COMUNITÁ ALTERNATIVA N.1 2011

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Periodico al servizio della Comunità pastorale S. Teresa Benedetta della Croce

ANNO 12 - NUMERO 01 - 2011 PREZZO COPIA: € 3,00

Direttore responsabile:DON PINO CAIMI

Fotografi e:ARCHIVIO PARROCCHIALE, GIANNI RADAELLI, CRISTIANA MARIANI

Stampa e impostazione grafi ca:Legma Grafi che - Lissone

Autorizzazione n. 1282 del 23/06/1997 registro d’ordine periodici Tribunale di Monza

www.unitapastoralelissone.org

ABBONAMENTI 2011 - Tel. 039.48.02.14

Ordinario € 15,00Sostenitore e fuori città € 15,00Amico € 25,00

Per l’abbonamento ci si può servire del c/c postale n. 40573206intestato a: PARROCCHIA SANTI APOSTOLI PIETRO e PAOLO in Lissoneoppure rivolgersi alle Segreterie dell’Unità Pastoraleo alla Biblioteca Mons. Cazzaniga

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SOMMARIO

EDITORIALE DAVANTI AD UN CROCIFISSO 5

Perseguire la Libertà religiosa anche questa è dignità umana!CON LA CHIESA LA MESSA DELLA PACE COME IMPEGNO CIVILE 6

Essere una cosa sola in Cristo grazie al dono dello SpiritoCON LA CHIESA LA SETTIMANA ECUMENICA 7

I nostri piccoli al centroCON LA CHIESA FESTA DELLA FAMIGLIA IN COMUNITA’ 9

Giornata della vita consacrataCON LA CHIESA CON LE SUORE DEL DECANATO 11

La Caritas Decanale si prende cura delle personeCON LA CHIESA PROGETTO INCONTRO 13

Il sogno che continua nella Luce del RisortoIN COMUNITÀ ALESSANDRO UN SALUTO DI GRAZIA E DI PACE 15

Il volontariato: una missione di vera fedeIN COMUNITÀ ADOLESCENTI AL SERMIG E AL COTTOLENGO 16

Voglia di “evadere”e di rinascereIN COMUNITÀ CINEFORUM SUL CARCERE 17

Communio2000: incontro di grande interesse OLTRE LA CRONACA DOCUMENTO CEI SULLA SFIDA EDUCATIVA 18

Preghiera per l’unita dei Cristiani e impegno socialeOLTRE LA CRONACA UNITA’ D’INTENTI 20

Laici impegnati a vivere la chiamata alla santitàOLTRE LA CRONACA NELLA VITA DI OGNI GIORNO 21

Provvidenza e generosità per la chiesa da rimettere in sestoOLTRE LA CRONACA INAGIBILE LA CHIESA DELL’ORATORIO SAN LUIGI 22

La Benemerita vista da vicinoOLTRE LA CRONACA AL SERVIZIO DEI CITTADINI 24

Missionario tra gli Indios ed i Negritos del Sud America, cittadino benemerito dell’EcuadorSPECIALE PADRE UMBERTO MARIANI 26

Dalle parole all’azione di fede attivaESPERIENZE CERCASI VOLONTARI 29

E’ stato coadiutore a Lissone, poi parroco a S.Eusebio di CiniselloESPERIENZE DON GIAMBATTISTA INZOLI DAL PERU’ 30

Stare meglio impegnativo ma possibileAMBIENTE ADDIO AL TABACCO 32

CULTURA 5ª RASSEGNA LISSONE A TEATRO 34

CULTURA BRIANZA CLASSICA 2010/11 35

ARCHIVIO 36

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DAVANTI AD UNCROCIFISSO

E’ giunto il momento, ed è questo,in cui né sul monte Garizim né in Gerusalemme

adorerete il Padre , ma «in spirito e verità» (Gv 4,21.24). Dio non abita in un luogo qualsiasi, nemmeno sulla terra, ma nel cuore.

Molti ricorderanno le conversazioni di Don Camillo con il Crocifisso della sua chiesa, quando era vuota di fedeli, nelle ore notturne o in quelle degli addii. Conversa-zioni che continuano a suscitare tenerezza, no-nostante l’età dei film e dei racconti di Giovanni Guareschi, e a rivelare una relazione particolar-mente intima e vera con il proprio Dio.Quelle immagini mi sono tornate in mente entran-do nella chiesa pericolan-te dell’oratorio maschile davanti al Crocifisso ar-genteo dell’altare mag-giore. La croce sembra un po’ inclinata verso la sinistra di chi guarda, quasi volesse evitare un malaugurato calcinac-cio proveniente dalle alte volte, piene di crepe. Cosa direbbe il nostro Cristo? Anche Lui rima-sto adesso in una chiesa vuota e silenziosa quan-to quelle della Bassa, nei pomeriggi assolati. Immagino … Certamente ci rassicurerebbe “Dav-vero pensate che io tema di finire se-polto dalle macerie? Io che ho vinto la morte? Di questo non mi preoccupo. E nemmeno ci tengo tanto ad essere riposto in una bella teca di cristallo o in qualche nicchia decorata, fabbrica-ta apposta con un po’ di lusso. Io che predicavo nei prati, sulle montagne o davanti al luminoso mare di Galilea! No la mia preoccupazione è un’altra. E m’ha fatto sempre gemere il cuore. Non ho mai voluto che per onorare la Legge, per rispettare le tradizioni e salvare la forma, si dimenticasse l’uomo. Sappiate che non solo qui, mi potete trovare, pregare, servire. Non solo in questa chiesa, che patisce l’offesa del

tempo e la povertà dei materiali che l’hanno costruita. E’ piuttosto là fuori. Tra i poveri. Tra gli indifferenti. Nei cuori di chi cerca una speranza e non sa uscire dal la-mento. Di chi si lascia distrarre dal rumore del mondo, ma non è felice. Tra i giovani che soccombono alla noia e non trovano una ragione per impiegare meglio il proprio tempo. Li sentite? Sono vicini, proprio in corti-le stanno giocando a pallone. Ma se manca il pallone vanno bene anche le lattine, tirate con violenza, quasi apposta per far danno”.Chissà se anche noi, come don Ca-millo, a questo punto, troveremmo il coraggio di rispondere “Avete ragio-ne. Perdonatemi Signore”.

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Perseguire la Libertà religiosa anche questa è dignità umana!

LA MESSA DELLA PACE COME IMPEGNO CIVILE di Carmen Colonna

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In occasione della rinnovata giornata per la pace, il primo gennaio passato, voluta dal caro Papa Giovanni Paolo II, si sono riunite in Lissone le varie associazioni di volontariato che da anni sono impegnate nella costruzione di una società più civile. E’ stata celebrata poi una Santa Messa da Don Vimercati, parroco della chiesa S. Maria Assunta e Decano in cui si sono ribaditi i principi e le condizioni da seguire per ottenere la pace nella nostra quotidianità come già ricordato da Papa Benedetto XVI. Il messaggio incentrato sulla Libertà religiosa come via per giungere alla Pace, è ri-sultato particolarmente attuale in una società in cui le barbarie fi siche, le discriminazioni sembrano farla sempre più da padrone. In qualità di cristiani siamo chiamati a ricercare la pace e a guardare all’altro con occhi di comprensione e compassione sapendo che la stessa libertà religiosa è un valore da riconoscere come proprio della dignità umana.

Primo giorno dell’anno, giorno della pace. Si prega per ottenere un dono tanto pre-zioso, in sintonia con la volontà di Giovanni Paolo II, che stabilì il 1 gennaio data spe-ciale. La S.Messa della pace, celebrata in questo giorno, alle 18.00, in Prepositurale, fu una delle prime iniziative promosse da don Pino Caimi, ora parroco della Comu-nità S.Teresa Benedetta, fin dall’inizio del suo ministero lissonese. Un’idea apprez-zata, che non ha mai patito stanchezze. Ci si augura possa continuare, anche dopo l’avvicendamento ai vertici della comuni-tà. Don Pino la volle come manifestazione dell’impegno dei cristiani nella società civi-le. Per questo sono tradizionalmente pre-senti le associazioni di volontariato, Avis, Croce verde, Vigili del fuoco, associazioni militari, come Marinai d’Italia, Combattenti

e reduci. Ospiti Sindaco, consiglieri comunali, Polizia locale e Carabi-nieri. E’ consuetudine che sia pro-prio l’Amministrazione pubblica ad offrire la cera per le funzioni reli-

giose che si svolgeranno durante l’anno. Nel primo giorno del 2011 la celebrazione è stata presieduta da don Tiziano Vimercati, parroco di S.Maria Assunta e Decano. «For-se è cambiato qualcosa, dopo 44 anni di giornate della pace? – si è domandato don Vimercati, durante l’omelia – Viene quasi da scorag-giarsi. Sperare sembra un compito impossibile. Eppure i messaggi dei

Papi hanno indicato i pilastri della pace, le condizioni per ottenerla, la giustizia da per-seguire». Benedetto XVI ha definito la “Li-bertà religiosa, via per la pace”, ricordando all’inizio del messaggio che quest’anno è stato segnato “dalla persecuzione, dalla discriminazione, da terribili atti di violenza e di intolleranza religiosa. (…) Il diritto alla libertà religiosa è radicato nella stessa di-gnità della persona umana”. Don Vimer-cati, riferendosi al messaggio papale, ha detto: «Il fanatismo religioso semina odio. Facciamo un proposito, questa sera, an-dando a casa. Decidiamo di fare pace. Di guardare con occhio diverso i vicini di casa. Male e bene sono dentro il proprio cuore. La realizzazione della pace parte dal basso e può fare moltissimo».

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Essere una cosa sola in Cristo grazie al dono dello Spirito

LA SETTIMANAECUMENICA di Carmen Colonna

Nella settimana ecumenica conclusasi il 25 gennaio scorso, la nostra comunità ha voluto celebrare con Don Pino l’importanza di continuare a lavorare per l’unità del popolo di Dio sparso nel mondo affi -dandosi allo Spirito e domandando a Lui la grazia di una nuova Pentecoste.L’unità dei cristiani parte da vicino, dalle nostre parrocchie, è qui che impariamo a testimoniare in prima persona la bellezza della fede che va coltivata e donata agli altri. Essa si rivolge a ciascuno di noi, senza esclusioni di genere, suscitando un più autentico il desiderio di pregare per quei cristiani che abitano in terre lontane e parlano lingue differenti. Come in un monastero invisibile noi e loro ci senti-remo così una cosa sola. E’ Cristo che lo vuole.

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«Ho voluto esprimere la nostra comunione frater-na. L’unità dei sacerdoti e dei laici nella Comuni-tà Pastorale è un segno piccolo, quotidiano, che rimanda all’ecumeni-smo, all’unità delle Chie-se» così don Pino Caimi durante l’omelia della S.Messa celebrata sa-bato 22 gennaio, in Pre-positurale, in occasione della settimana per l’uni-tà dei cristiani. «Unità è il segno che Gesù stes-so ha voluto come fon-damentale dell’identità cristiana – ha proseguito il parroco – Pilastri della vita della Chiesa sono la Parola di Dio, la celebra-zione Eucaristica, la pre-ghiera e la Comunione. Anche nella nostra realtà dobbiamo impegnarci a realizzare unità: non of-fendere, non puntare il dito, fare posto all’altro, testimoniare la bellezza e la ricchezza della fede. L’Ecumenismo spirituale è possibile a tutti e deve diventare un impegno quotidiano tra noi». Il Card. Walter Kasper, ora presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, ricordando ciò che diceva l’abate Paul Couturier di Lione, sottolineava che l’ecumenismo spirituale è un mona-stero invisibile: “In un monastero vi-sibile, i monaci vivono e pregano insieme, nel monastero ecumenico invisibile i cristiani di Chiese diverse, in diversi Paesi e continenti, vivono separati, pregano in lingue differenti e in luoghi differenti. Ciononostante

sono tutti uniti dallo stesso desiderio: essere una cosa sola in Cristo”.Il Cardinale ha ancora ricordato un concetto fondamentale: “dobbiamo lavorare sodo per l’unità di tutto il po-polo di Dio, l’unità però non è un’ope-ra e un successo umano, ma un dono dello Spirito, il dono di una rinnovata Pentecoste”.

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I nostri piccoli al centro

FESTA DELLA FAMIGLIA IN COMUNITA’ La redazione

Un momento simbolico come quello dello spezzare il pane rappresenta un invito a rifl ettere sull’im-portanza della condivisione come grande opportunità di relazione e crescita non solo per, ma anche e soprattutto tra le famiglie. Si fa’ sempre più viva, infatti, l’esigenza di un sostegno concreto alle famiglie, a partire dalla consapevolezza che la sinergia tra diversi soggetti educativi e l’apertura alla relazione può signifi care un vero contributo in favore della famiglia stessa e della comunità locale.

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Domenica, 30 gennaio si è fatta memoria della S.Famiglia di Gesù. Nel-le celebrazioni principali delle 5 parrocchie della Comunità pastorale si è ripetuto il gesto suggesti-vo della benedizione del pane, da spezzare poi a tavola con i propri fami-liari. Così ha scritto don Pino Caimi sull’informa-tore: “Mamma e papà spieghino ai loro piccoli il significato del mangiare insieme come momento di profonda comunione anche nella preghiera”. Molte grazie, con affetto, ai panettieri lissonesi che hanno collaborato alla’iniziativa. In linea con il tema proposto dalla diocesi ambrosiana ‘I nostri piccoli al centro’, alla S.Messa delle 11.15, in Prepositurale, sono state invita-te le giovani coppie di tutte le parrocchie con i loro bambini. Ad ogni famiglia è stato donato un vasetto di primule, preparato in collaborazione con il Centro Aiuto alla Vita. Ci si è collegati così alle manifestazioni di domenica 6 febbraio, giornata per la vita, che la diocesi ha intitolato ‘Una piccola impronta di Dio nella storia di tutti’, rima-nendo nel tema dell’attenzione all’infanzia. Nella Comunità sono state molte le iniziati-ve: dalla raccolta alimentare realizzata dai ragazzi del catechismo; agli incontri di for-mazione con volontarie CAV, adolescen-ti, giovani e i loro educatori; alla raccolta straordinaria di materiale nuovo o in ottimo stato, per bimbi fino ai 3 anni, presso la Scuola per l’infanzia Maria Bambina.Sono stati i piccoli a stare al centro, que-

st’anno, di tutte le tradizionali gior-nate previste tra gennaio e feb-braio e celebrate nelle singole co-munità cristiane. Come un’unica coerente trama, Festa della fa-miglia, Giornata della vita, Gior-nata mondiale

del malato e Giornata della solidarietà appaiono riunite nel medesimo grande “cartellone”, tessute insieme dalla ricca parola evangelica: “Lasciate che i piccoli vengano a me”. E così, il versetto di Luca viene declinato in quattro diverse tonali-tà, a ricalcare la sottolineatura pastorale di ciascun appuntamento, tenendo sullo sfondo l’appello rivolto ai piccoli dall’arci-vescovo Tettamanzi: «Carissimi bambini, diventiamo santi non per le nostre capa-cità e i nostri meriti, ma per tutto ciò che Gesù è capace di fare per noi e con noi. Con la forza che riceviamo in dono ci im-pegneremo per la pace e la vera comu-nione nelle nostre famiglie, nella Chiesa e nella società». Una vera e propria scom-messa, nell’anno che apre il decennio dedicato dai Vescovi italiani al tema e alla sfida dell’educare: riconoscere la ricchez-za e l’unicità della presenza dei bambini al centro della vita familiare e quindi anche della comunità cristiana, seguendo l’invito di Gesù a farsi piccoli come i bambini per guadagnare il Regno dei cieli.

(dal sussidio preparato dal Serviziodiocesano per la famiglia)

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Giornata della vita consacrata

CON LE SUOREDEL DECANATO di Cristiana Mariani

La vita consacrata è l’immagine più alta di quella vocazione che può far «crescere» ogni uomo.Nella povertà evangelica, ci si educa a riconoscere in Dio la sola vera ricchezza, che libera dal materia-lismo avido di possesso e insegna la solidarietà con chi è nel bisogno; nella testimonianza gioiosa della castità si trova un riferimento sicuro per imparare a ordinare gli affetti alla verità dell’amore; nell’ob-bedienza, la libertà viene educata a riconoscere che il proprio autentico sviluppo sta solo nell’uscire da se stessi, nella ricerca costante della verità e della volontà di Dio.

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“Non ci si educa alla vita buona del Vangelo in astratto, ma coinvolgen-dosi con Cristo, lasciandosi attrarre dalla sua persona, seguendo la sua dolce presenza attraverso l’ascolto della Parola, la celebrazione dei sa-cramenti e la vita fraterna nella co-munità ecclesiale. È proprio la vita fraterna, tratto caratterizzante la con-sacrazione, a mostrarci l’antidoto a quell’individualismo che affligge la società e che costituisce spesso la resistenza più forte a ogni proposta

educativa”. Così il Papa Benedetto XVI nel mes-saggio per la quindice-sima giornata mondiale della Vita Consacrata. Ancora una volta l’ac-cento è sull’educazio-ne, sul passaggio va-loriale tra generazioni. Non può avvenire senza testimonianze concre-te. E i consacrati sono l’esempio che la vita piena e soddisfacente proposta dal Vangelo si possa realizzare. Il decanato di Lissone ha ricordato la giornata dei consacrati con una S.Messa, concelebrata dal decano don Tiziano Vimercati, don Pino Cai-mi e altri sacerdoti della comunità, in Prepositu-rale. Presenti le suore del decanato di Lissone appartenenti a varie con-gregazioni, operanti in diversi campi, da quello infermieristico, come le suore di S.Carlo, a quel-lo educativo come le suore di Maria Bambina e le Sacramentine della scuola per l’infanzia di S.Margherita. Facevano parte del gruppo anche due consacrate laiche. Nell’omelia don Tiziano ha sottolineato come la persona che decida

per la consacrazione, fissi il proprio sguardo in Cristo, lasci tutto e lo se-gua «Come in un rapporto sponsale più dà e più riceve. Non si aggrappa alla saggezza umana, all’ingannevo-le buon senso, vive in concreto ogni giorno la propria scelta radicale. Di-venta segno di contraddizione, testi-mone non per mestiere, ma per con-vinzione di vita».

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La Caritas Decanale si prende cura delle persone

PROGETTOINCONTRO di Cristiana Mariani

PROGETTO INCONTRO nasce dalla rifl essione della Caritas che ha conosciuto le proble-matiche dell’assistenza domiciliare attraverso i Centri di Ascolto. Grazie ai numerosi colloqui che i volontari e gli operatori dei Centri di Ascolto hanno fatto con famiglie italiane e con donne, in prevalenza straniere, si sono potuti osservare e focalizzare due “bisogni” paralleli ma strettamente connessi: quello delle famiglie, con il problema dell’assistenza all’anziano, e quello delle assistenti familiari, più comunemente chiamate badanti, con il problema della ricerca di un lavoro.

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«Noi cristiani non possiamo far finta di niente – esordisce con calore Armanda Santamaria, responsabile della Caritas decanale, illustrando il progetto Incontro – Le relazioni tra persone non possono essere trattate secondo i termini della do-manda e dell’offerta commerciale!»La questione in campo è quella dell’as-sistenza degli anziani tramite assistenti familiari (le badanti, come le chiamiamo tutti). «Ci sono tre realtà che hanno pre-cise esigenze, fragilità, desideri – spiega Armanda – Ci sono le persone da assi-stere, le donne (sono in maggioranza) che fanno questo servizio, le famiglie che le richiedono e le accolgono. Lo scopo di Progetto Incontro, una realtà appena nata, promossa dalla Caritas decana-le in collaborazione con la cooperativa Novo Millennio e lo Sportello badanti di zona, è quello di creare relazioni positi-ve e rassicuranti tra le vari componenti. Non riducendo tutto a semplice rapporto di lavoro». Quando ci si trova in situazione di emergenza perché un parente viene dimesso dall’ospedale o ha una sofferen-za per cui non riesce più a cavarsela da solo, lo sappiamo tutti, la famiglia deve correre a cercare aiuto, impossibile, trop-po difficoltoso occuparsi di chi non è più autosufficiente per lunghi periodi. Proget-to Incontro fornirà assistenza qualificata tramite un’assistente sociale e una psico-loga che prenderanno contatti con la fa-miglia e con la persona che ha bisogno di

aiuto per comprenderne le esigenze. Poi attraverso il database dello Sportello ba-danti saranno proposte almeno tre perso-ne adatte e si organizzeranno l’incontro. Non solo, l’assistente sociale si farà cari-co di una verifica durante il primo mese di ‘convivenza’. «Nello stesso tempo – pre-cisa Armanda Santamaria – chiediamo che chi si rivolge a noi accetti un percorso di progetto che dia anche alle assistenti familiari la possibilità di usufruire del so-stegno della psicologa. Anche per loro la vita non è facile, lontano dal proprio Pae-se, dai figli e parenti … a servizio continuo di anziani spesso esigenti fuori misura … La Caritas ha il dovere di attuare un pro-getto educativo che guardi prima di tutto alle persone».

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Il sogno che continua nella Luce del Risorto

ALESSANDRO UN SALUTODI GRAZIA E DI PACE di Carmen Colonna

Tra i punti più salienti della messa di don Davide per il nostro caro Alessandro spiccano l’invito al coraggio, a non aver paura delle tenebre grazie alla gioia costante della Fede che non ci lascia mai soli, il desiderio di condividere i propri sogni con gli altri che talvolta diventano strumenti di Dio per la realizzazione dei nostri sogni più profondi. La numerosa e sentita partecipazione alla cerimonia dimostra ancora una volta che il legame tra noi ed Alessandro è ben saldo: da lassù, come un angelo, egli continua la sua missione.

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“Il tempo è medico” si usa dire a chi è ferito da gravi disgrazie o terribili lutti. Questa espressione consola solo in parte. Sono invece la fede e l’abbandono tota-le in Dio che possono veramente rasserenare quando nella nostra vita si presentano momenti duri e dolorosi. Lo ha testimoniato la fa-miglia di Alessandro Galimberti, il giovane seminarista morto sei anni fa, volto ben noto in tutta la nostra comunità. Una S. Messa per ricor-darlo è stata celebrata lo scorso 3 gennaio, in Prepositurale, dal fra-tello don Davide, insieme allo zio don Ambrogio Colombo, don Pino Caimi, altri sacerdoti della Comu-nità e compagni di seminario. «Mi piace immaginare Alessandro che ci dà un saluto di grazia e di pace in Dio, padre nostro – ha detto

don Davide, riferendosi alla lettura dell’apostolo Paolo – Come Pao-lo saluta il giovane collaboratore Timoteo, così lui saluta me e tutti noi dalla luce del Risorto. Sicura-mente ci incoraggia a non avere paura delle tenebre. Vuole soste-nere i nostri passi nel cammino della fede, in comunione con la dimensione di luce in cui vive per sempre». Nella prima lettura della celebrazione si raccontava il so-gno di Nabucodonosor, sovrano di Babilonia, interpretato dal pro-feta Daniele, e ancora don Davide ha sottolineato un riferimento alla vicenda di Alessandro «Aveva un sogno, un grande sogno. Non l’ha tenuto per sé, ha lasciato che altri lo interpretassero, per realizzarlo». Infine, con il Vangelo che narrava l’episodio dell’anziana profetes-sa Anna davanti a Gesù Bambi-no, don Galimberti ha espresso la gioia che quotidianamente riceve chi crede «Per questo innalziamo la lode». All’evento commemorati-vo tanti sono stati gli amici e cono-scenti che hanno voluto ritrovarsi in chiesa. Questo sottolinea anco-ra una volta che Alessandro non si può dimenticare. Nonostante si faccia fatica a non far salire le la-

crime agli occhi, è salda una certezza: lui vive in mezzo a noi e continua a parlare ai nostri cuori.

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Il volontariato: una missione di vera fede

ADOLESCENTI AL SERMIGE AL COTTOLENGO di Emanuela Ciprì

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Il mese di gennaio vede i nostri ragazzi coinvolti in un’intensa e toccante esperienza di volonta-riato presso il Cottolengo o piccola Casa della Divina Provvidenza e Il SERMIG (SERvizio MIssionario Giovani), un’ istituzione nata a Torino il 23 maggio 1964 da un’intuizione di Ernesto Olivero e dall’impegno di un gruppo di giovani decisi a sconfi ggere la fame con opere di giustizia, a vivere la solidarietà verso i più poveri, a promuovere sviluppo, ma soprattutto intenti ad affermare il valore sacro della vita umana.

“Ultime notizie dal gruppo ADO”, così tito-la la comunicazione passata tra gli adole-scenti della Comunità Pastorale S.Teresa Benedetta. “Dal due al cinque gennaio 2011 abbiamo trascorso un soggiorno educativo a Torino – scrivono ancora i nostri - Siamo stati ospitati presso una struttura dei Salesiani. Questo viaggio ha permesso la scoperta e l’esperienza del volontariato di noi ragazzi presso il Cottolengo e il SERvi-zio MIssionario Giovani (il SERMIG di Erne-sto Olivero) , centro di accoglienza e di studio sulla pace ricavato da un arsenale di guerra”. Le parole sono scarne, le descrizioni tele-grafiche, ma si sente che ciò che è stato vissuto in un inizio dell’anno diverso, ha lasciato il segno. Sono partiti in 50, accompagnati da Suor Gianfranca Desilani e don Marco De Bernardi, più gli educatori del gruppo. «Abbiamo fatto qualche incontro di preparazione – spiega suor Gianfranca – lo testimoniano le notizie raccolte su facebook, in modo che ognuno potesse sape-re qualcosa di più sui luoghi che avremmo visitato. Poi abbiamo messo insieme qual-che dono da portare, le suore della Piccola Casa della Divina Provvidenza, più comu-nemente conosciuta col nome del suo fon-datore: il Cottolengo, ci avevano chiesto dei peluches, i ricoverati se li stringono al pet-to continuamente. Abbiamo fatto un po’ di passa parola e ci siamo ritrovati con borse strapiene. Al Sermig abbiamo partecipato

alle attività che la struttura or-ganizza per far sperimentare a gruppi di adolescenti come il nostro, la spiritualità della pace, dell’accoglienza, della restituzione, cioè del ricono-scere la vita dono di Dio». Non sono mancati momenti un pochino più turistici: “Ci sia-mo immersi nell’affascinante visita al Museo Nazionale del cinema, siamo stati rapiti dal-l’enorme Reggia di Venaria con il suo immenso giardino e dalla maestosità della Sacra

di San Michele. Siamo stati in preghiera e raccoglimento davanti alla Sacra Sindone – scrivono ancora i ragazzi - Diciamo grazie all’instancabile Suor Gianfranca, al mite ma fermo Don Marco e al gruppo degli scop-piettanti, spumeggianti, esuberanti, affida-bili animatori che sono stati i nostri accom-pagnatori. Siamo curiosi di sapere cosa ci riserverà il futuro”. Gioventù mai sazia di esperienze e di vita.

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Voglia di “evadere”e di rinascere

CINEFORUMSUL CARCERE di Emanuela Ciprì

“Tutta colpa di Giuda” è una commedia con musica scritta e diretta da Davide Ferrario. Il fi lm, vede la partecipazione di veri detenuti del carcere le Vallette di Torino, oltre che la gradevole presen-za di Luciana Littizzetto e numerosi musicisti della scena musicale torinese. L’opera mette in luce un progetto riabilitativo dell’Associazione Mario Cuminetti impegnata da anni nella struttura di Bollate dando valore all’aspetto della fi ducia che caratterizza le relazioni e la crescita umana.La Sala della Comunità non è nuova ad iniziative di formazione culturale di un certo rilievo.

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Nel mese di Gennaio, all’Excel-sior, per il ciclo di cineforum è stata organizzata la rassegna ‘Ora d’aria’. Valeva proprio la pena di alzarsi dalla poltrona davanti alla TV e partecipare. Il primo film proiettato, ‘Tutta col-pa di Giuda’, diretto da Davide Ferrario, era una gradevolissima storia ambientata nel carcere di Torino. «Il regista ha saputo trat-tare con leggerezza di stile, temi di spessore non indifferente» commentava il dott. Gianbattista Pini, conduttore della rassegna. Protagonista una giovane regi-sta di teatro d’avanguardia, che inizia un progetto riabilitativo con un gruppo di detenuti. Sia la gio-vane, che gli uomini, vengono sempre più coinvolti dalla voglia di esprimere i propri sentimenti, anche se non in linea con ciò che si aspettano direttore del carcere, cappellano e altre figure istituzio-nali. Dalle prime stentate letture di poesie il gruppo arriva a met-tere in scena la Passione di Cristo con coreografie da musical vera-mente coinvolgenti. Lo spettacolo però alla fine non si farà causa indulto. Esco-no tutti tranne uno, condannato a ‘fine pena mai’, come si dice in gergo. A film concluso ci si è domandati se davvero in carcere si possano vivere esperienze così belle. La risposta è stata la testimo-nianza di Alessandra Gaetani, volontaria dell’Associazione Mario Cuminetti, da anni impegnata nella struttura di Bolla-te. «La cosa più importante in carcere, è fare in modo che il tempo diventi utile. Grazie all’intervento di molti volontari, al collegamento con aziende e con l’uni-versità, a Bollate si organizzano corsi di ogni tipo. Si può imparare un mestiere, c’è una biblioteca efficientissima e molti, che non avevano mai preso un libro tra le mani, ne diventano frequentatori assidui. La legge italiana in materia di organiz-zazione carceraria è tra le più moderne ed efficaci, basta interpretarla bene, con una grande fiducia nelle persone e una decisa volontà di aiutarle a rimettersi in

gioco positivamente». Seconda pellicola della rassegna ‘Il pro-feta’ un racconto duro, ma di alto pregio cinematografico». Il regista Jacques Au-diard racconta una storia di sopravviven-za, quella del giovane Malik, condannato a sei anni di carcere, che si trasforma da vittima a criminale a causa di una società cieca e sorda al suo richiamo di aiuto. Pellicola pluripremiata: 6 César gli oscar francesi, Gran premio della Giu-ria a Cannes, in concorso come miglior film straniero agli Oscar Hollywoodiani, ‘Il profeta’ ha scandalizzato la Francia e il suo governo che si è sentito sotto accu-sa, in realtà, sembra riflettere e criticare non solo la società multietnica francese, bensì più in generale quella europea. Per l’occasione, il magistrato Olindo Canali, lissonese, impegnato in Sicilia contro la mafia, appassionato di cinema fin dai tempi in cui frequentava l’oratorio, ha commentato la proiezione.

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Communio2000: incontro di grande interesse

DOCUMENTO CEI SULLASFIDA EDUCATIVA di Piero Meroni

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Come ben ricordato da Papa Benedetto XVI, una delle maggiori sfi de educative rivolte alla Chiesa da qui al 2020 sarà quella di imparare a conformare la propria vita sulla buona Parola del Vangelo rendendoci così autentici protagonisti di una nuova evangelizzazione. Saremo testimoni credibili e la nostra sarà vera missione ecclesiale. Ci prenderemo cura della persona, della sua integralità aprendoci al Trascendente e alle problematiche familiari mettendoci in relazione con le agenzie sociali del territorio. Ci vengono richieste, come sottolinea Mons. Delpini, scelte specifi che in merito al tema educativo e la capacità di creare relazioni aperte all’ascolto, alla gratuità, alla carità cristiana e in generale la stabilità dei legami. Questi obiettivi possono essere portati avanti facendo leva sulle nuove fi gure educative che con competenza e passione si fanno carico delle famiglie concrete e mettono in evidenza risorse e proposte alternative per questo importante traguardo del futuro.

Gli Orientamenti pastorali per il de-cennio 2010-2020 si ispirano al tema richiamato più volte dal nostro caro papa Benedetto XVI, che vede nel pi-lastro della chiesa un riferimento sicuro per il proprio cammino spirituale sia in-dividuale che sociale e civile. Si tratta di offrire delle linee guida per una crescita concorde delle Chiese in Italia. Educa-re alla vita buona del Vangelo signifi-ca rendere Dio presente attraverso la Sua parola “viva” e piena di amore, per modellare la propria vita prendendone esempio e divenendo noi stessi auten-tici testimoni di fede

Introdotto dal Professore Don Sergio UB-BIALI, docente della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale e sacerdote in servizio nella Comunità Pastorale Santa Teresa Benedetta della Croce in Lisso-

ne, si è svolto in dicembre, nella Sala Maggiore di Casa Canonica l’incontro con Mons. Mario Delpini, Vescovo Au-siliare del Cardinale Dionigi Tettaman-zi, che ha presentato il documento della Conferenza Episcopale Italiana per i prossimi dieci anni sulla “sfida educativa” e intitolato “Educare alla vita buona del Vangelo” 1.Nell’ultima Assemblea Nazionale, svoltasi ad Assisi dall’8 all’11 novem-bre scorsi, i Vescovi italiani hanno svi-luppato gli Orientamenti pastorali del-l’episcopato italiano per il decennio 2010-2020 offrendo le linee di fondo per una crescita concorde delle Chie-se in Italia nell’arte delicata e sublime dell’educazione.In questo tema i Vescovi riconosco-no una sfida culturale e un segno dei tempi e, al tempo stesso, una dimen-sione costitutiva e permanente della nostra missione.

Mons. Delpini ha sottolineato che la mis-sione ecclesiale è di rendere Dio presen-te in questo mondo e di far sì che ogni persona possa incontrarlo, scoprendo la forza trasformante del suo amore e della sua verità: il tendere a vivere con uno stile nuovo e caratterizzato da tutto ciò che è bello, buono e vero.È questo il tema a cui più volte ci ha ri-chiamato il Papa Benedetto XVI, il cui Magistero costituisce il riferimento si-curo per il nostro cammino ecclesiale e una fonte di ispirazione per la nostra proposta pastorale.La Chiesa esiste per comunicare: è essa stessa tradizione vivente, tra-smissione incessante del Vangelo ricevuto, nei modi culturalmente più fecondi e rilevanti. Nel nucleo essen-ziale la tradizione è trasmissione di

1 Cfr. CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Educare alla vita buona del Vangelo, Orientamenti pastorali dell’Episcopato Italiano per il decennio 2010-2020, Edizioni Dehoniane Bologna 2010, pag. 94, ISBN 978-88-10-11304-2.

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cultura, fatta di atteg-giamenti, comporta-menti, costumi di vita, idee, conoscenze, espressioni artistiche, religiose e politiche.In realtà, la scelta di dedicare un’attenzio-ne specifica al cam-po educativo affonda le radici nel IV Con-vegno Ecclesiale Na-zionale che si è svolto a Verona nell’ottobre 2006, con il suo mes-saggio di speranza fondato sul “sì” di Dio all’uomo attraverso suo Figlio, morto e ri-sorto perché avessi-mo la vita.Mons. Delpini ha, quin-di, illustrato i seguenti contenuti qualificanti il documento della Con-ferenza Episcopale Ita-liana intitolato “Educa-re alla vita buona del Vangelo” oggetto del-l’incontro:

1. L’intenzione educativa come cura per la perso-na nella sua integralità, in vista della sua autenti-ca realizzazione 2.2. Il contributo decisivo che l’educazione riceve dall’apertura alla trascendenza e, perciò, dalla relazione con Dio secondo il Vange-lo di Gesù.3. L’originaria e prioritaria responsabili-tà educativa della famiglia, unitamente alla problematicità e debolezza della sua configurazione attuale (famiglia, coppia, genitori) 3.4. L’intrinseca pertinenza dell’impegno educativo della Chiesa, intesa come comunità cristiana nella sua pastorale ordinaria, nella catechesi (iniziazione cristiana, liturgia) e nella carità, nell’ar-ticolazione territoriale della parrocchia, e nella pluralità delle aggregazioni ec-clesiali.5. La pratica educativa come pratica di relazione interpersonale inserita nel contesto sociale e istituzionale, e della scuola.6. La necessità di una alleanza tra le di-verse agenzie educative a sostegno della famiglia e a servizio della persona.7. Le caratteristiche sfide che la situazio-ne attuale propone all’opera educativa.

Il confronto avviato tra i Vescovi durante l’Assemblea generale ad Assisi ha an-

che mostrato il rischio di una certa gene-ricità dei discorsi, e talvolta la sensazio-ne di impotenza e di smarrimento. Forse tali sintomi segnalano una certa indeterminazione dell’argomento, o una impraticabile pretesa di dominare tutta la realtà.È, quindi, auspicabile qualche ulteriore precisazione, qualche scelta più spe-cifica, unitamente a investimenti più fi-duciosi per favorire l’emergere di nuo-ve risorse, stimolando la disponibilità e la competenza con proposte educati-ve valide.Mons. Delpini ha, infine, risposto alle numerose domande poste dai presen-ti con tutti i risvolti per mettere in luce le esperienze positive su cui far leva, le relazioni aperte all’ascolto, alla stabilità dei legami e alla gratuità. Il dibattito ha evidenziato l’importan-za della promozione di nuove figure educative, e della valorizzazione delle persone coinvolte nello “stare accanto alle famiglie”, cioè nel farsi carico delle famiglie concrete e dei ruoli genitoriali nell’attuale situazione.

2 Cfr. CAFARRA CARLO, L’Educazione: una sfida urgente, Edizioni Dehoniane Bologna, pag. 64, ISBN 978-88-10-92813-4.3 Cfr. UFFICIO NAZIONALE della CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA per l’EDUCAZIONE, la SCUOLA e l’UNIVERSITA’, Servizio Nazionale della CEI per il Progetto Culturale, Le Sfide dell’Educazione, Edizioni Dehoniane Bologna 2007, pag. 368, ISBN 978-88-10-72130-8.

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Preghiera per l’unita dei Cristiani e impegno sociale

UNITA’D’INTENTI di Franco Dassi

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Commento del tutto personale allo svolgersi del calendario ecclesiale nella nostra Comunità e nel mondo. L’unità dei cristiani vista non solo come unione di preghiera, ma anche come unanimità di opinione su valori non negoziabili.

Ogni anno, nel mese di gennaio, si prega per l’unità dei Cristiani, ma, in considerazioni del nostro tempo, contrassegnato da contrapposizione a volte insanabili, ri-tengo urgente pre-gare ancor prima, per l’unità dei cat-tolici impegnati nel-le Istituzioni, nelle strutture sociali e di volontariato.Giustamente la Chiesa da qualche tempo ha abban-donato il collate-ralismo verso un qualsiasi partito, ritenendo i fede-li maturi per delle scelte responsabili su etica e morale. Purtroppo si deve constatare con rammarico, che troppe volte, questi, impegnati nei di-versi ambiti politici, sono zittiti o emar-ginati adducendo il pretesto che in pri-mis deve prevalere l’interesse di schie-ramento.Forse che la Chie-sa è venuta meno all’impegno di pro-clamare la Parola e testimoniare con gesti la sua scelta privilegiata verso gli ultimi? Non credo, però troppe volte fra i Pastori e pur fra gli stessi fedeli laici, esistono divergenze che anziché indirizzare i credenti su scel-te responsabili, li disorientano.Di tutto ciò, in questi ultimi tempi si sono resi conto gli stessi Vescovi, che attraver-so appelli e pronunciamenti, sui giornali, in televisione e nell’assemblea della CEI, chiedono che si ritorni ad un clima di con-fronto pacato, rispettoso delle diversità, ma anche si riaffermino i principi mora-

li che devono guidare un credente nelle sue scelte Che fare? Fermo restando i l principio per i l quale non si deve tornare al colla-teralismo, tuttavia, a mio avviso, si potrebbe insistere sull ’ informazione e formazione dei credenti r iguardo le modalità di comportamento nel-le ist i tuzioni, che devono essere al servizio dei cittadini.

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Laici impegnati a vivere la chiamata alla santità

NELLA VITADI OGNI GIORNO di Franco Dassi

Un gruppo ecclesiale che ha una lunga e gloriosa storia, ma che ora soffre, come tante altre associa-zioni, di scarsa partecipazione. L’Azione Cattolica fi n da principio ha scelto di rispondere alla vocazione missionaria, mettendosi a servizio della vigna del Signore nelle singole Chiese locali, in fedeltà a quanto il Concilio ha chiesto a tutti i laici.

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Azione Cattolica. La storia Nasce nel 1868, ad opera di Mario Fani e Giovanni Acquaderni, inizial-mente chiamata “Società della Gio-ventù Cattolica, nel 1905, su indica-zione di Papa Pio X, assume il nome di Azione Cattolica, quale nucleo di un laicato, al servizio della Chiesa e dei suoi Pastori. Compito specifico dell’Associazione è la formazione cristiana dei battez-zati, che con l’esempio e il loro impegno, contribuiscano a pacificare gli animi e ren-dere le persone adulte nelle scelte di servi-zio in Comunità e per la società civile.Fra le sue schiere nel corso degli anni, sono da annoverarsi persone di pre-stigio quali: professor Lazzati Rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuo-re, Giorgio La Pira, Sindaco di Firenze, Giuseppe Dossetti, politico e successi-vamente frate Francescano. Santi me-dici: come Pier Giorgio Frassati e Giu-seppe Moscati, Gianna Beretta Molla, e molti altri ancora.

L’A. C. in Lissone In un tempo non molto lontano, l’A. C. era costituita da gruppi di ragazzi, adole-scenti e adulti. Purtroppo con il passare degli anni, la partecipazione alla vita del-l’Associazione è relegata ad un gruppo ristretto di soli adulti. Questi si ritrovano periodicamente a livello locale, per una formazione su di un sussidio edito dalla associazione nazionale. Atri incontri formativi si tengono nel Deca-nato di Lissone, che comprende i comuni di Sovico Biassono, Macherio e Vedano, sulla “Lectio Divina”, a partire dalla Sacra Scrittura.Tutti gli incontri sono aperti ad ogni adulto che voglia interessarsi all’ambito di impe-gno sociale e di formazione spirituale.Il giorno dell’Immacolata Concezione, 8 dicembre di ogni anno, è dedicato alla festa dell’adesione, per l’ occasione viene ricordato il significato dell’appar-tenenza all’Associazione al servizio del-la Chiesa. Riportiamo quanto è stato detto al-l’inizio della Celebrazione Liturgica dello scorso anno.“… Aderire all’Azione Cattolica, è una

scelta personale che esprime la propria appartenenza a Cristo e alla Chiesa Uni-versale. Dice, pur nella semplicità di un gesto e di una tessera, un impegno di vita Cristiana fondata sul Vangelo.E’ anche una scelta pubblica, dinanzi alla Comunità e per la Comunità parrocchiale e Diocesana.E’ l’espressione di una responsabilità lai-cale verso la Chiesa e la società.In un’epoca segnata da divisioni, l’Azione Cattolica, pur nella sua semplicità, inten-de unire, crescere e costruire assieme una società più giusta e attenta ai bisogni della persona, nella problematicità della sua esistenza.”

Un invito e una propostaA partire da “Educare alla vita buona del Vangelo”, documento della Conferenza Episcopale Italiana, per orientamenti Pa-storali per il decennio 2010-2020.Viviamo un tempo di secolarizzazione, per il quale si è sempre più inclini a rele-gare la Fede ai margini della propria esi-stenza, o nel migliore dei casi a costruirsi una religione a proprio uso e consumo, dimenticandoci che la Buona Novella è la bussola che ci deve orientare verso la piena realizzazione umana in comunione con tutti.Da tutto ciò ne deriva l’esigenza di mettere in pratica il Vangelo, secondo l’insegnamento di Gesù Cristo e l’ in-dicazione dei Pastori. Ci rivolgiamo ai parroci, ai presbiteri tutti, in particolare a coloro che sono impegnati sul fronte della Pastorale giovanile, agli educa-tori, agli insegnanti, alle catechiste/i, perché nella formazione delle nuova generazione, possano suscitare il de-siderio di impegnarsi per la Chiesa e la società civile, prendendo in considera-zione la proposta di adesione all’Azio-ne Cattolica.

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Provvidenza e generosità per la chiesa da rimettere in sesto

INAGIBILE LA CHIESADELL’ORATORIO SAN LUIGI di Carmen Colonna

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Dallo scorso ottobre sono iniziati i controlli e la nostra bella chiesa, motivo di ritrovo dei giovani della comunità, non potrà più svolgere la sua funzione aggregativa iniziando dalle messe della dome-nica mattina e del lunedì sera. Verifi che della Tekno progetti hanno rilevato una chiara pericolosità del luogo legata alla criticità in alcuni punti di pavimentazione, volte ed archi. Nonostante il nostro sentito rammarico per l’accaduto unito a quello di Don Pino rimaniamo fi duciosi: la Provvidenza che in questi casi sappiamo manifestarsi insieme alla generosità dei cittadini frequentanti non ci deluderanno di certo. Già ne abbiamo avuto prova: la passata celebrazione dei caduti da qui ha voluto rendere il suo omaggio.

Da qualche mese c’è un cartello sul portale della chiesa dell’ora-torio San Luigi, in via don Colnaghi: sospesa la messa domenicale delle 10.30 – la messa delle 20.45 del lunedì si celebra nella chiesa dell’Addolorata. Cau-sa? La chiesa è sta-ta dichiarata inagibile. «Era da tempo che si pensava di verificare lo stato di sicurezza della chiesa – dice don Pino Caimi, parroco della Comunità Pasto-rale – In ottobre è sta-to dato mandato alla Tekno progetti Engi-neering di Vimercate, nella persona dell’ing. Nicola Brini, di proce-dere alla verifica sta-tica. Il sopralluogo è avvenuto il 25 ottobre scorso, alla presen-za dell’arch. Giovanni Arosio, a nome della committenza. Un’ulte-riore verifica si è svol-ta nei giorni 8, 9 e 10

novembre». Il documento pre-sentato dalla Tekno progetti ha confermato i timori sullo stato di sicurezza della chiesa. Così si legge: “l’intero edificio è carat-terizzato da fessurazione sulle volte della copertura (…) si rileva in corrispondenza dei lati lunghi un cedimento della pavimen-tazione (…) le analisi effettuate hanno evidenziato criticità delle volte e degli archi stessi (…) Per-tanto l’edificio sarà accessibile al solo personale tecnico auto-rizzato e munito di tutti i requisi-ti di sicurezza, per effettuare le operazioni necessarie all’interno

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del fabbricato stes-so”. «E’ con grande dispiacere – dice ancora don Pino - che si è dovuta chiudere al culto la nostra grande chie-sa dell’oratorio, Le previsioni non sono belle. Anche econo-micamente … Ora ciò che è più impor-tante è evitare pe-ricoli … Crediamo nella Provvidenza … e nella generosi-tà della nostra gen-te che ha sempre amato questa chie-sa, dedicata ai gio-vani che hanno dato la vita per il Paese». Proprio qui, ogni novembre, si svolge-va la celebrazione in onore dei caduti, alla presenza di autorità civili, militari e asso-ciazioni. Documenti tecnici e aggiornamenti ri-guardo la chiesa del-l’oratorio si possono trovare nel sito:www.comunitapasto-ralelissone.org

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La Benemerita vista da vicino

AL SERVIZIODEI CITTADINI di Cristiana Mariani

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Può capitare anche sulle pagine di una rivista parrocchiale di trovare argomenti che esulino un po’ dalla cronaca della vita comunitaria. Ci sono occasioni, spesso impreviste e impensate, che portano a conoscere più da vicino persone che si è abituati a veder ricoprire ruoli istituzionali.E’così che si scoprono tesori di umanità.

«Partecipo volentieri, tutte le volte che posso, alle celebra-zioni in chiesa che coinvol-gono i rappresentanti della vita pubblica della città – dice il maresciallo dei carabinieri, Roberto Coco – Ritengo che sia importante mostrare il vol-to di uno stato al servizio del cittadino. Noi carabinieri pos-siamo fare da collante tra isti-tuzioni e comunità cristiana».Lo si vede spesso, Rober-to Coco, nelle prime panche della Prepositurale, di fianco al sindaco e al comandante della polizia municipale. A don Pino non dice mai di no. E, in amicizia, gli ha confidato una cosa che ha detto a pochi altri: ha ricevuto la nomina a Ca-valiere dell’ordine al merito della Re-pubblica italiana, il più alto degli ordini istituzionali, conferito per “ricompen-sare benemerenze acquisite verso la Nazione nel campo delle lettere, delle arti, dell’economia e nell’impegno di pubbliche cariche e di attività svolte a fini sociali, filantropici e umanitari, non-ché per lunghi e segnalati servizi nelle carriere civili e militari”.

Forzando un po’ l’innata riservatezza del maresciallo, Comunitalternativa

ha voluto dedicargli queste pagine. Qualche domanda in modo semplice e amichevole perché è bello scoprire le persone al di là del ruolo che rico-prono, soprattutto quando sono ric-che di umanità e intelligenza.

Il maresciallo Coco racconta gli inizi della propria carriera militare: «Sono partito da casa subito dopo la matu-rità, ma già a sedici anni avevo fatto domanda per arruolarmi nell’Arma. Volevo essere libero e indipendente, anche se mio fratello maggiore, che mi aveva preceduto nella scelta, mi scriveva ‘qui è come in convento’». La definisce una vocazione, quella di fare il carabiniere «Se così non fos-

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se si rinuncereb-be in fretta». La sua vita è stata un continuo spo-starsi per l’Ita-lia, da Bergamo alla Valle d’Ao-sta in servizio di sorveglianza alle vacanze di papa Wojtyła, poi a Napoli, nella zona del Nolano, dove imperver-savano le bande criminale legate a Raffaele Cuto-lo. E non basta c’è stato anche Palermo con la p a r t e c i p a z i o n e a l l ’ o p e r a z i o n e Vespri siciliani.Fino al 2005 incarichi che solo ap-parentemente sembrano meno pe-ricolosi, a Cesano Maderno, poi a Mariano Comense. Dalla fine di quell’anno è messo a capo della sede di Lissone.«Una città viva – dice Coco – e tut-to sommato anche vivibi le. Basta guardare come si r iempie la piazza i l sabato pomeriggio. Anche se qui al nord i l passeggio non è molto in uso … a sud, un paesino di 3000 abitanti si r iversa tutto per le stra-de, a una cert’ora … Pensate cosa succederebbe se qui lo facessero in 40.000 ! Certo in una città gran-de ci sono dei problemi di ordine pubblico. Ma i l problema più dolo-roso è tante volte l’ indifferenza. La gente non si interessa più del vici-no, non si accorge se ha bisogno di aiuto. Mi è capitato (non a Lis-sone) di dover cercare un bambi-no di 11 anni scomparso da casa. Era riuscito a prendere un treno e ad allontanarsi molto dal suo pae-se senza che nessuno gli chiedes-se come mai, così piccolo, fosse in giro da solo».

Cosa chiede a Dio un maresciallo dei carabinieri, prima di iniziare la pro-pria giornata?«L’aiuto per fare le cose nel miglior modo possibile. Di mantenere la luci-dità indispensabile in ogni momento per fare il bene del cittadino».Pensa alla ‘misericordia di Dio’ quan-do si trova a fermare magari un ra-gazzo che fa quello che fa perché non ha una famiglia, è cresciuto in un ambiente che non l’ha favorito, vive un grande disagio …«Devo fare il mio mestiere, le regole della convivenza civile vanno rispet-tate. La misericordia sta nel salvare la dignità della persona».Cosa direbbe ad un giovane che volesse intraprendere una carriera

come la sua?«Quello che dico sempre a mio figlio: prima l’istruzione, è fondamentale. E poi devi esser pronto ad affrontare dei sacrifici».

Un carabiniere ha poco, pochissimo tempo libero. Il maresciallo Coco de-dica il proprio alla famiglia, ma se ne avanza ancora un pezzettino la pas-sione è la motocicletta.E poi … dalla cartelletta della sua scrivania tira fuori una grande foto del trasparentissimo mare calabrese … «Qui ho casa» dice.

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Umberto Mariani, del ceppo dei “Barza-nò”, è nato a Lissone il 27 marzo del 1901 da mamma Maria Brivio e da papà Enrico nella loro casa di Via Valle, ed è stato su-bito battezzato da don Pier Angelo Gavi-raghi, coadiutore in parrocchia. Dopo aver frequentato le scuole elementari e medie, si è iscritto al Collegio Rotondi di Gorla Mi-nore per intraprendere gli studi ginnasiali e, successivamente, al Seminario di Ve-negono per continuare con quelli liceali. Ma, già dopo il secondo corso, “attirato con entusiasmo dall’ideale missiona-rio”, nel 1921, è entrato nell’“Istituto delle Missioni Africane” dei Padri comboniani. “Appena messo piede in noviziato – han-no scritto i suoi biografi – sembrò trovarsi fuori posto. Non si immaginava che il ro-daggio alla vita di missione dovesse pas-sare nel silenzio di una casa dove tutto era regolato nei minimi dettagli. Per alcu-ne settimane sembrava muto: non parla-va con nessuno, neppure in ricreazione, tanto che i connovizi non sapevano come prenderlo. Poi un giorno si aprì a nuova vita e divenne novizio esemplare ...”.

Superati con qualche apprensione alcuni disturbi polmonari – che lo tormenteranno non poco più avanti nella vita, ma che non gli impediranno di tenere sempre in boc-ca un mezzo sigaro toscano - può con-tinuare e completare gli studi, compresi gli approfondimenti teologici. Può così celebrare, il 1° luglio del 1926, la prima Santa Messa – anche se su di un altare di fortuna - nella nostra nuova prepositurale da poco benedetta dal Cardinal Tosi ed in attesa della consacrazione che Mons. Pagani, Vescovo di Como, avrebbe of-ficiato in occasione della sagra del suc-cessivo ottobre. E’ stata la prima Messa in assoluto che è stata celebrata nella nostra nuova chiesa. I missionari comboniani A questo punto è giusto spendere due pa-role sui missionari comboniani per meglio comprendere la scelta religiosa di Padre Umberto. Si rifanno a Daniele Comboni, il loro fondatore, nato nel 1831 a Limone sul Garda e morto a Khartum in Sudan nel 1881. Educato a Verona, consacrato Vescovo dell’Africa Centrale nel 1887, è considerato lo stratega e l’apostolo della

Rallegriamoci anche di questo onore, innegabile vanto della nostra comunità ed orgoglio della sua stirpe: al concittadino Padre Umberto Mariani, per gli “eroici meriti” e le “particolari benemeren-ze” acquisiti in più di cinquant’anni di missione, a suo tempo è stato conferito il titolo di “Uffi ciale della Repubblica Italiana” ed è stata consegnata un’alta onorifi cenza dal Governo dell’Ecuador. Con lui si allunga la già corposa memoria di quegli stimati lissonesi che, con Fede, intelligenza, vigore, coraggio, dedizione e carisma hanno contribuito a dare grande dignità alla nostra rispettabile città, vitale, laboriosa e timorata.

Missionario tra gli Indios ed i Negritos del Sud America,cittadino benemerito dell’Ecuador e ufficiale della Repubblica Italiana

PADRE UMBERTOMARIANI di Silvano Lissoni

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nuova missionarietà in Africa: il suo mot-to era “O nigrizia o morte” e considerava la Fede l’unica arma con cui è possibile restituire a quelle genti la loro dignità. E’ stato proclamato beato da Papa Giovanni Paolo II nel 1996 e canonizzato nell’otto-bre del 2003. L’identità dei missionari comboniani è de-finita dalle “Regole di vita” dettate dallo stesso fondatore: “... essi sono una co-munità di fratelli chiamati da Dio e consa-crati a Lui mediante i consigli evangelici della castità, povertà e obbedienza per il servizio missionario nel mondo ... “. A Kartum, nel Sudan con Suor Regina Subito, nello stesso 1926, Padre Umberto apprende della sua prima destinazione e parte per l’Africa, per il Sudan, nella capi-tale Kartum, là dove il Nilo bianco si uni-sce al Nilo azzurro. Spende il suo aposto-lato nella procura della Missione per un paio d’anni, sino al settembre del 1928, prima di venir destinato a Bahr el Ghazal, il “fiume delle gazzelle”, nella regione me-ridionale del Paese, il cosiddetto “Sudd”, dove “la sua passione ed il suo spirito di iniziativa trovarono un campo enorme di lavoro nel quale si gettò senza risparmio di energia alcuna.” Siamo nell’Africa nera vera e propria, in un territorio popolato da tribù pastorali e da cacciatori abilissimi che vivono in capanne disposte in circolo attorno ad un grande spazio al centro del quale c’è sempre un albero alto e gros-so. Il personaggio più importante e più in-fluente del villaggio è lo stregone. Laggiù gli si ripresentano in modo molto grave quei disturbi polmonari di cui ab-biamo fatto cenno cosicché, solo dopo un anno, è costretto a lasciare la Missio-ne. Fortunatamente per lui, gli è vicina la sorella Suor Regina dell’Ordine delle Pie Madri della Nigrizia, alla quale i medici non nascondono la gravità della situazio-ne: così lo accompagna all’Ospedale del Cairo e gli fa da perfetta infermiera finché non ritiene che sia in grado di ritornare in

Italia e continuare le cure con relativa con-valescenza che Padre Umberto sopporta nel Trentino, a Fai della Paganella. “Soffrì molto per questo che lui chiama-va esilio in Patria - continuano le note a lui dedicate - anche perché il famoso mal d’Africa ed il costante pensiero del bisogno dei suoi fedeli sudanesi ave-vano avvolto il suo spirito”. Il che non gli ha impedito, anzi rafforzato la volontà, di riassumere in alcuni libri la sua esperienza missionaria africana: “Mamma, Addio!”, “Nigrizia Cristiana”, “I banditi del Kòjali”.Rimane in Italia, a Trento per la preci-sione, per 17 anni durante i quali ricopre con dedizione le cariche di “Superiore”, “Assistente generale”, “Economo gene-rale”, e “Responsabile dell’andamento delle scuole apostoliche”, tutto questo, naturalmente, nell’ambito dell’Istituto Comboniano.Può ripartire per l’Africa solo nel 1947, ma il suo stato di salute non gli permette di raggiungere e stabilirsi nel Sudan come vorrebbe: deve fermarsi in Egitto, al Cairo, e lì svolgere la sua missione come cap-pellano all’Ospedale italiano dove “si im-pegnò con tutta la sua vivacità assistendo i degenti, i confratelli e le suore.” In EcuadorAl Cairo Padre Umberto rimane per 6 anni, sino al 1953 – per un breve periodo as-sieme alla sorella Suor Regina - quando viene richiamato ancora a Trento per ri-prendere la già ricoperta carica di “Supe-riore”. Ma proprio in quel periodo l’Istituto Comboniano stava aprendo una nuova Missione nel nord dell’Ecuador, nella pro-vincia di Esmeraldas affacciata sull’Ocea-no Pacifico, più precisamente nel misere-vole, minuscolo villaggio di San Lorenzo, terra di infinita miseria morale e materiale. Le sue poche case allineate sul margine della costa, costruite con legno e bambù, versavano in condizioni pietose sia per la loro stabilità, sia per l’igiene. Le abitano gente di razza nera – i negritos – figli di ex

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schiavi portati lì dall’Africa duran-te il periodo della colonizzazione spagnola. Padre Umberto, dopo aver rinun-ciato a quella gravosa responsa-bilità in Trento, chiede di essere destinato laggiù, e viene accon-tentato. E’ lui stesso che in una corrispondenza con don Paolo Grimoldi ci descrive le tribolazioni del viaggio: “ ... quindicimila km. circa coperti con quindici ore di volo per arrivare a Quito, la ca-pitale ... Ormai restano 400 km. per raggiungere la mia stazione. E qui cominciano i guai! Il trenino che avrebbe dovuto portarmi a San Lorenzo il giorno dopo con quattordici ore di ... velocità, si è preso le sue vacanze: quindici giorni. E chi ha fretta, peggio per lui. Qui nessuno ci fa caso, ognu-no fa i propri comodi. Io, che ho un po’ di fretta, prendo un autobus – uo-mini quaranta più galline, verdure, frut-ta ed altre cose – e arrivo alla sede di Esmeraldas dopo altre quattordici ore di viaggio. Da qui, fra una settimana, con un battello passeggeri e merci, arrive-rò a San Lorenzo in otto ore ... se tutto andrà bene.” Sono i primi di settembre del 1954.(Sia Esmeraldas che San Lorenzo sono toccati dal Rio Esmeraldas che sfocia poi nell’Oceano Pacifico, ndr.)E questo è quello che vi trova: “ ... la mia casa era rialzata da terra di circa un metro ... non aveva soffitto, ma solo il tetto di zinco, crivellato di buchi ... alla sera, quando andavo a dormire, pote-vo contemplare una sarabanda di topi e di pipistrelli che, qualche volta nella zuffa, venivano a cadere sulla mia stes-sa branda ... appena fuori casa vi era un pozzo , un buco di un paio di metri con un barattolo mezzo arrugginito le-gato con una corda che serviva come secchio. Più volte, tirando su l’acqua, vi si trovavano resti in decomposizione di topi, lucertole e bisce ... il vitto lo pren-devo dalla cucina degli operai (stavano lavorando alla costruzione del porto e della ferrovia, ndr): in uno stesso pen-tolino la minestra, cioè un pugno di riso, fagioli, biada, sorgo e granoturco a pez-zi con il suo torsolo, una porzione di car-ne di maiale o di pesce, il tutto coperto da uno strato di grasso ... quando, una volta, ho visitato la cucina, mi è passata la voglia di continuare a mangiare così, tanto più che lo stomaco dava segni di protesta ... allora cominciai a cucinare io stesso, pesce se ne trovava facil-mente, così come la carne di maiale, in più banane a volontà ... “.

Senso del dovere Ha inizio, così, la sua opera missionaria in San Lorenzo. E’ solo, ma a lui va bene così: “ ... per me fu una vera fortuna, per-ché libero e padrone assoluto, potevo at-tuare a mio agio i miei progetti e consi-derarmi fondatore della Missione, onore ambìto da molti missionari ... “.Il suo stile di vita, di lavoro, lo spirito di pietà, di sacrificio, di zelo apostolico e di Fede che lo animavano, sono stati riassunti da chi, per anni, lo ha avuto

vicino con queste parole: “ ... la pun-tualità ed il senso del dovere che aveva inculcato negli altri era la sua vita stessa ... la preghiera, la Santa Messa, la me-ditazione, l’esame di coscienza, la visita al Santissimo del pomeriggio, il rosario, il breviario erano le tappe fisse della sua giornata, nonostante la stanchezza, il calore, le piogge ... La domenica, dopo la Messa delle 9 andava con un trenino sconnesso a circa 50 km. per celebra-re la S. Messa in qualche villaggio della foresta ( ... l’altare era posato su due bidoni vuoti ... ). Ritornava verso le 2 o le 3 del pomeriggio, mangiava qualche cosa ed era pronto per il catechismo agli adulti, poi ai ragazzi, poi ai giovani, così fino a sera. Alla fine e¬ra esausto, ma entusiasta della sua giornata.” “Volevo un cristianesimo genuino, com-pleto ed integrale – scrive Padre Umberto nelle sue memorie – non adatto alla loro mentalità ... per me si trattava di porre un fondamento solido, non formalistico, so-prattutto nei principi religiosi, morali e so-ciali ... o veri cristiani o continuassero ad essere pagani ! ... “.A questo spirito missionario va aggiunto lo spirito di servizio verso tutti, particolar-mente verso gli ammalati (ad esempio, ma ne proporremo degli altri) le cui tra-versie erano per la gran parte causate dall’acqua inquinata: tutti quanti beveva-no quella del fiume nel quale si immerge-vano per lavarsi, per lavare i loro stracci e dove conducevano gli animali ad ab-beverarsi. Certo e sicuro di questa grave responsabilità, “rompe le scatole a tutte le autorità di Quito” (sono parole sue) sino a quando trova nel dott. Conforti, funziona-rio italiano della F.A.O., la persona giusta che lo sostiene, lo aiuta nella perforazio-ne e nella costruzione di un pozzo: acqua chiara, pulita e potabile, un piccolo segno per un grande balzo in avanti nella qualità della vita.Dopo un po’ di tempo – scrive ancora Pa-dre Umberto non senza un pizzico d’or-goglio, dopo tutto quel nervoso tribolare - il medico del dispensario constata la quasi totale scomparsa delle malattie in-fettive intestinali.” (1 – continua)

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Rinnovamento e organizzazione. Questi gli obiettivi che la Conferen-za San Vincenzo di Monza e Brianza Sud vuole darsi. «Cercasi nuovi vo-lontari – dice il responsabile di zona, Roberto Cappellini – Lissone è una città ormai molto grande, la piccola sede in piazza Giovanni XXIII non è più adeguata, l’ideale sarebbe poter aprire centri di incontro in ogni par-rocchia della Comunità Pastorale, meglio ancora in tutta la città». Lo sportello di accoglienza lissone-se condivide la sede con la Caritas e, con diverse competenze, cerca di dare una risposta alle difficoltà di numerose famiglie. Sono 140 i nuclei familiari che si rivolgono alla S.Vincenzo, 350 persone circa, alle quali viene consegnato un pac-co alimentare una volta al mese. I generi di prima necessità provengono in maggioranza dal Banco Alimentare, ma anche dalle raccolte promosse da asso-ciazioni e parrocchie.

A Lissone un gruppetto di giovani dedi-ca un po’ del proprio tempo libero per la confezione e distribuzione dei pacchi. Ma il vero carisma di Federico Ozanam chie-de di avvicinare personalmente i poveri.«Il pacco è solo un door – open, un bigliet-to da visita per stabilire un rapporto – dice ancora Roberto Cappellini - Dà la possibi-lità di capire meglio le difficoltà materiali e morali delle famiglie che chiedono aiuto. Certo le necessità sono tante, a volte le persone non sanno dare una priorità. Per questo cerchiamo di stabilire dei progetti con la famiglia stessa. C’è un figlio che deve studiare? Il padre deve fare la pa-tente per poter trovare un lavoro? Si de-cide, per un periodo, di finalizzare gli aiuti in quel senso. E’ un modo di crescere e rendere responsabili».

La Conferenza S.Vincenzo ha 26 sedi sul territorio, 14 sono in Monza, dove c’è an-che l’asilo notturno, gestito da 30 volonta-ri, una delle pochissime strutture esistenti in zona. «Siamo un’organizzazione che ha tutte le credenziali di serietà e impegno – conferma Cappellini – Abbiamo ricevuto riconoscimenti, collaboriamo con le am-ministrazioni locali o con altre associazio-

ni di volontariato. E soprattutto ci fidiamo della Provvidenza, potrei raccontare più di un caso in cui ci è venuta in soccorso. Del resto questa è la via tracciata dal fon-datore» quel Federico Ozanam che fu universitario in Francia nel 1830, quando vennero chiuse le opere cattoliche di as-sistenza alla gioventù studentesca e volle manifestare la propria fede dandole un “fine pratico, attivo, di fede operante”.

Per maggiori informazioni: Conferenza di San Vincenzo de Paoli, via Giovanni XXII. Primo e terzo sabato/lunedì del mese.

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Dalle parole all’azione di fede attiva

CERCASIVOLONTARI di Emanuela Ciprì

Non vi pare che sia tempo di passare dalle parole all’azione e di affermare con le opere la vitalità della nostra fede?”. Queste le parole che hanno dato vita ad un cammino di fede e carità concreta che vede la Società di San Vincenzo de Paoli a fi anco di chi non trova spazio all’interno della nostra società. Il movimento nasce in seguito alla chiusura in Francia delle opere di assistenza cattolica a favore della gioventù studentesca, propone come fi nalità, condivisa dai laici, l’ossequio all’autorità della chiesa, la fraternità delle relazioni, la collegialità delle decisioni e la carità attiva che si mani-festa con visite alle case di famiglie povere. Il banco alimentare completa con zelo e sacra devozione questo percorso di fede in forma pratica e in maniera concreta.

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E’ stato coadiutore a Lissone, poi parroco a S.Eusebio di Cinisello

DON GIAMBATTISTA INZOLIDAL PERU’ La redazione

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Molti ricorderanno don Giambattista Inzoli, che fu coadiutore per l’oratorio nella parrocchia S.S.Pietro e Paolo, prima della creazione dell’Unità Pastorale. Ma forse non tutti sapranno che il sacerdote è partito per il Perù come missionario fi dei donum della diocesi di Milano. Cioè è tra quei presbiteri, diaconi e laici diocesani che vengono inviati a realizzare un servizio temporaneo in un territorio di missione dove già esista una diocesi, con una convenzione stipulata tra il vescovo che invia e quello che riceve ed il missionario stesso. Don ‘Titta’ ha realizzato il sogno coltivato da tempo, qui il racconto delle sue prime esperienze.

Mi azzardo a scrivere la mia prima let-tera dalla missione in Perù, a circa un mese dalla mia partenza …Devo comunque ringraziarvi ancora per il vostro aiuto e del vostro accom-pagnamento che é giunto fino alla so-glia dell’imbarco del volo verso Lima. Ero abbastanza emozionato ed ero abbastanza senza parole, vi ringra-zio ancora del vostro affetto, e vi dico che mi sento ancora accompagnato e mandato da voi Chiesa di Milano, mi sento accompagnato anche perché nonostante le molte difficoltà mi sento sereno, contento e con una forza che non viene da me, che viene dallo Spiri-to che ci unisce e che voi invocate per me.

Sono arrivato il 7 gennaio alla sera, affaticato per il viaggio, l’8 è sta-to giorno di presentazione ai preti mi-lanesi in Huacio e Barranca e il 9 alla

mattina con Don Antonio siamo andati a colazione dal Vescovo e con lui sia-mo andati a Sayán, Irrigacion santa Rosa per la Messa del mio ingresso nella Parrocchia Nuestra Siñora de la Merced, parrocchia eretta esattamen-te il mese prima, il 9 di dicembre. Sono arrivato alle 12.00, la gente aspettava con cartelli di benvenuto, ed io arrivavo con le mie due valigie. Ab-biamo celebrato l’Eucarestia di presa di possesso e poi un pranzo per tutti di accoglienza, noi preti, vescovo e suore al tavolo, gli altri seduti sulle sedie in-torno … qui fanno così! (in realtà c’era solo quel tavolo..)

C’è un bellissimo coretto di gio-vani che suonano molto bene.Dopo il pranzo un piccolo giro con la Toyota del Vescovo per vedere alcuni luoghi della parrocchia che é lunga cir-ca 30 Km e larga 32km anche se la parte più abitata é di 15Km per 10Km, con solo una strada asfaltata nel centro (circa 3 km) e un tratto di circa 20Km dalla panamericana al Ahorcado dove inizia la parte più abitata. Siamo arrivati di nuovo alla parrocchia che era notte.Questo piccolo settore é stato separato dalla grande parrocchia di Sayán che é la metà della diocesi di Milano. Per dirvi un dato, lo scorso anno, il parroco di prima che doveva seguire tutto, in un anno aveva fatto 50.000km in macchi-na, e tenete conto che la maggioranza sono strade sterrate e la parte di Sayán arriva fino a 4000 metri di altezza.

La zona che mi è stata affida-ta non è vastissima, ma dovrebbe contenere circa 9900 persone secon-do il censimento del 2007, anche se ora si può pensare ad un aumento di un altro 10/20%.La gente vive lavorando nei campi dei latifondisti e lo stipendio minimo non raggiunge i 200 euro, la vita costa poco, ma tutto ciò che viene dall’estero ha i nostri identici costi (medicine, macchi-ne, strumenti della tecnica..). La mag-gioranza delle famiglie non ha acqua

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potabile in casa, at-tinge dal canale che viene da Sayán per irrigare tutta la zona che era un deserto, senza alcuna vege-tazione.Il telefono cellulare non arriva dapper-tutto e il telefono fis-so ancora non c’é. Dove abito io non prende il cellulare e non c’è nemmeno internet, per scari-care la posta da in-ternet devo andare a Sayán, a 20 Km, per prendere la po-sta devo scendere a Huachio, circa 60 Km e così pure per fare benzina, devo andare a circa 50 Km da casa. Non tutti hanno la corren-te in casa e non in tutti i puebli hanno l’illuminazione.Nella zona centrale della parrocchia esistono tutti i problemi che esistono in tutte le parti del mondo: droga, pro-stituzione, violenza, la globalizzazione che sta distruggendo le tradizioni fami-gliari … il proliferare di sette e di nuovi gruppi religiosi …. C’è molto da lavora-re per il bene della gente.

Il giorno che sono arrivato hanno dato una notizia: che le suore Cap-puccine che sono qui da più di 10 anni se ne vanno. Sono tre e andranno in una zona più povera del Perú , questo mi dispiace molto, perché sono molto amate. Nello stesso tempo, la settima-na successiva, è arrivato un altro grup-po di religiose: due suore nuove sono venute ad abitare una casa regalata loro dal “dueño” (signore) di un fundo (azienda agricola), e hanno iniziato con me a girare la parrocchia.La gente la sto conoscendo, nei giorni liberi accompagnato da una delle suo-re cappuccine che se ne andranno.

Voi a questo punto mi chiederete: “di che cosa hai bisogno?” Per ora di nulla, se non della vostra preghie-ra. Con i soldi che ricevo da Milano per vivere e con quanto mi avete lasciato come dono, posso benissimo anda-re avanti e aiutare anche le suore che hanno molto meno di me. Ho bisogno del vostro sostegno nel-la preghiera e di sapervi impegnati in parrocchia, nella vostra parrocchia.Questo mi é di grande aiuto ed é per me una gioia.

La cosa importante è costruire la Chiesa di persone, di pietre vive, poi assieme vedremo i passi da fare e se avremo bisogno di un aiuto da una Chiesa sorella lo diremo. Ora é tem-po per me di conoscenza e tempo nel quale portare la cosa più importante

per cui sono venuto in missione: il Van-gelo e “nada mas” … un santo diceva “Cristo è tutto, il resto è nulla!”, ma noi molte volte facciamo del Tutto il nulla, del nulla il tutto. … per dirla con i pe-ruani “del todo la nada y de la nada el todo”La gente pensa che il prete che viene dall’Italia può arrivare con i soldi e con questi soldi possiamo fare molto, ma é necessario costruire prima la comunità di persone e questo è più difficile.Anche domenica 30 gennaio, il comita-to di un pueblo di circa 1000 abitanti mi ha chiamato per una riunione ufficia-le, per vedere un terreno, per vedere come costruire una cappella per i cat-tolici (qui le sette e le chiese protestanti sono molte). Sono andato e abbiamo visto il terreno e poi ho detto che se ci sono i soldi possiamo iniziare a recinta-re il terreno e lavorare insieme, facen-do il lavoro comunitario, che si chiama Faena (termine Inca) dove la gente la-vora per la comunità gratuitamente... così facendo lavoreremo insieme … e faremo la nostra cappella . Hanno cer-cato di chiedermi se potevo trovare in Italia dei fondi, ma ho fatto loro capire che la fatica più grande è costruire la Chiesa di persone, se c’è questa Chie-sa, quella di muratura cresce più facil-mente e meglio, ma dopo. Attualmente di questa popolazione nessuno viene a Messa alla domenica.

Vi ringrazio ancora e volevo dirvi che anche qui, come a sant’Eusebio, come a Lissone, come a Senago sto incontrando bellissime persone, bam-bini, ragazzi, giovani adulti a anziani che credono, che amano e che lavora-no con gratuità per gli altri. Anche qui incontro preti e religiosi molto bravi e poveri che danno la vita per il vangelo e per la gente. E di tutto questo ringrazio Dio, certo non mancano difficoltà , complessità, pro-blemi. Ma di questo non voglio tediarvi. I problemi se hanno una soluzione non sono più problema e se non hanno una soluzione non sono un problema.

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I danni prodotti dalla sigaretta sono tre-mendi, superiori a quanto si possa im-maginare e colpiscono su svariati fronti. Quello che in genere è chiaro a tutti è l’impatto sulla salute: la sigaretta con-tiene una miriade di sostanze dannose, ben 4000, tra cui si annoverano nicoti-na, monossido di carbonio, benzopire-ne, sostanze irritanti varie, sostanze ra-dioattive e polveri finissime. Purtroppo a essere danneggiati sono la quasi totalità degli organi. I bersagli più colpiti, come intuibile, sono i polmoni e il cuore.La nicotina e le altre sostanze irritanti, come l’acido cianidrico e la formaldei-

de, arrivano nei polmoni e danneggiano i normali filtri e sistemi di pulizia, riuscendo con molta facilità ad aggre-dire l’apparato respiratorio, rendendolo più debole e at-taccabile anche dagli altri in-quinanti ambientali, come il classico smog cittadino.L’apparato circolatorio poi, è il bersaglio preferito della nicotina e dell’Ossido di car-bonio; quest’ultimo riduce la quantità di ossigeno disponi-bile per tutti i tessuti (cuore in primis, cervello, muscoli …), mentre la nicotina, che è un vaso-costrittore, e cioè dimi-nuisce il calibro delle vene, accelera la formazione di “placche aterosclerotiche” nei vasi sanguigni, elevando il rischio di infarti e ictus.

Il cuore, come è noto, tra-sporta il sangue a tutto il corpo; per cui se le sostanze dannose del fumo riescono a vincere le normali barrie-re dell’apparato respirato-rio, va da sé che arrivino ad aggredire praticamente tutti gli organi. Così, tra gli altri: le ossa, i muscoli, lo sto-maco, la pelle, i capelli, gli organi riproduttivi, i reni e la vescica (incaricati di elimi-nare le sostanze dannose,

e quindi facilmente attaccabili).

Da non dimenticare poi che non sono i soli fumatori ad essere esposti a tutti que-sti rischi: il ‘fumo passivo’ è un flagello per i familiari e per chi sta vicino ad un taba-gista. È stato calcolato che i non fumatori che vivono a stretto contatto con i fumato-ri, aumentano il rischio di contrarre tumori al polmone del 20-30%.Fino a qualche anno fa, frequentare uffici e locali pubblici, come bar e ristoranti, era un vero e proprio martirio, dato che non si poteva fare a meno di inalare il fumo

In genere non si diventa fi sicamente e psicologicamente dipendenti dalle abitudini sane, come man-giare una mela ogni giorno, bere una tisana tutte le sere, fare un’oretta di passeggiata quotidiana; lo si diventa invece in relazione ad abitudini negative e pericolose. Una tra le peggiori che possano esistere è il fumo.Si tratta di un problema tutt’altro che trascurabile, dato che interessa 1,2 miliardi di persone al mondo e circa 12 milioni di italiani. La stima delle vittime premature del fumo si aggira sui 5 milioni di decessi all’anno, su scala mondiale, mentre soltanto in Italia il tumore polmonare costa la vita a 30.000 persone ogni anno. È interessante notare come il 60% dei fumatori si trovino nel sud del mondo e siano costituiti da moltissimi ragazzi e adolescenti, martellati dalle pubblicità delle multinazionali.

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EStare meglio impegnativo ma possibile

ADDIOAL TABACCO di Luigi Brivio

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prodotto da altri. Vergognoso.Grazie a Dio, dal 2005 nei luoghi sopra elencati non è più possibile fumare, se non in ambienti e sale appositamente separati. Il top verrà raggiunto quando si impedirà la pratica anche in abita-zioni, edifici privati e in automobile, dove d’inverno e con i finestrini chiusi, si crea uno scenario interno modello nube di gas soffocante!

Anche l’ambito ecologico-sociale non è risparmiato in questo discorso. Le pian-tagioni di tabacco necessitano di grandi quantità di acqua e di sostanze chimiche; in più cancellano foreste e sottraggono terreni che potrebbero essere destinati a coltivazioni alimentari.L’80% del tabacco mondiale viene ovvia-mente prodotto nel sud del mondo, da lavoratori poveri e sfruttati, esposti alle so-stanze nocive e pagati con salari ridicoli.Parlando della nazione Italia, ogni gior-no i 12 milioni di fumatori produco-no circa 180 milioni di mozziconi, che spesso vengono gettati dappertutto … in strada, nei prati, nei tombini, nelle toi-lette, nei fiumi e nei mari: addirittura il 37% dei rifiuti raccolti nel Mediterraneo sono costituiti da resti di sigarette. Fatto gravissimo, dato che il filtro di sigaretta impiega circa 5 anni a biodegradarsi.Ma anche qui la legislatura ha permesso un certo passo avanti: l’articolo 15 com-ma 1 del nuovo codice della strada impe-disce di gettare i mozziconi dal finestrino delle auto, come pure qualsiasi altro rifiu-to. Malgrado ciò, è da notare come nono-stante le leggi, c’è chi continui in questa pratica incivile e rischiosissima. Chi non ha mai notato in autostrada al buio, com-parire all’improvviso una scintilla rossa staccarsi dal veicolo che precede? Molti incendi hanno origine anche da questo!

Il “piacere” del fumo poi, costa circa 1100

euro all’anno, come spesa media del fumatore italiano e rappresenta fino al 15 % della spesa sanitaria naziona-le nei paesi industrializzati!

Poste tutte queste premesse, la conclusione è fin troppo scontata. “Occorre smettere!”. E occorre farlo fin da subito, senza rimandi o sca-denze di sorta. “Non si riesce ad apprezzare quanto sia importante la buona salute, fino a quando ci si accorge di averla perduta per sem-pre” (Stuart Mc Robert).Certo, tra il dire e il fare c’è di mez-zo il mare e il cammino verso l’ab-bandono definitivo non è facile ed immediato, anche perché il fumo e la nicotina creano dipendenza (il parlamento inglese considera fumo e alcool droghe a tutti gli effetti). Non è questa la sede adatta per affronta-re un problema così delicato, però i mezzi ci sono e sono svariati.Sono sconsigliati quei rimedi basati su sostituti della nicotina (farmaci antifumo, cerotti e capsule), perché “quando l’influenza finisce non si va a cercare un altro malanno”! Ma gli aiuti innocui e funzionali esistono: agopuntura, pranoterapia, ipnosi, tecniche di rilassamento e persi-no preparati a base di erbe. Altri

sono più tecnologici, come la sigaret-ta elettronica. Può essere più semplice una telefonata o una visita presso uno dei Centri Nazionali Antifumo. Smette il 40% circa di chi vi si rivolge. (Link in bi-bliografia).

I benefici per chi smette sono quasi im-mediati: a titolo di esempio, dopo soli 20 minuti tornano normali sia la frequenza dei battiti del cuore che la pressione sanguigna; dopo 12 ore scompare il monossido di carbonio, e ritorna a livelli normali il trasporto di ossigeno nell’or-ganismo, dopo un mese si ricostitui-scono i “filtri” respiratori (epitelio cigliato) e diminuisce il rischio di infezioni alle vie aeree. Dopo 6-7 anni il rischio di con-trarre un tumore ai polmoni smette di crescere e può in futuro ritornare all’in-circa pari a quello di una persona che non abbia mai fumato.

… Ecco poi alla fine, la bellezza di godere della vita nella sua totalità, senza passare metà del tempo desiderando una siga-retta e l’altra metà pentendosi di averla accesa …

BIBLIOGRAFIA:

FAMIGLIA CRISTIANA numero 36, set-tembre 2010, pag.119LA RIVOLUZIONE DEI DETTAGLI, di Ma-rinella Correggia, serie bianca Feltrinelli 2007WWW.ANAGEN.NET

INDIRIZZI UTILI:

-WWW.LIAF-ONLUS.ORG, Viale De Gasperi 165B, 95127 Catania . Telefono 339 8305445

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CITTÀ di LISSONEAssessorato alla Cultura, Identità e Tradizioni Locali

10 anni di acquisizioni - un libro una mostraMuseo d’arte contemporanea 27 febbraio-27 marzo 2011 (v. comunicato stampa e manifesto)

Il Museo d’arte contemporanea di Lissone celebra i suoi primi dieci anni di storia ampliando la presenza di opere d’arte, con l’acquisizione di “80 taglieri d’artisti” provenienti dalla raccolta di Ico Parisi e 20 preziose opere provenienti dalla collezione di Walter Fontana, lasciate in como-dato d’uso dalla famiglia di questo industriale brianzolo. Il museo s’allarga e si propone sempre più come luogo di riferimento dell’arte moderna in Brianza. Queste due nuove acquisizioni non fanno che confermare la validità del cammino intrapreso dall’Amministrazione Comunale lisso-nese due lustri fa. Una presenza che pone questi spazi come simbolo di un percorso museale per la Brianza. “Non si è ancora spenta l’eco del Premio Lissone 2010 – dice l’assessore alla Cultura Daniela Ronchi – che questo importante compleanno, i 10 anni di attività del museo, ci impone di fare il punto sulla collezione che ha il suo nucleo di partenza nelle opere acquisite con lo storico premio Lissone dal 1946 al 1967. Opere che documentano il meglio delle esperienze informali e quelle della nuova figurazione di quegli anni a livello internazionale. La mostra delle opere di Parisi e di quelle appartenenti alla collezione Walter Fontana, unitamente alla pubbli-cazione di un volume che testimonia la qualità e la ricchezza delle acquisizioni di questi ultimi due lustri, vuole essere un omaggio agli autori, a tutti coloro che hanno contribuito ad animare questo prezioso scrigno”. Nei suoi primi dieci anni di storia, il Museo ha visto crescere il suo patrimonio attraverso un triplice percorso di acquisizione. Luigi Cavadini, direttore del museo, si sofferma sugli acquisti diretti, che hanno caratterizzato in particolare i primi anni, tesi a raduna-re opere in grado di testimoniare quel fermento creativo che attraversò l’arte italiana negli anni di vuoto tra la fine del Premio Lissone negli anni sessanta e l’avvio del Museo. “Grazie all’opera di comune e museo – dice Cavadini – sono entrati in collezione venticinque importanti lavori in una successione che va da Gianantonio Abate a Giorgio Vicentini allineando via via opere di Baratella, Bassoli, Benati, Bendini, Bressan, Caccioni, Ceccobelli, Ceretti, Della Torre, Forgioli, Guarnieri, Leddi, Olivieri, Ossola, Palmieri, Raciti, Sermidi, Sturla, Vago, Verna e Vicentini, a cui si aggiunsero per la prima volta opere di scultura di Floriano Bodini, Igino Legnaghi e Claudio Pal-mieri”. Da sottolineare le più recenti acquisizioni di un lavoro di Giorgio de Chirico e di un dipinto di Gino Meloni proveniente dalla collezione di Salvatore Quasimodo. Altri numerosi dipinti sono stati donati da artisti che hanno esposto in museo e in Palazzo Terragni, ma anche da eredi di artisti e da collezionisti che hanno apprezzato l’attività svolta dal Museo. Significativa in tempi più recenti la disponibilità a concedere in comodato opere storicamente importanti da parte di Associazioni culturali come la Famiglia Artistica Lissonese che ha soprattutto concesso i lavori premiati nelle prime edizioni del Premio Lissone o di aziende come ASML – Azienda Servizi Multisettoriali Lombarda, che ha depositato al museo opere che completano, in una riflessione

antologica del suo lavoro, la do-cumentazione sulla produzione di Gino Meloni. Relativamente alla collezione di “taglieri d’artista” provenienti dalla raccolta di Ico Parisi, co-masco d’adozione, la mostra presenta opere eseguite su ri-chiesta di questa eclettica figura di architetto e designer, su tipici taglieri da cucina da suoi illustri amici, pittori e scultori. I lavori, donati dagli eredi Parisi alla Cit-tà di Lissone, sono singolari per il supporto su cui sono realizzati e costituiscono documenti signi-ficativi dell’arte di grandi maestri del Novecento. All’interno della selezione di opere appartenenti alla collezione di Walter Fonta-na, senatore della Repubblica, imprenditore e titolare con il fra-tello della fabbrica di bulloni Luigi Fontana di Veduggio, che la figlia ha concesso in comodato al Mu-seo, sono rappresentati quattor-dici artisti tra cui cinque scultori (Floriano Bodini, Andrea Cascel-la, Agenore Fabbri, Toni Fabris e Alberto Ghinzani), alcuni rappre-sentanti del migliore informale italiano e un grande maestro eu-ropeo come Georges Mathieu. Il percorso espositivo dal tito-lo “10 anni di Museo a Lissone – una collezione che cresce”, la cui inaugurazione è prevista per domenica 27 febbraio alle ore 11.00, darà conto di confronti tra queste nuove opere e quelle de-gli stessi artisti già presenti nelle collezioni del museo.

Museo d’arte contemporanea

Viale Padania 6 (fronte stazione FS)

20851 Lissone (MB)

Info: 039 2145174

[email protected]

www.museolissone.it

Visite guidate

per scuole e gruppi su prenotazione

Orari:

martedì-mercoledì-venerdì: 15,00-19,00

giovedì: 15,00-23,00

sabato-domenica: 10,00-12,00 / 15,00-19,00

lunedì chiuso

Ingresso libero

Con il patrocinio di: Sponsor:

Assessorato alla Cultura,Identità e Tradizioni locali

ad: stu

dio

talarico.it

una collezione che cresce

27 marzo 2011

27 febbraioInaugurazione > domenica 27 febbraio - ore 11.00

Museo d’Arte Contemporanea - Viale Padania 6 - Lissone

ANNI ANNI ANNI ANNI ANNI ANNI ANNI ANNI ANNI ANNI ANNI ANNI ANNI ANNI ANNI ANNI sabato-domenica: 10,00-12,00 / 15,00-19,00

lunedì chiuso

Ingresso libero

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Carnevale - 12 marzo 2011Sfilata dei carri allegorici e Festa in piazza Libertà con balli e musica dalle 15.00 alle 18.00(v. manifesto con percorso vie sfilata e info)

ore 14.30da piazzale

degliUmiliati

Partenza

Carnevale 2011Carnevale 2011

ISCRIZIONI AL CONCORSO:dalle ore 14.30 in Piazza LibertàINFO: Comune di Lissone - Ufficio Cultura tel. 039 7397.271 - fax 039 [email protected]

sabato 12 marzosabato 12 marzo

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COMUNITÀ PARROCCHIALESS. PIETRO E PAOLO

BENVENUTI NELLA COMUNITA’ DEI DISCEPOLI DEL SIGNORENOVEMBRE - Lion Beatrice, Boi Riccardo, Giacobbe Stella, Silvestrini Cristian, Freri Alessan-dro, Freri RiccardoDICEMBRE - Ramirez Borgia Giorgia, Zanotta Alessandro, Plebani Elena, Mussi Anna, Ravera Gabriele, Ortu Martina, Resnati Filippo, Onesti Marika, Pitruzzella NiccolòGENNAIO - Virgallita Andrea, Manenti Luca, Frigoli Alessandro, Ferdico Kimberly, Mazzola Mar-co, Laganà Giulia, perego Giorgia e Perego GiuliaFEBBRAIO - Macrì Claudio, Patrono Pamela, Galbiati Lodovico, Aliprandi Chiara, Ranieri Mattia, Colnaghi Elena, Tornaghi Lisa

IN ATTESA DEL FUTURO DI DIONOVEMBREPanada Luigi 1938Paleari Innocente 1927Santangelo Rosa 1925Meroni Carla 1938Pirola Gaudenzia 1917Mussi Angela 1931Russo Gaetano 1949DICEMBRE Fossati Giacomo 1928Mottadelli Rosa 1926Caimi Mario 1927Fossati Carla 1921Lazzaroni Emira 1923Dassi Antonio 1924Gerardi Sandra 1941Arosio Maria 1926Cozza Giovanni 1952Luperto Teresa Lucia 1937Arosio Lucia 1923

GENNAIOColcone Milena 1923Coldebella Domenico Mario 1928Colzani Licia 1926Belli Maria 1937Mariani Rosa 1926Cariola Carmela 1923Scatola Salvatore 1927Vergani Maria Luigia 1935Ferro Secondina 1922FEBBRAIOMolgora Ernesta 1922Brugola Romeo 1922Savino Cesaria 1927Casati Giovanni 1938Spataro Mario 1920 Magni Gaincarlo 1936Brambilla Guerrino 1938Vergani Teresa 1926La Monica Vincenza 1938

BENVENUTI NELLA COMUNITA’ DEI DISCEPOLI DEL SIGNOREDICEMBRE - Auturi Luca AntonioGENNAIO - Arosio Alessia Elvira, Arosio Massimiliano, Perfetto AlessiaFEBBRAIO - Biella Giorgia

IN ATTESA DEL FUTURO DI DIO

COMUNITÀS. GIUSEPPE ARTIGIANO

NOVEMBREPina Anna 1924DICEMBREMussi Ambrogio 1928Motta Pierina 1938GENNAIOSpinelli Carlo 1917FEBBRAIOBonanomi Lorenzo 1966

AR

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COMUNITÀ CUORE IMMACOLATO DI MARIA

BENVENUTI NELLA CASA DEL SIGNOREDICEMBRE - Pandolfi AliceGENNAIO - Barbieri DiegoFEBBRAIO - Galliano Cristian

IN ATTESA DEL FUTURO DI DIO

NOVEMBREMoia Anna Maria 1928DICEMBREFalsetta Spina Agatina 1959Ferrè Giuseppe 1940Motta Angelo 1926

COMUNITÀMADONNA DI LOURDES

BENVENUTI NELLA CASA DEL SIGNOREDICEMBRE - Arienti Beatrice, Bruno ElektraFEBBRAIO - Cattaneo Sofia, Consolaro Nicole, Consolaro William

IN ATTESA DEL FUTURO DI DIODICEMBREPirola Tarcisia 1916Borroni Piero 1923Cerizzi Carlo 1923Conte Tommasa 1925De Dominici Antonio 1939Mauri Ernesto 1929Crippa Renata 1946Basaglia Olimpia 1927Conversano Rachele 1922Spada Bruna 1922

GENNAIOCurcio Salvatore 1934Sacchi Alfredo 1924Fumagalli Silvio 1934Sironi Emilio 1942FEBBRAIOPepei Maria Concetta 1918Sorrenti Salvatore 1934Cacciottolo Giuseppina 1939Reina Ernesta 1930

COMUNITÀ PARROCCHIALE SACRO CUORE DI GESU’

BENVENUTI NELLA CASA DEL SIGNOREDICEMBRE - Casurano Veronica, Pastorelli LeonardoGENNAIO - Iannantuoni GiacomoFEBBRAIO - Lamanuzzi Emma

IN ATTESA DEL FUTURO DI DIO

DICEMBREPianta Antonio 1946Arosio Giovanni 1938Barzaghi Piero 1930Nardo Giannino 1930Pastorelli Enrico Lino 1936GENNAIOGiaimo Mauro 1936Mapelli Carla 1918Damiano Caterina 1918Rivolta Pierina 1915Colciaghi Angela 1919

FEBBRAIOVilla Maria 1923Arrighi Agnese 1931

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40chiesa s. giuseppe artigiano

chiesa cuore immacolato di maria

chiesa ss. pietro e paolo

chiesa madonna di lourdes

chiesa s. cuore di gesù