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N. 2 aprile/maggio/giugNo 2017 Mensile di collegaMento per i gruppi di preghiera del rinnovaMento carisMatico cattolico Mensile di collegaMento per i gruppi di preghiera del rinnovaMento carisMatico cattolico N. 2 aprile/maggio/giugNo 2017 Corri dietro al tuo cuore Corri dietro al tuo cuore

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N. 2 aprile/maggio/giugNo 2017

Mensile di collegaMento

per i gruppi di preghiera

del rinnovaMento

carisMatico cattolico

Mensile di collegaMento

per i gruppi di preghiera

del rinnovaMento

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N. 2 aprile/maggio/giugNo 2017

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Stampato presso

la Tipografia Artigianelli

in Pontremoli

INDICE

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Editoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Caterina Socci e DJ Fabio. La cultura della vita contro la cultura della morte

Mirco, stella accesa nella notte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

È un errore pensare che la preghiera sia qualcosa di spontaneo . . . . . . . . . . . .

Dal buio alla luce: un film per imparare anche quel che non si vede . . . . . . . .

Le facezie del pievano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Lettera a mio figlio che ho ucciso con l’aborto. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

La mia testimonianza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Francesco Vaiasuso. La mia possessione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Celebrazioni con Don Beppino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Sito di Don Beppino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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EDITORIALE don Beppino

Il tempo pasquale è un momentoprivilegiato per unirci alla passione diGesù. Questa unione con Lui ci aiutaa comprendere maggiormente l’amo-re di quel Dio che si è dato per noisino alla fine. Attraverso la sua mortein croce, attraverso le sue sofferenzeindicibili, Gesù ci ha manifestato ilpiù grande amore. Ci mostra in pie-nezza quanto ci ama e che valoreabbiamo ai suoi occhi. Gesù si èofferto per ogni uomo e nessuno èescluso da questo amore che riempiel’universo. Noi dobbiamo proclamare

questo amore del Signore. Dobbiamofar rivivere la fede nel cuore di colo-ro che non hanno più speranza.

Noi siamo i segni viventi dellabontà di Dio, della sua grazia offerta atutti. La nostra testimonianza saràvalida se siamo veramente uniti a Dio,con una fede illuminata dalla Scrittu-ra, aperta allo Spirito Santo.

Non dobbiamo aver paura perchéciò che conta è piacere a Dio e restarenella verità e nell’amore.

Dobbiamo essere testimoni gioiosie entusiasti della risurrezione di Gesù.Lui ha vinto e noi vinciamo con Lui.

Auguri!

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CATERINA SOCCIE DJ FABO. LA CULTURADELLA VITA CONTRO LACULTURA DELLA MORTE

Antonio Socci (estratti)

Purtroppo la vita di tanti che lotta-no, come te, Caterina, per vivere e perguarire non scuote l’Italia. Eppure latua grinta, la tua fede e il tuo coraggiosono una luce che illumina tutti quelliche ti conoscono. E quanti altri giova-ni come te abbiamo conosciuto duran-te questa nostra avventura. Chi chiedeleggi per sostenere la loro lotta? E chidifende i più piccoli e indifesi che nonhanno voce?

Chi aiuta, per esempio, una gran-

de donna come Paola Bonzi del “Cen-tro di aiuto alla vita” della Mangiagal-li, che ha salvato più di 17 mila bam-bini (e 17mila mamme) dall’aborto?Eppure nessuno è più debole e indife-so di un bambino nel grembo e dellasua madre. Nessuno racconta coloroche aiutano e salvano le vite.

STORIE SCONOSCIUTENessuno parla dei tanti-medici o

riabilitatori o volontari- che stannolottando per strappare alla sofferenza,alla malattia o alla morte anche questiterritori drammatici dell’esistenza.Noi ne conosciamo tanti e sappiamoche è proprio questo “non arrendersi”che per secoli ha fatto andare avanti lamedicina. Altrimenti oggi si morireb-be ancora di morbillo. I media nonparlano che di leggi sulla morte. Manoi vogliamo che tutti insieme gridas-sero: forza, dobbiamo mettercelatutta, cari medici e ricercatori. Conforza e intelligenza andiamo all’as-salto della malattia. Strappiamo allaprigionia tanti giovani (o meno giova-

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ni) bloccati nel proprio corpo. Ce lapossiamo fare.

Ci sono già nel mondo nuovi per-corsi di recupero molto interessanti epoco conosciuti. Noi impariamo da te,Caterina, dalla tua forza vittoriosa.Stamani la tua mamma ti ha letto unarticolo dove si spiegava come sononati gli ospedali: letteralmente inven-tati dai cristiani. E’ bene ricordarloquando sui giornali i cristiani vengo-no rappresentati quasi come dei sadi-ci che vogliono far soffrire le persone.

Fu un papa che si chiamava Fabia-no, già negli anni della persecuzione(attorno al 240) a istituire i primi ser-vizi di accoglienza. E il primo Conci-lio che seguì l’Editto di Costantino (ilConcilio di Nicea del 325) rese obbli-gatori per le chiese i primi ospedalidove si curavano tutti malati.

L’esempio di padre Pio dice tutto.

Colui che ha vissuto per 50 anni cro-cifisso, ha voluto costruire uno dei piùgrandi ospedali del meridione: laCasa sollievo della sofferenza. Pro-prio chi ha abbracciato la croce e haesaltato il valore infinito della soffe-renza umana è colui che più ha cerca-to di alleviare la sofferenza dei fratel-li.

Perché è dalla pietà e dalla com-passione di Gesù, che guariva tutti,che i cristiani hanno imparato adabbracciare e prendersi cura dei fra-telli che soffrono.

LA CULTURA DELLA MORTEMa oggi chi si unisce a noi cristia-

ni nell’incitare ricercatori e medici anon arrendersi? Chi chiede leggi efondi per combattere le malattie piùinvalidanti? Una “legge per la morte”è una scorciatoia che fa risparmiare

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soldi…Ma che tristezza.E poi questi media che parlano

sempre di stupidaggini e- un quartod’ora all’anno- si occupano dellamorte, ma solo in questi termini geli-di, per rivendicare dallo stato unalegge per la morte. Nessuno mai ches’interroghi sul senso della vita e sulmistero del nostro destino eterno.Eppure è ciò che caratterizza la condi-zione umana. Lo testimonia tutta laletteratura e l’arte.

Tutti desideriamo essere felici, masenza dimenticare nulla, nemmeno lamalattia e la morte. Abbiamo fame esete di un significato, il desiderio diuna felicità che sia per sempre. Mac’è una terribile censura sulla grandepromessa che ci è stata fatta nel Van-

gelo:”Il centuplo quaggiù e la vitaeterna”: Come se il Re dei cieli nonfosse mai venuto qui sulla terra.Come se non fosse morto e risorto pernoi, vincendo così la morte.

Caterina, io e tua madre siamosempre commossi quando – chi tichiede se sei felice – tu rispondi deci-sa (con il tuo linguaggio) “sì!”. E sap-piamo perché rispondi così. Perchései amatissima. Perché Gesù è qui connoi. E non ci abbandona mai. E’ lanostra forza e il nostro conforto. E’Lui che ci sostiene in questa lotta. Edè con Lui che saremo poi nell’eter-nità, insieme a tanti altri amici. Per lagrande festa. La vita quaggiù è unapreparazione alla vera Vita. Ma nes-suno più lo sa. E la si butta via o la si

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spende male.Si trascorrono giornate come fos-

simo sassi trascinati dalla corrente delfiume. E nessuno conosce personediverse che vivono una vita appassio-nata, piena di significato e di gioia.Magari proprio cercando di alleviarele sofferenze dei fratelli. Anche qui cisono delle testimonianze bellissime.

ESEMPI LUMINOSIChi parla delle centinaia di suore e

missionari che sono andati perfino avivere nei lebbrosari (noi abbiamoamici così) e a prendersi cura dei piùdimenticati nei lazzaretti del mondo?Non sono solo delle suore di MadreTeresa. Ce ne sono tanti altri.

O chi parla – per venire dallenostre parti – della storia che abbiamoscoperto a Bologna qualche anno fa(nella Bologna del XX secolo) dovedecine e decine di giovani suore, dopola Prima Guerra mondiale, andaronovolontariamente a prendersi cura dei

malati di Tbc in un ospedale fuoricittà, contraendo loro stesse il virus emorendo in gran numero? Erano gio-vani ragazze. E’ una storia di cui nes-suno sapeva niente – e anche oggi chene abbiamo scritto – sembra non inte-ressi a nessuno. I miti che oggi ven-gono celebrati stanno piuttosto a can-tare sul palcoscenico o a correre sulcampo di calcio. E nessuno racconta ivolti di quelle giovani ragazze, la loropassione per la vita, cioè per Cristo, laloro compassione per i sofferenti. E’la storia di un grande amore che illu-minerebbe il nostro mondo. Farebbecapire la maestà della vita e il suosenso.

Ogni istante della nostra esistenzaè prezioso. Ed è affacciato sull’eter-nità. Ci giochiamo quaggiù il nostrodestino eterno: o una gioia senza fineo una sofferenza senza limite. O ilParadiso o l’Inferno.

Fonte: Libero 01/03/2017

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MIRCO, STELLA ACCESANELLA NOTTE

Ti abbiamo, gioia, conosciuto nei momenti in cui tu soffrivi tanto e non face-vamo che chiederci perché. La sofferenza fa sempre male soprattutto quandosono dei bambini che soffrono. Ti abbiamo conosciuto quando tutto sembravaandare per il meglio e il nostro entusiasmo aumentava. Credevamo che il Signo-re avrebbe ascoltato la nostra preghiera. Poi all’improvviso è calato il buio, tuttosi è spento perchétu diventassi unastella accesa nellanotte. Ancora nontutto ci è chiaro maè così.

Mirco, ti raccon-to di uno che non siè mai annoiato.Amava il silenzio eamava molto anchei bambini. Dicevache perdonare èbello. Viveva comeparlava. Facevaanche dei miracoli.E’ morto per troppoamore. Era Dio aportata di mano. Sichiamava Gesù.

Adesso tu seicon lui, Mirco enon hai più da sof-frire.

Un bacio.

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È UN ERRORE PENSARECHE LA PREGHIERA SIA

QUALCOSA DI SPONTANEO(SE SOLO AVESSIMO TEMPO)

Invece pregare è una scelta da confermare ogni giorno persmettere di correre affinché le cose prendano il giusto posto.

di Costanza Miriano

Per aprire l’agenda di una pluri-mamma lavoratrice ci vuole lo stoma-co forte, non è una cosa che si puòazzardare così, senza precauzioni. Lamia, per esempio, oltre ad avere lepagine piene di elenchi decifrabilisolo grazie alla Stele di Rosetta, tra-bocca di pagine di quaderno, elenchi,foglietti di dentisti, ricette pediatri-che, appuntamenti a scuola, liste dellaspesa e domande per interviste da fare(o risposte a interviste da subire), pro-memoria di compleanni, libri da com-prare, tagliandi della tintoria e volan-tini di incontri. Senza contare novenee santini che svolazzano quando laapro per strada, promemoria di primivenerdì e sabato che cadono sul mar-ciapiede, cuori sacri e immacolati chepromettono cose a cui non si può pro-prio dire di no. Il problema è che lenostre giornate sono di diciotto,diciannove ore serrate, rese ancora

più convulse dall’eccesso di comuni-cazione a cui ci hanno abituati i sociale i cellulari (ditemi che non sono lasola che va in bagno col telefono). Ecalata, risucchiata direi in questoritmo da colpo apoplettico l’ultimacosa che mi viene, non dico istintiva,quello certo no,ma neppure facile èpregare.

COME E PERCHE’TROVARE IL TEMPO.

Cioè, spiegatemi: io dovreisospendere così di punto in bianco lacorsa folle che forse alla fine dellagiornata mi porterà ad aver conclusoun terzo delle cose che avrei dovutofare? Spegnere telefono e computer,non rispondere più a nulla, isolarmi?Non correre a fare la spesa in modoche all’uscita di scuola potrò dedicar-mi a compiti, controllo pidocchi emerende, non leggere quella mail,

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non guardare quelle immagini chedevo montare in un servizio tv, ferma-re tutto ma proprio tutto, e mettermiin silenzio, senza neanche, che so, perottimizzare, darmi una passata dismalto o attaccare quel bottone chepenzola da tre giorni e che finirò perperdere, senza fare nulla, assoluta-mente nulla? Raccogliere quel pocodi me che resta integro e portarlodavanti a un tabernacolo che sta lìmuto, e che comunque c’era ancheieri, c’è sempre, da circa duemilaanni, e ci sarà ancora domani, quandoavrò sicuramente meno da fare, e cisarà anche quando sarò morta e potròfinalmente riposare? Perché mai?Dunque, vediamo.

SMETTERE DI CORRERE E FERMARSI A PREGARE.Per dire perché pregare ci vorrebbe

circa una vita intera e molti volumi,ma, tanto per cominciare, basta ricor-dare che abbiamo un Padre onnipo-tente e innamorato pazzo di noi, unSignore che è morto per amore nostro,e il loro Spirito che ci vogliono tantoincontrare e stare con noi, insieme anoi, dentro di noi: dire di no a unappuntamento così è proprio una paz-zia. Forse è invece più facile dire per-ché non regge la scusa, per non fer-marsi mai, delle cose da fare, dato chenoi ci affatichiamo inutilmente nellanostra continua frenesia:”invano vialzate presto il mattino, andate a ripo-

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sare tardi la sera e vi guadagnate ilpane con fatica; ai suoi amici il Signo-re lo dona anche se dormono” (Salmo127). E quindi addurre come motiva-zione del fatto che non preghiamo ildiscorso che abbiamo tanto da farenon funziona. Smettere di correre efermarsi a pregare fa sì che tutte lecose prendano il giusto posto nellagiornata: la preghiera rende feconde efacili le nostre azioni come un raccol-to che ci viene regalato quando ripo-siamo. Dire come pregare, ecco, que-sto non lo so. Noi abbiamo un’ideadella preghiera come qualcosa dispontaneo, che se solo avessimotempo ci verrebbe facile, basta prova-re. In realtà a pregare si impara, e siimpara solo facendolo.

PER PREGARE BISOGNAINNAZITUTTO VOLERLO.La preghiera ha

molto più a che farecon una decisione,una volontà, un giu-dizio, qualcosa che avolte va anche con-tro il gusto. Nellasapienza della Chie-sa si trova più e piùvolte, a cominciaredai Padri dei primisecoli e dai grandiesperti della pre-ghiera nel deserto,

questo concetto della preghiera comefrutto dolce che matura dopo una col-tivazione faticosa e sapiente. Per pre-gare, dunque, bisogna innanzituttovolerlo e deciderlo. Bisogna sceglierela preghiera. Bisogna fare questa paz-zia, accettare l’apparente insensatezzadi “perdere tempo”, di dedicarci aqualcosa che sembra improduttivo,noioso, poco gratificante. Andare acercare questo tesoro che siamo sicu-ri di trovare, cercarlo nelle pieghe diun tempo silenzioso e solitario, e farloperché è Dio che ce lo chiede. E’ luiche ci dice “pregate sempre senzastancarvi mai”(Luca 18,1). E’ SanPaolo che raccomanda “pregatesenza interruzione” (1Tessalonicesi5,17). Ma come facciamo a pregaresenza interruzione, se dobbiamo starecon gli altri dormire, lavorare, man-giare?

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PROVARE CON DEI MOMENTI FISSI.

Credo che ognuno, una volta che sisia chiarito quale sia l’obiettivo prin-cipale della sua giornata, della suavita, troverà una sua strada unica, per-sonale, come personale e unico è l’in-contro a cui Dio ci invita, singolar-mente.

Credo che sia utile provare a pren-dere degli impegni fissi, magari conqualcun altro (che so, un turno di ado-razione, un appuntamento con qualcu-no che vigili su di noi, qualcosa cheabbiamo promesso a un direttore spi-rituale…) Però in questa faticosa emai finita ricerca dell’incontro nellapreghiera possiamo provare a seguirele orme dei Padri nella fede, e chiede-re aiuto a loro, attingendo al grandepatrimonio della spiritualità di quelliche ci hanno preceduti. Certo, la stra-da di un consacrato non è quella di unlaico, e la vita di una mamma con

bambini piccoli non è quella di unanonna. Tempi e modi cambierannomoltissimo tra le persone a secondadei loro stati di vita – sempre ricor-dando che siamo tutti chiamati allasantità – e per la stessa persona nelcorso della vita, ma quello che conta èsapere che senza preghiera non siamonulla, che dipendiamo in modo vitaleda questo rapporto col Signore, comeun malato dal polmone artificiale,come un neonato dal seno dellamadre. Solo la preghiera, ricercata,sudata, conquistata, strappa con leunghie e con i denti da tutto il restoche, dentro e fuori di noi, ce ne vuoleallontanare, può ridare vita alle nostreossa secche, può renderci personevive, di carne, come il cuore che Diovuole darci.

Fonte:

Il Timone, novembre 2016

(n.157

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DAL BUIO ALLA LUCE:UN FILM PER IMPARAREA VEDERE ANCHE QUEL

CHE NON SI VEDELa vicenda reale di Marie Heurtin sorda e cieca dalla nascita,che scoprì il mondo grazie alla tenacia di una suora.

di Emanuele Boffi

Non è un film sulla disabilità, perfortuna. O meglio: Marie Heurtin, dalbuio alla luce di Jean Pierre Améris,nelle sale italiane da un mese, non è soloun film sull’handicap, il fatto di nasceremenomati nel fisico, l’abnegazione dichi si prende amorevolmente cura deidiversamente abili. Ovviamente è tuttoquesto – e sono particolari importanti –ma per fortuna, dicevamo, non è soloquesto.

EDUCARE E’ LOTTAREA chi come noi ha amato i dieci

minuti di lotta furibonda di Anna deimiracoli, non poteva non piacere ancheil film di Améris. Là, nell’opera del1962 di Arthur Penn, c’era la celebrescena in cui l’istitutrice lottava a maninude perché Helen, la piccola cieca esorda compatita dai genitori, imparasse

a stare a tavola composta, mangiandocol cucchiaio, seduta, e piegasse il tova-gliolo. Dieci minuti di sberle,ceffoni,rullare isterico di piedi, capelli strappa-ti, grovigli di corpi sul pavimento, giro-tondi impetuosi intorno al desco, e soloper far piegare un tovagliolo. Dieciminuti di cucchiaini esplosi in aria comegranate, vasi rotti, cibo fatto trangugiarea forza e sputato in faccia per dispetto, esolo per impugnare una posata. Dieciminuti mozzafiato, fino alla secchiata diacqua in volto, le lacrime della bambinae la proclamazione trionfante del risul-tato:”Ha mangiato col cucchiaio e hapiegato il tovagliolo”.

O IL CONVENTO O IL MANICOMIO

Penn fece conoscere all’America e almondo la vicenda di Helen Keller, labambina dell’Alabama che, divenutasordo-cieca a 19 mesi, imparò, graziealla sua insegnante Anne Sullivan, a

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comunicare col mondo, fino a diventarepittrice e scrittrice. Améris ci raccontauna vicenda simile e per lo più scono-sciuta, quella di Marie, nata il 13 aprile1885 a Vertou, nella campagna france-se. Anche lei sin dal parto, sorda e ciecae dunque destinata al manicomio se nonfosse stato per l’ostinazione dei genitoriche la tennero con loro fino all’età didieci anni. Il film inizia così, col viaggiodel padre che porta sulle spalle la figliafino all’istituto di Larnay, vicino a Poi-tiers, gestito dalle suore Figlie dellaSapienza. E anche qui, sin dalle primescene, si capirà che sarà una bella batta-glia, con Marie che corre tra i pomodo-ri rossi dell’orto inseguita da un nugoloansimante di religiose.

Toccherà alla più esile fra loro, lagiovane e malaticcia Marguerite, arram-picarsi sull’albero dove Marie si è rifu-

giata per convincerla a scendere. E sicomincerà con un doppio fallimento: ilprimo, certificato dal tonfo a terra delledue; e il secondo, col rifiuto delle suore,che nel loro istituto si occupano solo disorde cui insegnano il linguaggio deisegni, di prendersi cura dell’ingestibileMarie. La storia ci insegna che la picco-la ,dopo innumerevoli fallimenti e tenta-tivi, ce la fece, impugnando le manialtrui, apprese il linguaggio dei segni,scoprì che ad ogni gesto corrisponde unoggetto, fino a imparare il braille e iconcetti astratti.

VIVA, RESPIRA, MORTA,NON RESPIRA

Facciamo solo un esempio, giustoper non dire troppo di un film di cuiabbiamo già rivelato a sufficienza. Adun certo punto, nel convento muore un

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anziana suora. Suor Marguerite condu-ce Marie davanti al suo cadavere diste-so su un tavolaccio. Come spiegare ilpiù grande mistero della vita a chi nonvede e non sente? O più radicalmente:come spiegare la morte? In fondo, nes-suno di noi, che pure vede e sente, è inuna condizione diversa di Marie. SuorMarguerite prende la mano della picco-la e l’avvicina alla bocca della defun-ta:”Morta, non respira”, le dice, compu-tando con il linguaggio dei segni sullesue mani. Poi avvicina la stessa manoalla sua bocca e a quella di Marie:”Viva,respira”: Poi l’appoggia sul cuore: batte,sei viva. Cos’altro dovrebbe essere l’e-ducazione se non la cruda, semplice,fenomenica descrizione di ciò che acca-de? E’ già molto, è già moltissimo, masappiamo tutti che non può essere solo

questo. Sapere se si nasce e si muorenon è un motivo valido per vivere

IL POMODORO E L’ULTIMO ORIZZONTE

E’ necessario un grande coraggio perrendersi conto che l’invisibile ci capitacontinuamente sotto gli occhi. Manmano che Marie impara a dare i nomialle cose e che a tal profumo, forma,gusto corrisponde il pomodoro, imparaanche il limite, l’incompiutezza, la fra-gilità congenita del segno. Mentre sco-pre che ogni cosa è compiuta(nasce, haun nome, è riconoscibile, ha un postonel creato) scopre anche che quella stes-sa cosa è incompiuta, appassisce e fini-sce: o perché finisce lei o perché finia-mo noi. Il paradosso più interessante diMarie Hueurtein è che l’occhio profeti-co è quello di una cieca, che impara avedere anche quello che non si vede. Aconoscere, meglio di chi potrebbe farloper facoltà fisica. Che il finito di ciò checi passa sotto le dita è la più grandeprova della necessità che qualcosa d’al-tro ci completi, ci porti a compimento,ci redima. Occorre un occhio profetico,cioè che sappia vedere fino all’ultimoorizzonte, per rendersi conto che l’in-compiuto non è una tagliola, ma attesadi compimento. E occorre un’educazio-ne per accettarlo e trasmetterlo. E’ quel-lo che Marie, divenuta educatrice, inse-gnerà a suor Marguerite e alle altreMarie che già bussano alla porta delconvento. Fonte: tempi, 29/02/2016

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LE FACEZIE DEL PIEVANOIL MIRACOLO DEI PANI

Un prete di campagna raccontavaai suoi parrocchiani il miracolo dellamoltiplicazione dei pani ma, nel fer-vore del discorso, fece un po’ di con-fusione e venne fuori a dire che in cin-que avevano mangiato cinquemilapani.

Uno degli ascoltatori, da sotto ilpulpito sbottò:”Cinquemila? Acciden-ti! E non sono scoppiati?”. “Bravo”gli rispose pronto il predicatore “Ilmiracolo è stato proprio che non sonomorti”.

VIVO O MORTODue paesani, i più svelti di cervel-

lo, furono incaricati di andare in cittàper trovare un abile pittore e commis-sionargli un quadro per l’altare mag-giore della loro chiesa. Doveva rap-presentare il martirio di san Sebastia-no.

Qualcuno del paese aveva datoloro indicazioni per trovare la bottegadi un bravo artista e, a forza di girilungo vicoli sconosciuti, arrivaronofinalmente a destinazione.

Un po’ esitanti esposero le lororichieste; il pittore poneva variedomande, le misure, la luce, i colori.Pian piano il progetto si delineava e idue si rinfrancavano nel vedere che la

loro missione stava andando in porto.-E ditemi- chiese infine l’artista ai

due parrocchiani – quel santo chevolete, lo devo effigiare vivo omorto? – Una simile domanda li misein grande imbarazzo e stettero per unbel pezzo a consultarsi sottovoce. Allafine decisero: ”Vivo, vivo, è meglioche ce lo facciate vivo, perché, se maisu in paese lo volessero morto, c’èsempre tempo per ammazzarlo dopo”.

Vanna Orlandi Rossini;

Ancora 2003.

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LETTERA A MIO FIGLIO CHEHO UCCISO CON L’ABORTO

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una dolorosa testimonianza.

Figlio mio, passano giorni e giorni,senza che io possa minimamente sentir-ti più vicino. Troppo lontano, unadistanza soffocante che non dovrebbeesistere tra madre e figlio.

Si avvicina il giorno in cui un annofa seppi che eri dentro di me. Solo oracapisco che eri più forte di me e cheinsieme ce l’avremmo fatta. Nonavremmo avuto bisogno dei miei geni-tori né di tuo padre forse, ma che solistringendoci le mani ce l’avremmofatta. Mi manchi amore mio. Mi mancasentirti, mi manca la nostra vita, mimanca il tuo battito e scrivo perchépenso che se non hai modo di ascoltar-mi, lo scritto rimarrà per sempre.

Vorrei urlare da questa finestraquanto ti amo e quanto sia soffocantequesta vita che ho accettato di viveresenza di te. Ho provato a fare tantecose…Ho incontrato persone che sioccupano di donne che hanno avuto lamia stessa triste esperienza, e all’inizioriesco a sentirmi meglio, poi quando mifermo a pensare, quando sono più solache mai, lì capisco che non ci sarà mainiente e nessuno che potrà colmare ilvuoto che mi sono provocata.

Vorrei parlare con mio padre e dirglimille cose. Innanzitutto che per colpa

mia prima, ma poi anche per colpa sua,ho spento il bottone della vita. Vorreidirgli che ora tutto scorre inesorabil-mente e che io vorrei che scorresseancora più velocemente. Lui non capiràmai che cosa è significato per me ucci-derti, che vivono ora meglio di tutti glialtri non sapendo che tu c’eri e ci sei nelmio cuore, ma che ho smesso di vivereio. Ho spento tutto: emozioni, dolore,comprensione, amore, dolcezza, umiltà.Ho spento tutto quello che era la miapersona e di cui ne andavo fiera. Lapersona che sono ora è il frutto di quel-lo che loro vogliono che sia. Ma io sof-fro terribilmente e mi chiedo perchéDio permette a una mamma di soffrirecosì tanto, ma poi ci ripenso e la rispo-sta la so.

Se non ho avuto il coraggio di difen-derti quando eri così piccolo e cosìindifeso, come posso pensare che sareistata una buona madre? Eppure amoremio, continuo in questa vita, con lecose materiali di prima anzi di più, enon piango più e non sorrido più, conti-nuo a vedere tuo padre perché mi fasentire più vicina a te, immaginandoche tu avessi i suoi capelli, le sue mani,i suoi occhi.

Chiudo gli occhi e provo a immagi-

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nare come sarà incontrarti in cielo: semi odierai e non vorrai abbracciarmioppure se mi abbraccerai perché sai cheil mio desiderio, il mio cuore dimamma da quel giorno non aspettavaaltro che darti un abbraccio forte ed unbacio sulla fronte e dirti che ora nessu-no potrà mai dividerci. Leggendo que-ste mie parole qualcuno potrà pensareche io abbia perso il senno e forse ècosì, ma chi riuscirebbe a vivere con unrimorso del genere? Ma più che rimor-so è più concretamente proprio il biso-gno di lui. Tre mesi vissuti insiemesono stati troppo pochi, ma mamme viassicuro che sono una vita.

Vorrei appellarmi a coloro che leg-geranno queste mie parole, non perchémi interessi di voi persone sconosciute,visto che non ho più il minimo interes-se per me stessa, ma mi sento in doveredi dirvi che qualsiasi strada, qualsiasistrada esiste nella vita, ma non quella diuccidere vostro figlio e voi stesse. E’ unerrore irreparabile! Nonostante tutti vidicano che è la strada più semplice, vigarantisco che dopo senti-rete che vi manca il respi-ro quando incontrereteuna donna con il pancio-ne, quando vedrete gliocchi di un bambino…

Non si può evitaretutto questo perché a chealtro serve mai questa vitaper una mamma se nonper accogliere i figli cheDio vuole donarle? A

niente, ve lo assicuro, se non viverequeste emozioni grandi che sono l’uni-ca cosa vera, pulita e sincera che sonorimaste. Non so quanto riuscirò a soste-nere questa lotta, perché il pensiero delsuicidio è frequente nelle donne chehanno fatto il mio stesso errore. Masono sicura che vale la pena di scriver-la mia esperienza, non per sfogo, nonper compassione, ma per dirvi comesarà la vostra vita se sceglierete di fareuna cosa così abominevole. Qualcunola vivrà con spensieratezza, o è quelloche darà a vedere, ma non è un gestospensierato per nulla, non può esserloper nessuno. Non fatelo mai, non spor-catevi le mani di sangue, decidete diavere coraggio. Avere vostro figlio trale braccia vi salverà la vita.

E tu, amore di mamma, aspettami, ioti penso in ogni istante della giornata, esempre di più vorrei essere lì con te. Tiprego perdonami. Se puoi. E prega perme.

FONTE. Basta Bugie

5 febbraio 2017

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LA MIA TESTIMONIANZAMi è offerta la possibilità di testi-

moniare ad altre persone la mia espe-rienza cristiana. Le vie del Signoresono sicure anche se nel mio casonon è semplice.

Ansia, ambiente, terapia che nonsempre ti rende lucido, ma alla fine èprevalso il nostro Padre Santo che miha abbracciato dandomi tanta speran-za e una fede forte.

Sono in carcere per un errore cheho commesso. Leggendo i libri di donGiussani, mi sono trovato dentro unflusso esistenziale e storico, “una feb-bre di vita” come amava dire lui evolevo saperne sempre di più di que-sto prete carismatico fondatore di“Comunione e Liberazione”. Ho sco-perto che per pregare non serve moltateologia, basta il catechismo che arri-va più facilmente al cuore. Le buoneletture sono un aiuto per la nostra for-mazione.

Sono molto fortunatoperché posso contare sullavicinanza e sull’affetto, pernon dire sull’amicizia dellepersone di “Comunione eLiberazione”, volontari cheincontro tutti i sabati delmese. Sono loro che mihanno portato vari libri, tra iquali il libro delle ore che mi

aiuta a pregare durante la giornata.Incomincio la giornata con le Lodimattutine, poi c’è l’ora media, quindila preghiera del Vespro e la Compieta.

Sono contento del mio camminospirituale, della partecipazioneall’Eucaristia domenicale. Lascio chequesti momenti di grazia entrino sem-pre di più nel mio cuore e mi trasfor-mino. Con la speranza che tutto que-sto mi aiuterà anche a perdonarmi e asuperare tutto. La Parola di Dio e lapreghiera sono una vera “lampadaper i miei passi” come dice il Salmo emi fanno riscoprire, giorno dopo gior-no, la profondità della vita e dell’a-more di Dio che ci accompagna. Dioci aiuta a guardare con occhi nuovi lenostre giornate e i nostri incontri conle persone.

Ringrazio anche i miei cari genito-ri che ora capisco molto di più quantoli ami. G. M.

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FRANCESCO VAIASUSOLA MIA POSSESSIONE

(Come mi sono liberato da 27 legioni di demoni)

“Ventisette legioni di demoni. Ventisette plotoni del grande eser-cito del male, il cui capo è Satana in persona, possiedono il miocorpo, lo occupano, lo attraversano contro la mia volontà rendendola mi esistenza nient’altro che un inferno”( Dal libro di Francesco).

All’età di quattro anni accade qualcosa di terribile nella vita diFrancesco, che condizionerà tutta la sua esistenza. Solo a trenta seianni, dopo numerosi esorcismi, un calvario di malattie e disturbidella personalità, riuscirà a liberarsi da quella che capirà essere unapossessione demoniaca.

FRANCESCO VAIASUSOSARÁ AL SANTUARIO

DEI QUERCIOLI A MASSAPER DARE LA SUATESTIMONIANZA

VENERDI 21 APRILEALLE ORE 21.

CI SARÁ LA CELEBRAZIONEDELLA S. MESSA.

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CELEBRAZIONICON DON BEPPINO

APRILE*21 VENERDI: TESTIMONIANZA DI

FRANCESCO VAISUSO ALSANTUARIO DEI QUERCIOLI(MS) CON CELEBRAZIONEDELL’EUCARISTIA. ORE 21

*25 MARTEDI: A CASTELFIDARDO. INI-ZIO ORE 15.

*RITIRO CON DON ROBERTO PERUZZI ABRESSANONE DA VENERDI’28 APRILE A LUNEDI 1 MAG-GIO.

MAGGIO*4 GIOVEDI: CON IL GRUPPO DI ERMES-

VIA DELLA CANALINA-CHIE-SA DI S. LORENZO. R. E. ORE

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20.30. TEMA: “COMUNIONE ECONVERSIONE”.

*7 DOMENICA: ASTI ORE 16*14 DOMENICA: A DESIO (MI) ORE 15*19 VENERDI A BRODANO-ORE 20.30*21 DOMENICA: A MONTEGROTTO (PD)

ORE 15

GIUGNO*4 DOMENICA: LUGAGNANO (VR) ORE

15*11 DOMENICA: DESIO (MI) ORE 15*18 DOMENICA: A MONTEFASCE (GE)

50° ANNIVERSARIO DELLAFONDAZIONE DEL SANTUA-RIO ORE 15

*21 MERCOLEDI: A ERBA (VIA ALSERIO)ORE 20.30

*23 VENERDI: SACRO CUORE A BRODA-NO ORE 20.30

*25 DOMENICA: SOLESINO (PD) ORE 15

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Sito di don Beppino:www.padrebeppino.it

Potete ascoltare 24 ore su 24“RADIO ROVETO

ARDENTE”

mail: [email protected]

Possibilità di trascorrere qualchegiorno di silenzio, preghiera

e relax nella casa del“Roveto Ardente”

di via Groppolo n. 31.

Contattare don Beppino338.5616088,

oppure al numero 0187.607301.