Comunità Alternativa

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Comunità Alternativa N.3 2011

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Periodico al servizio della Comunità pastorale S. Teresa Benedetta della Croce

ANNO 12 - NUMERO 03 - 2011 PREZZO COPIA: € 3,00

Direttore responsabile:DON PINO CAIMI

Fotografi e:ARCHIVIO PARROCCHIALE, GIANNI RADAELLI, CRISTIANA MARIANI

Stampa e impostazione grafi ca:Legma Grafi che - Lissone

Autorizzazione n. 1282 del 23/06/1997 registro d’ordine periodici Tribunale di Monza

www.unitapastoralelissone.org

ABBONAMENTI 2011 - Tel. 039.48.02.14

Ordinario € 15,00Sostenitore e fuori città € 15,00Amico € 25,00

Per l’abbonamento ci si può servire del c/c postale n. 40573206intestato a: PARROCCHIA SANTI APOSTOLI PIETRO e PAOLO in Lissoneoppure rivolgersi alle Segreterie dell’Unità Pastoraleo alla Biblioteca Mons. Cazzaniga

SOMMARIO

EDITORIALE COMUNITA’ E COMUNIONE 5

Le celebrazioni comunitarie della Settimana SantaCON LA CHIESA COENA DOMINI 6

Quaresima tempo dello SpiritoCON LA CHIESA LA FIGURA DI GIUSEPPE DOSSETTI 7

Conversazioni sulla speranzaCON LA CHIESA L’UOMO MESSO ALLA PROVA 9

Riflessione sull’enciclica di Benedetto XVICON LA CHIESA SPE SALVI 11

In podcast sul sito della Comunità PastoraleIN COMUNITÀ IL PARROCO ONLINE 13

Veglia decanale per i missionari martiriIN COMUNITÀ VIVERE LA VITA PER CRISTO IN TERRA DI MISSIONE 15

Padre Maurizio Biffi Missionario del PimeIN COMUNITÀ IL TERREMOTO IN GIAPPONE 16

Ha dato frutti di generositàIN COMUNITÀ LA GIORNATA PER LA VITA 17

110 anni della Corale VerdiIN COMUNITÀ UN PRESTIGIOSO TRAGUARDO 18

In oratorio da zero a tre anniIN COMUNITÀ SPAZIO BIMBI 19

I pomeriggi di fede e di culturaIN COMUNITÀ LA SPERANZA VIENE DAI MONTI 20

Il Prof. Adriano Muschiato relatore sul monachesimo OLTRE LA CRONACA GRANDI FIGURE DI MONACI NELLA CULTURA EUROPEA 21

A un anno dall’uscita una canzone ne ripropone i temiOLTRE LA CRONACA VOGLIO ESSERE PROFUMO 22

Iniziativa della provincia MB che tocca la Chiesa del BorgoOLTRE LA CRONACA CAMMINA IL CAMMINO DI SANT’AGOSTINO 23

Missionario tra gli Indios ed i Negritos del Sud America, cittadino benemerito dell’Ecuador e ufficiale della Repubblica ItalianaSPECIALE PADRE UMBERTO MARIANI 25

Per due anni missionario in BoliviaESPERIENZE LO CHIAMANO GABRIELE BOLIVAR 28

Il Creato è un dono da difendereAMBIENTE ECO-COMPORTAMENTI NELLA BELLA STAGIONE 31 Una domanda due preghiereLETTURE LA PACE È UNA CHIMERA? 33 IN MORTE RICORDO DI DON PAOLO GRIMOLDI 34

IN MORTE RICORDO DI MONSIGNOR LUIGI ALLIEVI 35

CULTURA LIBRITUDINE - FESTIVAL DEL LIBRO 36

ARCHIVIO 38

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di Giorgio Muschiato

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Il saluto del Consiglio Pastorale

LE PAROLEDI TUTTI

SIETE STATIAMATI di don Pino Caimi

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Questo numero di Comunitalternativa è dedicato a don Pino Caimi che conclude il proprio mandato pastorale nella nostra Comunità. Come se fosse un baule, approntato per una partenza o un trasloco, la rivista ha dentro un po’ di tutto. Ricordi del passato, testimonianze, incontri, avvenimenti che hanno se-gnato un periodo della vita del nostro Pastore e, insieme alla sua, quella della nostra realtà di Chiesa.In questa prima pagina il testo dell’omelia di don Pino per la S.Messa solenne dei S.S. Apostoli Pietro e Paolo. Era il 26 giugno 2011

Nella Messa di San Pietro, nel nuovo le-zionario ambrosiano, all’ingresso si legge: “Dice il Signore a Simon Pietro: io ho pre-gato per te perché non venga meno la tua fede e tu quando sarai convertito, confer-ma i tuoi fratelli”. Questa parola di Gesù al suo apostolo sta al termine del Vangelo di Luca. Quasi a commiato personale del Maestro da colui che pure lo aveva tradi-to, con il quale aveva incrociato lo sguar-do dopo il canto del gallo, consegnando muto il suo amore e con esso il suo per-dono. Questa parola vorrei sentirmela dire al termine del mio mandato come pastore di questa Comunità lissonese. Il timore di aver sbagliato sovente, i momenti attra-versati dal dubbio e dalla indecisione me li sento sorgere dal di dentro: vorrei incro-ciare lo sguardo di Cristo per avere il suo perdono e nel contempo per potergli dire che ho cercato di mantenere dentro di me la fede nella sua divina Persona, amando la sua santa umanità. E ho cercato di con-fermare in questa fede i fratelli e le sorelle che ho incontrato in questi anni di ministe-ro pastorale in questa comunità.Questo è un momento che vivo in un rap-porto profondo e completo con Lui perché è da Lui che attendo un giudizio di mise-ricordia. Pietro dopo quella personale vi-cenda, quell’incontro sconvolgente con il maestro, ha ripreso il suo posto nella Chie-sa nascente e ne fu pastore. Tanto da rice-vere da Cristo risorto il mandato di pascere i suoi agnelli: pastore della Chiesa univer-sale. La vicenda personale di un parroco e di un prete sta tutta negli attimi indescrivibili di comunione con il Maestro. E’ il segreto di un’anima sacerdotale, qualunque sia il suo ruolo nella Chiesa, parroco, referente di co-munità pastorale, vicario, teologo o religio-so. Poi si parte, si entra nel cammino della gente, cristiana o meno, si vive il mandato, quello di confermare la fede, dopo averla annunciata con dedizione. Nella messa di San Paolo nel nuovo lezionario ambrosiano si legge a proposito del grande apostolo: “Io vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me”. E’ un versetto della famosa lettera paolina ai cristiani della Galazia. In questa confidenza, poiché dice qualche cosa che sta dentro di lui, Paolo si fa testimone di Cristo, di Colui

che ha incontrato sulla strada di Damasco.Ecco dunque l’altro aspetto della vita di un prete: la testimonianza. Che ci sta a fare un prete in una comunità, in una parroc-chia, in un’esperienza nuova di comunità cristiana come quella che stiamo vivendo in Lissone? egli è testimone di Cristo.Mi permetto però qui di invitarvi a riflette-re come Polo fu testimone di Cristo con il suo carattere, con la sua personalità, con il suo coraggio davanti a sapienti come nell’Agorà di Atene e potenti come davanti all’autorità romana. La testimo-nianza di un apostolo passa attraverso la sua umanità, anche con i suoi difetti e chi conosce il grande apostolo sa bene che di difetti ne aveva eccome. Perché cristo ci chiede di essere noi stessi quando annunciamo la speranza, quan-do invitiamo all’amore fraterno, quando facciamo scelte difficili e impegnative nel-l’esercizio del nostro ministero, ben sa-pendo che non è di certo il migliore.Noi stessi con la nostra umanità annun-ciamo Cristo Signore. L’unica paura che ci portiamo dentro, come dice il salmo antico, è che non ci sia qualcuno che abbia perso la fede a causa della nostra insipienza! Eccoli i grandi apostoli Pietro e Paolo: pastori e testimoni.E insieme giungono alla fine, consegnan-do al loro Maestro e Signore la vita nel martirio. L’abbiamo simbolicamente ri-cordato con il fuoco che ha avvolto quel globo da dove si è sprigionata la luce e si è consumata la vita. Don Armando, don Giambattista ed io, che siamo stati pastori e testimoni in mezzo a voi, Vi chiediamo un piccolo dono che ci farebbe felici: non dimenticate che siete stati amati!E l’amore consuma! In particolare l’amo-re pastorale!

Fare un saluto a qualcuno che parte è sempre diffi cile, perché c’è il rischio di diventare retorici e qualche volta di lodare troppo, e visto che si tratta di sacerdoti si potrebbe dire di incensare troppo, chi sta partendo. E allora, proprio per non correre questo rischio, si è voluto sintetizzare questo saluto in alcune parole. Sono parole pronunciate da varie persone della nostra comunità, alle quali era stato chiesto di esprimere, solo con due parole, i propri sentimenti di saluto verso don Pino, don Armando e don Giambattista, che lasciano l’incarico. E’ signifi cativo il fatto che alcune parole sono state espresse da più persone.Ed ecco quello che ne è uscito.

GRAZIE – la prima parola non poteva essere che grazie. Un grazie da parte di tutti, a tre persone che, diventando sacerdoti hanno deciso di dedicare tutta la loro vita al servizio degli altri, e un gra-zie ancor più particolare per il tempo che hanno dedicato alla nostra comunità. Senza stare a far un elenco di cose fatte o non fatte, che certa-mente non renderebbe loro giustizia, occorre mettere in evidenza il fatto che que-sti sacerdoti, ognuno con le proprie caratteristiche, ognuno con il suo modo di fare, ognuno per le proprie capacità, hanno dedicato di-versi anni della loro vita, alla cura della gente della nostra comunità.

SPIRITUALITA’ – la cura che hanno saputo offrire è stata soprattutto spirituale. Attra-verso le loro omelie, attra-verso il contatto personale, attraverso tante iniziative che hanno saputo creare, attra-verso i consigli che hanno saputo dare, ci hanno stimo-lati ad approfondire la nostra spiritualità.

PREGHIERA – è una parola che rivolgendosi a tre sacerdoti viene quasi spontanea. Invito tutti i compo-nenti della nostra comunità a rivolge-re una preghiera personale a Santa Teresa Benedetta della Croce patrona della nostra comunità, perché proteg-ga a aiuti Don Pino, Don Armando e Don Giambattista nei loro prossimi im-pegni. Cosi pure, chiedo a loro tre, di trovare il momento per pregare Santa Teresa perché protegga la nostra Co-munità e la aiuti a crescere nella sua comunione.

DISPIACERE – è un po’ con dispiace-re che li vediamo andar via perché nel bene e nel male abbiamo imparato a conoscerli, ad andar d’accordo con loro e a lavorare insieme. Certamente come tutti noi hanno i loro pregi e i loro difetti. Ma vivendo e lavorando insieme nella nostra comunità abbiamo imparato ad apprezzare i loro pregi, e mettere da parte i loro difetti, qualche volta bron-tolando un po’, altre volte ridendoci so-pra. Ed ora, quando ormai si è creata questa collaborazione, li vediamo andar

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via e dovremo ricominciare da capo con chi verrà dopo di loro.

SCUSE – penso che qualche scusa dobbiamo chiederla, non sempre li abbiamo ap-prezzati per quello che sono, forse qualche volta ci sia-mo lasciati scappare anche qualche giudizio non troppo benevolo, e spesso non li ab-biamo aiutati per quello che si aspettavano.

TRASFORMAZIONE – sono stati anni di veloci e significa-tive trasformazioni della no-stra comunità. Siamo passati da singole e autonome parrocchie ad una comu-nità pastorale che credo sia una delle più grandi della nostra zona. In questa trasformazione c’è sicuramente anche la loro impronta.

AUGURI – auguri, tanti e di tutti i tipi. Au-guri di un buon lavoro per i nuovi inca-richi. Auguri perché possano incontrare persone accoglienti. Auguri di buona salute. Auguri perché trovino quello che cercano.

RICORDO – spero che nella nostra co-munità resti un ricordo vivo di questi anni trascorsi insieme. Quando dico vivo è perché non intendo un ricordo malinconico di cose passate, ma inten-do proprio un ricordo che sia vivo, che diventi una base sulla quale appoggiar-ci per proseguire nel nostro cammino. Cosi come spero che anche in loro resti un ricordo positivo di questi anni vissuti insieme a noi.

RIPOSO – questa è una parola che ri-guarda solo uno dei tre sacerdoti, chia-

ramente Don Pino. Finalmente potrà go-dersi un meritato riposo, che non vuol dire sicuramente ozio, perché un sacer-dote non può certo andare in pensio-ne dalla sua vocazione. E sotto questo aspetto prevedo che Don Pino resterà sicuramente attivo, ma potrà certamen-te andare in pensione dal suo incarico di referente della comunità, lasciando al suo successore il fardello di respon-sabilità, di impegno e di fatica che ne derivano, e che lui, in questi anni, ha sopportato in modo egregio.Per quanto riguarda Don Armando e Don Giambattista questa parola potran-no prenderla i considerazione solo tra qualche anno.

APPLAUSO – l’ultima parola non pote-va essere che applauso perché credo che tutti i presenti vorranno far sentire a Don Pino a Don Giambattista e a Don Armando il loro personale saluto, e al-lora cosa c’è di meglio che un forte e caloroso applauso?

Il saluto del Sindaco

GRAZIE PERTUTTO QUESTO di Ambrogio Fossati

Arrivederci dopo un periodo condiviso alla guida di Lissone, in campi diversi, ma con uguale impegno.

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Cosa può dire un sindaco quasi al termine del proprio mandato, ad un parroco che a quel termine v’è giunto? In-nanzitutto grazie. Grazie per aver condiviso una parte della sua vita con questa città, nella coincidenza della guida, a di-verso livello della nostra Lisso-ne. So che l’ha amata, come l’amiamo noi. Ha valorizzato il suo passato. Esaltando la fedeltà ai valo-ri di ispirazione cristiana che ne hanno costituito il tessuto. Conservando le tradizioni, le feste, le processioni rivissu-te con vitalità, più che come mero dovere liturgico. Tan-gibilmente ne ha restaurato le vestigia storiche (chiesa di San Carlo, chiesa del Borgo, l’angelo del campanile della Prepositurale, l’organo ecc.).Ha avuto cura del presente. Preoccupandosi che la comu-nità cristiana si adattasse con gradualità alle esigenze del vivere moderno, alla mobilità delle famiglie, alla fine di un mondo che aveva confini ben precisi nelle parrocchie o nei rioni. Ha amato Lissone anche desiderando che nel suo svi-luppo fosse viva ed efficace la presenza di cattolici convinti. Ha cercato nuove prospettive. Quante volte ha ricordato ai giovani che loro sono il futuro della Chie-sa e quindi se ne devono prendere carico con responsabilità. Spesso ha aperto gli orizzonti del vivere da cristiani facendoci conoscere rappresentanti della Chiesa provenienti da tutto il mondo, il vescovo di Mosca,quello del Kerala, in India, France-scani di Terra Santa, autorità della Chiesa maronita o giovani sacerdoti ungheresi e indiani, invitati qui per prestare servizio pastorale.

Grazie per tutto questo.

E grazie ancora per l’impegno civile, di-mostrato personalmente, ma anche solle-citato e coltivato tra i suoi parrocchiani. La responsabilità di essere cittadini è sem-pre stata indicata come obiettivo prima-rio. Perché non si è cristiani per se stessi soltanto, ma si creano occasioni di con-divisione. Credo che ancora tutti abbiano

negli occhi e nel cuore la piazza Libertà gremita per le occasioni di accoglienza, ma anche il segno di visibilità, condiviso con l’Amministrazione Comunale, che sono state le lesene davanti a palazzo Terragni, con l’effige di Santa Teresa Be-nedetta della Croce, nominata patrona della crescente Comunità Pastorale.

Certo meno eclatanti, ma nel silenzio, operose sono poi le strutture parrocchiali al servizio della città, come le scuole per l’infanzia e gli oratori, soprattutto in questo periodo estivo.

Sicuramente non è stato sempre facile. Posso ben comprendere quali sofferen-ze, quali amarezze, quali fatiche comporti un incarico ai vertici. Le auguro di ricorda-re solo le cose belle accadute a lei, come parroco, in questa città. Il naturale scor-rere della vita ci allontana, ma non potrà rappresentare un oblio definitivo.

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LA BIOGRAFIA

Giovanni Paolo II nel libro Dono e Mistero scrisse che “il sacerdote, con tutta la Chiesa, cammina con il proprio tempo, e si fa ascoltatore attento e benevolo, ma insieme critico e vigile, di quanto matura nella storia”. Nell’ordinazione sacerdotale Cristo imprime in coloro che ha scelto per il mi-nistero una impronta nuova, interiore, indelebile, che conforma, rende simili a Lui. “Cristo - diceva Paolo VI - ha stampato in ciascuno di loro il suo volto umano e divino, conferendo ad essi la sua somiglianza” (Congresso Eucaristico Internazionale di Bogotà, VI, 1968, 364-365).

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Don Giuseppe Caimi, che tutti chiamano don Pino, è nato a Saronno, il 23 ago-sto 1934. E’ stato ordina-to sacerdote il 21 giugno ‘58. Prima destinazione pastorale fu Seregno, par-rocchia S.Giuseppe, luo-go dove andrà a risiedere dopo aver assolto tutti i suoi compiti l issonesi. Sempre a Seregno fu al-l’oratorio di san Rocco e infine in Basilica fino al 1980, quando gli fu affi-dato l’incarico diocesa-no di far parte dell’equi-pe organizzativa del XX congresso eucaristico nazionale. Dall’83 al ’95 è stato parroco a Garba-gnate Milanese. Dal 1995 a Lissone, come parroco della Prepositurale e poi lanciato nell’avventura di una della prime Unità Pa-storali della diocesi am-brosiana. Ora con la Co-munità pastorale aff idata al patrocinio di S.Teresa Benedetta del la Croce, è responsabi le di cinque parrocchie: S.S.Pietro e Paolo, Cuore Immaco-lato di Maria, S.Giuseppe Art igia-no, Madonna di Lourdes e,ult ima in ordine di tempo Sacro cuore di Gesù, f ino al l ’anno scorso retta dai Padri Betharramit i .

Don Pino è giornalista pubblicista, appassionato e attento al tema della comunicazione in tutte le sue forme. “Da sempre ho avuto la convinzione che attraverso i media sia possibile evangelizzare” afferma. Dobbiamo a lui la nascita di questa rivista par-rocchiale e del sito internet www.co-munitapastoralelissone.org sul qua-le è protagonista di conversazioni rivolte ai parrocchiani. Nel per iodo di at t iv i tà a Seregno scr iveva per i l Ci t tadino al quale diede notevole impulso creando

un bel gruppo redazionale. “Ha t i-rato grandi” come dice lu i stesso “dei bravi giornal ist i” t ra i qual i an-che l ’at tuale diret tore del giornale, dott . Luigi Losa.

Ha saputo allargare lo sguardo sulla Chiesa universale, ed ha insegna-to questo atteggiamento ai fedeli delle sue comunità. Ha intrattenu-to e intratt iene rapporti con perso-naggi importanti della Chiesa cat-tol ica latina come Mons. Stanislaw Rylko, che fu stretto collaboratore del beato Giovanni Paolo I I; Mons. Fuoad Twal attuale Patriarca di Ge-rusalemme. Tra gli amici può con-tare Mons. Tadeusz Kondrusiewicz, che fu vescovo di Mosca, ora arci-vescovo di Minsk, e Mons. Hanna Alwan Prelato Uditore del Tribunale Apostolico della Sacra Rota.

I due sacerdoti che lasciano Lissone

IL NOSTRO AFFETTOPER VOI di don Armando Bano e don Giambattista Biffi

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Insieme a don Pino se ne vanno altri due sacerdoti della Comunità. Don Giambattista, che risiedeva al Cuore Immacolato di Maria, torna in diocesi per dedicarsi alla pastorale vocazio-nale. Don Armando Bano, che risiedeva a S.Giuseppe artigiano, è stato nominato vicario nella Comunità pastorale di Viggù.

DA DON ARMANDO Carissimi amici e amiche della Comu-nità Pastorale S. Teresa Benedetta del-la Croce. Vi voglio sinceramente ringra-ziare della bella S. Messa di domenica festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. Abbiamo camminato insieme in questi anni, cercando di capire il Progetto del Signore su di noi e cercando di rea-lizzarlo, per quanto il nostro cammino di conversione ce l’ha reso possibile. Come Abramo camminiamo in questa avventura della Chiesa odierna quasi vedendo l’invisibile (Ebr. 11,8) fidandoci molto della chiamata del Signore e del-le sue promesse di salvezza, numero-se come le stelle del cielo (Gen 15,5-6). É questa la vera gioia e speranza, non solo i risultati concreti che possono pia-cere o meno! E come Balaam nel libro dei Numeri al capitolo 24 pur vedendo le povere tende di Israele, ne presagi-sce la futura luce e realizzazione, an-che noi gettiamo il cuore oltre gli osta-coli e continuiamo a seguire il Maestro nel profondo del nostro cuore. In questi giorni ho potuto leggere questa pre-ghiera di Madeleine Delbreil che Vi of-fro: “Poiché le tue parole, mio Dio, non sono fatte per rimanere inerti nei nostri libri, ma per possederci e percorrere il mondo in noi, permetti che da quel fuoco di gioia da te acceso un tempo su una montagna e da quella lezione di felicità qualche scintilla ci raggiunga e ci possegga, ci investa e ci pervada”. Mi pare che è soprattutto questa la nostra gioia e consolazione: nel nostro piccolo, essere strumenti del Vangelo del Signore. Aiutiamoci in questo cammino. Come di-ceva il ritornello di una famosa canzone: “Mattone su mattone viene su la grande casa: che fatica che si fa! Perché? Matto-ne su mattone viene su la grande casa: è il Signore che ci vuole abitare con te”. É il Signore che ci vuole abitare con te....qui....a Viggiù...ovunque!. Buon Cammino

Don Armando

DA DON GIAMBATTISTA Carissimi, vorrei semplicemente ringra-ziare per la Celebrazione dell’Eucaristia di domenica scorsa in Prepositurale e per il bel momento che l’ha seguita. La sempli-cità non è da tutti, richiede stile e mi pare proprio che sia stato così.

Grazie anche dell’album fotografico. In pochi avete potuto sfogliarlo ma vi as-sicuro che è bello. Si vede che ha alle spalle un progetto, un lavoro di collabo-razione e un affetto. Guardando le foto sono confermato nel sentire che questi anni sono stati pochi ma non banali. Chi li rende significativi per me non sono tanto le cose fatte (poche) ma le persone e gli incontri. Rubando le parole a S.Paolo: “Ed ora vi affido al Signore e alla parola della sua grazia che ha il potere di edificare e di concedere l’eredità con tutti i santificati” (At 20,32). Avete davanti un cammino bello e impegnativo:”Buona strada!”

Don Giambattista

Una delle foto che don Pino ha più care.E’ ritratto con Giovanni Paolo II agli inizi del suo pontificato

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Un cordiale colloquio con il nostro parroco, realizzato a dieci anni dal suo arrivo in Lissone. Ne riprendiamo qualche stralcio, non per misurare e confrontare, piuttosto per rivivere un cammino. Spesso, voltarsi indietro è occasione per ringraziare il Signore di quanto inaspettatamente ricevuto.

Dopo l’esperienza del Congresso Eucaristi-co, il Cardinal Martini affidò a don Pino la cura della parrocchia di Garbagnate Mila-nese dove, in dodici anni, ristrutturò radi-calmente la chiesa, potenziò le attività ricreative e sportive degli oratori, rilanciò le scuole parrocchiali, senza tralasciare l’at-tenzione alla liturgia, alla catechesi, al con-tatto diretto con i suoi fedeli. Da Garbagna-te a Lissone, il passo non fu lieve.Nel corso della sua prima omelia tra noi, disse: “… entro in questa comunità del Signore, dove so di essere accolto con tanta speranza, perché il mio mi-nistero pastorale serva la comunione ecclesiale alla luce della fede antica, della fede dei nostri padri, perché sia una comunità che sappia annunciare il Signore Gesù, e sia dunque evan-gelizzatrice in una società che sta na-scendo nuova, perché infine sia una comunità che nella sequela del Cristo venga continuamente sollecitata alla santità nella testimonianza dell’amore verso Dio e verso il prossimo … “

Don Pino, queste speranze si sono avverate?Quando dieci anni fa venivo accolto in comunità, mandato dall’Arcivescovo Martini, mi portavo dentro vivissimo il sogno di poter ‘servire’ nella fede que-sta porzione del gregge del Signore. Sapevo che dovevo rispondere alle attese di una comunità, ricca di tradi-zioni cristiane, servita per anni da un pastore amato e stimato, come Mons. Luigi Allievi. Lissone era nota in Dio-cesi come una città di fede. Assieme al sogno, ricordo, avvertivo il ‘timore’ di deludere le speranze. Ora, che mi è dato di ‘sostare’ per una riflessione personale sul ministero in Lissone, ho solo da pregare perché quanto è stato seminato, forse quel ‘poco’, maturi nel cuore della gente cristiana. Aggiungo

che mi trovo a riconoscere di aver bi-sogno anche di perdono, perché so che non sempre ho saputo discernere quanto la comunità si attendeva.

Ed ancora in quella omelia: “… a loro (ai miei fedeli ndr) devo andare ad an-nunciare il Vangelo, a tempo e fuori tempo, devo capire che il loro cuore sta sotto il primato di Dio e va aiutato ad aprirsi a Lui nella Libertà. Ciò si-gnifica che la chiesa di Lissone deve ritrovare la sua capacità di annuncio evangelico, deve superare la tentazio-ne di chiudersi nel suo guscio, deve

Don Pino con sacerdoti e chierichetti durante la S.Messa del 26 giugno

Insieme ad un amico di vecchia data,mons. Stanislaw Rylko

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OScorci di una vecchi intervista

PENSIERI, AUSPICI,RIFLESSIONI intervista a cura di Silvano Lissoni

proiettarsi nella condizione umana moderna, nelle situazioni storiche pre-senti per metterci quel seme evange-lico che simile a lievito solo può cam-biare il corso della storia …”

Ed anche questo si avverato?Non lo so. Per la verità sarebbe sup-ponente pensare che in dieci anni di ministero pastorale si sia realizza-to quanto ebbi a dire in quel giorno. Solo il Signore, credo, legge la storia, anzi è Lui che fa la storia, anche quel-la piccola di una comunità cristiana locale. Ma assieme a segni di cedi-menti a una modernità laica subdola, invadente, critica della fede e della prassi cristiana, mi sembra ci siano anche segni che invitano a guardare al futuro cristiano di questa città con fiducia e speranza.

C’è povertà tra la sua gente, ma è povertà di beni o di spirito ? “I poveri li avrete sempre con voi, ma non sempre avrete me…”. Non si fermerà mai dunque l’impegno di una comunità per coloro che vivono con difficoltà i loro giorni. I poveri ci sono in mezzo a noi per denunciare la nostra opulenza borghese, i poveri ci sono per ‘provocarci’ a una carità fattiva che vada oltre alla sacrosanta giustizia. Ma, in una comunità, ed an-che nella nostra, la povertà più diffu-sa tra le persone, nei rapporti umani, nella comunità famigliari è di altra na-tura. Non sono i beni materiali che mancano. Purtroppo la speranza si è materializzata (i desideri sono quelli di un ‘tutto e subito’ che non lasciano

spazio a sogni!), cresce e si diffonde nelle coscienze e nelle relazioni uma-ne un relativismo laico, di un’etica o di una prassi morale senza regole, si fa sempre più forte il grido di felicità che si crede di trovare in scelte auto-referenziali …. E’ una povertà religio-sa e morale, è la scomparsa, o per lo meno l’affievolirsi della serena certez-za che solo i ‘beni spirituali e morali danno senso e valore ai giorni; tutto questo sembra portare le persone alla solitudine, vero luogo di infelicità per-ché situazione senza amore, senza comunicazione.Potrebbe sembrare pessimistica que-sta mia analisi. In realtà è la vera ra-gione del mio impegno pastorale che vorrei instancabile, salute ed anni permettendo. Avvicinare i ‘poveri’, accoglierli, rendersi loro disponibili nell’ascolto e nella comprensione è lo ‘specifico di una pastore. Che altro può fare, a livello personale, un prete se non ‘stare con chi è in ricerca? Con chi soffre d’amore? Ma anche la comunità, la gente che vive la comunione fraterna nella fede in Cristo Signore, dovrebbe allora es-sere aperta, accogliente, pronta nel-l’amicizia, deve saper stare accanto a questi ‘nuovi poveri’… che stanno con noi. Mi sembra che abbiamo ancora molto da fare, insieme ….!

E’ sicuro di sapere sempre co-gliere i segni di speranza dei suoi fedeli ?Questa è una domanda che mi per-mette di fare una confidenza. C’è sta-to un periodo in questi anni che ho vis-

Incontro eccezionale con il Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I

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suto con sofferenza e in modo inquieto. Ci sono stati episodi e circostanze che mi hanno fatto nascere ‘dentro’ il timore di non essere più in gra-do di ‘corrispondere’ alle attese delle co-munità cristiane della Comunità. Sono quei periodi di ‘crisi’ che in ogni condizione uma-na si verificano. Sono autentiche ‘prove’. Giorni di acuta e pro-fonda sofferenza spi-rituale. Ero arrivato a pensare di dare le dimissioni per lascia-re ad altri, e più gio-vani, questo compito di essere guida di un popolo cristiano così esigente come quello lissonese. Mi pareva infatti che la comu-nità si meritasse ben altro, soprattutto per l’evolversi così tumultuoso e rapido della situazione religiosa e spirituale in città.Chi mi è stato vicino, chi ha condi-viso quei momenti così critici, può ampiamente testimoniare su questa vicenda! Solo dopo un approfondito discernimento con i superiori e dopo un insistito dialogo con molte perso-ne, partecipi della vicenda pastorale nell’Unità, ho serenamente accettato di proseguire il mio ‘servizio pastora-le’, memore di quelle parole del Si-gnore Gesù che sempre mi tornano ala mente e generano in me compor-tamenti precisi: “Dopo aver fatto tutto quello che dovevi, riconosci che sei un servo inutile!”Se non altro alla comunità potrò conti-nuare a dare e tempo ed energie fino a quando il Signore vorrà e i superiori decideranno in merito.Per tutto questo posso dire serena-mente di aver ‘conosciuto’ la bontà, la delicatezza, la stima e l’affetto di tanti cristiani . Sulla … mia pelle posso dun-que riconoscere ‘segnali di speranza’ nella comunità. E non sono i soli …! La preoccupa l’impegno di dover sempre dire e proporre qualco-sa di “nuovo”, di impegnativo, di innovativo, di sollecitante nel ri-spetto di una tradizione partico-larmente radicata tra la gente ?Si tocca qui un tema a me caro che mi ha interessato e preoccupato per tutti questi anni. Potrebbe essere chiarito con una domanda, la stessa che giorno dopo giorno mi nasce dentro: “Come devo fare perché i valori cristiani de-positati dai padri nel tessuto umano di questa città tanto da costituire una ‘tradizione cristiana’ per la verità an-

cora viva, non vadano perduti?”. C’è una generazione in Lissone radicata in una fede forte, serena vissuta … Ma è nata anche una generazione nuova che è stata raggiunta e investita da un laicismo radicale tanto da mettere in crisi questi stessi valori di fede dei loro padri! Qual è il rapporto tra questi due mondi? Il primo sta per finire, mi pare. Il secondo è ancora in una pro-fonda crisi di fede, che si evidenza in un’etica pragmatica autoreferenziale, soggettiva. Come dunque procedere perché la gente cristiana riscopra la gioia di una fede che illumina la vita, la spiega, le dà un senso? Il ‘nuovo’ pa-storale è difficile e complesso, inserito come è in un ‘nuovo culturale, socia-le, economico’ indefinibile, ancora in evoluzione. E’ uno stimolo quotidiano per un pastore. E qualche volta può perfino comportare tentazioni di sco-raggiamento … che però vanno deci-samente rifiutati!

La responsabilità le pesa ?Sì. Ma fa parte della missione, del mandato. Solo la certezza che Gesù la condivide aiuta a portarla e a ge-stirla concretamente. La responsabi-lità trova il suo fondamento e la sua sorgente nella fiducia che non si è mai comunque soli.

Cos’è la libertà per un prete e per lei cos’è ?La libertà è il ‘potere’ che ci è stato dato per decidere della nostra vita. Un ‘potere’ che un giorno, per una deci-sione appunto libera e del tutto per-sonale, ho rimesso ad altri. E fu quel giorno che risposi al Cardinal Montini il mio ‘eccomi, il mio ‘sì’ alla sua do-manda, nel rito santo dell’ordinazione sacerdotale in Duomo. Da allora non

Con Sua Beatitudine Fouad Twal, Patriarca di Gerusalemme

ho mai fatto fatica a vivere la mia obbedienza. Sapevo e so che ‘ob-bedire’ è una modalità, forse la più bella, per essere liberi per davvero!

Qual è la frase del Vangelo che sente “sua” e che è diventata il suo motto personale ?Interessante questa domanda. Po-trebbe anche servire a capire me-glio una personalità sacerdotale. Rispondo richiamando i l tableau di classe, quello che ho in casa dove sono riportate le foto dei giovani or-dinati preti nel lontano 1958. Vi si trova un disegno (davvero simpatico e bello, opera di un confratello della classe) che raff igura Cristo e dietro di lui, la Madre, Maria che lo indica e dice: “Fate quello che vi dirà”. E’ parola tratta dall’episodio di Cana di Gali lea: vorrei essere come quei servi … la fecondità del mio mini-stero sacerdotale deve nascere da questa incondizionata f iducia nel Signore Gesù.

Si è mai sentito solo, nonostan-te un ambiente parrocchiale che sembra vivo e partecipe? No, perché la giornata che vivo è in-teramente, perfino a sera, occupa-ta da incontri e colloqui spirituali e pastorali. Può succedere alle volte addirittura di desiderare di rimane-re per qualche tempo solo. Di solito lo trovo nel primo pomeriggio o nel-la preghiera in prepositurale o nello studio … La solitudine ‘interiore’ no, proprio non l’ho mai avvertita … Se si intende per solitudine la situazio-ne esistenziale di un prete celibe …

L’amore ha mille modi per esprimer-si. Uno è certamente quello che con-duce a vivere una ‘comunione vera e autentica’ con Lui, il Signore Risor-to. Questo amore è autentico e vero, perché è segnato dal dono della pro-pria ‘identità umana’, nella decisio-ne di vivere il celibato! Il celibato è una scelta d’amore vero! Devo fare anche una precisazione: la solitudi-ne pastorale è una situazione che non si è mai verificata nei miei anni di ministero. Ho sempre avuto vicino tante persone, generose, intelligenti, pronte. In ogni ambito: negli organi-smi di partecipazione come i consi-gli pastorali, le consulte parrocchiali, in quelli ambientali (oratori, cinema teatro, scuole materne …) nelle pre-senze pastorali come la Caritas, il gruppo missionario, le catechiste, la comunicazione, l’attività culturale e quelle liturgica così esigente!Fin dal principio è stata una mia co-stante quella di invitare laici a ‘dirsi’, a raccontare la loro fede assumendo compiti e responsabilità in comunità. E’ sempre più urgente che nelle no-stre comunità parrocchiali dell’Unità laici preparati si dispongano a gui-darle, nell’obbedienza serena e fidu-ciosa ai pastori della Chiesa, ma in piena responsabilità. La cura spiri-tuale del laicato lissonese deve pro-cedere ancora più speditamente. Ci sono davvero tanti cristiani che anco-ra esitano. Devo dire loro che la Chie-sa, quella in Lissone, attende con an-sia il loro servizio. Anche se dovesse richiedere sacrifici.

Circondato dai rappresentanti delle associazioni lissonesi

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Lo scorso ottobre Don Pino è stato nominato Canonico del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Essere canonico vuol dire appartenere in modo speciale ad una chiesa cattedrale. Grazie alla sensibilità e all’attenzione di don Pino, la nostra Comunità Pastorale si è molto avvi-cinata alle diffi coltà dei cattolici di Terra Santa. A suggellare questa amicizia e l’attenzione gene-rosa dimostrata, l’attuale Patriarca di Gerusalemme, Sua Beatitudine Mons. Fouad Twal, volle conferire a don Pino il titolo onorifi co. Qui vogliamo ricordare due momenti: quello dell’investitura e l’ultimo viaggio in Terra Santa per ringraziare personalmente il Patriarca.

L’INVESTITURA«Sono felice di essere qui tra voi oggi a nome del Pa-triarca di Gerusalemme, Mons. Fouad Twal - dis-se Mons. William Shomali, ospite della nostra Comuni-tà Pastorale, durante i giorni della Sagra lissonese 2010 – E’ stata riconosciuta la sensibilità di don Pino verso i problemi della Chiesa di Gerusalemme. La genero-sità che il vostro parroco ha dimostrato proviene dalla generosità di tutti voi». Mons. Shomali, che è attual-mente vicario del Patriarca Latino, ha posto sulle spal-le di don Pino la mozzetta contrassegnata dalla Croce di Gerusalemme, segno del servizio e della dedizione al Vangelo proclamato in Ter-ra Santa. La formula di in-vestitura è stata letta in la-tino, poi sottoscritta da neo Canonico.

LA VISITA AL PATRIAR-CA LATINO DI GERUSA-LEMMEUltimi giorni del mese di aprile. Pellegrinaggio di una piccola delegazione di lis-sonesi in Terra Santa. In-sieme a don Pino, alcuni membri della Comunità pa-storale ed il sindaco, Am-brogio Fossati. Due gli sco-pi del viaggio: ringraziare di persona il Patriarca latino di Gerusalemme per l’onorificenza rice-vuta e ritrovare la comunità del Buon Pastore, in Gerico, dove i lissonesi hanno‘adottato’ numerosi alunni della scuola parrocchiale. Durante la serata a Gerusalemme, nell’omelia della S.Messa celebrata nel patriarcato, Mons.Twal ha coinvol-to i pellegrini in un appassionato re-

soconto sulla realtà cattolica in Terra Santa: «Nostro compito è il dialogo, sempre e con tutti. Dialogo interreli-gioso ed ecumenico. Gerusalemme è rivendicata come città santa e irrinun-ciabile, ma vivere in guerra le toglie la vocazione spirituale che dovrebbe avere. I cristiani non si sentono citta-dini al 100%, come i loro compatrioti musulmani. Ai cristiani che provengo-

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OI viaggi e l’investitura

CON LA TERRASANTA NEL CUORE di Cristiana Mariani

no dall’Occidente chiediamo di aiutare la nostra Chiesa, che è anche la loro Madre Chiesa. Meglio, dovrebbero sentirsi responsabili del futuro dei cri-stiani che vivono qui». Alla do-manda se non perda mai il co-raggio, se non si commuova, il Patriarca rispondeva «Certo che piango, per l’impotenza di fronte a certe situazioni, per non poter risolvere i problemi della gente, povera, stanca, sfiduciata. Anche Gesù pianse su Gerusalemme». Don Pino ha potuto celebra-re una S.Messa nella cappel-la dei Francescani, all’interno del Santo Sepolcro. Non solo lui era emozionato, ma anche tutti i viaggiatori che lo hanno accompagnato. Pregare, can-tare, ascoltare, lì tra le pietre che hanno visto la Passione del Signore, acquistava tut-t’un altro significato. Ci si è sentiti indegni di tanto smisu-rato amore e non si è potuto far altro che offrire la propria povera fede affinché sia Cristo a renderla efficace nell’amore per il prossimo.

A GERICO la sensazione di prigionia è palpabile, la parroc-chia del Buon Pastore si collo-ca in mezzo a case distrutte e mai più ricostruite, che mostra-no tutte le ferite di una guerra interminabile. «Noi francescani della Custodia – spiegava pa-dre Ibrahim Sabbagh, parroco solo da pochi mesi – abbiamo il compito di difendere i luoghi santi, accogliere i pellegrini e curare le comunità locali. I cri-stiani sono le pietre vive del-la Chiesa, presenza di Gesù qui oggi, non solo nella storia. Possiamo rimanere, solo se ci aiutate». Dalla Comunità Europea è ve-nuto il sostegno economico per la costruzione di una nuo-va scuola che possa acco-gliere più allievi e completare l’intero corso di studi. Annesso c’è anche un bell’auditorium. «Mancano tutti gli impianti e gli arredi interni» dice padre Ibrahim, ed è già pronto a sot-toporre i dettagli del progetto, approfittando, per il bene della sua comunità, della presenza del sindaco lissonese.

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Una realtà vasta e complessa come la nostra Comunità pastorale non poteva esaurire in un’unica occasione il saluto al suo Pastore che lascia l’incarico. Ognuno vuol dire ‘Ciao’ a don Pino a suo modo. Ecco allora il moltiplicarsi degli eventi. Qui ne sono raccolti solo alcuni …

IL SALUTO DELLE SCUOLE MATERNE Al Maria Bambina e al Cuore Immacolato di Ma-ria i bambini si sono stret-ti attorno a don Pino per uno scambio di saluti e di auguri per le prossime va-canze estive:“Li ho incontrati per un augurio di felice vacanza ai piccoli, alle loro mae-stre a Suor Renata e alla coordinatrice Angela e a Annarosa. Ma li ho saluta-ti anche per l’ultima volta poiché anch’io come loro termino il mio tempo di... scuola avendo avuto come Maestro per il mio impegno pastorale in Lis-sone, Gesù stesso. Vi confesso che ho avuto qualche piccolo attimo di emozione: ma poi ho pensato che sa-ranno amorevolmente seguiti, come sempre, da squadre di educatori pre-parati e generosi e soprattutto senti-ranno l’affetto del loro nuovo parroco. Ho chiesto loro di dare un bacio sul-la guancia ai loro genitori quasi per dire che li ringrazio per la fiducia che hanno sempre avuto nei confronti del-le nostre scuole materne e per dire che, anche a loro, affidiamo il futuro cristiano di questa città, poiché i loro piccoli saranno i cristiani di domani!”

IL PELLEGRINAGGIO ALLA MA-DONNA DELLA GUARDIA Così Paola, una lissonese pellegrina con Don Pino: ”Finalmente una bella giornata di sole per un pellegrinaggio all’insegna dell’amicizia, al santuario della Madonna della Guardia a Geno-va, il più importante santuario maria-no della Liguria, edificato sulla vetta del monte Figogna. Lo scopo era so-prattutto il ‘voler condividere’ con Don Pino la sua preghiera di ringraziamen-to alla Vergine per il suo ministero in Lissone. Due i pullman di parrocchia-ni che hanno scelto di accompagnarlo in questo suo pellegrinaggio. Un gior-no di festa per la nostra comunità per ricordare insieme il bene ricevuto, per un commiato con un po’di ramma-rico, per separarsi da Don Pino Pre-

vosto ed amico fraterno per tutti noi. Rimarranno nel nostro cuore le sue parole, i suoi suggerimenti perché nel cuore giungevano a noi”. Immortalato da una foto di gruppo l’incontro non previsto con il Card.Ba-gnasco, Vescovo di Genova, alla gui-da del pellegrinaggio diocesano del mondo del lavoro. Per tradizione, in questa circostanza, una processione con antichi costumi delle confraterni-

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ODedicati al parroco che se ne va

MOMENTIDI FESTA la redazione

te artigiane, si dipana dalla prima cappella dell’appari-zione.

CONCERTO D’ORGA-NO DEI MAESTRI DELLA PREPOSITURALEL’organo della chiesa Prepo-siturale è stato recentemen-te ripulito, restaurato nelle parti ‘invecchiate’ (lo stru-mento conta ottant’anni) e potenziato in alcuni registri. I maestri organisti della par-rocchia Santi Pietro e Paolo ancora non avevano avuto l’occasione di far ascoltare ai fedeli la rinnovata poten-za. Quale evento avrebbe potuto essere migliore di un concerto, offerto a don Pino Caimi, per salutarlo prima che lasci l’incarico lissone-se? E così è stata organiz-zata una bella serata, saba-to 25 giugno. I tre maestri, Mario Colzani, Annalisa Fer-rario e Riccardo Galimberti, si sono alternati alle tastiere e alle pedaliere con diversi pezzi del loro repertorio. Per finire con una straordinaria esibizione a sei mani, di un pezzo di Panerai, che ha di-vertito il pubblico e loro stes-si, mostrando la piacevole complicità che li lega, che nasce da una incondiziona-ta passione per la musica e dalla grande disponibilità di mettersi al servizio della co-munità cristiana. Grazie al sagace commento di Anna Lissoni, che presentava i brani, si è imparato quan-to conti la perfetta messa a punto dello strumento e quanto sia difficile per gli esecutori comandare simultanea-mente a mani e piedi. Le 2500 can-ne dell’organo hanno vibrato di suoni elevati.

FESTA AL RIFUGIO LISSONE Domenica mattina 3 Luglio il cielo terso sopra il fondovalle del Poja ed un folto gruppo di soci e simpatizzan-ti hanno accolto l’elicottero messo a disposizione dal C.A.I. Lissone per le autorità cittadine e religiose e per coloro che a piedi non hanno potuto salire i 400 mt delle Scale d’Adamè, sentiero realizzato dagli Alpini nella guerra 15-18. Ai piedi del Rifugio Cit-tà di Lissone, vanto della cittadina e orgoglio della Sezione, Don Pino Cai-mi ha celebrato la Messa al campo in un’atmosfera di calda e commossa partecipazione.“Credo mi sarà difficile dimenticare quel giorno passato con la gente di Lissone, il presidente del Cai, Signora

Mariarosa Colzani, il Signor Sindaco, il Signor Meloni e altri che mi han-no fatto sentire la loro amicizia sin-cera e il loro affetto grande – scrive don Pino sull’informatore - Al Signor Bianchi che ha voluto farmi dono di una straordinaria gita sulle cime del-l’Adamello con l’elicottero, un grazie grande. Mi sarà difficile perché per qualche attimo ho pensato a quan-ti mi sono stati vicini in questi anni, discretamente ma sinceramente: il dott. Franco Cesana, Fulvio Berna-sconi e il presidente Mario Mauri re-centemente scomparsi ... La liturgia eucaristica celebrata sul prato in un raccoglimento ispirato dal silenzio degli imponenti monti che circondano lo splendido rifugio... Dando il saluto mi sono ripromesso di raccomandare ai lissonesi di averlo caro il loro rifu-gio, di amarlo, di andarne orgogliosi. Grazie di un giorno di luce!”

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Le parole scritte dal Card. Tettamanzi nel saluto alla diocesi si adattano perfettamente ai cam-biamenti che avverranno nella nostra Comunità. Le facciamo nostre:“La Chiesa non teme di affrontare le diffi coltà e le sfi de del nostro tempo, a cominciare dalla diffusa secolarizzazione e dal calo delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, perché confi da con piena speranza nel suo Maestro e Signore. La Chiesa, forte di una tradizione non solo di fedeltà ma di vero amore per il suo pastore, vuole accogliere il nuovo responsabile della comunità come inviato del Signore”.

Ne è stata data comunicazione de-finit iva in tutte le S.Messe celebra-te in Comunità, domenica 26 giun-go. “Carissimi fedeli – scriveva don Pino sull’ informatore comunitario – vi avevo confidato che desideravo potermi presto rivolgere a voi per annunciarvi l ’arrivo di altr i sacer-doti. Quel momento così atteso è arrivato ed è solenne: l ’Arcivesco-vo Dionigi Tettamanzi ha destinato nuovo responsabile della Comu-nità Santa Teresa Benedetta della Croce e quindi prevosto di Lisso-ne, don Tiziano Vimercati, attuale parroco di Santa Maria Assunta, a S.Margherita, e decano”. Recenti norme del diritto canoni-co diocesano prevedono la figura dei co-parroci che guideranno col-legialmente la comunità. A don Vi-mercati si affiancheranno quindi don Antonio Bonacina, attualmente residente alla Madonna di Lourdes, padre Alessandro Locatell i dei Padri Betharramiti della Parrocchia Sacro Cuore di Gesù e due nuovi incarica-ti, don Stefano Colombo e don An-tonio Pogliani. Don Colombo, originario di Sere-gno, è stato otto anni a Fagnano Olona, cinque a Settimo Milanese e da Maggio è parroco a San Giu-liano Milanese, parrocchia di Maria Ausiliatrice. Prima di entrare in se-minario ha cantato per 13 anni nella corale parrocchiale S.Cecilia di Se-regno, parrocchia San Giuseppe. Da sacerdote, a Fagnano Olona, con un gruppo, La PUCCI PUCCI BAND, ha girato per tanti oratori e piazze, con musica di intrattenimento e di anima-zione, cercando di coinvolgere il più possibile il pubblico (il repertorio era il più vario e vasto possibile: rock, blues, liscio, demenziale, cantautori impegnati, latino americano, musica folk). Il momento più bello è stato il concerto durante il raduno diocesa-no giovani BUSTO GIOVANI. A Setti-mo Milanese ha cercato di ripetere

Don Tiziano Vimercati

Don Antonio Bonacina

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ÀIl nuovo parroco e i due nuovi presbiteri

QUELLICHE ARRIVERANNO la redazione

la stessa esperienza con il gruppo PIZZA E FICHI e ci è riuscito. Momento saliente è stato il concerto in occasione della preparazione alla G.M.G, in Piazza Duomo a Milano, con la presenza di 20.000 giovani. Don Stefano compone canzoni pre-valentemente religiose. Ha collabo-rato in tre occasioni con la F.O.M con canti per le musicassette-sus-sidio dell’iniziativa annuale e del-l’oratorio estivo. Ha partecipato a tre concorsi di musica religiosa en-trando nelle finali, negli anni 1999 e 2000 al concorso nazionale IL RE DEI VERSI, nel 1998 al concorso LA CARITA SI FA MUSICA, in occasione del centenario della nascita di don Luigi Monza. La canzone “FORTUNA CI SEI TU” è inserita nella compila-tion “UN UOMO VESTITO DI CIELO” edizioni Padre Luigi Monti. In alcu-ne occasioni ha proposto uno spet-tacolo con i suoi lavori eseguendoli dal vivo con un gruppo. Fu a Lissone con un suo spettacolo in occasione dei dieci anni di messa di don An-drea Molteni.

Don Pogliani proviene dalla comu-nità pastorale di Gaggiano, è sa-cerdote da soli tre anni. La sua è una vocazione adulta, arrivata dopo università, lavoro e successi nella carriera. «La mia storia, fino a un certo punto, è quella di tanti, direi – dice in una intervista pubblicata sul sito della parrocchia di Gaggiano - Sono cre-sciuto in oratorio e a 17 anni ne sono scappato. Basta con la messa ogni domenica, al massimo ogni tanto. Ho fatto economia, non mi sono lau-reato per un esame. Ma il lavoro è arrivato lo stesso e la carriera an-che, con i soldi e tutto quel che se-gue. A un certo punto sono andato in crisi: dove stavo andando? Senti-vo sempre il bisogno di fermarmi a riflettere, e spesso lo facevo entran-do in una chiesa. Finché ho ripor-tato in concessionario le macchine, ho lasciato il lavoro, sono entrato in seminario: ed eccomi qua».

Don Stefano Colombo

Don Antonio Pogliani

Don Alessandro Locatelli

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Una rifl essione ispirata al santo Curato d’Ars, la cui vita viene portata ad esempio di assoluta de-dizione alla consacrazione sacerdotale, nel libro IN ASCOLTO DELL’ALTRO, che raccoglie gli esercizi spirituali predicati a Benedetto XVI da Mons. Enrico Dal Covolo, attuale rettore della Pontifi cia università Lateranense.

Pochi anni dopo l’inizio del mi-nistero parrocchiale ad Ars, il santo Curato avviò un’inizia-tiva in cui profuse tutto l’en-tusiasmo e lo zelo di cui era capace: l’istituzione di un or-fanotrofio e di una scuola fem-minile, la Providence. Per più di vent’anni la Providence fu, in certo senso, la sua casa. Vi si recava non solo per i do-veri del ministero, ma anche per prendere i pasti e per in-trattenersi amabilmente con le piccole orfane. Alla preghiera di queste innocenti attribuiva un’efficacia speciale.Nel 1848 la direzione della Providence venne affidata ad una congregazione religiosa femminile,che vi impresse un nuovo orientamento educa-tivo. Anche il Vescovo aveva sollecitato questo cambio.E’ innegabile che per questo motivo il nostro Curato soffrì molto, al punto di affermare: «Monsignore il Vescovo vede in questa decisione la volontà di Dio, ma io … io no!» (Tro-chu. p.416).Eppure accettò tutto senza alcuna recriminazione, collaborando cordialmente con le religiose di San Giuseppe che subentravano alle pri-me educatrici. Quando questo avven-ne egli aveva già 62 anni.

Cogliamo in questo episodio una grande libertà interiore, persino da ciò che noi oggi definiremmo i nostri “progetti pastorali”. Come sacerdoti, infatti, tutti abbiamo i nostri piani pa-storali, diamo vita ad iniziative, en-triamo in contatto con persone che diventano collaboratori e amici. Uma-namente ci affezioniamo a tutto que-sto. Talvolta sembra che il successo ottenuto ci renda quasi indispensabili. Non poche volte, però, l’obbedienza ai superiori, le circostanze della vita, il cambio delle situazioni ci chiedono un distacco.

Come reagiamo? In questi casi sap-piamo assumere con coraggio quello

“sguardo di fede”, quell’”ispirazione” che il santo Vescovo Francesco di Sales “un raggio celeste, che porta nei nostri cuori una luce calda, per mezzo della quale ci fa vedere il bene e ci riscalda per farcelo perseguire” (Trattato dell’Amor di Dio, 10)?Se amiamo Dio sopra ogni cosa, un cambio di ufficio, un trasferimento, la conclusione di un’attività a cui tene-vamo molto, non ci risparmieranno forse da una certa sofferenza interio-re, ma questo non ci turberà e non ci toglierà quella pace e quella gioia che Jean Marie Vianney conservò di fatto, anche quando dovette lasciare ad altri la sua Providence.

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Sull’esempio di un santo

NEL 1848AD ARS la redazione

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Festa dell’oratorio tutta speciale

50 ANNIDI CAMPEGGIO la redazione

L’evento di quest’anno è stato caratterizzato dal memoriale dei 50 anni del campeggio. Le foto esposte in mostra hanno fatto affi orare ricordi lontani, ma non sbiaditi. Anzi la gioia di rivedersi, di ritrovare i sacerdoti passati per l’oratorio San Luigi, di rivivere le emozioni forti di momenti indimenticabili, sono parsi motivi più di orgoglio che di rimpianto. Quante cose belle sono state fatte! Quanti doni dispensati con magnanimità dal Signore.

Insieme alla mostra fotografica sono sta-te allestite tre tende, una riproduceva una tenda attrezzata di tutto punto come in campeggio, con pavimento in legno e let-ti a castello; una ha ospitato i filmati e le diapositive; una è stata destinata all’acco-glienza e alla prenotazione del libro.Chi ha organizzato tutto? Risponde don Andrea: «Il gruppo del campeggio e il gruppo dei giovani ani-matori che come l’anno scorso credono molto nella missione degli Oratori di es-sere “ponte tra la Chiesa e la Strada”, e al fatto di tornare sulla strada per raccontare a questa Lissone in grande cambiamento urbanistico, sociale e religioso la ricchez-za degli Oratori presenti in ogni quartiere del tessuto cittadino, con la loro passio-ne educativa. Con l’aiuto di alcuni giova-ni, che hanno messo a disposizione le loro competenze tecniche e artistiche, si è realizzata la mostra. La collaborazione per quegli aspetti che hanno visto presenti adulti e giovani insieme è stata proficua così come già avviene per il montaggio del campeggio e nei vari turni dei cam-peggi, animati da personale adulto e da giovani animatori. Tra gli ideatori del libro memorial c’è Renzo Perego, oratoriano di vecchia data, che ha risposto ad alcune domande di Comunitalternativa.Chi ha realizzato il libro sul Cam-peggio e raccolto le foto? Si è formato un comitato di redazione, se-

guito da vicino da don Andrea, che prima ha raccolto le idee di molti oratoriani sul taglio da dare al libro e che poi ne ha de-ciso l’impostazione. Ciascuno dei com-ponenti ha avuto un compito preciso: dal-la raccolta di testi e fotografie alla ricerca delle pagine del Cittadino che presentano articoli su momenti “forti” della storia del campeggio. Io, da parte mia, mi sono occupato dell’impostazione generale del libro e sto curando i testi.Dove avete recuperato il materiale? Abbiamo lanciato un appello ai campeg-giatori del presente e del passato, prima attraverso il notiziario della Comunità Pa-storale, e poi attraverso i giornali locali, per-ché ci inviassero fotografie e ricordi perso-nali della loro esperienza nel campeggio. Ci siamo, inoltre, avvalsi del passaparola e del ricchissimo archivio oratoriano.Il libro verrà pronto in settembre?Per diversi motivi non si è avuta altra scelta:- il lavoro di raccolta del materiale e di prima stesura del libro è stato lungo, ma appassionante e, per chi l’ha vissuto, sot-to certi aspetti, commovente. Fra poco si passerà alle stampe, ma l’opera richiede-rà un po’ di tempo;- si vuole e si deve lasciare nel libro uno spazio al campeggio a Cervinia di que-st’anno, quello dei 50 anni;- si vuole fare uscire il libro in occasione delle feste di inizio anno degli oratori della Comunità pastorale.Avete avuto sponsor generosi?Ci hanno dato una grossa mano l’Am-ministrazione Comunale e la Cooperati-va del Popolo. Amici dell’oratorio S. Luigi hanno da tempo dichiarato la loro dispo-nibilità ad aiutarci. Stiamo valutando se il loro intervento si renderà necessario.

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La tradizionale competizione canora

CANTAQUARTIERECOMUNITA’ IN MUSICA

intervista aMatteo Fedeli

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La comunità del Cuore Immacolato di Maria registra tutti i record: più bravi, più numerosi, più originali e attinenti al tema. E vince la trentaquattresima edizione della gara canora che riunisce la Comunità pastorale sul palco dell’Excelsior. Il tema era “i migliori anni della nostra vita”, indivi-duati negli ultimi 70, 80,90 e 2000, tutti estratti a sorte per essere assegnati ai vari quartieri.

Quest’anno veramente il Cantaquartiere è sta-ta una continua gioia e una continua soffe-renza per otto mesi. Di cose da dire e da rac-contare ce ne sono ve-ramente tante (e non le ho nemmeno incluse tutte qui)... esordisce Matteo Fedeli, supervi-sore del Cantaquartiere 2011, che ha concesso a Comunitalternativa questa intervista. Oltre la cronaca divertiamoci a scoprire i retroscena dello spettacolo.

Quale era il tema ? Gli anni ‘anta’ Il tema, per esteso, era “I migliori anni della nostra vita”. Abbiamo voluto fare una carrellata degli ultimi 40 anni di storia affidando un decennio a cia-scun quartiere, perché ne interpretasse le due canzoni ritenute più rappresentative del panorama musicale italiano e interna-zionale di quegli anni. E così, a sorteggio, si è stabilito che il Cuore Immacolato di Maria portasse gli Anni ‘70, San Giusep-pe Artigiano gli Anni ‘80, i Santi Pietro e Paolo gli Anni ‘90 e, fuori gara, il Sacro Cuore di Gesù il decennio 2001-2010. Già da qualche anno non c’è più la canzone sceneggiata dai bambini? Per i primi anni si è pensato alla “canzone comune”, fuori tema e in gara: un faccia a faccia diretto tra gli oratori che si sfida-vano cantando la stessa canzone. Anche per amor di spettacolo, poi, l’anno scorso si è pensato di mettere la canzone comu-ne fuori gara, perché cantata volta sola da tutti i bambini insieme.Quest’anno l’idea era di coinvolgere per questo numero i ragazzi di seconda e ter-za media e di sfruttare questo momento come sigla, facendo cantare “Gli anni” degli 883. Tuttavia, per problemi organiz-zativi, non ci è stato possibile realizzarla: il pubblico se ne sarà accorto vedendo che la sigla, comunque “Gli anni”, era sempli-cemente registrata e non cantata dal vivo. Qual era la parrocchia più numero-sa? La parrocchia più numerosa, come ormai capita sempre al Cantaquartiere, è

stata il CIM, soprattutto per il grandissimo numero di adulti partecipanti. Va anche detto però che quest’anno ci sono state altre parrocchie che hanno visto diminui-re drasticamente le adesioni (a causa sia del particolare periodo dell’anno, sia di altri lavori concomitanti), arrivando anche a non potersi proprio presentare. Poiché stavolta quest’ultimo trend mi è sembra-to molto più appariscente, devo dire che in questo senso gli adulti del CIM rappre-sentano veramente un’eccezione. Tra gli attori degli sketch è cambiato qualcosa ? Qualcuno si è aggiunto? qualcuno se n’è andato? Fortunata-mente nessuno se n’è andato, ma alcuni ruoli sono stati un po’ ridefiniti.Io mi sono occupato più della parte orga-nizzativa e per questo ho ceduto la con-duzione interamente a Lorenzo Gesuita, riconfermato dall’anno scorso, e alla new entry Monica Zabatta, che alcuni potreb-bero ricordare come la “suor Maria Cla-retta” di “Sister... Ciak!”.Anche il gruppo dei comici, che quest’an-no ha subito più pressione per arrivare a stringere i tempi e ha dovuto cambiare l’approccio agli interventi in scena (meno scenette e più “disturbi”), è stato tutto ri-confermato: dall’anno scorso sono torna-ti Stefano Fossati, Matteo Brivio, Niccolò Bignamini e Manuela Cerizzi. Il gruppo dei tecnici, che l’anno scorso era com-posto da Matteo Citterio, Andrea Paleari ed appunto Riccardo Galimberti (l’unico che non ha potuto essere in teatro, per

impegni di lavoro, ma che ha co-munque seguito attentamente la fase di preparazione), quest’anno ha assunto maggiore autonomia e un controllo più diretto nella pro-pria area di competenza, avendo ridotto al minimo il numero dei col-laboratori provenienti dal teatro ed esterni alla preparazione.Un altro nuovo ingresso molto im-portante è stato infine quello di Da-niele Dassi, che ha coordinato la squadra di “maschere” che ha ge-stito con una ferrea coordinazione i movimenti in platea. Purtroppo un’assenza rilevante c’è stata. Questo è il primo anno, dopo tantissimo tempo, in cui An-drea Rippa non ha partecipato in alcun modo al Cantaquartiere, se non da spettatore. Ha deciso, dopo tanti anni, che è ora per lui di spostarsi su altri progetti, quindi lui stesso afferma che è molto im-probabile che lo si riveda ancora calcare il palco di questa manife-stazione. Tutto il gruppo organiz-zatore lo saluta affettuosamente, ringraziandolo per l’impegno e l’incomparabile passione che ci ha messo in questi anni, prima come direttore del San Luigi (quando ancora erano Rossi, Gialli, Verdi e Azzurri a contendersi il “piatto”) e poi come presentatore. Siamo lieti che, anche dalla platea, lui conti-nui a seguirci e ad incoraggiarci.Da quanto lavorate per la pre-parazione? Eh, anche fin troppo tempo! Scherzi a parte, la pri-ma riunione “ufficiale” per il Can-taquartiere 2011 si è tenuta al San Luigi la sera di mercoledì 6 otto-bre 2010 (otto mesi prima dello svolgimento). Non dovrebbe sor-prendere più di tanto, in realtà: lo spostamento di data da gennaio a giugno è stato deciso dai vari grup-pi partecipanti a incontri già avviati, quindi tutto è cominciato come se dovessimo andare in scena come tutti gli altri anni, ossia a metà inverno. Se però i quartieri hanno potuto cominciare a lavo-rare concretamente sulle canzoni già da fine gennaio, la parte dello spettacolo ha potuto prendere una forma concreta ed abbastanza definitiva soltanto nell’ultimo mese. Avete qualcosa di curioso da rac-contare? Imprevisti … difficoltà ri-solte … Il Cantaquartiere 2011 è stato un giro sulle montagne russe, è pieno di storie da raccontare. Basti pensare che ha cambiato luogo, data, ora e scaletta almeno quattro o cinque volte in questi mesi! Tanti sono stati gli imprevisti e le dif-ficoltà, ma vorrei parlare principalmente dei due obiettivi che maggiormente hanno caratterizzato l’edizione di quest’anno.Uno è stato quello, dopo essere riusci-ti negli ultimi due anni a tenere un ritmo vivace che mantenesse l’attenzione del

pubblico, di accorciare la durata dello spettacolo: obiettivo più che raggiunto, dato che escluso l’intervallo lo spettacolo è durato poco più di due ore (contro le tre dell’anno scorso).L’altro grande traguardo sarebbe stato quello di portare il Cantaquartiere in piaz-za il sabato sera (il senso della colloca-zione estiva era questo), obiettivo che per varie difficoltà non siamo purtroppo riusciti a raggiungere e che comunque sarebbe fallito, dato il maltempo che ha caratteriz-zato quel fine settimana.Una piccola curiosità, infine: per la prima volta quest’anno, durante i cinque mi-nuti precedenti il Cantaquartiere, è stato proiettato un filmato del backstage degli sketch e delle prove in teatro dei quartie-ri. Il video è stato girato durante gli ultimi giorni di lavori ed è stato montato la sera prima di andare in scena da Andrea, che ha lasciato intendere di averlo completato sul suo profilo di Facebook alle 23.25!

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24chiesa s. giuseppe artigiano

chiesa cuore immacolato di maria

chiesa ss. pietro e paolo

chiesa madonna di lourdes

chiesa s. cuore di gesù