Categorie, Monadi e Teorema di Beck

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI CORSO DI LAUREA IN MATEMATICA TESI TRIENNALE Categorie, Monadi e Teorema di Beck Relatore: PROF .MAURIZIO CANDILERA Laureando: FOSCO LOREGIAN Matricola: 561233 Anno Accademico 2009/2010

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA

FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI

CORSO DI LAUREA IN MATEMATICA

TESI TRIENNALE

Categorie, Monadie

Teorema di Beck

Relatore:PROF. MAURIZIO

CANDILERA

Laureando:FOSCO LOREGIAN

Matricola: 561233

Anno Accademico 2009/2010

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C H I A C C H I E R E

Dietro ogni astrazione si nascondel’intuizione di una Totalità

E. Severino

Concetti come quello di categoria e di funtore, nati come linguaggio (inun senso pertinente alla logica, e inteso come set di simboli che traducesseroinformalmente –sintetizzandole– relazioni tra determinati enti), si sono poirivelati pervasivi e dotati di una, seppure ancora implicita, coerenza propria:in questa evoluzione del simbolo verso una struttura più chiara, ubiquita-ria e autoconsistente (un suo analogo elementare può essere l’inesistenza dicui nel XVI secolo si tacciava

p−1) si può vedere limpidamente incarnato l’i-

deale di connubio tra forma e sostanza caro al Matematico (per cui la primanon è altro che veicolo di rappresentazione della seconda, e la sua univocitàstrumento dell’ermeneutica;1).

Idea–guida di ogni asserzione formulata nel linguaggio delle categorie è laseguente: la natura degli enti in studio è subordinata alla possibilità di met-tere i suddetti enti in (sensata) relazione. In parole povere, non è più la naturastatica dell’oggetto in studio a interessare e ad esserne caratteristica, bensì lasua capacità di essere “trasformato” dall’azione di un opportuno morfismo2.Da un concetto elementare, atavico più che matematico (il principio di iden-tità tra enti di uno stesso conglomerato) ci si eleva dunque ad un concettopiù raffinato, che fa sentire il precedente come obsoleto e inutilmente “ma-teriale”: questo concetto o idea primaria è la nozione di relazione tra gli entidel conglomerato. Matematicamente, si assiste ad una inversione di tenden-za concettuale: le idee primitive di insieme e di elemento, collegate tra lorodalla relazione di appartenenza, non sono più sufficienti a descrivere com-piutamente strutture molto generali cui questa impostazione introspettiva(un insieme è identificato dai suoi elementi) sta stretta; ci si sposta quindi a

1 Quest’idea è innegabilmente figlia di un ideale platonico, che vuole il sapere matematico quan-to più possibile categorematico, ontologicamente autarchico: si potrebbe dire che ormai “que-st’ipotesi è stata universalmente accettata, ma non nel senso in cui la formularono i suoi inven-tori.” La spinta formalista della scuola di Hilbert ne è poco lontana, ma il linguaggio di basecon cui essa voleva imporsi –la consueta insiemistica– era forse troppo poco generale: di comeil concetto di un sapere matematico interconnesso e in vivace comunicazione con sè stesso sistia imponendo all’attenzione generale si occupano certe frange massimaliste dei teorici deitopoi; in questo particolare frame gli insiemi sono solo uno dei membri di una classe molto piùvasta.

2 L’opportunità di cedere il passo ad un termine diverso, dettato dal definiendum non in defi-nitionem si è poi scontrata con la coscienza che più utile appellarsi ad un concetto intuitivo,etimologico di morfismo, sedimentato nella mente del lettore –forse solo quello introdotto algreco, ma tant’è–, così come quello di freccia, ben più pragmatico: con una affermazione dalsapore russeliano, si può dire che morfismo e freccia sono concetti criptomorfi di una stessaidea, la mutazione di un ente ignoto in un altro, parimenti ignoto. È convinzione dello scriven-te che non si deve ignorare quel che questa impostazione mentale, così naturale, suggerisce: sequel che importa sono solo i morfismi, gli oggetti possono decadere a enti ancor meno noti deisemplici indefiniti, senza che la teoria nella sua globalità ne soffra.

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considerare gli “oggetti” in studio come indivisibili (in un senso leibniziano)tra cui sono date in partenza un certo numero di relazioni a loro esterne, einterne a una collezione che, idealmente, abbraccia (seppure con qualchecautela imposta da disagi fondazionali) “tutti” gli enti di cui si può dare unaopportuna definizione intensionale.

Posta in questi termini sintetici, questa filosofia può apparire fumosa oinutilmente astratta. Un esempio forse più vicino alla quotidianità del Letto-re profano si può dare mediante un’analogia linguistica. Il lato concreto diuna lingua è la sua semantica, l’uso dei fonemi per riconoscere un determi-nato ente (oggetto) separato dal contesto (universo); il suo lato astratto, lasintassi si occupa invece di esplicitare le relazioni che intercorrono tra varioggetti, basandosi sulla loro interdipendenza concettuale. Ciò che le parolesono, da un punto di vista sintattico non ha valore: più valore ha invece ilposto che esse occupano all’interno di una frase.

Datare queste idee è (come sempre quando si tratta di storiografia) moti-vo di imbarazzo: si può trovare nel lavoro di Eilenberg e Mac Lane del 1945General Theory of Natural Equivalences una data di nascita per il concetto difuntore, trasformazione naturale, etc., e molti concordano con questo anni-versario. L’idea di indicare una funzione come una freccia f : A → B è peròpiù antica, e dovuta a Steenrod (Regular Cycles of Compact Metric Spaces,1940) e fu subito riconosciuta come utile, imponendosi alla pratica che vo-leva indicare con f (X ) ⊂ Y una funzione. È possibile, volendo, risalire an-cora più indietro, e notare che Felix Klein, nella sua esposizione del 1872Vergleichende Betrachtungen über neuere geometrische Forschungen (Studicomparativi delle recenti ricerche geometriche), tentò di esprimere le proprie-tà di una vasta classe di oggetti geometrici mediante le proprietà algebrichedei loro gruppi di trasformazioni: grazie a Klein, quella che chiamiamo una“geometria” è determinata unicamente dal quoziente di un insieme di ogget-ti (spesso i “punti” di un insieme) sotto l’azione di un opportuno gruppo;il concetto di “proprietà geometrica” si traduce allora nel concetto di pro-prietà che sia invariante per quel ben determinato gruppo di trasformazio-ni. Ciò si traduce, nel vocabolario comune dello studente e del divulgato-re, nella locuzione “a meno di”, pervasiva ormai di ogni atto ermeneutico–matematico: così (ad esempio) due triangoli T e T ′ sono uguali a meno diisometria se esiste una rigidità (o meno volgarmente, una trasformazionelineare Θ ∈O2(R)) tale che T ′= Θ(T ).

Idee analoghe a questa hanno pervaso, previo un cambio di formalismo(sotto il quale il concetto è comunque invariante) pressoché tutte le disci-pline scientifiche e umanistiche; la tassonomia, il saggio Morfologia dellaFiaba di Vladimir Propp, lo stesso strutturalismo in Filosofia, Psicologia eLinguistica ne sono la prova storica. Quale che sia l’atto di nascita effetti-va di questo ésprit de catégorie, è innegabile l’apporto alle Scienze pure dellascuola matematica francese, e in essa di una singola persona: Alexander Gro-thendieck. Tale contributo non è ignorabile in nessuna esposizione onesta,data l’evidente partecipazione sua e della sua scuola ad un problema anti-co e profondo, che per citare un pensatore non meno attento, si sintetizzacon amarezza in “[. . . ] noi non sappiamo che cosa è l’universo”. Riprenden-do le parole dello stesso Grothendieck, vi sono tradizionalmente tre aspettidell’Essere che sono oggetto della riflessione matematica: il numero o aspet-to aritmetico, la misura o aspetto metrico (analitico) e la forma o aspetto

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geometrico. “Nella maggior parte dei casi studiati in matematica, questi treaspetti sono presenti simultaneamente e in stretta interazione.”

In tutto questo è possibile enucleare un’altro aspetto cardine della leitfa-den categoriale: l’analisi geometrica dello “spazio”, concetto astratto se avul-so dalla classe degli enti che lo abita, e troppo evanescente per il matema-tico (forse non per i filosofi di stampo kantiano?), viene esplicitato e postoin una medesima cornice teorica a far da contrappunto ad un aspetto alge-brico. Nel lavoro di Grothendieck, trasversalmente ai Seminari di GeometriaAlgebrica, si ritrova questa idea:

Come spesso accade in matematica, noi siamo riusciti [. . . ] aesprimere una certa nozione (quella di spazio, all’occorrenza) intermini di un’altra (quella di categoria). Come sempre, la scoper-ta di una tale traduzione d’una nozione (che esprime un certotipo di situazione) nei termini di un’altra (corrispondente ad unaltro tipo di situazione) arricchisce la nostra comprensione siadell’una che dell’altra mediante la confluenza inattesa di intui-zioni specifiche che si rapportano sia a l’una che all’altra. Co-sì, una situazione di natura “topologica” (incarnata dallo spaziodato) si trova qui tradotta in una situazione di natura “algebrica”(incarnata da una categoria) o, se vogliamo, il “continuo” incar-nato dallo spazio si trova tradotto o espresso dalla struttura dicategoria, di natura “algebrica”.

Questa visione di costante e fertile comunicazione dell’Algebra con gli al-tri settori della Matematica pura e applicata (e in essa, il rapporto con laGeometria è preponderante e fertile come in nessun altro luogo) ha radicirecenti, ma si è stabilmente imposta in seno a tutta l’impostazione moder-na (i.e., degli ultimi cinquant’anni): forti delle parole di Grothendieck si puòmeglio capire a cosa alluda Chevalley (del cui Séminaire Grothendieck si èpalesemente nutrito nel dare i natali alla teoria degli schemi), quando nellaprefazione al suo Concetti fondamentali di Algebra Astratta scrive che

[L’algebrista può offrire agli altri matematici] la soluzione di unproblema specifico, ma soprattutto un linguaggio con cui espri-mere dei fatti matematici ed una varietà di modelli tipicizzati diragionamento.

nota per il lettore. Questo testo è stato sofferto: è il risultato di un lavoro diintrospezione personale, oltre che di un molto più basso lavoro di redazione e riordi-no di idee tutte note e anche piuttosto noiose. Se al Lettore la sua prima caratteristicasembra eccessiva, non così pare a chi scrive (che non pretende che, solo per questo,il suo testo acquisti in Qualità); le ragioni di una affermazione che (non a caso, vistala materia dell’elaborato) è così categorica sono molteplici, e non vale la pena divul-garle. Ciò che mi importa, e che in questo paragrafo intendo fare, è notare come(proprio in forza dell’importanza che questo libello ha per me) molte persone vada-no ringraziate per avermi concesso di scriverlo. Una buona parte di chi cito non siriconoscerà nella sua iniziale, o nel soprannome che gli ho dato; altrettanta parte sì.È esattamente quello che voglio.

Si sappia, allora, che queste parole non sarebbero mai venute al mondo senza

• Pentesilea, che è il compendio perfetto di tutti i miei libri, il connubio di formae sostanza. Perché come me e la scuola gnostica prima di me, crede che questomondo non sia quello vero, che l’ignoranza sia una malattia vergognosa, e lacuriosità la chiave per la mente di Dio;

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• Tchocky, perché “non vale la pena, ricominciare, con questo caldo” e per unacerta cartella che contiene gli ipse dixit delle nostre conversazioni a notte alta(e bassa). Perché non è sparita, perché è forte senza saperlo, perché mi hafatto bene averla accanto;

• Terèza, perché Grothendieck le avrebbe detto, conoscendola, ton cœur est uncardinal inaccessible;

• Le folli conversazioni con gli utenti di www.scienzematematiche.it, che senzasaperlo hanno dimostrato un paio (non di più) di teoremi che compaiono inquesta tesi;

• Il mio relatore, il cui nome vedete lassù, che non va incolpato di nessuna scioc-chezza qui scritta, soprattutto in forza del fatto che questo documento è unarielaborazione personale di quello che compare agli atti. Mi ha aiutato a en-trare in contatto con molta Bella Matematica, indicandomi (come è giusto fa-re) una delle soglie possibili, e lasciando a me la responsabilità e il piacere dientrarci;

• Le geometrie tricotiche di Louise Brooks, separarmi dalle quali mi è stato quan-tomai terapeutico. Ora non odio più nulla, di ciò che è mio;

• Charles Mingus, che in più di una circostanza mi ha impedito di impazzire;

• La lettura appassionata dei migliori testi di Borges, Finzioni e l’Aleph: ancorasogno di trovare una geometria possibile per Babele.

• Max Collini, per la poesia che ci ha regalato fino a ieri, insegnandoci che ognidogma è disumano, ogni ideale pervaso di quel sapore, simile alle lacrime, chehanno le cause perse in partenza;

• La Gnà, perché è la prima persona a causa della quale la mia tesi di laurea nonparla di pannelli solari al silicio;

• Fonso, noto anche come Phynnoq, Rintrokkj o semplicemente Joe, perché tan-to tempo fa mi ha chiesto quanto fa 1i ; difficilmente potrei trovare, nel vastomare, un amico migliore.

Si tenga poi presente che in ogni ordine sensato che si voglia porre in questo elenco,qualcuno si lamenterà per essere stato ringraziato per ultimo: quell’ultimo passi alduale, e scoprirà di essere il primo, senza scomodare due hypothèses inutiles comeDio o la morale.

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I N T R O D U Z I O N E

La nozione di aggiunzione tra due funtori è particolarmente generale, e do-tata di un’utile simmetria: una coppia F : C D : G di funtori tra due ca-tegorie si dice coppia aggiunta se c’è un isomorfismo naturale tra i bifunto-ri HomD(F(−),−) e HomC(−,G(−)). La nozione di limite, che già da solaesprimeva in un unico linguaggio la più parte delle costruzioni classiche inAlgebra e Teoria delle Categorie (oggetti iniziali e finali, nuclei e conuclei dicoppie di frecce, prodotti e coprodotti) può anch’essa essere espressa nellinguaggio delle aggiunzioni, perché, posto che l’oggetto limite per un datodiagramma di base J esista, si ha HomCJ(∆J(C ),F) ∼= HomC(C , lim←−JF) per

ogni funtore F : J→ C (∆J è il funtore diagonale, che manda ogni oggetto Cnel diagramma costante in C ).

L’origine del nome funtori aggiunti si può far risalire alla già esistente idea,in analisi funzionale (ma più modestamente in algebra lineare), di aggiuntodi un operatore lineare tra due spazi vettoriali con prodotto scalare. Infatti,almeno formalmente, è evidente una analogia tra un operatore lineare T ∗

tale che ⟨T ∗ζ, v ⟩ = ⟨ζ, T v ⟩ e un funtore F : C → D tale che, per un funtoreG : D→ C si abbia HomD(FC , D) ∼= HomC(C ,GD), in maniera naturale siain C che in D.

Un esempio è l’aggiunzione tra il funtore “oggetto generato” (di solito uninsieme —quindi con dominio una sottocategoria di Ens— con qualche ope-razione n−aria, in un senso che è pertinenza dell’Algebra universale renderepreciso) e il funtore che “dimentica” la suddetta struttura, restituendo gli in-siemi supporto degli oggetti e le funzioni di insieme sottostanti i morfismi.Questa è divenuta la tecnica algebrica generale per definire precisamenteun “oggetto generato” da un certo insieme X : l’esempio classico è quello delfuntore F : Ens→Grp che resituisce il gruppo libero generato da un insiemee il funtore smemorato G in direzione opposta, che dimentica la struttura.

Queste aggiunzioni sono, in un certo senso, speciali: quando si sia no-tato che tutte le strutture di più frequente studio sovraimponibili a un in-sieme dato si possono tradurre in un linguaggio puramente diagrammatico,che cioè coinvolge unicamente proprietà esprimibili mediante condizioni dicommutatività poste su un opportuno diagramma di frecce, si può procede-re a ritrovare all’interno di una vasta classe di categorie strutture analoghe aquelle insiemistiche di partenza.

Partendo dalla struttura più semplice dotata di una qualche ricchezza,quella di monoide, si può notare che essa si ritrova (in senso diagrammatico)in ogni categoria C a ipotesi semplici (prodotti finiti e un oggetto terminale),e procedere poi a formare la categoria Mon(C) di tutti i monoidi in C.

Si può andare più lontano e generalizzare la nozione fino a chiedere chesi possa moltiplicare in un modo “monoidale” gli oggetti stessi di una ca-tegoria: si giunge all’idea di categoria monoidale, in cui un bifuntore chesoddisfa certe proprietà di coerenza sull’associatività (cfr. [McL, cap. 7]) fale veci della moltiplicazione di monoide, e un particolare oggetto “identità”fa le veci dell’identità del monoide. Un esempio chiarificatore è la categoria

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degli spazi vettoriali di dimensione finita su un campo K fissato, che è mo-noidale con il bifuntore “prodotto tensoriale”: (V , W ) 7→V ⊗W , e V ⊗K ∼= V .La categoria End(C) degli endofuntori su una categoria fissata è monoidalecon il bifuntore “composizione” e il funtore identico a fare da identità: que-sto conduce alla definizione di monade: si è ritrovata una struttura analogaa quella di monoide in End(C).

Queste due nozioni, apparentemente così distanti, sono in realtà intima-mente connesse: da ogni aggiunzione F : C D : G origina in modo quasiimmediato una monade (Huber, 1961), e da ogni monade T = (T,η,µ) (co-me congetturato da Hilton e dimostrato indipendentemente e pressoché si-multaneamente con due argomenti costruttivi distinti, dovuti a Kleisli, e adEilenberg e Moore nel 1965) originano un gran numero di aggiunzioni (F,G)tali che GF= T. Tra queste è interessante isolare le costruzioni che sono inqualche modo estremali tra tutti i modi di fattorizzare come coppia aggiuntauna data monade: tutti questi modi sono gli oggetti di una categoria, e la co-struzione di Kleisli esibisce il suo oggetto iniziale, mentre quella di Eilenberge Moore (detta categoria delle T−algebre per C) il suo oggetto finale.

Quando si sia notato questo, ci si può chiedere quando la categoria delleT−algebre sia equivalente a D: qualora ciò accada l’aggiunto destro si dicemonadico, e lo studio dell’aggiunzione si riduce allo studio dell’aggiunzionedi Eilenberg Moore. Il Teorema di Beck caratterizza i funtori monadici come(tutti e soli) gli aggiunti destri che riflettono gli isomorfismi e che rispetta-no diagrammi particolari detti forcelle spezzanti: forti di questo criterio simostra facilmente che ognuno dei funtori smemorati dell’aggiunzione colfuntore “oggetto generato” è monadico (si è scelto di fare un solo esempioesplicito, col funtore smemorato G : Grp→Ens).

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I N D I C E

1 teoria (elementare) delle categorie 111.1 Definizioni di partenza. 11

1.1.1 Fondamenti. 111.1.2 Categorie e Funtori. 131.1.3 Costruzioni Ulteriori. 201.1.4 Aggiunzioni. 22

1.2 Lemma di Yoneda. 281.2.1 Funtori Rappresentabili. 281.2.2 Lemma di Yoneda. 28

1.3 Costruzioni astratte. 311.3.1 Prodotti e Coprodotti. 321.3.2 Nuclei e Conuclei. 351.3.3 Pullback e Pushout. 361.3.4 Limiti Induttivi e Proiettivi. 391.3.5 Funtori Continui, Categorie Complete. 44

2 monoidi e monadi 472.1 Strutture Algebriche nelle Categorie. 47

2.1.1 Monoidi, Gruppi, Anelli. 472.2 Aggiunzioni dalle Monadi. 53

2.2.1 Funtori Monadici. 592.2.2 Il teorema di Beck. 61

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1T E O R I A ( E L E M E N TA R E ) D E L L E C AT E G O R I E

1.1 definizioni di partenza.1.1.1 Fondamenti.

Un procedimento ubiquitario in Teoria delle Categorie consiste nel conside-rare la collezione di “tutte” le strutture di un certo tipo (“tutti” gli insiemi,i gruppi, gli spazi vettoriali su uno stesso campo, . . . ). Per esempio, moltedelle definizioni esposte nel linguaggio delle categorie (essere un monomor-fismo, la proprietà di proiettività di un gruppo abeliano, . . . ) sono date apartire da enunciati del tipo

∀A∀B . . .∃! Z tale che . . .

in cui i quantificatori universali legano tra loro variabili A, B , . . . , Z che va-riano all’interno di una collezione in cui sono idealmente raccolti tutte lestrutture di un certo tipo. È tuttavia noto che una definizione intensionalecosì sintetica conduce a dei fastidiosi paradossi:

Proposizione 1.1. Non esiste un insieme S = x | x è un insieme .

Dimostrazione. L’argomento è classico ed è esattamente in paradosso di Rus-sell. Se per assurdo esistesse un tale insieme, il sottoinsieme X ⊆ S tale chex ∈X ⇐⇒ x /∈ x sarebbe tale per cui X ∈X ⇐⇒ X /∈ X .

Questo fatto, da solo, è sufficiente a mostrare che il procedimento di consi-derare “tutti” gli elementi di una collezione va usato con circospezione, per-ché esistono molte proprietà ϕ(·) degli insiemi tali per cui x | ϕ(x ) nonpuò essere un insieme in senso usuale.

Universi.

Vi sono, essenzialmente, due modi elementari di ovviare a questo problemafondazionale: il primo è dovuto a Grothendieck (cfr. [GrS4, pp. 1–3]), e si ba-sa sull’inserzione, all’interno dell’usuale teoria degli insiemi (vale a dire quel-la formulata da Zermelo e Fraenkel) di un assioma aggiuntivo riguardanteinsiemi speciali detti universi.

Definizione 1.1 [UNIVERSO DI GROTHENDIECK]: Un universo è un insiemenon vuoto UUU che gode delle proprietà seguenti:

• Se x ∈UUU e y ∈ x , allora y ∈UUU ;

• Se x , y ∈UUU allora x , y ∈UUU ;

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12 teoria (elementare) delle categorie

• Se x ∈UUU , allora y ∈UUU per ogni y ⊆ x ;

• Se I ∈UUU e x i è una famiglia di elementi di UUU indicizzata da I , allora⋃

i∈I x i ∈UUU ;

Immediata conseguenza di questa definizione è che gli insiemi che risul-tano dalle operazioni di unione (su famiglie di indici che sono elementi diUUU ), coppia (nel senso di Kuratowski per cui (x , y ) = x ,x , y ), passaggio al-l’insieme potenza, prodotto cartesiano, esponenziazione (intendendo conY X l’insieme delle funzioni da X a Y ) sono tutti elementi di UUU .

In una definizione naïf, un universo si può dunque pensare come dotatodell’utile proprietà di essere chiuso rispetto a tutte le usuali operazioni in-siemistiche e tuttavia “abbastanza piccolo da restare un insieme”. L’assiomaproposto da Grothendieck è

Assioma [DEGLI UNIVERSI]: Ogni insieme X è elemento di un opportunouniverso UUU X .

Secondo la definizione 1.1, l’intersezione di due (o più) universi è anco-ra un universo: è allora chiaro che per ogni insieme esiste il più piccolouniverso che lo contiene, realizzato come

UUU⊇X UUU .

Osservazione 1.1.1. Ci si potrebbe chiedere, ora, qual è un esempio di uni-verso? Non è triviale rispondere a questa domanda; in [GrS4] si legge

[...] Cependant le seul univers connu est l’ensemble des sym-boles du type ∅,∅,∅,∅, . . . etc. (tous les éléments de cetunivers sont des ensembles finis et cet univers est dénombra-ble). En particulier, on ne connaît pas d’univers qui contienneun élément de cardinal infini. [...]

Il problema è sottile: se un universo dotato di un elemento di cardinale infi-nito esistesse, esso sarebbe in modo naturale un modello per la teoria degliinsiemi di Zermelo–Frænkel: questo implicherebbe la consistenza di ZF(C),un fatto vietato dal secondo teorema di incompletezza di Gödel.

Grazie all’Assioma degli Universi possiamo allora fissare un universo UUU echiamare insiemi piccoli (o insiemi UUU−piccoli quando si debba specificare)tutti gli elementi di UUU : da ciò segue immediatamente che per ogni insieme Xesiste un insieme Σ tale che X ∈Σ ⇐⇒ X è un insieme piccolo; basta infattiprendere un universo contenente X .

Possiamo a questo punto considerare tutti gli insiemi UUU−piccoli dotati diuna certa struttura, definendo (per esempio) gli UUU−gruppi come tutti i grup-pi il cui insieme sottostante è UUU−piccolo, e analogamente gli UUU−spazi topo-logici, gli UUU−anelli, gli UUU−grafi. . . Il vantaggio di questa scelta tecnica consi-ste nell’evitare elegantemente il paradosso proposto nella Proposizione 1.1,potendo infatti studiare solo collezioni che restano insiemi; lo svantaggio(cfr. [McL]) consiste nell’obbligo di rinunciare alla possibilità di studiare“tutti” (in una accezione omnicomprensiva) i gruppi, gli spazi topologici, igrafi.

A qualunque utilizzo pratico lo svantaggio appena citato è però di pocaimportanza: si può infatti pensare (cfr. [McL, cap. I.6]) che, dato un universoUUU , tutta la matematica “ordinaria” si costruisca studiando unicamente gliinsiemi UUU−piccoli.

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1.1 definizioni di partenza. 13

Classi.

Un procedimento alternativo (cfr. [Bor1, p. 3 e segg.]) per evitare il parados-so enunciato in 1.1 consiste nell’adottare l’assiomatica di Gödel–Bernays–Von Neumann (NBG). Nell’insiemistica di Zermelo e Fraenkel (ZF(C)) gli in-definiti sono tre: l’idea di insieme, quella di elemento e la relazione ∈ di ap-partenenza tra il secondo e il primo. Nell’insiemistica NBG esiste invece unulteriore concetto primitivo, quello di classe (che si può pensare intuitiva-mente come “collezione troppo grande per essere un insieme”); questa no-zione è legata alle precedenti dalla proprietà per cui ogni insieme è ancheuna classe; nella fattispecie si introduce l’assioma

Assioma [DELLE CLASSI]: Una classe C in NBG è un insieme se e solo se essaappartiene ad un’altra classe.

Tale assioma conduce al seguente schema di comprensione:

Se ϕ(x1, . . . ,xn ) è una formula dove i quantificatori esistenzia-li occorrono unicamente su variabili che sono insiemi, alloraesiste una classe C tale che

(x1, . . . ,xn ) ∈C ⇐⇒ ϕ(x1, . . . ,xn )

Ora, è facile notare che tutte le usuali strutture (gruppi, anelli, spazi topo-logici,. . . ) soddisfano allo schema di comprensione sopra citato; accettandol’assioma delle classi possiamo trovare (per esempio) una classe Grp tale che

(G , ·) ∈Grp se e solo se (G , ·) “è un gruppo”

ove con “è un gruppo” si intendono sintetizzare i tre assiomi di gruppo rela-tivi a G . Questo definisce la classe di tutti i gruppi.

Ci si potrebbe chiedere, ora, quale sia il giusto punto di vista da adottare.Ovviamente la risposta dipende fortemente dalla generalità di cui si voglio-no dotare i risultati che si enunciano. Si può mostrare ([GrS4, p. 3]) chel’assioma degli universi di Grothendieck è indipendente dagli assiomi dellateoria degli insiemi ZF(C), e che fissato un universo UUU , si ottiene un modelloper NBG scegliendo per “insiemi” gli elementi diUUU e per “classi” gli elementidi P(UUU) (che non è una classe, cfr. [McL, cap. I.6]).

A tutti i fini pratici, quindi, si potrebbe pensare che i due approcci siano in-tercambiabili, e la giustificazione di una scelta a discapito dell’altra sia soloun fatto di coerenza. Nel seguito si adotterà, tranne che in un caso, il primoapproccio: al prezzo (modico) di sottintendere che gli oggetti siano elementidi un universo UUU fissato una volta per tutte, si evita un problema legato allacategoria dei funtori tra due categorie fissate, di cui si fa ampio uso lungotutta l’esposizione; in un approccio che usa (anche in una variante ingenua)NBG infatti quest’ultima non soddisfa le richieste della Definizione 1.2, da-to che la collezione delle trasformazioni naturali tra F e G non è un insiemenon appena ObC è una classe.

1.1.2 Categorie e Funtori.

Definizione 1.2 [CATEGORIA]: Una categoria C consiste del dato di

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14 teoria (elementare) delle categorie

1. Una collezione i cui elementi sono detti oggetti, indicati con A, B , . . .denotata con ObC (si scrive A ∈ObC per indicare che A è un elementodi tale collezione);

2. Una collezione di insiemi HomC(A, B) (qualora non vi sia pericolo diconfusione si scrive solamente Hom(A, B)), uno per ogni A, B ∈ ObC,i cui elementi sono detti morfismi o frecce di C tra A e B .

3. Una legge di composizione

: Hom(B ,C )×Hom(A, B)→Hom(A,C ) : (g , f ) 7→ g f

che sia associativa, definita per ogni terna di oggetti A, B ,C ∈ObC.

Per ogni morfismo f ∈HomC(A, B) chiameremo A dominio, e B codominiodi f (un morfismo di C si identifica naturalmente con la terna (A, B , f ): siscrive f : A→ B .

Per ogni oggetto A ∈ ObC esiste un morfismo 1A ∈HomC(A, A) (che dun-que è non vuoto) tale che per ogni A, B ∈ ObC e f : A → B si abbia f 1A =f = 1B f .

Definizione 1.3 [FUNTORE]: Date due categorie C e D, un funtore F : C→Dconsiste nel dato di

1. Una corrispondenza sugli oggetti, che associa ad ogni oggetto C ∈ObCun oggetto F(C ) ∈ObD;

2. Una corrispondenza sulle frecce HomC(A, B) → HomD(F(A),F(B))(una per ogni A, B ∈ ObC) che associa ad ogni freccia f : A → B unafreccia F( f ) :F(A)→F(B).

La corrispondenza definita in (2) deve essere tale che

• F(1A) = 1F(A);

• F(g C f ) =F(g ) DF( f ).

Ogni corrispondenza di questo tipo si dice funtoriale.

Definizione 1.4 [SOTTOCATEGORIA]: Sia C una categoria. Una sottocategoriac di C è una categoria definita dalle condizioni seguenti:

1. Ogni oggetto di c è un oggetto di C;

2. Per ogni A, B ∈Obc si ha Homc(A, B)⊆HomC(A, B).

Qualora in (2) l’inclusione sia un’uguaglianza la sottocategoria si dice piena.

Se c è una sottocategoria di C scriviamo c à C. Se c è una sottocategoriapiena di C scriviamo cÊC.

Definizione 1.5 [ISOMORFISMO]: Siano C una categoria, e f : A → B un suomorfismo. Quest’ultimo si dice isomorfismo (o morfismo invertibile) se esi-ste un morfismo g : B→ A tale che f g = 1B e g f = 1A . Una tale g è dettainversa di f .

Page 15: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

1.1 definizioni di partenza. 15

Proposizione 1.2. Se un’inversa di f esiste, essa è unica. Infatti se r , s : B →A sono inverse di una stessa f : A→ B si ha

r = 1A r = s f r = s 1B = s

Esempio 1. Sono esempi di categorie

1. La categoria Ens, che ha come oggetti gli insiemi e come morfismi le funzionidi insieme. Tale categoria contiene come sottocategorie (in generale non piene)quelle degli insiemi strutturati, caratterizzate dai morfismi che rispettano lestrutture poste (gruppi, anelli, R−moduli sinistri o destri, e morfismi di gruppi,anelli, R−moduli sinistri o destri).

2. Ogni insieme P su cui sia posta una relazione di ordine parziale “≤”. Infatti, Psi può vedere come una categoria, i cui oggetti sono gli elementi dell’insieme, ein cui Hom(p ,q) contiene un solo elemento se p ≤q ed è vuoto altrimenti.

Dimostrazione. Le proprietà riflessiva e transitiva della relazione≤ corrispon-dono agli assiomi che deve rispettare un morfismo in una categoria.

Definizione 1.6 [MONOMORFISMI ED EPIMORFISMI]: Sia C una categoria. Unmorfismo f : A → B si dice monomorfismo se, data una coppia di morfismig , h : C ⇒ A, f g = f h implica che g = h. Si scrive f : A ,→ B .

Dualmente un morfismo f : A → B si dice epimorfismo se, data una cop-pia di frecce i , j : B ⇒ D, i f = j f implica che i = j . Si scrive f : A B

Proposizione 1.3. Nella categoria Ens degli insiemi, i monomorfismi sonotutti e soli i morfismi iniettivi.

Dimostrazione. Sia f : A ,→ B e a , a ′ ∈ A, a 6= a ′. Sia poi x un qualunqueinsieme con un unico elemento. Consideriamo le funzioni a , a ′ : x → A,definite da a (x ) = a a ′(x ) = a ′. Se f è un monomorfismo, f a 6= f a ′, perciòf (a ) = f (a (x )) 6= f (a ′(x )) = f (a ′) e allora f è iniettiva. Viceversa, se f èiniettiva e g , h : C → A sono due funzioni non identiche, allora esiste c ∈ Ctale che g (c ) 6= h(c ), e allora f (g (c )) 6= f (h(c )).

Proposizione 1.4. Sia C una categoria, e m : B →C un isomorfismo. Alloram è sia un monomorfismo che un epimorfismo. A B

x //

y// C

m //

D1 ##

C

D

eDimostrazione. Nel diagramma a fianco, se m : B → C un isomorfismo con

inverso e : C → B , allora m x = m y implica x = e m x = e m y = y , e allora mè un monomorfismo. Similmente si mostra che è anche un epimorfismo.

Osservazione 1.1.2. Nella categoria degli insiemi le funzioni suriettive sonosempre epimorfismi, ma il viceversa non è sempre vero se si consideranodelle sue sottocategorie strutturate. Per esempio, l’inclusione i : Z⊆Q nellacategoria Ann degli anelli (commutativi con unità) è un epimorfismo (nel

diagramma Zi→ Q

u⇒v

R , se u i = v i , si ha u (z ) = u (i (z )) = v (i (z )) =

v (z ) per ogni z ∈ Z), ma non è, chiaramente, una funzione suriettiva.

Osservazione 1.1.3. Il morfismo i : Z→ Q sopra definito è un monomorfi-smo, e un epimorfismo, come appena mostrato, ma non è un isomorfismoin Ann: ciò mostra che l’inverso della Proposizione 1.4 non è vero.

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16 teoria (elementare) delle categorie

Definizione 1.7 [CATEGORIA BILANCIATA]: Una categoria dove tutte le frec-ce che sono sia monomorfismi che epimorfismi sono isomorfismi si dicebilanciata.

La categoria degli insiemi è bilanciata, e invece, come mostra la preceden-te osservazione, la categoria Ann degli anelli (commutativi con unità) non loè.

Osservazione 1.1.4. Si può dare un esempio anche di un monomorfismonon iniettivo. Consideriamo la categoria Top∗ degli spazi topologici puntaticonnessi e in essa l’elica cilindrica (H, p) di raggio 1 e passo 1, con il puntop = (1, 0, 0) in evidenza, il circolo unitario S1, e la proiezione π : (H, p)→(S1, s ). Dato X ∈ObTop∗ , se una f : X → S1 si rialza attraverso una g : X →H,tale g è unica. Ciò significa esattamente che π è un monomorfismo di Top∗,ma visibilmente non è una funzione di insiemi suriettiva.

Definizione 1.8 [FUNTORI PIENI, FEDELI, CONSERVATIVI]: Sia F : C → D unfuntore tra due categorie.

• F si dice pieno se per ogni X , Y l’applicazione

F : Hom(X , Y )→Hom(F(X ),F(Y ))

che manda u : X → Y in F(u ) :F(X )→F(Y ) è suriettiva.

• F si dice fedele se per ogni X , Y l’applicazione F su definita è iniettiva.

• F si dice pienamente fedele se per ogni X , Y l’applicazione F su defini-ta è biiettiva.

• F si dice conservativo (o si dice che F riflette gli isomorfismi) se il fat-to che F(v ) sia un isomorfismo in D implica che v lo fosse in C (ilviceversa è sempre vero).

Osservazione 1.1.5. Una sottocategoria c à C è piena quando il funtore diinclusione c ,→ C è pieno. Dunque una sottocategoria piena di C è deter-minata dalla sola assegnazione dei suoi oggetti, consistendo i suoi morfismidegli stessi morfismi di C. Ens f , categoria degli insiemi di cardinalità finita,è una sottocategoria piena di Ens. Non tutte le sottocategorie di Ens sonopiene, cosa che si vede facilmente notando che esistono morfismi tra (gli in-siemi che sono) i supporti di strutture algebriche (anelli, gruppi, etc.) chenon sono morfismi di quella struttura.

A B0A B //

0

GG

Definizione 1.9 [OGGETTI INIZIALI E FINALI]: Sia C una categoria. Un oggettoA ∈ ObC si dice iniziale se per ogni C ∈ ObC esiste uno e un solo morfismoA→C . Un oggetto Ω (spesso si indica anche con 1) si dice finale se per ogniC ∈ObC esiste uno e un solo morfismo C →Ω.

Oggetti iniziali e finali sono unici a meno di un unico isomorfismo. Unoggetto 0 che sia allo stesso tempo iniziale e finale, ossia tale che, per ogniA ∈ObC esista una sola freccia 0→ A e una sola freccia A→ 0 si dice oggettozero. Anche gli oggetti zero sono unici a meno di un unico isomorfismo inC. Se C ha un oggetto zero, nessun Hom(A, B) è vuoto, visto che comunquedata una coppia di oggetti A, B ∈ ObC esiste un morfismo A → B ottenutoper composizione di A→ 0 e di 0→ B .

Page 17: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

1.1 definizioni di partenza. 17

F(X )F( f )

//

τX

F(Y )

τY

G(X )G( f )

// G(Y )

Definizione 1.10 [TRASFORMAZIONE NATURALE]: Dati due funtori F,G : C→D una trasformazione naturale τ : F → G consiste di una famiglia di morfi-smi τX :F(X )→G(X ), uno per ogni X ∈ObC, detti componenti della trasfor-mazione naturale, dalle quali τ è univocamente identificata (nel senso chedue trasformazioni naturali coincidono se e solo se coincidono sulle compo-nenti), tale che per ogni morfismo f : X → Y il diagramma quadrato a fiancosia commutativo, ossia τY F( f ) = G( f ) τX .

Definizione 1.11 [EQUIVALENZA NATURALE]: Siano F,G : C⇒ D due funtori.Una trasformazione naturale τ :F→G tale che ogni sua componente sia unisomorfismo è detta equivalenza naturale o isomorfismo di funtori.

Esempio 2. Sia Ens la categoria degli insiemi, che ha come frecce le funzioni di insie-me, I il funtore identico e P il funtore potenza (sugli oggetti, l’insieme A viene man-dato nel suo insieme delle parti P(A), e sulle frecce, f : A → B viene mandata inP( f ) : P(A) → P(B), che manda U ⊂ A in f (U) ⊂ B). Una trasformazione natu-rale tra I e P è σ, la cui componente sull’insieme A manda x nel singoletto x , dimodo che si abbia

AσA //

f

P(A)

P( f )

BσB

// P(B)

f (a ) =P( f ) σA (a ) =σB ( f (a )) = f (a )

Definizione 1.12 : Seτ e’ una trasformazione naturale tra i funtoriF,G : C→D, definiamo due ulteriori trasformazioni naturali a partire da un terzo fun-tore H : H→C (H una terza categoria):

τ∗H : FH→GH : (τ∗H)C = τH(C ) : FH(C )→GH(C )

Analogamente con un quarto funtore K : D → K si costruisce la trasforma-zione naturale

K∗τ : KF→KG : (K∗τ)C =K(τC ) : KF(C )→KG(C )

È evidente che (τ∗H) H′= τ∗ (H H′) e K′ (K∗τ) = (K′ K) ∗τ.

Osservazione 1.1.6. Fissate due categorie C,D i funtori e le trasformazio-ni naturali formano oggetti e morfismi di una categoria, scritta Hom(C,D).Due trasformazioni naturali si compongono componente per componen-

te, di modo che se Fα−→ G

β−→ H si abbia (β α)C = βC αC . L’identità di

HomHom(C,D)(F,F) è la trasformazione naturale che è l’identità in ogni com-

ponente. Seτ :F→G è una equivalenza naturale, leτ−1X : G(X )→F(X ) sono

le componenti di una trasformazione naturale τ−1, la cui composizione conτ consiste nella trasformazione naturale identica.

Vi è però un secondo modo di comporre trasformazioni naturali. AF%%

G

99 α BH%%

K

99 β C

composizione orizzontale. Date tre categorie A,B,C, quattro funtoriF,G : A → B e H,K : B → C possiamo definire la composizione orizzontale

Page 18: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

18 teoria (elementare) delle categorie

di due trasformazioni naturali α : F → G e β : H → K come β •α, dispostecome nel diagramma a lato, le cui componenti sono definite in modo checommuti (in tutte le sue parti) il diagramma

HF(Y ) HG(Y )H(αY )

//

HF(X )

HF(Y )

HF( f )

HF(X ) HG(X )H(αX )

// HG(X )

HG(Y )

HG( f )

KF(Y ) KG(Y )K(αY )

//

KF(X )

KF(Y )

KF( f )

KF(X ) KG(X )K(αX )

// KG(X )

KG(Y )

KG( f )

βF(X )

βF(Y )

βG(X )

~~

βG(Y )

~~

(1.1)

In virtù di questa commutatività si ha (β ∗G) (H ∗α) = (K ∗α) (β ∗F),e ha senso definire α •β : HF→KG, (α •β)X = βG(X ) H(αX ) = K(αX ) βF(X ). La composizione orizzontale di trasformazioni naturali segue la sin-tassi di una legge di composizione (nel senso della definizione 1.2, al puntoiii) è associativa, e rende la collezione delle trasformazioni naturali la classedei morfismi di una categoria Fnco(C,D).

Dimostrazione. Che β •α sia una trasformazione naturale discende diretta-mente dalla commutatività del diagramma sopra, dato che, seguendo op-portune frecce, si ha KG( f ) βG(X ) H(αX ) = βG(Y ) H(αY ) HF( f ).

Che poi la composizione • sia associativa discende da un conto diretto:consideriamo tre coppie di funtori e tre trasformazioni naturali come neldiagramma

AU%%

V

99 β BF%%

G

99 κ CH&&

K

88 µ D

Allora per ogni A ∈ObA abbiamo

((µ•κ) •β)A = (µ•κ)V(A) HF(βA)

= µGV(A) H(κ(A)) HF(βA)

(µ• (κ•β))A = µGV(A) H(κ•β)A

= µGV(A) H(κV(A) F(βA)).

Definizione 1.13 [EQUIVALENZA DI CATEGORIE]: Siano C, D due categorie.Una equivalenza di categorie tra C e D consiste di due funtori F : C → D,G : D → C tali che esistano due equivalenze naturali ξ : F G → IC e η :GF→ ID tra la composizione di F e G e il funtore identico di C e D. Se traC e D esiste un’equivalenza, le due categorie si dicono equivalenti: si scriveC≈D.

Page 19: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

1.1 definizioni di partenza. 19

Osservazione 1.1.7. Spesso si commette l’abuso di notazione di dire che ilsolo F : C→D è una equivalenza di categorie se esiste G : D→ C tale che F,G formino una equivalenza di categorie tra C e D.

Esempio 3. Sia C la categoria con un oggetto (diciamo C ) e la sola freccia identica, e Dla categoria con due oggetti (diciamo D1, D2) e quattro frecce (le identità, α : D1→D2

e la sua inversa α−1 : D2→D1. Allora C≈D.

AidA

%% ∼ // B idB

yy

C idC

yy

Infatti, se definiamo F come il funtore che manda C in D1 (ed è vincolato dall’essereun funtore a mandare 1C in 1D1 ), e G come il funtore che manda entrambi gli oggettie tutte le frecce in C e 1C , tra F G e ID esiste un’equivalenza naturale definita sullesue componenti come ηD1 = 1D1 e ηD2 = α : D1 → D2. Tra G F e IC esiste unaequivalenza naturale definita sull’unica componente come ξC = 1C .

Definizione 1.14 [ISOMORFISMO DI CATEGORIE]: Due categorie C e D si dico-no isomorfe se tra loro esiste un funtore invertibile (detto isomorfismo tra ledue categorie), ossia F : C→D tale che esista G : D→C con la proprietà cheF G= ID e GF= IC.

Secondo la filosofia categoriale, è “spiacevole” fare distinzioni tra oggettiisomorfi; in particolare è spiacevole distinguere due funtori che sono lega-ti tra loro da una equivalenza naturale. In tale ottica allora la definizionedi isomorfismo di categorie è peggiore della nozione di equivalenza, perchéinutilmente più rigida.

In più bisogna notare che per un funtore F : C→D si dispone di un crite-rio (semplice da verificare) che assicura che F è parte di un’equivalenza dicategorie. Più precisamente si ha la seguente

Proposizione 1.5. Siano C,D due categorie e F : C→D un funtore. Allora F

è (parte di) una equivalenza di categorie se e solo se è pienamente fedele edessenzialmente suriettivo (ossia ogni oggetto di D è isomorfo a F(C ) per uncerto C ∈ObC).

Dimostrazione. Supponiamo cheF sia parte di una equivalenza di categorie.Allora esistono una coppia di equivalenze naturali α : IC→ EF, β : ID → FE

per un certo funtore E → D → C. Allora per ogni C ,C ′ ∈ ObC e f : C → C ′

commuta il diagramma

C ′ EF(C ′)αC ′//

C

C ′

f

C EF(C )αC // EF(C )

EF(C ′)

EF( f )

Perciò F( f ) = F( f ′) ⇒ EF( f ) = EF( f ′) ⇒ f = f ′, e F è fedele (infat-ti EF( f ) = αC ′ f α−1

C e l’invertibilità delle componenti di α permette dicancellarle); con un ragionamento analogo si deduce che anche E è fedele.

C ′ EF(C ′)∼=//

C

C ′

C EF(C )∼= // EF(C )

EF(C ′)

E(h)

Consideriamo ora h : F(C )→ F(C ′) e il diagramma a lato, dove la frecciaC → C ′ è determinata da α−1

C ′ E(h) αC . Ma dal diagramma precedente si

ha anche f = α−1C ′ EF( f )αC , dunque EF( f ) = E(h), e siccome E è fedele,

Page 20: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

20 teoria (elementare) delle categorie

F( f ) = h; quindi F è pieno. Infine, se β : ID → FE, per ogni D ∈ ObD si haβD : D ∼=F(E(D)).

Viceversa, se F è essenzialmente suriettivo, per ogni D ∈ ObD scegliamoun oggetto CE ∈ObC tale che esista un isomorfismo D ∼=F(CE). Le posizio-ni E : D→CE = E(D) e βD : D→FE(D) definiscono la corrispondenza suglioggetti del funtoreE e le componenti di un’equivalenza naturaleβ : ID →FE.Ora, data h : D→D ′ in D, esiste un solo modo di completare il diagramma

D ′ FE(D ′)βD′//

D

D ′

h

D FE(D)βD// FE(D)

FE(D ′)

con βD ′ h β−1D . Siccome F è pieno e fedele, esiste una e una sola freccia

hE = E(h) : E(D)→ E(D ′) tale che FE(h) = βD ′ h β−1D . Questo definisce

la corrispondenza di E sulle frecce e lo rende un funtore. In tal modo β èdavvero un’equivalenza. Per trovare α : IC → EF si applica F ad un oggettoC ∈ ObC e si considera βF(C ) : F(C ) → FEF(C ). Siccome F è pienamente

fedele F( f ) è un isomorfismo se e solo se lo è f , dunque βF(C ) proviene da

un isomorfismo C ∼= EF(C ), che è la componente in C di α (la naturalitàdiscende da quella di β e dal fatto che F è un funtore).

Osservazione 1.1.8. È necessaria una qualche forma dell’Assioma di Sceltaper determinare un oggetto CE ∈ ObC tale che esista un isomorfismo D ∼=F(CE).

1.1.3 Costruzioni Ulteriori.

Date una o più categorie, è possibile procedere alla costruzione di nuovecategorie a partire da quelle originarie.

Prodotti e Dualità

1. La categoria prodotto C×D di due categorie C,D date ha come oggettile coppie (C , D) con C ∈ ObC, D ∈ ObD e come frecce quelle dellaforma ⟨ f , g ⟩ : (C , D)→ (C ′, D ′), con f : C → C ′, g : D → D ′. È chiaroche ⟨ f , g ⟩ C×D ⟨h, k ⟩= ⟨ f C h, g D k ⟩ e che 1(C ,D) = ⟨1C , 1D ⟩ per ogni

(C , D) ∈ObC×D .KS

||

T

""

F

C C×DπC

ooπD

// D

Esistono due funtori di proiezione naturale πC : C×D → C (rispetti-vamente, πD : C×D→ D), definiti da (C , D) 7→ C , ⟨ f , g ⟩ 7→ f (rispet-tivamente, (C , D) 7→ D, ⟨ f , g ⟩ 7→ g ) e dotati della proprietà seguente:data una qualunque categoria K e una coppia di funtori S : K → C,T : K → D, esiste un unico funtore F : K → C tale che πC F = S,πC F= T.

Osservazione 1.1.9. Un funtore F : C×D→ E induce in modo natu-rale un funtore F(C ,−) : D → E (in generale uno per ogni C ∈ ObC)e un funtore F(−, D) : C→ E (in generale uno per ogni D ∈ ObD) dimodo che siano definite due corrispondenze C → Hom(D,E), D →

Page 21: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

1.1 definizioni di partenza. 21

Hom(C,E). Il funtore F(C ,−) (rispettivamente, F(−, D)) si chiamaspecializzazione diF nella prima(rispettivamente, nella seconda) com-ponente.

I funtori da una categoria prodotto si dicono bifuntori: ogni bifuntoreè determinato univocamente dalle sue specializzazioni nelle compo-nenti. Con un facile procedimento induttivo si costruisce il prodottodi un qualunque numero n di categorie e si definisce un n−funtore,per ogni n ∈N.

2. La categoria Cop, detta opposta o duale della categoria C, è formatadalla stessa classe di oggetti di C, e dalle stesse frecce cui però so-no stati scambiati dominio e codominio: dato un diagramma com-mutativo del tipo D, il suo corrispettivo in Cop consta del diagram-ma Dop. Volendo essere più precisi, data una categoria C è possibi-le definire una corrispondenza funtoriale (nel senso della Definizione1.3) che è l’identità sugli oggetti e che sulle frecce consiste di una in-voluzione la quale, una volta identificato un morfismo con la terna(dom f , cod f , f ) manda f in (cod f , dom f , f op). A

f//

g f

!!

B

g

D C

A Bf op

oo

Dop C

g op

OO

(g f )op

bb

L’immagine di C mediante questa corrispondenza definisce (una strut-tura che rispetta gli assiomi di) una categoria, ed è quella che chiamia-mo Cop, categoria opposta a C. Alla luce della funtorialità della corri-spondenza (−)op : C → Cop, è chiaro che ogni diagramma che com-muta in una categoria commuta anche nell’altra. Ancora, ciò mette inluce una simmetria nascosta della struttura di C: a definire una catego-ria sono certi assiomi che contengono gli indefiniti “oggetto”, “freccia”,“dominio”, “codominio”, “identità”, “composizione”. Quel che si ottie-ne, sostituendo in ogni formula ben formata ogni occorrenza di f gcon g f , e ogni occorrenza di “dominio” con “codominio” e vicever-sa, è una nuova formula ben formata nel linguaggio delle categorie(dato che i termini sostituiti sono trattati, qui, come semplici costantiindefinite). Mimando la definizione del (meta)teorema (o principio)di dualità proiettiva, si ha allora che

[Metateorema di dualità in una categoria.] Sia C una cate-goria. Ogni asserzioneP scritta nel linguaggio delle catego-rie, che coinvolge solo relazioni tra oggetti di C e i concet-ti indefiniti di “oggetto”, “freccia”, “dominio”, “codominio”,“identità”, “composizione”, si dimostra nel suddetto linguag-gio se e solo se si dimostra l’asserzione dualeP op, ottenutadaP sostituendo ad ogni occorrenza di “g f ”, “ f g ”, e adogni occorrenza di “dominio [risp. codominio]” l’indefinito“codominio [risp. dominio]”.

Definizione 1.15 [FUNTORE CONTROVARIANTE]: Siano C, D due catego-rie. Un funtore controvariante è un funtore F : Cop → D (nel sensodella Definizione 1.3), o in altre parole un funtore tale che F(g f ) =F( f ) F(g ), per ogni coppia di morfismi componibili f , g .

Osservazione 1.1.10. Detta (−)op : C→Cop la corrispondenza di dua-lità, ogni funtore F : C→D definisce un funtore controvariante attra-

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22 teoria (elementare) delle categorie

verso la composizione con (−)op. Sia infatti F : C → D un funtore:F# =F op è allora tale che

F#(g f ) =F((g f )op) =F(g op f op) =F#( f ) F#(g )

I funtori nel senso della Definizione 1.3 si dicono covarianti.

3. Fissiamo un oggetto S ∈ObC, e consideriamo la categoria CS , i cui og-getti sono tutte le frecce A → S, al variare di A ∈ObC, e i cui morfismif : (a : A→S)→ (b : B →S) sono le frecce f ∗ : A→ B tali che b f ∗ =a . Gli elementi di CS si dicono S−oggetti, i suoi morfismi si diconoS−morfismi. La categoria CS prende il nome di categoria localizzatain S. Esiste un ovvio funtore CS →C, che manda ogni S−oggetto A→S

A

Sa

A Bf

// B

Sb ′ nel suo dominio A e ogni S−morfismo f : (a : A → S)→ (b : B → S)

nella freccia f ∗. La nozione si dualizza al considerare tutte le freccedi fissato dominio T e morfismi tra a ′ : T → A e b ′ : T → B le frecce gtali che g a = b , facendo commutare il diagramma precedente dua-lizzato, ottendendo la categoria CT

op = T C. Esiste un funtore T C→C,dualizzato del precedente.

1.1.4 Aggiunzioni.

Definizione 1.16 [AGGIUNZIONI]: Siano C, D due categorie. Una aggiunzio-ne tra C e D consiste di una coppia di funtori F : C→D, G : D→ C e di unacollezione di biiezioni ϕC D

ϕC D : HomD(F(C ), D) ∼= HomC(C ,G(D)) (1.2)

una per ogni C ∈ObC, D ∈ObD, naturale in C , D.

Osservazione 1.1.11. È chiaro quale sia il significato di HomC(C ,G(D)): èil bifuntore

Cop×D→Cop×C→Ens(C , D) 7→ (C ,G(D)) 7→HomC(C ,G(D))

e analogamente per HomD(F(C ), D).

La naturalità di ϕ= (ϕC D) significa che i diagrammi

HomD(F(C ), D)

HomC(F(C ),k )

ϕC D// HomC(C ,G(D))

HomD(C ,G(k ))

HomD(F(C ), D ′)ϕC D′

// HomC(C ,G(D ′))

HomD(F(C ), D)

HomD(F(h),D)

ϕC D// HomC(C ,G(D))

HomC(h,G(D))

HomD(F(C ′), D)ϕC ′D

// HomC(C ′,G(D))

(1.3)

Page 23: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

1.1 definizioni di partenza. 23

commutano per ogni h : C ′→C , k : D→D ′. Ciò equivale a chiedere che perogni f :F(C )→D, si abbia

ϕC ′D f F(h) =ϕC D f h

ϕC D k f = G(k ) ϕC D ′ f (1.4)

Questo equivale anche a chiedere che sia la collezione di biiezioni ϕ−1 =(ϕ−1

C D) ad essere naturale per ogni h : C ′ → C , k : D → D ′. I diagrammi dascrivere sono analoghi a quelli in 1.3, e per ogni g : C →G(D) si ha

ϕ−1C ′D g h =ϕ−1

C D g F(h)

ϕ−1C D ′ G(k ) g = k ϕ−1

C D g (1.5)

Data una aggiunzione, il funtore F : C → D si dice aggiunto sinistro di G,G : D→ C si dice aggiunto destro di F. Si scrive F a G; una notazione univo-ca tuttavia non esiste, e a volte sarà sufficiente riferirsi a F,G come ad unacoppia di funtori vicendevolmente aggiunti.

Una notazione compatta per indicare che F : C→ D, G : D→ C sono unacoppia di funtori aggiunti può essere F : C aD : G.

Proposizione 1.6. Se un funtore F : C→D ha un aggiunto sinistro G : D→C,esso è unico a meno di isomorfismo.

Dimostrazione. Fissato Y ∈ObD, si può rileggere la condizione di aggiunzio-ne in 1.2 come un isomorfismo tra funtori

HomD(F(−), Y ) ∼= HomC(−,G(Y )).

In tal senso, l’oggetto G(Y ) è il rappresentante del funtore HomD(F(−), Y ):esiste quindi un unico modo di definire un funtore G : D→ C che rispetti lacondizione di rappresentatività suesposta e quella di naturalità esposta in1.3.

Esempio 4 (Aggiunzione tra potenza e prodotto in Ens). È noto che, dati tre insiemiA, B ,C esiste una biiezione tra l’insieme Hom(A× B ,C ) delle funzione f : A× B → Ce l’insieme Hom(A,C B ) delle funzioni da A in Hom(B ,C ); data f : A × B → C restainfatti naturalmente definita una funzioneϕ : A→C B che manda a ∈ A nella funzio-ne f a = f (a ,−) : B → C . Se ora per ogni B ∈ ObEns definiamo F = (−)× B : Ens→Ens : A 7→ A× B e G = (−)B : Ens→ Ens : C 7→ C B otteniamo due funtori (definiti diconseguenza sulle frecce) dalla categoria degli insiemi in sé, che sono aggiunti l’unodell’altro.

Vi è uno stretto collegamento tra aggiunzioni e trasformazioni naturali,nel senso che segue. Se in 1.2 poniamo D =F(C ) abbiamo la biiezione

ϕCF(C ) : HomD(F(C ),F(C ))→HomC(C ,G(F(C )))

Ora, HomD(F(C ),F(C )) non è vuoto, e in particolare contiene idF(C ). È C ′

h

ηC ′ // G(F(C ′))

G(F(h))

CηC// G(F(C ))

allora ben definita ηC = ϕCF(C )(idF(C )), che diventa la componente in C

Page 24: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

24 teoria (elementare) delle categorie

di una trasformazione naturale η : IC → G F. Infatti per ogni h : C ′ → Ccommuta il diagramma a fianco, dato che da 1.4 deriva

GF(h) ηC ′ = GF(h) ϕC ′F(C ′)(idF(C ′)) =ϕ F(h) idF(C ′) =

=ϕC ′F(C ) idF(C ) F(h) =ϕCF(C )(idF(C )) h = ηC h. (1.6)

Questo calcolo è equivalente alla commutatività del diagramma

HomD(F(C ′),F(C ))HomD(F(C ′),F(h))

//

ϕC ′F(C ′)

HomD(F(C ′),F(C ))

ϕC ′F(C )

HomD(F(C ),F(C ))

ϕCF(C )

HomD(F(h),F(C ))oo

HomC(C ′,G(F(C ′)))HomC(C ′,G(F(h)))

// HomC(C ′,G(F(C ))) HomC(C ,G(F(C )))HomC(h,G(F(C )))oo

Dualmente, se in 1.2 poniamo C = G(D) abbiamo la biiezione

ϕG(D)D : HomD(F(G(D)), D)→HomC(G(D),G(D)) (1.7)

(o equivalentemente ϕ−1G(D)D

: HomC(G(D),G(D))→HomD(F(G(D)), D)).F(G(D))

F(G(k ))

εD // D

k

F(G(D ′))εD′// D ′

Ora HomC(G(D),G(D)) è non vuoto, e in particolare contiene idG(D): allora

è ben definita εD =ϕ−1G(D)D

(idG(D)), che diventa la componente in D di una

trasformazione naturale ε : F G→ ID, in modo tale che per ogni k : D→D ′

commuti il diagramma a fianco. La commutatività di questo diagramma sipuò scrivere come in 1.6.

Definizione 1.17 [UNITÀ E COUNITÀ]: La trasformazione naturale η si diceunità dell’aggiunzione, mentre ε si dice counità.

Per identificare univocamente una aggiunzione tra due funtori sono suffi-cienti anche solo alcuni di questi dati:

Osservazione 1.1.12. In virtù della Proposizione 1.9, è convenzione indicareuna aggiunzione con (F : C a D : G,η,ε), specificando la coppia di funtoriaggiunti e la coppia unità/counità.

Si possono raccogliere altri risultati relativi alle coppie di funtori aggiunti:

Proposizione 1.7. Consideriamo due coppie di funtori aggiunti F,G e H,Kcome nel diagramma

AF // BGoo

H // C.Koo

Allora GK e H F sono un’ulteriore coppia di funtori aggiunti.

Dimostrazione. Si hanno le biiezioni

HomA(G(K(C )), A) ∼= HomB(K(C ),F(A)) ∼= HomC(C ,H(F(A))).

Proposizione 1.8 (Identità di una aggiunzione). SianoF : C aD : G,ηε unitàe counità dell’aggiunzione. Nelle notazioni della Definizione 1.12 si ha

(G∗ε) (η∗G) = idG

(ε∗F) (F ∗η) = idF (1.8)

Page 25: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

1.1 definizioni di partenza. 25

(indicando qui con idF la trasformazione naturale identica dal funtore apedice in sé, dentro Hom(C,D) in un caso e Hom(C,D) nell’altro).

Dimostrazione. Da εD =ϕ−1(idG(D)) segue che

idG(D) =ϕ(εD) = G(εD) ηG(D) = ((G∗ε) (η∗G))(D)

Analogamente, da ϕ(1F(C )) = ηC segue che

idF(C ) =ϕ−1(ηD) = εF(C ) F(ηC ) = ((ε∗F) (F ∗η))(C ).

Proposizione 1.9. Una aggiunzione tra due funtori F : C D : G è univoca-mente determinata da ciascuno dei dati seguenti:

1. I funtori F e G e una trasformazione naturale η : IC→ GF tale che perogni f : F(C ) → D esista un’unica g : C → G(D) con g = G( f ) ηC .Allora la mappa ϕ : HomD(F(C ), D)→ HomC(C ,G(D)) è definita daf 7→G( f ) ηC .

2. I funtori F e G e una trasformazione naturale ε : FG→ ID tale che perogni g : C → G(D) esista un’unica f : F(C ) → D con f = εD F(g ).Allora la mappa ϕ−1 : HomC(C ,G(D)) → HomD(F(C ), D) è definitada g 7→ εD F(g ).

3. I funtori F e G e due trasformazioni naturali η : IC→ GF e ε : FG→ IDtali che valgano le relazioni 1.8. In tal caso ϕ è definita da f 7→ G( f ) ηC , la sua invertibilità è garantita dalle identità dell’aggiunzione e lasua inversa è definita da g 7→ εD F(g ).

Dimostrazione. Sia in 1) che in 2) ϕC D è una biiezione tra HomC(F(C ), D)e HomD(C ,G(D)). La naturalità per ogni k : D → D ′, h : C ′ → C discende,rispettivamente, dal fatto che G è un funtore e che η è naturale:

G(k ) ϕC D( f ) = G(k ) G( f ) ηC =ϕC D ′(k f )

ϕC D(g ) h = G(g ) ηC h ϕC ′D(g F(h)) = G(g ) G(F(h)) ηC ′

ma ηC h = G(F(h)) ηC ′ , perchè η è una trasformazione naturale. Analo-gamente si procede con la biiezione inversa.

Per l’ultimo punto, la composizione ϕC D ϕ−1C D è ϕ−1(G( f ) ηC ) = εD

(FG( f )) F(ηC ) che per la naturalità di ε è uguale a f εF(C ) F(ηC ) = f ((ε∗F)(F∗η))C = f idF(C ) = f per le relazioni 1.8. Quindiϕ−1

C ,D ϕC ,D =idHomD(F(C ),D). In modo analogo per la naturalità di η e per le relazioni 1.8

si ha ϕC ,D ϕ−1C ,D = idHomC(C ,G(D)).

Per provare la naturalità consideriamo il diagramma

HomD(F(C1), D2) HomC(C1,G(D2))ϕC1,D2

//

HomD(F(C2), D1)

HomD(F(C1), D2)

HomD(F( f ),g )

HomD(F(C2), D1) HomC(C2,G(D1))ϕC2,D1 // HomC(C2,G(D1))

HomC(C1,G(D2))

HomC( f ,G(g ))

per una coppia di frecce f : C1→C2 in C e g : D1→D2 in D. Allora

Page 26: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

26 teoria (elementare) delle categorie

• ϕC1,D2 HomD(F( f ), g )(h) = G(g ) G(h) (GF)(g ) ηC1 ;

• HomC( f ,G(g )) ϕC2,D1(h) = G(g ) G(h) ηC2 f

• ηC2 f = GF( f ) ηC1 , e la tesi segue perché η è naturale.

Teorema 1.1 : Sia C una categoria, F : C aD : G una coppia di funtori aggiun-ti. Allora sono equivalenti le seguenti condizioni:

1. F,G sono pienamente fedeli;

2. L’unitàη e la counità ε dell’aggiunzione sono equivalenze naturali (cfr.la Definizione 1.11);

3. F è una equivalenza di categorie tra C e D, di inversa G (cfr. la Defini-zione 1.13).

Qualora una delle tre condizioni si verifichi, esiste una aggiunzione G : D aC : F di unità ε−1 e di counità η−1.

Dimostrazione. Mostriamo che 1 ⇐⇒ 2 e 2 ⇐⇒ 3.

(1 ⇐⇒ 2) Rammentiamo le identità

(G∗ε) (η∗G) = idF

(ε∗F) (F ∗η) = idG

valide in ogni aggiunzione F : C a D : G (cfr. la Definizione 1.8) per lenotazioni).

Consideriamo ora un oggetto A ∈ ObC e il morfismo ηG(A) : G(A) →GFG(A). Essendo G un funtore pieno, esiste un morfismo αA : A →FG(A) (unico con questa proprietà, per la fedeltà diG), tale cheG(αA) =ηG(A). Ma ora

G(εA αA) = G(εA) G(αA) = G(εA) ηG(A)

che per le identità di aggiunzione rammentate prima, equivale a scri-vere G(εA αA) = (G∗ε)(η∗G)(A) = 1G(A) = G(1A), condizione chedata la fedeltà di G, implica εA αA = 1A . Similmente, si può scrivere

G(αA εA) ηG(A) = ηG(A) G(εA) ηG(A) =

= ηG(A) idG(A) = idGFG(A) ηG(A) = G(idFG(A)) ηG(A)

che data la proprietà di aggiunzione (esiste un solo modo di scrivereun morfismo B→G(A) come G(a )ηB ), equivale a scrivere αA εA =idFG(A).

Se ora consideriamo il morfismo εF(C ) : FGF(C )→ F(C ) otteniamo,per la pienezza di F un morfismo βC (unico con questa proprietà, perla fedeltà diF) tale cheF(βC ) = εF(C ). Con un ragionamento analogosi mostra che vale anche ηC βC = 1GF(C ) e βC ηC = idC .

Page 27: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

1.1 definizioni di partenza. 27

Viceversa, se supponiamo che ε,η siano equivalenze naturali, si han-no le biiezioni

HomD(D, D ′)HomD(εD ,D ′)

HomD(FG(D), D ′)ϕG(D)D′

HomC(G(D),G(D ′))

HomC(C ,C ′)HomC(C ,ηC ′ )

HomC(C ,GF(C ′))ϕ−1

CF(C ′)HomD(F(C ),F(C ′))

e le biiezioni volute si ottengono per composizione.

(2 ⇐⇒ 3) Se supponiamo che G sia una equivalenza di categorie, allora esisteun funtore H : C → D con due trasformazioni naturali α : HG → IDe β : GH → IC tali che α η,η α,β ε,ε β sono le identità dellerispettive categorie. Per l’unicità dell’inverso si conclude.

Se viceversa εD : FG(D)→D e ηC : C →GF(C ) sono biiezioni per ognioggetto C di C e D di D, G è per definizione una equivalenza di ca-tegorie, e così è F (con le inverse di unità e counità). Queste ultimetrasformazioni naturali sono rispettivamente la counità e l’unità diuna aggiunzione G : D aC : F, dato che la biiezione HomC(G(D),C ) ∼=HomD(D,F(C )) è determinata univocamente da η−1 e da ε−1).

Proposizione 1.10. Se (F : C → D : G,η,ε) è una aggiunzione, si hanno leseguenti caratterizzazioni:

• Il funtore G è fedele se e solo se ogni componente della counità è unepimorfismo;

• Il funtore F è fedele se e solo se ogni componente dell’unità è un mo-nomorfismo;

• G è una equivalenza di categorie se e solo se unità e counità sonoequivalenze naturali.

Dimostrazione. Il punto 3 è stato appena mostrato; i punti 1 e 2 sono dualitra loro. Basta quindi mostrare (per esempio) il primo: usando la definizionedi epimorfismo mediante il funtore Hom(−, D), se G è fedele si ha

Hom(εD , D ′) : Hom(D, D ′) ,→Hom(G(D),G(D ′)) ∼= Hom(FG(D), D ′)

che quindi è un monomorfismo. Viceversa, similmente, se Hom(εD , D ′) èun monomorfismo, l’applicazione iniettiva di Hom(D, D ′) in Hom(G(D),G(D ′))si ottiene per composizione Hom(εD , D ′) : Hom(D, D ′) ,→Hom(FG(D), D ′) ∼=Hom(G(D),G(D ′)).

Categoria delle Aggiunzioni.

Definizione 1.18 [MORFISMO DI AGGIUNZIONI]: Date due aggiunzioni (F : C aD : G,η,ε,ϕ) e (F′ : C′ aD′ : G′,η′,ε′,ϕ′) un morfismo di aggiunzioni è unacoppia di funtori K : D → D′, L : C → C′ tali che commuti il diagramma a D G

//

K

C F //

L

D

K

D′G′// C′

F′// D′

Page 28: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

28 teoria (elementare) delle categorie

fianco, e per ogni C ∈ObC, D ∈ObD commuti il diagramma

HomD(F(C ), D)

A

ϕC D//

HomC(C ,G(D))

HomD′(KF(C ),K(D)) HomC′(L(C ),LG(D))

HomD′(F′L(C ),K(D))ϕ′L(C )K(D)

// HomC′(L(C ),G′K(D))

(1.9)

Proposizione 1.11. La condizione posta in 1.9 implica che

L∗η=η′ ∗L e ε′ ∗K=K∗εidF(C )

A

ϕCF(C )//

_

ηC_

idKF(C )

?

LηC

idF′L(C )

ϕ′L(C )KF(C )

// η′L(C )

Dimostrazione. Si ponga D =F(C ) e si segua idF(C ) nel diagramma A (? va-le perché commuta il diagramma 1.9) e dunque si prova l’esistenza della frec-cia tratteggiata, per composizione, per ogni C ∈ObC. Ragionando in manie-ra analoga si ottiene la seconda uguaglianza, seguendo in due modi idG(D)nel diagramma B e dunque si prova l’esistenza della freccia tratteggiata, percomposizione, per ogni D ∈ObD.

εD

B

idG(D)

ϕ−1G(D)D

oo

KεD idLG(D)

ε′K(D)

idG′K(D)ϕ−1LG(D)K(D)

oo

1.2 lemma di yoneda.1.2.1 Funtori Rappresentabili.

Definizione 1.19 [(BI)FUNTORE Hom]: Sia C una categoria, Ens la categoriadegli insiemi. Si può definire il bifuntore

Hom : Cop×C→Ens

che specializzato nella seconda componente attraverso X ∈ ObC induce ilfuntore controvariante

hX = Hom(−, X ) : Cop→Ens

Per ogni morfismo u : B→ A viene indotto il morfismo Hom(u , X ) : Hom(A, X )→Hom(B , X ), che coincide con la composizione a destra per u , (−) u . Da-ta una coppia di morfismi u , v si ha infatti hX (u w )(v ) = v u w =hX (w )(v u ) = (hX (w ) hX (u )) (v ).

Definizione 1.20 [PREFASCI IN Ens]: Hom(−, X ) è un membro della catego-ria Hom(Cop,Ens), che è detta categoria dei (i cui membri si dicono) prefascisu C. La categoria suddetta si indica anche con PShC oppure con bC.

1.2.2 Lemma di Yoneda.

Osservazione 1.2.1. La corrispondenza tra C e bC che manda X in Hom(−, X )definisce un funtore covariante tra queste due categorie. Si ha infatti che ilmorfismo v : X → Y induce mediante h una trasformazione naturale η(v )

Page 29: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

1.2 lemma di yoneda. 29

tra il funtore Hom(−, X ) e il funtore Hom(−, Y ): per ogni morfismo u : S→T commuta il diagramma

Hom(S, X )η(v )S

// Hom(S, Y )

Hom(T , X )

Hom(u ,X )

OO

η(v )T

// Hom(T , Y )

Hom(u ,Y )

OO

ossia Hom(u , Y ) η(v )T = η(v )S Hom(u , X ), per ogni t : T → X , essen-do η(v )T definito da t 7→ v t : con le componenti di η(v ) così definite in-fatti la commutatività del diagramma sopra equivale all’associatività dellacomposizione in C.

Proposizione 1.12 (Lemma di Yoneda). Sia C una categoria, F ∈ ObbC un

prefascio su C. Per ogni X ∈ObC si ha una biiezione canonica

F(X ) ∼= HombC(Hom(−, X ),F)

Dimostrazione. Sia X un fissato oggetto di C , e F ∈ ObbC un prefascio su

C. Prendiamo una trasformazione naturale τ ∈HombC(Hom(−, X ),F): essa

consiste di una famiglia di funzioni che fanno commutare il diagramma

Hom(Y ′, X )Hom(u ,X )

//

τX

Hom(Y , X )

τY

F(Y ′)F(u )

// F(Y )

per ogni u : Y → Y ′. In particolare se Y = X esiste una applicazione τX :Hom(X , X )→F(X ) e (dato che Hom(X , X ) non è vuoto, e in particolare con-tiene 1X ) ha senso porre α(τ) = τX (1X ): per ogni τ ∈Hom

bC(Hom(−, X ),F)e ogni fissato oggetto X resta definita una corrispondenza

α : HombC(Hom(−, X ),F)→F(X )

Viceversa, sia x un elemento di F(X ). Per ogni morfismo v : Y → X restadefinito da F un morfismo F(v ) : F(X )→F(Y ). Allora F(v )(x ) ∈F(Y ) perogni v ∈Hom(Y , X ).

La corrispondenza Hom(Y , X )→F(Y ) : v 7→F(v )(x ) definisce la compo-nente in Y di una trasformazione naturale tra Hom(−, X ) e F: nel diagram-ma

Hom(Y , X )

Hom(y ,X )

τ(x )Y// F(Y )

F(y )

Hom(Y ′, X )τ(x )Y ′

// F(Y ′)

si ha infatti (τ(x )Y ′ Hom(y , X )) (s ) = τ(x )Y ′(s y ) = F(y ) (F(s )(x )) =

Page 30: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

30 teoria (elementare) delle categorie

(F(y ) τ(x )Y ) (s ) per ogni s : Y → X . Da ciò resta definita la corrisponden-za

β : F(X )→HombC(Hom(−, X ),F)

che manda x in τ(x ).Le applicazioni α e β così definite sono una inversa dell’altra. Se x ∈F(X )

si ha infatti

α(β(x )) = τ(x )X (1X ) =F(1X )(x ) = 1F(X )(x ) = x

e se η∈HombC(Hom(−, X ),F), per ogni Y ∈ObC e ogni v : Y →X si ha

β(α(η))(Y )(v ) : v 7→F(v ) ηX (1X ) = ηY Hom(v , X )(1X ) = ηY (v )

e dunque β(α(η))(Y ) è la componente in Y della trasformazione naturaleη (dunque coincide con η, per quanto osservato alla definizione 1.10).

Corollario. Il funtore h : C→ bC : X →HomC(−, X ) è pienamente fedele.

Dimostrazione. È un caso particolare del Lemma di Yoneda, con F = hX =Hom(−, X ). Infatti si ha

Hom(Y , X ) ∼= Hom(hY , hX ) per ogni X , Y ∈ObC

che è esattamente la definizione di funtore pienamente fedele.

Osservazione 1.2.2. Dato che il (bi)funtore Hom è pienamente fedele tra Ce bC, la collezione di funtori Hom(−, A)A∈ObC è una sottocategoria (piena)

di bC, alla quale C è equivalente.

Osservazione 1.2.3. Dal principio di dualità discende che il Lemma di Yone-da è equivalente alla proposizione seguente:

Sia C una categoria, G un funtore covariante da C nella categoriadegli insiemi (ossia un elemento di C = Hom(C,Ens)). Per ogniX ∈ObC si ha la biiezione canonica

G(X ) ∼= HomC(G, Hom(X ,−)).

La corrispondenza X 7→ Hom(X ,−) = hX è un funtore piena-mente fedele tra Cop e C, ossia si ha

Hom(X , Y ) ∼= Hom(hY , hX )

se hX indica la specializzazione del funtore Hom nella primacomponente.

Definizione 1.21 [FUNTORE RAPPRESENTABILE]: Sia F un prefascio in Ens. Sidice che F è rappresentabile se esistono un oggetto X ∈ ObC e una equiva-lenza naturale tra F e hX (in altre parole F(Y ) ∼= Hom(Y , X )).

Osservazione 1.2.4. Se F è rappresentabile, il dato di una trasformazionenaturale η : hX → F equivale al dato di un elemento ξ ∈ F(X ): si dice chela coppia (X ,ξ) rappresenta il funtore F (spesso con abuso di linguaggio sidice che X rappresenta F se esiste ξ∈F(X ) tale che (X ,ξ) rappresenta F).

Page 31: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

1.3 costruzioni astratte. 31

Osservazione 1.2.5. Se esiste un X che rappresenta F, esso è unico a menodi un unico isomorfismo: ciò discende dal fatto che h : C→Hom(Cop,Ens),h : X 7→ hX è un funtore pienamente fedele, e quindi conservativo.

tipi di epimorfismi. Rammentiamo la Definizione 1.6: un morfismo f :A → B si dice epimorfismo se, data una coppia di frecce i , j : B ⇒ D, i f = j f implica che i = j . Secondo il Lemma di Yoneda, la condizioneaffinchè f : A → B sia un epimorfismo si traduce nella condizione per cui ildiagramma

Hom(D, T )Hom(j ,T )

//

Hom(i ,T )// Hom(B , T )

Hom( f ,T )// Hom(A, T )

sia un monomorfismo: infatti se indichiamo con f ∗ = Hom( f , T ) l’imma-gine di f mediante il funtore Hom(−, T ) per un qualunque oggetto T di C,f : A → B è un epimorfismo se e solo se f ∗ j ∗ = f ∗ i ∗ ⇒ i ∗ = j ∗ ossia see solo se f ∗ è iniettivo (grazie alla caratterizzazione dei monomorfismi inEns).

Questa definizione di epimorfismo coincide allora con quella data in [GrS3,p. 161]. Si può mostrare (ibidem, pag. 162) che quella data qui è in realtà lanozione di epimorfismo più debole; a questo proposito, vedi l’Osservazione1.3.8.

1.3 costruzioni astratte.

Un paio di esempi in Ens. Tutte le costruzioni che andremo a presentaresi riescono a realizzare nella categoria degli insiemi: ciò non è casuale, eil Lemma di Yoneda ne spiega la ragione. Due esempi, tra i più semplicie naturali, sono costituiti dal prodotto (prodotto cartesiano) e coprodotto(unione disgiunta) di insiemi.

Definizione 1.22 [PRODOTTO DI INSIEMI]: Se I è un insieme che fa da fa-miglia degli indici, e (X i )i∈I una famiglia di insiemi, definiamo il prodottocartesiano

i∈I X i = (x i )i∈I | x i ∈X i .

Osservazione 1.3.1. È facile notare che∏

i∈I X i si identifica naturalmentecon l’insieme delle funzioni f : I →

i∈I X i tali che f (i ) ∈ X i per ogni i ∈ I .Una funzione di insiemi è infatti univocamente determinata dai valori cheassume sul codominio, e al variare di x j ∈

i∈I X i si descrive una sequenza(x i )i∈I che identifica un’unica funzione f : I →

i∈I X i .

In particolare, se X i = X per ogni i ∈ I , si indica∏

i∈I X i =∏

i∈I X = X I .

Osservazione 1.3.2. Usando la caratterizzazione “funzionale” sopra enun-ciata è facile scoprire gli isomorfismi (biiezioni di insieme)

X I×J ∼=

X IJ ∼=

X JI

,

Page 32: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

32 teoria (elementare) delle categorie

o scritto in altro modo

Hom(I × J , X ) ∼= Hom( J , Hom(I , X )) ∼=Hom(I , Hom( J , X )) ∼= Hom(I , X ) J ∼= Hom( J , X )I (1.10)

Infatti, per ogni i ∈ I (rispettivamente, j ∈ J ) fissato, si identifica univoca-

X i∏

X iooπi

X i

Y

__

f i

X i X jπj//

X i

Y

OO

f

X j

Y

??

f j mente una f i : J → X (rispettivamente, g j : I → X ). Se più in generale gli X i

sono tra loro diversi, si hanno ancora le biiezioni

Hom

Y ,∏

i∈I

X i

∼=∏

i∈I

Hom(Y , X i ) (1.11)

e commuta il diagramma a fianco, che si può anche rileggere come: il datodi una famiglia di funzioni ( f i : Y → X i )i∈I da Y nei fattori è equivalente aldato di una funzione da Y sul prodotto degli X i in modo tale che f (y ) :=( f i (y ))i∈I (e tale condizione definisce f in maniera unica).

Osservazione 1.3.3. Le biiezioni in 1.10 si traducono facilmente nel linguag-gio dei funtori aggiunti: infatti se indichiamo con FI : Ens→ Ens il funtoreI ×−, e conGI : Ens→Ens il funtore Hom(I ,−), abbiamo HomEns(FI ( J ), X ) ∼=HomEns( J ,GI (X )), per ogni terna di insiemi I , J , X .

Definizione 1.23 [UNIONE DISIGUNTA DI INSIEMI]: Se I è un insieme che fada famiglia degli indici, e (A i )i∈I una famiglia di insiemi, definiamo l’unionedisgiunta

i∈I A i =⋃

i∈I (x , i ) | x ∈ A i =⋃

i∈I A i ×i .

Si osservi che:

A i∐

A iιi //A i

Y

hi

A i A jooιj∐

A i

Y

h

A j

Y

h j • Per la biiezione A i

∼= A i ×i = A∗i , esiste in∐

i∈I A i una copia di ogniA i : come diretta conseguenza di questo fatto troviamo una famiglia dimappe

ιk : Ak ,→∐

i∈I A i

k∈I, definite da ιk (a ) = (a , k ) per a ∈ Ak

(e allora ovviamente ιk (Ak ) = A∗k );

• Se i 6= j , quali che fossero A i e A j , A∗i ∩A∗j =∅: infatti

(A i ×i )∩ (A j ×j ) = (A i ∩A j )× (i ∩j ) = (A i ∩A j )×∅=∅

• Per ogni insieme Y , il dato di una mappa di insiemi h :∐

i∈I A i → Yequivale al dato di una famiglia di mappe (h j : A j → Y )j∈I , di modoche h j = h ιj . Brevemente si ha la biiezione di insiemi

Hom

i∈I

A i , Y

∼=∏

i∈I

Hom(A i , Y ) (1.12)

e commuta il diagramma a fianco.

Osservazione 1.3.4. Nel caso particolare in cui A i = A per ogni i ∈ I , si ha∐

i∈I A = A× I (a volte si scrive anche A · I ).

1.3.1 Prodotti e Coprodotti.X

xA

x B

u

A PpAoo

p B// B

Definizione 1.24 [PRODOTTO]: Sia C una categoria e siano A, B due oggettifissati. Consideriamo un diagramma del tipo A←C → B . Un prodotto per A

Page 33: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

1.3 costruzioni astratte. 33

e B in C, se esiste, consiste nel dato di un oggetto P , denotato A×B e di duefrecce pA : A× B → A, p B : A× B → B , che soddisfino la seguente proprietà

universale: per ogni diagramma del tipo A XxAoo

x B //B esiste un’unicafreccia u : X → P tale che x1 = p1 u , x2 = p2 u .

Solitamente si indica la freccia u indotta da z A , z B con z A × z B , ⟨z A , z B ⟩oppure con (z A z B ). Come tutti gli oggetti definiti da una proprietà uni-versale, se un prodotto per A e B esiste, esso è unico a meno di un unicoisomorfismo in C.

Osservazione 1.3.5. Non in ogni categoria esiste il prodotto di due oggetti,e però qualora esista esso è unico a meno di un unico isomorfismo. Questoè quello che accade anche con gli altri oggetti universali: discende dal fattoche ogni proprietà universale che enunceremo, chiesta a degli oggetti di C,si può tradurre nella rappresentabilità di un opportuno funtore a valori inEns (covariante o controvariante), e dal fatto che se un rappresentante esiste,esso è unico a meno di un unico isomorfismo in C (in virtù del Lemma diYoneda, e della piena fedeltà del funtore h).

Definiamo il funtore

P : Y 7→Hom(Y , A)×Hom(Y , B). (1.13)

ChiaramenteP∈Hom(Cop,Ens): per una f : Y → Y ′ P agisce come Hom( f , A)×Hom( f , B) (la definizione del prodotto di funtori si fa “componente per com-ponente” quando la categoria codominio ammetta il prodotto tra due ogget-ti). Se esso è rappresentabile, chiamiamo prodotto di A e B il rappresentante,e lo denotiamo A×B . Si ha allora l’isomorfismo

HomC(Y , A×B) ∼= HomC(Y , A)×HomC(Y , B) (1.14)

per ogni Y ∈ObC. Il prodotto di due oggetti si dirà prodotto binario1: chiara-mente la stessa definizione si estende al caso di una famiglia arbitraria (masempre indicizzata da un insieme) (X i )i∈I di oggetti di C: si ha l’isomorfi-smo HomC(Y ,

I A i ) ∼=∏

I HomC(Y , A i ), funtoriale in Y (controvarianterispetto alle mappe y : X → Y , nel senso che

HomC

y ,∏

i∈I

A i

: HomC

Y ,∏

i∈I

A i

→HomC

X ,∏

i∈I

A i

).

La condizione appena enunciata si traduce nella equivalenza del dato diuna freccia f da un oggetto Y verso il prodotto e del dato di una famigliadi frecce ( f i )i∈I da Y verso ciascun fattore: in particolare se Y = P =

I A i ,HomC(P , P) è non vuoto, e in particolare contiene idP . Questa freccia indu-ce le mappe canoniche di proiezione

p i :∏

Ak → A i (1.15)

esattamente quelle richieste per la coppia A, B nella proprietà universalesopra enunciata.

1 In tal caso C si dirà avere prodotti binari, oppure C si dirà categoria con biprodotti. In generale,se card(I ) = κ, C è una categoria con κ−prodotti se per ogni famiglia di oggetti indicizzata dai ∈ I esiste il loro prodotto in C.

Page 34: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

34 teoria (elementare) delle categorie

Osservazione 1.3.6. Se C è una categoria con un oggetto finale 1, per ogniA ∈ ObC si ha A ×1 ∼= A: abbiamo infatti la sequenza di isomorfismi (perogni T ∈ObC)

HomC(T , A×1) ∼= HomC(T , A)×HomC(T , 1) ∼= HomC(T , A)

e per il Lemma di Yoneda si ha A×1 ∼= A.

Si può enunciare un risultato più generale, relativo a una categoria C conprodotti binari e un oggetto terminale 1.

Proposizione 1.13. Sia C una categoria con prodotti binari. Allora C ha tuttii prodotti finiti. La corrispondenza−×− : C×C→C definisce un (bi)funtoretale che per ogni terna di oggetti A, B ,C ∈ObC si abbia un isomorfismo

αA BC : A× (B ×C ) ∼= (A×B)×C

naturale in A, B ,C (che dunque altro non è che la componente in A BC diun’equivalenza naturale tra trifuntori).

Dimostrazione. Da A× (B ×C ) si ottengono tre morfismi verso A, B ,C (pre-cisamente, nell’ordine: πA ,πB πB×C e πC πB×C ): si vede facilmente cheogni altro morfismo da un oggetto Z verso A, B ,C passa per il prodotto (inparticolare, se esistono Z → B ,Z → C deve esistere Z → B ×C , e allora datoche esiste Z → A deve esistere Z → A × (B ×C ). Analogamente si procedecon (A×B)×C , trovando un morfismo W → (A×B)×C per ogni W ∈ObCcon delle frecce verso A, B ,C . Allora, data l’unicità dell’oggetto prodotto,deve esistere un isomorfismo A × (B ×C ) ∼= (A × B)×C che chiamiamoαA BC .

La naturalità enunciata si traduce nella commutatività per ogni A ∈ ObCdel diagramma

A× (B ×C )BC (A)

//

πA

(A×B)×C

πAπA×B

AidA

// A

e in relazioni analoghe anche per B ,C ∈ ObC, quando si sia definito αBC latrasformazione naturale α libera nella prima componente: le frecce πA ,πA πA×B sono le componenti della trasformazione naturale π : F→ IC che assi-cura che α sia una equivalenza.

Z

A

z A

<<

i A

// A∐

B

u

OO

Bi B

oo

z B

bbDefinizione 1.25 [COPRODOTTO]: Sia C una categoria, e consideriamo undiagramma del tipo A→C ← B . Se esiste in C un oggetto A

B e due freccein un diagramma del tipo i A : A → A

B ← B : i B , universale con questaproprietà, ossia tale che per ogni altro diagramma z A : A → Z ← B : z B , ledue frecce z A , z B si fattorizzino univocamente attraverso una u : A

B→Z ,allora esso si dice coprodotto di A e B . Commuta il diagramma a fianco.

Solitamente si indica la freccia u indotta da z A , z B con z A q z B , [z A , z B ]oppure con ( z A

z B ). Come tutti gli oggetti definiti da una proprietà univer-sale, se un coprodotto per A e B esiste, esso è unico a meno di un unicoisomorfismo in C.

Page 35: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

1.3 costruzioni astratte. 35

Anche ora si riesce a caratterizzare la proprietà universale attraverso unrappresentante per il funtore

C : Y 7→HomC(A, Y )×HomC(B , Y ) (1.16)

elemento di Hom(C,Ens) (covariante rispetto alle frecce x : X → Y ). Talerappresentante è detto il coprodotto di A e B , scritto A

B . Il coprodotto didue oggetti in C si dirà coprodotto binario. La relazione si generalizza senzasforzo ad una qualunque famiglia di indici (purchè I sia un insieme)

HomC

i∈I

A i , Y

∼=∏

i∈I

HomC(A i , Y ) (1.17)

Tale condizione si traduce nella equivalenza del dato di una freccia f dalcoprodotto verso un oggetto Y e del dato di una famiglia di frecce ( f i )i∈I daciascun addendo verso Y : se Y =

I A i , HomC(∐

I A i ,∐

I A i ) non è vuoto,e in particolare contiene id∐

I Ai. Questa freccia induce le mappe canoniche

di iniezionee i : A i →

Ak (1.18)

1.3.2 Nuclei e Conuclei.K

i // Af//

g// B

H

h``

h

OODefinizione 1.26 [NUCLEO]: Sia C una categoria. Date due frecce parallelef , g : A⇒ B il loro equalizzatore, o nucleo della doppia freccia A⇒ B , consi-ste in un oggetto K e una freccia i tale che f i = g i , universale con questaproprietà, ossia tale che comunque data h : H → A per cui f h = g h, essasi fattorizzi attraverso i con un’unica h : H → K . Commuta il diagramma afianco.

Ki // A

f//

g// B

Hx

`` y``

h

OOEsempio 5 (Nucleo di una doppia freccia in Ens). Nella categoria degli insiemi, datauna coppia di frecce f , g : A⇒ B, il loro equalizzatore è l’inclusione del sottoinsieme

K = x ∈ A | f (x ) = g (x )

in A. Infatti, se f h(z ) = g h(z ), allora h(z ) ∈ K per ogni z ∈ A, e dunque h, as-sumendo valori solo in K , si fattorizza in modo unico attraverso l’inclusione canonicaι : K ,→ A in Ens:

Hh //

h

A

>>

Proposizione 1.14. Data una coppia di frecce f , g : A ⇒ B in C, il loroequalizzatore è un monomorfismo.

Dimostrazione. Segue direttamente dalla proprietà universale del nucleo. Neldiagramma disegnato a fianco si deve avere x = h = y .

Af//

g// B

p//

k

C

k

K

Definizione 1.27 [CONUCLEO]: Sia C una categoria. Date due frecce paralle-le f , g : A ⇒ B il loro coequalizzatore o conucleo consiste di un oggetto C edi una freccia p : B →C tale che p f = p g , universale con questa proprietà:per ogni altra freccia k : B → K esiste un’unica freccia che fattorizza k via p ,di modo che k = k p . Commuta il diagramma a fianco.

Esempio 6 (Conucleo di una doppia freccia in Ens). Se X è un insieme, e R ⊆ X ×X una relazione di equivalenza definita su X , chiamiamo r1, r2 : R ⇒ X le mappe

Page 36: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

36 teoria (elementare) delle categorie

indotte dalle proiezioni dell’inclusione R ,→X ×X : si ha allora una funzione canonicaπ : X → X /R (intendendo con X /R l’insieme delle classi di R−equivalenza), che è ilcoequalizzatore di r1, r2 : R⇒X . Infatti se in

Rr1 //

r2

// Xπ //

f

X /R

f

Y

si ha f r1 = f r2, allora (x , y ) ∈ R ⇒ f (x ) = f (y ) (cioè f è costante sulle classi).È allora ben definita e unica la funzione f : X /R → Y , che manda [x ] in f (x ). Nellacategoria degli insiemi allora, ogni doppia freccia f , g : A ⇒ B ammette un conucleo,costruito quozientando B mediante la relazione che identifica f (x ) e g (x ) per ognix ∈ A.

1.3.3 Pullback e Pushout.

Definizione 1.28 [PULLBACK]: Sia C una categoria, e consideriamo una cop-pia di frecce di C che punta a uno stesso oggetto, f : A → C ← B : g . Il pull-back, o prodotto fibrato di A e B rispetto alle frecce f , g consiste di una cop-pia di frecce da un oggetto Π, p1 : Π→ A, p2 : Π→ B tali che f p1 = g p2,universale con questa proprietà: ciò significa che, comunque data una cop-pia di frecce z 1 : Z → A, z 2 : Z → B , tali che f z 1 = g z 2, esiste un’unicau : Z →Π che fattorizza z 1, z 2 via p1, p2. Di solito l’oggetto Π si indica conZ

z 1

z 2

u

A×C Bp1

p2

B

g

A

f

C

A×C B . Commuta il diagramma a fianco.

Se una coppia di frecce f : A→C ← B : g ammette un prodotto fibrato, ilquadrato commutativo

A×C B //

B

g

Af// C

si dice diagramma di prodotto fibrato o quadrato cartesiano. Se ogni f : A→C ← B : g ha un prodotto fibrato, allora si dice che C ha i prodotti fibrati.

Osservazione 1.3.7. Le nozioni di prodotto, equalizzatore di una doppiafreccia e pullback sono profondamente connesse. In particolare vale la

Proposizione 1.15. Sia C una categoria che ammette prodotti binari (dun-que finiti, cfr la Proposizione 1.13) e il nucleo di ogni doppia freccia. Allora,se nel diagramma

E

p1pp

p2oo

eooA×C B

π1

__

π2

Bg

__

Af

C

Page 37: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

1.3 costruzioni astratte. 37

la freccia e : E → A × B è un nucleo della doppia freccia f π1, g π2 :A×B →C , p1 : E → A, si ha che p2 : E → B è un prodotto fibrato per f : A→C ← B : g .

Viceversa, si può mostrare che una categoria che ha i prodotti fibrati e unoggetto terminale ha anche prodotti finiti ed equalizzatori di ogni doppiafreccia.

Ancora, se supponiamo che C ammetta prodotti binari, l’unicità della frec-cia u : Z → A ×C B si può esprimere, equivalentemente, chiedendo che lafreccia p1×p2 : A×C B→ A×B sia un monomorfismo.

Esempio 7 (Prodotto Fibrato tra Insiemi). Se C è la categoria degli insiemi,e ϕ : X →S,ψ : Y → S sono funzioni di insieme, il prodotto fibrato di X e Y rispetto a ϕ,ψcoincide con il sottoinsieme del prodotto cartesiano

X ×S Y = (x , y ) ∈X ×Y |ϕ(x ) =ψ(y ) (1.19)

Evidentemente infatti, comunque date due applicazioni f : T → X e g : T → Y talicheϕ f =ψ g , si ha che la coppia ( f (t ), g (t )) = ⟨ f , g ⟩(t ) nel prodotto appartieneanche a X ×S Y così definito. Dunque ⟨ f , g ⟩ definisce un’unica h : T → X ×S Y tale chef = p1 h, g = p2 h.

Forti di questa costruzione e del Lemma di Yoneda, si può definire il pro-dotto fibrato in una categoria qualunque trovando un rappresentante per ilfuntore T 7→ Hom(T , X )×Hom(T ,S) Hom(T , Y ): tale rappresentante meritail nome di prodotto fibrato di X e Y rispetto ai morfismi ϕ,ψ, e dà luogoall’isomorfismo, funtoriale in T ,

Hom(T , X ×S Y ) ∼= Hom(T , X )×Hom(T ,S) Hom(T , Y )

il prodotto fibrato Hom(T , X )×Hom(T ,S) Hom(T , Y ) facendosi, tra i fattori,

rispetto alle mappe indotte Hom(ϕ, X ) e Hom(ψ, Y ).

Un’idea alternativa (di Grothendieck). Se fissiamo due oggetti ϕ : X → Se ψ : Y → S in CS , e il loro prodotto esiste in quella categoria, lo denotiamocon ϑ : X ×S Y → S e diciamo che l’oggetto X ×S Y è il prodotto fibrato diX e Y rispetto ai morfismi ϕ,ψ. Se indichiamo con HomCS (E , F ) l’insiemedei morfismi Hom(E →S, F →S) la proprietà universale del prodotto porgel’isomorfismo

HomCS (T , X ×S Y ) ∼= HomCS (T , X )×HomCS (T , Y ).

Definizione 1.29 [PUSHOUT]: Sia C una categoria, e consideriamo una cop-pia di frecce di C f , g che partono dallo stesso oggetto Z . La somma amalga-mata di X e Y rispetto ai morfismi f , g , se esiste, consiste di una coppia difrecce verso un oggetto Σ, i 1 : X →Σ, i 2 : Y →Σ, universale con la proprietàdi far commutare il quadrato a fianco. In altre parole, per ogni altro oggetto ΣOO

i 1

ooi 2

YOO

g

X oof

Z

Q e coppia di frecce X →Q , Y →Q tali che q1 f = q2 g , esiste un unicafreccia v : Σ→Q che fa commutare il diagramma

Page 38: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

38 teoria (elementare) delle categorie

Q##

q1

;;

q2

//vΣ

i 1

??

i 2

Yg

X??f

Z

Proposizione 1.16 (Doppio Pullback). Consideriamo il diagramma commu-tativo qui di fianco. Allora, se i due quadrati destro e sinistro sono diagrammidi prodotto fibrato, lo è il rettangolo esterno. Inoltre, se il quadrato destro eil rettangolo composto sono digrammi di prodotto fibrato, allora lo è anchequello sinistro. Dualmente, Se il quadrato sinistro e il rettangolo compostoF

f ′//

h ′′

Eg ′//

h ′

D

h

Af// B g

// C

sono diagrammi di pushout, allora lo è il quadrato destro.

Dimostrazione. Consideriamo il diagramma

T

β

!!

`

''

α

$$F

f ′//

h ′′

Eg ′//

h ′

D

h

Af// B g

// C

Date le due frecce α : T → D,β : T → A, abbiamo che f b ,α è una cop-pia di frecce da T a B , D. Allora grazie alla proprietà universale del pullbackapplicata al quadrato destro, esiste unica ` : T → E tale che f β = h ′ ` eα= g ′ `. Ora, `,β) è una coppia di frecce da T ad A, E , e dunque per la pro-prietà universale del pullback applicata al quadrato sinistro, esiste un’unicam : T → F tale che ` = f ′ m e β = h ′′ m . Unendo questi due risultati sitrova che esiste un’unica m : T → F tale che α = g ′ f ′ m e β = h ′′ m ,ossia che il rettangolo esterno è un diagramma di prodotto fibrato.

Con un simile procedimento si mostra anche la seconda parte.

Osservazione 1.3.8. Come osservato precedentemente, f : A → B è un epi-morfismo se e solo se l’immagine di f attraverso il funtore hT è un mono-morfismo per ogni T ∈ ObC. Una nozione più forte di epimorfismo (che sidice universale) usa i prodotti fibrati (vedi [GrS3]). Si dice tale un morfismof : A → B tale che per ogni v : B → B ′ esista il prodotto fibrato A ×B B ′ e ilmorfismo p f : A×B B ′→ B ′ sia un epimorfismo nell’accezione precedente.

Ancora, un morfismo f : A→ B si dice epimorfismo effettivo se esiste il pro-dotto fibrato A×B A⇒ A→ B di f con sè stesso (dotato delle due proiezionip1, ps : A×B A⇒ A), e in più f è il conucleo di (p1, p2).

Infine, un epimorfismo effettivo e universale è tale che per ogni v : B → B ′

esista il prodotto fibrato A×B B ′ e il morfismo p f : A×B B ′ → B ′ sia un epi-

Page 39: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

1.3 costruzioni astratte. 39

morfismo effettivo nell’accezione precedente. Si può mostrare che le varienozioni di epimorfismo sono legate dalle seguenti relazioni di implicazione:

EE E+3

EEU

EE

EEU EU+3 EU

E

con ovvio significato delle sigle.

1.3.4 Limiti Induttivi e Proiettivi.

Si è visto che le nozioni di prodotto e coprodotto, pullback e pushout, nu-cleo e conucleo, sono intimamente connesse. Esse sono in verità tutte casiparticolari di un solo concetto che le unifica, quello di limite.

Definizione 1.30 [PREORDINE]: Un insieme preordinato (o insieme parzial-mente ordinato) è una coppia (I ,≤), dove I è un insieme e ≤ una relazioneriflessiva e transitiva.

Prendiamo ad esempio una famiglia di sottoinsiemi di un insieme dato,(Si )i∈I . I è preordinato dalla relazione

i j ⇐⇒ Si ⊆S j (1.20)

Più in generale, se (X ,≤) è un insieme preordinato e π : I → X una funzionesuriettiva, I è preordinato dalla relazione

i j ⇐⇒ π(i )≤π(j ) (1.21)

(si può vedere che ogni insieme preordinato è ottenibile a questo modo).

Definizione 1.31 [PREORDINE FILTRANTE]: Un insieme preordinato (I ,≤) sidice diretto, o si dice essere un preordine filtrante, se per ogni i , j ∈ I esistek ∈ I tale che i , j ≤ k .

Osservazione 1.3.9. Se I è un insieme filtrante, ogni suo sottoinsieme finitoha un maggiorante. Ogni insieme totalmente ordinato è filtrante.

Se (Si )i∈I è una famiglia di sottoinsiemi di un insieme dato, chiusa rispet-to all’unione insiemistica, allora I è diretto dalla relazione in (1.20).

Definizione 1.32 [SISTEMA DIRETTO]: Sia I un preordine filtrante, e C una ca-tegoria. Un sistema diretto in C indicizzato da I è una coppiaA = (A i ,αi j )data da

• Una famiglia (A i )i∈I di oggetti di C;

• Una famiglia di frecce

αi : A i → A j

i∈Itali che

– αi i = idAi ;

– αi k = αj k αi j per ogni i ≤ j ≤ k

In sintesi, si può dunque dire che un sistema diretto in C consiste di unfuntore A da I a C, il primo insieme identificato con la categoria indottadalla relazione di preordine (cfr. il punto 2 dell’esempio 1).

Page 40: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

40 teoria (elementare) delle categorie

Definizione 1.33 [MORFISMO DI SISTEMI DIRETTI]: SianoA = (A i ,αi j ),B =(Bi ,βi j ) due sistemi diretti indicizzati dallo stesso insieme I . Un morfismodi sistemi diretti è una famiglia Φ = (ϕi )i∈I di mappe tali che il diagramma

Bi B jβi j

//

A i

Bi

ϕi

A i A jαi j

// A j

B j

ϕj

commuti ogni volta che i ≤ j .

In altre parole, un morfismo tra due sistemi diretti è una trasformazionenaturale tra due funtori A,B : I ⇒C.

A i

A i

αi j

B

ψi

''

ψj

77

Definizione 1.34 [CONO]: Sia B un fissato oggetto di C, A = (A i ,αi j ) unsistema diretto. Un cono daA verso B è una collezione di mappe Ψ = (ψi :A i → B)i∈I che siano compatibili con la famiglia di morfismi α, intendendocon ciò la commutatività del diagramma a fianco.

Osservazione 1.3.10. Equivalentemente, un cono verso B per il sistema di-retto A = (A i ,αi j ) è un morfismo di sistemi diretti verso il sistema diret-to costante (B , idB )i∈I , ossia una trasformazione naturale tra un funtoreA : I → C e il funtore costante. Spesso, per brevità, si commette l’abusodi notazione di indicare con B il cono, o di scrivere Φ :A → B . Altra osser-vazione utile, di immediata verifica: se Ψ :A → B è un cono, e λ : B → C èuna freccia in C, allora λΨ =

λψi

i∈Iè un cono verso C perA .

Definizione 1.35 [LIMITE DIRETTO]: SiaA un sistema diretto indicizzato daI . Un cono verso L, Λ =

λi : A i → L

i∈I, è un cono limite, e L è un limite

diretto, perA se è soddisfatta la proprietà universale seguente:L B

u //L

A i

OO

λi

B

A i

??

ϕiPer ogni cono verso B , Φ : A → B , esiste un’unica freccia u :L→ B tale che ϕi = u λi , per ogni i ∈ I .

In altre parole, per ogni i ≤ j commuta il diagrammaA i

λi

||

ϕi

αi j

B lim−→A iuoo

A j

λj

aa

ϕj

__

Osservazione 1.3.11. Essendo definito mediante una proprietà universale,quando esiste, il limite diretto di un sistema diretto è unico a meno di un’uni-co isomorfismo in C: è allora lecito parlare “del” limite diretto di un sistemadiretto, che si indica con lim−→A , lim−→i∈I

A i , oppure con inj limi∈I A i .

Limiti Inversi. Ogni nozione sopra esposta può essere dualizzata senzasforzo, per ottenere la costruzione di limite inverso (o limite proiettivo) diun sistema inverso in C. Brevemente:

• Un sistema inverso è una coppiaA = (A i ,αi j ) formata da due fami-glie di oggetti e di frecce αi j : A j → A i , tali che

– αi i = idAi

– αi j = αi k αk j

e dunque un sistema inverso è un funtore controvariante dalla catego-ria indotta dall’inisieme ordinato I a C.

Page 41: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

1.3 costruzioni astratte. 41

• Un morfismo di sistemi inversi è una famiglia di frecce Φ =

ϕi : A i →Bi

i∈Itali che il diagramma

B j Biϕi//

A j

B j

αi j

A j A iϕj// A i

Bi

βi j

commuti ogni volta che i ≤ j , e dunque si tratta ancora di una trasfor-mazione naturale tra due funtori controvarianti.

M A jµj//M

A i

µi

A j

A i

αi j

• Un cono da M verso A è un morfismo di sistemi inversi M =

µi :M → A i

i∈Idal sistema inverso costante M = (M , idM ) in A , di

modo che commuti il diagramma a fianco.

• Se M è un cono da M perA , e γ : N →M è una funzione di insiemi,allora Mγ=

µi γ

i∈Iè un cono da N perA .

Infine, un limite inverso per un sistema inverso è un cono da L che soddisfila seguente proprietà universale:

L Moo vL

A i

λi

M

A i

µiPer ogni cono da M , M : M → A , esiste un’unica funzione v :

M → L tale che µi = λi v , per ogni i ∈ I .A j

αi j

lim←−A i

λj

aa

λi

||

Muoo

µjoo

µiooA i

Equivalentemente, per ogni i ≤ j commuta il diagramma a fianco. Quandoesiste, il limite inverso è unico a meno di un unico isomorfismo.

Osservazione 1.3.12. Tutte le nozioni sopra esposte possono essere gene-ralizzate al caso in cui J diventi a tutti gli effetti una categoria J (pure se ènecessario cautelarsi limitando |ObJ|; cfr. la Proposizione 1.20).

Una prima generalizzazione consiste nel considerare categorie filtranti:diciamo tale una categoria I tale che

• I non è vuota;

• Per ogni coppia di oggetti i , j di I esiste un oggetto k e una coppia difrecce i → k , j → k ;

• Per ogni coppia di frecce parallele u , v : i ⇒ j esiste un oggetto k e unafreccia w : j → k tale ch w u = w v .

Tutte le altre definizioni non cambiano: un sistema diretto di oggetti è unfuntore F : I→ C, e un sistema inverso è un funtore Iop→ C. Un limite per ilsistema diretto/inverso è un cono da/verso il sistema, universale con questaproprietà.

Una generalizzazione completa di queste costruzioni si ottiene come se-gue: se J,C sono due categorie diciamo diagramma di tipo J in C un fun-tore D : J → C. Se indichiamo con lettere minuscole i , j , . . . gli oggetti di Je con D(i ), D(j ), . . . le immagini mediante D di tali oggetti, un cono versoun diagramma D consiste di un oggetto C di C e di una famiglia di freccec j : C → D(j ), una per ogni oggetto di J, ognuna di esse compatibile con imorfismi di J: per ogni α : i → j si ha D(α) c i = c j . Un morfismo di coni

Page 42: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

42 teoria (elementare) delle categorie

ϑ : (C , c j )→ (C ′, c ′j ) in C per un diagramma fissato consiste di una freccia

ϑ : C →C ′ tale che c j = c ′j ϑ per ogni j ∈ J.

Abbiamo così costruito una categoria Cn(D), la categoria dei coni versoD.

Un limite (o limite proiettivo) per un diagramma D è allora semplicemen-te un oggetto terminale in Cn(D), indicato come lim←−JD: per ogni cono (C , c j )

(=oggetto in Cn(D)), esiste un’unico morfismo di coni u (=freccia in Cn(D))da (C , c j ) a lim←−JD.

È facile capire come dualizzare la costruzione per ottenere la nozione dicolimite (o limite induttivo) di un diagramma di tipo J: definiti i coni da undiagramma D (detti anche co–coni) e i morfismi di co–coni, un colimite peril diagramma è un oggetto iniziale in CCn(D), categoria dei co–coni da D.

È degno di nota che praticamente tutte le costruzioni sinora presentatesiano casi particolari di limiti e colimiti:

• Se J è la categoria discreta con due oggetti 1, 2, un diagramma di tipoD : J→ C consiste di una coppia di oggetti D1, D2 ∈ C. Un cono versoD è un oggetto di C con una coppia di frecce D1←C →D2, universalecon questa proprietà. Ci vuol poco a notare che allora lim←−JD

∼= D1×D2 (e dualmente lim−→JD

∼= D1qD2);

• Se J è la categoria • ⇒ •, un diagramma di tipo J ha l’aspetto di una

doppia freccia D1

Dα //

Dβ//D2 . Un cono verso D è un oggetto di C con

una coppia di frecce tali che commuti il diagramma

D1

Dα //

Dβ// D2

C

OO ==

Il limite per un diagramma di tipo • ⇒ • è allora isomorfo al nucleodella doppia freccia Dα, Dβ : D1⇒D2.

• Se J è la categoria • → • ← • (sono omesse le frecce identiche), unlimite per il diagramma di tipo J A→ B ←C consiste di una coppia difrecce con la proprietà universale del prodotto fibrato. Allora lim←−JD

∼=A×B C e lim−→JD

∼= A +B C .

Limiti in Insiemi. Esiste un procedimento costruttivo che esibisce, nellacategoria degli insiemi, il limite diretto e inverso di un qualunque sistemadiretto e inverso.

Proposizione 1.17. Ogni sistema diretto di insiemi ammette un limite.

Dimostrazione. Sia A = (A i ,αi j ) un sistema diretto indicizzato da (I ,≤).Date le proprietà di compatibilità che deve rispettare, ogni cono Φ su Mmanda x ∈ A i e αi j (x ) nello stesso elemento: ϕi (x ) = ϕj (αi j (x )). Più ingenerale, se x ∈ A i , y ∈ A j sono tali che esiste k ≥ i , j (e se esiste, è vero per

Page 43: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

1.3 costruzioni astratte. 43

ogni k ′ ≥ k ) tale che αi k (x ) = αj k (y ), allora Φ manda x e y nello stessoelemento di M :

ϕi (x ) =ϕk (αi k (x )) =ϕ(αj k (y )) =ϕj (y ).

Questo fatto è il punto di partenza per la costruzione del limite diretto: vo-gliamo definire un cono limite che manda x ∈ A i , y ∈ A j nello stesso ele-mento del limite, se e solo se x e y si “identificano definitivamente”. Siaallora S =

i∈I A i l’unione disgiunta degli A i . Su tale insieme definiamo larelazione di equivalenza

(x , i )∼ (y , j ) ⇐⇒ ∃k ≥ i , j : αi k (x ) = αj k (y ). (1.22)

Tale relazione (è una facile verifica) è una equivalenza su S: se ora conside-riamo il quoziente L = S/∼, otteniamo le mappe naturali λi : A i → L, cherisultano dalla composizione

λi : A i∐

i∈I A iι // L =

i∈I A i

/∼π //

tali mappe sono compatibili per quanto osservato inizialmente: l’identitàϕi (x ) =ϕj (αi j (x )) equivale a (x , i )∼ (αi j (x ), j ), e questa ultima equivalea λj αi j = λi .

Dunque Λ : A → L è un cono verso L. Se ora ϕi : A i → M sono map-pe compatibili di un cono verso M , e (x , i ) ∼ (y , j ), allora esiste k tale cheαi k (x ) = αj k (y ). Dunque ϕi (x ) = ϕj (y ), ed è ben definita (e unica) lamappa ϕ : L →M che manda [(x , i )] in ϕi (x ). Ma allora ϕi si fattorizza inmodo unico via ϕ, ed L è il limite diretto perA .

Proposizione 1.18. Ogni sistema inverso di insiemi ammette un colimite.

Dimostrazione. SiaA = (A i ,αi j ) un sistema inverso indicizzato da (I ,≤).Prendiamo il prodotto cartesiano P =

i∈I A i , munito naturalmente delle

proiezioni

p i i : P→ A i

i∈I. Sia poi

L = (x i )i∈I |αi j (x j ) = x i , ∀ i ≤ j .

Siano ora λi le mappe risultanti daπi |L . La definizione di L orge che Λ : L→A , con le λi è un cono da L versoA . Se poi Φ : M →A è un altro cono daM , nel diagramma

A i∏

k∈I Akooπi

A i

M

__

ϕi

k∈I Ak A jπj//

k∈I Ak

M

OO

ϕ

A j

M

??

ϕj

esiste un’unicaϕ : M → P indotta dalleϕi , che dunque induce su L un’unicamappa tale che ϕi = λi ϕ.

Page 44: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

44 teoria (elementare) delle categorie

Forti di questo, consideriamo due funtori α : I → C e β : I op → C, esupponiamo che i funtori

Hom(α, T ) : i 7→HomC(α(i ), T ) ∈ Hom(I op,Ens)Hom(T ,β) : i 7→HomC(T ,β(i )) ∈ Hom(I ,Ens)

siano rappresentabili. Diciamo limite induttivo un rappresentante per il pri-mo funtore, e diciamo che il funtore α ha un limite induttivo in C. Si hal’isomorfismo, funtoriale in T ,

HomC(lim−→I

α, T ) ∼= lim←−I

Hom(α, T ). (1.23)

Diciamo limite proiettivo un rappresentante per il primo funtore, e diciamoche il funtore β ha un limite proiettivo in C. Si ha l’isomorfismo, funtorialein T ,

HomC(T , lim←−I

β) ∼= lim←−I

Hom(T ,β). (1.24)

Analogamente a quanto succede negli altri casi, se T = lim←−Iβ , si ha che

Hom(lim←−Iβ , lim←−I

β) non è vuoto, e in particolare contiene la freccia identica1lim←−I

β , la quale definisce (grazie all’isomorfismo in (1.24)) una famiglia di

frecceρi : lim←−Iβ →β(i ) (che è esattamente la famiglia di frecce dal limite ai

“fattori”). Dualizzando questa costruzione si ottiene, per lim−→Iα, la famiglia

di frecce σi : α(i ) → lim−→Iα, che è esattamente la famiglia di frecce dagli

“addendi” al limite.

1.3.5 Funtori Continui, Categorie Complete.

Definizione 1.36 [FUNTORE CONTINUO]: Si dice che un funtore F : C → Dpreserva i limiti di tipo J se, ogni volta che esiste lim←−JD per un diagramma

D : J→C, esiste anche lim←−JF D e si ha

F

lim←−D ∼= lim←−F D.

Un funtore che preserva ogni tipo di limiti si dice continuo.

Continuità degli aggiunti destri

Proposizione 1.19 (Continuità degli aggiunti destri). Se il funtore F : C→Dha un aggiunto sinistro, esso preserva i limiti proiettivi di C: ciò significa chese un funtore H : B→ C ha un limite proiettivo, allora esiste anche il limiteper FH : B→D e F(lim←−B∈BH(B)) ∼= lim←−B∈BFH(B).

Dimostrazione. Sia G : C a D : F l’aggiunzione data. Dato H : B → C (dia-gramma di tipo B verso C), chiamiamo (lim←−B∈BH(B),(h B )) il limite di H.

Va mostrato che (F(lim←−B∈BH(B)),F(h B )) è un limite perFH, mostrandoche ne condivide la proprietà universale.

Page 45: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

1.3 costruzioni astratte. 45

Chiaramente l’immagine attraverso F di un cono verso H è un cono versoF H, dato che nei due diagrammi

lim←−B∈BH(B)h B //

h B ′ &&

H(B)

H(b)

H(B ′)

F

lim←−B∈BH(B)F(h B )

//

F(h B ′ ) ''

FH(B)

FH(b)

FH(B ′)

uno commuta se e solo se commuta l’altro (come è facile notare F induceun funtore tra Cn(H) e Cn(FH)).

Ora, sia (C ,(qB )B∈ObB) un cono vrso F H. Per la biiezione che definiscel’aggiunzione, ad ogni morfismo qB : C → FH(B) del cono corrisponde un(unico) morfismo rB : G(C )→H(B). Allora, per ogni morfismo b : B→ B ′ diB la naturalità della biiezione di aggiunzione implica che

HomC(G(D),H(B))ϕDH(B)

//

HomC(G(D),H(b))

HomD(D,FH(B))

HomD(D,FH(b))

HomC(G(D),H(B ′))ϕDH(B ′)

// HomC(D,FH(B ′))

ossia che

rB ′ =ϕ−1DH(B ′)

(q B ′)

=ϕ−1DH(B ′)

FH(b) qB

=ϕ−1DH(B ′)

HomD(D,FH(b)) qB

= HomC(G(D),H(b)) ϕ−1DH(B)

qB

= HomC(G(D),H(b)) rB

=H(b) rB (1.25)

Allora (G(D),(rB )B∈ObB) è un cono verso H e abbiamo in C una fattoriz-zazione unica r : G(D) → lim←−B∈BH(B) tale che per ogni B ∈ ObB si ab-

bia h B r = rB . Ma r : G(D) → lim←−B∈BH(B) corrisponde ad un (unico)

s : D → F

lim←−B∈BH(B)

. Usando ancora la naturalità della biiezione di

aggiunzione, F(h B ) s = qB , quindi s fattorizza unicamente tutti i qB at-traverso i vari F(h B ), e F

lim←−B∈BH(B)

condivide la proprietà universale

di lim←−B∈BFH(B).

categorie complete. Potrebbe sembrare ragionevole definire (con unasimilitudine analitica) “completa” una categoria C tale che ogni diagram-ma di tipo D F : D → C ammetta un limite (proiettivo). Una definizionedel genere sfortunatamente non conduce alla nozione “giusta” di comple-tezza: ad esempio, se D è discreta e F : D→Ens è un funtore, lim←−D∈ObD

F ∼=∏

D∈ObDF(D), che esiste solo se D è piccola (ossia se ObD è un insieme).

Questo suggerisce che, più modestamente, dobbiamo limitare l’esistenza

Page 46: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

46 teoria (elementare) delle categorie

dei limiti a diagrammi piccoli, ossia a funtori F : D→C tali che D sia piccola.Più precisamente si ha

Proposizione 1.20. Sia C una categoria tale che ogni diagramma di tipo J,F : J→ C ammette limite proiettivo lim←−j∈ObJ

F. In tal caso C è una categoria

preordinata (ossia HomC(A, B) ha al più un elemento per ogni A, B ∈ObC).P

p// C2

C1

f κ

OO

g κ

OO

f

>>

g

>> Dimostrazione. Usiamo esplicitamente l’Assioma degli Universi, cosicchégli oggetti di C costituiscano un insieme in un opportuno universoUUU . Suppo-niamo per assurdo che esistano f , g : C1→C2, frecce distinte tra due oggettifissati. Ora, se indichiamo con κ = card(ObC), si può costruire P = (C2)κ

(prodotto di κ copie di C2), dato che una categoria che ammette tutti i limi-ti ha anche tutti i prodotti. Per ogni fattore di P troviamo allora due frecceg κ, f κ : C1 → P , che fattorizzano f , g : C1 → C2. Vi sono 2κ fattorizzazioniC1 → P , che peró costituiscono solo un sottoinsieme proprio del totale ditutti i morfismi verso P , che sono al massimo κ. Si è allora giunti all’assurdo2κ ≤ κ.

Definizione 1.37 [CATEGORIA COMPLETA]: Una categoria C si dice comple-ta quando per ogni categoria piccola J, ogni diagramma di tipo J ammettelimite (proiettivo).

In particolare, se κ è un cardinale, C si dice κ−completa se ogni funtoreF : J→ C da una categoria piccola e tale che card(ObJ) ≤ κ ammette limiteproiettivo.

Page 47: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

2M O N O I D I E M O N A D I

2.1 strutture algebriche nelle catego-rie.

2.1.1 Monoidi, Gruppi, Anelli.

Come è noto, un monoide è un insieme dotato di una operazione binaria· : M ×M →M (spesso detta moltiplicazione) che sia associativa e dotata diun elemento neutro:

• m · (n ·p) = (m ·n) ·p per ogni m , n , p ∈M

• Esiste un elemento 1∈M tale che m ·1 = m = 1 ·m per ogni m ∈M

Le proprietà della moltiplicazione di M possono essere riscritte in una formaequivalente che coinvolge una coppia di funzioni µ : M ×M →M e η : ∗→M (∗ è l’insieme con un solo elemento) e i diagrammi

M ×M ×MidM×µ

//

µ×idM

M ×M

µ

M ×Mµ

// M

(2.1)

∗×Mη×idM

// M ×M

µ

M ×∗idM×ηoo

M

λ ρ

(2.2)

resi commutativi da µ ed η. Le biiezioni ρ e λ sono quelle naturalmenteesistenti tra M e M ×∗, ∗×M , e idM : M →M è ovviamente la funzioneidentica.

Gli isomorfismi di cui sopra hanno luogo in una situazione abbastanzagenerale: si confronti la Proposizione 1.13. Anche a garantire la commuta-tività dei diagrammi 2.1 e 2.2 bastano proprietà molto più deboli di quellegarantite dalla presenza di un oggetto terminale e dei prodotti finiti. Piùprecisamente, quello di cui c’è bisogno è una

Definizione 2.1 [CATEGORIA MONOIDALE (STRETTA)]: Una categoria monoi-dale stretta (CMS) è una terna (C,⊗,ε), in cui C è una categoria,⊗ : C×C→Cun (bi)funtore e ε ∈ObC, tali che

47

Page 48: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

48 monoidi e monadi

• ⊗ (⊗× IC) =⊗ (IC×⊗) : C×C×C→C;

• ⊗ (ε× IC) = IC =⊗ (IC×ε).

ossia tali che i diagrammi

C×C×C⊗×IC //

IC×⊗

C×C

C×C ⊗// C

(A, B ,C ) //_

(A⊗B ,C )_

(A, B ⊗C ) // A⊗B ⊗C

CIC×ε // C×C

Cε×ICoo

C

A //_

ε×idA

idA×ε // (A,ε)_

(ε, A) ⊗// ε⊗A

∼A⊗ε ∼= A

siano commutativi (si è indicato con IC×ε : C→C×C il funtore che mandaA in (A,ε)).

esempi.

0. Ogni categoria con prodotti finiti e un oggetto terminale 1 è una CMS,con ⊗ = × e ε = 1 (l’associatività del bifuntore −×− è il contenutodella Proposizione 1.13.

1. Ogni monoide considerato come una categoria discreta è una CMS:⊗= · : M ×M →M è la moltiplicazione del monoide ed ε coincide conl’elemento neutro per ⊗.

2. Se C è una categoria, indichiamo con End(C) la categoria di tutti i fun-tori F : C→ C (i cui morfismi sono le trasformazioni naturali). Allora(End(C),, IC) è una CMS.

Restringiamoci a considerare una categoria con i prodotti finiti e un oggettoterminale 1: abbiamo allora

Definizione 2.2 [MONOIDE IN C]: Diciamo monoide in C una terna (M ,µ :M ×M →M ,η : 1→M ) tale che i diagrammi 2.1 e 2.2 siano commutativi.

Spesso si chiama monoide il solo oggetto M , sottintendendo quale sia lamoltiplicazione e quale l’unità.

Definizione 2.3 [CATEGORIA DEI MONOIDI IN C]: La collezione (M ,µM ,ηM )di tutti i monoidi di una categoria C data può essere pensata come la classedegli oggetti di una categoria, in cui i morfismi tra (M ,µM ,ηM ) e (N ,µN ,ηN )sono i morfismi h : M →N di C che “commutano con µ ed η”, nel senso che

M ×Mh×h //

µM

N ×N

µN

Mh

// N

M!

zz

h // N!

##1

ηM $$

1

ηNM

h// N

Page 49: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

2.1 strutture algebriche nelle categorie. 49

dove si sono chiamate invariabilmente “!” le uniche frecce da M , N all’ogget-to terminale.

Possiamo allora pensare a Mon(C) come la categoria di tutti i monoidi diC. Abbiamo la

Proposizione 2.1. Sia C una categoria con prodotti finiti e un oggetto ter-minale. Allora M ∈ ObC è un monoide in C se e solo se HomC(−, M ) è unmonoide in PShC (la categoria dei funtori controvarianti da C negli insiemi).

Dimostrazione. Sia (M ,µ,η) un monoide in C. Allora µ determina un’uni-ca trasformazione naturale µ : HomC(−, M )×HomC(−, M )→HomC(−, M )definita da

µ : HomC(−, M )×HomC(−, M ) ∼= HomC(−, M ×M )HomC(−,µ)−−−−−−→HomC(−, M )

dove si è applicato a µ il funtore Hom saturandolo nella sua componentecovariante. Fatte le debite identificazioni grazie alla proprietà universale delprodotto, si ottiene la commutatività del diagramma

HomC(−, M )3I×µ

//

µ×I

HomC(−, M )2

µ

HomC(−, M )2µ

// HomC(−, M )

Analogamente resta definita un’unicaη= HomC(−,η) : Hom(−, 1)→Hom(−, M )tale che

HomC(−, M )2IC×η // HomC(−, M )2

µ

HomC(−, M )2η×ICoo

HomC(−, M )

HomC(−,λ) HomC(−,ρ)

(si è usata una notazione esponenziale per indicare prodotti multipli dellostesso oggetto, i diagrammi sarebbero altrimenti rapidamente esplosi).

Viceversa, se µ : HomC(−, M )×HomC(−, M )→ HomC(−, M ) fa commu-tare l’opportuno diagramma di monoide resta definita, per composizionecon l’isomorfismo HomC(−, M ×M ) ∼= HomC(−, M )×HomC(−, M ) una tra-sformazione naturale eµ : HomC(−, M ×M )→HomC(−, M ) che grazie al Lem-ma di Yoneda corrisponde ad una µ : M ×M →M . Ragionando analogamen-te, con l’unità del monoide in PShC si ottiene una freccia η : 1→M .

Osservazione 2.1.1. Si ottiene, per dualità, la definizione di comonoide inuna categoria C con coprodotti finiti e un oggetto iniziale: si tratta di unaterna (W , c ,ε) dove W ∈ObC, e c : W →W qW (comoltiplicazione), ε : W →0 (counità) sono due morfismi di C tali da far commutare i diagrammi

Wc //

c

W qW

[idW ,c ]

W qW[c ,idW ]// W qW qW

(1’)

Page 50: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

50 monoidi e monadi

0qW[ε,idW ]

// W qW

c

W q0[idW ,ε]oo

Wλ ρ

(2’)

Esempio 8 (Un comonoide in PShAlgK). Se C = AlgK (algebre su un fissato campo),

n ≥ 1 un intero fissato, e B = K[x i j | 1 ≤ i , j ≤ n ] ∈ ObC (anello dei polinomi su Kin n2 indeterminate), allora il funtore hB = Hom(B ,−) corrisponde a Mn (−) (infattiper ogni oggetto S ∈ ObC un ϕ ∈ HomC(B ,S) è univocamente determinato dalle n 2

immagini ϕ(x i j ) per 1≤ i , j ≤ n: ognuno di questi n2 elementi dell’algebra S si iden-tifica quindi naturalmente ad una matrice F ∈Mn (S). Dunque, in virtù della Propo-sizione 2.1, essendo Mn (S) un monoide rispetto all’operazione di prodotto di matrici(l’unità è ovviamente la matrice che ha eS , identità moltiplicativa di S, in diagonale ezero altrove), h B deve essere un comonoide in PShC. Esistono quindi due morfismi

c : B→ B ⊗B ε : B→K

tali che (c ⊗ 1) c = (1⊗ c ) c e (ε⊗ 1) c = (1⊗ε) c . B ⊗ B indica il prodottotensoriale (che è coprodotto in C) di B con sè stessa. L’oggetto K invece è iniziale in C(c’è un morfismo che manda 1K in 1A per ogni A ∈ObC).

Chiaramente per definire le frecce c ed ε è sufficiente specificare quali sono le imma-gini dei generatori (il resto è determinato dall’essere morfismi di algebre): definiamoallora

c : x i j 7→n∑

h=1

x i h ⊗xh j .

Si ha dunque

(c ⊗1) c : x i j 7→n∑

h=1

c (x i h )⊗xh j =n∑

k=1

n∑

h=1

x i k ⊗xk h ⊗xh j

(1⊗c ) c : x i j 7→n∑

h=1

x i h ⊗c (xh j ) =n∑

k=1

n∑

h=1

x i h ⊗xk h ⊗xk j

(visibilmente coincidenti a meno di rinominare i pedici).Definiamo poi

ε : B→K : x i j 7→δi j .

Si ha dunque

(ε⊗1) c : x i j 7→ 1⊗xh jh=i= 1⊗x i j

∼= x i j

(1⊗ε)⊗c : x i j 7→ x i h ⊗1h=j= x i j ⊗1 ∼= x i j

Osservazione 2.1.2. La nozione di azione di un monoide su un insieme sigeneralizza all’azione di un monoide in una data categoria C con prodottifiniti e un oggetto terminale. Se (M ,µ,η) è un monoide in una tale categoria,una azione di M su un oggetto S ∈ObC consiste di una freccia ν : M ×S→ Stale che commutino i diagrammi

M ×M ×Sidm×ν //

µ×idS

M ×S

ν

M ×Sν

// S

1×S

λ$$

η×id// M ×S

ν

S

Page 51: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

2.1 strutture algebriche nelle categorie. 51

La prima uguaglianza determina la compatibilità tra l’azione su S e la mol-tiplicazione del monoide; la seconda impone all’unità di M di “fissare” tuttigli “elementi” di S.

Gruppi e Anelli.

Il procedimento appena delineato permette di “ritrovare” in una categoriaanche le altre strutture algebriche note; le proprietà che definiscono gruppie anelli si possono infatti tradurre totalmente in relazioni che opportuni dia-grammi devono soddisfare: la collezione di oggetti così determinata formeràallora Grp(C), Rng(C), . . .

Definizione 2.4 [GRUPPO IN C]: Sia C una categoria con prodotti finiti e unoggetto 1 terminale. Un gruppo in C è un monoide (G , m ,ε) ∈Mon(C) conin più una freccia i : G → G tale che i i = idG (inversione) tale per cui idiagrammi

(G ×G )×Gα

GGG

m×1G

G × (G ×G )

1×m

G ×G m// G G ×G

moo

G⟨u ,1G ⟩ //

⟨1G ,u ⟩

G ×G

m

G ×G m// G

G ×G

1G×i

G∆ //δoo

u

G ×G

i×1G

G ×G m// G G ×Gmoo

(2.3)

siano commutativi. Si è usata la seguente notazione:

1. ⟨u , v ⟩ : W → A×B indica la freccia verso il prodotto indotta dalle dueu : W → A e v : W → B (cfr. Definizione 1.24), e ∆ = ⟨1G , 1G ⟩ è il“morfismo diagonale”;

2. u : G →G è l’unica freccia ε! : G → 1→G .G ×G

h×h //

m

a

H ×H

m

Gh

// H

Gh //

i

b

H

i

Gh// H

Definizione 2.5 [MORFISMO DI GRUPPI IN C]: Un morfismo di gruppi consistedi una freccia h : G →H tale che

1. h rispetta m , nel senso che commuta il diagramma (a)

2. h rispetta u , nel senso che u = h u : 0→G →H ;

3. h rispetta i , nel senso che commuta il diagramma (b)

Vi e’ a questo punto un modo di identificare la classe degli oggetti di Ccon la classe dei gruppi cosi’ costruiti.Possiamo dunque pensare a Grp(C)come a una categoria le cui frecce sono i morfismi di gruppi nel senso dellaDefinizione 2.5.

Cambiando C possiamo ottenere strutture di gruppo con interessanti strut-ture aggiuntive, come quella di gruppo topologico (è un oggetto in Grp(Top))oppure di gruppo ordinato (è un oggetto di Grp(Pos)).

Page 52: Categorie, Monadi e Teorema di Beck

52 monoidi e monadi

Da ultimo, sappiamo bene che un anello è un insieme R dotato di dueoperazioni binarie + e · tali che (R ,+) sia un gruppo abeliano (non è diffi-cile esprimere l’abelianità come proprietà goduta da un certo diagramma) e(R , ·) sia un monoide. Allora abbiamo la

Definizione 2.6 [ANELLO IN C]: Sia C una categoria con prodotti finiti e unoggetto terminale. Un anello in C consiste nel dato di un monoide (R , p ,ε)e di un gruppo abeliano (R , s ,υ), ove R è uno stesso oggetto di C; le freccep , s : R×R→R sono legate dalla relazione di commutatività

R×R×Rσ23(∆×idR×R )

//

idR ×s

R×R×R×R

p×p

R×R p// R R×Rsoo

(a ,b , c ) σ23(∆×idR×R )//

_

idR ×s

(a ,b , a , c )_

p×p

(a ,b + c ) p// a (b + c ) = ab +a c (ab , a c )

soo

(2.4)

che esprime la “distributività” del prodotto sulla somma (si è indicato a +b = s (a ,b), ab = p(a ,b) per ogni terna di “elementi” a : A → R , b : B → R ,c : C →R ; ∆ : R→R×R è la freccia “diagonale” ∆ : a 7→ (a , a ) eσ23 : R4→R4

scambia la seconda e terza componente del prodotto).

Definizione 2.7 [ENDOFUNTORE]: La categoria End(C) ha per oggetti tut-ti i funtori F : C → C, detti endofuntori e per morfismi le trasformazioninaturali.

Quindi End(C) =Hom(C,C).

Definizione 2.8 [MONADE]: Sia C una categoria, T ∈ End(C) un endofun-tore. Consideriamo le composizioni T2 = T T, Tn = Tn−1 T per n ≥ 3,e tra esse T2,T3. Una monade in C è una terna (T,µ,η), ove µ : T2 → T eη : IC→T sono due trasformazioni naturali tali che (analogamente a quantoaccade nei diagrammi 2.1 e 2.2) commutino i diagrammi

T3T∗µ//

µ∗T

T2

µ

T2µ// T

IC Tη∗T

// T2

µ

T ICT∗ηoo

T

Esempio 9 (Monadi in un preordine). Come osservato nell’Esempio 1, un insieme(P ,≤ ) parzialmente ordinato si può pensare come una categoria P i cui oggetti so-no gli elementi di P, tale che per ogni p ,q ∈ P, l’insieme HomP(p ,q) ha al più unelemento, ed è non vuoto se e solo se p e q sono confrontabili secondo la relazione ≤.

Un endofuntore in P allora è una funzione T : → P che sia monotòna.Dunque, una monade in P consiste nel dato di una funzione T : P → P tale che

x ≤ T (x ) ⇒ T (x ) ≤ T (T (x )) e T (T (x )) ≤ T (X ) per ogni x ∈ P, ossia tale cheT (T (x )) = T (x ). Una monade in un insieme parzialmente ordinato è dunque un

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2.2 aggiunzioni dalle monadi. 53

operatore di chiusura in P (dato un insieme non vuoto P, parzialmente ordinato da≤, si dice operatore di chiusura in P ogni funzione cl : P → P tale che, per ogni a ∈ P,a ≤ cl(a ) e clcl = cl).

Proposizione 2.2. Nelle notazioni dell’Osservazione 1.1.12, ad ogni aggiun-zione (F : C aD : G,η,ε) corrisponde una monade (GF,G∗ε∗F,η).

Dimostrazione. Data la coppia di funtori aggiunti, definiamo T= GF. L’u-nità dell’aggiunzione funge da unità del monoide: nel diagramma

I GFη∗GF

// GFGF

G∗ε∗F

GF IGF∗η

oo

GF

si haG(εF(C ))G(F(ηC )) = G(εF(C ) F(ηC )) = G(1F(C )) = G((ε∗F)(F∗η)(C )) = 1GF(C ) (cfr. la Definizione 1.12 per la notazione e la Proposizione

1.8). Analogamente G(εF(C ))ηGF(C ) = ((G∗ε) (η∗G))(F(C )) = 1GF(C ),che è l’identità voluta.

Per quanto riguarda la moltiplicazione, dobbiamo verificare la commuta-tività del diagramma

GFGFGFG∗ε∗FGF

//

GFG∗ε∗F

GFGF

G∗ε∗F

GFGFG∗ε∗F

// GF

che peró commuta se e solo se commuta

FGFG(C )εFG(C )

//

FG(εC )

FG(C )

εC

FG(C )εC

// C

“semplificando” il primo G e l’ultimo F e calcolandolo in C ∈ObC. Quest’ul-timo diagramma commuta dato che ε è una trasformazione naturale, e inparticolare lo è in εC : FG(C )→C .

2.2 aggiunzioni dalle monadi.Il Teorema 2.2, per cui ad ogni aggiunzione corrisponde una monade, è del1961 ed è dovuto ad Huber. È di Hilton la congettura secondo la quale ognimonade nasce da una opportuna coppia di funtori aggiunti: la dimostra-zione di questa congettura si è avuta indipendentemente e pressoché si-multaneamente con due argomenti costruttivi distinti, dovuti a Kleisli, e adEilenberg e Moore nel 1965.

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54 monoidi e monadi

Teorema 2.1 : Sia C una categoria e T = (T,η,µ) una monade in C. Allo-ra esistono una categoria B e una aggiunzione (F : C a B : G,η,ε) tali cheT = G F, η : IC → T sia l’unità dell’aggiunzione e la moltiplicazione dellamonade sia legata alla counità ε dalla relazione µ= G∗ε∗F.

Costruzione (Kleisli). Osserviamo anzitutto che, se esistono una categoriaB′ e una aggiunzione come nella tesi del Teorema, allora la sottocategoriapiena eB Ê B i cui oggetti sono tutti e soli quelli della forma F(A), per A ∈ObC, deve essere tale che

HomeB(F(A),F(B)) ∼= HomC(A,GF(B)) = HomC(A,T(B))

In tali notazioni definiamo quindi la categoria B i cui oggetti sono gli stes-si di eB e i cui morfismi HomB(A, B) sono in biiezione con HomC(A,T(B)).La composizione tra f : A → T(B) e g : B → T(C ) si ottiene attraverso lamoltiplicazione della monade:

g • f : A→T(C ), g • f = µC T(g ) f

Af−→T(B)

T(g )−−→T2(C )

µC−→T(C ) (2.5)

La prova che questa è effettivamente una categoria consiste nella verificadegli assiomi dati nella Definizione 1.2:

— Nessun HomB(A, A) è vuoto, dato che esisteηA : A→T(A), che si com-porta da identità per la composizione definita in 2.5. In virtù dellanaturalità di η e delle identità valide in T si ha infatti

Af−→T(B)

T(ηB )−−−→T2(B)µB−→T(B) µB T (ηB ) f = 1T(B) f = f

AηA−→T(A)

T( f )−−→T2(B)

µB−→T(B) µB ηT(B) f = 1T(B) f = f

— La composizione di morfismi è associativa, grazie alla naturalità di µ:per f ∈HomB(A, B), g ∈HomB(B ,C ), h ∈HomB(C , D) si ha

(h • g ) • f = µD T(µD) T2(h) T(g ) f

h • (g • f ) = µD T(h) µC T(g ) f (2.6)

e per la succitata naturalità di µ si ha T(µD) T2(h) = T(h) µC .

La struttura così determinata è allora una categoria, che si dice categoriadi Kleisli di C, e si indica con K(C).

Si può definire un funtore GT : K(C)→ C che sugli oggetti agisce come T

(GT : A 7→ T(A)), e tale che per ogni f ∈ HomK(C)(A, B) sia GT( f ) = µB T( f ) ∈HomC(T(A),T(B)).

Queste posizioni definiscono una corrispondenza che è funtoriale, nelsenso della Definizione 1.3, dato cheGT(g • f ) = µB T(µC )T2(g )T( f ) =µB T(g ) µB T( f ) = GT(g ) GT( f ), per la naturalità di µ, e GT(ηA) =µA T(ηA) = µT(A) ηT(A) = 1T(A) per l’identità nella monade T. Si può

definire anche un funtore FT : C→ K(C) che consista della corrispondenzaidentica sugli oggetti di C (FT(A) = A per ogni A ∈ObC) e che sui morfismidi C sia definito da FT( f : A→ B) = T( f ) ηA (ηB f per la naturalità di η).

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2.2 aggiunzioni dalle monadi. 55

Anche questa corrispondenza è effettivamente un funtore tra le due cate-gorie: si ha infatti FT(g f ) = ηC g f = T(g ) ηB f e FT(g ) •FT( f ) =µC T(FT(g )) ηB f = µC T(ηC ) T(g ) ηB f = T(g ) ηB f . Infine,FT(1A) = ηA .

Abbiamo allora costruito una coppia di funtori FT : CK(C) : GT tali cheGTFT(A) = T(A) e GTFT( f : A → B) = µB T(ηB ) T( f ) = T( f ), ossia taliche GT FT ≡T.

Infine, la biiezione che dà l’aggiunzione tra i due funtori discende dall’i-potesi per cui HomK(C)(A, B) = HomC(A,T(B)):

HomK(C)(FT(A), B) = HomK(C)(A, B) = HomC(A,T(B)) = HomC(A,GT(B))

Ora unità e counità dell’aggiunzione sono univocamente determinate daquesta biiezione.

Costruzione (Eilenberg e Moore). La linea seguita da questa dimostrazione èsimile, ma in qualche modo duale, a quella precedente. Prima di esporla,necessitiamo di una definizione preliminare.

Definizione 2.9 [T−ALGEBRA – CATEGORIA DELLE T−ALGEBRE]: Sia C una cate-goria, T = (T,η,µ) una monade in C. Diciamo T−algebra una coppia (C , h),dove C ∈ObC e h : T(C )→ C (h si dice morfismo strutturale dell’algebra), ètale che commutino i diagrammi

CηC//

1C

T(C )

h

C

T2(C )T(h)

//

µC

T(C )

h

T(C )h

// C

Un morfismo di T−algebre tra (C , h) e (C ′, h ′) consiste poi di un morfi-smo f ∈HomC(C ,C ′) tale che f h = h ′ T( f ). La composizione di morfi-smi di T−algebre è definita nel modo ovvio dalla composizione di morfismidi C: possiamo quindi definire la categoria CT di tutte le T−algebre su C.

Osservazione 2.2.1. Almeno formalmente, la definizione di T−algebra in Cmima la nozione di azione di un monoide su un oggetto S ∈ObC: la monadeT infatti “agisce” sull’oggetto C nel senso dei diagrammi scritti nell’Osserva-zione 2.1.2.

Mostriamo ora che data una monade T = (T,η,µ) esiste una aggiunzione

(FT : C aCT : GT,ηT,εT)

in cui i funtori FT, GT sono definiti dalle corrispondenze

FT : C 7→ (T(C ),µC )

FT : ( f : C →C ′) 7→ (T( f ) : (T(C ),µC )→ (T(C ′),µC ′)) (2.7)

GT : (C , h) 7→C

GT : ( f : (C , h)→ (C ′, h ′)) 7→ ( f : C →C ′) (2.8)

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56 monoidi e monadi

La dimostrazione di questo fatto è una semplice verifica, a partire dal fattoche, definiti così FT e GT commutano gli opportuni diagrammi che rendonofuntoriali queste corrispondenze.GT è il funtore “smemorato” da CT in C, che semplicemente tralascia il

morfismo strutturale dell’algebra. Ciò dovrebbe suggerire (come infatti è,data la corrispondenza di aggiunzione, che ricorre frequentemente in Al-gebra, tra il funtore “oggetto generato” e il funtore “smemorato”) che unsuo eventuale aggiunto sinistro definisce la T−algebra libera generata daC ∈ ObC attraverso la monade T: è proprio in virtù della legge di unità nel-la monade che la coppia (T(C ),µC ) è una T−algebra. C’è di più: la sot-tocategoria piena generata dalle T−algebre libere è equivalente alla cate-goria K(C). Questa constatazione è precisata da un enunciato preciso, laProposizione 2.3.

ChiaramenteGTFT(C ) = T(C ) per ogni C ∈ObC, eGTFT( f ) = T( f ) : T(C )→T(C ′) pr ogni f : C →C ′. Quindi GTFT ≡ T. L’unità della monade corrispon-de allora ad una trasformazione naturale ηT : IC→GTFT.

D’altra parte FTGT(C , h) = (T(C ),µC ) in modo che h : T(C )→ C sia unmorfismo di T−algebre tra (T(C ),µC ) e (C , h). Resta così definita εT

(C ,h)=

h : FTGT(C , h)→ (C , h), componente in (C , h) di una trasformazione natu-rale εT : FTGT→ ICT .

Da ultimo,µT

C = GT(εTFT(C )

) = GT(µC ) = µC

ossia µT = µ, e la dimostrazione è completa.

Definizione 2.10 [T−ALGEBRA LIBERA]: Sia T = (T,µ,η) una monade in C, e(FT,GT,εT,ηT) l’aggiunzione definita dalla costruzione di Eilenberg–Moore,con i funtori FT e GT definiti come in 2.7 e 2.8. Una T−algebra si dice liberase è isomorfa a una della forma FT(C ) = (T(C ),µC ) per qualche oggettoC ∈ObC.

Proposizione 2.3. Sia T = (T,µ,η) una monade in C. La sottocategoriapiena generata dalle T−algebre libere è equivalente alla categoria K(C).

Dimostrazione. Scriviamo FAT per indicare la sottocategoria in questione,generata dalle T−algebre libere. Va trovata una equivalenza di categorieE : CT→FAT. Definiamo il funtore E in modo che E : C 7→ (T(C ),µC ) e

E : ( f : C →T(D)) 7→µD T( f ).

Questa posizione definisce effettivamente un morfismo in FAT, dato cheµD T(E f ) = µD T(µD) TT( f ) = µD µTD TT( f ) = µD T( f ) µC =E f µC .

Così definite, le corrispondenze sugli oggetti e sulle frecce di | f u nc E de-finiscono a tutti gli effetti un funtore, dato che E(ηC ) = µC T(ηC ) = 1T(C )

e E( f ) E(g ) = µC T(g ) µB T( f ) = µC µT(C ) TT(g ) T( f ) = µC T(µC ) TT(g ) T( f ) = µC T(µC T(g ) f ) = E(g • f ).

Per costruzione, poi, ogni oggetto di FAT è isomorfo a uno del tipo E(C ),dunque E è essenzialmente suriettivo. Resta da provare che è pienamentefedele:

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2.2 aggiunzioni dalle monadi. 57

• Se f , g C ⇒T(D) sono tali che µD T f = µD Tg , allora

f = (µD ηT (D)) f = µD T f ηC = µD Tg ηC = µD ηT(D) g = g

• Se h : (T(C ),µC ) → (T(D),µD), allora k = h ηC è tale che E(k ) =µD Th TηC = h µC = h.

È allora consuetudine riferirsi al funtore GT definito in 2.8 come a U, no-tando che esso è esattamente il funtore “smemorato” che dimentica la strut-tura di T−algebra su un oggetto di C. Il Teorema 2.1 appena dimostrato na-sconde le peculiarità delle aggiunzioni appena costruite: data una mona-de T = (T,η,µ) la categoria di Kleisli K(C) è “iniziale” e la categoria delleT−algebre CT è finale all’interno della collezione di tutti i modi di fattorizza-re T come coppia di funtori aggiunti. Più precisamente si ha

Proposizione 2.4. Sia T = (T,η,µ) una monade in C. Definiamo Ad(T) co-me la categoria che ha per oggetti le terne (D,F,G), ove D è una categoriae F : C a D : G una coppia di funtori aggiunti di unità η e di counità ε, taleche GF= T e µ= G∗ε∗F, e per morfismi tra (D,F,G) e (D′,F′,G′) i funtoriK : D→D′ tali che GK= G′ e KF′=F.

Allora (K(C),FT,GT) è iniziale e (CT,FT,GT) è finale in Ad(T).D

G~~

K

C

F

>>

FT

CTGT

``

(4)Dimostrazione. Va provato che per ogni (D,F,G) esiste un unico funtoreK : D→CT tale che GTK= G e KF=FT, come nel diagramma (4) a lato.

Definiamo allora

Φ : D→CT : D 7→ (G(D),G(εD))

( f : D→D ′) 7→ (G( f ) : G(D)→G(D ′));

mostriamo che G(εD) è un morfismo strutturale: vanno verificate le identità

G(D)

idG(D) ##

ηG(D)// TG(D)

G(εD )

G(D)

TTG(D)TG(εD )

//

µG(D)

TG(D)

G(εD )

TG(D)G(εD )

// G(D)

La prima segue direttamente dall’identità della monade. Per la seconda, siha

G(εD) µG(D) = G(εD) G(εFG(D))

= G(εD εFG(D))

= G(εD FG(εD)) = G(εD) TG(εD)

Per ogni f : D → D ′ si ha poi che G( f ) è un morfismo di T−algebre: dallanaturalità di ε rispetto a f segue direttamente che

G(εD ′) TG( f ) = G(εD ′ FG( f )) = G( f εD) = G( f ) G(εD).

Ora, è evidente che GTΦ = G. Per provare l’unicità di Φ, ragioniamo comesegue.

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58 monoidi e monadi

Detto K : D un secondo funtore con le stesse proprietà di fattorizzazione,ogniK(D) deve essere una T−algebra, e la condizioneGTK= G significa chesugli oggetti K≡G. Allora si ha K(D) = (G(D), h) per un qualche morfismostrutturale h : TG(D) → G(D). Dalla stessa fattorizzazione segue però cheK( f ) = G( f ) per ogni f : D → D ′. Dato che il diagramma (4) commuta, sipuò riscrivere come

CF //

IC

DG

oo

K

CFT// CT

GToo

e sfruttando la proposizione 1.11 si haK(εD) = G(εD) = εT(K(D)) = εT(G(D), h) =h, il che prova l’unicità di Φ.D

G||

OO

LC

F

<<

FT

!!

K(C)GT

aa

(5)

In maniera analoga definiamo un funtore L : K(C)→D tale che GL= GT

e LFT =F (cfr. (5)), ponendo

L : A ∈ObK(C) 7→F(A)

( f : A→T(B)) 7→ εF(B) F( f )

È facile verificare che ciò definisce effettivamente un funtore, trovando che

L(idA,K(C)) = εF(A) F(ηA) = ((ε∗F) (F ∗η))(A) = idF(A) = idL(A)

per le relazioni della Proposizione 1.8. Per la commutatività del diagramma

FGF(B) =FT(B)F(T(g ))

//

εF(B)

FT2(C )

F(µC )

F(B)F(g )

// FT(C )

relativamente a g : B→T(C ) si ha poi l’uguaglianza

L(g • f ) =L(µC T(g ) f )

= εF(C ) F(µC T(g ) f )

= εF(C ) F(µC ) FT(g ) F( f )

= εF(C ) F(g ) εF(B) F( f ) =L(g ) L( f )

che dimostra quanto affermato per ogni f : A→T(B), g : B→T(C ). È facileconvincersi che così definito L è unico, dato che per ogni f : A→T(B)

GT( f ) = µB T( f ) = G(εF(B) F( f )) = G(L( f ))

e che se LFT = F, L deve coincidere con F sugli oggetti, dato che lì FT è lacorrispondenza identica. Ciò conclude la dimostrazione.

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2.2 aggiunzioni dalle monadi. 59

2.2.1 Funtori Monadici.

Il funtore Φ : D→ CT definito nella dimostrazione della Proposizione 2.4 sidice funtore di confronto. Un funtore G : D→ C, aggiunto destro in una ag-giunzione F : C aD : G si dice monadico se il funtore di confronto è un’equi-valenza di categorie.

Definizione 2.11 : Sia F : C→D un funtore tra due categorie. Si dice che F

riflette gli isomorfismi se, per ogni f ∈HomC(C ,C ′) F( f ) è un isomorfismose e solo se lo è f .

Osservazione 2.2.2. La necessità è implicita nel fatto che F è un funtore: lacondizione non banale quindi è la sufficienza.

Proposizione 2.5. Un’equivalenza di categorie riflette gli isomorfismi.

Dimostrazione. Siano F : C → D un funtore e F( f ) : F(C ) → F(C ′) un iso-morfismo in D; il funtore quasi–inverso di F è G : D → C, che è essenzial-mente suriettivo. Allora esistono D, D ′ ∈ObD tali che C = G(D),C ′= G(D ′).Dunque, sapendo che esiste un isomorfismo naturale ε : FG→ ID, si sa che

FG(D) //

FG(D ′)

D D ′

è un diagramma commutativo fatto di isomorfismi. Per composizione siottiene allora un isomorfismo h : D → D ′, e per la suddetta commutativitàdeve essere G(h) = f , che quindi è un isomorfismo.

Proposizione 2.6. Un funtore monadico riflette gli isomorfismi.

Dimostrazione. Il risultato precedente permette di usare, invece di F e G, lacoppia aggiunta FT,GT, in cui GT è il funtore “smemorato” tra CT e C (cfr.[BaW, Proposizione 3.2]). Sia dunque f : C → C ′ un isomorfismo in C, eg : C ′ → C il suo inverso. Per mostrare che f : (C , c )→ (C ′, c ′), visto comemorfismo di T−algebre, ha come inverso g : (C ′, c ′) → (C , c ) va mostratoche g è effettivamente un morfismo di T−algebre:

c T(g ) = g f c T(g ) = g c ′ T( f g ) = g c ′

Il fatto che g f = id(C ,c ) e f g = id(C ′,c ′) in CT segue naturalmente dacome è definita la composizione di morfismi strutturali.

Definizione 2.12 [FORCELLA, FORCELLA SPEZZANTE]: Una forcella in C di baseA⇒ B consiste nel dato di oggetti e frecce come nel diagramma

A∂0 //

∂1

// Be // C (2.9)

tali che e ∂0 = e ∂1.

Osservazione 2.2.3. Il conucleo e : B → coker(∂0,∂1) della doppia freccia∂0,∂1 : A ⇒ B è una forcella, e precisamente l’unica forcella tale che, per

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60 monoidi e monadi

ogni f : B → X esiste un’unico morfismo coker(∂0,∂1) → X che fattorizzaf tramite e .

Una forcella spezzante in C è una forcella come in 2.9 tale che esistono due

frecce At←− B

s←−C con e ∂0 = e ∂1, e s = idC , ∂0 t = idB , ∂1 t = s e .Data una forcella come in 2.9 la freccia e : B → C è detta coequalizzatore

assoluto della coppia ∂0,∂1 : A⇒ B se per ogni funtore F : C→D la forcella inD

F(A)F∂0 //

F∂1

// F(B) // F(C )

ha Fe : F(B)→F(C ) come conucleo.

Proposizione 2.7. Osserviamo i seguenti fatti:

1. In una forcella spezzante

A∂0 //∂1 // Bt

oo

e //C

soo (2.10)

il morfismo e : B→C è il conucleo di ∂0 e ∂1.

2. Se 2.10 è una forcella spezzante in C e F : C → D è un qualunquefuntore, allora

F(A)F∂0 //F∂1

// F(B)Ft

oo

Fe //F(C )

Fsoo

è una forcella spezzante in D.

3. Se 2.9 è una forcella in C tale che e ∼= coker(∂0,∂1), ed esiste t : B → Atale che ∂0 t = idB e ∂1 t ∂0 = ∂1 t ∂1, allora esiste anche s : C → Atale che 2.10 sia una forcella spezzante in C.

Dimostrazione. Data f : B → X tale che f ∂0 = f ∂1 si ha ( f s ) e = f ∂1 t = f ∂0 t = f , e questa scrittura di f come h e è evidentementeunica (e è un epimorfismo spezzante, intendendo con ciò che ammette unainversa destra).

2 Un funtore rispetta composizioni e identità, e ciò è sufficiente a con-cludere.

3 Per ipotesi ∂1 t ∂0 = ∂1 t ∂1, e dunque per la proprietà universaledel conucleo esiste ed è unica s : C → B tale che s e = ∂1 t . Si hapoi e s e = e ∂1 t = e ∂0 t = e . Essendo e un epimorfismospezzante, e s = idC .

Definizione 2.13 [FORCELLA G−SPEZZANTE]: Se G : D→ C è un funtore, unaforcella G−spezzante è una coppia di morfismi ∂0,∂1 : A ⇒ B tali per cuiesistono morfismi t , e , s in D tali che

G(A)G∂0 //G∂1

// G(B)t

oo

e //G(C )

soo

sia una forcella spezzante in D.

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2.2 aggiunzioni dalle monadi. 61

2.2.2 Il teorema di Beck.

Un Teorema enunciato e dimostrato da Beck nel 1967 caratterizza i funtorimonadici come gli aggiunti destri che riflettono gli isomorfismi e che rispet-tano le forcelle spezzanti per quel funtore.

Proposizione 2.8. Indichiamo con U : CT→C il funtore smemorato definitoin 2.8, per una monade T in C. Sia G : D→ CT un funtore tale che per il dia-gramma di tipo D U G : D→ CT → C esiste lim−→DU G , colimite preservato

da T e da T2; allora esiste anche lim−→DG, ed è preservato da U : CT→C.

Dimostrazione. Sia G : D→CT un funtore tale che UG abbia limite L ∈ObC,e siano sD : UG(D)→ L le frecce canoniche verso il limite.

Ora, se scriviamo G(D) = (UG(D),ξD) per ogni oggetto D ∈ ObD, è faci-le notare che per ogni d : D → D ′ si ha UG(d ) ξD = ξD ′ TUG(d ), essen-do G(d ) un morfismo di T−algebre. Si ha dunque un unica ξ : lim−→TUG ∼=T(lim−→UG) → lim−→UG, ossia ξ : T(L) → L, che fattorizza sd ξD mediante

sT(D) = T(sD).

TUG(D)

TU(d )

sT(D)=T(sD )

((

sDξD

$$

lim−→DTUG ∼= T(lim−→DUG) ξ! // lim−→DUG

TUG(D ′)

sT(D′)=T(sD′ )

66

sD′ ξD′

::

La condizione sd ξD = ξT(sD) implica anche che ogni sD è un morfismodi T−algebra tra ξ e ξD .

Ora va provato che

sD : (UG(D),ξD) → (L,ξ)

D∈ObDsono le frecce ca-

noniche verso il limite di G in CT. Anzitutto va provato che (L,ξ) è unaT−algebra. Deve essere

• ξ ηL = idL , vero perché ξ (ηL sD) = ξ (T(sD) ηUG(D)) = sD ξD ηUG(D) = sD (la prima uguaglianza ha luogo per naturalità di ηe la seconda perché ogni ξD è un morfismo strutturale). Per l’unicitàdella fattorizzazione attraverso gli sD si conclude.

• ξµL = ξTξ: per ipotesi sappiamo che lim−→T2UG ∼= T2(lim−→UG), con

le mappe canoniche T2(sD). Si ha allora

ξ (µL T2(sD)) = ξ (sD µUG(D)) = sD ξD µUG(D)

= (sD ξD) TξD = ξTsD TξD = ξT(sD ξD) = ξTξT2sD

Ora per l’unicità della fattorizzazione attraverso i T2sD si conclude.

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62 monoidi e monadi

Se ora

rD : (UG(D),ξD)→ (R ,ρ)

è un altro cono, esiste per quest’ultimouna fattorizzazione attraverso un’unica freccia m : L → R tale che m sD =rD . Da ultimo, tale m è un morfismo di T−algebre:

ρ Tm TsD =ρ TrD = rD ξD = m sD ξD = m ξTsD .

Lemma 2.1 : Sia (C ,ξ) una T−algebra per una monade T = (T,η,µ). Allora

TT(C )µC

//Tξ // T(C )ηT(C )

oo

ξ//C

ηCoo

è una forcella spezzante.

Dimostrazione. • ξµC = ξTξ, perché ξ è morfismo di T−algebre;

• ξ ηC = idC e µC ηT(C ) = idT(C ), rispettivamente per le leggi diidentità nella T−algebra e nella monade;

• TξηT(C ) = ηC ξ per la naturalità di η.

Teorema 2.2 [BECK’S PTT]: Sia G : D→C un funtore. Le seguenti condizionisono equivalenti:

1. G è monadico;

2. a . G ha un aggiunto sinistro;

b . G riflette gli isomorfismi;

c . per ogni coppia parallela u , v : D → D ′ in D tale che (Gu ,Gv ) èuna forcella spezzante, (u , v ) ha un conucleo in D, preservato daG: coker(Gu ,Gv ) ∼= G(coker(u , v )).

Dimostrazione. L’implicazione 1 ⇒ 2 discende da quanto mostrato finora:che un funtore monadico sia a destra in una coppia aggiunta F : C a D : G èvero per definizione, e i punti b , c discendono, rispettivamente, dalle Propo-sizioni 2.6 e 2.8.

Mostriamo che 2 ⇒ 1. Dobbiamo mostrare che il funtore di confrontoΦ : D→CT, per la monade generata dall’aggiunzione F : C aD : G, è un’equi-valenza di categorie, ossia (usando la caratterizzazione nella Proposizione1.5) è pienamente fedele ed essenzialmente suriettivo.

Φ è pieno, perché se indichiamo con L il funtore della Proposizione 2.3,la composizione Φ L : CT→D→CT coincide con l’inclusione CT ÃCT.

Ora, data una T−algebra (C ,ξ) consideriamo la coppia εF(C ),F(ξ) : FGF(C )⇒F(C ) in D, che soddisfa alle condizioni in 2.c, in quanto per il Lemma 2.1(GεF(C ),GF(ξ)) è una forcella spezzante:

GFGF(C )GFξ

//GεF(C ) // GF(C )ηGF(C )

oo

ξ//C

ηCoo

porge un diagramma in D

FGF(C )εF(C )

//

F(ξ)// F(C )

q// Q

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2.2 aggiunzioni dalle monadi. 63

che è una forcella, tale che G(Q) ∼= C e G(q) ∼= ξ. In particolare ξ = G(q)ha per sezione ηC , e dunque ha una sezione anche il morfismo FG(q). Siha q FG(q) = q F(ξ) = q εFG(Q) = εQ FG(q), e allora q = εQ , essendo

FG(q) un epimorfismo spezzante (lo è G(q)).Abbiamo dunque ottenuto

Φ(Q) = (G(Q),GεQ) ∼= (C ,G(q)) = (C ,ξ)

mostrando che Φ è essenzialmente suriettivo. Resta da provare che Φ è fe-dele. Siccome GT Φ = G, basta provare che G, alle ipotesi 2.ab c , è fedele:ciò accade se e solo se ogni componente della counità ε dell’aggiunzioneF : C aD : G è un epimorfismo (cfr. la Proposizione 1.10).

Per mostrare che così accade, si consideri il diagramma

FGFG(D)εFG(D)

//

FGεD

// FG(D)εD // D

La sua immagine mediante G è una forcella spezzante in C:

GFGFG(D)

GεFG(D)//

GFGεD// GFG(D)

ηGFG(D)

oo

GεD //G(D)

ηG(D)

oo

In virtù della condizione 2.c ora, la forcella FGFG(D)⇒FG(D)→D appenascritta ha un conucleo q : FG(D)→Q , e εD si fattorizza in modo unico comez q , per z : Q → D. Inoltre, sempre per la condizione 2.c , si ha G(q) ∼=G(εD). Ciò vuol dire che G(z ) è un isomorfismo (se G(q) = u G(εD) perun certo isomorfismo u , si trova facilmente che G(z ) è un isomorfismo). Perla condizione 2.b allora anche z è un isomorfismo, e dunque, dato che lo èq , εD è un epimorfismo.

Applichiamo il Teorema appena dimostrato per provare che

Proposizione 2.9. Il funtore smemorato G : Grp→Ens è monadico.

Dimostrazione. Che G rifletta gli isomorfismi è palese, dato che tutti gli iso-morfismi di gruppi sono anzitutto funzioni biiettive tra gli insiemi supporto.

Proviamo quindi che se α,β : G ⇒H è una doppia freccia parallela e

GGGα

//

Gβ// GH

σ // K

è una forcella spezzante in Ens (in particolare,σ è un epimorfismo spezzan-te negli insiemi), allora è anche un morfismo di gruppi e il diagramma

Gα //

β// H

σ // K

è una forcella spezzante in Grp. Siano mG : G ×G →G e mH : H ×H →H leoperazioni di gruppo di G ed H . Dal momento che α e β sono morfismi digruppi, si ha α mG = mH (α×α) e β mG = mH (β ×β), dunque σ mH (α×α) =σ mH (β ×β). Invocando il Lemma 2.1,σ×σ è conucleo

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64 monoidi e monadi

di (α×α,β ×β), dunque esiste un’unica freccia mK : K ×K → K tale cheσmH = mK (σ×σ), ossia un’unica mappa mK che rendeσmorfismo digruppi.

G ×G

mG

α×α //

β×β// H ×H

σ×σ //

mH

K ×K

Gα //

β// H

σ// K

Resta da provare cheσ è un conucleo anche in Grp: supponiamo cheϕ : H →L sia tale cheϕ α=ϕ β : esiste un’unicaψ : K → L tale cheϕ=ψσ. Orasi ha

ψ(σ(x ) ·σ(y )) =ψ(σ(x ·y )) =ϕ(x y ) =ϕ(x ) ·ϕ(y ) =ψ(σ(x )) ·ψ(σ(y ))

(indicando con · sempre l’operazione di gruppo) il che prova che ψ è unmorfismo.

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B I B L I O G R A F I A

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