-sore (l’immenso Roberto Herlitzka)che replica al ragazzo “il se è il mar-chio dei falliti, in questa vita si diventagrandi nonostante”, che racchiude unpo’ il senso di tutta l’opera. Massimoinfatti diventerà grande nonostante ilvuoto che lo accompagna nel proprioquotidiano, nonostante l’assenza, no-nostante i silenzi, nonostante sia inca-pace di amare e lasciarsi amare da unadonna, nonostante il suo animo siaancora sanguinante per l’abbandonosubìto, nonostante il silenzio sullamorte di sua madre pesi come un ma-cigno. Solo una volta Massimo,adulto, ormai affermato giornalista,riesce a lasciarla andare. Ed è solo at-traverso l’accettazione della perdita el’attenuarsi della rabbia che Massimo(Valerio Mastandrea) riuscirà a rico-struire la propria vita e la propria af-fettività.

Un film che nelle oltre due ore didurata a volte sembra quasi perdersi,ma che poi ritrova una forza estremain alcuni momenti, in alcuni squarciche Bellocchio carica di significato. Unfilm che trasuda emozioni, dove glisguardi risultano a tratti più eloquenti

di mille parole. Il tema del rapportomadre-figlio rappresenta un toposcaro a Bellocchio che ritorna in quasitutte le sue opere. Il regista di “Fai beisogni” è certamente molto diverso,molto più maturo di quello de “Ipugni in tasca”, suo lungometraggiodi esordio del 1965, in cui la madreveniva uccisa dal protagonista. Oltreai nomi noti di Mastandrea e di Béré-nice Bejo, la seducente francese che in-

terpreta un ruolo minore nella narra-zione, straordinaria l’interpretazionedi Barbara Ronchi nei panni dellamamma di Massimo e di Fabrizio Gi-funi nel piccolo ruolo di un imprendi-tore simil Gardini. Prodotto da BeppeCaschetto e Rai Cinema, il film, sce-neggiato dal regista con Valia Santellaed Edoardo Albinati e presentato aCannes la scorsa primavera, è in saladallo scorso 10 novembre.

7l’opinionE delle libertàCultura

Bellocchio si conferma un maestro con “Fai bei sogni”

Torna a Roma l’autore/attore Ales-sandro Bergonzoni, a un anno di

distanza, di nuovo in scena da matta-tore con “Nessi”, di nuovo al TeatroVittoria (dal 15 al 20 novembre), ed èl’occasione per incontrarlo.

Ci presenta lo spettacolo?Parla di una rete, una trama, un or-

dito, l’uomo è un campione di tessuto.Questo filo conduttore porta a lavo-rare sull’idea di altro e di oltre, anchelegandosi a un concetto - perché no -metafisico e spirituale, che è propriola vicinanza, l’unione. Poi la comicitàne è il mattone, ma non il principalesoggetto, che invece è il corpo e quelloche evoca. Noi siamo iscritti all’albodegli invocati e dobbiamo costituirciparte civile nel processo delle cose.

A proposito di metafisica, lei hapartecipato a diverse edizioni del “Fe-stivalfilosofia”, dove ha tenuto ancheuna “lectio magistralis”.

Ne parlavo poco tempo fa a un in-contro sulla medicina: cosa c’è di di-viso tra medicina e filosofia, tra arte egiustizia? È inevitabile che chi fa artedebba fare medicina, chi fa medicinagiustizia, chi fa giustizia istruzione, chifa istruzione cultura. Non riesco a ca-pire come la letteratura non c’entricon la medicina: i libri dei corpiumani, che i medici leggono, correg-gono, traducono, sono l’esempio piùpalese. In teatro bisogna fare tutte leparti, se ne fai soltanto una sei un in-terprete, cosa che – nella nobiltà deltermine – non mi appartiene.

Arrivando a filmare un suo spetta-colo, “Urge”, nel suo percorso lei haattraversato anche il Cinema.

Parole grossissime. Ringrazio Ro-berto Benigni che in “Pinocchio” mifece fare il direttore del circo, MimmoPalladino per il Mago Festone nel film“Quijote”, e anche Riccardo Rodolfi,che con “Urge” ha fatto un film su dime. Il Cinema è ancora un grandeamore, un desiderio che non è dettovenga realizzato, anche perché - l’hodetto prima - io non sono un attore,parola che merita, soprattutto nel ci-nema, una capacità che lascio ad altri.Ma la voglia c’è, ed è tanta, il cinemalo vado a vedere anche tre volte allasettimana, e ci terrei a farlo tre voltenella vita, almeno.

Qual è il tipo di espressione arti-stica che predilige?

Sicuramente la scrittura per me èpredominante, se non scrivessi nonfarei teatro. La radio è una passioneche ho, e spero di frequentare ancorapiù del passato. Il cinema è una vogliaadesso impellente, violenta, ma il de-siderio, la passione, non sono sino-nimi di capacità. Dopo quei camei epoco più, la poca roba che mi è statapresentata fino ad ora è veramente tri-stanzuola. Ho fatto addirittura unfilm, e lo abbiamo presentato ad unagrossa casa cinematografica che l’hapure comprato - molto salatamente -facendo però scadere i diritti. Mi ave-vano detto: “Prima di realizzarlo do-vresti lavorare in qualche sceneggiato

televisivo per farti conoscere, amaredal grande pubblico”. Mi sembranodelle dinamiche folli, in Italia spessoaccadono, e allora aspetto tempi ma-turi.

Che importanza ha l’etimologia diuna lingua?

Tocca un punto importante per me,e mi dà l’occasione di chiarire. L’eti-mologia, la storia della parola, la suaorigine, la sua vita, a me interessanorelativamente se non li metto in con-nessione con le idee, l’Universo,l’azione, il corpo, l’anima, altrimentidiventa solo un gioco sul linguaggio,una ricerca sulla parola. Io invecevado immediatamente a cercare unoscartamento che mi porti altrove. È unaltro moto: l’insieme della parola colgesto, del gesto col pensiero, del pen-siero con l’accusa, dell’accusa - non ladenuncia in quanto tale - con la ri-cerca di un’altra dimensione. In teatro,mi sta stretto se la dimensione è quellaattore-pubblico, devi far scattare unafrequenza, un’onda, una vibrazioneche abbia a che fare con le cellule; ab-biamo fatto un incontro a Bolognasulle cellule, che parlano e rispon-dono. Scientificamente, l’uomo è fattodi frequenza, luce e suono, quindi miinteressa molto anche la musica che leparole muovono. Io ricerco e speri-mento, però c’è ancora qualche saccadi persone che legano maldestramente

il “calembour” al mio lavoro. Certo,le parole le uso, sarebbe come dire aun architetto: “Quel museo è meravi-glioso, che bei mattoni!”. Sicuramenteè fatto di mattoni, lamiera, ferro,vetro, ma è l’insieme ciò che tu guardi.

E proprio riguardo alla musica?È un altro problema, perché non

la uso. Nello spettacolo canto, cisono un paio di onomatopeiche si-tuazioni di suono e rumore, ed è sem-pre più presente. Il rapporto con lamusica è più dovuto a quella che leparole evocano. Oltre a portare i miei

figli ai concerti, la mia passione è ad-dirittura quella di ascoltare la musicadi canali arabi, cinesi, russi, tutto ilgiorno come sottofondo, per cercarequel mantra per me fondamentale adare l’avvio alle idee, alla curiosità,alla creazione, all’immaginazione. Mipiacerebbe suonare uno strumento,da un sacco di tempo sto provandocon la tromba, ma mi manca ancoraquella nota. Qualcuno che suona midice che quelle note le ho, nel corpo enella parola, e per ora mi va benecosì.

di FEDErico raponi I “Nessi” di un libero associatore di parole,Alessandro Bergonzoni al “Vittoria”

di ElEna D’alEssanDri

domenica 13 novembre 2016

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