Capuzzo -- Il Verbum Mentis Nella Polemica Tra Francescani e Domenicani Ruggero Marston Critica...

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* La presente ricerca è stata svolta nell’ambito del Programma strategico del- l’Università degli Studi di Padova “Medioevo Veneto e Medioevo europeo”, coor- dinato dal prof. Francesco Bottin. 1. Nei Correctoria, le repliche domenicane al Correctorium fratris Thomae di Gugliel- mo de La Mare, è possibile trovare qualche accenno al tema del verbum mentis. P. Glorieux (cur.), Les premières polémiques thomistes: le Correctorium Corruptorii “Quare”, Le Saulchoir, Kain 1927 (Bibliothèque thomiste, 9), a. 1, 8-9: « Ad secundum de An- selmo, dicendum quod illa similitudo expressa de qua loquitur ibi Anselmus est ipsa formata cogitatio et verbum mentis quod non est principium cognoscendi rem sed illud quod cognoscendo et intelligendo in ipsa mente formatur sive exprimitur ». Laura Capuzzo IL VERBUM MENTIS NELLA POLEMICA TRA FRANCESCANI E DOMENICANI: RUGGERO MARSTON CRITICA TOMMASO D’AQUINO * 1. LA CONTROVERSIA INTORNO AL VERBUM MENTIS Sul finire del XIII secolo i due principali ordini mendicanti, france- scani e domenicani, vissero momenti di forte tensione provocata dal dibattito in merito a dottrine ritenute decisive dal punto di vista filosofico. Furono oggetto di discussione le tesi legate all’unicità o alla pluralità della forma sostanziale e all’ilemorfismo universale, e altre dottrine dalle significative ricadute anche in àmbito teologico. All’interno di tale dibattito deve essere inserita anche la discussione attorno alla dottrina del verbum mentis, sorta nel medesimo ambien- te polemico che ha prodotto il Correctorium fratris Thomae e i succes- sivi Correctoria 1 di risposta dei maestri domenicani. I contrasti riguardanti la nozione di verbum mentis, emersi nel- l’ambito delle dispute di teologia trinitaria subito dopo la morte dell’Aquinate, si trasformarono in un vero e proprio dibattito sul modo d’intendere la natura stessa del linguaggio. Anche senza en-

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* La presente ricerca è stata svolta nell’ambito del Programma strategico del-l’Università degli Studi di Padova “Medioevo Veneto e Medioevo europeo”, coor-dinato dal prof. Francesco Bottin.

1. Nei Correctoria, le repliche domenicane al Correctorium fratris Thomae di Gugliel-mo de La Mare, è possibile trovare qualche accenno al tema del verbum mentis.P. Glorieux (cur.), Les premières polémiques thomistes: le Correctorium Corruptorii “Quare”,Le Saulchoir, Kain 1927 (Bibliothèque thomiste, 9), a. 1, 8-9: «Ad secundum de An-selmo, dicendum quod illa similitudo expressa de qua loquitur ibi Anselmus est ipsaformata cogitatio et verbum mentis quod non est principium cognoscendi rem sedillud quod cognoscendo et intelligendo in ipsa mente formatur sive exprimitur ».

Laura Capuzzo

IL VERBUM MENTIS NELLA POLEMICATRA FRANCESCANI E DOMENICANI:

RUGGERO MARSTON CRITICA TOMMASO D’AQUINO *

1. LA CONTROVERSIA INTORNO AL VERBUM MENTIS

Sul finire del XIII secolo i due principali ordini mendicanti, france-scani e domenicani, vissero momenti di forte tensione provocatadal dibattito in merito a dottrine ritenute decisive dal punto di vistafilosofico. Furono oggetto di discussione le tesi legate all’unicità oalla pluralità della forma sostanziale e all’ilemorfismo universale, ealtre dottrine dalle significative ricadute anche in àmbito teologico.All’interno di tale dibattito deve essere inserita anche la discussioneattorno alla dottrina del verbum mentis, sorta nel medesimo ambien-te polemico che ha prodotto il Correctorium fratris Thomae e i succes-sivi Correctoria 1 di risposta dei maestri domenicani.

I contrasti riguardanti la nozione di verbum mentis, emersi nel-l’ambito delle dispute di teologia trinitaria subito dopo la mortedell’Aquinate, si trasformarono in un vero e proprio dibattito sulmodo d’intendere la natura stessa del linguaggio. Anche senza en-

trare specificamente nel merito delle problematiche trinitarie, èpossibile ricostruire il dibattito sorto tra domenicani e francescanisulla natura del linguaggio umano. Alla fine del XIII secolo la dis-cussione concernente la dottrina del verbum mentis si acuì in manie-ra significativa con il francescano inglese Ruggero Marston,2 cheintraprese una critica ben argomentata e spesso caustica al modo incui Tommaso aveva impiegato la dottrina agostiniana del verbumcordis a livello teologico oltre che linguistico e gnoseologico.

Lo scopo di queste pagine è di documentare in maniera detta-gliata le critiche che Ruggero Marston muove a Tommaso d’Aqui-no, sia per quanto riguarda la dottrina del verbum in divinis sia perquanto riguarda quella del verbum in humanis.

2. LA CRITICA DI MARSTON AL VERBUM IN DIVINIS

La critica puntuale che Marston svolge sul tema del verbum, oltrea derivare dal clima di tensione creatosi tra francescani e domeni-cani, dipende anche da una reale opposizione di carattere filosoficoe teologico intorno alla natura di tale nozione.3 Marston criticaTommaso per il modo in cui impiega la filosofia, lo accusa di esse-re un teologo troppo influenzato dalla philosophia mundana4 e di in-

2. G.I. Etzkorn e I.C. Brady, Prolegomena, in Fr. Rogeri Marston O.F.M. Quod-libeta quatuor ad fidem codicum nunc primum edita, studio et cura G.I. Etzkorn etI.C. Brady, Collegio San Bonaventura, Grottaferrata 1994 (Bibliotheca Franciscanascholastica Medii Aevi, 26), 7*-36*. Sedicesimo lettore ad Oxford e dodicesimo nelconvento di Canterbury, Marston compie i suoi studi a Parigi probabilmente tra il1268 e il 1271, dove Peckham gli assegna il successivo incarico di lettore conventua-le a Cambridge. Dopo qualche anno, nel 1272, Marston torna ad Oxford dove ot-tiene l’inceptio nell’anno scolastico 1282, per poi dedicarsi all’insegnamento dispu-tando questioni e quodlibeta.

3. G. Cairola, L’opposizione a S. Tommaso nelle « Quaestiones disputatae » di RuggeroMarston, in Scholastica ratione historico-critica instauranda: Acta congressus scholastici interna-tionalis Romae anno Sancto MCML celebrati, Ed. Pontificium Athenaeum Antonianum,Romae 1951, 447-460. L’ostilità di Marston e la forte opposizione all’Aquinate haspesso portato la critica a considerare Marston un autore che non si distingueva peroriginalità; in seguito, tuttavia, è stato molto rivalutato non solo in relazione all’ela-borazione di certe tematiche gnoseologiche in cui mediava il pensiero di Agostinocon Aristotele e Avicenna, ma anche in relazione alle critiche mosse a Tommasoche risultano argomentate, precise e tutt’altro che prive di fondamento.

4. F.X. Putallaz, Figure francescane alla fine del XIII secolo, Jaca book, Milano 1994, 31.Marston, discutendo e criticando la teoria dell’intelletto agente di Tommaso, si ri-

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ferisce a lui in questi termini: «Haec idcirco dixerim, quod quidam, philosophiconectare inebriati, praedictis rationibus tamquam demonstrationibus innitentes, ne-gant intellectum agentem esse lucem primam». Cfr. Fr. Rogeri Marston O.F.M.

Quaestiones disputatae de anima, in Quaestiones disputatae de emanatione aeterna, de statunaturae lapsae, de anima, Collegium S. Bonaventurae, Roma 1932 (Bibliotheca franci-scana scholastica Medii Aevi, 7), q. 3, 273.

5. Rogeri Marston Quaestiones disputatae de anima, q. 7, 360. Gilson afferma chequesta espressione, non necessariamente negativa, è utilizzata in ambiente france-scano per indicare quei teologi che impiegano la filosofia nell’esercizio delle lorofunzioni: cfr. E. Gilson, Les «Philosophantes », «Arch. Hist. doctr. litt. M.A.» 19 (1952),135-140. Schönberger fa notare che la scoperta di nuovi testi porta a modificare laposizione di Gilson, secondo cui i teologi filosofanti si sarebbero distinti non daiteologi veri e propri ma dai veri e propri filosofi. Cfr. R. Schönberger, La scolasticamedievale, Vita e Pensiero, Milano 1997, 119. L’idea, già di Gilson, secondo cui l’e-spressione theologi philosophantes non ha una connotazione esclusivamente negativaviene ripresa da Michaud-Quantin e Lemoine, i quali mostrano gli sviluppi dell’e-spressione nel corso del XII secolo: P. Michaud-Quantin - M. Lemoine, Pour le dos-sier des “Philosophantes”, «Arch. Hist. doctr. litt. M.A.», 35 (1968), 17-22. Anche Tomma-so d’Aquino impiega questa espressione (Thom. Aq., In Dionys. de Div. Nom., c. 13,lectio 4: «neque etiam dicit se solum defecisse a laudando significationes praedictassicut theologi philosophantes de rebus divinis »), ma non sembra conferirvi una par-ticolare connotazione negativa, a differenza di quanto fanno sia Bonaventura, siaMarston. Per quest’ultimo, infatti, come rilevano gli studiosi, tale espressione assu-merà una chiara valenza negativa a causa del fatto che l’impiego della filosofia vieneavvertito come un avvicinamento alle posizioni di Aristotele e di Averroè, e conse-guentemente come un allontanamento dall’insegnamento dei Padri, e in particolarmodo da Agostino. Cfr. Putallaz, Figure francescane del XIII secolo, 29-30.

6. Bonaventura da Bagnoregio dedica un’intera collatio a illustrare gli errori com-piuti dai filosofi che hanno cercato la verità rifiutando la semplicità della fede. Cfr.Collationes in Hexaemeron, in S. Bonaventurae Opera omnia, t. V: Opuscula varia theolo-gica, Ex Typographia Collegi S. Bonaventura, Ad Claras Aquas (Quaracchi) 1891,Collatio VII, 11: «Haec ergo est medicina, scilicet gratia Spiritus Sancti. Hunc medicumet hanc gratiam philosophia non potest attingere. Quid ergo gloriaris, qui nescis perscientiam tuam nec infirmitatem tuam nec eius causam nec medicum nec medicinam?».

dulgere in essa pensando in tal modo di raggiungere quella veritàche si trova invece solo nella Rivelazione. Per questo motivo Mar-ston inserisce Tommaso fra i cosiddetti theologi philosophantes, cioèfra coloro che, non tenendo conto della solida semplicità dei santi,si appellano esclusivamente alla sapienza umana (« theologi Philo-sophantes, qui, utinam non ex fastu humanae sapientiae sanctorumsolidam simplicitatem contempsissent »).5 Contro Tommaso e ingenerale contro tutti i “teologi filosofanti”, Marston propone un at-teggiamento di adesione alla simplicitas, si richiama a quella sempli-cità razionale invocata anche da Bonaventura da Bagnoregio,6 la

quale conduce ad un atteggiamento di umiltà intellettuale e di ra-gionevole adesione alle parole dei santi, contro la complessità arte-fatta e inutile dei filosofi.7 Il richiamo alla simplicitas assume perMarston il significato di una dichiarazione di intenti e nello stessotempo diventa un’indicazione di metodo ben precisa.

Nella q. VI del De emanatione aeterna, Marston sottopone a criticala dottrina del verbum elaborata nel Commento alle Sentenze, in cuil’Aquinate sostiene che il verbum debba essere considerato non soloun nome personale della seconda Persona della Trinità, ma ancheun nome essenziale con cui riferirsi a Dio.8 Tale tesi, piuttosto inu-suale, è stata sostenuta in precedenza anche da Alberto Magno.9

Secondo quanto afferma Marston, questa opinio sarebbe stata exco-municata durante un’inceptio alla presenza dello stesso Tommaso.10

L’Aquinate elabora questa dottrina teologica a partire dalla suateoria del verbum mentis e la sostiene, oltre che nel Commento alleSentenze, in parte anche nel De veritate,11 per poi abbandonarla in ma-

7. Rogeri Marston Questiones disputatae de anima, q. 1, 208: «Quamvis ista multumsubtiliter videantur dici et sapientiam sapere philosophicam et mundanam, tamenaut ea non capit mea simplicitas aut usquequaque non continent veritatem». L’atteg-giamento di rifiuto della filosofia tout court ha spesso portato gli interpreti a conside-rare Marston « avversario delle novità ». Cfr. Cairola, L’opposizione a S. Tommaso, 448.

8. Thom. Aq., In I Sent., d. 27, q. 2, a. 2. 9. Albertus Magnus, In I Sent., d. 27, a. 4: « Ex hoc patet, quod dicere dicitur essen-

tialiter, et personaliter: et ideo dico sine praejudicio, quod verbum accipitur tribusmodis. Uno modo, secundum quod convertitur cum dicto manifestante intellec-tum dicentis: et sic dicetur generaliter respectu cujuscumque dicentis. Alio modo,secundum quod addit super hoc processionem et distinctionem personalem a di-cente: et sic dicere non convenit nisi Patri, et verbum esse non convenit nisi Filio:et sic accipitur proprie Sanctis. Tertio modo, secundum quod addit super haec duorespectum ad creaturas: et sic significat personas, et notat essentiam. Et primo mo-do unusquisque dicit se, et quilibet alium. Secundo modo solus Pater dicit solumFilium. Tertio modo Deus dicit omnes creaturas, secundum quod dicitur, Dixit, etfacta sunt, id est, verbum genuit in quo erant ut fierent ».

10. Rogeri Marston, Quaestiones disputatae de emanatione aeterna, q. 6, 116-117: « Egotamen praesens fui parisius et corporeis auribus audivi, quando incepit cantor deperona, assidente magistro girardo de abbatisvilla, presentibus fratre thoma deaquino et frate ioanne de pecham et aliis doctoribus sacrae theologiae usque adxviii vel circiter, ubi haec opinio fuit excommunicata solemniter tamquam contra-ria sanctorum assertionibus et doctrinae, et praecipue augustini et anselmi, ut patuit in opponendo ».

11. Thom. Aq., Quaest. Disput. De veritate, q. 4, a. 2: «Quaestio autem ista insuperficie videtur esse planissima, propter hoc quod verbum originem quamdam

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importat secundum quam in divinis personae distinguuntur. Sed, interius conside-rata, difficilior invenitur, eo quod in divinis invenimus quaedam quae originem im-portant non secundum rem, sed secundum rationem tantum; sicut hoc nomenoperatio, quae proculdubio importat aliquid procedens ab operante: et tamen isteprocessus non est nisi secundum rationem tantum; unde operatio in divinis nonpersonaliter, sed essentialiter dicitur, quia in Deo non differt essentia, virtus et ope-ratio. Unde non statim fit evidens, utrum hoc nomen verbum processum realemimportet, sicut hoc nomen filius; vel rationis tantum, sicut hoc nomen operatio; etita utrum personaliter vel essentialiter dicatur ».

12. Queste due redazioni successive sono state esaminate da Adriano Oliva, inLes débuts de l’einsegnement de Thomas d’Aquin et sa conception de la Sacra Doctrina, Vrin,Paris 2006, 103. Oliva indaga le cosiddette tre grandi rettificazioni che sono tre cam-biamenti testuali particolarmente evidenti ed importanti all’interno del primo librodel Commento alle Sentenze, scoperte attraverso l’analisi del materiale manoscritto.Per ogni singola rettificazione esistono gruppi di manoscritti che riportano la primavariante e gruppi di manoscritti (solitamente di numero più consistente) che ripor-tano la seconda variante che è spesso diventata la versione definitiva anche nelleedizioni a nostra disposizione. Oliva perciò nel suo lavoro svela un Tommaso pri-missima maniera che egli chiama Primus Thome. Tali rettificazioni si trovano in cor-rispondenza dell’articolo 3 del Prologo, dell’articolo 2 nella distinzione 27 e della se-conda distinzione con l’aggiunta di un intero articolo sugli attributi divini. Nel testodi nostro interesse, e cioè l’articolo 2 della distinzione 27, le due redazioni derivanoda due differenti famiglie di manoscritti, e non devono essere confuse con la LecturaRomana del Commento alle Sentenze, che non arriva fino alla distinzione 27 (si fermaalla dist. 24) come sembra invece ritenere Goris in un suo studio. Cfr. H.J. Goris,Theology and Theory of Word, in M. Dauphinais, B. David, M. Levering (cur.), Aquinasthe Augustinean, The Catholic University Press, Washington D.C. 2007, 125-126.

13. Thom. Aq., In I Sent., d. 27, q. 2, a. 2: «Cum enim verbum sit similitudo ipsiusrei intellectae, prout est concepta in intellectu, et ordinata ad manifestationem, velad se, vel ad alterum; ista species in divinis potest accipi dupliciter: vel secundumquod dicit id quo aliquid formaliter in divinis intelligitur; et sic, cum ipsa essentiaper se intelligatur et manifestetur, ipsa essentia erit verbum; et sic verbum et intel-lectus et res cujus est verbum, non differunt nisi secundum rationem, sicut in divi-nis differunt quo intelligitur et quod intelligitur et quod intelligit; vel secundumquod species intellecta nominat aliquid distinctum realiter ab eo cujus similitudi-nem gerit; et sic verbum dicitur personaliter, et convenit filio, in quo manifestaturpater, sicut principium manifestatur in eo quod est a principio per modum intel-lectus procedens ».

niera definitiva. A noi sono pervenute due redazioni successive12

dell’articolo del Commento in cui Tommaso espone questa tesi.Nella prima redazione,13 Tommaso definisce il verbum come la si-militudo rei intellectae, ovvero come l’immagine della cosa conosciu-ta. Essa possiede alcuni caratteri specifici: è concepita nell’intellet-to ed è ordinata alla manifestazione. Dal primo carattere Tomma-so ricava l’accezione essenziale del termine verbum perché l’intel-

letto e la cosa conosciuta si differenziano solo per una relazione diragione, mentre a partire dal secondo carattere Tommaso ricaval’accezione personale poiché il verbum, essendo realmente distintoda ciò di cui è immagine (similitudo) e realmente distinto da ciò dicui è verbum, si addice alla persona del Figlio. Nella seconda reda-zione,14 invece, Tommaso sviluppa in maniera più ampia questadottrina teologica, utilizzando alcune nuove acquisizioni teoriche.L’elemento fondamentale è ora la distinzione tra il verbum intesoex virtute vocabuli e il verbum inteso in usu sanctorum. Con il riferi-mento all’uso ex virtute vocabuli, Tommaso esprime chiaramente lavolontà di rimanere aderente al significato logico della parola, ov-

14. Thom. Aq., In I Sent., d. 27, q. 2, a. 2: « Et ideo dicendum est cum aliis, quodhoc nomen verbum ex virtute vocabuli potest personaliter et essentialiter accipi.Non enim significat tantum relationem, sicut hoc nomen pater, vel filius, sed im-ponitur ad significandum rem aliquam absolutam simul cum respectu, sicut hocnomen scientia; sed in hoc differt, quia relatio quae importatur hoc nomine scien-tia, non est relatio originis, secundum quam referatur scientia ad illud a quo est; sedest relatio secundum quam refertur ad illud ad quod est, scilicet ad scibile; sed hocnomen verbum importat relationem secundum quam refertur ad illud a quo est,scilicet ad dicentem. Hujusmodi autem relationes in divinis contingit esse duplici-ter: quaedam enim sunt reales, quae requirunt distinctionem realem, sicut paterni-tas et filiatio, quia nulla res potest esse pater et filius respectu ejusdem; quaedamautem sunt relationes rationis tantum, quae non requirunt distinctionem realem,sed rationis, sicut relatio quae importatur in hoc nomine operatio. Habet enimoperatio respectum implicitum ad operatorem a quo est: nec in divinis differuntoperans et operatio, nisi ratione tantum. Si igitur relatio importata hoc nomine ver-bum, sit relatio rationis tantum, sic nihil prohibet quin essentialiter dicatur, et vide-tur sufficere ad rationem verbi, secundum quod a nobis in Deum transumitur;quia in nobis, ut dictum est, art. praec., nihil aliud est verbum nisi species intellec-ta, vel forte ipsa operatio intelligentis: et neutrum eorum realiter distinguitur abessentia divina. Si autem importet relationem realem distinctionem exigentem,oportet quod personaliter dicatur, quia non est distinctio realis in divinis nisi perso-narum. Et est simile de amore, qui secundum eamdem distinctionem essentialiteret personaliter dicitur, ut supra dictum est, dist. 18, quaest. 1, art. 1. Sed tamen in ususanctorum et communiter loquentium est quod hoc nomen verbum relationemrealiter distinguentem importat, ut dicit Augustinus, quod verbum idem est quodsapientia genita; et ideo ista quaestio parum valet, quia non est de re, sed de vocissignificatione, quae est ad placitum; unde in ea plurimum valet usus, quia nomini-bus utendum est ut plures, secundum philosophum; de rebus autem judicandumsecundum sapientes. Cum enim de rebus constat, frustra in verbis habetur contro-versia, ut dicit Magister, Lib. 2, dist. 14. Sed tamen ea quae in divinis dicuntur, nonsunt extendenda nisi quantum sacra Scriptura eis utitur ».

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15. F. Bottin, Le antinomie semantiche nella logica medievale, Editrice Antenore, Pa-dova 1976, 181-182. Con l’uso dell’espressione tecnica ex virtute vocabuli, Tommasoanticipa quella che nel secolo successivo diventerà una delle polemiche più accese,sorta in relazione alla possibilità di riconoscere o meno alle singole parole una vir-tus sermonis. Si tratta di capire, cioè, se le parole o le espressioni possano avere un si-gnificato primario e proprio che si distingue dall’usus loquendi, ossia il significatotraslato o figurato impiegato nelle Scritture.

16. Rogeri Marston Quaestiones disputatae de emanatione aeterna, q. 6, 117: « Praete-rea, quando dicit quod Verbum non dicit rem relationis, falsum dicit, nam diciteamdem relationem quam Filius. Eadem enim est relatio Verbi ad dicentem, quaeest Filii ad Patrem».

17. H. Paissac, Théologie du Verbe, Édition du Cerf, Paris 1951, 124-125.

vero a quel significato proprio e non traslato più vicino all’àmbitodella speculazione filosofica.15 Attraverso l’impiego del termineverbum inteso ex virtute vocabuli, l’Aquinate ricava l’accezione essen-ziale, dimostrando che il verbum non veicola in maniera immedia-ta una relazione di origine (come i nomi ‘padre’ e ‘figlio’), ma solouna relazione di ragione simile a quella che sussiste nell’intellettoumano fra gli elementi coinvolti nel processo conoscitivo. Tom-maso, dunque, ha definito il verbum come un nome dalla dupliceaccezione e ha spiegato tale duplicità riferendosi alla sua teoriagnoseologica e semantica. Egli, infatti, non si limita a mantenerel’accezione “tradizionale” del termine verbum, cioè quella persona-le, ma a partire dalla propria teoria della conoscenza, riconosce an-che l’accezione essenziale.

Marston critica la tesi di Tommaso affermando che il verbumnon può essere considerato un nome essenziale, poiché esso, alpari del nome filius, comporta sempre una relazione reale.16 Que-sto perché – spiega Marston – così come il Figlio è generato dalPadre, il verbum è prodotto da colui che parla.

La critica di Marston si basa essenzialmente su una teoria dellarelazione del tutto diversa da quella dell’Aquinate. Il francescanosembra riprendere la tesi di Agostino secondo cui ci sono due mo-di dell’essere relativo: relativo come un accidente rispetto ad unasostanza, come il colore rispetto al corpo colorato, e relativo senzaessere necessariamente un accidente, come una testa rispetto alcorpo di cui fa parte.17 Dunque, per Marston il verbo mentale, co-

18. Paissac, Théologie du Verbe, 125. Rogeri Marston Quaestiones disputatae de emana-tione aeterna, q. 6, 116: «Vel potest ipsa species accipi prout “nominat aliquid distinc-tum realiter ab eo cuius similitudinem gerit, et sic Verbum tantum personaliter” ac-cipitur, quia, ut dicunt, licet Verbum dicatur relative, non tamen primo modo, sedsecundo, quia non significat rem relationis, sed rem cui annexa est relatio, sicutscientia vel sapientia. In divinis autem non est relatio distinctiva nisi realiter tantum,“sicut paternitas et filiatio”; illa vera relatio, quae est secundum rationem, sicut actioquae est divina essentia et dicitur tamen relative ad agentem, non distinguit ».

19. Paissac, Théologie du Verbe, 126-128. Paissac precisa che la teoria dei relativi diTommaso è elaborata modificando la teoria di Agostino alla luce dell’Aristotelecommentato da Alberto Magno. Dallo Stagirita l’Aquinate recupera le nozioni direlativo per essenza e relativo per denominazione (relativo per essenza: quando unente ha come essenza l’essere relativo; relativo per denominazione: quando l’enteha un’essenza assoluta, nella fattispecie una sostanza, ed è relativo nel senso che èpossibile che instauri una relazione reale con qualcosa di diverso da sé). Da Alber-to Magno egli ricava un’ulteriore precisazione: una relazione può essere considera-ta in due modi, come relazione per sé, quando cioè l’essenza dell’ente è di essereuna relazione, o come relazione mescolata, quando cioè un ente si trova mescolatoad un altro essere.

20. Paissac, Théologie du Verbe, 130.21. Rogeri Marston Quaestiones disputatae de emanatatione aeterna, q. 6, 117: « Prae-

terea, cum materiam de Verbo non habeamus nisi ab Augustino et Anselmo, eiussecutore, debemus ipsorum processui in materia ista multum inniti ».

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me il figlio, è un relativo inteso nel secondo modo, ovvero comequalcosa di sostanziale ma che esprime una relazione: il verbo ri-spetto al parlante, il figlio rispetto al padre.18 Tommaso,19 al contra-rio, distingue il caso del verbum e quello del figlio. La parola ‘figlio’,infatti, significa l’essere per essenza relativo, mentre la parola ‘ver-bo’ designa qualcosa di assoluto, una sostanza che può instaurareuna relazione con un altro essere, ma che non è di per se stessa re-lativa. Per questo motivo Tommaso conclude necessariamente cheil Verbo in Dio non designa esclusivamente una persona divina.20

Su questa incompatibilità di fondo si radica la critica di Marston al-la teoria teologica dell’Aquinate. Inoltre, Marston rileva che di fat-to gli unici che si sono occupati di queste tematiche sono Agostinoe Anselmo, perciò in relazione ai problemi trinitari è necessario ba-sarsi sui loro insegnamenti21 e non sulle dottrine dei filosofi.

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22. Etzkorn-Brady, Prolegomena, 69*. Per Alain Boureau, la discussione di questoquodlibet, che è considerato l’ultimo, dovrebbe essere fatta risalire alla Pasqua del1283. Cfr. A. Boureau, Théologie, science et censure au XIII siècle. Le cas de Jean Peckham,Belles Lettres, Paris 1999, 344.

23. Rogeri Marston Quodlibeta quatuor, q. 2, 369 e q. 8, 377. L’elemento fonda-mentale e il carattere specifico del procedere polemico di Marston deriva dal fattoche la critica è sempre “supportata” dall’esistenza di provvedimenti accademici ereligiosi ufficiali che giustificano la critica stessa e rendono la tesi criticata un veroe proprio errore.

24. Thom. Aq., Quaest. Disput. De veritate, q. 4, a.2: «Unde, ad huius notitiamsciendum est quod verbum intellectus nostri, secundum cuius similitudinem loquipossumus de verbo divino, est id ad quod operatio intellectus nostri terminatur » eSum. contr. Gent., I, 53: «Haec autem intentio intellecta, cum sit quasi terminus in-telligibilis operationis ».

3. MARSTON SUL VERBUM IN HUMANIS: «CONTROVERSIA EST VERBORUM TANTUM ET NON REI»

Come è già stato accennato, Marston critica la dottrina del ver-bum mentis di Tommaso anche da un punto di vista esclusivamen-te filosofico. Il maestro francescano sviluppa tale critica nel quartoQuodlibet, probabilmente disputato ad Oxford nella Quaresimadel 1284.22 È interessante notare come, pressoché in tutte le que-stioni dei Quodlibeta, si trovi un riferimento, per lo più polemico epiù o meno esplicito, all’Aquinate e alla sua opera.23

Da un punto di vista generale l’ostilità di Marston nei confrontidi Tommaso si fonda sulle differenze epistemologiche e concet-tuali che emergono fra le rispettive teorie conoscitive. Per Mar-ston il verbum non si differenzia dall’atto conoscitivo e corrispondealla cosa conosciuta, per Tommaso invece il verbum è il concettoprodotto al termine del processo conoscitivo.24 Da questa primaconstatazione emerge la divergenza sostanziale tra la posizionemarstoniana e quella dell’Aquinate. Lo scarto tra le due posizioni,dunque, si gioca sulla funzione da attribuire al verbum all’internodel processo conoscitivo. Risulta decisivo, infatti, il modo in cui siconsidera il verbum mentis, in un caso come l’oggetto della cono-scenza espresso attualmente nella mente, nell’altro come il con-cetto proprio dell’intelletto che costituisce il termine del processoconoscitivo. Per Marston il verbum svolge il suo ruolo durante l’atto

cognitivo, mentre per Tommaso esso è prodotto solo dopo che taleatto si è concluso. Pier di Giovanni Olivi enfatizzerà ed espliciteràl’identità del verbum con l’atto conoscitivo.25

Le divergenze, inoltre, si sviluppano anche in merito alla stessanozione di verbum, ossia rispetto al modo in cui il verbum è conce-pito. In seguito, emergerà con chiarezza che parte della critica diMarston si basa sul fatto che Tommaso considera il verbum comeuna rappresentazione della cosa conosciuta. Secondo Tommaso, in -fatti, l’intelletto coglie la cosa conosciuta nel verbum, il quale svolgela funzione di presentare l’essenza della cosa conosciuta. Per Mar-ston, invece, il verbum corrisponde alla conoscenza delle veritàeterne che, conservata nella memoria, si esprime in maniera attua-le nella mente durante l’atto conoscitivo.

Marston si occupa specificamente del verbum mentis nelle que-stioni 18, 19, 20 del quarto Quodlibet. Mentre nelle prime due que-stioni si limita ad esporre i quesiti e a presentare gli argomenti a fa-vore e le obiezioni, nella quaestio 20 il francescano espone la sua cri-tica alla dottrina del verbum mentis dell’Aquinate.26 Nel respondeo del-la questione, in una sorta di invocazione, Marston esorta il Verbo di-vino a illuminare coloro che discutono sul verbum, affinché sia possi-bile giungere ad una posizione comune, dal momento che il dibat-tito intorno al verbum – riconosce il francescano –, sarebbe un dibat-tito solo di parole e non di fatti (verborum tantum et non rei).27 Marstonquindi afferma che le divergenze in merito alla dottrina del verbum

25. R. Pasnau, Petri Iohannis Olivi Tractatus de Verbo, «Med. Stud. », 53 (1993), 134-148. I due maestri quasi contemporanei provengono dal medesimo milieu cul-turale e hanno alcuni obiettivi comuni: l’Olivi infatti sembra enfatizzare alcuniaspetti che sono presenti anche nella teoria di Marston.

26. Nella questione 18 Marston si chiede utrum verbum expressum actualiter in men-te sit illud quod cogniscit formaliter, nella questione 19 si chiede utrum verbum sit idemquam visio, mentre il terzo quesito utrum necesse sit intellectum informari per speciem geni-ta similem illi quae est in memoria, viene esposto nella questione 20.

27. Rogeri Marston Quodlibeta quatuor, q. 20, 403: «Verbum quod erat in principioapud Deum, et lux vera lucens in tenebris, illuminet nos loquentes de verbo ut contro-versiam verbi, quae est verborum tantum et non rei, sicut credo, possimus perillum qui fecit utraque unum, veraciter concordare, et nequaquam a nobis in ore vel inmente verbum auferat veritatis».

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mentis sarebbero legate solo alle parole, e dunque riconducibili sola-mente ad una mancanza di comprensione terminologica e lingui-stica, ma non ci sarebbe contrasto in merito alle res, quindi in meri-to ai contenuti delle dottrine. Tuttavia, il francescano non manca diinformare il lettore sull’esistenza di questa divergenza. Il francesca-no impiega una specifica tecnica retorica e polemica su cui fonda lasua critica a Tommaso: affermando che intorno alla dottrina delverbum ci sarebbe solo un contrasto terminologico, egli sembra sug-gerire la presenza di un accordo fondamentale sui contenuti. Infat-ti, leggendo la reportatio marstoniana della dottrina del verbum diTommaso, si ha la viva impressione che i due autori condividano lamedesima teoria cognitiva. Marston presenta e interpreta la dottri-na del verbum mentis di Tommaso alla luce della propria teoria co-noscitiva. Questa operazione serve polemicamente a rendere la cri-tica di Marston più efficace. Inserendo, infatti, la dottrina del ver-bum di Tommaso nel contesto di un’altra teoria generale della co-noscenza, per il francescano sarà più facile elaborare una critica ericonoscere gli “errori” compiuti dall’Aquinate.

Quando Marston si appresta a risolvere la prima questione, cioèse il verbum espresso attualmente sia ciò che l’intelletto conosceformalmente, si legge:

Dico igitur quod duplex est operatio intellectualis: una est inquirendo an-tequam perfecte intelligat; alia est complete et perfecte intelligendo. Pri-ma operatio intellectus est per speciem quae est in memoria: nisi enim ta-lem speciem haberet, nequaquam posset se convertere ad actualiter re-cordandum. Per verbum vero completum formaliter intelligit, sicut cre-do; et hoc, quantum capio, volunt dicere sententialiter qui huiusmodiopinioni videntur in superficie contrarii.28

Il francescano distingue per prima cosa due operazioni dell’in-telletto, che sembrano essere l’una preliminare all’altra. Nella pri-ma operazione l’intelletto è impegnato in una sorta di ricerca, diinvestigazione preliminare (una est inquirendo). Solo successiva-mente, si sviluppa la seconda operazione che corrisponde al cono-scere in maniera completa e perfetta (alia est complete et perfecte intel-

28. Rogeri Marston Quodlibeta quatuor, q. 20, 403-404.

29. Rogeri Marston Questiones disputatae de anima, q. 1, 215: «Ad cuius evidentiamsciendum est quod anima tripliciter acquirit rerum notitiam: vel ab exteriori vel abinteriori vel a superiori, secundum quod Philosophus, in libro De causis, dicit in om-ni anima nobili triplicem esse operationem, videlicet animalem, rationalem et divi-nam. [...] Ab interiori autem secundum virtutem rationalem devenimus in rerumcognitionem. [...] Alius est etiam modus deveniendi in cognitionem rei mere spiri-tuali a superiori ».

30. Thom. Aq., In I Sent., d. 27, q. 2, a. 2: «Conceptio autem intellectus est vel ope-ratio ipsa quae est intelligere, vel species intellecta. Unde oportet quod verbum veldicatur ipsa operatio intelligendi, vel ipsa species quae est similitudo rei intellectae;et sine utroque istorum non potest quis intelligere: utrumque enim istorum est idquo quis intelligit formaliter ». Il riferimento implicito a Tommaso è segnalato an-che dai curatori dell’opera di Marston. Cfr. Quodlibeta quatuor, q. 20, 404 (nota 1).

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ligendo). La prima operazione avviene per mezzo di una specie chesi trova nella memoria ed è solo attraverso tale specie che l’intel-letto può ricordare in maniera attuale. Questa specie, dunque, hala funzione di rendere presente all’intelletto quei contenuti che es-so deve conoscere, richiamandoli dalla memoria. Con la secondaoperazione dell’intelletto, invece, si produce un verbum, che Mar-ston definisce completum, per mezzo del quale l’intelletto conosceformalmente. Marston sembra fare riferimento alle due operazio-ni conoscitive per mezzo delle quali si conoscono le res spiritualiche egli illustra nella questione disputata de anima, cioè la cono-scenza ab interiori e quella a superiori .29

Marston prosegue notando che proprio a questa modalità cono-scitiva farebbero riferimento anche coloro che sostengono un’opi-nione apparentemente contraria a quella esposta da Marston (« ethoc, quantum capio, volunt dicere sententialiter qui huiusmodiopinioni videntur in superficie contrarii »), e allude a Tommaso eai suoi discepoli.30 Tuttavia, Tommaso non potrebbe accettare ladottrina delle due operazioni dell’intelletto esposta da Marston.L’accordo teorico c’è solo rispetto alla conclusione del passo ripor-tato, in cui Marston riconosce che il verbum permette di conoscereformalmente. Ma è interessante notare come ancora una voltaMarston suggerisca al lettore che la divergenza tra le due tesi è so-lamente apparente. Nell’invocazione di apertura il francescano siriferiva alla polemica intorno al verbum come ad una controversiapiù di parole che di fatti, così allo stesso modo qui egli dichiara che

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le due posizioni sembrano contrarie in superficie, cioè se le si consi-dera in maniera non approfondita. Marston, dunque, compieun’operazione retorica ben precisa: minimizza la differenza fra lapropria posizione e quella di Tommaso, per mostrare come l’Aqui -nate sia debitore del pensiero di Agostino per quanto riguarda lanozione di verbum mentis, che però avrebbe interpretato in manie-ra decisamente distorta.

4. LA TEORIA DEL VERBUM MENTIS DI TOMMASO

NELLA REPORTATIO DI MARSTON

Marston spiega le ragioni di questa divergenza apparente espo-nendo la dottrina cognitiva dell’Aquinate.

Nam dicunt quod per speciem, quae est in anima, fit intellectus in actu;quod quidem non potest esse in actu, cum talem speciem habeant dor-miendo. Haec ergo species est principium intellectualis operationis, se-cundum modum superius dictum, quantum ad primum actum intellec-tus. Et intellectus inquirens et comparans format intentionem intellec-tam, quae est similitudo perfecta rei exterioris. Ex quo sequitur, ut dicunt,et bene, quod intellectus, formando huiusmodi intentionem mediantespecie quae est in memoria, sicut veraciter dicunt, ex quo sequitur quodfit ei perfecte similis. Quale est enim unumquodque, talia operatur.31

È necessario tenere presente come in questo passo si intreccinodifferenti livelli: un primo livello è costituito dalla reportatio marsto-niana della dottrina dell’Aquinate, e un secondo livello è costituitodal pensiero originale di Tommaso. Marston riporta il pensiero sulverbum dell’Aquinate, inserendolo però all’interno della propriateoria della conoscenza. Innanzitutto, il francescano afferma cheTommaso e i suoi discepoli riterrebbero che la species che si trovanell’anima porti l’intelletto alla sua attualizzazione, e per questa suafunzione la specie venga considerata come il principio dell’opera-zione conoscitiva. Marston però specifica che tale specie è il princi-pio solo della prima delle due operazioni dell’intelletto appena di-stinte. Ebbene, la dottrina autentica ed originale dell’Aquinate am-

31. Rogeri Marston Quodlibeta quatuor, q. 20, 404.

mette che l’intelletto venga attivato dalla species, ma non ammetteche l’atto conoscitivo consista di due operazioni successive.32

L’intelletto, prosegue Marston, indagando e confrontando for-ma un’intentio intellecta ovvero un’immagine perfetta della realtàesterna che è il vero oggetto della conoscenza. Nella teoria cono-scitiva di Tommaso, in effetti, l’intelletto attualizzato dalla specieproduce un’intentio, e intentio intellecta è esattamente l’espressioneche Tommaso impiega ampiamente per riferirsi al prodotto finaledel processo conoscitivo oltre che per spiegare che cos’è il verbummentis .33 Tuttavia, per Tommaso la produzione dell’intentio intellectanon corrisponde al momento iniziale del processo conoscitivo, maa quello finale e conclusivo.

Marston afferma che l’intelletto produce l’intentio inquirens etcomparans, impiegando gli stessi termini con cui aveva connotato,nel passo immediatamente precedente, la prima delle due opera-zioni dell’intelletto. Il francescano aggiunge, inoltre, che l’intellet-to diviene del tutto simile all’intentio che esso forma per mezzodella specie che si trova nella memoria (sicut veraciter dicunt). Anchein questo caso, se è vero che Tommaso afferma l’identità fra cono-

32. Tommaso distingue due operazioni dell’intelletto legate però a due modali-tà diverse di conoscenza e a oggetti epistemologicamente differenti, la definizionee il giudizio. De veritate, q. 1, a. 12: «Quia intellectus habet duas operationes: scilicetunam qua format quidditates, in qua non est falsum, ut philosophus dicit in III deanima; aliam qua componit et dividit ». In relazione al verbum si veda De veritate, q. 4, a. 2: «Unde ad huius notitiam sciendum quod verbum intellectus nostri, se-cundum cuius similitudinem loqui possumus de verbo divino, est id ad quod ope-ratio intellectus nostri terminatur, quod est ipsum intellectum, quod diciturconceptio intellectus; sive sit conceptio significabilis per vocem incomplexam, utaccidit quando intellectus format quidditates rerum; sive per vocem complexam,quod accidit quando intellectus componit et dividit ».

33. Thom. Aq., Sum. contr. Gent., IV, 11: «Dico autem intentionem intellectam idquod intellectus in seipso concipit de re intellecta. Quae quidem in nobis neque estipsa res quae intelligitur; neque est ipsa substantia intellectus; sed est quaedam si-militudo concepta in intellectu de re intellecta, quam voces exteriores significant;unde et ipsa intentio verbum interius nominatur, quod est exteriori verbo signifi-catum. [...] Est autem de ratione interioris verbi, quod est intentio intellecta, quodprocedat ab intelligente secundum suum intelligere, cum sit quasi terminus intel-lectualis operationis: intellectus enim intelligendo concipit et format intentionemsive rationem intellectam, quae est interius verbum».

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34. Thom. Aq., Sum. Theol., I, q. 85, a. 2: « Intellectum enim in actu est in intelli-gente: quia intellectum in actu est ipse intellectus in actu ».

35. Thom. Aq., Quaest. disput. De veritate, q. 10, a. 2: « quia cum intellectus possi-bilis sit stabilioris naturae quam sensus, oportet quod species in eo recepta stabiliusrecipiatur; unde magis possunt in eo conservari species quam in parte sensitiva ».

36. Nella ricostruzione pur polemica delle tesi dell’Aquinate, Marston si riferis-ce ai testi di Tommaso come, per esempio, alla Summa contra Gentiles e in particola-re al capitolo 53 del libro I. Cfr. Sum. contr. Gent., I, 53: « Et ut ab intellectu nostro addivini intellectus cognitionem, prout est possibile, procedamus, considerandum estquod res exterior intellecta a nobis in intellectu nostro non existit secundum pro-priam naturam, sed oportet quod species eius sit in intellectu nostro, per quam fitintellectus in actu. [...] Ulterius autem considerandum est quod intellectus, per spe-ciem rei formatus, intelligendo format in seipso quandam intentionem rei intellec-tae, quae est ratio ipsius, quam significat definitio. [...] Haec autem intentio intel-lecta, cum sit quasi terminus intelligibilis operationis, est aliud a specie intelligibiliquae facit intellectum in actu, quam oportet considerari ut intelligibilis operationisprincipium: licet utrumque sit rei intellectae similitudo. Per hoc enim quod speciesintelligibilis quae est forma intellectus et intelligendi principium, est similitudo reiexterioris, sequitur quod intellectus intentionem formet illi rei similem: quia qualeest unumquodque, talia operatur. Et ex hoc quod intentio intellecta est similis ali-cui rei, sequitur quod intellectus, formando huiusmodi intentionem, rem illam intelligat ».

37. Aug., trin., XV, 15, 25: «Quid est, inquam, hoc formabile nondumque forma-tum, nisi quiddam mentis nostrae, quod hac atque hac volubili quadam motione iac-

scente e conosciuto nell’atto del conoscere,34 tuttavia egli non spe-cifica mai che l’intelletto diventi tutt’uno con l’intentio o che la spe-cies, principio dell’atto intellettivo, provenga dalla memoria, o perlo meno da una memoria intesa in senso agostiniano.35

Per concludere, quindi, si può dire che Marston riporta corret-tamente alcuni aspetti della concezione del verbum di Tommaso,36

ma li incorpora nel contesto di una teoria cognitiva, la propria, to-talmente differente da quella dell’Aquinate. La critica alla dottrinadel verbum mentis di Tommaso si prospetta particolarmente effica-ce, perché tale dottrina è totalmente estrapolata dal proprio conte-sto e inserita in un altro, concettualmente diverso.

Il francescano afferma, inoltre, di aver ricavato la teoria delladuplice operazione dell’intelletto da un passo del De Trinitate diAgostino, in cui viene descritta la formazione del verum verbum, nelmomento in cui il movimento incessante della mente, che si muo-ve da una cosa all’altra, si fissa su ciò che conosciamo.37

tamus, cum a nobis nunc hoc, nunc illud, sicut inventum fuerit vel occurrerit, cogita-tur? Et tunc fit verum verbum, quando illud quod nos dixi volubili motione iactare,ad id quod scimus pervenit, atque inde formatur, eius omnimodam similitudinem ca-piens ». In questo passo Marston intravede le due operazioni dell’intelletto, la primaquando Agostino afferma che la mente sembra spostarsi da una cosa all’altra («quodhac atque hac volubili quadam motione iactamus»), e la seconda quando l’intelletto,fissatosi su una conoscenza vera, produce il verbum (« et tunc fit verum verbum, quan-do illud quod nos dixi volubili motione iactare, ad id quod scimus pervenit »).

38. Rogeri Marston Quodlibeta quatuor, q. 20, 404.

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5. LA CRITICA DI MARSTON AL VERBUM IN HUMANIS

Dopo aver presentato la concezione di Tommaso, Marston ela-bora la sua critica, prendendo le mosse dallo statuto epistemologi-co del verbum mentis dell’Aquinate. Il francescano afferma:

Cum igitur concedunt omnes quod per intentionem intellectam sive perverbum intelligat rem tanquam per similitudinem rei, non potest talis in-tentio esse obiectum, cum sit ratio ducens in alterum. Non autem possetper verbum cognoscere speculando rem intellectam, sed tantum confe-rendo si in verbo cognosceret sicut in obiecto, sicut statua non est obiec-tum quo cognosco Herculem nisi tantum conferendo. Est igitur formaleprincipium, cum sit forma quaedam intellectus per actum ipsius formata,modo quidem superius dicto.38

Nel passo appena citato Marston formula la prima critica vera epropria alla concezione del verbum mentis, e, più in generale, allateoria cognitiva di Tommaso d’Aquino. Il passo riportato si aprecon un’annotazione generale, secondo la quale tutti ritengono chel’intelletto conosce per mezzo dell’intentio o per mezzo del verbum,come per mezzo di un’immagine della cosa. Ora, per Tommaso, ilverbum non è il mezzo che veicola la conoscenza, ruolo che egli at-tribuisce alla specie intellegibile, ma è il prodotto e il termine delprocesso cognitivo. Per l’Aquinate il verbum è il risultato dell’avve-nuta conoscenza di un oggetto. La polemica intrapresa da Marstonsi gioca sul ruolo da attribuire al verbum mentis e sul continuo pas-saggio tra queste due concezioni, quella che considera il verbumcome mezzo per conoscere e quella di Tommaso che considera ilverbum come termine del processo conoscitivo. Nell’interpretazio-

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39. Il verbum è similitudo della cosa conosciuta, ovvero tra il verbum e l’oggetto diconoscenza c’è una relazione di somiglianza. Tuttavia, in virtù dello specifico ruo-lo cognitivo che Tommaso attribuisce al verbum, tale somiglianza non può essereconsiderata di tipo pittorico o visivo. Il verbum non è semplicemente un’immaginedella cosa esterna, poiché questo è il lavoro proprio dei sensi. Esso, in quanto con-cetto, è l’insieme dei caratteri essenziali che costituiscono l’essenza di un oggetto,colti nel modo proprio dell’intelletto, ossia a livello universale.

ne di Marston, il verbum di Tommaso svolge lo stesso ruolo dellaspecie intellegibile.

Per Tommaso, invece, il verbo è un concetto dell’intelletto chesi forma dopo il processo conoscitivo e viene considerato una simi-litudo della cosa conosciuta. Il verbum, dunque, non è semplice-mente un’immagine della cosa conosciuta, ma è anche una somi-glianza intrinseca di essa. Per Tommaso il verbum è la cosa presen-te nell’intelletto non secondo il suo modo di essere naturale, masecondo un modo di essere spirituale o intenzionale.39

Marston prosegue la sua critica riconoscendo che non è possibi-le considerare l’intentio o il verbum come l’obiectum che si conosce.A riprova del fatto che l’intentio (o il verbum) non può essere ogget-to della conoscenza ma il mezzo attraverso il quale si conosce,Marston riporta un argomento ulteriore. Egli nota che, se si ritie-ne di poter conoscere una cosa semplicemente osservando il suoverbum (« non autem posset per verbum cognoscere speculandorem intellectam»), non si giunge alla conoscenza della cosa cono-sciuta, dal momento che è possibile cogliere la cosa nel verbum so-lo attraverso il confronto tra la cosa e la sua immagine, così come– continua Marston – attraverso la statua di Ercole non è possibileconoscere Ercole se non attraverso il confronto tra Ercole e la suastatua. Marston propone implicitamente l’obiezione secondo cui,se si possiede un’immagine di una realtà (il verbum o l’intentio), nonè possibile sapere cosa si conosce se non si conosce prima l’ogget-to che tale immagine rappresenta. Con questo argomento il fran-cescano mette seriamente in dubbio l’efficacia della teoria cono-scitiva di Tommaso. Secondo Marston, se il verbum è un’immaginedella cosa conosciuta, non è possibile – come sostiene Tommaso –che per mezzo di esso avvenga la conoscenza della cosa, poiché

40.Questa critica avrà molta fortuna presso i francescani e sarà ripresa anche daEnrico di Gand e da Guglielmo d’Ockham per criticare la teoria delle species intelli-gibilis. Cfr. R. Pasnau, Theories of Cognition in the Later Middle Ages, Cambridge Uni-versity Press, Cambridge 1997, 222; 250-252.

41. Pasnau, Petrus Iohannis Olivi Tractatus deVerbo, 138: «Quidam enim dicuntquod nostrum verbum mentale est quiddam subsequens actum cogitationis seu ac-tualis considerationis et ab ipso formatum, et tandem postquam est formatum <di-cunt> rem in ipso <verbo> quasi in speculo clare intelligi seu speculari ». Olivi cri-tica non tanto i testi e il pensiero originale di Tommaso, ma si concentra piuttostosulla prima elaborazione teorica della dottrina del verbum mentis compiuta dai di-scepoli diretti di Tommaso, come per esempio da Tommaso di Sutton. L’Aquinate,infatti, non impiega mai esplicitamente l’analogia con lo specchio, mentre essa èimpiegata nell’operetta apocrifa De natura verbi intellectus. Inoltre, dalla terminologiache Olivi attribuisce alla teoria che intende confutare (per esempio l’uso dell’e-spressione consideratio actualis) è probabile che egli facesse riferimento proprio allaprima rielaborazione della dottrina dell’Aquinate.

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non si può conoscere una cosa per mezzo di un’immagine. Se nonsi conosce la cosa precedentemente, infatti, non si può sapere cosal’immagine rappresenti. Questa critica è volta a minare l’impiantoconcettuale su cui si fonda la nozione di verbum40 nell’interpreta-zione tomista.

In generale, la critica al carattere rappresentativo del verbumpossiede un significato profondo e interessante nel dibattito fra idue ordini mendicanti in relazione alla polemica sulla parola inte-riore. Marston critica la dottrina del verbum di Tommaso afferman-do che nel verbum non è possibile cogliere la cosa come se fosse ri-flessa in esso («Non autem posset per verbum cognoscere specu-lando rem intellectam»). Ebbene, proprio questa critica viene svi-luppata in maniera più esplicita da Olivi, anche in relazione all’u-so più frequente che i discepoli di Tommaso fanno dell’analogiacon lo specchio.41 Tale critica contesta il fatto che il verbum vengaconsiderato un’immagine della cosa conosciuta nella quale l’intel-letto coglie direttamente e conosce la cosa. In generale, per i fran-cescani il verbum corrisponde all’atto conoscitivo, non è un prodot-to “residuo” di tale atto.

La critica dei francescani ha origine dal confronto tra il caratte-re rappresentativo del verbum e la species, poiché anche la specie in-tellegibile sembra una rappresentazione e un’immagine della cosa.

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Tommaso, del resto, non spiega approfonditamente la differenzaontologica che intercorre tra verbum e species, li distingue solo permezzo di un criterio di tipo “cronologico”: la species è il principiodel processo conoscitivo e il verbum è il suo termine. Ebbene, nel-l’ottica dei francescani, considerare il verbum come un’immaginedella cosa conosciuta equivale ad aggiungere una rappresentazio-ne in più, un’ulteriore immagine che non sembra possedere alcu-na utilità maggiore rispetto alla specie. Da qui, la continua identi-ficazione polemica compiuta sia da Marston che dall’Olivi del ver-bum con la species.42

Marston conclude l’argomento affermando che il verbum (o l’in-tentio) deve essere considerato come il principio formale della co-noscenza, in quanto forma prodotta per mezzo di un atto dell’in-telletto. Secondo il francescano, inoltre, il verbum può essere consi-derato termine del processo conoscitivo solo della prima operazio-ne in cui l’intelletto indaga e confronta, mentre diviene principiodella seconda operazione in cui l’intelletto conosce in maniera com -pleta.43 Il verbum mentis di Tommaso, infatti, non è il verbum com -pletum, (quello che Agostino definisce cum amore notitia),44 e per ciònon può essere considerato il termine dell’intero processo cono-scitivo. Marston considera il verbum di Tommaso solo come il ter-mine della prima operazione dell’intelletto e come il principiodella seconda e quindi alla stregua di una specie intellegibile. Il francescano, infatti, distingue due tipi di verbum: un primo tipoche corrisponde al verbum di Tommaso, la cui funzione principale

42. Olivi rifiuta le specie intellegibili, ma accetta le specie memoriali, ovvero del-le immagini che vengono conservate nella memoria e permettono di ricordare co-noscenze passate. La critica più frequente e significativa che Olivi muove al verbumdi Tommaso è che esso non si distingue in nessun modo dalla specie memoriale.

43. Rogeri Marston Quodlibeta quatuor, q. 20, 405: «Ad argumenta in oppositumfacile est videre: concedo enim quod verbum est finis operatonis intellectualis,illius utique operationis quae est in inquirendo, non autem illius quae est intuendo,sed est illius operationis principium, ut dictum est ».

44. Aug., trin., IX, 10, 15: « verbum est igitur, quod nunc discernere ac insinuarevolumus, cum amore notitia. Cum itaque se mens novit et amat, iungitur ei amoreverbum eius. Et quoniam amat notitiam et novit amore, et verbum in amore est, etamor in verbum, et utrumque in amante atque dicentem».

45. Ibidem: « [...] quando Augustinus dicit quod ‘concepta rerum notitia’ ab eter-na veritate est ‘verbum’, siquidem est illius quod cognoscimus de aeterna veritate,et ratio cognoscendi ipsum; quod quidem verbum in memoria reponitur, a quopostea gignitur aliud verbum in acie intelligentiae, per quam homo recordatur ac-tualiter prioris cognitionis acquisitae ab aeterna veritate ».

46.Arist., Int., (AL 2; 1-2) c. I, p. 5: « Sunt ergo ea quae sunt in voce earum quaesunt in anima passionum notae, et ea quae scribuntur eorum quae sunt in voce ».

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è di essere conservato nella memoria, e un secondo tipo, il verbumcompletum, che viene generato dal primo nell’acies intelligentiae e permezzo del quale all’uomo è possibile ricordare in maniera attualela conoscenza acquisita dalla verità eterna.45

6. ARGOMENTI E RAGIONI DELLA CRITICA FRANCESCANA

Tommaso, nell’elaborazione della dottrina del verbum mentis,riprende la nozione agostiniana di verbum cordis, e la interpreta allaluce della traduzione boeziana del famoso passo del De interpreta-tione46 su cui lo stesso Aristotele fonda il suo triangolo semantico.Boezio considera le passiones animae come dei concetti, e la dottri-na del verbum mentis di Tommaso risente di questo strettissimo le-game instaurato tra l’ambito conoscitivo e quello linguistico, a cuiegli affianca la teoria del verbum cordis e, in generale, la psicologiaagostiniana che ricerca nell’uomo immagini della realtà divina.Dalla sintesi compiuta da Tommaso nasce, dunque, il rifiuto e la successiva critica di Marston e dei francescani alla dottrina delverbum mentis.

La critica di Marston a Tommaso si articola su due piani, teolo-gico e filosofico. Dal punto di vista teologico, viene criticata l’am-missibilità dell’accezione essenziale del termine verbum e vienesviluppata una critica più profonda all’intero impianto teologico etrinitario dell’Aquinate. Marston, e in generale i francescani, nonaccettano che Tommaso impieghi una teoria semantica fortemen-te influenzata dalle dottrine aristoteliche anche per risolvere que-stioni eminentemente teologiche, o meglio, essi avvertono un’in-coerenza di fondo tra la tesi teologica sostenuta dal Dottore ange-lico e la sua dottrina del verbum mentis. Tommaso, in effetti, con lasua teoria del verbum mentis non è in grado di giustificare l’accezio-

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47. Per questo motivo il verbum, può essere considerato un nome con cui riferir-si a Dio e non solo un nome personale da attribuirsi al Figlio. È vero che le tre per-sone divine hanno la medesima essenza, tuttavia sono realmente distinte. Da quan-to afferma Tommaso, dunque, il verbum può essere considerato un nome essenzia-le della divinità, proprio perché veicolando in primis una relazione di ragione, noncomunica una distinzione reale, elemento fondamentale affinché possa essereconsiderato un nome personale.

48. Lo studio dello sviluppo della dottrina del verbum mentis nell’opera di Tom-maso d’Aquino rappresenta il fulcro del lavoro di ricerca che sto conducendo nel-l’ambito del dottorato di ricerca. Dallo studio dei testi di Tommaso, sono state in-dividuate tre fasi relative allo sviluppo della dottrina del verbum mentis in Tommasod’Aquino, che si differenziano dalle fasi individuate in altri studi sul tema (a titolodi esempio si vedano H.-G. Nissing, Sprache als Akt bei Thomas von Aquin, Brill, Lei-den-Boston 2006 [Studien und Texte zur Geistesgeschichte des Mittelalters, 97],123-145 e H.J.M.J Goris, Free creatures of an eternal God. Thomas Aquinas on God’s infal-

ne personale del termine verbum, mentre riesce a difendere l’acce-zione essenziale per mezzo di argomentazioni filosofiche. Il ver-bum è sia parola che concetto, la sua stessa nozione vive di questamolteplicità di significati, ebbene Tommaso privilegia l’aspettoconcettuale più di quello linguistico-discorsivo e questo si riper-cuote direttamente anche sulla sua dottrina teologica. Egli non ri-esce a giustificare l’accezione personale, poiché nella sua teoria ilverbum veicola principalmente una relazione di ragione e non unarelazione reale, come avviene invece nel caso del termine ‘filius’.Contemporaneamente, però, Tommaso riesce a giustificare e a so-stenere l’accezione essenziale. Affermando, infatti, che in Dio adogni atto conoscitivo si produce un verbum che non è realmentedistinto dall’intelletto, l’Aquinate può sostenere che tale verbumesprimerà primariamente l’essenza che lo ha prodotto.47 Per que-sto, nel momento in cui Tommaso rifiuta l’accezione essenzialeprivilegiando solo quella personale, egli non riesce a giustificaretale scelta con la propria dottrina del verbum mentis. I francescani,pertanto, continuano ad avere seri motivi per criticare la sua posi-zione. Dopo le questioni disputate de veritate Tommaso modifica la sua dottrina teologica rifiutando la tesi della duplice accezionedel verbum, ma, continuando a mantenere la medesima teoria del verbum mentis, non riesce a giustificare l’esclusiva accezione perso-nale del verbum, imposta dalla tradizione teologica.48

lible foreknowledge and irresistible will, Peeters, Leuven 1996 [Pubblications of the Tho-mas Instituut te Utrecht, New series, 4], 151-167). Una prima fase, che comprendeil Commento alle Sentenze e il De veritate, in cui Tommaso sostiene la tesi della dupli-ce accezione del termine verbum, una seconda fase, che va dalla Summa contra Genti-les alla Summa Theologiae, in cui Tommaso rifiuta l’accezione essenziale del termineverbum e nel corso delle varie opere modifica la propria teoria del verbum mentis, perrendere coerente tale dottrina con le nuove acquisizioni in ambito teologico. Nel-lo specifico, pur mantenendo un nucleo fondamentale di caratteri, l’Aquinate nemodifica alcuni per dimostrare in maniera evidente che il verbum veicola immedia-tamente una relazione reale e non di ragione. Una terza fase, invece, piuttosto tar-da, che si sviluppa nel Quodlibet V e nel Commento al Vangelo di Giovanni, e che ini-zia proprio dopo l’episodio dell’opinio excommunicata, vede Tommaso compiere unasvolta dottrinale in senso fortemente agostiniano.

49.Come strumento conoscitivo e come risultato del processo conoscitivo, am-bivalenza possibile perché Marston pone due tipi di verbum.

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Anche dal punto di vista filosofico la critica di Marston si svi-luppa a partire da una teoria cognitiva completamente diversa daquella di Tommaso. La polemica francescana contro la teoria delverbum mentis si rivolge da una parte all’impostazione complessivadella teoria cognitiva dell’Aquinate, dall’altra più specificamentealla nozione di verbum. In generale, i francescani accusano Tom-maso di aver tradito e travisato gli insegnamenti di Agostino, aven-do inserito il verbum cordis all’interno di una teoria conoscitiva distampo aristotelico. Nello specifico, invece, essi criticano il carat-tere rappresentativo che Tommaso attribuisce al verbum. Infatti,giocando sull’ambivalenza del ruolo del verbum,49 Marston criticala dottrina del verbum mentis di Tommaso che il francescano rein-terpreta secondo la propria teoria cognitiva. La nozione di verbummentis in questione, infatti, è riconducibile alle tesi dell’Aquinatesolo per quanto riguarda l’idea del verbum come concetto e termi-ne del processo cognitivo, ma viene inserita all’interno della teoriadelle due operazioni dell’intelletto di tradizione agostiniana.

L’atteggiamento di Marston nel quarto Quodlibet, in cui affermache la divergenza intorno al verbum sarebbe solo di parole e non difatti, che tanto si differenzia dalla più polemica questione disputa-ta de emanatione aeterna, ha uno scopo retorico ben preciso. Metten-do in evidenza la vicinanza delle tesi di Tommaso con quelle deifrancescani, Marston intende raggiungere due obiettivi. Per prima

Ruggero Marston critica Tommaso d’Aquino ..

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cosa vuole dimostrare che l’Aquinate e i suoi discepoli sono an-ch’essi debitori del pensiero di Agostino, riaffermando così la su-periorità concettuale e teoretica del vescovo d’Ippona su Aristote-le. In secondo luogo, Marston mostra che, pur avendo ripreso ilpensiero di Agostino, i domenicani non sono stati capaci di com-prenderlo correttamente. Il francescano sembra suggerire che seTommaso e i suoi avessero compreso correttamente le tesi del ve-scovo d’Ippona sarebbero pervenuti alle medesime conclusioni acui sono giunti i francescani, per esempio intorno al problemadella duplice accezione di verbum, mentre invece hanno elaboratodottrine opposte e perciò erronee. La teoria cognitiva di Marston,infatti, si differenzia da quella di Tommaso proprio per alcuni ca-ratteri fondamentali che rendono le due prospettive inconciliabili.La conoscenza, anche intellettiva, per Tommaso si realizza a parti-re dai sensi, poiché, sulla scorta degli insegnamenti di Aristotele,non si può avere conoscenza se non a partire dalla realtà sensibile.Nella prospettiva di Marston, invece, se da un lato la conoscenzasensibile è ammessa come strumento necessario, dall’altro tale co-noscenza è lungi dall’essere indispensabile nell’ambito della cono-scenza intellettiva. O – meglio – lo è, ma solo nel caso di quellaconoscenza che Marston definisce ab interiori, cioè di quella cono-scenza intellettiva che però non rappresenta il massimo grado del-la conoscenza umana.

Le due prospettive cognitive sono tra loro inconciliabili anche acausa di una differente concezione in merito all’oggetto e al fineultimo della conoscenza umana. Per Marston, il massimo gradodella conoscenza umana si ha nella cosiddetta conoscenza a supe-riori che consiste nella conoscenza delle realtà eterne che avvieneper mezzo dell’illuminazione divina. Per Tommaso, invece, il mas -simo grado di conoscenza si raggiunge nella conoscenza intelletti-va per mezzo dell’astrazione, quindi il verbum mentis rappresenta ilprodotto epistemologicamente più alto e perfetto che l’intellettoumano possa produrre. Avendo posto la conoscenza a superiori co-me il massimo grado della conoscenza umana, una conoscenzaispirata e resa possibile direttamente da Dio, Marston considera laconoscenza intellettiva di Tommaso come inevitabilmente infe-riore, e il verbum che da essa si produce come inferiore rispetto a

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quel verbum (che si caratterizza per essere cum amore notitia) prodot-to nella conoscenza a superiori. È per questo che nell’interpretazio-ne marstoniana il verbum di Tommaso viene considerato alla stre-gua della specie intellegibile, poiché l’operazione che lo produceviene avvertita come inferiore rispetto a quella che gli corrispon-derebbe nella teoria di Marston.