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20-06-2011 13:00:23

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Il presente volume illustra i risultati del progetto “Identità, immigrazione e cittadinanza” finanziato dalla Presi-denza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Gioventù nell’ambito dell’Accordo di Collaborazione si-glato il 30/12/2008 con l’Istituto per gli Affari Sociali (IAS).

Il progetto, coordinato da Amedeo Spagnolo - Responsabile scientifico - è stato realizzato da un’èquipe di ri-cerca composta da: Fausto Benedetti, Romina Papetti, Fabiana Audino, Maria Sisa Cirafisi, Angela Mosca,

Antonio Di Nallo, Luisa Saba, Attilio Sorice.

Supporto tecnico informatico: Donovan M. Baldassarri, Mauro Bartolini, Marco Cioppa, Alessandro Turchetti,Stefano Argenio.

Hanno collaborato alla ricerca le seguenti Associazioni: Associazione Culturale Azazello, Associazione Cultu-rale Comunitate, Comunità di Sant’Egidio.

Il volume è a cura di:Emanuela Rampelli - Dipartimento della Gioventù, Amedeo Spagnolo e Susanna D’Alessandro – ISFOL.

Sono autori dei capitoli:Susanna D’Alessandro IntroduzioneMaria Laura Nespica Par. 1.1.Maria Laura Nespica - Susanna D’Alessandro Par. 1.2, Par. 1.3.Tatiana Tataru - Silvia Casotto Par. 2.1, Par. 2.2.Dorota Shkurashivska- Letitia Dunca Par. 2.3.Cecilia Pani - Daniela Pompei - Paolo Impagliazzo Par. 2.4.Luca Fabrizi Par. 2.5.Maria Laura Nespica - Cecilia Pani Par. 2.6.Amedeo Spagnolo - Romina Papetti Par. 3.1, Par. 3.2, Par. 3.3, Par. 3.4, Par. 3.5.Cecilia Pani Par. 3.6.Emanuela Rampelli - Susanna D’Alessandro Conclusioni

I grafici e le tabelle sono stati elaborati da: Luca Fabrizi e Barbara Marino.

Si ringraziano: Stefano Mancini, Ecaterina Hincu, Qorbanali Esmaeli, Luciano Natali, Mar’yana Humenchukper la collaborazione durante lo svolgimento delle attività progettuali e Alessandra Langellotti per la revisionedel glossario.

Un sincero ringraziamento a Stefano Argenio ed Attilio Sorice per la collaborazione e l’assistenza durantetutte le fasi di pubblicazione del volume.

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IDENTITÀ, IMMIGRAZIONE, CITTADINANZA

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Si ringraziano le seguenti scuole che hanno partecipato alla ricerca

• Campania: Liceo Socio Psicopedagogico “A.Maria De Liguori”; Liceo Classico “A.Maria DeLiguori”; Liceo Scientifico “A.Maria De Liguori”, Liceo Linguistico “A.Maria De Liguori”;Istituto d’Arte “A.Maria De Liguori”.

• Friuli Venezia Giulia: I.T.C.G. “Da Vinci-De Sandrinelli”.

• Lazio: Istituto Tecnico industriale Alessandro Volta; Liceo Classico “Orazio”; Istituto Tecni-co Commerciale “V. Bachelet”; Liceo Classico Chris Cappell”; Istituto Tecnico Commer-ciale “F. Caffè”; I.P.S.C.T.F “Cesi”; Liceo Scientifico Statale “A.Labriola”; I.T.C.G. “CarloMatteucci”; Liceo Scientifico Statale “Ettore Majorana” I.P.S.A.R. “Amerigo Vespucci”;I.I.S.S. “Sibilla Aleramo”; Istituto Tecnico Commerciale “G. Salvemini”; I.T.C “Paolo Tosca-nelli”; Istituto Professionale “Sisto V”; Istituto istruzione superiore “Jean Piaget”; LiceoScientifico “Tullio Levi Civita”; Istituto Tecnico e S.C. “A. Pacinotti”; I.T.I.S. “Albert Ein-stein”; I.T.N. “Marcantonio Colonna”; I.P.S.S.A.R. “Marco Gavio Apicio”; Istituto TecnicoCommerciale “Vittorio Veneto”; I.P.S.I.A. di Zagarolo; Istituto d’Istruzione Superiore “Francesco Orioli”di Viterbo; Istituto d’Istruzione Superiore “L. Novelli” di Velletri; LiceoGinnasio Statale “Pilo Albertelli” di Roma; Centro di Formazione Professionale di “Cave”.

• Liguria: IAL CISL di Carcara (SV), Corso triennale di qualificazione professionale nel setto-re meccanico: operatore meccanico d’auto; IAL CIS di Carcara (SV), Corso triennale diqualificazione professionale nel settore commerciale e delle vendite.

• Lombardia: I.T.S. “T.Olivelli”; I.P.S.A.R. “Putelli”; I.T.S. “Benedetto Castelli”; I.T.S. “CarloBeretta”.

• Piemonte: I.P.S.A.R. “Baldassano Roccati”; Liceo Classico “Baldassano Roccati”; LiceoScientifico “Baldassano Roccati”; I.T.C “Baldassano Roccati”.

• Sicilia: Istituto Superiore Statale “Felice Bisazza”; Istituto Superiore Statale “Emilio Ainis”.

• Toscana: Liceo Scientifico “Carlo Levi”; Liceo Linguistico “Carlo Levi”; Liceo Scientifico“Antonio Gramsci- Keynes”; Istituto per Geometri “Antonio Gramsci- Keynes”; IstitutoProfessionale per il Turismo “Antonio Gramsci-Keynes.

• Umbria: I.T.C “Vittorio Emanuele II” ragioneria e Perito Commerciale ; I.T.C “Vittorio Emanuele II” Perito Aziendale e corrispondente in lingue estere; I.T.C “Vittorio EmanueleII” Programmatore.

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INDICE

PREFAZIONE di Giorgia Meloni 7

INTRODUZIONE 9

1. Il contesto di riferimento 131.1 Gli immigrati di seconda generazione: panoramica sul fenomeno 131.2 Quadro normativo Europeo: le politiche in materia di immigrazione 181.3 La normativa nazionale in materia di immigrazione 22

2. I risultati dell’indagine 272.1 Storie e percorsi delle identità 272.2 Famiglia e immigrazione 292.3 Il ruolo della scuola nel processo d’integrazione 372.4 Il gruppo dei pari ed i percorsi di socializzazione 442.5 Le questioni di genere: approfondimenti 622.6 Sintesi dei risultati e riflessioni 73

3. Il disegno di ricerca 793.1 La ricerca e i suoi obiettivi 793.2 Strategie e finalità 823.3 Metodologia e articolazione del progetto 833.4 Gli strumenti utilizzati 853.5 Il campione 883.6 Innovazione e criticità 92

CONCLUSIONI 95

BIBLIOGRAFIA 103

SCHEDE ANAGRAFICHE DELLE ASSOCIAZIONI 105

APPENDICE 107Glossario 109

ALLEGATOQuestionario 123

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Credo che i dati illustrati da questa ricerca su identità, integrazione e cittadinanza rivolta ai gio-vani immigrati di seconda generazione e, nel contempo, all’atteggiamento nei loro confron-ti dei giovani italiani loro coetanei, possano lasciarci ampi margini di soddisfazione per il fu-turo della nostra Nazione.

Da un lato possiamo constatare come la gran parte, se non addirittura la totalità delle prin-cipali problematiche legate al tema dell’integrazione, non vadano, fortunatamente, ad inte-ressare questi giovani che anzi il più delle volte sono i principali fautori, all’interno del nucleofamiliare, di quel rapporto di reciproco scambio e confronto ad armi pari di culture e costu-mi sulla quale si basa il principio di un processo di integrazione reale, efficace e completo. In-fatti, così come non si costruisce integrazione chiudendo le porte dinanzi a quello che è al-tro da sé, non si costruisce integrazione nemmeno annullando se stessi di fronte all’altro.Ne fu una prova il grandioso esempio di coesistenza pacifica di religioni e culture sotto l’Im-pero Romano, nel quale milioni di persone diverse per cultura, religione o razza seppero fi-nire col sentirsi allo stesso modo romani, condividendo le stesse leggi e le stesse usanze, purnon rinunciando a rivendicare l’attaccamento alle proprie origini. E ne è una prova, oggi,l’esperienza della più grande fra le democrazie occidentali, gli Stati Uniti d’America, statoall’interno del quale, seppur attraverso un cammino complesso e costellato di tante pagineoscure, si è realizzato oggi un sentimento di appartenenza ad una nazione nata da mille na-zioni diverse.

Dall’altro lato, diversamente da quanto potremmo sospettare sulla scorta della negativitàcon la quale sovente i media dipingono la gioventù di casa nostra, l’atteggiamento dei gio-vani italiani nei confronti di questi giovani stranieri che si sentono italiani non solo è scevro daostilità e diffidenza ma, al contrario, fatica a rilevare dove sia, e se ci sia, una differenza. Chiè nato in Italia da genitori italiani non vede uno straniero in questi coetanei nati sì in Italia,ma i cui genitori sono venuti da lontano, magari parlano ancora una lingua diversa, o hannodiversi tratti somatici o un diverso colore della pelle.

Resta però il problema cogente di dover dare uno Stato, un “posto nel mondo”, a ragazzee ragazzi che l’Italia la sentono già nei sentimenti, proprio come i patrioti del nostro Risor-gimento. Nati e cresciuti in Italia, questi giovani connazionali devono poter fare affidamen-to su uno Stato che ne riconosca tutti i diritti e pretenda da loro i doveri. Purtroppo oggi es-si devono ancora fare i conti con carenze legislative alle quali dobbiamo necessariamenteporre rimedio quanto prima per non escludere degli italiani dalla loro Nazione. Sono convin-

PREFAZIONE

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ta che l’Italia appartenga a chi la ama, a prescindere da quali siano le sue origini e la sua pro-venienza. Credo dunque sia importante dare una risposta al legittimo e condivisibile desi-derio di “italianità” di ragazze e ragazzi che non si sono limitati a vivere all’interno di unacomunità, ma la sentono come propria, non sentono di appartenere a nessun’altra, né lovorrebbero.

Di come la diffidenza verso i “nuovi” italiani sia insensata, antistorica e oggettivamente sba-gliata, ne abbiamo esempi a non finire. Pensiamo a quei campioni dello sport come Balotel-li, Okaka, Ogbonna, Howey, o ancora a quei tantissimi italiani figli di stranieri che scelgono diportare con onore l’uniforme delle forze armate, ugualmente orgogliosi di quel Tricolorestampato sul petto forse più di qualche italiano di nascita che finisce quasi per vedere nellaPatria qualcosa di scontato.

Giorgia Meloni Ministro della Gioventù

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L’attuale quadro di incremento crescente della presenza di immigrati pone al centro del di-battito politico sociale, tanto internazionale quanto nazionale la necessità di riflettere sullepolitiche migratorie da mettere in atto, divenendo per i governi una delle emergenze priori-tarie. La cronaca richiama ormai da mesi l’attenzione sul massiccio afflusso di personesulle coste italiane, persone in fuga dal loro Paese in cerca di migliori condizioni di vita. Inrealtà il fenomeno dell’immigrazione via mare tende a ripetersi ciclicamente, già nel 1991giunsero dall’Albania navi mercantili piene di migranti in fuga. Ma accanto a questo “model-lo”, ammesso che sia possibile usare questa espressione, che ha alla base dinamiche mo-tivazionali comuni, l’immigrazione è un fenomeno che muta di continuo nello spazio e neltempo, comprende una complessa e varia tipologia di movimenti di persone che ne hannocaratterizzato la storia.Sebbene in Italia l’immigrazione ha cominciato a divenire un fenomeno significativo a partiredagli anni ’70 e negli anni successivi è andato sempre più intensificandosi, come paese di“giovane” immigrazione, rispetto ad altre nazioni europee, il nostro paese ancora oggi è impe-gnato nella definizione di un proprio modello di riferimento per l’accoglienza e la permanenzadegli stranieri nel proprio territorio. In questo percorso non sempre facile, in cui si sono avutimomenti di emergenzialità, l’Italia ha sempre cercato di coniugare legalità e sicurezza con iprocessi di trasformazione sociale e demografica, occupazionale e assistenziale. Se l’immigrazione nel suo complesso non è più un fatto marginale nella nostra realtà, i mino-ri stranieri costituiscono uno spaccato sempre più importante attraverso il quale leggere lacomplessità, dei processi culturali e sociali, che attraversa la società italiana e la popolazioneimmigrata al suo interno. Quelle che si è soliti chiamare seconde generazioni, sono le genera-zioni di coloro che vivono la prima fondamentale parte del processo di crescita a cavallo tra duemondi, quello della famiglia e quello della società, che si distinguono per valori, norme, tradi-zioni, pratiche di vita, lingua. In quest’ottica rappresentano una sfida per la coesione socialeed una spinta alla trasformazione delle società ricevente imponendo di sviluppare nuovi mo-delli interculturali di coesione ed inclusione. Poiché la loro rilevanza è destinata ad aumenta-re considerevolmente non solo sul piano demografico, ma soprattutto sociale, economico,politico e culturale sicuramente loro sono il futuro dell’Europa ed i futuri cittadini.

Partendo da queste ed altre considerazioni l’obiettivo che ha inteso raggiungere il Proget-to punta essenzialmente a indagare luoghi, dinamiche e problematiche legate alla formazio-ne dell'identità dei giovani immigrati: la scuola, la famiglia, il gruppo dei pari. Con questa in-dagine si è voluto dare voce direttamente a loro, ai nuovi soggetti sociali, per capire quali so-no i rapporti con i loro compagni di scuola, come rielaborano il progetto e l’esperienza dei

INTRODUZIONE

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genitori, quali sono le caratteristiche del nucleo familiare, come vivono lo status di cittadi-nanza e la loro nazionalità, quali sono i loro interessi e le loro aspettative future. Si è cerca-to di cogliere, attraverso quotidianità e vissuto, gli aspetti salienti del passaggio di espe-rienze e percezioni tra le due culture: quella di origine e quella del paese in cui si trovano avivere. Certamente la soluzione non è la scelta di uno dei due modelli culturali e nemmenola non appartenenza a nessuno, ma quella auspicabile è la piena integrazione tra i due. Inquesto ambizioso obiettivo, va valorizzato il ruolo che i ragazzi delle seconde generazioni ri-coprono rispetto alle prime, un ruolo di “mediazione”, non solo di tipo linguistico, ma anchesocio culturale, a tal punto che è attraverso il contatto con i figli che i genitori riescono me-glio a familiarizzare con la società italiana ed rielaborando al tempo stesso la propria cultu-ra di provenienza.

La prima parte della ricerca è dedicata alla ricostruzione dello scenario di riferimento, trac-ciandone caratteristiche e aspetti significativi, entro il quale si collocano le seconde gene-razioni. Partendo da un quadro ricognitivo e descrittivo del fenomeno migratorio in genera-le si passa alla definizione ed identificazione del gruppo di riferimento oggetto dell’indagi-ne.: le seconde generazioni. Definizione meno scontata di quanto possa sembrare, inquanto rientrano in questo segmento sociale persone nate in Italia da genitori stranieri eminori (bambini ed adolescenti) arrivati in Italia per ricongiungimento con i genitori e quindia vari stadi del processo di socializzazione. La descrizione del contesto prende in esame an-che i numeri riferiti alle presenze dei minori stranieri e ne analizza la significatività anchedal punto di vista quantitativo, soffermandosi sugli aspetti riferiti al processo di integrazio-ne e socializzazione. La prima parte si completa con due quadri normativi dedicati alla ricostruzione dei molte-plici provvedimenti adottati dall’Unione Europea e dall’Italia per regolamentare le politichedi immigrazione e le politiche per gli immigrati. Dalla rassegna emerge un processo di evo-luzione parallela, anche se con differenti gradi di maturazione. L’evoluzione degli interventi normativi da parte dell’Unione Europea in materia di immigra-zione converge verso una politica di coesione, che tiene conto delle differenze tra gli Statimembri. Propone pertanto come metodo migliore per pervenire ad una politica regola-mentata, la costituzione di un quadro generale, con standard e procedure comuni ed unmeccanismo per fissare obiettivi e traguardi indicativi entro i quali gli Stati membri definisco-no ed attuano le loro politiche nazionali. Il vero successo dunque è stato quello di aver so-stituito il metodo comunitario al metodo intergovernativo, consentendo così l’introduzionedi un sistema uniforme che garantisca uno spazio effettivo di libertà, giustizia, equo tratta-mento dei cittadini e rispetto della dignità umana. Alla luce di ciò, la normativa italiana ha incrementato significativamente la produzione dinorme finalizzate a regolamentare l’immigrazione, sebbene l’insieme delle policy messe incampo vede accanto a leggi e norme emanate a diversi livelli dell’amministrazione pubbli-ca anche interventi, atti e pratiche promosse da enti locali e organizzazioni del terzo setto-re. Resta comunque evidente che il governo nazionale intende rispondere a tre questionicentrali: la programmazione dei flussi, le condizioni di accesso al permesso di soggiorno eallo status di straniero regolarmente residente, il contrasto all’immigrazione irregolare e

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clandestina, facendo convergere tutti gli sforzi in queste direzioni.La seconda parte della ricerca si concentra invece sull’analisi quali-qualitativa delle informa-zioni raccolte attraverso i questionari somministrati ai giovani studenti stranieri raggrup-pandole sotto tre macrocategorie che sono: la famiglia, la scuola, l’identità ed il gruppo deipari. Non v’è dubbio che le seconde generazioni si trovano a doversi misurare con un duplice li-vello di aspettative: quelle familiari e quelle della società in cui vivono. La famiglia è il primocontesto all’interno della quale avvengono complesse negoziazioni tra i valori delle tradi-zioni culturali di provenienza e le forme di ridefinizione delle stesse, dove i figli devono co-niugare, non sempre senza difficoltà, fattori identitari, regole e relazioni all’interno della fa-miglia con le sollecitazioni del nuovo contesto di vita.La scuola, primo importante luogo di socializzazione dopo la famiglia genera due tipologiedi atteggiamenti: accentuazione delle diversità o riduzione delle diversità. Le risorse e lerelazioni che si sviluppano in questo contesto possono rafforzare o indebolire le opportuni-tà di percorsi positivi nei processi di socializzazione e di creazione di pari opportunità.Possiamo anticipare che la ricerca ha evidenziato che le seconde generazioni presentanomodi di vita, valori e aspettative simili ai loro compagni autoctoni I conflitti identitari di cui le seconde generazioni sono spesso le protagoniste, toccanoquestioni non solo giuridiche ed istituzionali della società ricevente, quali il riconoscimentodella cittadinanza e della nazionalità, ma toccano anche aspetti più strettamente emotivi. Sela fase adolescenziale, generalmente, è caratterizzata dal distacco dalle figure parentali,da un equilibrio instabile e da conflittualità, i ragazzi immigrati vivono in modo ancor piùcomplesso questo periodo rispetto ai loro coetanei italiani e questo non può non riflettersisulla loro identità. A questa intrinseca conflittualità si aggiunge il fatto che la relazione tra pa-ri li pone di fronte a continue situazioni di confronto tra i “due mondi” con cui le seconde ge-nerazione sono in contatto, quello di origine familiare e quello dei coetanei. Ma la ricerca di un equilibrio tra i due diversi mondi produce anche, tanto nelle secondegenerazioni quanto nei giovani italiani che vengono in contatto con la “diversità”, un proces-so di integrazione spontaneo. Pertanto, l'elaborazione della presente ricerca nasce dallaconvinzione che la duplice identità culturale delle seconde generazioni e debba essereconsiderata una risorsa di grande valore e sia quindi una sfida per la ridefinizione della vitasociale nel nostro Paese.

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1.1 GLI IMMIGRATI DI SECONDA GENERAZIONE: PANORAMICA SUL FENOMENO

La sempre più marcata presenza straniera è la vera e più macroscopica dinamica di mutamen-to nello scenario della società italiana degli ultimi anni. L’incremento degli immigrati stranie-ri, particolarmente intenso nel biennio 2003-2004, è addebitabile in primo luogo ai provvedi-menti di regolarizzazione (legge n. 189 del 30 luglio 2002 e legge n. 222 del 9 ottobre 2002)che hanno permesso a molti stranieri già presenti, irregolarmente, sul territorio nazionale disanare la propria posizione. Gli stranieri residenti al 1° gennaio 2010 risultano1 4.235.059(con un incremento del 8,8% rispetto al 1° gennaio 2009 3.432.651) e sono passati a rappre-sentare, in un solco di continuità di crescita, il 7% della popolazione residente nel nostroPaese.

Per quanto riguarda la presenza, all’interno dell’incremento della popolazione straniera resi-dente, la componente in più rapida crescita è senza dubbio quella minorile, sebbene dagli an-ni della regolarizzazione si sia verificata una lieve flessione dell’incidenza di minorenni sultotale della popolazione straniera. Comunque è da rilevare che:• i permessi di soggiorno, essendo riferiti ai soli ultraquattordicenni, sottostimano la pre-

senza minorile straniera poiché per gli infraquattordicenni l’iscrizione avviene sul permes-so rilasciato a uno o entrambi i genitori;

• le iscrizioni in anagrafe riguardano i soli minorenni residenti, includendo i minorenni nonpiù presenti e non ancora cancellati ed escludendo quelli regolari in attesa di iscrizione.

• una quota, presumibilmente non del tutto irrilevante, di presenza irregolare sfugge per suastessa natura a qualunque attività di monitoraggio e di rilevazione statistica.

Premesso ciò, la popolazione minorile rappresenta il 22% della popolazione straniera com-plessiva, ovvero è minorenne uno straniero ogni cinque soggetti regolarmente iscritti in ana-grafe.La crescita della presenza minorile è alimentata non solo dai ricongiungimenti familiari, chevedono l’arrivo dei bambini dai paesi d’origine dopo un periodo di permanenza di uno o en-

Capitolo 1

IL CONTESTO DI RIFERIMENTO

1 Dati ISTAT 1°gennaio 2010.

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trambi i genitori nel nostro Paese, ma anche e soprattutto dai nati da stranieri in Italia, alpunto che il 61,4% dei minori stranieri è nato in Italia. I nati con entrambi i genitori stranieri re-sidenti sono stati nel 2010 pari a 77.109 unità e rappresentano il 13,7% del totale delle na-scite occorse in Italia nell’anno.Più in generale risultano nel nostro paese circa 573 mila residenti di cittadinanza stranieranati in Italia, pari a circa il 13,5% del totale degli stranieri residenti, che rappresentano una par-te consistente della cosiddetta “seconda generazione”, ovvero stranieri non immigrati la cuicittadinanza straniera è dovuta unicamente al fatto di essere figli di genitori stranieri, di cui am-piamente si dirà più avanti.

È facile pronosticare per gli anni a venire un peso e un incremento ancor più rilevante delle na-scite straniere sul complesso delle nascite, non solo per effetto dei crescenti flussi migrato-ri in entrata, ma anche per il più alto livello di natalità espresso dagli stranieri rispetto agli ita-liani. Si stima, infatti, che a fronte di un tasso di fecondità nel nostro paese di appena 1,34 fi-gli per donna, il livello medio di fecondità degli stranieri in Italia sia di 2,4 figli per donna –con differenze anche molto significative da comunità a comunità, per esempio egiziani emarocchini (4 figli per donna), peruviani e filippini (1,4 figli per donna).L’aumento dell’incidenza della popolazione minorile straniera, declinata secondo gli arriviper ricongiungimento familiare e i livelli di natalità espressa, ci restituisce l’immagine di un pro-cesso di radicamento della popolazione straniera (uno su dieci ha comprato casa in Italia)sempre più spinto e intenso. La distribuzione territoriale di questo indicatore – che testimo-nia del percorso di stabilizzazione delle diverse comunità, del riequilibrio di genere nellestesse e della solidità, più in generale, del progetto migratorio tout court – ricalca la distribu-zione regionale di presenza straniera che si addensa fortemente nel aree del Centro-norddel paese. La scuola è il luogo in cui questa crescente presenza diventa palpabile e più facilmente spe-rimentabile, soprattutto in alcune aree del Centro e del Nord del paese (Emilia-Romagna,Umbria, Lombardia e Veneto). Dai primi anni del nuovo millennio il ritmo di crescita dellapresenza degli alunni stranieri nella scuola italiana è salito vertiginosamente al punto che,tra l’anno scolastico 2000/2001 e l’anno scolastico 2009/2010, gli alunni/studenti con citta-dinanza non italiana sono passati da 147.406 unità a 673.592 unità (quasi cinque volte), conun’incidenza del 7,5% sulla popolazione scolastica complessivaLe etnie più numerose nelle nostre scuole sono l’immagine riflessa di quelle maggiormenterappresentate nella popolazione straniera complessiva: Albania, Marocco, Romania, Cina.Le più alte incidenze negli ordini scolastici inferiori, che continuano a crescere di anno in an-no, testimoniano dell’avanzamento delle seconde generazioni – bambini stranieri nati nelnostro paese,– e, in parte residuale, dai bambini in età prescolare giunti in Italia per ricon-giungimento familiare.Una quota certamente residuale, ma comunque significativa riguarda, poi, quei minori stra-nieri che essendo stati adottati da coppie italiane risultano cittadini italiani a tutti gli effetti efrequentano le scuole italiane. Essi si trovano spesso a scontare, almeno nell’inserimentoscolastico, difficoltà linguistiche di apprendimento della nuova lingua che ne possono inqualche misura compromettere il percorso di integrazione. Nel periodo che va da novembre

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2000 a giugno 2008 risultano essere giunti in Italia attraverso l’adozione internazionale21.671 da Ucraina, Colombia, Brasile, Vietnam, Etiopia, Polonia e Federazione Russa.

Alla crescita della presenza di minori stranieri negli ambiti di vita quotidiana si aggiunge unacrescita ancor più significativa di coinvolgimento dei minori stranieri nei contesti di disagio.Il monitoraggio che il Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescen-za dell’Istituto degli Innocenti di Firenze ha realizzato nel corso degli anni sui minori fuori fa-miglia – e più precisamente sugli affidamenti familiari e sull’accoglienza nei servizi residenzia-li – documenta che la presenza dei minori stranieri negli affidamenti familiari è aumentatadal 7% del fenomeno complessivo nel 1999 al 22% del 2005. Relativamente all’accoglienzanei servizi residenziali, l’incremento va dal 12% del 1998 al 25% del fenomeno complessivodel 2005.Una quota niente affatto irrilevante di tale fenomeno è dovuta alla crescita del nu-mero di minori stranieri non accompagnati sul territorio nazionale. Alla data 2008 risultano se-gnalati in Italia 7.216 minori stranieri non accompagnati (tre quarti dei quali sprovvisti diqualunque documento di riconoscimento), di cui spesso dopo una permanenza più o menolunga in strutture o famiglie accoglienti, si perdono le tracce, salvo incontrarli nuovamente incontesti di conclamato disagio quale il circuito penale minorile2.A proposito di tale ambito, sono di cittadinanza straniera poco meno di un terzo dei denun-ciati alle procure per i minori in Italia – con valori anche del 40%-50% nelle regioni del Cen-tro-nord – dato altamente significativo se si considera, come già detto, che l’incidenza dei mi-nori stranieri sul totale dei minori residenti è pari al 6,6%. Rispetto alle fattispecie di reatocontestate prevalgono nettamente i reati contro il patrimonio mentre risultano proporzional-mente minoritari i reati contro la persona. Nelle strutture della giustizia minorile l’incidenza stra-niera sale ulteriormente al punto da attestarsi attorno al 60% degli ingressi annuali sia neicentri di prima accoglienza sia negli istituti penali minorili. Le misure di detenzione carcera-rie sembrano, dunque, almeno in certe aree del paese, prerogativa quasi esclusiva dei mino-ri stranieri che raramente usufruiscono di misure alternative. La messa alla prova, per esem-pio, risulta quasi assoluto appannaggio dei minori italiani, per i quali – è doveroso precisare– più spesso si ravvisano le condizioni necessarie per l’applicazione di un tale provvedi-mento3.Sui giovani immigrati di seconda generazione sono numerosi gli studi e gli approfondimentidegli ultimi anni. D’altra parte, l’aumento del numero di minori stranieri ricongiunti o nati in Ita-lia da genitori stranieri, pone alle istituzioni ed in particolare ai sistemi educativi nuove diffi-coltà ed obiettivi da affrontare in vista di una piena integrazione dell’“immigrato” nella so-cietà di accoglienza. Affrontare la tematica della seconda generazione di immigrati in termini di trasformazione edi sfida per la coesione sociale risulta quindi fondamentale.Per i giovani di seconda generazione l’ostacolo ed il traguardo principale consistono nell’in-

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2 È possibile che il dato sia destinato ad aumentare considerati gli ultimi afflussi migratori dei paesi del Nord Africa.3 Questo fenomeno può essere attribuito al ristretto periodo di tempo che i minori stranieri trascorrono negli istitutipenali minorili, che non consente loro di accedere ai percorsi di riabilitazione previsti dalla legge, prerequisito per ac-cedere alle misure alternative.

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tegrazione all’interno della società ospitante che passa attraverso varie forme: l’apprendi-mento della lingua italiana, il successo scolastico, la capacità di socializzazione, la capacitàdi progettare il proprio futuro in Italia.Con il termine seconde generazioni, la Raccomandazione del Consiglio d’Europa del 1984 havoluto identificare i figli di stranieri nati nel nostro Paese o i ragazzi immigrati che hannocompiuto in Italia almeno la formazione primaria.Ciò che quindi determina il passaggio e lo scarto dalla prima alla seconda generazione diimmigrati è l’aver vissuto parte della scolarizzazione primaria e secondaria nel Paese di ac-coglienza.In quest’ottica, le seconde generazioni rappresentano un fenomeno sociale che scardina i pro-cessi di integrazione finora elaborati per accogliere gli immigrati di prima generazione. I figlidi questi ultimi avviano una trasformazione inevitabile in cui l’integrazione deve essere ri-pensata come intervento mirato ad accogliere l’immigrato per inserirlo gradualmente nella so-cietà ospitante, valorizzando la cultura di cui è portatore da un punto di vista interculturale.L’interculturalismo, come predisposizione ideologica e necessaria a contrastare l’emargina-zione sociale diviene ancor di più indispensabile per la valorizzazione, promozione e ricono-scimento delle seconde generazioni di immigrati.

Nella relazione tecnica del Gruppo di lavoro sui minori immigrati propedeutica alla predi-sposizione del Piano Nazionale sull’infanzia e l’adolescenza, cui ha partecipato il Diparti-mento della Gioventù, si sottolineano, in primo luogo i concetti tra società multiculturale e so-cietà interculturale: “per società multiculturale si intende la compresenza in uno stesso tem-po e in uno stesso spazio di culture diverse fra loro in una prospettiva che designa una co-munità che:– non rinuncia affatto alla propria identità culturale e valoriale, ma che sa favorire in modo

intelligente i processi di integrazione degli individui e dei gruppi di immigrati, minimizzan-do i pur inevitabili disagi e conflitti derivanti dall’incontro tra soggetti diversi;

– definisce un progetto teso a costruire nuove relazioni e connessioni, un progetto che fa in-teragire e porta a sintesi le differenti culture, senza abolirne le caratteristiche specifiche edoriginali e che fa vivere la diversità culturale, determinata dai processi migratori, non giàcome minaccia o come negatività, bensì come risorsa in grado di favorire scambi e arric-chimenti, individuali e collettivi.

Per quanto riguarda la prospettiva interculturale, e parole chiave, sono integrazione, diversità erelazione, capaci di promuovere la crescita sia dei minori di origine straniera, sia dei minori ita-liani che inevitabilmente sono chiamati a confrontarsi con la diversità etnico-culturale”. Ciò ancor più vale per le seconde generazioni.L’insediamento delle famiglie straniere in Italia non ha privilegiato i grandi centri urbani e in-dustriali ed è risultato territorialmente più diffuso e meno conflittuale. Questa è una dellecause che spiega perché non si sono avuti in Italia gli stessi fenomeni di devianza delle se-conde generazioni di immigrati registrabili in altri paesi europei. Gran parte di questi bambini ed adolescenti di origine straniera, nati in Italia o venuti nel no-stro Paese quando erano ancora piccoli si sentono e sono sostanzialmente italiani a tutti glieffetti. In generale, tanto più le famiglie sono integrate, tanto più la loro crescita è caratteriz-

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zata da un’integrazione con la realtà sociale e scolastica nella quale vivono. L’area più adattata e fortunata di questi minori cerca di trasformare in risorsa straordinaria dicrescita la biculturalità che li caratterizza, mediando tra due sistemi di riferimento: l’area fa-miliare e la tradizione di cui è portatrice e la società e la cultura che li circondano. Questi ra-gazzi chiedono che il processo di integrazione e riflessione sulla propria identità non sia rivol-to solo a loro, ma che al contrario riguardi l’Italia tutta chiamata a passare da un paese mo-noculturale ad uno interculturale. Tuttavia, questi minori possono vivere non di rado situazioni paradossali di grande tensioneed imbarazzo perché avvertono, nel proprio ambiente di provenienza che approfondire leproprie radici italiane, distaccarsi dalla lingua e dalle tradizioni culturali dei genitori va in-contro a disapprovazione, disagio emotivo o addirittura ostilità d’altra parte vanno incontroa reazioni negative, nel nuovo ambiente scolastico e sociale, dove viene dimenticata o sot-tovalutata la loro italianità o viene fatta pesare in modo stigmatizzante la loro origine. Pres-sati da messaggi opposti per cui in famiglia non va bene essere italiani e a scuola non vabene essere stranieri, questi minori rischiano di sperimentare rifiuto ed ansia di frammenta-zione, di non avere un proprio riconoscimento identitario valido e ben rispecchiato. Il dirittonegato alla cittadinanza italiana e la prospettiva di entrare nella maggiore età come “italianicon permesso di soggiorno” contribuisce all’incertezza e alla precarietà del loro futuro, pro-ducendo nel loro presente effetti molti negativi sul loro equilibrio psicologico e sulla lorocondizione di vita.

Il terreno più efficace nel quale può essere coltivata l’interculturalità è senz’altro la scuola. L’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e l’educazione intercultura-le, istituito presso il Ministero dell’istruzione nel dicembre 2006, ha messo a punto un docu-mento dal titolo “La via italiana alla scuola interculturale” che definisce i principi, le caratte-ristiche, le azioni da intraprendere per sostenere un “modello” italiano di integrazione. La qualità dell’inserimento scolastico è tuttavia ancora a “macchia di leopardo” tra punte dieccellenza e situazioni di criticità. Una delle azioni principali previste dal documento sopra ci-tato è dedicata all’apprendimento / insegnamento dell’italiano come seconda lingua e alla va-lorizzazione del plurilinguismo. Un’altra azione è dedicata alla formazione diffusa di tutti gli in-segnanti, in classi plurilingui ed alla formazione dei dirigenti di scuole multiculturali. D’altraparte, l’apprendimento dell’italiano è una componente essenziale del processo di integrazione,condizione di base per capire ed essere capiti, per studiare ed ottenere un successo scolasti-co, per partecipare e sentirsi parte della comunità scolastica. La centralità di questa azione èconfermata dalle leggi sull’immigrazione, n. 40 del 6 marzo 1998 e n.189 del 30 luglio 2002. Per migliorare le condizioni di inserimento, accoglienza e integrazione degli alunni stranieri constrategie d’intervento efficaci occorrerebbe, inoltre, un raccordo stabile di rete tra istituzioni,scuola e forze sociali per creare una progettualità educativa di tipo territoriale.

Più nello specifico le prime generazioni si differenziano dalla seconde nell’approccio allacultura di appartenenza:mentre i genitori tendono a replicare le ritualità ed i luoghi di culto, igiovani tendono a vivere la loro doppia identità in maniera più personale, sviluppando una cer-ta autonomia sia rispetto alle famiglie che alla società che li accoglie.

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Alcuni episodi accaduti in diversi paesi Europei hanno, tuttavia, sottolineato la diffusione diun preoccupante fenomeno che vede una parte dei giovani immigrati di seconda generazio-ne vicini ai fondamentalismi religiosi e culturali che inducono a comportamenti ostili neiconfronti della cultura e delle consuetudini del paese ospitante. Da qui la necessità di considerare la seconda generazione in maniera specifica, conside-rando il ruolo importante che assume nel processo di integrazione proprio, delle proprie fa-miglie e di coloro che arrivano successivamente nel nostro paese.Frequentando quotidianamente coetanei italiani, sottoposti ad una molteplicità di proposteetiche, gli immigrati di seconda generazione sviluppano un’identità composita; da una par-te l’appartenenza agli usi ed ai costumi dei paesi d’origine, dall’altra l’influenza degli ele-menti culturali appresi nella realtà sociale in cui si è costruita la propria identità personale. Considerare le seconde generazioni come risorse importanti nel processo di integrazionediventa fondamentale e perviene ad un duplice obiettivo: da una parte quello di riconoscereun ruolo ed una responsabilità al giovane immigrato di seconda generazione, che costituisceun passo importante nella costruzione di un’identità sociale definita e condivisa, impedendofenomeni rischiosi di emarginazione e di disagio; dall’altra, tale riconoscimento offre unostrumento importante per accogliere ed integrare i giovani immigrati con la convinzione chela doppia identità culturale debba essere considerata una risorsa piuttosto che una situa-zione problematica.La risoluzione della questione, infatti, non è la scelta di uno dei due modelli culturali e nem-meno la non appartenenza a nessuno, ma la costruzione di un’identità forte attorno al ruoloche da sempre i ragazzi di seconda generazione svolgono all’interno della famiglia, dellascuola e della comunità come mediatori sociali e culturali.

Il contesto sin qui delineato spinge a concludere che per favorire il reale processo di inte-grazione degli immigrati nella società sempre più multietnica e multirazziale dell’odierna Ita-lia e garantire loro la piena esigibilità dei propri diritti, sembra quanto mai necessario e urgen-te mettere in campo e operare tutte le possibili sinergie e collaborazioni istituzionali per po-tenziare il quadro di conoscenza sugli stranieri che vivono nel nostro Paese, partendo daigiovani sui quali è più possibile “lavorare” per un inserimento sempre meno marginale voltoad un’integrazione sociale piena e reale.

1.2 QUADRO NORMATIVO EUROPEO: LE POLITICHE IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE

Attualmente gli Stati membri dell’Unione Europea si trovano ad affrontare le medesime sfiderispetto all’integrazione degli immigrati nella società civile, tuttavia gli Stati membri si distin-guono per sistemi di governo, di previdenza sociale e rapporti tra lo Stato e la società civile,nonché per la diversità delle tradizioni migratorie. Se a ciò si aggiunge il fatto che le societàeuropee stanno vivendo un processo di trasformazione socioeconomico, si comprende ap-pieno come le politiche europee di integrazione per gli immigrati devono fare i conti con di-versi fattori complessi e soprattutto con meccanismi sociali mutevoli. Se è vero che l’integra-

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zione è innanzitutto un processo bi-direzionale e dinamico che riguarda sia gli immigrati chela società di accoglienza, focalizzandosi sul coinvolgimento di quest’ultimo aspetto. L’inte-grazione e l’adattamento ai processi socio economici sono processi dinamici, che prevedo-no il coinvolgimento tanto della società di accoglienza quanto degli immigrati. Per poter su-perare queste sfide la società, nel suo complesso, ha bisogno di divenire una società “che ap-prende” come richiamato più volte dalle raccomandazioni europee.

Partendo dalle considerazioni fatte, il dibattito sulla migrazione legale e l’integrazione deicittadini di Paesi terzi,diventa sempre più articolato e complesso, dibattito che interessaoggi l’intera Unione Europea allargata e che converge verso due tendenze principali. Da unlato, limitazioni restrittive a nuovi arrivi, secondo caratteristiche comuni di programmazionedei flussi, regole e procedure per l’ingresso, incoraggiamento al rientro volontario nei paesidi origine. Dall’altro, un orientamento più liberale rispetto alle leggi per la naturalizzazionedegli immigrati di lunga permanenza o di seconda generazione; sulla concessione di statusdi residenza semi-permanenti; sulla concessione dei diritti di partecipazione politica e so-ciale, compreso il diritto di voto nelle consultazioni amministrative.Vasta è la gamma delle strategie, frutto di una storia, di tradizioni e sistemi istituzionali di-versi adottate per dare una soluzione ai problemi emergenti. L’integrazione sociale degli immigrati e la lotta contro la discriminazione sono tra loro stret-tamente interconnesse e hanno già costituito un elemento chiave per il raggiungimento de-gli obiettivi della Strategia di Lisbona, di cui una specifica sottoarea si dedica alle politiche perl’integrazione degli immigrati, mettendo in evidenza strumenti normativi, finanziari e di ap-profondimento.La sensibilità verso questo tema prende avvio almeno dagli A partire dagli anni ottanta, incui le politiche in materia di immigrazione sono divenute sempre più convergenti in tutti gli Sta-ti dell’Europa occidentale.Con la firma dell’Accordo di Schengen (1985), nasce la nozione di libera circolazione delle per-sone e con la successiva Convenzione di Schengen (1990) si sono aboliti i controlli alle fron-tiere. Da ciò ne è scaturito che la libera circolazione delle persone è un diritto fondamentaleche i trattati garantiscono ai cittadini dell’U.E.. La Cooperazione Schengen, essendo parte delquadro giuridico e istituzionale dell’Unione, è stata gradualmente estesa alla maggior partedegli Stati membri dell’UE e ad alcuni paesi extra UE.

In Europa la svolta in materia di immigrazione è avvenuta con il Trattato sull’Unione Euro-pea4, che introduce importanti novità nelle materie dell’immigrazione e dell’asilo5. Questematerie entrano a far parte del “primo pilastro” dell’U.E., determinando il passaggio dal me-todo intergovernativo all’applicazione del diritto comunitario “sovranazionale”.In questi ultimi anni, l’azione dell’Unione europea è stata ampiamente ispirata dall’esigenza

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4 Firmato ad Amsterdam il 2 ottobre 1997 ed entrato in vigore il 1 maggio 1999.5 Titolo IV, artt. 61-69, Trattato CE “Visti, asilo, immigrazione ed altre politiche connesse con la libera circolazione del-le persone”: l’attraversamento delle frontiere esterne ed interne dell’Unione; l’asilo, l’immigrazione, la politica neiconfronti dei cittadini degli stati terzi; la cooperazione giudiziaria in materia civile.

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di realizzare la piena integrazione tra gruppi di popolazioni diverse per razza, etnia, cultura ereligione. Infatti, il diritto alla parità di trattamento ed il contrasto ad ogni forma di discrimina-zione sono tra i principali obiettivi che sottendono al processo di integrazione europea, sen-za i quali nessuna società può definirsi libera e democratica. A tal fine, la legislazione euro-pea ha incrementato in maniera significativa l’area di protezione dalle discriminazioni in tut-ta l’Unione, predisponendo un sistema di norme volto ad affermare l’uguaglianza davanti al-la legge e la protezione di ognuno contro le discriminazioni. L’adozione della Direttiva Ce n.436 ha costituito il momento più significativo per l’innalzamento del livello di tutela contro ladiscriminazione razziale nell’Unione Europea.Un ulteriore conferma in tal senso si ha con la Conferenza Europea contro il razzismo7, cheraccomanda “a tutti gli Stati partecipanti di vietare in modo esplicito e specifico nel quadro le-gislativo nazionale (...) la discriminazione per motivi di reale o presunta origine nazionale, etni-ca o razziale, religione e convinzioni, (….). Il diritto all’istruzione vale per tutti i bambini che vi-vono sul territorio, a prescindere dal loro status giuridico; tale diritto vale anche per gli adulti, in-teso come accesso alla formazione continua e all’istruzione all’interno della comunità e sulposto di lavoro. La Conferenza europea invita gli Stati partecipanti a mirare a una scuola che ri-fletta una società multiculturale, con programmi di studio aperti ad altre culture (….)”. Al Consiglio Europeo di Salonicco, del giugno 2003, i Capi di Stato e di Governo hanno riba-dito l’importanza di incentivare la cooperazione e lo scambio di esperienze e di informazio-ni sull’integrazione a livello dell’Unione Europea con lo scopo di apprendere dalle esperien-ze altrui (buone pratiche). Nell’anno 2004 si è risposto, a questo invito, con la prima edizio-ne di un “Manuale sull’integrazione per politici e operatori” (Handbook on Integration for po-

licy-makers and practitioners) cui sono seguiti negli anni successivi una seconda ed una ter-za edizione, rispettivamente del maggio 2007 e dell’aprile 20108.Se l’integrazione deve essere al centro delle diverse politiche dell’Unione, il rispetto dei diritti fon-damentali, la non discriminazione e pari opportunità per tutti sono elementi cardine dell’integra-zione. I nuovi orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione invitano gli Stati membri aprendere provvedimenti affinché aumentino i livelli occupazionali fra i migranti.Da canto suo la Commissione promuove e sostiene gli sforzi degli Stati membri per quantoriguarda l’occupazione, gli affari sociali e le pari opportunità, ponendo l’accento sulla pro-spettiva di genere. Il 2007 “Anno europeo delle pari opportunità per tutti” ed il 2008 l’“Annoeuropeo del dialogo interculturale” sono state iniziative di sensibilizzazione fondamentaleper il raggiungimento di questi obiettivi.Il Patto europeo sull’immigrazione e asilo del 2008 costituisce la base per le politiche comu-ni in materia di immigrazione e di asilo per l’Unione europea e i suoi paesi. Il patto dà unnuovo impulso al costante sviluppo di una politica comune sull’immigrazione e l’asilo, pertener conto sia degli interessi collettivi dell’UE che delle esigenze specifiche dei suoi paesi.

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6 Direttiva 2000/43/CE del Consiglio del 29 giugno 2000 che attua il principio della parità di trattamento fra le personeindipendentemente dalla razza e dall’origine etnica.

7 Strasburgo 11-13 ottobre 2000: ”Tutti diversi, tutti uguali: dal principio alla pratica”.8 I Punti di Contatto Nazionali sull’Integrazione, esperti degli Stati Membri che si incontrano con cadenza regolare,hanno deciso di preparare un manuale di buone pratiche.

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Esso si concretizza attraverso cinque impegni fondamentali:• organizzare l’immigrazione legale tenendo conto delle priorità, delle esigenze e delle ca-

pacità d’accoglienza stabilite da ciascuno Stato membro e favorire l’integrazione;• combattere l’immigrazione clandestina, in particolare assicurando il ritorno nel loro paese

di origine o in un paese di transito, degli stranieri in posizione irregolare;• rafforzare l’efficacia dei controlli alle frontiere;• costruire un’Europa dell’asilo;• creare un partenariato globale con i paesi di origine e di transito che favorisca le sinergie tra

le migrazioni e lo sviluppo.

Sempre del 2008 è la Comunicazione “Una politica d’immigrazione comune per l’Europa”, del-la Commissione al Parlamento Europeo presenta dieci principi comuni da attuare attraversoazioni concrete. Per raggiungere un approccio coordinato e integrato, questi principi vannocollocati all’interno dei tre assi principali della strategia dell’Unione Europea: prosperità, so-lidarietà e sicurezza attraverso l’approccio del mainstreaming.La politica comune di immigrazione che si vuole realizzare dovrà caratterizzarsi per chiarez-za, trasparenza ed equità, e dovrà mirare alla promozione dell’immigrazione legale. Ai citta-dini dei paesi terzi, dovranno essere garantite tutte le informazioni necessarie per l’ingressoe il soggiorno legale nell’U.E. oltre che la parità di trattamento. Per attuare questi principil’UE e gli Stati membri devono:• definire regole chiare e trasparenti per l’ingresso e il soggiorno nell’UE;• fornire informazioni ai potenziali immigrati e ai richiedenti, anche sui loro diritti e sulle nor-

me da rispettare una volta ottenuto il diritto di soggiorno nell’UE;• offrire supporto e assistenza per adempiere agli obblighi di ingresso e soggiorno sia ai

paesi di origine che a quelli di destinazione;• lavorare per una politica dei visti flessibile in tutta Europa.

Per promuovere l’integrazione come un processo “a doppio senso” è necessario rafforzarela partecipazione degli immigrati, sviluppando la coesione sociale e l’approccio alla diversi-tà nelle società di accoglienza. Per ottenere tutto ciò, l’UE e gli Stati membri devono:• potenziare il quadro per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi nell’UE;• sostenere la gestione della diversità e la valutazione dei risultati delle politiche d’integrazio-

ne negli Stati membri;• promuovere programmi di integrazione per gli immigrati appena arrivati;• garantire pari opportunità di carriera nel mercato del lavoro per i lavoratori legali di paesi terzi;• applicare i regimi di sicurezza sociale in maniera paritaria agli immigrati e ai cittadini dell’UE;• sviluppare misure atte a incrementare la partecipazione degli immigrati nella società.

Inoltre, la politica d’immigrazione comune deve basarsi sui principi di solidarietà, reciprocafiducia, trasparenza, condivisione delle responsabilità e impegno comune dell’Unione euro-pea e degli Stati membri.

Nella strategia “Europa 2020” la migrazione è citata tra le questioni cruciali. Nell’ambito della prio-

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rità:” Crescita inclusiva”, una delle iniziative faro riguarda la “Piattaforma europea contro la po-vertà” per garantire coesione sociale e territoriale in modo che i benefici della crescita e i postidi lavoro siano equamente distribuiti e le persone vittime di povertà e esclusione sociale pos-sano vivere in condizioni dignitose e partecipare attivamente alla società. In particolare sulla situazione delle categorie più vulnerabili, la Commissione UE si è impegna-ta ad elaborare ed attuare programmi volti a promuovere l’innovazione sociale, offrendopossibilità innovative di istruzione, formazione ed occupazione alle comunità svantaggiate ea definire una nuova agenda per l’integrazione dei migranti affinché possano sfruttare a pie-no le loro potenzialità. L’organizzazione di convegni, seminari e workshop è maggiore per i progetti di FSE anche sesi rileva una attivazione anche dei progetti strategici. La produzione di strumenti di analisi ebasi dati rafforza l’andamento di rivisitazione metodologica di molte indagini, lo sviluppo dinuove e la razionalizzazione delle informazioni in supporti informatici.

1.3 LA NORMATIVA NAZIONALE IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE

Le politiche migratorie, si caratterizzano come un complesso vario ed articolato di interven-ti adottati da amministrazioni di livello diverso: dalle norme generali e dalle leggi, dai regola-menti e dagli atti amministrativi si passa agli interventi, alle iniziative e alle pratiche specifichepromosse da enti locali e organizzazioni che erogano servizi agli immigrati. Senza perciòvoler avere la pretesa di fornire un quadro esaustivo di tutto quanto è stato legiferato o rego-lamentato in materia, il presente contributo si concentra su alcuni dei tanti interventi norma-tivi, quelli cioè che hanno rappresentato tappe importanti del percorso di regolamentazionedelle “politiche di immigrazione” e delle “politiche per gli immigrati” in Italia. Le vicende principali di tale percorso, si sono sviluppate intorno a due direttrici: da una par-te, quella della necessità di garantire ai cittadini stranieri i diritti fondamentali della personaumana, nonché ogni possibile equiparazione ai cittadini italiani in tutti quegli ambiti che richie-dono l’espressione di un ordinamento improntato a principi solidaristici. In tal senso la nostraCostituzione (art. 3) che sancisce il principio generale della “….pari dignità e dell’uguaglian-za di tutti i cittadini dinnanzi alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di reli-gione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.” Dall’altra, quella di costituire i pre-supposti giuridici necessari per assicurare un controllo costante delle frontiere nazionali edel sistema di ingresso e soggiorno sul territorio nazionale correlate ad esigenze di ordinepubblico e sicurezza.Come su richiamato, il percorso normativo prende avvio nel nostro Paese alla fine degli an-ni 90. Con il consistente incremento numerico di cittadini extracomunitari richiedenti ingres-so nel territorio nazionale si è determinato l’avvio della successiva proliferazione di normefinalizzate alla disciplina dell’immigrazione. Fino al ad allora, le uniche norme in vigore eranoquelle del Codice di Pubblica sicurezza del 1935, che si limitava ad assoggettare lo stranie-ro ad una serie di controlli discrezionali da parte delle autorità di polizia.È con la cosiddetta Legge Martelli n. 39 del 28 febbraio 1990, che si pongono le premessedi una politica italiana di immigrazione. Si cerca per la prima volta di introdurre una pro-

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grammazione dei flussi d’ingresso, oltre a costituire una sanatoria per quelli che già si trova-vano nel territorio italiano, si disciplina sia il riconoscimento dello status di rifugiato che l’in-gresso in Italia di cittadini extracomunitari per “altre” ragioni, non limitatamente cioè ai mo-tivi occupazionali, si prevede così che detti cittadini possono entrare in Italia anche per mo-tivi di turismo, studio,culto ecc.. Inoltre si introduce nell’ordinamento italiano la specificaprocedura dell’espulsione del cittadino extracomunitario, disciplinando tale fattispecie con laprevisione di varie ipotesi e di conseguenti rimedi giurisdizionali.

Nello stesso periodo viene regolamentata la questione della cittadinanza italiana, Legge n.91 del 1992 tutt’ora in vigore, con la quale si stabilisce che questa possa essere concessaai cittadini stranieri principalmente per motivi di matrimonio, oppure dopo aver risiedutolegalmente per almeno dieci anni in Italia. Per i figli di genitori stranieri nati in Italia, la pos-sibilità di chiedere la cittadinanza italiana è data solo al raggiungimento della maggiore etàed a condizione che abbiano risieduto in Italia senza interruzione dalla nascita e che nefacciano richiesta entro i dodici mesi successivi (art. 4 comma 2). La legge pertanto nonapplica lo “ius soli”, in base al quale è cittadino originario chi nasce sul territorio dello Sta-to, ma lo “ius sanguinis”, secondo cui la cittadinanza è trasmessa da genitore a figlio.Ai fini dell’acquisizione della cittadinanza italiana, la questione è stata ripresa di recente edin tal senso, la circolare del Ministero dell’Interno - Dipartimento per le libertà civili e immigra-zione - del 7 novembre 2007, fissa i criteri interpretativi per l’ acquisizione della cittadinanzaitaliana da parte degli stranieri nati in Italia, i quali divenuti maggiorenni chiedono l’ acquistodella cittadinanza dello Stato dove sono cresciuti ed hanno frequentato le scuole, conse-guendo regolari titoli di studio9.Altro punto di riferimento nella ricostruzione del quadro normativo nazionale è sicuramen-te il Decreto legislativo n. 286 del 25 luglio 1998, meglio noto come Testo Unico sull’Immi-grazione10. Tale decreto regola la condizione degli stranieri in Italia e riunisce tutte le di-sposizioni di legge che negli anni precedenti avevano regolamentato il fenomeno migrato-rio nel nostro Paese11. Con tale decreto, si è inteso assicurare un approccio integrato alla ri-soluzione dei problemi dell’immigrazione. Le disposizioni contenute nel Testo Unico si articolano nei seguenti temi:a) modalità di ingresso e dei controlli alle frontiere, disciplina dell’accesso al lavoro, regola-

mentazione del lavoro autonomo e del lavoro stagionale;b) disciplina più efficace del respingimento alle frontiere e delle espulsioni;c) norme penali e processuali finalizzate al contrasto delle organizzazioni criminali che ge-

stiscono l’immigrazione clandestina;

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9 La circolare premettendo che il periodo di residenza utile per l’acquisto della cittadinanza italiana, ai sensi dell’ art.1 del D.P.R. 12 ottobre 1993, n. 572, è quello di “residenza legale”, richiama la necessità a carico dell’interessato didimostrare la sussistenza dei requisiti soggettivi fin dalla nascita in Italia, quali il possesso di regolare permesso disoggiorno (annotato su quello dei genitori) e la registrazione nell’ anagrafe del Comune di residenza.

10 Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.11 Legge 40/98 cosiddetta legge Turco-Napolitano; Legge 943/86 “Norme in materia di collocamento e di trattamento

di lavoratori extracomunitari immigrati e contro le immigrazioni clandestine, Legge 335/95 Riforma del sistema pen-sionistico obbligatorio e complementare art. 3 comma 13.

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d) garanzie per l’immigrato legale di poter passare da una condizione di temporaneità aduna maggiore stabilità, mediante la previsione di strumenti nuovi come la carta di sog-giorno; la tutela del diritto a salvaguardare la propria famiglia o a costruirne una nuova;ottenere il riconoscimento di diritti di cittadinanza quali i diritti alla salute, all’istruzione, aiservizi sociali, alla rappresentanza e al voto amministrativo.

Successivamente il Testo Unico sull’immigrazione è stato riformato in diversi aspetti dallacosiddetta Legge Bossi-Fini n. 189 del 200212 che rivede in modo sistematico la legislazio-ne italiana concernente lo straniero. Il provvedimento realizza un intervento ampio e organi-co sui principali testi legislativi concernenti gli stranieri provenienti dai paesi non apparte-nenti all’Unione Europea.La legge, le cui norme intendono, sia rafforzare le misure di contrasto all’immigrazione illega-le e al traffico di esseri umani, sia favorire l’inserimento dell’immigrato che risiede e lavora re-golarmente in Italia, è composta di 38 articoli e prevede:• la costituzione di un Comitato per il Coordinamento ed il Monitoraggio dell’attuazione del-

le norme;• una nuova disciplina dell’ingresso per motivi di lavoro. Infatti, accanto ai normali requisiti per

l’ingresso, il permesso di soggiorno potrà esser rilasciato solo ad avvenuta stipula di un“contratto di soggiorno”, certificato all’estero, dalla nostra rappresentanza diplomatica oconsolare13;

• l’istituzione della nuova fattispecie civile del contratto di soggiorno per lavoro stipulato fraun datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia ed un prestato-re di lavoro, cittadino di uno stato non appartenente all’Unione Europea o apolide14;

• l’obbligo, già previsto dal Testo Unico, di comunicazione all’autorità di pubblica sicurezzadell’ospitalità concessa allo straniero o della sua assunzione;

• elevato da cinque a sei anni il periodo di soggiorno per poter ottenere la carta di sog-giorno;

• il rilevamento delle impronte digitali agli immigrati che chiedono il permesso di soggiorno,ma anche per quelli richiedenti il rinnovo;

• norme più stringenti a contrasto del favoreggiamento all’immigrazione clandestina;• l’espulsione con accompagnamento alla frontiera diviene la regola ordinaria, l’intimazione

rimane solo per alcuni limitati casi di mancato rinnovo del permesso di soggiorno, assisti-ta comunque dalla possibilità del trattenimento presso i Centri di permanenza qualora siarilevato un pericolo di fuga. Il periodo di divieto di reingresso è portato a 10 anni15;

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12 Si ricorda inoltre il D.P.R. del 18 /10/2004 n. 334 recante modifiche ed integrazioni al Decreto del Presidente della Re-pubblica del 31 agosto 1999 n. 394 in materia di immigrazione.

13 La medesima certificazione potrà essere rilasciata, sempre dalla rappresentanza diplomatica o consolare e prima del-l’ingresso dello straniero sul territorio nazionale, per l’accertamento dei requisiti per lo svolgimento di un lavoro au-tonomo.

14 Il contratto di lavoro dovrà essere sottoscritto presso lo sportello unico per l’immigrazione, istituito presso ciascunaprefettura – ufficio territoriale del Governo – mediante il quale si prevede, a pena di nullità, la garanzia da parte deldatore di lavoro di un’adeguata sistemazione alloggiativa- per il lavoratore nonché l’impegno al pagamento da partedel datore di lavoro delle spese di rientro del lavoratore nel paese di provenienza.

15 Il termine dei 10 anni è temperato dalla possibilità della sua riduzione, fino a cinque anni, in fase di adozione del de-creto di espulsione.

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• nuove disposizioni in tema di espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alladetenzione. La norma prevede che lo straniero entrato illegalmente in Italia e detenuto in viadefinitiva con una pena, anche residua, di due anni, sia espulso in via alternativa alla rima-nente pena da scontare. Se rientra illegalmente la detenzione in carcere è ripristinata;

• l’abrogazione della figura dello sponsor, divenendo titoli di prelazione nel collocamento,l’aver frequentato corsi di formazione e aggiornamento professionale all’estero organiz-zati;

• il compito di determinare il limite massimo annuale di ingresso degli sportivi stranieri chesvolgono attività sportiva a titolo professionistico spetta al Ministro per i beni e le attività cul-turali;

• la possibilità del cittadino extracomunitario in regola, di chiedere il ricongiungimento fami-liare del coniuge, dei figli minori o maggiorenni purché a carico e a condizione che nonpossano provvedere al proprio sostentamento;

• le misure di integrazione sociale sono riservate agli immigrati in regola con il permesso disoggiorno;

• la revoca del permesso di soggiorno nelle ipotesi di matrimonio simulato e finalizzato uni-camente ad ottenere la possibilità di soggiornare in Italia;

• la rivisitazione delle norme in materia di diritto d’asilo: le domande presentate in modostrumentale, al solo fine di procrastinare ed evitare un provvedimento di allontanamentoper irregolarità di soggiorno.

In materia di asilo, nel dicembre 2004 con l’emanazione del Regolamento di attuazione delD.P.R. 303/2004, regolamento entrato in vigore il 21 aprile 2005, vengono introdotte tre rile-vanti novità in materia:1. l’istituzione di Centri, denominati inizialmente Centri di Identificazione e attualmente def-

niti C.A.R.A.16, all’interno dei quali viene coattivamente trattenuta la quasi totalità dei ri-chiedenti asilo in attesa dell’esito dell’esame della domanda;

2. l’istituzione di sette Commissioni Territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato(Gorizia, Milano, Roma, Foggia, Siracusa, Crotone, Trapani);

3. la doppia procedura di asilo: semplificata, per i richiedenti asilo trattenuti nei centri diidentificazione, ordinaria per tutti gli altri. Quest’ultima disposizione è stata superata nel2008, con i decreti legislativi n. 251 del 2007 e n. 25 del 2008, che hanno ripristinato laprocedura unica per tutti i richiedenti asilo17.

Con l’emanazione del decreto legislativo n. 215 del 2003, l’Italia ha dato diretta attuazione al-

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16 I Centri di identificazione (CID) previsti dalla legge Bossi-Fini per trattenere i richiedenti asilo in alcune situazioni perle quali si riteneva necessario una verifica della loro identità o nazionalità ovvero della fondatezza della domanda diasilo sono stati sostituiti dai Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo (C.A.R.A.).

17 Con la pubblicazione dei decreti legislativi n. 251/2007 e 25/2008, sono state recepite le direttive europee in mate-ria di qualifiche e di procedure di riconoscimento. La normativa è stata pertanto modificata in modo sostanziale, in-troducendo tra l’altro una nuova figura giuridica, il “beneficiario di protezione sussidiaria”, da affiancare a quella dirifugiato, prevista dalla Convenzione di Ginevra (1951), mantenendo come ipotesi ulteriore la protezione umanitaria.L’intera procedura è stata pertanto rinominata “procedura di riconoscimento della protezione internazionale”.

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la direttiva comunitaria 2000/43/CE che ha lo scopo di contrastare ogni forma di discrimina-zione che possa trarre origine da distinzioni fondate sulla razza o sull’etnia.Il decreto ha come principio ispiratore l’eguaglianza di tutti i cittadini dinnanzi alla legge e ilriconoscimento de diritti fondamentali della persona. Nel disciplinare l’oggetto della materia,il decreto descrive le tipologie di discriminazione e definisce l’ambito di applicazione della nor-mativa, con l’elencazione dei settori pubblici e privati che possono essere interessati all’at-tuazione del provvedimento ed ai casi di esclusione. Specifica trattazione viene riservata alprocedimento di tutela giurisdizionale dei diritti lesi dagli atti o comportamenti discriminato-ri. E’ prevista altresì la legittimazione ad agire di enti o associazioni operanti nel settore del-le discriminazioni, nonché l’istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri di un ap-posito registro dei medesimi organismi. Di particolare rilievo, infine, l’istituzione dell’ Ufficioper il contrasto delle discriminazioni razziali, (U.N.A.R.), che opera presso il Dipartimentoper i Diritti e le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri.Ma oggi la vera frontiera dell’integrazione è determinata “verso l’alto” dalle indicazioni euro-pee, che giocano un forte ruolo di indirizzo sui produttori di politiche nazionali (cfr. docu-menti chiave a livello comunitario), e “verso il basso” dalle Regioni, le quali costituiscono,insieme agli Enti locali, il nuovo soggetto chiave delle politiche di integrazione. Infatti, alcu-ne Regioni hanno previsto una legge regionale sui diritti degli immigrati e in generale tutte leRegioni programmano le loro politiche attraverso dei piani triennali sull’integrazione degliimmigrati, coordinando le diverse politiche settoriali in un’ottica di mainstreaming.

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2.1 STORIE E PERCORSI DELLE IDENTITÀ

La questione delle seconde generazioni sta crescendo d’importanza nel nostro paese. Leragioni sono almeno tre. La prima è demografica: stanno aumentando rapidamente il numero e l’età degli adole-scenti provenienti da famiglie immigrate, per l’effetto combinato dei ricongiungimenti fami-liari e della naturale evoluzione della popolazione straniera in Italia.La seconda rimanda agli echi delle rivolte delle banlieues francesi 18 e al pressante interroga-tivo sulla possibilità che eventi simili abbiano a prodursi ugualmente in Italia, anche se nelnostro paese si stanno sperimentando con successo innovativi modelli di integrazione19.La terza, più interna al dibattito politico, è l’avvio di una revisione del codice della cittadi-nanza in senso favorevole a una più rapida inclusione nella comunità nazionale dei giovani diorigine immigrata.Già da questi primi cenni è possibile rendersi conto che sotto l’etichetta di seconde genera-zioni, ormai invalsa a livello internazionale, si raccolgono popolazioni diverse. La principaledistinzione è quella fra i minori nati nella società ricevente da genitori immigrati (secondegenerazioni in senso proprio) e i minori nati all’estero e arrivati successivamente (secondagenerazione in senso largo). All’interno di questo secondo gruppo occorre poi distinguere lediverse fasce di età al momento dell’arrivo, particolarmente influenti sotto il profilo degli ap-prendimenti linguistici e della carriera scolastica. Tra un bambino arrivato in età prescolare,che ha la possibilità d’intraprendere un normale percorso di istruzione nella scuola Italiana,e un adolescente giunto dall’estero alle soglie della maggiore età intercorrono differenzeprofonde, anche prescindendo da altri fattori di stratificazione sociale (come il livello d’istru-zione e la posizione economica dei genitori).

Capitolo 2

I RISULTATI DELL’INDAGINE

18 Si ricorda che, nel 2002 la campagna per le elezioni presidenziali francesi fu focalizzata sui problemi della criminali-tà nelle periferie, dove risiedevano numerosi immigrati di prima e seconda generazione.Le rivolte nelle banlieues francesi sono iniziate a Clichy-sous-Bois il 27 ottobre 2005. Inizialmente circoscritte aquesto comune si sono poi estese a Montferme il e ad altri centri del dipartimento di Senna-Saint-Denis. Proprio Cli-chy-sous-Bois e le vicine aree vedevano la più alta concentrazione di stranieri in tutta la Francia (circa il 30%) ed an-che quello con il più alto grado di disoccupazione. Gli abitanti delle banlieues provenienti in massima parte dal Ma-greb e dall’ Africa Occidentale, mai pienamente integrati nella società francese e diventati una sottoclasse ghettizza-ta e discriminata sono stati la causa delle rivolte.

19 D’altra parte, per quanto riguarda l’applicazione di un modello di integrazione degli stranieri nella comunità naziona-le, sembra essere mancato in Francia, al pari dei modelli anglosassoni, fondati sulla costituzione di comunità etnicheautonome in cui è assente qualsiasi tipo di scambio culturale che comporta pericolose scissioni tra la popolazione.

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Nella costruzione delle seconde generazioni come oggetto di riflessione e, prima ancora,come elemento di preoccupazione per le società riceventi, merita una specifica attenzione ilpunto di vista degli osservatori ossia di quell’insieme di istituzioni e attori che, attraversoazioni, atteggiamenti e pratiche discorsive, definiscono un determinato fenomeno comeproblema sociale. Le seconde generazioni suscitano interrogativi importanti, ponendo in di-scussione la definizione dell’integrazione sociale delle società riceventi in presenza di po-polazioni immigrate ormai stabilmente insediate. Le seconde generazioni di immigrati possono essere ancora classificate come estranee, ti-tolari di alcuni diritti legati al soggiorno e soprattutto al lavoro, ma non cittadini a pieno tito-lo. Possono essere mantenute in una posizione che richiama, quella dei meteci dell’antica Ate-ne: stranieri ammessi in quanto lavoratori produttivi, ma non abilitati a far parte della comu-nità dei cittadini. Questa disuguaglianza istituzionalizzata è però sempre più difficile damantenere nei confronti di nuove generazioni nate o cresciute all’interno delle nostre socie-tà, che non hanno un altro paese cui fare ritorno e hanno sviluppato esperienze di vita, lega-mi e orientamenti all’interno del contesto in cui sono cresciute. La questione delle seconde generazioni non nasce oggi e non risparmia nessuna società ri-cevente. Possiamo però individuare alcuni aspetti specifici del contesto italiano. Il processo d’insediamento degli immigrati sta avvenendo tuttora in maniera tumultuosa espontaneistica, attraverso periodi di soggiorno irregolare e successive sanatorie. Il presente progetto/indagine ha dato la possibilità di analizzare da vicino questo fenomeno,scendendo sul campo e toccando direttamente una realtà particolarmente complessa. Oggetto della ricerca sono stati i numerosi adolescenti, italiani e stranieri giunti in Italia inseguito a ricongiungimenti e anche quelli nati in Italia; questa categoria, durante la ricerca, èstata suddivisa ulteriormente in ragazzi stranieri e ragazzi della cosiddetta seconda genera-zione, cioè i nati in Italia da genitori stranieri.Va specificato che le storie e i percorsi che hanno portato qui ragazzi e ragazze stranieri so-no molto diverse tra loro. Alcuni hanno vissuto una parte della loro infanzia o adolescenza al-trove, dove hanno costruito una propria identità all’interno di istituzioni e relazioni familiarinote; sono giunti in Italia in seguito al ricongiungimento familiare, pagando il prezzo di mol-teplici rotture affettive. Vi sono inoltre minori nati in Italia da famiglie non italiane e residenti da tempo nel nostroPaese: bambini “inediti” dal punto di vista identitario, che sono proiettati nei processi diomologazione culturale acquisendo elementi dominanti nella società ricevente e mostrandouna conseguente progressiva “erosione” delle radici e dei riferimenti d’origine.Altri ancora sono fuggiti da paesi in guerra portando con sé esperienze di traumi e discrimi-nazione, vissuti di dolore, di perdite e di violenza. Secondo quanto emerge dal monitoraggio posto in essere dalle Istituzioni, molti di questi intra-prendono il viaggio da soli, privi di ogni riferimento sociale ed affettivo e di ogni mezzo di sosten-tamento. Molti di loro affrontano situazioni di marginalità sociale, precarietà ed irregolarità,con un’unica certezza: quella di dover lasciare l’Italia al compimento del 18° anno di età. Pur delineando un panorama molto complesso, riteniamo importante sottolineare che l’ele-mento comune tra alunni provenienti da storie ed esperienze molto differenti è il vissuto rea-le o simbolico della migrazione. Questa viene intesa non solo come spostamento fisico da un

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paese ad un altro, ma come processo di ridefinizione di legami, appartenenze, identità e delprogetto di vita. Questo quadro appena accennato, ha il compito di offrire un importante spunto di riflessio-ne sulla complessità delle situazioni che si stanno per affrontare e che superano le definizio-ni utilizzate dalla ricerca/indagine, per approfondire il bagaglio personale ed esperienzialeche ogni persona immigrata conduce nel paese ricevente e che è parte integrante del propriovissuto sia questo passato, presente o futuro.Parlare di identità senza tenere conto di queste variabili potrebbe indurre a gravi errori nellavalutazione di fenomeni importanti che con questa indagine si è tentato di approfondire.L’idea che da questa disamina emerge in modo predominante è che sarebbe auspicabileparlare di diverse identità basate, non soltanto sulle definizioni senz’altro necessarie a crea-re categorie definite, ma su percorsi, trascorsi e condizioni che rappresentano in manierasicuramente più esaustiva la popolazione migrante nel nostro Paese.Seguendo questo filo per delineare il processo di formazione della propria identità, quindi, nonsi può prescindere dall’analisi della situazione attuale spesso caratterizzata dalla necessitàdi affrontare l’ambivalenza di sentimenti d’appartenenza, di oltrepassare la categorizzazionesociale spesso sfavorevole di cui spesso sono oggetto, di superare i frequenti stereotipi concui viene definito il proprio gruppo di appartenenza che annulla ogni diversità ed ogni realtàpersonale.Gli obiettivi della ricerca erano quelli di conoscere meglio fattori determinanti comuni a stu-denti italiani e stranieri attraverso un’analisi accurata di modi di pensare e di intendere siasu temi comuni ma anche su peculiarità specifiche; in più l’individuazione degli ostacoli chepossono influenzare negativamente la costruzione di un’integrazione reciproca e l’identifi-cazione di strumenti comuni necessari per costruire forme di dialogo, di confronto e di con-divisione, sono risultati fondanti.Si è potuto costatare che la costruzione identitaria, cardine del percorso di crescita di ognigiovane, è indubbiamente più faticosa quando alla condizione di adolescente si sommaquella di immigrato, e per di più, spesso, d’immigrato proveniente da una famiglia in condi-zioni economiche precarie, disgregata, spesso mal alloggiata. In queste condizioni la fami-glia perde rapidamente la propria capacità normativa, mentre l’aggregazione tra pari, coeta-nei e connazionali, riempie il vuoto che si viene a creare caricandosi di significati importantia prescindere dall’essenza dei rapporti e dei loro contenuti. Trasformare il gruppo di amici da mero luogo in cui stare insieme in risorsa di scambio, con-fronto e condivisione risulta essere una strada importante da percorrere per restituire alconcetto di identità un significato positivo che esprime solidarietà, appartenenza, ricono-scimento reciproco.

2.2 FAMIGLIA E IMMIGRAZIONE

Una ricerca sulle seconde generazioni non può non prendere in considerazione anche una ri-flessione sulla famiglia, e sulla relazione tra questa ed il giovane, in particolare per quanto ri-guarda il suo percorso educativo e di inserimento sociale.

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Accanto ai ragazzi nati in Italia che non hanno vissuto l’allontanamento e la separazione,dobbiamo considerare gli adolescenti stranieri arrivati nel nostro Paese da relativamentepoco tempo oppure in tenera età a seguito di ricongiungimenti familiari, che spesso posso-no essere caratterizzati da varie difficoltà, tra cui l’allontanamento dagli amici e dai compa-gni di scuola del loro paese, dalla cerchia di parenti che in assenza dei genitori si sono presicura di loro, lo sradicamento da luoghi e abitudini nei quali hanno vissuto ed a cui erano abi-tuati.L’arrivo in un nuovo contesto dove trovano nuovi modelli sociali con i quali confrontarsi ed in-teragire, spesso senza un valido supporto linguistico neanche da parte dei familiari, può in-generare nei processi di integrazione e di crescita ulteriori difficoltà, che sono alla base del-le nostre riflessioni. Accanto a ciò va considerato che l’arrivo dei figli rappresenta per la famiglia un elemento dicontinuità con le radici di appartenenza e comporta la nascita di nuovi bisogni ed equilibri al-l’interno della famiglia stessa. Il ricongiungimento diventa un’ulteriore sfida per la famigliache sente la necessità di far crescere serenamente i figli nel paese ospitante, di offrire una nuo-va prospettiva di vita, di rielaborare una nuova progettualità rispetto al passato. Poche famiglie immigrate arrivano già formate nella società ricevente: si tratta, il più dellevolte, di migranti altamente qualificati: manager, professionisti, imprenditori. Nei casi più frequenti invece, la migrazione è un processo a più stadi, dove la famiglia deveaffrontare la prova di una separazione, il tempo di una lontananza e dei legami affettivi a di-stanza, per arrivare poi nella migliore delle ipotesi ad una famiglia ricongiunta che il più del-le volte è diversa da quella lasciata in patria anni prima. Alcune varianti possono intervenirea complicare ulteriormente questi processi, quando il ricongiungimento avviene con ruolirovesciati, i cosiddetti “ricongiungimenti familiari rovesciati”, dove il primo migrante è ladonna mentre il marito arriva in una fase successiva, preceduto, accompagnato o seguitodai figli. In quest’ultimo caso i mariti sperimentano sentimenti di frustrazione per la perdita di ruolo, diautorevolezza e prestigio all’interno della famiglia. Questi uomini quindi possono trovarsi a di-pendere economicamente, linguisticamente e nei rapporti con la società ospitante, dalledonne. Altre volte i ricongiungimenti sono parziali, ovvero si tratta di donne vedove o separate chedecidono di farsi raggiungere dai figli, dopo aver ricostituito nuclei familiari dei quali posso-no far parte nuovi figli. Si possono altresì verificare situazioni in cui la separazione coniuga-le è successiva al ricongiungimento familiare: ciò può generare ulteriori difficoltà in termini direlazioni e di adattamento. Inoltre si deve tenere presente che molte madri lavorano fuori casa per parecchie ore algiorno per mantenere la famiglia e spesso sono impegnate a tempo pieno o nell’accudire i fi-gli degli altri o nell’assistenza di anziani o come collaboratrici domestiche; ne consegue lamancanza di tempo da dedicare ai propri figli che vengono, dunque, lasciati soli. Tutto ciò produce delle ripercussioni nel percorso d’inserimento degli adolescenti nella nuo-va realtà di insediamento, laddove invece la cura e l’attenzione della figura materna potreb-be essere fondamentale.Come descritto, le situazioni possono essere molteplici e, per la maggior parte, caratterizza-

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te da complessità, difficili equilibri da ricostruire e quindi, a volte, da fragilità nella tenuta deltessuto familiare. I genitori che sono da molti anni in Italia e quindi lontani dai propri figli, devono riacquisire ilproprio ruolo educativo all’interno della famiglia ricongiunta o diversamente composta, cer-cando di sostenerli nell’attenuare l’impatto con il nuovo contesto sociale. In queste situa-zioni il ruolo genitoriale è sicuramente molto complesso. Un’altra problematica che può riguardare i nuclei familiari degli immigrati è rappresentatadalla mancanza di una rete familiare allargata, in grado di offrire un supporto concreto epunti di riferimento validi per affrontare le difficoltà legate al processo di integrazione. Altra componente non trascurabile nella gestione del nucleo familiare è quella economica.Questa difficoltà si ripercuote immediatamente sulla condizione abitativa, che può esserecaratterizzata da convivenze forzate, da una forte densità negli alloggi, da case non sempreaccoglienti o dotate di tutte le strutture funzionali, dalla coesistenza di stili di vita estremamen-te diversi o dalla diversificazione dell’offerta alloggiativa in rapporto alla possibilità econo-mica dei diversi conviventi.

Queste problematiche spesso influiscono sui ruoli familiari. Infatti, la stessa famiglia può trovarsi combattuta tra assimilazione al nuovo contesto emantenimento delle proprie tradizioni; pertanto non è facilitata nel compito di accompagna-mento del processo d’integrazione dei propri figli. Tra il desiderio di mantenere vivi i propri modelli educativi e culturali e le sollecitazioni versonuovi stili comportamentali e relazionali che il nuovo contesto propone, la famiglia è continua-mente sollecitata a rielaborare i propri modelli di riferimento. Visto il peso che le figure parentali assumono nell’orientamento di comportamenti e scelte esi-stenziali dei figli, influendo inevitabilmente sul processo di integrazione nella società italiana,risulta quanto mai opportuno prevedere un supporto alle famiglie al fine di prevenire l’insor-genza di fenomeni di isolamento e di marginalizzazione. Il rischio è quindi quello che gli adolescenti vivano il dualismo tra famiglia e società riceven-te come un limite alle relazioni con la scuola e con il gruppo dei pari rallentando, se non fre-nando, il percorso di integrazione. Nelle riflessioni aventi ad oggetto le seconde generazioni si pongono interrogativi importan-ti in merito alle modalità di integrazione sociale o di riconoscimento della cittadinanza. Le difficoltà di riconoscimento di status all’interno di una società che, paradossalmente,è quella in cui gli immigrati di seconda generazione sono nati, cresciuti, educati e forma-ti fa da cornice ad un’altrettanta situazione problematica legata alla mancata interazionetra la famiglia ed il sistema formativo, dovuta alle impellenze lavorative dei genitori che van-no a scapito del loro processo di integrazione, a cominciare proprio dalla padronanzadella lingua.

Per contro, la legislazione italiana prevede che i minori che arrivano nel nostro paese per ri-congiungimento familiare, entrano nel sistema scolastico in qualsiasi momento dell’anno,anche se privi di un adeguato accompagnamento educativo e di strumenti linguistici idonei,affidati alla buona volontà degli insegnanti, dei dirigenti scolastici e dei compagni di scuola.

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A tale proposito, la ricerca condotta sugli studenti ha evidenziato una netta diversità tra i ra-gazzi stranieri arrivati in Italia in tenera età e quelli arrivati in età adolescenziale. I primi si so-no dimostrati molto integrati nell’ambiente scolastico e hanno un’ottima padronanza dellalingua italiana, mentre i secondi incontrano frequentemente serie difficoltà linguistiche. La scuola spesso non offre risposte idonee ad affrontare tali problematiche, lo stesso dicasiper la famiglia, sebbene per motivi differenti. Infatti nella maggior parte dei casi la famiglia nonha né il tempo né gli strumenti per sostenere una più rapida ed efficace integrazione sia lin-guistica che culturale. Durante i dibattiti avuti in classe si è constatato molto spesso che so-no proprio loro, i ragazzi, ad aiutare i propri genitori a migliorare la conoscenza della linguaitaliana.A tale proposito, è stato chiesto agli studenti quale lingua parlassero nel proprio nucleo fa-miliare.

E’ emerso che solo il 13% dei ragazzi della seconda generazione ed il 7% di quelli stranieriinterrogati parlano a casa esclusivamente in italiano. Dal punto di vista linguistico è risultato che la maggior parte, cioè quasi il 74% della secon-da generazione e il 68% di ragazzi stranieri, parla con i loro genitori in entrambe le lingue. Da questi dati risulta che l’immigrazione di fatto non vuol dire annullamento delle proprieorigini, bensì un arricchimento sia culturale che linguistico, che nel lungo termine porta al-l’apparizione dei neologismi, elemento fondamentale per mantenere una cultura e una lin-gua viva. Il fatto che il 19% degli studenti in famiglia non usi l’italiano ma la lingua dei propri genitori,induce ad alcune riflessioni.In primo luogo questo dato potrebbe essere indicativo delle difficoltà scolastiche o dell’iterpoco lineare del processo formativo (riflesso nei dati sugli esiti scolastici degli studenti con

Figura 1 - Lingua utilizzata nel nucleo familiare

Fonte: ISFOL, 2010

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nazionalità non italiana pubblicati dal MIUR, che riportano percentuali alte di studenti stranie-ri in ritardo di uno o più anni nel percorso scolastico)20. In secondo luogo si potrebbe ipotizzare una scarsa familiarità con la lingua italiana da partedei familiari, fattore che sicuramente influenza negativamente il processo di socializzazione.Questo fenomeno, inoltre, potrebbe indicare una forma di chiusura nell’ambito esclusiva-mente familiare, a discapito dei rapporti con il mondo esterno. D’altra parte, i genitori arrivano in Italia da molti paesi diversi e, nella maggior parte dei casi,senza conoscere l’italiano che acquisiscono nel tempo, in maniera rudimentale, apprenden-do un linguaggio legato alle necessità del lavoro e della vita quotidiana.Per meglio cogliere i legami con la cultura di origine della propria famiglia, si è chiesto soloagli studenti di seconda generazione e agli stranieri, con la possibilità di inserire più di una ri-sposta, “cosa ti piace del paese di origine della tua famiglia”. In testa alle preferenze ci sono il clima, il paesaggio e il cibo con il 34%, seguiti dalle abitu-dini (20%). Rispetto ai coetanei del loro paese di origine la preferenza è solo del 13% e lamusica del 6%. Il 30% degli studenti ha indicato l’opzione “Altro” e all’interno di questa per-centuale il 15,7% ha scritto “tutto”.

Questo dato evidenzia che i giovani stranieri e di seconda generazione vivono una doppiaidentità; a conferma di ciò risultano simili i valori delle percentuali espresse nelle preferenzetra gli elementi del paese di origine della propria famiglia e quelli dell’Italia (cibo 41%, climae paesaggio 36%, musica 8,5%, coetanei 15%).

20 Gli alunni stranieri nel sistema scolastico italiano: A.S. 2008/09, a cura del Servizio statistico del MIUR, dicembre 2009.

Figura 2 - Cosa ti piace del paese di origine

Fonte: ISFOL, 2010

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La ricerca ha rilevato che la famiglia, sia di origine italiana che straniera, incoraggia piuttostoraramente la frequentazione di amici con origini diverse; solo il 34% delle famiglie incorag-gia spesso o molto spesso i propri figli a frequentare amici di diversa cultura e le percentua-li relative alle famiglie immigrate sono superiori (40%) rispetto a quelle italiane (34%).Più marcate invece sono le differenze tra i due sessi: i ragazzi (72%) più che le ragazze(58%) dichiarano di non essere “mai o solo a volte” incoraggiate a frequentare amici di diver-sa cultura. Ciò accade maggiormente negli Istituti tecnici e professionali (72%) e meno tra iliceali (53%).Anche le differenze territoriali sono notevoli, in quanto l’analisi per aree geografiche eviden-zia come la situazione sia diversa al nord dove sono più alte le percentuali di coloro che so-lo “mai o a volte” sono incoraggiati (75%), mentre scende via via che ci si sposta verso ilsud (53%).I colloqui con i ragazzi e i dati della ricerca dimostrano che i genitori non interferiscono nellascelta degli amici e\o considerano questo argomento poco importante, lasciando ai figli la li-bertà di decidere con chi comunicare ed aggregarsi.

Figura 3 - Cosa ti piace dell’Italia

Fonte: ISFOL, 2010

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Proseguendo nell’analisi, risulta interessante quanto emerge dagli item relativi a quale sial’opinione di tali nuclei genitoriali dei giovani immigrati in merito ai costumi occidentali e,scendendo di livello, sui comportamenti degli italiani.

Nel primo caso, a fronte di una maggioranza (53%) che esprime un’opinione positiva, il40% dei ragazzi non sa rispondere. Nel secondo, viene confermato il trend per cui il compor-tamento degli italiani nei confronti degli stranieri viene considerato positivamente (69%);solo il 25% lo critica e il 6% non sa rispondere.

Figura 4 - Rapporto famiglia amici di altre culture

Fonte: ISFOL, 2010

Figura 5 - Opinioni sui costumi occidentali

Fonte: ISFOL, 2010

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Questo dato evidenzia che la famiglia generalmente non esprime una visione critica dell’Ita-lia e degli italiani (costumi e comportamenti), tuttavia la percentuale del 25% di adulti che, se-condo quanto riferito dai giovani, si lamentano spesso o molto spesso, è un dato non trascu-rabile poiché fa emergere che esistono comunque problemi di convivenza su cui sarebbeinteressante svolgere ulteriori approfondimenti.

Il futuro di molti ragazzi e ragazze figli di migranti che vivono e forse resteranno nel nostro pae-se dipende, oltre che da opportunità sociali ed economiche, da quanto essi riusciranno afar coesistere dentro di sé le diverse appartenenze culturali ed affettive ed a ricomporre un per-corso familiare necessario per una crescita armonica.

Del resto, i genitori presentano una ricchezza di punti di vista e situazioni molto diverse. Ci sono genitori ben informati e interessati al mondo della scuola e altri che appaiono diso-rientati e distanti; alcuni esprimono modelli educativi che valorizzano l’autorità e l’obbe-dienza, altri credono nell’importanza di relazioni più accoglienti e calorose e in forme di ap-prendimento più vicine all’esperienza; alcuni portano avanti progetti migratori orientati a ri-manere stabilmente e quindi ad un inserimento completo nel nostro paese, altri invece lavo-rano e pensano al futuro dei propri figli in funzione di un ritorno al paese di origine, così co-me dimostrano i dati raccolti tra i ragazzi.

A queste diverse posizioni corrispondono altrettante diversificate esigenze.

Nonostante i dati sopra evidenziati siano incoraggianti per l’accoglienza che il nostro paeseevidentemente riserva ai giovani immigrati, gli interventi della società dovrebbero insistere aprogrammare, non tanto sporadiche iniziative sulle culture altre di tipo folkloristico e circoscrit-te ad aspetti di cornice (cibo, feste, musiche tradizionali, ecc) che rischiano a volte di creare

Figura 6 - Grado di inserimento sociale

Fonte: ISFOL, 2010

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stereotipi più che di avvicinare le persone, ma reali percorsi di confronto e di mediazione at-torno ad aspetti sostanziali della vita di queste famiglie e ai loro valori. Ad esempio, sarebbero da approfondire temi quali: i diversi modi di pensare e strutturarel’educazione nelle varie culture, i modelli famigliari e le cure parentali, i modi e le forme chescandiscono i momenti significativi della vita, ecc, per raggiungere quella che può esseredefinita una società includente. Un percorso di questo genere potrebbe coinvolgere vantaggiosamente non solo le famigliestraniere, ma anche quelle italiane e l’intera comunità. Significa infatti rafforzare negli adultiin generale un atteggiamento più critico e consapevole dei propri modelli educativi, favorirelo scambio tra le diverse figure educative riducendone l’isolamento e promuovere la costru-zione comune di interventi condivisi in grado di rappresentare modelli di riferimento più so-lidi per bambini e ragazzi stranieri e italiani.

2.3 IL RUOLO DELLA SCUOLA NEL PROCESSO D’INTEGRAZIONE

Partendo dalla considerazione dell’importanza del ruolo della scuola nell’educazione alladiversità, tale ambito è stato selezionato proprio per indagare sull’andamento del processodi integrazione tra giovani italiani e seconde generazioni. D’altra parte, era necessario rivol-gersi a ragazzi di nazionalità diverse, inseriti in una stessa realtà scolastica, per comprende-re quale attenzione venisse riservata al tema dell’educazione verso l’immigrazione, anche alfine di verificare l’esistenza di luoghi comuni, pregiudizi, false paure e stereotipi. Si sottolinea che comprendere l’esperienza migratoria equivale a fare un’analisi dei com-plessi sistemi socio-economici e culturali dei Paesi di provenienza degli immigrati, ponendoin risalto le motivazioni e le condizioni psicologiche che spingono e accompagnano tali sog-getti nel loro percorso migratorio. In tale contesto emerge un sentimento di perdita e sradicamento che, nel produrre una crisiidentitaria, induce gli immigrati, come afferma Winnicott21, a costruire uno spazio potenzia-le che rappresenta un “luogo di transizione” fra il Paese-madre ed il nuovo mondo. Questospazio avrebbe la funzione di facilitare l’integrazione e produrre nello straniero un sentimen-to di appartenenza che contribuirebbe alla formazione della sua identità, necessaria per in-tegrarsi nel nuovo Paese.22

La scuola, in tal senso, può diventare, se non lo è già, lo spazio reale e simbolico in cui lasoggettività dell’adolescente immigrato può essere riconosciuta ed accettata nella sua diver-sità. Riconoscendosi quale soggetto “in divenire”, egli può iniziare ad elaborare un progettodi vita, che integri la dimensione passata con quella futura, anche attraverso la frequenta-zione di amici/compagni di scuola italiani ed iniziare il percorso di socializzazione nel Paeseospitante.Durante i momenti di confronto con i ragazzi è emerso che l’indirizzo scolastico che scelgo-

21 Dalla pediatria alla psicoanalisi: scritti scelti, trad. Corinna Ranchetti, Firenze: Martinelli, 1981.22 Cfr. Bracalenti, R., Saglietti, M., Lavorare con i minori stranieri non accompagnati, Franco Angeli Editore, Milano

2011, pp. 104-105.

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no gli adolescenti dipende spesso sia dalla cultura d’origine dei genitori sia dalle condizionieconomiche. Per dare un esempio i cinesi, che nel paese d’origine hanno un sistema scola-stico assai diverso, portano i loro figli in Italia in età adolescenziale. Questi ragazzi hannouna scarsa conoscenza dell’italiano, oppure non ne hanno nessuna, nonostante questo illoro inserimento scolastico non avviene sulla base di un progetto di crescita: il criterio discelta della scuola è più che altro di tipo logistico, quindi l’istituto scolastico più vicino. Po-trebbe sembrare un fattore di poco conto, ma in realtà dimostra di essere controproducen-te sia per il percorso scolastico sia per la scuola che li accoglie.Questo esempio denota anche l’assenza di un feedback continuo tra la scuola ed i genitoristranieri dovuta a problematiche diverse, tra cui, non trascurabile, quella della lingua di cui siè già parlato nel paragrafo che riguarda la famiglia.Va anche detto però che la scuola italiana ha dimostrato una particolare sensibilità verso ledifficoltà di inserimento che i ragazzi si trovano ad affrontare, spesso troppo grandi per i lo-ro vissuti. L’ammissione dei figli di immigrati irregolari alla scuola dell’obbligo è stata introdotta dappri-ma di fatto, a livello locale, sulla base di concessioni dei dirigenti scolastici e poi è diventatauna norma di legge. Parallelamente, le iniziative di facilitazione dell’apprendimento e di educazione intercultura-le sviluppate in questi anni nel sistema scolastico sono state molte anche se prevalente-mente portate avanti dalla buona volontà dei singoli insegnanti e dalle associazioni cheoperano nel settore.

Abbiamo già detto che le famiglie di immigrati, più che quelle italiane, incoraggiano mag-giormente i loro figli a frequentare coetanei di diverse culture. Tale dato ci fa pensare chequesta possa essere considerata una modalità per inserirsi meglio nel tessuto sociale delnostro paese. Se questo è vero si può pensare che la considerazione dei giovani italiani ver-so i nuovi arrivati è mediata anche dai genitori, così come dagli altri componenti della fami-glia e dagli educatori. È proprio sull’importante ruolo di questi ultimi che ci si è soffermati, inquanto mediatori e facilitatori nell’ agevolare l’apertura alla diversità favorendo l’incontro di-retto e lo scambio interculturale fra i ragazzi della stessa età. A tal proposito è stato chiesto quale fosse secondo loro l’apertura degli insegnanti alle diffe-renze fra le culture. I ragazzi italiani ritengono che i loro insegnanti siano attenti a questo te-ma (44,2%). I ragazzi immigrati di seconda generazione percepiscono l’apertura degli inse-gnanti principalmente tra “a volte” (35,5%) “spesso” (35,8%) e “molto spesso” (22,2%). Perla maggior parte degli alunni stranieri questa apertura si manifesta “a volte” per il 41,3% e“spesso” per il 35,6%.

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Relativamente alla domanda sull’attenzione della scuola alla discriminazione degli studenti,nelle risposte si nota una leggera differenza di percezione tra ragazzi italiani e stranieri.Mentre i ragazzi italiani, forse non essendo direttamente coinvolti, percepiscono il problemadella discriminazione nella scuola in modo meno problematico (il 42,8% ha risposto “spes-so” ed il 33,6% “molto spesso”), i ragazzi stranieri si mostrano più sensibili, pensando chequesto accada “a volte” per il 30% e “spesso” per il 39,4%, mentre “non molto spesso” so-lo per il 22%. I ragazzi immigrati di seconda generazione ritengono che l’attenzione dellascuola avvenga “spesso” per il 38,8% e “molto spesso” per il 29,7%.

Figura 7 - Apertura degli insegnanti a culture differenti

Fonte: ISFOL, 2010

Figura 8 - Attenzione della scuola a comportamenti discriminanti

Fonte: ISFOL, 2010

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In merito all’organizzazione di iniziative favorevoli al dialogo tra le varie etnie presenti nellascuola, il 40,2% dei ragazzi italiani, il 38,8% dei ragazzi immigrati di seconda generazione edil 32,1% dei ragazzi stranieri sono del parere che ciò non avvenga mai, mentre il 42,9% deiragazzi italiani, il 41,2% dei ragazzi immigrati di seconda generazione ed il 47,2% dei ragaz-zi stranieri considerano che “a volte” questo viene realizzato.Dalle risposte date si desume il desiderio degli adolescenti di essere coinvolti in iniziative edeventi multiculturali e di avere più occasioni di confronto e stimoli nuovi a cui rispondere in mo-do creativo. Queste percentuali sono un indicatore importante che deve far riflettere sullepotenzialità che le scuole hanno, come importante centro di aggregazione dei giovani, per fa-vorire l’integrazione ed il dialogo tra le diverse culture. Inoltre, è necessario contemplare anche il problema dell’interpretazione. Le seconde ge-nerazioni di immigrati possono essere viste sia come fonte di disadattamento e problemisociali, sia come potenziali nuove identità sociali, composite e plurali, portatrici di valori tra-smissibili ai ragazzi italiani. E’ in questa ottica che vanno viste le iniziative per migliorare ildialogo.

La questione degli episodi di intolleranza e discriminazione nei confronti degli studenti stra-nieri è alquanto delicata. La maggior parte degli alunni, sia italiani (55,1%) che seconde ge-nerazioni (48,4%) sia stranieri (44,6%) nega di aver assistito a tali episodi. Tuttavia il 40,7%dei ragazzi stranieri rispondono “a volte”, così come i ragazzi immigrati di seconda genera-zione (37,4%). Nel complesso si registra comunque una rara percentuale di episodi discriminatori, che puòessere utile sottolineare è stata rilevata più spesso dai maschi, che rappresentano il 73,7%di coloro che hanno risposto “molto spesso”.

Figura 9 - Organizzazione iniziative per il dialogo

Fonte: ISFOL, 2010

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Ai ragazzi è stato inoltre chiesto quali fossero i loro progetti dopo aver finito la scuola. I datici dicono che la maggior parte di loro vuole rimanere in Italia per studiare o lavorare e que-sto ci permette di comprendere che i giovani immigrati si sentono integrati e pronti ad inse-rirsi nel mondo del lavoro. Una buona parte dei ragazzi italiani (40,1%) vuole continuare a studiare dopo la scuola su-periore; tra i ragazzi immigrati di seconda generazione la percentuale è più bassa (28,1%), co-sì come tra i ragazzi stranieri (25,5%). Per quanto riguarda il cercare lavoro in Italia, le percen-tuali sono notevolmente più alte (38,2% gli italiani, 37,5% gli immigrati di seconda generazio-ne e 35,3% gli stranieri). E’ interessante osservare l’alta percentuale di ragazzi ancora inde-cisi, un fatto tipico dell’età adolescenziale al di là dell’appartenenza etnica (il 21,4% sonoitaliani, il 29,7% immigrati di seconda generazione ed il 28,5% stranieri). Tuttavia non mancano tra i ragazzi stranieri alcuni che progettano di tornare nel Paese d’ori-gine per continuare a studiare (il 6,3%) o per trovarsi un lavoro, agevolati dal titolo di studioitaliano (il 4,4%). Si tratta in alcuni casi di una forma di resistenza culturale dovuta al forte le-game con il Paese d’origine ed al desiderio di ritornarci una volta finito il ciclo degli studi.Questo desiderio può anche manifestarsi con l’isolamento e il rifiuto di integrarsi nella so-cietà in cui si vive e con il tentativo di far riferimento prevalentemente alla cultura e all’iden-tità etnica originaria proposta dai propri genitori. Come inciso possiamo notare che di contro a questa tendenza, già limite, ne esiste una op-posta, quella di cui sono portatori alcuni ragazzi immigrati di seconda generazione, che vivo-no una più profonda tensione tra l’adesione ai codici normativi ispirati ai valori tradizionalidei genitori, e la sensazione di superiorità derivata dalla capacità di interazione, nella rapidi-tà di comprensione dei messaggi e nella facilità di movimento nella società ospitante, che lispinge ad aderire con forza a quest’ultima.

Figura 10 - Hai assistito ad episodi di discriminazione

Fonte: ISFOL, 2010

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Nel complesso, tra le risposte a questa domanda non si nota una forte differenziazione discelta tra maschi e femmine. La percentuale dei maschi che vogliono cercare lavoro dopo averfinito la scuola è leggermente più alta (65,1%).

Proseguendo, i ragazzi stranieri ed immigrati di seconda generazione considerano simpati-ci i loro compagni italiani (rispettivamente il 61,2% ed il 74,2%). L’87,3% dei ragazzi italianiritengono più simpatici i loro connazionali. Solamente il 10,3% dei ragazzi italiani considera-no simpatici i loro compagni stranieri. La percentuale di simpatia verso i giovani immigratisale nel caso dei ragazzi anche essi immigrati di seconda generazione ( 23%) e stranieri(35,4%).Si osserva che le femmine, notoriamente più empatiche, sono in media più aperte verso icompagni di classe stranieri, considerandoli simpatici (56,5%) più di quanto facciano i ma-schi, la maggioranza dei quali considera simpatici i compagni italiani (58,7%).

Figura 11 - Cosa farai dopo la scuola

Fonte: ISFOL, 2010

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Dai dati si desume che i compagni preferiti per fare i compiti sono i ragazzi italiani per il91,1% degli italiani, per il 76,7% degli immigrati di seconda generazione e per il 62,9% de-gli stranieri. E’ abbastanza alta la percentuale di ragazzi stranieri che preferiscono i propriconnazionali (31,9%) ed è media la percentuale di ragazzi immigrati di seconda generazioneche fanno i compiti con i compagni stranieri (18,7%). Una minima percentuale di ragazzi ita-liani fa i compiti insieme ai compagni di classe stranieri (il 5,9%).Dalle percentuali risulta che le femmine sono più propense a fare i compiti con i compagni diclasse immigrati (56,6%).Questa domanda tocca in profondità il processo di assimilazione degli studenti immigrati diseconda generazione e non, perchè il fare i compiti insieme ad un compagno di classe pre-suppone un certo grado di amicizia, di fiducia reciproca e implica la capacità di chiedereaiuto, coinvolge insomma processi di socializzazione complessi. Questa assimilazione con i propri compagni avviene in maniera negativa quando si manife-sta come omologazione ai propri coetanei autoctoni, portando ad un rifiuto di tutto ciò cheattiene alle proprie origini, come lingua, tradizioni e cultura. In questi casi si tratta di mimeti-smo, strategia identitaria che porta i ragazzi immigrati a cancellare la propria alterità per far-si accettare dal gruppo dei coetanei, ricercando un’identificazione totale con loro. Si parla invece di integrazione quando il processo di assimilazione avviene di pari passocon la valorizzazione positiva della propria appartenenza culturale, portando alla nascita diuna doppia etnicità per la persona immigrata. Si tratta di mantenere la propria cultura origi-naria pur interagendo continuamente con il gruppo dei coetanei per assorbirne la cultura.

Figura 12 - Preferenze nella frequentazione dei compagni di scuola

Fonte: ISFOL, 2010

Compagni simpatici

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2.4 IL GRUPPO DEI PARI ED I PERCORSI DI SOCIALIZZAZIONE

E’ importante riferire, a premessa di questa analisi, le considerazioni dei rilevatori che hannoeffettuato l’indagine nelle scuole, ricavate dall’osservazione dei dibattiti verificatisi spontanea-mente tra gli alunni o sollecitati dagli intervistatori stessi al termine della somministrazione deiquestionari, spesso in assenza degli insegnanti che hanno lasciato la classe al momentodella rilevazione. I rilevatori riportano un elevato grado di interesse sull’argomento da parte degli studenti in-tervistati, i quali hanno partecipato con vivacità ai dibattiti, mentre si è constatata una certadifficoltà da parte degli insegnanti a lasciarsi coinvolgere nella discussione.Il primo aspetto che è emerso nel dibattito è stato il tema della cittadinanza, ed è apparso mol-to chiaramente che gli alunni, ma anche parte degli insegnanti, non conoscevano il contenu-to della legge n.91 del 1992 sulla cittadinanza, dimostrando di conseguenza sorpresa e nel-la maggior parte dei casi disappunto nello scoprire che chi nasce in Italia non è automatica-mente italiano se ha entrambi i genitori stranieri, e non può iniziare le procedure per la ri-chiesta di cittadinanza fino al compimento del diciottesimo anno. A questo proposito si vedrà, nella parte in cui si analizza la domanda del questionario sullacittadinanza dei genitori, il dato di quanti non sanno rispondere con precisioneIn alcuni casi si trattava addirittura di studenti stranieri che non erano a conoscenza dellapropria situazione giuridica e si ritenevano naturalmente, purtroppo a torto, italiani perchénati e cresciuti in Italia. Dimostravano in questo modo di non essere neppure a conoscenzadel diritto che spetta ai cittadini stranieri nati in Italia da genitori stranieri residenti, nel caso

Figura 13 - Preferenze nella scelta dei compagni con cui si studia

Fonte: ISFOL, 2010

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che la residenza in Italia non sia mai stata interrotta, di ottenere immediatamente la cittadi-nanza solo se richiesta tra il diciottesimo e il diciannovesimo anno di età. I rilevatori hanno evidenziato maggiore apertura di idee e maggiore disponibilità al confron-to tra gli studenti dei licei rispetto a quelli degli istituti tecnici e professionali, fenomeno chesi è manifestato con estrema chiarezza quando, durante il dibattito, si affrontavano temiquali l’integrazione tra persone di diversa nazionalità. E’ utile ricordare, a questo proposito, che il 78,5% degli studenti stranieri è iscritto ad istitu-ti tecnici o professionali, quindi il dato sorprende, perché ci si aspetterebbe invece che lìdove è maggiore il numero di studenti stranieri, si manifestasse in maggior misura la cono-scenza delle possibilità normative relative all’integrazione. Inoltre, negli istituti tecnici e nei professionali era più frequente trovare atteggiamenti dichiusura e di rifiuto, inclusi pregiudizi come: l’idea che gli stranieri vengono in Italia solo perrubare; che ottengono agevolazioni dal governo italiano a discapito dei cittadini italiani; chenon pagano per i reati commessi; che rubano il lavoro agli italiani. Ancora più negativo era l’at-teggiamento verso i Rom, dei quali purtroppo la maggioranza degli studenti ha un concettoassolutamente negativo e conserva gravi pregiudizi. Inoltre molti studenti, in questo tipo discuole, aveva una percezione del tutto errata del numero di stranieri presenti in Italia. In-somma si è rilevato che dove è più alto il livello culturale, cioè nei licei, la conoscenza vinceil pregiudizio.In alcuni istituti si percepiva chiaramente l’intervento degli insegnanti, che aveva influito sul-l’atteggiamento e sul livello di informazione degli studenti, mentre in altri si notava comel’assenza di un qualsiasi intervento educativo sul tema causava la tendenza dei ragazzi a ri-portare luoghi comuni ascoltati in famiglia o nel quartiere in cui vivevano.Un altro dato interessante emerso durante il dibattito con gli studenti è il ruolo della stampae degli altri media nella gestione delle informazioni e nel linguaggio usato a proposito degli im-migrati. I giovani si rendevano conto che, in alcuni casi, il modo in cui la notizia veniva ripor-tata dai mezzi di informazione modificava la percezione della realtà.Dall’indagine si evince che, almeno sul tema della relazione interculturale, esiste una certa la-titanza del mondo degli adulti nei confronti dei ragazzi, che quindi vengono lasciati troppospesso soli ad affrontare le sfide educative. Questo atteggiamento deriva da una falsa rap-presentazione dei giovani visti come poco coscienti o interessati alla realtà in cui vivono, o ten-denti a considerarla con leggerezza. I dati dell’indagine smentiscono decisamente questaipotesi ed evidenziano al contrario una attenzione critica: questo elemento confortante cicomunica la possibilità di intervenire su molte situazioni di malessere o di conflitto, adesempio creando spazi di dibattito e di confronto. Ciò apre il campo a possibili ed auspica-bili interventi educativi al fine di modificare una evoluzione negativa della realtà. Entriamo ora nel merito dell’analisi, che procede per paragrafi, riportando ogni volta la doman-da relativa ed il commento ai dati.

Pregiudizi nei confronti degli stranieri Affrontiamo in primo luogo la domanda se in Italia ci sono pregiudizi nei confronti degli stra-nieri. Una grande maggioranza degli intervistati (71%) concorda con tale affermazione, dichia-rando che spesso e molto spesso esistono tali pregiudizi, ma se andiamo a scomporre que-

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sto dato, vediamo che ciò riguarda il 71,5% degli italiani, il 66% della seconda generazione,e il 56% degli stranieri. Queste percentuali variano a seconda del genere (concordano più leragazze dei ragazzi), dell’età (più i grandi dei piccoli), del tipo di scuola (gli studenti dei licei78%, quelli dei tecnici o dei professionali 68%) e dell’area geografica (più al centro e al nordItalia che al sud).

Le risposte a questo item rivelano una notevole capacità critica dei giovani e un buon gradodi consapevolezza della situazione nella società italiana, in riferimento al tema dell’immigra-zione. Continuando ad analizzare questa domanda si nota un abbassamento delle percentuali dal-le risposte degli italiani a quelle degli stranieri. La flessione delle percentuali tra le seconde ge-nerazioni e ancora di più tra i giovani stranieri potrebbe suggerire che questi non voglianocriticare il paese di accoglienza, e che si attestino su una posizione in qualche modo difen-siva, probabilmente sentendosi in una situazione d’inferiorità. Presumibilmente riportano unvissuto con difficoltà di inserimento. Un’altra ipotesi potrebbe invece suggerire una tesi opposta, e cioè che i giovani abbianotrovato un ambiente favorevole di accoglienza e vivano bene.

Figura 14 - Presenza di pregiudizi in Italia nei confronti degli stranieri

Fonte: ISFOL, 2010

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Resta il fatto comunque che il 56% di giovani stranieri che ritengono ci siano pregiudizi neiloro confronti, è un valore molto alto che denota che il problema esiste ed è assolutamenteimportante tenerlo in considerazione. E’ interessante notare anche che i pregiudizi risultanopiù evidenti lì dove gli immigrati sono presenti in maggior numero (centro e nord Italia): que-sto dato richiederebbe interventi mirati in alcune regioni e province, proprio perché il rischiodi una convivenza difficile è più alto.

Gruppi di appartenenzaAlla domanda “a quale gruppo ti senti di appartenere” gli intervistati potevano risponderescegliendo al massimo due risposte fra quelle presentate e in generale, tra le opzioni propo-ste i giovani hanno scelto tra le prime due: la famiglia e gli amici, anche se con percentuali di-verse a seconda della nazionalità.I dati possono essere espressi sinteticamente come segue:

Tabella 1 - Gruppi di appartenenza preferiti

Figura 15 - In Italia ci sono spesso o molto spesso pregiudizi verso gli stranieri

Fonte: ISFOL, 2010

Fonte: ISFOL, 2010

Italiani seconda generazione stranieri

Famiglia 65% 56% 62%

Connazionali 5% 10% 15%

Amici 66% 55% 45%

Religione 3% 8% 7%

Coetanei 17% 20% 18%

Umanità 7% 8% 7%

Me stesso 7% 8% 7%

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I giovani che sentono di appartenere di meno alla propria famiglia di origine sono quelli diseconda generazione, poiché non la sentono più tanto vicina, ma si sentono oltre, proiettativerso una realtà diversa, appunto a metà tra la propria origine e la nuova dimensione.I giovani che si sentono di appartenere di più ai propri connazionali sono gli stranieri. Questoè un dato comprensibile e spiegabile con il desiderio di appartenenza ad un gruppo che si sen-te più vicino, mentre gli italiani non ne hanno bisogno e le seconde generazioni ne sentonominore esigenza. Ciò è da considerare con molta attenzione, in quanto se questo desideriodi appartenenza non venisse compreso e guidato verso altre forme di aggregazione e di in-tegrazione potrebbe portare alla ghettizzazione o ad una chiusura verso l’esterno.E’ ugualmente degno di attenzione il dato che solo il 65% dei giovani si sente di appartene-re al gruppo di amici, con una percentuale che scende di 10 punti in ognuno dei due gruppidiversi fino a giungere al 45% negli stranieri. I giovani stranieri esprimono con più difficoltà ilsenso di appartenenza agli amici, evidenziando così un dato preoccupante, una tendenzaalla sofferenza ed all’isolamento, alla quale è necessario rispondere con interventi volti alla so-cializzazione. Ancora una volta in questa domanda ed in particolare nella opzione che trattadel gruppo dei coetanei, si nota come in questi giovani, sia italiani che stranieri, ci sia unproblema di rapporto con i pari, già evidenziato in precedenza, che viene confermato chia-ramente dalle risposte.

Luoghi di appartenenzaAnche a questa domanda gli intervistati potevano rispondere scegliendo al massimo due ri-sposte fra quelle presentate. L’analisi dei dati evidenzia che per gli italiani la città di apparte-nenza è molto più importante (61,2%) rispetto alla seconda generazione (38%) e agli stranie-ri (35%). La regione è poco importante per tutti (12,9%): sempre di meno per gli stranieri (6,7%) e perle seconde generazioni (9,5%) rispetto agli italiani (13,4%).Gli italiani si sentono di appartenere al proprio paese solo nel 50,7%. Le seconde generazio-ni si sentono di appartenere all’Italia per il 35,4% contro il 26,5% degli stranieri. È quindinon elevata la differenza tra italiani e seconde generazioni rispetto al senso di appartenenzaall’Italia, che risulta essere comunque basso. I ragazzi stranieri si sentono di appartenere adun’altra nazione per il 44,2% rispetto ai ragazzi della seconda generazione (29,6%) contro unnumero irrilevante di italiani (5,4%). Tutti si sentono di appartenere poco all’Europa (6,8%)anche se gli stranieri (11,1%) in misura doppia rispetto agli italiani (6,5%). Al mondo si sentono di appartenere non pochi ragazzi (23%). È sempre la percentuale deglistranieri quella più alta (31,1%) rispetto alle seconde generazioni (30,9%) e agli italiani(22%). Alcune osservazioni si possono fare anche leggendo il dato del tipo di scuola frequentato: lacittà è il luogo di appartenenza in cui si riconoscono di più gli studenti dei tecnici e professio-nali (61%) rispetto agli studenti del liceo (55%); l’Italia è stata scelta dal 50% degli studentidei tecnici e professionali e dal 46% degli studenti liceali ed infine la differenza più marcatasi registra nell’indicazione di appartenenza al mondo che risulta al 19% per gli studenti dei tec-nici e professionali e al 31% per gli studenti dei licei.

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Inserimento nella comunitàLa domanda “Sei ben inserito nella comunità in cui vivi?” e le seguenti sono state rivolte a tut-ti gli studenti. Il dato generale ci mostra che i giovani rispondono “molto” nel 66,6% dei ca-si e “abbastanza” nel 29,7%. Queste percentuali sono molto simili per studenti italiani e di se-conda generazione mentre per gli studenti stranieri la risposta “molto” riguarda il 38,6% deltotale e la risposta “abbastanza” sale al 50,5%.

Per quel che riguarda maschi e femmine non ci sono variazioni rilevanti mentre fra 16 e 19 an-ni il valore percentuale della risposta “molto” diminuisce dal 70% al 62% ed aumenta dal26% al 30% la percentuale della risposta “abbastanza”. Al centro nord la risposta “molto” èal 67% mentre al sud la risposta “molto” è al 59%.Questi risultati mostrano una differenza notevole tra le risposte dei giovani di seconda gene-razione e gli stranieri. I primi rispondono in modo molto più simile agli italiani, dimostrando unaconsiderevole realtà di integrazione. Le differenze tra sud e nord rispecchiano situazioni di-verse, dovute probabilmente a minori opportunità di incontro tra giovani di culture differen-ti, anche se l’esiguità del campione del sud rende difficile affermarlo con certezza. Il dato si-curamente più preoccupante è che il grado di inserimento diminuisce con il crescere del-l’età: più si è grandi e più si percepisce un minor grado di integrazione.Passiamo ora ad analizzare diffusamente l’aspetto delle relazioni tra i giovani ed il gruppodei loro coetanei.

Appartenenza ad associazioni o gruppi strutturatiLa situazione critica che emerge dalle risposte alle domande precedenti viene confermatada quella fornita alla domanda “Attualmente fai parte di qualche gruppo e/o associazione?”Infatti risulta che oltre il 30% dei giovani intervistati non appartiene ad alcun gruppo: ciò in-

Figura 16 - Inserimento nella comunità in cui si vive

Fonte: ISFOL, 2010

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dica una solitudine dei ragazzi, che purtroppo si combina con la lontananza degli adulti, co-me abbiamo già notato negli item che trattavano del ruolo della famiglia.Tra i tipi di gruppi, quello più frequentato è naturalmente il gruppo sportivo anche se gli ita-liani fanno più sport (40,3%) rispetto ai giovani delle seconde generazioni (32,4%) e deglistranieri (29,9%). Gli italiani che fanno parte di gruppi di tifosi (17,8%) sono sicuramente di piùrispetto alle seconde generazioni (14,9%) e agli stranieri (11,8%). Del totale dei ragazzi soloil 14,2% fa parte di un gruppo religioso e le differenze tra italiani, stranieri o seconde gene-razioni non sono rilevanti. È interessante soprattutto che gli stranieri che fanno parte di ungruppo di volontariato siano di più (12,2%) rispetto agli italiani (8,8%) e alle seconde gene-razioni (7,3%) e come le seconde generazioni, insieme agli stranieri (8,2%), facciano parte diun’associazione culturale maggiormente (9,6%) degli italiani (6,2%). Nel totale pochi fanno parte di un gruppo scout (3,2%). A far musica sono sempre in maggiornumero le seconde generazioni (15,5%) e gli stranieri (14,6%) rispetto agli italiani (10,8%).Scontato è come siano i maschi quelli che fanno più parte di un gruppo di tifosi (27,8%) ri-spetto alle femmine (5,8%). I maschi fanno inoltre il doppio dello sport (52%) rispetto allefemmine (25,3%) mentre le femmine fanno più volontariato (9,9%) rispetto ai maschi (8%). A nord Italia si fa più volontariato (13,5%) rispetto al centro (7,6%) e al sud (6,7%). Chi vanegli istituti tecnico/professionali fa parte di gruppi di tifosi (20,5%) con una percentuale piùalta rispetto a coloro che frequentano i licei (14,9%). Chi va ai licei fa parte maggiormente digruppi culturali (7,1%) rispetto ai ragazzi d’istituti tecnici o professionali (5,5%) mentre que-sti ultimi fanno più volontariato (9,1%).E’ forse una condizione economica più sfavorevole la causa di una più bassa percentuale digiovani che si dedicano allo sport tra gli stranieri? Ma allora perché dovrebbe essere più al-ta quella dei giovani che si dedicano alla musica? Probabilmente la spesa per coltivare lostudio di uno strumento musicale è più alta di quella necessaria per un’attività sportiva. Si tratta quindi di una differenza che porta a evidenziare un interesse maggiore negli stranie-ri e nelle seconde generazioni per la cultura, denotata anche dalle risposte alla domanda di-retta di partecipazione ad un’associazione culturale (9,6% di seconda generazione e 8,25 distranieri contro 6,2% di italiani). Anche il dato relativo all’impegno in un gruppo di volontariato fa risaltare la maggiore attitu-dine dei giovani stranieri verso le relazioni interpersonali e verso una maggiore attenzionealla società.

Appartenenza a gruppi di amici non strutturatiAnche la domanda “Frequenti un gruppo di amici nel tuo tempo libero?” è stata rivolta, co-me le precedenti, a tutto il campione degli intervistati. La maggior parte dei ragazzi frequenta sia un gruppo di amici di scuola che altri amici(60,5%). Un dato rilevante è il raddoppiarsi, anche se in una percentuale molto bassa, delnumero di risposte negative degli italiani in confronto alle seconde generazioni e delle se-conde generazioni in confronto agli stranieri. Per esempio gli italiani hanno risposto negati-vamente per il 2,2%, le seconde generazioni per il 4,8% e gli stranieri per l’8%. Ritorna ancora il problema delle scarse relazioni sociali e del conseguente rischio di isolamen-to. Andando avanti con l’età i ragazzi frequentano di meno gli amici di scuola e iniziano a

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frequentare maggiormente amici al di fuori della scuola, passando dall’ 8,3% di sedicenniche frequentano solo amici di scuola al 5,8% di diciannovenni. Tra coloro che rispondono negativamente, indicando di non frequentare alcun gruppo diamici e di passare il tempo libero solo con la propria famiglia, la percentuale scende pro-gressivamente andando avanti con l’età, passando dall’ 1,6% all’ 1,1%.Al nord i ragazzi frequentano di meno gli amici di scuola rispetto al sud e al centro. Al sud (2,5%) i ragazzi che hanno risposto negativamente, “no sto con la mia famiglia”, so-no il doppio di quelli del centro (1,2%) e del nord (1,3%). E’ interessante notare come gli studenti degli istituti tecnici/professionali frequentino ungruppo di amici non di scuola nel 32% dei casi mentre questa voce scende al 15% per gli stu-denti dei licei.

Ampiezza del gruppo di amiciIl totale dei ragazzi intervistati hanno per la maggior parte gruppi di amici formati da 5-10persone (37,4%) e questa percentuale coincide quasi completamente sia con quella deigiovani italiani (37,5%) sia con quelli di seconda generazione (37%); invece per i giovanistranieri la percentuale di coloro che frequentano un gruppo di amici relativamente ampioscende al 34,7%. Per i maschi è più facile appartenere a gruppi grandi, formati da più di 20 persone (20,9%),mentre per le femmine questo è meno frequente (12,4%). Infine, per una buona percentuale (4%) di ragazzi stranieri è più facile che il gruppo di amicisia formato da una persona sola contro l’1,9% dei ragazzi di seconda generazione e solol’1,3% degli italiani. Questo dato può essere considerato come un segnale di allarme riguardo alla situazione diisolamento di alcuni ragazzi stranieri. Se osservato insieme ai dati analizzati nei successivi paragrafi, nei quali si prende in esamel’eccessiva tendenza alla separazione tra i giovani italiani e quelli di altre culture, peraltronon contrastata in molti casi né dalla famiglia né dalla scuola, ne emerge un quadro signifi-cativo, che deve far riflettere le agenzie educative affinché prevedano programmi ed azioni perpromuovere una cultura di integrazione, prima che tali tendenze producano ambiti di possi-bile marginalizzazione sui quali, con il passare del tempo,sarà più difficile intervenire.

Nazionalità degli amiciE’ molto evidente nelle risposte a questa domanda la differenza di amicizie tra ragazzi italia-ni, di seconda generazione e stranieri. La maggior parte degli italiani hanno amici solo della propria nazionalità (55,4%), e anchetra le seconde generazioni c’è un numero consistente di giovani che hanno solo amici italia-ni (24%). Tra gli stranieri il dato scende al 10%, che è una percentuale comunque alta. E’ in-teressante anche il dato del 15% di stranieri che hanno amici solo stranieri, e delle secondegenerazioni che hanno il 4,9% di amici solo stranieri. Per le femmine è più facile avere un numero maggiore di amici stranieri (4,2%) che per i ma-schi (2,8%). Se osserviamo il dato della distribuzione geografica degli intervistati vediamo infine che al sud

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i ragazzi che hanno solo amici italiani sono di più (60%) rispetto che al nord (49,6%) e alcentro (56,7%). Probabilmente questo ultimo dato si spiega anche con il fatto che nel sud so-no meno presenti numericamente i giovani di seconda generazione e quelli stranieri.

Luoghi di incontroIl luogo dove i ragazzi italiani s’incontrano di più è nelle case (84%), mentre frequentano di me-no le parrocchie (20,1%) e le sale giochi (23,6%). Anche per la maggior parte dei ragazzi di seconda generazione il luogo di maggiore incon-tro sono le case (83,5%), mentre per gli stranieri il luogo in cui più spesso incontrano gliamici è internet (86,8%); il 79,5% li incontra a casa. Le parrocchie sono raramente frequen-tate (20,3%) così anche le sale giochi (24,8%) dove però gli stranieri si incontrano molto di più(41,8%) degli italiani (23,6%). Gli italiani amano maggiormente incontrarsi in strada (74,4%) insieme alle seconde genera-zioni (70,1%) rispetto agli stranieri (60,6%). Le seconde generazioni si incontrano nei centricommerciali (68,3%) più volentieri rispetto agli italiani (51,8%). I maschi incontrano gli amici al centro sportivo (42,3%) e in sala giochi (30,1%) molto piùche le femmine (24,2% e 18,9%). Queste preferiscono incontrarsi con gli amici al centrocommerciale (62,7% rispetto al 44,2% dei maschi) e a scuola (82,7% contro il 74,1% deimaschi). Crescendo ci si incontra sempre meno in parrocchia (a 16 anni il 24,9% mentre a 19 anni il18,4%) cosi come nei parchi: a 16 anni il 74,8% contro il 65,1% a 19 anni). Rilevante è anche il fatto che nei licei ci s’incontri maggiormente a scuola (87,9%) rispetto agliistituti tecnico/professionali (73%). In generale comunque per tutte le voci prese in conside-razione le percentuali degli studenti dei licei superano quelle dei tecnici/professionali diqualche punto, se si esclude la sala giochi luogo di incontro per il 28% degli studenti deitecnici/professionali e per il 19% degli studenti dei licei.Dalla domanda che indaga sui luoghi di aggregazione emerge una diversità di preferenze ri-spetto ai luoghi di incontro, riportando le diverse abitudini dei ragazzi ed indicando i luoghiin cui questi trascorrono maggiormente il tempo libero. Il fatto che quasi il 20% dei ragazzi stranieri non incontra i suoi amici a casa ma neanche instrada, mentre invece preferisce come luogo di ritrovo la sala giochi o internet evidenziauna sofferenza e una mancanza di spazi per la socializzazione. Che la causa di ciò sia da ricercare nella situazione abitativa meno felice dei giovani stranie-ri rispetto agli italiani, o piuttosto sia dovuta alle diverse abitudini non è possibile sapere,però è un dato di fatto che un grande numero di giovani stranieri frequenta i suoi amici su in-ternet preferendo in tal modo la dimensione virtuale alla relazione diretta. Possiamo anche im-maginare che gli amici incontrati su internet siano quelli lasciati nel proprio paese di origine,ma anche questo dato fa riflettere perché potrebbe significare che i rapporti personali diquesti giovani tendano più agli ambiti del passato che a quelli dell’attuale.

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Composizione etnica del gruppo di amici Questa domanda, chiede esplicitamente se il gruppo di amici è composto da ragazzi italia-ni e stranieri insieme. Il dato generale dice che solo il 28% fornisce la risposta “abbastanza”o “molto”, mentre il 72% dei ragazzi risponde in maniera negativa. Queste percentuali sono molto diverse a seconda della nazionalità: gli italiani hanno datouna risposta positiva per il 25%, le seconde generazioni hanno risposto affermativamenteper il 58%, gli stranieri invece hanno risposto positivamente per il 61%. Nei maschi il gruppo di amici è multietnico nel 25% dei casi, mentre per le femmine lo è nel31%. Altre differenze si evidenziano fra il centro Italia con il 30% di amici multietnici contro ilnord (25%) e il sud con il 21%.In questa domanda si nota l’oscillazione maggiore di variazione delle percentuali tra italiani,seconda generazione e stranieri, per i quali le percentuali sono quasi invertite rispetto agliitaliani. Si può ipotizzare che i ragazzi italiani facciano gruppo principalmente tra coetanei dellastessa nazionalità e non dimostrino particolare interesse per l’inclusione di ragazzi stranieri,mentre gli stranieri, probabilmente in quanto minoranza, sono più disponibili ad includereragazzi italiani nei loro gruppi. Ma la risposta dei ragazzi italiani riferisce anche un atteggiamento critico verso il fatto che igruppi non siano eterogenei, come se volessero manifestare un desiderio di maggior socia-lizzazione interculturale, espresso dal 31% dei giovani che rispondono “poco”. Non dob-biamo infatti dimenticare che il questionario riporta la percezione dei ragazzi e non necessa-riamente la realtà, che potrebbe essere desiderata diversa da quella in cui i giovani vivono.

Figura 17 - Luoghi di incontro

Fonte: ISFOL, 2010

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Figura 18 - Il tuo

grupp

o di amici è

com

posto sia da ra

gazzi italia

ni che stranieri?

Fonte: ISFOL, 2010

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Occasioni per conoscere ragazzi di culture diverseI ragazzi intervistati hanno risposto che le occasioni per conoscere ragazzi di culture diver-se sono “poche” o “nessuna” per il 39% contro il 58% che ritiene che siano “abbastanza” o“molte”. Per gli intervistati italiani la percentuale di risposte “no” e “poche” sale al 41%,mentre le risposte “abbastanza” e “molte” scendono al 56%.Per le seconde generazioni e per gli stranieri le risposte “no” e “poche” scendono ulteriormen-te fino al 30% e la percentuale di “molte” e “abbastanza” sale al 68%.

Le percentuali variano a seconda della distribuzione geografica del campione, così che alcentro d’Italia i ragazzi hanno risposto “poche” per il 38% e “molte” per il 60%, al nord Italiail primo gruppo si attesta al 43% e il secondo al 55%; al sud invece la risposta “poche” rap-presenta il 52% e “molte” il 46%. Il dato evidenziato da questa domanda fa pensare che i ragazzi stranieri o di seconda gene-razione siano in qualche modo più stimolati a cercare occasioni di incontro con coetanei diculture diverse, essendo una minoranza. Ma è da notare che ancora una volta nelle aree do-ve la percentuale di ragazzi stranieri è più alta, e dove dovrebbero ragionevolmente aumen-tare le occasioni per conoscere qualcuno di una cultura dissimile dalla propria, è lì che vie-ne detto che le opportunità di incontro sono poche. Si evidenzia perciò una difficoltà maggiore di comunicazione proprio in quelle aree del pae-se dove il numero di giovani stranieri è più alto.

Condividere le stesse problematiche Il totale degli intervistati ha risposto a questa domanda per il 44% “no” e “poco” e per il56% “abbastanza” e “sempre”. Analizzando il dato secondo i tre gruppi di appartenenza, è evidente che gli italiani e le secon-

Figura 19 - Occasioni di incontro

Fonte: ISFOL, 2010

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de generazioni condividono le stesse problematiche, infatti in entrambi i gruppi, il 32% harisposto negativamente, mentre il 68% ha risposto positivamente; fra gli stranieri invece il40% ha risposto “no” e “poco” e il 60% ha risposto “si” e “abbastanza”. Si nota anche una certa differenza fra i ragazzi che hanno risposto alla domanda “no”e “po-co” per il 48%, contro le ragazze che hanno risposto “no” e “poco” per il 38%. Per quel che riguarda il tipo di scuola frequentato, i giovani dei licei hanno risposto di condi-videre le stesse problematiche “abbastanza” e “molto” nel 55% dei casi, mentre la percen-tuale scende per gli studenti dei tecnici e dei professionali al 47%.Questo dato crea un’incertezza nell’interpretazione e una domanda. Perché risulta un nu-mero più alto di risposte positive per i giovani stranieri mentre per gli italiani e le secondegenerazioni le percentuali sono basse? Si tratta anche qui di un desiderio di integrazione e diappartenenza che non rispecchia la realtà? Si tratta di una percezione soggettiva che evi-denzia un desiderio di modificare la situazione, come se la si vedesse già diversa? I giovanistranieri sembrano manifestare una percezione della realtà secondo la quale si sentono intutto simili ai loro coetanei italiani, ma questo non è percepito in modo biunivoco, lasciandointravedere un problema.

Amici multietnici Questa domanda chiede esplicitamente se il gruppo di amici è composto da ragazzi italianie stranieri insieme. Gli italiani hanno risposto “no” per il 43,7%, “poco” per il 31,5%, “abba-stanza” per il 19,6% e “molto” per il 5,1%. Le seconde generazioni hanno risposto “no” per il 17,2%, “poco” per il 24,5%, “abbastan-za” per il 37,2% e “molto” per il 21,1%. Gli stranieri hanno risposto “no” per il 17%, “poco” per il 21,8%, “abbastanza” per il 39,1%e “molto” per il 22,1%. Altre differenze si evidenziano fra il centro Italia con il 30% di intervistati che dichiarano diavere “abbastanza” e “molto” amici multietnici contro il nord (25%) e il sud con il 21%.

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Anche in questa domanda si nota una forte oscillazione delle percentuali tra italiani, secon-da generazione e stranieri, per i quali le percentuali sono quasi invertite rispetto agli italiani.Si può ipotizzare che i ragazzi italiani facciamo gruppo principalmente tra coetanei dellastessa nazionalità e non dimostrino particolare interesse per l’inclusione di ragazzi stranieri,mentre gli stranieri, probabilmente in quanto minoranza, sono più disponibili ad includereragazzi italiani nei loro gruppi.

Figura 20 - Composizione gruppo di amici italiani/stranieri per aree geografiche

Fonte: ISFOL, 2010

Figura 21 - Composizione gruppo di amici italiani/stranieri

Fonte: ISFOL, 2010

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L’importanza della nazionalità nella scelta delle amicizie Per quanto riguarda l’importanza della nazionalità nella scelta delle amicizie, ci sono differen-ze significative tra le risposte dei ragazzi del Nord, Centro e Sud Italia. Se la nazionalità nonè “per niente importante” per il 54,1% dei ragazzi italiani del Centro Italia e per il 62,7% deiragazzi italiani del Sud Italia, la percentuale cala al 34,4% per i ragazzi del Nord Italia. Lepercentuali che parlano della stessa scelta tra gli immigrati di seconda generazione sonopiù omogenee: 67,2% nel Centro, 59% nel Sud e 64,2% nel Nord Italia. La nazionalità dei propri amici è “poco importante” per il 33,6% dei giovani italiani del Cen-tro, per il 29,9% di quelli del Sud e per il 39,6% dei giovani italiani del Nord. Per lo stesso quesito, si ha il 27,7% per i giovani immigrati di seconda generazione del Cen-tro Italia, il 23,1% per quelli del Sud e il 25,9% per i giovani del Nord Italia. Tra i giovani stranieri presi in considerazione, le percentuali di coloro per cui la nazionalitàdegli amici conta poco sono il 26,2% nel Centro, il 12,9% nel Sud e il 34,4% nel Nord Italia. Analizzando le risposte in cui nell’amicizia è “molto importante” la nazionalità, si osservache l’opzione è stata scelta dal 4,4% dei giovani italiani del Centro, dal 2,5% dei giovani delSud e dall’8,1% dei giovani del Nord Italia. Le percentuali sono dell’1,2% per i giovani immi-grati di seconda generazione del Centro Italia, il 10,3% per quelli del Sud ed il 3,7% perquelli del Nord, mentre i giovani stranieri sostengono che nell’amicizia sia molto importantela nazionalità con una percentuale di 3,4% nel Centro Italia, 6,5% nel Sud e 3,8% nel NordItalia.

Figura 22 - Importanza della nazionalità nella scelta delle amicizie

Fonte: ISFOL, 2010

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L’importanza del colore della pelle nell’amiciziaNell’amicizia, il colore della pelle non è “per niente importante“ per il 76,6% dei ragazzi italia-ni del Sud Italia, per il 71,1% dei ragazzi del Centro e per il 47,9% dei ragazzi del Nord. Ana-lizzando la percentuale di immigrati di seconda generazione che hanno scelto questa opzio-ne, si osserva che la maggioranza appartiene ai ragazzi del Sud Italia ( 82,1%), seguiti dai ra-gazzi residenti nelle regioni del Centro Italia (79,8%) ed infine dai ragazzi del Nord (77,8%). Tra i ragazzi stranieri che non danno importanza al colore della pelle nell’amicizia troviamo lamaggior parte nel Sud Italia (93,1%), molti nel Nord (76,2%) e quasi la stessa percentualenelle regioni del Centro Italia (73,8%). Si può notare che nelle regioni del Sud Italia il numerodi ragazzi stranieri aperti alla multietnicità è maggiore che nel resto del Paese.

L’importanza data alla differenza fra i sessi nell’amiciziaNella scelta delle amicizie, l’essere maschio o femmina è considerato “per niente importan-te” dal 60,8% dei ragazzi italiani del Centro Italia, dal 57,3% dei ragazzi italiani del Sud e dal59,6% dei ragazzi italiani del Nord Italia. Percentuali simili si riscontrano per quanto riguarda i ragazzi immigrati di seconda genera-zione: per il 58,2% del Centro Italia, per il 56,4% del Sud Italia e per il 63% del Nord Italia il ses-so maschile o femminile non ha “per niente” importanza nell’amicizia. Percentuale più alta siha invece per i ragazzi stranieri del Centro Italia (64,5%), del Nord (65,2%) e del Sud (78,6%).

Figura 23 - Importanza del colore della pelle nell’amicizia.

Fonte: ISFOL, 2010

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Il sesso nella scelta delle amicizie è invece considerato “molto importante” dal 6,7% dei ra-gazzi italiani del Centro Italia, dal 6,8% dei ragazzi italiani del Sud Italia e dal 6% di quelli delNord. Per quanto riguarda gli immigrati di seconda generazione, il 3,5% dei ragazzi del Centro, il5,1% dei ragazzi del Sud ed il 7,4% di quelli delle regioni del Nord Italia danno importanza al-la differenza fra i sessi nell’amicizia. Percentuale simile si ha per i ragazzi stranieri del Centro Italia (4,5%), del Nord (6,8%) e delSud (3,6%). Vediamo quindi una maggiore propensione dei ragazzi immigrati di secondagenerazione residenti nel Nord Italia a dare importanza alla differenza fra i sessi.

L’importanza data al modo di vestirsi nella scelta degli amiciAbbiamo rilevato che nel Centro Italia il 41,6% dei ragazzi italiani, il 42,9% dei ragazzi immi-grati di seconda generazione e il 41,1% dei ragazzi stranieri considerano il modo di vestirsi“per niente importante” nell’amicizia, mentre ciò avviene per il 45,5% dei ragazzi italiani, peril 42,1% dei ragazzi immigrati di seconda generazione e per il 60,7% dei ragazzi stranieri re-sidenti nel Sud Italia. Nel Nord Italia, il modo di vestirsi conta per 42,5% dei ragazzi italiani, per il 40% dei ragazziimmigrati di seconda generazione e per il 39,5% dei ragazzi stranieri. C’è quindi una omoge-neità fra le percentuali degli italiani, dei giovani stranieri e degli immigrati di seconda gene-razione nelle diverse regioni italiane, eccetto che per un valore maggiore relativo ai ragazzistranieri residenti nel Sud Italia.Percentuali omogenee simili si riscontrano nella risposta “poco importante”, per quanto riguar-da gli italiani, i ragazzi immigrati di seconda generazione e i giovani stranieri del Centro, delSud e del Nord Italia.Le percentuali delle risposte “molto importante” non sono rilevanti.

L’importanza della religione nell’amiciziaLa religione è “per niente importante” nell’amicizia per il 69,7% dei ragazzi italiani, per il77,8% dei ragazzi immigrati di seconda generazione e per il 70,3% dei ragazzi stranieri, tut-ti appartenenti al Centro Italia. Per quanto riguarda il Sud, le percentuali sono il 67,7% per i ragazzi italiani, il 43,6% per i ra-gazzi immigrati di seconda generazione e il 79,3% per i ragazzi stranieri. Nel Nord Italia si hanno il 56% per i ragazzi italiani, il 71,6% per i giovani immigrati di secon-da generazione e il 68,9% per i ragazzi stranieri. I ragazzi immigrati di seconda generazione del Sud Italia sono quindi più tradizionalisti. Il12,8% di loro infatti hanno risposto affermativamente alla domanda che considera la reli-gione “molto importante” nell’amicizia, percentuale abbastanza alta rispetto alle altre nel-l’ambito della stessa domanda.La maggior parte dei giovani italiani che considerano la religione “poco importante” sonoresidenti nel Nord Italia (28,1%). Nel Sud il 24,5% dei ragazzi italiani dà poca importanza al-la religione, mentre nel Centro la percentuale è il 21,1%.

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L’importanza dell’età nell’amiciziaPer quanto riguarda l’età nell’ambito dell’amicizia, i giovani nel loro complesso la considera-no ”per niente importante” per il 29,6%, “poco importante” per il 40,7% e “abbastanza im-portante” per il 24,9% dei residenti nel Centro Italia.Nel Sud Italia il 31,1% dei giovani la considera “per niente importante”, il 44,9% “poco im-portante” ed il 20,1% “abbastanza importante”. Nel Nord Italia il 29,7% dei ragazzi considera l’età “per niente importante” nella scelta delleamicizie, il 42,3% “poco importante” ed il 24,4% “abbastanza importante”.Si osserva che la percentuale di importanza dell’età nell’amicizia oscilla tra il 20 e il 30% deigiovani nel loro complesso. Per concludere la rassegna su questa sezione del questionario si riportano alcune conside-razioni:1. E’ un dato significativo l’importanza che viene data alla nazionalità (14%), alla religione

(10,5%) e al colore della pelle (10%) nelle amicizie dei ragazzi italiani. E’ una percentualetroppo rilevante perché si possa ignorare e non tenerne conto nella programmazione del-le future politiche educative rivolte ai giovani. Se non si aiuteranno i giovani italiani a sco-prire l’interesse per le culture diverse dalla propria e ricercare quindi amicizie tra i coeta-nei stranieri sarà difficile lavorare per l’integrazione di questi ultimi nella società italiana, apartire dall’ambiente scolastico come in ogni altro ambiente di socializzazione.

Figura 24 - Importanza della religione nell’amicizia

Fonte: ISFOL, 2010

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I valori nelle risposte a questa domanda vengono confermati nella domanda dove si eviden-zia che un’alta percentuale di ragazzi italiani non hanno stranieri nel loro gruppo di amici.Anche se si trattasse di giovani inseriti in classi con studenti esclusivamente italiani, che pu-re sono state incluse nella rilevazione, comunque resterebbe valido il dato che questi giova-ni non hanno inserito amici stranieri nel loro gruppo, neanche in un contesto extrascolasticodove riesce difficile immaginare, data la percentuale di popolazione straniera tra i minori,che essi non abbiano contatti con giovani stranieri.

2.5 LE QUESTIONI DI GENERE: APPROFONDIMENTI

Questa sezione del contributo è dedicata al tema del rapporto tra i sessi e della visione deiruoli sessuali all’interno della famiglia e della società. Dalla capacità di comprendere, accet-tare ed armonizzare visioni che possono differire anche di molto, nasce la possibilità di un in-contro più profondo e tollerante tra le persone e si apre la strada ad un processo di integra-zione di culture ed esseri umani.In molte occasioni il confronto tra modelli può dare vita ad incomprensioni o a veri e proprishock culturali, o evidenziare fenomeni come quello della segregazione femminile o dei minori.Le seconde generazioni in questo caso sono un importante punto di osservazione per coglie-re se ci sono delle differenze tra gli atteggiamenti delle diverse componenti della società e pre-disporre interventi funzionali all’integrazione ed alla tolleranza.Questa importanza deriva dal fatto che nel processo di costruzione dell’identità delle perso-ne è possibile favorire il contatto tra culture e rappresentazioni sociali del rapporto tra i ses-si, favorendo allo stesso tempo lo sviluppo di una cultura delle pari opportunità nella socie-tà del futuro.Nel contributo analizzeremo e commenteremo i dati più significativi emersi da una batteria didomande, raggruppate in quattro sezioni.

Il primo raggruppamento di questioni era relativo alla rappresentazione del ruolo della don-na, con una particolare attenzione al suo rapporto con il lavoro.I dati ci dicono che, per quanto riguarda la prima risposta (donna incompleta se lavora) lerappresentazioni si organizzano intorno a due categorie: “abbastanza d’accordo” ed “indif-ferente”, per quanto riguarda tutte e tre le categorie in cui è stato diviso il campione, come sievince dalla tabella.

Tabella 2 - Donna incompleta se lavora

abbastanza d’accordo indifferente

italiani 28,4% 27,4%

2agenerazione 29,1% 28%

stranieri 33,5% 28,1%

Fonte: Isfol 2010

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Proseguendo nella nostra rassegna incontriamo una domanda relativa alla rappresentazio-ne della desiderabilità della donna in base al proprio impiego (lavoratrici più interessanti del-le casalinghe), ovvero se nell’immaginario dei ragazzi una donna può essere più interessan-te o desiderabile se si impegna in un lavoro piuttosto che in una attività domestica, elemen-to che può influire sulle scelte future nel momento in cui, i giovani iniziano a prendere co-scienza ed a formare la propria identità, prendono decisioni estremamente relative per la lo-ro vita. Anche in questo caso possiamo vedere che non vi è una differenziazione marcata trale tre categorie (italiani, seconde generazioni e stranieri). Per quanto riguarda italiani e se-conde generazioni la risposta più scelta è quella: “indifferente” (italiani 26,6%,seconde gene-razioni 29,4%) mentre gli stranieri si attestano principalmente su ”abbastanza d’accordo”(29,2%).

La domanda successiva era finalizzata ad approfondire la rappresentazione della donna la-voratrice sotto il profilo dell’indipendenza (le lavoratrici sono indipendenti). Con questa do-manda incontriamo le prime differenze più marcate nel campione. La maggior parte degliitaliani si dichiara “in disaccordo” (24,9%) la seconda generazione invece è principalmente“abbastanza d’accordo” (26%). Gli stranieri si dichiarano invece per la maggior parte indif-ferenti rispetto all’affermazione (24%).

La domanda seguente richiedeva l’opinione relativamente all’affermazione: “le donne lavo-ratrici sono più sicure di sé”. Anche in questo caso ci troviamo davanti a delle opinioni che pre-sentano una maggiore differenziazione, illustrate nella tabella seguente.

Tabella 3 - Donne che lavorano più sicure

La domanda successiva ci mostra un tema particolarmente sensibile rispetto alla maternitàed al lavoro: le donne non dovrebbero smettere di lavorare per i figli.Come nel caso precedente anche in questo frangente si presentano diversità di opinione trai gruppi. Gli italiani sono caratterizzati da una prevalenza di risposte: “abbastanza d’accor-do” (26,8%) e come seconda scelta: “indifferente” (22,8%). Le seconde generazioni hannouna prevalenza di “indifferente” ed “abbastanza d’accordo” come seconda scelta. Gli stra-nieri si posizionano su “molto d’accordo” ed “indifferente” (rispettivamente 25,2% e 25%).

Per quanto riguarda l’autorevolezza legata al lavoro, la domanda successiva chiedeva ai ra-gazzi se la donna lavoratrice è più accettata e rispettata. Gli italiani si sentono prevalentemen-te “indifferenti” o “in disaccordo” (rispettivamente il 26,1% e 24,5%), le seconde generazio-ni rispondono con una prevalenza di “indifferenza” o “abbastanza d’accordo”, (rispettiva-

abbastanza d’accordo indifferente in disaccordo

italiani 22,7% 24,9% 24,7%

2a generazione 26,6% 26,6% 20,3%

stranieri 27,6% 21,8% 20,8%

Fonte: Isfol 2010

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mente 27,6% e 29,8%). Per quanto riguarda gli stranieri, questi concentrano le loro preferen-ze nello stesso modo delle seconde generazioni, ovvero “indifferente” ed “abbastanzad’accordo” (rispettivamente il 26,3% e 30,2%). La domanda successiva nella batteria di item chiedeva ai ragazzi l’opinione su un temamolto delicato: un uomo non dovrebbe ostacolare la carriera di una donna. In questo caso tut-te le categorie hanno risposto per la maggior parte dei casi con “molto d’accordo”, con al-cune sfumature che si possono osservare nella tabella.

Tabella 4 - L’uomo non ostacola la carriera di una donna

Per quanto riguarda il ruolo dei padri nell’educazione dei figli non ci sono sostanziali differen-ze nel campione, in cui tutte e tre le categorie si dichiarano “completamente d’accordo” perla maggioranza dei casi.

Per quanto riguarda il ruolo maschile nella gestione della casa (un uomo dovrebbe fare me-tà dei lavori domestici) ci troviamo in una situazione abbastanza simile alla tendenza fin quiriscontrata. Tutte le categorie si trovano nel versante dell’accordo della scala, gli stranierisono quelli più in accordo (“molto d’accordo” 30,5%) e le seconde generazioni e gli italiani“abbastanza d’accordo” (rispettivamente 29% e 27,7%)L’ultima domanda della batteria proponeva un controllo. Per verificare che non ci fosse unamodalità di risposta stereotipata è stata invertita la modalità di formulazione della frase (unafamiglia funziona se la donna lavora ed il marito fa il casalingo). Va notato, come sostenutoin altre parti del contributo che questa è una realtà comune in alcuni contesti in cui è stata ladonna ad emigrare per prima e quindi mantiene la famiglia, ma si tratta di una minoranza dicasi.Anche questa categoria vede la massima aggregazione intorno a poche modalità di risposta,in particolare “in disaccordo” e “molto in disaccordo” (italiani rispettivamente il 26,8% per laprima modalità ed il 28,7% per la seconda; gli stranieri con il 25% per la prima ed il 34% perla seconda). Le differenze più marcate si rilevano per le seconde generazioni, con il 26,4% dirisposte “indifferente” ed il 28% di risposte “molto in disaccordo”.

Al termine di questa carrellata sulla prima batteria di risposte possiamo riscontrare che cisono molte similitudini tra le categorie di italiani, seconde generazioni e stranieri. Il dato che ci preme evidenziare è che anche se ci sono importanti differenze all’interno del-le singole risposte, che varrebbe la pena analizzare più a fondo in un altro spazio, nel nostropaese sembra esserci una visione sufficientemente condivisa tra i giovani. Occorre ricordare, tuttavia, che a parte alcuni casi specifici in generale gli stranieri e le secon-

molto d’accordo abbastanza d’accordo

italiani 66,1% 19,7%

2° generazione 60,5% 19,9%

stranieri 53,6% 23,2%

Fonte: Isfol 2010

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de generazioni, pur provenendo da culture con visioni molto diverse della donna e del suo ruo-lo, nel nostro paese si trovano a vivere delle realtà molto diverse da quelle dei paesi di pro-venienza. In Italia una relativa parità dei sessi è spesso un’esigenza dovuta ai diversi stili divita della società nel suo complesso a cui è necessario adattarsi per poter vivere in modopiù sereno. Ricordiamo anche che la pressione sociale che determina alcuni comportamenti, a volte disegregazione o di mancanza di pari opportunità tra i sessi, in Italia si riduce o viene menonella maggior parte dei casi. I rischi maggiori sono legati a situazioni in cui ci troviamo davan-ti a problematiche legate alla poca conoscenza della lingua, ad una condizione di paura oxenofobia reciproca, che favoriscono la chiusura nei propri nuclei culturali o familiari. Ancorpiù rilevante è il fatto che siano i giovani ad avere delle rappresentazioni così simili. Ribadia-mo, simili, non uguali, visto che permangono delle differenze anche importanti, ma sicuramen-te più sfumate rispetto a chi ha vissuto l’esperienza della migrazione e lo shock del cambia-mento culturale.Se da un lato la presenza degli immigrati può mettere in difficoltà le strutture educative è ve-ro però che l’esperienza scolastica mette a diretto contatto le nuove generazioni. Questa ri-cerca apre uno scenario, sicuramente ancora da approfondire, che ci mostra come la vicinan-za dei giovani e il loro incontro siano degli strumenti molto potenti per l’integrazione e peraffrontare problemi, annosi, di differenze nelle pari opportunità di genere.

La seconda batteria di domande approfondisce ulteriormente l’argomento delle pari oppor-tunità, oltre ad affondare sui reciproci diritti e sulle modalità di gestione del rapporto tra uo-mo e donna. Per quanto riguarda la prima domanda: “è soprattutto un uomo che dovrebbe mantenere lafamiglia?” le risposte si concentrano maggiormente nella categoria “abbastanza d’accor-do” (italiani 31% seconde generazioni 35,3%, stranieri 34,7%); le code si differenziano congli italiani più indifferenti (23,2%) e le seconde generazioni, insieme agli stranieri sul versan-te del “molto d’accordo” (rispettivamente 22,6% e 27,6%).La domanda successiva, “per una donna è importante essere attraente” vede le risposteconcentrate nella modalità di risposta: “abbastanza d’accordo”, con rispettivamente gli ita-liani al 37,8%, le seconde generazioni al 37,7% e gli stranieri al 35,4%.La domanda successiva chiedeva ai ragazzi l’opinione circa l’affermazione: “una donna sa fa-re le stesse cose di un uomo”. La maggioranza delle risposte, per tutte e tre le categorie, siè concentrata nella modalità: “abbastanza d’accordo” (italiani 27,8%, seconde generazioni34,4%, stranieri 32,7%).

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Tabella 5 - Donne e uomini sanno fare le stesse cose

La domanda successiva affronta un tema relativo alla percezione del modo in cui sarebbegiusto distribuire il potere all’interno della coppia: “è giusto che in casa sia l’uomo a coman-dare”. La maggioranza delle modalità di risposta, si concentra sul versante del disaccordo,anche se la distribuzione evidenzia delle sfumature più marcate tra le diverse categorie.La distribuzione delle risposte alla domanda: “sarebbe giusto che anche l’uomo aiutasse incasa” aumenta ancora di più la modalità vista fino ad ora. Le risposte si concentrano conpercentuali molto alte solamente su due categorie di risposta: “molto d’accordo” e “d’ac-cordo”, come da tabella.

Tabella 6 - Donne e uomini sanno fare le stesse cose

Da notare come con una formulazione più sfumata della domanda della precedente batteria:“un uomo dovrebbe fare la metà dei lavori in casa” abbiamo una concentrazione di consen-si ancora più marcata nelle categorie dell’accordo.Rispetto alle prospettive di realizzazione la domanda proposta era: “per l’uomo, più che perle donne, è importante avere successo nel lavoro?”. Le risposte fornite dai ragazzi si sono con-centrate su “indifferente” (29,1%) ed “abbastanza d’accordo” (25,7%) per gli italiani, “suabbastanza d’accordo” (30,3%) ed “indifferente” (29,2%) per le seconde generazioni, e pergli stranieri su “indifferente” (30,1%) e quasi a pari merito su “abbastanza d’accordo”(26,3%) e “molto d’accordo” (26,6%).Di grande interesse, l’ultima domanda di questa batteria, relativamente al tema delle pariopportunità: “la presenza delle donne in politica è ancora insufficiente”. La maggioranzadelle risposte si è concentrata sulla modalità: indifferente (italiani 33,7%, seconde generazio-ni 36,4%, stranieri 40,7%), le code residue delle distribuzione si sono poi organizzate versola parte sinistra, ovvero quella che esprime accordo con l’affermazione.

Osservando la distribuzione di questi dati si può proporre una riflessione. Le differenze nelcampione sono abbastanza sfumate, rispetto ad una eventuale aspettativa di radicalità divisione. Questa poca diversità può essere dovuta al fatto che nel nostro paese per gli immi-

indifferente in disaccordo molto in disaccordo

italiani 19,5% 20,8% 36,2%

2a generazione 20,6% 22,3% 32,7%

stranieri 23,4% 20,1% 29,4%

Fonte: Isfol 2010

molto d’accordo abbastanza d’accordo

italiani 38,9% 36,3%

2a generazione 40,4% 34,7%

stranieri 44,2% 32,9%

Fonte: Isfol 2010

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grati è spesso necessario variare le modalità di comportamento sulla base di esigenze mol-to concrete, oppure al peso della desiderabilità sociale di alcune risposte, vista l’attenzionedella società civile in merito al tema delle pari opportunità. Se da un lato ci si può dire con-fortati dalle risposte è anche vero che appare come sempre più importante un lavoro di ap-profondimento sui comportamenti reali del campione di giovani, oltre che sulle opinioniespresse.

La successiva batteria di domande entrava più nello specifico dei comportamenti legati allasessualità ed al rapporto tra i generi. Tratteremo insieme le prime due questioni della batteria, cercando di metterle a confronto. Ledomande chiedevano: “è preferibile sposare un ragazzo o una ragazza vergine?” La que-stione si presenta delicata in quanto va a toccare profonde convinzioni religiose, personali edifferenze culturali. Da una prima visione di insieme possiamo osservare che ad entrambe le domande la mag-gior parte dei giovani ha risposto ”indifferente” (sposare donna vergine: italiani 37,7%, secon-de generazioni 36,2%, stranieri 41,8%; sposare uomo vergine: italiani 39,3%, seconde ge-nerazioni 39,1%, stranieri 45,3% ). Per quanto riguarda la divisione più specifica, alla domanda è preferibile sposare una donnavergine le code della distribuzione degli italiani e delle seconde generazioni si sono sposta-te verso il versante del “disaccordo” (rispettivamente 31,5% e 29,2%), mentre come per al-tre occasioni gli stranieri si sono suddivisi equamente tra il “disaccordo” ed il “molto d’accor-do” (entrambi 21,1% ). Questo fenomeno già osservato in precedenti domande è probabil-mente dovuto alla poca omogeneità della categoria stranieri, che al suo interno raggruppa per-sone provenienti da culture estremamente diverse. Un dato significativo è che nella domanda in cui si chiede ai ragazzi: è preferibile sposare unuomo vergine la quasi totalità degli intervistati, come abbiamo detto, è “indifferente”, e lecode si distribuiscono in modo più omogeneo specialmente sul versante del “disaccordo” (ita-liani 35,1%, seconde generazioni 32,2%, stranieri 24,8%).

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La domanda successiva chiedeva l’importanza della verginità per il matrimonio: “per avererapporti sessuali bisogna aspettare il matrimonio”. La distribuzione delle risposte vede per tut-te e tre le categorie la prevalenza di “indifferente” (italiani 50%, seconde generazioni 39,9%,stranieri 33,2%). La distribuzione complessiva è di interesse, in quanto come seconda scel-ta la maggior parte degli italiani indica il “molto in disaccordo” (21,9%), le seconde genera-zioni come seconda scelta indicano “indifferente” (24,7%) con una distribuzione più o menoequivalente per le altre categorie di risposta, mentre gli stranieri indicano nella secondascelta “indifferente” (29,6%) e si distribuiscono per la maggior parte del residuo verso“d’accordo” ed il “molto d’accordo”.La stessa tipologia di distribuzione delle preferenze è stata osservata per la domanda succes-siva della batteria: “l’infedeltà sessuale è più grave per una donna”. Anche in questo caso lamaggioranza delle risposte si concentra su di una singola categoria, quella del “disaccor-do” (italiani 40,8%, seconde generazioni 43,5%, stranieri 37,5%) con gli italiani che comeseconda scelta indicano il “molto in disaccordo” (24,4%) ed una distribuzione che tende a sce-mare verso “indifferenza” o “d’accordo” per gli stranieri e le seconde generazioni.Una maggiore attenzione viene richiamata dalla domanda successiva: “una donna devecompiacere sessualmente il marito anche se non ne ha voglia?”. Se la maggioranza di ri-

Figura 25 - Importanza verginità del partner

Fonte: ISFOL, 2010

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sposte si concentra sul “disaccordo” (italiani 44,2%, seconde generazioni 42,8%, 44,4%)desta però molta perplessità la forte scelta della categoria di risposta “indifferente” (italiani18,5%, seconde generazioni 24,7%, stranieri 22,%). Qualche cosa di più della perplessità na-sce davanti al fatto che le modalità di risposta relative a“molto d’accordo” e “abbastanzad’accordo” con l’affermazione abbiano raggiunto tutte almeno un 7%.

Tabella 7 - Compiacimento della donna verso il marito

Di altrettanta delicatezza il tema della domanda successiva: “se una donna subisce violen-za è perché se l’è cercata”. Le risposte si organizzano principalmente intorno alla categoria“in disaccordo” (italiani 49,3%, seconde generazioni 50,2%, stranieri 48,9%). La secondascelta di tutte e tre le categorie è il completamente “in disaccordo” (italiani 30,5%, secondegenerazioni 18,4%, stranieri 20,1%). Qualche perplessità in ogni caso destano le percentuali delle categorie di “indifferente” e di“accordo”, che comunque raccolgono consensi forse troppo elevati.

Le due domande successive pongono l’occasione di altre riflessioni: “se un ragazzo (o unaragazza) hanno molti partner non devono essere considerati negativamente”. In entrambi i ca-si le distribuzioni si organizzano principalmente intorno alle modalità di risposta “in disac-cordo” ed “indifferente”, come da tabella.

Tabella 8 - Considerazione di ragazzi e ragazze con molti partner

Questa distribuzione ci fa propendere per l’ipotesi che ci siano ancora delle differenze nellavalutazione del numero di partner sessuali tra un uomo ed una donna, per quanto questadifferenza sembra andare sfumandosi.L’ultima questione di questa batteria riguardava la visione del rapporto sessuale e della rela-

molto d’accordo abbastanza d’accordo indifferente in disaccordo molto in

disaccordo

italiani 8,3% 8,6% 18,5% 44,2% 20,3%

2a generazione 8,9% 8,5% 24,7% 42,8% 15,1%

stranieri 7,6% 10,5% 22,0% 44,4% 15,5%

indifferente in disaccordo

ragazza

italiani 25,8% 39,1%

2a generazione 31,9% 38,5%

stranieri 30,9% 30,2%

ragazzo

italiani 28,2% 33,2%

2a generazione 34% 31,7%

stranieri 30,7% 26,9%

Fonte: Isfol 2010

Fonte: Isfol 2010

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zione: “non c’è sesso senza amore”. Di interesse la distribuzione dei dati che si organizza prevalentemente intorno a due modali-tà di risposta, a prescindere dalla categoria dei rispondenti, segno che più che le differenzeetniche o culturali prevalgono gli assunti sulla visione delle relazioni.

Tabella 9 - Rapporto tra amore e rapporto sessuale

Questa batteria di item ci mostra una maggiore differenziazione tra le diverse categorie, chein alcune occasioni fanno emergere dei dati che possono dare il via ad una maggiore atten-zione. Se su temi più “semplici” dal punto di vista della riflessione c’è un sostanziale accor-do sulle modalità di vivere la relazione e la sessualità, ci sembra di poter dire che c’è bisognodi una maggiore attenzione ed un investimento in termini di sensibilità ed informazione, nonlimitato alle categorie etniche, ma rivolto a tutto il campione dei ragazzi, in modo da limitarela possibilità di incorrere in successive problematiche nel corso dello sviluppo e della cre-scita.

L’ultima batteria di risposte prevedeva una modalità di risposta sì, no, non so ad una serie diaffermazioni concentrate sull’accettazione di un partner differente dal rispondente per una se-rie di variabili. In questo caso, quindi, oltre all’opinione da esprimere occorreva anche indica-re la propensione ad agire, anche solo in modo immaginario.La prima affermazione da commentare era: “accetteresti come partner una persona molto di-versa dalla tua famiglia?” A questa domanda la maggioranza dei ragazzi ha risposto sì, sen-za distinzione di categoria.La seconda affermazione chiedeva ai ragazzi: “accetteresti come partner persona con at-teggiamenti diversi per religione?” Come è possibile vedere dalla tabella la maggior partedei ragazzi ha risposto sì anche se con molte più sfumature che nel caso precedente.

Tabella 10 - Partner con atteggiamenti diversi per religione

La domanda successiva chiedeva ai ragazzi se avrebbero accettato come partner una per-sona con idee politiche diverse: la maggioranza quasi assoluta ha risposto sì. Stessa chiarez-

molto d’accordo in disaccordo

italiani 27,9% 24,5%

2a generazione 35% 23,7%

stranieri 25,9% 24,8%

si no non so

italiani 53,1% 18,7% 28,1%

2a generazione 43,7% 25,8% 30,5%

stranieri 40,2% 24,3% 35,4%

Fonte: Isfol 2010

Fonte: Isfol 2010

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za di idee per quanto riguarda l’istruzione, in cui si chiedeva ai ragazzi se avrebbero accet-tato come partner una persona più istruita.Perplessità maggiori si presentano per la domanda successiva della batteria, in cui è statochiesto ai ragazzi se avrebbero accettato come partner una persona con una mentalità diver-sa dalla propria.

Tabella 11 - Partner con mentalità diversa dalla propria

Di interesse le differenze riscontrate nella domanda successiva: accetteresti come partner unapersona con una grande differenza di età?

Tabella 12 - Partner con grande differenza di età

Come si può vedere dalla tabella solo gli stranieri hanno risposto con una lieve preferenza sì,mentre gli altri sono rimasti su di una posizione più sfumata.Di grande interesse ai fini della nostra indagine la risposta alla domanda successiva: “ac-cetteresti come partner una persona di nazionalità diversa dalla tua?”È significativo come in questo caso la categoria no è quella che raccoglie indistintamente ilminor numero di consensi, che si orientano invece per la maggioranza sul versante del sì,probabile segnale che la convivenza di persone della stessa età, negli stessi contesti puòessere uno strumento per avvicinare le persone oltre l’etnia o la cultura. Questa tendenza è confermata dalla domanda successiva che, se pure con maggiori sfu-mature, presenta la stessa distribuzione. Alla domanda: “accetteresti come partner unapersona con il colore della pelle diverso dal tuo”, i ragazzi hanno indicato per la maggioran-za il sì, con una seconda scelta orientata sul non so.

si no non so

italiani 47,4% 19,7% 32,9%

2a generazione 45,5% 21,5% 33,1%

stranieri 46,9% 24,4% 28,7%

si no non so

italiani 31% 30,2% 38,8%

2a generazione 28,5% 32,1% 39,5%

stranieri 32,1% 38,4% 29,5%

Fonte: Isfol 2010

Fonte: Isfol 2010

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Tabella 13 - Partner con colore diverso della pelle

La penultima domanda della batteria ha inserito un tema di forte rilevanza nell’accettazionedella differenza, ovvero la possibilità di accettare come partner una persona con disabilità.

Tabella 14 - Partner con disabilità

Come è possibile vedere dalla tabella, questo tema è ancora un tabù per la maggior parte del-le persone, il che lascia intendere che la segregazione delle persone con disabilità, ancorpiù se straniere, è un tema ancora molto delicato.L’ultima questione era relativa all’influenza della famiglia nella scelta del partner. La maggiorparte degli intervistati ha risposto no, se pur con una sfumatura di dubbio per quanto riguar-da il non so.

Tabella 15 - Influenza della famiglia nella scelta del partner

Dall’analisi di quest’ultima batteria di item sembra emergere una sostanziale apertura versoil diverso da parte dei ragazzi, effetto probabilmente legato alla possibilità di convivere quo-tidianamente nella diversità all’interno delle istituzioni scolastiche.

Per quanto questi risultati possano sembrare incoraggianti è però necessario potenziareancora gli sforzi di armonizzazione delle culture all’interno delle istituzioni scolastiche e neigruppi di pari, come evidenziano altre sezioni dell’indagine, in modo da contribuire a co-struire una società sempre più multiculturale e paritaria.

si no non so

italiani 49,1% 22,9% 28%

2a generazione 61% 15,9% 23,1%

stranieri 54,1% 22,8% 23,1%

si no non so

italiani 10,5% 46,4% 43,1%

2a generazione 12,9% 47,1% 40%

stranieri 11,5% 45,7% 42,8%

si no non so

italiani 5,1% 71,8% 23,1%

2a generazione 8,8% 65,7% 25,5%

stranieri 9,9% 66,6% 23,5%

Fonte: Isfol 2010

Fonte: Isfol 2010

Fonte: Isfol 2010

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2.6 SINTESI DEI RISULTATI E RIFLESSIONI

In apertura si sottolinea che il tratto saliente dell’indagine è sicuramente caratterizzato dalvalore del target e dall’ampiezza e rappresentatività del campione; il tema trattato, infatti, èdi notevole rilevanza e la novità assoluta risiede nell’indagine sulla fascia d’età tra i 13 e i 21anni.La ricerca mette in luce aspetti finora poco indagati se non ampiamente trascurati; da ciòconsegue un ampio interesse nella lettura dei dati, che offrono una fotografia d’insieme del-l’universo giovanile rispetto alla multietnicità e all’integrazione culturale. Tuttavia, esami-nando in modo attento quanto emerge dalle diverse sezioni del questionario, è già evidentela necessità di ulteriori analisi e studi di settore. Di seguito saranno tracciati alcuni spunti di riflessione, che possano indirizzare l’opera diaddetti ai lavori, delle istituzioni, della scuola, della cultura, ma anche della sociologia, al fi-ne di offrire alcune direttrici, verificate sul campo, da seguire nella pianificazione di interven-ti, progetti e provvedimenti normativi.La maturità dei giovani interpellati si è manifestata nella consapevolezza espressa in meritoall’esistenza di molti pregiudizi verso il fenomeno dell’immigrazione in generale.Il loro interesse nei dibattiti successivi alla somministrazione dei questionari, ha consentito disviluppare un processo di analisi degli stereotipi diffusi e di porli a confronto con la realtàdei loro pari, determinando la consapevolezza negli operatori del fatto che, almeno nell’etàadolescenziale, la rigidità e la chiusura mentale in materia di immigrazione non sono ancorafattori determinanti.Questo dato è certamente da interpretare in modo positivo soprattutto se viene considera-to il fatto che tale interesse dei ragazzi è indipendente dalle dinamiche relazionali e sociali, poi-ché non è minimante supportato né dalla famiglia né dalla scuola, le quali, a detta degli stu-denti, non intervengono nel favorire la conoscenza di persone di altre culture.Questo atteggiamento rientra in un quadro più generalizzato di indifferenza nei riguardi diun’attenta analisi dei processi di integrazione tra italiani, immigrati di seconda generazione estranieri verso i quali, sarebbe necessario impostare un’azione educativa costante e struttu-rata che influenzi la qualità della convivenza futura. In questo modo i rischi di segmentazione della società sulla base dell’appartenenza etnica, laformazione di sacche durature di emarginazione e la generazione di tensioni sociali già osser-vate nei drammatici accadimenti di altri paesi occidentali, sarebbero sicuramente inferiori.Si può affermare, quindi, anche da quanto si deduce dall’indagine, che il sostegno alle fami-glie, sia italiane sia ricongiunte nel nostro paese, assume un ruolo davvero rilevante propriocome impulso all’integrazione ed allo scambio culturale.Relativamente alla scuola l’alleanza educativa con la famiglia, soprattutto in tema di inte-grazione appare fondamentale. Seguendo quanto emerso dall’analisi della normativa nazio-nale, dalle buone prassi seguite negli enti locali e dalla realtà sociale fotografata da questoapprofondimento, la scuola è la prima istituzione con la quale lo straniero e l’immigratocostruiscono i primi rapporti. Per questo motivo risulta essere indispensabile il coinvolgimen-to dell’istituzione scolastica nella realizzazione di programmi e progetti di sistema, cheabbiano il fine e l’obiettivo di promuovere il dialogo e la conoscenza tra culture.

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La pedagogista Graziella Favaro afferma che “tre sembrano essere le parole chiave e le at-tenzioni pedagogiche da promuovere per far sì che l’inserimento dei bambini e dei ragazzi ve-nuti da lontano rappresenti il primo passo per l’integrazione e lo scambio interculturale:l ’accoglienza (tanto del singolo alunno quanto della famiglia immigrata), lo sviluppo linguisti-co e l’approccio interculturale. Emerge dall’indagine a questo riguardo che, pur se gli insegnanti dimostrano sensibilità allatematica, tuttavia non vengono prese iniziative per mettere in comunicazione i diversi gruppi.D’altra parte, l’educazione interculturale è un processo, un cammino aperto, complesso e po-livalente che chiama in causa una molteplicità di fattori e di dimensioni: la persona e il grupposociale, la cultura e la religione, la lingua e l’alimentazione, i pregiudizi e le attese, l’organizza-zione scolastica e i libri di testo, la preparazione del personale docente e tanto altro.È relativamente recente (2007), il documento dell’Osservatorio per l’integrazione degli alun-ni stranieri, istituito presso il Ministero dell’Istruzione. Nel documento, tra l’altro, si parla del-la formazione degli insegnanti all’intercultura: “Per quanto riguarda in specifico la formazio-ne iniziale, va promossa la presenza di insegnamenti di Pedagogia interculturale nelle Fa-coltà Universitarie, in particolare nei corsi di Scienze della Formazione Primaria e nelleScuole di Specializzazione per l’insegnamento. In tali Corsi è opportuno individuare conte-nuti tematici comuni da integrare nelle discipline impartite ai futuri insegnanti, per incremen-tare la conoscenza delle problematiche culturali, antropologiche, pedagogiche, psicologi-che e sociali relative all’intercultura.”Considerata l’importanza della formazione degli insegnanti che necessitano dell’acquisi-zione di strumenti e metodologi idonee all’acquisizione di una prospettiva interculturalenella didattica, sarebbe interessante approfondire la ricerca in questo ambito, verificando inmaniera sistematica la tipologia di risposte in campo, la loro efficacia, la capacità di ripro-duzione delle stesse in altre realtà dove gli interventi sul fenomeno sono ancora in faseembrionale. Sarebbe importante inoltre che accanto ad un arricchimento degli strumenti metodologici edidattici, la scuola, adeguatamente sostenuta, fosse partecipe della programmazione dipolitiche sociali ed educative poste in essere da enti ed istituzioni al fine di prevenire i rischiderivanti da una situazione transculturale non monitorata: accoglienza e collaborazione conle famiglie per agire sulla realtà giovanile italiana, straniera e di seconda generazione. La condivisione e la diffusione dei risultati ottenuti attraverso la realizzazione di progetti pi-lota in alcuni ambiti e/o territori sarebbe fondamentale per individuare le linee efficaci da se-guire nel processo di “sistematizzazione” del reciproco riconoscimento scuola-famiglia;l’obiettivo rimane quello di ricostruire l’alleanza, ridurre le distanze e dare maggiore consisten-za a queste due importanti realtà educative cui i ragazzi riconoscono un ruolo fondamenta-le per la costruzione della propria identità. Un secondo aspetto significativo che si evince dall’analisi dei risultati dell’indagine è il trattodi solitudine che caratterizza la condizione di una forte percentuale degli intervistati.Si conferma, infatti, il dato che vede il 30% del campione dichiarare di non far parte di alcungruppo strutturato, né politico o sociale, né sportivo, né religioso: un dato preoccupanteche va tenuto in considerazione soprattutto se messo in relazione alla necessità di aggrega-zione sociale che questi giovani esprimono.

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D’altra parte, tale criticità che si desume anche da altre indagini condotte sui giovani, va con-nessa al più ampio problema delle difficoltà relazionali che sempre più si stanno evidenziandonell’universo giovanile e dalle quali, evidentemente, non sono esenti i giovani immigrati. Per quanto riguarda la percezione di appartenenza alla comunità nazionale italiana, sia daparte dei giovani italiani che di quelli stranieri o di seconda generazione, la ricerca ha messoin luce un legame di tale percezione, non tanto alla reale situazione giuridica del minorequanto alla sua adesione esistenziale. Infatti l’incongruità di alcuni dati, risultata dal conteggio numerico di coloro che avevano ri-sposto alla domanda sulla nazionalità dei genitori confrontato con quanti non avevano ri-sposto alle domande riservate agli stranieri, ci permette di ritenere valida questa considera-zione, tra l’altro confermata da altre indagini sul campo.Spesso un giovane italiano ritiene italiano un suo compagno di nazionalità straniera perchéquesto è nato in Italia e vi ha sempre vissuto, così come anche il giovane straniero si consi-dera italiano proprio perchè è nato e vive in questo paese. Questo dato ci riporta inevitabilmente alla più ampia questione della “cittadinanza” e spingea considerare la necessità di approfondire il dibattito sulla modifica della legislazione attua-le, individuando strumenti e metodi che non disperdano quanto di positivo è emerso in que-sti dati.Alcuni stati europei hanno introdotto o rafforzato l’elemento dello ius soli, che prevede l’ac-quisizione della cittadinanza per nascita in un determinato territorio. In Italia, invece, vige ilprincipio dello ius sanguinis, ovvero l’acquisto della cittadinanza per discendenza o filiazio-ne, cosicché il figlio di stranieri nato in Italia non è italiano, ma solo la residenza legale edininterrotta fino al raggiungimento della maggiore età determineranno il suo diritto a fare ri-chiesta di diventare cittadino del nostro paese.

Una riflessione sulla necessità di un confronto scevro dalle ideologie e dai preconcetti, risul-ta fondamentale proprio in conseguenza delle analisi delle risposte emerse da parte dei gio-vani di seconda generazione. Queste, infatti, per lo più coincidono con quelle rilasciate da-gli italiani, dimostrando una similitudine di idee, concetti e di modi di pensare di queste duecategorie. Con sorpresa si è appreso che proprio i giovani immigrati di seconda generazione non so-no a conoscenza del proprio status giuridico, considerandosi, a tutti gli effetti, cittadini ita-liani23. Vivono, quindi, una contraddizione: quella di non essere riconosciuti per ciò che sono e sisentono, poichè la nazionalità giuridica non corrisponde con quella percepita. È una situazione delicata che porta i giovani della cosiddetta “G2” a vivere con fatica il pro-cesso di integrazione sociale e di formazione della propria identità. Questa fatica viene bendescritta da Santerini: “L’adolescente immigrato svolge un continuo lavoro di armonizzazio-ne tra i modi di comprendere e di interpretare la realtà tipici del suo Paese di origine conquelli del Paese di accoglienza. Questo lavoro di decostruzione / costruzione, adattamento,

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23 Vedi la definizione di “seconda generazione” del Consiglio d’Europa nel capitolo 1, pag. 15.

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interpretazione, richiede una continua riduzione delle divergenze e delle dissonanze incontra-te lungo il percorso”24.

Se, come dice Maalouf ”l’identità non si suddivide in compartimenti stagni, non si ripartiscené in metà, né in terzi. Non ho parecchie identità, ne ho una sola, fatta di tutti gli elementiche l’hanno plasmata, secondo un dosaggio particolare che non è mai lo stesso da una per-sona all’altra, l’identità non è data una volta per tutte, si costruisce e si trasforma durantetutta l’esistenza”25, una certezza, sia pure soltanto giuridica, rafforzerebbe la costruzionedella nuova identità.

In conclusione, come abbiamo potuto evidenziare, da questa indagine sono emerse diverseproblematicità, spunti di riflessione, molteplici suggerimenti su come agire per prevenire i ri-schi e le criticità che tratteggiano una realtà in divenire e mutevole.E’ pur vero che l’immigrazione in Italia è un fenomeno relativamente recente, che ha comincia-to a raggiungere dimensioni significative all’incirca nei primi anni settanta, per poi diventare unfenomeno caratterizzante della demografia italiana soltanto nei primi anni del XXI secolo26.Un fenomeno, quindi, fino a qualche decennio fa pressoché inesistente, ad eccezione di epi-sodi specifici come l’esodo istriano ed il rientro degli italiani dalle ex-colonie dell’Africa.La mancanza assoluta di esperienza in tema di immigrazione (si ricorda che gli Italiani sonostati soprattutto emigranti) ha significato un notevole sforzo di adattamento per le istituzionidi fronte ad un fenomeno che per forza di cose ha monopolizzato sia l’attenzione dell’opinio-ne pubblica che le decisioni politiche. Sotto quest’ultimo aspetto si è creata, in primo luogo,la necessità di una regolamentazione dei flussi migratori. e successivamente di sensibilizza-re istituzioni locali, scuola, famiglia, strutture informali a potenziare quella rete sociale chepermettesse l’avvio di una politica di integrazione.Dalla parte dei giovani stranieri assistiamo alla crescita esponenziale di una generazioneimmigrata involontaria, intesa nel senso di una scelta migratoria indipendente dalla loro vo-lontà, che si sviluppa congiuntamente alla problematicità di cui è espressione e che spessosi rende più concretamente percepibile attraverso manifestazioni quali: il ritardo scolastico,il disagio individuale e familiare, il maggior rischio di devianza sociale. La scuola, i servizi sociali, la giustizia sono solo alcune tra le istituzioni che quotidianamen-te si cimentano con i nuovi problemi che la crescita di una società sempre più multicultura-le comporta, ma spesso si osserva un’inadeguatezza nell’affrontare le situazioni.Di fronte ad una condizione di reale sofferenza, i giovani sono spesso lasciati troppo soli a ge-stire i loro conflitti interiori e relazionali; il mondo degli adulti è lontano e poche sono le figu-re positive di riferimento, come poche sono le condizioni favorevoli ed i punti di forza su cuifare leva per costruire il naturale rimodellamento identitario.

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24 M. Santerini, ibidem, pag. 28.25 A. Maalouf, L’identità, Bompiani, Milano, 2002, pagg. 8, 29.26 Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes - Elaboraizone dati del Ministero dell’Interno: Al 10 gennaio 2009

l’Italia era il quarto paese europeo per numero assoluto di stranieri residenti, dopo Germania (7,2 milioni), Spagna (5,7milioni) e Regno Unito (4 milioni). In termini percentuali, tuttavia, si collocava undicesima.

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Il fatto di poter contare su un ambiente stabile, accogliente, stimolante e ricettivo è, sicura-mente, il presupposto indispensabile per preparare i nostri giovani, immigrati e non, ad affron-tare le normali difficoltà che possono insorgere nella vita. Il superamento dei traumi che ogni cambiamento e ogni “momento di passaggio” inevitabil-mente comportano, diventa l’obiettivo fondamentale su cui l’intera società ha il compito di la-vorare. Anche se, alla luce dei risultati segnalati dall’indagine, non sono emersi particolari pericoli didiscriminazione, dal punto di vista ambientale, il principale ostacolo alla realizzazione di unacondizione di “benessere” va ravvisata nel rischio di discriminazione a cui il minore immi-grato, o straniero è esposto. Si sottolinea, del resto, come la discriminazione, frapponendo-si all’instaurarsi di un ambiente stimolante e ricettivo, rischia di procrastinare, fino a render-la permanente, quella condizione di precarietà, che è già di per sé tipica dei minori immigra-ti e perpetua il ripresentarsi di quei traumi cosiddetti “accumulativi” conseguenti all’evento mi-gratorio, per più generazioni e, in alcuni casi, indefinitamente.In una società, come la nostra, dove i conflitti che si percepiscono in modo non poi così nasco-sto in tante affermazioni dei giovani intervistati, c’è il rischio che tali conflitti possano erompe-re o cristallizzarsi in atteggiamenti indifferenti o palesemente ostili alla società ospitante. La scelta sta a noi: affrontare subito questi nodi, trovare ulteriori soluzioni ed attuare politichenuove per raggiungere concretamente la piena integrazione, o lasciare che le posizioni si ir-rigidiscano e le situazioni problematiche esplodano. Crediamo che valga la pena agire anche per l’equilibrio e la coesione sociale del nostro paese,soprattutto se è vero, come dice Ambrosini che: “I migranti raramente tornano indietro, nono-stante recessioni e resistenze sociali …. A maggior ragione, i loro figli sono destinati a diventa-re una componente legittima della società ricevente, a dispetto delle resistenze nei confronti delriconoscimento del loro diritto di cittadinanza. Quanto prima ci adegueremo a questo nuovoscenario, tanto più saremo capaci di prevenire conflitti e chiusure reciproche”27.

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27 M. Ambrosini, Libertà Civili, FrancoAngeli editori.

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3.1 LA RICERCA E I SUOI OBIETTIVI

Una recente inchiesta condotta dalla Fondazione Agnelli intitolata “I figli dell’immigrazione nel-la scuola italiana”28 ci dimostra che su 590mila bambini iscritti alla prima elementare ben65mila sono stranieri, di cui 45.700 nati nel nostro paese.Questa è la situazione dei bambini stranieri iscritti alla prima elementare, ma qual è la situa-zione dei giovani stranieri adolescenti che vivono il processo di crescita e di apprendimentoa cavallo di due mondi e due culture: quello della famiglia e della società di arrivo?Solo nell’anno scolastico 2009-2010 gli iscritti alla Scuola Secondaria di secondo gradoerano 143.000. Basta leggere le proiezioni che riguardano il nostro paese per capire che fra10 anni gli extracomunitari potrebbero rappresentare il 12% della popolazione residente e, sel’aumento percentuale dovesse restare costante, le nascite di bambini stranieri potrebbero ad-dirittura superare quelle di bambini italiani29.Queste coordinate numeriche indicano la significatività della presenza delle seconde gene-razioni immigrate in Italia, cioè figli di stranieri nati nel nostro paese o qui giunti in tenera età.Il dato sopra descritto ci obbliga a riflettere e ad approfondire la conoscenza sulla condizio-ne e l’esperienza degli adolescenti stranieri e in modo particolare quella relativa alla secon-da generazione immigrata che presenta problematiche e potenzialità del tutto specifiche.Occuparsi di seconde generazioni è tanto necessario quanto impegnativo sia da un punto divista sociale, culturale, politico nonché educativo. Parliamo infatti di giovani che non fannoparte pienamente alla cultura della società dove nascono ma che vivono la fase adolescen-ziale nella identica maniera dei loro pari italiani.M. Ambrosini nel saggio “Il futuro in mezzo a noi. Le seconde generazioni scaturite dall’im-migrazione nella società italiana dei prossimi anni”, scrive che: «la qualità della convivenza,la segmentazione [o meno] della società su basi di appartenenza etnica, il rischio di forma-zione di sacche di emarginazione e di manifesta devianza, la possibilità di arricchimento deldinamismo economico e culturale, sono in ampia misura legati alle condizioni di vita cheverranno offerte alle seconde generazioni e alle opportunità di promozione sociale che in-contreranno».L’attuale imponente crescita di nati di seconda generazione richiede uno sforzo conoscitivo,volto a cogliere le caratteristiche e l’evoluzione del fenomeno, e sollecita, allo stesso tempo,

Capitolo 3

IL DISEGNO DI RICERCA

28 I figli dell’immigrazione nella scuola italiana” – 2010.29 Fonte ISTAT 2009.

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la rilevazione di tutti quegli elementi utili a migliorare la qualità e l’efficacia delle polis, deiservizi e degli interventi.Fino ad oggi queste nuove forme di migrazione, anche nella lettura accademica e politica,sono state interpretate o sulla base del “modello d’insediamento” secondo cui gli immi-grati si integrano gradualmente nelle relazioni economiche e sociali del paese di approdo,riuniscono le loro famiglie o ne formano di nuove e si assimilano alla società ospitante, op-pure sulla base del “modello d’immigrazione temporanea”, secondo cui i lavoratori mi-granti rimangono nella società di approdo solo per un periodo limitato, mantenendo così ilegami con la nazione di provenienza e facendovi ritorno quando il loro obiettivo economi-co è raggiunto.

Queste ed altre riflessioni hanno spinto il Dipartimento della Gioventù – Presidenza Consigliodei Ministri – ad affidare allo IAS – Istituto per gli Affari Sociali, ora ISFOL – Istituto per lo Svi-luppo della Formazione professionale dei Lavoratori – il compito di svolgere un’indagine trai giovani iscritti alle classi secondarie superiori per indagare gli aspetti che caratterizzanol’identità culturale delle seconde generazioni e il grado di riuscita dell’integrazione di tali ge-nerazioni all’interno della società italiana.In Italia, il fenomeno della seconda generazione è ancora in fieri, ma come avviene in ogni con-testo migratorio, anche in Italia queste seconde generazioni si differenziano dalle prime nel-l’approccio alla cultura di appartenenza. Si riscontra infatti che, mentre i genitori tendono areplicare le ritualità ed i luoghi di culto, i giovani tendono a vivere la loro “doppia identità” inmaniera pressoché personale, trasformando la diversità in ricchezza.Sta proprio in questo elemento il motivo propulsore che ha determinato l’elaborazione delprogetto di ricerca “Identità, Immigrazione, Cittadinanza” che pone come protagonista asso-luta la seconda generazione migrante, nella convinzione che la duplice identità culturaleche le appartiene debba essere considerata una risorsa di grande valore piuttosto che unasituazione problematica.La ricerca ha puntato l’attenzione sugli aspetti socio-culturali che caratterizzano le secondegenerazioni, giovani adolescenti stranieri inseriti nel sistema scolastico italiano, al fine di re-stituire al lettore una accurata fotografia, se pur complessa, della loro situazione.La ricerca ha realizzato un’indagine conoscitiva sui luoghi, le dinamiche e le problematichelegate alla formazione dell’identità (scuola, famiglia, gruppo dei pari) dei giovani. Una particolare attenzione è stata dedicata alla scuola, in quanto luogo di socializzazioneformale e informale dove i giovani, immigrati e non, elaborano non solo i percorsi scolasticima anche i modelli di socialità. E’ stato valutato come si compongono i processi di integra-zione a partire del gruppo dei pari e ancora come e se questi processi si differenziano secon-do il genere. Non a caso la costruzione dell’identità di genere può comportare negoziazionied anche conflitti complessi e duraturi.Valorizzare l’identità e le potenziali capacità di mediazione culturale di cui i giovani stranieripossono essere portatori è la motivazione principale della presente proposta d’indagine.La letteratura sociologica recente sembra più che mai interessata a rileggere i percorsi di in-serimento dei giovani figli di immigrati all’interno di un contesto articolato di integrazionesegmentata (Portes, Rumbaut, Zhou) o di transnazionalismo (Vertovec, Levitt, Waters) in cui

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il modello familiare e le sue possibili trasformazioni diventano elementi centrali e determi-nanti per il successo o l’insuccesso. In questo contesto, le seconde generazioni, lontano dall’essere la semplice estensione del-le loro “terre natie” e delle loro “radici” tradizionali, negoziano e definiscono identità colletti-ve che sono dissociate dalla cittadinanza etnica e culturale. Prendono i loro simboli identifi-cati sia dal flusso culturale globale, sia dagli elementi distintivi delle nazioni di provenienza edi arrivo (Hall 1996, Soysal 2000).Attraverso l’indagine condotta si intende contribuire a migliorare le conoscenze su come igiovani elaborano e rielaborano il progetto e l’esperienza dei genitori; come reagisco alleaperture e alle chiusure che lo Stato Italiano, la Scuola e la Comunità locale riservano loro; co-me congiungono e miscelano le proprie identità con le differenze e particolarità del modelloitaliano: le scelte formative, i progetti personali e professionali, le amicizie e stili di vita; comerielaborano i progetti genitoriali, le forme di inclusione proposte; come avanzano progetti dipartecipazione e richieste di riconoscimento delle differenze.Inoltre, la ricerca è volta anche ad indagare come gli stessi adolescenti stranieri e non vivo-no lo status di cittadinanza e nazionalità in senso lato, poiché i ragazzi stranieri emigrantirappresentano un elemento della fase di stabilizzazione dei cicli migratori che sta diventan-do, come più volte affermato, parte integrante della società moderna. I due concetti, se purassolutamente diversi tra loro, sono vissuti dagli intervistati come sinonimi. Molti intervista-ti, non solo stranieri, ignoravano la loro cittadinanza e altri rispondevano con semplicità disar-mante: sono italiano.

Uno degli obiettivi principali della ricerca qui proposta nasce dall’idea che i processi di inclu-sione dei figli di migranti, sono un punto di osservazione particolarmente utile per cogliere letrasformazioni che stanno avvenendo nei processi migratori nella nostra situazione italiana.In questa nuova fase, la differenza tende a divenire una risorsa che favorisce percorsi di rea-lizzazione e successo personale, trasformando le richieste di partecipazione alla vita socia-le e alle possibilità che essa consente, da domande di inclusione piena e su base egualitariaa richieste di accessibilità, che consentano di partecipare senza discriminazioni ma senzarinunciare a distinzioni e pluralità delle appartenenze.Il lavoro sulla differenza è un lavoro educativo per eccellenza: basta pensare a una educazio-ne civica che promuova uno spirito di accoglienza e di tolleranza nei confronti delle mino-ranze per immaginare le ricadute che questo comportamento può avere nell’instaurare unclima di giustizia socio economica. Aiutare i decisori politici a proporre misure e destinare risorse che aiutino la crescita del dia-logo interculturale. Infatti il muro delle ideologie politiche influenza la percezione che granparte di noi ha delle realtà multiculturali che oggi attraversano la nostra società. L’integrazione della seconda generazione in Italia, i figli nati nel nostro paese o ivi giunti in te-nera età, appare una tra le sfide più importanti per il futuro della società attuale.Il luogo dove superare il muro di queste ideologie è proprio la scuola, dove si incontrano ra-gazzi di provenienza diversissima, anche per quanto riguarda gli stessi ragazzi italiani.Uno degli obiettivi dello studio e quello di avere un quadro su cosa i giovani pensano della lo-ro condizione interculturale, ovvero migliorare le conoscenze sui meccanismi di integrazione

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di persone provenienti da famiglie con culture diverse, che vivono, studiano e lavorano incontesti sempre più pluralistici.Infatti l’immigrazione non è più un fatto marginale nelle nostre realtà e, soprattutto nellescuole, la presenza di ragazzi immigrati o figli di immigrati diventa sempre più consistente.

La ricerca è stata quindi finalizzata alla realizzazione di un’indagine conoscitiva su i luoghi, ledinamiche e le problematiche legate alla formazione dell’identità (scuola, famiglia, gruppodei pari) dei giovani immigrati.La ricerca si è mossa a due diversi livelli: • da un lato cercando di capire il significato dato dai giovani al concetto di integrazione, rispet-

to alle esperienze vissute dai ragazzi immigrati e di seconda generazione che frequentanole scuole italiane; in tale ambito si è cercato di individuare ed evidenziare gli aspetti corre-lati sia in senso positivo che negativo alla realizzazione di una effettiva integrazione traculture diverse;

• dall’altro lato, livello dell’’indagine che chiamiamo educavativo-formativo, cercando di su-scitare nei destinatari delle interviste il bisogno di un dialogo interculturale che aiuti a svi-luppare appartenenze con i mondi ospitanti e rispetto delle identità religiose, razziali.

3.2 STRATEGIA E FINALITÀ

Come avviene in ogni contesto migratorio, anche in Italia le prime generazioni si differenzia-no dalla seconde nell’approccio alla cultura di appartenenza. Mentre i genitori tendono a re-plicare le ritualità ed i luoghi di culto, i giovani tendono a vivere la loro doppia identità in ma-niera più personale, sviluppando una certa autonomia sia rispetto alle famiglie che alla socie-tà che li accoglie. Frequentando quotidianamente coetanei italiani, sottoposti ad una molte-plicità di proposte etiche, gli immigrati di seconda generazione sviluppano un’identità, secosì volgiamo definirla, “doppia” senza sperimentare, d’altra parte, particolari conflitti, trasfor-mando, quindi, la diversità in ricchezza. Il motivo propulsore che ha determinato l’elaborazione di un progetto che pone come prota-gonista la seconda generazione migrante è, infatti, la convinzione che la duplice identitàculturale che le appartiene debba essere considerata una risorsa di grande valore piuttostoche situazione problematica. La risoluzione della questione, infatti, non è la scelta di uno deidue modelli culturali e nemmeno la non appartenenza a nessuno, ma la costruzione diun’identità forte attorno al ruolo che da sempre i ragazzi di seconda generazione svolgono al-l’interno della famiglia, della scuola e della comunità: il ruolo di mediatori culturali. Valorizza-re l’identità e le potenziali capacità di mediazione culturale di cui i giovani stranieri possonoessere portatori è la motivazione principale della presente proposta progettuale che, attraver-so la sua realizzazione, intende promuovere il sentimento di partecipazione attiva tra i giova-ni di origine straniera e creare momenti di aggregazione e condivisione di esperienze comu-ni tra giovani italiani e stranieri. La proposta progettuale è, pertanto, finalizzata alla realizzazione di un’indagine conoscitivasui luoghi, le dinamiche e le problematiche legate alla formazione dell’identità (scuola, fami-

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glia, gruppo dei pari) dei giovani immigrati e di un’esperienza pilota che favorisca l’integra-zione/interazione degli adolescenti stranieri e italiani attraverso una loro maggiore partecipa-zione attiva e responsabile alla vita civile della comunità.Il questionario realizzato, è partito dall’idea che l’integrazione, sorvolando sulla ambiguitàdel termine, sia il frutto della gestione del fenomeno delle “differenze”: sociale, culturale,razziale, geografica, ecc... Il questionario intende quindi esaminare i modelli di percezione della differenza da parte deigiovani (relazione con le famiglie, con i loro coetanei,con i loro insegnanti...), e di gestionedella differenza da parte della scuola, degli insegnanti, delle associazioni, delle prefetture.

3.3 METODOLOGIA ED ARTICOLAZIONE DEL PROGETTO

La ricerca, particolarmente utile per cogliere le trasformazioni contemporanee dei processi mi-gratori, si è avvalsa di metodologie sia quantitative che qualitative e di una serie di strumen-ti metodologici diversificati – questionari semi-strutturati, focus group, osservazione etno-grafica, interviste guidate e momenti di socializzazione.Il progetto “Immigrazione, identità, cittadinanza”, si è articolato secondo la metodologiapropria della ricerca-azione ed è stato condotto in scuole di secondo grado di 6 regioni ita-liane del Nord, Centro e Sud Italia. Nell’ambito dello studio è stata condotta un’indagine conoscitiva sui luoghi, le dinamiche e leproblematiche legate alla formazione dell’identità (scuola, famiglia, gruppo dei pari) dei giova-ni immigrati e dei loro pari italiani. L’indagine conoscitiva, realizzata attraverso la somministra-zione assistita nelle scuole di un questionario semistrutturato, ha rappresentato il momentocentrale dell’intervento che ha coinvolto direttamente i ragazzi e i rispettivi insegnanti.La ricerca si è avvalsa del contributo e dell’attiva collaborazione di tre associazioni che ope-rano nel campo: l’Associazione Azzazello, l’Associazione Comunitate e la Comunità di San-t’Egidio. L’apporto fornito alla ricerca da queste Associazioni ha permesso di valorizzare ul-teriormente il bagaglio di informazioni ed esperienze provenienti direttamente dalla base,così da conseguire risultanze significative e valide da un punto di vista sia scientifico cheoperativo e, non ultimo, effettuando la composizione del quadro nelle sue diverse sfaccetta-ture attraverso una lettura multidisciplinare.Nel predisporre la metodologia per l’indagine è stato necessario considerare attentamente al-cuni elementi:1. la complessità del fenomeno e la relativa novità all’interno del dibattito scientifico, in par-

ticolare nel nostro paese;2. la rilevanza e la delicatezza dei temi trattati, in particolare per i soggetti che si sarebbero

prestati alla ricerca;3. l’articolazione dei contenuti attesi.

La ricerca, iniziata nel giugno 2009, ha avuto una durata di due anni e si è articolata in 4 fasidistribuite nel modo seguente:

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Fase I (durata 5 mesi)

La prima fase è stata dedicata all’analisi della letteratura più recente sui temi di interesseper il progetto ed è stata finalizzata a mettere a punto il disegno della ricerca.Nello stesso periodo sin è proceduto:– Costruzione del questionario e delle ipotesi sottostanti;– Mappatura della presenza dei giovani figli di immigrati di età tra 15 e i 18 anni presenti nel-

le Regioni oggetto d’indagine ed inseriti nelle scuole secondarie superiori (istituti tecnici, pro-fessionali, licei);

– Costruzione del network dei contatti presso le scuole superiori dove è stato somministra-to il questionario;

– Definizione della traccia di intervista da somministrare a testimoni privilegiati;– Pre-test questionario ad un gruppo di controllo costituito da studenti stranieri ed italiani

iscritti all’ultimo anno delle scuole secondarie inferiori;Incontri tra ricercatori, associazioni e committente al fine di affinare il quadro teorico di rife-rimento e di ri-elaborare e declinare in termini operativi le ipotesi di indagine.

Fase II (durata 8 mesi)

– Somministrazione del questionario e costruzione di indicatori, matrice dati e di variabili disintesi;

– Costruzione della traccia di conduzione dei focus group;– Partecipazione a due giornate di studio per un prima messa in comune dei dati raccolti;– Ideazione ed implementazione sito internet del progetto, inteso come strumento in grado

di fornire informazione immediate e utili sia agli immigrati residenti in Italia (permessi disoggiorno, informazione sanitaria, diritto allo studio, lingua e cultura italiana, etc.) che agliautoctoni circa le usanze culturali e religiose degli stranieri. Uno strumento, quindi, di infor-mazione, orientamento e riflessione sul mondo dell’immigrazione, ma anche di conoscen-za ed investigazione tra soggetti appartenenti a culture diverse.;

Fase III (durata 6 mesi)

– Analisi dei risultati - parte consistente di questa fase è stata dedicata all’analisi e all’inter-pretazione del materiale raccolto;

– Organizzazione e conduzione di 2 focus group. I focus diretti alle Associazione e agli ope-ratori è volto ad approfondire le tematiche cruciali emerse nel corso dell’indagine;

– Organizzazione di una giornata seminariale (pubblica e aperta ad altri studiosi) di confron-to sui dati raccolti;

Fase IV (durata 5 mesi)

– Stesura del report conclusivo;– Impostazione di una monografia a partire dai risultati della ricerca;

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– Pubblicazione della ricerca;– Organizzazione convegno conclusivo.

3.4 GLI STRUMENTI UTILIZZATI

Nella conduzione della ricerca abbiamo adottato un approccio alla lettura dei problemi di ti-po istituzionale (documenti ufficiali, disposizione di legge, carte internazionali,...) tesa a co-noscere gli strumenti di Governance adottati nel nostro Paese e nelle Regioni oggetto distudio per gestire la diversità culturale, e un approccio alla lettura del pluralismo culturalerappresentato dalle esperienze concrete realizzate nelle scuole che sono state oggetto diindagine.La prima analisi si è valsa di fonti documentarie, atti ufficiali, regolamenti, studi, mentre laseconda è stata effettuata con questionari, incontri, testimonianze, focus group, raccolta dibuone prassi.E’ stata realizzata inizialmente un’analisi di contesto sui luoghi in cui operano le scuole og-getto della ricerca. Questa prima fase ci ha aiutati a mettere in evidenza le dinamiche legateall’integrazione dei giovani sia immigrati che italiani e ha permesso una prima analisi di infor-mazioni qualitative sugli atteggiamenti culturali e scolastici (indici di integrazione).L’indagine è stata effettuata in nove diverse Regioni del paese, scelte tenendo conto princi-palmente delle differenti situazioni e della presenza sia di studenti di seconda generazione in-seriti nel percorso formativo che delle associazioni che lavoro sul territorio.L’indagine è stata effettuata presso le scuole secondarie di secondo grado distribuite nelle no-ve aree di indagine scelte.Le Regioni dove è stata svolta l’indagine sono: Piemonte, Lombardia, Friuli, Liguria, Tosca-na, Umbria, Lazio, Campania, Sicilia.Per l’identificazione delle scuole da invitare a partecipare allo studio è stato inizialmente ef-fettuato un campionamento suddiviso per grandezza degli istituti, percentuale di stranieriiscritti, tipologia di insegnamento. Il numero degli istituti scolastici coinvolti è stato ancheinfluenzato dalla disponibilità di operatori sul campo in grado di condurre la ricerca-azione conla presentazione e raccolta assistita del questionario utilizzato per la rilevazione e di con-durre i dibattiti suscitati nelle classi dai temi affrontati con il questionario.Allo stato dei fatti, anche se le percentuali di adesione degli istituti scolastici è notevolmen-te difforme tra le varie Regioni coinvolte nello studio, il numero dei ragazzi intervistati e par-tecipanti al progetto è stato estremamente numeroso in quasi tutte le Aree geografiche.Un scelta metodologica adottata dal gruppo di ricerca è stata quella di proporre la parteci-pazione a tutti i ragazzi presenti nelle aule scolastiche degli Istituti scolastici coinvolti. Que-sto per non creare situazioni di discriminazione tra i giovani proprio nel momento in cui siandava a proporre e presentare una ricerca sull’integrazione tra culture. L’adesione allo stu-dio è risultata estremamente alta, e questo fatto è stato determinato dal fatto che hannopresentato la ricerca nelle classi, operatori specificatamente formati che sono riusciti a stimo-lare l’interesse e la risposta positiva da parte dei giovani. I rifiuti a compilare il questionario so-no stati veramente pochissimi ed in pratica l’adesione è stata pressoché totale. Nell’insiemedei questionari raccolti soltanto 137 sono risultati consegnati in bianco o non utilizzabili.

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Con il questionario semi strutturato (riportato in allegato) si è cercato di rendere visibile, agliocchi dei giovani intervistati le diverse componenti della loro identità conducendoli a riflette-re, con l’ausilio degli operatori e con il momento di socializzazione e dibattito, sulle diversecategorie chiamate in gioco dalla identità stessa: la filiazione,l’appartenenza, l’affiliazione el’adesione. Le domande riguardanti l’Io ed il Se di ciascuno, come ha chiaramente illustrato A. Lowen,hanno indagato quattro aspetti differenti: l’identità umana, quella sessuata, l’identità di “ge-nere” e quella fisica.Alcune domande sono state “illustrate” agli intervistati onde evitare fraintendimenti e di-sguidi lessicali, come ad esempio la parte sulla nazionalità e la parte l’identità di filiazione: so-no figlio di …, che si inscrive nel mondo delle relazioni con gli altri nel quadro della vita pri-vata (ascendenti, collaterali, pari).

In sintesi, gli strumenti utilizzati per l’analisi di contesto sono stati: 1. l’osservazione etnografica; 2. la rilevazione delle caratteristiche delle scuole, attraverso un breve questionario destina-

to ai dirigenti scolastici;3. l’analisi dei comportamenti degli allievi desunti dalla compilazione di un questionario

qualitativo, che tocca i temi sopra citati, e dall’esito di interviste con gruppi di controllo(amministratori locali, docenti…);

4. seminari per il confronto dei dati raccolti.

Mentre gli strumenti utilizzati per la raccolta dei dati sono stati:1. il questionario;2. l’intervista semi-strutturata;3. i Focus Group30.

30 Il focus group nasce come tecnica utilizzata nella ricerca sociale per poter arrivare a comprendere gli atteggiamenti,i comportamenti e i significati degli attori riguardo un certo tema d’analisi (il focus): compito del ricercatore è favo-rire la discussione e dirigerla verso i temi ritenuti più interessanti per l’oggetto di studio. Attraverso questa tecnicabasata molto sulla libertà di espressione dei membri del gruppo può accadere spesso che emergano aspetti del temadibattuto prima non considerati dallo studioso. La scelta di tale strumento necessita di una premessa. Allo stato at-tuale, mentre sono stati fatti importanti passi avanti nell’individuare le condizioni che possono promuovere od osta-colare l’esito positivo di interventi di integrazione, non esistono ancora criteri condivisi in base ai quali valutarel’esito finale dei processi di integrazione. Perché ciò si concretizzi, è necessario disporre di strumenti di valutazioneappositamente costruiti che, oltre a valutare l’esito finale dell’intervento, consentano agli operatori di individuare ipredittori più efficaci del successo di una piena integrazione. La mancanza di criteri oggettivi fa sì che i vari opera-tori impegnati nel settore (psicologi, assistenti sociali, insegnanti, educatori.) valutino l’esito delle singole espe-rienze sulla base di criteri soggettivi e, spesso, occasionali; inoltre, la mancanza di un linguaggio comune rende ar-duo il confronto fra gli operatori e difficile l’individuazione di strategie condivise di intervento. I focus group realiz-zati ci hanno permesso di abbozzare un primo passo in questa direzione, sentendo la voce dei diversi attori sociali cheintervengono nei processi di integrazione, così da raccogliere spunti di riflessione sugli esiti dell’indagine e sulleproposte di interventi futuri.

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Il dato di partenza per le nostre analisi è stato il comportamento verbale dei soggetti in situa-zione di intervista. Al fine di ottenere la più elevata corrispondenza tra le variabili osservate edi costrutti teorici di riferimento, l’intervista e i questionari sono stati realizzati “sul campo”, ascuola, con l’ausilio delle associazioni coinvolte nel progetto di ricerca. Infatti, il processo dianalisi si è avvalso di incontri con i giovani nelle scuole, presentazione del progetto, sommi-nistrazione del questionario, momenti di confronto con gli studenti stranieri e non, si è con-figurato esso stesso come una pratica efficace di comunicazione interculturale, resa ancor piùvera dal confronto e dall’ascolto degli studenti.L’osservazione si è concentrata prevalentemente su alcuni aspetti soggettivi e sulle con-dizioni contestuali degli stessi adolescenti, quali la situazione familiare e la rete di relazionein cui sono inseriti. Si è cercato così di capire come questi elementi influiscano sulla quoti-dianità (amicizie, tempo libero, stili di consumo), sulle aspettative e sulle assimilazioni conil gruppo dei pari.

Il questionario semi-strutturato ha inteso esaminare i modelli di percezione della differenza da par-te dei giovani (relazione con le famiglie, con i loro coetani,con i loro insegnanti…), e di gestionedella differenza da parte della scuola, degli insegnanti, delle associazioni, delle prefetture.Gli item (le domande) del questionario rivolti ai ragazzi hanno avuto come fine quello di inda-gare non una astratta idea di identità, bensì di capire come i valori della nostra scuola,uguali opportunità, accesso e fruibilità del bene comune, istruzione da parte di tutti senzadifferenza di genere e di razza, siano vissuti dai giovani immigrati e non, soggetti destinataridell’indagine.Il questionario strutturato su N°45 item relativi a 14 dimensioni d’indagine ha avuto comemacro obiettivi quelli di:• valutare la percezione del grado in integrazione scolastica e sociale degli studenti• analizzare le problematiche vissute dallo studente in relazione ai processi di integrazione,

in ambito scolastico e familiare.

Relativamente alla sezione del questionario dedicata ai soli studenti stranieri e delle secon-de generazioni, questa comprende 4 item relativi a tre dimensioni d’indagine:• percezione del rapporto degli italiani con gli stranieri;• atteggiamenti e preferenze tra il paese d’origine e quello ospitante;• consuetudini linguistiche.

Mentre le dimensioni, comuni a tutti i ragazzi, prese in considerazione sono state :1. Caratteristiche dell’intervistato e del nucleo familiare;2. Rapporto con la scuola; 3. Apertura culturale e sociale; 4. Atteggiamenti nei confronti dei processi di integrazione; 5. Comportamenti di socializzazione;6. La percezione delle differenze;7. L’appartenenza nazionale;8. Il rapporto con l’ambiente;

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9. I valori di riferimento;10. Lingua preferita;11. Aspettative, timori, speranze;12. Il senso della cittadinanza;13. Relazione tra i sessi e pari opportunità;14. Rappresentazione delle relazioni tra i sessi e delle pari opportunità.

3.5 IL CAMPIONE

I ragazzi che hanno partecipato allo studio con la compilazione del questionario sono stati9.573, provenienti da 49 Istituti scolastici secondari di secondo grado di 9 differenti regioniitaliane.La tipologia delle scuole per circa un terzo era di indirizzo umanistico/scientifico (32,5%) e peril restante due terzi con indirizzo tecnico/professionale (67,5%).Le regioni coinvolte nello studio sono state: Piemonte, Lombardia, Friuli, Liguria, Toscana, Um-bria, Lazio, Campania e Sicilia.Gli studenti intervistati avevano un età compresa tra i 14 ed i 23 anni.Il livello di adesione allo studio è risultato estremamente alto: dopo la presentazione dellostudio e degli obiettivi della ricerca da parte degli operatori tutti i ragazzi presenti in classe ri-cevevano il questionario. I questionari consegnati in bianco o compilati in modo insufficien-te sono risultati in totale 139, pari al 1,4% dell’intero campione esaminato.

A livello di analisi il campione è stato suddiviso in:• studenti italiani,• studenti di seconde generazioni,• studenti stranieri.

Per definire la seconda generazione, nell’ambito della presente indagine, abbiamo adottatola definizione sociologica che considera sotto tale categoria sia tutti coloro che sono natinel paese di accoglienza da ambedue i genitori stranieri, che coloro i quali, nati all’estero dagenitori stranieri, sono arrivati nel paese di accoglienza in giovane età e in ogni caso entro ilperiodo preadolescenziale. Sulla base di alcune delle variabili rilevate con il questionario quali: 1) nazione di nascita, 2) cit-tadinanza dei genitori; 3) da quanto tempo in Italia, sono stati considerati nelle tre categorie:• studenti italiani: ragazzi nati in Italia da genitori italiani (sia uno solo che ambedue) e ra-

gazzi nati all’estero da genitori italiani e residenti da più di 10 anni in Italia;• studenti di seconde generazioni: studenti nati in Italia da genitori ambedue stranieri, ra-

gazzi con genitori stranieri arrivati in Italia da più di 10 anni;• studenti stranieri: ragazzi nati all’estero da genitori ambedue stranieri e arrivati in Italia da

meno di 10 anni.

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I ragazzi nati all’estero da genitori ambedue italiani probabilmente rappresentano i ragazzistranieri adottati. Suddividendo questi ultimi per cittadinanza dichiarata e per tempo di resi-denza in Italia, maggiore o inferiore a 10 anni, si identificano due gruppi ben distinti: ragazziche dichiarano cittadinanza italiana e sono da più di 10 anni nel nostro Paese e ragazzi conmeno di 10 anni di permanenza in Italia che si dichiarano cittadini stranieri. Per semplicità di analisi abbiamo considerato i primi tra quelli di seconda generazione e i re-stanti tra gli stranieri. I ragazzi italiani nello studio sono stati 8.741, quelli di 2a generazione 386 e quelli stranieri446.

Come precedentemente argomentato lo studio ha coinvolto tutti i giovani studenti presentinelle classi delle scuole partecipanti sia italiani che stranieri. La percentuale di ragazzi italia-ni è risultata predominante nel campione e tale aspetto rende ancora più stabili, dal punto divista della possibile variabilità statistica, i risultati ottenuti. Anche nel confronto tra ragazziitaliani, stranieri e di 2a generazione, poter disporre di un campione di confronto estrema-mente consistente, permette una più recisa valutazione delle possibili differenze osservate.La scelta operativa è stata, pertanto, quella di mantenere e valutare l’intero campione rileva-to, anche se in presenza di una percentuale di ragazzi italiani preponderante. Nella tabella 16viene riportato il numero di studenti incluso nello studio per le diverse regioni partecipanti ela percentuale di ragazzi italiani, 2a generazione e stranieri per ciascuna regione.

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Tabella 16 - Composizione del campione per regione e origine dei ragazzi

Nella figura 26 è riportata la distribuzione percentuale di ragazzi stranieri e di 2a generazionenelle diverse regioni in cui l’indagine è stata condotta. Dalla figura emerge che la percentua-le di stranieri nelle scuole superiori di secondo grado delle diverse regioni è estremamente va-riabile raggiungendo in regioni quali il Friuli, Liguria Toscana Umbria valori percentuali supe-riori al 15% che raggiungono nel Friuli il 25% degli studenti totali.

italiani 2a Gen stranieri Totale %

Piemonte 94,3% 2,8% 2,9% 785 8,2

Lombardia 90,5% 3,1% 6,4% 1.042 10,9

Friuli 75,2% 9,5% 15,3% 262 2,7

Liguria 79,7% 5,8% 14,5% 69 0,7

Toscana 81,8% 7,8% 10,4% 192 2,0

Umbria 82,1% 6,4% 11,5% 637 6,7

Lazio 93,1% 3,7% 3,2% 5.610 58,6

Campania 96,6% 1,4% 1,9% 208 2,2

Sicilia 91,7% 4,7% 3,6% 768 8,0

Nord 2.158 22,5

Centro 6.439 67,3

Sud 976 10,2

Totale 91,3% 4,0% 4,7% 9.573 100,0

Figura 26 - Distribuzione della presenza di ragazzi stranieri e di 2a generazione nelle diverse regioni.

Fonte: ISFOL, 2010

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Per quanto riguarda la composizione in base al sesso il campione è distribuito come esem-plificato nella figura 27.

La distribuzione dell’età del campione è riportata nella figura 27. Tale distribuzione evidenziacome, soprattutto a carico dei ragazzi stranieri, sia evidente la presenza, in corsi di studiche normalmente si dovrebbero concludere a 18-19 anni, di una buona quota di ragazzi di ol-tre 20 anni. Tale fenomeno è indice della difficoltà, soprattutto a carico dei ragazzi stranieri,di mantenersi in corso con gli studi e come in questa situazione esista un gradiente tra i ra-gazzi italiani, di seconda generazione e stranieri.

Figura 27 - Distribuzione per sesso

Fonte: ISFOL, 2010

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3.6 INNOVAZIONE E CRITICITÀ

Uno dei tratti di valore di questa ricerca è l’ampiezza del campione, che è stato selezionatosu diverse regioni d’Italia, pur con una predominanza di quelle del centro nord, nelle quali lapercentuale di cittadini stranieri è più alta. Un altro tratto è quello della novità dell’impostazione e del tema affrontato, in quanto po-chissime indagini si rivolgono a giovani nella fascia di età tra i 13 e 21 anni, mentre è stata ana-lizzata in più occasioni la fascia degli adolescenti riguardo alle dinamiche relazionali, ancheverso studenti di nazionalità diverse. Non è secondario il dato che l’età dei giovani ai quali so-no stati somministrati i questionari sia più alta di quella di coloro che sono oggetto dellamaggior parte delle ricerche. Si è cercato di raggiungere giovani più maturi e coloro che so-no in Italia da almeno due o tre anni, perché meglio potessero esprimere la consapevolezzadella loro specifica situazione.Ancora da sottolineare è l’aspetto della trasversalità: l’indagine è stata rivolta a tutti i giova-ni iscritti in determinate classi e non solo gli stranieri, che pure sono stati oggetto di un focusparticolare, per indagare sul livello di integrazione di questi ultimi nella vita scolastica e nel-la vita sociale.Sottolineiamo, inoltre, che uno degli aspetti della presente ricerca è che questa non è con-frontabile con altro materiale analogo, in quanto il questionario è stato sì preparato ispiran-dosi ad altre indagini sul tema, ma se ne è discostato nella formulazione della maggior par-te delle domande e in buona parte dell’interpretazione fattuale.

Figura 28 - Distribuzione per età

Fonte: ISFOL, 2010

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Un aspetto critico si è riscontrato nella mancanza di disponibilità di molti istituti scolastici apartecipare all’indagine, ciò non ha permesso di effettuare l’indagine laddove questa erastata programmata a seguito degli studi sul territorio. Si è conseguentemente registrato il sovradimensionamento di alcune regioni, quali adesempio il Lazio; mentre in altre regioni, dove pure il numero di studenti stranieri nelle scuo-le è tutt’altro che trascurabile, non è stato possibile somministrare un numero adeguato di que-stionari.

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Al termine di questo lavoro che ha affrontato tematiche di grande attualità riguardanti l’inte-grazione dei giovani immigrati, vengono spontanee alcune riflessioni inerenti la necessità diindividuare linee di intervento su cui programmare azioni efficaci per il futuro.La premessa che ha dato avvio al progetto evidenzia che anche in Italia le prime generazio-ni si differenziano dalla seconde nell’approccio alla cultura di appartenenza, come avviene inogni contesto migratorio. Mentre i genitori, infatti, tendono a replicare ritualità, tradizioni e comportamenti acquisitinel paese di origine, i giovani, invece si trovano a vivere la loro doppia identità, ricercando unpercorso autonomo nei confronti sia della propria famiglia che della società che li accoglie.Frequentando quotidianamente coetanei italiani, sottoposti ad una molteplicità di proposteetiche, gli immigrati di seconda generazione sviluppano un’identità composita trasformandola diversità in ricchezza.Il motivo propulsore che ha determinato l’elaborazione di un progetto che pone al centro laseconda generazione migrante è appunto la convinzione che la duplice identità culturaleche la caratterizza debba essere considerata una risorsa di grande valore piuttosto che unaproblematicità.L’obiettivo di questo studio è stato, quindi, quello di definire in modo approfondito il vissutodei giovani immigrati di seconda generazione e di confrontare tale vissuto con quello distranieri ed italiani. L’intento è stato quello di individuare strumenti efficaci a consolidare la posizione dei giova-ni di seconda generazione salvaguardandone la formazione dell’identità, non attraverso lascelta di uno dei due modelli culturali o il rifiuto di entrambi ma rafforzandone la costruzioneattorno al ruolo che i ragazzi di seconda generazione svolgono all’interno di famiglia, scuo-la e comunità. I termini di sintesi, mediazione, scambio e confronto, assumono un’impor-tanza particolare in questo contesto proprio perché sono proprio i giovani, se adeguata-mente tutelati, a poterli trasformare in prassi quotidiana. Questa ricerca è scaturita dalla necessità di confrontare opinioni, stili e atteggiamenti deigiovani su temi non esclusivamente legati all’immigrazione ed ha avuto la finalità di pro-muovere momenti di scambio e di confronto che puntassero a far emergere gli elementi co-muni piuttosto che le differenze. Stimolare i giovani, siano essi italiani, stranieri o di secondagenerazione, alla partecipazione attiva nelle dinamiche sociali e culturali, all’assunzionedella consapevolezza della centralità del loro ruolo e delle aspettative di rappresentanzache sono chiamati ad assumere per poter modificare la realtà in cui vivono, è stato determi-nante nel formulare alcune ipotesi di intervento. Per agevolare le dinamiche di scambio, confronto e condivisione si è realizzata un’attività

CONCLUSIONI

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progettuale composta da un’indagine conoscitiva che coinvolgendo tutti gli studenti dellescuole, a prescindere dalle appartenenze, indagasse su dinamiche e problematiche legate al-la formazione dell’identità (scuola, famiglia, gruppo dei pari) dei giovani immigrati ma an-che, in modo più generale, sulla percezione in merito a temi più vasti quali la religione, il ruo-lo della donna, la scelta del partner, l’aggregazione giovanile. Parallelamente, con l’ausilio di operatori adeguatamente formati, si è inteso dare luogo adun’esperienza pilota che, attraverso il dialogo ed il confronto, potesse favorire la conoscen-za reciproca per contrastare l’affermazione di stereotipi e pregiudizi a volte così diffusi nellarealtà sociale italiana. L’indagine ha una sua rilevanza per l’ampiezza del campione e per il particolare tema tratta-to, ma la vera novità è rappresentata dal segmento specifico che si è voluto analizzare: stu-denti immigrati delle seconde generazioni nella fascia di età compresa tra i 13 ed i 21 anni,segmento ancora poco indagato nel panorama degli studi sui fenomeni connessi alle mi-grazioni contemporanee. La ricerca mette in evidenza una tenuta complessiva del ‘sistema integrazione’ in Italia, gra-zie agli interventi di accoglienza, siano questi programmati o spontaneistici e volontari,messi in campo da enti, istituzioni, enti locali, scuola, dalle famiglie di origine sia italiana chestraniera e dai giovani stessi. Vorremmo, a conclusione di questo lavoro, individuare alcune direttrici che, a nostro avviso,sarebbe importante considerare, nell’intraprendere percorsi di integrazione, processi di inclu-sione e sviluppo dell’identità inerenti gli adolescenti/giovani delle seconde generazioni estranieri che riguardano direttamente la realtà italiana. Come accennato in precedenza ed alla luce dei risultati emersi dall’indagine, è importante sot-tolineare che nelle realtà coinvolte non si sono riscontrati fenomeni di emarginazione relativiai figli degli immigrati né si sono manifestati episodi di devianza. Emergono tuttavia fenomeni di marginalità circoscritta a forme di solitudine e a volte di iso-lamento. Ciò però conferma il trend emerso da altre indagini aventi ad oggetto il mondoadolescenziale, tant’è che il 30% del campione ha dichiarato di non far parte di alcun grup-po strutturato, né politico, né sociale, né sportivo; questo dato, nell’ottica di offrire spunti diintervento efficaci, assume senz’altro una rilevanza specifica. Occorre quindi focalizzarel’attenzione sull’aspetto relazionale della vita dei giovani e programmare interventi che raffor-zino l’inclusione e l’aggregazione, a maggior ragione per i giovani immigrati, di seconda ge-nerazione e non, che, oltre alle difficoltà relative all’appartenenza ad un gruppo, vivono situa-zioni personali complesse e, a volte difficili.Come emerge dal’indagine, ad esempio, non bisogna sottovalutare i fenomeni di disagiocollegati alle conseguenze dei ricongiungimenti familiari o di condizioni di difficoltà oggetti-ve derivanti dall’assenza prolungata di una delle due figure genitoriali, o dall’inversione diruoli familiari legata a fattori atipici di migrazione.A questo punto, seguendo la suddivisione con cui è stato organizzato il questionario, cer-chiamo di offrire spunti di intervento che si riferiscono alle maggiori criticità riscontrate. Fa-miglia, gruppo dei pari, scuola, il contesto sociale.

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La FamigliaRelativamente alla realtà affettiva vissuta dai giovani di seconda generazione in particolare,si riscontra una effettiva difficoltà legata a tre fattori: difficoltà relazionali, linguistiche e inse-rimento sociale, insiti nella condizione specifica dei giovani immigrati.Sebbene anche per i giovani italiani si assista ad una diminuzione di tempi e spazi da condi-videre con i propri familiari, dobbiamo considerare che le difficoltà legate a tale problemati-ca producono effetti negativi maggiori nei confronti di giovani che, già sradicati dalle realtà so-ciali di appartenenza, sono privi di punti di riferimento e di relazioni.Per questo motivo non potendo agire per modificare la realtà lavorativa dei componenti del-la famiglia, reputiamo fondamentale individuare strumenti importanti per supportare e so-stenere i giovani in ingresso nel nostro Paese. Le stesse problematiche, anche se attenuate da una maggiore possibilità di inserimento,vengono espresse dai giovani immigrati di seconda generazione, che soffrono, in particola-re, la difficoltà di non condividere con i propri genitori la realtà relazionale che sperimentanocon i coetanei italiani.Dalla ricerca, infatti, emerge una problematicità legata alla situazione che vede le famiglieimmigrate disinteressate al processo di integrazione dei figli. In particolare i ragazzi intervista-ti riferiscono di non essere aiutati o incoraggiati dai genitori a frequentare giovani di diversanazionalità.In ultimo, ma non in ordine di importanza, la difficoltà di comprendere la lingua italiana daparte delle famiglie immigrate che induce i giovani stranieri e di seconda generazione a co-municare in casa attraverso la lingua di origine.Questi tre elementi che vengono rappresentati come punti critici emersi dalla ricerca svolta,inducono a suggerire la necessità di porre la realtà familiare al centro degli interventi volti afavorire l’integrazione, per agevolare la creazione di un ambiente idoneo al naturale sviluppodell’identità dei giovani.Tuttavia, non possiamo sottovalutare il fatto che i rapporti intergenerazionali che investono an-che la famiglia immigrata, come accade anche per quella italiana, sono esposti ad una per-dita di autorevolezza nei confronti dei figli. Il problema si amplifica quando la famiglia vive, tragli altri, il problema delle ambivalenze auspicando da una parte la piena integrazione, dal-l’altra temendo una assimilazione culturale ai modelli autoctoni con un possibile allontanamen-to dei giovani dai riferimenti tradizionali. La consapevolezza di sentirsi accolti dal nuovo contesto sociale è sicuramente uno dei fat-tori che determina il passaggio di messaggi positivi naturalmente trasmessi ai figli. In talsenso dai dati emersi dalla nostra indagine risulta che le famiglie e gli adulti stranieri nonhanno assunto in generale atteggiamenti né vittimistici né rivendicativi, tant’è che trasmetto-no ai loro figli messaggi corretti su come considerano i comportamenti degli italiani nei con-fronti degli stranieri (il 69% si esprime positivamente e non si modifica il dato tra secondegenerazioni e stranieri, solo il 6% non sa rispondere). Tuttavia accanto a questa diffusa positività ci sono alcuni timori e resistenze verso la socie-tà ricevente, infatti il 25% degli adulti, secondo quanto riferiscono i ragazzi, si lamenta“spesso o molto spesso” di problemi di convivenza e non approva i comportamenti degliitaliani.

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Durante i dibattiti in classe, i ragazzi hanno dimostrato la convinzione dell’esistenza di pregiu-dizi nei confronti dell’immigrazione, manifestando perciò un certo grado di consapevolezza. Intervenire sulle seconde generazioni vuol dire prendere in considerazione l’intero nucleofamiliare; per questo motivo le misure di integrazione dovrebbero essere rivolte anche allefigure parentali che nel loro ruolo di genitori influiscono inevitabilmente sia sul processo di in-tegrazione sia sul legame con il paese di origine. Anche le scarse o insufficienti competenze linguistiche rendono difficoltosa la partecipazio-ne alla vita sociale, è per questo che nell’orientare interventi per le famiglie immigrate l’appren-dimento dell’italiano riveste grande importanza in una logica di accompagnamento al proces-so di integrazione di sè e dei propri figli.Organizzare momenti di socializzazione e di conoscenza reciproca che coinvolgano i nucleifamiliari di tutte e tre le categorie coinvolte, attraverso la realizzazione di studi che appro-fondiscano usi, costumi, tradizioni e struttura sociale, delle etnie diventa, quindi, prioritario. Inoltre assume un ruolo determinante il coinvolgimento di enti, istituzioni e terzo settore in at-tività di sostegno ed integrazione delle realtà migratorie e che rappresentano, in gran parte,l’universo delle etnie e delle appartenenze culturali.

Il gruppo dei pariDai risultati emerge un buon livello di integrazione e di confronto tra i coetanei di tutte e trele categorie esaminate, ma accanto ad alcune e minoritarie forme di solitudine e/o emargina-zione, è necessario monitorare quei processi di assimilazione e mimetismo da parte dei gio-vani immigrati con i loro coetanei che li rendono a volte invisibili.Questo comportamento, infatti, potrebbe celare un malessere profondo, più o meno ricono-sciuto, un conflitto interiore tra la cultura di origine e quella del paese ospitante che potreb-be interrompere il processo di integrazione ed evolvere in forme di disagio ed a volte di raz-zismo e xenofobia. Per poter intervenire sia sulla creazione di spazi di conoscenza e di confronto, sia sulla pre-venzione delle forme di disagio dovute alle difficoltà di relazione con il mondo dei pari, sareb-be opportuno favorire la creazione di luoghi educativi extrascolastici, in cui i giovani abbia-no occasioni di socializzazione e di aggregazione, in cui la diversità etnica diventi elementodi stimolo e di condivisione tra le differenti culture. Il valore aggiunto è favorito dal dialogo, dalconfronto e dall’incontro che solo attraverso la conoscenza dell’altro può rompere gli sche-mi di pregiudizio e di falsi stereotipi. Promuovere l’incontro significa rompere le barriere del-l’altro diverso dal sé e contribuire ad una politica di reale riconoscimento con storie, culturee tradizioni che valorizzano la ricchezza anche nel nostro paese.La loro funzione ha un notevole rilievo nella crescita delle nuove generazioni, soprattutto manmano che acquistano autonomia e ricercano spazi di socialità esterni all’ambito familiare. La Comunità Europea sottolinea l’importanza dell’apprendimento permanente in contestiinformali, che assume un ruolo non meno importante di quello formale perché determina unrafforzamento dello scambio, della conoscenza e dell’ integrazione reciproca. Potremmo paragonare l’educazione extrascolastica ad un laboratorio di punta che ha il finedi costruire nuove modalità di convivenza, di sintesi e di acquisizione di ruoli per i giovaniitaliani, stranieri e delle seconde generazioni.

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Società sportive, centri di aggregazione giovanile, associazioni culturali laiche e religiosepossono costituire valide risposte ad una popolazione di ragazzi di origine straniera in cercadi occasioni di aggregazione e di tempo libero. Il lavoro da proporre in questa direzione èmolteplice poiché i potenziali partecipanti rischiano di rimanerne fuori, di non essere rag-giunti da offerte qualificate o di essere malamente intercettati. La conseguenza sarebbe unripiegamento “non scelto” sui loro punti di riferimento: le reti dei connazionali coetanei o ag-gregazioni di ragazzi italiani provenienti da contesti sociali problematici. Di certo l’investi-mento nell’educazione extrascolastica, in parallelo con il potenziamento dell’integrazionedella scuola, si profila come un terreno decisivo per un futuro di convivenza interetnica.Un altro degli aspetti emersi che merita una giusta attenzione è la percezione di apparte-nenza alla comunità nazionale italiana. Il nodo da sciogliere è capire fino a dove si spingetale percezione che li porta a considerarsi ed essere considerati cittadini italiani, pur non es-sendolo. L’elemento sorprendente è che i ragazzi delle seconde generazioni, gli stranieri e glistessi studenti italiani, sono completamente ignari della legislazione in materia, tanto chetutti ritengono italiani i loro compagni perché nati in Italia o perché ci vivono da tanto tempo,così come anche il giovane straniero si considera tale per il fatto di essere nato nel nostro pae-se o di viverci da molti anni. Sebbene tutti condividiamo il fatto che l’identità nazionale sia un processo che chiama incausa molti elementi, l’attribuzione della cittadinanza rimane un fatto cruciale. È indubbio che diventare cittadini non produce automaticamente un senso di appartenenzanazionale o di integrazione sociale, ma è altrettanto significativo che ciò dimostra una aper-tura della società ricevente ad includere e valorizzare energie e talenti di tutti coloro che risie-dono stabilmente sul territorio, indipendentemente dalle loro origini etniche. Una scelta intal senso dovrebbe indirizzare l’azione amministrativa e di governo per operare interventi dimaggior respiro che tengano conto della volontà da parte dei ragazzi nati in Italia di accetta-re, apprezzare e riconoscere i valori rappresentati nella nostra Costituzione.

La scuolaAnche la scuola va posta al centro dell’attenzione, nella sua qualità di luogo di crescita, di ar-ricchimento e di sperimentazione della convivenza sociale, oltre che per il ruolo fondamen-tale che riveste nell’acquisizione delle competenze necessarie all’integrazione economica epolitica dei cittadini di domani. Senza dubbio la scuola, ma non solo, è uno dei luoghi che permette ai giovani figli di immigra-ti di entrare in contatto con i coetanei, soprattutto nei casi in cui la strategia familiare tende al-la chiusura ed al ripiegamento verso frequentazioni con i propri connazionali. L’Istituzione scolastica è l’istituzione che per definizione, offre di fatto molte occasioni diconfronto, di scambio, di acquisizione di conoscenze reciproche e di storie nazionali e movi-mentiste. Si pensi alle grandi guerre, o allo studio della geografia dove le diverse provenien-ze, se adeguatamente valorizzate, possono divenire risorse importanti per l’accrescimentodell’autostima ed il superamento di pregiudizi non ancora completamente formati.Anche la relazione costruita non solo tra i banchi, ma anche negli intervalli, nei momenti diespressività (musica, disegno) o nelle attività in cui si lavora insieme per un obiettivo comune(educazione fisica, attività di ricerca), assume in questo contesto un’importanza particolare.

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Tuttavia, anche in questo caso, il ruolo centrale è svolto dagli adulti, in particolare da quelli cheassumono un ruolo di riferimento: gli insegnanti. Da quanto emerge nella ricerca, infatti, i ra-gazzi riconoscono un impegno insufficiente dei docenti nella promozione di attività o eventicon il fine dell’integrazione.Per questo motivo appare importante rafforzare la loro formazione, sia sul piano della didat-tica sia sul piano psico-attitudinale, per agevolare un approccio interculturale dell’insegna-mento e dedicare un’attenzione particolare a tutti quei comportamenti che, direttamente o in-direttamente, possano apparire pregiudiziali o discriminatori.Un altro aspetto interessante che emerge è che la maggior parte dei ragazzi coinvolti nella ri-cerca ha una forte consapevolezza della necessità di costruire un proprio futuro e di co-struire una progettualità. Interrogati rispetto al percorso che immaginano al termine dell’iterscolastico, i ragazzi delle seconde generazioni sono prevalentemente orientati alla ricercadi un lavoro, a differenza dei coetanei italiani che prevalentemente dichiarano di voler prose-guire gli studi. Tale esigenza scaturisce dalla necessità dei giovani sia di seconda generazione che gli stra-nieri di contribuire al sostegno economico espresso dalle loro famiglie.Sarebbe, tuttavia, interessante approfondire, attraverso un ulteriore studio, verso quali pro-fessioni siano orientati, in modo da poterli indirizzare verso percorsi professionali idonei alleloro attitudini e preferenze, senza trascurare, la formazione culturale e relazionale di fonda-mentale importanza. Tale approfondimento acquisisce una priorità particolare proprio perché l’indagine riferiscedella diffusione tra le seconde generazioni di etnie specifiche, di un comportamento che ve-de privilegiare, nelle scelte degli indirizzi di studio, la vicinanza della sede scolastica piutto-sto che valorizzare attitudini e motivazione dei giovani studenti. Comprendere la natura diquesto modo di agire e se questo poggi su una specifica progettualità futura appare rilevan-te, soprattutto per monitorare il fenomeno della dispersione scolastica collegato ad unascarsa motivazione allo studio e ad una carente autostima.Infine è d’obbligo sottolineare il ruolo che la scuola riveste nei confronti della famiglia, poichétale Istituzione è spesso la prima ad avere contatti diretti sia con i ragazzi sia con i genitori e,a volte, è l’unica a possedere un quadro approfondito in merito alle realtà parentali in cui il mi-nore è inserito, la qualità dei rapporti esistenti tra genitori e figli, l’esistenza di contrapposi-zioni intergenerazionali tra adulti e giovani relativamente a tradizioni usi e costumi originari.Sebbene siano chiare le difficoltà attraversate dal mondo della scuola e le responsabilitàche a questa vengono attribuite in materia di prevenzione del disagio e dell’emarginazione,di promozione della salute insieme alla funzione educativa e formativa che le vengono rico-nosciute, il coinvolgimento dell’Istituzione Scolastica per la costruzione di un’identità condi-visa appare centrale. Programmi, metodologie, innovatività oltre che attenzione alla persona ed al rapporto nelgruppo dei pari sembrano essere elementi fondanti per contribuire ad una trasformazionesociale in cui i giovani immigrati di seconda generazione, i loro coetanei italiani e stranieri, as-sumano responsabilità e consapevolezza attivi.

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Il contesto sociale Abbiamo già sottolineato che alcune parti del questionario andavano ad indagare sfere del-la vita sociale, relazionale e valoriale comune a italiani, stranieri e immigrati di seconda gene-razione.In particolare sono state proposte alcune riflessioni che avevano il fine di monitorare ciò chegli adolescenti pensano in merito a temi quali: religione, ruolo della donna nel mondo del la-voro, nella famiglia e nella società, il rapporto con il partner e l’influenza che viene esercita-ta nelle scelte da famiglia, cultura, pregiudizio.Possiamo senz’altro affermare che analizzando i dati, non ci sono differenze rilevanti tra i ra-gazzi appartenenti alle tre categorie nell’espressione dei loro pareri in merito. Dobbiamo,tuttavia, evidenziare che relativamente al ruolo della donna, ad esempio, il lavoro da svolge-re è prioritario, trasversale e abbastanza urgente.A fronte di un’accettazione pressoché totale dell’attività lavorativa, della necessità che l’uo-mo collabori nella conduzione della casa, molto c’è da fare per affermare un’uguaglianza diruoli, di capacità e di impegno.Ulteriore criticità viene mostrata nelle percentuali che indicano un rifiuto di un partner di na-zionalità diversa, con il colore della pelle diverso ed una diversa mentalità. Questi dati sonosicuramente inferiori rispetto a quelli espressi da chi accetta le differenze ma raggiungono, co-munque, quantità troppo elevate (tra no e non so superano il 30%). Ancora più allarmante lasituazione espressa nei confronti di partner disabili o sull’influenza esercitata dalla famiglia nel-la scelta.Questo quadro, sebbene minoritario, suscita alcune riflessioni in merito alla necessità dipianificare interventi tesi a promuovere politiche di pari opportunità tra i generi, con la com-prensione di differenze e peculiarità, anche perché l’adolescenza è il momento in cui i ra-gazzi cominciano ad interessarsi al rapporto con il diverso.Questo approccio in merito alla parità, alle pari opportunità non solo di genere ma ancheverso chi viene percepito come diverso, diviene il presupposto essenziale affinché ci sia daparte della società ospitante l’accettazione dell’immigrato e dello straniero, e da parte diquesti ultimi la propensione ad integrarsi in modo armonico in quella che è diventata la lorocomunità.Questo lavoro, che parte dall’elaborazione di quanto emerso nell’indagine, si basa sul raccor-do delle attività realizzate fino ad ora, si rivolge a chiunque sia interessato a vario titolo ad ap-profondire la tematica delle seconde generazioni di immigrati in Italia, che si trovi ad opera-re con essi, o che per essi intenda progettare, programmare ed attivare azioni specifiche dicarattere interculturale. Concludendo quest’analisi focalizzata su alcune criticità specifiche evidenziate nell’ indagi-ne, si propone una griglia di interventi che appaiono coerenti con quanto fino ad ora descrit-to e che agiscono nelle quattro aree su cui la ricerca è andata ad indagare.

A livello del singolo • Potenziare le risorse individuali e valorizzare il background culturale di origine• Favorire una positiva immagine di sé e degli altri, delle culture differenti• Conoscenza di sé, in termini di comprensione della storia personale, di valorizzazione del-

le risorse disponibili, di attenzione alle aree problematiche o meritevoli di sviluppo;

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• Rafforzare il concetto di identità, a volte vissuta in modo plurimo, attraverso il riconosci-mento, dei propri punti di forza.

A livello familiare• Sostenere e supportare le famiglie nella loro azione educativa, condividendo i processi

decisionali che hanno determinato le scelte migratorie.• Favorire momenti di accoglienza, informazione ed orientamento rispetto ai servizi sociali, cul-

turali, sanitari e legali presenti sul territorio.• Fornire un supporto al processo di crescita del figlio, operando in tutte le fasi del ciclo vi-

tale della famiglia, dal ricongiungimento fino all’eventuale separazione.• Favorire il coinvolgimento delle famiglie straniere nel percorso di inserimento scolastico

ed extra scolastico.• Rimuovere gli ostacoli individuali e sociali che impediscono lo sviluppo di una cittadinan-

za consapevole nei minori stranieri e nelle loro famiglie.

A livello scolastico• Promuovere nella scuola un “laboratorio delle differenze contro le forme di discriminazio-

ne”, che stimoli i giovani, supportati dagli insegnati, al rispetto reciproco.• Favorire una positiva immagine di sé e degli altri, delle culture differenti, facilitando il rap-

porto in classe tra compagni stranieri e italiani, anche attraverso l’apprendimento non for-male.

• Progettare percorsi di accoglienza/integrazione/accompagnamento nel gruppo classedegli alunni di origine migratoria.

• Formare il corpo docente su metodologie innovative ed interculturali che diano un ruoloalle diverse provenienze che, se adeguatamente valorizzate proprio nel percorso di stu-dio, possono divenire risorse importanti per l’accrescimento dell’autostima ed il supera-mento di pregiudizi.

• Favorire percorsi di alfabetizzazione, di primo orientamento e di insegnamento della lin-gua italiana in favore dei giovani stranieri.

A livello territoriale• Attivare servizi di mediazione linguistica-culturale, valorizzando il ruolo del mediatore e del

giovane di seconda generazione che può essere esso stesso punto di riferimento e discambio per la famiglia e per la società ospitante.

• Promuovere la conoscenza della relazione tra sé e l’ambiente circostante, con particolareriguardo alla propria rappresentazione nella comunità ricevente e alle strategie di interven-to che lo stesso giovane immigrato può attuare nella realtà in cui vive.

• Favorire il coordinamento e l’integrazione con le attività scolastiche, didattiche, culturali edel tempo libero per costruire un intervento sistemico che abbia come target il giovane siaesso italiano, straniero o di seconda generazione per sperimentare i percorsi di socializza-zione.

• Garantire un’assistenza sociale, legale ed educativa al giovane ed alla famiglia, al fine di con-sentire la conoscenza di diritti e doveri, usi, costumi e norme che regolano il nostro paese, vi-sto che dall’indagine risulta una distanza rilevante tra immigrati e struttura sociale.

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L’associazione culturale Azazello, costituita nel 2005, è una associazione composta pre-valentemente da stranieri provenienti dall’est Europa. Si propone di contribuire all’integra-zione sociale dei cittadini stranieri in Italia, per questi svolge attività informative e formativee organizza iniziative culturali, ricreative e sociali. È iscritta al Registro Nazionale delle asso-ciazioni di promozione sociale presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ed èiscritta all’Albo regionale della Regione Lazio delle Associazioni di immigrati. Ha collaborato alla realizzazione di progetti rivolti agli stranieri con diversi Enti pubblici tracui: Regione Lazio, Camune di Roma, Provincia di Latina, Istituto per gli Affari Sociali. Contatti: Associazione Azazello e-mail: [email protected] tel. +39 327 1475593 - fax.+39 0692911939

L’Associazione culturale Comunitate si è costituita con lo scopo di rappresentare e soste-nere persone di nazionalità Rumena e Moldava, che vivono e lavorano in Italia. È desiderio del-l’Associazione mantenere vive le tradizioni e la cultura dei paesi di origine mettendole in pa-rallelo con le tradizioni e la cultura locale, proponendo lo scambio di opinioni e di valori etici. L’Associazione intende facilitare l’integrazione dei suoi soci con la vita della comunità in cuivive e lavora, pertanto propone e promuove progetti culturali e sociali, offre servizi informa-tivi a supporto dei diritti degli stranieri in Italia (scuola, cittadinanza, imprenditoria) collaboran-do con Enti ed Istituzioni che perseguono le medesime finalità. Per una maggiore incisività del suo operato, l’associazione è impegnata nella costruzione diuna ricca rete relazionale con enti pubblici locali e nazionali, nonché con mediatori culturali,esperti e figure professionali che operano nel settore.Contatti: Tatiana Tataru – mail: [email protected], sito internet www.comu-nitate.com, tel. 3496629400.

La Comunità di Sant’Egidio nasce a Roma nel 1968, all’indomani del Concilio Vaticano II.Oggi è un movimento a cui aderiscono più di 50.000 persone impegnato a Roma, in Italia ein più di 70 Paesi dei diversi continenti. È “Associazione pubblica di laici della Chiesa”. La so-lidarietà a favore di persone svantaggiate, categorie sociali deboli e fasce sociali a scarsis-simo reddito è vissuta come servizio volontario e gratuito e si concretizza in programmi didifferente tipo per obiettivi e metodologie, in considerazione anche del numero di aderenti edelle energie su cui può contare ogni singolo nucleo nei differenti Paesi.L’Associazione “Comunità di S.Egidio-ACAP” è stata fondata nel 1973 per coordinare l’im-pegno sociale ed umanitario della Comunità di Sant’Egidio. Essa ha come scopo principalela promozione della giustizia, della pace, dello sviluppo, della cooperazione internazionale e

SCHEDE ANAGRAFICHE DELLE ASSOCIAZIONI

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della tutela dei diritti umani. Il conseguimento di questo scopo avviene assicurando dignitàed eguaglianza, garantendo i diritti delle persone, sviluppando ogni forma di solidarietà so-ciale tra gli individui, lottando contro ogni forma di povertà, promovendo iniziative culturali,educative e di assistenza sociale e sanitaria.Per una più approfondita descrizione delle attività della Comunità di Sant’Egidio visitare ilsito www.santegidio.orgContatti: Comunità di Sant’Egidio, Piazza S.Egidio 3/a - 00153 Roma - info santegidio.org-http://www.santegidio.org - Tel. +39.06.8992234 - Fax +39. 06.5883625

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APPENDICE

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GLOSSARIO

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ACCOGLIENZAL’accoglienza è una fase temporale, quella del primo incontro tra chi emigra e chi abita nel luo-go d’arrivo, e segna in modo profondo lo svolgersi dei successivi processi di relazione inte-retnica e di inserimento. L’accoglienza è inoltre l’insieme dei dispositivi, delle norme, degliatti, delle risorse che devono essere previste e realizzate da parte della comunità ospitantenei confronti di chi arriva. Occorre evitare che i bisogni d’accoglienza ricevano solo rispostedi tipo emergenziale, facendo in modo che rappresentino il primo gradino, la prima tappaverso l’integrazione; nello specifico dei minori stranieri, l’accoglienza deve essere il punto dipartenza di un percorso di integrazione nella scuola e nella comunità.

ACCOMPAGNAMENTO Nell’ambito del lavoro sociale, una funzione trasversale all’esercizio di molte professionalitàè quella che si riferisce all’accompagnamento di cittadini in condizioni di svantaggio versoobiettivi di autonomia e di inclusione sociale. La focalizzazione della condizione di rischio diesclusione come contestuale, relazionale, intersoggettiva, legata a un vissuto particolarema non esclusivo e incomprensibile, contribuisce ad individuare i fondamenti concettuali ele linee di intervento per la funzione di accompagnamento quale strumento di prevenzione econtenimento del disagio. E’ un approccio che, a partire da un’accoglienza non giudicante,supera la logica dell’offerta (di prestazioni) unilaterale, per aprirsi all’affiancamento nell’ana-lisi della situazione e nella comune ricerca di soluzioni.

APPRENDIMENTO LINGUISTICOL’apprendimento della seconda lingua è il processo per cui le persone imparano altre linguein aggiunta alla loro; è il termine con cui si indica qualsiasi lingua appresa dopo la prima in-fanzia. L’apprendimento linguistico può essere molto difficile e l’impatto di atteggiamentinegativi da parte della società circostante può essere determinante. Se la comunità di per-sone che apprendono, ha una visione negativa della lingua da apprendere e di coloro che laparlano, o una visione negativa di una propria relazione con loro, l’apprendimento può di-ventare più difficile.

ASILO POLITICO L’art.14 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, approvata dall’Assemblea Gene-rale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, afferma che “Ogni individuo ha il diritto di cer-care e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni”.

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In Italia il diritto di asilo è garantito dall’art.10 comma 3 della Costituzione: Lo straniero, al

quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite

dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condi-

zioni stabilite dalla legge.Nella pratica, il diritto di asilo è oggi disciplinato dal decreto legislativo n. 251/2007, adotta-to in attuazione della direttiva europea n. 2004/83/CE, e dal decreto legislativo n. 25/2008,adottato in attuazione della direttiva europea n. 2005/85/CE e successivamente modificatodal Decreto legislativo 3ottobre 2008 n.159 e dalla Legge n.94 del 24 luglio 2009.Essenzialmente, il diritto di asilo, come risultante da tale normativa, è oggi previsto, pur condiverso contenuto e diversa intensità, sia per i rifugiati veri e propri, come già definiti dalla con-venzione di Ginevra, sia per le persone riconoscibili quali beneficiari di protezione sussidia-ria. Essi corrispondo a quelle persone che, pur non essendo rifugiati propriamente intesi,hanno ugualmente esigenza di protezione internazionale, in quanto in caso di rimpatrio,correrebbero un rischio oggettivo di danno grave, quale la sottoposizione a pena di morte, atortura o altri trattamenti inumani o degradanti, ovvero una minaccia grave ed individuale al-la loro vita o alla loro persona a causa di una situazione di violenza generalizzata derivante do-vuta ad un conflitto armato interno o internazionale.

ASSIMILAZIONE CULTURALEL’assimilazione è un processo di abbandono della propria cultura, che ha per conseguenzal’assunzione di modelli culturali peculiari della società ospitante. Frutto, in principio, di una vi-sione etnocentrica e coloniale e, più di recente, del richiamo a principi egalitaristi, essa è in-tesa come risorsa organizzativa e canale di solidarietà.Si tratta, cioè, di un processo che concepisce i rapporti fra gli immigrati e la società ospitan-te sulla base di un passaggio unilaterale (conformazione) ai modelli di comportamento diquest’ultima, i quali si impongono alla personalità dell’immigrato e lo obbligano a spogliarsidi ogni elemento culturale proprio (deculturazione e depersonalizzazione). L’assimilazione implica un ruolo passivo di una cultura nei confronti di un’altra – la culturadominante – e, congiuntamente, un giudizio di valore nel quale certe culture sono conside-rate superiori ad altre. Questa evoluzione del concetto di assimilazione conduce necessariamente a riservare que-sta nozione per riferirsi alle trasformazioni culturali concernenti i gruppi minoritari legati all’im-migrazione e alla resistenza che essi oppongono alle pressioni assimilazioniste. Questopermette di distinguere l’assimilazione dall’integrazione che concerne fatti di natura più giu-ridica e propriamente sociale. Si potrebbero così considerare delle situazioni dove i gruppipossono essere assimilati (culturalmente) restando tuttavia ai margini delle società, cioè pri-vati di integrazione (sociale e/o giuridica). L’assimilazione culturale non va confusa con l’assimilazione nel senso giuridico-istituziona-le della naturalizzazione (acquisizione della cittadinanza), che può coesistere col manteni-mento di un’identità culturale propria, né con l’emarginazione sociale.

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AZIONE POSITIVAL’espressione “azione positiva” compare in ambito europeo all’inizio degli anni Ottanta edindica lo strumento per combattere le forme di discriminazione nei confronti delle lavoratricie favorire l’attuazione dei principi di parità e pari opportunità tra uomini e donne. Nel 1984, attraverso un’apposita Raccomandazione del Consiglio dei ministri della Comuni-tà Europea, le “azioni positive” diventano lo strumento operativo della politica europea per pro-muovere la partecipazione delle donne a tutti i livelli e settori dell’attività lavorativa. La raccomandazione viene recepita a livello nazionale nel 1991 dalla Legge 10 aprile 1991,n.125 “Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro”, che realizzail concetto di azione positiva riprendendo e amplificando i principi e le finalità che altre leggi(L.1204/71 e L.903/77) avevano introdotto. Le azioni positive sono vere e proprie “discriminazioni positive” che, attraverso il rafforza-mento della presenza delle donne, accelerano il processo di instaurazione di fatto del-l’uguaglianza e combattono le forme di discriminazione dirette e indirette nei confronti dellelavoratrici.Gli ambiti di intervento delle azioni positive riguardano la formazione scolastica e professio-nale, l’accesso al lavoro, la progressione di carriera, l’inserimento femminile nelle attività e neisettori professionali in cui le donne sono sottorappresentate, l’equilibrio e una migliore ri-partizione tra i due sessi delle responsabilità familiari e professionali.

BILINGUISMOIl significato del termine (la facoltà di un parlante di dominare contemporaneamente due o piúlingue) è apparentemente chiaro, ma in realtà le sue accezioni possono essere sfumate da unapproccio sociolinguistico, psicolinguistico o pedagogico. Innanzitutto il bilinguismo è unfenomeno costante nelle zone di frontiera, laddove i confini di stato non corrispondono aiconfini d’uso delle lingue nazionali. Si può poi configurare una scalarità secondo la quale,partendo da comunità bi- o plurilingue in senso orizzontale, dove tutte le lingue in uso han-no uguale status sociale, si passa a comunità bi- o plurilingue ma regionalmente monolingue(come la Svizzera), a situazioni di bilinguismo verticale (diglossia) in cui una sola lingua èconsiderata ufficiale (è il caso di tutte le comunità dialettofone), fino a situazioni di bilinguismoisolato, che oppone la comunità monolingue all’individuo – o gruppo di individui – che per ca-ratteristiche familiari o per immigrazione possiede nel suo repertorio piú di un codice.Se l’attenzione viene spostata al modo di acquisizione, si distingue un bilinguismo primario(o naturale) in cui i codici sono appresi in età precoce (1-3 anni) come lingue materne, sen-za cioè necessità di istruzione formale, da un bilinguismo secondario (che coincide sostan-zialmente con l’apprendimento di lingue seconde), in cui la conoscenza di una o piú lingue sisommerebbe alla lingua materna in un secondo momento. I due tipi di acquisizione com-portano evidentemente notevoli differenze di risultati, specialmente in settori come la fono-logia, dove l’età di acquisizione gioca un ruolo fondamentale. L’apprendimento di una lin-gua seconda in età non precoce, e in casi in cui le pressioni psico e sociolinguistiche sono par-ticolari, come le situazioni di immigrazione, può determinare un bilinguismo asimmetrico, incui alla capacità di decodificare due codici sia combinata un’abilità attiva in un codice solo.

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CITTADINANZAIn termini giuridici la cittadinanza è la condizione della persona (detta cittadino) alla qualel’ordinamento giuridico di uno stato conosce la pienezza dei diritti civili e politici. La cittadi-nanza, quindi, può essere vista come uno status del cittadino ma anche come un rapporto giu-ridico tra cittadino e stato. Le persone che non hanno la cittadinanza di uno stato sono stra-

nieri se hanno quella di un altro stato, apolidi, invece, non hanno alcuna cittadinanza.Un rapporto analogo a quello tra persona fisica e stato può sussistere anche tra personagiuridica in tal caso, però, non si parla di cittadinanza ma di nazionalità. Riferito alle personefisiche, questo stesso termine, anche se talvolta è usato impropriamente come sinonimo dicittadinanza, indica invece l’appartenenza ad una nazione condizione questa che in alcuni or-dinamenti può avere rilevanza giuridica a prescindere dalla cittadinanza.In senso sociologico, la cittadinanza assume una valenza più ampia, e si riferisce al senso diidentità e di appartenenza degli individui ad una determinata comunità politica.La cittadinanza si può acquisire: in virtù dello “ius sanguinis” (diritto di sangue), per nascitada un genitore in possesso della cittadinanza (per alcuni ordinamenti deve trattarsi del padre,salvo sia sconosciuto); in virtù dello” ius soli “(diritto del suolo), per il fatto di essere nato sulterritorio dello stato; per il fatto di aver contratto matrimonio con un cittadino (in certi ordina-menti la cittadinanza può essere acquistata dalla moglie di un cittadino ma non dal marito diuna cittadina); vi sono anche ordinamenti in cui il matrimonio non fa acquistare automatica-mente la cittadinanza ma è solo un presupposto per la naturalizzazione; per naturalizzazio-ne a seguito di un provvedimento della pubblica autorità, subordinatamente alla sussisten-za di determinate condizioni (come, per esempio, potrebbero essere la residenza per unlungo periodo di tempo sul territorio nazionale, l’assenza di precedenti penali, la rinuncia al-la cittadinanza d’origine ecc.) o per meriti particolari.

COMUNITÀIl termine di comunità indica generalmente un insieme di individui legati fra di loro da un ele-mento di comunione riconosciuto come tale dagli individui stessi. Tradizionalmente in so-ciologia questo elemento era la condivisione di uno stesso ambiente fisico e la presenza dideterminate dinamiche relazionali.I contributi teorici successivi hanno inteso ampliare il concetto di comunità per identificare uninsieme di individui che, oltre all’elemento centrale riconosciuto nello spazio fisico condivisoe nel tipo di relazioni strette, condividessero da una parte una comune identità (fondata sul-la presenza di alcune di queste caratteristiche: interessi particolari, una storia comune,ideali condivisi, tradizioni e/o costumi) e dall’altra il raggiungimento di obiettivi generali oprecisi. Una dimensione di vita comunitaria così intesa implica quindi la condivisione di un si-stema di significati, come norme di comportamento, valori, religione, una storia comune. Intempi recenti, con lo sviluppo del concetto verso la dimensione identitaria e il progressotecnologico, si è arrivato a considerare comunità anche un insieme di individui che pur noncaratterizzato da contatto fisico o da vicinanza geografica ha sviluppato un’identità comuni-taria in presenza di comunicazioni efficienti, comuni obiettivi e norme di comportamentocondivise. Un esempio sono le comunità virtuali di internet.

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COOPERAZIONELa cooperazione è, letteralmente, l’operare insieme per raggiungere uno scopo, un fine co-mune in una iniziativa, impresa, attività.In politica estera per cooperazione si intende la cooperazione internazionale che vede piùstati sovrani operare congiuntamente in progetti a favore di altri paesi (spesso svantaggiati)o in iniziative di sviluppo economico o industriale.La cooperazione governativa si occupa del trasferimento di risorse finanziarie, assistenzatecnica, servizi e beni da un governo o da un organo pubblico di un Paese sviluppato a favo-re di un paese in via di sviluppo (PVS), mentre la cooperazione non governativa è maggiormen-te slegata da interessi politico-economici particolari e rappresenta il canale privilegiato del-le istanze provenienti dalla società civile. Recentemente nuovi soggetti associativi hannoconfigurato una forma di cooperazione detta decentrata, che si basa sul contatto diretto tradue comunità con obiettivi comuni, e che quindi collabora con la tradizionale forma di coo-perazione.

CULTURA DI PROVENIENZAComplesso di conoscenze, competenze o credenze (o anche soltanto particolari elementi esettori di esso), proprie di un’età, di una classe o categoria sociale, di un ambiente. In etno-logia, sociologia e antropologia culturale, l’insieme dei valori, simboli, concezioni, credenze,modelli di comportamento, e anche delle attività materiali, che caratterizzano il modo di vitadi un gruppo sociale.

DISCRIMINAZIONELa discriminazione è il trattamento non paritario attuato nei confronti di un individuo o ungruppo di individui in virtù della loro appartenenza ad una particolare categoria individuata inbase alla razza, alla religione, alla politica, al sesso, alla lingua, alla classe sociale. A livello internazionale la legislazione in materia di discriminazione è determinata dallaDichiarazione Universale dei Diritti Umani, redatta dalle Nazioni Unite e firmato a Parigi il 10dicembre 1948, in cui si sanciva il rispetto nei confronti di ogni individuo indipendente dallasua appartenenza ad una particolare religione, etnia, sesso, lingua.La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea all’articolo 21 afferma che è vietataqualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pel-le o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convin-zioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una mino-ranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali.

DISTANZA SOCIALEI gruppi che si rapportano sviluppano convinzioni di vario genere su ciò che li unisce e suciò che li divide nella quotidiana vita sociale. In senso ristretto per distanza sociale la psico-logia sociale intende la disponibilità dei membri di un gruppo ad avere contatti sociali conpersone di un altro gruppo. In particolare viene studiato sino a che punto e in che cosa lepersone sono pronte a escludere o ad ammettere quanti appartengono ad un altro gruppo.

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DIVERSITÀ CULTURALESecondo la dichiarazione Universale dell’Unesco sulla Diversità culturale (Parigi 2001) “Lacultura assume forme diverse nel tempo e nello spazio. La diversità si rivela attraverso gliaspetti originali e le diverse identità presenti nei gruppi e nelle società che compongonol’Umanità. Fonte di scambi, d’innovazione e di creatività, la diversità culturale è, per il gene-re umano, necessaria quanto la biodiversità per qualsiasi forma di vita. In tal senso, essacostituisce il patrimonio comune dell’Umanità e deve essere riconosciuta e affermata a be-neficio delle generazioni presenti e future”.

EDUCAZIONE INTERCULTURALENella società globale, società di per se stessa plurale e multiculturale, il processo educativorichiede che l’educazione interculturale, come educazione alla e nella differenza, divengal’orizzonte di tutto il percorso formativo.Lo specifico dell’educazione interculturale è costituito dai processi di apprendimento cheportano a conoscere altre culture e a instaurare nei loro confronti atteggiamenti di disponibi-lità, di apertura, di dialogo. L’educazione interculturale promuove il dialogo e la convivenzacostruttiva tra soggetti appartenenti a culture diverse; si tratta di un tipo di conoscenzaestremamente complesso. Implica il superamento di una situazione statica, a favore di unprocesso basato sull’incontro-confronto, sul dialogo tra i valori proposti da persone diverse,prima ancora che da diverse culture. L’educazione interculturale si rafforza, pertanto, “suimotivi dell’unità, della diversità e della loro conciliazione dialettica e costruttiva nella socie-tà multiculturale”.

EMARGINAZIONESi intende uno stato di isolamento, di disadattamento socio ambientale ed esclusione so-ciale che spesso procura problematiche abitative, lavorative e personali gravi a tal puntoche la persona non è assolutamente integrata nella sua comunità di appartenenza ed anzi neviene esclusa.

EMIGRAZIONEI movimenti di emigrazione, ovvero l’abbandono di un dato territorio, dove si è svolta la vitadel soggetto singolo o del suo gruppo di riferimento, fino a quel momento, con la finalità diraggiungere ed insediarsi per tempi variabili in un altro territorio. I movimenti di emigrazionepossono realizzarsi all’interno dei confini di una stessa nazione, tra divers regioni, oppuretra nazioni diverse. Le migrazioni internazionali hanno raggiunto oggi dimensioni non para-gonabili a quelle del passato, probabilmente a causa dell’evoluzione dei sistemi di traspor-to, di comunicazione ed all’interscambio culturale.

ESCLUSIONE SOCIALELa situazione di esclusione sociale è riconducibile ad un complesso di situazioni di disagio,quali: forme di dipendenza, disabilità, difficoltà di integrazione, esclusione dal mondo lavo-rativo, violenza, solitudine o assenza di riferimenti familiari e affettivi. Tali situazioni portanol’individuo ad una perdita di legami che può incidere in maniera rilevante sulla sua esistenza:

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se le condizioni di esclusione si cumulano (ad esempio perdita del lavoro con assenza di le-gami familiari) la persona rischia di cadere in una situazione di isolamento affettivo, sociale erelazionale, compromettendo lo svolgimento presente e futuro della propria esistenza.

ETNIAIl termine etnia e alcuni suoi derivati sono divenuti di uso corrente. Espressioni quali minoran-ze etniche, conflitti e violenze etniche, identità etnica, pulizia etnica sono oggi diffusi nel lin-guaggio dei media. L’etnia viene per lo più concepita come un gruppo sociale dai trattiomogenei, i cui membri condividono lingua, tradizioni, cultura, religione, stili di vita, antena-ti e, almeno alle origini, abitano uno stesso territorio. Un tempo utilizzato per lo più nel linguag-gio scientifico di discipline come l’antropologia culturale, il concetto di etnia ha assunto neltempo importanti valenze politiche. Un gruppo etnico o una etnia è una collettività che iden-tifica se stessa, o che viene identificata da altri, secondo alcuni elementi comuni quali: la lin-gua, la religione, la tribù, la nazionalità, la razza o una combinazione di tali elementi, e che con-divide un sentimento comune di identità con gli altri membri del gruppo.

FLUSSI MIGRATORIL’interazione tra i vari aspetti della politica in materia di immigrazioni - aspetti umanitari ed eco-nomici, immigrazione clandestina e tratta degli esseri umani - e la necessità di trattarli sepa-ratamente senza tuttavia trascurare i collegamenti esistenti impone che siano adottate misu-re volte a promuovere la cooperazione all’interno e tra gli Stati membri e con i paesi terzi e fa-cilitare lo scambio di esperienze e di “know-how”. Data l’importanza dell’immigrazione co-me fattore che influenza la situazione demografica nell’UE, procedure adeguate dovrannoessere introdotte per assicurare il collegamento con le politiche elaborate in altri settori -soprattutto economici e sociali. (Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parla-

mento europeo relativa ad un metodo aperto di coordinamento della politica comunitaria in

materia di immigrazione 2001/0387).

IDENTITA’ ETNICAIl riconoscimento dell’identità etnica è a fondamento della richiesta, da parte di molte popo-lazioni, di maggiori diritti in campo giuridico, economico, politico e culturale. L’identità etnica è la sensazione di appartenere ad una comunità, ad una cultura e di esserediversi da chi si riconosce in altre comunità e in altre culture. Vi è una dimensione biologica,in quanto viene trasmessa di generazione in generazione attraverso la trasmissione di ca-ratteri somatici (es. forma del naso, colore della pelle, ecc.), ma vi è anche una dimensionesociale rappresentata dalla cultura e dalle tradizioni di una specifica comunità.

IMMIGRATI DI SECONDA GENERAZIONEIl dettato della Raccomandazione del Consiglio d’Europa del 1984 definisce immigrati di se-conda generazione “i bambini che sono nati nel paese di accoglienza da genitori stranieriimmigrati, ve li hanno accompagnati, oppure li hanno raggiunti a titolo di ricongiungimento fa-miliare e che vi hanno compiuto una parte della loro scolarizzazione o della loro formazioneprofessionale”.

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L’espressione “seconda generazione”, di origine inglese, è in certa qual misura contraddit-toria. Immigrato di seconda generazione apparirebbe infatti qualifica non sensata (anche sedal punto di vista giuridico possibile e anzi quotidianamente confermata), in quanto, a rigo-re, la qualifica di immigrato competerebbe solamente a chi abbia personalmente compiutol’esperienza della migrazione. L’espressione “seconde generazioni” trova maggiore chia-rezza nel riferimento alla famiglia (immigrata) più che al singolo individuo. Ecco che, nell’in-terna articolazione generazionale della famiglia immigrata, il figlio viene a occupare il ruolo del-la seconda generazione, la prima essendo quella dei padri e la terza, la quarta e così viaquella degli ulteriori discendenti. Va però aggiunto che talvolta la condizione del figlio puònon combaciare compiutamente con tale situazione, ad esempio quando egli stesso abbiacompiuto insieme ai genitori il tragitto migratorio e non sia quindi nato nel Paese di insedia-mento della famiglia. Bisogna rilevare che in questo caso se una migrazione vi è stata, nonsi è trattato di una migrazione volontaria, originata da un progetto migratorio definito. Si usaparlare per questo di “migranti involontari”. La casistica potrebbe essere alquanto raffinata,con la conseguenza di disgregare la categoria unificante di seconda generazione. Ma la rile-vanza dell’impiego di questa nozione sta appunto nella ambiguità che la condizione socialee umana ad essa associate comporta. La seconda generazione è in definitiva termine riferi-to a un collettivo sospeso tra realtà molto diverse e sin conflittuali: quella del migrante equella del nativo, quella della famiglia e del contesto sociale, quella della cultura d’origine equella della cultura acquisita, tra mondo degli adulti e mondo giovanile.

IMMIGRAZIONEL’immigrazione è il trasferimento permanente o temporaneo di gruppi di persone in un pae-se diverso da quello di origine; dal punto di vista del luogo di destinazione il fenomeno pren-de, appunto, il nome di immigrazione, da quello di origine si parla di emigrazione

INCLUSIONEProcesso attraverso il quale ai cittadini in condizione di marginalità socioculturale viene as-sicurata l’opportunità di partecipare alla vita economica, sociale e civile anche al fine diesercitare il pieno diritto di cittadinanza attiva.

INTEGRAZIONENella sua specificità indica il processo con il quale l’individuo o il gruppo minoritario si coin-volgono nella realtà culturale e sociale del paese di accoglienza senza perdere o ricusare lecaratteristiche della cultura di origine. Il processo di integrazione prevede il superamentodelle conflittualità etniche attraverso la consapevolezza del potenziale umano e creativopresente nelle diversità culturali e la sua utilizzazione per stabilire connessioni culturali pro-fonde e rapporti interpersonali pregnanti fra culture diverse. È un processo di non discriminazione e di inclusione delle differenze, quindi di contaminazio-ne e di sperimentazione di nuove forme di rapporti e comportamenti, nel costante e quotidia-no tentativo di tenere insieme principi universali e particolarismi. Essa dovrebbe quindi pre-venire situazioni di emarginazione, frammentazione, ghettizzazione, che minacciano l’equi-librio e la coesione sociale, e affermare principi universali quali il valore della vita umana,

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della dignità della persona, il riconoscimento della libertà femminile, la valorizzazione e latutela dell’infanzia, sui quali non si possono concedere deroghe, neppure in nome del valo-re della differenza (art. 3 della legge 40/98).

INTOLLERANZACon il termine intolleranza si indica un insieme di comportamenti discriminatori o intransi-genti nei confronti di persone, gruppi sociali, religiosi o etnici che esprimono punti di vista, at-teggiamenti, comportamenti, convinzioni o ideali diversi da chi è intollerante.L’intolleranza si può manifestare attraverso comportamenti discriminatori, atteggiamenti osti-li, vere e proprie azioni aggressive nei confronti delle persone portatrici di questa diversità. Leforme di intolleranza più conosciute sono quelle di tipo razziale, sessuale, religiose e politiche. L’intolleranza può essere l’azione di un singolo, di un gruppo più ampio oppure di entità or-ganizzate, quali partiti, governi o confessioni religiose.

MEDIATORE LINGUISTICO CULTURALEIl mediatore linguistico culturale è la figura professionale che ha il compito di facilitare la co-municazione e la comprensione, sia a livello linguistico che culturale, tra l’utente di etnia mi-noritaria e l’operatore di un servizio o ente pubblico (scuola, sanità, questura, servizi sociali,ecc.), ponendosi in modo equidistante e neutrale tra le parti interessate.Il mediatore è tenuto a svolgere l’attività di facilitazione con imparzialità e deve garantire ri-servatezza sui contenuti del colloquio.Collabora alla definizione delle strategie di diffusione delle informazioni curandone l’impattocon le specifiche aree culturali. La mediazione che si svolge all’interno delle istituzioni e dei servizi ha una funzione linguisti-co-comunicativa specifica che scaturisce dal rapporto interpersonale diretto tra operatoried utenti appartenenti a culture differenti: i primi ricoprono un ruolo professionale e/o istitu-zionale; gli altri, per i bisogni o per i disagi di cui sono portatori, si trovano in posizione difragilità e dipendenza nei confronti di chi eroga loro i servizi.La mediazione culturale ha l’obiettivo di creare un contesto comunicativo nel quale le perso-ne di culture diverse possono considerare normali cose che all’inizio sembravano strane o biz-zarre perché appartenenti a culture estranee alla propria.

MINORANZA ETNICAPersone che, in uno Stato, appartengono a un gruppo etnico diverso dalla maggioranza deicittadini: in Italia, per esempio, le popolazioni di lingua francese in Valle d’Aosta, di linguatedesca in Alto Adige, di lingua slava nel Friuli-Venezia Giulia, di lingua greca e albanesenelle regioni meridionali. La Costituzione italiana, all’art. 6, afferma che la Repubblica tutelacon apposite norme le minoranze linguistiche, come risulta dagli statuti delle Regioni a sta-tuto speciale di confine (in particolare, permettendo l’uso ufficiale della doppia lingua, istituen-do scuole per le minoranze e così via).

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MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATICon minore straniero non accompagnato si definisce un soggetto minorenne privo di citta-dinanza italiana o di altri stati dell’ Unione Europea il quale non avendo provveduto ad una ri-chiesta di asilo politico è presente per qualsiasi circostanza sul territorio dello Stato, in assen-za di soggetti terzi quali genitori o adulti che detengano per conto suo responsabilità legale,assistenza e rappresentanza.È in base al principio del superiore interesse del minore ed al principio di non discriminazio-

ne contenuti nella “Convenzione di New York sui diritti del fanciullo” del 1989, ratificata dal-l’Italia e resa esecutiva con la legge di attuazione n.176/91, che l’Italia si impegna a garanti-re ai minori stranieri non accompagnati tutti i diritti garantiti dalla suddetta convenzione tra iquali figurano il diritto alla protezione, alla salute, all’istruzione, all’unità familiare, alla tuteladello sfruttamento, alla partecipazione.Riguardo alla legislazione derivante da fonti di diritto interno, vengono applicate le normegeneralmente riconosciute dalla legge italiana in materia di assistenza e protezione dei mino-ri, tra le quali quelle che disciplinano: a) per il minore abbandonato, il collocamento in luogosicuro; b) l’affidamento del minore privo di un ambiente familiare. L’affidamento è disposto dalTribunale per i minorenni (affidamento giudiziale), o disposto da volontà dei genitori o del tu-tore (affidamento consensuale); c) apertura della tutela del minore, laddove il genitore nonpuò effettivamente esercitare la potestà.

OBBLIGO SCOLASTICORappresenta il periodo di istruzione obbligatoria e gratuita, impartita per almeno dieci anni (se-condo il nuovo regime in vigore dall’anno scolastico 2007-2008; in precedenza, per almenootto anni, cioè fino al compimento del 14° anno di età).

PARI OPPORTUNITÀLa normativa europea definisce il principio di pari opportunità come l’assenza di ostacoli al-la partecipazione economica, politica e sociale di un qualsiasi individuo per ragioni connes-se al genere, religione e convinzioni personali, razza e origine etnica, disabilità, età, orienta-mento sessuale.La discriminazione basata su religione o convinzioni personali, handicap, età o tendenzesessuali è proibita in tutta la Comunità Europea poiché può pregiudicare il conseguimento de-gli obiettivi del trattato CE, in particolare il raggiungimento di un elevato livello di occupazio-ne e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione eco-nomica e sociale, la solidarietà e la libera circolazione delle persone.Oltre a quelle che vedono quale primo attore le donne, come genere a cui il principio di pariopportunità, si è inizialmente applicato, lo stesso si è esteso nel tempo ad altre forme di di-scriminazione, sia sessista che di altro genere. Altre forme di discriminazione che rientranosotto un principio di pari dignità e opportunità riguarda i disabili e in generale ogni forma didiscriminazione basata sull’età, sull’etnia, sulla fede, che nega per principio a una categoriadi persone quei diritti che sono garantiti a tutte le altre, soprattutto nel campo del lavoro e del-la giustizia.

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POLITICHE DI INTEGRAZIONELe politiche di integrazione sono finalizzate al positivo inserimento nella società dei cittadiniextracomunitari regolarmente soggiornanti in Italia. Consistono in strategie e interventi desti-nati agli adulti, ai lavoratori, ai minori, ai giovani. In particolare con integrazione si intende un processo biunivoco che coinvolge la societàd’accoglienza e i cittadini stranieri e che – nella consapevolezza reciproca di obblighi e dirit-ti di ambo le parti – conduce alla piena partecipazione da parte dell’immigrato alla vita socia-le, economica, culturale e civile della società d’accoglienza e all’accesso ai beni e servizi, apari titolo e con pari dignità rispetto agli altri cittadini. Le misure di integrazione sociale sono realizzate in larga parte dalle Regioni e dagli Enti Lo-cali e finanziate con le risorse messe loro a disposizione annualmente dal Fondo nazionale perle politiche sociali. Si tratta di progetti per l’apprendimento della lingua italiana, per l’educazione interculturale,per l’accesso all’alloggio e di misure di accoglienza per eventi straordinari. Invece la quota parte del Fondo nazionale per le politiche sociali annualmente destinata adinterventi di carattere statale, è utilizzata dal Ministero per finanziare iniziative sperimentali eprogetti pilota, individuare buone pratiche, promuovere l’alfabetizzazione e l’educazione in-terculturale. (…)Infine il Ministero fa parte, insieme al Ministero dell’Interno, della Rete di punti nazionali dicontatto sull’integrazione (NCP) della Commissione europea. La Rete ha come obiettivo lo scambio di buone pratiche tra paesi membri in tema di inte-grazione dei cittadini immigrati. Inoltre, compito della Rete europea è la redazione di un Rapporto annuale sull’integrazioneche confluirà nella Comunicazione annuale della Commissione sull’Immigrazione al Parla-mento e al Consiglio. (fonte Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/ md/Area Sociale/ Immigrazione/integrazione/)

POLITICHE MIGRATORIENella categoria delle politiche migratorie si possono distinguere tre tipi di intervento le poli-tiche di immigrazione che stabiliscono le condizioni di ingresso e soggiorno in uno stato,nonché, di riflesso, di espulsione ed allontanamento; le politiche per gli immigrati che inve-ce si rivolgono a quanti sono stati ammessi a risiedere sul territorio e riguardano l’accesso aiservizi ed ai diritti; le politiche per i migranti che si riferiscono a stranieri il cui status giuridi-co è problematico perché entrati nel paese senza autorizzazione. Tra questi vi possono es-sere soggetti che non sono espellibili, come nel caso di richiedenti asilo, vittime di tratta a fi-ni di sfruttamento sessuale e minori non accompagnati.

PLURALISMO CULTURALEIl pluralismo culturale è una vera e propria coabitazione tra culture diverse: si parla di multi-culturalità quando è un pluralismo fatto anche d’incomprensioni, rifiuti e conflitti; d’intercul-turalità, al contrario, quando è capace di rispettare il mantenimento delle differenze, i dirittiumani e la legittimità di ogni cultura.

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RAZZISMOComportamento di tipo discriminatorio o intollerante verso altri individui in quanto membri diun gruppo (popolazioni di colore, omosessuali, portatori di handicap ecc.). L’affermarsi delpensiero razzista corrisponde non solo alla immagini negative dell’altro presenti in ogniepoca della storia, ma alla legittimazione di comportamenti sociali indirizzati alla discrimina-zione sistematica praticata dagli appartenenti ad alcuni gruppi su altri. In una definizione più ristretta il razzismo è una forma di comportamento ,un’ideologia che tro-va fondamento nella divisione del genere umano in razze e connette i comportamenti indivi-duali all’appartenenza a esse. La divisione del genere umano in razze nasce da un’esigenzaclassificatoria presente fin dall’antichità quando l’altro era generalizzato, lo si individuava inbase ad alcune specifiche caratteristiche fisiche (colore della pelle, conformazione del cra-nio ecc.) da cui si facevano dipendere anche i modelli culturali e le doti morali, e ciascun in-dividuo appartenente a quel gruppo era ritenuto portatore di tali caratteristiche.La nozione di razza e le presunte gerarchie razziali furono poi abbandonate dal pensieroscientifico, che ne dimostrò falsi i presunti fondamenti biologici e genetici, al punto da nonconsiderare tale categoria di alcuna utilità se non nella forma di rappresentazione dell’altro cheessa ha nell’immaginario collettivo. Tuttavia, quasi a riprova del fatto che i comportamenti ditipo razzistico sono indipendenti dalla validità delle teorie razziste, essi hanno continuato ariprodursi anche nella società contemporanea, assumendo però connotati diversi.

RETI MIGRATORIELe reti migratorie sono definibili come “complessi di legami interpersonali che collegano mi-granti, migranti precedenti e non migranti nelle aree di origine e di destinazione, attraverso i vin-coli di parentela, amicizia e comunanza di origine” (Massey, 1988: 396). L’analisi dei legami chesi sviluppano all’interno delle reti consente di comprendere come mai, tra le molte personesoggette ai medesimi condizionamenti strutturali, solo alcune intraprendano l’esperienza della mi-grazione internazionale. Consente di comprendere perché le persone si dirigano verso determi-nate destinazioni, non necessariamente le più favorevoli dal punto di vista economico o norma-tivo, e come cerchino di inserirsi nella nuova società (cfr. in proposito: Ambrosini, 2001; 2005). L’at-tenzione nei confronti delle reti è dunque un modo per analizzare le migrazioni come processi so-ciali a lungo termine, dotati di proprie dinamiche intrinseche (Castles, 2004).Le teorie dei network concepiscono le migrazioni come incorporate in reti sociali che attra-versano lo spazio e il tempo, sorgono, crescono, infine declinano. In questi approcci, le de-cisioni individuali si inseriscono all’interno dei gruppi sociali, che a loro volta si frappongonoe mediano tra le condizioni sociali ed economiche determinate a livello macro e gli effettivicomportamenti migratori soggettivi. La precedente esperienza migratoria degli individui odei loro consanguinei, i legami stabiliti tra i luoghi di origine e di destinazione, l’esistenza didispositivi di sostegno, il funzionamento di catene familiari, i flussi informativi, appaiono al-meno tanto importanti quanto i calcoli economici nella spiegazione di arrivi e partenze. Lestesse rotte e destinazioni dei rifugiati e richiedenti asilo, che a prima vista parrebbero di-pendere essenzialmente da fattori di espulsione e dalla ricerca di scampo nel primo paese si-curo accessibile, in realtà sono fortemente influenzate dai legami sociali (Koser, 1997). (Del-le reti e oltre: processi migratori, legami sociali e istituzioni, M. Ambrosini).

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RICONGIUNGIMENTO FAMILIAREIl cittadino extracomunitario, in regola con i permessi di soggiorno, può chiedere di essere rag-giunto dal coniuge, dal figlio minore, o dai figli maggiorenni purché a carico e a condizione chenon possano provvedere al proprio sostentamento. Potranno en trare in Italia anche i geni-tori degli extracomunitari che abbiano compiuto i 65 anni e se nessun altro figlio possaprovvedere al loro sostentamento.(ex Legge. n.189/2002)

RIFUGIATO POLITICO Il 28 luglio del 1951, una conferenza speciale dell’ONU approvò, a Ginevra, la Convenzionerelativa allo Status dei Rifugiati. La Convenzione detta in chiare lettere chi può essere consi-derato un rifugiato e le forme di protezione legale, assistenza e diritti sociali che il rifugiato do-vrebbe ricevere dagli Stati aderenti al documento.L’art. 1 A della Convenzione stabilisce che il rifugiato è colui “che temendo a ragione di esse-re perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinatogruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e nonpuò o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppu-re che, non avendo cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abitualea seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra”.Al contempo, la Convenzione definisce anche gli obblighi del rifugiato nei confronti dei go-verni ospitanti e alcune categorie di persone, ad esempio i criminali di guerra, che non pos-sono accedere allo status di rifugiati.Questo primo strumento era inizialmente limitato a proteggere i rifugiati per lo più europeiprovocati dalla seconda guerra mondiale, ma un Protocollo del 1967 ne ha esteso il raggiod’azione sulla spinta delle dimensioni globali assunte dal problema dell’esodo forzato.

STRANIEROIl termine che designa lo straniero contiene contemporaneamente in sé diverse accezionisemantiche dell’alterità, e cioè il forestiero, l’estraneo, il nemico. Tutto ciò che viene avverti-to come “altro” ma con il quale tuttavia si istituiscono rapporti, viene insomma condensatoin un unico termine.Nel linguaggio comune il termine “straniero” è sinonimo di “non italiano”; ma il linguaggiogiuridico, ricorre di continuo a termini mutuati dal vocabolario comune, attribuendo aglistessi significati talvolta assai differenti.Se ai sensi dell’art. 1 della Convenzione di Applicazione dell’Accordo di Schengen stranieronon è il “non italiano”, bensì il “non europeo”, il Testo Unico sull’immigrazione ampia la por-tata del termine indicato dall’art. 10 della Costituzione e dalla Convenzione di Schengen, ri-comprendendo anche gli apolidi, ossia tutte le persone che non posseggono alcuna cittadi-nanza. Quest’ultima definizione è perciò assai importante perché è ad essa che bisogna fa-re riferimento tutte le volte che altre disposizioni di legge dettino norme attinenti alle perso-ne di cittadinanza diversa da quella italiana.

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TOLLERANZASecondo la Dichiarazione Universale dell’Unesco sul principio della tolleranza (Parigi 1995)art 1: “la tolleranza è rispetto, accettazione e apprezzamento della ricchezza e della diversi-tà delle culture del nostro mondo, delle nostre forme di espressione e dei nostri modi diesprimere la nostra qualità di esseri umani. È favorita dalla conoscenza, dall’apertura di spi-rito, dalla comunicazione e dalla libertà di pensiero, di coscienza e di fede. Tolleranza è armo-nia nella differenza. Non è solo un obbligo morale: è anche una necessità politica e giuridica.La tolleranza è una virtù che rende possibile la pace e contribuisce a sostituire la culturadella guerra con una cultura di pace. Tolleranza non è concessione, condiscendenza, compiacenza. La tolleranza è, soprattutto,un atteggiamento attivo animato dal riconoscimento dei diritti umani universali e delle liber-tà fondamentali degli altri. In nessun caso la tolleranza potrà essere invocata per giustifica-re attentati a questi valori fondamentali. La tolleranza deve essere praticata dai singoli indi-vidui, dai gruppi e dagli Stati”.

UGUAGLIANZAÈ la condizione per cui ogni individuo o collettività devono essere considerati alla stessastregua di tutti gli altri, e cioè pari, uguali, soprattutto nei diritti politici, sociali ed economici.L’art. 3 della Costituzione italiana distingue un’uguaglianza formale, per la quale “Tutti i cit-tadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sessodi razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, edun’uguaglianza sostanziale, per la quale “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacolidi ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini,impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.

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ALLEGATO

QUESTIONARIO

Scuola:_______________________ Città:________________________

Classe:_______________________ Data:________________________

PARTE ICARATTERISTICHE DELL’INTERVISTATO E DEL NUCLEO FAMILIARE

1. GENERE 2. ANNO DI NASCITA

1 o Maschio ___________________2 o Femmina

3. LUOGO DI NASCITA

Nazione _______________Città ____________________ (Prov.) ____

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4.Da quanto tempo vivi in Italia? 5. Che cittadinanza hai?

1 o sempre 1 o Italiana2 o 10 anni o di più 2 o Un’altra cittadinanza. Quale? ______3 o 5-9 anni 3 o Non so4 o 3-4 anni5 o 1-26 o meno di 1 anno

6. Attualmente con chi vivi?

(Segna tutte le persone che vivono con te in questo momento)1 o Mia madre2 o Mio padre3 o Fratelli o Quanti? ______4 o Sorelle o Quanti? ______5 o Nonni o Quanti? ______6 o Zii o Quanti? ______7 o Altri parenti (Specificare: ____________________________)8 o Altre persone (Specificare: ____________________________)

7. Dove vivi?

1 o casa in affitto2 o casa di proprietà della mia famiglia3 o casa non nostra, ma senza pagare l’affitto4 o In una struttura pubblica, religiosa o privata5 o altro

8. Tua madre è cittadina italiana?

(SE NON È IN VITA METTI UNA CROCETTA o E RISPONDI COMUNQUE ALLE DO-MANDE)1 o Sì2 o No, è cittadina……………………………………………..3 o Non so

9. Lavora?

1 o Sì,in maniera continua1 o Sì. in maniera precaria3 o No, è disoccupata in cerca di lavoro4 o E’ in cassa integrazione5 o No, è casalinga o pensionata6 o Altro_________________

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10. Che lavoro fa, o qual è l’ultimo lavoro che ha fatto?

(Descrivi brevemente il tipo di lavoro che svolge e in che cosa consiste questo lavoro. Adesempio: è impiegata in banca come ragioniera; assiste una persona anziana presso unafamiglia, ecc.)________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

11. Tua padre è cittadino italiano?

TUO PADRE: (SE NON È IN VITA METTI UNA CROCETTA o E RISPONDI COMUNQUEALLE DOMANDE)1 o Sì2 o No, è cittadino……………………………………………3 o Non so

12. Lavora?

1 o Sì, in maniera continua1 o Sì, in maniera precaria3 o No, è disoccupato in cerca di lavoro4 o E’ in cassa integrazione5 o No, è pensionato6 o Altro_________________

13. Che lavoro fa, o qual è l’ultimo lavoro che ha fatto?

(Descrivi brevemente il tipo di lavoro che svolge o svolgeva e in che cosa consiste questolavoro. Ad esempio: lavora come manovale presso un’impresa edilizia, lavora in un negoziodi abbigliamento di sua proprietà, ecc.)______________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

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PARTE IIRAPPORTO CON LA SCUOLA

14. Secondo te gli insegnanti della tua scuola sono aperti e sensibili alle differenze

tra le culture presenti?

1 o Mai 2 o A volte3 o Spesso4 o Molto spesso

15. Secondo te la tua scuola è attenta a non discriminare gli studenti per l’apparte-

nenza etnica, religiosa e culturale?

1 o Mai 2 o A volte3 o Spesso4 o Molto spesso

16. La tua scuola organizza regolarmente iniziative per favorire un dialogo costante

e costruttivo tra le varie etnie presenti?

1 o Mai 2 o A volte3 o Spesso4 o Molto spesso

17. Nella tua scuola hai assistito a episodi di intolleranza e/o discriminazione nei

confronti di studenti stranieri?

1 o Mai 2 o A volte3 o Spesso4 o Molto spesso

18. Cosa pensi di fare dopo aver terminato la scuola?

1 o Cercherò un lavoro in Italia 2 o Continuerò a studiare in Italia3 o Tornerò nel mio paese di origine per studiare4 o Tornerò nel mio paese di origine per lavorare5 o Ancora non lo so

19. Tra i tuoi compagni di classe, chi ti sta più simpatico è ?

o Italiano o Straniero se straniero di quale Nazionalità? _____________________

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20. Tra i tuoi compagni di classe, con chi fai più spesso i compiti?

o un compagno di classe italiano o un compagno di classe straniero se straniero di quale Nazionalità? _____________

21. Tra i tuoi compagni, con chi parli di meno?

o un compagno di classe italiano o un compagno di classe straniero se straniero di quale Nazionalità? _____________

PARTE IIIPROCESSI DI INTEGRAZIONE E PROGETTI PER IL FUTURO

22. Secondo me in Italia ci sono pregiudizi nei confronti degli stranieri

1 o Mai 2 o A volte3 o Spesso4 o Molto spesso

23. La mia famiglia mi incoraggia a frequentare amici di diverse culture

1 o Mai 2 o A volte3 o Spesso4 o Molto spesso

Le domande dalla 24 alla 28 sono rivolte solo agli studenti stranieri. Se sei

studente italiano passa direttamente alla 29.

24. Gli adulti che vivono con me si lamentano del comportamento degli italiani nei

confronti degli stranieri e viceversa!

1 o Mai 2 o A volte 3 o Spesso4 o Molto spesso5 o Non so

25. Cosa ti piace dell’Italia?

1 o Il cibo 2 o Il clima e il paesaggio 3 o Lo sport4 o La musica5 o I miei coetanei6 o Altro (specificare……………………………………………………………)

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26. Cosa ti piace del paese di origine della tua famiglia?

1 o Il cibo 2 o Il clima e il paesaggio 3 o La musica4 o Le abitudini5 o I miei coetanei6 o Altro (specificare …………………………………………………………………..)

27. Che opinione ha la tua famiglia dei costumi occidentali?

1 o Positiva2 o Negativa3 o Non so4 o Altro

28. In casa tua parlate

1 o Solo italiano2 o Solo la lingua madre3 o Entrambe

29. Sei ben inserito nella comunità in cui vivi?

1 o No2 o Poco3 o Abbastanza4 o Molto5 o Altro

PARTE IVSOCIALIZZAZIONE E GRUPPI

30. Nel luogo dove vivi ci sono molte occasioni per conoscere ragazzi di culture diverse?

1 o No2 o Poche3 o Abbastanza4 o Molte5 o Non so

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31. Il tuo gruppo di amici è composto sia da ragazzi italiani che da ragazzi stranieri?

1 o No2 o Poco3 o Abbastanza4 o Molto

32. I ragazzi stranieri e quelli italiani condividono le stesse problematiche?

1 o No2 o Poco3 o Abbastanza4 o Molto5 o Sempre

33. A quale gruppo ti senti di appartenere di più?

(Segna max due risposte)

1 o Alla mia famiglia2 o Ai miei connazionali3 o Al gruppo di amici che frequento4 o Alla mia religione5 o Ai giovani della mia età6 o All’umanità intera7 o Solo a me stesso/a8 o Altro …………………………………………………………….

34. In quali luoghi ti senti di appartenere?

(Scegli al massimo due risposte e mettile in ordine di importanza scrivendo il numerettoaccanto)

o Alla località o alla città in cui vivoo Alla regione o provincia in cui vivoo All’Italiao Ad un’altra nazione o Quale? __________________ o All’Unione Europao Al mondo in generale

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35. Quando fai amicizia con qualcuno, quanto è importante per te…

(Segna una risposta per ciascuna riga)

130

La nazionalità Per niente Poco importante Abbastanza importate

Molto importante

Il colore dellapelle Per niente Poco importante

Abbastanza importate

Molto importante

Se è maschio ofemmina Per niente Poco importante

Abbastanza importate

Molto importante

Il modo di vestire Per niente Poco importante

Abbastanza importate

Molto importante

L’età Per niente Poco importanteAbbastanza importate

Molto importante

Il modo di esprimersi Per niente Poco importante

Abbastanza importate

Molto importante

Le persone chefrequenta Per niente Poco importante

Abbastanza importate

Molto importante

La professionedei genitori Per niente Poco importante

Abbastanza importate

Molto importante

La squadra percui tifa Per niente Poco importante

Abbastanza importate

Molto importante

La sua religione Per niente Poco importanteAbbastanza importate

Molto importante

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36. Frequenti un gruppo di amici nel tuo tempo libero?

(Segna una sola risposta)1 o Sì, frequento un gruppo di amici di scuola2 o Sì, frequento un gruppo di amici esterni alla scuola3 o Sì, frequento sia amici di scuola, sia altri amici4 o Sì, frequento solo il mio migliore amico/migliore amica5 o Sì, frequento un altro tipo di gruppo

Quale?___________________________________________________________6 o No, trascorro la maggior parte del tempo da solo/a7 o No, trascorro la maggior parte del tempo con la mia famiglia

SE HAI RISPOSTO NO (‘Non frequenti un gruppo di amici’) passa a DOMANDA 41

SE HAI RISPOSTO SI (‘Frequenti un gruppo di amici’) rispondi a tutte le domandecontenute nel riquadro seguente

37. Da quante persone è formato il tuo gruppo di amici, più o meno?

1 o Solo una: il mio migliore amico/la mia migliore amica2 o Da 3-4 persone3 o Da 5-10 persone4 o Da 11-20 persone5 o Da più di 20 persone6 o Non so

38. I tuoi amici sono prevalentemente di quale nazionalità:

(Scegli una sola risposta)1 o Solo italiani2 o Solo stranieri (di quale nazionalità ……………………………………)3 o Più italiani che stranieri4 o Più stranieri che italiani

39. In quali luoghi ti incontri di solito con i tuoi amici?

(Rispondi sì o no per ciascuno dei seguenti luoghi)

Sì No A casa mia o di altri o o

In sala giochi o o

In parchi/giardini pubblici o o

In una certa strada o piazza del quartiere o o

In un centro sportivo, in palestra o o

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In parrocchia o in altri luoghi di culto o o

A scuola o o

Su internet (chat, comunità web, ecc..) o o

Al centro commerciale o o

40. I tuoi genitori sono contenti delle tue amicizie?

1 o Sì2 o No (scrivi il perché_________________________)3 o I miei genitori non conoscono gli amici che frequento4 o Non so

41. Attualmente fai parte di qualche gruppo e/o associazione?

(Rispondi sì o no per ciascun gruppo)

Sì NoGruppo religioso o o

Gruppo di tifosi o o

Gruppo musicale o o

Gruppo sportivo, squadra o o

Associazione culturale o o

Boy scout o o

Gruppo di volontariato o o

Altro gruppo o o

Quale?_______________________

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Ruoli di genere

42. Ti rivolgeremo adesso alcune domande per conoscere la tua opinione su alcuni

aspetti del lavoro e della vita familiare. Non c’è una risposta “giusta”, è la tua

opinione che conta.

Dovresti indicare il tuo livello di accordo: quindi per ogni affermazione cerchia un nume-ro, dove1 sta per Molto d’accordo;2 Abbastanza d’accordo;3 Indifferente;4 In disaccordo;5 Molto in disaccordo

133

a. La vita di una donna è incompleta se non lavora 1 2 3 4 5

b. Le donne che lavorano sono in generale persone piùinteressanti e stimolanti che le casalinghe

1 2 3 4 5

c. Solo le donne che lavorano sono veramente indipen-denti

1 2 3 4 5

d. Le donne che lavorano sono in generale più sicure disé delle casalinghe

1 2 3 4 5

e. Una donna non dovrebbe smettere di lavorare perchéha figli

1 2 3 4 5

f. Una donna che lavora è più facilmente accettata erispettata nella società

1 2 3 4 5

g. Un uomo non dovrebbe ostacolare la carriera dellamoglie

1 2 3 4 5

h. Gli uomini dovrebbero avere un ruolo attivo nel-l’educazione dei figli

1 2 3 4 5

i. In generale, gli uomini dovrebbero fare la metà deilavori domestici

1 2 3 4 5

l. La vita familiare può funzionare quando la donna lavo-ra e il marito si occupa della casa e dei figli

1 2 3 4 5

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43. Con quale delle seguenti affermazioni sui rapporti tra uomini e donne sei più o me-

no d’accordo?

Dovresti indicare il tuo livello di accordo: quindi per ogni affermazione cerchia un nume-ro, dove1 sta per Molto d’accordo; 2 Abbastanza d’accordo; 3 Indifferente; 4 In disaccordo; 5Molto in disaccordo

134

a. E’ soprattutto l’uomo che deve mantenere la famiglia

1 2 3 4 5

b. Per una donna è molto importante essere attraente 1 2 3 4 5

c. Una donna sa fare le stesse cose che sa fare un uomo

1 2 3 4 5

d. E’ giusto che in casa sia l’uomo a comandare 1 2 3 4 5

e. Sarebbe giusto che anche gli uomini aiutassero afare le faccende domestiche

1 2 3 4 5

f. Per l’uomo, più che per le donne, è molto importanteavere successo nel lavoro

1 2 3 4 5

g. In politica la presenza delle donne in posizioni importanti è ancora insufficiente

1 2 3 4 5

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44. Con quale delle seguenti affermazioni sul comportamento sessuale di uomini e

donne sei più o meno d’accordo ?

Dovresti indicare il tuo livello di accordo: quindi per ogni affermazione cerchia un nume-ro, dove1 sta per Molto d’accordo; 2 Abbastanza d’accordo; 3 Indifferente; 4 In disaccordo; 5Molto in disaccordo

135

a. E’ preferibile sposare una donna che non ha avuto rapportisessuali con altri

1 2 3 4

b. E’ preferibile sposare un uomo che non ha avuto rapportisessuali con altri

1 2 3 4

c. Per avere dei rapporti completi bisogna aspettare il ma-trimonio

1 2 3 4

d. L’infedeltà sessuale di una donna è molto più grave di quel-la di un uomo che per sua natura è cacciatore 1 2 3 4

e. E’ giusto che le donne debbano compiacere il proprio mari-to anche se non ne hanno voglia

1 2 3 4

f. Se una ragazza viene violentata è perché se l’è cercata 1 2 3 4

g. Se una ragazza ha molti partner non deve essere conside-rata in modo negativo

1 2 3 4

h. Se un ragazzo ha molti partner non deve essere conside-rato in modo negativo

1 2 3 4

i. Non c’è sesso senza amore 1 2 3 4

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a. che proviene da una famiglia molto diversa dalla tua(non solo per ricchezza)

SI NO NON SO

b. con un atteggiamento diverso dal tuo nei confronti del-la religione

SI NO NON SO

c. con convinzioni politiche diverse dalle tue SI NO NON SO

d. più istruito/a di te SI NO NON SO

e. con una mentalità diversa dalla tua SI NO NON SO

f. con una grande differenza di età rispetto alla tua (mol-to più grande o più piccola)

SI NO NON SO

g. di nazionalità diversa dalla tua SI NO NON SO

h. con un colore della pelle diverso dal tuo SI NO NON SO

i. con un handicap SI NO NON SO

l. che ti viene suggerita dalla tua famiglia SI NO NON SO

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45. Saresti disposto ad accettare come partner una persona ……

Cerchia una risposta per ogni affermazione

Finito di stampare nel mese di giugno 2011da Effetto Immagine - Romawww.effettoimmagine.it