cartella clinica pubblicazione - Portale Asl Viterbo · 2012-04-24 · U.O.C. AFFARI GENERALI ......

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U.O.C. AFFARI GENERALI IL DIRITTO ALLA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI LA CARTELLA CLINICA a cura del Settore Affari Giuridici Dirigente Responsabile: Paolo Pezzato Coordinatore Responsabile Privacy Aziendale Ufficio Assistenza Tecnicogiuridica Responsabile: Vanda D’Angelo

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U.O.C.  AFFARI GENERALI 

IL DIRITTO ALLA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

LA CARTELLA CLINICA

a cura del

Settore Affari Giuridici  

Dirigente Responsabile:  Paolo Pezzato Coordinatore Responsabile Privacy Aziendale 

 Ufficio Assistenza Tecnico‐giuridica 

Responsabile: Vanda D’Angelo 

NUOVO TESTO UNICO Diritto alla Protezione dei Dati Personali

D.Lgs. 30 giugno 2003 n° 196 G.U. n° 174 del 29 luglio 2003

Il presente Testo Unico, più comunemente denominato con il termine di “CODICE”, è entrato in vigore dal 1°gennaio 2004 (art. 186). Con l’entrata in vigore del presente Codice sono state automaticamente abrogate le seguenti fonti normative regolatrici della materia:

• la legge 31 dicembre 1996 n. 675; • la legge 3 novembre 2000 n. 325; • il decreto legislativo 9 maggio 0997 n. 123; • il decreto legislativo 28 luglio 1997 n. 255; • l’articolo 1 del decreto legislativo 8 maggio 1998 n. 135; • il decreto legislativo 13 maggio 1998 n. 171; • il decreto legislativo 6 novembre 1998 n. 389; • il decreto legislativo 26 febbraio 1999 n. 51; • il decreto legislativo 11 maggio 1999 n. 135; • il decreto legislativo 30 luglio 1999 n. 281, ad eccezione degli artt. 8,comma

1, 11 e 12; • il decreto legislativo 30 luglio 1999 n. 282; • il decreto legislativo 28 dicembre 2001 n. 467; • il decreto del Presidente della Repubblica 28 luglio 1999 n. 318.

Introduzione PARTE I^ CONTENUTI NORMATIVI - GIURISPRUDENZA § Problemi applicativi della Legge sulla Privacy § Natura della cartella clinica § Tutela dei dati contenuti nella cartella clinica: art. 92 § Accesso ai documenti amm.vi e diritto alla riservatezza § Il “pari-rango” del diritto § Valutazione dei diritti contrapposti: comprensibilità dei dati contenuti nella cartella clinica (art. 92, 1° comma) § Diritto di accesso al contenuto dei dati delle cartelle cliniche da parte dei soggetti diversi dall’interessato (art. 92, 1° comma) § Valutazione del diritto soggettivo dei terzi § Diritto alla risarcibilità dei danni derivanti dall’esercizio della professione medica

PARTE II^ ACCESSIBILITA’ AI DATI PERSONALI § Accessibilità ai dati “necessari” § La scheda di dimissione ospedaliera

§ I DRG § Identificabilità dei soggetti § Trattamento dei dati sanitari da parte delle Assicurazione § Autorizzazione del Garante n. 2/2002 al trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale PARTE III^ ASPETTI PRATICI – PROCEDURE DI RILASCIO § Procedura per il rilascio della cartella clinica § Rilascio della cartella clinica del minore § Rilascio della cartella clinica del minore emancipato § Rilascio della cartella clinica del minore adottato § Rilascio della cartella clinica dell’interdetto o dell’inabilitato § Rilascio della cartella clinica di un congiunto defunto § Rilascio della cartella clinica all’Autorità Giudiziaria § Recapito a domicilio della documentazione § Costi rilascio copie di documentazioni cliniche § Tempi della procedura di rilascio § Trattamento tributario dei corrispettivi derivanti dal rilascio copie di cartelle cliniche § Qualificazione giuridica della cartella clinica § La cartella clinica nelle Case di Cura private non convenzionate

PARTE IV^ RESPONSABILITA’ NELLA GESTIONE DELLE CARTELLE CLINICHE SISTEMI INFORMATIVI § Responsabilità § Casi illegittimi di trattamento di dati personali contenuti nella cartella clinica § Consenso informato nella cartella clinica § Norme di sicurezza e protezione dati personali § Tutela dei dati personali da parte dei medici di famiglia § Gestione delle cartelle cliniche § Cartelle cliniche on-line § Sistemi informativi § Scadenze ed obblighi (art. 180) § Privacy e sperimentazione dei farmaci Le sanzioni previste dal nuovo Codice (d.lgs. n° 196 del 30/06/2003) Violazioni amministrative – Illeciti penali MODELLI PRESTAMPATI

1) Richiesta rilascio di copia della cartella clinica 2) Richiesta rilascio di copia cartella clinica da parte di tutore/rappr. leg./erede leg.

REGIONE LAZIO 

AZIENDA SANITARIA LOCALE VITERBO AFFARI GENERALI – Affari Giuridici

& SERVIZIO COORDINAMENTO PRIVACY AZIENDALE

IL DIRITTO ALLA PROTEZIONE DEI DATI

PERSONALI: GESTIONE DELLE CARTELLE CLINICHE

INTRODUZIONE

Il presente scritto nasce con lo scopo di sintetizzare più ampie ed aggiornate riflessioni in materia sanitaria con particolare riferimento alla gestione delle cartelle cliniche alla luce della nuova normativa in tema di trattamento dei dati personali e, nel caso specifico, di dati sanitari. Il 27 giugno 2003 è stato promulgato il Nuovo Codice – Testo Unico- contenente tutte le disposizioni legislative e regolamentari in materia di diritto alla protezione dei dati personali ed è entrato in vigore dal 1° gennaio 2004. Si viene a completare in tal modo, il complesso normativo sulla privacy e, per molti versi, vengono introdotte delle semplificazioni rispetto alla precedente legge n° 675/96 rendendo ormai non più prorogabile la sua corretta applicazione presso tutti i settori pubblici e privati.

PROBLEMI APPLICATIVI DELLA LEGGE SULLA PRIVACY

I problemi applicativi delle legge, nella realtà quotidiana, rappresentano per l’Azienda un passaggio tutt’altro che scontato e, comunque, di non facile ed

immediata attuazione. La soluzione risiede nell’adozione di varie metodologie, già collaudate, che permetteranno di raggiungere lo scopo senza troppi sprechi di tempo, di denaro e, soprattutto, di risorse umane. Il presente Testo Unico (Dec. Leg.vo 30 giugno 2003 n°. 196) o Codice, ha come finalità, che il trattamento dei dati personali si svolga nel pieno rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all’identità personale ed al diritto alla protezione dei dati personali (art. 2). E’ inoltre, principio generale che i sistemi informativi e i programmi informatici sono configurati riducendo al minimo l’utilizzazione dei dati personali ed identificativi della persona al fine di escluderne il trattamento quando le finalità tramite esse perseguite, possano essere realizzate mediante dati anonimi ed opportune modalità che permettano di identificare l’interessato solo nei casi di effettiva necessità (art. 3). Infatti, i dati sensibili, tenuti con l’ ausilio di stramenti elettronici, sono trattati con tecniche di cifratura o mediante l’utilizzazione di codici identificativi o di altre soluzioni che li rendono temporaneamente intelligibili anche a chi è autorizzato ad accedervi (art. 22 , 6° comma). Con tali modalità vengono trattati anche i dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale che, tuttavia, devono essere conservati separatamente da altri atti personali trattati. Inoltre, tali dati non possono essere diffusi (art. 22, 7° e 8° comma).

NATURA DELLA CARTELLA CLINICA

Naturalmente, fra tutti i documenti utilizzati e redatti in ambito sanitario, la cartella clinica si distingue per l’elevato numero di dati inerenti lo stato di salute in essa contenuti. Poiché la cartella clinica costituisce, di regola, una sorta di “storia sanitaria” del paziente, le informazioni in essa contenute, nella gran parte dei casi, si riferiscono non solo alle condizioni cliniche riscontrate al momento del ricovero, ma anche ad un quadro più ampio coinvolgente eventi

e situazioni pregresse del paziente. Inoltre, nella cartella clinica, oltre alle generalità complete del paziente,” la diagnosi d’entrata, l’anamnesi personale, l’esame obiettivo, gli esami di laboratorio e specialistici, la diagnosi, la terapia, gli esiti ed i postumi” (e quant’altro), possono essere registrati anche dati relativi ad altri soggetti soprattutto nei casi in cui vengono riportati dati coinvolgenti le anamnesi familiari. La cartella clinica costituisce una verbalizzazione, ossia una registrazione delle notizie riguardanti il soggetto ricoverato il cui fine ultimo si identifica nella tutela della salute del paziente. Dunque essa rappresenta il mezzo più fedele in grado di documentare il decorso clinico di ogni degente, delle decisioni assunte, degli interventi effettuati e quindi del comportamento della struttura dell’ospedale. Inoltre, essa è la base per la corretta valorizzazione dell’attività da un punto di vista economico anche in considerazione dell’introduzione, nel SSN, dei DRG e rappresenta inoltre un veicolo di comunicazione importante verso l’esterno (medici di base, assicurazioni, ASL ecc.) ed uno strumento scientifico e didattico per lo studio e formazione professionale oltre che una preziosa fonte documentale per le ricerche di carattere storico. Secondo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, la cartelle clinica costituisce “un atto pubblico di fede privilegiata” ed il cui contenuto è confutabile solo con la prova contraria. L’articolo 2699 del codice civile definisce atto pubblico il “documento” redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da un altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto è formato. In sede di Cassazione Penale (sez. V21/1/81) viene affermato che “ha natura di atto pubblico la cartella clinica redatta dal medico dipendente di una clinica convenzionata con il Ministero della Sanità”. Lo stesso concetto viene ribadito nel caso di medici dipendenti da casa di cura convenzionata anche se operante in libera professione presso case di cura convenzionate.

TUTELA DEI DATI CONTENUTI NELLA CARTELLA CLINICA:  ART. 92  

Non esistono indicazioni uniformi per la stesura della cartella clinica e questo, rende evidentemente più complessi l’informatizzazione del documento, la condivisione delle informazioni e l’impiego dei dati per studi epidemiologici. Secondo la dottrina giuridica, infatti, la cartella clinica, non è solo uno strumento utile all’assistenza del malato ma anche un atto ufficiale indispensabile a garantire la certezza del diritto e una preziosa fonte documentaria per le ricerche di carattere storico-sanitario.

Nel nuovo Codice, l’articolo che disciplina la gestione delle cartelle cliniche, è il 92. In esso si legge che “nei casi in cui organismi sanitari, pubblici e privati redigono e conservano una cartella clinica, in conformità alla disciplina applicabile, sono adottati opportuni accorgimenti per assicurare la comprensibilità dei dati e per distinguere i dati relativi al paziente da quelli eventualmente riguardanti altri interessati, ivi comprese informazioni relative a nascituri”. Nel medesimo articolo viene inoltre disciplinato che “eventuali richieste di presa visione o di rilascio di copia della cartella e dell’acclusa scheda di dimissione ospedaliera da parte dei soggetti diversi dall’interessato possono essere accolte, in tutto o in parte, solo se la richiesta è giustificata dalla documentata necessità:

a) di far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria di rango pari a quello dell’interessato, ovvero consistente in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile;

b) di tutelare… (omissis), una situazione giuridicamente rilevante di rango pari a quella dell’interessato, ovvero consistente in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile;

c) di tutelare, in conformità alla disciplina sull’accesso ai documenti amministrativi, una situazione giuridicamente rilevante di rango pari a quella dell’interessato, ovvero consistente in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile.

La disposizione intende regolare i casi sul trattamento dei dati contenuti nelle cartelle cliniche e nelle schede di dimissione ospedaliera. Con ciò, da una parte si vuole assicurare all’interessato la “intelligibilità” dei dati, dall’altra si vuole tutelare la riservatezza di dati di terzi eventualmente presenti nel documento

esempio: il caso dello stato di salute della madre dal quale sia possibile ricavare dati che riguardano il nascituro. Inoltre, si vuole assicurare l’acceso alle informazioni anche a terzi, nei limiti dei principi generali espressi nel codice. Per questo è previsto l’accesso a tali dati per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria o per tutelare, in conformità alla disciplina sull’accesso ai documenti amministrativi, una situazione giuridicamente rilevante. In entrambi i casi, la situazione soggettiva da far valere deve essere di rango pari o superiore a quello dell’interessato o deve consistere in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile. ACCESSO AI DOCUMENTI AMMINISTRATIVI E DIRITTO ALLA RISERVATEZZA

La cartella clinica oltre a costituire il documento contenente la “storia sanitaria” del paziente nasce con l’obiettivo di garantire una maggiore certezza riguardo l’attività prestata dalla struttura nonché di dare una necessaria stabilità alle informazioni raccolte sul paziente. Nonostante l’alto valore certificatorio e probatorio di tali atti, l’unica indicazione circa il loro contenuto si rinviene con riferimento alle case di cura private sebbene sia ormai consolidato che tale documento sia costituito dall’insieme delle informazioni anagrafiche, sanitarie, ambientali, sociali e giuridiche concernenti un determinato paziente. L’orientamento giurisprudenziale e dottrinale più accreditato, viene a qualificare giuridicamente le cartelle cliniche quali documenti pubblici se prodotti da strutture sanitarie pubbliche o convenzionate mentre, se sono redatti all’interno di case di cura private, vengono a configurarsi quale sorta di “promemoria privato dell’attività diagnostica e terapeutica svolta”. Proprio per la considerevole quantità di informazioni contenute e lo speciale valore probatorio della cartella clinica hanno dato origine a molteplici giudizi circa la natura di tale atto, alcuni orientati verso una maggiore conoscibilità dello stesso, altri, al contrario, verso una difesa della sua riservatezza.

Questi due aspetti completamente opposti, non erano stati sufficientemente presi in considerazione dall’orientamento giuridico perlomeno fino all’entrata in vigore della Legge 31 dicembre 1996 n. 675. Soltanto a seguito della normativa regolatrice del diritto di accesso ai documenti amministrativi è venuto rafforzandosi il diritto dell’interessato a vedere maggiormente tutelati i propri dati contenuti all’interno della propria cartella clinica con conseguente rafforzamento del divieto alla divulgazione dei dati personali. Il primo accenno specifico alla tutela dei dati riportati nelle cartelle cliniche, si rinviene, in precedenza, solo nell’allegato 8 del d. P.C.M. 19/05/1995, dove viene fatto riferimento, per la prima volta, al diritto del paziente alla segretezza della propria cartella clinica nei confronti delle persone estranee al servizio. Precedentemente, si era fatto riferimento soltanto alla normativa riguardante, a seconda dei casi, il rispetto del segreto professionale o d’ufficio. Con l’entrata in vigore della citata Legge n° 675/96, si è avuto un forte impulso, nel nostro ordinamento, in materia di gestione, non solo ordinaria, delle cartelle cliniche ma anche riguardo all’interesse del paziente (o dell’ex paziente) a conoscere esattamente i dati in esse contenuti portando, inevitabilmente, anche all’accentuazione del rapporto fra diritto alla conoscenza e diritto alla riservatezza. In particolare, il riconosciuto diritto di accesso ai propri dati personali, introdotto dall’art. 13 Legge 241/90, ha determinato una vera e propria mutazione di indirizzo nei confronti di certe prassi consolidate all’interno delle strutture ospedaliere che spesso consentivano una certa divulgazione di determinate risultanze cliniche. Per queste motivazioni, le norme sul trattamento dei dati sensibili e la connessa adozione delle misure minime di sicurezza hanno ancor più inciso sulla gestione organizzativa di tali documenti. Il problema che, però, si andava prospettando era quello di come potevano conciliarsi il riconosciuto diritto di accesso ai propri dati personali con l’omonimo diritto introdotto dalla Legge 241/90, in materia di trasparenza dell’attività amministrativa. L’ufficio del garante, quando inizialmente si è occupato di tale problematica, ha precisato che le differenze si sostanziano, da un lato, nel fatto che il diritto introdotto dalla Legge n. 241/90 consente di avere conoscenza solo dei propri dati personali (e non degli altri) e, dall’altro, che questo accesso ai “dati” non si estende ai documenti o supporti sui quali essi sono contenuti.

L’Autorità ha, comunque chiarito più volte, che nulla vieta al titolare dell’ufficio di consegnare all’interessato copia del documento o del supporto nel quale detti dati sono contenuti nei casi, però, in cui l’estrazione dei dati o la loro riproduzione cartacea o informatica divenga particolarmente gravosa.

Così, ad esempio, si è ritenuto lecito che un’azienda ospedaliera potesse fornire i dati relativi alle risultanze radiografiche di una persona, fornendole direttamente in copia all’interessato e gratuitamente giacchè le stesse non sono da rilasciarsi a pagamento. Nessun onere può gravare, in tal caso, sull’interessato. Diversi sono stati i casi in cui determinate persone, sulla base delle disposizioni a tutela del diritto alla protezione dei dati personali, hanno chiesto alle aziende ospedaliere, di vedere cancellati determinati dati ivi contenuti. Anche in tali casi, è prevalso chiaramente il diritto dell’interessato a poter integrare le varie informazioni sanitarie mediante l’aggiunta di documenti pertinenti, sebbene sia stata sancita l’impossibilità di eliminare dati. C’è, comunque, da sottolineare, come detto sopra, che essendo stata riconosciuta alla cartella clinica la natura di atto pubblico, perlomeno in relazione a quelle cartelle redatte in strutture pubbliche o convenzionate riconosciute, alla stessa non poteva che applicarsi la disciplina sull’accesso. L’entrata in vigore della Legge n°. 675/96, ha tuttavia, determinato un rafforzamento della difesa dei contenuti della cartella clinica, sottraendola, soprattutto al diritto di accesso da parte di terzi. Si è constatata, dunque, una sorta di prevalenza del diritto alla protezione dei dati rispetto al diritto dei terzi all’accesso ed alla riservatezza dei dati sensibili.

IL “PARI RANGO ” DEL DIRITTO

Tali contrasti giurisprudenziali, con l’entrata in vigore del d.leg.vo n. 135/1999, sono stati per gran parte superati. In particolare, l’art. 16 del citato decreto, riconosceva di rilevante interesse pubblico il trattamento dei dati sensibili quando gli stessi siano “necessari” per far valere il diritto di difesa in sede giudiziaria od amministrativa (comma 1, lett.b) ) e quelli “effettuati in conformità alle leggi e ai regolamenti per l’applicazione della disciplina sull’accesso ai documenti amministrativi” (comma 1 lett. c) ). Ma il secondo comma del medesimo articolo, introduceva una ulteriore limitazione al trattamento dei dati sensibili, facendo riferimento, in particolare, a quelle informazioni che riguardassero lo stato di salute o la vita sessuale di un individuo. In tali casi, infatti, il trattamento è consentito soltanto se il diritto da far valere o difendere è di rango almeno pari a quello dell’interessato.

In proposito, il Consiglio di Stato Sezione VI^ con decisione n. 1882 del 30/03/01, ha valutato di rango pari al diritto contrapposto esclusivamente quello riferito al momento di far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria (comma 1 lett. b) ) e non già quello riferito ai casi di accesso ai documenti amministrativi (comma 1, lett. c) ). Tuttavia l’Alto Consesso ha ritenuto che un’interpretazione così strettamente letterale dell’art. 16 non potesse essere ritenuta corretta e che la lettera c) dovesse essere considerata come una specificazione delle precedente lett.b). Infatti, “mentre la previsione contenuta alla lett.b) enuncia un principio di carattere generale, concernente ogni ipotesi di trattamento, la successiva lettera c) vale a garantirne l’operatività anche con riferimento a quella peculiare tipologia di trattamento costituita dall’attività volta a garantire l’accesso ai documenti amministrativi”. Sempre secondo il Consiglio di Stato”, pare corretto sostenere che, con riferimento alla lett. b) del comma 1°, il comma 2° della stessa disposizione abbia inteso avere riguardo ad ogni forma di trattamento resa necessaria per l’esercizio del diritto di difesa, anche quindi quella diretta a soddisfare istanze di ostensione di documenti amministrativi”. Pertanto, sulla base di tale pronuncia, il Consiglio è giunto alla conclusione che al momento di decidere sul nulla osta all’ accesso, le Amministrazioni prima ed il magistrato, in sede di controllo, debbano sempre verificare che il diritto che si intende far valere o difendere mediante l’accesso, sia, perlomeno “di rango pari” a quello della persona tutelata ex art. 1 della Legge 675/96. Quindi, se da un lato si è ottenuta una maggior cautela nel momento in cui devono essere trattati dati inerenti la salute o la vita sessuale, dall’altro viene fatta espressamente salva la normativa sulla trasparenza amministrativa. Per quanto riguarda la valutazione del “pari rango” del diritto, il Consiglio di Stato ha ritenuto che il giudizio sugli interessi in gioco debba essere effettuato “in concreto” e non sulla base di una precostituita scala gerarchica dei diritti in contesa. Questo tipo di valutazione “caso per caso” ha comportato la necessità di verificare, di volta in volta, il “grado di coinvolgimento della dignità e della privacy” della persona interessata nonché la valutazione di altri diritti, apparentemente di minor rilevanza, ma necessari per far valere altri valori costituzionalmente protetti.

VALUTAZIONE DEI DIRITTI CONTRAPPOSTI: COMPRENSIBILITA’ DEI DATI CONTENUTI NELLA CARTELLA CLINICA (ART. 92, 1° comma)

Poiché nel nostro ordinamento non è precostituita una gradazione dei diritti, non può certo sostenersi che il diritto alla difesa possa essere considerato “inferiore” o di minor rilevanza rispetto al diritto alla riservatezza. Proprio per facilitare la valutazione dei diritti in gioco, il nuovo Codice, all’articolo 92, con riferimento alla redazione ed alla gestione delle cartelle cliniche, ha stabilito che nei casi in cui gli organismi sanitari pubblici e privati redigono o conservano una cartella clinica, vanno adottati alcuni accorgimenti atti ad assicurare: 1) la comprensibilità dei dati 2) la distinzione dei dati concernenti il paziente da quelli riguardanti altri

interessati, ivi comprese le informazioni relative a nascituri. Con la prima disposizione, si vuole affermare che le informazioni contenute in cartella per essere pienamente comprese devono essere leggibili ; è già accaduto che la cartella clinica era stata redatta in maniera non leggibile a causa della calligrafia di chi l’ha compilata. Il Garante, sul ricorso di una persona che aveva lamentato l’illeggibilità della cartella clinica consegnatagli, ha ordinato all’Azienda ospedaliera, entro un tempo stabilito, “una trascrizione dattiloscritta o comunque, comprensibile “ delle informazioni in essa contenute e di darne comunicazione all’interessato tramite il medico di fiducia o designato dalla ASL in considerazione di quanto previsto dal Codice (art. 8) secondo il quale i dati devono essere comunicati agli interessati in forma “intelligibile”. Inoltre, all’Azienda ospedaliera, sono state imputate le spese del procedimento. Ritornando alle caratteristiche peculiari, dalla cartella clinica deve constatarsi che il tipo di documento in questione, per sua natura, potrà risultare non facilmente comprensibile dall’interessato, per il quale è comunque prevista l’intermediazione del medico (art. 84, comma 1, del Codice) e, quindi, gli accorgimenti richiesti per la sua comprensibilità non possono riguardare certo il linguaggio tecnico usato.

Non esistendo attualmente indicazioni uniformi per la redazione della cartella clinica, questo porta inevitabilmente ad una più o meno marcata intelligibilità della stessa, sia in considerazione delle esigenze delle diverse branche della medicina, sia dell’iter sanitario nei diversi reparti ospedalieri. Per tale ordine di motivazioni, si sta’ eventualmente pensando all’adozione di moduli che agevolino la comprensibilità della cartella da parte delle persone estranee alla struttura sanitaria.

DIRITTO DI ACCESSO AL CONTENUTO DEI DATI DELLE CARTELLE CLINICHE DA PARTE DI SOGGETTI DIVERSI DALL’INTERESSATO (Art.92, 1° comma)

Le frequenti richieste di accesso ai dati contenuti nelle cartelle cliniche sia per soddisfare il diritto dell’interessato alla trasmissione di copia dell’atto, sia per la concessione all’accesso, in ottemperanza alla norme sulla trasparenza amministrativa, sono alla base della seconda disposizione dell’art. 92, 1° comma. Prescrivendo ai redattori di adottare i dovuti accorgimenti per assicurare una distinzione tra i dati inerenti il paziente da quelli riguardante altri interessati si viene a circoscrivere il problema della divulgazione di informazioni non propriamente attinenti l’oggetto della richiesta di accesso permettendo, con ciò alle Amministrazioni di effettuare una cernita delle informazioni da rendere conoscibili ai richiedenti non fornendo informazioni su altre persone coinvolte (ad esempio, familiari riguardo i dati anamnestici – aspetto soggettivo) ma anche limitando l’accesso alle sole informazioni utili all’esercizio del diritto oggetto di pretesa o difesa (ad esempio, non fornendo

informazioni su preesistenti patologie che potrebbero risultare irrilevanti ai fini del diritto – aspetto oggettivo). Proprio in riferimento al diritto di accesso alle cartelle cliniche da parte di soggetti diversi dall’interessato, l’articolo 92, comma 2° del Codice, prevede che eventuali richieste di presa visione o di rilascio di copie della cartelle e dell’acclusa scheda di dimissione ospedaliera, possano essere accolte, in tutto o in parte, solo se la richiesta è giustificata dalla documentata necessità di:

a) far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria che sia di rango pari a quello dell’interessato ovvero consistente in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile, ex art. 26, comma 4, lett. c);

b) di tutelare, in conformità alla disciplina sull’accesso ai documenti amministrativi, una situazione rilevante di rango pari a quella dell’interessato, ovvero consistente in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile.

E’, dunque in questa disposizione che trova fondamento, in termini generali, il diritto di accesso nei confronti di documenti contenenti dati idonei a rilevare lo stato di salute e la vita sessuale (art. 60) proprio come, a suo tempo previsto dall’art. 16 del d.leg.vo 135/99; soltanto che ora, nel Codice è stata introdotta una specificazione del concetto di diritto di “pari rango” e, precisamente, si evidenzia che lo stesso deve consistere in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile, interpretazione che già tra l’altro era stata proposta dal Garante nella pronuncia del 9 luglio 2003.

VALUTAZIONE DEL DIRITTO SOGGETTIVO DEI TERZI

Proprio per procedere ad una valutazione del rango dei diritti contrapposti, il Garante ha indicato come parametro di giudizio non già il diritto “di azione e difesa” ma il diritto sottostante che il terzo intende far valere sulla base delle informazioni a cui chiede di accedere. Infatti il riferimento introdotto dal Codice ai diritti della personalità e ad altri diritti o libertà fondamentali è stato qualificato dal Garante come un “elenco aperto” di posizioni soggettive da valutarsi in concreto caso per caso per evitare, come evidenziato dal Consiglio di Stato, il “rischio di soluzioni precostituite poggianti su una astratta scala gerarchica dei diritti in contesa”. Applicando siffatti criteri di giudizio di tali diritti, si può evitare di concedere l’accesso a documenti sanitari per tutelare generiche esigenze di difesa che potranno prospettarsi in futuro ma che non sussistono al momento dell’istanza (Consiglio di Stato Sez. VI^ n. 2542/2002). DIRITTO ALLA RISARCIBILITA’ DEI DANNI DERIVANTI DALL’ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE MEDICA

L’orientamento del garante, inoltre, è per la non concessione dell’accesso ai dati quando si intendano con esso far valere dei meri diritti di credito mentre appare più discutibile consentire l’accesso alle informazioni contenute in cartella clinica nel caso

si intenda far valere in una controversia, il diritto alla risarcibilità dei danni scaturiti dall’esercizio della professione medica e documentata nella cartella. L’accoglimento o meno dell’istanza di accesso, tuttavia, non può basarsi soltanto sulla valutazione dei diritti contrapposti ma deve anche prendere in esame se sia effettivamente necessario concedere l’accesso a tutti i dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale di un soggetto al fine di difendere gli equivalenti diritti in sede di contenzioso.

Il Garante ha, inoltre, indicato di valutare i casi di concessione dell’accesso al fine di far valere, in sede giudiziaria, un proprio diritto quando, molto probabilmente, un’autonoma acquisizione può essere ordinata dal giudice presso il quale viene promossa l’azione (v. sentenza n. 3263 del 31/07/02 Tar Lombardia, Sez. I^).

ACCESSIBILITA’ AI DATI “ NECESSARI “ Il riferimento all’accesso soltanto a quei dati ritenuti “necessari” per l’azione o per la difesa di un diritto viene a combinarsi anche con il rispetto dei principi di pertinenza e non eccedenza nel trattamento, previsti dall’art. 9 della Legge n. 675, ripresi per i soggetti pubblici, dagli artt. 3 – 4 del d.leg.vo n. 135/99 ed ora dall’art. 22 del Codice. Anche se non è agevole, l’applicazione di tali principi deve consentire all’amministrazione di effettuare una valutazione concreta in modo da poter distinguere quali delle informazioni contenute nella cartella sanitaria possono costituire oggetto di accesso (e quindi conoscibili dai richiedenti) e quali, invece, non possono essere rese accessibili (e quindi conoscibili).

Quando l’istanza di accesso viene rivolta ad una pubblica amministrazione, di essa dovrebbe darsi comunicazione all’interessato al fine di poter mettere in condizione quest’ultimo di agire non solo, in via amministrativa, per avviare un contraddittorio, ma anche per opporsi alla

richiesta di trattamento dei dati che lo riguardano (art. 13 Legge n. 675/96). Va’ specificato che la tutela dei dati personali può riguardare anche l’utilizzazione dei dati o dei documenti di cui si è venuti a conoscenza, i quali possono essere utilizzati, in sede di difesa, se indispensabili, pertinenti e non eccedenti al momento del loro concreto utilizzo (autorizzazione del Garante n. 6/2002).

LA SCHEDA DI DIMISSIONE OSPEDALIERA  Un ultimo cenno va fatto alla scheda di dimissione ospedaliera (SDO) che costituisce parte integrante della cartella clinica, assumendone le medesime valenze di carattere medico-legale. E’ stata istituita con decreto del Ministero della Sanità 28 dicembre 1991 e qualificata come “strumento ordinario per

la raccolta di informazioni relative ad ogni paziente dimesso dagli istituti di ricovero pubblici e privati di tutto il territorio nazionale “ al fine di verificare la tipologia dell’assistenza prestata in tutti gli istituti ospedalieri dislocati sul territorio nazionale, nonché quale strumento di rilevazione dell’aspetto più propriamente epidemiologico. Per tali caratteristiche, assume una particolare importanza anche per le conseguenti ripercussioni sul sistema di finanziamenti delle strutture sanitarie. L’istituzione della scheda sanitaria ha, comunque, comportato uno spostamento delle informazioni contenute nelle cartelle cliniche dalle strutture sanitarie alle Regioni e da queste al Ministero della Salute rivelandosi, tra l’altro, come una fonte non particolarmente idonea a disciplinare un flusso di dati di tale rilevanza sanitaria. Tutto questo è emerso nel momento in cui il Ministero ha sottoposto al Garante lo schema di un decreto ministeriale per aggiornare la disciplina in materia di privacy. L’Autorità ha infatti rilevato che il decreto in questione fosse una fonte regolamentare e quindi, non idoneo a disciplinare l’identificazione delle patologie croniche e invalidanti ed il sistema di codici (DRG) utilizzato per l’identificazione delle patologie in quanto “facilmente associabili alle malattie ad essi corrispondenti”.

I DRG

Il sistema DRG (Diagnosis Related Groups) ossia il raggruppamento di diagnosi, in Italia è stato tradotto con il ROD (Raggruppamento Omogeneo di Diagnosi). Tale sistema nato nel 1980 negli Stati Uniti, adottato come strumento di controllo di gestione perché c’era la necessità di tenere sotto controllo le prestazioni sanitarie. In sostanza, tale sistema classifica i ricoveri in relazione al consumo di risorse e individua delle classi, che dovrebbero essere omogenee al loro interno, in relazione al consumo di risorse. In Italia attualmente viene utilizzata la decima edizione del DRG proposta dalla HCFA che prevede 492 DRG ossia 492 tipologie, all’interno delle quali vanno classificati i ricoveri. La classificazione è complessa e riguarda l’aspetto amministrativo: Le aziende infatti, devono dotarsi di un sistema informatico, chiamato grouber, che elabora i dati contenuti nella scheda di dimissione ospedaliera, che contiene tutti i nostri dati al

momento della nostra dimissione. Il programma informatico associa il ricovero ad una di queste 492 caselle (categorie), per le quali è associata una specifica tariffa. Il DRG dunque è un tipo di classificazione dei ricoveri che è stato preso a base del nostro sistema di finanziamento e che prevede di remunerare le singole prestazioni in base ad una tariffa predeterminata.

IDENTIFICABILITA’ DEI SOGGETTI  E’ poi emerso che anche i soggetti affetti dalle patologie denunciate sono spesso identificabili.

La scheda di dimissione ospedaliera è articolata in due sezioni distinte: una riguardante le informazioni anagrafiche e l’altra riportante i dati di carattere esclusivamente sanitario.

Essendo gestite in archivi disgiunti, con conseguente successiva individuazione dei servizi preposti alla ricongiunzione dei dati, ha indotto il Garante a suggerire una maggiore attenzione riguardo al fatto che:

a) non appare del tutto chiaro, come il sistema di diffusione e di pubblicizzazione delle informazioni acquisite attraverso le schede di dimissione ospedaliera possa essere così affidabile da garantire il completo anonimato (art. 23, comma 4 Legge 675/96;

b) la norma (art. 3, comma 6 d.leg.vo n. 135/99) secondo cui le Regioni e le Province autonome devono individuare i “servizi che possono procedere alla ricongiunzione delle due sezioni” deve coinvolgere anche lo stesso Ministero della Sanità al quale, ogni semestre, vengono trasmesse le informazioni sanitarie riguardo ai soggetti dimessi.

c) per maggior salvaguardia delle norme sulla riservatezza, il d. lgs. N. 135/99 ha regolato la materia del trattamento dei dati anagrafici in modo tale che, se gli stessi sono riportati in elenchi, registri o banche dati e gestiti mediante mezzi elettronici o automatizzati, devono essere trattati facendo ricorso a “tecniche di cifratura o codici identificativi che consentano di identificare gli interessati

solo in caso di necessità” (art. 3, comma 4. d.lgs. n. 135/99) considerato che spesso è possibile “decodificare” il sistema di codici riportati nella classificazione internazionale delle malattie.

TRATTAMENTO DEI DATI SANITARI DA PARTE DELLE ASSICURAZIONI

Il problema si è posto a seguito decisione del Garante su di un ricorso presentato da una persona che si era opposta al trattamento dei suoi dati sanitari sollecitato dalla sua compagnia di assicurazione a seguito richiesta di rimborso spese mediche sostenute per la sua malattia.

Esaminando la fattispecie, il Garante, interpellato affinché intervenisse per ordinare alla Compagnia l’eliminazione della clausola che avrebbe consentito l’accesso al trattamento dei dati personali contenuti nella cartella clinica, ha giustificato il trattamento dei dati relativi alla salute posto in essere dall’Assicurazione al fine dell’istruttoria e gestione delle polizze

infortuni e malattie. Tra questi trattamenti rientra, anche la raccolta di dati contenuti nelle cartelle cliniche degli assicurati, indispensabile per ottenere, in questo caso, il rimborso delle spese sostenute in caso di infortunio o malattia. Infatti, proprio la particolare natura di tali contratti di assicurazione può prevedere la necessità per la Compagnia assicurativa, di trattare dati idonei a rivelare lo stato di salute di un individuo (assicurato). Le autorizzazioni disposte dal Garante prevedono, tuttavia, il rispetto di alcuni obblighi riguardanti le modalità di trattamento, la conservazione, e la divulgazione a terzi dei dati raccolti.

AUTORIZZAZIONE DEL GARANTE N° 2/2002 AL TRATTAMENTO DEI DATI IDONEI A RIVELARE LO STATO DI SALUTE E LA VITA SESSUALE

Di particolare rilevanza è la pronuncia del Garante n. 2/2002 al trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale. Con essa si autorizza:

a) gli esercenti le professioni sanitarie a trattare i dati idonei a rivelare lo stato di salute, qualora i dati e le operazioni siano indispensabili per tutelare l’incolumità fisica e la salute di un terzo o della collettività, e il consenso non sia prestato o non possa essere prestato per effettiva irreperibilità;

b) gli organismi e le case di cura private, nonché ogni altro soggetto privato, a

trattare con il consenso i dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale;

c) gli organismi sanitari pubblici, istituiti anche presso università, ivi compresi i

soggetti pubblici allorché agiscano nella qualità di autorità sanitarie, a trattare i dati idonei a rivelare lo stato di salute, anche per il perseguimento delle finalità di rilevante interesse pubblico individuato dall’art. 17, comma 1, del decreto legislativo n. 135/99 o dal provvedimento del GARANTE N. 1/p/2000 del30/12/99 – 13/01/00, o da altro provvedimento di questa Autorità parimenti adottato ai sensi dell’art. 22, comma 3 bis, della L. n. 675/96, qualora ricorrano contemporaneamente le seguenti condizioni:

1) il trattamento sia finalizzato alla tutela dell’incolumità fisica e della

salute di un terzo o della collettività;

2) manchi il consenso (art. 23, comma 1, ultimo periodo legge n. 675/96), in quanto non sia prestato o non possa essere prestato per effettiva irreperibilità;

3) il trattamento non sia previsto da una disposizione di legge che specifichi, ai sensi dell’art. 22, comma 3, della legge n. 675/96, come modificato dall’art. 5 del decreto legislativo n. 135/99, i tipi di dati che possono essere trattati, le operazioni eseguibili e le rilevanti finalità di interesse pubblico perseguite;

d) anche soggetti diversi da quelli di cui alle lettere a),b) e c) a trattare i dati idonei a rilevare lo stato di salute e la vita sessuale, qualora il trattamento sia necessario per la salvaguardia della vita o dell’incolumità fisica dell’interessato o di un terzo, nel caso in cui l’interessato non può prestare il proprio consenso per impossibilità fisica, per incapacità di agire o per incapacità d’intendere o di volere.

Il consenso ove previsto, è acquisito in conformità anche a quanto previsto dall’art. 23 commi 1 bis e 1 quater, della legge n. 675/96 e dall’art. 17, comma 3, del decreto legislativo n. 135/99, e successive modificazioni ed integrazioni.

1) Ambito di applicazione e finalità del trattamento

1.1 L’autorizzazione è rilasciata:

a) ai medici-chirurghi, ai farmacisti, agli odontoiatri, agli psicologi e dagli altri esercenti le professioni sanitarie iscritte in albi o in elenchi;

b) al personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione che esercita l’attività in regime di libera professione;

c) alle istituzioni e agli organismi sanitari privati, anche quando non operino in rapporto con il Servizio Sanitario Nazionale.

In tali casi, l’autorizzazione è rilasciata al fine di consentire ai destinatari di adempiere o di esigere l’adempimento di specifici obblighi o di eseguire specifici compiti previsti da leggi, dalla normativa comunitaria o da regolamenti, in particolare in materia di igiene e di sanità pubblica, di prevenzione delle malattie professionali e degli infortuni, di diagnosi e cura, ivi compresi i trapianti di organi e tessuti, di riabilitazione degli stati di invalidità e di inabilità fisica e psichica, di profilassi delle malattie infettive e diffusive, di tutela della salute mentale, di assistenza farmaceutica e di assistenza sanitaria alle attività sportive o di accertamento, in conformità alla legge, degli illeciti previsti dall’orientamento sportivo. Il trattamento può riguardare anche la compilazione di cartelle cliniche, di certificati e di altri documenti di tipo sanitario, ovvero di altri documenti relativi alla gestione amministrativa la cui utilizzazione sia necessaria per i fini suindicati. Qualora il perseguimento di tali fini richieda l’espletamento di compiti di

organizzazione o di gestione amministrativa, i destinatari della presente autorizzazione devono esigere che i responsabili e gli incaricati del trattamento preposti a tali compiti osservino le stesse regole di segretezza alle quali sono sottoposti i medesimi destinatari della presente autorizzazione, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 17, comma 3, del decreto legislativo n. 135/99.

1.2 L’autorizzazione è rilasciata, altresì, ai seguenti soggetti:

a) alle persone fisiche o giuridiche, agli enti, alle associazioni e agli altri organismi privati, per scopi di ricerca scientifica, anche statistica, finalizzata alla tutela della salute dell’interessato, di terzi o della collettività in campo medico, biomedico o epidemiologico, allorché si debba intraprendere uno studio delle relazioni tra i fattori di rischio e la salute umana, o indagini su interventi sanitari di tipo diagnostico, terapeutico o preventivo, ovvero

sull’utilizzazione di strutture socio-sanitarie, e la disponibilità di dati solo anonimi su campioni della popolazione non permetta alla ricerca di raggiungere i suoi scopi. In tali casi occorre acquisire il consenso (fermo restando quanto previsto dall’art. 23, comma 1, ultimo periodo, della legge n. 675/96 e dall’art. 5, comma 1, del decreto legislativo 30/07/99 n. 282) e il trattamento successivo alla raccolta non deve permettere di identificare gli interessati anche indirettamente, salvo che l’abbinamento al materiale di ricerca dei dati identificativi dell’interessato sia temporaneo ed essenziale per il risultato della ricerca, e sia motivato, altresì, per iscritto. I risultati della ricerca non possono essere diffusi se non in forma anonima. Resta fermo quanto previsto dai decreti legislativi 30/07/99 nn. 281 e 282 in materia di ricerca scientifica e di ricerca medica ed epidemiologica;

b) alle organizzazioni di volontariato o assistenziali, limitatamente ai dati e alle operazioni indispensabili per perseguire scopi determinati e legittimi previsti, in particolare, nelle rispettive norme statutarie;

c) alle comunità di recupero e di accoglienza, alle case di cura e di riposo, limitatamente ai dati e alle operazioni indispensabili per perseguire scopi determinati e legittimi previsti, in particolare, nelle rispettive norme statutarie;

d) agli enti, alle associazioni e alle organizzazioni religiose riconosciute, ivi comprese le confessioni religiose e le comunità religiose, relativamente ai dati e alle operazioni indispensabili per perseguire scopi determinati e legittimi previsti, ove esistenti, nelle rispettive norme statutarie, salvo quanto previsto dall’art. 22, comma 1 bis della legge n. 675/96;

e) alle persone fisiche e giuridiche, alle imprese, agli enti, alle associazioni e ad altri organismi, limitatamente ai dati, ove necessario, attinenti anche alla vita sessuale, e alle operazioni indispensabili per adempiere agli obblighi anche precontrattuali derivanti da un rapporto di fornitura all’interessato di beni, di prestazioni o di servizi. Se il rapporto intercorre con istituiti di credito, imprese assicurative o riguarda valori mobiliari, devono considerarsi indispensabili i soli dati ed operazioni necessari per fornire specifici prodotti o servizi richiesti dall’interessato. Il rapporto può riguardare anche la fornitura di strumenti di ausilio per la vista, per l’udito o per la deambulazione;

f) alle persone fisiche e giuridiche, agli enti, alle associazioni e gli altri organismi che gestiscono impianti o strutture sportive, limitatamente ai dati e alle operazioni indispensabili per accertare l’idoneità fisica alla partecipazione ad attività sportive o agonistiche;

g) alle persone fisiche e giuridiche e ad altri organismi, limitatamente ai dati dei beneficiari e dei donatori e alle operazioni indispensabili all’effettuazione di trapianti di organi e tessuti, nonché di donazioni di sangue.

1.3 La presente autorizzazione è rilasciata, altresì, per il trattamento dei dati idonei a

rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, quando il trattamento sia necessario ai

fini dello svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7/12/00 n. 397, o comunque per far valere o difendere un diritto anche da parte di un terzo in sede giudiziaria, nonché in sede amministrativa o nelle procedure di arbitrato e di conciliazione, nei casi previsti dalle leggi, dalla normativa comunitaria, dai regolamenti o dai contratti collettivi, semprechè il diritto sia di rango pari a quello dell’interessato, e i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario per il loro perseguimento.

2) Categorie di dati oggetto del trattamento

Omissis… Devono essere considerati sottoposti all’ambito di applicazione della presente autorizzazione, anche i seguenti dati:

a) le informazioni relative i nascituri, che devono essere trattate alla stregua dei dati personali in conformità a quanto previsto dalla citata raccomandazione N.R. (97) del Consiglio d’Europa;

b) i dati generici, limitatamente alle informazioni e alle operazioni indispensabili per tutelare l’incolumità fisica e la salute dell’interessato, di un terzo o della collettività, sulla base del consenso, ai sensi degli art. 22 e 23 della legge 675/96. In mancanza del consenso, se il trattamento è volto a tutelare l’incolumità fisica e la salute di un terzo o della collettività, il trattamento può essere iniziato o proseguito solo previa apposita autorizzazione del Garante. I dati generici non possono essere trattati dai soggetti di cui al punto 1.2, lettere c), d) ed f). Le informative all’interessato previste dall’art. 10 della legge n. 675/96 devono porre in particolare evidenza il diritto dell’interessato di opporsi per motivi legittimi, al trattamento dei dati generici che lo riguardano. Fino alla data in cui sarà efficace l’apposita autorizzazione per il trattamento dei dati generici prevista dall’art. 17, comma 5, del decreto n. 135/99, e successive modificazioni ed integrazioni, i dati generici trattati per fini di prevenzione, di diagnosi o di terapia nei confronti dell’interessato, ovvero per finalità di ricerca scientifica, possono essere utilizzati unicamente per tali finalità o per consentire all’interessato di prendere una decisione libera e informata, ovvero per finalità probatorie in sede civile o penale, in conformità alla legge.

3) Modalità del trattamento

Omissis… Restano inoltre fermi gli obblighi di acquisire il consenso dell’interessato e di informarlo in conformità a quanto previsto dagli artt. 10, 22 e 23 della legge n. 675/96. Per le informazioni relative ai nascituri, il consenso è prestato dalla gestante.

4) Conservazione dei dati

Nel quadro del rispetto dell’obbligo previsto dall’art. 9 comma 1, lett e) della legge n. 675/96, i dati possono essere conservati, per un periodo superiore a quello necessario per adempiere agli obblighi o ai compiti di cui al punto 3), ovvero per perseguire le finalità ivi menzionate. Costituendo una preziosa fonte documentaria per diversi aspetti, la cartella clinica deve essere conservata illimitatamente (circ. Min. San. N° 61 del 19/12/86) e

i dati su cui si basa la refertazione diagnostica devono essere conservati per almeno 5 anni nel caso di preparati citologici ed istologici (DPCM 10/02/84) e per almeno 10 anni nei restanti casi, con l’eccezione dei resoconti radiologici e di medicina nucleare da conservare illimitatamente (DM 14/02/97). A tal fine, anche mediante controlli periodici, deve essere verificata costantemente la stretta pertinenza e la non eccedenza dei dati rispetto al rapporto, alla prestazione o all’incarico in corso, da instaurare o cessati, anche con riferimento ai dati che l’interessato fornisce di propria iniziativa. I dati che, anche a seguito delle verifiche, risultano eccedenti o non pertinenti o non necessari non possono essere utilizzati, salvo che per l’eventuale conservazione, a norma di legge, dell’atto o del documento che li contiene. Specifica attenzione è prestata per l’essenzialità dei dati riferiti a soggetti diversi da quelli cui si riferiscono direttamente le prestazioni e gli adempimenti.

5) Comunicazione e diffusione dei dati Ai sensi dell’art. 23, comma 4, della legge n. 675/96, i dati idonei a rivelare lo stato di salute possono essere diffusi solo se necessario per finalità di prevenzione, accertamento o repressione dei reati, con l’osservanza delle norme che regolano la materia. I dati idonei a rivelare la vita sessuale non possono essere diffusi, salvo il caso in cui al diffusione riguardi dati resi manifestatamene pubblici dall’interessato e per i quali l’interessato stesso non abbia manifestato successivamente la sua opposizione per motivi legittimi. I dati idonei a rivelare lo stato di salute, esclusi i dati generici, possono essere comunicati, nei limiti strettamente pertinenti agli obblighi, ai compiti e alle finalità di cui al punto 1), a soggetti pubblici e privati, ivi compresi i fondi e le casse di assistenza sanitaria integrativa, le aziende che svolgono attività strettamente correlate all’esercizio di professioni sanitarie o alla fornitura all’interessato di beni, di prestazioni o di servizi, gli istituti di credito e le imprese assicurative, le associazioni od organizzazioni di volontariato e i familiari dell’interessato.

6) Richieste di autorizzazione I titolari di trattamenti che rientrano nell’ambito di applicazione della presente autorizzazione non sono tenuti a presentare una richiesta di autorizzazione a questa Autorità, qualora il trattamento che si intende effettuare sia conforme alle prescrizioni suddette. Le richieste di autorizzazione pervenute o che perverranno anche successivamente alla data di adozione del presente provvedimento, devono intendersi accolte nei termini di cui al provvedimento medesimo. Omissis…

7) Norme finali Restano fermi gli obblighi previsti da norme di legge o di regolamento o dalla normativa comunitaria che stabiliscono divieti o limiti più restrittivi in materia di trattamento di dati personali e, in particolare:

a) dall’art. 5, comma 2, della legge 5/06/90 n. 135, il quale prevede che la rilevazione statistica della infezione da HIV deve essere effettuata con modalità che non consentano l’identificazione della persona;

b) dall’art. 11 della legge 22/05/78 n. 194, il quale dispone che l’ente ospedaliero, la casa di cura o il poliambulatorio nei quali è effettuato un intervento di interruzione di gravidanza devono inviare al medico provinciale competente per territorio una dichiarazione che non faccia menzione dell’identità della donna;

c) dall’art. 734 bis del codice penale, il quale vieta la divulgazione non consensuale delle generalità o dell’immagine della persona offesa da atti di violenza sessuale.

Restano altresì fermi gli obblighi di legge che vietano la rivelazione senza giusta causa e l’impegno a proprio o altrui profitto delle notizie coperte dal segreto professionale, nonché gli obblighi deontologici previsti, in particolare, dal Codice di deontologia medica adottato dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri. Resta ferma, infine, la possibilità di diffondere dati anonimi anche aggregati e di includerli, in particolare, nelle pubblicazioni a contenuto scientifico o finalizzate all’educazione, alla prevenzione o all’informazione di carattere sanitario.” Omissis…

PROCEDURA PER IL RILASCIO DELLA CARTELLA CLINICA 

Dopo la dimissione, il paziente può richiedere il rilascio di copia della cartella clinica che viene conservata, senza limiti di tempo, nell’Archivio Clinico dell’Ospedale.

La richiesta di rilascio della fotocopia della cartella clinica, dei radiogrammi e della documentazione sanitaria ed amministrativa deve essere presentata dal diretto interessato personalmente con documento di identità o da un parente o da altra persona autorizzata formalmente dall’interessato stesso.

Nel caso in cui si presenti un parente o una persona diversa dall’interessato per ritirare la copia della cartelle clinica, questi deve essere in possesso di apposita delega firmata dal diretto interessato nonché di una fotocopia di un documento di identificazione del delegante. Vi sono, tuttavia, dei casi particolari per i quali la tutela del segreto professionale ed i motivi di riservatezza della diagnosi richiedono una tutela straordinaria. In tali casi si rende necessario prevedere l’esclusione della delega ed il rilascio di copia, della cartella esclusivamente all’interessato (es.: HIV, IVG ecc.).

RILASCIO DELLA CARTELLA CLINICA DEL MINORE

Per i minori la richiesta e, successivamente, il rilascio della copia della documentazione sanitaria dovranno essere effettuati solo da che esercita la patria potestà. I genitori dovranno produrre, oltre al documento di identità, uno stato di famiglia in carta semplice ovvero un’autocertificazione della situazione di famiglia da compilarsi allo sportello accettante. RILASCIO DELLA CARTELLA CLINICA DEL MINORE EMANCIPATO La cartella clinica può essere rilasciata in copia, dietro specifica richiesta, al paziente minore emancipato (art. 390 c.c.) che presenta certificazione giustificativa. RILASCIO DELLA CARTELLA CLINICA DEL MINORE ADOTTATO

La cartelle clinica od altra documentazione sanitaria del minore adottato può essere rilasciata in copia solo ai genitori adottanti che abbiano perfezionato l’atto di adozione dietro esibizione di valido documento di idoneità e di documento che certifichi l’adozione. Solo in caso di impossibilità dichiarata degli adottanti, la cartella clinica del minore adottato può essere rilasciata ai parenti adottivi più prossimi del minore. Nel caso in

cui nella cartella clinica o in altra documentazione sanitaria risultasse la paternità o la maternità originale questa, per rispetto del segreto d’ufficio, non potrà portata a conoscenza di nessuno salvo espressa autorizzazione in proposito proveniente dall’autorità giudiziaria.

RILASCIO DELLA CARTELLA CLINICA DELL’INTERDETTO O DELL’INABILITATO

Il rilascio di copia della cartella clinica dell’interdetto per grave infermità (art. 414 c.c.) può essere richiesto ed ottenuto dal tutore dietro presentazione di idonea certificazione attestante la propria qualità. Analogamente l’inabilitato per infermità di mente (art. 415 c.c.), alcolismo, tossicodipendenza, sordomutismo o cecità è rappresentato dal

curatore il quale, producendo la certificazione idonea ad attestare il proprio stato, è legittimamente autorizzato a ricevere copia della cartella clinica. Il funzionario incaricato, al momento del rilascio della documentazione sanitaria, dovrà verificare la sussistenza dello stato di interdizione o di inabilitazione dalla copia integrale dell’atto di nascita o dalla copia della sentenza da cui risulteranno i motivi ed anche l’indicazione del tutore o del curatore. RILASCIO DELLA CARTELLA CLINICA DI UN CONGIUNTO DEFUNTO

Il rilascio di copia delle cartelle cliniche relative a pazienti deceduti può essere richiesto da uno degli eredi legittimi degli stessi (ex art. 536 c.c.) e precisamente: dal coniuge, dai figli legittimi, dai figli naturali ed, in mancanza dei predetti,

dagli ascendenti legittimi nonché dagli eredi testamentari. Il richiedente, al momento del rilascio, dovrà presentare oltre ad un documento di riconoscimento, un’autocertificazione che dichiari la qualità di legittimo erede, il legame di parentela esistente con il congiunto defunto nonché l’indicazione dei dati anagrafici del paziente completi della data di ricovero, dimissione o decesso e recante, possibilmente, l’indicazione del reparto in cui il paziente è stato ricoverato. Qualora si verificasse dissenso nel caso di più legittimari, decide in merito l’autorità giudiziaria. La stessa procedura sopra indicata viene seguita anche per ottenere copia dei referti autoptici. RILASCIO DELLA CARTELLA CLINICA ALL’AUTORITA’ GIUDIZIARIA

I funzionari e gli addetti dell’amministrazioni ospedaliere devono rilasciare copia autenticata della cartella clinica od altra documentazione sanitaria, ai sensi dell’art. 256 del c.p.p., quando

la richiesta avvenga mediante ordine scritto dell’autorità giudiziaria su carta intestata. Gli stessi funzionari sono tenuti a trasmettere, se così è ordinato dalle Autorità, la documentazione sanitaria in originale “salvo che dichiarino, per iscritto, che si tratti di segreto inerente al loro ufficio o professione”. In tal caso, l’autorità giudiziaria, se ritiene di non poter procedere senza l’acquisizione della documentazione clinica, potrà ordinare il sequestro, ex art. 256, 2° comma c.p.p.. RECAPITO A DOMICILIO DELLA DOCUMENTAZIONE Può

richiedersi l’invio al domicilio indicato dal paziente della documentazione sanitaria con spese postali, proporzionate al peso del plico, a carico dello stesso, secondo le tariffe stabilite dall’Amministrazione postale, per la spedizione in contrassegno.

COSTI PER RILASCIO COPIE DI DOCUMENTAZIONI CLINICHE

Per ottenere copia della cartella clinica è richiesto, in genere, un contributo anticipato di € 15,00 + (in caso di spedizione) eventuali spese postali (proporzionate al peso del plico) per l’invio a domicilio del richiedente. Sono tuttavia, esonerati dal pagamento della cartelle clinica gli invalidi al 100% e i grandi invalidi di guerra. Restano invece a loro carico le spese per il rilascio delle radiografie e le spese postali. Per il ritiro di copia della cartella clinica, il pagamento, in genere, dovrebbe effettuarsi al momento della richiesta di rilascio o, se già corrisposto, all’ufficio accettante deve esibirsi la ricevuta del pagamento riportante la causale del versamento. Per ottenere copie di radiogrammi, viene richiesto un pagamento anticipato di € 25,00 che permette di ottenere fino a cinque radiogrammi. Oltre tale richiesta, per il ritiro dei referti (lastre), il costo per ogni radiografia può variare da € 5,00 ad € 7,50 a seconda delle dimensioni della lastra. Al momento della richiesta può richiedersi di corrispondere l’importo di un radiogramma; gli ulteriori dovranno essere pagati al momento del ritiro.

TEMPI DELLA PROCEDURA DI RILASCIO Il tempo di attesa per il rilascio di copia della cartella clinica è, di norma, di 15 giorni. Standards di qualità: entro 30 giorni.

TRATTAMENTO TRIBUTARIO DEI CORRISPETTIVI DERIVANTI DAL RILASCIO COPIE DI CARTELLE CLINICHE

E’ stato, di recente, sollevato il problema del trattamento tributario nella procedura di rilascio di copie di cartelle cliniche. A tale proposito il Difensore Civico per la Regione Emilia Romagna ha chiesto alla Direzione Regionale per l’Emilia Romagna se è ancora attuale la risoluzione n. 461463 del 19 dicembre 1987, con la quale l’Amministrazione finanziaria ha precisato che i corrispettivi derivanti dal rilascio di copie di cartelle cliniche devono essere assoggettati ad IVA, all’aliquota ordinaria. L’orientamento di assoggettare ad IVA i corrispettivi derivanti dal rilascio di copie di cartelle cliniche, va riconsiderato “ alla luce dell’art. 22 della legge 7 agosto 1990 n. 241, che disciplina il diritto di accesso ai documenti amministrativi” così se il rilascio di copia delle cartelle cliniche si inquadra nell’ambito dell’esercizio di un’attività amministrativa dovuta da parte di enti pubblici, l’operazione esula dal campo di applicazione dell’IVA. Occorre, quindi, una più precisa qualificazione della natura giuridica delle cartelle cliniche. Il Ministero della Sanità, con nota n. 100.1/QUE 9-48/2587 dell’8/05/01, ha riferito che per definire la natura giuridica della cartella clinica occorre fare riferimento al consolidato indirizzo giurisprudenziale della Suprema Corte di Cassazione, la quale riconosce alla cartella clinica valore di atto pubblico con conseguente qualificazione del medico, incaricato della relativa compilazione, nel ruolo di pubblico ufficiale ex art. 357 c.p. e quindi nell’esercizio di “una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa”.

Detto Ministero ha altresì, ricordato che la funzione amministrativa esercitata è caratterizzata, a norma del citato art. 357 c.p. “dal suo svolgersi per mezzo di

poteri autoritativi o certificativi”, con attribuzione al compilatore della cartella clinica di redazione di atti facenti fede fino a querela di falso, i quali devono quindi soddisfare i requisiti di cui agli artt. 2699 e 2700 c.c. ed assumono, di conseguenza, la natura pubblica. E’ stato, inoltre, segnalato che la Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi ha ritenuto, con parere n. P 94101Q che “la cartella clinica costituisce indubbiamente documento amministrativo (ai sensi dell’art. 22 della legge 7/08/90 n. 241)”. Alla luce di quanto sopra, il Ministero della Sanità ritiene che il rilascio delle cartelle cliniche debba essere considerato esercizio di attività amministrativa ed assoggettato alle regole che disciplinano l’esercizio dell’accesso agli atti amministrativi. L’Amministrazione finanziaria, in particolare con la citata risoluzione prot. n. 461463 del 19/12/87, ha ritenuto che le attività svolte dalle Unità Sanitarie Locali “non possono ricondursi tra quegli atti posti in essere nella qualità di pubblica autorità… Infatti il servizio sanitario nazionale pur costituendo un fine sociale che lo Stato intende perseguire…non è svolto in veste di pubblica autorità come dimostrato dal fatto che non viene esercitato in via esclusiva dagli organismi pubblici, né da altri su loro delega, ma anche da strutture ed organismi privati… e che “…. le prestazioni svolte dalle unità sanitarie locali sono disciplinate dall’art. 13 A -1- b) della VI Direttiva comunitaria che prevede per le medesime l’esenzione, come in atto disciplinata dall’art. 10 punto 19 del DPR n. 633/72, con la conclusione che “le prestazioni sanitarie rese dalle Unità Sanitarie Locali sono rilevanti agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto semprechè le stesse vengano rese dietro corrispettivo, ai sensi dell’art. 3 comma 1 del DPR n. 633”. Tra le operazioni di assoggettare ad IVA la medesima risoluzione ha espressamente indicato il rilascio delle cartelle sanitarie. Tale orientamento ha trovato più volte conferma nelle decisioni della Commissione Tributaria Centrale che, tra l’altro, ha osservato che le cartelle cliniche vengono “ compilate per fini puramente interni, per rendere possibile la unicità del trattamento terapeutico anche, quando, per qualsiasi motivo, vi sia sostituzione nella persona del sanitario addetto al reparto; per documentare e lasciare traccia del decorso clinico in rapporto alle terapie applicate;… La compilazione e l’aggiornamento delle cartelle cliniche costituiscono, quindi non una ulteriore prestazione sanitaria in favore del paziente, bensì solo un mezzo del quale l’ente sanitario si avvale per rendere meglio efficiente la propria organizzazione” (Decisione 26/10/90 n. 6895 della Commissione Tributaria Centrale – sezione VIII). Ciò premesso, l’art. 22 della legge n°. 241 del 1990, in materia di accesso ai documenti amministrativi, stabilisce che “è considerato documento amministrativo ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni,

formati dalle pubbliche amministrazioni o, comunque, utilizzati ai fini dell’attività amministrativa”.

La circolare n. 70 del 24/11/92, con riferimento al rilascio di copia di documenti amministrativi dietro pagamento “ del costo di riproduzione, nonché di diritti di ricerca e di misura”, chiarisce che “le operazioni volte al rilascio di enti pubblici di copie di documenti amministrativi esulano dal campo di applicazione dell’IVA in quanto le stesse vengono rese nell’esercizio di un’attività amministrativa dovuta. Pertanto, non si realizza il requisito dell’esercizio di attività commerciale per l’assoggettamento al tributo delle relative operazioni”. Il Ministero della Sanità ha chiarito che le cartelle cliniche costituiscono documenti amministrativi ai sensi dell’art. 22 della legge n. 241 del 1990. Occorre, quindi, concludere che il rilascio da parte delle ASL e di altri enti pubblici di copia delle cartelle cliniche, costituendo esercizio di attività amministrativa, è escluso dal campo di applicazione dell’IVA secondo i principi enunciati nella circolare n. 70 del 24/11/92.

QUALIFICAZIONE GIURIDICA DELLA CARTELLA CLINICA  La qualificazione giuridica della cartella clinica varia a seconda che l’estensore sia un’istituzione pubblica o privata convenzionata ovvero una struttura sanitaria privata non convenzionata. Nei primi due casi, la cartella clinica viene considerata un atto pubblico e il medico che la redige pubblico ufficiale. Come atto pubblico (art. 2699 Codice Civile) la cartella clinica “fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti”. Ne deriva tra l’altro l’applicabilità degli articoli del codice penale in tema di falsità in atti pubblici: falso materiale (art. 476 c.p.) qualora venga apportata una successiva alterazione al contenuto della cartella clinica e falso ideologico (art. 479 c.p.) qualora vengano riportati nella cartella dati coscientemente non veritieri o attestazioni non corrispondenti alla verità.

Anche il ritardo nella compilazione può produrre addebito penale, per omissione di atti d’ufficio (art. 328 c.p.). LA CARTELLA CLINICA NELLE CASE DI CURA PRIVATE NON CONVENZIONATE

Per quanto riguarda la cartella clinica redatta presso case di cura private non convenzionate, essa costituisce un promemoria privato dell’attività diagnostica e terapeutica svolta e non riveste carattere né di atto pubblico né di certificazione. Dal punto di vista penalistico pertanto, la falsità ideologica della cartella clinica redatta in questo contesto non è punibile ai sensi dell’art. 481 c.p. In caso di cessazione dell’attività della casa di cura , le cartelle cliniche dovranno essere depositate presso il servizio medico-legale della ASL territorialmente competente.

 RESPONSABILITA’ 

Il Primario, nei confronti dei pazienti ricoverati nella Unità Operativa dallo stesso diretta, è responsabile della regolare compilazione delle cartelle cliniche, dei registri nosologici e della loro conservazione fino alla consegna delle stesse all’archivio centrale. Le cartelle devono, entro 10 giorni, essere consegnate all’archivio sanitario.

Il Capo-sala è altresì responsabile della custodia delle cartelle cliniche fino alla loro consegna all’archivio centrale.

Il Direttore Sanitario è responsabile della custodia della documentazione clinica dal momento in cui questa perviene all’archivio sanitario centrale. La cartella clinica “deve essere redatta chiaramente, con puntualità e diligenza, nel rispetto delle regole della buona pratica clinica e contenere, oltre ad ogni dato obiettivo relativo alle condizioni patologiche del paziente ed al suo decorso clinico, le attività diagnostiche terapeutiche praticate”. Inoltre, il medico deve mettere la documentazione clinica in suo possesso a disposizione della persona assistita, nel suo esclusivo interesse, nonché dei medici e istituzioni indicati per iscritto dall’interessato.

La sentenza del 23/03/1987 della V^ Sez. penale della Corte di Cassazione stabilisce: ” La cartella clinica adempie la funzione di diario del decorso della malattia e di altri fatti clinici rilevanti, per cui gli eventi devono essere annotati contestualmente al loro verificarsi. Pertanto, la cartella clinica acquista il carattere di definitività in relazione ad ogni singola annotazione ed esce dalla disponibilità del suo autore nel momento stesso in cui la singola annotazione viene registrata. Ne consegue che (all’infuori della correzione dei meri errori materiali) le modifiche e le aggiunte integrano un falso punibile anche se il soggetto abbia agito per ristabilire la verità, perchè violano le garanzie di certezza accordate agli atti pubblici”.

Ed ancora la Corte ribadisce (sent. 21/04/83): “La cartella clinica, della cui regolare compilazione è responsabile il primario, adempie la funzione di diario del decorso della malattia e di altri fatti rilevanti. Attesa la sua funzione di diario, i fatti devono essere annotati contestualmente al loro verificarsi. Ne consegue che l’annotazione postuma di un fatto clinico rilevante integra il reato di falso materiale in atto pubblico, di cui all’art. 476 c.p.. La cartella clinica acquista il carattere di definitività

in relazione ad ogni singola annotazione ed esce dalla sfera di disponibilità del suo autore nel momento in cui la singola annotazione venga registrata. Ogni annotazione assume, pertanto, autonomo valore documentale e piena efficacia giuridica non appena viene trascritta, con la conseguenza che una successiva alterazione da parte del compilatore costituisce falsità punibile, ancorché il documento sia ancora nella sua materiale disponibilità, in attesa della trasmissione alla direzione sanitaria per la definitiva custodia”.

Pertanto, nel caso in cui si debba procedere alla correzione di errori materiali all’atto della stesura è necessario coprire con un tratto ciò che si intende eliminare (che comunque, và conservato leggibile), mentre se si vuole procede alla correzione in epoca successiva è necessario aggiungere un’annotazione recante la data reale di modifica e la firma dell’estensore. Le cartelle cliniche ed i registri di sala operatoria, devono essere esibiti, a richiesta, agli organi formalmente incaricati della vigilanza. CASI ILLEGITTIMI DI TRATTAMENTO DI DATI PERSONALI CONTENUTI NELLA CARTELLA CLINICA L’illegittima divulgazione del contenuto della cartella clinica può configurare conseguenze di ordine penale per violazione del segreto professionale (art. 622 c.p.) o di quello d’ufficio (art. 326 c.p.), quest’ultimo applicabile solo al personale strutturato, mentre il primo applicabile anche allo studente frequentatore ed al medico tirocinante.

E’illegittima la circolazione della cartella clinica a persone o enti diversi dai seguenti: - il diretto interessato, il tutore o chi esercita la patria potestà; - persone diverse dall’interessato (compreso il medico curante) solo se fornite di delega; - l’Autorità giudiziaria; - gli enti previdenziali (INAIL, INPS etc.) limitatamente alle materie di competenza; - il S.S.N.

- gli eredi legittimi; - i medici a scopo scientifico-statistico (purchè in forma anonima).

CONSENSO INFORMATO NELLA CARTELLA CLINICA 

All’interno della cartella clinica deve collocarsi anche il consenso informato, ovvero l’annotazione relativa al fatto che il medico ha informato il paziente sul suo stato di salute, ne ha ottenuto in consenso al trattamento e si è accertato di essere stato compreso. Di fatto il consenso informato rilasciato in forma scritta è obbligatorio solo nei seguenti casi:

- sperimentazione clinica - terapia con emoderivati e plasmaderivati - trapianto di organi - impiego di medicinali al di fuori delle indicazioni ministeriali.

Anche per altre tipologie di prestazioni può essere consigliabile l’acquisizione di un consenso scritto (ad esempio: atti chirurgici, procedure diagnostiche o terapeutiche invasive, trattamenti oncologici, utilizzo di mezzi di contrasto, NMR, trattamenti con radiazioni ionizzanti, trattamenti che provochino la perdita anche temporanea della capacità di procreare). Il codice di deontologia medica (art. 32) attribuisce al consenso in forma scritta una funzione integrativa e non sostitutiva del processo di informazione e la presenza di un modulo sottoscritto dal paziente non esclude il sindacato del giudice sull’effettività del consenso.

NORME DI SICUREZZA E PROTEZIONE DATI PERSONALI  Al termine della giornata lavorativa ed in caso di assenza temporanea dal posto di lavoro (pausa pranzo, riunione ecc.) è necessario:

• riporre tutta la documentazione contenente dati personali negli armadi, nelle cassettiere personali o negli archivi all’uopo predisposti;

• spegnere i terminali, i PC e le stampanti;

• impedire l’accesso a PC e terminali attraverso l’impiego di password e, ove previsto, dell’apposita serratura di disattivazione;

• custodire le chiavi della serratura di disattivazione; custodire le chiavi delle serrature dei mobili, uffici e computer in posizione non evidenti o facilmente identificabili da estranei. TUTELA DEI DATI PERSONALI DA PARTE DEI MEDICI DI FAMIGLIA 

Considerazione a parte, riguarda la scheda del medico di medicina generale che anch’egli ha l’obbligo di tenere e di aggiornare. A differenza della cartella clinica ospedaliera, questa scheda rappresenta un documento d’uso personale del medico e non acquisisce il valore di vera e propria certificazione, salvo che nelle situazioni che ne prevedono l’esibizione. In caso di ricovero in ospedale, infatti, è prevista la compilazione della scheda di accesso che accompagna la richiesta di ricovero e riporta i dati anamnestici estratti dalla scheda sanitaria individuale. Il medico convenzionato diventa, in tali casi, pubblico ufficiale ed i suoi atti acquistano le caratteristiche di atti d’ufficio. Cerchiamo di definire cosa deve fare e cosa non deve fare ciascun medico di famiglia a seconda dell’organizzazione interna del suo sistema di raccolta dei dati clinici. Non è prevista alcuna notificazione al Garante per il trattamento dei dati strettamente correlati all’assolvimento della sua professione, indipendentemente dal fatto che usi cartelle cliniche cartacee o computer isolati o collegati in rete. Il problema è quello della sicurezza dei dati. Le norme prevedono che chiunque raccolga dati personali, con più attenzione chi raccoglie anche dati sensibili (abitudini sessuali, religione, dati sanitari ecc.), debba mettere in atto tutti quei provvedimenti necessari per evitare che questi dati siano distrutti totalmente o parzialmente e per

evitare che ad essi possa accedere personale non autorizzato e come l’inosservanza delle seguenti norme sia sanzionabile penalmente. I casi da prendere in considerazione sono i seguenti:

a) Medico che usa (cartelle) schede cliniche cartacee

Le cartelle devono essere chiuse a chiave in uno schedario dotato di serratura se ai locali accedono persone diverse dal medico titolare, (anche solo l’addetto alle pulizie o parenti del medico). La chiave deve essere custodita dal titolare. Qualora il medico si avvalga della collaborazione di personale di segreteria o di sostituti, questi soggetti devono essere autorizzati per scritto, specificando per quali competenze sono autorizzati a consultare le cartelle (la/e lettera/e deve essere conservata dal titolare e dagli interessati ed essere disponibile nello studio per eventuali controlli – non deve essere timbrata alla posta o autenticata da notaio, ne spedita al garante). Su un altro foglio conservato nello studio devono essere identificate le altre persone che accedono ai locali dopo l’orario di chiusura, anche se non sono autorizzati a prendere visione delle cartelle. Questi documenti ovviamente devono essere rifatti ogni volta che cambiano le persone e comunque almeno una volta l’anno. b) Medico che usa (cartelle) schede cliniche informatizzate su computer non

collegato in rete locale o pubblica

Deve essere previsto un salvataggio periodico dei dati (tutti dovrebbero già provvedere al backup periodico in genere settimanale). Deve essere prevista una parola chiave per l’accesso al computer o al programma contenente i dati.

c) Medico con segretaria

Se nello studio ci sono segretarie od altri medici che devono aver accesso al programma ed ai dati per le loro funzioni, il titolare deve autorizzarli per scritto specificando per quali competenze sono autorizzati a consultare le cartelle: Questi documenti devono essere rinnovati, ovviamente, ogni volta che cambiano le persone e comunque almeno una volta all’anno. d) Medico che usa cartelle cliniche informatizzate su computer collegati ad

una rete locale Deve essere previsto un salvataggio periodico dei dati (tutti dovrebbero già provvedere al backup periodico). Deve essere installato un software antivirus (registrato) aggiornato ogni sei mesi. Deve essere prevista una parola chiave diversa per ogni persona autorizzata a collegarsi alla rete (colleghi, segretarie, infermieri

ecc.). Uno dei titolari deve assumere il ruolo di amministratore di sistema che assegna e conserva le parole chiave di accesso di tutte le persone autorizzate: L’amministratore di sistema deve provvedere a rimuovere la parola chiave e l’autorizzazione all’accesso qualora il soggetto non sia più autorizzato o non acceda all’elaboratore per più di sei mesi. Il titolare dei dati (in pratica ciascun medico per le sue cartelle) deve autorizzare per scritto le altre persone che devono trattare i dati (specificando per quali competenze sono autorizzati). In caso di più medici nello stesso studio, ciascun medico deve autorizzare gli altri con la stessa procedura. Tali documenti devono essere conservati dai titolari e dagli interessati ad essere disponibili nello studio per eventuali controlli. Questi documenti devono ovviamente rinnovati ogni volta che cambiano le persone e comunque almeno una volta all’anno. e) Medico che usa cartelle cliniche informatizzate su computer collegati ad

una rete di telecomunicazioni accessibile al pubblico, coloro che usano programmi di cartelle cliniche che trasmettono dati per telefono

Oltre a ciò che è stato specificato per i medici che lavorano in rete locale, i medici che si trovano in questa condizione devono predisporre e aggiornare con cadenza annuale un documento programmatico sulla sicurezza dei dati per definire:

a- i criteri tecnici e organizzativi per la protezione delle aree e dei locali interessati dalle misure di sicurezza nonché le procedure per controllare l’accesso delle persone autorizzate ai locali medesimi.

b- I criteri e le procedure per assicurare l’integrità dei dati c- I criteri e le procedure per la sicurezza delle trasmissioni dei dati, ivi

compresi quelli per la restrizione dell’accesso per via telematica. d- L’elaborazione di un piano di formazione per rendere edotti gli incaricati

del trattamento dei rischi individuati e dei modi per prevenire i danni. L’efficacia delle misure di sicurezza adottate deve essere oggetto di controlli periodici, da eseguirsi con cadenza almeno annuale. Il documento programmatico deve essere conservato presso lo studio, non deve essere spedito al garante. Sembra opportuno consigliare ai medici di avvalersi, eventualmente, della consulenza di un esperto di informatica.

GESTIONE DELLE CARTELLE CLINICHE 

E’ possibile archiviare elettronicamente tutti i documenti costituenti le cartelle cliniche. Una volta riprodotti i documenti in un formato inferiore o uguale ad A3, si procede alla scansione dei documenti costituendo un fascicolo elettronico per ogni cartella. I dati relativi al paziente ed alla degenza, costituiscono gli indici di accesso alla cartella. E’ possibile anche individuare la tipologia dei documenti nell’ambito della cartella (elettrocardiogramma, referto, analisi, ecc.). Per la conservazione delle cartelle cliniche e dei relativi referti è consentita sia la microfilmatura che l’archiviazione su supporto ottico.

CARTELLE CLINICHE ON‐LINE 

La conversione digitale dei documenti cartacei è un passo obbligatorio e propedeutico alla redazione della cartella in formato elettronico che porterà significativi cambiamenti nelle procedure di acquisizione dei documenti. Il processo di informatizzazione delle cartelle cliniche ben si concilia con il corso normativo recentemente avviato per facilitare i rapporti di servizio tra la pubblica amministrazione e cittadino. Occorre dunque adeguarsi al rispetto delle esigenze dei cittadini nel trasferimento delle informazioni cliniche. Gli obblighi di legge, che prevedono la conservazione a tempo indefinito degli originali, ha reso il tradizionale stoccaggio del materiale cartaceo assolutamente insostenibile sul piano organizzativo, poiché richiede spazi sempre più grandi e vanifica ogni forma di pianificazione e destinazione delle cartelle, pesando di conseguenza sui costi. Inoltre determina inevitabilmente problemi di lentezza, inaffidabilità, insufficiente sicurezza del lavoro e deperibilità dei documenti. Ecco perché appare necessario attivare delle procedure per l’archiviazione della documentazione sanitaria con l’uso di tecnologie informatiche che consentano di riordinare le diverse cartelle cliniche attraverso le chiavi di lettura più utili: identificazione anagrafica del cittadino, patologia, classi di età, reparto di dimissione ecc. Così nasce l’informatizzazione delle Cartelle Cliniche che consiste nella registrazione, consultazione e distribuzione di Cartelle Cliniche digitalizzate e

memorizzate in archivi elettronici. Si acquisisce l’originale cartaceo alla chiusura della cartella, lo si scansiona elettronicamente costituendo una banca che permette la ricerca per chiavi di lettura. Le basi dati così attivate vengono conservate per 10 anni nel server centrale di servizio e dopo la scadenza di detto termine vengono conservate su idoneo supporto elettronico. L’archivio elettronico così generato è consultabile mediante browser con accessi differenziati (login e password), sulla base delle autorizzazioni concesse. L’utente può richiedere la stampa della Cartella Clinica.

Il cartaceo, che va comunque conservato, viene stoccato in appositi magazzini e rimane a disposizione dell’Azienda Sanitaria, come prescritto dalla legge. SISTEMI INFORMATIVI Il nuovo codice pone subito particolare attenzione all’utilizzo dei sistemi informativi. Infatti, già nell’art. 3, si presenta la necessità di adottare specifiche misure di sicurezza in quanto viene richiesto di implementare opportune modalità che permettano di identificare l’interessato solo in caso di necessità. Principio di necessità nel trattamento dei dati (art. 3)

I sistemi informativi e i programmi informatici sono configurati riducendo al minimo l’utilizzazione di dati personali e di dati identificativi, in modo da escluderne il trattamento quando le finalità perseguite nei singoli casi possono essere realizzate mediante, dati anonimi od opportune modalità che permettano di identificare l’interessato solo in caso di necessità.

Art. 10 – commi 1 e 2 1- per garantire l’effettivo esercizio dei diritti di cui all’art. 7 il titolare del

trattamento è tenuto ad adottare idonee misure volte, in particolare:

a) ad agevolare l’accesso ai dati personali da parte dell’interessato, anche attraverso l’impiego di appositi programmi per elaboratore finalizzati ad un’accurata selezione dei dati che riguardano singoli interessati identificati o identificabili;

b) a semplificare le modalità e a ridurre i tempi per il riscontro al richiedente, anche nell’ambito di uffici o servizi preposti alle relazioni con il pubblico.

2- I dati sono estratti a cura del responsabile o degli incaricati e possono essere comunicati al richiedente anche oralmente, ovvero offerti in visione mediante strumenti elettronici, sempre che in tali casi la comprensione dei dati sia agevole, considerata anche la qualità e la quantità delle informazioni. Se vi è richiesta, si provvede alla trasposizione dei dati su supporto cartaceo o informatico, ovvero alla loro trasmissione per via telematica.

Trattamenti dati personali con strumenti elettronici (art. 34)

Il trattamento dei dati personali effettuato con strumenti elettronici è consentito solo se sono adottate, nei modi previsti dal disciplinare tecnico contenuto nell’allegato B) le seguenti misure minime:

a) autenticazione informativa; b) adozione di procedure di gestione delle credenziali di autocertificazione; c) utilizzazione di un sistema di autorizzazione; d) aggiornamento periodico dell’individuazione dell’ambito del trattamento

consentito ai singoli incaricati e addetti alla gestione o alla manutenzione degli strumenti elettronici;

e) protezione degli strumenti elettronici e dei dati rispetto a trattamenti illeciti di dati, ad accessi non consentiti e a determinati programmi informativi;

f) adozione di procedure per la custodia di copie di sicurezza, il ripristino della disponibilità dei dati e dei sistemi;

g) tenuta di un aggiornato documento programmatico sulla sicurezza;

h) adozione di tecniche di cifratura o di codici identificativi per determinati trattamenti di dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale effettuati da organismi sanitari.

Trattamenti dati personali senza l’ausilio di strumenti elettronici (art. 35)

Il trattamento di dati personali effettuato senza l’ausilio di strumenti elettronici è consentito solo se sono adottate, nei modi previsti dal disciplinare tecnico contenuto nell’allegato B), le seguenti misure minime:

a) aggiornamento periodico dell’individuazione dell’ambito del trattamento consentito ai singoli incaricati o alle unità organizzative;

b) previsione di procedure per un’idonea custodia di atti e documenti affidati agli incaricati per lo svolgimento dei relativi compiti;

c) previsione di procedure per la conservazione di determinati atti in archivi ad accesso selezionato e disciplina delle modalità di accesso finalizzata all’identificazione degli incaricati.

SCADENZE ED OBBLIGHI (art. 180)

Le misure minime di sicurezza di cui agli articoli da 33 a 35 e all’allegato B) sono adottate entro il 30 giugno 2004.

1) Il titolare che alla data in vigore del presente codice dispone di strumenti elettronici che, non consentono in tutto o in parte l’immediata applicazione delle misure minime di cui all’art. 34 e delle corrispondenti modalità tecniche di cui all’allegato B), descrive le medesime ragioni in un documento a data certa da conservare presso la propria struttura.

3) Nel caso di cui al comma 2, il titolare adotta ogni possibile misura di sicurezza in relazione agli strumenti elettronici detenuti in modo da evitare, un incremento dei rischi di cui all’art. 31, adeguando i medesimi strumenti al più tardi entro un anno dall’entrata in vigore del codice.

PRIVACY E SPERIMENTAZIONE DEI FARMACI 

L’Azienda Farmaceutica quando sponsorizza la sperimentazione di farmaci, può accedere alle cartelle cliniche dei pazienti ma gli individui che decidono di partecipare alla sperimentazione di nuovi farmaci devono esprimere il loro consenso consapevole e informato. - Questo significa che devono essere messi a conoscenza, in modo chiaro, di tutti gli aspetti inerenti al trattamento dei loro dati (anche dunque l’azienda farmaceutica interessata e la persona, il servizio o l’organismo al quale potersi rivolgere per esercitare i diritti di cui all’art. 13 della legge). - Le Aziende farmaceutiche possono accedere alle cartelle cliniche dei soggetti interessati, osservando VARIE LIMITAZIONI. Innanzi tutto l’utilizzo di dati personali è consentito solo se la disponibilità di dati (solo anonimi su campioni della popolazione) non permetta alla ricerca di raggiungere ugualmente gli scopi della sperimentazione. Il trattamento deve riguardare solo dati personali idonei a rivelare lo stato di salute ed avere finalità di ricerca scientifica.

Solo se la ricerca è prevista da un’espressa disposizione di legge o rientra nel programma di ricerca biomedica o sanitaria, può avere luogo senza il consenso dell’interessato.

Devono essere ovviamente adottate le misure di sicurezza volte ad evitare la distruzione, la perdita, l’accesso e l’uso illecito delle informazioni raccolte.

L’illecito trattamento dei dati viene sanzionato anche sul piano penale. Qualunque trattamento che non rispetti i principi e le regole indicate dall’Autorità, espone l’autore delle violazioni all’applicazione delle sanzioni amministrative e penali previste agli articoli 35 e 37 della legge n. 675/96 (uso illecito di dati sensibili). Nell’ambito della sperimentazione clinica anche la scheda clinica del medico di medicina generale potrebbe costituire quantomeno la base per la selezione dei pazienti da includere nella sperimentazione. Rimane il problema dell’informatizzazione delle schede, in quanto attualmente solo il 30/40% dei medici di medicina generale dispone di mezzi informatici e il software per la gestione delle schede sanitarie è rappresentato da qualche decina di programmi diversi e incompatibili tra loro. Quindi, nonostante l’evidente beneficio che potrebbe derivare dall’informatizzazione di questi dati, la mèta della cartella clinica informatizzata sembra attualmente lontana per i medici generici quanto lo è in ambito ospedaliero.

DIREZIONE SANITARIA UFFICIO CARTELLE CLINICHE

DICHIARAZIONE SOSTITUTIVA DI CERTIFICAZIONE (D.P.R. 28/12/2000 n. 445)

Il/la sottoscritto/a _____________________________________________________ nato/a ________________________________________il_____________________ residente a ________________________via________________________________ consapevole delle responsabilità penali previste dall’art. 76 del D.P.R. 445/2000, in caso di dichiarazioni mendaci,

D I C H I A R A

Di essere tutore/ legale rappresentante unico erede, o delegato dagli altri eredi

del/la sig/ra ___________________________________________________________________ nato/a a _______________________________________________________il________________ e pertanto richiede a codesta amministrazione di poter ritirare la fotocopia di cartella clinica. Viterbo lì estremi del documento FIRMA __________________ ___________________________ _____________________

DIREZIONE SANITARIA

UFFICIO CARTELLE CLINCHE

Il/la sottoscritto/a _____________________________________________________ nato/a ________________________________________il_____________________ residente a ________________________via________________________________

D E L E G A

Al ritiro della fotocopia di cartella clinica Il/la sig/ra ___________________________________________________________ nato/a a _______________________________il ___________________________ residente a _________________________via______________________________ Estremi del documento del delegante Firma del delegante ____________________________________ ____________________________________ Estremi del documento del delegato Firma del delegato ___________________________________ _____________________________________ Viterbo lì_______________________

Bibliografia R. Acciai: La gestione delle cartelle cliniche P. Furlani: La cartella clinica – Siar News V. Sforza: Programmazione e controllo delle amministrazioni pubbliche

Nuovi Progetti S.r.l.: Dispense

Giurisprudenza e sentenze

Cassazione Penale – Sez. V^ 21/01/81 Consiglio di Stato – Sez. VI^- decis. 1882 del 30/03/01 Consiglio di Stato – Sez. VI^- decis. 2542/2002 TAR Lombardia – Sez. I^- sent. n° 3263del 31/07/2002 Raccomandazione N.R. (97)5 del Consiglio d’Europa Risoluzione n° 461463/87 del Ministero delle Finanze Circ. Ministero della Sanità n° 61 del 19/12/86 Agenzia delle Entrate circ. n° 75/E del 2/08/2001 Ministero della Sanità circ. n° 100.1/QUE 9-48/2587 dell’08/05/01 Commissione per l’Accesso ai Documenti Amministrativi: parere n°P.94101 Q Amministrazione Finanziaria Entrate: ris. prot. n° 461463 del 19/12/87 Decisione della Commissione Tributaria Centrale – Sez. VIII^- n° 6895/90 Codice di Deontologia Medica- capo IV° Corte di Cassazione – Sez. V^ penale- sent. 21/04/83 e 23/03/87

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