Cultura Commestibile n.32

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32 uesta settimana il menù è DA NON SALTARE Frangioni e Siliani a pagina 2 Q OCCHIO X OCCHIO Cecchi a pagina 5 Pucci a pagina 7 Rosi a pagina 11 Saltando le pozzanghere RIUNIONE DI FAMIGLIA Giani in the world a pagina 4 L’enfant prodige Bini-Smaghi Un amore per Proust Japan movie oltre Kitano KINO&VIDEO ICON La bellezza è figura del bene Basta petrolieri! basta doganieri! basta genetisti! La cultura è... cultura! Non si può mica perdere il Maggio, perdere la lirica. Sono dei simboli, dei lasciapassare del nostro Paese nel mondo. Il Maggio è nel Dna della musica Annamaria Cancellieri Ministro della Giustizia 5 maggio 2013

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Numero 32 di Cultura Commestibile

Transcript of Cultura Commestibile n.32

32uesta settimanail menù è

DA NON SALTARE

Frangioni e Siliani a pagina 2

Q

OCCHIO X OCCHIO

Cecchi a pagina 5

Pucci a pagina 7

Rosi a pagina 11

Saltandole pozzanghere

RIUNIONEDI FAMIGLIA

Gianiin the worlda pagina 4

L’enfant prodigeBini-Smaghi

Un amoreper Proust

Japan movieoltre Kitano

KINO&VIDEO

ICON

La bellezzaè figura del bene

Basta petrolieri!basta doganieri!basta genetisti!

La cultura è... cultura!

Non si può mica perdere il Maggio, perdere la lirica.Sono dei simboli, dei lasciapassare del nostro Paesenel mondo. Il Maggio è nel Dna della musica“ Annamaria Cancellieri

Ministro della Giustizia5 maggio 2013

frase di Vinteuil che continuamente ritorna esvolge questa funzione di attivazione invo-lontaria della memoria), dall’altro Proust de-dica diverse pagine a vera e propria teoriamusicale.Sì, però la funzione della piccola frase èmolto più importante; non è soltanto unfatto estetico perché la piccola frase, cheSwann ascolta la prima volta che si reca nelsalotto di Madame Verdurin invitato daOdette (questa donna che inizialmentenon gli piace; più volte lui dice che non èil suo tipo, che prova quasi una repulsionefisica; la pelle troppo delicata, il viso ap-passito, i capelli troppo bassi sulla fronte),ha la funzione di aprire l’animo di Swann,un po’ come il libro galeotto del V Cantodell’Inferno di Dante. Swann ascolta que-sta musica, viene rapito e Proust dice chequesta musica lo fece quasi tornare gio-vane, lo riportò a credere quasi nell’esi-

stenza di quelle realtà spirituali einvisibili alle quali ormai Swann, di-

sincantato, non crede più.S.Siliani Si direbbe quasi le

idee innate di Platone.Certamente. E

l’ascolto diquesta mu-

sica lo pre-para ac a d e r en e l l atrappolad e l -

l ’amore,gli riapre

l’anima.A.Frangioni

Sì, infatti luidice che lui si in-namora in età

avanzata equindi è più il pia-

cere dell’innamoramento che l’attrazionedella persona fisica.Sì, c’è un passaggio molto preciso: “all’etàgià un po’ disincantata a cui si approssi-mava, ci si innamora più per il piacere diesserlo che non per altro, senza eccessiveesigenze di reciprocità”. Quindi, lui si lasciaandare senza opporre resistenze al piacere,alla seduzione di essere corteggiato. Ini-zialmente è lei che lo corteggia e lui am-mette che questa donna non le piace maè così gentile, le manda i bigliettini... certosi accorge che la calligrafia tradisce un di-sordine del pensiero, la scarsa educazione,quasi un disordine morale, però questadonna è così assidua nel corteggiarlo chelui si lascia andare, senza pericolo credeperché in fondo la donna non è il suo tipo.Ma poi sembra una nemesi perché lui, cheaveva pensato che questo sarebbe stato unpiacere senza eccessive esigenze di reci-procità, soffrirà le pene dell’inferno perchévorrebbe reciprocità.A.Frangioni Tu hai scelto la traduzione diRaboni e non quella einaudiana della Gin-zburg: c’è un motivo?Perché la trovo migliore. Sono passati 50anni. Di Un amore di Swann c’erano altretraduzioni come quella di Oreste DelBuono. Ho scelto la traduzione di Raboniperché è la più recente, con dietro un no-tevole lavoro, con un’equipe intera per 20anni. Non è un’edizione critica, ma quasi:c’è un apparato di note, curato da Daria

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Sandro Lombardi torna, comeogni estate da sette anni, nel cor-tile del Museo nazionale del Bar-gello con Un amore di Swann, con

regia di Federico Tiezzi, insieme a IaiaForte e Elena Ghiaurov. Lo abbiamo in-contrato prima dello spettacolo, che re-plica fino a domenica 2 giugno, e lacomune passione per Marcel Proust ci hatravolti.S.Siliani Nell’immenso e inesauribile monu-mento della Recherche hai scelto Un amoredi Swann, l’amore tormentato di Swann perOdette (la donna angelicata già prostituta):perché? Cosa ti ha affascinato di questa partedell’opera?Intanto l’idea è stata di Federico Tiezzi chemi chiese, sapendo della mia proustofiliao proustomania come preferisci, se me lasentivo di preparare una drammaturgia daUn Amore di Swann. E’ stata anche unascelta di praticità perché questo è l’unicoframmento di tutta l’immensa Rechercheche può essere isolato, che nasce già quasileggibile da solo (difatti molte personehanno letto solo questo di Proust). In ef-fetti ha una sua autonomia. E poi perchéUn amore di Swann, che è la parte centraledel primo dei sette volumi, è una sorta dimicrocosmo di tutti i temi della Recherche.Ci sono tutti. Il tema della gelosia e del-l’amore, ovviamente per primi. Però ancheil tema dello snobismo, la critica feroceche Proust avanza a questa società bor-ghese, la grande borghesia del denaro rap-presentata dai Verdurin e da quelli chefrequentano il loro salotto. La musica: lafunzione importantissima che ha la So-nata di Vinteuil, questo musicista d’inven-zione che i critici e gli esegeti si sonoscervellati da sempre per identificarlo conqualche musicista vivente. Ma io credoche come per la maggior parte dei perso-naggi di Proust, un rapporto così automa-tico tra un’invenzione come può essereOdette o Swann o Madame Verdurin euna persona reale non ha troppo senso:Proust estrapolava dalla realtà alcuniaspetti anche da persone e luoghi diversio, come in questo caso, da compositori di-versi, e creava una sua invenzione narra-tiva. Quindi sicuramente, in Vinteuil c’èqualcosa di Debussy, di Camille Saint-Saëns, di César Frank, i musicisti di quelperiodo di area francese. Nel nostro spet-tacolo c’è soprattutto Debussy e come“piccola frase” ho fatto trascrivere per pia-noforte da Giancarlo Cardini un fram-mento del terzo movimento del suoQuartetto per archi.Dunque, dicevo, questo microcosmo incui si trovano i temi principali. Ancora, lasatira contro questi personaggi molto par-venue; i loro snobismi, le loro cattiverie.Poi l’analisi spietata e nello stesso tempocommossa di quelli che sono i moti del-l’animo di Swann. Tra i personaggi dell’in-tera Recherche, a parte l’Io narrante, è forsequello che contiene in sé il maggior nu-mero di elementi appartenuti a MarcelProust.S.Siliani In questo microcosmo tu fai riferi-mento alla musica che, mi sembra, abbiaquesto doppio registro: da un lato è una clas-sica epifania che attiva la memoria la piccola

di Aldo Frangioni e Simone [email protected] e [email protected]

DA NON SALTARE

Un

peramoreProust

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Galatea e da Alberto Beretta Anguissola,portentoso e perfino i francesi nell’ultimaedizione La Pleiade che è successiva aquella dei Meridiani, fanno riferimento aquest’ultima. Quello che poi mi interes-sava di Raboni era, a differenza dellaprima edizione che aveva un traduttore di-verso per ogni volume, la omogeneità.S.Siliani Torniamo alla musica. E’ la musicail vero protagonista di questa parte della Re-cherche? Nel senso che se guardiamo tutti itemi che sono trattati sono collegati da que-sta. Sì, è vero, lui si innamora di Odette, forse;ma in realtà si innamora della piccola frasemusicale. Il tema della malattia: l’alienazionementale in Vinteuil è proprio legata alla mu-sica. Il tema delle memoria, attivato dallamusica. C’è una teoretica della musica.Sì, penso anche io. Nell’arco dell’intera Re-cherche tutte le arti hanno un momento digloria: l’architettura, la pittura, la scritturasoprattutto. A tutte le principali arti Proustdedica pagine importanti.A.Frangioni Forse ad esclusione del cinemache Proust non amava...Eppure Il tempo ritrovato è così cinemato-grafico, con quella Parigi notturna sotto ibombardamenti, oscurata, è impressio-nante. Nell’Amore di Swann il linguaggiomusicale è quello al quale Proust attribui-sce la funzione di metafora di tutti gli altrilinguaggi.A.Frangioni La musica è la chiave per par-lare di questo amore, di questa contorsioneche nasce in modo quasi distratto.Infatti anche la piccola frase musicalenasce dalla massa indistinta della parte perpianoforte che a un certo punto di eleva,guizzante, aerea, la piccola frase per vio-lino. La Sonata lui l’aveva ascoltata unaprima volta – e non si ricordava di chifosse – nella sua originaria scrittura che eraper violino e pianoforte; ma a casa di Ma-dame Verdurin la riascolta solo per piano-forte dal giovane pianista, quello che aNatale vuole andare dalla mamma e Ma-dame Verdurin si arrabbia e dice “da vostramadre? Per Natale, come si fa in provin-cia”.S.Siliani Comunque, come lui entra nel-l’amore di Odette quasi controvoglia, forsenello stesso modo ne esce. Non c’è un mo-mento di rottura; piuttosto la noiaSì, lui si sente affaticato dal fatto di dovercontinuare a dove essere geloso; lei co-mincia a frequentarlo sempre di meno, poii Verdurin comprano lo yacht, vanno incrociera insieme e Odette fa un viaggio diquasi un anno; lui si sente quasi guarito epoi c’è l’epilogo che io ho preso dalle Fan-ciulle in fiore, cioè la passeggiata sull’Avenuedu Bois. Mi interessava che il pubblico ve-nisse a sapere del finale come ne viene asapere il lettore, se arriva in fondo alla Re-cherche: Swann qualche anno dopo che èfinito l’amore, la sposa. Quando i due sisposano, è già tutto finito. Dopo lui non èpiù geloso, anzi è contento di vedere chesua moglie, quando la domenica mattinapasseggiano insieme al Bois de Boulogne,è oggetto dell’attenzione di duchi e prin-cipi che vanno a salutarla e a renderleomaggio. Nel frattempo Odette è diven-tata una delle donne più belle ed elegantidi Parigi, anche grazie ai mezzi economicidi cui lui dispone.A.Frangioni Hai detto all’inizio che questoè un romanzo nel romanzo, più agevole da

DA NON SALTARE

SandroLombardial BargellointerpretaSwann

sceneggiare. Ma non pensi che anche la storiadi Albertine abbia una possibilità di esseresceneggiata?Sì, io spero di poterlo fare. Sarà più difficilema spero di poterlo fare. Direi che si po-trebbero fare altri due di spettacoli dallaRecherche: appunto quello su Albertine,ma poi si potrebbe fare uno spettacolo suCharlus, Lui attraversa tutta la Recherche.Ma in primo luogo su Albertine. La vi-cenda di Albertine è prefigurata. La suastoria si diffonde maggiormente nel ro-manzo: comincia già nelle Fanciulle infiore, va avanti per tutti i Guermantes, pertutta Sodoma e Gomorra, per tutta La Pri-gioniera e, infine, dopo morta, torna nellaforma della gelosia postuma, retrospettiva.L’intensità, la violenza, il patimento dellagelosia è paragonabile a quella per Odette.Ma l’idea di prefigurazione nella storia diOdette mi conferma quello che ho sem-pre pensato, cioè che l’ascendenza ebraicaper parte di madre di Proust lo porta a dis-seminare l’intero romanzo di citazionidall’Antico Testamento. Secondo me loporta anche a raccontare degli episodinello stesso modo con cui nei primi secolicristiani veniva riletto l’Antico Testa-mento, cioè come prefigurazione, una let-tura figurale: l’Amore di Swann prefiguraAlbertine, come i Padri della Chiesa leg-gono nel sacrificio d’Isacco la prefigura-

zione del sacrificio di Cristo. L’elementovetero-testamentario è fortissimo nellaRecherche.A.Frangioni Non pensi di fare qualcosa suGiotto e la descrizione della cappella degliScrovegni di Proust?Nella vicenda di Albertine, il ruolo che perSwann svolge la musica nel prepararlo spi-ritualmente con Odette, lo svolge la pit-tura. Perché il Narratore è appena statonello studio di Elstir e ha avuto la folgora-zione di quadri che lui vede in due modi,contemporaneamente la giustapposizionedi macchie di colore e le figure che questemacchie di colore formano, ed è lì che luivede passare la piccola brigata, il piccologruppo delle fanciulle in fiore. Vede chesalutano il pittore e chiede se lui le cono-sce e da allora comincia a frequentare ilpittore per puro interesse, nella speranzache gliele possa presentare.S.Siliani A proposito della pittura, forsel’unico momento in cui Swann fa un compli-mento a Odette è quando la paragona ad al-cune immagini di Sandro Botticelli.Sì, la musica lo prepara allargandogli ilcuore e poi però viene colpito dalla somi-glianza con le donne di Botticelli e solo al-lora scatta il meccanismo snobistico cheproduce l’innamoramento. Allora si con-vince che non è affatto brutta e si inna-mora.

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Registrazione del Tribunale di Firenzen. 5894 del 2/10/2012

direttoresimone siliani

redazionesara chiarelloaldo frangioni

rosaclelia ganzerlimichele morrocchi

progetto graficoemiliano bacci

editoreNem Nuovi Eventi Musicali

Viale dei Mille 131, 50131 Firenzecontatti

[email protected]

[email protected]/cultura.commestibile

“ “Con la culturanon si mangia

Giulio Tremonti

RIUNIONE DI FAMIGLIA

I CUGINI ENGELS

Non c'è niente da fare, lo ammet-tiamo: non ce la fac-ciamo a stare dietro al

Giani Eugenio! E' una fonteinesauribile di gag, dichiara-

zioni estravaganti,apoditticheesternazioni,esilaranti situa-zioni. In con-

fronto a lui Mr. Bean è undilettante. E' ovunque: sempresulla notizia ( farlocca), interna-zionale, planetario, poliglotta, ubi-quo. Così, per seguirne le tracce,abbiamo dovuto chiedere aiuto ainostri cugini di Londra. Che pron-tamente ci hanno segnalato un re-portage sul Guardian dal qualeimpariamo che il “quintessenzialeelegante fiorentino” Giani, gui-dando il giornalista nei labirinticicorridoi di Palazzo Vecchio e par-lando del nuovo Inferno di DanBrown, ha garantito: “il turismo aFirenze è diminuito del 10% e, sequesto libro vende, riguadagne-remo quel 10%”. A lui non gli fapaura nessuno: “Gli esperti diDante mi hanno avvisato di fareattenzione a Brown, ma io non hopaura. L'importante è che la gentesi interessi a Dante, poi saprannoloro distinguere il falso dal vero”.Già, ma Dante in tutto ciò chec'entra?

“Morire di austerità” è il nuovoattesissimo best-seller di LorenzoBini-Smaghi, l’enfant prodige (perla verità più enfant che prodige)della finanza europea, già mem-bro del Comitato Esecutivo dellaBanca Centrale Europea. Destinoquello sotteso al titolo che certa-mente non toccherà mai al baldoBini Smaghi vista la sua prover-biale capacità di di poggiare sem-pre la sua nobile seduta in luogomorbido e caldo. Chi non ricorda,infatti, la fiera reazione e la nobiledifesa dell’indipendenza dellaBanca Centrale Europea quandoBerlusconi gli chiese nel giugno2011 di lasciare il posto al mo-mento dell’elezione di Draghialla Presidenza della BCEper evitare uno scontro diplo-matico con la Francia. “Eh no,disse il Bini – non lascio perchédevo difendere l’autonomiadella BCE. Non lo faccio perme, sia chiaro, ma per l’isti-tuzione! Non mi dimetto... ameno che non mi nominiatealla Banca d’Italia al posto delDraghi”. E non c’è stato verso: ilBini sulle questioni di principionon molla. Ha capitolato solo duegiorni dopo le dimissioni del Ber-lusca. Si narra che che B. gli avesseproposto un posto ben remuneratodi amministratore di condominionella sua villa in Sardegna, maNo Berlusca, No € e quindi s’è di-messo. Gli andò male, povero

Bini. Per questoha scritto il libro,nel quale ci spiega che “l’auste-rità è frutto dell’incapacità deisistemi democratici di affrontaretempestivamente, e con misure

adeguate, i problemi … il ri-schio di morire di austerità èattribuibile solo all’incapacitàdelle istituzioni politiche”. In-somma, la colpa dell’austeritàè di Berlusconi che non ha de-ciso al momento giusto di no-

minare lui alla Bancad’Italia; se lo avesse

fatto, oggi staremmotutti meglio. La

soluzione noice l’ab-biamo:una bellacura di au-sterità peril BiniSmaghi,adesso!

LE SORELLE MARX

L’enfant prodige Bini-Smaghi Gianiin theworld

Joe T.Lambert è il capofila della corrente letteraria australiana dei neo-boreali-crepusco-lari. Fra i rappresentanti di questo, volutamente oscuro, movimento spicca anche l’italo-australiano Ugo Notte e l’aborigeno, del gruppo Pitjantjara, Icat Ettonafis. Il linguaggioè una mescolanza di lingue e dialetti delle popolazioni native dell’Australia con l’inglese,col calabrese, col polacco e con il serbo-croato. Difficile seguire un discorso compiuto, anchese si intuisce che si parla sempre di atmosfere plumbee pregne di mistero. Le opere sonointraducibili e sono pubblicate in tutti i paesi nella lingua-pastique originale. Nel nostrocaso è stato dato il titolo “Sentieri di notte” solo per vedere se qualche italiano lo avrebbeacquistato. L’incipit del “romanzo” è comunque accattivante: “Adda passà a nottata”.Le prime quattro parole sono chiare, il resto è uno sciorinare di idiomi sconosciuti, anchese foneticamente piacevoli, come quando si percepisce che lo scrittore parla di se cammi-nando verso le 23,30 sul bordo di un dirupo e ci racconta: “Nighttando speak-black ululabafantoculu a ttia e a chida puttana i mammata”. L’io narrante spinto da uno sconosciutodiventa un “Io-rotolante” che scrive di una sua disastrosa caduta notturna da HangingRock il monte del celebre film di Peter Weir.

Finzionariodi Paolo della Bella e Aldo Frangioni

Saltando

le pozzanghere

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.com sabato 1 giugno 2013no32 PAG.5OCCHIO X OCCHIO

Dopo che Cartier-Bresson(1908-2004) scatta a Pariginel 1932, con la sua primaLeica, acquistata da poco a

Marsiglia, la fotografia dell’uomoche salta la pozzanghera dietro allastazione di Saint Lazare, saltare lepozzanghere sembra diventare unosport di moda. Ma ancora più dimoda diventa fotografare i saltatori,o meglio, le saltatrici di pozzanghere,che amano esibirsi in numerose va-rianti di stile. L’istante decisivo di-venta nell’immaginario collettivoquello del salto della pozzanghera, ilpreciso momento in cui ci si liberadalla forza di gravità e ci si innalza aldi sopra delle acque, lasciando soloimmaginare l’esito del salto. Cartier-Bresson diventa un caposcuola ed ilsalto della pozzanghera diventa untema obbligatorio con il quale con-frontarsi. Poco importa se, sfo-gliando gli archivi, si trovano deisalti precedenti al 1932, come quellodella signora immortalata da Frie-drich Seidenstrucker (1882-1966) aBerlino già nel 1930. Di fatto la pa-ternità del salto viene attribuita adHenri, che viene imitato da fotograficome Wolfgang Sushitzky (1912-)che nel 1937 ritrae le gambe di unasignora che salta, o da Willi Ronis(1910-2009) che dieci anni più tardifotografa altre gambe femminilimentre saltano una pozzanghera pa-rigina in cui si riflette la sagoma in-confondibile ed altamente simbolica

della colonna di Place Vendome. E laserie si allunga, un altro salto femmi-nile viene registrato nel 1970 da Lo-thar Reichel (?), ma quello piùsignificativo sembra rimanere quellodi un fotografo di cui non è noto ilnome, che registra il salto acrobaticodi una signora con tacchi alti, tenutaper mano dal proprio cavaliere. Inaltri tempi il cavaliere avrebbe di-steso la giacca sulla pozzanghera, va-nificando il momento decisivo delsalto alla Cartier-Bresson. Solo chein realtà, nella foto di Cartier-Bres-son, l’uomo, ridotto ad una silho-uette scura che si riflette nell’acquastagnante, non salta per niente lapozzanghera, anzi, ci finisce decisa-mente dentro, e viene ritratto nelmomento in cui il piede sta per en-trare proprio nell’acqua. L’istante de-cisivo è quello precedenteall’impatto. Come dire, è il click cheprecede lo splash.

di Danilo [email protected]

Sopra da sinistra Friedrich Seidenstruc-ker (1930), Wolfgang Suschitzky (1937),Willy Ronis - Place Vendome (1947), Lo-thar Reichel (1970). Al centro Henri Car-tier-Bresson – Dietro la Gare Saint Lazare(1932). Sotto fotografo non rintracciato,Salto di coppia

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Se da una parte la sperimenta-zione poetico-visuale proce-deva nella direzione artistica,oltrepassando i canoni este-

tico-culturali e sviluppandosulla tela le linee program-matiche della nuova criticaculturale e ideologica, dal-l’altra si assiste a una rivolu-zione letteraria in nomedella mancata fiducia neiconfronti dell’universo co-municativo moderno. Inquesta tendenza EugenioMiccini sviluppa un propriosenso letterario: fra speri-mentalismo “endolettera-rio” ed “esoletterario”,caratteristico dell’Arte neoa-vanguardistica degli anniSessanta, l’artista pone lebasi per l’affermazione di unnuovo canone e di unnuovo atteggiamento este-tico, in quanto recupero cri-tico della storia e delleconvenzioni linguistiche deivari campi di espressione.Una vera e propria rifles-sione – spesso in chiave pa-rodica – sulle forme e suicodici ereditati dal passato.Si tratta, certamente, di unosperimentalismo conside-rato come verifica e rico-struzione critica delleeffettive funzioni del lin-guaggio artistico all’internodella civiltà industriale rettadagli strumenti di comuni-cazione di massa, nella con-vinzione che solo losperimentalismo poliedricopuò essere lo stile di unanuova cultura moderna. Posta l’attenzione sul carat-tere analitico e interdiscipli-nare della teoria, ossia la messa in lucedella dilatazione dei canoni, del mu-tamento dei paradigmi e della compe-netrazione delle esperienze artistichedegli anni Sessanta, nasce la certezzache la Poesia Visiva prenda le mossedalla riflessione sulle alterazioni deilinguaggi e delle ideologie letterarie,qualificandosi come un fare artisticoesoletterario, inserito in un presentegiudicato ontologico e astorico, densodi complessità e in cui è impossibiledistinguere i confini disciplinari.In tali prospettive nascono le seriedegli Ex libris, Libris, delle edizioniTèchne e i libri d’artista di EugenioMiccini, vere e proprie dichiarazioniletterarie, che richiamano a un sensodi poeticità inedito e a una svolta on-tologica nell’era dell’estetismo diffuso.“Il libro – scriveva l’artista – luogo diogni scrittura segnica, verbale e ico-nica, sedimento di scritture e figura-zioni, non poteva non subire lemedesime tensioni che hanno scon-volto il linguaggio. Da veicolo o con-tenitore di messaggi diventacontenuto e messaggio, subisce nel

di Laura [email protected]

REBUS

ed

Tre opere di Eugenio Miccini: al centro Ut scriptura, 1998, Firenze, EdizioniTéchne, 1998 – Courtesy Archivio Carlo Palli. A sinistra sopra Il mare, 1993Acqua in teca di plexiglass serigrafata cm 109x78x18 – Collezione Carlo Palli,sotto Liber, 1981, Firenze, Edizioni Téchne, 1981 – Courtesy Archivio CarloPalli.

endoesoletterario

suo seno una precessione dei simulacri( Jean Baudrillard), per cui il signifi-cante è più vero della cosa simulata.Assume cioè su di sé quella funzionepoetica (Roman Jakobson) che consi-ste nell’attirare l’attenzione anchesulla propria forma”. In quanto pro-dotto della creatività umana, la formadel libro ha la duplice valenza di di-vulgare informazioni estetiche e di es-sere oggetto fruibile nella propriaforma estetica e poetica. Una rivolu-zione che ha segnato profondamenteil fare poetico e artistico dagli anniSessanta a oggi.

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L’Odeon, da anni, ospita Festi-val Internazionali di Cinemain cui vengono proposti filmbellissimi, per lo più inediti,

di paesi lontani ed offre così ai cinefilifiorentini e non solo ghiotte occa-sioni di altrimenti inarrivabile qualità.Il pubblico non si fa attendere e riem-pie la sala. Al cinema coreano, in-diano, medio orientale e balcanicoaggiunge ora anche quello giappo-nese.Tokaaki Matsumoto è il direttore ar-tistico di questo festival, ha studiatocanto alla scuola di musica di Fiesolee vive qui da tempo. Tokaghe, lucer-tola, è il nome scelto per l’associa-zione che si occupa di migliorare laconoscenza della cultura, del co-stume e del cinema giapponese nelmondo, essa infatti come una lucer-tola, insegue il sole e la sua luce che liillumini. Mi racconta che dopo lafama internazionale e i grandi fastidell’epoca di Kurosawa, il CinemaGiapponese ha subito una specie dieclissi sia di pubblico che di soldi e daun po’ si cerca meritato rilancio e dif-fusa distribuzione. “Negli ultimi annida noi è noto quasi solo Takeshi Ki-tano e il suo crudelissimo pulp”, dico,Takaaki, sorridendo sornione, “Ki-tano è presentatore e animatore ‘co-mico’ di un programma televisivo.” Leprime due rassegne di cinema giap-ponese a Firenze eb-bero luogo aSanto Ste-fano alPonte, lasecondafu fune-s t a t ap o c od o p odalla trage-dia di Fuki-shima, città dallaquale Takaaki proviene edove tuttora vive sua madre. Alla salaFerri di Palazzo Strozzi sono stati pro-iettati, gratuitamente, vari documen-tari su questo evento dalleconseguenze ancora irrisolte, realiz-zati esclusivamente da giapponesi.Nel periodo della rassegna la zona cir-costante il cinema è stata piena di cul-tura giapponese, era presente un“maestro di timbro”, oggetti di moda,di arte e artigianato, gli aperitivi deilocali erano accompagnati dagli arti-stici bocconi nipponici, non solo, maanche dai classici “o-bento” ,uno chefè venuto da Tokio per cucinare spe-cialità, dicesi, imperdibili. Al coctailparty inaugurale, terrazza di PalazzoStrozzi, circolano signore in kimono,Takaaki stesso indossa un serioso escuro abito tradizionale, un tipo neindossa uno antico, colorato e moltoartistico, da nobile o samurai chissà!Il cuoco disseziona con abile velocitàun enorme pesce trasformandolo inregolari bocconcini da sushi. Ben seiregisti sono stati presenti alla proie-

di Cristina [email protected]

Si è chiusala rassegna del cinema giapponese di Firenze

oltre KitanoJapan movie

zione dei loro lavori. Fra i film animee manga ovviamente, un Bmovie oltreogni splatter, Dead Sushi, del miticoNaboro Iguchi cresciuto a sushi e ef-fetti speciali made in Hollywood. Fla-shback Memory di Tetsuaki Matsue,artista innovativo che usa un ineditolinguaggio ricco di videoinstallazionie videoclips, una via di mezzo fra filmdocumentario e video musicale. An-cora ed infine Japan Lies, che raccontavita e opere di un fotogiornalista di 92anni, Kikujiro Fukishima, da sempreimpegnato a ritrarre sofferenza e dif-ficoltà di persone normali e che sem-bra evidenziare ipocrisie e lato oscurodella molto idealizzata società giap-ponese.

Il MacbethtradottodaJohannFussli

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Tra gli artisti che maggiormentehanno saputo interpretare ilgrande potenziale visivo deiversi delle opere di Shakespeare

una posizione di rilievo è sicuramenteoccupata Johann Heinrich Fussli(1741-1825). Nato in Svizzera,giunge in Inghilterra nel 1767 per ri-partire nel ’70 per un viaggio forma-tivo in Italia dove si trattiene per 8anni.Raffinato intellettuale Fussli ancoraadolescente a Zurigo si diletta nel tra-durre Macbeth, opera per la quale nu-trirà una vera e propria ossessione chelo condurrà a misurarsi spesso con larealizzazione di tele ad essa ispirate.Testimonianza dell’interesse dell’arti-sta verso questa tragedia, tra le piùcomplesse e controverse del canone,è data in particolare dalla ripresa diuno stesso momento in due differentiopere realizzate a ben 36 anni di di-stanza l’una dall’altra.Entrambe le opere furono ispirate daDavid Garrick l’attore che dominò lescene inglesi dal 1741 al 1776 e dallasua interpretazione di Macbeth alfianco di Hannah Pritchard. Si trattadell’inizio del secondo Atto quandoLady Macbeth incontra il marito chestringe i pugnali sanguinanti dopol’uccisione di Duncan. La prima versione, un acquerello del1766, denuncia apertamente la suaispirazione teatrale a cominciare daicostumi settecenteschi indossati daidue personaggi, insieme alle “pose”da essi assunte e al gioco di luci chene riflette le ombre sul pavimento esu una specie di paravento.Nell’olio su tela del 1812, conservatoalla Tate Modern, Fussli pur mante-nendo inalterato l’impianto dellacomposizione ne modifica radical-mente i dettagli stravolgendone l’im-pressione generale. Il volto diMacbeth, divenuto una maschera diorrore non ha più niente dell’espres-sione stereotipata di Garrick, e il suocorpo spogliato di qualsiasi abito discena è testimonianza dello studiosulle forme maschili nell’arte classicacompiuto negli anni trascorsi aRoma. Se i pugnali nella versione del’66 sembravano puntati quasi insegno di difesa verso la moglie, oraMacbeth li volge contro se stessomentre Lady Macbeth, che i contornisfumati dell’abito fanno somigliarepiù ad un’apparizione che alla solidadama settecentesca osservata in pre-cedenza, emerge dalle tenebre comeuno spettro piegando il busto com-pletamente verso il marito e portandoanche in questo caso l’indice allabocca.Fussli, artista formatosi in epoca pre-romantica che apprese per intero lalezione dell’arte classica e rinascimen-tale studiata in Italia, continuò du-rante tutta la sua carriera a misurarsicon soggetti shakespeariani, non soloin dipinti di grandi dimensioni maanche attraverso studi e schizzi; tra i

Il viaggio poetico di Alberta Bigagli

di Caterina [email protected]

di Franco [email protected]

Ci sono scrittori che si conosconosolo per le loro opere ed altri quo-tidianamete volti a mediare la vitacon la scrittura in un dialogo inin-terrotto. C’è in questi ultimi l’an-tica vocazione a una letteraturafabulatrice di natura orale cheporta nel testo fermato sulla paginatutte le fragranze del vissuto e delvivibile.In questi casi la musica del versonon segue armonie astratte, geo-metriche, ma si articola in una fonèmodulata a seconda del formarsi diun discorso imprevedibile doveancora si avverte l’eco della voceprimigenia e che con voce chiaravuole essere espresso, accompa-gnata dal gesto ieratico, che la asse-conda.Il lettore si domanderà a quale au-tore, a quale poeta questa mia defi-nizione faccia riferimento.Fra gli altri spicca una poetessa chepubblicò la sua prima opera, per leEdizioni Vallecchi, intitolataL’amore e altro e prefata da CarloBetocchi, firmata soltanto colnome di battesimo: Alberta.Quando all’inizio degli Anni Ot-tanta ricevetti questa raccolta diversi rimasi stupito dall’assenza dicognome sulla copertina e com-presi che la poetessa voleva testi-moniare in prima personaun’esperienza fra eros e thanatos,con una passione campaniana, al di

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PIANETA POESIA

là del puro codice letterario.Abbiamo poi tutti imparato a consi-derare Alberta Bigagli, perché que-sto è il suo cognome, solamentecome Alberta per la singolarità delsuo porsi nella vita e del suo divi-derla e condividerla con gli altri per iquali ha elaborato un metodo con-versazionale che si denomina "Tuparli e io scrivo".Anche nei luoghi dove effettua que-ste registrazione dal vivo (le carceri,i cronicari e altre Istituzioni totali) idialoganti la chiamano esclusiva-mente Alberta e intessono con lei undiscorso che ha un valore maieuticodi tipo socratico.Ed è da queste condivisioni chenasce molta della sua poesia doveemerge l’uomo come è non nella su-perficie ma nelle sue dinamiche piùprofonde che connotano il senso piùvero della vita.E Alberta Bigagli ha fatto questo

percorso di scrittura nella più totaleumiltà, gomito a gomito con gli ul-timi.Non a caso, dunque, l’arco operativodella poetessa va da L’amore e altrodi cui si è già detto all’ultimo libroche si intitola Dopo la terra, edito daPassigli.Qui Alberta sembra riprendere tuttii temi del suo lungo poièin e portarlia compimento, rispondere cioè a sestessa per confermare che ogni do-manda d’amore ha avuto la sua ri-sposta perché non esiste Esseresenza un divenire, e viceversa. Ne fafede l’ultimo verso che chiude illibro, in cui dice a se stessa: “Hai co-nosciuto presto un vento altro”. Eforse è stato da sempre questo"vento altro", inteso come anemosdove l’io e il noi si fondono guidatidalla sua "ragione innamorata", a so-stanziare il suo intero viaggio in que-sto universo creaturale che èdestinato a vivere “dopo la terra”,come un futuro possibile.

L’UOMO ÈNon importa che sia polvere o sabbiaimporta questo faticoso andare

verso la striscia bianca esplodenteche è cielo fatto liquida onda

che è sguardo immobile animato.La striscia bianca che mi taglia.Taglia la terra mia taglia le ansie.Una mano mi porta che è cercantelega ed esprimere proprie distrazioni.Noi siamo grigi verdi e blue siamo l’aria nel passaggio eterno.Siamo in un moto che erige e distrugge

più controversi sicuramente un dise-gno realizzato col gesso nel 1815 de-dicato ancora una volta a LadyMacbeth ritratta mentre allontanacon una mano due bambini dal petto.Un semplice schizzo che si pone inuna posizione profondamente emble-matica rispetto alle interpretazionisulla tragedia e sulla presunta sterilitàdella coppia protagonista.

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Èsempre difficile esprimere ungiudizio imparziale sul lavoro diamici. Quando poi i due amicisono Andrea Chiarantini e Kiki

Franceschi, con i quali condivido co-noscenze, certe passioni e la propul-siva idea che l’Arte si possa intenderecome un percorso, un viaggio da in-traprendere prima di tutti dentro dinoi, ecco, il giudizio diventa impossi-bile.Ho deciso quindi che mi libereròdalle vesti di improbabile critico e milimiterò a presentare la loro mostra,“L’ordine imperfetto”, al SUC delleMurate dal 4 al 18 giugno, con losguardo dello spettatore, del cono-scente che cerchi di cogliere nelleopere esposte qualcosa di loro che giàha appreso ma anche quel tanto dinuovo che ancora lo sorprende. Nel-l’attraversare quegli spazi che le paretiquasi non riescono a confinare, si co-glie l’impulso che mai è mancato loroin questi anni di ricerca artistica. Si inizia da Il disordine, l’omaggio alcaos che sovrintende alla spinta crea-tiva quando ancora la parte consciadell’artista quasi non conosce qualesarà l’ultimo sembiante. Infatti illuogo è colmo di oggetti misteriosidalla funzione sconosciuta che stimo-lano fantasia e curiosità.La seconda stanza è Il cantiere, in cuil’idea cerca di modellarsi e di veniremodellata da mani che magicamenteseguono il flusso dei pensieri (comeli invidio! Io, che neanche l’inchiostroriesco a domare!). Il viaggiatore si ag-gira tra disegni, progetti, modellinidalle forme stravaganti.Adesso si varca la soglia dell’ordineimperfetto, ombelico del corpo-mo-stra di Kiki e Andrea, in cui confluisceciò che è stato tolto dal Big Bang im-maginifico e che, seppur relegato den-tro dimensioni (a volte molto grandidimensioni!) e materiali concreti,hanno portato con sé qualcosa dellaperfezione che non è di questomondo ma che a volte menti aperteriescono ad intravedere e, prometei-camente, a portare a noi.Un curatore frettoloso, adesso, abban-donerebbe lo spettatore su qualcheanonimo marciapiede ma i miei dueamici hanno pensato invece di la-sciarci nel cuore della loro mostra aconfrontarci e a discutere nell’Agorà,ma anche ad assistere ad altre formeartistiche troppe volte separate daconfini da altri creati: è qui infatti cheil 6 giugno la performer AlessandraBorsetti Venier ci mostrerà i suoi“Libri improbabili” alle ore 20,45 e gliattori Massimo Tarducci e SandraGaruglieri, alle ore 21,15, metterannoin scena “L’ombra di Frankenstein”dove Kiki Franceschi (più di me stu-diosa ed appassionata di letteraturainglese) ha raccontato l’intrecciodella dolce Mary Shelley dall’imma-ginario così potente e la sua creaturamaledetta, che con tutti noi condi-vide la condanna dell’esistere.

di Matteo [email protected]

di Sara [email protected]

Un incontro tra letteratura e cu-cina, in difesa eroica del ‘popone’ edi tutti i toscanismi del caso. Lopropone domenica 2 giugno laVilla Medicea di Cerreto Guidi,dove, alle ore 17.00, si svolgeràl’incontro con simpatica degusta-zione a base di toscanità doc dipresentazione del libro “In difesadel popone”, a cura della SocietàBibliografica Toscana. Perchè ilpopone non è solo un frutto estivo-  buono punto e basta – ma il pic-colo protagonista della storia, so-prattutto toscana, contro il melonenazionale. Intervengono PaoloTiezzi Maestri, Presidente dellaSocietà Bibliografica Toscana,Mario De Gregorio, Direttoredella Società Bibliografica To-scana, Giovanni Cipriani, Univer-sità degli Studi di Firenze; moderaMarilena Tamassia, Direttricedella Villa Medicea. Dice PaoloTiezzi: “La nostra eroica battagliain difesa del popone, cominciatavittoriosamente un anno fa nel-l'abbazia di Spineto, in terra diSiena, ci porta ora ad impegnarciin riva all'Arno, sulla collina dovesi erge la villa Medicea di Cerreto

Guidi. I nostri validi alleati, riunitinell'Associazione degli Amici dellaVilla Medicea, anch'essi acerriminemici del “melone” e di tutti glietimi forestieri, ci hanno pro-messo, alla fine della pugna, ade-guato ristoro. Un motivo in piùper non mancare a questo appun-tamento, essenziale per la difesadella toscanità". La villa, inoltre,

sarà aperta al pubblico e visitabilesia nel museo interno che nel giar-dino esterno. A seguire la merendaa base di popone e torte salate, conl’augurio che arrivi finalmentel’estate. Per informazioni: VillaMedicea di Cerreto Guidi, via deiPonti Medicei, 7, Cerreto Guidi,tel. 0571.55 707; mail a [email protected].

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In difesa del popone

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Ma una mostra che voglia rassomi-gliare il più possibile a Kiki ed Andreanon poteva chiudersi senza La scrit-tura improbabile, il terreno inesplo-rato dove i due artisti si muovono perdimostrare che gli oggetti, come leparole, significano; che la poesia(altra nostra immensa passione in co-mune) esprime soprattutto attraversola visione.

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di Sandro Biniwww.deaphoto.it

Notturni urbaniIl brivido lungo e misterioso

della notte in città

Firenze 2004-2013

LUCE CATTURATA

Sandro Bini - Notturni Urbani - Casa dello Studente Mario Luzi - Piazza della Piccola - Firenze 2008

La bellezza è figura del bene ma invia dei Georgofili il 27maggio 1993 all’1.04non fu così. Esplose

una bomba, uccise cinquepersone e l’arte, la ferita fuprofonda, una voragine enon solo sul pavimentostradale ma in tutti noi, Fi-renze e il mondo si strinsero in un ab-braccio ai morti e all’arte. La coltellataè ancora dolorante, sanguina al pen-siero che la mafia volle mirare a viteumane e alla cultura che è l’anima el’identità di tutti noi. Tutti provammolutto per le vite stroncate e per l’artedistrutta ma soprattutto ci sentimmovulnerabili e impotenti di fronte a taledevastazione; l’umanità nel suo esserefu colpita e questo ci sconvolse. Oraandiamo in via dei Georgofili, fermia-moci all’olivo che s’innalza e abbracciail luogo come una preghiera, alziamogli occhi al cielo e vedremo la bellezza.L’arte è risorta dalle macerie, l’arte chenon ha mai smesso di esistere perchéè cura, speranza e anima dell’universo.Al terzo piano di un palazzo che si af-faccia in questa strada una scultura diRoberto Barni Passi d’oro “è la figuraemblematica di un uomo che inizia ilsuo cammino in bilico su una lamache sporge dal muro accanto a una fi-nestra chiusa, a venti metri d’altezza.Non incede da solo ma porta con séaltre cinque figure più piccole – ri-cordo delle vittime. La scultura doratarappresenta l’arte nel suo perenne ten-tativo di superare la tragedia. Ho pen-sato di usare il bronzo e infine ladoratura perché così di giorno l’operabrillerà al sole e di notte, stimolata daun fascio di luce artificiale, starà lì adaccecare le tenebre della barbarie”dice l’artista. E ancora “ho pensato chesu una lama simbolo di morte si ergauna figura come la vittoria, come unaNike, che con passo deciso avanzaportando con sé le cinque personedorate proprio per ricordare gli esseriumani nel loro splendore della vita,nelle loro case, nelle loro strade”. Passid’oro è la memoria che guarda la ferita,conversa con l’olivo tessendo pace, sal-vezza, speranza. Il guardare in alto colfiato sospeso e il naso all’insù è ammi-rare l’oro stagliato nel cielo azzurro, ilsuo scintillio ci ricorda il percorso al-chemico dalle tenebre alla luce.L’uomo che splenderà di notte man-dando bagliori dorati sarà un faro arammentare che l’uomo è distruzionee bellezza, e vita, e amore. Questo spa-zio è diventato sacro perché la vita ècon la morte, l’uomo afferma che dob-biamo vivere per i morti e in loroonore, è nostro dovere continuare avivere e a percorrere sentieri di bel-lezza proprio perché la morte propriae altrui può entrare nella nostra esi-stenza all’improvviso e in un attimoquello che era vita non lo è più comela lama di Passi d’oro che ha tagliato laparete del palazzo per uscire e ferire,qui colpisce la memoria, indica la

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PUÒ ACCADERE

ICON (PER NON DIMENTICARE)

di Angela [email protected]

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morte già consumata. L’uomo avanzama non dimentica il sacrificio che di-venta conforto, è Wanderer, vian-dante, che col suo cammino spiritualeci ricorda di vivere . “Il bronzo vuolfarsi figura di un’aspirazione a staccarsida terra, a incedere, a guardare avantie in alto” dice Antonio Natali direttoredegli Uffizi e “History, culture and thearts need to be protecter for future ge-nerations” è l’auspicio della Fonda-zione Friends of Florence.

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.com sabato 1 giugno 2013no32 PAG.12ODORE DI EBOOK

Il cinema del giovane regista cilenoPablo Larrain è contrassegnatodalla lotta alla dittatura del gene-rale Pinochet e al racconto del suo

Paese: in primis con “Tony Manero”(2008) e poi con “Post Mortem”(2010) e “No-I giorni dell’arcoba-leno” (2013) che compongono glialtri due tasselli della trilogia sul po-tere e sul Cile post 1973, anno delcolpo di stato al governo Allende.Il primo film è ambientato durante ilregime di Pinochet. Il protagonistadel film passa il tempo a imitare intutto e per tutto il personaggio diTravolta de “La febbre del sabatosera”. Raggiungerà un livello di osses-sione che ricadrà sull’intera società.Il successivo “Post Mortem” raccontale vicessitudini di un funzionario diun obitorio nel 1973, anno del golpedell’esercito di Pinochet.L’ultimo capitolo, ambientato nel1988, parla del dittatore cileno che ècostretto, su pressione internazio-nale, a indire un referendum popo-lare per mantenere il propriomandato. I cileni dovranno sceglierese mantenere per altri 8 anni Pino-chet oppure dire semplicemente No.La vittoria del Sì sembra annunciata:un po’ per abitudine, un po’ per inte-resse, per paura e per le enormi pres-sioni culminate, in talunecircostanze, con minacce e violenzefisiche, la maggioranza dei cittadini èpronta a confermare Pinochet.Dopo tanti anni, però, anche l’oppo-sizione avrà l’opportunità di accedere15 minuti al giorno in tv. Una svoltaepocale. Il fronte del No, pur sa-pendo di avere scarse possibilità divittoria, si affida a un giovane anti-conformista: René Saavedra (GaelGarcia Bernal de “I diari della moto-cicletta”).Pubblicitario abituato a promuoveretelenovelas e creme di bellezza, credefermamente che la democrazia biso-gnava farla vedere con allegria allagente come un qualsiasi prodotto.Il logo dell’arcobaleno, infatti, rap-presenta non solo l’unione dei coloridelle varie forze politiche aderenti alNo: come l’arcobaleno si verificadopo la fine di un temporale , il Norappresenta il post-regime.Un film che ha nella fotografia di Ser-gio Armstrong il suo punto di forzaassimilando il linguaggio delle tele-novelas sudamericane di quegli anni:macchina da presa come quella del-l’epoca, formato 4/3, contorni maldefiniti, colori scuri, luci dure …L’effetto prodotto è nel complessoestremamente coerente e popolareunendo di fatto il pubblico cinefilo etelevisivo.Un’incredibile storia vera con unmessaggio fondamentale: le rivolu-zioni si possono fare anche con il lin-guaggio e non solo con le armi.La frase da ricordare: “Gli artisti lihanno tutti loro a noi è rimasto ilfondo del barile”

di Tommaso [email protected] Quando

dire serveNo

a cura di Cristina [email protected]

BIZZARRIA DEGLI OGGETTITre statuette di ceramica alte circa 15cm che rappresentano Carmencita, Ca-ballero e Paulista. Trattasi di tre perso-naggi ideati dal pubblicitario ArmandoTesta protagonisti di uno spot, un Caro-sello per la precisione, del Caffè Paulistache, famosissimo, imperversò fra il 1965e il 1973. Il Caballero misterioso, tuttobianco con pistola e sombrero va “nellaPampa sconfinata, dove le pistole det-tano legge “ a cercare la bella Carmen-cita dalle trecce nere, lei però ama “..unuomo molto in vista. E’ forte e bruno e

Carmencitachiudiil gas evieni via

ha il baffo che conquista!” “quell’uomson mi!” e Caballero si trasforma nelbaffuto Paulista coperto dal poncho coni fregi simbolo del caffè pubblicizzato eche si ripetevano sulle confezioni e suvari gadget. Il tormentone “bambina seigià mia, chiudi il gas e vieni via” divenneun vero cult; la frase è impagabile, è sìvolta a folgorare l’amata ma non rinun-cia ad una realistica e pedissequa allu-sione alla prosaica quotidianità. Capitadi sentirla ancora da qualche tipo nonpiù giovanissimo.

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.com sabato 1 giugno 2013no32 PAG.13NUVOLETTE

www.martinistudio.euLe storie di Pam

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.com sabato 1 giugno 2013no32 PAG.14

La presentazione. Da sinistra Margherita Cassano, Michele Morrocchi, IreneStolzi e Giovanni Focardi

Potrebbe apparire come marginaleo limitante trattare il tema delrapporto tra fascismo e magistra-tura in Veneto, sia sul piano terri-

toriale che su quello del punto di vista suun aspetto, seppur importante, dell’arti-colazione dello Stato. Invece il lavoro diGiovanni Focardi, Magistratura e Fasci-smo l’amministrazione della giustizia in Ve-neto, edito da Marsilio e presentatomercoledì scorso alla libreria IBS di Fi-renze, ha l’ambizione riuscita di affron-tare, pur partendo dal particolare, unaspetto determinante nell’ascesa e nelconsolidamento del regime fascista.Frutto di un progetto di ricerca dell’Isti-tuto storico della Resistenza del Veneto illavoro di Focardi, fiorentino che insegnaa Padova, ha scavato negli archivi presen-tando una messe di fonti molto spessoinedite che, tuttavia, non si sono trasfor-mate in un elenco di articoli e dati, comeha notato la professoressa Irene Stolzidell’ateneo fiorentino alla presentazione,ma hanno consentito all’autore un’ipotesiinterpretativa. Il fascismo, ha notato sem-pre Stolzi, riacquista corposità, non ri-mane un monolite, ma si rappresentacome una policrazia proprio in rapportoad altri poteri, come quello giudiziario.Una policrazia che non è in contrasto conla volontà totalitaria del regime ma cheanzi mostra, nel volume, tutta la tensionedi questo rapporto. Ecco quindi che vienemessa in discussione molta della storio-grafia classica che voleva un’adesioneblanda o poco convinta dei magistrati alfascismo, per mostrare come invece inVeneto, ma più in generale nel Paese, il fa-scismo fosse visto anche dai magistraticome un valido metodo di restaurazionedell’ordine se non come una forza rivolu-zionaria. Un volume che è anche occasione per ri-flettere in generale, sul tema della sceltada parte dei magistrati, ha osservato Mar-gherita Cassano giudice in Cassazione;per porsi il senso del confine tra legge na-turale e diritto positivo in una riproposi-zione ciclica del mito di Antigone. E’proprio l’indagine dei fascicoli personalidei magistrati che ha consentito a Focardidi mostrare adesioni convinte o per con-venienza, resistenze più o meno blande.In fondo, ci dice l’autore, l’opzione ditta-toriale non fu un fenomeno soltanto ita-liano ma, in quegli stessi anni, attraversavai ceti dirigenti di quasi tutti i Paesi europeifinendo per concretizzarsi, all’inizio, sol-tanto nel nostro Paese. In tale diversità ilruolo giocato dall’adesione degli uominidi legge sia alle violazioni del diritto, losquadrismo, che ai provvedimenti dilegge che sovvertono l’ordine liberale as-sume un valore nuovo anche per giustifi-care il proprio operato quando, crollato ilregime, si avvieranno i procedimenti diepurazione.Un altro punto centrale del volume èl’analisi delle due generazioni di magi-strati che si succedettero nel ventennio fa-scista. La prima, quella delle origini,formatasi nell’Italia liberale e, anche gra-zie al blocco dei concorsi tra il 1925 e1930, consumatasi nei primi anni del re-

di Michele Morrocchitwitter @michemorr

ODORE DI LIBRI

Il fascismoin toga La magistratura

veneta ed il regime nel volume di Giovanni Focardi

gime, la seconda formatasi nel momentodi maggiore egemonia fascista e soprav-vissuta alla guerra. Una generazione cheavrà molta responsabilità nell’interpretaresia la Costituzione repubblicana che leleggi ordinarie in rapporto ad essa, in ma-niera spesso repressiva o comunque limi-tativa. Una generazione, come osservavaCassano, connotata anche da una ristrettaorigine sociale che la rendeva estranea alarga parte della popolazione che dovevagiudicare, in particolar modo alle donneammesse in magistratura solo a partiredal 1963. Un rischio di chiusura che nonè certo scongiurato oggi sia per lo statodella formazione universitaria italiana sia,secondo Cassano, per la riforma dell’or-dinamento del 2006 che innalza, di fatto,l’età di accesso al concorso in magistra-tura rendendolo disponibile a chi puòpermettersi di attendere.Il lavoro di Focardi dunque propone unpunto di vista inedito su un tema, quellodel rapporto tra potere politico e poteregiudiziario in Italia che ha proprio nel fa-scismo, nell’interpretazione di quest’ul-timo come parentesi e non comefenomeno con antecedenti ed eredità pe-santi, uno dei punti di vizio del dibattitodei nostri giorni.

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Uno dopo l’altro, sono apparsi in tuttala città di Fiesole dei dipinti sugli spor-telli del gas, dell’acqua e della luce. Benpresto si è scoperto che l’autore di que-ste simpatiche vedute era FrancescoLorenzini. Francesco è un “garbato” ar-tista di strada, non viola i muri oltre ilpiccolo perimetro dell’anonima chiu-sura di un contatore di energia. La“street art” è presente in tutte le partidel mondo, producendo opere di livelloaltissimo (basti pensare a quelle deigrandi maestri Jean-Michel Basquiat eKeith Haring), ma anche, in molti casi,gratuiti imbratti di muri. Lorenzini, purlavorando in “the street”, è lontanissimomille miglia da chi di notte con velocispruzzi di bomboletta ripete il tor-mento di sigle e di lettere viste e riviste.Francesco si colloca con il massimodella modestia e della cortesia nei con-fronti di chi passa per le strade, il lin-guaggio popolare ne fa un originale“naif en plein air”. “Ho sempre dipintoper sfizio personale”-dice Lorenzini -”poi mi è venuta l’idea di decorare que-sti piccoli spazi sui muri”. Il suo “sfizio”non è solo quello di dipingere , maanche quello di suonare , lo fa costan-temente in locali e feste paesane, attivitàper la quale è conosciuto dai più. L’ideadi dipingere sugli sportelli gli nasce al-l’Isola del Giglio, dove, oltre a rispec-chiare sui rettangoli di lamiera ilpaesaggio circostante, espone davanti asua casa vecchie tegole dipinte ed altreopere, incuriosendo turisti e isolani. I

di Aldo [email protected]

Rendere piacevole anchela lettura di un contatore

suoi “sportelli-quadro” si possono ve-dere anche all’Antella ed a Scarperia. AFiesole ce ne sono una settantina intutte le strade. Le sue opere sono quasisempre una vista del luogo dove si trovalo sportello, magari riproduconosquarci della città che non esistono più,come lo stretto di Borgunto dipinto suuna cassetta delle lettere, o la vecchiaCasa del Popolo in Piazza Garibaldi chesi può vedere in via Pascoli, davanti al-l’Archivio Storico. Quadro 0,96, che hafra i suoi obiettivi quello di far cono-scere gli artisti fiesolani, in questo casofa una operazione inversa, Francesco,infatti, non avrebbe bisogno della “Gal-leria più piccola del mondo” per farsiapprezzare, essendo lui stesso inventoredi centinaia di minuti spazi espositividiffusi in tutta la Toscana.

FrancescoLorenzini

a Quadro 0,96 a Fiesole

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.com sabato 1 giugno 2013no32 PAG.15SCENA&RETROSCENA

di Simone [email protected]

Corpi che producono musica.Ritmo inizialmente aurorale, ap-pena accennato, e poi un cre-scendo incalzante fino al trance.

Masse d’aria mosse da corpi sinuosi, in-spirate e respinte fuori con violenza, finquando il respiro si fa voce, rantolo,canto, quello che ascolti nei vicoli dellamedina di Fes o di Casablanca. Questoè lo splendido lavoro coreografico rea-lizzato da Bouchra Ouizguen, dal titoloHa!, a Cantieri Goldonetta la scorsa set-timana nell’ambito di Fabbrica Europa.

Quattro donne, inizialmente immersenel buio e silenzio profondi, che di av-volgono in un vortice di puro ritmo, mo-vimento inconsulto, stasi assoluta, corpiche si evitano, si sfiorano, si poggianopericolosamente l’uno sull’altro, si re-spingono: l’estasi mistica contagia glispettatori e sei trasportato in dimensionie mondi impensati. Ci sono fiumi disensualità, di paure, di follia che fuorie-scono senza sosta né pace da questicorpi che, nella cultura edonistica occi-dentale diresti tutt’altro che adusi alladanza, ma che nella cultura araba o inquella sufi si rivelano fonte di una ine-sausta ed inconcepibile armonia. La“prima” italiana dello spettacolo che hadebuttato al festival di MontepellierDanse 2012 è la creazione della forma-zione Compagnie O creata dalla giova-nissima coreografa marocchina BouchraOuizguen, formatasi in Francia e solistadi danza orientale. Ma Bouchra era giàstata a Fabbrica Europa nel 2009 con unaltro lavoro, Madame Plaza, a testimo-nianza del rilievo che questo festival fio-rentino continua ad avere nel panoramadelle arti contemporanee in tutto lo spa-zio Europeo, che comprende tutto il ba-cino mediterraneo.Bouchra e le sue tre compagne hannocreato qualcosa di speciale, trascinante,con niente salvo i loro corpi attraverso iquali abbiamo avuto la percezione di se-coli di cultura del suono, dello spazio,della passione che la coreografia ha sa-puto liberare, toccarci come ormai rara-mente riescono a fare le coreografiecontemporanee un po’ fredde e ripeti-tive di latitudini più nordiche. C’è unmondo, vivo e attivo, che riesce ancoraa connettere la tradizione e i linguaggicontemporanei, sull’altra sponda delMediterraneo; un mondo che ci parla,ci colpisce, ci investe non solo con la ca-pacità di rivoltare regimi e dittatori, maanche – soprattutto? - rinnovando leespressioni artistiche con potenza ina-spettata. Bouchra Ouizguen è ormai unadelle più sconvolgenti ambasciatrici diquesto nuovo mondo.

A passodi danzadallamedinadi Fes

GRANDI STORIE IN PICCOLI SPAZI

Il territorio ricorda, il territorio rac-conta. Quasi ogni angolo della città diFirenze e del circondario è legato afatti, episodi, avvenimenti (o ancheleggende) che si sono verificati neidintorni nel corso di 2.000 anni di sto-ria. E se non è il luogo di per sé a rac-contare una storia, sicuramente iltoponimo di quella strada, di quellapiazza, richiama personaggi ed eventi.Ora, è facile far “parlare” i luoghi piùconosciuti della città: tutti conoscono,per fare qualche esempio, le storie diPiazza Signoria, con Michelangeloche, di spalle, incide un profilo ma-schile sul muro di Palazzo Vecchio, oquelle di Piazza del Duomo, conDante Alighieri, seduto sul “sasso” fa-moso che osserva i lavori di costru-zione della basilica, o quelle di PiazzaSanta Croce, con la partita di calciogiocata “in spregio alli nimici” il 17febbraio 1530. Più difficile è far parlarele periferie, che pure hanno innume-revoli storie da raccontare. Tanto perdare un’idea, facciamo un rapido girodelle periferie cittadine. Il Ponte alleMosse si chiama così perché da quelpunto veniva data la mossa del paliodei berberi, che si correva il 24 giugnoe che si concludeva in Piazza San PierMaggiore percorrendo fra l’altro unastrada che nel nome conserva il ri-cordo dei cavalli lanciati al galoppo, ilCorso. A Castello sono numerosissimii luoghi legati a Pinocchio: Lorenziniabitava lì e lì trovò ispirazione per isuoi personaggi, dalla Fata Turchina aMastro Ciliegia all’Omino di Burro. Se

di Fabrizio [email protected]

Musicain camminoper camminatori

fu liberato dallo Squadrone “F” delCorpo Volontari della Libertà, i cuicomponenti, paracadutisti, furono so-prannominati dai fiorentini “cala-mai”,perché non avevano mai effettuato unlancio di combattimento. La Via delleCento Stelle ricalca esattamente iltracciato della Via Cassia Antica chescendeva da Settignano. In Via Accoltisi trova la “pezza aretina” dove ripo-sano i resti dei prigionieri aretini mortidopo la battaglia di Campaldino. InVia Pisana, vicino al Ponte a Greve, èancora visibile l’insegna ottocentescadi una “canova di vini”, sorta di super-mercato ante-litteram. Raccontare lamillenaria storia della città partendodal vissuto quotidiano, dalle stradechissà quante volte percorse, dalle tar-ghe toponomastiche distrattamenteosservate, è l’obiettivo che si pone“Grandi storie in piccoli spazi”, conprivilegio sì delle periferie, ma senzadimenticare anche aspetti poco cono-sciuti del centro. Che ci fa, ad esempio,una testa di bue fra le statue di santi eangeli che adornano la cattedrale diSanta Maria del Fiore?Fabrizio Pettinelli è stato per molti anniuno dei funzionari più importanti diATAF addetto ad organizzare tutte lelinee dell'Azienda di trasporto. Per il suolavoro, ma soprattutto per il sua culturae il profondo amore per la città, ha ac-cumulato una conoscenza di tutti i feno-meni del traffico urbano e, legato aquesto, di tutto quanto, antico o modernoriguarda luoghi, personaggi e accadi-menti. Siamo felici di iniziare con questoarticolo la rubrica Grandi Storie in Pic-coli spazi.

Rifredi deriva il suo nome dal RioFreddo, antico nome del torrente Ter-zolle, questo a sua volta si chiama cosìperchè all’attraversamento dell’attualeVia Reginaldo Giuliani, si trovava il“tertium lapidem”, che segnava il terzomiglio della Via Cassia Nuova (i suc-cessivi erano ovviamente a Quarto,Quinto, Sesto e Settimello). Il quar-tiere delle Cure, nell’agosto del 1944,

Riccardo Guarnerial Centro Multi+ di Borgo San Lorenzo

Foto dall’archivio Roberto Minuti

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.com sabato 1 giugno 2013no32 PAG.16ICON

di Claudio Cerittelli*

(...)Materializzare il vuoto,

rendere visibile l’aria,dipingere la luce solaredella mente è una sfida

che crea sgomento, eppure Guarneri nons’è mai sottratto ad essa, ha provato l’estasidel bianco desiderando anche un po’ diceleste, il profumo del rosa e il sibilo delviola, mentre altri colori possono assu-mere anche la forma di nuvole. Memoriedi paesaggi luminosi, architetture dellamemoria, riflessi di ombre e limpidi trac-ciati, pensieri in tensione verso i bordi,spazi del dubbio:in effetti il pittore mostra ciò che sulla su-perficie è possibile trattenere, affida al co-lore la funzione di toccare l’invisibile. (…) Ne scaturisce un ritmo vibrante, unasintesi espressiva, una sorprendente forzaimmaginativa, un moto perpetuo dove il progetto spa-ziale, il gesto del fare, del segnare e del la-sciar traccia del proprio fluire stanno in unrapporto continuo.(…) Il trasmutare da un colore all’altro ac-compagna il susseguirsi dei campi pitto-rici, talvolta attirati verso la vertigine

A ritrovare il tempo persoMINUTAGLIE

verticale delle linee, in altri casi osservatidall’alto mappe di astratta purezza dove iquadrati sembrano oscillare nel pulviscologravitante dei colori. Talora si avverte qual-che fantasma figurale, l’eco di misteriosepresenze che sconfinano dall’umano al-l’angelico, tracce di visionarie emozioniche l’artista rivela nelle zone nascoste nelleombre, aloni indistinti che non hannomargini di riconoscibilità. Del resto, nel-l’attuale fase di ricerca, pur avendo pienacoscienza delle sue acquisite esperienze,Guarneri è sempre interessato agli eventisorprendenti del pensiero intuitivo, al suomodo di rivelarsi attraverso le qualità per-mutative del colore, ragione vitale per con-tinuare a dipingere arie di luce, confiniindefiniti tra la memoria del vissuto e la vi-sione di orizzonti sconosciuti.*Tratto dallo scritto “Arie di luce”, LibreriaFerrarin di Legnago 2011

Il colore che toccal’invisibile

ODORE DI LIBRI

Consiglio del 4 febbraio.“In chiesa, facendo il padrino a un batte-simo, nello sfilare di tasca il fazzoletto, farcadere un preservativo.*Si rimedia raccogliendolo con indiffe-renza e porgendolo alla vecchia signorasenza occhiali che vi sta accanto, dicendo:- Questo è caduto a voi”.

Ecco uno deitanti suggeri-menti di CarloLapucci qualoraci trovassimo inuna delle situa-zioni spiacevoli,elencate giornodopo giorno nelsuo Dizionariodelle situazioniimbarazzant i ,uscito da poco

per le Edizioni Leonardo, Firenze. Con lepregevoli illustrazioni di Lido Contemori,questo “prontuario per la soluzione dimolteplici problemi incresciosi della vitaquotidiana risolti per via pratica ed imme-diata”, come recita la quarta di copertina,oltre che divertente può essere d’aiuto aipiù i timidi o a coloro che non hannoprontezza di riflessi. Memorizzando questiconsigli, uniti a un “settimanale ripasso”, ciricorda Lapucci, “vi consentiranno d’an-dare dove volete, sfidando gli ambienti piùinsidiosi, le persone più maligne e il de-stino più avverso”; utile quindi per usciredall’impaccio con razionale lucidità, inmaniera brillante e, verosimilmente, fa-cendo anche una bella figura.Consiglio del 25 luglio.“Mentre visitate un museo entrate dentroun’opera d’arte credendola un vespasiano

di Paolo della [email protected] Istruzioni per uscire

dall’imbarazzoe cominciate a fare i vostri comodi.* Si rimedia scusandosi col personale diservizio dicendo che al manicomio, doveavete soggiornato a lungo, i vespasiani ave-vano tutti quella forma”

CCUO

.com sabato 1 giugno 2013no32 PAG.17ODORE DI LIBRI

Avete mai partecipato a un con-gresso di storici dell’arte o me-dievisti? Io a tanti di archeologiae, diciamo, i relatori erano antro-

pologicamente gli stessi.Se devo pensare a un autore che rappre-senta bene quegli ambienti e i docenti ericercatori che ci girano intorno, pensoovviamente a David Lodge e al suo spas-soso e crudelmente realistico “Il profes-sore va al congresso”. Sia nei suoi testi,sia nelle mia esperienza, uno come Ro-bert Langdon, il protagonista di Infernodi Dan Brown, non l’ho mai incontrato.Ho provato a cercarlo anche tra i consu-lenti di matrice anglosassone di Voyager,con cui intuivo chiare affinità, ma anchein questo caso sono rimasta delusa.Non ho mai incontrato uno studioso distoria dell’arte e simbologia medievale,venerato dal pubblico e dall’establishe-ment del settore di tutta Europa, vestitocon mocassini, pantaloni kaki e giaccatweed di ordinanza (ma un orologio diTopolino doveva farmi nascere qualchesospetto), che sia aitante e pronto a cor-rere per mezza Europa, inseguito dasquadre di simil seals professionisti, conuna grave ferita alla testa, digiuno e com-pletamente solo, a parte una giovane, ov-viamente avvenente e, colmo dellafortuna, dal QI nettamente al di sopradella media giovane, misteriosa donna.Certo, è il primo libro di Dan Brown cheleggo. Certo, avrei dovuto pensare a In-diana Jones, ma Dan Brown non fa ac-cenno ai genitori di Langdon, che risultapure scapolo per sua volontà. E tutti noisappiamo che tutto il merito di IndianaJones va a suo padre Sean Connery.Insomma, leggendo le 500 e passa pa-gine dell’Inferno, a parte le ossessionidell’autore per i capelli delle donne(biondi, brizzolati, a punta o rasati), peri falli delle statue (vengono elencati conestrema precisione quanti sono “in bellavista” in piazza della Signoria) e per lasovrappopolazione mondiale – temacaro agli scrittori americani, ripensandoallo splendido Libertà di Jonathan Fran-zen - scopriamo che la lobby degli uma-nisti e delle città d’arte è potentissima tragli editor americani.Roma e il Vaticano prima, poi Parigi e ilLouvre, una breve deviazione a Washin-gton per arrivare, con Inferno, a Firenzee nella sua “città vecchia” (ma chi lachiama così?) e in altre due famosissimecittà europee, che non cito per non es-sere accusata di spoiler. Città descrittecon dettagli accuratissimi nei loro prin-cipali monumenti, con itinerari già bellie pronti per le guide turistiche di Fi-renze; guide turistiche che, peraltro, ven-gono trattate in modo molto lusinghierodall’autore, che si perita anche di dareconsigli su dove apporre le targhe espli-cative.E finalmente, basta con 007 dediti soloal Martini e alle belle donne pieni di gad-get super tecnologici; il nostro eroe nonmangia e non beve per oltre 48 ore,tranne qualche sandwich dei treni adalta velocità italiani (e sopravvive anchea questa esperienza...); le avventure che

di Barbara Settitwitter @Barbara_Setti

di Andrea [email protected]

Un libro del c...avolo

condivide con le donne non hanno maialcun richiamo sessuale e, soprattutto, lesue uniche armi sono la sua immensacultura e la sua famigerata memoria ei-detica e nient’altro, neanche uno smar-tphone (che, nel caso, usa la suadeuteragonista, ogni tanto).Altro che supereroi, scienziati o militarid’assalto: studiate storia dell’arte, che èl’anima del vero eroe.

Recesione all’ultima fatica di Dan Brown

Prove di cucina

PASTICCIOTERAPIA

Salsa di fragole, facilissima, per princi-pianti: un poco di vino (in questo caso60/70 ml di Porto, per richiamare lagelèe) con zucchero semolato per addol-cire e fare sciroppo. Lo faccio ritirare sulfuoco fino a metà del totale, unisco allefragole e frullo nel mixer; esce un liquidorosso, appena denso, dal gusto notevole.Prepararlo il giorno prima aiuta a rap-prendersi il giusto, ma andrà bene così:via in frigorifero fino al momento di ser-vire. Matilde è in pausa, ha preparato tuttisuoi fondi, deve cuocere le vongole perla fregola, ma c'è tempo; la tartare èpronta da tempo (mezzo fresco, mezzoaffumicato, senape, poca cipolla di Tro-pea e Tabasco a gocce, sale e pepe). Il fri-gorifero sembra un accampamentoaffollato che attende l'ordine di mobilita-zione. Tegoline, alias lingue di gatto, ma conuna curvatura impressa, che richiamaappunto le tegole del tetto. Impasto dabiscotti, chiare montate da aggiungere arosso d'uovo, con zucchero e farina (di-menticavo: 80 grammi di burro fuso daamalgamare nel composto), che diventapiù o meno fluido quando leghi lechiare. Con un cucchiaino sistemi ilcomposto in una teglia sulla carta daforno in piccoli mucchietti, sufficiente-mente distanziati da non fondersi in-sieme, quando il calore farà sciogliere ilburro (ma si separano facilmente appenatolti dal forno), aggiungi mandorle a fet-tine, disperse sulla superficie dei dolcettie metti il tutto in forno a 200 gradi. Perfarne una quarantina, da cui estrarre i seivincitori, quelli che faranno mostra di sésulle coppe, ci sono volute tre successiveinfornate e una bruciatura del dito in-dice. Quando si indorano ai bordi, si sforna econ una spatola si tolgono i dischi, più omeno regolari, ancora mollicci e dispostia farsi modellare. Ma dove e come? Sulmattarello, che ogni volta che ci appog-

Edizioni ClichySabato 1° giugno 2013, dalle ore 18.00 in poi andrà in scena la nostra

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Siete invitati non solo a venire per conoscerci e suggerirci cose, ma anche, se ne avete voglia, a leggere qualcosa, suonare, raccontare e esibirvi di fronte a chi avrà voglia di assistere a quello che farete

gio il disco, ruota da una parte e me loscarica sul tavolo? Sulle bottiglie di vino?Ma sono piene e sigillate, che ne farò delvino riscaldato? Mi soccorre l'esperienzadi Matilde, tra una vongola e l'altra:prendiamo sei bicchieri di quelli nostricilindrici e infiliamo i dischi dentro, unoper bicchiere, e li stiamo a guardarementre mollemente si adagiano nellaconcavità che li accoglie: WOW! È fatta. Ora di cena, grande successo degli anti-pasti, della fregola e della spigola; tuttoviene spazzolato con grande piacere, inattesa della promessa sovrana: ma ildolce quando arriva?! Mi lancio in cucina alimentando le at-tese, tolgo le coppe dal frigo, che con fa-

tica ha fatto il suo lavoro: la gelatina è so-lida e composta a formare il primo stratodella preparazione. Riempio un sàch apoche della ricotta e lo spremo con at-tenzione sopra la gelatina: si avvolge cheè una meraviglia, sufficientemente coesada tenere la forma, ma con un'aria "orami sciolgo", che consiglia di accelerare.La salsa di fragole viene versata con ilcucchiaio e con la preziosa assistenza delvice pasticciere e, infine, le tegoline, cheinserite nel bianco che ho lasciato appa-rire sventolano come una bandiera ditrionfo assoluto. Applausi e richieste dibis, impossibili da soddisfare; si mange-ranno le altre trenta tegoline piatte.Come si vede non ho parole per dirlo.

L'altra faccia del rodeo, Livermore 1972

CCUO

.com sabato 1 giugno 2013no32 PAG.18L’ULTIMA IMMAGINE

Nella provincia califor-niana il Rodeo è ancora,o almeno lo era nel pe-riodo dei miei frequentisoggiorni degli anni ‘70ed ‘80, un’esperienzapiuttosto diffusa e po-polare. Forte di unvasto circuito di manife-stazioni collegate traloro come in un cam-pionato di calcio, que-sto evento tradizionaledel West richiamava ungrande numero di afi-cionados e debbo direche era uno spettacolopiuttosto interessanteda vedere anche per chi,come me, arrivava dal-l'altro capo del mondo.Esercizi di abilità e bra-vura di presunti “cowboys” si mescolavanocon interventi di clownche in qualche modo al-leggerivano i momentidi maggiore tensione efacevano dimenticare,almeno per un mo-mento, la sensazioneche questi animali, torie cavalii, fossero comeal solito al centro di vi-cende per loro decisa-mente stressanti e nonparticolarmente ap-prezzate.

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[email protected]