D a˚˜˝O DiaCOnaLE F 1847 - a i n. 37 - E 1,00 Giovedì 25 ... · come riporta in un dettagliato...

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Direttore aRTURO DiaCOnaLE Giovedì 25 Febbraio 2016 Fondato nel 1847 - anno XXi n. 37 - Euro 1,00 DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 DCB - Roma / Tariffa ROC poste italiane Spa Spedizione in abb. postale QUOTIDIANO LIBERALE PER LE gARANzIE, LE RIfORME ED I DIRITTI UMANI delle Libertà di ARTURO DIACONALE Guerra in Libia, si fa ma non si dice I droni armati americani, le truppe speciali francesi, le basi italiane e forse anche qualche incursione egiziana stanno ad indicare che nella ex colonia è già in atto un conflitto che però nessuno dichiara apertamente nel timore della reazione dei pacifisti politicamente corretti Il complotto e la denuncia reale D opo le rivelazioni sulle intercet- tazioni Usa ai danni del governo italiano presieduto da Silvio Berlu- sconi, ho predisposto con l’avvocato Valter Biscotti ed a nome del Tribu- nale Dreyfus una denuncia per spio- naggio politico nei confronti della National Security Agency e di qua- lunque altro servizio segreto respon- sabile di azioni di inaccettabile ingerenza nelle vicende politiche ita- liane. Avrei voluto presentare immedia- tamente la denuncia alla Procura di Roma. Non solo per far scattare prima possibile le indagini sulle vi- cende emerse in questi giorni, ma anche per dimostrare ai magistrati romani che l’analoga denuncia pre- sentata dal Tribunale Dreyfus lo scorso anno contro gli ignoti autori del complotto interno ed internazio- nale del 2011 non era affatto infon- data e non meritava di essere archiviata. Sui passaggi che porta- rono alle dimissioni di Berlusconi ed alla nascita del governo tecnico pre- sieduto da Mario Monti grava il so- spetto crescente di pesanti manovre illecite condotte da governi stranieri ai danni del legittimo governo del nostro Paese. E non sarà mai troppo presto quando la magistratura o il Parlamento, con una apposita... Continua a pagina 2 PRIMO PIANO MELLINI A PAGINA 3 Il nostro Premier a rischio esclusione in Italia e in Europa ECONOMIA FANTETTI A PAGINA 4 Il metodo Cameron alla conquista del mercato globale ESTERI GHIA A PAGINA 5 La democrazia è ancora lontana nelle terre libiche CULTURA “I Duellanti”: s’incrociano spade al Teatro Quirino BONANNI a pagina 7 Quousque tandem... Renzi? di CLAUDIO ROMITI M atteo Renzi ha festeggiato i suoi due anni con una raffica inverosimile di annunci e di balle spaziali. In particolare, suscitando la generale ilarità della stampa estera, ha promesso di inaugurare entro l’anno la chimerica autostrada Sa- lerno-Reggio Calabria. Inoltre, come riportato nell’interessante blog Phastidio.net di Mario Seminerio, eccellente fustigatore economico-fi- nanziario del Machiavello di Ri- gnano sull’Arno, il Presidente del Consiglio avrebbe giustificato, nel corso di un intervento a Rtl 102.5, la scarsa crescita dell’Italia con 25 mi- liardi di presunti tagli alla spesa pub- blica imposti dall’Europa. “Dovendo fare la spending review è chiaro che abbiamo meno soldi degli altri da spendere e la crescita è più bassa degli altri. Speriamo che entro l’anno possiamo tornare alla media euro- pea”, ha sentenziato il premier. Già, peccato però che a conti fatti sembra che il 2015 si chiuderà con di PAOLO PILLITTERI I “fatti” dell’Università di Bologna, Angelo Panebianco e gli studenti. I pacifisti contro i guerrafondai. Più fattacci che fatti. Soprattutto più fal- sità che innocenza in quella parola “pacifista” che, sbandierata da stu- denti contestatori, un déjà-vu incre- dibile ma vero, ha impedito una lezione ad uno dei nostri più stimati (e pacifici) storici e politologi sull’at- tualità, fra cui il Medio Oriente e l’affaire Libia, cui aveva dedicato un articolo sul “Corsera”. La sua definizione di guerrafon- daio (contro la Libia) è ancora più falsa dello slogan con cui inneggia- vano in un’aula universitaria della storica Alma Mater. Non ci stupiamo più di tanto, ovviamente. Ma non solo perché il fiume torbido del dopo Sessantotto è per dir così carsico, ap- pare e compare, esce e poi s’inabissa, benché di acqua di un tal fiume ne sia passata tanta sotto i ponti. Acqua passata. E, diciamocelo, ciò che po- teva somigliare ad una storia tragica Continua a pagina 2 Falsi pacifsti contro inesistenti guerra fondai Continua a pagina 2 una vera e propria esplosione della spesa pubblica la quale, senza consi- derare quella degli enti locali, risulta aumentata di circa 52 miliardi di euro, ossia il doppio dei presunti tagli che il cantastorie fiorentino va raccontando nei suoi tour parolai. Per quanto riguarda la citata Sa- lerno-Reggio Calabria, sembra che - come riporta in un dettagliato arti- colo del quotidiano “Il Mattino”... in quegli anni violenti è oggi, né più né meno che una farsaccia. Eppure, a guardare un po’ bene dentro quegli accadimenti, sarebbe lo stesso Panebianco ha scorgervi echi e similitudini con la nostra vi- cenda storica, che con la Libia ha avuto molto a che fare. Il punto di- scriminante della questione è che la questione libica di oggi è affatto ri- baltata rispetto a quella dei tempi di Giolitti. La Libia di oggi, reduce dal disastro successivo ad una finta pri- mavera, con la fine vera e sanguino- lenta di Gheddafi, è la preda ambita del Califfato islamico perché il qua- dro del Paese è incertissimo e insta- bile sol che si pensi alla sua composizione in cui sono una ven- tina o trentina di tribù a comporre la struttura (si fa per dire) dello Stato. L’Isis è già in Libia, si è installata con i suoi avamposti mortiferi, mi- nacciando non soltanto l’Italia ma, prima di tutto, la Tunisia certamente più vicina ma anche più indifesa e fragile. La Libia di allora, dei tempi in cui Giolitti approfittava della li- quefazione dell’Impero Ottomano per inviare i nostrani “boots on the ground”, gli stivali sabaudi sul terri- torio, onde assicurarsi un posto al sole sulla Quarta Sponda, non sa- peva cosa fosse il terrorismo. Sem- mai, di terrorismo di Stato, ma italiano, qualcuno scrisse anni dopo, nel corso della nostra occupazione, quando Rodolfo Graziani braccò ed eliminò brutalmente...

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Direttore aRTURO DiaCOnaLE Giovedì 25 Febbraio 2016Fondato nel 1847 - anno XXi n. 37 - Euro 1,00

DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1

DCB - Roma / Tariffa ROC poste italiane Spa Spedizione in abb. postale QUOTIDIANO LIBERALE PER LE gARANzIE, LE RIfORME ED I DIRITTI UMANI

delle Libertà

di ARTURO DIACONALE

Guerra in Libia, si fa ma non si diceI droni armati americani, le truppe speciali francesi, le basi italiane e forse anche qualcheincursione egiziana stanno ad indicare che nella ex colonia è già in atto un conflitto che perònessuno dichiara apertamente nel timore della reazione dei pacifisti politicamente corretti

Il complotto e la denuncia reale

Dopo le rivelazioni sulle intercet-tazioni Usa ai danni del governo

italiano presieduto da Silvio Berlu-sconi, ho predisposto con l’avvocatoValter Biscotti ed a nome del Tribu-nale Dreyfus una denuncia per spio-naggio politico nei confronti dellaNational Security Agency e di qua-lunque altro servizio segreto respon-sabile di azioni di inaccettabileingerenza nelle vicende politiche ita-liane.

Avrei voluto presentare immedia-tamente la denuncia alla Procura diRoma. Non solo per far scattareprima possibile le indagini sulle vi-cende emerse in questi giorni, maanche per dimostrare ai magistratiromani che l’analoga denuncia pre-sentata dal Tribunale Dreyfus loscorso anno contro gli ignoti autoridel complotto interno ed internazio-nale del 2011 non era affatto infon-data e non meritava di esserearchiviata. Sui passaggi che porta-rono alle dimissioni di Berlusconi edalla nascita del governo tecnico pre-sieduto da Mario Monti grava il so-spetto crescente di pesanti manovreillecite condotte da governi stranieriai danni del legittimo governo delnostro Paese. E non sarà mai troppopresto quando la magistratura o ilParlamento, con una apposita...

Continua a pagina 2

PRIMO PIANO

MELLINI A PAGINA 3

Il nostro Premiera rischio esclusionein Italia e in Europa

ECONOMIA

FANTETTI A PAGINA 4

Il metodo Cameronalla conquista

del mercato globale

ESTERI

GHIA A PAGINA 5

La democraziaè ancora lontananelle terre libiche

CULTURA

“I Duellanti”:s’incrociano spadeal Teatro Quirino

BONANNI

a pagina 7

Quousque tandem... Renzi?di CLAUDIO ROMITI

M atteo Renzi ha festeggiato isuoi due anni con una raffica

inverosimile di annunci e di ballespaziali. In particolare, suscitando lagenerale ilarità della stampa estera,ha promesso di inaugurare entrol’anno la chimerica autostrada Sa-lerno-Reggio Calabria. Inoltre, comeriportato nell’interessante blogPhastidio.net di Mario Seminerio,eccellente fustigatore economico-fi-nanziario del Machiavello di Ri-gnano sull’Arno, il Presidente delConsiglio avrebbe giustificato, nelcorso di un intervento a Rtl 102.5, lascarsa crescita dell’Italia con 25 mi-liardi di presunti tagli alla spesa pub-blica imposti dall’Europa. “Dovendofare la spending review è chiaro cheabbiamo meno soldi degli altri daspendere e la crescita è più bassadegli altri. Speriamo che entro l’annopossiamo tornare alla media euro-pea”, ha sentenziato il premier.

Già, peccato però che a conti fattisembra che il 2015 si chiuderà con

di PAOLO PILLITTERI

I“fatti” dell’Università di Bologna,Angelo Panebianco e gli studenti. I

pacifisti contro i guerrafondai. Piùfattacci che fatti. Soprattutto più fal-sità che innocenza in quella parola“pacifista” che, sbandierata da stu-denti contestatori, un déjà-vu incre-dibile ma vero, ha impedito unalezione ad uno dei nostri più stimati(e pacifici) storici e politologi sull’at-tualità, fra cui il Medio Oriente el’affaire Libia, cui aveva dedicato unarticolo sul “Corsera”.

La sua definizione di guerrafon-daio (contro la Libia) è ancora piùfalsa dello slogan con cui inneggia-vano in un’aula universitaria dellastorica Alma Mater. Non ci stupiamopiù di tanto, ovviamente. Ma nonsolo perché il fiume torbido del dopoSessantotto è per dir così carsico, ap-pare e compare, esce e poi s’inabissa,benché di acqua di un tal fiume nesia passata tanta sotto i ponti. Acquapassata. E, diciamocelo, ciò che po-teva somigliare ad una storia tragicaContinua a pagina 2

Falsi pacifisti contro inesistenti guerrafondai

Continua a pagina 2

una vera e propria esplosione dellaspesa pubblica la quale, senza consi-derare quella degli enti locali, risultaaumentata di circa 52 miliardi dieuro, ossia il doppio dei presuntitagli che il cantastorie fiorentino varaccontando nei suoi tour parolai.Per quanto riguarda la citata Sa-lerno-Reggio Calabria, sembra che -come riporta in un dettagliato arti-colo del quotidiano “Il Mattino”...

in quegli anni violenti è oggi, né piùné meno che una farsaccia.

Eppure, a guardare un po’ benedentro quegli accadimenti, sarebbelo stesso Panebianco ha scorgerviechi e similitudini con la nostra vi-cenda storica, che con la Libia haavuto molto a che fare. Il punto di-scriminante della questione è che laquestione libica di oggi è affatto ri-baltata rispetto a quella dei tempi diGiolitti. La Libia di oggi, reduce daldisastro successivo ad una finta pri-mavera, con la fine vera e sanguino-lenta di Gheddafi, è la preda ambitadel Califfato islamico perché il qua-dro del Paese è incertissimo e insta-bile sol che si pensi alla suacomposizione in cui sono una ven-tina o trentina di tribù a comporre lastruttura (si fa per dire) dello Stato.

L’Isis è già in Libia, si è installatacon i suoi avamposti mortiferi, mi-nacciando non soltanto l’Italia ma,prima di tutto, la Tunisia certamentepiù vicina ma anche più indifesa efragile. La Libia di allora, dei tempiin cui Giolitti approfittava della li-

quefazione dell’Impero Ottomanoper inviare i nostrani “boots on theground”, gli stivali sabaudi sul terri-torio, onde assicurarsi un posto alsole sulla Quarta Sponda, non sa-peva cosa fosse il terrorismo. Sem-mai, di terrorismo di Stato, maitaliano, qualcuno scrisse anni dopo,nel corso della nostra occupazione,quando Rodolfo Graziani braccò edeliminò brutalmente...

Renzi, Padoan e tutta la compa-gnia cantante non sanno più che

pesci prendere, ammesso che, contutto il rispetto, lo abbiano mai sa-puto piuttosto che fatto finta di sa-pere.

Del resto, quando si fanno lescelte sbagliate e si punta spavalda-mente a giocare con la sorte e conl’esito dei bluff, questi sono i risul-tati. Innanzitutto, sui conti pubblici,al contrario di quello che voglionofarci credere, balla ben più di unpunto di Pil fra il consuntivo del2015 e le previsioni del 2016, in ter-mini chiari sono circa 15/20 i miliardi

di euro che mancano all’appello.Come se non bastasse, tutta una seriedi variabili, che avrebbero ragione-volmente dovuto essere considerate,non solo sono state trascurate maaddirittura disattese con la solita leg-gerezza.

Basterebbe questo per constatareil pericoloso e crescente ricorso degliitaliani alle rateizzazioni e al conten-zioso fiscale per capire che la genteboccheggia. Va da sé, infatti, chequando un Paese intero, vuoi per so-pravvivenza, vuoi per scelta obbli-

gata, vuoi per eccesso di pressione,ricorre così massicciamente al ra-teizzo e alla lite fiscale, significa chesi è vicini al collasso.

Se poi contemporaneamenteun’enormità di persone per la folliadella Legge Fornero si ritrova senzalavoro e senza pensione, il tasso dioccupazione si alza di niente e lechiusure e i fallimenti aumentano, èchiaro che i conti non tornino mai.Inoltre, il recente terremoto dei mer-cati che ha falcidiato risparmi, ge-stioni, investimenti mobiliari, haulteriormente peggiorato il clima, lapropensione agli acquisti, il livello diaspettativa e il timore degli italiani.Tutto ciò accompagnato dallo sper-

pero di bonus miliardari, che diver-samente potevano essere messi afrutto, da una spesa inarrestabile eda un sistema del credito in crisi damala gestio.

Per questo in Europa non sap-piamo più che pesci prendere pur difarci concedere qualche cosa, perquesto annaspiamo intorno ai dati,per questo cerchiamo sponde ovun-que tra i partner e navighiamo albuio. In più il Governo, non avendoil coraggio di ammettere gli errori, glisbagli strategici, il fallimento di al-

cune scelte, per la paura non solo ditracolli elettorali, ma di una reazionedei mercati che quella passata sa-rebbe cipria, continua a sbandare ne-gando la necessità di una manovracorrettiva. Per tale motivo si attaccail Fiscal compact, si chiede la condi-visione del debito, si cerca la flessibi-lità, si prova in tutti i modi aquestuare qualcosa sperando di otte-nerla.

Insomma, siamo più che mai inmare aperto con i motori in panne eper aggiustarli servono miliardi dimanovra correttiva. Come se nonbastasse, tanta improntitudine dellapolitica è quotidianamente accom-pagnata da notizie di scandali vergo-gnosi che non accennano a diminuiree che sono la vera madre del disastroitaliano e dell’esplosione progressivadel debito pubblico. Prepariamocidunque al redde rationem, con l’Eu-ropa, con i nostri conti e con la re-altà. Del resto quando l’ipocrisiavince sul coraggio, il moralismo pe-loso sull’evidenza, il fanatismo sul-l’umiltà e la furbizia sull’intelligenza,il prezzo da pagare, prima o poi, èsempre quello di una resa dei conti,quelli veri. Siamo un Paese sbrindel-lato dove non funziona niente oquasi e si va avanti per inerzia allacostante ricerca dell’escamotage perrimanere a galla e l’unica sorpresa èl’infinita pazienza degli italiani.

Da anni non siamo in grado difarci riconoscere un ruolo autorevolenel mondo e in Europa e viviamonella costante speranza che ci si con-ceda qualche briciola di credibilità,di affidabilità e di flessibilità... Ci at-tacchiamo sempre “al nuovo salva-tore” che regolarmente non salva unbel niente, tranne gli amici e i solitinoti; insomma, dove possiamo an-dare se non dritti contro un murocontinuando così? Da noi non tor-nano né i conti né la speranza di far-cela, si rimanda e basta, si prendetempo e basta, si illude la gente ebasta, ma quanto può durare? Ai po-steri l’ardua sentenza.

Alla denuncia, ovviamente, non ci rinun-ciamo. Ma la presenteremo a tempo debito equando sarà cresciuta nei media nazionali laconsapevolezza che lo spionaggio ai danni diBerlusconi non è stata affatto una vicenda or-dinaria ma è rientrata, come ha candidamenteammesso la stessa amministrazione statuni-tense, nel quadro delle azioni ritenute indi-spensabili per la sicurezza americana. Unasicurezza ritenuta a rischio non perché il Ca-valiere tramestasse con i terroristi, ma perchécercava di ricucire i rapporti tra Israele e gliStati Uniti e non nascondeva l’interesse italianoper conservare la politica della amicizia traUsa, Europa e Russia sancita dal vertice di Pra-tica di Mare.

Le ammissioni Usa, quindi, confermano cheil complotto internazionale ai danni del go-verno liberamente eletto dal popolo italiano cifu. La denuncia è dunque nei fatti. Quella for-male verrà a suo tempo!

ARTURO DIACONALE

...di Napoli - “il miracolo di anticipare il tagliodel nastro di alcuni anni, però, ha molto pocodi miracoloso: il Governo Renzi ha rinunciatoa lavori programmati ma mai avviati per oltre2 miliardi di euro. In pratica una cinquantinadi chilometri della Salerno-Reggio resterannocosì com’erano nel 1972: due corsie un po’ piùstrettine del normale, nessuna corsia d’emer-genza, curve insidiose”.

Ora, sempre più infastiditi da un personag-gio che sta facendo della pubblicità inganne-vole il suo principale fondamento politico, anome della nostra piccola ma combattiva ri-serva indiana liberale mi sento di rivolgermi a

2 L’OPINIONE delle Libertà giovedì 25 febbraio 2016

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CHIUSO IN REDAZIONE ALLE ORE 19,00

Politica

una postilla inquietante rispetto al quadro po-litico attuale in cui spicca la minaccia del ter-rorismo del Califfato nazista e mafioso, semprepiù incombente, sempre più vicino a noi; anzi,di fronte a noi. Cosicché, richiamarsi al pacifi-smo ammantato di anticolonialismo è un’ope-razione totalmente ingiustificabile eoggettivamente contigua ad un nichilismo chegioca solo a favore dei criminali del Daesh. Hodetto nichilismo, ma forse la parola è troppoimportante. Forse, anzi senza forse, si trattasoltanto di teste vuote.

PAOLO PILLITTERI

segue dalla prima

...commissione parlamentare, avvierà unaqualche seria indagine per fare luce su qualeforma di dipendenza coloniale gravi ancora sulnostro Paese a settant’anni dalla fine del Se-condo conflitto mondiale.

Ma il modo con cui i media del nostro Paesehanno reagito alle rivelazioni sulle azioni dispionaggio della Nsa ha consigliato, a me edall’avvocato Biscotti, di rinviare ad un mo-mento successivo la presentazione della de-nuncia. Qualche giornale, come il Corrieredella Sera, ha accuratamente nascosto la noti-zia relegandola ad una pagina interna, come sela scoperta che gli Usa tengono sotto controllocostante gli alleati fosse un avvenimento rien-trante nell’ordine naturale delle cose. Qualchealtro ha preferito utilizzarla per rilanciare iltema delle intercettazioni pruriginose del Ca-valiere e nascondere la condizione di vassal-laggio a cui viene sottoposta una nazione i cuivertici vengono tenuti sotto controllo costantedai servizi segreti della nazione che dovrebbeessere alleata ma che è soprattutto dominante.

La denuncia avrebbe, quindi, innescato unmeccanismo mediatico già abbondantementeconosciuto. Da un lato una sottovalutazione edun oscuramento progressivo. Dall’altro il pre-testo non per sollevare il problema dei rapportidi lealtà reciproca che dovrebbero esistere traalleati provvisti di pari dignità ed autonomia,ma per far ripetere la solita rincorsa alla ricercadi qualche bunga bunga telefonico capace dimettere alla berlina Berlusconi e dimostrareche se gli americani lo intercettavano in fondose lo meritava.

Il complotto e la denuncia reale

Quousque tandem... Renzi?

Gentile direttore Diaconale, vor-rei innanzitutto ringraziarla per

l'attenzione posta alla nostra inizia-tiva. Nel caso delle primarie diRoma, a differenza di quelle di Mi-lano, il nostro comitato ha avuto iltempo necessario a spiegare l'inizia-tiva ai media in modo da fugare ognipossibile dubbio sugli scopi e sullemodalità che vogliamo il più possi-bile improntate alla trasparenza.

Rispondo quindi a una sua primadomanda, sul perché mai la comu-nità cinese dovrebbe partecipare inblocco alle primarie del Partito De-mocratico. Intanto questo scenariodifficilmente si verificherà. Nel casodi Milano, per esempio, sui circaventimila cittadini di origine cineseresidenti nel capoluogo lombardo,un migliaio ha votato alle primarie.

Se, come speriamo, riusciremo asensibilizzare i cinesi di Roma ainteressarsi di politica e delle te-matiche della rappresentatività de-mocratica potremmo aspettarci deinumeri analoghi, che sono interes-santi, ma non catalogabili come un

"blocco" unico e compatto. Un in-teresse maggiore per le primarie dicoalizione c'è, rispetto ad altre for-mazioni, per una ragione squisita-mente politica.

Il meccanismo delle primarie èaperto anche al contributo deglistranieri, cosa che non succede nelcaso di altre formazioni politicheche non prevedono le primarie, op-pure, come il Movimento CinqueStelle, che prevedono l'iscrizione deisoli cittadini italiani. Riteniamo chequesta sia una opportunità impor-tante che altri non offrono.

Avevamo già considerato di pro-seguire gli incontri, che stiamo fa-cendo con i candidati delle primarie,anche con quelli di altri schiera-menti, per cui la ringraziamo per ilconsiglio che ci ha rivolto attraversoil suo articolo. Le saremmo grati sevolesse dare spazio nel suo sito aquesta nostra risposta, invitandola aseguire le nostre iniziative e a conti-nuare a inviarci i suggerimenti cheriterrà più opportuni alla nostra ini-ziativa.

Marco Wong - Jasmine Roots

di REDAZIONE

di ELIDE ROSSI e ALFREDO MOSCA

Primarie del Pd,la replica cinese

costui, parafrasando il famosissimo incipitdella prima orazione delle Catilinarie: Quou-sque tandem abutere, Matteo Renzi, patientianostra?

CLAUDIO ROMITI

...Omar al-Mukhtar, l’indomito combattente,colui che fu chiamato il Garibaldi dell’indi-pendenza di Tripoli e Bengasi, del Fezzan edella Cirenaica. La guerra giolittiana di Libiaprodusse in Italia l’infiammarsi di un massi-malismo, socialista ma non solo, di cui Mus-solini fu il vessillifero, insieme al repubblicanoPietro Nenni, con violente manifestazioni inRomagna e dintorni, assalti di municipi, inter-ruzioni di ferrovie e quant’altro. E fu la setti-mana rossa. Ma non c’erano soltanto icontestatori di un’azione iscritta nel Dna delcolonialismo europeo, benché in ritardo. Laconquista della Libia, peraltro ridotta alla suaparte affacciata sul Mediterraneo, era salutatageneralmente da cori di entusiasmo popolaresu cui si elevavano le fiammeggianti invoca-zioni di poeti come Giovanni Pascoli invo-cando la missione civilizzatrice dell’Italia: lagran proletaria si è mossa, recitava con enfasi.

La similitudine fra ieri e oggi è dunque soloapparente, in contesti diversissimi, con attoricompletamente diversi e con risultati penosi esqualificanti per chi li ha provocati. Propu-gnando un pacifismo falso, l’ignoranza mesco-lata alla malafede, ha rivelato purtroppo il latooscuro di una certa protesta “studentesca”, lacui intolleranza nei confronti di un bravo do-cente ricorda quella post-sessantottina, ma con

I conti che non tornano mai

Falsi pacifisti controinesistenti guerrafondai

Non sono davvero in vena (enella possibilità) di tentare di

mettermi a fare pronostici e sullatenuta del Governo Renzi e sullefortune del suo “Partito della Na-zione”. È certo però (e non è unpronostico) che in questo momentosta attraversando la fase più diffi-cile e pericolosa (per lui) daquando ha conquistato il PartitoDemocratico ed il Governo.La sua fortuna, legata essenzial-

mente al fatto di non avere forzepolitiche capaci di contrastarlo se-riamente ed eventualmente sosti-tuirlo, subisce oggi una sorta dipena del contrappasso. Andato alpotere per un non del tutto millan-tato mandato dei padroni dell’Eu-ropa, sembra oggi rischiare digrosso proprio perché da quellaparte c’è aria di insofferenza per lasua supponenza e per il suo tenta-tivo di cavalcare, con appena unvelo di mimetismo affidato ad unaretorica di basso profilo, un certoeuroscetticismo che sta montandonel nostro Paese.Non so davvero se abbiano fon-

damento le voci relative ad un veroe proprio programma di “benser-vito” che intenderebbero dargli“quelli dell’Europa”. Se MatteoRenzi non ha assunto di fronteall’opinione pubblica italiana ilruolo del “commissario europeo”al Governo del nostro Paese, ciò èdovuto al fatto che prima di luialtri avevano manifestamente, e vo-lentieri, fatto quel mestiere.Ed a fronte di un Mario Monti,

Renzi poteva sembrare l’uomo cherestituiva all’Italia, e ad un resi-duato partito italiano, la possibilità

di governarsi da sola. Certo, tuttoè relativo. Ma è stato lo stessoRenzi che, ritenendo che ciò lo as-solvesse dalle responsabilità per lemeno piacevoli scelte, ha volutocalcare la mano sulle “riforme” ri-chieste, se non imposte, dall’Eu-ropa, magari cercando di fare unpo’ di confusione tra riforme eco-nomiche e riforme costituzionali.Oggi Renzi, per una serie di cir-

costanze non del tutto imprevedi-bili, si trova a governare un Paeseche recalcitra di fronte a certe im-posizioni derivanti dagli obblighi

comunitari. Le posizioni euroscet-tiche guadagnano consensi. ERenzi ritiene di dover giuocare, alsolito, la carta di un po’ di chiac-chiere euroscettiche per tenersisempre a galla. Ma la situazione inEuropa è tale che anche le chiac-chiere urtano certe suscettibilità eattraversano la strada a certi inte-ressi.Mentre le valutazioni personali

del personaggio cadono rapida-mente, è proprio l’alleggiamento diquelli che giuocano a tirare troppola corda che preoccupa tedeschi e

francesi, in una fase in cui ancheuna compattezza formale è neces-saria per una qualsiasi politica eu-ropea. E, mentre sulla scenapolitica italiana l’assenza di veriantagonisti e di possibili alternativesono la carta su cui Renzi sembraancora poter puntare, in Europanon si hanno scrupoli di tal fatta.Siano vere o no certe designa-

zioni che dall’Europa sarebberostate fatte per un cambiamento diGoverno, una cosa è certa: Renzinon ha più l’appoggio dell’Europaed è assai screditato. Renzi non è

persona da rendersene conto. Que-sto è il suo punto più debole. Mastiamo attenti anche noi: non è darevoche di fiducia che venganod’Oltralpe che dobbiamo aspet-tarci che questa pagina si possachiudere in modo conveniente pernoi. Non è solo questione di di-gnità. Se c’è, come c’è, un pericoloper le libere istituzioni del nostroPaese rappresentate dal renzismo edal Partito della Nazione, pensareche altri ci toglieranno le castagnedal fuoco sarebbe il più grave deglierrori.

3L’OPINIONE delle Libertàgiovedì 25 febbraio 2016 Primo Piano

Renzi: rischio licenziamento dai mandanti millantati di MAURO MELLINI

Secondo voi, che cosa fanno ilGrillo e i grillini? Saltano, ov-viamente! Ma non come il... can-guro! No, i grilli non hanno ilmarsupio, com’è noto. Ma sonopieni di sorprese. Avete sentito ilrichiamo di Paola Taverna? Però, èvero: l’Orco è sempre quello.Stiamo parlando del Partito De-mocratico e delle scomposte ar-mate del centrodestra cheavrebbero deciso di perdere le ele-

zioni amministrative a Roma a fa-vore del Movimento Cinque Stelle.Detta così, ci sarebbe politica-mente da chiedere un Tso (Tratta-mento sanitario obbligatorio)urgente per la parlamentare gril-lina. E invece io sto dalla partesua. Nell’ottobre del 2015 com-mentavo così certe mosse del Pre-sidente del Consiglio: “Matteo

Renzi è un astuto. Sa benissimoche Roma l’hanno espugnata datempo quelli del M5S. E quinditutti i sondaggi - più o meno se-greti - dicono che i grillini stravin-ceranno alle amministrative,perché i romani sono pieni di sen-timenti di ribellione e di schifo.Già. Ma questo solo per il primotempo. E non è quello preferito da

Renzi. No. Lui aspetta il secondo,quando anche il Movimento Cin-que Stelle si sarà schiantato tra gliscogli infidi e scivolosi di RomaCapitale. Avrà, così, il tempo oc-corrente per ricostruire un po’ dicredibilità, per il suo Pd totalmentescreditato, facendo fuori un po’ dicacicchi locali che, ormai, hannofatto il loro (brutto!) tempo”.Lo scenario, a mio parere, non è

poi cambiato di molto da allora.Solo che... I furbetti del trillo(quelli, cioè, che fanno finta di

avere la democra-zia diretta facendovotare la Rete eTwitter!) hannoben studiato lacontromossa: met-tono in campo can-didati farsa. Comequella di Milano,selezionata da unpugno di iscritti lo-cali con la solitascemenza del votoon-line. E, poi,confezionano pro-grammi-fr i t te l la(dove ci sono de-cine di ingredientieterogenei, tantoper confondere isingoli sapori) chevogliono dire tuttoe nulla. Come ilnon-voto sulleunioni civili al Se-nato. Il Movimento

assomiglia comeuna goccia d’acquaa quei suonatoriche andarono persuonare e furonosuonati! Invece dicostruire formida-bili trappole parla-mentari, facendo

implodere la maggioranza, fannomelina a centrocampo, incaglian-dosi su canguri e voto articolo perarticolo. Invece avrebbero dovutoproporre a Renzi di mettere findall’inizio il voto di fiducia sull’in-tera legge, senza cambiare di unavirgola il testo originario della Ci-rinnà, votando poi compatti as-sieme al Pd.Così, tutti diritti filati verso le

elezioni! Già, le elezioni. Tutte levogliono, ma nessuno le cerca perdavvero. Ora che David Cameronha vinto il confronto a muso durocon Bruxelles e si appresta (tre-mando, eh!) a convocare il suo belreferendum pro o contro la perma-nenza nell’Unione, Beppe Grillo ei suoi mettono la sordina su tutto.Perché sanno benissimo che, adesempio, anche se vincessero conlargo margine un eventuale refe-rendum sull’Euro (oggi costituzio-nalmente improponibile!) glieffetti per il Paese più indebitatodel Vecchio Continente sarebberodisastrosi! In poco tempo, il 60 percento dei risparmi delle famiglieitaliane verrebbero pressoché azze-rati! Idem per le unioni civili. La platea elettorale di Grillo è

sostanzialmente nazional-popolaree statalista: vuole la massima pro-tezione sociale ed economica dalloStato ed è profondamente conser-vatrice in fatto di matrimoni noneterosessuali. Inoltre, le scie chimi-che e tante altre favole metropoli-tane grilline non servono a curareuno solo dei mali di grandi cittàcome Roma, devastate dall’incuriae dalla corruzione. Perché nessuno(e dico proprio nessuno) ha la ri-cetta di come mettere in riga e fardimagrire la burocrazia. Non fintanto che gli impiegati pubblici an-dranno a votare in massa, permantenere intatti i propri privilegi!Hic Rhodus: hic salta!

Il Grillo saltellantedi MAURIZIO BONANNI

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4 L’OPINIONE delle Libertà giovedì 25 febbraio 2016Economia

La visione ed il progetto di DavidCameron per il Regno Unito pre-

vede l’utilizzo strategico del movi-mento dei cittadini inglesi avversi econtro l’Europa a trazione teutonicaper portare a casa dall’Europa tedescail più possibile, economicamente.

Quella di Cameron è una strategiacome non se ne vedeva da tempo concui la Gran Bretagna intende ricollo-carsi al meglio sul piano globale. È datempo infatti che gli inglesi e il primoministro britannico s’inebriano dell’ot-timo profumo dei soldi mondiali, daLondra che li trasmette, contaminan-dolo, all’intero Paese. Cameron ha chia-rissimo che i suoi concittadini sarannosì contro l’Europa tedesca, ma perniente contrari ai soldi che danno be-nessere; e se un domani la Germaniaeuropea fosse in grado di offrire econo-micamente il meglio in termini di com-mercio e contrattazioni economiche,non ci penserebbe due volte a rivedereferme opposizioni e rigide criticità.

La Londra di Cameron non è unabanderuola, ma il perno intorno alquale l’inquilino di Downing Street sadi dover far girare il mondo econo-mico inglese, e soprattutto la sua pro-sperità. Londra è un po’ come lapubblicità di Vodafone, quella de “ilmondo che gira tutto intorno a te”.Detto questo, e compresa la colloca-zione inseguita e perseguita dal RegnoUnito, è più facile individuare dove,nell’interesse nazionale italiano, an-dare a parare in termini geopolitici.

Una volta dotata di Governo e Par-lamento eletti, dunque democratica-mente legittimi, l’Italia dovrà agireall’interno con la drastica riforma eriorganizzazione di se stessa, ovverominore tassazione, più produzione ecrescita produttiva, con conversionegraduale e progressiva del settore pub-blico nel privato, economicamenteproduttivo; all’esterno dovrà inveceincentivare e coltivare con impegno la

relazione con il Regno Unito. È da ab-bandonare a gambe levate l’Europatedesca e porsi sul solco inglese trasci-nando così l’Europa sbagliata e disa-strosa della Merkel sui lidi delriformismo, del laicismo e del liberali-smo.

Cosa sta facendo infatti Cameronse non mantenere l’accesso privile-giato del Regno Unito al mercato eco-nomico europeo, stralciando i vincolicui si è legata e premiando e innal-zando l’interesse nazionale e la sovra-nità a criterio preminente. Non solo.La Gran Bretagna di Cameron sta alcontempo convergendo con la Cina, omeglio con gli affari con i cinesi, e al-leandosi con alcune nazioni del Bal-tico ben selezionate in base alle realtà

e possibilità economiche, a tutto svan-taggio degli Stati Uniti di Obama concui il primo ministro inglese ha pes-sime relazioni per il dilettantismo inpolitica estera. La Gran Bretagna sem-bra stare adottando cioè, accomunatanel flusso di disimpegno dagli StatiUniti ad Israele, Arabia Saudita eanche Turchia, una strategia cheguarda alla Cina, cioè verso il compe-titore principale degli Usa, al fine divoler aumentare la propria competiti-vità di piazza finanziaria fino a farladiventare centrale e globale degli affarie delle operazioni in yuan. In pratica,per ora, la Gran Bretagna non intendeandare indietro economicamente epunta a tutta forza agli investimenti,ovunque essi siano e si possano fare.

Che poi politicamente tocchi fareconcessioni politiche alla Cina che lecreeranno la necessità di riformulare irapporti e l’alleanza con gli Stati Uniti,o che l’Europa tedesca o altro si dis-solva, o ancora se il mercato integratoeuroamericano esista e funzioni, cosìcome se le forze di influenza ameri-cana e cinese trovino una soluzione diequilibrio o meno nel Pacifico, non èritenuto rilevante oggi da Cameron. Omeglio, ciò che pare essere (come è)veramente rilevante per il RegnoUnito è compattarsi con altre nazioni,ad esempio quelle baltiche di credoprotestante e forgiate alla ricchezza edal benessere, e porre in essere un nu-cleo dotato di mani libere verso l’Eu-ropa tedesca e gli Stati Uniti, anche

per contrastare lo strapotere russo diPutin che, in occasione e con le guerrein Medio Oriente, macina e miete con-sensi nella disorientata e disunita Eu-ropa. Gli affari e l’alleanza con laCina, l’accesso privilegiato e con po-chissimi vincoli verso il mercato eco-nomico europeo, il mantenimento dirapporti light con gli Stati Uniti dimo-strano che non è tanto una strategia dicomando geopolitico quella che sem-bra voler raggiungere la Gran Breta-gna attraverso la politica, ma unobiettivo più incisivo quale è il diven-tarne il centro di riferimento econo-mico e finanziario tramite le alleanzegeopolitiche.

La Gran Bretagna vuole diventarela potenza economica e finanziariad’eccellenza e di riferimento nelmondo, e lo sta facendo tessendo latela degli affari con chi più convienenel mondo e tenendo in vita l’ostilitàad esempio verso l’Europa tedesca,dando ampio respiro e soffiando sulfuoco delle sue opposizioni interne av-velenate e pronte per il referendum delprossimo 23 giugno. L’Europa tedescacontinua a mettere barriere commer-ciali, sanzioni economiche e politichea destra e a manca; rimane cioè chiusae stretta, rigida come la Germania edi tedeschi, nel proprio mercato semprepiù chiuso e asfittico. Sembra averescambiato l’alleanza con gli Stati Uniticon l’aver gettato la chiave dei com-merci e dell’economia produttiva.

Bisogna imparare in gran partedalla pragmatica Gran Bretagna e co-minciare a tessere strategie di lungoperiodo che avvantaggino l’Italia el’Italia in Europa, producendo ric-chezza e non dispensandola mala-mente dall’alto come sta tuttorafacendo la Bce nell’Europa disastrosatedesca.

di FRANCESCA ROMANA FANTETTI Seguire l’esempio di Cameron in Europa

Nello storico incontro che si è svoltoil 12 febbraio scorso tra il capo

della Chiesa cattolica e quello dellaChiesa ortodossa russa, il valore simbo-lico di ogni dettaglio è stato meticolosa-mente pianificato. La scelta del luogo, iltempismo, il contesto religioso e politico,i protagonisti, lo stile, e nondimeno, ipunti principali della DichiarazioneCongiunta, tutto è servito a trasmetteresignificati specifici, per scopi sia religiosiche politici.

A sovrastare l’incontro troviamo lafigura di Vladimir Putin, onnipresentenella scena geopolitica mondiale - dal-l’Europa al Medio Oriente - per il qualequesto incontro è stata una mossa im-portante della partita. L’incontro non sa-rebbe mai avvenuto senza il suoconsenso, essendo il Patriarca russo Ki-rill un portavoce delle politiche interna-zionali di Mosca.

La scelta di tenere l’incontro nell’ae-roporto internazionale di Cuba è di persé carica di significati. Si trova nel “Sud”del nuovo mondo post-comunista(quella “periferia” povera, come la defi-nisce affettuosamente Papa Francesco),un terreno molto fertile per la rapida dif-fusione del cristianesimo. Storicamente,Cuba ebbe un ruolo importante durantela Guerra Fredda: nel 1962 fu teatrodella drammatica crisi dei missili tra Usae Urss, rimanendo successivamente iso-lata per via dell’embargo statunitensedurato oltre mezzo secolo.

Francesco ha svolto un ruolo impor-tante nel recente disgelo delle relazionitra Cuba e gli Stati Uniti, contribuendoa facilitare il percorso del presidenteObama verso la riconciliazione tra i duePaesi. L’abile diplomazia del Vaticanosotto la guida di Papa Bergoglio ha ope-rato dietro le quinte a Cuba - in modiche ricordano le audaci mosse del suo il-lustre predecessore S. Giovanni Paolo IInella Polonia degli anni Ottanta – por-tando in primo piano nella crescentesfera di influenza della Chiesa cattolicanell’arena mondiale questa piccola isola,e con lei la Russia.

Oltre mille anni di relazioni difficili etravagliate tra la Chiesa ortodossa e laChiesa cattolica romana sono stati unmotivo ulteriore per aver scelto questoluogo, che è lontano da ricordi dolorosi ecruenti di scismi e di battaglie del passato.L’incontro si è svolto in maniera semplicee sobria, in linea con le preferenze asceti-che dello stile di vita di Papa Francesco.

La Dichiarazione Congiunta di PapaFrancesco e Kirill, Patriarca di Mosca edi tutta la Russia, è giunta a coronazionedi una svolta nei rapporti tra la Chiesacattolica romana e quella Ortodossarussa. Questo primo vertice ha fatto se-guito ad una serie di incontri con i Pa-triarchi ortodossi ecumenici, da quello

di Paolo VI con Atenagora a Gerusa-lemme nel 1964 (da cui scaturì una Di-chiarazione Congiunta a Roma neldicembre 1965) fino ai vari incontri traFrancesco e Bartolomeo, il Patriarcaecumenico di Costantinopoli, da cuisono nate le Dichiarazioni Congiunte dimaggio e novembre, 2014.

Bartolomeo rappresenta tutte e quat-tordici le Chiese ortodosse autocefale(quella greca, rumena, etiope, ecc.) checontano 300 milioni di fedeli, di cuiquella ortodossa russa è la principale,con i suoi 150 milioni di adepti. LaChiesa di Kirill è allineata strategica-mente - si potrebbe dire quasi un tut-t’uno - con la “Madre Russia”, adifferenza delle altre Chiese ortodosseche non hanno un orientamento politicoben definito. Proprio questa differenza èstata in passato causa di conflitti sia in-terni al mondo del cristianesimo orto-dosso, che tra i due Patriarchi.

E ora, a quasi mille anni di distanzadallo scisma del 1054, con la Dichiara-zione Congiunta in 29 punti, Francescoha fatto un altro importante passo inavanti nel riavvicinamento tra il mondoortodosso e quello cattolico - e tra il Va-ticano e la Russia - realizzando così l’an-tica ambizione della Chiesa cattolica diespandersi in Russia, tramite il supera-mento della diffidenza della Chiesa or-todossa russa riguardo alcune proprietàecclesiastiche contese ed i timori sul pro-selitismo, che viene esplicitamente di-chiarato illegittimo nella Dichiarazionedi Cuba, che vi dedica tre paragrafi(punti 24 e 25).

Una conseguenza importante di que-sto incontro è che sia Putin che Kirill - odiciamo così, la Russia e la Chiesa orto-dossa russa di oggi - hanno fatto un ul-teriore passo verso ulteriorelegittimazione agli occhi del mondo.L’autorità del Patriarca russo ne è uscitarafforzata rispetto al Patriarca ecume-nico Bartolomeo, la cui influenza e fa-vore agli occhi di Francesco rimangonoperò comunque molto forti. I due Pa-triarchi si trovano in disaccordo su di-verse questioni, in particolare sulleambizioni militari e politiche della Rus-sia e sul tema dei diritti umani. Potrebbetenersi a giugno, per la prima volta dal787, il Sinodo di tutte le Chiese orto-dosse, che sarebbe una buona occasioneper chiarimenti e riconciliazioni interne.

Oltretutto, la Chiesa ortodossa russaè una religione di Stato. È nazionalisticae ha una struttura gerarchica più rigidadi quella del Vaticano, che si consulta in-vece al suo interno tramite sinodi perio-

dici e che si confronta con il mondo tra-mite l’apertura di Papa Francesco.

Vi sono comunque temi dottrinali edetici che forniscono una base per unfronte comune alle due Chiese, mal-grado Francesco sia più flessibile nel-l’applicazione dei precetti morali delcristianesimo rispetto all’interpretazionepiù rigida e letterale di Kirill. Nel docu-mento di Cuba si vedono chiaramente letracce delle concessioni fatte dal Vati-cano alla visione del mondo del Pa-triarca russo.

Tra i punti salienti del testo c’è un ri-ferimento al post-comunismo, dove sirende “grazie a Dio per il rinnovamentosenza precedenti della fede cristiana chesta accadendo ora in Russia e in moltipaesi dell’Europa orientale, dove i regimiatei hanno dominato per decenni”. NelDocumento si invitano inoltre le dueChiese ucraine (sia all’interno che attra-verso le comunità ucraine e russe delPaese) a superare le reciproche diver-genze. E a proposito del Medio Oriente,troviamo un appello “alla comunità in-ternazionale di agire urgentemente perprevenire l’ulteriore espulsione dei cri-stiani”, e di rinnovare gli sforzi diplo-matici per porre fine alle persecuzioni siain quel territorio che nell’Africa setten-trionale. Il dialogo interreligioso è defi-nito “indispensabile” e viene visto comeun importante strumento a disposizionedella diplomazia contemporanea per larisoluzione dei conflitti.

Entrambe le Chiese si impegnano asostenere i valori conservatori riguardoi temi tradizionali della famiglia, comel’opposizione all’aborto, all’eutanasia,alla procreazione medicalmente assistitaed ai matrimoni omosessuali. “Orto-dossi e cattolici condividono la stessaconcezione della famiglia e sono chia-mati a testimoniare che essa è un cam-mino di santità”, si legge nelDocumento. Tuttavia, pur abbracciandosinceramente questi valori, Francesco siè mostrato più clemente del Patriarcarusso riguardo la loro applicazione pra-

tica. Papa Bergoglio ha consigliato alprelato di prendere in considerazione lenecessità particolari delle coppie, si èespresso a favore della pianificazione fa-miliare attraverso l’uso della contracce-zione naturale, ed ha affermato che gliesseri umani non devono necessaria-mente “riprodursi come conigli”. Ed aproposito dell’omosessualità, ha com-mentato: “Chi sono io per giudicare?”.Saltano agli occhi inoltre alcune diffe-renze importanti tra l’accordo siglatodal Vaticano con la Chiesa ortodossarussa e quelli precedenti con il Patriar-cato ecumenico ortodosso.

Nella Dichiarazione Congiunta diCuba tra Papa Francesco ed il PatriarcaKirill troviamo un forte monito control’avanzare del secolarismo in Europa, evi si afferma un impegno congiunto acombattere questo comune nemico.“Siamo convinti che l’Europa debba re-stare fedele alle sue radici cristiane. Chie-diamo ai cristiani dell’Europa orientale eoccidentale di unirsi per testimoniare in-sieme Cristo e il Vangelo, in modo chel’Europa conservi la sua anima formatada duemila anni di tradizione cristiana.”,si legge nel testo.

Inoltre, data l’importanza attribuitadal Vaticano al documento conciliare“Nostra Aetate”, e l’abbondanza dicommemorazioni ufficiali e di confe-renze che hanno segnato il suo 50esimoanniversario lo scorso anno, sarebbesembrato più opportuno fare riferi-mento alle radici “ebraico-cristiane” del-l’Europa piuttosto che solo a quelle“cristiane”. “Nostra Aetate” afferma in-fatti che le radici del cristianesimo sononell’ebraismo, e che la Chiesa “si nutredalla radice dell’ulivo buono su cui sonostati innestati i rami dell’ulivo selvaticoche sono i gentili”. Si potrebbe quindidire che i valori fondanti europei pog-giano sulla “tradizione ebraico-cri-stiana”, oltre che sugli importanticontributi dati da altre fonti secolari,culturali, religiose ed etiche.

Sia la Dichiarazione Congiunta conKirill che quelli precedenti con il Pa-triarca ecumenico ortodosso Bartolo-meo si soffermano sulla tragicapersecuzione dei cristiani nel MedioOriente ma mentre la Dichiarazione diCuba si concentra poi sull’unità dei cri-stiani contro il secolarismo, la Dichiara-zione Congiunta del maggio, 2014 traPapa Francesco e Bartolomeo si occupainvece sul grido d’allarme riguardo alcambiamento climatico, e delinea unfronte comune sullo sviluppo sostenibile,anche in riconoscimento dell’impegno di

lunga data di Bartolomeo verso le tema-tiche legate all’ambiente; Bartolomeoviene infatti spesso chiamato il “Pa-triarca verde”!

Papa Francesco ed il Patriarca Kirillesprimono poi la loro preoccupazioneper la salvaguardia della libertà religiosa.Ma sorprendentemente, piuttosto chepuntare ai luoghi dove oggi i cristiani e lealtre minoranze, che vivono sotto il do-minio di una maggioranza islamista, ri-schiano persecuzione e morte quandoesprimono pubblicamente la loro fedecontraria alla religione di Stato, la mi-naccia percepita e il nemico comune sonosempre e solo il secolarismo occidentale.

Francesco e Kirill affermano che “inparticolare, constatiamo che la trasfor-mazione di alcuni paesi in società seco-larizzate, estranee ad ogni riferimento aDio ed alla sua verità, costituisce unagrave minaccia per la libertà religiosa. Èper noi fonte di inquietudine l’attuale li-mitazione dei diritti dei cristiani, se nonaddirittura la loro discriminazione,quando alcune forze politiche, guidatedall’ideologia di un secolarismo tantevolte assai aggressivo, cercano di spin-gerli ai margini della vita pubblica.”

L’assenza di un qualunque riferi-mento agli orrori delle conversioni for-zate islamiste in Medio Oriente, Asia eAfrica, assieme alla denuncia del secola-rismo “senza Dio” in Europa, potreb-bero però essere una mossa strategica diVaticano e Russia per fornire un terrenocomune ad un ulteriore dialogo con ileader musulmani: dialogo essenzialeper il Vaticano per raggiungere la pacein Medio Oriente, e per la Russia neisuoi difficili rapporti con la Cecenia edaltri Paesi musulmani confinanti.

Tuttavia, nell’indicare il secolarismoeuropeo quale principale nemico dellalibertà religiosa, trascurando invece diindividuare nell’estremismo islamico ilnemico mortale di tale libertà in altreparti del mondo, emerge una prospettivaglobale distorta.

Per affrontare la crisi globale del no-stro tempo dovremmo soprattutto rin-novare l’impegno per i diritti umanifondamentali e per l’uguaglianza di tuttele persone, uomini e donne, qualunquesia il loro credo o non credo – e ricor-darci che gli omosessuali, chi si convertedall’Islam, gli atei e tutti coloro che nonsi piegano alle norme sociali dettatedalla maggioranza, rischiano ognigiorno persecuzioni, torture e condannea morte in Paesi al di fuori delle societàlaiche europee. Per quanto si possa criti-care la crisi dei valori morali in Europa,nel continente non si conoscono oggi re-strizioni alla libertà di culto. È un luogodove prosperano vivaci dibattiti intellet-tuali e politici, tutelati dal sistema de-mocratico, e dove si pratica la libertà direligione e di coscienza, costituzional-mente garantita.

In Libia, con l’arrivo del neo delegatodelle Nazioni Unite, Martin Kobler, i

passi verso una nuova democrazia isla-mica sembravano consolidarsi semprepiù. Dopo la fuga di mail tra l’ex dele-gato dell’Onu Bernardino Leon e i mem-bri del governo degli Emirati Arabi perla sua nomina a presidente dell’Accade-mia per gli Studi Diplomatici (Eda) consede a Doha, si erano palesati intrighidiplomatici. Gli stessi che, sin dall’iniziodella rivolta libica, avevano spinto StatiUniti, Arabia Saudita, Qatar ed EmiratiArabi a sponsorizzare il “Gruppo deicombattenti islamici libici” (Al-Jama’aal-Islamiyyah al-Muqatilah bi-Libya) diappartenenza ai Fratelli Musulmani, cheattualmente controllano il Parlamentodi Tripoli.

Dopo l’istituzione, concordata tra ledue fazioni principali, di un “ConsiglioPresidenziale”, incaricato di formare ungoverno di unità nazionale, il 19 gennaioscorso è stata fatta una prima propostadal premier designato Fayez al-Sarraj,

che purtroppo è stata rifiutata dal Par-lamento di Tobruch. Lo scorso15 feb-braio, il premier designato ha presentatoper l’approvazione dei due parlamentiuna seconda proposta, con Tobruch cheancora una volta si è riservato una setti-mana di tempo per far conoscere la pro-pria posizione. A capo dei dissidi interniche continuano a manifestarsi esiste lanomina del ministro della Difesa, il co-lonnello Al-Mahdi Ibrahim Al-Bargha-thi. Discusso ex militare dell’esercitolibico, schieratosi sin da subito con leforze islamista, che è stato responsabi-lizzato per la fusione delle forze di sicu-rezza tra gli islamisti di Tripoli, le forzearmate del generale Khalīfa BelqāsimḤaftar e quell’insieme incandescente diresidui tribali sotto il governo di “nes-suno”. Un compito reso ancora più dif-ficile dal fatto che il generale Haftar, chesegue le direttive di Tobruch, ha già di-chiarato più volte che non cederà mai ilcomando delle sue forze a un uomo chein passato, pur dichiarandosi control’Isis, aveva aperto con loro canali di co-municazione per un mutuo accordo di

non ingerenza. A dimostrazione di questa incompa-

tibilità, l’esercito libico del generale Kha-lifa Haftar ha preso il controllo dellacittà di Ajdabiya, nell’est della Libia, co-stringendo alla ritirata le milizie islami-ste di Ansar al-Sharia. Nel finesettimana, secondo quanto riferiscono imedia libici, si è registrata una violentabattaglia tra l’esercito libico, sostenutoda alcune milizie salafite di giovani lo-cali, e quelle di Ansar al-Sharia, che haprovocato la morte di tre persone. Ilquadro d’insieme, dunque, volge piùverso condizioni di quasi anarchia chedi possibili accordi tra le parti.

Ecco, quindi, che in questo quadrogenerale ancora una volta il nodo chepreoccupa di più nella situazione libica èl’espandersi dell’Isis nella regione. Ilgruppo jihadista, sin dall’arrivo di AbūBakr al-Baghdādī in Libia, ha guada-gnato terreno approfittando del vuotodi potere dovuto ai dissidi interni tra To-bruch e Tripoli. L’Isis sta mettendo ra-dici profonde in tutto l’ovest di confinecon la Tunisia, controllando 180 miglia

di costa e Tarablus, Fezzan, Barqah eSirte. Forte di 8mila uomini, di cui piùdi 3mila sono tunisini, l’Isis continua adistruggere impianti petroliferi in mododa rendere sempre più debole la finanzalibica, mentre sul fronte terrestre incuteterrore e violenze sulla già provata e in-difesa popolazione civile.

La Libia nel suo insieme è ridotta alla“fame”, nel vero senso della parola, e incondizioni sanitarie di emergenza; man-cano i generi di prima necessità e anchela farina è divenuta merce da mercatonero. La mancata produzione di petro-lio, ormai ferma dal 2012, è forse l’arte-fice principale dell’accordo firmato dalle

parti. Il totale collasso della struttura sta-tale, in particolare in Tripolitania e in Ci-renaica, ha portato alla crescita dimovimenti islamisti jihadisti che hannoletteralmente messo in ginocchio l’eco-nomia locale di molte aree della Libia,Bengasi e Derna in prima linea. Que-st’ultima caduta poi nelle mani diDaëch!

Ecco quindi il perché di un interventodiretto degli Usa contro le istallazioniIsis in Libia. Il raid americano ha cen-trato una casa colonica a diversi chilo-metri da Sabratha, colpendo più di unaquarantina di jihadisti. Di questi, ben 37erano di nazionalità tunisina. Il solo pen-siero che 3mila tunisini foreign fightersIsis possano rientrare in Tunisia è lospauracchio che indebolisce ancora dipiù il fronte nordafricano. Un eventualeintervento militare contro l’Isis potrebbeessere incentrato su forze della Nato.Ma il tutto è condizionato dalla formalerichiesta che dovrà essere ufficializzatada parte di un futuro governo di unitànazionale che, ahimè, stenta a materia-lizzarsi.

di FABIO GHIA

5L’OPINIONE delle Libertàgiovedì 25 febbraio 2016 Esteri

Libia: alba o tramonto di una nuova democrazia islamica

di LISA PALMIERI-BILLIG Francesco, Kirill, Cuba e l’ombra di Putin:cristiani uniti contro il secolarismo europeo

7L’OPINIONE delle Libertàgiovedì 25 febbraio 2016 Cultura

Riuscirò un giorno a infilzare ilmio... “Doppio”? Che domanda,

direte voi. Volete una risposta? Alloranon perdetevi Alessio Boni (protago-nista e co-regista) ne “I Duellanti”,tratto da Joseph Conrad, in scena alTeatro Quirino di Roma fino al 6marzo. Di che cosa si tratta? Di duemetà unite per la spada e separate(per sempre?) da una coppia di pi-stole. Due tenenti degli ussari di Na-poleone - divenuti famosi in tuttol’Impero per la loro leggendaria riva-lità - si sfideranno a duello (ferendosipiù volte reciprocamente) per ven-t’anni di seguito fino al sorprendenteepilogo, quando i loro gradi rispettivisaranno di generale. Certo, è una sto-ria d’onore. Che impone varie regole.All’ultimo sangue, sì. Ma ci si fermasempre se l’altro, ferito, non è più ingrado di continuare il duello. Né lasfida può proseguire quando uno deidue viene promosso al grado superiore.Perché è vietato incrociare la spada conun inferiore gerarchico. Né ci si dividedavanti al nemico comune: in questocaso la tregua è tacita e si affronta labattaglia schiena contro schiena.

Ma la storia dei duellantiè molto di più di ciò che ap-pare. Il duello (comune) ècontro la malasorte, che livede colonnelli (e, poi, tra irari superstiti!) nei repartiche vanno al massacro nellacampagna di Russia, con iloro uomini che si lascianomorire a decine di migliaiaal grido “Viva l’Impera-tore!”. Meraviglioso è ilduo Armand D’Hubert(Alessio Boni) e Gabriel Flo-rian Feraud (Marcello Pra-yer) quando entrambi,disarmati e in camicia, si ir-rigidiscono in piedi, l’unoaccanto all’altro, per l’ul-timo saluto simbolico apiù di seicentomila soldatifrancesi caduti a causa delGenerale Inverno e dei co-sacchi imperiali, che stermi-

narono senza pietà le truppe nemicheritirata. E le loro cadenze recitative,ossessive e appassionanti, ci portanodall’avanzata irresistibile dell’armatanapoleonica al suo terribile, lento eineluttabile ripiegamento, con le cittàrusse in fiamme, incendiate da un ne-mico invisibile che si rifiutava di com-battere. E, poi, la lunga, inutile attesadella resa dello Zar da parte di Na-poleone, che consumerà troppotempo prezioso, seguito da un ordinedi ritirata non ben meditato e preci-pitoso, destinato a triturare la sua ar-mata tra gelo, mancanza di una lineacoesa di comando, alcool e sciaboledei cosacchi.

Poi, la Restaurazione, che vedeD’Hubert riciclarsi - mantenendo ilsuo grado di generale - nel nuovo re-gime, mentre il suo doppio parigrado, violento, ma leale e corag-gioso, viene condannato addirittura amorte! Molto interessanti sono i dia-

loghi tra il nostro eroe - intenzionatoa mantenere in vita, anche se esiliato,il suo Doppio - e il nuovo ministrodella Difesa. Con confessioni di que-st’ultimo del tipo: “Ma noi, esuli davent’anni, che ne possiamo capire diquesto Paese che siamo costretti a go-vernare, pena la nostra stessa scom-parsa politica e fisica?”. Ecco cosìavverarsi la prima comparsa del tra-sformismo moderno, che vede l’alta emedia burocrazia “riciclarsi” nel“Nouveau Régime” mantenendo sta-tus e grado. Solo gli eroi, quelli dal co-dice d’onore immacolato, si fannosdegnosi da parte, accettando la mar-ginalità, la prigione e la morte! Ma,così facendo, la società tutta scivolalentamente e inesorabilmente verso ildegrado morale, svuotandosi inte-gralmente dei suoi contenuti valoriali,a favore del più becero conformismoe dei comportamenti opportunistici.

Solo i due duellanti, sostenendosi

a vicenda nel loro (soltanto appa-rente) odio complementare, restanovivi, guardandosi spietatamente,come in un gioco di specchi, l’unodentro l’altro. Perché, sembra volercidire Conrad, il conflitto è vita e “vice-versa”: non c’è vita senza conflitto!Spettacolo bello davvero. Scenografiaesauriente di sintesi che serve moltobene a descrivere il piacere (confinatoin un angolo angusto) e le dure ri-nunce alle comodità imposte dallavita militare. Bravissimi tutti gli at-tori, piacevolmente multiruolo,come Francesco Meoni che veste ipanni del colonnello -anche padredella giovane moglie di D’Hubert -del ministro e del reduce. Idem perPrayer, che interpreta il medico-vocenarrante del battaglione e il gua-scone Gabriel Florian Feraud, Dop-pio del più raffinato ed eleganteprotagonista. Consigliato per tutte leetà!

di MAURIZIO BONANNI “I Duellanti”: singolar tenzone al Quirino