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1 CONVEGNO DEL 25 MAGGIO 2011 Titolo: Lavoro subordinato, autonomo e parasubordinato a progetto e l associazione in partecipazione. La mediazione nelle liti: disciplina tecnica e prospettive di incostituzionalità. Relatore: Dott. Francesco Natalini Avv. Gianpaolo Alice Filiale PIEMONTE Wolters Kluwer Italia S.r.l. Sede operativa: C.so Lombardia, 69 10099 San Mauro T.se (TO) Tel. +39 011 273661 F ax +39 011 27366241 www.osra.it [email protected] S.r.l. a Socio Unico Dir. Coord. di Wolters Kluwer N.V. Sede legale: Centro Direzionale Milanofiori Strada 1, Pal. F6 - 20090 Assago MI Capitale sociale: 19.640.000 int. vers. R egistro Imprese di Milano, Codice Fiscale e Partita IVA 10209790152 R.E.A. di Milano N. 1353036

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CONVEGNO DEL 25 MAGGIO 2011

Titolo: Lavoro subordinato, autonomo e parasubordinato a progetto e l associazione in partecipazione. La mediazione nelle liti:

disciplina tecnica e prospettive di incostituzionalità.

Relatore: Dott. Francesco Natalini Avv. Gianpaolo Alice

Filiale PIEMONTE

Wolters Kluwer Italia S.r.l. Sede operativa: C.so Lombardia, 69 10099 San Mauro T.se (TO) Tel. +39 011 273661 Fax +39 011 27366241 www.osra.it [email protected]

S.r.l. a Socio Unico Dir. Coord. di Wolters Kluwer N.V. Sede legale: Centro Direzionale Milanofiori Strada 1, Pal. F6 - 20090 Assago MI Capitale sociale: 19.640.000 int. vers. Registro Imprese di Milano, Codice Fiscale e Partita IVA 10209790152 R.E.A. di Milano N. 1353036

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LAVORO SUBORDINATO

DEFINIZIONE

1. Introduzione 2. Le principali peculiarità del rapporto di lavoro subordinato e criteri distintivi dal lavoro autonomo 3. Contratto di lavoro subordinato: - soggetti - oggetto - forma 4. Il lavoro familiare. L impresa familiare 5. Rapporti associativi di lavoro.

1. Premessa Com è noto Il lavoro subordinato rientra nella vasta area normativa del lavoro in generale cui è dedicato il libro V del

codice civile. Tale area - dai contorni non sempre ben definiti - comprende anche la disciplina del lavoro autonomo e dell'attività d'impresa in forma individuale e societaria.

In particolare, la distinzione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo è questione di non sempre agevole soluzione, in considerazione delle innumerevoli fattispecie che si collocano al confine tra le due figure, e nel contempo di notevole rilievo operativo in considerazione dei diversi effetti normativi che si producono a seconda che l'attività sia prestata in forma autonoma o subordinata (basti pensare all'insorgenza degli obblighi assicurativi in capo a colui che beneficia di una prestazione lavorativa subordinata anzichè autonoma).

2. Caratteristiche fondamentali del rapporto di lavoro subordinato e criteri distintivi dal lavoro autonomo

Nozione di lavoro subordinato A norma dell'art. 2094, cod. civ. è prestatore di lavoro subordinato colui che si obbliga, dietro retribuzione, a prestare

lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione di un altro soggetto che assume su di sè l'organizzazione, il risultato ed il rischio di tale lavoro.

Di contro, ai sensi dell'art. 2222 cod. civ. è lavoratore autonomo colui che si obbliga a compiere verso corrispettivo un'opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione.

Alla luce di quanto suesposto il rapporto di lavoro subordinato risulta pertanto contraddistinto dall'elemento della subordinazione tecnica e funzionale del lavoratore nei confronti del datore di lavoro.

Per distinguere il rapporto di lavoro subordinato da quello autonomo si ricorre quindi ad una serie di indici e/o elementi rilevatori della presenza o meno di detto vincolo.

Va però detto che le norme civilistiche spiegano quando il rapporto è subordinato e quando è autonomo ma non aiutano ad individuare gli elementi distintivi tra le fattispecie.

Si tenga altresì conto che sulla scorta di una interpretazione ormai consolidata in dottrina ed in giurisprudenza:

Ogni attività umana può essere svolta in forma subordinata o autonoma: sono le modalità con cui detta prestazione viene svolta a determinarne l appartenenza in una o nell altra categoria.

L'elemento della subordinazione La subordinazione consiste dunque nell'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo,

disciplinare e di controllo del datore di lavoro con conseguente inserimento sistematico nell'organizzazione dell'impresa dell'attività di lavoro, prestata secondo le modalità stabilite dal datore di lavoro.

Il potere direttivo si sostanzia nella determinazione da parte del datore delle modalità di svolgimento dell'attività lavorativa.

A tale potere il lavoratore subordinato è sempre soggetto, ancorchè per l'elevato contenuto professionale delle mansioni affidategli risulti in concreto godere di un ampio margine di discrezionalità.

Nel caso del lavoro autonomo le eventuali direttive impartite dal committente attengono invece esclusivamente alle caratteristiche e alle modalità del risultato da realizzare.

Il potere disciplinare consiste nel potere di irrogare al lavoratore subordinato sanzioni di vario genere (note di biasimo, multe, sospensioni dal lavoro, ecc.) qualora questi non adempia ai propri doveri.

Il potere di controllo consiste nel potere di vigilare, nei modi e nei limiti consentiti dalla legge, sulle modalità e sul contenuto dell'attività lavorativa svolta dal lavoratore, nonchè di effettuare verifiche su situazioni che si riflettono direttamente su quest'ultima (ad esempio l'accertamento dello stato di salute del lavoratore nel caso di sua assenza dal lavoro per malattia).

La collaborazione si estrinseca nell'inserimento sistematico nell'organizzazione dell'impresa dell'attività di lavoro prestata dal lavoratore subordinato, che viene ordinata ed utilizzata dall'imprenditore in vista degli scopi produttivi dell'impresa.

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La collaborazione presuppone l'obbligo della subordinazione ed implica l'esecuzione del contratto di lavoro in buona

fede (art. 1375 cod. civ.) e secondo le regole di correttezza (art. 1175 cod. civ.).

Rischio Nel rapporto di lavoro subordinato il rischio del risultato della prestazione, come anche dell'intera attività economica

organizzata, è sopportato dal datore di lavoro e non anche dal prestatore di lavoro subordinato. Diversamente, nel caso del lavoratore autonomo, il rischio economico inerente alla produzione dell'opera o del

servizio grava su quest'ultimo giacchè questi è obbligato a fornire, con una propria organizzazione di mezzi, l'una o l'altro.

Oggetto della prestazione L'oggetto della prestazione è costituito, nel rapporto di lavoro subordinato, dalle energie lavorative che il prestatore

di lavoro pone a disposizione dell'imprenditore. Pertanto il vincolo cui soggiace il prestatore consiste non solo in una obbligazione di fare, ma anche nel dipendere

dal datore di lavoro nell'esecuzione della prestazione richiesta.

Criteri sussidiari ai fini del riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato L'accertamento dell'esistenza del vincolo della subordinazione non è sempre di evidenza immediata. E così la giurisprudenza ha individuato una serie di elementi a cui può essere fatto ricorso in via sussidiaria allorchè

in concreto l'esistenza del vincolo risulti dubbia. Per accertare la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato può essere fatto tra l'altro ricorso ai seguenti

elementi: a) oggetto della prestazione, che nel caso del lavoro subordinato è dato dalle energie lavorative applicate secondo

le direttive, la vigilanza ed il controllo del datore; nel caso del lavoro autonomo, invece, dal risultato dell'attività organizzata dal prestatore;

b) inserimento della persona del lavoratore nell'organizzazione aziendale; c) valutazione dell'incidenza soggettiva del rischio attinente all'attività lavorativa che incombe in misura più evidente

e completa sul lavoratore autonomo, mentre ricade sul datore di lavoro nell'ipotesi di lavoro subordinato; d) organizzazione del lavoro a cura o meno del destinatario della prestazione lavorativa (la sussistenza della prima

circostanza depone nel senso dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato); e) la dichiarazione di volontà in merito alla natura giuridica del rapporto di lavoro ("nomen iuris") espressa dalle parti; f) la continuità della prestazione lavorativa; g) la predeterminazione della retribuzione e le sue modalità di erogazione.

Casi particolari L'accertamento e la valutazione della sussistenza del rapporto di lavoro subordinato è essenziale agli effetti della

ricorrenza o meno degli obblighi assicurativi. Si ritiene pertanto opportuno riportare di seguito gli orientamenti seguiti dall'INPS con riferimento a particolari

fattispecie concrete (v. INPS circc. n. 152/2002; n. 74/1990; n. 179/1989; mess. n. 8595/1992).

Istruttori e/o insegnanti presso autoscuole, scuole professionali, scuole di lingua Per quanto concerne gli insegnanti e gli istruttori di scuola guida, l'INPS ha precisato che sono necessari

accertamenti puntuali circa la reale natura del rapporto di fatto intercorrente tra l'autoscuola e gli insegnanti stessi. Questo perchè, secondo quanto previsto dal decreto ministeriale n. 317/1995, le autoscuole possono legittimamente avvalersi per l'attività di insegnamento ed istruzione non solo di lavoratori subordinati ma anche di lavoratori autonomi (INPS circ. n. 152/2002).

Per gli insegnanti presso istituti privati il c.d. "nomen iuris" usato dalle parti, la pattuita inapplicabilità del contratto collettivo di categoria, nonchè l'esclusione dell'obbligo di fedeltà e la carenza di una specifica previsione dei poteri disciplinari del datore di lavoro non impediscono di riconoscere natura subordinata al rapporto di lavoro, allorchè gli insegnanti della scuola privata, nel partecipare ai consigli di classe, nel provvedere a redigere i registri, nel tenere i rapporti con i genitori degli alunni, nello svolgere un corso annuale in orari prestabiliti ed essendo retribuiti in misura fissa, si trovino, per ciò stesso, ad essere funzionalmente inseriti nella impresa scolastica, il cui rischio di gestione grava esclusivamente sul titolare della stessa.

Pensionati ed anziani impegnati in servizi sociali Affinchè nel lavoro prestato dai pensionati e/o anziani occupati in servizi di rilevanza sociale (soprattutto dai comuni)

possa ravvisarsi la fattispecie del lavoro subordinato devono ricorrere i seguenti caratteri: a) tra i pensionati e/o anziani e il comune dovrà riscontrarsi un vincolo di subordinazione nel senso che l'eventuale

controllo da parte del comune medesimo dovrà, comunque, essere tale da porre in rilievo un potere direttivo destinato ad incidere sulla sfera di autonomia di detti lavoratori;

b) non dovrà potersi individuare in tali lavoratori un'autonomia organizzativa nel senso che l'organizzazione del lavoro faccia capo agli stessi lavoratori;

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c) i pensionati e/o anziani non dovranno sopportare i rischi inerenti alla riuscita del lavoro, intendendosi per rischio il

complesso delle circostanze, di natura tecnica ed economica, che influiscono sulla possibilità e sul grado di difficoltà del conseguimento di un determinato risultato;

d) il comune dovrà stabilire la retribuzione a prescindere dal risultato finale ma non dal tempo impiegato per conseguirlo.

Personale sanitario di fabbrica Per valutare se il personale sanitario di fabbrica, addetto a controlli sanitari ricorrenti ed obbligatori per legge sia

legato alle aziende da rapporto professionale autonomo ovvero da rapporto di dipendenza può risultare utile l'approfondimento dei comportamenti tenuti dalle parti, sia in sede di instaurazione del rapporto lavorativo, che nelle fasi della sua esecuzione.

A questi effetti possono sopperire i seguenti strumenti di valutazione: a) accertamento del concreto svolgersi del rapporto. Un'autonomia professionale o di autorganizzazione non potrebbe essere riconosciuta ai medici e al personale

sanitario di fabbrica nei cui confronti il committente abbia predeterminato unilateralmente: - le giornate in cui deve essere eseguito il servizio e/o il numero delle ore di occupazione, anche se non vincolate da

rigorosa osservanza di orario; - il divieto di farsi sostituire, senza previo benestare del committente; - il corrispettivo fisso, e cioè non condizionato dal risultato dell'opera o del servizio (ad es. spettanza dello stesso

compenso giornaliero sia nei casi di frequenza normale sia nei casi di notevole concentrazione o afflusso di utenti del servizio);

- il condizionamento della prestazione professionale in funzione esclusivamente dell'esigenza di contenimento dei costi e/o determinazioni funzionali del committente (ad es., il sanitario, alle cui esclusive determinazioni dovrebbe essere rimesso l'espletamento del servizio, opera invece nel rispetto di determinazioni del committente, dettate sia per conciliare l'effettuazione dei controlli sanitari con la funzionalità dei reparti e con i ritmi delle lavorazioni sia per contenere la lievitazione dei costi connessa ad adempimenti sanitari) ovvero dai regolamenti interni di organizzazione del lavoro (ad es. decisioni del committente in ordine alle esigenze di personale di supporto tecnico-amministrativo dell'attività professionale oppure disponibilità di apparecchiature e di strumenti in determinate fasce orarie);

- la remissione al committente delle eventuali controversie che dovessero insorgere con utenti ed enti nell'espletamento del servizio;

b) accertamento della posizione fiscale dei prestatori d'opera. Particolarmente rilevante è il regime fiscale osservato dal committente (o datore di lavoro) e dai prestatori d'opera o

servizio nello svolgimento del loro rapporto. Va, cioè, accertato se il committente predispone un unilaterale strumento di erogazione dei corrispettivi e di prelievo fiscale o acquisisca invece fatture o documenti equipollenti da parte di prestatori d'opera, emessi a norma del D.M. 31 ottobre 1974.

In assenza di emissione di fatture o documenti equipollenti da parte dei prestatori d'opera, si dovrebbe infatti propendere per l'esistenza di un rapporto di lavoro dipendente.

Artigiani subappaltatori di imprese edili Per quanto concerne gli artigiani iscritti presso la Camera di commercio, che figurano operare in subappalto

esclusivamente per l'impresa committente nei cantieri edili di quest'ultima e per tutta la durata dell'appalto, si pone la problematica relativa alla configurabilità, per l'artigiano, - almeno in linea di principio - della possibilità di mettere a disposizione di terzi la sua professionalità in forma subordinata e retribuita anche se, ovviamente, con carattere di accessorietà (ad es., per ovviare a situazioni contingenti di carenza o insufficienza di commesse di lavoro per l'impresa di cui è titolare).

In altri termini, l'iscrizione all'albo delle imprese artigiane fa fede dello "status" di una situazione professionale, ma non significa automaticamente che l'unica attività espletabile in concreto dall'iscritto debba essere esclusivamente quella imprenditoriale artigiana.

Pertanto, nei casi in esame, può concretarsi non solo la fattispecie del rapporto di lavoro autonomo, per il fatto che il prestatore d'opera è iscritto all'albo delle imprese artigiane, ma anche quella del lavoro dipendente prestato da un iscritto a detto albo.

Presentatori di prodotti Per i presentatori di prodotti (promoters) l'esistenza o meno di un rapporto di lavoro subordinato è "quaestio facti",

da risolversi con riguardo alle forme ed ai modi con cui l'attività lavorativa viene concretamente espletata ed agli effettivi elementi e contenuti del rapporto fra chi effettua le prestazioni e chi queste prestazioni commette ed utilizza.

Pertanto, non essendo possibile inquadrare in via generale ed astratta nello schema legale del lavoro autonomo ovvero in quello del lavoro subordinato l'attività dei "promoters", in mancanza di elementi e contenuti concreti, andranno richiamati i criteri elaborati dalla dottrina e dalla giurisprudenza per distinguere le due suddette forme di rapporto di lavoro, mediante le quali le prestazioni lavorative possono essere dedotte in un rapporto a prestazioni corrispettive.

Sulla base dei suddetti criteri, possono assumere rilevanza vari profili sintomatici e/o rivelatori. In particolare: - l'autonomia ed autorganizzazione. Se al "promoter" vengono forniti programmi, itinerari di spostamento da un

esercizio all'altro, con calendari di giorni e di ore e con predeterminazione concernente le modalità di esecuzione dell'attività, etc., fissate unilateralmente dal committente, ben difficilmente potranno ravvisarsi profili di autonomia e di autorganizzazione caratterizzanti il lavoro autonomo;

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- il corrispettivo. Nel contratto d'opera, come è noto, il corrispettivo è collegato al compimento dell'opera o del

servizio come fatto finale o risultato dedotto nell'obbligazione; se, invece, il compenso sia, ad es., rapportato alle ore effettuate o fissato tenendo conto del fatto che alcune prestazioni sono effettuate nel luogo di residenza ed altre in località diverse (tenendo conto, quindi, di circostanze relative all'attività lavorativa considerata in sè e per sè), difficilmente il "promoter" potrà essere considerato parte di un contratto d'opera.

Accompagnatori turistici Il problema della qualificazione giuridica delle prestazioni rese dagli accompagnatori turistici non è risolvibile in via

generale ed astratta, tenuto conto che l'attività di accompagnatore turistico può essere oggetto sia di un contratto di lavoro subordinato sia di un contratto d'opera e può essere ricondotta all'uno o all'altro schema giuridico a seconda del contesto contrattuale nel quale l'attività stessa si inserisce e delle concrete modalità con cui essa viene espletata.

Medici, biologi, paramedici, tecnici, terapisti della riabilitazione, operanti presso strutture sanitarie private Per i medici, biologi, paramedici, tecnici, terapisti della riabilitazione che prestino la propria attività all'interno di

strutture sanitarie private, la sussistenza di un vincolo di subordinazione potrebbe desumersi dalle circostanze che: - il datore di lavoro coinvolga nei servizi o negli adempimenti affidati ai sanitari da lui qualificati autonomi, anche

personale sanitario alle sue dipendenze (la sussistenza dell'obbligo assicurativo discenderebbe dall'identica o analoga utilizzazione delle due categorie di sanitari);

- gli atti cartacei che si riferiscono a servizi definiti di natura libero - professionale (diagnosi, referti, risultati di analisi ed esami, etc.) non siano intestati e firmati dai medici, dai biologi, dagli analisti, dai radiologi, etc., considerati autonomi e non dipendenti, ma siano imputati invece alla casa di cura, al laboratorio, allo studio professionale.

Di contro - in conformità all'orientamento che sembra consolidarsi nella più recente giurisprudenza, secondo cui la dichiarazione di volontà in merito alla natura autonoma del rapporto di lavoro ("nomen iuris") espressa dalle parti è un elemento rilevante ai fini della qualificazione giuridica dello stesso, salva la prova della sussistenza, nel concreto atteggiarsi del rapporto, del vincolo della subordinazione - possono essere assunti quali indici della natura autonoma del rapporto quelle clausole contrattuali che riconoscono al professionista:

a) la facoltà di determinare liberamente modi e tempi di svolgimento dell'incarico professionale, con particolare riguardo alla scelta degli orari e dei giorni lavorativi da concordarsi con il committente compatibilmente con alcuni orari "fisiologicamente" obbligati o prestabiliti per accordi convenzionali;

b) la possibilità di farsi sostituire da altri professionisti, indipendentemente da ogni direttiva del committente; c) l'esenzione dall'obbligo di fornire giustificazioni in caso di assenza, con il mero onere di comunicare

l'impedimento. Ad avviso dell'INPS non è invece rilevante, in linea di massima, ai fini dell'affermazione della natura subordinata del

rapporto, la circostanza della utilizzazione da parte del collaboratore professionale di attrezzature, strumenti o materiali di proprietà del datore di lavoro, laddove l'uso di essi necessiti di specifica autorizzazione da parte delle autorità competenti e/o di collaudo periodico a tutela e garanzia dei requisiti di legge (INPS circ. n. 159/1993).

Coesistenza del rapporto di lavoro subordinato con altri rapporti di lavoro autonomi o subordinati E' ritenuta ammissibile la contemporanea instaurazione di due o più rapporti di lavoro subordinato (ad es. con più

datori di lavoro), purchè ciò non comporti la violazione dei doveri di fedeltà, in particolare del dovere di non concorrenza, del lavoratore ovvero non sussistano specifici motivi di incompatibilità ovvero, ancora, non sia compromessa la concreta possibilità del lavoratore di collaborare effettivamente presso ciascun datore di lavoro.

La coesistenza di un rapporto di lavoro subordinato con un rapporto di lavoro autonomo, intercorrenti tra i medesimi soggetti, non è di per sè inammissibile purchè le prestazioni che costituiscono l'oggetto dei rispettivi contratti non siano identiche o strumentali tra loro ovvero non abbiano tempi di esecuzione coincidenti.

Sulla base dei principi suesposti, l'INPS, a titolo esemplificativo, con la circolare n. 142 del 1994 ha precisato che l'attività professionale resa dai medici nelle strutture ospedaliere oltre il normale orario di lavoro, svolta in forma individuale o in "equipe" e compensata con il sistema delle cosiddette "compartecipazioni", può dar luogo, accanto al normale rapporto di impiego, ad un rapporto di natura libero-professionale.

Tale ipotesi ricorre innanzitutto nei casi in cui l'attività dei medici all'interno delle strutture ospedaliere sia prestata, non solo al di fuori dell'orario di servizio, ma soprattutto a seguito di scelta, effettuata dal paziente pagante in proprio, del medico o "dell'equipe" medica, ed in adempimento di un rapporto direttamente instaurato, sia pure a condizioni predeterminate, tra il professionista e colui che gli si è personalmente rivolto.

In ogni caso, anche per l'attività dei medici compensati a compartecipazione, occorre tenere conto della evoluzione giurisprudenziale in tema di riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato. Pertanto l'esistenza di una attività libero-professionale può delinearsi pure al di fuori dello schema di cui sopra. In tal caso, peraltro, l'indagine deve tenere presenti i principi e gli indirizzi che sono ormai costantemente affermati dalla Corte di cassazione, fra i quali emerge quello della rilevanza da attribuire alla dichiarazione di volontà delle parti. Di conseguenza l'INPS ritiene che, anche qualora la prestazione richiesta al medico od "all'equipe" non sia espressione di scelta diretta da parte del paziente, si può valutare in concreto la sussistenza o meno di un rapporto libero-professionale per il medico che presti la propria opera nelle strutture ospedaliere pubbliche o private al di fuori del normale orario di lavoro e delle eventuali prestazioni straordinarie, accertando la sussistenza o meno, anche sulla base delle clausole contrattuali, delle seguenti circostanze di fatto:

- che l'attività ambulatoriale del medico o dell'equipe si configuri quale servizio voluto dalle parti come autonomo e distinto da quello di impiego, alla stregua, cioè, di un rapporto di collaborazione con medici esterni; deve quindi tenersi nel debito conto la volontà delle parti così come si ricava dal loro comportamento complessivo, potendo tale volontà essere contraddetta solo adducendo rigorose prove circa l'esistenza della subordinazione;

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- che non vi sia ingerenza dell'amministrazione ospedaliera per quanto riguarda l'organizzazione del servizio da

parte del medico o dell'equipe, anche mediante rotazione, e le modalità di effettuazione delle prestazioni; - che manchi l'obbligo da parte del medico di partecipare "all'equipe" medica e quindi di effettuare le specifiche

prestazioni; - che vi sia la corresponsione di un compenso sotto forma di "compartecipazione", ancorchè erogato in quote mensili

inserite in busta-paga, distinto da quelli derivanti dal rapporto d'impiego (retribuzione e compenso per lavoro straordinario) e correlato soprattutto alla natura ed alla quantità delle prestazioni più che al tempo impiegato per effettuarle.

La concorrenza delle suesposte circostanze, o di altre di pari valenza, che dovessero emergere nei casi concreti, costituisce un significativo segnale dell'esistenza e dell'espletamento, da parte del medico o dell'equipe, di una attività libero professionale.

Prestazioni lavorative saltuarie e ammissibilità del lavoro gratuito Va ricordato che il contratto di lavoro può essere stipulato anche con riferimento ad una prestazione a carattere non

continuativo o saltuaria. Ed infatti, una volta che il lavoratore si sia obbligato ad eseguire le prestazioni che il datore di lavoro via via gli

richieda, l'eventualità che dette prestazioni siano richieste solo saltuariamente dal datore stesso, non esclude la sussistenza di un vincolo di subordinazione di carattere continuativo.

Nel rapporto di lavoro subordinato un connotato essenziale è rappresentato dalla onerosità. L'onerosità caratterizza le prestazioni di entrambe le parti.

Ed infatti il lavoratore mette a disposizione del datore di lavoro le proprie energie a fronte della retribuzione, ed il datore di lavoro corrisponde quest'ultima a fronte della prestazione lavorativa.

E' evidente pertanto che tra le due prestazioni intercorre un nesso sinallagmatico, nel senso che ognuna trova la sua ragion d'essere ed il suo fondamento nell'altra.

Tale nesso caratterizza la fattispecie del lavoro subordinato. Costituendo l'onerosità un connotato tipico del rapporto di lavoro si pone, perciò, il problema dell'ammissibilità del

lavoro gratuito. La configurabilità di un rapporto in cui, a fronte della prestazione di lavoro alle dipendenze altrui, non vi sia

retribuzione è ammessa da quanti ravvisano nella gratuità un atto di donazione. Secondo una diversa opinione il lavoro gratuito costituisce un vero e proprio contratto atipico nominato, dove la

volontà delle parti è nel senso di porre in essere eccezionalmente una prestazione di lavoro non retribuita. Secondo infine una ulteriore opinione la prestazione di attività lavorativa ad altrui beneficio sarebbe riconducibile nei

rapporti di carattere sociale, a titolo amichevole, che non possono, pertanto, essere inquadrati nello schema del lavoro subordinato.

3. Contratto di lavoro subordinato: I soggetti Per fare in modo che il rapporto di lavoro subordinato possa validamente costituirsi è necessario che le parti

stipulanti siano munite della capacità giuridica ad esserne parte. La capacità ad essere parte di un rapporto di lavoro subordinato in posizione di prestatore è condizionata dall'età. Sebbene la capacità giuridica generale si acquisti nel nostro ordinamento al momento della nascita, la legge

stabilisce una età minima (c.d. età professionale) per l'ammissione al lavoro. L'età minima per l'ammissione al lavoro è in via generale fissata ai 15 anni compiuti (da intendersi elevata a 16 anni

in base all'art. 1, comma 622, legge n. 296/2006), salvo riduzioni od elevazioni per alcune attività lavorative. Ove il prestatore non abbia raggiunto tale età, deve considerarsi sprovvisto della capacità di assumere la qualità di

lavoratore subordinato e, conseguentemente, in base a quanto stabilito dall'art. 2126, cod. civ., l'eventuale contratto di lavoro che lo riguardi è viziato da nullità assoluta, fatto salvo in ogni caso il diritto alla retribuzione per il lavoro già prestato, nonchè il diritto alle prestazioni assicurative previste dalle leggi vigenti in materia di assicurazioni sociali obbligatorie.

L oggetto L'oggetto del rapporto di lavoro subordinato è la prestazione del lavoratore, cioè la messa a servizio del datore delle

energie psico-fisiche sotto la direzione di quest'ultimo e nel rispetto del vincolo di subordinazione. In questa accezione l'oggetto del rapporto finisce per coincidere col contenuto dell'obbligazione di lavoro. Come per gli altri contratti l'oggetto del contratto di lavoro deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile. La possibilità della prestazione del lavoratore va intesa nel senso che questi non può essere impiegato per espletare

attività lavorative impossibili o ineseguibili. La prestazione lavorativa è illecita, e conseguentemente il contratto di lavoro è nullo, qualora essa sia contraria a

norme imperative, all'ordine pubblico e al buon costume. Ad esempio, sono state dichiarate illecite prestazioni effettuate in violazione delle norme che tutelano il diritto alla

salute, o il lavoro dei fanciulli, ovvero anche dei divieti posti all'esercizio di pubbliche funzioni. Nel rapporto di lavoro subordinato la determinatezza o la determinabilità dell'oggetto - ovverossia della prestazione

lavorativa richiesta al lavoratore - deve essere valutata non solo sulla base di quanto convenuto espressamente dai contraenti, ma anche sulla base della legge, dei contratti collettivi e degli usi.

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Ciò significa, ad esempio, che l'oggetto del contratto deve ritenersi determinabile se nella lettera d'assunzione le

parti si siano limitate ad indicare la qualifica del contratto collettivo che viene attribuita al lavoratore senza specificare le mansioni cui concretamente questi verrà adibito.

Al riguardo è bene altresì tener presente che l'oggetto del rapporto di lavoro subordinato può risultare nella pratica anche dal comportamento concretamente tenuto dalle parti, una volta che vi sia stata data esecuzione sulla base di una intesa generica.

Forma Tra gli elementi costitutivi del contratto di lavoro va annoverata, in particolari ipotesi, la forma. Per il rapporto di lavoro subordinato non è in via generale richiesta una forma specifica. Ne consegue che la stipulazione del contratto può avvenire anche solo verbalmente, oppure risultare da

comportamenti concludenti quali, ad esempio, lo stabile inserimento in posizione subordinata di un lavoratore nell'organizzazione dell'impresa.

Talora, invece, la legge prescrive per la stipulazione di particolari contratti o clausole, la forma scritta (a titolo d'esempio: per l'apposizione del termine al rapporto di lavoro, per il contratto di formazione e lavoro, per il contratto di reinserimento, per il contratto a tempo parziale, etc.).

6. Lavoro familiare

Configurabilità del rapporto di lavoro subordinato Il lavoro familiare non ha mai costituito oggetto di una organica ed esauriente regolamentazione legislativa. Pertanto, è di immediata evidenza la difficoltà di definire unitariamente la nozione di "lavoro familiare", in modo da

ricomprendere tutte le possibili articolazioni della fattispecie astratta. Per stabilire, nel concreto, se il rapporto tra datore di lavoro e familiare realizzi lo schema legislativo delineato

dall'art. 2094 cod. civ., dovrà essere accertata, caso per caso, l'esistenza dei requisiti della subordinazione e della onerosità delle rispettive prestazioni, al fine di superare la presunzione, sia pure relativa, di gratuità delle prestazioni lavorative rese fra persone conviventi legate da vincolo di parentela o affinità.

La prova in parola dovrà essere precisa e rigorosa, non evincibile dalla sola circostanza che l'attività lavorativa, anzichè svolgersi nello stretto ambito della vita familiare, attenga all'esercizio di un'impresa, qualora questa sia gestita ed organizzata con criteri prevalentemente familiari e non anche prettamente imprenditoriali dell'azienda.

Al riguardo va peraltro rilevato che la presunzione di gratuità opera limitatamente all'ipotesi di convivenza tra i soggetti del rapporto di lavoro, in quanto in tal caso effettivamente le relazioni di affetti familiari, di parentela, di interessi, giustificano la presunzione di gratuità; al contrario, nelle ipotesi di soggetti non conviventi sotto lo stesso tetto, ma appartenenti a nuclei distinti ed autonomi, la presunzione di gratuità cede il passo a quella di normale onerosità del rapporto, superabile solo con precise prove in senso contrario.

Ne consegue, alla luce di tutto quanto suesposto, che la presunzione di gratuità può trovare applicazione per i rapporti instaurati nell'ambito delle imprese individuali, delle società di persone, o qualora si tratti di attività non rientranti nel concetto di impresa (ad es. studi professionali).

Minore applicazione possono avere invece nei confronti di società di capitali, salve particolari situazioni da valutare di volta in volta, in quanto la figura del datore di lavoro si identifica nella società e non nella persona degli amministratori.

Tali criteri, inoltre, non sono applicabili alle imprese familiari, nelle quali per definizione difetta il requisito della subordinazione.

Impresa familiare Ai sensi dell'art. 230 bis, cod. civ., introdotto dall'art. 89 della legge 19 maggio 1975, n. 151, familiare è quella

impresa nella quale collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado. L'impresa familiare si pone come istituto residuale, nel senso che ricorre solo quando le parti non abbiano dato,

espressamente o tacitamente, una diversa configurazione tipica (società, lavoro subordinato o autonomo, ecc.) al loro rapporto (Cass. sent. n. 3948/83).

Essa trova quindi il proprio fondamento non nell'incontro di una volontà negoziale delle parti, bensì nella sussistenza di una data situazione di fatto.

All'impresa familiare non è posto alcun limite, nè per quanto concerne l'oggetto (qualunque attività, commerciale, agricola, industriale, purchè imprenditoriale, salve eventuali limitazioni stabilite dalla legge come ad esempio per l'esercizio di farmacie), nè dimensionali.

L'art. 230 bis, cod. civ., stabilisce che, salva la configurazione di un rapporto diverso, il familiare che presta in modo continuativo (N.B. non viene chiesta la prevalenza) la sua attività di lavoro nella famiglia o nell'impresa familiare, ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell'impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonchè agli incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato. Le decisioni concernenti l'impiego degli utili e degli incrementi nonchè quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell'impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano all'impresa stessa.

I familiari partecipanti all'impresa che non hanno la piena capacità di agire sono rappresentati nel voto da chi esercita la potestà su di essi.

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Il familiare che partecipi all'impresa familiare, non ricorrendo gli estremi della fattispecie del lavoro subordinato, non

è soggetto ai regimi assicurativi previsti per tali lavoratori, ma, deve ritenersi, laddove ne ricorrano i presupposti, ai regimi assicurativi speciali previsti ad esempio per gli artigiani e commercianti.

Sulla base dei principi precedentemente illustrati si può pervenire alle seguenti conclusioni. Nel caso in cui parti del rapporto di lavoro con imprese individuali, società di persone o studi professionali, siano

familiari conviventi del datore di lavoro, il lavoro si presume prestato gratuitamente, salva ovviamente prova contraria e fatti salvi comunque gli eventuali obblighi assicurativi nei confronti delle gestioni artigiani e commercianti.

Qualora tuttavia non sussista convivenza nè comunione di interessi, il rapporto si presume oneroso e, quindi, soggetto all'obbligo assicurativo, alla stregua dei rapporti tra estranei.

Nel caso in cui il vincolo di coniugio, parentela o affinità con contestuale convivenza sussista tra il lavoratore dipendente ed uno dei soci di società di fatto e di persone, l'elemento della subordinazione non può essere escluso nei confronti degli altri soci.

Occorre, pertanto, conoscere l'apporto di capitali dei vari soci per stabilire se il socio legato al lavoratore dai predetti vincoli familiari, risulti socio di maggioranza ovvero amministratore unico della società. In caso affermativo il rapporto di lavoro, ancorchè intercorso con la società, può ritenersi prestato a titolo gratuito.

Per i lavoratori legati da vincolo di coniugio, parentale o affinità con soci amministratori ovvero soci di maggioranza di società di capitali, in via generale il rapporto di lavoro subordinato è pienamente configurabile, in quanto il rapporto stesso intercorre con le società e non con i singoli soci, salvo eventualmente che il concreto assetto della società possa dar luogo a conclusioni diverse (ad esempio se vi siano due soli soci, entrambi parenti conviventi, o se il parente convivente del lavoratore sia titolare di tutti i poteri sociali o abbia la maggioranza delle azioni o delle quote sociali).

4. Rapporti associativi di lavoro Vi sono taluni rapporti di collaborazione che non sarebbero formalmente riconducibili alla figura "tipica" del rapporto

di lavoro subordinato in quanto la loro causa è caratterizzata, non dall'elemento dello scambio tra prestazione di lavoro e retribuzione, bensì data la loro natura associativa dall'assenza di ogni vincolo di corrispettività tra le obbligazioni e, viceversa, dalla contitolarità dell'attività economica, dalla comune assunzione del rischio di impresa e dal perseguimento di fini produttivi comuni.

Tuttavia tali rapporti, per il loro concreto atteggiarsi sotto il profilo economico sociale, possono talora evidenziare una esigenza di tutela di uno dei contraenti analoga a quella del prestatore di lavoro subordinato.

Associazione in partecipazione In base all'art. 2549, cod. civ. l'associazione in partecipazione è un contratto con il quale l'associante attribuisce

all'associato la partecipazione agli utili dell'impresa o di uno o più affari, a fronte di un determinato apporto che può consistere - secondo l'opinione dominante - anche in una prestazione di lavoro (v. anche l'art. 2554, cod. civ.).

In ordine a tale argomento si rimanda a specifica trattazione contenute in altra parte della dispensa.

Soci d'opera Nell'ambito di forme contrattuali che perseguono l'obiettivo di cointeressare un lavoratore al risultato dell'impresa, nel

quadro di rapporti di tipo associativo, di interesse è la figura del "socio d'opera", ovverosia il socio che provvede al conferimento della quota in servizi secondo il principio generale fissato nell'art. 2247 cod. civ., ipotesi diversa da quella del socio lavoratore, dove il conferimento avviene in beni (v. sempre l'art. 2247, cod. civ.), ma in cui vi è anche una prestazione di lavoro.

In linea di principio, il socio d'opera pur se obbligato a prestare lavoro in favore della società, presta la propria opera a titolo di partecipazione societaria ed è titolare degli stessi poteri sociali degli altri soci. Ciò conduce ad escludere la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato, anche se, pure in tale fattispecie, l'indagine concreta può portare alla rilevazione di un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato dissimulato, a scopo fraudolento, dal rapporto associativo.

Soci lavoratori di cooperativa Altra ipotesi di rapporto di lavoro associato di notevole interesse operativo, è quella delle cooperative di produzione

e lavoro previste dagli artt. 2511 ss., cod. civ., ovvero delle cooperative sociali per le quali il lavoro costituisce in ogni caso il c.d. scopo mutualistico esterno, costituite allo scopo di svolgere un'attività economica organizzata in impresa, con la utilizzazione, appunto, del lavoro dei soci, ai quali spetta il diritto alla partecipazione agli utili dell'impresa.

In tali casi, vale a dire quando il rapporto mutualistico ha ad oggetto la prestazione di attività lavorative da parte del socio, si applica la disciplina prevista dalla L. n. 142/2001 che riconosce espressamente la presenza, accanto al rapporto associativo, di un ulteriore e distinto rapporto di lavoro. E infatti, l'art. 1, L. n. 142/2001 dispone che il socio lavoratore, con la propria adesione o successivamente all'instaurazione del rapporto associativo, stabilisce un ulteriore rapporto di lavoro in forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata non occasionale, con cui contribuisce al raggiungimento degli scopi sociali. Pertanto le cooperative possono instaurare con i propri soci ordinari rapporti di lavoro subordinato inclusi quelli aventi natura dirigenziale, purché nel proprio regolamento interno sia espressamente prevista tale tipologia di rapporto di lavoro tra quelle instaurabili con i soci (INPS mess. n. 30351/2006).

L'INPS aveva inizialmente precisato che l'estensione della disciplina sul lavoro subordinato al socio lavoratore di cooperativa comporta l'applicazione anche nei confronti di quest'ultimo della regola generale dell'incompatibilità di prestazione lavorativa subordinata prevista per i Presidenti del C.d.a., gli Amministratori unici e i Consiglieri delegati (v. INPS circ. n. 179/1989). Pertanto aveva inizialmente ritenuto che non fosse possibile instaurare un valido rapporto di

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lavoro subordinato tra una società cooperativa ed il suo Presidente (INPS mess n. 15031/2007). Con successivo messaggio, sempre del 2007, tale posizione di fatto è stata rivista e smentita.

Il rapporto associativo prevale rispetto rapporto di lavoro che è ad esso strumentale in funzione del raggiungimento dello scopo mutualistico. Ne dà conferma la norma che prevede quale conseguenza automatica dello scioglimento del vincolo associativo l'estinzione del rapporto di lavoro (art. 5, L. n. 142/2001; ML circ. n. 10/2004).

Dall'instaurazione del rapporto associativo e di lavoro in qualsiasi forma derivano i relativi effetti di natura fiscale e previdenziale e tutti gli altri effetti giuridici rispettivamente previsti dalla L. n. 142/2001 e, in quanto compatibili con la posizione del socio lavoratore, da altre leggi o da qualsiasi altra fonte.

L'INPS, con il mess. n. 3981/2011, precisa che i lavoratori soci di cooperativa esercente attività disciplinata dal D.P.R. n. 602/1970, anche se operanti con un contratto di lavoro intermittente, sono esclusi dal campo di applicazione della assicurazione contro la disoccupazione involontaria sia per i periodi di attività che per quelli di non attività coperti, eventualmente, dalla indennità di disponibilità.

Amministratori di società L'ipotesi del lavoro prestato dagli amministratori di società pone il problema della compatibilità tra la figura di

amministratore, che può essere o meno socio della società stessa, e quella di lavoratore subordinato. La giurisprudenza esclude prevalentemente la natura di lavoro subordinato solo nel caso in cui all'amministratore

delegato siano conferiti poteri illimitati, o quando vi sia un amministratore unico. Viceversa è stata ammessa la compatibilità, e quindi l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, se

l'amministratore sia soltanto un membro del consiglio di amministrazione e sia potenzialmente assoggettato alla direzione dell'organo collegiale.

Il cumulo della posizione di amministratore e di lavoratore subordinato, in tale circostanza, presuppone non tanto un generico potere di vigilanza sull'amministratore da parte del consiglio di amministrazione, ma un penetrante potere di controllo e di direzione, esercitato con modalità tali da configurare un effettivo rapporto di gerarchia, presupposto essenziale del vincolo di subordinazione.

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Rassegna della giurisprudenza

Lavoro subordinato e lavoro autonomo: criteri distintivi Sommario: 1. Distinzione tra il rapporto di lavoro subordinato ed altri rapporti: distinzione con il rapporto di lavoro

autonomo - 2. Segue: casistica - 3. Segue: in caso di lavoro imposto al tossicodipendente ex L. n. 162/1990 - 4. Conseguenze retributive del riconoscimento di un rapporto subordinato anzichè autonomo - 5. Sostituzione del rapporto di lavoro subordinato con un rapporto di lavoro autonomo.

1. Distinzione tra il rapporto di lavoro subordinato ed altri rapporti: distinzione con il rapporto di lavoro autonomo

In base ad un orientamento giurisprudenziale ormai pressocchè consolidato (1), il fondamentale elemento di distinzione tra il rapporto di lavoro subordinato e il rapporto di lavoro autonomo è costituito dall'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, al potere disciplinare e al potere di controllo del datore di lavoro:

- il potere direttivo consiste nell'individuazione ed imposizione da parte del datore delle modalità di svolgimento attraverso le quali l'attività lavorativa deve via via essere svolta (2) (tenendo presente che l'esistenza di tale potere non è incompatibile, specie nel caso di dipendenti di elevato livello professionale, con spazi più o meno ampi di discrezionalità del dipendente stesso (3));

- il potere disciplinare consiste nell'irrogazione di sanzioni in relazione ad eventuali inadempimenti del lavoratore (senza che, per riconoscere l'esistenza di tale potere sia necessario che siano effettivamente state applicate delle sanzioni);

- il potere di controllo consiste nella costante vigilanza sull'operato del dipendente. L'assoggettamento del lavoratore alle direttive del datore di lavoro è riscontrabile anche quando il potere datoriale

venga esercitato de die in diem, consistendo, in tal caso, il vincolo della subordinazione nell'accettazione, espressa o per fatti concludenti, dell'esercizio del potere direttivo di ripetuta specificazione delle modalità della prestazione lavorativa (4).

Per riscontrare il profilarsi in concreto del suddetto potere direttivo e del connesso potere di controllo in ordine allo svolgimento delle prestazioni lavorative affidate ai collaboratori, non è, di regola, necessaria la presenza costante e continua del datore di lavoro nei luoghi di svolgimento di tali prestazioni.

Ed infatti, ai fini della valutazione della sussistenza del vincolo della subordinazione, la continuità e la frequenza delle direttive e dei controlli deve essere o meno considerata necessaria a seconda della natura delle prestazioni - ad es. natura intellettuale e professionale delle stesse - ovvero del ruolo dei prestatori di lavoro nell'ambito dell'impresa e dei loro rapporti con l'imprenditore (con riferimento alle capacità e al grado di fiducia) (5). Ad esempio, in alcuni casi, quando la prestazione ha una particolare natura tecnica che sfugge, per la sua specificità, alla generale competenza del datore, in questo caso assumono rilievo, ai fini della qualificazione del rapporto, altri criteri quali il tempo di lavoro (vincoli di presenza e orario), la modalità di erogazione della retribuzione (commisurata alla durata di svolgimento della prestazione) (6). Infine la Corte di cassazione ha precisato che ai fini della configurazione di un rapporto di lavoro subordinato, è irrilevante che il potere direttivo del datore di lavoro sia esercitato mediante un professionista incaricato, non legato a sua volta da un rapporto di subordinazione (7).

Accanto al suesposto criterio dell'assoggettamento del lavoratore ai poteri del datore, la giurisprudenza ha talvolta utilizzato anche il criterio dell'inserimento della persona del lavoratore nell'organizzazione aziendale (8) per distinguere la fattispecie del rapporto di lavoro subordinato da quella del lavoro autonomo, ravvisando quest'ultimo nella realizzazione di un'opera o di un servizio quale risultato di un'organizzazione propria del prestatore e, di contro, riconoscendo l'esistenza di un lavoro subordinato quando nel contratto venga dedotta la mera disponibilità di inserire delle energie lavorative nell'ambito dell'organizzazione del datore di lavoro (9) ovvero la disponibilità a rispondere alle richieste del datore di lavoro ancorchè queste si risolvano in prestazioni lavorative saltuarie o discontinue (10).

La Corte di Cassazione ha chiarito che qualora vi sia una situazione di oggettiva incertezza probatoria, il giudice deve ritenere che l'onere della prova a carico dell'attore non sia stato assolto e non già propendere per la natura subordinata del rapporto (11).

Per contro, la giurisprudenza non considera, di per sè, determinanti le seguenti circostanze - in quanto ritenute o inaffidabili o presenti sia in fattispecie di lavoro subordinato che autonomo - che, al più, possono servire di ausilio quando l'utilizzazione dei criteri principali di cui s'è detto non sia sufficiente a rivelare la natura subordinata ovvero autonoma del rapporto (12):

- la qualificazione giuridica del rapporto espressa dalle parti (c.d. "nomen juris") il che, peraltro, non esclude la rilevanza della concreta volontà delle parti in ordine al rapporto da instaurare (13). A tale riguardo è, peraltro, opportuno sottolineare che negli ultimi periodi la giurisprudenza - sia di legittimità che di merito - ha significativamente rivalutato la manifestazione di volontà delle parti ai fini della qualificazione come autonomo o subordinato del rapporto di lavoro quando la conformazione fattuale del rapporto è dubbia (14), ed ha affermato che ove si voglia pervenire ad una diversa qualificazione del rapporto rispetto a quella espressa dalle parti, occorrerà fornire la prova che, l'elemento della subordinazione si sia, in concreto, realizzato nello svolgimento del rapporto stesso (15). In particolare, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che il riferimento al nomen iuris dato dalle parti al negozio risulta di maggiore utilità nelle fattispecie in cui i caratteri differenziali tra due o più figure negoziali appaiono non agevolmente rintracciabili (16).

La Corte di Cassazione ha affermato che l'esecuzione di un contratto non è solo strumento d'interpretazione della natura e della causa del rapporto di lavoro bensì anche espressione di una nuova eventuale volontà delle parti che, in quanto posteriore, modifica la volontà iniziale conferendo, al rapporto, un nuovo assetto negoziale (17);

- alla stessa stregua del "nomen iuris" l'iscrizione all'albo delle imprese artigiane non impedisce di contestare l'esistenza dei presupposti per il riconoscimento della subordinazione (18).

Tra gli indici della subordinazione la giurisprudenza ha, altresì, indicato: - la natura dell'oggetto della prestazione lavorativa (19);

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- la continuità della prestazione lavorativa(20); - la predeterminazione di una retribuzione (21) e le sue modalità di erogazione; - la predeterminazione di un orario di lavoro se non è dovuta al potere direttivo dell'imprenditore bensì alla natura

dell'attività lavorativa (22); - la mancanza di rischio economico a carico del lavoratore (23); - l'utilizzazione da parte del lavoratore di strumenti di lavoro e lo svolgimento della prestazione in ambienti messi a

disposizione dal datore di lavoro (24). Secondo la giurisprudenza di legittimità tali indici (l'assenza di rischio, l'inserimento nell'organizzazione aziendale,

l'osservanza di un orario e la forma della retribuzione) pur avendo natura sussidiaria e non decisiva, possono costituire indici rivelatori della subordinazione, complessivamente considerati e tali da prevalere sul nomen iuris attribuito dalle parti al rapporto (25).

La giurisprudenza della Suprema Corte ha ritenuto che la prestazione di attività lavorativa onerosa all'interno dei locali d'azienda, con materiali ed attrezzature proprie della stessa e con modalità tipologiche proprie di un lavoratore subordinato, in relazione alle caratteristiche delle mansioni svolte, comporta una presunzione di subordinazione, che è onere del datore di lavoro vincere (26).

L'apprezzamento di tali circostanze è rimesso al giudice del merito, il cui ragionamento, se non immune da vizi giuridici e non supportato da un'adeguata motivazione, è soggetto al sindacato del giudice di legittimità (27). ---------- (1) Cass. 23 settembre 2005, n. 18660; Cass. 6 agosto 2004, n. 15275; Cass. 21 maggio 2004, n. 9764; Cass. 13 maggio 2004, n. 9151 in DeG, 2004, n. 27, 104; Cass. 9 aprile 2004, n. 6983; Cass. 19 marzo 2004, n. 5574; Cass. 9 marzo 2004, n. 4797; Cass. 19 febbraio 2004, n. 3277; Cass. 13 febbraio 2004, n. 2842; Cass. 11 febbraio 2004, n. 2622; Cass. 17 gennaio 2004, n. 669; Cass. 19 novembre 2003, n. 17549; Cass. 11 settembre 2003, n. 13380; Cass. 22 agosto 2003, n. 12348; Cass. 17 luglio 2003, n. 11203; Cass. 10 maggio 2003, n. 7171; Cass. 29 aprile 2003, n. 6673; Cass. 11 aprile 2003, n. 5793; Cass. 9 aprile 2003, n. 5534; Cass. 7 aprile 2003, n. 5426; Cass. 7 marzo 2003, n. 3471; Cass. 1º ottobre 1997, n. 9606; Cass. 24 marzo 1997, n. 2582; Cass. 28 luglio 1995, n. 8260, in Giust. civ., 1996, I, 2356; Cass. 1º aprile 1995, n. 3853, in Foro it. Rep., 1995; Cass. 29 marzo 1995, n. 3745, in Giur. it., 1996, I, 56; Cass. 17 aprile 1990, n. 5170, in Or. giur. lav., 1991, 37; Cass. 10 gennaio 1989, n. 41, in Foro it. Rep., 1989; Cass. 18 dicembre 1987, nn. 9456 e 9459, in Giur. it., 1988, I, 1342; Cass. 5 settembre 1987, n. 7222, in Foro it. Rep., 1987; Cass. 4 marzo 1987, n. 2286, in Foro it. Rep., 1987; Cass. 6 dicembre 1986, n. 7286, in Foro it. Rep., 1986; Cass. 27 novembre 1986 n. 7015, in Foro it. Rep., 1986; Cass. 7 marzo 1986, n. 1532, in Foro it. Rep., 1986; Cass. 22 giugno 1985, n. 3771, in Giust. civ., 1986, I, 151; Cass. 3 giugno 1985, n. 3309, in Foro it. Rep., 1985; Cass. 20 aprile 1983, n. 2728, in Riv. it. dir. lav., 1984, II, 302; Cass. 26 ottobre 1974, n. 3180, in Or. giur. lav., 1975, 78; Trib. Milano 12 gennaio 2002, in Or. giur. lav., 2002, I, 57. (2) Cass. 22 agosto 2003, n. 12348; Cass. 27 gennaio 1989, n. 524, in Foro it. Rep., 1989; Cass. 15 luglio 1987, n. 6194, in Foro it. Rep., 1987; Cass. 7 marzo 1986, n. 1532, in Foro it. Rep., 1986; Cass. 22 giugno 1985, n. 3771, in Foro it. Rep., 1985; Trib. Roma 10 aprile 2003, in Dir. lav., 2003, II, 44. (3) Cass. 14 aprile 1994, n. 3497, in Dir. prat. lav., 1994, 2283; Cass. 17 giugno 1988, n. 4150, in Foro it. Rep., 1988; Cass. 5 novembre 1987, n. 8134, in Foro it. Rep., 1987; Cass. 15 luglio 1987, n. 6194, in Foro it. Rep., 1987; Cass. 7 marzo 1986, n. 1532, in Foro it. Rep., 1986; Cass. 22 giugno 1985, n. 3771, in Foro it. Rep., 1985. (4) Cass. 27 febbraio 2007, n. 4500. (5) Cass. 9 giugno 1994, n. 5590, in Not. giur. lav., 1994, 568. (6) Cass. 27 febbraio 2007, n. 4500; Cass. 22 febbraio 2006, n. 3858. (7) Cass. 30 dicembre 1999, n. 14736, inedita. (8) Cass. 14 aprile 2008, n. 9812; Cass. 30 gennaio 2007, n. 1893; Cass. 20 agosto 2003, n. 12252, in Foro it.; Cass. S.U. 11 febbraio 1987, n. 1463, in Or. giur. lav., 1987, 68. (9) Cass. 16 giugno 1989, n. 2916, in Dir. prat. lav., 1989, 2225; Cass. 6 giugno 1985, n. 3387, in Or. giur. lav., 1985, 1048; Cass. 8 ottobre 1980, n. 5395, in Not. giur. lav., 1980, 631; Cass. 12 luglio 1980, n. 4451, in Or. giur. lav., 1981, 321; Cass. 28 giugno 1978, n. 3222, in Or. giur. lav., 1978, 993; Trib. Roma 10 aprile 2003, in Dir. lav., 2003, II, 44. (10) Cass. 4 settembre 2003, n. 12926. (11) Cass. 28 settembre 2006, n. 21028. (12) Cass. 25 maggio 2004, n. 10043; Cass. 5 maggio 2004, n. 8569; Cass. 18 marzo 2004, n. 5508; Cass. 9 marzo 2004, n. 4799; Cass. 11 febbraio 2004, n. 2622; Cass. 23 gennaio 2004, n. 1218; Cass. 20 gennaio 2004, n. 849; Cass. 17 luglio 2003, n. 11203; Cass. 13 giugno 2003, n. 9492; Cass. 29 aprile 2003, n. 6673; Cass. 28 marzo 2003, n. 4770; Cass. 6 novembre 1992, n. 12033, in Dir. prat. lav., 1992, 3399; Cass. 18 dicembre 1987, n. 9459, in Or. giur. lav., 1988, 355; Cass. 20 marzo 1987, n. 2788, in Or. giur. lav., 1987, 346; Cass. 2 marzo 1987, n. 2294, in Foro it. Rep., 1987; Cass. 10 gennaio 1987, n. 109, in Foro it. Rep., 1987; Cass. 7 novembre 1986, n. 6538, in Foro it. Rep., 1986; Cass. 3 giugno 1985, n. 3310, in Or. giur. lav., 1986, 974; Cass. 14 maggio 1985, n. 3011, in Foro it. Rep., 1985; Cass. 20 aprile 1983, n. 2728, in Or. giur. lav., 1983, 825; Cass. 3 novembre 1981, n. 5807, in Riv. it. dir. lav., 1982, II, 290; App. Venezia 9 novembre 2002, in Rass. giur. lav. Veneto, 2003, I, 49; Pret. Catania 29 febbraio 1988, in Dir. prat. lav., 1988, 1654. (13) Cass. 25 ottobre 2004, n. 20669; Cass. 12 giugno 2003, n. 9654; Cass. 27 novembre 2002, n. 16805, in Foro it., 2003, I, 1148; Cass. 7 aprile 1992, n. 4220, in Riv. it. dir. lav., 1993, 258; Cass. 27 gennaio 1989, n. 524, in Foro it. Rep., 1989; Cass. 29 novembre 1988, n. 6439, in Foro it. Rep., 1988; Cass. 16 luglio 1987, n. 6284, in Foro it. Rep., 1987; Cass. 4 aprile 1987, n. 3282, in Foro it. Rep., 1987; Cass. 6 marzo 1987, n. 2395, in Foro it. Rep., 1987; Cass. 17 febbraio 1987, nn. 1715 e 1714, in Foro it. Rep., 1987; Cass. 10 dicembre 1986, n. 7347, in Foro it. Rep., 1986; Cass. 20 maggio 1986, n. 3357, in Foro it. Rep., 1986; Cass. 3 giugno 1985, n. 3310, in Giust. civ., 1985, I, 2735; Cass. 7 dicembre 1981, n. 6492, in Giust. civ., 1982, II, 495; Cass. 3 novembre 1981, n. 5807, in Riv. it. dir. lav., 1982, II, 290. (14) Cass. 25 ottobre 2005, n. 20659; Cass. 23 luglio 2004, n. 13884; Cass. 20 gennaio 1995, n. 649, in Dir. prat. lav., 1995, 1508; Cass. 2 luglio 1992 n. 8120, in Dir. prat. lav., 1992, 2613; Cass. 10 febbraio 1992 n. 1502, in Dir. prat. lav., 1992, 1152. Al riguardo, si veda anche Cass. 30 ottobre 1997, n. 10704, secondo cui la rilevanza della qualificazione data dalle parti al rapporto si risolve in una presunzione semplice di adeguamento delle parti alla volontà contrattuale, che

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può essere vinta, in presenza di contratti di lavoro autonomo, anche da opposte presunzioni tratte da elementi indicanti l'assoggettamento del prestatore al potere direttivo del datore di lavoro, caratteristico della subordinazione; Trib. Treviso 14 novembre 2002, in Or. giur. lav., 2002, I, 743. (15) Cass. 27 febbraio 2007, n. 4500; Cass. 23 luglio 2004, n. 13872; Cass. 25 maggio 2004, n. 10043; Cass. 27 novembre 2002, n. 16805, in Foro it., 2003, I, 1148; Cass. 6 febbraio 2001, n. 1666, in Riv. Inf., 2002, II, 24; Cass. 17 novembre 1994, n. 9718, in Dir. prat. lav., 1995, 638; Cass. 13 marzo 1990, n. 2024, in Foro it. Rep., 1990, 1690; Trib. Roma 21 settembre 2003, in Arch. civ., 2003, 418; Trib. Ascoli Piceno 20 giugno 2003, in Dir. lav. Marche, 2003, 303; Trib. Pesaro 3 giugno 2003, in Or. giur. lav., 2003, I, 332; Trib. Roma 27 marzo 2003, in Arch. civ., 2003, 945; Trib. Treviso 14 novembre 2002, in Or. giur. lav., 2002, I, 743; Trib. Milano 12 gennaio 2002, in Or. giur. lav., 2002, I, 57. (16) Cass. 18 aprile 2007, n. 9264. (17) Cass. 28 settembre 2006, n. 21028. (18) Cass. 10 febbraio 2006, n. 2895; Cass. 15 novembre 2004, n. 21594; Cass. 22 aprile 2002, n. 5840. (19) Cass. 14 aprile 1987, n. 3716, in Foro it. Rep., 1987; Cass. 4 marzo 1987, n. 2286, in Foro it. Rep., 1987; Cass. 6 dicembre 1986, n. 7286, in Foro it. Rep., 1986; Cass. 11 novembre 1986 n. 6616, in Foro it. Rep., 1986; Cass. 3 giugno 1985, n. 3309, in Foro it. Rep., 1985. Peraltro, per Cass. 10 giugno 1986, n. 3841, in Foro it. Rep., 1986; Cass. 9 aprile 1986, n. 2472, in Foro it. Rep., 1986; Cass. 3 luglio 1984, n. 3897, in Foro it. Rep., 1984, l'oggetto della prestazione costituisce addirittura il principale criterio distintivo tra lavoro autonomo e lavoro subordinato. (20) Cass. 14 aprile 2008, n. 9812. (21) Cass. 14 aprile 2008, n. 9812; Cass. 30 gennaio 2007, n. 1893; Cass. 17 aprile 1989, n. 1821, in Foro it. Rep., 1989 ; Cass. 14 maggio 1985, n. 3011, in Foro it. Rep., 1985. (22) Cass. 14 aprile 2008, n. 9812; Cass. 30 gennaio 2007, n. 1893; Cass. 5 maggio 2005, n. 9343; Cass. 9 novembre 1992, n. 12063, in Not. giur. lav., 1993, 37; Cass. 5 dicembre 1988, n. 6616, in Foro it. Rep., 1988; Cass. 4 dicembre 1986, n. 7203, in Foro it. Rep., 1986; Cass. 3 giugno 1985, n. 3309, in Foro it. Rep., 1985; Cass. 14 maggio 1985, n. 3011, in Foro it. Rep., 1985; Cass. 3 aprile 1985, n. 2268, in Foro it. Rep., 1985. (23) Cass. 14 aprile 2008, n. 9812; Cass. 30 gennaio 2007, n. 1893; Cass. 14 aprile 1987, n. 3716, in Foro it. Rep., 1987; Cass. 11 novembre 1986 n. 6616, in Foro it. Rep., 1986; Cass. 14 marzo 1985, n. 2012, in Foro it. Rep., 1985. (24) Cass. 14 aprile 2008, n. 9812. (25) Cass. 30 gennaio 2007, n. 1893. (26) Cass. 6 settembre 2007, n. 18692. (27) Per tutte Cass. 16 giugno 2006, n. 13935.

2. Segue: casistica La giurisprudenza ha rconosciuto la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato nei casi, tra gli altri, di: - insegnanti, compresi quelli di musica, presso un istituto privato ancorchè siano già titolari di un rapporto di pubblico

impiego presso una scuola statale o altro ente pubblico (1); - dipendenti che allestiscono banchi di vendita per conto di una società avente per oggetto la diffusione di libri e

manifesti, i quali possano decidere di sostituirsi tra loro previa segnalazione alla società stessa (2); - contratto di collaborazione artistica (ad esempio pianista di piano bar) avente ad oggetto l'effettuazione periodica e

continuativa di prestazioni artistiche (3); - medico di laboratorio di analisi che esercita potere di controllo e sorveglianza sui subalterni, con orario di lavoro

minimo mensile, compenso in cifra fissa e utilizzazione di strumenti di lavoro di proprietà del laboratorio stesso (4); - medico di casa di cura che svolge attività sotto le direttive della clinica, tenuto ad un orario di lavoro, con

retribuzione fissa, utilizzando gli strumenti sanitari di proprietà della clinica stessa (5); - personale infermieristico di casa di cura nei casi di: predisposizione di turni di lavoro, obbligo di presentare

certificato medico in caso di malattia, dovere di reperibilità con compenso ragguagliato alle ore non al risultato, identità delle modalità di espletamento delle mansioni rispetto ai lavoratori subordinati, utilizzazione delle attrezzature aziendali e del camice di lavoro, inserimento nell'organizzazione, nonché carattere professionale dell'attività esercitata tale da rendere superflua una particolare specificazione delle direttive (6);

- diurnista addetto a ricevere le scommesse sulle corse dei cavalli e relativo denaro presso un'agenzia ippica, se ed in quanto questi percepisca una paga stabilita "a tempo" (7);

- cuoca alle dipendenze di un convento (8); - biologo addetto a un gabinetto di analisi (9); - lavoratore addetto alla vigilanza di un complesso industriale dietro il corrispettivo della concessione di alloggio, nel

caso in cui si abbia da parte del beneficiario di tale bene lo svolgimento di prestazioni lavorative caratterizzate - in relazione alle modalità concrete di esecuzione - da una continuità tale da comportare per il prestatore d'opera una costante messa a disposizione del proprio tempo e della propria attività, e dal controllo del concedente dell'alloggio (10);

- sacrista in una parrocchia (11); - attore, nel caso in cui ricorrano gli indici della subordinazione e ricorra l'inserimento dell'artista nell'organizzazione

dell'impresa artistica (12); - prestazione di lavoro giornalistico, quando il giornalista sia soggetto a istruzioni incisive, dettagliate, reiterate,

meticolose (13) o sia a disposizione stabilmente dell'editore (14), pertanto, qualora si sia in presenza dello svolgimento di attività non occasionali, rivolte ad assicurare le esigenze informative di uno specifico settore, della sistematica redazione di articoli su specifici argomenti e rubriche e della persistenza, nell'intervallo tra una prestazione e l'altra, dell'impegno di porre la propria opera a disposizione del datore di lavoro (15);

- collaboratore fisso, assoggettato al potere direttivo del direttore del giornale e che offre una prestazione continuativa (16).

E, addirittura, secondo una fonte della giurisprudenza, la subordinazione non è esclusa dal fatto che il prestatore goda di una certa libertà di movimento e non sia obbligato al rispetto di un orario o la sua retribuzione sia commisurata a singole prestazioni (17).

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E' stata, di contro, esclusa l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato nei casi, tra gli altri, di: - addetto al totalizzatore presso un ippodromo (se ed in quanto la eventuale mancanza di presenza e assiduità non

dia luogo a sanzioni disciplinari e i turni programmati siano dovuti alla natura della prestazione e non ad ordini ricevuti) (18);

- indossatrice ingaggiata da un'agenzia su incarico di diverse case di moda per partecipare ad alcune sfilate, di circa un'ora ciascuna, nell'ambito di una manifestazione (19);

- il soggetto al quale il concessionario di un distributore di carburante abbia affidato il distributore stesso secondo lo schema negoziale previsto dall'art. 6, L. n. 745/1970 (20);

- svolgimento di una serie di compiti di natura amministrativa, contabile e finanziaria, retribuito dietro emissione di fattura, se ed in quanto tali attività sono svolte senza uno stabile inserimento nella struttura dell'azienda nel cui interesse le attività predette vengono svolte (21);

- astrologa addetta alla predisposizione dell'oroscopo alla RAI tenuta alla predisposizione, lettura o preregistrazione di un elaborato da comporre e studiare in autonomia e secondo modalità di tempo e di luogo da lei liberamente scelte (22);

- insegnante di scuola privata che, ancorchè operante con continuatività e in presenza di una serie di vincoli, non sia contraddistinto dall'esercizio del potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro (23).

L'attività didattica di un insegnante nell'ambito della sua congregazione non costituisce attività lavorativa svolta ai sensi della legge italiana (24).

Secondo un orientamento giurisprudenziale, peraltro contrastato, va esclusa la natura subordinata del rapporto di lavoro dei c.d. "pony express" qualora gli stessi abbiano sostanziale autonomia nell'organizzazione del lavoro (25). Ad esempio è stata esclusa la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato nel caso in cui il "pony express" abbia la facoltà di non rispondere alle singole chiamate (26).

I propagandisti scientifici, i procacciatori d'affari e i c.d. venditori "porta a porta" sono stati ritenuti ora lavoratori subordinati ora autonomi a seconda che, caso per caso, fossero soggetti al potere gerarchico del datore ovvero scelgano i tempi e i modi di svolgimento della loro attività lavorativa (27).

Con riguardo alle prestazioni di contenuto intellettuale - esempio l'insegnante presso un istituto privato - l'accertamento della natura autonoma o subordinata del rapporto va desunta esclusivamente dalla posizione tecnico-gerarchica in cui si trovi o meno il lavoratore medesimo, in correlazione ad un potere direttivo del datore di lavoro, restando irrilevante, ove difetti tale requisito, la sussistenza di connotati quali la collaborazione, l'osservanza di un determinato orario, la continuità dell'attività e la forma della retribuzione (28), mentre risulta rilevante l'inserimento nell'organizzazione della scuola (29).

Nel caso di ragioniere addetto all'elaborazione della contabilità delle buste paga dei dipendenti di clienti dello studio, la sussistenza o meno della subordinazione deve essere verificata in relazione alla intensità della etero-organizzazione della prestazione, al fine di stabilire se l'organizzazione sia limitata al coordinamento dell'attività del professionista con quella dello studio, oppure ecceda le esigenze di coordinamento per dipendere direttamente e continuativamente dall'interesse dello studio stesso, responsabile nei confronti dei clienti di prestazioni assunte come proprie e non della sola assicurazione di prestazioni altrui (30). ---------- (1) Cass. 29 novembre 1988, n. 6439, in Foro it. Rep., 1988; Cass. 14 febbraio 1985, n. 1287, in Foro it. Rep., 1985; Pret. Vigevano 28 giugno 1985, in Inf. prev., 1986, 538. (2) Pret. Firenze 21 settembre 1987, in Foro it., 1987, I, 3357. (3) Cass. 4 ottobre 1988, n. 5358, in Foro it. Rep., 1988. (4) Trib. Lucca 23 marzo 1988, in Lav. 80, 1988, 693. (5) Cass. 4 ottobre 1988, n. 5358, in Foro it. Rep., 1988; vedi anche Trib. Bologna 22 febbraio 1984, in Giur. it., 19845, I, 2, 648 e Pret. Bologna 20 settembre 1983, in Giur. it. 1984, I, 2, 533. (6) Cass. 18 luglio 2007, n. 15979. (7) Cass. 5 novembre, 1986 n. 6476, in Foro it. Rep., 1986. (8) Cass. 6 settembre 1989, n. 5049, in Riv. it. dir. lav., 1990, II, 44. (9) Trib. Latina 13 febbraio 1991, in Inf. prev., 1991, 694. (10) Cass. 18 marzo 1993, n. 3225, in Dir. prat. lav., 1993, 1400. (11) Cass. 11 settembre 2003, n. 13380; Appello Ancona 6 novembre 2001, in Dir. e lav. Marche, 2002, 161. (12) Cass. 25 ottobre 2005, n. 20659; Cass. 9 settembre 2003, n. 13185. (13) Cass. 18 agosto 2003, n. 12079; Trib. Roma 10 aprile 2003, in Dir. lav., 2003, II, 44. (14) Cass. 9 aprile 2004, n. 6983. (15) Cass. 6 marzo 2006, n. 4770; Cass. 23 settembre 2005, n. 18660; (16) Cass. 9 marzo 2004, n. 4797. (17) Cass. 17 agosto 2004, n. 16038; Cass. 9 febbraio 1996, n. 1024, in Lav. e prev. oggi, 1997, 823.; Pret. Roma 8 settembre 1986, in Giust. civ., 1987, I, 2413. (18) Pret. Bologna 18 ottobre 1988, in Or. giur. lav., 1989, 55. (19) Cass. 1º febbraio 1987, n. 613, in Foro it. Rep., 1987. (20) Pret. Roma 4 marzo 1992, in Dir. e prat. lav., 1992, 2407. (21) Cass. 1º febbraio 1993, n. 1182, in Riv. it. dir. lav., 1993, II, 415. (22) Cass. 21 maggio 2003, n. 8028, in Foro it., 2003, I, 3321. (23) Cass. 2 dicembre 2002, n. 17096, in Foro it., 2003, I, 1812. (24) Cass. pen. 1º giugno 1993, n. 5542, in Dir. prat. lav., 1993, 1841. (25) Cass. 24 febbraio 2006, n. 4171. (26) Cass. 25 gennaio 1993, n. 811, in Dir. prat. lav., 1993, 723; Cass. 10 luglio 1991, n. 7608, in Dir. prat. lav., 1991, 2184. Contra, Cass. pen. 14 aprile 1989, in Inf. prev., 1989, 1075; Pret. Milano 7 ottobre 1988, in Riv. it. dir. lav., 1989, II,

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207; Pret. Milano 4 ottobre 1988, in Lav. 80, 1989, 162; Pret. Milano 6 aprile 1987, in Foro it., 1987, II, 470; Pret. Milano 20 giugno 1986, in Or. giur. lav., 1986, 978. (27) Cass. 3 gennaio 1995, n. 29, in Foro it. Rep., 1995; Cass. 15 novembre 1988, in Inf. prev., 1989, 401; Cass. 28 aprile 1987, n. 4111, in Foro it. Rep., 1987; Cass. 18 marzo 1987, n. 2730, in Foro it. Rep., 1987; Cass. 23 novembre 1985, n. 5846, in Foro it. Rep., 1985. (28) Cass. 2 luglio 1992, n. 8120, in Dir. e prat. lav., 1992, 2613; vedi anche Cass. 11 febbraio 2005, n. 2767. (29) Cass. 12 maggio 2005, n. 9967. (30) Cass. 11 maggio 2005, n. 9894.

3. Segue: in caso di lavoro imposto al tossicodipendente ex L. n. 162/1990 Il lavoro imposto al tossicodipendente ai sensi della lettera f) dell'art. 16 della legge n. 162/1990

- norma secondo la quale al tossicodipendente che interrompa il trattamento terapeutico nonostante un doppio invito dell'autorità può essere imposto di lavorare per almeno un giorno alla settimana presso determinati enti o istituzioni pubbliche - non può ritenersi espletato in esecuzione di un contratto di lavoro subordinato (1). ---------- (1) Pret. Conegliano 16 ottobre 1991, in Dir. prat. lav., 1992, 249.

4. Conseguenze retributive del riconoscimento di un rapporto subordinato anzichè autonomo Secondo la Corte di cassazione nell'ipotesi di prestazione di attività lavorativa nell'ambito di un rapporto qualificato

dalle parti come autonomo, che risulti poi in realtà di natura subordinata, il corrispettivo pattuito deve ritenersi - almeno di regola - a compensare interamente l'opera prestata e non opera la presunzione secondo cui la retribuzione viene corrisposta a titolo di paga base (1). --------- (1) Cass. 16 aprile 1992, n. 4651, in Dir e prat. lav., 1992, 1851.

5. Sostituzione del rapporto di lavoro subordinato con un rapporto di lavoro autonomo Secondo la Corte di cassazione, affinchè un rapporto di lavoro subordinato possa ritenersi sostituito da un rapporto

di lavoro autonomo è necessario che alla volontà delle parti di mutare il regime giuridico del rapporto si accompagni un effettivo mutamento dello svolgimento delle prestazioni lavorative. Cioè a dire che, pur potendo rimanere identico il contenuto della prestazione, devono però necessariamente mutare le modalità di espletamento delle mansioni nel senso che non comportino più il vincolo di assoggettamento del lavoratore al datore di lavoro (1). ---------- (1) Cass. 20 maggio 2002, n. 7310, in Foro it., 2003, I, 1148; Cass. 25 gennaio 1993, n. 812, in Dir. prat. lav., 1993, 723.

Configurabilità del rapporto di lavoro subordinato: associazione in partecipazione

La giurisprudenza - espressasi prima del D.Lgs. n. 276 del 2003

- ha affermato che nell'associazione in partecipazione l'apporto dell'associato può essere costituito anche da una prestazione di attività lavorativa (1) senza che, solo per questo, si debba ritenere l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato anzichè di una associazione in partecipazione. L'esercizio del potere direttivo non è incompatibile con il contratto di associazione in partecipazione. La circostanza che siano impartite all'associato indicazioni e direttive sullo svolgimento della prestazione di lavoro non comporta la ricorrenza della subordinazione (2).

Se altresì l'associato partecipa al rischio d'impresa, intesa come partecipazione agli utili e alle perdite si potrà ritenere autentico il rapporto di associazione (3).

Se, però, l'attività dell'associato è svolta in posizione di subordinazione rispetto all'associante con garanzia di una retribuzione e obbligo di osservanza di un orario fisso, la diversa qualificazione formale del rapporto non impedisce che, nella specie, si debba riconoscere l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato e, pertanto, applicare la relativa disciplina (4). ---------- (1) Cass. 19 febbraio 1993, n. 2016; Cass. 8 gennaio 1980, n. 149, in Foro it. Rep., 1980; Trib. Catania, 3 luglio 1985, in Or. giur. lav., 1985, 776. (2) Cass. 7 ottobre 2004, n. 20002; Cass. 17 dicembre 2003, n. 19352. (3) Cass. 19 dicembre 2003, n. 19475; Cass. 24 febbraio 2001, n. 2693; Cass. 3 febbraio 2000, n. 1188; Cass. 12 gennaio 2000, n. 290; Cass. 10 agosto 1999, n. 8578 in Lav. giur., 2000, n. 10, 943; Cass. 23 gennaio 1999, n. 655. (4) Cass. 4 febbraio 2002, n. 1420, in Riv. dir. lav., 2003, II, 26; Cass. 16 febbraio 1989, n. 927, in Foro it. Rep., 1989; Cass. 21 novembre 1985, n. 5759, in Foro it. Rep., 1985; Trib. Catania 3 luglio 1985, in Or. giur. lav., 1985, 776; Pret. Macerata 22 giugno 1988, in Inf. prev., 1988, 1368; Pret. Fermo 2 aprile 1986, in Inf. prev., 1987, 71.

Configurabilità del rapporto di lavoro subordinato tra familiari

Sommario:1. Prestazioni lavorative tra familiari conviventi - 2. Prestazioni lavorative tra familiari non conviventi.

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1. Prestazioni lavorative tra familiari conviventi Le prestazioni rese, nell'ambito di una comunità familiare, in favore di persone conviventi, unite al lavoratore da

vincoli di parentela o di affinità, si presumono rese gratuitamente e non in esecuzione di un rapporto di lavoro subordinato. Tale presunzione può essere vinta solo provando da parte di chi la invoca che tra i familiari si sia instaurato un rapporto di lavoro subordinato mediante la dimostrazione dell'assoggettamento al potere direttivo del familiare quale datore di lavoro e dell'erogazione di un corrispettivo periodico (1). Peraltro, ai fini di questa prova non rileva di per sè l'erogazione di vitto ed alloggio da parte del parente, potendo tale erogazione costituire sia espressione di un patto di reciproca assistenza che trattamento corrispettivo di un lavoro subordinato (2).

Inoltre, quella presunzione, da un lato, non può essere vinta dalla mera circostanza che l'attività lavorativa sia svolta nell'ambito di un'impresa familiare e non nello stretto ambito della vita familiare e comune (3).

Dall'altro lato, la giurisprudenza ha ritenuto che la presunzione di gratuità che assiste le attività lavorative svolte all'interno della comunità familiare può essere estesa anche alle prestazioni svolte in una situazione di convivenza "more uxorio" purchè sia stata accertata tra le parti l'instaurazione di una vera e propria comunanza spirituale ed economica, analoga a quella propria del rapporto coniugale, dovendo ritenersi insufficiente il fatto che tra i conviventi sia intercorso soltanto un semplice rapporto affettivo e sessuale (4). ---------- (1) Cass. 18 ottobre 2005, n. 20157. (2) Cass. 19 maggio 2003, n. 7845; Cass. 20 marzo 2001, n. 3975; Cass. 6 agosto 1996, n. 7185; Cass. 24 agosto 1990 n. 8633, in Lav. prev. oggi, 1991, 1372; Cass. 15 novembre 1988 n. 6173, in Inf. prev., 1989, 548; Cass. 13 giugno 1987, n. 5221, in Foro it. Rep., 1987; Cass. 19 maggio 1986, n. 3287, in Foro it. Rep., 1986; Cass. 23 novembre 1985, n. 5848, in Foro it. Rep., 1985; Cass. 19 febbraio 1985 n. 1464, in Foro it. Rep., 1985; Cass. 8 gennaio 1983, n. 141, in Giust. civ., 1983, I, 2673; Cass. 20 marzo 1980, n. 1880, in Foro it. Rep., 1980; Cass. 10 maggio 1978, n. 2290, in Giust. civ., 1978, I, 1421. Vedi anche Cass. 28 novembre 2003, n. 18284. (3) Cass. 3 febbraio 1989, n. 818, in Foro it. Rep., 1989; Cass. 17 febbraio 1988, n. 1701, in Inf. prev., 1988, 1099; Cass. 10 agosto 1987, n. 6867, in Foro it. Rep., 1987; Cass. 21 agosto 1986, n. 5128, in Foro it. Rep., 1986. (4) Cass. 22 novembre 1989, n. 5006, in Riv. it. dir. lav., 1990, II, 572; Cass. 4 febbraio 1989, n. 712, in Foro it. Rep., 1989; Cass. 17 febbraio 1988, n. 1701, in Inf. prev., 1988, 1699; Cass. 31 dicembre 1986, n. 7486, in Foro it. Rep., 1986; Cass. 17 luglio 1979, n. 4221, in Foro it., 1979, I, 2315; Cass. 24 marzo 1977, n. 1161, in Riv. giur. lav., 1977, II, 1052.

2. Prestazioni lavorative tra familiari non conviventi La presunzione di gratuità delle prestazioni lavorative, fra persone legate da vincoli di parentela o affinità è esclusa

nel caso in cui venga accertato il difetto di convivenza degli interessati. In tale ipotesi non opererebbe "ipso iure" la presunzione di contrario contenuto, indicativa cioè dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato. Pertanto, in caso di contestazione, la parte che faccia valere diritti derivanti da tale rapporto ha comunque l'onere di dimostrarne, con prova precisa e rigorosa, tutti gli elementi costitutivi e, in particolare, i requisiti indefettibili della onerosità e della subordinazione (1). ---------- (1) Cass. 27 luglio 1999, n. 8132; Cass. 14 dicembre 1994, n. 10664; Cass. 21 gennaio 1993, n. 729; Cass. 17 luglio 1991, n. 7920, relativamente alle prestazioni lavorative di collaborazione familiare e di assistenza in favore di parenti o affini vedi anche Cass. 17 agosto 2000, n. 10923; Cass. 6 dicembre 1996, n. 10872.

Lavoratore subordinato e socio E' compatibile la qualità di socio di società di capitali con quella di lavoratore subordinato, salvo il caso in cui il socio

abbia di fatto assunto, nell'ambito della società, l'effettiva ed esclusiva titolarità dei poteri di gestione (1). ---------- (1) Cass. 17 novembre 2004, n. 21759.

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IL LAVORO A PROGETTO

Sommario Sezione I: Disciplina del rapporto 1. Definizione 2. Requisiti e differenze rispetto al lavoro autonomo occasionale 3. Esclusioni 4. Forma 5. Corrispettivo 6. Obbligo di riservatezza 7. Tutele 8. Estinzione e rinnovo del contratto 9. Rinunzie e transazioni 10. Conversione del contratto 11.Stabilizzazione dei contratti di lavoro a progetto Sezione II: Regime fiscale 1. Assimilazione ai redditi di lavoro dipendente 2. Criteri di tassazione Sezione III: Regime previdenziale 1. Gestione separata 2. Determinazione e misura dei contributi 3. Denuncia delle retribuzioni 4. Prestazioni assistenziali Sezione IV: Regime assicurativo Inail 1. Obbligo assicurativo 2. Adempimenti 3. Determinazione e versamento dei premi

SEZIONE I DISCIPLINA DEL RAPPORTO

1. Definizione Il D.Lgs. n. 276/2003, di attuazione della legge delega in materia di occupazione e mercato del lavoro (L. n.

30/2003), al fine di eliminare fenomeni elusivi della legislazione in materia di lavoro subordinato, procede alla riforma delle collaborazioni coordinate e continuative convertendole nella nuova figura del lavoro a progetto. In particolare, così come illustrato nella Relazione di accompagnamento al decreto di attuazione della riforma del lavoro, le collaborazioni coordinate e continuative preesistenti al provvedimento di riforma, vengono ricondotte o al lavoro subordinato o al lavoro a progetto, inteso quest'ultimo, come forma propria di lavoro autonomo

La definizione del lavoro a progetto si rinviene nel primo comma nell'art. 61, D.Lgs. n. 276/2003

secondo il quale "i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione, di cui all'articolo 409, n. 3, del codice di procedura civile devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l'esecuzione della attività lavorativa".

La finalità di tale disposizione è quella di delimitare l'utilizzo del lavoro coordinato e continuativo a quelle sole prestazioni che siano genuinamente autonome perchè definite in funzione di un risultato predeterminato che le caratterizza e ne delimita l'ambito di svolgimento (ML nota n. 17286/2008).

Le modalità concrete di esecuzione del rapporto di lavoro - e cioè la presenza dell'elemento della subordinazione ovvero dell'autonomia - assumono quindi valore decisivo, dato che il lavoro a progetto configura una nuova tipologia contrattuale nell'ambito più generale delle collaborazioni coordinate e continuative di cui all'art. 409, n. 3, cod. proc. civ., che peraltro continuano a trovare applicazione nelle ipotesi di cui all'art. 61, comma 3 (v. infra par. 3).

Nei casi in cui risulta difficile la corretta qualificazione dei rapporti si ricorre allo strumento della certificazione, su istanza volontaria o congiunta, ex art. 75 del D.Lgs. n. 276/2003

(come per l'assistenza domiciliare v. ML interpello n. 5/2010).

Nel qualificare il lavoro a progetto "una nuova tipologia contrattuale" il Ministero del lavoro con la circolare n. 4/2008

modifica il suo precedente orientamento in base al quale era considerato solo "una mera modalità organizzativa della prestazione lavorativa" (v. ML circ. n. 1/2004).

L'introduzione nel nostro ordinamento del lavoro a progetto ed anche delle collaborazioni coordinate e continuative a carattere occasionale ex art. 61, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003, non hanno comportato l'abrogazione delle disposizioni del contratto d'opera di cui agli artt. 2222 e ss. del codice civile

e pertanto non necessariamente, ad esempio, sarà qualificata come collaborazione a progetto o a programma, la prestazione di un lavoratore che superi, nei rapporti con uno stesso committente, uno dei due limiti previsti dall'art. 61, c. 2, del D.Lgs. n. 276/2003 (30 giorni e 5 mila euro), ben

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potendosi verificare il caso che quel prestatore abbia reso una o più prestazioni d'opera ex art. 2222 citato (v. ML circ. n. 1/2004 e anche quanto riportato infra al par. 3).

Dalla definizione di cui al primo comma dell'art. 61 del D.Lgs. n. 276/2003 si evince che ciò che caratterizza le collaborazioni a progetto è l'individuazione di uno o più progetti specifici o almeno programmi o fasi di esso che il committente deve determinare ma che il collaboratore deve gestire in modo autonomo in funzione del risultato. Naturalmente resta fermo il coordinamento con l'organizzazione del committente ed è irrilevante il tempo impiegato per l'esecuzione dell'attività del collaboratore (v. infra par. 2).

Infine, i contratti di lavoro a progetto così come tipizzati dal legislatore della riforma, sono contratti di lavoro autonomo a termine, cioè hanno una durata determinata o determinabile in quanto collegata con la realizzazione del progetto, programma o fase di esso. Risulta, pertanto, esclusa la possibilità di contratti a progetto a tempo indeterminato scollegati con un progetto o programma di lavoro. Anche il dirigente può essere un lavoratore a progetto, a condizione che l'esercizio dei poteri di spesa e direzione risulti funzionale all'incarico e compatibile con la scelta modalità di lavoro autonomo (ML interpello n. 8/2009).

2. Requisiti e differenze rispetto al lavoro autonomo occasionale Nel valutare la compatibilità delle modalità di esecuzione della prestazione con la fattispecie del lavoro coordinato e

continuativo nella modalità a progetto, occorre tener presente i seguenti indici sintomatici: - specificità del progetto, programma di lavoro o fase di esso; - modalità di inserimento del collaboratore nel contesto aziendale del committente; - contenuto della prestazione; - autonomia di scelta sulle modalità esecutive di svolgimento della prestazione (fermo restando il collegamento

funzionale con la struttura organizzativa del committente); - compenso (legato non solo al tempo della prestazione, ma anche al risultato del progetto, programma di lavoro o

fase di esso); - eventuale clausola di esclusiva (ossia, "monocommittenza"); - legittimità di proroghe e rinnovi del contratto (ML circ. n. 4/2008). Tali requisiti costituiscono il fulcro della differenziazione tra lavoro a progetto e le fattispecie riconducibili al lavoro

subordinato, da un lato, e al lavoro autonomo, dall'altro. Il lavoro a progetto si differenzia dal lavoro a tempo determinato, ove la prestazione è resa con vincolo di

subordinazione ed il termine delimita esclusivamente il periodo in cui il lavoratore è a disposizione del datore di lavoro per lo svolgimento delle mansioni contrattualmente individuate, in quanto la durata del rapporto è funzionale alla realizzazione del progetto, programma di lavoro o fase di esso, in regime di totale autonomia.

Viceversa, ai sensi dell'art. 2222 del cod. civile, è lavoratore autonomo occasionale chi si obbliga a compiere un'opera od un servizio, con lavoro prevalentemente proprio, senza vincolo di subordinazione e senza alcun coordinamento con il committente. L'esercizio dell'attività, peraltro, deve essere del tutto occasionale, senza i requisiti della professionalità e della prevalenza.

Pertanto, i caratteri differenziali del lavoro autonomo occasionale rispetto alla collaborazione coordinata, a progetto od occasionale, vanno individuati, tendenzialmente, nell'assenza del coordinamento con l'attività del committente, nella mancanza dell'inserimento funzionale nell'organizzazione aziendale, nel carattere episodico dell'attività, nella completa autonomia del lavoratore circa il tempo ed il modo della prestazione (INPS circ. n. 103/2004).

Progetto, programma o fase di esso Il progetto consiste in un'attività produttiva ben identificabile e funzionalmente collegata ad un determinato risultato

finale cui il collaboratore partecipa direttamente con la sua prestazione. Il programma di lavoro consiste in un tipo di attività cui non è direttamente riconducibile un risultato finale. Il programma di lavoro o la fase di esso si caratterizzano, infatti, per la produzione di un risultato solo parziale

destinato ad essere integrato, in vista di un risultato finale, da altre lavorazioni e risultati parziali. Il progetto, programma di lavoro o fase di esso deve essere caratterizzato dalla specificità: non può, infatti,

totalmente coincidere con l'attività principale o accessoria dell'impresa come risultante dall'oggetto sociale e non può ad essa sovrapporsi ma può essere soltanto ad essa funzionalmente correlato (ML circc. n. 1/2004; n. 17/2006; n. 4/2008; nota n. 17286/2008; ML interpello n. 5/2010).

Spetta al committente l'individuazione del progetto da dedurre nel contratto. Le valutazioni e scelte tecniche, organizzative e produttive sottese al progetto sono insindacabili.

Autonoma gestione del progetto o del programma Nell'ambito del progetto o del programma la definizione dei tempi di lavoro e delle relative modalità deve essere

rimessa al collaboratore. Ciò perchè l'interesse del creditore è relativo al perfezionamento del risultato convenuto e non, come avviene nel

lavoro subordinato, alla disponibilità di una prestazione di lavoro eterodiretta. Le collaborazioni coordinate e continuative nella modalità a progetto hanno una durata determinata o determinabile,

in funzione della durata e delle caratteristiche del progetto, del programma di lavoro o della fase di esso. Nel caso di programma di lavoro la determinabilità della durata può dipendere dalla persistenza dell'interesse del committente alla esecuzione del progetto, programma di lavoro o fase di esso. La determinabilità del termine è dunque funzionale ad un avvenimento futuro, certo nell'"an" ma non anche necessariamente nel "quando".

Coordinamento Indipendentemente da quanto indicato sopra nel requisito dell'autonomia, tuttavia, il collaboratore a progetto può

operare all'interno del ciclo produttivo del committente e, per questo, deve necessariamente coordinare la propria prestazione con le esigenze dell'organizzazione del committente.

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Il coordinamento può essere riferito sia ai tempi di lavoro che alle modalità di esecuzione del progetto o del

programma di lavoro, ferma restando l'impossibilità del committente di richiedere una prestazione o un'attività esulante dal progetto o programma di lavoro originariamente convenuto.

Lavoro a progetto nei call-center E' possibile individuare un progetto, un programma di lavoro o una fase di esso, anche nell'ambito delle attività

operative telefoniche offerte dai call-center, purché in ogni caso idonei a configurare un determinato risultato che l'operatore telefonico assume l'obbligo di eseguire entro un termine prestabilito e con possibilità di autodeterminare il ritmo di lavoro.

Il Ministero del lavoro, partendo dall'assunto consolidato della Corte di Cassazione, secondo il quale ogni attività suscettibile di valutazione economica può essere svolta in maniera autonoma o subordinata, ha chiarito che in presenza di un genuino progetto, programma di lavoro o fase di esso, con riferimento alle campagne "out bound" ovvero in attività analoghe quanto alla modalità di esecuzione della prestazione (ad es. il recupero crediti stragiudiziale mediante sollecito telefonico), tutta una serie di elementi di seguito indicati non sono suscettibili a far disconoscere la natura autonoma del rapporto a condizione che il collaboratore determini discrezionalmente ed unilateralmente, senza necessità di preventiva autorizzazione, la quantità di prestazione da eseguire e la collocazione temporale della stessa (ML nota n. 17286/2008). Tali elementi sono:

- l'utilizzo della utilità data dalla esecuzione della collaborazione genuinamente autonoma e conforme ai requisiti di legge quanto alla specifica e puntuale sussistenza di un progetto o programma di lavoro nell'ambito di una attività organizzata del committente;

- l'utilizzo esclusivo di mezzi, materiali e strumenti messi a disposizione dal committente; - l'utilizzo di sistemi di chiamata in automatico, che necessariamente forniscono indicazioni al sistema informativo del

committente circa la presenza del collaboratore e che mettano in comunicazione il collaboratore resosi in quel momento disponibile con l'utente telefonico;

- lo svolgimento della prestazione all'interno di una struttura del committente, necessariamente soggetta a orario di apertura e di chiusura, pur non essendovi il collaboratore vincolato;

- l'impegno del committente a corrispondere un compenso sulla base di una provvigione sui prodotti venduti dal collaboratore nell'ambito di una specifica campagna, eventualmente variabile in maggiorazione al raggiungimento di determinati obiettivi di fatturato;

- le istruzioni di massima fornite dal committente al collaboratore. Viceversa, le attività "in bound", in cui l'operatore non gestisce la propria attività, né può in alcun modo pianificarla

giacché la stessa consiste prevalentemente nel rispondere alle chiamate dell'utenza, limitandosi a mettere a disposizione del datore di lavoro le proprie energie psicofisiche per un dato periodo di tempo, non possono dar luogo a collaborazioni a progetto (ML nota n. 11899/2007).

3. Esclusioni Il lavoro a progetto non tende ad assorbire tutti i modelli contrattuali riconducibili in senso lato all'area della c.d.

parasubordinazione. Sono esclusi dal campo di applicazione della normativa in materia ex art. 61, c. 2 e ss. D.Lgs. n. 276/2003

le seguenti fattispecie che non presentano significativi rischi di elusione della normativa inderogabile del diritto del lavoro:

- gli agenti e i rappresentanti di commercio, i quali continuano ad essere regolati da leggi speciali; - le prestazioni occasionali (v. infra); - le professioni intellettuali, per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali, esistenti alla data del 24

ottobre 2003 (v. ML nota 15 dicembre 2004); - le collaborazioni rese nei confronti delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni

sportive nazionali, alle discipline sportive associate ed agli Enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI (art. 90, legge n. 289/2002);

- i componenti di Organi di amministrazione e controllo di società; - i partecipanti a Collegi e Commissioni. Nell'espressione "Collegi e Commissioni" delle società, sono inclusi anche

quegli organismi aventi natura tecnica; - i collaboratori che percepiscano la pensione di vecchiaia (ML circ. n. 1/2004). Sono esclusi dal campo di

applicazione del lavoro a progetto anche i percettori di pensione di anzianità che abbiano raggiunto i requisiti di età della pensione di vecchiaia (ML interpello n. 8/2008).

Per le ipotesi escluse dalla riconducibilità al lavoro a progetto continua a trovare applicazione la disciplina previgente.

Restano possibili inoltre, condizioni di miglior favore previste per il collaboratore a progetto da contratti individuali o da accordi collettivi.

Prestazioni occasionali Per prestazioni occasionali s'intendono i rapporti di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso

dell'anno solare con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivamente percepito nel medesimo anno solare, sempre con il medesimo committente sia superiore a 5 mila euro (art. 61, comma 2, D.Lgs. n. 276/2003). Con l'entrata in vigore della L. n. 183/2010

(Collegato lavoro alla Finanziaria 2010) rientrano nella fattispecie in esame le attività svolte nell'ambito dei servizi di cura e assistenza alla persona, non superiore a 240 ore in alternativa al requisito dei trenta giorni e fermo restando l'applicazione del parametro economico dei 5 mila euro.

I limiti predetti devono essere entrambi riferiti a ciascun singolo committente. Di conseguenza, il superamento dei limiti annui per effetto del susseguirsi, in capo allo stesso collaboratore, di una pluralità di rapporti, non rende necessaria l'esistenza del progetto o del programma di lavoro. Superati i limiti indicati tornano a trovare applicazione le disposizioni sul lavoro a progetto (INPS circ. n. 9/2004).

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Le prestazioni occasionali sono collaborazioni coordinate e continuative per le quali, data la loro limitata portata

(cosiddette mini collaborazioni), non è necessario il riferimento al progetto. Secondo il Ministero del lavoro tali rapporti di collaborazione coordinata e continuativa si distinguono sia dalle prestazioni occasionali di tipo accessorio rese da particolari soggetti di cui agli artt. 70 e seguenti del D.Lgs. n. 276/2003, sia dalle attività di lavoro autonomo occasionale vero e proprio, ossia dove non si riscontra un coordinamento ed una continuità nelle prestazioni e che proprio per questa loro natura non sono soggette agli obblighi contributivi previsti per le collaborazioni coordinate e continuative bensì a quelli di cui all'art. 44, c. 2, del D.L. n. 269/2003

(vale a dire iscrizione alla gestione separata INPS solo qualora il reddito

annuo derivante da dette attività sia superiore ad euro 5.000) (ML circ. n. 1/2004). Pertanto, le c.d. mini co.co.co., sempre che vi siano le caratteristiche tipiche delle collaborazioni coordinate di cui

all'art. 50, c. 1, lett. c-bis) del D.P.R. n. 917/1986

e non si tratti, invece, di un rapporto di lavoro autonomo di cui all'art.

2222 del cod. civ., sono sottratte dall'applicazione della disciplina del lavoro a progetto ma sono, comunque, assoggettate allo stesso trattamento contributivo e fiscale proprio delle collaborazioni a progetto, indipendentemente dalla durata e dall'importo (v. INPS circ. n. 9/2004).

Per quanto riguarda il regime fiscale e quello previdenziale delle prestazioni occasionali e del lavoro autonomo occasionale v. infra la sezione II e III.

4. Forma Ai sensi dell'art. 62, D.Lgs. n. 276/2003, il contratto di lavoro a progetto è stipulato in forma scritta e deve contenere,

ai fini della prova, l'indicazione dei seguenti elementi: - la durata, determinata o determinabile, della prestazione di lavoro; - l'indicazione del progetto o programma di lavoro, o fasi di esso, individuata nel suo contenuto caratterizzante, che

viene dedotto in contratto; - il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione, nonchè i tempi e le modalità di pagamento e la disciplina dei

rimborsi spese; - le forme di coordinamento del lavoratore a progetto al committente sulla esecuzione, anche temporale, della

prestazione lavorativa, che in ogni caso non possono essere tali da pregiudicarne l'autonomia nella esecuzione dell'obbligazione lavorativa;

- le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore a progetto. Seppure la forma scritta sia richiesta solo ai fini della prova e non "ad substantiam", tuttavia, assume valore decisivo

rispetto alla individuazione del progetto, del programma o della fase di esso, in quanto in assenza di forma scritta non sarà agevole per le parti contrattuali dimostrare la riconducibilità della prestazione lavorativa appunto a un progetto, programma di lavoro o fase di esso (ML circc. n. 1/2004; n. 4/2008).

5. Corrispettivo Il compenso corrisposto ai lavoratori a progetto deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito

e deve avere quale parametro di riferimento i compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto (art. 63, D.Lgs. n. 276/2003).

Pertanto, non potranno essere in alcun modo utilizzate le disposizioni in materia di retribuzione stabilite nella contrattazione collettiva per i lavoratori subordinati.

La quantificazione del compenso deve avvenire in considerazione della natura e durata del progetto o del programma di lavoro, e, cioè, in funzione del risultato che il collaboratore deve produrre. Le parti del rapporto potranno, quindi, disciplinare nel contratto anche i criteri attraverso i quali sia possibile escludere o ridurre il compenso pattuito nel caso in cui il risultato non sia stato perseguito o la qualità del medesimo sia tale da comprometterne l'utilità (ML circc. n. 1/2004; n. 4/2008).

6. Obbligo di riservatezza Il lavoratore che opera a progetto può svolgere la propria attività per più committenti: a questo principio di carattere

generale si può derogare in favore dell'esclusività soltanto sulla base di un accordo tra le parti. Inoltre, nei confronti del collaboratore opera il divieto di: - svolgimento di attività in concorrenza con i propri committenti (divieto di concorrenza); - diffondere notizie e apprezzamenti riguardanti sia i programmi che l'organizzazione; - compiere attività che siano lesive o che rechino pregiudizio all'attività dei committenti medesimi (art. 64, D.Lgs. n.

276/2003).

7. Tutele

Invenzioni Viene riconosciuto il diritto al lavoratore a progetto ad esser riconosciuto autore dell'invenzione fatta durante lo

svolgimento del rapporto. In tal caso i diritti e gli obblighi delle parti sono regolati dalle leggi speciali, compresa, l'art. 12-bis della legge n. 633/1941

concernente la protezione del diritto di autore e degli altri diritti connessi al suo esercizio (art. 65, D.Lgs. n. 276/2003).

Malattia, infortunio, gravidanza e altri diritti L'art. 66 del D.Lgs. n. 276/2003, appronta un sistema di tutele minimo con particolare riferimento alla gravidanza,

alla malattia ed all'infortunio stabilendo in primo luogo che essi non comportano l'estinzione del rapporto contrattuale, che rimane sospeso, senza erogazione del corrispettivo.

In caso di malattia e infortunio, fermo restando l'invio, ai fini della prova, di idonea certificazione scritta, la sospensione del rapporto non comporta una proroga della durata del contratto, che si estingue alla scadenza (la previsione è derogabile dalle parti), ma il committente può recedere dal contratto se la sospensione si protrae per un

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periodo superiore a un sesto della durata stabilita nel contratto, quando essa sia determinata, ovvero superiore a trenta giorni per i contratti di durata determinabile.

Per effetto del D.M. 12 luglio 2007, dal 7 novembre 2007 è estesa la disciplina di cui agli artt. 16

(congedo di

maternità), 17

(interdizione anticipata e prorogata) e 22

(trattamento economico e normativo) del D.Lgs. n. 151/2001

(T.U. della maternità/paternità) in favore delle lavoratrici a progetto e categorie assimilate, associate in partecipazione e libere professioniste iscritte alla Gestione separata di cui all'art. 2, comma 26, della L. n. 335/1995.

Per "categorie assimilate" si intendono i collaboratori coordinati e continuativi, mentre non possono essere equiparati ai lavoratori a progetto i soggetti che svolgono prestazioni occasionali, cioè inferiori a 30 giorni di durata nell'anno solare e con un compenso inferiore a 5000 euro con lo stesso committente (INPS circ. n. 137/2007).

Destinatarie della tutela sono le lavoratrici iscritte alla Gestione separata che non risultino iscritte ad altra forma previdenziale obbligatoria e non siano pensionate.

In base all'art. 3 del D.M. 12 luglio 2007 l'estensione del divieto di adibire al lavoro le donne, di cui all'art. 17 del D.Lgs. n. 151, si applica:

- integralmente, nei confronti delle lavoratrici a progetto e categorie assimilate ed alle associate in partecipazione; - limitatamente al caso di gravi complicanze della gravidanza o di preesistenti forme morbose che si presume

possano essere aggravate dallo stato di gravidanza, per le lavoratrici esercenti attività libero professionale. Il riconoscimento dei periodi di congedo di cui agli artt. 16

e 17 del T.U.

comporta la necessità di assumere a riferimento la data presunta del parto. Pertanto, le lavoratrici hanno l'onere di corredare la domanda di maternità del certificato medico di gravidanza attestante la suddetta data, da presentare in busta chiusa prima dell'inizio del congedo, secondo quanto disposto dall'art. 21 del T.U.. In mancanza di tale certificato, per la determinazione del periodo indennizzabile a titolo di maternità, verrà presa a riferimento la data effettiva del parto.

Le lavoratrici a progetto e categorie assimilate, tenute ad astenersi dall'attività lavorativa nei periodi di cui agli artt. 1

e 3 del D.M. 12 luglio 2007, hanno diritto alla proroga della durata del rapporto di lavoro per un periodo di 180 giorni, salva più favorevole disposizione del contratto individuale. La proroga non opera se l'interruzione di gravidanza interviene prima del 180º giorno dall'inizio della gestazione, poiché l'aborto è da qualificarsi come malattia e per quest'ultima la proroga non è prevista (ML interpello n. 58/2008).

Oltre alle disposizioni di cui alla L. n. 533/1973

sul processo del lavoro, all'art. 64 del D.Lgs. n. 151/2001

e al D.M. 12 luglio 2007

che disciplinano la tutela della maternità e paternità per le lavoratrici iscritte alla Gestione separata, ai rapporti di lavoro a progetto si applicano le norme in materia di sicurezza e igiene del lavoro, ogni qual volta la prestazione si svolga nei luoghi del committente, nonchè le norme di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, e quelle del D.M. 12 gennaio 2001

sull'indennità economica di malattia in caso di degenza ospedaliera (per la malattia e maternità v. sez. III, per la tutela INAIL v. sez. IV).

8. Estinzione e rinnovo del contratto

Risoluzione del rapporto Considerata la natura di contratto a termine, i contratti di lavoro a progetto si risolvono al momento della

realizzazione del progetto o del programma o della fase di esso che ne costituisce l'oggetto. Pertanto, indipendentemente dal termine apposto al contratto, qualora il progetto sia ultimato prima della scadenza il

contratto deve intendersi risolto. Tuttavia, ad avviso del Ministero del lavoro, se è il progetto l'elemento caratterizzante della collaborazione, il

corrispettivo determinato nel contratto sarà dovuto comunque per l'intero (ML circ. n. 1/2004). Inoltre, le parti possono recedere prima della scadenza del termine per giusta causa ovvero secondo le diverse

causali o modalità, incluso il preavviso, stabilite dalle parti nel contratto di lavoro individuale (art. 67, D.Lgs. n. 276/2003). L'art. 32, comma 3, lett. b) della L. n. 183/2010

(cd. Collegato lavoro alla Finanziaria 2010) ha stabilito che l'art. 6 della L. n. 604/1966

si applica, tra l'altro, al recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche nella modalità a progetto.

Pertanto, il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch'essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso. L'impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di 270 giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato. Qualora la conciliazione o l'arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l'accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro 60 giorni dal rifiuto o dal mancato accordo.

In sede di prima applicazione, le disposizioni di cui all'art. 6, comma 1, della L. n. 604/1966, così come modificato dall'art. 32, comma 1, della L. n. 183/2010, relative al termine di sessanta giorni per l'impugnazione del licenziamento, acquistano efficacia a decorrere dal 31 dicembre 2011 (art. 32, comma 1-bis, L. n. 183/2010).

Rinnovo del contratto Un analogo progetto o programma di lavoro può essere oggetto di successivi contratti di lavoro con lo stesso

collaboratore. Inoltre, lo stesso collaboratore può essere impiegato successivamente anche per diversi progetti o programmi aventi contenuto del tutto diverso.

Tuttavia i rinnovi, così come i nuovi progetti in cui sia impiegato lo stesso collaboratore, non devono costituire strumenti elusivi dell'attuale disciplina (ML circ. n. 4/2008).

Ciascun contratto di lavoro a progetto deve pertanto presentare, autonomamente considerato, i requisiti di legge.

9. Rinunzie e transazioni

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L'art. 68 del D.Lgs. n. 276/2003

stabilisce che i diritti derivanti dai contratti a progetto possono essere oggetto di

rinunzie o transazioni tra le parti in sede di certificazione del rapporto di lavoro di cui al Titolo VIII del decreto legislativo n. 276/2003 secondo lo schema dell'art. 2113, cod. civ.

(si v. a tal proposito l'argomento Certificazione dei rapporti di

lavoro).

10. Conversione del contratto L'art. 69 del D.Lgs. n. 276/2003

stabilisce il principio del divieto di rapporti di collaborazione coordinata e

continuativa atipici, la cui violazione dà luogo alla conseguente sanzione della conversione del contratto. Pertanto, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l'individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto. Tuttavia, ad avviso del Ministero, si tratta di una presunzione semplice che può essere superata qualora il committente fornisca in giudizio prova della esistenza di un rapporto di lavoro effettivamente autonomo.

Qualora, invece, in corso di rapporto venga accertato dal giudice che il rapporto instaurato sia venuto a configurare un contratto di lavoro subordinato per difetto del requisito dell'autonomia, esso si trasforma in un rapporto di lavoro subordinato corrispondente alla tipologia negoziale di fatto realizzatasi tra le parti.

Il controllo giudiziale è limitato esclusivamente, in conformità ai principi generali dell'ordinamento, all'accertamento della esistenza del progetto, programma di lavoro o fase di esso e non può essere esteso fino al punto di sindacare nel merito valutazioni e scelte tecniche, organizzative o produttive che spettano al committente.

Detto controllo, inoltre, concerne in entrambi i casi l'esistenza nei fatti di un progetto e non la sua mera deduzione nel contratto. La mancata deduzione del progetto nel contratto, infatti, preclude solo la possibilità di dimostrarne l'esistenza e la consistenza con prova testimoniale (ML circ. n. 1/2004).

Nell'accertamento della natura subordinata, parasubordinata o autonoma del contratto non si può far riferimento, come in passato (v. ML circ. n. 4/2008), ad una teorica elencazione di attività o di preclusioni: l'ispettore del lavoro deve acquisire tutti gli elementi utili a valutare la corretta qualificazione del rapporto di lavoro, confrontando i contenuti del programma negoziale con le dichiarazioni rese dal lavoratore (ML direttiva 18 settembre 2008; nota n. 17286/2008; INPS circ. n. 111/2008).

11. Stabilizzazione dei contratti di lavoro a progetto In base all'art. 1, cc. 1202 e ss. della legge n. 296/2006

(Finanziaria per il 2007), al fine di promuovere la stabilizzazione dell'occupazione con il ricorso a contratti di lavoro subordinato e di garantire il corretto utilizzo dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa anche a progetto, i committenti datori di lavoro, entro e non oltre il 30 settembre 2008, possono stipulare accordi aziendali ovvero territoriali, nei casi in cui nelle aziende non fossero presenti le R.S.U. o R.S.A., con le organizzazioni sindacali aderenti alle associazioni nazionali comparativamente più rappresentative (INPS circ. n. 78/2007; ML circ. n. 8/2008). Oggetto della stabilizzazione deve essere un contratto di collaborazione già esistente ed ancora in essere, di qualunque durata, che viene trasformato in contratto di lavoro subordinato. Ciò significa che la procedura di stabilizzazione non è soggetta a termini prescrizionali e, quindi, possono essere stabilizzati tutti i contratti in essere, anche a progetto, stipulati a partire dal 1º aprile 1996 (INPS circ. n. 49/2008).

Gli accordi di stabilizzazione sottoscritti entro la data utile sopra citata sono finalizzati alla trasformazione dei rapporti di co.co.co. anche a progetto, in contratti di lavoro subordinato la cui durata non può essere inferiore a ventiquattro mesi. A seguito dell'accordo i lavoratori interessati alla trasformazione sottoscrivono atti di conciliazione individuale conformi alla disciplina di cui agli artt. 410

e 411 cod. proc. civ.. I contratti di lavoro stipulati a tempo indeterminato godono dei benefìci previsti dalla legislazione vigente. In particolare, sono applicabili le riduzioni contributive spettanti ai datori di lavoro che assumono disoccupati di lungo periodo (art. 8, comma 9, legge n. 407/1990) quando il reddito percepito dal collaboratore è inferiore al limite stabilito per il mantenimento dello stato di disoccupazione (ML lett. circ. n. 4266/2008).

La validità degli atti di conciliazione di cui sopra rimane condizionata all'adempimento dell'obbligo per il datore di lavoro, del versamento alla Gestione separata, a titolo di contributo straordinario integrativo finalizzato al miglioramento del trattamento previdenziale, di una somma pari alla metà della quota di contribuzione a carico dei committenti per i periodi di vigenza dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa anche a progetto, per ciascun lavoratore interessato alla trasformazione del rapporto di lavoro (L. n. 296/2006, art. 1, c. 1205).

I datori di lavoro depositano presso le competenti sedi dell'INPS gli atti di conciliazione unitamente ai contratti stipulati con ciascun lavoratore e all'attestazione dell'avvenuto versamento di una somma pari ad un terzo del totale dovuto; la restante parte del dovuto può essere versata in trentasei ratei mensili successivi (INPS mess. n. 24715/2007; ENPALS mess. n. 5/2008).

Gli accordi di stabilizzazione sono sottoposti all'approvazione del Ministero del lavoro ai fini della possibilità di integrare presso la gestione separata dell'INPS il versamento contributivo a carico del datore di lavoro con un ulteriore importo a carico del bilancio pubblico, fino al raggiungimento della misura massima della contribuzione prevista dal Fondo pensioni lavoratori dipendenti istituito preso l'INPS. Qualora il datore di lavoro non proceda ai versamenti di cui al presente comma, si applicano le sanzioni previste dalla normativa vigente in caso di omissione contributiva (art. 1, comma 1209, L. n. 296/2006; ML nota n. 11899/2007).

Il versamento dei contributi dovuti comporta l'estinzione dei reati previsti da leggi speciali in materia di versamenti di contributi o premi e di imposte sui redditi, nonché di obbligazioni per sanzioni amministrative e per ogni altro onere accessorio connesso alla denuncia e il versamento dei contributi e dei premi, ivi compresi quelli di cui all'art. 51 del D.P.R. n. 1124/1965, nonché all'art. 18 del decreto-legge n. 918/1968, in materia di sgravi degli oneri sociali. Per effetto degli atti di conciliazione, è precluso ogni accertamento di natura fiscale e contributiva per i pregressi periodi di lavoro prestato dai lavoratori interessati dalla stabilizzazione del rapporto di lavoro (L. n. 296/2006, art. 1, c. 1207).

Possono accedere alla procedura di stabilizzazione anche i datori di lavoro che siano stati destinatari di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali non definitivi concernenti la qualificazione del rapporto di lavoro. In ogni caso l'accordo sindacale comprende la stabilizzazione delle posizioni di tutti i lavoratori per i quali sussistano le stesse

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condizioni dei lavoratori la cui posizione sia stata oggetto di accertamenti ispettivi. Gli effetti di tali provvedimenti sono sospesi fino al completo assolvimento degli obblighi suindicati.

N.B. L'art. 50 della L. n. 183/2010 (Collegato lavoro) disciplina la misura degli indennizzi per i datori di lavoro coinvolti in

un contenzioso sulla qualificazione del rapporto di lavoro, escluse, ovviamente, le sentenze passate in giudicato. In caso di accertamento della natura subordinata di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche se riconducibili ad un progetto o programma di lavoro, il datore di lavoro che abbia offerto entro il 30 settembre 2008 la stipulazione di un contratto di lavoro subordinato ai sensi dell'art. 1, commi 1202 e seguenti, della legge n. 296/2006, nonché abbia, dopo il 24 novembre 2010 (data di entrata in vigore della legge n. 183/2010), ulteriormente offerto la conversione a tempo indeterminato del contratto in corso ovvero offerto l'assunzione a tempo indeterminato per mansioni equivalenti a quelle svolte durante il rapporto di lavoro precedentemente in essere, è tenuto unicamente a indennizzare il prestatore di lavoro con un'indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità di retribuzione.

SEZIONE II REGIME FISCALE

1. Assimilazione ai redditi di lavoro dipendente Per le collaborazioni a progetto non è stata prevista una specifica disciplina fiscale e pertanto esse sono riconducibili

alla nozione fiscale delle collaborazioni coordinate e continuative contenuta nell'art. 50, comma 1, lett. c-bis) del TUIR. In base a tale norma costituiscono redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente "le somme e i valori in genere, a

qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazione liberali, in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, alla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, alla partecipazione a collegi e commissioni, nonchè quelli percepiti in relazione ad altri rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita, semprechè gli uffici o le collaborazioni non rientrino nei compiti istituzionali compresi nell'attività di lavoro dipendente di cui all'articolo 49, comma 1, o nell'oggetto dell'arte o professione di cui all'articolo 53, comma 1, esercitate dal contribuente".

L'assimilazione ai redditi di lavoro dipendente, decorrente dal 1º gennaio 2001 (prima di tale data i rapporti di collaborazione costituivano redditi di lavoro autonomo), comporta che quanto corrisposto in denaro o in natura ai collaboratori è determinato secondo i criteri stabiliti dall'art. 51 del TUIR, a mente del rinvio operato dell'art. 52 dello stesso TUIR. L'imponibile fiscale è al netto delle quote di contribuzione previdenziale ed assistenziale poste a carico del collaboratore e dei premi relativi ad assicurazioni per infortuni e malattie

L'assimilazione ai redditi di lavoro dipendente opera oltre che per le collaborazioni a progetto anche per le prestazioni occasionali coordinate e continuative (mini collaborazioni). Rimangono invece acquisiti alla categoria dei redditi di lavoro autonomo e costituiscono redditi diversi di cui all'art. 67, comma 1, lett. l) TUIR, i compensi percepiti dai collaboratori autonomi occasionali, per i quali il committente opera una ritenuta d'acconto del 20% sul compenso erogato (v. art. 25, D.P.R. n. 600/1973 e art. 71, c. 2, TUIR).

Non seguono il regime fiscale dei redditi prodotti dai lavoratori parasubordinati i redditi derivanti dalla attività degli incaricati alle vendite, i quali rientrano fra i "redditi d'impresa" o tra i "redditi diversi" qualora derivino da attività non esercitate abitualmente (ML nota n. 2018/2005).

2. Criteri di tassazione

Determinazione dell'imposta e versamento Ai collaboratori si applicano le modalità di tassazione contenute nell'art. 24, D.P.R. n. 600/1973. Pertanto il committente non effettua più la ritenuta in misura fissa del 20%, ma in qualità di sostituto d'imposta,

applica all'atto del pagamento del compenso, una ritenuta a titolo d'acconto dell'imposta sul reddito delle persone fisiche calcolata sulla base delle aliquote progressive per scaglioni di reddito contenute nell'articolo 11 del TUIR.

Se il compenso corrisposto è svincolato dalla "periodicità" (ad es. è previsto un solo pagamento), dovrà essere tassato senza necessità di operare alcun ragguaglio per determinare gli scaglioni di reddito di riferimento (MF circ. n. 7/2001; Ag. Entr. circ. n. 67/2001).

Le ritenute operate devono essere versate, a cura del sostituto d'imposta, con il modello F24, entro il giorno 16 del mese successivo all'erogazione del compenso.

Addizionali all'IRPEF L'importo delle addizionali comunali, provinciali e regionali deve essere determinato in sede di conguaglio di fine

anno o di fine rapporto, se precedente alla fine del periodo d'imposta. La somma così determinata viene trattenuta secondo le disposizioni stabilite per i lavoratori dipendenti, ossia: - in unica soluzione in caso di conguaglio al termine del rapporto di lavoro; - ratealmente, di cui l'ultima entro il mese di novembre dell'anno successivo a quello di riferimento, per il conguaglio

di fine anno.

Fringe-benefits

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Il valore dei beni e dei servizi erogati al collaboratore è determinato secondo le regole fissate per i dipendenti.

Devono essere perciò osservate anche le formalità richieste per quest'ultima categoria di lavoratori, quanto a requisiti, autorizzazioni, rendicontazione.

E' altresì opportuno che il contratto stipulato fra le parti ne preveda, se del caso, l'eventuale erogazione.

Trasferte e rimborsi spese Dal primo gennaio 2001 è cambiato il trattamento fiscale dei rimborsi per spese di viaggio, alloggio e vitto, sostenute

dai collaboratori coordinati e continuativi. Infatti in precedenza era prevista l'esclusione dalla base imponibile dei rimborsi per le spese in parola, se

documentate, corrisposte al collaboratore per prestazioni rese fuori dal comune di residenza. Dal 2001, invece, è applicabile anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa la disciplina delle trasferte contenuta nell'articolo 51, comma 5 del TUIR, in ordine ai limiti oltre i quali le indennità di trasferta concorrono a formare il reddito imponibile.

Ferma restando la determinazione contrattuale della sede di lavoro, generalmente indicata nella lettera o contratto di assunzione, per particolari fattispecie può risultarne difficoltosa l'identificazione. La mancata indicazione nel contratto della sede di lavoro comporta, in tale caso, che essa si identifichi con il domicilio fiscale del collaboratore (MF circ. n. 7/2001; Ag. Entr. circ. n. 67/2001).

Conguaglio In quanto erogatore di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, il committente è tenuto agli adempimenti propri

del datore di lavoro. All'atto della risoluzione del rapporto oppure a fine anno in costanza di rapporto deve, quindi, procedere al

conguaglio tra le ritenute operate e l'imposta dovuta sull'ammontare complessivo dei compensi, tenendo conto delle detrazioni spettanti.

In sede di conguaglio di fine anno il sostituto-committente deve tenere conto della richiesta del collaboratore in merito ad altri redditi posseduti, può se richiesto e se lo ritiene, considerare nel conguaglio anche altri oneri sostenuti dal collaboratore e da questi correttamente documentati.

Redditi da collaborazione corrisposti a soggetti non residenti Per i redditi corrisposti a soggetti non residenti continua ad essere operata una ritenuta a titolo d'imposta nella

misura del 30% (art. 24, c. 1-ter, D.P.R. n. 600/1973). Se ad erogare il compenso al collaboratore non residente è un soggetto nazionale, l'imposta è dovuta in Italia a

prescindere dal fatto che le prestazioni siano materialmente effettuate nel territorio nazionale o all'estero. Ciò vale semprechè non esista una convenzione contro le doppie imposizioni che disciplini diversamente la materia (v. Ag. Entr. circ. n. 67/2001; ris. n. 79/E/2006).

Trattamento di fine mandato In relazione alle indennità percepite per la cessazione dei rapporti di collaborazione, comprese le eventuali

anticipazioni, è prevista la ritenuta in misura fissa del 20% (v. art. 24 c. 1, D.P.R. n. 600/1973; art. 17, comma 1, lett. c), TUIR e MF circ. n. 207/2000).

In alternativa alla tassazione separata, l'indennità di fine mandato può anche concorrere alla formazione del reddito complessivo dell'anno in cui è percepito se ciò risulta più favorevole per il contribuente (art. 17, comma 3 TUIR), ovvero relativamente al massimale (INPS nota 15 marzo 2002). Tale regime tributario si applica se il diritto all'indennità risulta da atto di data certa anteriore all'inizio del rapporto.

N.B. Non è possibile applicare l istituto della detassazione, la quale si rivolge ai soli redditi di lavoro dipendente e non a quelli ad essi assimilati

SEZIONE III REGIME PREVIDENZIALE

1. Gestione separata

Soggetti iscritti Per i collaboratori a progetto restano ferme le tutele previdenziali ed assistenziali già stabilite per i collaboratori

coordinati e continuativi e pertanto essi sono iscritti alla Gestione separata di cui all'art. 2, comma 26 e ss., L. n. 335/1995, istituita presso l'INPS dal 1996 e finalizzata all'estensione dell'assicurazione generale obbligatoria per i soggetti iscritti.

Oltre ai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa sono soggetti all'obbligo assicurativo: - coloro che esercitano per professione abituale, ancorchè non esclusiva, attività di lavoro autonomo, di cui al

comma 1 dell'articolo 53 del TUIR. Si tratta in particolare dei c.d. "professionisti privi di cassa", ossia dei soggetti che benché iscritti ad un albo, non sono dotati di cassa previdenziale di categoria, nonché dei soggetti privi sia di cassa che di albo (v. anche ML interpello n. 35/2010);

- gli incaricati alla vendita a domicilio di cui all'art. 19, D.Lgs. n. 114/1998 (v. anche ML nota n. 2018/2005); - gli spedizionieri doganali; - i medici in formazione specialistica (INPS circ. n. 37/2007; mess. n. 29642/2007; circ. n. 88/2008; ML nota n.

13023/2008; INPS mess. n. 28284/2008 e n. 4317/2009);

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- i percettori di assegni di ricerca di cui all'art. 51, comma 6, L. n. 449/1997; - i beneficiari di borse di studio per la frequenza ai corsi di dottorato di ricerca (art. 1, L. n. 315/1998); - i beneficiari di borse di studio integrative, erogate in qualità di sostegno alla mobilità internazionale degli studenti e

percettori di assegni per attività di tutorato o didattico-integrative, propedeutiche e di recupero debbano essere iscritti alla citata gestione (art. 1, comma 3, D.L. 105/2003 e INPS circ. n. 133/2003);

- gli associati in partecipazione (art. 43, D.L. n. 269/2003). Inoltre, in seguito alle novità introdotte dall'art. 44, comma 2, del D.L. n. 269/2003, in riferimento ai redditi di lavoro

autonomo di cui sopra, sono iscritti alla Gestione separata, a decorrere dal 1º gennaio 2004, non solo i professionisti privi di cassa, ma anche i lavoratori autonomi occasionali, percettori di redditi di lavoro autonomo non esercitato abitualmente, fiscalmente classificati tra i "redditi diversi" di cui all'art. 67, comma 1, lettera l), del TUIR. Per tali soggetti, come per i venditori a domicilio, l'obbligo di iscrizione alla Gestione separata e del pagamento dei relativi contributi, nella misura fissata per le diverse tipologie di assicurati si configura soltanto allorché gli emolumenti percepiti nell'arco dell'anno solare (inteso come periodo 1º gennaio - 31 dicembre), a fronte di un unico o di una pluralità di rapporti, superino l'importo di euro 5.000 ed a decorrere da tale momento (INPS circc. n. 9/2004 e n. 103/2004).

Infine, si ricorda che in considerazione della nuova definizione delle collaborazioni coordinate e continuative introdotte dall'art. 61 del D.Lgs. n. 276/2003, l'obbligo di iscrizione riguarda, oltre ai titolari di collaborazioni a progetto, anche le collaborazioni coordinate e continuative occasionali (mini collaborazioni) e gli altri soggetti esclusi di cui all'art. 61, comma 3, D.Lgs. n. 276/2003 (v. par. 3, Sezione I).

Iscrizione alla Gestione separata I soggetti interessati (collaboratore, professionista, venditore porta a porta) sono tenuti ad effettuare l'iscrizione alla

Gestione separata istituita presso l'INPS utilizzando l'apposito modulo predisposto dall'Istituto (v. INPS mess. n. 40/2003

e circ. n. 103/2004). I dati che devono essere comunicati in sede di iscrizione del collaboratore, sono: la tipologia dell'attività, i dati anagrafici, il codice fiscale ed il domicilio (art. 2, comma 27, L. n. 335/1995). Non è invece necessario il deposito della copia del contratto (INPS mess. n. 1968/2005).

L'INPS ha reso nota la predisposizione di un modello unificato di domanda d'iscrizione, che accorpa i precedenti e ne agevola la compilazione (INPS mess. n. 26904/2009).

Per i collaboratori l'obbligo di iscrizione è configurabile unicamente con riferimento al primo rapporto lavorativo e non anche tutte le volte che a questo seguono o si aggiungono altri rapporti con diversi committenti; tuttavia, qualora venga a modificarsi la qualifica del lavoratore nell'ambito della Gestione, vale a dire nelle ipotesi in cui il collaboratore (ovvero, l'associato in partecipazione e il lavoratore autonomo occasionale) intraprende un'attività di lavoro autonomo ex art. 53, comma 1, del TUIR

in qualità di professionista non iscritto ad albi o casse professionali, questi deve iscriversi in quanto tale alla Gestione separata, ancorchè già presente nella stessa con una diversa qualifica (INPS mess. n. 36780/2005).

La denuncia di inizio attività effettuata segnala all'INPS l'esistenza del rapporto e garantisce all'interessato la verifica degli obblighi di tutela previdenziale a suo favore.

I liberi professionisti iscritti all'Ordine degli Architetti ed in possesso di partita IVA non sono obbligati ad iscriversi alla Gestione separata INPS, nel caso in cui per la medesima attività già versino i contributi alla INARCASSA (ML interpello n. 35/2010).

Inoltre, gli stessi soggetti tenuti alla iscrizione sono tenuti a comunicare la cessazione dell'attività entro i trenta giorni dal verificarsi (tale comunicazione non è obbligatoria ma usuale).

A differenza di quanto stabilito per i lavoratori dipendenti, a carico del committente non è previsto alcun obbligo di iscrizione, ma è opportuno che quest'ultimo si assicuri che il collaboratore ha provveduto a quanto di sua competenza.

Qualora non sia previsto un compenso per l'attività svolta, il collaboratore non è tenuto ad iscriversi alla Gestione separata istituita presso l'INPS, visto che in ogni caso il soggetto medesimo non dovrà versare alcun contributo (v. INPS circ. n. 124/1996).

L'INPS precisa che i soggetti che partecipano ai Collegi nazionali o territoriali della categoria di appartenenza o degli Entri di previdenza privati o privatizzati delle professioni, qualora percepiscano redditi nell'esercizio dell'arte o professione, non sono obbligati ad iscriversi alla Gestione separata dovendo invece essere iscritti alla gestione previdenziale competente in relazione al reddito professionale (INPS circ. n. 5/2011).

2. Determinazione e misura dei contributi

Reddito imponibile I contributi dovuti alla Gestione separata devono essere calcolati sulla stessa base assunta per il calcolo

dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, quale risulta dalla relativa dichiarazione annuale dei redditi (art. 2, comma 29, L. n. 335/1995; INPS circ. n. 32/2001).

Pertanto per i collaboratori i cui redditi fiscalmente sono assimilati a quelli di lavoro dipendente sono applicabili i criteri previsti dall'art. 51 TUIR, in base al quale le somme corrisposte entro il giorno 12 del mese di gennaio si considerano percepite nel periodo d'imposta precedente (c.d. principio di cassa allargato).

Per i lavoratori autonomi occasionali e per gli incaricati alle vendite a domicilio i contributi sono dovuti esclusivamente sulla quota di reddito eccedente euro 5.000 e devono essere applicati sul compenso lordo erogato al lavoratore, dedotte le spese poste a carico del committente e risultanti dalla fattura. In particolare, superata dal singolo lavoratore, in riferimento a ciascun anno solare, la fascia di esenzione di euro 5.000, il committente o i committenti interessati devono versare i contributi sugli ulteriori emolumenti dagli stessi corrisposti nel predetto anno. A tal fine, secondo l'INPS, il lavoratore è tenuto a comunicare ai committenti interessati, il superamento di tale limite (v. INPS circ. n. 103/2004).

Per gli incaricati alle vendite a domicilio i contributi previdenziali sono dovuti sulle provvigioni determinate ai sensi dell'art. 25-bis, comma 6, D.P.R. n. 600/1973: pertanto, ai fini previdenziali l'imponibile è rappresentato dall'importo delle

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provvigioni al netto della detrazione del 22% e su tale importo si devono detrarre gli ulteriori 5.000,00 di esenzione (INPS circ. n. 42/2003; mess. n. 17078/2005).

Infine, i professionisti calcolano i contributi sulla base dei redditi netti risultanti dalla dichiarazione annuale resa ai fini IRPEF.

Misura dei contributi L'aliquota di contribuzione alla Gestione separata, inizialmente fissata dal comma 29, art. 2, L. n. 335/1995 nella

misura del 10%, è stata poi differenziata a seconda che si tratti di soggetti privi di altra tutela previdenziale obbligatoria o di soggetti già pensionati o già iscritti ad altra gestione previdenziale obbligatoria.

Le aliquote di seguito indicate devono essere applicate per tutti gli iscritti alla Gestione separata (collaboratori coordinati e continuativi, incaricati alle vendite a domicilio, lavoratori autonomi di cui all'art. 53, comma 1, del TUIR e lavoratori autonomi occasionali di cui all'art. 44 D.L. n. 269/2003) entro il massimale di reddito previsto dall'art. 2, comma 18, della legge n. 335/1995.

Soggetti scoperti Con effetto dal 1º gennaio 2004, l'aliquota contributiva pensionistica per gli iscritti alla Gestione separata INPS che

non risultano assicurati presso altre forme di assicurazione obbligatoria, è stabilita in misura identica a quella in vigore per la gestione pensionistica dei commercianti; per gli anni successivi si applica l'aumento dello 0,2% all'anno fino al raggiungimento dell'aliquota del 19% (art. 45, D.L. n. 269/2003; INPS circ. n. 27/2004).

Con la Finanziaria 2007 viene eliminata l'equiparazione dell'aliquota contributiva pensionistica degli iscritti alla Gestione separata che non siano iscritti ad altre forme obbligatorie a quella prevista per la gestione previdenziale dei commercianti.

Infatti, con effetto dal 1º gennaio 2007, l'aliquota contributiva pensionistica per gli iscritti alla Gestione separata che non risultino assicurati presso altre forme obbligatorie è stabilita in misura pari al 23%. L'aumento della contribuzione non può, in ogni caso, determinare una riduzione del compenso netto percepito dal lavoratore superiore a un terzo dell'aumento dell'aliquota (art. 1, commi 770

e 772 della L. n. 296/2006). La verifica della corretta osservanza di tale disposizione deve essere effettuata assumendo a riferimento il compenso mensile già riconosciuto alla data di entrata in vigore della L. n. 296/2006, ovvero il compenso mensile riconosciuto sulla base dell'ultimo contratto stipulato con il medesimo committente, nel caso di rapporto non più in essere alla predetta data, al netto dei soli oneri contributivi, cioè prima di effettuare le ritenute fiscali (ML interpello n. 39/2008).

Dal 1º gennaio 2008 tale aliquota è salita al 24% ed è pari al 25% per l'anno 2009 ed al 26% a decorrere dall'anno 2010 (art. 1, c. 79, L. n. 247/2007; INPS circ. n. 30/2011).

Gli iscritti alla Gestione separata privi di altra tutela previdenziale sono tenuti, inoltre, al pagamento del contributo pari allo 0,50% per il finanziamento dell'indennità economica di maternità, l'assegno per il nucleo familiare e la malattia (art. 84, D.Lgs. n. 151/2001). A partire dai compensi corrisposti dal 7 novembre 2007 è prevista un'aliquota aggiuntiva nella misura dello 0,22%, da sommarsi all'aliquota dello 0,50%, finalizzata al finanziamento della tutela della maternità (art. 7, D.M. 12 luglio 2007; INPS circ. n. 7/2007; mess. n. 27090/2007; INPS circ. n. 137/2007).

Soggetti coperti I titolari di pensione diretta, cioè quella derivante da contributi versati per il proprio lavoro, fino al 31 dicembre 2002

versavano i contributi applicando l'aliquota del 10%. L'art. 44, comma 6, L. n. 289/2002 (finanziaria 2003) ha disposto dal 1º gennaio 2003 un incremento di 2,5 punti percentuali (12,50%) e a partire dal 1º gennaio 2004, un ulteriore incremento di 2,5 punti percentuali. L'aumento in oggetto opera sia per i soggetti titolari della sola pensione diretta sia per i soggetti che, pur percependo una pensione diretta siano anche iscritti ad un'altra gestione previdenziale obbligatoria (INPS circ. n. 42/2003).

La legge finanziaria 2007 ha disposto che con effetto dal 1º gennaio 2007 per "i rimanenti iscritti" alla Gestione separata, l'aliquota contributiva è stabilita in misura unica pari al 16% (art. 1, comma 770, L. n. 296/2006). Tra i rimanenti soggetti iscritti alla Gestione separata per i quali viene stabilita l'aliquota contributiva pensionistica al 16%, sono compresi anche i lavoratori pensionati nonché i titolari di ulteriori rapporti assicurativi (già iscritti ad altra forma pensionistica obbligatoria) e pertanto viene meno, a decorrere dal 2007, la distinzione delle aliquote tra i soggetti titolari di pensione (diretta o indiretta) o già assicurati in altre forme obbligatorie (INPS circ. n. 7/2007).

Dal 1º gennaio 2008 per tali soggetti l'aliquota contributiva pensionistica è stabilita in misura pari al 17% (art. 1, c. 79, L. n. 247/2007;. INPS circ. n. 30/2011).

Massimale e minimale Le aliquote contributive sono dovute entro il massimale di reddito di cui all'art. 2, c. 18, L. n. 335/1995, rivalutato

annualmente sulla base degli indici ISTAT di variazione della vita (INPS mess. n. 2647/2007). Non è previsto nessun minimale. Tuttavia, per poter accreditare ai fini pensionistici l'intero anno di assicurazione è

necessario che la contribuzione risulti superiore al minimale di cui all'art. 1, comma 3, L. n. 233/1990

stabilito per gli iscritti alla Gestione del commercio (INPS circ. n. 30/2011).

Ripartizione e versamento del contributo Per i collaboratori e venditori porta a porta il contributo è per 1/3 a carico del collaboratore e per 2/3 a carico del

committente. L'obbligo del versamento grava per l'intero contributo (compresa la quota a carico del lavoratore) sul committente che è tenuto ad effettuare il versamento entro il giorno 16 del mese successivo a quello di corresponsione del compenso (v. INPS circ. n. 103/2004 e INPS mess. n. 29629/2004).

Il contributo alla Gestione separata va versato all'INPS con il modello F24. Per i professionisti il contributo viene pagato con il meccanismo degli acconti e saldi, negli stessi termini previsti per i

versamenti IRPEF, ed è a completo carico del professionista, salvo tuttavia il diritto di addebitare al committente, in via

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definitiva, una somma pari al 4 per cento dei corrispettivi lordi (art. 1, comma 212, L. n. 662/1996; INPS circc. n. 112/1996; n. 201/2000).

Con l'entrata in vigore della L. n. 183/2010

(Collegato lavoro alla Finanziaria 2010) l'omesso versamento delle

ritenute previdenziali e assistenziali sui compensi dei lavoratori a progetto diventa reato. L'art. 39 introduce, infatti, una sanzione penale a carico dei committenti che non provvedono a versare, nelle forme e

nei termini di legge, la quota dei contributi posta a carico del collaboratore (pari a un terzo del totale). La disposizione riguarda le sole ritenute previdenziali e assistenziali operate dal committente sui compensi dei

lavoratori a progetto e dei titolari di collaborazioni coordinate e continuative iscritti alla Gestione separata INPS. Non interessa, invece, gli associati in partecipazione, né i lavoratori autonomi occasionali.

L'omesso versamento delle ritenute previdenziali configura le ipotesi di cui ai commi 1 bis, 1 ter e 1 quater dell'art. 2 del D.L. n. 463/1983. La norma (relativa ai lavoratori dipendenti) prevede che l'omesso versamento delle ritenute è punito con la reclusione fino a 3 anni e la multa fino a 1.032,91 euro. Il committente non è punibile se provvede al versamento entro il termine di 3 mesi dalla contestazione o dalla notifica dell'avvenuto accertamento della violazione. La denuncia di reato deve essere presentata o trasmessa senza ritardo dopo il versamento delle ritenute ovvero decorso inutilmente il termine previsto, con allegata l'attestazione delle somme eventualmente versate. Durante il termine dei 3 mesi il corso della prescrizione rimane sospeso.

Attività di collaborazione svolte da soggetti non residenti I redditi da collaborazione coordinata e continuativa percepiti da soggetti non residenti, nell'attuale qualificazione di

redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, devono essere considerati imponibili ai fini contributivi se l'attività è svolta in Italia o, comunque, se il committente è italiano. Restano salve le disposizioni riferite ad eventuali convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate tra il Governo italiano e quello di altri paesi (INPS circ. n. 164/2004).

E' irrilevante, per il diritto italiano, la sottoposizione di un lavoratore ad un sistema di previdenza obbligatoria in un Paese diverso dall'Italia ai fini del computo dell'aliquota contributiva da applicare al contratto di collaborazione che il medesimo lavoratore abbia in Italia (ML interpello n. 35/2008).

Trattamento di fine mandato Qualora venga pattuito fra le parti un trattamento di fine mandato, l'importo erogato a tale titolo costituisce, nei limiti

del massimale, reddito imponibile e deve essere pertanto sottoposto a contribuzione previdenziale - al lordo di qualsiasi ritenuta fiscale - della Gestione separata nel momento in cui viene effettivamente corrisposto (INPS nota 15 marzo 2002).

Rimborso dei contributi Come ricorda l'INPS nella circ. n. 193/1998, sono diversi i motivi per i quali un assicurato, iscritto alla Gestione

separata, può essere a credito verso l'INPS. In presenza di un credito per versamenti effettuati in misura superiore al dovuto, l'iscritto alla Gestione separata può

considerare l'eccedenza quale acconto dei futuri pagamenti e procedere alle relative compensazioni. Così, i versamenti effettuati dai committenti, per i collaboratori ed i venditori a domicilio, che superano il massimale

contributivo, sono contabilizzati dall'INPS in conto sui versamenti, eventualmente dovuti, per l'anno successivo. In alternativa, l'assicurato può optare per il rimborso della somma, maggiorata degli interessi del 4,5% annuo, dalla

data della domanda a quella dell'effettivo rimborso. In questo caso, il committente, o il collaboratore redigono la domanda, utilizzando lo schema allegato alla stessa

circolare n. 193/1998, specificando gli anni ai quali si riferisce la richiesta ed i relativi importi. Il rimborso è effettuato per 2/3 a favore del committente, per un terzo al collaboratore.

Il venire meno dell'obbligazione contributiva, ad esempio, per errore sull'esistenza dell'obbligo, comporta, invece, la restituzione dei contributi versati, aumentati degli interessi legali calcolati dalla data di presentazione della domanda a quella di restituzione dell'importo, restituzione che, secondo le regole generali, sarà effettuata per intero al committente.

Rientrano nella fattispecie del versamento indebito le contribuzioni versate all'INPS a favore di giornalisti e pubblicisti, in quanto tali soggetti, nel caso prestino attività di collaborazione continua, devono essere iscritti all'INPGI, nella specifica gestione separata.

Un caso del tutto particolare si presenta, invece, per gli assicurati che, all'atto dell'entrata in vigore della legge n. 335/1995 avevano compiuto i 60 anni e che, alla cessazione dell'attività lavorativa non maturano il diritto alla pensione.

Il D.M. 2 maggio 1996, n. 282, art. 4, comma 2, ha stabilito che, nei primi cinque anni d'applicazione della legge n. 335/1995 (quinquiennio 1996-2001), tali soggetti che alla cessazione dell'attività lavorativa non maturano il diritto alla pensione autonoma o ad altri trattamenti pensionistici, possono chiedere il rimborso dei contributi versati, che l'INPS, in presenza dei requisiti, restituirà per intero, maggiorati degli interessi, al collaboratore (per la scadenza del periodo transitorio - 31 marzo o 29 giugno 2001, v. INPS circ. n. 104/2001).

L'INPS aveva però precisato, con la circolare n. 104/1999, che il rimborso non poteva essere effettuato qualora i contributi corrisposti risultassero utili per il conseguimento della pensione supplementare a carico della Gestione separata. In seguito al mutato orientamento del Ministero del lavoro, l'INPS ha precisato che qualora ricorrano le condizioni, in luogo della corresponsione della pensione supplementare, possono essere restituiti i contributi versati, a domanda degli interessati (v. INPS circ. n. 55/2004).

Il suddetto rimborso non è, tecnicamente un rimborso di oneri, ma rientra nell'ambito delle prestazioni ed è soggetto, quindi, al relativo regime fiscale.

3. Denuncia delle retribuzioni L'obbligo di denuncia dei compensi erogati a decorrere dal 1º gennaio 2005 ai collaboratori coordinati e continuativi,

ivi compresi i collaboratori a progetto, ai lavoratori autonomi occasionali ed agli incaricati alle vendite a domicilio deve essere assolto con le modalità previste per la trasmissione mensile ed in via telematica dei dati retributivi, ai sensi dell'art. 44 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269 (mod. Emens).

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L'invio dei dati mensili all'INPS in via telematica ha consentito una riduzione della modulistica e delle dichiarazioni e

certificazioni. Pertanto dall'anno 2006 i committenti non devono più presentare all'INPS le denunce riepilogative annuali di modello GLA/R e GLA/C, in quanto sono state sostituite dalla denuncia mensile dei dati retributivi (modello Emens) che ha preso avvio da gennaio 2005 (INPS circ. n. 152/2004).

Per i committenti/associanti, l'invio mensile dei dati retributivi e delle informazioni necessarie per il calcolo dei contributi, per l'implementazione delle posizioni assicurative individuali e per l'erogazione delle prestazioni deve avvenire entro l'ultimo giorno del mese successivo a quello di pagamento del corrispettivo della prestazione. Nel caso in cui l'ultimo giorno del mese cada di sabato o di domenica la presentazione potrà essere effettuata il primo giorno lavorativo successivo.

Fino al 2005 (per i compensi corrisposti nel 2004) la denuncia annuale mod. GLA doveva essere presentata nell'anno successivo a quello di riferimento entro le date, rispettivamente, del 31 marzo su supporto cartaceo e del 30 aprile, su supporto magnetico o tramite Internet (INPS circ. n. 40/2002; mess. n. 11587/2005). La denuncia era composta di due parti:

- il foglio GLA/R contenente i dati anagrafici del committente e gli estremi dei versamenti contributivi effettuati nell'anno;

- il foglio GLA/C nel quale dovevano essere indicati i dati del collaboratore, i compensi erogati e i contributi dovuti per i singoli periodi di corresponsione. Trovavano spazio in quest'ultimo foglio le eventuali agevolazioni contributive (L.S.U. che collaborano con la P.A.) e l'indicazione delle eccedenze di contributi utilizzate in compensazione di quanto dovuto (INPS circ. n. 16/2001).

4. Prestazioni assistenziali Dal 1º gennaio 1998, per i soggetti non iscritti ad altre forme di previdenza obbligatoria, oltre al versamento

dell'aliquota I.v.s., è stata introdotta una ulteriore aliquota contributiva, pari allo 0,50%, destinata al finanziamento dell'onere derivante dall'estensione ai soggetti stessi della tutela relativa alla maternità e agli assegni al nucleo familiare, prevista dal sedicesimo comma dell'art. 59 della legge n. 449/1997.

La tutela dal 1º gennaio 2000, per effetto dell'art. 51 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, è estesa anche al ricovero ospedaliero per malattia e, dal 1º gennaio 2007, per effetto dell'art. 1, c. 788 della legge n. 296/2006, alla malattia (v. infra). In virtù di tale ultima disposizione, inoltre, a decorrere dal 1º gennaio 2007, per coloro che hanno diritto all'indennità di maternità è corrisposto un trattamento economico per congedo parentale.

Dal 7 novembre 2007 è prevista un'aliquota aggiuntiva dello 0,22%, da sommarsi all'aliquota dello 0,50%, finalizzata al finanziamento della tutela della maternità (art. 7, D.M. 12 luglio 2007; INPS mess. n. 27090/2007).

L'INPS, con circolare n. 95 bis/2006, precisa che nei confronti dei soggetti iscritti alla gestione separata di cui all'art. 2, comma 26, L. n. 335/1995, non opera il c.d. principio dell'automatismo delle prestazioni previdenziali sancito per i "prestatori di lavoro" dall'art. 2116 del cod. civ., in forza del quale le prestazioni di malattia e maternità sono comunque garantite anche nel caso di mancato o irregolare versamento da parte dell'imprenditore dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti. Infatti poiché l'attività svolta dai lavoratori iscritti alla gestione separata è giuridicamente qualificabile come autonoma, il mancato o irregolare versamento dei contributi obbligatori impedisce la maturazione del diritto alle prestazioni e la conseguente corresponsione, in favore degli stessi, delle prestazioni medesime.

Per consentire il reinserimento lavorativo di alcune categorie di soggetti iscritti alla gestione separata l'art. 2, commi 526

e 527, L. n. 244/2007

(Finanziaria 2008) ha previsto, in via sperimentale per il 2008, l'attivazione di appositi percorsi formativi e di riqualificazione professionale con erogazione in favore dei partecipanti di una prestazione sotto forma di voucher.

Indennità di maternità Ai sensi dell'art. 80, comma 12 della legge n. 388/2000

la tutela della maternità prevista dalla disposizione di cui al comma 16, quarto periodo, dell'articolo 59 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, avviene nelle forme e con le modalità previste per il lavoro dipendente (art. 64, D.Lgs. n. 151/2001; v. anche INPS circ. n. 41/2006).

A decorrere dal 1º gennaio 1998, alle madri lavoratrici iscritte alla Gestione separata è corrisposta un'indennità di maternità per i due mesi antecedenti la data del parto ed i tre mesi successivi alla data stessa (D.M. 4 aprile 2002). L'indennità è corrisposta anche per i periodi di divieto anticipato di adibizione al lavoro e per i periodi di interdizione dal lavoro autorizzati ai sensi dell'art. 17, D.Lgs. n. 151/2001 (art. 5, D.M. 12 luglio 2007).

Destinatarie della tutela sono le lavoratrici a progetto e categorie assimilate, associate in partecipazione e libere professioniste iscritte alla Gestione separata.

Per "categorie assimilate" si intendono i collaboratori coordinati e continuativi, mentre non possono essere equiparati ai lavoratori a progetto i soggetti che svolgono prestazioni occasionali, cioè inferiori a 30 giorni di durata nell'anno solare e con un compenso inferiore a 5000 euro con lo stesso committente (INPS circ. n. 137/2007).

Sono escluse dal beneficio le lavoratrici iscritte ad altre forme previdenziali obbligatorie e le pensionate. L'indennità è corrisposta alle lavoratrici in favore delle quali, nei dodici mesi precedenti l'inizio del periodo

indennizzabile, risultino attribuite almeno tre mensilità della predetta contribuzione (art. 5, comma 2, D.M. 12 luglio 2007; v. anche INPS circc. n. 51/2006; n. 137/2007; n. 62/2010).

I 12 mesi di riferimento vanno individuati in relazione alla data presunta del parto, anziché in relazione a quella effettiva. Il medesimo arco temporale va preso in considerazione anche ai fini dell'individuazione del reddito di riferimento, utile ai fini del calcolo dell'indennità di maternità. In mancanza della data presunta del parto, si considera la data effettiva del parto. Il periodo indicato è preso in considerazione anche ai fini del computo del trattamento economico spettante.

Nel caso di esercizio della flessibilità di cui all'art. 20 del T.U. nonché nell'ipotesi di astensione a titolo di interdizione anticipata ai sensi dell'art. 17 del T.U.

medesimo, il requisito contributivo dovrà essere reperito nei 12 mesi interi precedenti l'inizio del diverso periodo di congedo richiesto.

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I periodi di astensione dall'attività lavorativa per i quali è corrisposta l'indennità di maternità sono coperti da

contribuzione figurativa ai fini del diritto alla pensione e della determinazione della misura stessa (art. 6, D.M. 12 luglio 2007).

Per determinare la contribuzione figurativa, si dovrà moltiplicare il reddito medio di riferimento per il numero dei giorni di fruizione dell'indennità.

Il reddito medio da considerare è pari al reddito conseguito nell'anno di riferimento, rapportato al periodo dell'anno non coperto da indennità di maternità; quindi si calcola dividendo il relativo importo per il numero dei giorni non coperti dall'indennità (INPS circ. n. 64/2010).

Se al momento dell'evento indennizzabile (due mesi prima della data del parto o data di ingresso in famiglia del minore per adozione/affidamento) la lavoratrice madre non è più iscritta alla Gestione separata, ma ha comunque maturato il previsto requisito contributivo minimo ha pur sempre diritto all'indennità di maternità, a meno che non abbia titolo a prestazioni di maternità di importo superiore in forza di una attività lavorativa diversa (subordinata o autonoma) successivamente intrapresa. In caso contrario, a richiesta dell'interessata, è erogabile, a carico della Gestione separata, il trattamento differenziale fino a copertura dell'importo spettante quale lavoratrice "parasubordinata".

L'indennità di maternità è comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia.

Misura dell'indennità e modalità di erogazione L'indennità di maternità è corrisposta previa attestazione di effettiva astensione dal lavoro da parte della lavoratrice e

del committente (o associante in partecipazione) o della libera professionista e resa nelle forme della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (art. 5, D.M. 12 luglio 2007; INPS circ. n. 137/2007).

L'indennità è determinata per ciascuna giornata del periodo indennizzabile, comprese le festività, in misura pari all'80% di 1/365 del reddito, derivante da attività di collaborazione coordinata e continuativa, utile ai fini contributivi, vale a dire nei limiti del massimale annualmente previsto (art. 4, D.M. 4 aprile 2002).

Nei confronti dei collaboratori coordinati e continuativi iscritti alla Gestione separata viene preso a riferimento il reddito dei dodici mesi precedenti l'inizio del periodo indennizzabile, risultante dai versamenti contributivi effettuati sulla base della dichiarazione del committente.

Nel caso in cui l'anzianità assicurativa sia inferiore ai dodici mesi, il periodo di riferimento e l'indennità sono determinati proporzionalmente in relazione alla data di decorrenza della anzianità stessa; in tale ipotesi, infatti, il reddito totale va diviso non per 365 giorni, ma per il numero dei giorni di calendario compresi nei mesi che vanno da quello di iscrizione a quello in cui cade la fine del periodo di riferimento.

Si precisa che l'anzianità contributiva è pari o superiore a 12 mesi quando l'iscrizione risulta effettuata da 12 o più mesi rispetto al mese di inizio del periodo indennizzabile, è inferiore a 12 mesi quando l'iscrizione è stata effettuata da meno di 12 mesi rispetto al suddetto mese (v. INPS circ. n. 93/2003).

L'indennità viene corrisposta dalla competente Gestione separata, a seguito di apposita domanda, entro il termine di un anno dalla fine del periodo indennizzabile (INPS circ. n. 138/2002).

Indennità in caso di adozione o affidamento In caso di adozione o affidamento, l'indennità di maternità spetta, sulla base di idonea documentazione, per i tre

mesi successivi all'effettivo ingresso nella famiglia della lavoratrice del bambino che, al momento dell'adozione o dell'affidamento, non abbia superato i sei anni di età.

Nell'ipotesi di adozione o affidamento preadottivo internazionale l'indennità spetta, per i tre mesi successivi all'effettivo ingresso nella famiglia della lavoratrice del minore, anche se quest'ultimo, al momento dell'adozione o dell'affidamento, abbia superato i sei anni e fino al compimento della maggiore età. L'Ente autorizzato, che ha ricevuto l'incarico di curare la procedura di adozione, certifica la data di ingresso del minore e l'avvio presso il tribunale italiano delle procedure di conferma della validità dell'adozione o di riconoscimento dell'affidamento preadottivo (art. 2, D.M. 4 aprile 2002).

Interruzione della gravidanza Come per le lavoratrici dipendenti, l'interruzione spontanea, terapeutica o volontaria della gravidanza che si verifichi

prima del 180º giorno dall'inizio della gestazione, è considerata come malattia e pertanto non comporta l'erogazione dell'assegno di aborto, previsto dall'ormai abrogato D.M. 27 maggio 1998 (v. INPS circ. n. 138/2002).

L'interruzione della gravidanza verificatasi dopo il 180º giorno dall'inizio della gestazione, anche nell'ipotesi di bambino nato morto o deceduto dopo un breve lasso temporale, è considerata a tutti gli effetti parto e, pertanto, dà diritto all'indennità di maternità per un periodo complessivo di cinque mesi.

Indennità di paternità Al padre lavoratore iscritto alla Gestione separata ed avente i requisiti necessari è corrisposta un'indennità di

paternità per i tre mesi successivi alla data effettiva del parto, o per il periodo residuo che sarebbe spettato alla lavoratrice madre, in caso di morte o grave infermità della madre o di abbandono, nonchè in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre (art. 3, D.M. 4 aprile 2002; INPS circc. n. 138/2002; n. 137/2007).

In caso di adozione o affidamento l'indennità è riconosciuta anche al padre adottivo o affidatario, qualora la madre non ne faccia richiesta e sempre che sussistano i requisiti contributivi di cui all'art. 2 del D.M. 4 aprile 2002.

Congedo parentale Ai sensi dell'art. 1, c. 788 della legge n. 296/2006, ai lavoratori che hanno diritto all'indennità di maternità, per gli

eventi di parto verificatisi successivamente al 1º gennaio 2007 è corrisposto un trattamento economico per congedo parentale per un periodo di tre mesi entro il primo anno di vita del bambino, in misura pari al 30% del reddito preso a riferimento per la corresponsione dell'indennità di maternità. Tale disposizione si applica anche in caso di adozione o affidamento per ingressi in famiglia con decorrenza dal 1º gennaio 2007.

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In caso di parto plurimo il diritto ai periodi di congedo è riconoscibile per ogni bambino, nel rispetto del limite

temporale previsto per tale categoria di lavoratori in relazione all'età del neonato (fino a 3 mesi per ciascun figlio, entro il primo anno di vita).

La domanda di congedo parentale deve essere presentata in data anteriore all'inizio del congedo stesso, essendo indennizzabili, in caso contrario, solo i periodi successivi alla domanda (INPS circ. n. 137/2007).

Ai fini dell'indennità è necessaria la sussistenza di un rapporto di lavoro ancora in corso di validità nel periodo in cui si colloca il congedo parentale e l'effettiva astensione dall'attività lavorativa.

Hanno diritto all'indennità per congedo parentale soltanto quei soggetti (madri/padri biologici, adottivi e affidatari) per i quali sia riscontrato l'accreditamento di almeno tre mensilità della contribuzione maggiorata nei 12 mesi presi a riferimento ai fini dell'erogazione dell'indennità di maternità/paternità.

In caso di adozione e affidamento, sia nazionali che internazionali, il congedo parentale, compreso il relativo trattamento economico, è riconoscibile per un periodo complessivo di tre mesi entro il primo anno dall'ingresso in famiglia del minore adottato/affidato, a condizione che il minore stesso non abbia superato, all'atto dell'adozione o dell'affidamento, i dodici anni di età.

In tale ipotesi il requisito minimo contributivo delle tre mensilità dovrà essere reperito nei dodici mesi precedenti la data di effettivo ingresso del minore nella famiglia della lavoratrice.

I periodi di astensione dall'attività lavorativa per i quali è corrisposta l'indennità per congedo parentale sono coperti da contribuzione figurativa (INPS circ. n. 64/2010).

Competente a decidere in unica istanza i ricorsi inerenti la prestazione in oggetto è il Comitato Amministratore per la Gestione Separata di cui all'art. 2, comma 26, L. n. 335/1995.

Assegno per il nucleo familiare Con l'estensione agli iscritti alla gestione separata della disciplina dell'assegno per il nucleo familiare di cui all'art. 2

del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69

sono state eliminate le limitazioni alla composizione del nucleo e al reddito pro-capite previste dall'abrogato art. 4, c. 2 del D.M. 27 maggio 1998 (art. 5, D.M. 4 aprile 2002; INPS circc. n. 138/2002; n. 41/2006).

L'assegno è corrisposto dalla competente gestione separata, in relazione alle modalità di attribuzione della specifica contribuzione, a seguito di domanda presentata dai lavoratori interessati, a decorrere dal mese di febbraio dell'anno successivo a quello per il quale viene richiesta la prestazione. L'assegno è erogato con pagamento diretto da parte delle strutture periferiche dell'INPS, sulla base delle stesse tabelle in vigore per i lavoratori dipendenti.

Il diritto all'erogazione dell'assegno per il nucleo familiare può essere esercitato anche dal coniuge dei soggetti iscritti alla gestione separata (art. 1, comma 559, L. n. 311/2004; INPS circ. n. 77/2005; INPS mess. n. 34328/2005).

L'assegno non spetta se la somma dei redditi derivanti dalle attività indicate all'art. 2, comma 26, della legge n. 335/1995, è inferiore al 70% del reddito complessivo del nucleo familiare. L'assegno spetta anche al nucleo a composizione reddituale mista che raggiunga il requisito del 70% del reddito complessivo con la somma dei redditi da lavoro dipendente di cui all'art. 2, comma 10, del D.L. n. 69/1988

e da lavoro di cui all'art. 2, comma 26, della L. n. 335/1995 (art. 5, c. 3, D.M. 4 aprile 2002; INPS circ. n. 193/2003). Tuttavia la norma non specifica per il cumulo la misura delle rispettive percentuali dei due tipi di reddito, perciò il requisito del 70% può essere raggiunto indipendentemente dal valore degli addendi.

Pertanto, il diritto all'assegno per il nucleo familiare è riconosciuto anche ad un lavoratore iscritto alla gestione separata nel cui nucleo a composizione reddituale mista, nell'anno di riferimento, il 70% del reddito complessivo derivi da lavoro dipendente ed il reddito derivante da attività parasubordinata sia uguale a zero (INPS circ. n. 25/2006).

I collaboratori coordinati "occasionali" e i lavoratori autonomi occasionali hanno titolo alla corresponsione dell'assegno per il nucleo familiare qualora, oltre all'iscrizione alla Gestione separata, sussista l'obbligo di versamento della relativa maggiorazione contributiva, applicandosi in tal caso la disciplina dei lavoratori iscritti a tale Gestione (INPS circ. n. 41/2006).

Malattia

Indennità per degenza ospedaliera Dal 1º gennaio 2000 la tutela per la malattia è stata estesa ai lavoratori iscritti alla Gestione separata, ma solo in

caso di ricovero ospedaliero. Per l'attuazione di tale tutela è stato emanato il D.M. 12 gennaio 2001, il cui art. 1 stabilisce che l'indennità di

malattia in caso di degenza ospedaliera è corrisposta a condizione che (v. anche INPS circc. n. 147/2001; n. 41/2006): - nei dodici mesi precedenti la data di inizio dell'evento risultino accreditate, nei confronti dei lavoratori interessati,

almeno tre mesi anche non continuativi della contribuzione dovuta alla Gestione separata; - il reddito individuale non sia superiore, nell'anno solare precedente a quello in cui è iniziato l'evento, al 70% del

massimale contributivo di cui all'art. 2, c. 18, L. n. 335/1995 valido per lo stesso anno. Per il trattamento spettante ai collaboratori coordinati "occasionali" ed ai lavoratori autonomi occasionali, si veda

quanto esposto sopra riguardo alla prestazione di maternità (INPS circ. n. 41/2006).

Misura dell'indennità per degenza ospedaliera L'indennità va calcolata - con percentuali diverse a seconda della contribuzione attribuita nei dodici mesi precedenti

il ricovero - sull'importo che si ottiene dividendo per 365 il massimale contributivo di cui all'art. 2, comma 18, L. n. 335/1995 valido per l'anno nel quale ha avuto inizio l'evento (art. 2, D.M. 12 gennaio 2001

e INPS circc. n. 62/2003; n. 37/2010).

In particolare l'indennità giornaliera sarà pari: - all'8% del suddetto importo, se nei dodici mesi precedenti la data di inizio del ricovero risultano accreditate da tre a

quattro mensilità di contribuzione;

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- al 12% del suddetto importo, se nei dodici mesi precedenti la data di inizio del ricovero risultano accreditate da

cinque a otto mensilità di contribuzione; - al 16% del suddetto importo, se nei dodici mesi precedenti la data di inizio del ricovero risultano accreditate da

nove a dodici mensilità di contribuzione. Le percentuali possono essere variate, con periodicità biennale, in relazione all'andamento della Gestione separata

di cui all'art. 2, comma 26, della L. n. 335/1995. L'indennità spetta, fino al massimo di 180 giorni nell'anno solare, per tutte le giornate di ricovero (comprese quella di

dimissione e le festività) presso strutture ospedaliere pubbliche e private convenzionate con il Servizio sanitario nazionale ovvero per ogni giornata di degenza, autorizzata o riconosciuta dal Servizio stesso, presso strutture ospedaliere estere.

Erogazione dell'indennità L'indennità è erogata dall'INPS a seguito di presentazione di apposita domanda da parte dell'interessato entro il

termine di decadenza di 180 giorni dalla data di dimissione ospedaliera. Alla domanda deve essere allegata l'autocertificazione attestante i redditi dell'anno precedente assoggettati a

contributo alla predetta Gestione separata.

Indennità di malattia Dal 1º gennaio 2007, ex art. 1, c. 788 della legge n. 296/2006, ai lavoratori a progetto e categorie assimilate iscritti

alla gestione separata di cui all'art. 2, c. 26, L. n. 335/1995, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, è riconosciuta anche un'indennità giornaliera di malattia a carico dell'INPS entro il limite massimo di giorni pari a un sesto della durata complessiva del rapporto di lavoro e comunque non inferiore a venti giorni nell'arco dell'anno solare, con esclusione degli eventi morbosi di durata inferiore a quattro giorni (INPS circ. n. 76/2007).

Per tale prestazione si applicano i requisiti contributivi e reddituali previsti per la corresponsione dell'indennità di degenza ospedaliera.

Misura dell'indennità di malattia L'indennità giornaliera è commisurata al 50% dell'importo che spetterebbe in caso di ricovero ospedaliero per

malattia. Pertanto l'indennità va calcolata - con percentuali diverse a seconda della contribuzione attribuita nei dodici mesi precedenti il ricovero - assumendo a riferimento l'importo che si ottiene dividendo per 365 il massimale contributivo valido per l'anno di inizio della malattia.

L'indennità giornaliera sarà pari: - al 4% del suddetto importo, se nei dodici mesi precedenti l'evento risultano accreditate da 3 a 4 mensilità di

contribuzione; - al 6%, se nei dodici mesi precedenti l'evento risultano accreditate da 5 a 8 mensilità di contribuzione; - all'8%, se nei dodici mesi precedenti l'evento risultano accreditate da 9 a 12 mensilità di contribuzione. Il numero di giornate indennizzabili per gli eventi di malattia, che si verificano in uno stesso anno solare, non può

superare il limite massimo annuale di 61 giorni. Un limite annuale ridotto di 20 giorni è riconosciuto a coloro che non possono far valere periodi lavorativi superiori a 120 giorni nei 12 mesi precedenti gli eventi dell'anno.

L'indennità spetta per tutte le giornate di malattia non sanzionate, comprese le festività, fino al raggiungimento del limite indennizzabile per evento o per anno solare (INPS circc n. 76/2007 e n. 37/2010).

Erogazione dell'indennità Per fruire dell'indennità è necessario trasmettere al committente e all'INPS il certificato e l'attestato di malattia

compilato dal medico curante. Il lavoratore dovrà poi presentare all'INPS formale domanda, alla quale andrà allegata copia del contratto di lavoro.

Ammortizzatori sociali Per le prestazioni di disoccupazione ai lavoratori a progetto si applica la disciplina delle collaborazioni coordinate e

continuative (INPS circ. n. 41/2006). Riguardo ai lavoratori che svolgono le prestazioni occasionali di cui all'art. 61, comma 2, D.Lgs. n. 276/2003

ed ai lavoratori autonomi occasionali, le giornate di attività svolte a tale titolo non sono utili nè per il diritto nè per la misura della prestazione di disoccupazione.

I lavoratori a progetto ed i lavoratori occasionali, in quanto non "subordinati", sono esclusi dalla normativa delle integrazioni salariali.

Tuttavia, per il biennio 2010-2011 e nei soli casi di fine lavoro, l'art. 19, commi 2 e 2-bis del D.L. n. 185/2008

ha riconosciuto una specifica indennità da liquidarsi in un'unica soluzione pari al 30% del reddito percepito nell'anno precedente e comunque non superiore a 4.000 euro, ai collaboratori coordinati e continuativi ex art. 61, comma 1, del D.Lgs. n. 276/2003, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata dell'INPS, con esclusione dei lavoratori autonomi titolari di partita IVA (INPS circ. n. 36/2010). A parere dell'INPS possono beneficiare del sussidio anche i co.co.co. non a progetto (INPS comunicato 2 luglio 2009).

Per avere diritto all'indennità i lavoratori devono soddisfare, in via congiunta, le seguenti condizioni: - operino in regime di monocommittenza; - abbiano conseguito nell'anno precedente un reddito lordo non superiore a 20.000 euro, né inferiore a 5.000 euro; - nell'anno di riferimento abbiano accreditato nella Gestione separata almeno 1 mensilità e nell'anno precedente

almeno 3; - risultino senza contratto di lavoro da almeno 2 mesi. Restano fermi i requisiti di accesso e la misura del trattamento vigenti alla data del 31 dicembre 2009 per coloro che

hanno maturato il diritto entro tale data (v. INPS circ. n. 74/2009).

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Per aver diritto alla prestazione deve verificarsi l'evento "fine lavoro", rilevabile dalle comunicazioni obbligatorie cui è

tenuto il committente. Il lavoratore deve presentare una domanda, tramite apposito modello, alla sede INPS territorialmente competente (INPS circ. n. 36/2010). Per il raggiungimento dei requisiti contributivi per il diritto alla indennità una tantum, si può valutare anche l'eventuale contribuzione figurativa derivante da periodi per i quali sia stata corrisposta l'indennità di maternità (INPS mess. n. 26236/2010). I requisiti e le condizioni di cui sopra per l'erogazione dell'indennità devono essere integralmente soddisfatti alla data di presentazione della domanda, pena l'inaccoglibilità della stessa (INPS mess. n. 9718/2010). L'erogazione dei trattamenti da parte dell'INPS è concessa in base alla data di presentazione delle domande (art. 13, D.M. 19 maggio 2009, n. 46441).

L'erogazione dell'indennità una tantum è, in ogni caso, subordinata alla dichiarazione di disponibilità ad un lavoro congruo ai sensi dell'art. 1-quinquies del D.L. n. 249/2004

o ad un percorso di riqualificazione professionale resa dal

lavoratore. In caso di rifiuto di sottoscrivere la dichiarazione di immediata disponibilità ovvero in caso di rifiuto di un'offerta formativa o di un lavoro congruo il destinatario perde il trattamento di sostegno (art. 19, comma 10, D.L. n. 185/2008; INPS circ. n. 133/2010; ML circ. n. 39/2010).

SEZIONE IV REGIME ASSICURATIVO

1. Obbligo assicurativo L'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali dei collaboratori a progetto deve essere applicata in

base alle condizioni previste per i lavoratori parasubordinati (art. 5, D.Lgs. n. 38/2000; INAIL circ. n. 22/2004). Nell'ambito di tale area rientrano non solo i collaboratori a progetto e quelli che eseguono prestazioni occasionali ma

anche alcuni soggetti esclusi dalla disciplina dei lavori a progetto, quali: - i componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società; - i membri di comitati e commissioni; - i collaboratori che percepiscono pensione di vecchiaia. Restano, invece, escluse dall'assoggettamento all'assicurazione obbligatoria: - le collaborazioni rese in favore di associazioni e società sportive dilettantistiche, i cui compensi siano inquadrati dal

punto di vista fiscale nei "redditi diversi"; - le prestazioni rese da professionisti iscritti agli albi nell'ambito della professione esercitata; - le attività di lavoro autonomo occasionale vero e proprio, nelle quali non si riscontra un coordinamento ed una

continuità nelle prestazioni (v. INAIL circ. n. 32/2000 e nota 19 marzo 2003); - le attività svolte dagli incaricati alle vendite (ML nota n. 2018/2005). Naturalmente il committente è tenuto ad assicurare all'INAIL i collaboratori coordinati e continuativi qualora sussista

il rischio lavorativo di cui all'art. 1 del Testo Unico n. 1124/1965

e comunque per l'uso non occasionale dell'automezzo personalmente guidato, per l'espletamento delle proprie mansioni.

2. Adempimenti Ai fini dell'assicurazione INAIL, il committente è, inoltre, tenuto a tutti gli adempimenti del datore di lavoro previsti dal

testo unico (v. INAIL circc. 11 aprile 2000, n. 32 e 13 marzo 2000). Ne derivano i seguenti obblighi: 1) apertura della posizione assicurativa con la presentazione della denuncia di esercizio, oppure una denuncia di

variazione se il rischio è già assicurato, fornendo all'INAIL i dati dei lavoratori parasubordinati da assicurare. In particolare devono essere comunicati i seguenti elementi:

- dati anagrafici e codice fiscale dei lavoratori parasubordinati; - descrizione dell'attività svolta o dei lavori affidati; - modalità di esecuzione dei lavori; - misura dei compensi pattuiti; - durata del rapporto di collaborazione; 2) pagamento del premio alle scadenze di legge o a quelle fissate dall'INAIL; 3) denuncia dell'infortunio e della malattia professionale occorsi ai lavoratori, da effettuarsi nei termini e con le

modalità disciplinate dal D.P.R. n. 1124/1965

4) denuncia di cessazione della lavorazione - da effettuarsi nei termini di legge - finalizzata alla chiusura della relativa posizione assicurativa, se specificamente accesa per l'attività svolta dal lavoratore parasubordinato;

5) messa in atto degli adempimenti di cui all'art. 39 D.L. n. 112/2008, vale a dire la tenuta del libro unico del lavoro .

3. Determinazione e versamento dei premi Per i lavoratori parasubordinati, il premio INAIL è ripartito nella misura di un terzo a carico del lavoratore e di due

terzi a carico del committente. L'obbligo del versamento del premio è in ogni caso a carico del committente. Tale premio è calcolato, in base al tasso applicabile all'attività svolta dal lavoratore, sui compensi effettivamente

percepiti. Per la determinazione dei compensi da assumere quale base imponibile, si deve fare riferimento alle disposizioni

dettate in materia fiscale dall'art. 51 TUIR, osservando peraltro il minimale ed il massimale previsto dall'art. 116, comma 3, del D.P.R. n. 1124/1965

e pari all'importo minimo e massimo di retribuzione assunto per la determinazione delle rendite del settore industria (art. 5, comma 4, D.Lgs. n. 38/2000; INAIL circ. n. 32/2000).

Se il collaboratore ha più rapporti di collaborazione soggetti all'obbligo assicurativo i sopra indicati importi minimi e massimi potranno tenere conto di tale pluralità ed essere riparametrati, per ciascun committente, in proporzione dell'incidenza del compenso che egli ha erogato sul totale dei compensi percepiti dal collaboratore stesso).

Tasso applicabile

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Per il tasso applicabile all'attività svolta dal lavoratore si deve fare riferimento a quello dell'azienda, qualora l'attività

stessa sia inserita nel ciclo produttivo; in caso contrario, a quello dell'attività effettivamente svolta. In particolare qualora l'attività del lavoratore parasubordinato sia riferibile ad una delle posizioni assicurative già in

capo al committente, si applicherà il tasso in vigore per detta posizione; in caso contrario si applicherà il tasso medio previsto per la corrispondente voce di tariffa, eventualmente oscillato ai sensi delle vigenti modalità tariffarie (INAIL circ. n. 32/2000).

Pagamento del premio Per quanto riguarda il pagamento del premio si applicano le modalità previste dagli artt. 28

e 44 del D.P.R. n.

1124/1965, con la previsione del pagamento di una rata anticipata in base ai compensi pattuiti o presunti e della conseguente regolazione sui compensi effettivamente corrisposti in relazione all'anno di riferimento).

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ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE

Sommario 1. Definizione 2. Forma del contratto e certificazione 3. Regime fiscale 4. Regime previdenziale 5. Regime assicurativo

1. Definizione La disciplina civilistica dell'associazione in partecipazione è contenuta nel titolo VII del cod. civ. agli artt. 2549-2554. Ai sensi dell'art. 2549 del cod. civ. l'associazione in partecipazione è un contratto in base al quale l'associante

(imprenditore) attribuisce all'associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari, verso il corrispettivo di un determinato apporto.

L'associazione in partecipazione è inquadrabile nella categoria dei contratti di collaborazione in quanto prevede il conseguimento di un risultato comune attraverso l'apporto dei partecipanti.

Come emerge dalla definizione, i due elementi caratterizzanti il contratto in esame sono costituti dall'apporto dell'associato e dalla sua partecipazione agli utili dell'impresa.

L'apporto dell'associato può essere di qualsiasi natura purché avente carattere strumentale per l'esercizio dell'impresa o dell'affare: somma di denaro o qualsiasi altro bene suscettibile di valutazione economica, godimento di un bene, svolgimento di prestazione di lavoro.

Da tale contratto scaturiscono per le parti diversi diritti e obblighi. Innanzitutto l'associante, salvo vi sia una specifica esclusione con patto contrario, non può attribuire partecipazioni

per la stessa impresa o per lo stesso affare ad altre persone senza il consenso dell'associato (art. 2550 cod. civ.). Ciò significa, che l'imprenditore non è libero nell'organizzazione dell'impresa in quanto durante il periodo di validità del contratto occorre il consenso dell'associato per far partecipare altre persone alla stessa impresa.

I rapporti interni fra le parti sono regolati dall'art. 2552 del cod. civ. In particolare la gestione dell'impresa o dell'affare spetta all'associante, mentre all'associato può essere attribuito,

nella misura stabilita dal contratto, il potere di controllo sull'impresa o sullo svolgimento dell'affare per cui l'associazione è stata contratta. In ogni caso l'associato ha diritto al rendiconto dell'affare compiuto, o a quello annuale della gestione se questa si protrae a lungo, rendiconto che deve essere presentato dall'associante.

Per quanto attiene ai rapporti esterni, il vincolo che unisce associante e associato non risulta ai terzi, i quali contrattano, acquistano diritti e assumono obbligazioni soltanto verso l'associante (art. 2551 cod. civ.). Quindi, unico creditore e debitore nei rapporti con i terzi rimane l'associante mentre nessuna obbligazione grava sull'associato.

Come già indicato, l'associato ha il diritto di partecipare agli utili e salvo patto contrario, partecipa alle perdite nella stessa misura in cui partecipa agli utili; tuttavia, le perdite che colpiscono l'associato non possono superare il valore del suo apporto (art. 2553 cod. civ.).

In conclusione: - l'associante ha la gestione dell'impresa o dell'affare e la responsabilità verso i terzi; - l'associato ha un potere di controllo della gestione economica dell'impresa che si sostanzia essenzialmente nel

diritto al rendiconto, inoltre, partecipa al rischio d'impresa in quanto il suo diritto agli utili dipende dall'andamento dell'impresa ed è normalmente esposto alle eventuali perdite, anche se nei limiti del suo apporto.

Differenze rispetto al rapporto societario L'associazione in partecipazione si differenzia dal contratto di società per la mancanza di un autonomo patrimonio

comune e per l'assenza di una gestione in comune dell'impresa che è esercitata dal solo associante, il quale si assume i rischi ed ha la responsabilità esclusiva verso i terzi, mentre l'associato può esercitare, ove sussista un apposito patto, solo un controllo sulla gestione dell'impresa.

Differenze rispetto al lavoro subordinato Ai fini della distinzione tra contratto di associazione in partecipazione con apporto di prestazione lavorativa da parte

dell'associato e contratto di lavoro subordinato con retribuzione collegata agli utili dell'impresa, occorre, secondo la giurisprudenza consolidata, effettuare un'indagine di merito volta a cogliere la prevalenza, alla stregua delle modalità di attuazione del concreto rapporto, degli elementi che caratterizzano i due contratti, tenendo conto, in particolare, che, mentre nel contratto di associazione sussiste l'obbligo del rendiconto periodico dell'associante e l'esistenza per l'associato di un rischio di impresa, il rapporto di lavoro subordinato implica un effettivo vincolo di subordinazione più ampio del generico potere dell'associante di impartire direttive e istruzioni al cointeressato, con assoggettamento al potere gerarchico e disciplinare della persona o dell'organo che assume le scelte di fondo dell'organizzazione dell'azienda.

Nell'intento di evitare fenomeni elusivi, vale a dire contratti di associazione in partecipazione che simulano in realtà rapporti di lavoro subordinato, l'art. 86, comma 2 del D.Lgs. n. 276/2003

ha disposto che l'associazione in partecipazione resa senza una effettiva partecipazione ed una adeguata erogazione dei compensi, comporta il diritto per il prestatore d'opera al trattamento economico, normativo e contributivo previsto dalla legge e dal c.c.n.l. per i lavoratori subordinati che svolgono la medesima attività nello stesso settore. Il datore di lavoro o committente può sottrarsi da tale onere soltanto producendo idonea documentazione attestante che la prestazione rientra in una delle tipologie di lavoro disciplinate dallo stesso decreto n. 276, ovvero in un contratto di lavoro subordinato speciale, o con particolare disciplina, o in un contratto nominato di lavoro autonomo, o in altro contratto espressamente previsto nell'ordinamento.

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2. Forma del contratto e certificazione La stipulazione del contratto di associazione in partecipazione non è soggetta a forme particolari. Tuttavia, pur in assenza di una tassativa disposizione di legge che imponga la forma scritta, ai fini probatori e pratici

è preferibile che la natura dei rapporti scaturenti dall'associazione risulti da atto scritto. Inoltre, al fine di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione dei contratti di lavoro, anche per i contratti in

partecipazione, è prevista la possibilità per le parti di ottenere la certificazione del contratto secondo la procedura volontaria stabilita dagli artt. 75 e ss. del D.Lgs. n. 276/2003.

Comunicazione ai servizi per l'impiego L'instaurazione deI rapporto di associazione in partecipazione con apporto di lavoro deve essere comunicata ai

servizi per l'impiego, così come tutte le variazioni del rapporto, ad es. anche comunicazione della proroga del rapporto (art. 9-bis, comma 2, D.L. n. 510/1996; art. 4-bis, comma 5, D.Lgs. n. 181/2000).

L'instaurazione del rapporto va comunicata entro il giorno antecedente quello di instaurazione, entro i cinque giorni successivi alla scadenza del termine fissato; ciò vale anche per i contratti stipulati prima del 31 dicembre del 2006, con clausola annuale e proroga tacita di anno in anno (ML interpello n. 67/2009).

Sono punibili l'omesso o il ritardato invio della comunicazione di proroga che siano avvenuti successivamente all'11 gennaio 2008 (data di entrata in vigore del D.M. 30 ottobre 2007

che ha introdotto il modello "Unificato lav" per la comunicazione).

3. Regime fiscale Ai fini fiscali i redditi derivanti dall'attività di associazione in partecipazione devono essere imputati ai singoli

partecipanti. Con riferimento all'associato il regime fiscale si diversifica a seconda del tipo di apporto. In particolare, gli utili corrisposti all'associato persona fisica costituiscono per quest'ultimo: - redditi di lavoro autonomo ai sensi dell'art. 53, c. 2, lett. c) del TUIR, se l'apporto è costituito esclusivamente dalla

prestazione di lavoro; - redditi di capitale ai sensi dell'art. 44, c. 1, lett. f), TUIR, se l'apporto è costituito da capitali o promiscuamente da

capitale e lavoro (Ag. Entr. circ. n. 50/E/2002). Qualora si tratti di redditi di capitale, le modalità di tassazione sono diverse a seconda del valore dell'apporto dell'associato, ossia se l'apporto sia o meno "qualificato". Infatti, ai sensi dell'art. 47, comma 2, del TUIR, qualora il valore dell'apporto sia qualificato, cioè superiore al 5% o al 25% del valore del patrimonio netto contabile risultante dall'ultimo bilancio approvato prima della data di stipula del contratto nel caso in cui si tratti di società i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni, le remunerazioni derivanti dai contratti di partecipazione sono imponibili nella misura del 40%. Viceversa, allorché l'apporto fornito dovesse risultare non qualificato e cioè inferiore ai menzionati limiti, gli utili sono imponibili per l'intero ammontare corrisposto e sugli stessi deve essere applicata dall'associante, al momento della corresponsione una ritenuta a titolo di imposta nella misura del 12,50%, come previsto dall'art. 27, comma 1, del D.P.R. n. 600/1973 (Ag. Entr. ris. n. 61/E/2005).

Infine, qualora l'associato sia un imprenditore o una società i compensi percepiti costituiscono per lo stesso reddito d'impresa.

Ai fini della determinazione del reddito, fino al 31 dicembre 2003 l'associante, quale esclusivo titolare dell'impresa, poteva portare in diminuzione dal proprio reddito di impresa le quote di utili spettanti agli associati in partecipazione, qualora ricorrevano le seguenti condizioni:

- che il contratto di associazione in partecipazione risultasse da atto pubblico o da scrittura privata registrata e contenesse la specificazione dell'apporto. Qualora l'apporto fosse costituito da denaro ed altri valori, il contratto doveva contenere elementi certi e precisi comprovanti l'avvenuto apporto;

- che, qualora l'apporto fosse costituito da prestazione di lavoro, gli associati non fossero familiari dell'associante (Ag. Entr. circ. n. 50/E/2002).

Dal 1º gennaio 2004, la riforma del sistema fiscale, attuata dal D.Lgs. n. 344/2003, ha modificato il trattamento fiscale riservato ai contratti di associazione in partecipazione con apporto di capitale, o di capitale e lavoro (cosiddetti contratti misti).

Pertanto, se l'apporto dell'associato è di solo lavoro, continua ad applicarsi il regime previgente, vale a dire deducibilità totale degli utili corrisposti agli associati (art. 95, c. 6, TUIR).

Se, invece, l'apporto è di solo capitale o di capitale e lavoro, l'art. 109, c. 9, lett. b), TUIR

stabilisce l'indeducibilità in capo all'associante di ogni tipo di remunerazione dovuta all'associato in relazione a contratti di associazione in partecipazione in cui l'apporto reso dall'associato sia diverso da quello di opere e servizi (Ag. Entr. ris. nn. 62/E/2005; n. 123/2007).

4. Regime previdenziale Fino al 31 dicembre 2003 non era previsto alcun obbligo contributivo a carico dell'associante e dell'associato e

quindi non esisteva nessuna tutela previdenziale, sia ai fini delle prestazioni sociali (malattia, maternità, ecc.), sia ai fini del trattamento pensionistico.

Dal 1º gennaio 2004, gli associati in partecipazione che conferiscono prestazioni lavorative i cui compensi sono qualificati come redditi di lavoro autonomo ai sensi dell'art. 53, c. 2, lett. c), TUIR, sono tenuti ad iscriversi alla Gestione separata di cui all'art. 2, c. 26, L. n. 335/1995 (art. 43, D.L. n. 269/2003).

Alla gestione sono tenuti ad iscriversi i soli associati con apporto di lavoro, mentre rimangono esclusi gli associati in partecipazione di solo capitale e i soggetti già iscritti ad albi professionali.

Termini per l'iscrizione alla Gestione

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Gli associati in partecipazione devono comunicare all'INPS la tipologia dell'attività lavorativa, i dati anagrafici, il

numero di codice fiscale ed il domicilio (art. 43, c. 8, D.L. n. 269/2003). L'iscrizione deve essere effettuata entro trenta giorni dall'inizio dell'attività lavorativa utilizzando l'apposito modello

(INPS circ. n. 57/2004; mess. n. 22093/2004).

Misura dei contributi Per gli associati in partecipazione dal 1º gennaio 2007 si applicano le aliquote previste per le altre categorie di

lavoratori iscritti alla Gestione separata. Dal 1º gennaio 2011 per gli iscritti che non risultano assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie l'aliquota contributiva pensionistica è pari al 26%; per i pensionati o iscritti ad altra forma pensionistica obbligatoria è pari al 17% (art. 1, c. 79, L. n. 247/2007; art. 1, comma 770, L. n. 296/2006; INPS circ. n. 30/2011).

Inoltre, anche gli associati in partecipazione che non siano pensionati od iscritti ad altre gestioni sono tenuti al versamento del contributo istituito dall'articolo 59 della legge n. 449/1997

ai fini dell'erogazione dell'indennità di maternità, dell'assegno per il nucleo familiare e del trattamento economico di malattia. Tale contributo, inizialmente stabilito nella misura dello 0,50%, a far data dal 7 novembre 2007 è pari allo 0,72% (art. 7, D.M. 12 luglio 2007; INPS mess. n. 27090/2007).

L'onere contributivo è ripartito nella misura del 55% a carico dell'associante e del 45% a carico dell'associato (art. 43, comma 2, D.L. n. 269/2003).

Modalità e termini di denuncia Per le modalità di denuncia dei rapporti di associazione in partecipazione e di pagamento dei contributi deve farsi

esclusivo riferimento a quelle vigenti per i collaboratori iscritti alla Gestione separata (INPS circ. n. 30/2005).

Base imponibile e versamento dei contributi Il 2º comma dell'art. 43 del D.L. n. 269/2003

individua la base imponibile dei contributi dovuti per gli associati in partecipazione nel reddito delle attività determinato con gli stessi criteri stabiliti ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, quale risulta dalla dichiarazione annuale dei redditi e dagli accertamenti definitivi.

Il versamento dei contributi è effettuato sugli importi corrisposti all'associato anche a titolo di acconto sul risultato della partecipazione, salvo conguaglio in sede di determinazione annuale dei redditi (art. 43, c. 6, D.L. n. 269/2003).

Ai sensi dell'art. 54, comma 8, del TUIR, le partecipazioni agli utili dagli associati in questione costituiscono reddito per l'intero ammontare percepito nel periodo di imposta.

I contributi previdenziali sono dovuti, conseguentemente, sugli emolumenti lordi erogati a titolo di anticipazione, salvo eventuale conguaglio sulla base degli utili definitivamente risultanti dal rendiconto. Per l'associante non sussiste alcuna necessità di acquisire dati reddituali dell'associato, essendo quest'ultimo tenuto a riportare nella dichiarazione dei redditi in questione esattamente gli emolumenti corrisposti dall'associante. Inoltre, ex art. 60 del TUIR, i compensi corrisposti dall'imprenditore, anche per i rapporti di associazione in partecipazione, all'associante parente, non concorrono a formare reddito per il loro percettore, in quanto non deducibili dal reddito d'impresa (INPS circ. n. 90/2005).

Il versamento deve essere effettuato dall'associante con il modello F24 entro il giorno 16 del mese successivo a quello della corresponsione del compenso al proprio associato (v. INPS circ. n. 30/2005).

Accredito dei contributi Hanno diritto all'accreditamento di tutti i contributi mensili, relativi a ciascun anno solare cui si riferisce il versamento,

i soggetti che corrispondono un contributo non inferiore a quello calcolato sul minimale di reddito vigente, anno per anno, nelle gestione dei commercianti di cui all'art. 1, c. 3, L. n. 233/1990.

In caso di contribuzione annua inferiore a tale importo, i mesi di assicurazione da accreditare sono ridotti in proporzione alla somma versata. I contributi così determinati sono attribuiti temporalmente all'inizio dell'anno solare fino a concorrenza di dodici mesi nell'anno (art. 43, cc. 3 e 4, D.L. n. 269/2003).

Prestazioni Ai fini dell'erogazione dell'assegno per il nucleo familiare, dell'indennità di maternità e/o paternità e del trattamento

economico di malattia, si applicano i criteri e le modalità previsti per gli altri lavoratori iscritti alla Gestione separata (v. al riguardo l'argomento Lavoro a progetto e INPS circ. n. 99/2005; mess. n. 34328/2005).

In particolare, l'indennità di maternità va calcolata secondo le modalità previste per gli esercenti attività libero-professionale dall'art. 4, comma 2, D.M. 4 aprile 2002

(INPS circ. n. 99/2005; D.M. 12 luglio 2007; INPS circ. n. 137/2007).

Inoltre, l'indennizzabilità riguarda i soli eventi di maternità e di malattia in relazione ai quali sia accertata la sussistenza del requisito contributivo previsto ai fini del riconoscimento del diritto alle prestazioni in esame.

Infine, agli associati in partecipazione iscritti alla gestione si applicano esclusivamente le disposizioni in materia di requisiti di accesso e calcolo del trattamento pensionistico previsti dalla legge 8 agosto 1995, n. 335, per i lavoratori iscritti per la prima volta alle forme di previdenza successivamente al 31 dicembre 1995, vale a dire che il calcolo della pensione avviene esclusivamente con il sistema contributivo (art. 43, c. 7, D.L. n. 269/2003).

5. Regime assicurativo A seguito della sentenza n. 332/1992 della Corte Costituzionale che ha dichiarato la parziale illegittimità dell'articolo

4 del D.P.R. n. 1124/1965, l'associato in partecipazione che svolga attività lavorativa manuale o di sovrintendenza è soggetto all'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

L'assicurazione infortuni opera solo quando l'apporto dell'associato consiste in una prestazione di lavoro (INAIL circ. n. 28/1993).

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Soggetto obbligato Il soggetto tenuto al versamento dei premi INAIL è l'associante. L'individuazione di tale figura deriva dalla

considerazione che la posizione dell'associato-lavoratore è assimilata a quello del socio d'opera e dal fatto che la titolarità dell'impresa fa capo all'associante.

Contribuzione Il regime contributivo è quello ordinario con conseguente determinazione del premio in relazione alla c.d.

retribuzione di ragguaglio di cui all'articolo 30, 4º comma, del D.P.R. n. 1124/1965

e cioèla retribuzione valida ai fini della

determinazione del minimale di legge per la liquidazione delle rendite di cui all'art. 116, c. 3 del D.P.R. n. 1124/1965. Ovviamente la retribuzione di ragguaglio non deve essere inferiore ai minimali di retribuzione imponibile giornaliera,

stabiliti per legge ed annualmente aggiornati in rapporto alla variazione percentuale dell'indice del costo della vita. Con riferimento all'associato d'opera di un imprenditore artigiano, l'INAIL con il notiziario n. 55/1994, ha chiarito che

in tal caso si applica all'associato dell'artigiano la medesima disciplina contributiva prevista per i soci collaboratori artigiani, e cioè i premi speciali unitari.