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    Storia del diritto moderno in Europa Adriano Cavanna.

    Parte Prima: Let di nascita della scienza giuridica moderna.

    Sezione Prima: Vicende storiche del concetto di diritto comune nella teoria delle fonti fra medioevo ed

    et moderna.

    Capitolo 1. Lidea di Europa: realt e mito

    Il Sacrum Imperium: come struttura politica dellEuropa medievaleUtile punto di riferimento per ricostruire le vicende storiche del diritto comune e della codificazione in Europa pu essere,seppur con approssimazione, il Natale dell800. In realt esse nascono con la nascita della civilt europea, che pu farsirisalire al breve periodo dellimpero carolingio.Il momento storico preciso pu individuarsi nella notte del Natale dellanno 800, quando il Papa Leone III incoron CarloMagno imperatore del Sacrum Imperium, la prima formale e unitaria struttura dellEuropa odierna.Lincoronazione nel Natale dell800 rappresenta, in realt, lideale continuamento del glorioso ordinamento di Roma:sotto il dominio di un imperatore barbarico potentissimo e il magistero unitario della Chiesa si costituisce un rinnovatoimpero dOccidente.Il territorio ricompreso vastissimo; tutto il Sacrum Imperium infatti, come detto, comprendeva gran parte dellEuropadoggi, tranne una piccola parte della penisola iberica, il regno anglosassone e i paesi scandinavi; anche se in questi paesilimperatore non esercitava alcun potere ufficiale, vi era un riconoscimento indiretto della sua egemonia e del suo

    protettorato.

    In tale periodo, il nome Europa, pressoch scomparso in precedenza, riappare e viene ricongiunto alla persona stessa diCarlo Magno che, dunque, era esaltato come Rex e Decus Europae. Il suo programma era quello di fondare un forteimpero franco e cristiano, in opposizione a Bisanzio,Limmagine di Roma e della sua potenza rimaneva ambita, in virt della tradizione latino/cristiana che la consideravadomina mundi, del suo essere citt sacra voluta da Dio, e quindi deo coronatus il suo imperatore, e suggestionava lamentalit germanica.Il nuovo impero, dunque, come respublica christiana, voleva rappresentare lunit civile e religiosa di tutti i popolioccidentali, accomunati da una fede divenuta comune in seguito alla conversione al cristianesimo di quasi tutte le

    popolazioni germaniche che avevano invaso lantico impero romano; , cos, frutto di una assimilazione di romanit,germanesimo e cristianit.Anche la Chiesa, quindi, era grande protagonista, depositaria del patrimonio culturale del tramontato mondo antico si

    pone come superamento totale della crisi di valori sociali e religiosi che fino a quel momento aveva accompagnato

    lOccidente.Basti pensare che erano i clerici a parlare in lingua latina, la lingua ufficiale della chiesa, che ovunque gli distingueva eche alla corte dellimperatore era sempre il latino la lingua per la redazione degli atti ufficiali.Coloro che parlavano latino, i clerici, cos individuati, formavano pi che una classe sociale, una classe culturale, cheaveva salvato dallinsabbiamento la cultura antica.E in questo stesso periodo che si avvia un lento processo di raccolta ed elaborazione dei testi giuridici, dogmatici ecanonistici; opera che prosegue fino alle soglie del rinascimento cittadino e fa s che si mantenga viva quellunitspirituale dellimpero anche oltre il crollo carolingio.

    LEuropa come fatto spirituale e culturale. La Respublica Christiana e il mito di Roma.Dunque, la civilt europea affonda i suoi primi germogli nellet dellimpero carolingio.LEuropa un risultato della storia, non un fatto meramente geografico.

    Larea geografica in cui era anticamente ravvisata, il Mediterraneo confinante a nord col Danubio e il Reno e a sud con ideserti africani, non corrispondeva a quella che era lEuropa medievaleA termine di un processo storico, risulta essere la fusione perfetta tra la cultura romana e la cultura germanica avvenutanellambito del cristianesimo; una nota espressione dice che lEuropa si originata da tre colli: dallAcropoli, dalCampidoglio e dal Golgota.Il concetto di unit spirituale europea, con il suo fondamento universalistico, dovuta soprattutto alla importanza delcristianesimo come religione universale; la Chiesa opera, a tal proposito, un lavoro di rieducazione globale di tutti i

    popoli, facendo sorgere una coscienza europea unitaria e unificando le genti dellOccidente latino come comunit difedeli.Come nota Vismara, un noto storico, la Chiesa non opera una mera influenza o esercita una forza esterna sulla societmedievale, anzi viva e operante in quella societ, ne parte e animaQuesta comune convergenza culturale non si oscur con la caduta dellimpero carolingio, quando nell843, col trattato diVerdun, i figli di Ludovico il Pio, successore di Carlo, si spartirono i territori dellimpero.Il successivo impero romano-germanico degli ottoni e degli Svevi si ridusse, geograficamente parlando, alla sola zonaitalo-germanica, lasciando al suo esterno la zona della Francia e della Spagna che, ovviamente, andavano a formareunostilit politica insieme allimpero anglosassone.Dunque, dall843 in poi, lEuropa non conoscer mai pi ununit politica integrale.

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    Neppure allora, per, si dissolse quellunitaria realt culturale, romano-cristiana di tipo universalistico; anche dopo letcarolingia ad essa non si sottraeva alcun paese cattolico seppur non rientrante nellimpero dei sovrani tedeschi: eraqualcosa di pi vasto e comprensivo dello stesso ordinamento imperiale, che superava.La consistenza di tale unit spirituale europea era basata sul mito di Roma su cui faceva perno un ideale imperouniversale romano e cristiano ed era assorbita dagli ambienti colti dEuropa, in primo luogo dagli ambienti ecclesiasticiIl vincolo tra Roma e limpero non era cessato neppure, quindi, nellet degli ottoniani e degli Svevi, anzi col concetto direnovatio imperii, era stato rafforzato. La cristianit dunque, in questo periodo, contava pi della nazionalit, e faceva sche limpero romano-germanico rappresentasse per eccellenza il mondo cristiano non disconoscendogli quella superioreauctoritas che il legame con Roma gli conferiva.Ci che allimpero si negava era il predominio politico, che a tal proposito passa per in secondo piano poich meraformula retorica che non impediva di identificare il tutto con la sua parte pi rappresentativa quale era la cristianit perlimpero. Per, anche vero che era la chiesa la vera forza motrice di tutto; supera, infatti, la sfera dellimpero, portatoredi unidea universale piuttosto che di uneffettiva potenza universale. Limpero appare dunque pi loggetto che ilsoggetto di questesperienza culturale e i successivi scontri tra impero e chiesa tra l11esimo e 12esimo secolo nonsaranno altro che tentativi compiuti dallimpero di ritornare ad essere il soggetto principale di unazione politica e diunesperienza di potere universale, offuscata dalla cristianit manifestata dalla Chiesa.La Chiesa, quindi, ha sempre agito intelligentemente da protagonista. Con lincoronazione di Carlo Magno infatti, si erascelta per sempre il suo partner, legandosi alla forza temporale pi potente di tutto loccidente cristiano: legame forte cheoperer per secoli sia costruttivamente che distruttivamente a seconda che vi fosse lidea di una chiesa nellimpero o unimpero nella chiesa.

    In conclusione quindi, la teoria del Sacrum Imperium appare operante sotto pi prospettive: come strumento spiritualeche la chiesa pone al servizio del proprio magistero evangelico, come base ideologica presupposto temporale dellamissione della chiesa e veicolo di ingerenza statuale nella sfera spirituale.E la concezione medievale della natura cristiana degli ordinamenti temporali: lo stato ha un fondamento religioso legatoa valori trascendenti. Terreno ideologico su cui prende vita il fenomeno unitario Europa, originato da una concezioneestranea al mondo antico, che non si eclisser nemmeno quando tale concezione sar distrutta e sostituita da quella laicadellorganizzazione civile.Lidea di Europa odierna ovviamente non fondata su una fede religiosa o sullaspirazione di un ordinamentogiuspolitico universale; tuttavia importante sottolineare che su tali basi si parla di una tendenza di fondo che interessagradualmente anche il campo del diritto anchesso interessato da un processo unificante: i carolingi iscrissero sullatabula rasa dellet barbarica molte domande tra cui la questione relativa alla unit del diritto in tutta Europa. Lerisposte giunsero pi tardi.

    Ci che preme individuare non sono le risposte dellet carolingia ma lambiente di nascita di un tal contesto capace digenerare movimenti e correnti di pensiero di dimensioni europee.Infatti, come scrisse Dawson, limportanza storica dellet carolingia, non sopravvisse a lungo al suo fondatore e nonraggiunse mai lapice per la poca maneggevolezza dellimpero di Carlo Magno che mai ebbe unorganizzazioneeconomica e sociale degna di uno stato civile. Eppure segna il primo emergere della cultura europea.

    Capitolo 2. Unum imperium, unum ius. Le origini medievali del diritto comune.

    Il dogma universalistico della unit del diritto: un rinvio alle dottrine della scuola giuridica di Bologna.La concezione del Sacrum imperium, non poteva non trovare una unit omogenea anche nel diritto, un qualcosa che sitraducesse in una LEX COMMUNIS per tutti i popoli che limpero comprendevastoricamente parlando, ci ebbe una lunga incubazione; solo nel XII secolo, con la nascita della Scuola di diritto aBologna e con il Rinascimento giuridico, trover piena e completa elaborazione il processo della LEX COMMUNIS.La scuola di Bologna, diventa sede di uno studio scientifico del diritto specificamente autonomo rispetto a quello notoalla tradizione altomedioevale delle artes liberales dellalto medioevo, fondando i proprio studi su una riscoperta dei testigiustinianei elaborandoli come ufficiale diritto vigente; il diritto romano, secondo i giuristi medesimi, quindi si trova asovrastare i diritti particolari dei vari popoli.Il diritto romano giustinianeo, quale communis lex, entra quindi nei paesi delloccidente europeo, ma solo nellambitoromano-germanico avr vigore e legittimazione politica-formale e in base alla teoria delle fonti. In tutti gli altri Stati sidiffonder come una forma di cultura e di rispetto nei confronti della prestigiosa interpretazione italiana e della razionalitdei suoi schemi concettuali.

    La tradizione della lex romana nel Medioevo barbarico e feudale.E vero che lidea di LEX COMMUNIS della respublica christiana posta in essere dalla scuola di Bologna, ma pur

    vero che nellet carolingia e post-carolingia, storicamente parlando, precedente al XII secolo, ci sono delle tracce e deglielementi di questidea.Per cogliere tali tracce basti pensare, da un lato, alla forza suggestiva dellidea di Roma domina mundi tradottasinellidea di respublica dei credenti in Cristo unificata sotto la guida del pontefice e nellidea dellunificazione dellemolteplicit degli ordinamenti politici sotto il potere dellimperatore consacrato a Roma.

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    Da un altro lato alla territorializzazione del diritto romano sommerso nel periodo delle invasioni barbariche da unamiriade di leggi personali che il mito di Roma aspirava a far convergere verso un diritto universale comune a tutti i

    popoli conviventi sul territorio dellimpero.Fenomeno preparatorio rilevante lemergere della lex romana, quindi, proprio in questo periodo, tra fine X e met XIsecolo, che vede in Germania il pluralista sistema giuridico della personalit del diritto. Il tutto rafforzato da vari fattoriquali una fusione etica e spirituale delle genti latine e germaniche con lemergere di un linguaggio comune, il comuneorganizzarsi delle scuole episcopali nelle varie citt, la recezione delle stesse norme romane nei testi canonistici e ilricorso ad esse nellinterpretazione e applicazione del diritto longobardo e franco.Questo, a Pavia, capitale del Regnum Italiae, oggetto di elaborazione scientifica e insegnamento; i giuristi in ciimpegnati, conoscitori dei testi romano-canonici, con questi ultimi lo integrano laddove risulti lacunoso e incompleto.A tutto questo si aggiunse la volont di AGOBARDO, arcivescovo di Lione, che manifest unespressa condanna verso latanta diversitas legum per un popolo (siamo nel periodo dellimpero italo tedesco, successivo quindi a Carlo Magno) cheseguiva interamente luna lex Christi.In conclusione, tali fermenti non consentono per alcuna saldatura teorica generale tra la renovatio imperii e unaconseguente esigenza di renovatio del diritto romano . Saldatura che si dovr alla scuola giuridica di Bologna e alrinascimento giuridico del XII secolo la cui nuova scienza romanistica legittimer il diritto romano come lex omnium

    generalis, diritto universalmente valido nella respublica christiana.Ancora una volta limpero loggetto e non il soggetto delloperazione; non lui che rid vita alla scienza giuridicaromana ma questultima a spiegare i tratti di un impero universale e del suo imperatore, solo conditor et interpres deldiritto, sciolto dalle leggi, egli stesso lex animata in terris, signore del mondo: dominus mundi.

    Le Quaestiones de iuris subtilitatibus e il problema dellunit del diritto nellet del rinascimento politico medioevale.Nelle Quaestiones de iuris subtilitatibus, trattatello giuridico opera del glossatore Piacentino, trova luogo larazionalizzazione teorica del principio di unit dominante nel medioevo. A fondamento della indiscussa legittimit dellenorme dellimpero richiamata direttamente lautorit divina.Queste norme sono per eccellenza i precetti romani emanati dai Cesari e dai loro successori per il proprio impero,e il capodellimpero non pu tollerare che le statuizioni, a suo tempo promulgate dagli imperatori barbarici, continuino ad essereosservate come diritto vigente, con la conseguenza che vi siano totidem fere legesquot domusE necessario che ci sia un diritto comune discendente, secondo Piacentino, dallunit dellordinamento giuridico.Infatti poich limperium idealmente, per volere stesso di Dio, lordinamento simbolo dellunit della comunitcristiana, nel duplice aspetto religioso e civile, lunum ius cio il diritto romano, non pu non essere il diritto universalevigente in tutto limperium stesso.

    La pluralit degli ordinamenti politici: molteplicit e unit nel mondo medievale del dirittoLautore delle QUAESTIONES trae delle conclusioni che chiudono una fase nella storia dellunit giuridica europea.E questa unet che, come detto, getta le proprie fondamenta nel 9 secolo e si lega alle vicende politico-culturalidellimpero romano cristiano dOccidente mettendo a fuoco una cultura giuridica, con un unico IUS, che dominata dallafede cristiana possa farne di questultimo luniversale in tutto limpero.Dal XII secolo in poi il concetto di UNUM IUS diventer poi lIUS COMMUNE attraverso un processo culturale di cuine seguiamo i tratti.Al tempo delle QUAESTIONES, alla fine del XII secolo, limpero appariva, per varie circostanze politiche e spiritualiconnesse alla crisi del mondo feudale, un mosaico di ordinamenti giuridici particolari tutti volti alla propria indipendenzae ognuno dei quali si reggeva su proprie consuetudini, costituzioni e statuti.La concreta struttura caratterizzata da una pluralit di ordinamenti giuridici, territoriali e personali, pi o meno

    indipendenti a cui consegue un fenomeno di particolarismo nel mondo delle fonti del diritto.La societ si apprestava a vivere unet di rinascimento e il fenomeno pi rilevante si riscontra nel sorgere di unacivilt comunale basata sui liberi comuni.A questo rinascimento della societ si legano anche dei fatti storici quali la lotta per le investiture conclusasi a Worms nel1122, la riforma gregoriana della chiesa, le crociate, ma la nascita della scuola giurista a Bologna e della scienzagiuridica fondata sul diritto romano che avrebbe dominato lEuropa per tutta let moderna (di cui le Quaestiones sono il

    prodotto pi cospicuo) il pi rilevante.Come conciliare lunum ius nellunum imperium con la pluralit di ordinamenti giuridici creatisi entro limpero stesso?In ambito italiano, tali norme sono rappresentate perlopi da consuetudini e statuti cittadini.Per esempio nel REGNUM SICILIAE, vasto fino a confinare con lo Stato Pontificio, ritroviamo limponente complessodella legislazione sovrana normanno-sveva (leAssise Normanne promulgate nel 1140 dal re RUGGERO II e leConstitutiones Augustales emanate a MELFI nel 1231 da FEDERICO II) norme vigenti in modo preminente e generale.Quanto alle consuetudini locali, la fonte pi antica del diritto e da sempre tramandata in via orale, saranno ancora costramandate per poi nel secolo successivo consolidate, essendo messe per iscritto.Le raccolte scritte di consuetudini, quindi, diventeranno la prima manifestazione della pluralit degli ordinamenti giuridiciminori (essendo cittadine), che sono venuti emergendo entro lorbita dellimpero, in ogni sua parte, e che ora

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    contrappongono le loro norme di convivenza , garantite dalla forma scritta, a quelle cui lautorit superioredellimperatore, dei signori e dei sovrani, tende ad assoggettarle.accanto alla raccolta di consuetudini, vanno crescendo gli Statuti comunali, piccoli codici in cui le nuove comunit

    politiche particolari, nelle forme ufficiali previste dallordinamento di ciascuna, fissano il proprio libero assettocostituzionale e amministrativo, le proprie procedure giudiziarie, le proprie regole di diritto privato.Lo statuto esprime non una volont normativa e sovrana come quella incarnata nella lex imperiale ma lautonomia checiascun ordinamento particolare rivendica entro i propri confini nei confronti della Lex medesima pur riconoscendone lasovranit della sua superiore autorit di intervenire ove lo statuto taccia.Talvolta gli statuti lasciano intatte le CONSUETUDINI gia formatesi in loco, altre volte si sostituiscono ad esse e altrevolte ancora sono proprio le stesse consuetudini che, per volont delle autorit comunali, vengono ufficialmentetrasformate in statuto, assumendo la medesima forza cogente di cui sono munite le due tipiche manifestazioni formalidella volont statutaria:- i BREVIA giurati delle magistrature comunali- le DELIBERAZIONI delle assemblee cittadine (statuta in senso stretto).La gamma degli statuti si diversifica in moltissime forme; nellITALIA CENTRO SETTENTRIONALE, ove lo statutonon si subordina ad una legislazione regia ma presuppone unicamente la concorrenza di quella imperiale,iI codicicomunali dei pi grossi e potenti centri cittadini, raggiungono nel XII e XIV secolo, una notevole consistenza: sonoarticolati in pi libri, in titoli e rubriche, sottraendo al diritto dellimpero la disciplina di una amplissima serie di rapportigiuridici.Ampiezza minore e minore spazio di incidenza, gli Statuti dei centri minori.

    Particolari forme di statuti sono gli statuti marittimi in cui i centri portuali raccoglievano le loro consuetudini in materia dinavigazione e commercio; gli statuti corporativi ove i associazioni e corporazioni di mestiere portavano le loroconsuetudini in materia di organizzazione interna conferendosi una autonoma disciplina di cui il codice contemporaneamente vincolo e modello.Lunum ius quindi deve ora misurarsi con questa abbondante, normativa impossibile da paralizzare, contenente energievitali e insopprimibili volte a sottolineare la propria indipendenza, specie a livello comunale, nata come superamento delsistema della personalit del diritto di cui lautore delle Quaestiones, auspica la fine.Il problema di rapporti tra vecchi e recenti poteri fu superato grazie allidea centrale dello ius commune.Tale espressione indica il diritto romano imperiale concepito come elemento di un sistema organizzato di fonti giuridichenel quale esso, come diritto generale e universale, si coordinasse secondo certe regole ai diritti locali e particolari.In tal modo, tramite tali industriosit, lantico diritto romano divenuto diritto del presente tornando a rivivere ealimentandogli strati pi profondi del pensiero giuridico occidentale.

    La configurazione originaria del concetto di ius commune: lideologia giuridica universalisticaIl quadro del contrasto tra lo ius propriium degli ordinamenti particolari e lunum ius dellimpero tracciato, dunque, conchiarezza assoluta nelle QUAESTIONES DE IURIS SUBTILITATIBUS sottolineando soprattutto che quando si parla diunum ius, si vuole indicare il diritto unico dellimpero, e non il diritto unico nellimpero, ovvero lo ius communecontrapposto al complesso degli iura propria di ciascun popolo, lunit da cui la molteplicit deriva.Lespressione UNUM IUS compariva gi in un celebre frammento delle ISTITUZIONI DI GAIO accolto nel Digesto,volto a designare il diritto delle genti basato sulla naturalis ratio, patrimonio collettivo di tutta la comunit umana.

    Nel linguaggio del giurista medioevale il termine comune diventa IL DIRITTO ROMANO cio il diritto dellimperouniversale emanato in vista delle esigenza della respublica christiana e avente come propri destinatari tutti i vari popoliorganizzati in singoli ordinamenti giuridici; in questo quadro, limpero e il suo diritto diventano lunit, cui si colleganoin subordinazione le norme che provengono da ogni parte dellimpero.

    Tale schema gerarchico, di schietta natura scientifica, presenta il diritto comune nellambito di un sistema di fontinormative sorrette da ununica ratio nel quale esso , posto in preminente posizione gerarchica, sorgente da cuiscaturiscono i diritti particolari, ai quali non lasciato spazio se non laddove la legge generale non provveda e noncontrasti con questa.Utilizziamo il concetto di sistema poich tale quadro risulta essere sistematico nel momento in cui istituisce vincoli dicoordinazione tra le fonti giustinianee e il diritto particolare.Lideale di unit non riusc mai ad essere oscurato, neppure dai conflitti di potere delle due forze configgenti: la Chiesa elImpero. La naturale veste giuridica di questo ideale era il diritto comune: et dequilibrio questa, tra universalismo e

    particolarismo.Solo lo stato moderno, nella sua evoluzione post-medievale verso lassolutismo, avrebbe rotto questequilibrio:frapponendosi tra i due estremi gli avrebbe annientati sulla pretesa di essere lesclusiva forma perfetta di ordinamento nonderivante da alcuna volont trascendente che non fosse la propria sovranit.

    Lutrumque ius: la legge della chiesa e la legge dellimpero.La questione pi importante, in special modo nel XII secolo, nellambito del concetto di ius commune, quella delrapporto tra impero e Chiesa e relativa rilevanza dei rispettivi ordinamenti normativi.

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    I dibattiti dottrinali che ne nacquero, furono roventi e plurisecolari per il loro diretto collegarsi al pi ampio scontropolitico fra la dottrina curialistica (che presuppone la superiorit del pontefice) e la dottrina imperialistica (che teorizza laseparazione dei due poteri).Pur attraverso incertezze e contrasti mai pienamente conclusi, si arriva alla formulazione del postulato della ordinatio adunum delle due potest supreme, sovrane e indipendenti, aventi ciascuna la propria iurisdictio e produttrici di due separaticorpi normativi.Si presuppone, quindi, la loro reciproca irrilevanza: le norme canoniche vlte a regolare casi temporali valgono solo nelleterre soggette al pontefice; diversamente, ogni sfera a se e non deve ricevere intromissioni dallaltra.Tuttavia, lordinatio presuppone uno stretto legame tra norme imperiali e canoniche costituenti insieme lo ius commune.Questa conciliazione fu resa dai giuristi con lespressione UTRUMQUE IUS, che indicava il rapporto essenziale tra i duemondi, distinti ma al tempo stesso coniuncti.

    Lidea dellimperator dominus mundi e la potestas degli Stati nazionali cristiani: verso il moderno concetto disovranit.Ulteriore questione quella riguardante i problemi pratici e teorici connessi alla pluralit degli ordinamenti giuridici.In tutto il continente europeo era emersa una molteplicit di monarchie territoriali e nazionali indipendenti che tuttaviarimanevano legati a Roma dal comune vincolo ideale della cristianit, gi a fondamento di quella che fu lunit politica

    poi dissoltasi nel crollo carolingio.La giurisprudenza medioevale, specialmente in Italia e in Francia, costru un fondamento teorico al carattere sovrano diquesti regni, postulando che i nuovi monarchi potessero rifiutare lautorit di qualsiasi SUPERIOR e che ciascuno di essi,

    in regno suo, avesse appunto quella stessa potest che limperatore esercitava per volont di Dio su tutta la terra, purrilasciando allimperatore, una superiorit del tutto formale.Nonostante tutto questo, il mito di Roma e dellimperatore come dominator mundi era davvero forte; questo soprattuttoperch Roma era capace di suggestionare culturalmente e religiosamente tutta lEuropa, sin da quando limperatoreOttone I fu incoronato a capo dellimpero romano-germanico, fino a quando questultimo fu definito, da Federico I,sacrum.

    Essendo il medioevo cristiano e, quindi, universale, come osservato da KOSCHAKER, per luomo medioevale ilcontrasto fra cristiani e pagani molto pi importante di quello fra tedeschi italiani e francesi.Ci riporta poi lattenzione su un altro tipico carattere della mentalit medioevale, che quello dessere dominatadommaticamente dal principio dautorit e di essere priva di ogni reale capacit di penetrazione storica: ecco perchlidea autoritaria di Roma e dellimpero romano non assolutamente un concetto del passato, ma una realt presente

    sprigionante tutto il suo fascino.In effetti troppo semplice pensare che lantica ideologia di ROMA DOMINA MUNDI, andasse via via eclissandosisemplicemente cedendo il passo alla forza di concezioni e di situazioni politiche nuove.Al contrartio, quella ideologia, illanguidendosi , offriva alimento indispensabile alle idee nuove.E attraverso lutilizzo del concetto di imperium che i giuristi del periodo vollero giustificare la plenitudo potestatis deimonarchi di quel tempo.

    Ius commune e ius proprium: levoluzione del concetto di ius comune come diritto universalmente sussidiarioI giuristi medioevali, affrontando il problema di trovare un fondamento legittimo allinsieme dei poteri che ogniordinamento esercitava per autogovernarsi, volsero in modo specifico la propria attenzione alla potest di emanare normegiuridiche. Il problema per eccellenza la legittimazione dei comuni come fonti del diritto, come fonti di ius proprium,valido di fronte al diritto comune.

    I comuni rivendicavano gelosamente la potest di darsi leggi proprie (statuti), di emanarle se era il caso anche contro loius comune, di applicarle con assoluta precedenza nei suoi confronti e di interpretarle secondo criteri letterali.I comuni richiedevano, inoltre, la formazione di un diritto suppletivo in relazione al solo diritto romano e non a quellocanonico, insofferente di deroghe e limitazioni.In breve, fino a quasi tutto il XIII secolo, mentre i comuni cercano di strappare a quel potere politico, che la scienzagiuridica teorizza come esclusivo, la facolt di graduare gerarchicamente le fonti e cercano di imporre lassoluta

    precedenza della norma statutaria, i giuristi resistono a questa pressione. Reagiscono tentando, a loro volta, di ribaltare lasituazione, difendendo la prevalenza gerarchica del diritto comune e dichiarando legittime le sole norme del diritto

    particolare che con quello non contrastino.Lo spirito di sistema suggerisce loro una visuale in cui il diritto dellimpero appare davvero quellunum supremo euniversale che non implica la scomparsa di ogni legge concorrente, ma al quale tutti gli altri diritti devono coordinarsi esubordinarsi. Gli Statuti dunque, in questo quadro prospettico, risultano essere una eccezione al diritto comune, laddovequesto venuto configurandosi come tale, perch ritroviamo lo ius proprium.Ma gradualmente, verso la fine del XIII secolo, la forza di pressione della legislazione particolare, diventa irresistibile e ilfenomeno dello IUS STATUENDI appare un fatto compiuto.Il diritto statutario si impone, con la suggestione dei suoi impulsi creativi e non solo con il consolidamento delleautonomie; esso la vera chiave della questione: gli sono riconosciuta precedenza sul diritto comune che assume una

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    funzione sussidiaria, rendendolo per ancor pi comune perch postula una pluralit di sistemi operativi che nepartecipano a motivo della propria insufficienza, si erge quindi senza rivali sugli schemi elementari e lacunosi del dirittostatutario.Lo ius comune si presenta dunque, ora pi che mai, quale corpus normativo universale e quindi completo che va acolmare lo ius proprium, ma che si vanta dello ius proprium, da cui si rigenerato, per essere ancor pi efficiente, vigentee completo.

    La visione pluralistica dellesperienza giuridica: lautonomia degli ordinamenti particolariTale piena legittimazione allo ius proprium si oper attraverso delle teorie che furono di pi ampio respiro dal momentoche, elaborata la teoria della permissio, la potestas condendi statuta fu concessa ai comuni dallo stesso imperatore.Il grandissimo giurista trecentesco BARTOLO DA SASSOFERRATO ritrovando nello stesso concetto di iurisdictio lalegittimazione della potestas statuendi quale necessaria manifestazione della facolt di autogoverno di ciascunordinamento, afferm che quanto pi ampie sono tali facolt che limperatore in persona conferisce ai comuni, tanto piampia la loro potest normativa e viceversa.Il suo discepolo BALDO DEGLI UBALDI, enunciando una dottrina ancor pi profonda, giustifica lesistenza dellecomunit politiche con il diritto naturale. Queste comunit nascono come vitale fenomeno spontaneo, senza derivare daalcuna formale fonte di potere, da alcuna autorit superiore da cui derivare la propria esistenza; proprio tale esistenza aconferire il relativo regimen, cio la propria organizzazione. Ciascuna comunit politica deve, per il solo motivo cheesiste, reggersi con delle norme che provvedano alla sua vita e che, di conseguenza, non derivano da alcuna fonteautoritaria esterna.

    Questa giustificazione dello ius proprium per la prima volta apre ad una completa visione pluralistica dellesperienzagiuridica.Occorre poi notare il carattere dellintervento teorico a posteriori, proprio di tale speculazione della giurisprudenzamedioevale, che non fece che offrire un successivo supporto dottrinale a quel diritto che si sosteneva gi essenzialmentesullindiscutibile forza politica degli ordinamenti che lo esprimevano.Ultimo dato altrettanto importante in questa complessa operazione politico-culturale di salvaguardia delluniversalismoattraverso il recupero del particolarismo, il fatto che lo stesso ceto dei giuristi si sia trovato, ad un certo punto, coinvoltonella vita politico-giuridica degli ordinamenti particolari.I giuristi divennero spesso i diretti compilatori, o i consulenti dei compilatori, degli statuti cittadini e si trovarono asvolgere attivit diplomatiche e amministrative di non poco rilievo nellambito di queste repubbliche: piccoli e grandisistemi di potere capaci di impegnare, professionalmente e politicamente, il doctorche, tuttavia, a sua volta vi immettevala sua tecnica e la sua mentalit razionalizzante, la sua terminologia e le sue categorie astratte.

    Tuttavia, era necessario che il ceto dei giuristi si rendesse indipendente da condizionamenti e seppur legato da mille filialla volont delle autorit pubbliche, si ritagliasse unautonoma area dazione a livello professionale che ne faceva, delceto stesso, un prestigioso gruppo di potere che appariva pi in rapporto di alleanza che di subordinazione con lautorit

    politica.

    Capitolo 3. Diritto comune e gerarchia delle fonti alla crisi del pluralismo politico medievalePrincipati e regni in Europa: la concentrazione del potere e del diritto nel processo formativo dello Stato moderno.Il secolo XVI rappresenta, cronologicamente, un momento di non lieve trasformazione per il concetto medievale di dirittocomune.

    Nel cercare di cogliere come e perch questo accada, si d per presupposta la distinzione tra la situazione dei territoriimperiali e situazione dei territori gi investiti dal processo di formazione della nazionalit.Unaltra distinzione va presupposta allinterno dellarea imperiale: tra paesi italiani e paesi germanici.

    Nei territori estranei allarea italo-tedesca e svincolati dallimpero romano-germanico, le dottrine della giurisprudenzamedioevale sulla plenitudo potestatis degli ordinamenti monarchici avevano assolto la funzione di giustificare le pretesedi assoluta indipendenza politica e legislativa di quei regni nei confronti dellimperatore, solo indirettamentericonfermato dominus mundi ma, di fatto, non pi esercitante alcuna egemonia;

    Ne derivava che il diritto comune, in tali regni, era applicato solo se accettato e reso parte del diritto nazionale dalmonarca dello stato: il vigore, a titolo sussidiario, si basava quindi sul mero consenso dei sovrani (placitum regis); ci sidelinea gi nel XIII secolo, definendosi nella prima met del XIV.

    Nei paesi invece collegati direttamente allimpero, come il territorio italico, le teorie medioevali avevano avuto ilcompito di coordinare in tipici sistemi di fonti coesistenti il diritto romano-canonico e la varia normativa di citt esignorie territoriali: al tempo stesso hanno, quindi, legittimato gli autonomi poteri della pluralit degli ordinamenti minorie hanno salvaguardato teoricamente la suprema e unitaria autorit imperiale.

    Il fatto che limpero fosse in liquidazione e che comuni e signori fossero pienamente indipendenti e avessero il potere dilegiferare, anche contro i principi dello ius comune, non escludeva che il diritto romano fosse, per antonomasia, il dirittodellimpero; anche se era venuto ad assumere un valore sussidiario rispetto ai preminenti ordinamenti positivi dellesingole comunit era pur sempre la ratio di un sistema politico-giuridico teoricamente unitario in cui quelle comunit siriconoscevano.

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    A partire dalla fine del secolo XV questa concezione ancora universalistica del diritto comune entra in una profonda crisidi evoluzione: la posizione riservata, nei territori italiani, allo ius commune si avvia, infatti, a divenire quella che gli vienriservata gi dal XIII secolo dalle grandi monarchie nazionali europee estranee allimpero.Tale crisi ovvia conseguenza di alcuni cambiamenti nellassetto politico dei paesi italiani: essi vanno strutturandosi,attraverso lesperienza delle signorie e successivamente del principato, in forme di organizzazione statuale su baseregionale, simili a quelle delle grandi monarchie nazionali europee.Queste ultime erano venute politicamente consolidandosi destinando via via alla crisi e al tramonto la grande idea delmedioevo che postulava una unit universale fra la societ religiosa e la societ civile e si avviavano ad organizzarsi inquella forma tipica accentrata e burocraticamente organizzata dello stato moderno, solitamente identificata conlassolutismo monarchico.Ci fin per svuotare di significato anche solo teorico lideologia universalistica della comune appartenenza ad un unumimperium. Mut cos il configurarsi del concetto di IUS COMMUNE che venne ad inquadrarsi in una teoria delle fonti,simile a quella gi da tempo emersa nei regni dEuropa, ove era presente ad altro titolo che non fosse quello imperialecio con esclusivo riferimento alla sua qualit sussidiaria e non pi universale.Tale evoluzione culturale vari nel tempo e negli ambienti politici ma giunse comunque ai suoi sbocchi pi maturi fra lafine del XVI e gli inizi del XVII, nellet degli stati principeschi italiani e degli stati della penisola soggetti al dominiospagnolo, francese e austriaco anche detta Ancien rgime .Il principato, dunque, costituitosi come sviluppo del governo signorile, sul pieno disfacimento politico delle autonomiecomunali, tende ad affermarsi quale ordinamento sovrano e primario, unitariamente sorretto da un potente e organizzatogoverno centrale e da unarticolata amministrazione burocratica: risulta essere, quindi, stato di tipo patrimoniale e

    autocratico che persegue una politica di accentramento amministrativo, legislativo e giudiziario.Per certi aspetti, anzi, si pu dire che questa nuova formula di organizzazione del potere politico emerga attraverso unprocesso di interno assorbimento delle autonomie di origine medioevale piuttosto che dallo sfaldarsi esterno dellimpero,fenomeno questo gi praticamente concluso con la formazione delle signorie territoriali accentrate nei comuni dominanti.

    Negli ordinamenti principeschi,quindi, la formazione dellunit statuale passa attraverso due fasi successive: quella delsuperamento esterno delluniversalismo e del pluralismo medievali e quella del superamento interno degli elementiresiduali di quei modelli di organizzazioneLa nuova strategia assolutista fa perno sulla figura delprinceps, formalmente soggetto de iure allimperatore di cui nominato vicarius e per questo legittimato dei poteri che esercita senza, di fatto, alcuna intromissione imperiale.

    La statualizzazione del diritto comune e il dissolversi del suo antico fondamento imperiale.Il principe ora, in tale contesto che indubbiamente modifica il quadro delle fonti giuridiche, appare come come la prima e

    suprema fonte di produzione del diritto, con la conseguenza che ogni altra norma a lui non risalente ma derivante da altriordinamenti interni o esterni al suo Stato, giuridicamente rilevante solo se oggetto di sua approvazione e disottoposizione al suo controllo.In questo modo, fra lo IUS COMMUNE e lo IUS PROPRIUM, si contrappone la nuova legislazione generale dello stato,che basandosi sulla volont assoluta dello stesso sovrano, di cui espressione, tende a porsi come diritto comune primarioin quanto impone la propria precedenza assoluta su ogni altra fonte di diritto.In questo contesto per, se si vuol far riferimento al diritto romano , unico vero diritto considerato universale, si riscontrauna posizione alquanto mutata: ad esso viene a mancare quella che la componente imperiale del diritto, il fondamentolegittimo della sua applicazione, liquefattasi nella realt frammentata delle signorie e dellassolutismo principesco.Ora la volont dei principi la base della sua applicazione, che fa s che sia pur sempre commune ma come diritto delloStato, allinterno della quale sussidiario e subordinato alla superiore normativa generale sovrana.La posizione del diritto romano imperiale appare ora esattamente rovesciata rispetto alla situazione medievale: in

    questultimo caso erano gli iura propria degli ordinamenti particolari ad esser vigenti in quanto derivanti dal consensodellimperatore, da lui accettati come localmente suppletivi del diritto universale. Gradualmente, invece, lui ad esserconsiderato, ovunque, sussidiario rispetto ai diritti locali fino poi, tra il secolo XV e XVI, nei vari stati principeschi informazione, allavvio di un fenomeno gi prospettato da tempo: il diritto comune diviene DIRITTO POSITIVO dellostato in virt della accettazione, espressa o tacita, fatta dal sovrano, non pi in virt della sua origine imperiale.In questo modo si particolarizza e si regionalizza ed comune solo in ciascuna unit politica nazionale statuale.Si pu parlare, quindi, di diritto comune particolare.Il capovolgersi del fondamento legittimante la vigenza , dunque, collegato al definito disfacimento dellideologiauniversalistica. I nuovi stati sovrani fondano le loro strutture laiche, razionali e autosufficienti, sulla tabula rasaconseguente alla distruzione delluniversalismo e quindi del particolarismo politico, poli dellequilibrio medievale rottosianche sugli ultimi lembi di territorio europeo non germanico ove era sopravvissuto.Solo la Germania, nella met del 500, era stata rifugio dellidea e del titolo imperiale, che si dissolver pi avanti, verso lamet del XVII secolo, quando anche qui i principati innalzeranno la loro sovranit di fronte allimpero.Tale particolarizzazione del diritto comune si ripercuote sulla sua sostanza normativa: allinterno di ciascuna unitstatuale, assume lineamenti propri, diversi da Stato a Stato; ogni compagine politica gli imprime unimpronta sua aseconda delle proprie tradizioni ed esigenze.

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    E consegnato alla prassi giudiziaria, sensibile alle tendenze politiche e ai bisogni locali e si differenzia, parzialmente, daStato a Stato.Questo processo di differenziazione che tende a fare del diritto comune un particolare patrimonio giuridico che ciascunordinamento amministra, assimila e reinterpreta secondo la peculiare situazione socio-economica interna , con le dovuteeccezioni, fenomeno tanto pi sensibile, quanto pi ci si avvicina nel tempo allet delle codificazioni e se proiettato nelvasto contesto europeo.Considerando i diversi stati dellEuropa che, in vario modo, hanno recepito anchessi quale IUS COMMUNE, il dirittodella compilazione giustinianea e della sua intepretatio italiana, si pu parlare pi di una tendenza alla nazionalizzazionedel diritto comune, che di una tendenza alla differenziazione dello stesso.

    La sopravvivenza di uno ius commune superstatale nellet modernaLa tendenza ad una statalizzazione del diritto comune in atto nella giurisprudenza dei supremi tribunali centrali convive

    pur sempre con la non sopita tendenza contraria, quella tendenza ad uniformarsi agli indirizzi giurisprudenziali accreditatipresso pi paesi.Questo perch il fenomeno non radicale e neppure nella sua fase pi matura si crea assoluta inconciliabilit ed estraneitfra i diritti comuni regionali sviluppatisi nei vari ordinamenti: i caratteri di universalit, continuit e unit prevalgono eci ad opera dei grandi giuristi italiani dei secoli XII-XVI che lo salvaguardano e alla cui prestigiosa opinione subordinata anche la prassi dei supremi collegi giudicanti di diffusione europea.Laddove una certa soluzione scaturiva unicamente da un atteggiamento dottrinale scavalcava le barriere geografico-

    politiche e trovava ovunque identico accoglimento di fondo.

    Lo ius comune, dunque, sempre concepito come sistema legale completo, lunico capace di sopperire alle insufficienzedegli ordinamenti positivi che lo accolgono: una universalit comprovata dal fatto che si prenda atto dalla regola cherisulti praticata presso i tribunali supremi di pi Stati.Esauritasi, infatti, lepoca scientificamente pi robusta e produttiva delle scuole di diritto, la giurisprudenza ha assuntoora un carattere prevalentemente pratico e avvocatesco: lo svolgimento del diritto comune ormai affidato alle decisionidei tribunali; il lavoro dei giuristi vive un erosione e viene sottoposto a controllo essendo ora la figura del magistrato odellavvocato ammesso a patrocinare presso il tribunale, modello dominante.Si pu dire che, nella nuova giurisprudenza, il diritto comune entra ancora, con lautorevole assetto che gli statoconferito dal diritto medioevale, negli squarci dei sistemi normativi degli stati assoluti passando, per, entro il filtro dellaquotidiana prassi giudiziaria che seppur lo salvaguardi fa s che molte sue norme siano variate in relazione alla situazionedi ciascun ambiente politico. Il tutto, ovviamente, non va ad intaccare il loro contenuto o i loro principi.Il diritto comune in quanto lo PLURIBUS PRINCIPATUS cio partecipato da pi ordinamenti politici. Si parla, cos,

    di diritto comune europeo; il diritto comune principesco, invece, tale solo in un principato .

    Capitolo 4. Lelemento canonico del diritto comune: la costruzione e lo svolgimento di uno ius commune

    in spiritualibus (sec. XII XVI)Il volto spirituale di un diritto universaleSecondo la concezione di utrumque ius, lo ius comune sarebbe anche dal diritto canonico.Lidea di un unico ordinamento normativo, temporale e spirituale, era stata un fermo pilastro della coscienza medioevale.Lordinatio ad un unico fine di CHIESA ed IMPERO postulava che IUS CIVILE e IUS CANONICUM, pur distinti nelleloro sfere di applicazione, si componessero nella ideale unit dello IUS COMMUNE attraverso lo stretto rapporto dellacomune dipendenza dalla volont di DIO.La concezione unitaria dei due diritti si alimentava attraverso una visione integralmente religiosa dellordinamentoimmaginato come poggiante su ununica e originaria norma di sostegno, la volont divina.E dunque questa una visione biblica del diritto, la questione fondamentale della idea medioevale di legge.Lelaborazione e linterpretazione del diritto romano, era stata fatta, del resto, non molti secoli prima, tenendo conto dellospirito suggerito dalla chiesa cristiana tanto che, a sua volta, la stessa chiesa, fin dai pi lontani secoli, aveva fatto dellalex romana la propria lex saecularis, una legge sempre pi legata al sistema ecclesiale e ai canoni.Il diritto romano ha conferito apporti decisivi alla chiesa, alla struttura e alle prassi interne ricevendone una nuovaanimazione per essere corpo vivo e vitale.

    Dal Decreto di Graziano al corpus iuris canoniciIl corpus della normativa canonistica venuto costruendosi nel clima della grande riforma gregoriana della chiesa, inconnessione con la quale, non erano mancate robuste collezioni volte a tentare un primo riordinamento del materialenormativo che si ebbe poi solo nel XII secolo ad opera del monaco camaldolese GRAZIANO che, prendendo spunto dal

    teologo ABELARDO nel famoso SIC ET NON, scrisse il celebre DECRETUM dal titolo concordia discordantiumcanonum. Fu questoun testo con cui Graziano, lavorando mediante il metodico assestamento dialettico dei vari testisacri, puntava alla razionalizzazione normativa ovvero al concordare le antinomie fra i precetti accumulatisi nel tempo.Graziano, insomma, aveva riunito un certo numero di testi di diversa provenienza (auctoritates), li aveva raggruppati persoggetto aggiungendovi talvolta un breve commento (dictum) e quando certi testi di autori diversi si presentavano

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    contrastanti, cerc di conciliarli attraverso i loro punti comuni, talvolta anche minimi, o di tirarne fuori una dottrina su cui possibile appoggiarsi .Il metodo utilizzato, ripreso da Abelardo, era nuovo: poneva volta per volta una quaestio, ne prospettava oppostesoluzioni, individuava quella che potesse sciogliere il problema oppugnando largomentazione contraria.Vennero cos coordinati 3823 testi in esso contenuti: lopera fu messa al pari dello stesso IUS CIVILE e pur essendo nonufficiale conquist un immenso prestigio.Al Decretum, che aveva aperto ampi orizzonti per il diritto canonico successivo, seguirono varie raccolte diDECRETALES, emanate successivamente dai pontefici, tra i quali ALESSANDRO III e INNOCENZO III; ritroviamo lec.d. Quinque compilationes antiquae.

    Nel 1234 poi, papa GREGORIO IX promulg la propria maestosa collezione di decretales in 5 libri,LiberExtravagantium, nel senso che raccoglieva decretali che erano extra, cio fuori dal Decretum di GrazianoIl Liber Extra costituiva il mediato e ufficiale riordinamento tecnico di tutta la abbondante produzione normativasuccessiva al Decretum.Le decretali di Gregorio IX, che avevano forza di legge, divennero col DECRETUM il principale oggetto di studio e dielaborazione scientifica fino allentrata in vigore del Codex Iuris Canonici nel XX secolo.

    Nella compilazione Gregoriana, il diritto canonico si presentava sistemato entro quella grande partizione quinaria dellematerie delineatasi dopo Graziano:1- orientamento dei tribunali ecclesiastici2- processo canonico3- vita dei chierici, monaci e gerarchie ecclesiastiche

    4- matrimonio5- delitti, pene, magistero punitivo della chiesaIlLiber Sextus promulgato nel 1298 da papa BONIFACIO VIII e le Constutiones Clementinae del 1317 raccolte dai papiCLEMENTE V e GIOVANNI XXII e successivamente, anche se senza carattere ufficiale, leExtravagantes Iohannis

    XXIIe leExtravagantes Communes , furono le compilazioni pontificie con cui ufficialmente si concludeva limponenteattivit legislativa della Chiesa, forse la pi imponente attivit legislativa di tutto il medioevo, il cui Risultato era cos uncorpus di sei distinte compilazioni, tre ufficiali e tre private,E importante sottolineare che cos come il diritto civile si fondi, in questo periodo, sullopera moralizzatrice delleconsuetudini e degli usi, il diritto canonico si fonda su una natura prevalentemente legislativa.

    Cenni ai caratteri della scienza giuridica canonistica: il coordinamento medioevale fra ius civile e ius canonicumA questo grande corpo di norme solo nel 1918 sarebbe successo il Codex iuris canonici e su di esso si svolse un secolare

    lavorio dottrinale.Lintensa elaborazione scientifica svolta dai canonisti sul DECRETUM e sulle raccolte successive di DECRETALES,presentava tipici caratteri che le derivano da 2 aspetti specifici:

    1.dallessere attivit interpretative di un diritto in gran parte vivo e contemporaneo2.dallessere lavoro speculativo dominato dal problema di individuare il fatto umano, valutabile in termini puramente

    giuridici, rispetto al fatto rilevante sul superiore terreno della dogmatica religiosa e della teologia morale.Attorno al Decretum e alle decretales, si formarono apparati di GLOSSAE, TRATTATI e SUMMAE, opere disistemazione scientifica effettuata da giuristi del calibro di Paucapalea (discepolo di Graziano), Rolando Bandinelli,Bernardo Pavese,...che esercit una profonda influenza sulla giurisprudenza civilista.Questa influenza fu ambivalente;La dogmatica civilista era indispensabile al canonista che, a sua volta, nelloccuparsidegli aspetti spirituali della condotta umana toccava materie prettamente temporali invadendone il campo, soggetto al foroesterno. La considerazione della ratio peccati e della salus animae , fondamenti prevalentemente cristiani, guidavano il

    canonista anche in ambiti strettamente civilistici; lottica fu dunque quella del rispetto di valori quali laequitas,lindulgentia, la benignitas che, spesso, potevano contrapporsi al rigordello ius civile.Un romanista far difficilmente a meno del diritto canonico, un canonista non potrebbe fare a meno del diritto romanosentendo la necessit di citarlo, di applicarlo costantemente portando a maturazione certe tendenze del diritto romano.Lambito in cui le due dottrine e i due diritti confluirono concordemente fu quello del PROCESSO.Sotto lottica dellordo iudiciorum romano, esso fu perfezionato dallopera legislativa pontificia, i decretales, e daunopera di tessitura dottrinale svolta dalla scienza canonista, summae e trattati.Il tipo di processo creato, scrisse il CAPPELLETTI, costituiva un meccanismo logico basato sugli atti scritti e non dalle

    procedure orali dellet feudale: tutto era razionalmente ordinato e previsto.Strumento immediatamente attivo nella prassi, si diffuse rapidamente dalle corti ecclesiastiche ai tribunali supremi acominciare da quelli dei comuni italiani, costituendo procedura accolta e conservata fino al XVIII secolo in tutta Europa.Tale processo, processo cattolico per eccellenza, fu definito romano-canonico: romano per la terminologia e il richiamoalle fonti giustinianee da cui furono desunti i concetti fondamentali, canonico per le innovazioni provenienti dadisposizioni pontificie.Come disciplinare eventuali contrasti tra precetto canonico e precetto civile?La regola consisteva nel far soccombere la norma civile qualora si trattasse di questioni spirituali epertinentes ad fidem.

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    In temporalibus, nelle questioni temporaliinvece, bisognava distinguere se il problema si ponesse ad un giudice delleterrae subiectae Ecclesiae oppure delle terre subiectae Imperio.Nel primo caso, nuovamente, il diritto laico dovevacedere il passo al canonico; nel secondo caso se l'osservare la legge civile costituiva peccato allora ci si atteneva a quellacorrispondente canonica; se invece non vi erano problemi di "ortodossia" allora ad essere applicato era il diritto civile("aut servare legem est inducere peccatum...et tunc stamus canonibus..., aut non inducit peccatum, et tunc stamus legi")Tale massiccia presenza del diritto canonico era dovuta alla presenza stessa della Chiesa nella societ del medioevo, allastessa dimensione storica conferita alla Chiesa dalla visione medievale del mondo e della vita.Questa aveva la struttura di un impero e la sua competenza si estendeva su tutte le questioni spirituali poich nessunaazione umana era estranea al peccato, ogni questione ha una certa vocazione spirituale: ecco perch la legge dovevacercare di limitare il peccato dalle azioni degli essere umani, tenendo conto del fatto che persino il principe era un essereumano e come tale, peccatore, e quindi soggetto ad una sorta di debolezza politica.La Chiesa governava la famiglia attraverso la sua competenza esclusiva in materia matrimoniale, controllava la sfera

    politica, sociale ed economica con le sue norme morali, che sancivano penitenze e censure.

    Ius canonicum e Placitum PrincipisLo sfacelo dellunit imperiale, lo scisma dOccidente (1378-1429), lavvento degli Stati monarchici e poi degli Stati

    principeschi in Italia e in Germania non si determin senza profonde conseguenze.Gi il sorgere dei regni nazionali, aveva spezzato lunit politico giuridica delluniverso medioevale e lidea di questaunit era formalmente rimasta intatta solo nei paesi italiani e germanici, appartenenti allimpero; ora che gli stati nazionalidEuropa andavano assolutizzandosi, contrastando con la dottrina del medioevo che teorizzava equilibrio e preminenza

    tra la potest imperiale e pontificia, e anche in Italia e in Germania venivano emergendo gli stati principeschi, anchelunit religiosa di una superstatale respublica christiana era destinata a dissolversi.Avanza dunque, lo spirito laico connesso ad una assoluta sovranit statuale, cui si collegava il concetto di una totaleautonomia del potere terreno e di un primato laico dellorganizzazione civile che portava, inevitabilmente, mutamenti difondo nei rapporti tra Stato e Chiesa.In Italia, le unit principesche inaugurarono una politica ecclesiastica caratterizzata dalla sottrazione alla chiesa di unamolteplicit di attribuzioni tradizionali e da una decisa ingerenza statuale nella sfera religiosa.Lo Stato si erse, cos, di fronte alla Chiesa, tendendo a prevalere su ogni altro valore etico e religioso.Lo stesso processo si verificava in tutti gli Stati dellOccidente e a rincarare la dose ci fu anche la Riforma protestanteche, dove attecch, diede luogo alla rottura della tradizionale unit organizzativa cristiana e religiosa e al sorgere di chiesenazionali indipendenti, controllate dai sovrani.Questo marcato fenomeno di territorializzazione della chiesa e di nuovo particolarismo religioso non fu senza influenza

    anche sulle monarchie nazionali dell'Europa rimasta cattolica. Anche qui, ad eccezione dei principali italiani, le chieserivendicarono quella particolare posizione di autonomia rispetto alla curia romana che ne fece delle vere chiese di stato,legate al sovrano.Pure in Italia la chiesa venne considerata dai principi quale organo basilare della struttura statale; si pu, dunque, parlaredi politica giurisdizionalista di tipo confessionale che fa della Chiesa strumento di appoggio ideologico ai poteri digoverno.Come ha osservato il Marongiu, il principio religioso inserito nell'ordinamento giuridico dello stato come parteintegrante di esso. Ma non , pi, superiore e quindi anche estraneo, ad esso; soltanto uno dei gli elementi, sfruttato daigovernanti come giustificazione razionale della propria autorit e per dare a questa maggiore dignit e prestigio.La politica ecclesiastica assolutistica fu, dunque, volta a imporre il primato dello Stato in una molteplicit di sferegiudicate di importanza vitale: in particolar modo nel campo di privilegi e delle immunit riguardanti lo status del clero edella gestione dei vasti patrimoni ecclesiastici.

    Il raggio d'azione del diritto canonico, ad eccezione dello Stato Pontificio, fu cos notevolmente ridotto perch lalegislazione statale rompendo le frontiere tradizionali, si estese a disciplinare una pluralit di situazioni giuridichetemporali gi di tassativa competenza canonistica soggette a giudice ecclesiastico e anche perch la normativa dellaChiesa fu considerata vigente subordinatamente al consenso del sovrano o del principe.Tale situazione, che vide il diritto canonico ritirarsi in un ambito meramente ecclesiale, port ad una distacco del dirittodella Chiesa da quello civile, separazione alquanto moderna e degna di uno Stato laico.Il fondamentale vincolo ideale dellutrumque ius tramontava col dissolversi del dominio spirituale della Chiesa di Romasu tutta la cristianit, base dellimmediata vigenza ovunque del diritto canonico ora recepito con vari limiti, poggiando sul

    placitum principis la propria validit e alla condizione di non derogare alla volont assolutamente indipendente delmonarca.Lo studio del diritto canonico nelle universit europee, fu soppresso durante il XVI secolo, nei paesi calvinisti e in Svezia.

    Nelle universit luterane della Germania fu limitato a quanto delle decretales era stato accolto nella prassi processuale.Anche in Francia Luigi XVI stabil che lo studio universitario venisse soprattutto svolto quale base delle teorie gallicane.Solo in Spagna la materia canonistica crebbe di importanza nellambito del quadro degli studi giuridici.Tuttavia, tale visione non deve impedire di considerare levoluzione del diritto della Chiesa e il suo contributo al mondogiuridico moderno; Come ha scritto ilProsdocimi,in questo periodo la cristianit vive e si trasforma e la novit dellera

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    modernarisiede nel fatto che ci che nel medioevo appariva come una dualit di poteri in un unico ordinamento acarattere universale appare ora uneffettiva dualit di ordinamenti, la Chiesa da una parte e gli Stati dallaltra.

    Non tramonto del diritto canonico ma quindi evoluzione lungo filoni vecchi e nuovi, resa possibile grazie al climapolitico e culturale che troviamo all'interno degli stati europei da cui nasce lo spirito laico.Ci che differenzi, non poco, il diritto canonico dal diritto romano fu il fatto che parte di esso fu conservato in manieraattiva e non sub, pertanto, quel processo di razionalizzazione e di particolarizzazione giurisprudenziale che il dirittoromano conobbe.Gi in et medioevale il diritto canonico era commune e collegato al diritto romano nella concezione dellutrumque ius,ma non comunque allo stesso livello: nessun limite di derogare al diritto romano da parte dello ius proprium; precisilimiti, invece, nel derogare al diritto canonico.La chiesa, vigile e intransigente, non cess mai di difendere la supremazia delle proprie norme su ogni altra normaterrena.In questo modo, il diritto canonico conserv il suo carattere principale di autenticit, riuscendo a mantenere, dunque, pidel diritto romano, la veste di normativa unitariamente comune a pi ordinamenti politici.

    Nel determinare in Europa questa spiccata tendenza all'uniforme applicazione del diritto canonico, gioc un ruoloimportante il grande tribunale della SACRA ROTA romana, massimo organo di controllo giurisdizionale del mondocattolico. La ROTA restava, anche durante l'era moderna, non solo il tribunale supremo dello Stato Pontificio in campocivile, ma anche il comune ed unico tribunale supremo in campo spirituale, possedendo uno stile di giudizio invalicabiledai vari tribunali ecclesiastici sparsi nei diversi paesi.Anche la scienza canonistica si orient alla ricerca di nuove e pi ampie soluzioni metodologiche che esulassero dallo ius

    civile e di nuove sistemazioni delle materie, delle categorie e degli istituti entro lordine suggerito dalle Decretali.Apparirono, cos, accanto alle tradizionali, nuove opere che via via nei secoli hanno tracciato il segmento che porta aldiritto moderno.

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    Sezione Seconda. La formazione e lapogeo del diritto comune (Secoli XII XV)

    Capitolo 5. I caratteri intrinseci del diritto comuneSulluso ed espressione del diritto comuneCon lespressione diritto comune si allude al modo di organizzare in un sistema il diritto romano-canonico e le fonticon esso concorrenti.

    Notevoli differenze e variet si riscontrano, nel tempo e nello spazio, nel modo di concepire il carattere comune, il titolo

    in base al quale fu accettato nei diversi ordinamenti e le proporzioni in cui si svolse.In ogni caso, fu universalmente presente in Europa e ci pose il problema dei limiti di applicazione di una normativacomune, appunto.Lespressione diritto comune pur sempre usata nellaccezione indicata; tuttavia, non infrequente che, specialmentein et moderna, si alluda solo alla mera normativa delle fonti giustinianee.Dal punto di vista del contenuto, ci si spiega perch lo ius civile romano costitu la fonte prima, rispetto agli altrielementi, dello ius commune: la scienza giuridica canonistica ebbe una portata produttiva minore anche se talvolta il suouso raggiunse una superiore capacit di penetrazione nei fatti umani.Dal punto di vista formale, invece, il ridursi concettuale dell'espressione diritto comune al solo diritto romano, ha unfondamento storico e appare pienamente in atto nell'et assolutistica.Questo si spiega col fatto che la separazione del diritto civile dal canonico, questultimo perda apparentemente valore enon sia pi considerato fonte diretta del diritto comune. Naturalmente lintegrazione che fu effettuata nei secoli con il

    dettato delle fonti romane, fu invece costante.

    Il diritto comune considerato come diritto giurisprudenziale.Occorre adesso portare l'attenzione su un aspetto ulteriore del concetto di diritto comune.

    Non si pu considerare il diritto comune quale diritto universalmente accolto, con certi criteri sistematici, da una pluralitdi ordinamenti senza considerare il valore dellopera scientifica e pratica, attraverso cui tali norme vennero, dallagiurisprudenza dottrinale e giudicante, sistemate rispetto agli iura propria ed elaborate e rese applicabili nella vita socialedei secoli successivi alla nascita della scuola di Bologna.E la giurisprudenza il vero soggetto attivo, costruttore e unificatore del tipico regime del diritto comune; tanto dadivenire, per antonomasia, fonte del diritto comune.Considerando il diritto comune come inserito, entro ciascuno ordinamento, in un certo sistema di fonti concorrenti, fu lagiurisprudenza medioevale a coordinare sistematicamente queste fonti, contrapponendo un diritto comune universale, loius vetus, alla molteplicit di diritti particolari, lo ius novum.Il contenuto normativo risultante era poi compito della giurisprudenza mettere a fuoco: partendo da uninterpretazioneesegetica e dogmatica del diritto di Giustiniano, ne elaborava gli istituti adattandoli al sistema in cui era immesso e

    piegandoli allo spirito nuovo che in esso vi alitava, plasmando cos il nuovo volto che lantico diritto andava assumendo.Il punto di partenza era, quindi, sempre il precetto del testo Giustinianeo ma l'interpretazione che di esso dava il giuristadoveva tener conto dell'interazione di tutte le fonti del sistema, in merito alla situazione disciplinata da quel precetto., dunque, soprattutto grazie alla plurisecolare interpretazione ricevuta in sede dottrinale o giudiziale dallagiurisprudenza, che il diritto comune, divenne una normativa del presente, nonch l'espressione di una nuova civiltgiuridica e di una mutata coscienza sociale e che svilupp - nelle universit, nei tribunali, nella vita quotidiana - unimmenso potenziale di sapienza giuridica ancora latente, riuscendo cos a rendere disponibile il suo apparato tecnico-concettuale per la definizione di forme sempre nuove di esperienza.

    Le fonti legislative che suscitarono questa grandiosa opera di evoluzione non furono tutto il diritto comune ma sua partelegale e la sua base di partenza su cui si pone limmenso patrimonio giurisprudenziale elaborato dagli interpreti, rivelatosiproduttivo nei diversi ambienti sociali, politici e culturali susseguitisi in Europa.Dal punto di vista della loro collocazione tradizionale, tecnica e formale, le opere dellattivit dottrinale si inseriscononelle fonti di cognizione del diritto comune stesso, tra cui si collocano le compilazioni romana e canonica.Tra le fonti di produzione, invece, quali Impero e Chiesa non si pu annoverare la giurisprudenza.Le fonti giustinianee sono quindi la materia grezza da cui vennero ricavati i materiali per la costruzione del dirittocomune e i giuristi non sono conditores iuris e la loro opinione non legge: il diritto comune stesso non si puidentificare solo sulla nuova disciplina costruita dalla dottrina e accolta nella prassi, sradicandolo dalla sua baselegislativa.Bisogna considerare che le creazioni della giurisprudenza non soffocarono mai la rilevanza del testo legislativo di

    partenza ma vi fu il raggiungimento, da parte degli interpreti, di una autorit pari a quella del testo, nel senso che le norme

    in esso contenute vennero ad ordinarsi ed operare conformemente alla dottrina dell'interprete. Il doctor divent, cos,esclusivo ed indispensabile mediatore fra la norma di Giustiniano e i consociati destinatari della norma, la cui presenzarimane imprescindibile e insostituibile supporto legale cui il giurista non poteva sostituirsi e che si considera pi oggettoche soggetto desperienza giuridica: il soggetto attivo il doctor.

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    Il diritto comune si presenta allora come diritto giurisprudenziale i cui aspetti sono stati distinti dal Lombardi di recente;egli ha riscontrato l'aspetto dellincidenza dellopera del giurista sulla morfologia dellordinamento e laspettodellincidenza dellopera del giurista sul contenuto normativo dellordinamento. Nellambito di questultimo aspetto hadistinto linventivit del giurista medievale, nel formulare la norma, dallautorit che questa verr ad esercitare.

    Il ruolo dei giuristi nella creazione delle normeCi sono nell ambito del diritto comune, del suo svolgimento ed evoluzione produttiva alcuni punti fermi:

    1. la funzione del diritto comune lo concepisce come operante in un sistema di fonti normative concorrenti in cui la

    molteplicit dei diritti particolari si coordin allunit di un diritto generale e universalmente suppletivo; sistemache deve essere moltiplicato per il numero di ordinamenti storici in cui il diritto comune fu variamente accolto.2. Le fonti e gli elementi costitutivi del diritto comune, punto importante perch ci fanno capire quanto la

    giurisprudenza abbia inciso su tale diritto, quale sia la portata effettiva del carattere giurisprudenziale. Con il termine giurisprudenza si intende sia la produzione scientifica, didattica e teorica della dottrina

    sia le funzioni svolte dai giuristi nella pratica quotidiana del diritto. Di questa si tengono presenti il grado di creativit e il grado di autorit attribuito alla soluzione formulata

    dal giurista.Si pu concludere che lopera interpretativa della giurisprudenza, nello sforzo di adeguamento del testo normativo allarealt sociale, evolutiva ma perlopi creativa tanto da portare ad esiti del tutto diversi da quelli in origine avuti di miradal legislatore romano.Questa complessiva operazione di reinvenzione del testo normativo ci appare molto lenta e graduale: la giurisprudenza

    medioevale, e quindi il giurista, non giunse ma i a troncare il legame ufficiale con la norma che le era precostituita e cheadoperava come materiale legale costruttivo. Per questo la sua autorit fu enorme e si confuse con quella del testo stesso.Il rapporto di simultaneo contatto-distacco dell'interprete col testo assicura quella continuit dello sviluppo giuridico, che necessaria.La grande importanza dell'esperienza del diritto comune, caratterizzata da un accentuato momento giurisprudenziale, stanel fatto che essa mostra a quale limite massimo di operativit pot giungere il ruolo del giurista.Il giurista non crea il diritto, lo riforma giorno per giorno; non lo rivoluziona poich non n ha il potere n listinto dellarivoluzione, ma lo muta e lo plasma di continua. Ne garantisce la stabilit e la vitalit ma, allo stesso tempo, n determinauna crescita graduale che, in rapporto al periodo storico in cui ci si trova a far giurisprudenza, non si percepisce.La si percepir dopo lungo tempo quando si avr un contenuto nuovo della stessa legge formale di partenza.

    Capitolo 6. Il rinascimento giuridico e la scuola bolognese dei glossatoriLa culla e i padri del pensiero giuridico moderno.Il sorgere del diritto comune legato al sorgere della scienza medievale del diritto, cio alla fondazione della scuola diBologna.Lattivit dottrinale della scuola bolognese dei Glossatori, (da glossa, genere letterario in cui si concentrarono irisultati del loro metodo: la notazione apposta al testo dal doctorche svolge la lettura in chiave di analisi esegetica) siestende, dal punto di vista storico, dal secolo XI alla seconda met del XIII.E la nascita di questa scuola che segna il prender corpo del fenomeno chiamato Rinascimento giuridico, periodo digenerale rinascita politica, economica e spirituale della societ post-feudale del secolo XI.La scuola di Bologna nasce come centro di cultura laica, producendo un fenomeno di secolarizzazione del saperegiuridico; inoltre, con la costituzione di questo centro di insegnamento a Bologna, lo studio del diritto acquista una

    propria autonomia rispetto agli schemi in cui erano distribuite le nozioni scientifiche nella concezione altomedievale del

    sapere giuridico. Vengono a cadere due concezioni fondamentali: la prima, quella dellinsegnamento del diritto rientrantenella retorica e dunque fra le sette arti liberali del trivio e del quadrivio, e la seconda, quella secondo cui la norma intesa innanzitutto come norma etica, per cui il diritto rientra nelletica.

    Nel pensiero dei Glossatori la norma si pone come giuridica, in maniera autonoma.Tra gli esponenti della scuola si menziona IRNERIO, che la tradizione addita quale precursore e fondatore della stessa,BULGARO, UGO, JACOPO e MARTINO quali suoi discepoli, ROGERIO, GIOVANNI BASSIANO, PILLIO DAMEDICINA, PIACENTINO, CARLO DI TOCCO, UGOLINO DE PRESBITERI, AZZONE quali esponenti del periodoaureo, ODOFFREDO E ACCURSIO, che vivono il tramonto e la crisi della scuola.Irnerio, considerato la lucerna iuris riesce a sovvertire gli aspetti di quellet buia che lalto medioevoTutto quel che importante ricordare di questi illustri giuristi per, il loro lavoro intorno ai testi romani.

    La glossa e gli altri strumenti di lavoro dei Glossatori

    La Glossa non altro che lelementare e limmediato chiarimento che il professore apporta alla litera del testo durante lalettura del testo agli studenti; essa consiste, nella sua struttura pi semplice, in una postilla volta a chiarire una parola ounespressione ritenuta oscura e difficile.A seconda della posizione in cui viene collocata nel testo, essa pu essere interlineare o marginale.Non , in genereanonima: seguita da una lettera, una sillaba o una sigla che ne indica la paternit.

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    Possono essere divise in base al loro contenuto che da grammaticale pu divenire interpretativo.Ve ne sono alcune a struttura semplicissima con lo scopo di annotare un sinonimo, una variante, una puntualizzazioneverbale elementare ed altre che richiamano una serie di passi paralleli tendendo allinterno della compilazione molti fililogici che mettono in collegamento organico parti e norme;Unimponente categoria di glosse marginali quella delle glosse apposte ad un titolo.Altri generi letterari utilizzati dai Glossatori sono:

    1. Le DISTINCTIONES, scomposizioni analitiche del punto di diritto in esaminato in una serie articolata di sottoproposizioni speciali e autonome, ciascuna delle quali riflette un distinto aspetto sotto cui quel punto pu essere

    considerato.2. Le REGULAE IURIS, che racchiudono in una sintetica proposizione regole, principi e dogmi giuridicifondamentali

    3. I CASUS, raffigurazioni di fattispecie pratiche a titolo esemplificativo cui la norma pu essere applicata.4. Le DISSENTIONES DOMINORUM, specificanti le diverse e opposte soluzioni proposte dai maestri in merito

    ai pi noti e problematici temi di discussione5. Le QUAESTIONES, forma letteraria attraverso cui il doctor pone il problema, enumera i testi e le regioni a

    favore e contro una determinata soluzione e espone la propria interpretazione conclusiva, la solutio.6. Le SUMMAE, opere in cui condensata lintera sostanza di un titolo, un libro o un argomento. Nella loro forma

    pi robusta, le glosse imbrigliano una parte della compilazione giustinianea, di preferenza il CODEX; Celebrisono la SUMMA TRECENSIS, la SUMMAE CODICIS dei giuristi Rogerio e Piacentino e la SUMMACODICIS di Azzone.

    La lucerna di Irnerio e la scoperta del corpus iurisLa prima attivit dei Glossatori e soprattutto di quella lucerna iuris che fu Irnerio, fu un lavoro di esplorazione conoscitiva.Il primo risultato fu la scoperta di testi del diritto Giustinianeo dimenticati da secoli, alterati e mutilati da una rozza culturaaltomedievale che ne aveva maldestramente fatto uso.Prima fra tutti fu la riesumazione del DIGESTO, riammesso nel circolo della cultura giuridica come tesoro di sapienza legale

    perduto e ritrovato. L'operazione diretta a restituire la genuinit e la completezza alle varie parti di quello che i Glossatorichiamarono CORPUS IURIS CIVILIS, fu indubbiamente complessa.Questi utilizzarono una partizione dello stesso che non rispecchiava loriginale anche per quel che riguardava il contenuto.Il CORPUS IURIS CIVILIS medievale si divide infatti in cinque volumina.I primi tre di esso accolgono il contenuto del digesto secondo questa ripartizione:1. DIGESTUM VETUS2. DIGESTUM INFORTIATUM3. DIGESTUM NOVUMnon importante il perch di questa tripartizione, anche se importante sapere che sono stati scoperti prima il vetus e ilnovum e poi linfortiatum.Quanto gli ultimi due volumi il quarto contiene il Codice, del quale accoglie solo i primi nove libri.Il gruppo dei tre libri restanti inserito nel quinto volume con l'appellativo di tres libri.Questo scorporo del Codex non fa altro che riflettere una tradizione della cultura giuridica altomedievale, in seno alla qualele materie trattare negli ultimi tre libri, fiscali e amministrative, fossero ritenute meno interessanti.Il quinto ed ultimo volume comprende: i quattro libri delle Istituzioni, i tres libri finali del Codex, le novelle comprese nellaraccolta dettaAuthenticum, (delle 134 solo le prime 97 che si presentano, in seno al volumen, in 9 Collationes)Tale la struttura del corpus iuris nella fase originaria;

    intorno alla prima met del XIII secolo il volumen si presenta integrato nel modo seguente: alle 9 Collationes raggruppanti lenovelle giustinianee ne viene aggiunta una decima, contenente talune costituzioni degli imperatori romano-germanici, iltrattato di Costanza e iLibri Feudorum, considerati poi una fonte del diritto comune, raccolta privata di consuetudini feudali;

    Nelle edizioni glossate del Cinque-Seicento si rinviene anche laLombarda, celebre raccolta sistematica delleleggilongobardo-franche redatte sulla fine del secolo XI, rientrante nel novero dei testi in cui era racchiusa la legalis sapientia.

    Il libro caduto dal cielo e la sua legittimazione ufficiale.Loperazione di ricostruzione del corpus iuris fu svolta dai Glossatori con la reverenza di chi si accosti ad un libro cadutodal cielo. I testi giustinianei apparvero come il condensato di tutta la legalis sapientia: non contenevano un diritto, ma ildiritto per ispirazione divina.I glossatori si inchinavano di fronte alle norme romane come dinanzi ad unautorit biblica,attribuendo a Dio la paternit

    prima del diritto da loro riscoperto: collocano il diritto fuori dalla storia.

    Ma il diritto dei testi giustinianei, reso intoccabile da questa suprema ascendenza, era anche il diritto dellimperatore, fonteterrena per volere di Dio, pertanto legittimato, dai Glossatori, quale diritto imperiale era immediatamente vigente.Tale legittimazione colora di giurisprudenzialit lo stesso fondamento genetico del diritto comune: limperatore non ha alcunmerito nella rinascita del diritto di cui viene ad essere, a sua insaputa erede e fonte; glielo regalano i giuristi di Bologna.

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    Il dominio sullindomabile: lo studio sistematico del corpus iurisAttraverso la loro metodica e articolata attivit di esegesi testuale, i maestri di Bologna pervennero ad ununificazioneorganica, raggiunsero la completa padronanza del ciclopico testo giuridico, che per come si presentava era alquantocomplesso, nonch tecnicamente complicato: innumerevoli antinomie cerano al suo interno, il suo contenuto erastoricamente eterogeneo e frammentato in una casistica sterminata e non sempre logicamente sistemata in precetti generali.I glossatori attraverso limpiego di un metodo logico in cui la glossa come chiarimento testuale non era che il momento diavvio, vennero a capo della mens, dello spirito di quelle norme coperte da uno spessore storico di sei secoli.Esse vennero rimesse a fuoco entro nuove dimensioni sistematiche.Pur se i veri capolavori sistematici sarebbero venuti dopo, i Glossatori ne misero in luce i logici coordinamenti e lassettoarmonico: non si spiegherebbe, altrimenti, il perch la giurisprudenza moderna sia nata a Bologna.Pu riscontrando, nel vivo dellopera dei glossatori, errori e imperfezioni questi saranno occasione di creativa opera disviluppo successiva: ci che insufficiente produttivo disse il Bellomo.Lo spirito unitario e la volont di voler lavorare, in base ad un ordine prestabilito rappresentavano la tipica ideologiagiuridica dei Glossatori.

    Il corpus iuris diventa legge del presenteIrnerio e i suoi discepoli operarono la trasformazione del corpus giustinianeo in una normativa del presente suscettibile diconcreta applicazione e utilizzabile dalla prassi del tempo.

    Fondamentali sono due aspetti di tale risultato pratico conseguito:- il suo carattere di MEDIAZIONE tra testo del corpus iuri e prassi in cui doveva essere applicato.- il suo carattere fortemente GIURISPRUDENZIALE.Quanto al primo aspetto, un testo cos complesso come il corpus iuris, non sarebbe mai potuto essere applicato da unmagistrato senza il lavoro dei glossatori, attraverso una semplice consultazione; ed per questo che necessario unintermediario che attraverso un lavoro preparatorio, ordinasse e tenesse pronto il complesso materiale della legislazionegiustinianea, per poi potersene servire l per l. Il Glossatore fu tale intermediario. Tale opera di mediazione ha caratterealtamente scientifico e pu essere svolta solo da una classe di giuristi che, dottrinalmente, sappiano signoreggiare su esso einsegnarne i segreti.Quanto al secondo aspetto, riscontrabile che tale opera di approntamento del corpus iuris non conseguita conuninterpretazione solo evolutiva ma anche creativa di nuovo diritto e quindi giurisprudenziale.

    I Glossatori e la Bibbia del dirittoLatteggiamento mentale che caratterizz lopera dei glossatori fu quello della assoluta subordinazione ad elementiautoritari.Il corpus iuris, fu autorit per eccellenza, verit dogmatica indiscussa, lintoccabile Bibbia del diritto apparendo ai giuristicome la sacra Scrittura per i teologi e i testi di Aristotele e Platone per i filosofi.Poich lautorit , per sua natura, realt che esula dalla storia essa altro non che attivo e immediato presente: lautorit siassocia con una integrale mancanza di senso storico nonch di quella capacit critica che d la percezione della storia e del

    passato.Cos lintera realt del passato, non percepita con il senso della storia, si trasfigurava in realt contemporanea: limperatoreromano-germanico reincarnava Giustiniano senza alcuna soluzione di continuit del potere legislativo e senza alcunaimposizione di tempo.Pu allora sembrare impensabile lo sforzo effettuato dai Glossatori per adeguare innovativamente il vecchio testo

    giustinianeo alla coscienza sociale del loro tempo. Sforzo che, in quanto riuscito a uomini privi di visione storica, ha aspettiparadossali poich si risolveva proprio in una storicizzazione del diritto.In realt i giuristi, quindi i glossatori, di quel tempo, facevano tutto ci in maniera autonoma, perch trovandosi ad applicarenorme la cui originaria funzione storica impediva una loro automatica applicazione alle concrete condizioni del presente,ricollegavano inconsapevolmente tali norme a situazioni della realt contemporanea, fornendole intuitivamente di scopiattuali, cui esse non potevano aver mirato e quindi di una volont positiva che esse non potevano aver avuto.Tutto ci accadeva perch ai giuristi sfuggiva la giustificazione storica della norma facendo svanire la cosiddetta MENSLEGIS; ma linterprete aveva, comunque, assolto il dovuto obbligo di rispetto formale del testo autoritativo e aveva portatola norma a livello del presente, recuperandola con geniale creativit, che il GENZMER chiama MALINTESOPRODUTTIVO:(questa inconscia operazione intellettuale dei glossatori) che fa si che quelle parole dellautore si stacchinodallautore stesso e possono essere usate nel presente.Si concilia cos la libert di uninterpretazione altamente inventiva con lautorit (e quindi, lintoccabilit) dellacompilazione giustinianea.I Glossatori racchiudono lintera attivit entro i limiti formali della legge e considerano tutto il loro operare coperto dallavolta autoritaria e protettiva del sistema normativo. Per tutti i casi si doveva dunque cercare una norma di legge osserv ilBrugi.

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    Author iuris homo, iustitiae deus: lidea di aequitas nella vita del diritto.Il mantenimento dellequilibrio fra il diritto e la mutevole realt sociale non avviene in maniera del tutto meccanica, ma vi

    piuttosto un criterio orientativo che impedisce ogni deleterio squilibrio tra il diritto amministrato la situazione sociale:laequitas.Laequitas un parametro ideale cui il giurista pu commisurare le soluzioni dei problemi e per comprenderlo necessarioripensare alla dimensione etico-religiosa delluniverso giuridico medioevale. Questo universo sovrastato dalla volontdivina e tale volont si esprime in una giustizia ideale che alita nella natura stessa delle cose e dei rapporti umani.Dio ha posto nellanimo delluomo un lumen etico naturale che gli d il senso del giusto e dellingiusto. Per capire cosa ecome si situa laequitas e che rapporto esiste tra aequitas e iustitia possiamo far capo ad Irnerio e ai primi giuristi bolognesi.Lequit la sorgente stessa della giustizia: dunque essa medesima giustizia, ma quella giustizia naturale che per volontdivina intrinseca alle quotidiane relazioni umane, le quali da sempre la contengono come regola primordiale.Perch laequitas diventi giustizia in atto, necessario che una volont terrena la tragga fuori dal cuore degli uomini e latraduca il norma giuridica cogente.In questo modo si trasforma una giustizia intrinseca, da valore morale, aequitas rudis, in giustizia giuridicamente attiva,aequitas constituta.Carattere importante del concetto di equit quello della razionalit, per cui esso non solo il criterio del giusto, ma anchequello del vero e dell'esatto.

    Questo parametro di interpretazione non solo del giusto ma anche del ragionevole costituisce uno strumento propulsivo,potenziatore e stabilizzatore dellordinamento giuridico, del cui equilibrio spetta al solo giurista decidere. il giurista ad interessarsi che le norme attivino, in maniera giusta e ragionevole, il concetto dellaequitas.Ma che potere ha linterprete laddove constati che la norma positiva non ha quel carattere o che manchi, addirittura, la normastessa?

    Nel Codex c' infatti in una costituzione di Costantino che pare sottolinei che solo l'imperatore ha il potere di rendereconforme allequit le norme che non lo sono in quanto egli stesso pu emanare le norme e tradurre la giustizia in equit, ma

    pare che questo compito sia stato affidato anche ai giuristi, proiettando la Costituzione Costantiniana entro un pi vastocontesto di principi e di regole generali, cercando di superare, cos, limpasse dogmatico.

    Non a caso, nellimmagine allegorica con cui si aprono le Quaestiones de iuris subtilitatibus, nel tempo in cui la giustiziamisura con la bilancia dellequit causas dei et hominum, compaiono anche quegli honorabiles viri che sono i giuristi.Essi stanno dinanzi ad una parete di vetro su cui, incisi i caratteri doro, si leggono tutti i precetti contenuti nei libri legales, e

    quando si avvedono che qualcuno di questi contrario allequit, loro compito cancellarlo.Il potere e la responsabilit di decidere, in forza del suo personale ma non arbitrario apprezzamento, della congruenza dellanorma con lequit o di decidere dellaequitas rudis dalla quale va ricavata la norma giusta, spetta dunque allinterprete.

    Luniversit come centro di diffusione di un sapere giuridico europeoEuropeo fu dunque il carattere del centro di diffusione del sapere giuridico legato allidea universale di Roma, cosi comesedi di una cultura giuridica europea divennero le varie universit che sullesempio e con lorganizzazione di Bolognacominciarono a sorgere un po dovunque in Italia e oltralpe. Quella di Bologna fu, comunque, la prima in assoluto sul suoloitaliano.Lo studio scientifico del corpus iuris non poteva non sorgere con caratteri universitari perch rendere la compilazionegiustinianea praticabile necessitava di una classe di giuristi preparati che potessero a loro volta preparare altre generazioni ditecnici ad alto livello: solo un organizzato centro di studio poteva ssolvere a quel compito.

    LUNIVERSITA a Bologna nasce quale spontanea organizzazione corporativa degli studenti, unassociazione in cui gliscolari si raggruppano a scopo di difesa e di assistenza in un paese loro straniero, con i propri uffici, le proprie magistrature,gli statuti e che allinterno si organizza sulla base delle diverse nationes a cui appartengono gli studenti.Una volta che lordinamento universitario bolognese raggiunse la sua consolidazione, si poterono osservare 2 universitates:nella prima, dei CITRAMONTANI, si raggruppano gli studenti italiani; nella seconda, degli ULTRAMONTANI, siaggregano 13 nationes di studenti originari dei paesi doltralpe.Quanto al governo del mondo universitario, ogni anno ciascuna universit elegge il proprio rettore, che uno studente divolta in volta scelto nellambito di una nazione e che viene assistito nella tenuta delle matricole e nella raccolta dellecollectae da un collegio di consiliarii rappresentanti le varie nationes.

    Nella storia delluniversit bolognese, la Costituzione di FEDERICO I, lHabita ha non poca importanza; essa sancisce sialautonomia degli studenti nei confronti del paese ospitante, vale a dire, esenzione dalle tasse, sottrazione ai locali tribunaliordinari, immunit per debiti, sia la giurisdizione civile e penale ai maestri nei confronti degli allievi.La storia delluniversit legata alle vicende politiche comunali: il comune di Bologna tende nel tempo, a controllarelautonoma e potente organizzazione dello studium vincolandola al territorio e alle leggi cittadine , altri comuni premonosugli studenti per tirarli fuori da Bologna e ospitarli. Talune universit, quali quella di Modena, Padova, Siena, nascono

    proprio da emigrazioni di masse ingovernabili di studenti in burrascoso conflitto con il comune ospite o dallesilio diprofessori insofferenti di pressioni e condizionamenti politici.

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    Ecco perch la Costituzione imperiale del 1158 fu un atto legislativo di grande rilievo. Essa isol lancora indifferenziatogruppo di dottori ed allievi della citt, costituendolo in una realt giurisdizionale ed umana contrapposto al Comune.In linea di massima, saranno poi i comuni comunque ad imporre la loro supremazia nellambito universitario, perch dailoro bilanci che proverranno gli stipendi dei professori e saranno loro che si arrogheranno il potere di tassare gli studenti e didisciplinare con legislazione propria lostudium, fino a restringere ai minimi termini il potere decisionale degli studenti.A Bologna, nascer la magistratura comunale dei Riformatori addetti al controllo delle cose universitarie.A partire dal secolo XIII cominciano a sorgere STUDIA, non organizzate dalle autorit comunali ma direttamente fondatidallimperatore o dal pontefice che diventano veri e propri strumenti di politica e di corsa al potere.Si giunge cos al momento in cui non vi studium che non nasca per privilegio papale o imperiale e, parallelamente, non vi universit sorta di fatto, come Bologna, che non cerchi di strappare un ufficiale riconoscimento ex post o non cerchiaddirittura di fondare sulla inveterata consuetudine o su qualche falso diploma le proprie nobili origini.Ma intanto durante il secolo XII a Bologna, a Padova e successivamente in molte citt universitarie assistiam