catalogo Ettore Giovanni May Q34

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collezione civica d'arte palazzo vittone - pinerolo piazza vittorio veneto , 8

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per gentile concessione del Conservatore prof. Mario Marchiando Pacchiola Collezione Civica d'Arte Pinerolo (To)

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collezione civica d'arte palazzo vittone - pinerolo

piazza vittorio veneto, 8

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I QUADERNI DELLA COLLEZIONE CIVICA D'ARTE PINEROLO

Q. 34

a cura di Mario Marchiando Pacchiola

In sow acoperta : ETTORE G. MAY .. Autoritratto"'. 1923 (bozzetto) olio su tavo letta cm. 26x38 (Co l/e:ione cirica d" arte)

Q. l Felice Carena Q. 2 Pietro Morando Q. 3 L'arte e il mistero

cristiano, 1981 Q. 4 Lot·enzo Delleani e

Sofia di Bricherasio Q. 5 L'arte e il mistero

cristiano, 1983 Q. 6 Gli anni di "Corrente" Q. 7 Leonardo Bistolfi Q. 8 Luciano Achille Mauzan

"l'arte del manifesto" Q. 9 Luigi Aghemo Q. lO Pietro Santini

"l'arte della fotografia" Q. 11 Resistenza ieri , oggi, domani Q. 12 L'arte e il mistero cristiano, 1985 Q. 13 Golia (Eugenio Colmo) Q. 14 Ernesto Bertea Q. 15 Alfredo Beisone Q. 16 Piero Brolis Q. 17 L'arte e il mistero cristiano, 1987 Q. 18 Ernesto Treccani e i

<<barabitt>> di don Bosco Q. 19 Michele Baretta Q. 20 Cento stelle di carta:

"le locandine del Cinema" Q. 21 Giacomo Manzù Q. 22 L'arte e il mistero cristiano, 1989 Q. 23 Angelo Barabino Q. 24 Il duomo di san Donato

in Pinerolo Q. 25 Sulle om1e di

Giovanni Canavesio Q. 26 Mario Faraoni Q. 27 Arte e Religione Q. 28 Enrico Reffo: i disegni Q. 29 L'arte e il mistero cristiano, 1991 Q. 30 Enzo Venturelli Q 31 Giacomo Manzù un artista

per Giovanni XXIII Q 32 Il cinema dipinto di Renato Casaro Q 33 L'arte e il mistero cl"istiano, 1993 Q. 34 Ettore G. May

~ Tipoli tografia Giu"ieppinì - Pinerolo

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"Il riposo", 1922 pastello su cnrtn (cm. 95x110 cn.).

Per questo "11oll/o qssopito" si è pnrlnto di ca­polavoro del Mny. E certo che "il vecchio" è di

unn eloq11ente forzn interiore, perciò cattura chi lo gunrdn. Ln rilnssntezzn, l'abbandono

delle forze per un ristoro rigeneratore, non im-pediscono In vibrazione del/n trattazione cro­

matica, con qualche cenno divisionista, soprat­tutto nelle mnni "stanche, venose e martoria­

te" come le definì Emilio Znnzi ne/1932.

In basso, studio di "uomo che dorme"

(disegno cm. 40x52 c.).

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che non il trascinarsi della grigia vita comune. È ww che vive dolorosamente lo spleen baudelairiano, che si sente "maledetto" e Scapigliato, senza tuttavia la capacità di maledire, anzi con un senso di nostalgia per «l'uomo che se ne va siwro agli altri e a se stesso amico» (non comprendo le meraviglie del mondo degli uomini). Un esteta -se si vuole- avido di sensazioni sublimi, compresa quella della Morte, che gusta nel suo appressarsi (sento in me uno strano tremolio, un certo che, che molto si avvicina all'esaltazione, a quel non so che di strano che già ho provato nei momenti di intenso pensare e nelle ore della creazione mentale ... sono esalta­to ... ), un superuomo (conosco ciò che potrei fare ... avrei fatto vedere ciò che so fare e sarei riuscito a fare il Pittore, e sarei stato grande: conosco le mie forze! So far molto ... ), privo dell'ironia gozzaniana che dalla disillusione genera poesia, benché anclze May guardi per un momento dall'alto «gli uomini che brigano, corrono, sudano e si danno da fare, cercando forse di conquistare la felicità inconquista­bile», proprio come l'avvocato della Signorina Felicita che guarda divertito (ma il sorriso è amaro) il Mondo, quella cosa tutta piena l di lotte e di commerci turbinosi, l la cosa tutta piena di quei "cosi l con due gambe" che fanno tanta pena ...

May non sa vedersi burattino fra i burattini: egli è ancora pregno di Rommzticismo (anche allora il suicidio era divenuta un'epidemia tra i giovani), dilaniato dal dualismo tra Ideale (non capace di collegare le meraviglie dei miei sogni .. . ) ed esistenza( ... alla meschinità del mio lavoro d'operaio ... ), impossibilitato - o incapace - di gettarsi tutto nell'ambito dell'Arte, nella distillazione della forma ( ... non posso darmi tu tto ai miei sogni ... ), e, d'altra parte, pur vivendo in tempi socialmente e politicamen­te travagliati, al tempo di Gobetti e di Gramsci, non animato dagli ideali politici o semplicemente umanitari di ascendmza socialista di 1111 Pellizza, cui dispiaceva che il suo Quarto Stato nel1902, non hsse stato premiato alla Pro11wtrice per il significato "politico" che ciò comportava ( 4). E pure presmte una tendenza all'autocommiserazio-ne( .. . non sono stato compreso .. . ), all'automortificazione ( .... Quadri orribili ... che brutta figura che faccio ... Sono un vile ... ), allo sfinimento( ... non ho più la forza di lottare ... ) . Tutti atteggiamenti che caratterizzarono tanti intellettuali del primo Novecento e della letteratura europea più valida: atteggiamenti che, alle soglie della guerra, avevano condotto molti ad arruolarsi nella ricerca di ww via d'uscita, per poi tornare trasformati o per /asciarvi la vita (come Nino Oxilia). Di quelle imprese eroiche intrise di morte May dovette sentir parlare in modo martellante: i quotidiani della seconda metà del 1923 non facevano che ricordare il rientro a Torino delle salme dei caduti (quattrocento, trasferite a piccoli gruppi), mentre nelle file dei Fasci, anche in occasione della visita di Mussolini, capo del Governo, al capoluogo piemontese, proprio pochi giorni avanti il triste gesto de/nostro pittore, erano privilegiate le schiere di ex combattenti, mutilati di guerra, arditi ... Ma egli non poté provare neppure quella via

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Le ulti111e tre pngine del/n lettern n/ frn t ello Cesn re: .. . «nvrei forse nncorn potuto vivere, trn q uniche tempo nvrei fntto vedere ciò che so fnre, e snrei riuscito n fnre il pittore, e so11 certo snrei stnto grn11de, conosco le mie forze 1 ... ».

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pare per un'infezione causata dalle ustioni, essendo egli caduto sul braciere: spirò, circondato dall'affetto di qunlcwzo, se- come affiora nuovamente dalle memorie di chi d i rettamente o in d i retta me n te lo conobbe- egli si pentì del gesto disperato, riconfortato proprio dn presenze amiche.

Doveva sentirsi esasperatamente n disagio, se è degno di fede un brevissimo illum i nn n te ritratto che ne !w lasciato /'n non imo a rticolistn della Cronaca Cittadina de "Ln Stnmpn" del31 ottobre 1923: « ... Alla mostra degli Amici dell'Arte si trovano esposti due suoi lavori nei quali si trovano innegabili pregi, un paesaggio e un autoritratto. Quest'ultimo appariva di una m es tizia grande ed un membro della giuria aveva detto all'artista ... "non sei punto allegro". Il May in tutta risposta sorrise tristemente e si allontanò. Forse pensò in quel momento .... di troncarsi la vita ... ».

Pochi giorni dopo,di sera, il disperato gesto, verga n do le famose righe. Soffermiamoci su di esse e noteremo un atteggiamento giovanilmente letterario. Non sappiamo nulla delle letture del giovane pittore, eppure dovette respirare quell'atmosfera mista di Ro111an ticismo, Scapigl in tura, Decadentismo, Crepuscolarismo ancora viva all'epoca in w i egli visse. Pensiamo del resto n qua n ti su ici d i "illustri" c'era no sta ti nei primi due decenni del Novecento: Pellizzn dn Volpedo (1907), Salgari (1911), Seidel («Non pO$SO più: debbo andarmene ... », 1913), Cena, afflitto da «un senso molesto di inferiorità (1917) ... E poi, nell'aria, quanto senso di sfinimento e di morte nel Crepuscolarismo, il cui caposcuola Gozzano, ndolescen te mai cresciuto, saluta con gioia il manifestarsi della malattia che lo porterà n/In 111orte; quanta voglia di sonno eterno, di uscire dalla storia ...

Nello scritto/' atteggimnento "letterario"- pure in un momento così grave- affiora già n prima vista nella forma sostenuta, piena di es e/a mnzion i, d i termini nccen tua ti:« .... quadri orribili all'Esposizione. Che brutta figura vi faccio; mi è dispiaciuto molto l'esserne accettato, io che so e conosco ciò che potrei fare, o quanto di più, molto, molto! ... Sono un vile ... »

Un andamento che rimanda n illustri precedenti, ai suicidi letterari di Jacopo Ortis, di Werther ... Autori ben presenti nella sensibilità dell' epocg, se si pensa a qua n t o Foscolo vi sin, nd esempio, in wz Bistolfi, sia poeta, sia scultore. E un'atmosfera preromantica e romantica dominata dall'eroe che si sente a disagio nella realtà ostile in cui si trova a vivere, incompreso, dannato proprio perché eletto, e quindi destinato alla solitudine ... Un atteggiamento che il Novecento !w ripreso e accentuato, se l'incapacità di vivere è uno dei temi portanti del/n letteratura contemporanea, dalla fine del secolo scorso. Dalla lettera del May vien fuori chiaramente questo sentimento:« ... non so vivere la vita di tutti gli uomini ... sono stato non compreso, non capace di collegare le meraviglie dei miei sogni (inutili per gli altri uomini), con la meschinità del mio lavoro d'operaio ... >>.

E un eroe che si sente spiazzato nella vita quotidiana, che sente in sè ben altro fuoco

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d'uscita: stranito romantico del nostro secolo, insieme scapigliato, esteta e superuomo eppure destinato- nella sua prospettiva- ad una vita da Travét, si trova a morire, come lo sveviano Alfonso Nitti, nello squallore di una soffitta e di una camerata d'ospedale affidando poche tracce di sè a/In storia ...

Francesco De Caria

Note

Stralci significativi della lettera che Ettore May stilò in punto di morte, indirizzandola al fratello Cesare, sono stati pubblicati una prima volta da Mario Marchiando Pacchiola, (Spiritualità senza speranza), "Cittadini del Mondo, pittori e swltori 11elln vitn pinero/ese '800-'900" Pinerolo 1978.

(l) Qualche frammento della vita dell'artista è affidato ai documenti, qualche altro alle memorie personali di chilo conobbe o ne sentì parlare: un contributo a questo studio l'ha dato lo scultore torinese Giovanni Taverna (Alluvioni Cambiò 1911), allievo di Bistolfi e in relazione con Ugo Libré, amico stretto di Ettore May (fra l'altro lo assistette sino al decesso). Quando il Taverna venne a Torino, nel 1924, la morte del pittore era recente e sovente il Libré ritornava, nei discorsi, sull'amico tragicamente scomparso.

(2) Riportano la notizia del suicidio "La Gazzetta del Popolo" del30 novembre, e "La Stampa" del 31 ottobre, ambedue nella cronaca cittadina: la prima dedica dodici righe, esponendo il fatto in modo molto spoglio, la seconda si sofferma sul pittore, !asciandoci queljlnsil, che ha quasi la potenza dell'ultimo autoritratto di May, cui si fa cenno nel corso dello studio. Non fa cenno al fatto (ma non riporta nessun caso di suicidio, nonostante la dovizia) il giornale cattolico "Il Momento".

(3) Nell'Archivio dell'Albertina di Torino si conserva la cartella relativa all'iscrizione del May: tale documento inedito è stato ruwenuto dallo scrivente in occasione del presente studio. Sul frontespizio sono riportare le seguenti annotazioni: Mny Ettore,figlio di Giuseppeedi Gerbnudi Rosn, nnto i/24ngosto 1903 a Londrn, n. 7429. All'interno sono contenuti i seguenti documenti: la ricevuta di 60 lire per l'iscrizione al primo corso inferiore all'Accademia, datata 21 ottobre 1919; la pagella scolastica relativa al terzo anno frequentato dal May presso la Regia Scuola Tecnica di Pinerolo nell'annoscolastico 1917/1918: la data del documentoè30novembre 1918, la firma è del direttore F. Solaria; la domanda di iscrizione all'Albertina in carta bollata (20 ottobre '19): su questa domanda è riportata in alto a destra, a matita, l'annotazione citata in articolo; il certificato di buona condotta rilasciato dalla città di Pinerolo datato 12 ottobre '19; da questo documento si ricava che la famiglia si era trasferita a Pinerolo (da Londra?) nel1913; il certificato penale del Casellario Giudiziale di Roma, rilasciato su richiesta del padre del giovane, il29 settembre 1919; il certificato medico, stilato a Pinerolo il19 ottobre 1919 dal dott. Francesco Curino, che dichiara che May è di snnn costituzione fisicn ed esente d n la be ereditnrin; la pagella dell'Accademia, relativa all'anno 1919/20, praticamente bianca -traru1e i dati anagrafici -e con quell'annotazione Figum 1 rit.

(4) v. la lettera inviata da Pellizza a Bistolfi il 23 maggio 1902, pubblicata dall' Armanach Piemontèis del1969, pp. 129-130.

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"Come sarebbe stato bello quel mio quadro "Incontro al sole". Un mucchio di nudi che trascinati dalla Speranza, corrono all'infinito incontro al sole inafferrabile che splende e tramonta all'orizzonte. E si calpestano, e uno ad uno cadono e sono da altri calpestati! Come è bello, cioé no, brutto, ma come è vero!» (dalla lettera­testamento). l due disegni, di cui uno segnato dalle quote, esprimono l'impegno creativo e la tensione esistenziale dell'artista (misure cm. 31x21 e cm. 30,5x23.5).

Lo studio della figura umana, in posa o in azione, ha attratto l'interesse di

Ettore May che l'affronta con varietà di soluzioni tecniche, di segni e di toni. In alto: "Nudo femminile"

(cm. 32,5x35); si noti la firma dell'artista vergata "spewlarmente".

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Amava cogliere momenti di vita ai bar e ai caffè di Torino, indagando nelle fisionomie

umane e nel costume del tempo (disegni cm. 9x15 e 14x15).

Dalla realtà alla pubblicità fantasiosa: stu­dio di ballerina, matite colorate

(cm. 13x21).

Agli attimi colti dal vivo e fissati sul tac­cuino degli schizzi si a/temano visioni me­

ditative che denunciano stati di miseria e di oppressione sociale da lui sovente condi­

visi, come in questo acquerello (foglio cm. 22x14,5).

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Autunno 1923:

GLI "AMICI DELL'ARTE" ALLA PROMOTRICE Spigolature dai giornali

Quando Ettore Mny tenta di togliersi la vita, la notte di sabato 27 ottobre 1923, è in pieno svolgimento /' ul ti m n mostra eu i egli ha partecipato, In XXV Esposizione degli Amici dell'Arte, presso il Pnlnzzo delle Bel­le Arti al Valentino, preanmmciata già da luglio dalla stnmpn: l'indomani del tentati­vo di suicidio del nostro, gli Amici dell 'Arte offrono alle autorità e agli artisti torinesi un grande pranzo al Ristorante degli Amba­sciatori, nl Valentino, mentre il giorno se­guente Amalia Guglielminetti presenta, nella sede dell 'Espos izione, i suoi Talisma­ni di Bellezza.

Sono anni di rinnovamento dell'arte torinese e se ne hn un riflesso nell 'organiz­zazione di tale manifestazione, dedicata non solo ad opere compiute, ma ai bozzetti pre­paratori, per mostra me al pubblico la gene­si. Anche /'nrclzitettura degli ambienti è spoglia ed essenziale, mentre largo spazio si intende riservareal/'artedecorativn. Intan­to, il 15 luglio si chiude la Quadriennale, affollatissima.

E. Ferrettini parla, a riguardo, di arte piemontese ancor salda, ma esprime timori per un distacco dalla lezione di Bistolft, di Rubino, Canonica, Grosso ... Nota altresì sgomento e dolore forse deriva n ti dall' espe­rienza della guerra.

Già dnl 20 agosto iniziano i preparativi per la mostra degli Amici dell'Arte, il cui presidente è al/ora Giovanni Battista Alloa­ti. L'esposizione sarà inaugurata i/14 otto­bre al palazzo delle Belle Arti del Valentino, comprenderà mostre individuali e colletti­ve. Ferrettini, che segue passo passo, sulle pagine de "La Stampa", i preparativi e lo svolgimento della manifestazione, denun-

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eia il fatto che nell'ambito delle grandi mo­stre ci si comporta come quegli editori che pubblicano solo opere degli autori già affer­mati: così facendo, chi permetterà n un giovane di affermarsi? Le sue espressioni si fanno addirittura accorate: E i giovani che salgono faticosamente il monte lascian­do spesso tracce di sangue tra i rovi? ... si dirà che i giovani hanno il dovere di dominare l'irrequieto desiderio di no­torietà ... Ma perché non ?i può tendere intanto loro una mano? E proprio questo l'intento della mostra degli A. d .A. nel ven­ticinquesimo anno di attività.

Il vernissage della nwstra avviene 1'11 ottobre alle ore 15: duemila sono le opere inviate da tutta Italia, 1200 le opere respin­te.

L'apertura al pubblico avviene il14 ot­tobre; il 13 ottobre n/le 10,30 visitano in anteprima l'esposizione i Duchi di Genova e nel discorso di presentazione Ailanti insi­ste sull'opportunità offerta ai giovani (e noi insistiamo sul tema, perché Mny era tra i "giovani") e agli ignoti purché degni arti­sti. Si rivolge anche ai molti esclusi wi raccomanda di cercare sprone nella mostra: «Coraggio! ogni cammino arduo che sale porta ad una vetta sia pure nello sforzo e nel dolore».

Sono parole d' occasioneJorse, ma, come quelle di Ferrettini sopra riportate, indica­tive di un sentire e di un 'espressione diffusi, coinvolgenti, di cui, chissà , fu vittima lo stesso Mny: sforzo, sacrificio, rovi grondan­ti di sangue sono le immagini ricorrenti. Come se non bastasse, il 22 ottobre, viene inaugurato il monumento n De Amicis, in pinzzn Cnr lo Felice, opera del Rubino e nota

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Ln prima pnginn del/n lettem-testnmento (Biblioteca Connnwle, Pinerolo- Mss A6)

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L'ULTIMA LETTERA

Se una lettera stilata in prossimità della morte ha comunque un grande interesse, quanto meno dal punto di vista umano, tanto maggior pregnanza assume quella di Ettore May, della cui esistenza si sa ben poco (1). Una vita stroncata a vent'anni è pur sempre brevissima e destinata a lasciare poche tracce, soprattutto se" comune" agli occhi di tutti, dimessa, probabilmente una vita di stenti come ce ne erano tante.

"May Ettore di Giuseppe, a. 20 di Londra, pittore" si legge nello stato civile del29 ottobre 1923 nella colonna dei deceduti, pubblicato il 30 ottobre sui quotidiani torinesi.

Qualche giornale si sofferma sul "giovane pittore", qualche altro sull' "insano gesto" -peraltro comunissimo in quell'anno in cui le cronache cittadine, che ne contano numerosi ogni giorno, più volte parlano di "mania", di" epidemia": nessuno comunque dedica molto più di qualche riga al fatto e al suo protagonista (2). Il giovane avrà anche avuto motivi di natura "ordinaria"- ci si passi l'espressione- per giungere all'atto estremo: una vita non agiata, il trasferimento, forse deludente, nell'autunno 1919, quando aveva sedici anni compiuti da un mese, a Torino, la "città", da Pinerolo, dove la famiglia risiedeva dal1913 e dove aveva frequentato tre anni di studi alla Scuola Tecnica, con risultati mediocri (in terza promosso a ottobre con un sei e mezzo).

A Torino May c'era venuto probabilmente spinto dal "sogno" di frequentare l'Albertina, dove si iscrisse il20 ottobre di quell'anno: ma non frequentò i corsi, come recita un'annotazione a matita sulla domanda di iscrizione, sostenne un solo esame, quello di figura, il cui risultato è espresso sul verbale da un poco chiaro "Figura 1. rit." (=ritirato?) (3). Chi conserva memoria di qu.anto si diceva da parte degli amici del May, ricorda anche di" dispiaceri famigliari", di un lavoro alla Lenci, di cui peraltro non resta traccia negli archivi della ditta ...

Null'altro, se non squarci di una vita non certo serena. La sua partecipazione alle mostre torinesi è documentata solo dai cataloghi della

Pro motrice della ottantesima Esposizione nella primavera del1921, dell' ottantunesima Esposizione nella primavera successiva; poi, nell'autunno del 1923, egli partecipa a quella degli "Amici dell'arte". Non compare alla Quadriennale della primavera 1923, mostra importante per l'arte torinese, nè all'esposizione polemicamente organizzata alla Mole. I giornali, pur meticolosi, non parlano delle opere da lui esposte; su di lui ci si sofferma in qualche riga solo in occasione della morte, quando, peraltro, le pagine di vita cittadina sono occupate da lunghi articoli dedicati alla scomparsa, lo stesso giorno, di un illustre artista, Luigi Contratti. Dai cataloghi si desume un continuo peregrinare del May, da via Bertola 11 a via Sforzesca 3, a corso Orbassano 3, ultima dimora. In corso Orbassano abitava in una soffitta: forse stava in soffitta anche nelle precedenti residenze. Inquietudine, necessità economica? Bohème cercata o subita?

In mezzo a tanti interrogativi si comprende bene l'importanza di quelle righe stilate mentre il fumo di un braciere lo soffoca sino a tramortirlo, non morirà per quella causa, perché i vicini lo trasporteranno al San Giovanni, ma spirerà due giorni dopo a quanto

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Per questi "signori" schizzati con In mntitn blu-via/n (c111. 15x22 c.) In memoria ci riporta n l segno e n l! ' ntmosfern dei cnffè di Toulouse Lnutrec.

a tutti è l'esaltazione del Sacrificio proposta dall'autore di Cuore.

Tra gli organizzatori della manifesta­zione (che è costellata da concerti, conferen­ze, letture) vi sono G.B. Alloati, Gianotti, Serralunga, Spingardi, Piano, Arduino, Mancare/li, Bo !fa, Cortazzi, Depetris, Men­nyey, Reviglione, Zolla. A Reviglione un poeta tutto nutrito di amore per il vero è dedicata l'unica vera mostra individuale; altre quasi personali" sono dedicate a Gran­di, Lupo, Ferrettini Rossotti, Depetris, Arduino, Boffa Tar/atta, Gianotti, Serra­lunga, Mennyey, FrassatiAmetis, Manzo­ne, E. Alciati, Orsolini,Montezemolo, Vel­Ia n, Boccalatte, Michelotti, Guarlotti, Ca­chet, Cm-panetto, Turina, Buratti, Cari in ... Chi abbia solo un'idea dell'opera di questi artisti, potrà rendersi conto delle intempe­rie in cui May si trova ad operare: non compaiono le grandi novità che hanno ca­ratterizzato la Quadriennale, non ci sono Casorati, De Chirico, Chessa, Galante, Menzio, Levi, Carrà, Morando.

Il nome di May non viene citato dai critici de "La Stampa" (Ferrettini), della "Gazzetta del Popolo" (Quadrone), de "Il Momento" (Zanzi): come accennato in al­tro studio del presente quaderno, le pagine della "Cronaca Cittadina" dei quotidiani sono soprattutto interessate alla prematura scomparsa di Luigi Contratti.

La "Gazzetta del Popolo" (12 e 13 ottobre 1923) rileva che l'Esposizione si è infatti allontanata dall'assunto primario di prom uo­vere soprattutto le arti decorative, mentre ospita nelle sale esclusivamente quadri, sculture, bozzetti, studi e disegni, senza tentare di promuovere quelle manifesta-

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In nlto "La siepe" e due scorci

del/n "Vecchia Pinerolo" , COllie indicato dnllo stesso autore

I tre dipinti vennero renlizznti nell'agosto 1923 e sono !lll omaggio

n Pinerolo.

Al cnffè Vittoria o n/ Fiorio, o in treno è sempre l'osservazione dell'umano che lo nttrne (disegni c111. 21,5x14,5).

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zioni artistiche che hanno attinenza alle arti applicate; "si111pntico esperi111ento" vie­ne definito il fatto di esporre anche i bozzetti che mostrano /'opera d'arte nel suo farsi; infine si sottolinea un'abbondanza forse eccessiva di opere esposte. Sempre su/In "Gazzetta", 1'11 novembre (May non poté leggere/' articolo, 111a evi de n teme n te gli u111ori della critica erano quelli, al111eno in parte) "A.F." (non più Quadrone) ironizza sulle figure, sulla ripetitività dei soggetti( ... pae­saggi, visioni di castelli, di pascoli di tra­monti, di laghi e monti ... nostalgici qua­dretti rustici ... che si dicono pittorici ap­punto perché i nostri pittori non li lascia­no in pace un momento ... ), calca la mano quando, in apertura, avverte che per visitare l'Esposizione non bisogna andarci quando piove, quando si è pranzato male, quan­do si hanno dispiaceri ... ma quando si è di buon umore e il sole autunnale diffonde nell'aria la gioia .... : allora ... si può anche fare un giro attraverso la mostra ...

Nei giorni prossimi all'inaugurazione della mostra (che si concluderà il16 dicem­bre), Zanzi sul "Momento" le dedica, il 7 e il 13 ottobre, due articoli che, anche per l'autorità del critico, May avrà forse letto, n dieci giorni, dal suo disperato gesto. Znnzi, che in seguito dimostrerà di apprezzare May, non cita il giovane pittore; eppure si sofferma su molti e dà giudizi significativi sull'Esposizione, in fondo non proprio favo­revoli. Il 7 ottobre accusa gli organizzatori di non aver accolto l'istanza dei fotografi d'arte di dedicare loro anche un piccolo spazio: ... ma gli artisti puri fecero la voce grossa, urlarono al sacrilegio e parlarono di ideali infranti e di tante

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Ma abbiamo anche qualche ritratto che rasenta il capolavoro, come un pastello bruno con striature bianche nel quale il profilo di un uomo dai capelli corti spicca in tutta la sua ossuta, energica plasticità.

N è trascurerei i copricapo: dalla bombetta politico-diplomatica di un signo­re col pizzo al cappellone a larga tesa di una madama sul viale del tramonto, dalla lobbia sformata e buttata indietro d'un contadino baffuto alla cloche maliziosetta di qualche giovane nottambula.

Ferve, in questi disegni, la stanchezza nervosa ma tanto più ricettiva di un giovane che fa le ore piccole, che forse ha orrore di tornare alla sua squallida cameretta in corso Orbassano e tira tardi registrando pezzi di realtà, lacerti di vita, intuendo che il bottino sta per finire, che tra pochi mesi, tra pochi giorni, in quell'ottobre di un'Italia già dominata dal fascismo,la clessidra avrà esaurito gli ultimi granelli di sabbia.

Ci punge, molesta come un insetto,la voglia di immaginare un May che non commette quell' "atto insano", o che si salva, sia pure conservando sulla pelle, per tutta la vita, il segno delle ustioni. Senza dubbio- ma è il "senza dubbio" delle mere ipotesi da fanta-biografia - Ettore G. May, se la vita gli avesse accordato anche solo altri vent'anni (ma perché non molto di più?) sarebbe maturato ancora e, artista irrequieto e intelligente com'era, avrebbe elaborato uno stile tutto suo- e già se ne avvertono i precisi contorni- o sarebbe passato, come un piccolo Picasso italiano, attraverso una serie di periodi che ora gli storici dell'arte classificherebbero con definizioni fantasiose. Forse, arrivato poniamo all'astrattismo, May avrebbe minimizzato o rifiutato le pitture e i disegni di quei primi "anni venti", così come lo scultore Carmelo Cappello, approdato alle eleganze formali dei suoi metalli lucidi e simbolici, non si riconosce quasi più nelle pur splendide statue figurative della sua stagione iniziale. Oppure May avrebbe insistito sulla sua cifra di allora, ma arricchendo­la di valori assolutamente nuovi e insospettati. O, colpito da una crisi esisten­ziale, avrebbe imitato Rimbaud dando l'effetto alla creatività artistica per volgersi all'avventura della vita e perdersi (o realizzarsi?) tutto in essa.

Sogni, castelli in aria. Insaporiti da una vena di amaro. La parabola di May, volere o no, si è tragicamente chiusa in quella notte ottobrina del1923. Di lui ci resta quello che abbiamo e nient'altro. Accontentiamoci di questo, senza sdegnare l'esistente (che pure ha il suo valore) per ciò che non esiste. Non occorre fare appello al nostro buon cuore nè alla nostra benevole fantasia per ammirare, in più d'un caso, un artista "cucciolo" che si muoveva già da artista esperto, direi persino da artista grande. Il che, a vent'anni soli, è già motivo di quasi incredula meraviglia.

Itala Alighiero Chiusano

Il

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Nè questo suo amore dello scalcagnato, dello sfinito, del povero, del liso, riguarda solo le persone (dove abbiamo persino una scena colorata, e alquanto caricata, di miseria operaia, forte di una decina di personaggi raggruppati e atteggiati come in un dramma di Gorkij). Questo suo amore "russo", dostoe­vskijano si estende anche agli animali (topi morti, cavalli arrembati) e persino ai mobili (sedie impagliate, finestre di tipo carcerario). Forse aleggia, su tali figurazioni, un sospetto di retorica, almeno in qualche caso. Ma è indubbio che alla base c'è un'immedesimazione robusta e sdegnosa, che in alcune figurazioni si converte in arte.

Dell'arte grande del passato- sacra e civile- May conserva poche tracce, modernizzandole con gesto quasi imperioso, anche se per lo più esteticamente dubbio. Certi nudi tendono decisamente allo gradevole, una valanga di corpi quasi michelangioleschi non fa nulla per incantarci, un certo crocefisso si accontenta di essere insolito.

Ma sotto quelle ambiziose prove credo maturassero raggiungimenti che, dopo alcuni altri anni (gli anni negati!), avrebbero dato frutti considerevoli, magari nella direzione di un Sironi o di un Guttuso.

Un gran numero di fogli di quest'album, intitolato Impressioni dal vero (schizzi con o senza colore, a matita bruna, viola, color mattone, seppia, qualche volta a penna) e composto di 251 pezzi, rispecchia con nervosa immediatezza la vita personale del bohémien (qualche compagno, pensando all'opera di Puccini, lo aveva soprannominato Marcello), e soprattutto quella notturna, trascorsa a bere chissà che cosa al tavolino di un caffè. Ce n'è un gran numero, di questi caffè di cui May si premura di conservare il nome: Fiorio, Romano, Trianon, American Bar, Ligure, Vittoria, Alfieri ... Che cosa vede, il "ragazzo", in quelle sale già semideserte, vicino all'ora della chiusura?

Vede consumatori al tavolino, spesso di spalle, con le gambe accavallate; vede lettori di giornali, più o meno intenti, la sigaretta fumante in mano o il cappello in testa; vede coppie in un fitto colloquio o condanna te ad annoiarsi in parallelo; vede dormienti più o meno in abbandono; vede donne belle e desiderabili, più spesso brutte e non più o non mai desiderate. Il segno spesso è nettissimo, quasi graffito, altre volte è volutamente tremulo, "sensibilizzato"; le ombre sono trattate in qualche caso con morbida sensualità, in altri con durezza manichea, bianco-nero senza mezze misure.

Fanno ressa le teste: barbe e baffi della generazione precedente (l'addio all'Ottocento liberal-risorgimentale?), nuche lardose da bottegaio o da specu­latore preso di mira dalla matita di Daumier, ceffi quasi da malavita o da ubriacone buttati là con tratti di penna quasi caricaturali (non è certo qui il miglior May, che quando si butta sul vignettistico appare molto datato, com'è datata una certa ballerina che sembra l'abbozzo di un manifesto pubblicitario).

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altre cose ... mentre poi hanno accolto dipinti scadenti proprio perché 'fotografi­ci" nel senso peggiore del termine; e invita polemicamente i giovani artisti anziché esaurirsi nell'elaborazione di piccoli stu­di di paese o di quadretti di genere ad affrontare altri temi ed altre tecniche che le avanguardie avevano indicato. Nell'articolo del 13 ottobre egli parla, poi, di esposizione pletorica e un po' monotona di gran nume­ro di tentativi mediocri e senza un pur piccolo significato spirituale ... che non risolvono un solo problema d'estetica di opere pur tra le lodevoli e prove che non sono che ripetizioni timide o pretenziose di forme antiche o disusate, di limpido e casalingo carattere paesano ....

Il critico illustra poi le qualità dei singo­li artisti (nomi ormai noti) e si sofferma su Ercole Dogliani che, dimesso fattorino e poi correttore di bozze, si stava affermando come uno dei migliori incisori, senza peraltro riconoscimenti che gli dessero un poco d' au­tonomia economica: dunque anch'egli (mi­serabile e solo) costretto a guadagnarsi il pane con un umile impiego. Aveva allora quarantatre anni, ventitre più di May ... Anche lui sarebbe scomparso sei a nn i dopo, portato via da un carcinoma, avendo inta­gliato nella sua attività di xilografo, decine di ex libris in cui il punto centrale, fulcro e meta dell'Universo è In Morte ...

Il riconoscimento all'opera di May venne da Emilio Zanzi, seppur tardivo, in occasione della mostra d'Arte e d' Ar­tigiana t o dopolavorista ten u t asi nel1932 a Pinerolo.

Francesco De Caria

Tre disegni eseguiti nd inchiostro con segno vigoroso: due volti di pinerolesi quasi cnricntum!i (cm. 8,5x11,5) e un momento n! caffè, giocato con varietà

ed espressività di tratto (cm. 9x10).

Più duttile e pittorico l'i~1chiostro n soggetto vagamente mitologico

(cm. 12x20 c.) .

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Studio del pittore o particolare di un'aula dell'Accade111ia di Belle Arti? Non c'è nessuna m111ota:ione che lo chiarisca. (matita cm. 23,5x24).

Un "topo morto" (matita cm. 30x10) Ira attratto l'interesse di Ettore. Sul taccuino altri animali: conigli, galline, mucche, muli sono i protagonisti.

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Tre momenti di "Notturno sul Po" a Torino dipinti ad olio nel1922.

Un sole rutilante nel bosco suggestionato da una ricca tavolozza cromatica (olio).

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Ettore al caffè Fiorio il1 4 gennaio 1923

(111atite colorate CIII. 22x14,5).

ETTOREMAY NELLA TORINO DEL TEMPO

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Ricostruire la Torino attraversata da May parrebbe, almeno in astratto, una facile operazione.

Gli anni dal1919 al1923 sono infatti, sotto il profilo dell'informazione e del dato, abbastanza generosi. Sebbene in realtà siano quasi ingannevoli, è possi­bile tracciare un complesso quadro di statistiche e di numeri, da cui risulta ad esempio, una grande spinta economica venuta ancora dall'altro secolo e accre­sciuta anziché fermata dalla guerra, spinta che vacilla solo dal1921, a motivo dei grandi cambiamenti politici.

Alcuni, di questi numeri, sembrano significativi anche per le vicende cultu­rali, come il fatto che la Stampa, ancora libera dall'influsso (asceso col regime e attivo dal1925) della coppia Agnelli Gualino, passi dalle 100.000 copie del 1904 alle 300.000 del1914.

Segno di una cultura di matrice anche piccolo borghese, di una fame di notizie che non è solo curiosità sull'ultima sciantosa o sul "delitto efferato".

Torino viveva allora delle glorie culturali delle due grandi esposizioni (1902 e 1911) e dell'espansione delle industrie elettriche, tessili, chimiche, che non avevano perduto colpi durante il periodo bellico, ma piuttosto, come ricordano gli economisti, avevano saputo in quella circostanza fare di Torino un grande arsenale.

È importante certo non enfatizzare troppo questo dato, poiché per altro verso il periodo fu difficile per molti che, nella concentrazione progressiva che andava aggregandosi nella Fiat, avevano perduto il lavoro o fatto fallimento nelle proprie imprese minori o artigiane.

Non sappiamo esattamente «quale situazione toccasse il padre di Ettore May», vivente durante la Prima Guerra Mondiale; sappiamo che il ragazzo studiò a Pinerolo, alla Regia Scuola Tecnica, e che finì con un risultato accettabile, "qualche 6 e qualche 7", sebbene agli esami autunnali.

Suggerisce un'immagine di non agio finanziario (o di non accordo famiglia­re sulla strada di pittore?) la sua difficoltà degli anni successivi, quando, iscritto

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all'Accademia, non frequentava, insieme con il lamento finale sul suo essere "operaio".

Se le notizie ritrovate sono esatte- ma ce n' é documentazione solo in poche testimonianze orali- venuto a Torino per mantenersi il ragazzo fa già qualche lavoretto non sempre o non solo nel campo dell'arte.

Tra le fatiche più grate forse l'elaborazione di disegni o altro per la ditta Lenci.

La lunga accurata ricerca d'archivio di Bibija Carella non ha dato purtroppo documenti certi: tra il '19 e il '23 tuttavia, allorché ancora mancano archivi contabili sistematici per la ditta appena sorta) sappiamo che non poteva trattarsi di modelli o disegni per una produzione ceramica, cominciata soltanto dopo il 1929, bensì di cose destinate alla creazione di oggetti d'arredamento bambole o altro.

Helen Koenig infatti, di origine tedesca ma sposata ad un artista italiano, aveva cominciato la sua attività, forse un poco sulla falsariga delle nobildonne dei tempi passati, in modo assai limitato e privato, aiutandosi spesso con disegni di giovani studenti d'Accademia, magari non firmati (abbandonando, questo tipo di disegni, nell'archivio) e forse non essendo aliena, talora, dal commissionarli per solidarietà e filantropia, secondo il modello citato di tante altre darne altoborghesi e aristocratiche, da Lia Tregnaghi alla Duchessa di Genova, alla contessa Calvi di Bergolo e a molte altre.

Fu forse questo -il produrre oggettistica per mantenersi e il non aver più tempo per l'arte- il cruccio di Ettore May? O non fu piuttosto una insoddisfa­zione di sè non riducibile al modo di lavoro, ma discesa da una più vasta incapacità ad organizzarsi e vivere?

Esponeva con dovizia di presenze e anche di plauso, considerata la severità dei grandi critici di allora- da Thovez a Ferrettini- e l'età ancora acerba, almeno anagraficarnente.

Altri pittori ebbero dalla critica giudizi a volte più pesanti e amari, e tuttavia fu lui a sentirsi incapace a tradurre in pittura le grandi possenti figure/ chimere che,gli agitavano il cervello ...

E ben vero che Torino era in quegli anni teatro, in materia d'arte, di un conflitto non minimo tra i bistolfiani (già con qualche timido segno di tramonto) e i casoratiani, che ebbero poi il sopravvento certo per il carisma del caposcuola ma anche grazie all'appoggio dell'industria, e particolarmente di Gua lino, e del mondo politico del nascente fascismo.

Era May, uomo da esprimere, nella sua pittura, grandi drammi. Fu forse angosciato da gravi problemi e urti sociali di quegli anni, urti che si sentì impotente a raffigurare?

E del1920 la nota occupazione delle fabbriche, seguita, in provincia, dalle occupazioni delle terre, ed è del triennio 1917-1920 un'infinita, tragica serie di fallimenti e di traversie economiche di piccoli e medi imprenditori (la Fiat fu in quella circostanza accusata esplicitamente di aggiotaggio e altri illeciti). Bistolfi da un lato (forse in misura minore) e Casorati dall'altro suggerivano l'idea di un'arte come fatto aristocratico, superiore, libero da un legame diretto e immediato con la storia.

Neanche vent'anni prima, disconosciuto dalla critica, non premiato perché non celebrativo, si era tolta la vita Pellizza da Volpedo, autore di opere socialmente possenti come "Sul fienile", "L'annegato" e soprattutto "Il quarto stato".

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INTENSA BREVISSIMA PARABOLA

È umanamente inevitabile ma sarebbe criticamente ozioso deplorare la sorte del "ragazzo" Ettore Giovanni May, morto a soli vent'anni. Avrebbe poi il tono di un vecchio feuilleton rievocare la vicenda umana di questo figlio di un cameriere d'albergo, nato a Londra, venuto in seguito nell'originario Piemonte (Pinerolo, Torino) a vivere un'esistenza grama di bohémien frequentatore di caffé e di locali notturni, mentre alla magra pagnotta provvedeva il lavoro alla Lenci. E addirittura atroce sarebbe raffigurare la sua stanchezza di vivere, nonostante un certo successo nell'ambiente dell'arte: una stanchezza di vivere che sfociò nel suicidio (asfissia da gas complicata da terribili ustioni). Il tempo di pentirsi di una decisione così tragica, di sperare in una guarigione, poi inesorabile la morte, all'ospedale torinese di San Giovanni, il 29 ottobre del1923.

Non pochi, visitando l'accogliente Pinacoteca di Pinerolo- che così spesso si apre a grandi nomi italiani e stranieri e che ospita ogni due anni l'appunta­mento con l'arte sacra - sono rimasti colpiti da alcuni quadri che portano la firma di May e quelle due date incredibilmente vicine: 1903-1923. Indimentica­bile "Il riposo", con quell'operaio sfinito e forse anche vecchio, che lascia pendere le mani tra le gambe, in una resa totale al peso della vita; o quel ponte sul Po, in una Torino notturna scintillante di luci, che mette la nostalgia di un luogo che vorremmo abitare per sempre; o quello stranissimo autoritratto, tra provocatorio e innocente, tra quasi bambinesco e già consw1to dall'esperienza, che pare affidarci il segreto intimo di questo sfortunato pittore. Non ci voleva molto a scoprire che si trattava di un talento di primordine, cui era solo mancato il tempo per la maturazione completa. (Del resto, facciamo la prova: riduciamo la produzione pittorica anche dei sommi maestri a ciò ch'essi produssero entro il ventesimo anno. Quali capolavori popolerebbero ancora le nostre chiese, i nostri palazzi, i nostri musei pubblici e privati? Praticamente nulla).

Ettore G. May, nella sua brevissima attività, fu di un eretismo febbrile, quasi si sentisse ansimare alle spalle i mastini della morte. A quattordici, quindici anni, aveva già composto una nutrita serie di disegni, in buona parte conservati, dando prova di una forza naturale che l'immaturità tecnica e l'orecchiato di certi cliché formali riuscivano appena a velare. Ma avvicinandosi al quarto lustro May diventa padrone dei suoi mezzi, trova se stesso - o almeno una promessa già in parte mantenuta di una personalità convincente - e, oltre i dipinti, sforna una ricca serie di disegni, materiale privilegiato di questa mostra pinerolese.

L'autore del "Riposo" è, anche qui, molto vicino alla povera gente, ai "miserabili", alla classe diseredata. Sembra che si muova su una strada che è la stessa percorsa da un Pellizza da Volpedo, da una Kathe Kollwitz, anche se in lui è più evidente (ma non è quasi un incanto in più?) l'impazienza e l'inquie­tudine della ricerca.

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notizia biografica

1903- 24 agosto, Ettore Giovanni May nasce da Giuseppe e da Rosa Olimpia Gerbaudi al 26 di Charlotte Street, Tottenham-St. Pan­cras, Contea di Londra (1).

1913- La famiglia si trasferisce a Pinerolo. Ettore frequenta tre anni alla Scuola Tecnica fino all'anno scolastico 1917-18.

1918- Nell'estate va a Torino; passa i primi tempi presso la famiglia di un professore, pro­prietario di una fabbrica, dipingendo gio­cattoli. In inverno scoppia l'epidemia della "spagnola". Muore la moglie del professo­re lasciando cinque figli. Ettore torna a Pinerolo (2).

1919- Fa ritorno a Torino. Il pittore Rava, al quale si presenta per domandare lezioni, gli loda alcwu schizzi tra cui un Cristo in croce. Si rivolge ad un altro pittore che deve però lasciare dopo qualche tempo. Il professore che lo ospita da sempre, gli suggerisce di fare ritorno a Pinerolo. Ettore resta invece a Torino e vuole frequentare l'Accademia di Belle Arti. Lavora in una nuova fabbrica di giocattoli per due lire al giorno (3). Vive in una misera soffitta impregnata da esala­zioni di smalti, di colori, di vernici. Il 20 ottobre si scrive ai corsi dell'Accademia Albertina e si stabilisce a Torino (4). Sue abitazioni o recapiti dal1919 al1923 saran­no via Bertola 11, via Sforzesca 3 (in casa Sansoni), corso Orbassano 2 bis e 3 (5).

1921- A Torino in primavera partecipa alla 80.ma Esposizione della Promotrice.

1922- Partecipa alla 8l.ma edizione della Promo­trice.

1923- 11 ottobre, vernissage della 25.ma Esposi­zione degli "Amici dell'Arte" a Torino. 27 ottobre. Dali' abitazione d i corso Orbas­sano 3, viene ricoverato all'Ospedale di San Giovanni per aver tentato di asfissiarsi e in seguito a caduta sul braciere che gli procura gravi ustioni. 29 ottobre. Muore dopo lunghe sofferenze tra le braccia della madre. La salma viene tumulata il 30 nel cimitero di Pinerolo, presenti famigliari e amici.

1924-12 aprile: L'Eco del Chisone riferisce che "il signor Cesare May ha consegnato al Mu­seo Civico di Pinerolo due quadri dal vero rappresentanti due tratti della storica via dei Principi d' Acaja eseguiti dal compian­to suo fratello( ... ) ammessi all'Esposizione degli Amici dell'Arte tenutasi a Torino nello scorso anno".

1932-28 agosto, Cesare May, il fratello, presenzia a Pinerolo alla inaugurazione della Mostra

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d'Arte e d'Artigianato. Ettore G. May è presente con dodici opere. 9 settembre: conferenza di Emilio Zanzi sulla mostra; apprezzamento per le opere di Ettore.

1954 - 2-l febbraio - 14 marzo. Pinerolo, mostra postuma nella saletta del Museo Civico in via Trieste con 24 opere tra oli e disegni, ordinata dal dr. Parisi. Tra gli intervenuti la cognata del pittore Maria Porporino May (cfr. L'Eco del Chisone, 6-III-1954, p. 2).

1966 - 25 getmaio, con delibera n. 22, gli viene intitolata una via cittadina a Pinerolo.

1971-18-25 aprile. Pinerolo, Cappella Ex Collegio Civico Palazzo Vittone. Mostra comme­morativa- 28 opere tra oli, pastelli, disegni.

1978- Le opere pittoriche di Ettore, donate dalla famiglia al Comune di Pinerolo, vengono ordinate a Palazzo Vittone nella Collezio­ne civica d'arte di nuova istituzione.

1993-16 ottobre. Ricorrendo il novantesimo della nascita e il settantesimo della morte, in occasione della mostra celebrativa, viene collocato il bronzo dello scultore Ugo Librè con il ritratto di Ettore a decoro di una lapide commemorativa posta nella grande sala della Pinacoteca (ex Cappella).

Note

l - Certificato del Registro delle nascite del Distretto di St. Pancras (archivio Biblioteca C. di Pinerolo). Il padre Giuseppe è segnato come "waiter a t hotel " (cameriere d'albergo). Si era sposato l '8 maggio 1897 a Milano (atto 296, serie C) con Rosa O. Gerbaudi nata a Pinerolo il13-2-1876 in piazza Cavour n. 2 da genitori albergatori (atto n. 60/1876 anagrafe Pine­rolo) morta di tumore maligno 1'8 giugno 1937 in str. Costagrande n. 87 (N. 104 P .l) in stato di vedovanza e in condizione di affittuaria coltivatrice.

2- Non si conosce il nome del professore. La notizia appare in una "memoria anonin1a" dattiloscritta conservata presso l'archivio della Biblioteca C. di Pinerolo.

3- Circa questo persistente richiamo alle fabbriche di giocattoli, si è fatto il nome della Lenci, ma si può anche ipotizzare che il May lavorasse per i "GioPin" (Giocattoli Pincrolesi) 'in legno artistici originali", fabbrica con ragione sociale Torino-Pinerolo come si evince dalla pubblicità.

4- Alnme notizie, avvalorate da documenti, sono ri­portate alle note l e 3 di pag. 23.

5- Il disegno n. 70èsul retro di un bolletta di pagamento di affitto al dr. prof. Luigi Sansoni proprietario dello stabile di via Sforzesca 3. Si attesta il "pagamento di affitto anticipato di agosto 1922 per lire 110 e cent. 20 (bolli) "piè1" Lire 2 al portinaio".

L'altro grande pittore sociale, Luigi Onetti, che avrebbe dipinto un operaio come Cristo laico crocefisso ad un albero secco e contorto, fu ammesso alla Quadriennale del 1923 per una strana opera, "La marcia funebre di Chopin", polemica in modo violento ma solo indiretto e per contro di aura fortemente simbolista.

Nel crogiolo di Torino c'era, all'epoca, gran ribollire di voci, ma per non schierarsi nel quadrato dello scontro Bistolfi-Casorati ci volevano personalità possentissime o almeno energie economiche e risorse materiali che garantissero libertà dl bisogno.

Certo Delleani, o Grosso, non avevano avuto problemi, l'uno con la sua affermazione nell'alta società, l'altro con la sua pittura di quando in quando un po' nello stile "pompier" che era riuscito a fare "anche" un discorso di moda.

Altri avevano avuto meno spazio. Qualche anno prima anche Curt Seidel, tedesco che amava la "sua" Torino, bravo artista, buon grafico, non aveva più avuto il coraggio di vivere, sebben avesse moglie e figlia piccola. Anche Seidel, pur augurando all'amico Galante di lavorare e far grandi cose, ne aveva misconosciuto a se stesso, la possibilità.

Ed anche Curt Seidel, sebbene in altro modo, e forse con altri mezzi, aveva guardato all'arte della Sezession Viennesse, aveva vissuto in parte il ruolo del maledetto: un maledetto nuovo, peraltro, in confronto ai letterati di trenta o quarant'anni prima, perché aveva scoperto tragicamente che nessuna evasione lo avrebbe sottratto a se stesso e che l'incapacità a vivere non si sarebbe ipso facto tradotta in arte, non essendo soprattutto, una forma di superiorità sugli ignari o sugli innocenti.

Di lì a poco un nuovo futurismo sarebbe sbocciato a Torino, sull'onda dell'ininterrotto processo di rinnovamento che Marinetti aveva cominciato -altrove - nel 1909; tuttavia ben presto il secondo futurismo avrebbe (nella grande esposizione del1928) celebrato l'affermarsi definitivo del fascismo, con l'alibi del ricordo di Emanuele Filiberto.

Sull'aura del rinnovamento, mossero verso Torino altri personaggi, da Spazzapan a Pagano Pogatschnig. Tuttavia era già tardi. Da sei anni Ettore May non c'era più. Né, forse, avrebbe condiviso queste esperienze. Altro cercava, inquieto, né gli sarebbe bastata la ormai fin troppo nota esperienza dei Sei di Torino.

Forse lo assalse il timore di apparire vecchio a vent'anni: aveva avuto la scuola della precedente generazione, rivoluzionaria ma sempre nell'area figu­rativa. Forse temette di lavorarè per nulla: non ebbe la speranza che il suo volgersi a certi mezzi fosse, in qualche modo, un anticipo di tempi nuovi.

Altri accanto a lui durarono, ingiustamente sottovalutati, dai molti paesisti di vaglia a Malvano, a Ferro, a Reviglione, alla Alciati, a Buratti, a Olivero, allo stesso Felice Carena.

Delle difficili battaglie dell'arte, così angosciose per i protagonisti, oggi resta una pallida traccia: molti sono i critici che sommariamente riducono quella stagione torinese ai Sei: invece tanti che non ebbero ad un certo momento la forza di continuare a vivere, o altri che la trovarono eroicamente ma subirono incomprensioni ed oblio ancora aspettano, dalla critica, una lettura piena e storicamente corretta. Così è per May, che tanto temette di non poter essere che un figlio del passato, e che proprio in quest'ansia trova invece la dimensione della propria perennità.

Donatella Taverna

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opere in mostra

"Autoritratto", 1-10-1922, olio su car­tone cm. 48x60

"Sole nel bosco", 1922, olio su tavoletta cm. 22,5x33

"Notturno sul Po" n. l, Torino, 1922 olio su cartone cm. 37x37

"Notturno sul Po" n. 2, Torino, 1922 olio su cartone cm. 37x37

"Notturno sul Po" n. 3, Torino, marzo 1922 olio su tavoletta cm. 38x29

"I portici di via P o a Torino" (notturno), 1922 olio su cartone cm. 25x33

"Portici della piazzetta Reale a Torino" (notturno), 1922 olio su cartone telato cm. 24x32,5

"Controluce", gennaio 1922 olio su ta­voletta cm. 36x25

"Notturno" olio su cartone cm. 20,5xl7,5

"Natura morta", 1922 olio su tavoletta cm. 28x28

"Autoritratto", Pinerolo, primavera 1923, olio su tavoletta (bozzetto) cm. 26x38

"Crepuscolo" (cielo), Pinerolo inverno 1923 olio su tavoletta cm. 24x17

"L'infinito" (cielo), Pinerolo agosto 1923 olio su tavoletta cm. 24x17

"La siepe" Pinerolo agosto 1923 olio su cartone cm. 48x35

"Vecchia Pinerolo: verso il pozzo", ago­sto 1923 olio su cartone cm. 35x48

"Vecchia Pinerolo: discesa verso il Sena­to", agosto 1923, olio su cartone cm. 35x48

"Ritratto dello scultore Ugo Librè", 1923 olio su cartone cm. 28x44

"Volto virile" (cm. 25x40) e studio anatomico masclii/e,

quest'ultimo datato 15-1-23 (cm. 13,5x22,5).

giro: l .... La buona pioggia è di là dallo squallore, nza in attendere è gioia più compìta» (E. Montale).

Troppa luce, calma piatta ed apparente, arsura ed aridità che forse divengono persino ossessive, nessun segno di passaggio d i vi t a: questo gli porta l'est a te? Allora non siamo semplicemente di fronte a paesaggi di maniera ...

Forse è troppo: ma in quell'ottobre de/1923 sarà già tutto finito. «Spesso il male di vivere ho incontrato» (Montale).

Spengo le ultime luci della Pinacoteca: il buio avvolge la sala, un colombo dà uno svolazzo. Dormi, ragazzo,Jorse domani, con le nuove luci di questa mostra, sarà il tuo giorno.

m.m.p.

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Page 19: catalogo Ettore Giovanni May Q34

Ettore Giova1111i May: "Autoritratto" datato l ottobre 1922

olio su cartone (cm. 48x60)

U n altro giorno di visita è passato. Percorro la corsia centrale della Cappella dei catecumeni che ospita la raccolta permanente '800 e '900 per spegnere le ultime luci ed uscire. Bertea, Delleani, Calosso ... May. Spesso butto l'occhio: il "mio ragazzo" è sempre lì; guarda di sbieco tra l'arroganza, la sfrontatezza, la cupezza di un "male di vivere" che lo ha portato via.

Quello è il "suo angolo" consueto, visibile a tutti: quella è, grosso modo, tutta la sua produzione di oli, pastelli, di alcuni suoi disegni più grandi, con due date 1922 e 1923: gli anni conclusivi della sua parabola di pittore e di giovane uomo su questa terra.

Eppure le mani forti e vergate del vecchio operaio a riposo, del1922, non sono nate per caso. Quel pastello è certamente il compimento più alto di un suo modo di testimoniare il vero che forse in quegli anni, frementi di avanguardia, era già voce da artista del passato, ma non per questo meno vigorosa ed autentica. Il suo retroterra sta tutto in una forte passione faticosamente coltivata a forza di mozziconi di matita e di sanguigna su pezzi di carta di recupero, tra Torino e Pinerolo, la frequentazione di altri artisti, la speranza di riuscire a partecipare "sul serio" ai corsi dell'Accademia.

Gli schizzi sono raccolti forse già da lui, ma catalogati in album dalla Biblioteca di Pinerolo e finalmente, straordinariamente, direi, visibili in occasione di questa mostra.

Dai disegni agli oli. Il 1922 è pittoricamente un anno di grazia, 111a di grande tormento: le atmosfere

notturne di una Torino deserta che sembra bagnata dalla luce dei lampioni, lo studio pastoso del digradarsi di nuvole in cielo, il pastello del vecchio operaio e quel ritratto su fondo scuro di artista d'altri tempi semplicemente troppo serio nei suoi 19 anni.

È un mondo di ricerca quello che viene fuori, non solo di tematiche e non solo di tecnica, di mestiere pittorico. C'è l'indomabilità di uno spirito bambino che già troppo sa e l'inadeguatezza di ciò che potrebbe essere, ma non è ancora: troppo in fretta ha appreso chiaro scuro, vela tu re, struttura del colore, volume delle cose.

Il 1923: l'autoritratto, che ha l'autenticità e la freschezza del non finito, è uno sguardo composto da sciabola te di colore: la serietà ha lasciato spazio alla rabbia ed alla maledizione. Forse è già troppo tardi, siamo in primavera, forse ha già capito tutto, non gli r,esta che aspettare il giorno giusto.

E forse per questo che di Pinerolo lascia nel mese di agosto alcuni oli, scorci di campagna e del centro storico, dove il cielo è liscio, non ha sfumature nè pastosità, dove le forme sembrano arrendersi all'evidenza della loro sostanza sotto una luce implacabil­mente rivelatrice?

«<l mio giorno non è dunque passato: l'ora più bella è di là del muretto ... L'arsura in

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"Mia madre" 1-11-1920disegno acqua­rellato su carta cm. 13,5x14,5

"Vecchio" disegno matite colorate su carta cm. 29x38

"Il riposo" (Uomo che dorme), 1922 pastello colorato su carta cm. 95x110 c.

"Nudo femminile" disegno su carta cm. 32,5x35

"Donna che riposa" disegno su carta cm.49x26

"Studio di uomo che dorme", disegno su carta cm. 40x52 c.

"Volto virile" disegno su carta cm. 25x40 c.

"Incontro al sole" (gruppo di nudi), 1923 sanguigna su carta cm. 30,5x23,5

I titoli delle opere tendono ad w1i­ficare precedenti elenchi approssima­ti vi e a definirne la catalogazione scien­tifica dei dati.

Studi, disegni, schizzi (matita, san­guigna, inchiostro, acquarello ... ) ese­guiti a Pinerolo o a Torino, in treno, all'aperto o al chiuso (paesaggi, figu­re, composizioni ... ) tratti dalla raccol­ta di fogli rilegata, di n. 251 pezzi, "Impressioni dal vero- Schizzi d'album 1921,1922,1923- E. May" (inventario Biblioteca Municipale Alliaudi, Pine­rolo, Mss AS). Inoltre un congruo nu­mero denominato "Primi disegni ese­guiti a 14-15 anni".

I fogli del taccuino, o "scampoli" di carta da spolvero spesso riciclata a tergo, misurano generalmente cm. 7x10, 12x17, 20x15 fino a cm. 24x30.

"Mia madre" (discg11o datato 1-11-1920).

"Lo scultore Ugo Librè" (olio).

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Page 20: catalogo Ettore Giovanni May Q34

Il fratello Cesare

Nella storia di Ettore, la figura del fra­tello Cesare emerge perché è a lui che, nella disperazione, ind7rizza la sua lettera-testa­mento. Di lui si sa poco: reticenza di chi potrebbe colmare qualche lacuna non per­mette di ricostruire !III quadro esaustivo della sua vita. Ancora una volta ci si rifariì, in questa sede a ricordi e testimonianze che in gran parte risalgono al pilÌ volte citato Libré.

Nella seconda metiì degli anni Venti troviamo Cesare May (si firma Mai o Maj) residente con/a fa 111 igl in i 11 corso Vittorio in Torino grosso modo nell'isolato tra le vie San Massimo e Ormea.

Per interessamento dello stesso Libré -a quanto pare- egli si guadagnava da vivere con la rappresentanza delle stufe di ghisa prodotte dalle fonderie Necchi d1 Pavia, per la ditta Meni n i o Venini. Anche Cesare era buon pittore, noto soprattutto per i paesag­gi e le nature morte.

Era molto amico di Tu/fio Alemanni, allora impiegato di banca che, allievo di Pizio, coltivava l'arte della pittura. Negli a n11i Tre n t a i due p i t tori trascorrono un soggiorno in Calabria.

Negli anni 1949-50 inse'?IW materie artistiche nelle swole statali di Ivrea dove aveva preso dimora. Pare abbia avuto tra­versie famigliari. Muore per ictus cerebrale verso i/1955. Era pilÌ anziano di Ettore.

F.D.C.

Opere in mostra:

"Autunno", 1946, olio su cartone cm. 26x20,5 (coll. priv.);

"Rose", olio su cartone cm. 27x38 (coll. priv.);

"Nudo virile", 1928, disegno cm. 32x50 (coll. civica Pinerolo).

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Cesare Mai: "Nudo virile", 1928 disegno.

"Rose", olio su cartone.

ETTORE GIOVANNI MAY 1903 -1923

a cura di

MARIO MARCHIANDO PACCHIOLA

contributi di

FRANCESCO DE CARIA DONATELLA TAVERNA

presentazione di

IT ALO ALIGHIERO CHIUSANO

I QUADERNI DELLA COLLEZIONE CIVICA D'ARTE- PINEROLO

Q. 34

Page 21: catalogo Ettore Giovanni May Q34

CITTÀ DI PINEROLO, Assessorato per la cultura con la collaborazione della PROVINCIA DI TORINO, Assessorato alla cultura

ETTORE GIOVANNI MAY mostra di oli e disegni dalle Raccolte Civiche

Assessorato per le attività economiche

16 ottobre - 7 novembre 1993

Coordinamento: Mario Marchiando Pacchiola Collaboratori: Francesco De Caria, Laura Marchiando Pacchiola, Nadia Menusan, Donatella Taverna

Hanno dato un contributo di memoria e di ricerca: Giovanni Taverna, Bibija Garella, Massimiliano Turra, Silvia Salvai

Riproduzione delle opere Studio fotografico "Immagine" Pinerolo di Remo Caffaro patrocinata dalla Fondazione CRT Cassa di Risparmio di Torino con la collaborazione di "Bruno" confezioni, Pinerolo

Un ringraziamento all'Assessorato ai Lavori pubblici per la disponibilità e per la messa in opera della lapide commemorativa dedicata al pittore.

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Notizie su Ugo Libré

L'amico scultore

Pochissime sono le notizie su Ugo Libré, nato forse a Torino nel1901: ep­pure, egli fu scultore di notevole forza e di concezione monumentale.

Purtroppo morì a sua volta abba­stanza giovane, sebbene non quanto il suo amico May, e morì in modo inatte­so, a causa, sembra, di un'ulcera perfo­rata, mentre era lontano da casa per lavoro, nel1939 o 1940.

In realtà, Librè ebbe un destino poco fortunato: ad esempio, un suo bel mo­numento, quello destinato ai caduti a Castelnuovo Scrivia, andò perduto ben presto.

Lo scultore aveva partecipato, per questo monumento, ad un coqcorso te­nutosi nel1923. Era molto giovane, ma sua padre era già pittore, sia pure forzo­samente per hobby (lavorava, per so­pravvivere, in ferrovia) e lui sentiva la voce dell'arte profonda e potente.

Progettò un monumento di tre figu­re, con il soldato, nella parte anteriore, che rinfodera la spada, e ai lati le figure della madre e della fede.

Nella giuria erano Bistolfi e Zanzi e forse l'Avvocato De Angelis, persona ben nota sia a Torino sia a Castelnuovo.

Sia pur molto giovane, Librè aveva alle spalle un insegnamento molto vali­do, prima da Ercole Reduzzi (ne fre­quentò lo studio in via Artisti), poi con una breve esperienza a Firenze, infine ancora a Torino presso Edoardo Rubi­no.

Proprio negli anni del concorso ave­va cominciato a muoversi da sè e pur frequentando studi di autori già affer­mati come Bianconi (in corso Cairoli), Alloati o Bistolfi, aveva preso uno stu­dio per conto proprio in via Plana (risie­deva, allora, in via Andrea Doria); poco

dopo si spostò poi in corso Re Umberto, forse al 59 o 61.

Il monumento di Castelnuovo co­munque era stato ancora eseguito inte­ramente in via Plana, con l'aiuto dello scultore Forchino.

Nell'Alessandrino dovrebbero es­serci altre sue opere, come un meda­glione eseguito a suo tempo per l'asilo di Guazzora.

Con il pittore Gamero e altri, Librè entrò nel gruppo Spadini; ma l'orbita bistolfiana lo aveva attratto, così lavorò nello studio di Bistolfi al progetto per il monumento ai caduti di Alessandria, che avrebbe dovuto essere un'esedra, alla maniera appunto del Bistolfi del­l'ultima sua fase.

Il lavoro passò poi a Balzardi, ma finì per non essere realizzato, ammala­tosi il Maestro. Fu fatto successivamen­te dallo scultore Orsolini, a sua volta un bistolfiano, ma su un progetto nuovo e diverso.

Nello stesso periodo Bistolfi mise a punto il monumento Arimondi, e Librè vi collaborò in fase progettuale: meno nella realizzazione in marmo perché non amava lavorare questo materiale.

Tuttavia, a non ancora quarant'anni Librè morì, forse in una località del Lago Maggiore dove si era recato per w1lavoro.

Ebbe u11a vita non facile e le sue opere furono in parte condannate al­l' oblio. Tuttavia, se il monumento di Castelnuovo andò perduto (fu rifatto nel 1955, dopo un discusso concorso), altro, come il ritratto di May, rimane, timida memoria che abbiamo il dovere di riscoprire nel suo vero significato.

D.T.

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Page 22: catalogo Ettore Giovanni May Q34

"Ritratto di Ettore Giovanni May" 11/odellnto dallo scu ltore Ugo Librè

(bronzo diam. cm. 3-l.,Sx35 c.).

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Nella duplice ricorrenza del novantesimo della nascita e del settantesimo della morte del giovane pittore Ettore Giovanni May, la città di Pinerolo, che ne raccoglie le spoglie, gli dedica una mostra delle sue opere (oli e disegni) conservate alla Collezione civica d'arte e alla Biblioteca comunale. Si vuole per questa via, sottolineare le figura, fin qui parzialmente inesplo­rata, che emerge più completa dalle ricerche pubblicate su que~to quaderno.

E anche un ulteriore passo per far conoscere le personalità artistiche più significative che hanno intrecciato la loro vita con quella della nostra città.

Un bronzo ed una lapide posti su un a parete della Pinaco­teca ricorderanno, anche dopo questa mostra, la "intensa brevissima parabola" creativa di Ettore Giovanni May.

Ci auguriamo che l'iniziativa raccolga il successo che merita e che rappresenterebbe anche il miglior ringraziamento per tutti coloro che hanno lavorato per la realizzazione.

L'Assessore alla Cultura Alberto Barbero

Il Sindaco Livio Trombotto

Page 23: catalogo Ettore Giovanni May Q34
Page 24: catalogo Ettore Giovanni May Q34

collezione civica d'arte palazzo vittone - pinerolo

piazza vittorio veneto, 8

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