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Metodi matematici per l’ingegneria (Matematica 4) Lezioni del prof. Marco Codegone appunti di Capuzzo Alessandro v. 1.5

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Metodi matematici per l’ingegneria

(Matematica 4)

Lezioni del prof. Marco Codegone

appunti di Capuzzo Alessandro v. 1.5

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Note dell'autore:

Sicuramente non sostituiscono un libro di testo,

probabilmente non sono un lavoro sensazionale,

senza dubbio sono molti gli errori, di vario genere;

ma questi appunti, presi guardando le videolezioni

di Marco Codegone

(professore di analisi matematica presso il Politecnico di Torino)

sono il frutto di settimane di lavoro e

a me personalmente sono stati molto utili.

Ho deciso quindi di renderli disponibili in rete

per chiunque pensasse di ricavarne un qualche vantaggio,

poichè penso che la condivisione sia il bene che salverà il mondo e

perchè ciò avvenga, bisogna uscire dalla logica del guadagno a tutti i costi,

convincendosi che contribuire disinteressatamente alla ricchezza culturale del proprio

paese non è tempo perso, né mancato guadagno, ma il bene più grande che si possa fare a sé stessi,

...

e ai propri figli.

Capuzzo Alessandro

www.kapello.it – [email protected]

... buon lavoro.

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1. Numeri complessi………………………………….…………...……. 1 1.1. Forma cartesiana……………………………………….………………...….. 1 1.2. Complesso coniugato……………………………………………………….. 2 1.3. Forma trigonometrica……………………………...………………………... 3 1.4. Formula di Eulero……………………………………...…………………….. 6 1.5. Esempi……………………………………………………...………………….. 6 1.6. Proprietà del modulo e dell’argomento………………...………………... 9 1.7. Seni e coseni complessi…………………………………...……………… 11 1.8. Seni e coseni iperbolici……………………………………...…….....…… 12 1.9. Logaritmo complesso…………………………………………………...… 13 1.10. Esponenziale complesso…………………………………………..……... 14 2. Funzioni a valori complessi…………………………………..…... 16 2.1. Funzioni reali di variabile reale……………………………………...…… 16 3. Funzioni periodiche…………………………………………….….. 18 4. Analisi armonica…………………………………………………..... 20 4.1. Armoniche elementari………………………………………………….….. 20 4.2. Energia di un’armonica elementare………………………………..….… 23 5. Polinomi di Fourier………………………………………….……… 24 5.1. Energia di un polinomio di Fourier…………………………….………... 28 5.2. Polinomio di Fourier di x(t)……………………………………….………. 29 6. Serie di Fourier……………………………………………….……... 33 6.1. Funzioni continue a tratti………………………………………….………. 33 6.2. Norma e prodotto scalare………………………………………….……… 34 6.3. Traslazioni…………………………………………………………….……... 35 6.4. Riscalamento (dilatazione, omotetia)…………………………..….……. 35 6.5. Convergenza puntuale e convergenza uniforme………………….….. 36 6.5.1. Convergenza puntuale………………………………………………………….….… 36 6.5.2. Convergenza uniforme………………………………………………………….….… 37

7. Funzioni di variabile complessa…………………………………. 41 7.1. Funzioni reali di variabile complessa…………………………………… 41 7.2. Funzioni complesse di variabile complessa…………………………... 42 7.3. Integrali di linea in campo complesso………………………………….. 45 8. Funzioni analitiche…………………………………………………. 46 8.1. Formule integrali di Cauchy………………………………………………. 49 8.2. 1° Formula integrale di Cauchy………………………………………….. 53 8.3. 2° Formula integrale di Cauchy………………………………………….. 54

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8.4. Esistenza di derivate di ogni ordine di f(z)…………………………….. 54 9. Sviluppi in serie…………………………………………………….. 56 9.1. Sviluppi in serie di Taylor………………………………………………… 56 9.2. Giustificazione della formula di Eulero………………………………… 59 9.3. Sviluppi in serie di Laurent………………………………………………. 60 10. Singolarità……………………………………………………… 63 10.1. Singolarità isolate………………………………………………………….. 64 10.2. Poli di 1° ordine…………………………………………………………….. 65 10.3. Poli di ordine qualunque………………………………………………….. 67 10.4. Singolarità essenziali……………………………………………………… 71 10.5. Punto all'infinito di C………………………………………………………. 73 10.6. Singolarità non uniformi………………………………………………….. 75 10.7. Singolarità non isolate……………………………………………………. 76 10.8. Tabelle riassuntive………………………………………………………… 77 10.9. Osservazioni finali…………………………………………………………. 78 11. Residui………………………………………………………….. 79 11.1. Calcolo pratico dei residui in poli del 1° ordine…………………….… 82 11.2. Calcolo pratico dei residui in poli di ordine N>=1……………………. 83 11.3. Integrali impropri col metodo dei residui………………………………. 85 11.4. Lemma di Jordan (per cammini paralleli all'asse reale)……………... 88 11.5. Lemma di Jordan (per cammini paralleli all'asse immaginario)….... 90 12. Decomposizione in fratti semplici………………………….. 94 12.1. Poli semplici…………………………………………………………………. 94 12.2. Poli multipli………………………………………………………………….. 99 12.3. Poli complessi coniugati………………………………………………… 102 13. Distribuzioni…………………………………………………... 107 13.1. Funzionali…………………………………………………………………... 107 13.2. Limiti (nel senso delle distribuzioni)…………………………………... 107 13.3. Derivate distribuzionali…………………………………………………... 112 13.4. Modelli (ingresso - uscita)……………………………………………….. 117 13.5. Prodotto di convoluzione………………………………………………... 117 13.6. Proprietà del prodotto di convoluzione……………………………….. 121 14. Trasformata di Fourier…………………………………….… 123 14.1. Trasformata della porta………………………………………………….. 123 14.2. Trasformata della campana razionale…………………………………. 124 14.3. Trasformata della delta di Dirac………………………………………… 125

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14.4. Trasformata della costante 1……………………………………………. 126 14.5. Antitrasformata di Fourier……………………………………………….. 127 14.6. Proprietà della trasformata di Fourier…………………………………. 128 14.7. Altre trasformate…………………………………………………………... 136 14.8. Trasformata del gradino unitario………………………………………. 138 14.9. Equazioni nel dominio delle distribuzioni……………………………. 139 14.10. Esempi di trasformate di Fourier……………………………………. 141 14.11. Esercizi introduttivi alle distribuzioni limitate e a crescita lenta 148 14.12. Distribuzioni limitate…………………………………………………… 151 14.13. Distribuzioni a crescita lenta…………………………………………. 151 14.14. Treno di impulsi………………………………………………………… 152 14.15. Trasformata di Fourier di distribuzioni periodiche………………. 156 14.16. Esempi di trasformate di Fourier di segnali periodici…………… 159 15. Trasformata di Laplace……………………………………… 166 15.1. Trasformata di Laplace bilatera………………………………………… 166 15.2. Proprietà della trasformata di Laplace………………………………… 171 15.3. Esercizi su trasformate fondamentali…………………………………. 175 15.4. Trasformata di Laplace unilatera………………………………………. 181 15.5. Antitrasformata di Laplace……………………………………………… 181 15.6. Esercizi di antitrasformazione………………………………………….. 183 15.7. Trasformata di Laplace per segnali periodici per t>=0…………….. 186 15.8. Considerazioni pratiche…………………………………………………. 189 15.9. Teorema del valor finale…………………………………………………. 189 15.10. Teorema del valore iniziale…………………………………………… 190 15.11. Uso della trasformata di Laplace nei modelli differenziali……… 190 15.12. Applicazione ad un modello concreto……………………………… 192 15.13. Separazione dei termini di transitorio e di regime……………….. 194

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z�x� jy

x

y

Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Numeri complessi

Numeri complessiI numeri complessi si possono presentare in tre forme:

Forma cartesiana

Forma trigonometrica

Forma esponenziale

Forma cartesianaIl numero complesso in forma cartesiana si scrive nel seguente modo:

z�x� jy

con j si intende l'unità immaginaria, ovvero è quel numero complesso che verifica laseguente uguaglianza:

j2��1

Nei corsi di matematica normalmente l'unità immaginaria è simboleggiata dalla lettera i, mentre nei corsi di applicazione all'elettronica si utilizza la lettera j , perché la i èriservata alla corrente. Noi ci uniformiamo a quest'ultima indicazione in quanto il nostrocorso ha una forte inclinazione alle applicazioni elettroniche.

Il vantaggio della forma cartesiana è che si possono leggere immediatamente la partereale e la parte immaginaria del numero complesso:

Re z�x

Im z� y

La forma cartesiana presenta invece qualche difficoltà quando se ne vogliono cercare ilmodulo e l'argomento. Rappresentando in un piano cartesiano il numero complesso, siutilizza l'asse delle ascisse per la parte reale e l'asse delle ordinate per la parteimmaginaria e la loro composizione individua un punto nel piano che lo rappresenta.

Il modulo di un numero complessorappresenta quella che è la distanza delpunto del piano xy dall'origine, dunque:

�z��� x2� y2 .

Invece l'argomento di un numero complessoè l'angolo � formato dalla semiretta cheparte dall'asse delle x e ruota fino adincontrare il numero z

E' chiaro che se facciamo una rotazione in senso antiorario indichiamo l'angolopositivamente, se la facciamo in senso orario, lo indichiamo negativamente.

Come facciamo ad individuare il valore di � ? Se guardiamo in figura abbiamo il

Forma cartesiana - Pag. 1

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��

2�

2

�������

2

Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Numeri complessi

triangolo rettangolo Oxz. In questo triangolo � è l'angolo adiacente al cateto Ox edopposto al cateto xz, quindi si ha, grazie alla trigonometria:

tg ��yx

��arctg yx

Bisogna però fare una certa attenzione nelcalcolo di � , perché la funzione tangentenon è invertibile in tutto il suo dominio: è unafunzione periodica di periodo � ed essendola funzione arcotangente l'inversa dellafunzione tangente esclusivamente

nell'intervallo ���2 ,�2 � , la formula così

com'è vale solo se l'angolo � è compreso intale intervallo, ovvero:

quando la parte reale del numerocomplesso è positiva, la formula perricavarlo è quella scritta sopra.

Se invece l'angolo si trova fuori da questointervallo, ovvero:

quando la parte reale del numerocomplesso è negativa, bisogna aggiungereo togliere � (vedi figura : la freccia indica lospostamento necessario per rientrare neldominio dell'arcotangente partendo con �

fuori del dominio dell'arcotangente, questo spostamento vale � ).

Concludendo:

se x�Re z�0 � arg z���arctg yx

se x�Re z�0 � arg z���arctg yx �

Complesso coniugatoIl simbolo z* rappresenta il complesso coniugato di z e si ottiene cambiando il segnodella parte immaginaria :

se z�x� jy , z*�x� jy

Complesso coniugato - Pag. 2

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z�x� jy

x

y

z*�x� jy

��

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Dal punto di vista geometrico ricavare ilcomplesso coniugato corrisponde a fare unasimmetria rispetto all'asse reale.

La forma cartesiana permette di fareagevolmente somme e sottrazioni, ma diventaun po' più problematica tutte le volte chedobbiamo fare prodotti o potenze. Infatti sivede subito che nella forma cartesiana ilnumero complesso corrisponde ad unbinomio, con tutte le conseguenze del caso:un prodotto porta a 4 termini, una potenzaancora peggio.

Vediamo un esempio:

z��4�3�4 j

dunque:

Re z��4�3

Im z��4

E' sempre molto importante valutare subito modulo ed argomento:

�z����4�32��4

2�8 (osserviamo che il modulo è sempre positivo)

Ciò vuol dire che la distanza dall'origine di z è 8.E' molto importante da comprendere: è come direche il nostro numero complesso sta su di unacirconferenza di centro l'origine e raggio 8 (vedifigura). Calcoliamo adesso l'argomento: dobbiamosubito fare una riflessione sul segno della partereale. Nel nostro caso è negativa per cuidobbiamo aggiungere �

arg z�arctg �4�4�3���arctg 1

�3����

6�

7�6

Forma trigonometricaIl numero complesso si scrive nella forma:

z��cos�� j sen�

Quando il numero complesso è espresso in forma trigonometrica leggiamo subito il valoredel modulo ( � ) e dell'argomento ( � ).

E' invece necessario qualche calcolo per le parti reale ed immaginaria:

Forma trigonometrica - Pag. 3

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Re z��cos� Im z�� sen�

Il complesso coniugato di z si ottiene cambiando il segno alla parte immaginaria oppurecambiando il segno all'argomento:

z*��cos�� j sen���cos��� j sen��

La validità del secondo membro è facilmente verificabile in quanto il coseno è unafunzione pari, dunque cos��cos �� ed il seno è una funzione dispari, dunque�sen��sen �� .

La forma trigonometrica evidenzia il fatto che il complesso coniugato si ottienesemplicemente cambiando segno all'angolo � (infatti in questo modo si ottiene lasimmetria del numero complesso rispetto all'asse delle x).

Vediamo un esempio.

z�5cos 4�3 � j sen 4�

3 Per rappresentare questo numero nel piano cartesiano osserviamo che il numero starà su

di una circonferenza di raggio 5 ed il suo modulo formerà un angolo di 4�3

con l'asse

delle x. Calcoliamo le parti reale edimmaginaria

Re�5cos 4�3 �5�1

2��52

Im z�5sin 4�3 �5��3

2 ��5�3

2

Il numero complesso può essere cosìespresso in forma cartesiana:

z��52�5 �3

2

ed il coniugato è z*��52�5 �3

2= 5cos�4�

3 � j sen�4�3

Vogliamo fare adesso delle considerazioni che ci introducano alla forma esponenziale. Laseguente uguaglianza è sicuramente ovvia:

z��z�z�z�

Forma trigonometrica - Pag. 4

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z

z�z�

Circonferenza unitaria

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Geometricamente questo vuol dire che ogninumero complesso può essere scritto come ilprodotto di un numero reale �z� per unnumero complesso che sta sulla

circonferenza unitaria z�z�

.

Abbiamo fatto questa osservazione perché per ora vogliamo occuparci esclusivamente dinumeri complessi che hanno modulo 1.

Prendiamo i seguenti numeri complessi e scriviamoli in forma trigonometrica:

�z1��1 � z1�cos�1� j sen�1

�z2��1 � z2�cos�2� j sen�2

e moltiplichiamoli tra loro:

z1 z2�cos�1 cos�2�sen�1 sen�2� j cos�1 sen�2�sen�1 cos�2

ricordando le formule di addizione e sottrazione

z1 z2�cos�1 cos�2�sen�1 sen�2�cos�1��2

� j cos�1 sen�2�sen�1 cos�2�sen�1��2

risulta

z1 z2�cos �1��2� j sen �1��2

Questo è un risultato estremamente interessante perché illustra che per fare il prodotto didue numeri complessi ci siamo ricondotti a fare una somma tra gli argomenti. Vi èun'analogia con la forma esponenziale:

ea eb�ea�b

� il prodotto degli esponenziali si traduce in una somma degli esponenti;

� il prodotto dei numeri complessi si traduce in una somma degli argomenti.

Questo ci porta a riflettere sulla possibilità che potrebbe esserci una forma dirappresentazione dei numeri complessi come esponenziale. In effetti è così, ma certo nonpuò essere una forma esponenziale di tipo reale, perché se si volesse rappresentare adesempio il numero complesso j :

j�cos�2 � j sen�2 , è chiaro che una forma esponenziale del tipo e�

2 sarebbe un

numero reale, dunque non andrebbe bene. Bisognerà in qualche misura introdurre unoggetto nuovo.

La forma corretta è la seguente in quanto l'esponente non è un numero reale ma unnumero immaginario:

Forma trigonometrica - Pag. 5

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z1�e j�1

z2�e j�2

Questa rappresentazione traduce molto bene anche il prodotto, infatti volendo fare ilprodotto di due numeri complessi dobbiamo fare la somma degli argomenti:

z1 z2�e j �1 e j�2�e j �1��2

Bisognerebbe però essere sicuri che questo tipo di notazione è in qualche misuracoerente con tutte le proprietà degli esponenziali. Più avanti nel corso, quando avremo glistrumenti necessari, dimostreremo che è così. Siamo dunque giunti alla

Formula di Euleroe j��cos�� j sen�

Questa è una formula fondamentale nel nostro cammino.

Familiarizziamo un po' con essa effettuando una divisione tra due numeri complessi:

z1

z2

�cos �1��2� j sin �1��2 = e j�1

e j�2�e j �1��2

Utilizzando la formula di Eulero possiamo scrivere un numero complesso nel seguentemodo:

z��e j�

La forma esponenziale è una forma in cui si leggono agevolmente modulo e argomentoed è estremamente pratica per fare le operazioni di prodotto, di potenza, di radice n-sima.

Per esempio l'elevamento a potenza diviene il seguente:

zn��e j�n��n e j�

n��n e j n�

EsempiVediamo un esempio pratico.

Prendiamo z�3�3�3 j

e facciamone la potenza ottava.

Diciamo subito che se dovessimo eseguire questo calcolo in forma cartesiana, ciritroveremmo a dover fare il prodotto di un binomio con due addendi per sé stesso 8 volte,ed il calcolo diventerebbe una cosa estremamente faticosa. Se invece scriviamo il numerocomplesso in forma esponenziale questo diventa molto semplice:

�z���3�32�32��36�6

arg z�arctg 33�3�

6 osserviamo che a�0 , quindi non si aggiunge �

Esempi - Pag. 6

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z

z8

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per cui la potenza è

z8�6 ej�

6 8

�68 ej 8

6

E' molto importante verificare cosa succedegraficamente, facendo una rappresentazionegeometrica; fare l'ottava potenza è significatoelevare il modulo all'ottava potenza; ed averefatto una rotazione, moltiplicando l'argomentoper 8.

Vediamo un altro esempio.

Ci poniamo la questione di fare la radice n-sima di z . Ricordando che fare la radice n-sima significa fare un elevamento a potenza frazionaria, possiamo scrivere:

n� z�n��e j���e j�

1n

Si tratta anche in questo caso di sfruttare le proprietà dell'esponenziale, tenendo peròconto della periodicità di � che rimane pur sempre un angolo della circonferenzagoniometrica, per cui risulta:

n� z�n��e j���e j�

1n��e j��2 k � j

1n

Aggiungere un multiplo di 2� a � ci fa ottenere lo stesso numero complesso.Dobbiamo quindi tenerne conto e sviluppare la radice come segue:

n� z�n��e j���e j�

1n��e j��2 k � j

1n��

1n e

j�

n�

2�n

kj con k��

Osserviamo adesso che se se noi facciamo variare k non otteniamo infinite radici distinte,perché

k�0 porta allo stesso angolo a cui porta k�n , per cui sarà sufficiente far variare knell'insieme k��0,1,2 , ... , n�1�

Traduciamo in un esempio numerico.

Calcolare4��2�2�3 j

Il primo problema che affrontiamo è scrivere il numero nella forma esponenziale:

��2�2�3����22��2�3

2��16�4

arg z�arctg�2�32 ���

3���

4�3

(in questo caso a�o per cui si aggiunge � )

Esempi - Pag. 7

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possiamo scrivere:

4��2�2�3 j�4�4 e

j4�3 �

4�4 ej�

3�

2�4

kj

Rappresentiamo nel piano complesso leradici quarte di z . Osserviamo che hannotutte lo stesso modulo: 4�4� 2�2 . Quello checambia è l'angolo perché dobbiamo variare ilparametro k.

Osserviamo che al variare di k si ottengonosempre gli stessi 4 punti, quindi per ottenereradici distinte si prende, come già detto, solo

k�0,1 ,2,3

I punti sono i vertici di un poligono regolareche ha tanti lati quanto è l'indice della radice(in questo caso abbiamo un quadratoregolare inscritto nella circonferenza di raggio �2 .

Vediamo un altro esempio.5��1

Scriviamo il numero in forma esponenziale (quando il numero è così semplice è più facilericavarsi modulo e argomento graficamente che far calcoli)

Il modulo è 1, l'anomalia o argomento è � per cui 5��1�5�e j��e j�

15�e

j�

5�

2�5

kj

La prima radice la otteniamo mettendo k�0 , il modulo è sempre 1.

Aggiungendo multipli di 2�5

otteniamo gli altri punti (che corrispondono ai vertici di un

pentagono regolare iscritto nella circonferenza unitaria).

Vediamo un altro esempio.

Esempi - Pag. 8

z0

z1

z3

z2

-1

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6��1�6�e j��e j�

16�e

j�

6�

2�6

kj

In questo caso le altre radici si ottengono attraverso una rotazione di 2�6

Questo tipo di esercizi è molto utile per cui si consiglia lo studente di eseguire per sé iseguenti:

�1 3�1 4�1 5�1 6�1 3��1 4��1 3� j 4� j 5� j 6� j 3�� j 4�� j 5�� j

E' chiaro che bisogna ricordarsi che 1�e j 0 , j�ej�

2

Proprietà del modulo edell'argomento

�z1 z2���z1��z2�

Scriviamo i numeri complessi nella loro forma esponenziale

z1��1 e j�1 z2��2 e j�2 �

z1 z2��1 e j�1�2 e j�2��1�2 e j �1��2

Risulta evidente dunque l'identità

�z1 z2���z1��z2� � �1�2��1��2

arg z1 z2�arg z1�arg z2

�z1

z2���z1�

�z2�

Proprietà del modulo e dell'argomento - Pag. 9

-1

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arg z1

z2�arg z1�arg z2

Le dimostrazioni sono tutte immediate scrivendo il numero complesso sotto formaesponenziale.

Vediamo un esempio concreto.

z�2�2 j

1��3 je

j�

4

Supponiamo di essere interessati, come spesso capita, a vedere subito il modulo el'argomento di questo numero complesso. Questo calcolo diviene semplice se noiutilizziamo le proprietà che abbiamo appena mostrato:

�z���2�2 j��1��3 j�

��e j�

4�� �8�4

�1��2

arg z�arg 2�2 j �arg 1��3 j �arg e j�

4 �arctg 1�arctg �3��

4��

4��

3��

4��

6

Osservazione

z e j� corrisponde ad una rotazione, in quanto il modulo di z non cambia, mentrel'argomento viene moltiplicato per � .

Per esempio z�j porta ad una rotazione di �

2di z .

Questo evidenzia una caratteristica di j , proviamo a svilupparne le potenze:

j0�1

j1� j

j2��1

j3�� j

j4�1

............

Si può vedere dal grafico che effettivamente ogni prodotto per j corrisponde ad una

rotazione di �

2, per cui calcolare le potenze di j diventa effettivamente semplice (si

divide l'indice della potenza per 4 e si prende il resto della divisione ...)

Proprietà del modulo e dell'argomento - Pag. 10

j

-1 1

-j

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Seni e coseni complessiConsideriamo

e z�e x� j y�e x e j y

e ricordando la formula di Eulero

e x e j y�ex cos y� j sen y

abbiamo così potuto scrivere e elevato ad un qualunque numero complesso.

Possiamo subito osservare che

�e z��e x

arg e z� y

Abbiamo appena trattato una forma un pochino più completa della formula di Eulero:

e z�e x cos y� j sen y

Facciamo le seguenti considerazioni, abbiamo

e j��cos�� j sen� ���

iniziamo subito col dire che grazie alla formula di Eulero possiamo dire che l'esponenzialecomplesso può essere visto come una combinazione lineare di coseni e seni.

Cerchiamo il complesso coniugato

e� j��cos�� j sen�

e adesso sommiamo membro a membro le due uguaglianze, ottenendo

e j��e� j��2cos� � cos�� e j��e� j�

2

osserviamo che il coseno può essere visto come una combinazione lineare diesponenziali complessi, e questo è un fatto molto importante. Facciamo adesso lasottrazione membro a membro

e j��e� j��2 j sin� � sen��e j��e� j�

2j

osserviamo che anche il seno può essere espresso come combinazione lineare di 2esponenziali complessi. Mettere come argomento di seno e coseno un numero complessoè di difficile interpretazione (non sappiamo dire cosa significa), ma se noi sfruttiamo leuguaglianze che ci siamo appena ricavati, è possibile farlo (perché un esponenzialecomplesso ha significato, come già visto precedentemente), dunque possiamo procederecon le seguenti definizioni:

cos z�e j z�e� j z

2definizione di coseno complesso

sen z�e j z�e� j z

2 jdefinizione di seno complesso

Vediamo un esempio. Abbiamo

Seni e coseni complessi - Pag. 11

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Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Numeri complessi

z���2 j

vogliamo calcolarne il seno:

sen ��2 j �e j ��2 j�e� j ��2 j

2 j�

e j�e�2�e� j�e2

2 j

se adesso riflettiamo su quanto vale e j� , notiamo che ha modulo 1 ed argomento � ,dunque è il numero reale -1. Lo stesso vale per e� j� . L'equazione diventa:

sen ��2 j��e�2�e2

2 j

molte volte il j a denominatore disturba, quindi lo si porta a numeratore moltiplicando edividendo per j :

sen ��2 j ��e�2�e2

2 j�

jj��e�2�e2

�2j

Osserviamo che il seno di un numero complesso è un numero complesso.

Vediamo un altro esempio.

Calcolare sin�2 � j log 2dobbiamo anche in questo caso ricorrere alla definizione di seno complesso:

sin�2 � j log 2� ej�2 �l log 2

�e� j�2 � j log 2

2 j�

ej�

2 elog 2�e� j

2 e�log 2

2 j�

j 2� j12

2 j�1�1

4�

54

in questo caso abbiamo ottenuto un numero reale (ricordiamo che il numero reale è uncaso particolare del numero complesso).

Vogliamo sottolineare con grande rilievo che il risultato è un numero reale > 1. Questofatto sembrerebbe in contrapposizione con le normali regole del seno, ma nondimentichiamo che abbiamo fatto il seno di un numero complesso: il modulo di un senocomplesso può essere più grande di uno.

Seni e coseni iperboliciIntroduciamo adesso le funzioni iperboliche, che con gli strumenti che abbiamo introdotto,diventano di comprensione piuttosto semplice.

Seni e coseni iperbolici - Pag. 12

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Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Numeri complessi

Definizione in ambito reale di seno e coseno iperbolico:

senh��e��e��

2 cosh�� e��e��

2

Definizione in ambito complesso di seno e coseno iperbolico:

senh z�e z�e�z

2cosh z�

e z�e�z

2

Possiamo osservare che così come seno e coseno complesso sono una combinazione diesponenziali complessi, anche seno e coseno iperbolici complessi sono unacombinazione di esponenziali complessi, anche se ovviamente diversa. Dunque possiamoconcludere che l'esponenziale complesso comprende dentro di sé tutte queste funzioni,ovvero, attraverso opportune combinazioni di di esponenziale complesso si ottengono lefunzioni seno e coseno circolari, seno e coseno iperbolici, complessi.

Essendoci dunque questo legame con l'esponenziale complesso, possiamo dedurre checi sarà anche un legame tra le funzioni seno e coseno circolari e seno e coseno iperbolici.

Calcoliamo il sen j z

sen j z �e j j z �e� j j z

2 j�

e�z�e z

2 j�

e�z�e z

2 j�

jj��

e�z�e z

2j�

e z�e�z

2j� j senh z

Abbiamo trovato un legame molto stretto tra seno complesso di z e seno iperbolicocomplesso di z.

Analogamente si ottengono le altre relazioni. Il quadro generale risultante è il seguente:

sen jz� j senh z

senh jz� j senz

cos jz�cosh z

cosh jz�cos z

Logaritmo complessoIl logaritmo complesso si scrive nella forma

log z

Logaritmo complesso - Pag. 13

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Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Numeri complessi

Si utilizza la stessa notazione del logaritmo di un numero reale; sarà il contesto asegnalarci se si tratta del logaritmo di un numero reale o del logaritmo di un numerocomplesso. Prendiamo come definizione di logaritmo quella che si ottiene in modonaturale, facendo il logaritmo del numero complesso scritto sotto forma esponenziale:

z��e j � per cui

log z�log �e j�diventa allora abbastanza naturale definire il logaritmo di un numero complesso in modoche siano rispettate le proprietà che avevano i logaritmi dei numeri reali. E' possibilescomporre il logaritmo di un prodotto in una somma di logaritmi:

log �e j��log��log e j�

ricordando la periodicità dell'argomento, dobbiamo scrivere:

log �e j��log��log e j��log��log e j��k � j�log�� j ��2� k j

Dunque grazie ai conti che abbiamo fatto possiamo dare la definizione di logaritmo di unnumero complesso

log z�log�� j ��2� k j

Osserviamo il grafico.

Facendo il logaritmo, otteniamo un numerocomplesso con parte reale uguale al logaritmodi � e parte immaginaria uguale a

j ��2� k j

Vediamo che è solo la parte immaginaria adessere periodica di periodo 2� k . Questo, sitraduce nel fatto che esso starà su di una rettaparallela all'asse delle ordinate (la x è costante)ed apparirà, partendo da un'ordinata uguale a� (con k=0) con un periodo di 2� j . Il

logaritmo ci porta dunque ad infiniti valoriimmaginari.

Vediamo un esempio.

log 1� j �3�log2 e� j

3�2 k � j�log 2� j

3�2 k � j

Esponenziale complessoAttraverso il logaritmo complesso si può anche definire l'esponenziale con basecomplessa:

Esponenziale complesso - Pag. 14

�2�

log �

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Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Numeri complessi

z��e� log z�e�log�z�� j��2 k � j

Anche per l'esponenziale quando la base è complessa otteniamo infiniti risultati.

Terminiamo il capitolo riguardante i numeri complessi con alcune osservazioni.

In campo complesso:

vi sono radici di numeri negativi

vi sono logaritmi di numeri negativi

seno e coseno possono avere moduli maggiori di 1

l'esponenziale complesso comprende seni e coseni

Esponenziale complesso - Pag. 15

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e x cos x

Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Funzioni a valori complessi

Funzioni a valori complessi

Funzioni reali di variabile realeOccupiamoci inizialmente di funzioni reali di variabile reale, facendo però intervenire inumeri complessi. Consideriamo

x �t ��Re e�1� j� t�Re �et e j t ��Re �et �cos t� j sen t ���et cos t

si vede che otteniamo una funzione reale di variabile reale da un'espressione che però ècomplessa. Qualcuno si chiederà perché non abbiamo subito preso l'espressione finale

et cos t . La risposta è che nel nostro corso capiterà spesso di ottenere funzioni reali dafunzioni complesse, è quindi molto importantecapire come una funzione reale possa essererappresentata da una funzione complessa.Mostriamo il grafico della funzione cercandodi capire come un grafico di questo tipo possaessere immediatamente percepito senzapassare attraverso lo studio di funzione.

La funzione cos t è nota. Ci sono dei puntiin cui essa assume valore 1, -1 e 0. In tutti glialtri punti ha valori che sono compresi tra -1 e1. L'osservazione è che se noi prendiamo ipunti in cui il coseno vale 1 la funzioneprodotto assumerà il valore della funzione esponenziale. Possiamo dunque prendere ilgrafico dell'esponenziale e segnarci i punti in cui cos t�1 , che saranno ripeto i punti incui la funzione prodotto varrà et . Lo stesso ragionamento si può fare per i punti in cui

cos t��1 (prendendo però i valori di �et , visto che l'esponenziale viene moltiplicatoper -1). Infine nei punti in cui cos t�0 la funzione prodotto starà sull'asse delle x. Pertutti i valori interni avremo dei valori compresi, sarà dunque facile immaginare l'andamentodella funzione. A titolo informativo diciamo che il grafico che abbiamo trovato è unamodulazione in ampiezza di una funzione periodica che ha un andamento sinusoidale.

Nel seguito useremo il termine segnale al posto del termine funzione, perché più indicatonelle applicazioni matematiche.

Vediamo un altro esempio di funzione reale di variabile reale che descriviamo attraverso inumeri complessi:

x �t ��Im e� j t�Im �cos�t� j sen�t ��Im �cos t� j sen t ���sen t

Dunque abbiamo rappresentato la funzione �sen t come esponenziale complesso.

Funzioni reali di variabile reale - Pag. 16

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Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Funzioni a valori complessi

Funzioni complesse di variabilereale

Vediamo adesso le funzioni a valori complessi di variabile reale.

Sia x �t ��es t con s��� j� costante complessa fissata;

pur essendo t una variabile reale, i valori che la funzione assume ad ogni t sono deinumeri complessi, quindi si tratta di una funzione che dai reali va ai complessi ( � ).

x �t ��e s t�e��� j�� t�e� t e j� t�e� t �cos� t� j sen� t �

Riflettiamo su cosa sono parte reale e parte immaginaria di questo numero

Re est�e� t cos� t

osserviamo che a parte le costanti � e � , che modificano quelle che sono le scaledel nostro numero (riscalamento), questa funzione ha un grafico qualitativamente simile aquello che abbiamo visto prima;

Im est�e� t sin� t

ed anche questa appare come una modulazione in ampiezza di una funzione sinusoidale.Vediamo adesso quali sono modulo e argomento della funzione complessa

Modulo:

�x �t ����est���e� t e j� t

���e� t��e j� t

��e� t

e j� t è un esponenziale con all'esponente la sola parte immaginaria, dunque il suomodulo è 1

e� t è un esponenziale con all'esponente la sola parte reale, dunque il suo modulo èl'esponenziale stesso e� t .

Il modulo della nostra funzione complessa è dunque un esponenziale reale.

Argomento:

arg x �t ��arg �e��� j��t ��arg �e� t e j� t ��� t

dunque l'argomento ha un comportamento lineare (è una retta passante per l'origine).

Funzioni complesse di variabile reale - Pag. 17

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x �t �

t�0

Capuzzo Alessandro - www.kapello.it - Funzioni periodiche

Funzioni periodicheUna funzione periodica è tale se si verifica la seguente uguaglianza

x �t ��x �t�T �

Infatti aggiungere una costante reale alla nostra variabile t, significa traslare la nostrafunzione a sinistra di T , dal momento che la funzione traslata è uguale alla funzionestessa ne consegue che la funzione è periodica di periodo T . Risulta immediatoosservare che se T è il periodo di una funzione, risultano essere periodi della stessafunzione anche i suoi multipli, ovvero:

x �t ��x �t�k T � con k��

se x �t � non è una funzione costante e T è il più piccolo numero reale positivo,per il quale si ha x �t ��x �t�T �

allora T è detto periodo fondamentale o lunghezza d'onda.

Vediamo un esempio.

Quello rappresentato in figura è un segnale periodico di periodo T�� (traslando lafunzione del periodo se ne ottiene una uguale).

Richiamiamo adesso alcuni altri oggetti che sono importanti nella descrizione di unafunzione periodica:

T periodo

1T� f frequenza � T�

1f

2�T

� frequenza angolare � T�2�

Nel caso dell'esempio avendo T�� si ottengono

Funzioni periodiche - Pag.18

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x �t �

t�0

Capuzzo Alessandro - www.kapello.it - Funzioni periodiche

f �1T�

1�

�2�T

�2��

�2

TRUCCO: nelle funzioni sinusoidali il valore della frequenza angolare corrispondeal coefficiente della variabile t.

Vediamo cosa succede raddoppiando la frequenza:

Osservando il grafico, vediamo che abbiamo ottenuto una funzione periodica con periodofondamentale che è esattamente uguale alla metà del precedente (però anche il vecchioperiodo rimane periodo della funzione anche se non più fondamentale).

Funzioni periodiche - Pag.19

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Capuzzo Alessandro - www.kapello.it - Analisi armonica

Analisi armonica

Armoniche elementariConsideriamo le seguenti funzioni

a) x �t ���k cos k � t��k sen k � t

b) x �t ���k sen�k � t�k �

c) xc �t ��k e j k � t

(con il pedice c si intende che la c) è una funzione a valori complessi)

con

t�� variabile reale

k� parametro intero relativo

�k ,�k ,k ,�k ,k�� valori reali

k�� valore complesso

��� valore reale

Osserviamo subito che

k � = frequenza angolare delle armoniche elementari

ma ricordando che T�2��

abbiamo

frequenza angolare = k ��k2�T

periodo = Tk�

1k

2��

frequenza = k f �kT�k

2�

Queste considerazioni valgono per tutte e tre le armoniche elementari.

Vediamo adesso quali sono i legami tra queste tre armoniche; richiamando le formule diaddizione e sottrazione e partiamo dalla forma b).

x �t ���k sen�k � t�k ���k �cos k � t senk�sen k � t cosk �=��k senk ��

�k

cos k � t���k cosk ���k

sen k � t

Armoniche elementari - Pag.20

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Capuzzo Alessandro - www.kapello.it - Analisi armonica

ci si accorge che l'armonica elementare espressa nella forma b) coincide con quellaespressa nella forma a) se

��k���k senk �

�k���k cosk �

Questa uguaglianza può essere utilizzata anche per ricavare � e : sommiamo iquadrati di ambo i membri delle due espressioni soprastanti:

�k2��k

2��k2 senk

2��k2 cosk

2��k2 � �k���k

2��k2

dividiamo adesso membro a membro le due uguaglianze

�k

�k

�tank � k�arctan��k

�k������

se �k�0

Vediamo adesso i legami con l'armonica in forma complessa (forma c) ).

Osserviamo innanzitutto che la somma di un numero complesso con il proprio coniugatodà un numero reale; se partiamo dalla seguente uguaglianza, che stabiliamo noiarbitrariamente

x �t ��xc �t ��xc*�t �

e ricordando che fare il coniugato di un prodotto significa coniugare ciascun fattore,eseguiamo i seguenti passaggi

x �t ��xc �t ��xc*�t ��k e jk � t��k e jk � t�

*�k e jk � t�k

* e� jk � t =

k �cos k � t� j sen k � t ��k* �cos k � t� j sen k � t �=

mettendo in evidenza il seno ed il coseno

= �k�k* ��

�k

cos k � t� j �k�k* ��

�k

sen k � t

per cui alla fine si ottiene:

�k�k�k*�2 Rek

�k� j �k�k*���2 Imk (il segno meno nasce da j� j )

Se invece volessimo k si ricava facilmente

k�12 ��k� j �k �

Dunque i tre modi che abbiamo di scrivere un'armonica elementare non sono altroche tre modi diversi per descrivere lo stesso oggetto.

Armoniche elementari - Pag.21

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2

2

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Vediamo un esempio. Abbiamo il segnale armonico in forma complessa c) :

x �t �� j e j 4 t� j e� j 4 t con k�4 �

��1T�2�

f �1

2�

e vogliamo ricavare la forma a).

NOTA: essendo k�4 tutti i termini in k saranno termini in 4

�4�4�4*� j� j*� j� j�0

�4� j �4�4*�� j � j� j*�� j � j� j ���2

quindi la forma a) sarà

x �t ���2 sen 4 t

Funzione dal grafico rappresentato infigura.

Vediamo un altro esempio. Abbiamo il segnale

x �t ��cos t�sen t con k�1 �

��1T�2�

f �1

2�

Ci chiediamo qual'é l'ampiezza dell'oscillazione e vediamo che con l'armonica espressanella forma a) ci sono delle difficoltà a capirlo subito.

Portiamoci dunque nella forma b).

�1�1 , �1�1 � �1��12�12��2

1�arctan 11��

4 è detto anche sfasamento

dunque la forma b) è : x �t ���2 sen�t��

4 �Abbiamo un'ampiezza di �2 ed uno sfasamento a destra di

4.

Armoniche elementari - Pag.22

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Capuzzo Alessandro - www.kapello.it - Analisi armonica

Energia di un'armonicaelementare

L'energia di un'armonica elementare è data dalla seguente espressione

��x �t ���2��0

T�x �t ��2 dt

Calcoliamola attraverso la forma complessa:

��xc �t ���2��0

T�k e j k � t�2 dt��0

T�k�

2��e j k � t�2 dt��0

T�k�

2�1 dt��0

T�k�

2 dt�T�k�2

Si vede che l'energia dipende dal modulo del coefficiente dell'armonica al quadratomoltiplicato per l'ampiezza del periodo T.

Calcoliamo l'energia attraverso una forma non complessa

��x��2���xc�t ��xc*�t ���2��0

T�xc �t ��xc

*�t ��2 dt =�0

T

�xc �t ��xc*�t ��� xc�t ��xc

*�t ��*dt =

�0

T

��xc �t ��2��xc �t ��

2��xc �t ���xc �t ����xc*�t ���xc

*�t ���dt = 2T�k�2��0

Tk

2 e j 2 k � t dt��0

Tk

*2 e� j 2 k � t dt

i due integrali sono nulli, per cui risulta

��x��2�2T�k�2�

T2 ��k

2��k2�

Energia di un'armonica elementare - Pag.23

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Capuzzo Alessandro - Polinomi di Fourier

Polinomi di FourierI seguenti polinomi

Pn�t ���0��k�1

n

�k cos k � t��k sen k � t

Pn�t ���0��k�1

n

k sen �k � t�k �

Pn�t ���k��n

n

�k e j k � t

sono sommatorie delle armoniche elementari che abbiamo appena studiato. Osserviamoche la frequenza di ciascun addendo è k volte la frequenza fondamentale, quindipossiamo dire che la frequenza angolare di tutto il polinomio è uguale a � . I polinomi diFourier hanno dunque

T periodo fondamentale

1T� f frequenza fondamentale T�

1f

2�T

�� frequenza angolare fondamentale T�2��

in k=1 e tutti gli altri addendi hanno periodo e frequenze che sono multipli di questi.

Tutte le considerazioni che abbiamo fatto per le armoniche si possono fare anche per ipolinomi di Fourier, in particolar modo vorremmo richiamare la seguente:

se �k���k* con k�0

allora abbiamo la piena equivalenza tra i polinomi nelle tre forme, in quanto il polinomionella forma complessa è di fatto un polinomio reale, sono verificate perciò le uguaglianze

�k��k��k*�2 Re�k

�k� j ��k��k*���2 Im�k

�0��0

Esempio 1 : onda triangolare

Consideriamo il seguente polinomio

Pn�t ��12� �

k��n , k�o

n���1�k�1�

k 2�2 e j 2 k t

osserviamo subito che �k����1�k�1�

k 2�2

Polinomi di Fourier - Pag.24

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Capuzzo Alessandro - Polinomi di Fourier

la frequenza angolare del polinomio � è 2 , quindi

T�2��

��

osserviamo anche che il termine ���1�k�1� vale -2 per k dispari e zero per k pari

Prendiamo adesso il polinomio per n = 1

P1�t ��12��2�2 e� j 2 t�

�2�2 e j 2 t

molte volte è comodo esprimere il polinomio in termini di seno e coseno, abbiamo

P1�t ��12��2�2 e� j 2 t�

�2�2 e j 2 t�

12�

2�2 �e

� j 2 t�e j 2 t ��12�

4�2 cos 2 t

Analogamente possiamo calcolare il polinomio per n = 3

P3�t ��12�

�29�2 e� j 6 t�

�2�2 e� j 2 t�

�2�2 e j 2 t�

�29�2 e j 6 t

mettiamo in evidenza alcuni termini

P3�t ��12��4�2 cos 2 t�

�4�2 cos6 t

Vediamo i grafici.

P1�t �

P3�t �

P5�t �

Polinomi di Fourier - Pag.25

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Capuzzo Alessandro - Polinomi di Fourier

P7�t �

Aumentando n si accentua la vicinanza del polinomio di Fourier al segnale triangolare.

Esempio 2 : onda quadra.

Pn�t �� �k��n , k�o

n jk �

���1�k�1�e j k t

la frequenza angolare � è 1, quindi

T�2��

�2�

Calcoliamo i polinomi

P1�t ���2 j��

e� j t��2 j�

e j t

mettendo in evidenza �2 j�

otteniamo

P1�t ���2 j�

�e j t�e� j t ���2 j�

2 j sen t�4 j�

j sen t

P3�t ���2 j�3�

e� j 3 t��2 j��

e� j t��2 j�

e j t��2 j3�

e j 3 t

P3�t ��4

3�sen3 t

Vediamo i grafici.

P1�t �

Polinomi di Fourier - Pag.26

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Capuzzo Alessandro - Polinomi di Fourier

P3�t �

P5�t �

P7�t �

Questa volta abbiamo un'onda quadra. Anche in questo caso, all'aumentare di n ci siavvicina sempre più al segnale di base.

Esempio 3 : onda a dente di sega.

Pn�t ��1� �k��n , k�o

n 1k �

j e j k � t

osserviamo che ��� , T�2 , f �12

P1�t ��1� 1��

j e� j� t�1�

j e j� t�1� 2�

sen� t

P2�t ��1� 1�2�

j e� j 2� t�1

��j e� j� t�

1�

j e j� t�1

2�j e j 2� t�1� 1

�sen 2� t�

2�

sen� t

Vediamo i grafici.

P1�t �

Polinomi di Fourier - Pag.27

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Capuzzo Alessandro - Polinomi di Fourier

P3�t �

P5�t �

Energia di un polinomio diFourier

Vediamo adesso cos'è l'energia di un polinomio di Fourier

�Pn�t ��2��o

T�Pn�t ��

2 dt =�o

T ��k��n

n

�k e j k � t�2

dt��o

T ��k��n

n

�k e j k � t����k��n

n

�k* e� j k � t�dt =

�o

T

�h��n

n

��h e j h� t��k��n

n

�k* e� j k � t�dt =�o

T

�h��n

n

��k��n

n

�h�k* e j �h�k �� t�dt

quando h è diverso da k siamo sicuri che l'integrale è zero, in quanto l'esponenziale haproprio periodo T. Rimane dunque solo il caso in cui h=k che porta a

�Pn�t ��2��o

T

�k��n

n

��k�2 dt�T �

k��n

n

��k�2

Questo risultato ci dice che l'energia di un polinomio di Fourier è strettamente legata aisuoi coefficienti.

Se invece vogliamo esprimere l'energia nel caso in cui ci troviamo di fronte a polinomi diFourier nella forma reale è sufficiente ricordare la relazione tra i coefficienti:

essendo �k�12 ��k� j �k � e ricordando che �0��0 (la sommatoria comincia da 1), si ha

Energia di un polinomio di Fourier - Pag.28

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Capuzzo Alessandro - Polinomi di Fourier

�Pn�t ��2�T �0

2�T2 �k�1

n

��k2��k

2�

Polinomio di Fourier di x(t)Da ciò che abbiamo visto, possiamo dire che sembrerebbero esserci dei polinomi diFourier in qualche misura associati a delle funzioni. Vediamo in che modo questo puòessere fatto.

La strada è quella di cercare un polinomio di Fourier in modo che la sua differenza con ilsegnale x(t) abbia un'energia minima:

�x �t ��Pn�t ��2 minima

Vediamo con qualche calcolo come è fatto il polinomio di Fourier che ha questacaratteristica.

Indichiamo con

ck�1T �0

Tx �t �e� j k � t dt

il coefficiente del polinomio di Fourier cercato.

Partiamo dalla definizione di energia

�Pn�t ��2��0

T�x �t ��Pn�t ��

2 dt =

ricordiamo che il quadrato di una quantità complessa è uguale a tale quantità moltiplicataper il proprio coniugato

=�0

T

� x �t ��Pn�t ��� x �t ��Pn�t ��*dt =

ricordiamo inoltre che il complesso coniugato di due addendi è uguale al complessoconiugato di ciascun addendo, poi sviluppiamo il prodotto

=�0

T

� x �t ��Pn�t ���x �t �*�Pn�t �*�dt =

=�0

T�x �t ��2��Pn�t ��

2���x*�t �Pn�t �����x �t �Pn* �t ��dt

adesso dobbiamo esplicitare Pn�t � :

Pn�t ���k��n

n

�k e j k � t

e sostituirlo nell'integrale

=�0

T�x �t ��2 dt�

energia di x(t)

��0

T�Pn�t ��

2 dt�energia di Pn�t �

��k��n

n

��k�0

Tx*�t �e j k � t dt�

T ck*

��k*�0

Tx �t �e� j k � t dt�

T ck�

ricordando dunque le definizioni di energia di una funzione e di un polinomio di Fourier,possiamo scrivere

Polinomio di Fourier di x(t) - Pag.29

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Capuzzo Alessandro - Polinomi di Fourier

=��xc �t ���2�T �

k��n

n

��k�2��

k��n

n

��k T ck*��k

* T ck �=

raccogliamo la T e dentro la sommatoria aggiungiamo e togliamo ��ck�2��ck�

2 :

=��xc �t ���2�T �

k��n

n

���k�2��k ck

*��k* ck��ck�

2

���k�ck ���k

*�ck*�

��ck�2

�=

=��xc �t ���2�T �

k��n

n

�ck�2�T �

k��n

n

���k�ck ���k*�ck

* ��=

=��xc �t ���2�T �

k��n

n

�ck�2�T �

k��n

n

��k�ck�2

Riflettiamo adesso sul risultato ottenuto. Siamo partiti dalla differenza tra le energie delsegnale e del polinomio, dicendo che la loro differenza doveva essere minima.

Osserviamo che

� il primo addendo è l'energia di x(t), che è data.

� ck è un coefficiente che si calcola ed ha valori ben precisi a seconda della funzione x(t).

� �k è invece un valore che possiamo cambiare, in quanto fa parte proprio delpolinomio di Fourier che vogliamo trovare.

Dunque i primi due addendi non cambiano al variare di �k , perché sono legati ad x(t),mentre il terzo addendo cambia il suo valore ed essendo un modulo lo cambia tra numeripositivi. Possiamo dunque dire che la differenza è minima quando è minimo il terzoaddendo, che è minimo quando è uguale a zero. Per cui deve essere

�k�ck�1T �0

Tx �t �e� j k � t dt

Questa espressione è dunque molto importante perché ci fornisce il coefficiente delpolinomio di Fourier di x(t). Diamo dunque un nome a questo polinomio associato ad x(t) ericapitoliamo la sua espressione:

X n�t ���x��n

n

ck e j k � t

Ricordiamo anche che siamo partiti da una funzione periodica x(t) di periodo T. Trovataquesta espressione per un segnale complesso, il passaggio ai segnali reali rispetta glistessi rapporti che ci sono per i polinomi di Fourier già visti:

X n�t ��a0��k�1

n

ak cos k � t�bk sen k � t

ak�ck�ck*�

1T �0

Tx �t �e� jk � t dt�

1T �0

Tx �t �e jk � t dt�

1T �0

Tx �t ��e jk � t�e� jk � t �dt

ak�ck�ck*�

2T �0

Tx �t �cos�k � t �dt , k�0

allo stesso modo

Polinomio di Fourier di x(t) - Pag.30

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Capuzzo Alessandro - Polinomi di Fourier

bk� j �ck�ck* ��

2T �0

Tx �t � sen�k � t �dt k�0

Ricapitolando si hanno le tre forme

Forma a x �t ��a0��k�1

��

�ak cos k � t�bk sen k � t �

a0�c0�1T �0

Tx �t �dt

ak�ck�ck*�

2T �0

Tx �t �cos�k � t �dt , k�0

bk� j �ck�ck* ��

2T �0

Tx �t � sen�k � t �dt k�0

Forma b x �t ��a0��k�1

�r k sen �k � t�qk ��

r k��ak2�bk

2

qk�arctan�ak

bk� ���

se bk�0

Forma c x �t ���k���

��

ck e jk � t

c0�a0�1T �0

Tx �t �dt

ck�12�ak� j bk ��

1T �0

Tx �t �e� jk � t dt k�0 c�k�ck

* k�0

Osservazione 1Nel calcolo dei coefficienti di un polinomio di Fourier di un segnale x(t) interviene il calcolodi un integrale tra 0 e T di una funzione periodica y(t). Fare questo integrale è la stessacosa che fare un integrale tra t0 e t0�T , come si vede dal grafico

Polinomio di Fourier di x(t) - Pag.31

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0 T t0 t0�T

Geometricamente è evidente che le due aree sono uguali. Con semplici passaggi èpossibile dimostrarlo anche analiticamente.

Lo scopo di questa osservazione è che quando noi andiamo a cercarci i coefficienti delpolinomio di Fourier, possiamo farlo nell'intervallo più comodo.

Generalmente l'applicazione più usata di questa osservazione è la seguente:

�0

Ty �t �dt���T

2

�T2 y �t �dt

Osservazione 2

Abbiamo visto che

0��x �t ��Pn�t ��2���xc �t ���

2�T �k��n

n

�ck�2�T �

k��n

n

��k�ck�2

T �k��n

n

�ck�2���xc �t ���

2

Questa viene chiamata disuguaglianza di Bessel e ci dice che l'energia del polinomiodi Fourier associato ad un segnale x(t) è sicuramente minore o uguale all'energiadel segnale stesso.

Polinomio di Fourier di x(t) - Pag.32

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Serie di Fourier

Funzioni continue a trattiUna funzione x(t) si dice continua a tratti in un intervallo I =[a,b] se è continua in I eccettoche in un numero finito di punti t i��a ,b � e inoltre

lim x �t �t� t i

- esiste finito

lim x �t �t� t i

+ esiste finito

lim x �t �t �a+ esiste finito

lim x �t �t�b- esiste finito

Diciamo per esempio che i segnali considerati nei paragrafi precedenti (onda triangolare,onda quadra, onda a dente di sega, ...) sono delle funzioni continue a tratti.

Se esistono i limiti descritti sopra infatti, le funzioni, nell'intervallo I, avranno un numerofinito di discontinuità (che sono discontinuità di 1° specie ovvero di tipo salto, appuntoperché esistono finiti il limite destro e sinistro, anche se diversi).

Nei paragrafi precedenti ci siamo occupati di vedere cos'è la differenza tra l'energia di unsegnale periodico x(t) ed il rispettivo polinomio di Fourier. Abbiamo visto che essa è

��xc �t ��X n�t ���2��xc �t ���

2�T k�n

n

�ck�2

a partire da questo presupposto vogliamo fare la seguente riflessione: se pensassimo diprendere degli n sempre più grandi, cosa succederebbe dell' energia della differenza?Bene, per n che tende all'infinito essa potrebbe tendere a zero. In questo caso (per

n�� ) si ha l'identità di Parseval:

��xc�t ���2T

k��

�ck�2

questa identità riguarda una serie.

L'identità di Parseval si verifica se la funzione x(t) è periodica e continua a tratti.

Si usa anche scrivere la seguente uguaglianza

x �t �k��

��

ck e j k t nel senso della energia

Intendiamo x(t) uguale alla serie del secondo membro nel senso che la differenza tra x(t)e la sommatoria finita tra -n ed n (che viene detta ridotta n-sima) tende a zero quando ntende a più infinito.

Funzioni continue a tratti - Pag.33

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Norma e prodotto scalareNon sembrerebbe molto evidente il legame con i vettori, ma c'è. Vediamo in che senso.La radice quadrata dell'energia di un segnale si chiama norma o norma quadratica.

��xc �t ��� : norma quadratica

L'uguaglianza vista prima x �t � k��

��

ck e j k t

che era nel senso della energia, può dunque essere definita un' uguaglianza nel sensodelle norme (se tende a zero una quantità, tende a zero anche la sua radice quadrata).

Si può dire anche che la serie di Fourier, se x(t) è continua a tratti, converge in normaquadratica a x(t) .

Ipotizzando adesso che (come al solito) x(t) sia periodica di periodo T, definiamo il suoprodotto scalare con un segnale y(t) anch'esso periodico.

� x �t � , y �t ���0

Tx �t ��y*�t �dt prodotto scalare tra due funzioni definite in T

NOTA : E' lecito mettere il coniugato di y(t) in quanto si intende y(t) come un segnale realeche può benissimo essere espresso come funzione di variabile complessa; beninteso chese manca la parte immaginaria, il coniugato di un numero reale non è altro che il numeroreale stesso.

Se noi facciamo il prodotto scalare di x(t) con sé stessa, otteniamo

� x �t � , x �t ���0

Tx �t ��x*�t �dt�0

T�x �t ��2 dt�x �t ��2

osserviamo dunque che c'è un legame tra la norma quadratica ed il prodotto scalare: lanorma quadratica di un segnale è il prodotto scalare di questo segnale per sé stesso.Possiamo dunque sfruttare questi nuovi strumenti per riprendere alcune considerazionifatte in precedenza. Facciamo il prodotto scalare delle seguenti armoniche elementari

�e j k t , e j h t ��0

Te j k t e� j h t dt�0

Te j �k�h� t dt

se h�k l'integrale vale 0 (essendo la funzione periodica)

se hk l'integrale vale T

dunque se le due funzioni sono uguali (h=k), il loro prodotto scalare è uguale al periodo,se sono diverse, è nullo. Ricordiamo che la definizione di prodotto scalare di due vettori,dice che esso è nullo se questi sono ortogonali. Quindi, rispetto alla definizione che quiabbiamo dato di prodotto scalare, possiamo dire che due armoniche distinte che sianodiverse tra di loro, sono ortogonali .

Ricordando la formula che ci descrive il coefficiente di un polinomio di Fourier

�kck1T �0

Tx �t �e� j k t dt , la possiamo riscrivere nel seguente modo, sfruttando la

definizione di prodotto scalare appena data

�kck1T

� x �t � , e j k t �

Norma e prodotto scalare - Pag.34

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si può dunque interpretare il coefficiente come la proiezione della funzione x(t) sullacomponente e j k t (tale è il prodotto scalare tra due vettori).

Si riesce in questo modo a costruire tutta una serie di relazioni tra i polinomi di Fourier conle stesse regole che governano i vettori.

Traslazionisia il segnale periodico

x �t �x �t�T � continuo a tratti e siano

ck1T �0

Tx �t �e� j k t dt i suoi coefficienti e sia

x �t �k��

ck e j k tla sua serie di Fourier.

e supponiamo di traslarlo di t0 :

�x �t �x �t�t0�

otteniamo, risolvendo il semplice seguente integrale (lascio al lettore il compito di farlo)

�ck1T �0

T�x �t �e� j k t dtck e j k t0

e quindi la serie di Fourier traslata è

�x �t �k��

ck e j k t e j k t0

Riscalamento (dilatazione,omotetia)

sia il segnale

x �t �x �t�T � continuo a tratti e siano

ck1T �0

Tx �t �e� j k t dt i suoi coefficienti e sia

x �t �k��

ck e j k tla sua serie di Fourier.

e supponiamo di riscalarlo di a , con a�0

�x �t �x �a t �

si osserva subito che questo significa modificare la frequenza angolare. Si ottiene, perquanto riguarda i coefficienti di Fourier che

�ckck

e la serie risulta essere

Riscalamento (dilatazione, omotetia) - Pag.35

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�x �t �k��

ck e j k a tcambia la frequenza angolare

Convergenza puntuale econvergenza uniforme

Analizziamo adesso alcuni problemi riguardanti la convergenza delle serie in generale. Ledue questioni di cui vogliamo parlare sono appunto la convergenza puntuale e laconvergenza uniforme.

Convergenza puntualePrendiamo delle funzioni che dipendano da un indice (possiamo benissimo pensareanche a dei polinomi di Fourier, se n va da più a meno infinito possiamo pensare adelle serie di Fourier)

yn�t � con n�� oppure n��

facciamo la ridotta k-sima

S n�t �k0

n

yk �t �

e facciamo poi il limite di questa ridotta per k che tende a più infinito

S��t �k0

yk �t �

Supponiamo adesso di avere l'intervallo I con t� I , di fissare un ben preciso puntodell'intervallo dato t0 e di fare la sommatoria calcolata in t0

S n�t0�k0

n

yk �t0�

Si osserva abbiamo ottenuto una serie numerica, perché yn�t0� è un ben precisonumero che dipende appunto da y1 , y2 e così via, calcolati in t0 . Allora ha sensoporsi la questione di vedere cosa succede nel limite della successione numerica cheabbiamo ottenuto

limk ���

S n�t0�

Se questo limite esiste finito e vale S, viene detto somma della serie nel senso puntuale.

limk ���

S �t0�S �t0�k0

yk �t0�

Se il limite esiste finito per ogni to�I , allora possiamo generalizzare il concetto eparlare di convergenza puntuale in un intervallo

S �t �k0

yk �t � con t� I

Cerchiamo adesso di portare questo discorso alle serie di Fourier. Abbiamo la serie

Convergenza puntuale e convergenza uniforme - Pag.36

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x �t �k��

ck e j k tcon T

2�

(uguaglianza sempre nel senso della energia)

se anche in questo caso fissiamo un punto t0 e andiamo a considerare il polinomio diFourier calcolato nel punto t0

X n�t0�k�n

n

ck e j k t0

possiamo dire che abbiamo anche in questo caso una successione numerica, e per n chetende ad infinito abbiamo

X �t �� X �t0�

se e solo se sono verificate le seguenti condizioni:

� x �t � è continua a tratti in �0,T �

� x �t � è regolarizzata

� x ' �t � è anch'essa continua a tratti in �0,T �

NOTA: Una funzione è regolarizzata se nei punti di discontinuità t i si ha la seguenteproprietà:

con t i��0,T � e limt� t -

x �t �x �t i-� e lim

t � t+

x �t �x �t i+�

risulta x �t i�x �t i

+��x �t i-�

2

e se agli estremi del suo intervallo si ha

x �0+�limt�0+

x �t � e x �T -�limt�T -

x �t �

e risulta x �0�x �T �x �0+��x �T -�

2

A queste condizioni la serie converge puntualmente al segnale x(t).

Se ciò avviene l'uguaglianza

x �t �k��

ck e j k tè nel senso puntuale.

Convergenza uniformePrendiamo anche in questo caso delle funzioni che dipendano da un indice (possiamobenissimo pensare anche a dei polinomi di Fourier)

yn�t � con n�� oppure n��

facciamo la ridotta k-sima

S n�t �k�n

n

yk �t �

Convergenza puntuale e convergenza uniforme - Pag.37

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e facciamo poi il limite di questa ridotta per k che tende a infinito

S��t �k��

yk �t �

vogliamo vedere in che modo questa sommatoria si avvicina al limite.

Facciamo la seguente considerazione

Se esiste una funzione S(t) per cui ���0 �n0 :� n�n0 e � t�I si ha

S �t ����S n�t ��S �t ���

si dice che S n�t � per n��� converge a S �t � in modo uniforme in I.

Dunque la serie corrispondente converge in modo uniforme (o uniformemente).

Vediamo graficamente cosa vuol dire:

per tutti gli n > n0 , e tutti i S �t ���

t0�I , le ridotte S n�t � , devono S n�t �

essere comprese tra S �t ��� S �t �

S �t ��� e S �t ��� .

Se questo si verifica si parla di

convergenza uniforme.

Prendiamo adesso una serie di Fourier

X �t �X �t�T �

se un punto t i è punto di discontinuità per X �t � , allora la serie non può convergereuniformemente in un intorno di t i .

La convergenza uniforme è dunque una richiesta di convergenza più restrittiva dellarichiesta di convergenza puntuale.

La diretta conseguenza di questo fatto sarà che negli intorni dei punti di discontinuità, laserie di Fourier produrrà delle difficoltà nella convergenza (questo è interessante dalpunto di vista applicativo).

Se invece la funzione è continua in un intervallo I e la sua derivata prima esiste ed ècontinua a tratti, allora abbiamo la convergenza uniforme.

Osservazione.

Prendiamo il coefficiente di una serie di Fourier.

Convergenza puntuale e convergenza uniforme - Pag.38

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ck1T ��T �2

T �2x �t �e� jk t dt

2�T

moltiplichiamo ambo i membri per il periodo

T�ck��T �2

T �2x �t �e� jk t dt

se consideriamo k2� k

T possiamo scrivere

T�ck��T �2

T �2x �t �e� j k t dt �X � k �

dove �X � k � è il nostro integrale calcolato in k .

Diamo dei valori a T, per esempio

prendendo T2� e k1 � k1 oppure

prendendo T10� e k1 � k0,2

osserviamo che più è grande il periodo, più è piccola k .

Variando k si ottengono infiniti valori discreti tanto più vicini quanto T è maggiore.

Prendiamo adesso una funzione qualunque, non periodica ed integrabile in un intervallo I,ad esempio una funzione x �t � tale che assume valore 1 nell'intervallo ��1,1� e 0fuori da questo intervallo.

Osserviamo che se T2�1 l'integrale del coefficiente si riduce al seguente

�X � k ���1

�1e� j k t dt� e� j k t

� j k��1

�1

� cos k t� j sin k t� j k �

�1

�1

� j cos k t�sin k t k �

�1

�1

=

sin k

k

�sin �� k �

k

2sin k

k

(il coseno si semplifica da sé)

Come abbiamo detto per T molto grande si può pensare di ottenere valori discretisempre più ravvicinati fino ad ottenere quasi il grafico di una funzione continua.

Convergenza puntuale e convergenza uniforme - Pag.39

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Possiamo dunque, operando sulle serie di Fourier, pensare di operare anche sufunzioni non periodiche facendo tendere il periodo ad infinito (ottenendo cosìfunzioni continue nella variabile k ) ed introducendo dunque la trasformata diFourier, della quale ci occuperemo però più avanti.

Convergenza puntuale e convergenza uniforme - Pag.40

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Funzioni di variabile complessaRiprendiamo adesso il cammino che avevamo intrapreso parlando di funzioni complesse,introducendo le

Funzioni reali di variabile complessaEsempi di funzioni di variabile complessa a valori reali sono

f � z ���z�

f � z ��arg z

f � z ��Re z

f � z ��Im z

Osserviamo che in realtà ci possiamo collegare alle funzioni di più variabili, perché lavariabile complessa equivale a 2 variabili reali. Si hanno:

f � z ���z� = � x2� y2

f � z ��arg z = arctgyx����

f � z ��Re z = x�cos

f � z ��Im z = y�sin

Ragionare sulle funzioni di variabili complesse ci porta pertanto nel campo delle funzionidi più variabili dove, ovviamente, le cose sono un po' più complesse che su di una solavariabile. Facciamo dei richiami con un paio di esempi.

Esempio.

f � z ��1

�z�a�con a�

Se vogliamo rappresentare questafunzione dobbiamo metterci nello spaziotridimensionale. Il piano è il luogo dovesi muove la variabile z e le quote,ovvero la terza dimensione, saranno ivalori che la funzione assume al variaredi z . Il grafico sarà dunque quello afianco.

Funzioni complesse di variabile complessa - Pag. 41

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Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Funzioni di variabile complessa

Facciamo un altro esempio.

f � z ���e z���e x� j y���e x e j y��e x

La funzione di fatto è un esponenzialereale, infatti è costante in y.

Funzioni complesse di variabile complessaFacciamo subito alcuni esempi

f � z ��z

f � z ��z*

f � z ��e z

Essendo la funzione di variabile complessa, come abbiamo già detto non si può piùparlare di funzione di una variabile ma il nostro discorso si traduce in funzioni di duevariabili. Non si può più dunque parlare di derivata della funzione, ma bisogna parlare diderivate parziali, o derivate direzionali, o comunque bisogna riprendere la definizione diderivata per dare una definizione alla derivata di variabile complessa.

Vediamo in che modo possiamo ragionare sulle derivate. Parliamo di rapportoincrementale. Vediamo come si definisce il rapporto incrementale per una variabilecomplessa

lim� z�0

f � z�� z �� f � z �� z

dove con � z abbiamo indicato un incremento della variabile z , a partire da un punto z0 .Si capisce subito che non è sufficiente aver fissato la lunghezza dell'incremento, perdeterminarne la natura, in quanto esso stesso può assumere una qualsiasi direzione nelpiano complesso; dunque il limite dipenderà dalla direzione lungo la quale si prendel'incremento.

Consideriamo, per dimostrare tale asserzione, il rapporto incrementale delle funzioni diesempio precedenti

Funzioni complesse di variabile complessa - Pag. 42

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Esempio 1.

Prendiamo la funzione

f � z ��z*

e facciamo il limite del rapporto incrementale lungo differenti direzioni.

Ricordiamo innanzitutto che � z�� x� j� y

Iniziamo a fare il limite in una direzione parallela all'asse delle x ( � y�0 ). Otteniamo

lim� z�0� y�0

f � z�� x �� f � z �� x

Adesso applichiamo il rapporto incrementale alla funzione f � z ��z*

lim� x�0

f � z�� x �*�z*

� x� lim

� x�0

z*�� x�z*

� x�1

Proviamo adesso a fare il limite in una direzione parallela all'asse delle y ( � x�0 ).Otteniamo

lim� z�0� x�0

f � z� j� y �� f � z �j� y

Adesso applichiamo il rapporto incrementale alla nostra funzione

lim� y�0

f � z� j� y �*�z*

j� y� lim

� y�0

z*� j� y�z*

j� y��1

Ci accorgiamo dunque che il limite del rapporto incrementale dipende decisamente dalladirezione lungo la quale viene calcolato.

Osservazione

lim� z�0� y�0

f � z�� z �� f � z �� z

�� f� x è la derivata parziale fatta rispetto a x.

lim� z�0� x�0

f � z�� z �� f � z �� z

�� fj � y È la derivata parziale fatta rispetto a y, con la costante

1j

.

I calcoli si potevano infatti fare senza fare il limite del rapporto incrementale, masemplicemente esprimendo la funzione complessa in forma cartesiana e derivandorispetto ad x ed y.

Riprendiamo la funzione f � z ��z*�x� j y e facciamone le derivate parziali (moltiplicando

la derivata parziale della y per il coefficiente 1j

, pensando la funzione come una funzione

di due variabili reali in cui intervengono dei coefficienti immaginari (che sono costanti):

Funzioni complesse di variabile complessa - Pag. 43

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��x� j y �� x

�1��x� j y �

j � y��1

Esempio 2.

Prendiamo la funzione

f � z ��e z

Iniziamo a fare il limite in una direzione parallela all'asse delle x ( � y�0 ). Otteniamo

lim� z�0� y�0

f � z�� x �� f � z �� x

Adesso applichiamo il rapporto incrementale alla nostra funzione

lim� x�0

e z�� x�e z

� x� lim

� x�0

e z �e� x�1�� x

�e z

Osserviamo che abbiamo un limite di quelli fondamentali (che fa 1) moltiplicato per lacostante e z .

Muoviamoci adesso lungo la direzione parallela all'asse delle y ( � x�0 ). Otteniamo

lim� z�0� x�0

f � z� j� y �� f � z �j� y

cioè

lim� y�0

e z� j� y�e z

j� y� lim

� y�0

e z �e j� y�1�j� y

a questo punto si potrebbe trarre subito la stessa conclusione raggiunta calcolando ilprecedente limite (cioè che siamo di fronte ad un limite fondamentale), ma siccome inquesto caso intervengono coefficienti immaginari che non erano presenti quando neimoduli precedenti studiavamo i limiti, eseguiamo qualche ulteriore passaggio facendointervenire la formula di Eulero

lim� y�0

e z �e j� y�1�j� y

� lim� y�0

e z �cos� y� j sen� y�1�j� y

� lim� y�0

e z� cos� y�1j� y

�j sen� y

j� y �abbiamo così due limiti fondamentali

e z� 1j

lim� y�0

cos� y�1� y

� lim� y�0

sen� y� y ��e z� 0

j�1��e z

Ci si accorge che la derivata parziale fatta rispetto ad x dà lo stesso risultato della derivataparziale fatta rispetto a jy .

Osservazione finale.

Abbiamo visto che ci sono funzioni complesse di variabile complessa per le quali,cambiando la direzione di derivazione, cambia il valore del limite del rapporto

Funzioni complesse di variabile complessa - Pag. 44

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incrementale, mentre sembrerebbe che ce ne siano altre per le quali, anche cambiando ladirezione dell'incremento, il valore del limite del rapporto incrementale non cambia.

Integrali di linea in campo complessoVogliamo dare significato all'integrale

��f � z �dz

Pensiamo a f � z � come a una funzione decomposta in due funzioni reali di variabile realenel seguente modo f � z ��u � x , y �� j v �x , y�

e nello stesso modo trattiamo il differenziale di z

dz�dx� j dy

L'integrale risulta dunque essere il seguente

��f � z �dz���

�u � x , y �� j v � xy �� �dx� j dy �=

���u �x , y �dx�v � x , y �dy� jv �x , y �dx� j u �x , y�dy �=

separando la parte reale dalla parte immaginaria

���u �x , y �dx�v � x , y �dy �� j��

�v � x , y �dx�u � x , y �dy �=

questi sono integrali di linea di forme differenziali e si possono semplificare se èpossibile esprimere la curva � , o come una funzione della sola x, o come una funzionedella sola y, ovvero nel seguente modo

� : � x , g � x�� � dx�dx , dy�g ' � x�dx oppure

� : �h � y � , y � � dy�dy , dx�h ' � y �dy

Applicando la trasformazione ai nostri integrali otteniamo per esempio per il primo

���u �x , y �dx�v �x , y�dy ���x0

x1

�u � x , g �x ��dx�v � x , g �x ��g ' � x�dx �

quindi il nostro integrale di linea di partenza non è altro che la somma di due integrali diuna sola variabile.

Applichiamo ad alcuni esempi il calcolo dell'integrale di linea e facciamolo su due diversecurve, � e �1 , che hanno però la caratteristica di avere in comune i punti di partenza e diarrivo.

Proviamo con z* facendo il calcolo osserviamo che ��z* dz���1

z* dz .

Proviamo con e z facendo il calcolo osserviamo che ��e z dz���1

e z dz .

Dunque ci sono funzioni complesse di variabile complessa per le quali cambiandoil cammino di integrazione cambia il valore dell'integrale, mentre ce ne sono altreper le quali, pur cambiando il cammino d'integrazione, il valore dell'integralesembrerebbe non cambiare.

Funzioni complesse di variabile complessa - Pag. 45

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Funzioni analiticheLe considerazioni fatte nel paragrafo precedente ci consentono di proseguire il nostrocammino con altre considerazioni molto importanti.

Definizione 1

Supponiamo di avere f � z �:���

se lim� z�0

f � z�� z �� f � z �� z

esiste indipendentemente dalla direzione dell'incremento

allora si dice che la funzione f � z �:��� è derivabile e si scrive

f ' � z �� lim� z�0

f � z�� z �� f � z �� z

si usano anche le seguenti scritture equivalenti

f ' � z ��D f � z ��dfdz

Ci sono dunque dei casi di funzione complessa in cui si può parlare di derivata.

Definizione 2

Supponiamo di avere f � z �:���

essa è detta olomorfa in (regione connessa e regolare di � )

se z� , � f ' � z �

(cioè se in tutta la regione esiste la derivata, nel senso che abbiamo dato in Definizione 1

Prendiamo per esempio la funzione

f � z ��z*

abbiamo visto che dà risultati differenti a seconda che noi facciamo il limite del rapportoincrementale in una direzione parallela all'asse x o parallela all'asse y, quindi la funzionenon ha derivata, dunque non è olomorfa.

Invece la funzione

f � z ��e z

ha un limite del rapporto incrementale che non dipende dalla direzione (come avevamoinfatti dedotto dai conti fatti nei paragrafi precedenti) ed è dunque derivabile in tutto �ed è ivi olomorfa.

Funzioni analitiche - Pag.46

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Teorema.

Le seguenti affermazioni sono equivalenti

1) f � z � è olomorfa in , (cioè esiste f ' � z � )

2) f � z � è infinite volte derivabile ed è analitica

3) f � z � soddisfa le condizioni di Cauchy-Riemann: f x

�1j� f y

Facciamo qualche commento al teorema.

La condizione di olomorfia chiedeva l'esistenza della derivata prima in una certa regione del piano complesso. Il teorema ci dice che allora f � z � è infinite volte derivabile.

Questo è per noi una grossa sorpresa, perché nello studio delle funzioni di variabile realea valori reali, l'esistenza della derivata prima non diceva nulla circa l'esistenza delladerivata seconda, mentre per le funzioni di variabile complessa, l'esistenza della derivataindica automaticamente che la funzione è derivabile per ogni ordine ed è quindi analitica(anche se dobbiamo precisare che l'uso del termine analitica è utilizzato quanto la serie diTaylor converge con un raggio di convergenza non nullo, il teorema ci dice che olomorfiaed analiticità sono equivalenti).

La condizione 3 invece ci dice che se la derivata rispetto ad x e la derivata rispetto ad y

esistono e sono uguali, a meno del fattore moltiplicativo 1j

, allora la funzione è

olomorfa. Questa è di gran lunga la condizione più debole e più semplice da verificare.

Consideriamo ad esempio la funzione

f � z ��e z

abbiamo già visto che

e z

x�e z�

e z

j y�e z

dunque la condizione di Cauchy-Riemann è soddisfatta. La funzione è olomorfa eanalitica.

Facciamo un breve cenno di dimostrazione.

E' evidente che

2) analiticità � 1) omotetia

(se esistono tutte le derivate, esiste anche la derivata prima)

1) omotetia � 3) cond. di C.-R.

(se esiste la derivata prima, esistono le derivate parziali)

Funzioni analitiche - Pag.47

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Dimostriamo adesso che

3) cond. Di C.-R. � 1) omotetia

Scriviamo il differenziale della funzione f � z � :

df � f x

dx� f y

dy

e ricordando la condizione di Cauchy-Riemann

f x

�1j� f y

�j f x

� f y

sostituiamo

df � f x

dx�j f x

dy� f x

�dx� j dy �� f x

dz

questo ci permette di concludere che

dfdz

� f x

ovvero la funzione è derivabile.

Rimandiamo la dimostrazione che

1) omotetia � 2) analiticità

a quando faremo le serie di Taylor.

Ricordando che una funzione complessa può anche essere vista nel seguente modo

f �u � x , y �� j v �x , y�

la condizione di Cauchy-Riemann può essere così riscritta, separando la parte reale e laparte immaginaria di u e di v

� u x

� v y

v x

�� u y

Grazie a questa forma di scrittura possiamo fare alcune ulteriori considerazioni,prendiamo la prima di queste equazioni e facciamo la derivata rispetto alla x:

Dx� u x

� v y �� 2 u

x2� 2 v

y x

deriviamo adesso rispetto alla y la seconda equazione

D y� v x

�� u y �� 2 v

x y��

2 u y2

ne consegue immediatamente che

Funzioni analitiche - Pag.48

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2 u x2��

2 u y2 ovvero

2 u x2�

2 u y2�0 uguaglianza che si usa anche scrivere nel seguente modo

� 2

x2� 2

y2�u�0

L'operatore tra parentesi tonde viene descritto col simbolo � e viene chiamatooperatore di Laplace.

L'equazione di Laplace è dunque

�u�0

e, grazie ai passaggi che abbiamo appena svolto possiamo dire che se è soddisfatta lacondizione di Cauchy Riemann, l'equazione di Laplace risulta vera.

Quando una funzione reale di due variabili reali soddisfa l'equazione di Laplace, possiamodire che è una funzione armonica.

Un ragionamento analogo ci porta a dire che anche la parte immaginaria di un'equazionecomplessa, che soddisfa la condizione di Cauchy-Riemann, è una funzione armonica.

Vediamo un esempio. Abbiamo

f � z ��z e j z con z�x� j y

Ci chiediamo se è una funzione analitica ed il modo più semplice per verificarlo ècontrollare se soddisfa la condizione di Cauchy-Riemann

f x

�e j z� j z e j z fj y

�e j z�1j

z e j z�e j z� j z e j z

Le due derivate parziali sono uguali, dunque la condizione di Cauchy-Riemann èverificata, la funzione è analitica.

Decomponiamo adesso la funzione in parte reale e parte immaginaria

f � z ���x� j y �e j x� y�� x� j y�e�y e j x�� x� j y �e�y �cos x� j sen x �=

= x e�y cos x� y e�y sen x�u �x , y�

� j � y e�y cos x�x e�y sen x ��v �x , y�

Lasciamo allo studente l'esercizio di verificare l'uguaglianza di Cauchy-Riemann secondogli altri due possibili procedimenti.

Formule integrali di CauchyIniziamo parlando del teorema di Cauchy.

Supponiamo di essere nel piano complesso e di avere una regione omega composta dauna o più curve chiuse, semplicemente connessa (nel senso che due punti qualsiasi diquesta regione possono essere collegati tra loro da una curva tutta contenuta in omega).

Formule integrali di Cauchy - Pag.49

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Diciamo inoltre che habordo � e rappresentiamolonel seguente modo:

�����1��2��3��4

� sta per bordo orientato.

Per di ciascuna di queste curve èimportante dare l'orientamento: sidice che un bordo è orientatopositivamente, quandopercorrendo questo bordo laregione rimane alla sinistra delpercorso.

Nel caso in figura, per avere un bordo orientato positivamente, la curva �1 deve esserepercorsa in senso antiorario mentre le altre curve (i buchi) devono essere percorse insenso orario.

In regioni di questo tipo vale il seguente

Teorema di Cauchy

se f � z � è analitica in �� 1, allora

��f � z �dz�0

Facciamo un cenno di dimostrazione.

Abbiamo ��f � z �dz

per riuscire a comprendere meglio questo integrale lungo un percorso � , bisognaesplicitare parte reale e parte immaginaria di f � z � , per cui

��f � z �dz���

�u � x , y �� j v � x , y �� �dx� j dy �=

��u � x , y �dx�v � x , y �dy� j��

v � x , y �dx�u �x , y�dy

A questo punto, descrivendo � come una funzione di x, a valori in y, (con le opportunescomposizioni della curva, se non avesse le caratteristiche di una funzione) questiintegrali di linea possono essere visti come la somma (o sottrazione) di integrali ordinari.C'è però un risultato noto che riguarda proprio gli integrali in cui compaiono solo funzionireali, ed è il seguente.

Si intendono le funzioni u e v come le componenti di un vettore, ed allo stesso mododx e dy , per cui l'integrando non è altro che il prodotto scalare di due vettori e viene

esplicitato, nel nostro caso, come segue.

Prendendo per esempio il primo integrale si ottiene

1 Perchè ciò possa essere detto è necessario avere analiticità in una regione più grande che contiene sia che ilsuo bordo.

Formule integrali di Cauchy - Pag.50

�1

�2 �3

�4

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�� � u�v���dx

dy�se le funzioni u e v sono definite in tutta la regione delimitata da � e sono ivicontinue e derivabili con derivata continua, allora l'integrale è nullo se è vero che

��v � x

� u y

�0

ma questa è una delle condizioni di Cauchy-Riemann e siccome noi abbiamo suppostoall'inizio che f � z � è analitica in �� siamo sicuri che è verificata.

Allo stesso modo può essere trattato il secondo integrale, quindi la loro somma è uguale azero, e questo prova il teorema di Cauchy2.

Vediamo adesso quale interesse possiamo avere per il teorema di Cauchy con unesempio esplicativo.

Supponiamo di essere in campo complesso e di avere una regione dove f � z � èanalitica, e supponiamo di indicare con�1 il contorno della regione.

Supponiamo infine di voler fare l'integralesu �1 di f � z � in dz . A questopunto dobbiamo fare attenzione al fattoche l'integrale non è nullo, in quanto laregione non è tutta analitica (il bucointerno è un punto dove le proprietà dellafunzione non sono conosciute).

Chiamiamo �2 una circonferenza tuttacompresa dentro come quella rossain figura, allora possiamo applicare ilteorema di Cauchy al seguente integrale

��1� ���2�f � z �dz�0

ma c'è una proprietà estremamente importante che riguarda i cammini di integrazioneordinari in campo reale. Ricordiamo che quando si doveva calcolare l'integrale

�a

bf dt��a

cf dt��c

bf dt

si poteva spezzare il cammino di integrazione nella somma di due integrali.

Poiché abbiamo visto che l'integrale di linea in campo complesso si riduce ad integraliordinari in campo reale, dove questa proprietà vale, possiamo affermare che

��1� ���2�f � z �dz���1

f � z �dz����2

f � z �dz�0

e di nuovo in modo analogo a quello che succede per gli integrali ordinari, possiamo direche se scambiamo gli estremi di integrazione, cambiamo il segno all'integrale, quindicambiando il verso di percorrenza di �2 cambiamo il segno all'integrale, per cui

��1

f � z �dz�����2�f � z �dz���1

f � z �dz���2

f � z �dz�0

2 Evidentemente rinviando i dettagli ad un problema che è classico in ambito reale e che riguarda i campi vettoriali.

Formule integrali di Cauchy - Pag.51

�1

�2

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possiamo dunque concludere che

��1

f � z �dz���2

f � z �dz

La straordinaria importanza di questa conclusione sta nel fatto di verificare che farel'integrale su �2 è la stessa cosa di fare l'integrale su �1 , quindi il teorema di Cauchyci permette di deformare il cammino di integrazione (restando comunque sempreall'interno della regione di analiticità) e fare un integrale, piuttosto che su di una curvamolto frastagliata e complessa, su di una circonferenza che invece è estremamentesemplice da integrare.

Vediamo un esempio esplicito. Prendiamo la funzione

f � z ��1z

e consideriamo il cammino �1 ,estremamente complicato,rappresentato in figura. Si chiede difare l'integrale su �1 di f � z � in

dz . Notiamo innanzitutto chef � z � è analitica dappertutto

escluso che nel punto 0. Noi, però,grazie al teorema di Cauchypossiamo disegnare lacirconferenza unitaria �2 edosservare che la curva �1 puòessere sostituita dalla circonferenzaunitaria in quanto la regionecompresa tra le due curve è tutta di analiticità per f � z � .

Abbiamo quindi

��1

f � z �dz���1

1z

dz���2

1z

dz

Poco fa abbiamo visto come é possibile esprimere la curva come funzione, o dellavariabile x o della variabile y, ma è possibile esprimere la curva anche attraverso dellecoordinate polari. Possiamo descrivere i punti che stanno sulla circonferenza unitaria,attraverso gli esponenziali complessi, nel seguente modo : z�e j � . Infatti al variare di� descriviamo tutti i punti della circonferenza unitaria quando 0���2� . E' dunque

molto facile anche dire che dz�D �e j��d �� j e j�d �

Siamo dunque nelle condizioni di trasformare il nostro integrale in dz lungo una curva,in un integrale ordinario lungo una circonferenza unitaria:

��2

1z

dz��0

2� 1e j � j e j�d �� j�0

2�d �� j 2�

Come abbiamo visto il calcolo dell'integrale si è rivelato di una semplicità estrema.

Passiamo adesso alle formule integrali di Cauchy

Formule integrali di Cauchy - Pag.52

�1

�2

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1° Formula integrale di Cauchyse f � z � è analitica in �� , e

z0����� , allora

f � z0��1

2� j��

f � z �z�z0

dz

Vediamo qualche cenno didimostrazione, calcolando l'integraledella formula.

Prendiamo la regione (persemplicità la prendiamo senza buchima la questione non modifica ilragionamento che stiamo facendo),con il suo bordo orientato � .Osserviamo subito che fare l'integrale su � , poiché la regione è tutta di analiticità, è lastessa cosa che fare l'integrale su di una circonferenza � di centro z0 e raggio � ,proprio grazie al teorema di Cauchy. Cerchiamo dunque di rappresentare i punti di � :prendiamo l'equazione di una circonferenza di raggio � sul piano complesso z��e j�

ed effettuiamo una traslazione per imporre che il suo centro sia z0 , ottenendoz�z0��e j� . Il suo modulo è dunque �z�z0��� , ed il suo differenziale, derivando

ovviamente il secondo membro rispetto a � , diventa dz� j �e j�d � .

L'integrale che noi vogliamo calcolare allora diventa

f � z0��1

2� j�0

2� f � z0��e j��

�e j� j �e j �d ��1

2��0

2�f � z0��e j��d �

osserviamo adesso che, proprio grazie al teorema di Cauchy, questo integrale è sempreuguale, qualunque sia � (purché la circonferenza di raggio � stia dentro la regione ). Facendo allora il limite per � che tende a zero di tutto l'integrale, continueremo

ad avere lo stesso risultato, otteniamo dunque

f � z0��1

2��0

2�f � z0�d ��

f � z0�

2�2�� f � z0�

Si è dimostrato quindi che l'uguaglianza è valida.

Facciamo adesso una interessante riflessione che mette in evidenza l'importanza diquesta formula.

Sia f � z � analitica in �� , z0� , allora possiamo dire, grazie alla formula diCauchy, che la sua conoscenza è determinata dalla conoscenza dei suoi valori nel bordo.

Riscriviamo infatti la formula utilizzando uno zeta generico e non fissato, cambiando ilnome alla variabile indipendente

f � z ��1

2� j��

f �����z

d �

1° Formula integrale di Cauchy - Pag.53

� z0

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quindi possiamo conoscere il valore di un generico punto z, conoscendo la funzione sulbordo.

2° Formula integrale di Cauchysia f � z � analitica in �� , z0����� , allora

12� j��

f � z �z�z0

dz�0

Se il punto è esterno, il valore del nostro integrale è nullo.

E' dalle formule integrali di Cauchy che noi possiamo dedurre il fatto che una funzioneanalitica ha infinite derivate.

Supponiamo di avere una funzione olomorfa, condizione necessaria per la validità delleformule di Cauchy, e studiamo la

Esistenza di derivate di ogniordine di f(z)

Partiamo dalla prima formula integrale di Cauchy

f � z ��1

2� j��

f �����z

d �

e deriviamo parzialmente rispetto a dx

f x

�D� 12� j��

f ������ x� j y �

d ��� 12� j��

� f �����1�

���� x� j y ��2 d ��

12� j��

f ���

���z �2 d �

per cui

f x

�1

2� j��

f ���

���z �2 d �

deriviamo adesso rispetto a j dy

fj y

�D� 12� j��

f ������ x� j y �

d ��� 12� j��

� f ����� j �

���� x� j y ��2 d ��

j2� j��

f ���

���z �2 d �

per cui

fj y

�j

2� j��

f ���

���z �2 d � �

f y

�1

2� j��

f ���

���z �2 d �

le due derivate parziali danno lo stesso risultato e questa uguaglianza dice che la funzionesoddisfa la condizione di Cauchy-Riemann.

Questo ci permette di dire che

Esistenza di derivate di ogni ordine di f(z) - Pag.54

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dfdz

� f x

� f y

e quindi

f ' � z ��1

2� j��

f ���

���z �2 d �

Partendo adesso dall'espressione di derivata prima di f appena ottenuta, possiamoderivare ancora ottenendo

f ' ' � z ��2

2� j��

f ���

���z �3 d �

e se si prosegue così, constatando che le due derivate parziali sono uguali, si giunge alla

f n� z ��n!

2� j��

f ���

���z �n�1 d �

espressione della derivata n-sima, che è anche la giustificazione del fatto che unafunzione complessa, se ha derivata prima, ha ogni ordine di derivata.

Esistenza di derivate di ogni ordine di f(z) - Pag.55

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Sviluppi in serie

Sviluppi in serie di TaylorSia f � z � analitica in ��� , z0�� .

Costruiamo la circonferenza centrata in z0 , in modo tale che sia tutta contenuta in��� ed abbia raggio � . Abbiamo

dimostrato nel capitolo precedente chela funzione f � z � ha infinite derivatein ogni punto di � .

Dimostriamo adesso che sotto questeipotesi vale la seguente

� z :zz0�� f � z �� n�0

��

an� zz0�n

dove an�f �n�� z0�

n!

Queste sono potenze con esponente positivo e si chiamano serie di Taylor e c'è unaperfetta analogia con le serie di Taylor già studiate in ambito reale (al posto della z c'era lax). E' importante per lo studente imparare ad esplicitare (è bene farlo spesso le primevolte che si maneggiano le serie):

f � z �� n�0

��

an� zz0�n�a0�a1� zz0��a2� zz0�

2 +...

Diamo un cenno di dimostrazione.

Partiamo dalla formula integrale di Cauchy, prendendo uno z qualunque interno allacirconferenza in modo che risulti zz0����z0 con ���

Osserviamo che se noi dividiamo zz0 prima per � e poi per �z0 , essendo�z0 > � risulta vero che

zz0

��zz0

�z0

prendiamo dunque la 1° formula integrale

f � z ��1

2� j��

f ����z

d �

e vediamo di scrivere in modo opportuno il denominatore dell'integrale

(aggiungiamo e togliamo z0 ) � �z��z0� zz0� =

Sviluppi in serie di Taylor - Pag.56

� � z0

� �

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(e mettiamo in evidenza �z0 ) � = ��z0���1� zz0�

��z0��osserviamo adesso il contenuto di �1� zz0�

��z0�� , esso corrisponde ad uno meno una

certa quantità complessa, il cui modulo lo ritroviamo nella diseguaglianza che ci eravamoricavati in precedenza, ovvero

zz0

��zz0

�z0

osserviamo però che noi avevamo preso z in modo tale che fosse dentro la circonferenzadi raggio � , per cui risulta ovvio che

zz0

��k�1 questo rapporto è uguale ad un valore k<1 e ne consegue che

zz0

�z0�zz0

��k�1

Dopo avere effettuato queste osservazioni, torniamo alla prima formula di Cauchy

f � z ��1

2� j��

f ����z

d �

e sostituiamo il denominatore dell'integrale con quello che ci siamo ricavati

f � z ��1

2� j��f ����

1

��z0��1� zz0�

��z0��d �

se adesso noi pensiamo al termine � zz0�

��z0� come alla ragione k di una serie (il

ragionamento è analogo a quello che si fa in campo reale), ricordando che una serie

geometrica convergente aveva come risultato 1

1k, possiamo dire che abbiamo

proprio il risultato di una serie geometrica

�1� zz0�

��z0��1

� n�0

�� � zz0�n

��z0�n

stabilito questo, possiamo sostituire nell'integrale ottenendo

f � z ��1

2� j��

f �����z0�

� n�0

�� � zz0�n

��z0�n d �

possiamo adesso portare fuori il simbolo di sommatoria ottenendo la seguenteespressione

f � z �� n�0

��

� 12� j��

f ���

��z0�n�1 d ��� zz0�

n�Sviluppi in serie di Taylor - Pag.57

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osserviamo che ponendo

an�1

2� j��

f ���

��z0�n�1 d �

possiamo esprimere il risultato ottenuto nel seguente modo

f � z �� n�0

��

an�� zz0�n

che è la serie di Taylor che noi cercavamo.

Facciamo però attenzione all'espressione di an , essa è

an�1

2� j��

f ���

��z0�n�1 d �

e andiamo a riprenderci l'espressione della derivata n-sima di una funzione

f n� z ��n!

2� j��

f ���

��z �n�1 d �

osserviamo che sono identiche a meno di un n!, e del fatto che an è calcolato in z0 ,possiamo dunque scrivere

an�f n� z0�

n!

La serie di Taylor è dunque f � z �� n�0

�� f n� z0�

n!�� zz0�

n

ricordando che questa serie è convergente quando zz0�� (dove � è il raggiodella circonferenza che sta tutta nella regione di analiticità e centrata in z0 e viene dettoraggio di convergenza).

Vediamo alcuni esempi.

Prendiamo f � z ��e z e calcoliamone la formula di Taylor centrata nel punto 0.

Risulta z0�0

f � z ��e z f ' � z ��e z f ' ' � z ��e z

f �0��1 f ' �0��1 f ' ' �0��1

e lo sviluppo di Taylor è dunque

e z�1�z�z2

2 !�

z3

3 !+...+ zn

n!�

n�0

�� zn

n!

Se riflettiamo adesso sulla regione di analiticità di e z ci accorgiamo che è tutto il pianocomplesso, non ci sono dunque limiti al raggio di convergenza. In questi casi si dice chela funzione ha raggio di convergenza infinito.

Sviluppi in serie di Taylor - Pag.58

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Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Sviluppi in serie

Vediamo lo sviluppo di sen z in 0.

f � z ��sen z f ' � z ��cos z f ' ' � z ��sen z f ' ' ' � z ��cos z

f �0��0 f ' �0��1 f ' ' �0��0 f ' ' ' �0��1

e lo sviluppo risulta essere

sen z�zz3

3 !�

z5

5 !+ ... + �1�n z�2n�1�

�2 n�1�!�

n�0

��

�1�n z2n�1

�2 n�1�!

Anche sen z ha raggio di convergenza infinito perché è analitica in tutto il pianocomplesso.

In modo analogo si ricavano

cos z�1 z2

2 !�

z4

4 !+ ... + �1�n z�2 n�

�2 n�!�

n�0

��

�1�n z2n

�2 n�!

senh z�z�z3

3 !�

z5

5 !+ ... + z�2 n�1�

�2 n�1�!�

n�0

�� z2n�1

�2 n�1�!

cosh z�1� z2

2 !�

z4

4 !+ ... + z�2 n�

�2 n�!�

n�0

�� z2 n

�2 n�!

Anche tutti questi sviluppi hanno raggio di convergenza infinito.

Vediamo adesso f � z ��1

1z che ha sviluppo

f � z ��1�z�z2�z3 + ... + zn� n�0

��

zn

Questa funzione però non è analitica nel punto 1 per cui, avendo calcolato lo svilupponell'origine, ci accorgiamo che il raggio di convergenza è 1, cioè la serie converge pernumeri complessi che hanno modulo strettamente minore di uno. Dunque per calcolare ilraggio di convergenza è sufficiente calcolare la distanza tra il punto z0 e il piùvicino punto di non analiticità.

Giustificazione della formula diEulero

Gli esempi che abbiamo visto ci consentono di dare una prova della formula di Eulero, chea suo tempo non avevamo giustificato. Riprendiamo il seguente sviluppo di Taylor

e z� n�0

�� zn

n!

poniamo e z�e j t , otteniamo

Giustificazione della formula di Eulero - Pag.59

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Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Sviluppi in serie

e j t�1� j t�� j t �2

2 !�� j t �3

3 !�� j t �4

4 !+...

poniamo adesso e z�e j t , otteniamo

e j t�1 j t�� j t �2

2 !�� j t �3

3 !�� j t �4

4 !+...

esplicitiamo meglio gli sviluppi

e j t�1� j tt2

2 ! j

t3

3 !�

t 4

4 !+...

e j t�1 j tt2

2 !� j

t3

3 !�

t 4

4 !+...

sommiamo adesso le due serie membro a membro (e termine a termine per il membro didestra)

e j t�e j t�22 t 2

2 !�2 t 4

4 !+...= 2cos t � cos t�

e j t�e j t

2

sottraendo membro a membro otteniamo

e j te j t�2 j t2 jt3

3 !+...= 2 j sin t � sin t�

e j te j t

2 j

Abbiamo ottenuto le definizioni di seno e coseno complessi. Se noi eseguiamo laseguente somma

cos t� j sen t�e j t�e j t

2� j

e j te j t

2 j�e j t

otteniamo esattamente la formula di Eulero che è quindi così completamente giustificata.

Sviluppi in serie di LaurentPer questi sviluppi non ci sono analogiecol campo reale. La prima cosa chefacciamo è individuare una corona dicentro z0 . Essa è composta da duecirconferenze concentriche �1 e �2

di raggio r1 ed r2 . Prendiamo degliz che stanno dentro la corona ovvero

z�� : r1�zz0�r2 . Supponiamoadesso che questa corona circolare siauna corona di analiticità per f � z � . Senoi indichiamo con � una qualunquecirconferenza, percorsa in sensoantiorario, che stia all'interno di questacorona, la funzione f � z � con z�� : r1�zz0�r2

si può esprimere con la seguente serie di potenze:

Sviluppi in serie di Laurent - Pag.60

�2

�1

z0

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Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Sviluppi in serie

f � z �� n��

n���

cn� zz0�n�... +

cn

� zz0�n + ... +

c1

� zz0��c0�c1� zz0�+ ... + cn� zz0�

n + ...

ed i coefficienti cn hanno la seguente espressione

cn�1

2� j��

f ���

��z0�n�1 d �

osserviamo che l'espressione di cn è formalmente la stessa di an delle serie diTaylor, ma in questo caso la dobbiamo calcolare non solo con n positivo ma anche con nnegativo, facciamo dunque attenzione al fatto che l'espressione non ci fornisce più laderivata n-sima di f � z � , perché questo era possibile a due condizioni: con n positivo econ f � z � analitica in z0 , ed entrambe le condizioni non si verificano.

La dimostrazione si effettua separando la sommatoria in due pezzi nel seguente modo

f � z �� n��

n���

cn� zz0�n� f � z ��

n�0

n���

cn� zz0�n� f � z ��

n��

n�1

cn� zz0�n

e ragionando sui due pezzi separatamente, nello stesso modo in cui abbiamo ragionatoper la serie di Taylor.

Vediamo degli esempi.

Consideriamo

f � z ��sen z

z3 calcolata in z0�0

osserviamo subito che in z0 la funzione non esiste ed il suo modulo tende ad infinito,mentre invece in tutti gli altri punti del piano complesso la funzione è analitica, quindipossiamo pensare di fare lo sviluppo di Laurent, con una corona dalla circonferenzainterna molto piccola ed una esterna molto grande.

Ma calcolare il coefficiente di uno sviluppo di Laurent vuol dire risolvere un integralecomplesso, il che è molto difficile, quindi si ricorre ad alcuni artifizi che ci permettono dicalcolare in realtà uno sviluppo di Taylor che ci porti poi a quello di Laurent cercato.

Vediamo come si fa in questo caso. Si pensa alla nostra funzione come ad un prodotto

f � z ��sen z

z3 �1z3�sen z

osserviamo che il primo termine è già sviluppato in potenza di z per cui non necessita dinessun ulteriore calcolo, mentre sen z per z0�0 ha uno sviluppo di Taylor in quantoè analitica in tutto � . Possiamo dunque scrivere

f � z ��1z3� serie di Taylor del seno in z0�

1z3�

n�0

��

�1�n z2 n�1

�2 n�1�!

ed esplicitando otteniamo

Sviluppi in serie di Laurent - Pag.61

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Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Sviluppi in serie

f � z ��1z2�

n�0

13 !�n�1

�z2

5 !�n�2

z4

7 !�n�3

+ ...

osserviamo che si tratta in realtà di una serie di potenze di z, ma non si tratta solo dipotenze positive, bensì anche potenze negative.

Abbiamo una serie di Laurent che converge per ogni z appartenente alla corona dianaliticità, mentre in zero non esiste.

Consideriamo

g � z ��cos z

z

calcolata in z0�0

e procediamo con lo stesso metodo, ottenendo la serie di Laurent cercata

g � z ��cos z

z�

1z

cos z�1z �1 z2

2 !�

z4

4 !

z6

6 !+ ...���1

z

z2 !

�z3

4 !

z5

6 !+ ...�

Sviluppi in serie di Laurent - Pag.62

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Appunti di Capuzzo Alessandro - Singolarità

Singolarità Vogliamo utilizzare gli sviluppi in serie di Laurent per classificare alcuni punti di interesseper le applicazioni la cui caratteristica è proprio legata al tipo di serie di Laurent, centratain questi punti. Iniziamo quindi dando il quadro delle ipotesi in cui ci muoveremo.

Supponiamo di avere una regione � del piano complesso che ha le caratteristiche diessere un insieme aperto, connesso, supponiamo inoltre di avere un bordo regolare e disapere che, eccetto che in un punto z0 una funzione f � z � sia sicuramente analitica.In sintesi

f � z �analitica in �����z0�

Adesso si può prendere una corona circolare centrata in z0 ed in essa fare lo sviluppodi Laurent. Ovviamente dovrà essere

0�z�z0�r , per cui risulterà

f � z � �n ��

n ��

cn� z�z0�n

con cn 1

2� j��f ���

���z0�n�1 d �

con � bordo qualunque nell'intervallo dianaliticità. Osserviamo che potrebbero essercidelle situazioni in cui i cn sono nulli.Aggiungiamo adesso delle informazioni sulla

f � z � e vediamo cosa implicano.

f(z) è analitica in z0 :

vediamo quali ripercussioni porta questa informazione sulla serie di Laurent.Cominciamo col prendere n��1 e vediamo come è fatto il denominatore

1���z0�

n�1 ���z0��n�1

attenzione, essendo n��1 risulta essere �n�1�0 , quindi in realtà ci troviamo difronte ad un polinomio e non ad una fratta, quindi tutto l'integrando è analitico, ne

consegue che cn 1

2� j��f ���

���z0�n�1 d � 0 � n��1

E' facile osservare che lo sviluppo di Laurent si riduce ad uno sviluppo di Taylor. Diconseguenza possiamo dire che lo sviluppo di Laurent ha tutti i coefficienti con nminore di zero nulli. E' vero anche l'inverso, ovvero se tutti i coefficienti con n minore dizero dello sviluppo di Laurent sono nulli, la funzione è sicuramente analitica. Questasituazione ci porta ai seguenti due sotto casi

f(z) è analitica in z0 e f ���� z0��������0

Singolarità - Pag.63

r z0

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Appunti di Capuzzo Alessandro - Singolarità

costruiamo lo sviluppo in serie di Laurent

f � z � �n 0

n ��

cn� z�z0�n , c0�0

osserviamo che per l'ipotesi iniziale il coefficiente c0 è diverso da zero, quindi lasommatoria parte da zero, in quanto i coefficienti di n minore di zero sono nulli perchéla funzione è analitica in z0 .

f(z) è analitica in z0 e f ���� z0���� 0

diciamo subito che il coefficiente c0 deve essere uguale a zero e che lo sviluppo hamolteplicità uguale a N. Infatti l'indice della sommatoria non parte più da zero, perchéin zero il coefficiente è nullo; partirà dunque da un coefficiente più grande di zero, che èindicato proprio dalla molteplicità. Costruiamo lo sviluppo in serie di Laurent

f � z � �n N

n ��

cn� z�z0�n , c0 0

In questo caso si dice anche che la funzione, analitica in z0 , ha uno zero di ordineN.

Facciamo adesso la seguente considerazione: abbiamo detto che se una funzione ha unozero in z0 è analitica e i coefficienti del suo sviluppo hanno le seguenti caratteristiche

cn 0 � nNcN�0 ��� 1

f � z �� �z� z0

��

Facciamo una ulteriore osservazione. Riprendiamo il caso in cui

f � z � è analitica in ���z0�

e � f � z ���k � z����z0� (la funzione è limitata su tutta la regione)

in queste condizioni possiamo concludere che f � z � è analitica in z0 .

NOTA: in campo reale la limitatezza non implica nemmeno la continuità, mentre in campocomplesso, in queste condizioni, implica anche l'analiticità.

Singolarità isolateLe singolarità sono i punti di non analiticità.

Abbiamo una regione di analiticità, come al solito, dove il punto z0 è un punto di nonanaliticità e viene detto singolarità isolata se è l'unico in un suo intorno ad avere questacaratteristica. In altre parole è possibile centrare una circonferenza su z0 , dentro laquale z0 è l'unico punto di non analiticità.

Parleremo delle seguenti singolarità, che vengono dette singolarità isolate uniformi

���� Polo di 1° ordine

Singolarità isolate - Pag.64

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Appunti di Capuzzo Alessandro - Singolarità

���� Polo di ordine N

���� Singolarità essenziale

Faremo infine un accenno anche agli altri casi, comunque questi tre tipi di singolarità sonodi gran lunga le più presenti nelle applicazioni e di conseguenza le più importanti.

Poli di 1° ordineAbbiamo f � z �analitica in �����z0� con il seguente sviluppo di Laurent

f � z � �n �1

n ��

cn� z�z0�n con c�1�0 e cn 0 � n�1

A caratterizzare il polo di 1° ordine è il fatto che lo sviluppo parte da -1 e va a piùinfinito.

Osserviamo che lo sviluppo di Laurent non si riduce ad uno sviluppo di Taylor perché c'èuna potenza negativa, quindi la funzione non è analitica.

Esplicitiamo meglio lo sviluppo

f � z � c�1

z�z0

�c0�c1� z�z0��c2� z�z0�2 + ...

e mettiamo in evidenza 1

� z�z0�, ottenendo

f � z � 1

z�z0�c�1�c0� z�z0��c1� z�z0�

2�c2� z�z0�3��

chiamiamo questa somma h � z �

+ ...

Possiamo vedere che

- h � z � è una serie di Taylor e dunque è analitica

- h� z0� c�1�0

- f � z � h� z �z�z0

� Polo 1° ordine (le due simbologie sono equivalenti)

Vediamo adesso cosa succede mettendo la funzione a denominatore

1f � z �

1

�n �1

��

cn� z�z0�n

�n 1

��

bn� z�z0�n

Inizialmente non sappiamo dire da quale indice parte la serie, ma sviluppando i calcolitermine a termine osserviamo che bn 0 � n1 . In sintesi

�1

f � z � è analitica e nulla in z0 di ordine 1, in quanto b1�0

Riassumendo, abbiamo trovato tre modi per dire che una funzione è un polo del primoordine:

Poli di 1° ordine - Pag.65

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Appunti di Capuzzo Alessandro - Singolarità

1) se il suo sviluppo di Laurent parte da un indice -1;

2) se f � z � può essere riscritta come f � z � h� z �z�z0

con h(z) analitica e h � z0��0 ;

3) se 1

f � z � è analitica e nulla in z0 di ordine 1.

Osserviamo adesso che

se f � z � ha un polo del 1° ordine allora � f � z �� �z� z0

�� . Questo si deduce dal fatto chese la funzione fosse limitata in z0 allora sarebbe analitica, quindi deve essere illimitata.

Facciamo alcuni esempi.

f � z � cos z 1� z2

2 !�

z4

4 !+ ... + ��1�n z�2 n�

�2 n�! �

n 0

��

��1�n z2 n

�2 n�!in z0 0

osserviamo che

� non ci sono potenze negative

� c0�0

Conclusione: cos z in z0 0 è analitica e non nulla.

sen z z�z3

3 !�

z5

5 !+ ... + ��1�n z�2n�1�

�2 n�1�! �

n 0

��

��1�n z2n�1

�2 n�1�!in z0 0

osserviamo che

� non ci sono potenze negative

� c0 0

� c1�0

Conclusione: sen z in z0 0 è uno zero di 1° ordine

f � z � � z����sen� z��� in z0 �

il primo termine , � z��� , è già sviluppato in potenze di � z�z0� , mentre se vogliamosviluppare il secondo termine dobbiamo porre t z�� ed essendo

sen t t�t3

3 !�

t5

5 !+ ... + ��1�n t �2 n�1�

�2 n�1�!

si ottiene, sostituendo

sen � z��� � z����� z���3

3 !�� z���5

5 !+ ... + ��1�n

� z����2 n�1�

�2 n�1�!

Poli di 1° ordine - Pag.66

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Appunti di Capuzzo Alessandro - Singolarità

lo sviluppo è dunque

f � z � � z����� z����� z���3

3 !�� z���5

5 !+ ... + ��1�n

� z����2 n�1�

�2 n�1�!

f � z � 2� z����� z���3

3 !�� z���5

5 !+ ... + ��1�n

� z����2 n�1�

�2 n�1�!

osserviamo che

� non ci sono potenze negative

� c0 0

� c1�0

Conclusione: f � z � � z����sen � z��� in z0 � è uno zero di 1° ordine

f � z � sen z

zin z0 0

f � z � 1z�svil. del seno 1

z �z� z3

3 !�

z5

5 !+ ... + ��1�n z�2 n�1�

�2 n�1�! �==�1�z2

3 !�

z4

5 !+ ... + ��1�n z�2n�

�2 n�1�! �osserviamo che

� non ci sono potenze negative

� c0�0

Conclusione: f � z � sen z

zin z0 0 è analitica e non nulla.

Il risultato ottenuto in quest'ultimo esempio è interessante perché ci indica che la funzioneè analitica pur essendoci una z a denominatore. Bisogna quindi stare attenti a non trarremai conclusioni azzardate. Ricordiamo come già detto infatti che nel campo complesso,se una funzione è limitata in un intorno di un punto in tal punto è analitica. Non siconsidera più quindi il suo limite ma proprio il valore che essa assume.

Poli di ordine qualunqueParliamo adesso dei poli di ordine N�1 .

Poli di ordine qualunque - Pag.67

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Appunti di Capuzzo Alessandro - Singolarità

Le condizioni sono sempre quelle diavere un punto z0 che è unasingolarità isolata ed una funzione

f � z �analitica in �����z0� .

Prendiamo la solita corona0�z�z0�r con il seguente sviluppo di

Laurent

f � z � �n �N

n ��

cn� z�z0�n

con c�N�0 e cn 0 � n�N

Se esplicitiamo lo sviluppo e mettiamo in

evidenza 1

� z�z0�N otteniamo

f � z � 1

� z�z0�N �cN�cN�1� z�z0�+ ... ��

h� z �

con h� z � analitica in z0 (è una serie di Taylor) e h � z0��0 . Possiamo dunquescrivere

f � z � h � z �

� z�z0�N

Possiamo anche dire che f � z � è un polo di ordine N se1

f � z �ha in z0 uno zero di

ordine N.

Osserviamo ancora che � f � z �� �z� z0

�� (la funzione non è limitata in un intorno di z0 ),questa è una caratteristica dei poli di una funzione.

Vediamo alcuni esempi.

f � z � cos z

z4 in z0 0

Ci sono due diversi modi per valutare le singolarità di una funzione. Il primo è fare losviluppo in serie di Laurent, utilizzando lo sviluppo in serie di Taylor

f � z � cos z

z4 1z4 �1� z2

2 !�

z4

4 !+ ... � 1

z4�1

2 ! z2�14 !

+ ...

Osserviamo che 1 c�4�0 , per cui abbiamo un polo di ordine 4 in z0 0 .

Il secondo modo è di vedere la funzione come segue

Poli di ordine qualunque - Pag.68

�2

r �1

z0

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Appunti di Capuzzo Alessandro - Singolarità

f � z � h� z �� z�z0�

4 h� z �

z4 con �h� z � cos zcos 0 1�0

e siamo dunque in grado di vedere subito che abbiamo un polo del 4° ordine in z0 0 .

f � z � z sen z�2cos z�2

z6 in z0 0

Se il numeratore, ponendo z 0 , venisse diverso da zero, potremmo subito dire diavere un polo del 6° ordine in z0 ; però è zero, quindi dobbiamo per forza passareattraverso gli sviluppi di Laurent.

f � z � z�z� z3

3 !�

z5

5 !+ ... ���2�2 z2

2 !�2 z4

4 !�2 z6

6 !+ ... ��2

z6 =

=�z2�

z4

3 !�

z6

5 !+ ... ����2 z2

2 !�2 z4

4 !�2 z6

6 !+ ... �

z6 =

=�z2�z2�4 z4

4 !�2 z4

4 !�6 z6

6 !�2 z6

6 !+ ... �

z6 =��2 z4

4 !�4 z6

6 !+ ... �

z6 =

=� �24 ! z2�

46 !

+ ... �si vede che la funzione è un polo del 2° ordine in z0 0

f � z � 1

� z�4�5 z3� z2�1� prendendo in considerazione i punti

z1 4

z2 0

z3 j

z4 � j

osserviamo che questi 4 punti sono i punti che annullano il denominatore. Esso è infatti unprodotto di più fattori:

il 1° si annulla in 4

il 2° si annulla in 0

il 3° si annulla in j

Questi quattro zeri del denominatore sono candidati ad essere delle singolarità di tipopolare. Facciamo uno studio per ciascuno di questi.

Poli di ordine qualunque - Pag.69

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Appunti di Capuzzo Alessandro - Singolarità

z1 4

La funzione può essere riscritta nel seguente modo

f � z �

1z3� z2�1�� z�4�5

e possiamo osservare che nel punto 4 il numeratore è analitico e diverso da zero,

quindi è corretto porre h � z � 1

z3� z2�1� e si riscrive la funzione proprio nel seguente

modo

f � z � h � z �� z�4�5

Quindi la funzione in z1 4 è un polo di ordine N =5.

z2 0

La funzione può essere riscritta nel seguente modo

f � z �

1� z�4�5� z2�1�

z3

ed anche in questo caso il numeratore è analitico e diverso da zero in 0, per cui

f � z � h� z �

z3

e la funzione in z2 0 è un polo di ordine N=3.

z3 j

Prima si fattorizza il termine � z2�1� � z� j �� z� j� e la funzione può essere riscrittanel seguente modo

f � z �

1� z�4�5 z3� z� j �

� z� j �

h � z �� z� j �

e la funzione in z3 j è un polo del 1° ordine

z3 � j

Si fattorizza nuovamente il termine � z2�1� � z� j�� z� j � e la funzione può essereriscritta nel seguente modo

f � z �

1� z�4�5 z3� z� j �

� z� j �

h � z �� z� j �

e la funzione in z4 � j è un polo del 1° ordine

Poli di ordine qualunque - Pag.70

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Appunti di Capuzzo Alessandro - Singolarità

Singolarità essenzialiSiamo sempre nelle condizioni di poterfare uno sviluppo in una coronacircolare e supponiamo che esso sia il

seguente f � z � �n ��

n ��

cn� z�z0�n

ove cn�0 per infiniti n negativi.

Osserviamo subito che in questo casonon è possibile avere un N dal quale laserie parta, come nel caso dei poli. Inquesto caso si dice che f(z) ha in z0

una singolarità essenziale.

Facciamo la seguente considerazione:

f(z) ha in z0 una singolarità essenziale se � z�z0�N f � z � non è analitica in z0 � N .

Per spiegarci meglio ricordiamo che quando avevamo una funzione che in z0 aveva unpolo di ordine N, era valida la seguente

f � z � h � z �

� z�z0�N � f � z �� z�z0�

N h� z �

bene, nel caso di singolarità essenziale non esiste N per il quale l'uguaglianza si verifica,ovvero lo sviluppo in serie di Laurent ha infinite potenze negative.

Un'altra caratteristica delle singolarità essenziali è la seguente

� f � z �� non è limitata per z� z0 ed il limz� z0

� f � z �� non esiste.

Vediamo il seguente teorema.

Teorema di Piccard

Se f � z � ha una singolarità essenziale allora f � z � assume tutti i valori eccetto al piùuno in ogni intorno di z0 .

Ciò è legato proprio al fatto che la funzione in z0 non ha limite, in quanto vi è unafortissima oscillazione ed assume tutti i valori possibili.

Consideriamo la funzione 1

f � z �

se f � z � ha in z0 una singolarità essenziale, la sua inversa1

f � z �ha una singolarità

essenziale o una singolarità non isolata.

Singolarità non isolata significa che in ogni intorno di z0 c'è un'altra singolarità, o di tipopolare o di altro genere. L'osservazione più importante è che nel passare all'inverso la

Singolarità essenziali - Pag.71

�2

r �1

z0

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Appunti di Capuzzo Alessandro - Singolarità

singolarità permane.

Vediamo alcuni esempi.

f � z � e1z

Cerchiamo lo sviluppo di Laurent in z0 0 .

La funzione è analitica dappertutto escluso che nello zero, quindi è possibile calcolare icoefficienti cn , solo che è un'operazione piuttosto laboriosa, cerchiamo dunque unascorciatoia.

Conosciamo il seguente sviluppo

et 1�t�t 2

2 !�

t3

3 !+...+ tn

n! �

n 0

�� tn

n!

e sappiamo che il suo raggio di convergenza è infinito, in quanto la funzione è analitica intutto il piano complesso. Quindi, se, come in questo caso, la funzione converge per ogni t,

allora noi possiamo prendere t 1z

, quindi possiamo sostituire

e�1z � 1��1z ��

�1z �2

2 !��1z �

3

3 !+...+�1z �

n

n! 1�1

z�

1z2 2 !

�1

z3 3 !+...+ 1

zn n! �

n 0

�� 1zn n!

osserviamo però che abbiamo ottenuto infinite potenze negative. Abbiamo dunque unasingolarità essenziale.

f � z � sen�1z � da sviluppare in z0 0

E' una funzione analitica in tutto il piano complesso escluso lo zero, quindi cerchiamo il

suo sviluppo. Poniamo ancora t 1z

con z�0 e otteniamo

sen�1z � 1z�

1z3 3 !

�1

z5 5 !+ ...

Anche questo è uno sviluppo convergente formato da infinite potenze negative. Abbiamouna singolarità essenziale.

Osservazione.

Prendiamo l'inversa di f � z � :

Singolarità essenziali - Pag.72

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Appunti di Capuzzo Alessandro - Singolarità

g � z � 1

sen�1z �questa si annulla per

1z k� z

1k�

con

k�0

Se rappresentiamo nel piano questi punti,osserviamo che si addensano verso l'origine delpiano complesso, e questo significa che in ogniintorno del punto z0 , ci sono sempre degli zeridel denominatore che sono tutti poli del 1°ordine. Abbiamo una singolarità non isolata.

Punto all'infinito di CIl modo più efficace per renderevisivo il punto all'infinito di ! èquello di operare come segue.Immaginiamo di disegnare il pianocomplesso in modo che siaortogonale al foglio. Abbiamo inquesto modo un asse verticale chenon fa parte del piano.Appoggiamo una sfera di raggiounitario al piano, tangentenell'origine, ed operiamo attraversouna proiezione geometrica cheviene chiamata proiezionestereografica. Il centro della sferasi trova nel punto di coordinate(0,0,1), mentre il suo polo nord sitrova nel punto di coordinate(0,0,2) ed il polo sud hacoordinate (0,0,0). Cerchiamo di costruire una corrispondenza biunivoca tra i punti chestanno sulla superficie sferica ed i punti che stanno sul piano x,y, nel seguente modo:congiungiamo con una retta il polo nord della sfera con un punto di coordinate x0, y0 nelpiano, ebbene questa retta interseca la sfera in un punto. Diciamo quindi che il punto delpiano complesso ed il punto della sfera sono in corrispondenza biunivoca. Ci si rendeintuitivamente conto che in questo modo tutti i punti del piano sono in corrispondenza contutti i punti della sfera eccetto uno, il polo nord della sfera. Questo ci permette di affermareche il polo nord rappresenta il punto all'infinito del piano complesso.

Sempre ragionando sulla proiezione stereografica del piano complesso possiamoosservare che il punto all'infinito non è altro che un punto come tutti gli altri ed è perquesto che ci possiamo chiedere cosa è l'intorno del punto all'infinito. Sempre sullasuperficie sferica possiamo prendere una calotta che sta intorno al polo nord ed osservareche la sua proiezione sul piano complesso è una circonferenza che ha un raggio tanto

Punto all'infinito di C - Pag.73

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Appunti di Capuzzo Alessandro - Singolarità

maggiore quanto più la calotta, cioè l'intorno del polo nord, è piccola, ovvero tanto più ciavviciniamo al polo nord stesso. I punti che stanno all'esterno della circonferenza sulpiano complesso, corrispondono a quelli che si trovano all'interno della calotta e sonol'intorno di infinito.

Quella di cui abbiamo trattato è la sfera di Noimann.

Adesso che abbiamo dato una forma al punto all'infinito, cerchiamo di classificare lesingolarità in questo punto.

Prendiamo una funzione f � z � con z�! e z0 � . Se noi facciamo un cambio di

variabile di questo tipo w 1z

, ci accorgiamo che nella sfera di Noimann abbiamo

cambiato tra loro il polo sud con il polo nord ed otteniamo una nuova funzione

f � 1w � g �w� . Questo è il passaggio che dobbiamo fare per studiare funzioni di questo

tipo.

Supponiamo di avere f � z � analitica in un intorno di z0 � (questo vuol dire che seprendiamo una circonferenza di raggio R arbitrariamente grande, all'esterno di questacirconferenza la funzione è comunque analitica). Possiamo fare uno sviluppo di Laurent in

w0 0 nella regione esterna al cerchio di raggio R. Quindi avremo

f � z � �n ��

n ��

cn� z�z0�n con cn

12� j��

f ���

���z0�n�1 d �

dopo il cambio di variabile abbiamo

g �w� �n ��

n ��

cn1zn in z0 0 con �w�

1R

osserviamo che la potenza di n è passata a denominatore, quindi non ci sono potenzenegative quando sono nulli i coefficienti con n�1 .

La funzione è analitica in z0 � , w0 0 se cn 0 � n�1

Vi è uno zero di ordine N se cn 0 � n"�N c�N�0

Vi è in polo di ordine N se cn 0 � n"N cN�0

C'è una singolarità essenziale se cN�0 per infiniti indici n"0 .

Facciamo qualche esempio.

Polinomi.

f � z � 1�2 z2�3 z3 in z0 �

si fa subito il cambio di variabile z 1w

z0 � � w0 0

g �w� 1� 2w2�

3w3

w0 0 è un polo triplo � z0 � è un polo triplo

Punto all'infinito di C - Pag.74

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Appunti di Capuzzo Alessandro - Singolarità

Funzioni razionali.

f � z � z3

� z�1�� z�2�� z�3�in z0 �

si fa subito il cambio di variabile z 1w

z0 � � w0 0

g �w� 1w3�

w3

�1�ww ��1�2 w

w ��1�3 ww �

1w3�

w3

�1�w��1�2 w��1�3 w�

g �w� 1

�1�w��1�2 w ��1�3 w � 1 in w0 0

quindi z0 � è un punto di analiticità e non è uno zero di g �w � . Anche z0 � è unpunto regolare analitico per f � z � .

Esponenziali.

f � z � e z

si fa subito il cambio di variabile z 1w

z0 � � w0 0

g �w� e1w 1� 1

w�

12 ! w2� ...

w0 0 è singolarità essenziale per g �w � , quindi

z0 � è singolarità essenziale per f � z � .

Singolarità non uniformiConsideriamo

f � z � # z

f � z � log z

osserviamo che funzioni di questo genere non sono ben definite perché danno più di unvalore. Se però noi evitiamo di considerare il periodo (che è quello che ci fa ottenere ivalori molteplici) e ci imponiamo di considerare z $e j% con 0�%�2� , allorapossiamo studiare l'analiticità anche di queste funzioni.

Riconsideriamo f � z � # z e ci accorgiamo che è sempre analitica eccetto che in z0 0

, essa infatti vale f � z � # z #$ej%

2 .

Ma il punto di non analiticità z0 0 prende il nome particolare di punto di diramazione.

Questo capita perché avendo fissato l'angolo ( 0�%�2� ) se noi percorriamocompletamente una circonferenza centrata in z0 0 partendo da un punto z , quandonoi torniamo sullo stesso punto, la funzione ci dà un valore diverso. Ad esempio

Singolarità non uniformi - Pag.75

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Appunti di Capuzzo Alessandro - Singolarità

#e j 0 ej 0

2 1 ... se facciamo un giro completo ...

#e j 2� e j� �1

Nei punti distinti da z0 0 la funzione è analitica ma è comunque molto particolare dastudiare, perché quando si fissa l'angolo % in realtà si individua una determinazione,come se si decomponesse il piano complesso in tanti piani complessi paralleli uno all'altroe collegati tra loro dai punti di diramazione, quindi la funzione è analitica in ciascuna delledeterminazioni e quando se ne fa il giro completo intorno ad un punto di diramazione nonsi torna al punto di partenza ma ci si è infilati in un'altra diramazione.

Questa è una caratteristica delle funzioni che danno più valori.

Singolarità non isolateLa singolarità non isolata è quella singolarità nel cui intorno cadono sempre singolarità.Studiamola con un esempio

f � z � 1

sinh 1z

Per capire che tipo di singolarità ci sono, chiediamoci dove si annulla il seno iperbolico,

quindi poniamo z 1w

e chiediamoci quando sinh w 0 . Ricordando la forma

complessa del seno iperbolico, che è la seguente

senh w ew�e�w

2

ci riduciamo a risolvere la seguente equazione

ew�e�w

2 0 � ew�e�w 0 � ew e�w

e moltiplicando ambedue i membri per ew si ottiene e2 w 1 e j 2 k� e si può dire che idue esponenziali sono uguali quando sono uguali gli argomenti, ovvero quando

2 w j 2 k� � w j k�

ritornando alla z si ha

1z j k� � z

1k� j

� jk�

con k�& k�0

Se adesso noi facciamo lo sviluppo di Laurent, ci accorgiamo che

z k � jk�

sono tutti poli del 1° ordine

Se proviamo a mettere su di un grafico tutti questi valori ci accorgiamo che stanno tuttisull'asse immaginario e si addensano avvicinandosi allo zero; z0 0 è dunque unasingolarità non isolata.

Singolarità non isolate - Pag.76

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Appunti di Capuzzo Alessandro - Singolarità

Tabelle riassuntiveTipi di singolarità

Singolarità

TIPO ESEMPIO NEL PUNTO

apparentisen z

zz0 0

poli1

z�1z0 1

essenziali e1z z0 0

punti didiramazione # z z0 0

non isolate1

senh1z

z0 0

Maggiori singolarità

f1f

SERIE LIMITE ESEMPIO

zero N polo N �N

��

0 sen z

analitica ����0 analitica ����0 �0

��

����0 cosh z

polo N zero N ��N

��

��������cos z

z2

essenziale non polo ���

��

non esiste e1z

Tabelle riassuntive - Pag.77

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Appunti di Capuzzo Alessandro - Singolarità

Osservazioni finaliConsideriamo la funzione

f � z � e z in z0 �

sostituiamo w 1z

f �w� e1w

e vediamo che abbiamo una singolaritàessenziale. Riscriviamo adesso la funzionecome f � z � e z e x e j% e prendiamo soloquesti valori dell'argomento: 0�%2� .Abbiamo in pratica ristretto il dominio aduna fascia come descritto in figura, dove gliassi rappresentano modulo e argomento delnumero complesso. Se proviamo adesso avedere qual'é l'immagine di questarestrizione del dominio, ci accorgiamo che ètutto il piano complesso escluso lo zero, inquanto e x è il modulo della funzione e cida tutti i valori, escluso lo zero, e j % èl'argomento e nella restrizione che ci siamodati, vengono comunque compresi tutti i possibili angoli. Se adesso noi andiamo a cercareuna circonferenza grande, centrata nello zero, ci accorgiamo che per quanto grande essasia (ovvero se prendiamo un intorno di infinito, per quanto piccolo esso sia) ci accorgiamoche esisterà sempre una fascia esterna a questa circonferenza (dentro l'intorno di infinito),che avrà come immagine tutto ! e sarà del tipo �2 k� ,2�k�1��� . Questo ci chiarisceulteriormente il significato del teorema di Piccard e della non esistenza del limite per unasingolarità essenziale.

Osservazioni finali - Pag.78

2 �k�1��

2 k�

2�

O

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Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Residui

ResiduiSia f � z � analitica in � e sia z0

una singolarità isolata. E' dunquepossibile considerare una corona���z�z0��r , dove la funzione è

analitica e z0 sia l'unica singolarità.

In questa regione possiamo fare losviluppo di Laurent ed ottenere alsolito

f � z �� n��

n��

cn� z�z0�n

Il coefficiente c�1 prende il nome diresiduo della funzione f � z � in z0 esi usa scrivere

R f � z �� z0��c�1

Richiamiamo la definizione di coefficiente di uno sviluppo di Laurent

cn�1

2� j �

f � z �� z�z0�

n�1 d z

con � uguale a qualunque cammino chiuso all'interno della corona circolare (abbiamoinoltre utilizzato il simbolo di integrale chiuso per sottolineare il fatto che � è una curvachiusa). Osserviamo quindi che l'espressione di c�1 e quindi del residuo è la seguente

R f � z �� z0��c�1�1

2� j �f � z �d z

Teorema dei residui.

Sia f � z � analitica in ��� eccetto che in zk�� con k�1,2 ,3 , ... , n (ovvero eccettoche in un numero finito di punti che evidentemente sono delle singolarità isolate per lafunzione),

allora

�f � z �d z�2� j

k�1

n

R f � z �� zk �

Vediamo di capirne il senso.

Abbiamo ��� nel piano complesso ed un certo numero finito di punti z1 , z2 , ... ,zk , .. , zn che sono le singolarità di f � z � ed abbiamo da calcolare l'integrale su �

di f � z � . Se noi disegniamo dei circoletti di raggio abbastanza piccolo da permettere adogni circoletto di essere tutto contenuto nella regione � di analiticità e all'interno di

Residui - Pag.79

r

� z0

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Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Residui

ciascuno di essi ci sia soltanto una singolarità, possiamo indicare con �1 il cerchio che

contorna z1 ,con �2 il cerchio che contorna z2 ,con �k il cerchio che contorna zk

,con �n il cerchio che contorna zn .

Consideriamoli inoltre percorsi in senso orario. Possiamo adesso considerare l'integrale dilinea che ha per cammino il bordo della regione � alla quale sono stati tolti gli n cerchi(ovvero vi abbiamo creato dei buchi) ognuno dei quali le ha sottratto un punto di nonanaliticità, per cui la regione così “bucata” è tutta di analiticità.

Grazie al teorema di Cauchy risulta quindi vero che

������1�����2��...����k��...����n�f � z ��0

ma per la proprietà di addittività degli integrali, l'integrale sopra può essere visto come unasomma di integrali (o sottrazione, se si inverte il senso del cammino)

��f � z �dz���1

f � z �dz���2

f � z �dz� ... ���k

f � z �dz� ... ���n

f � z �dz�0

possiamo quindi sostenere che

�f � z �dz�2� j�

12� j �1

f � z �dz�

R f � z1�

�1

2� j �2

f � z �dz�

R f � z2�

� ... � 12� j �n

f � z �dz�

R f � zn��

Residui - Pag.80

�k

z k

�1

z1 �2

z2

zn �n

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osserviamo che ognuno dei termini tra parentesi quadre altro non è che il residuocalcolato nel punto zk . Questo ci porta alla stessa conclusione del teorema dei residui,ovvero

�f � z �d z�2� j

k�1

n

R f � z �� zk �

Si potrebbe osservare che il teorema dei residui ci complica la vita, in quanto siamopassati da un unico integrale di linea ad n integrali di linea, ma non è così, poichévedremo che il calcolo pratico dei residui in realtà è molto semplice. Quindi il teorema deiresidui acquisisce una grande importanza nei calcoli pratici.

Supponiamo di avere la funzione

f � z ��1z

singolare in z0�0 e di chiederci qual'é il suo residuo nell'origine.

Abbiamo

R f �0��1

2� j �

1z

dz

Essendo � una curva arbitraria, scegliamo la circonferenza di raggio unitario centrata inz0�0 , ovvero � : e j� 0���2�

si ha

z�e j�

dz� j e j� d �

e l'integrale diventa

R f �0��1

2� j 0

2� 1e j� j e j�d ��

12� j

2� j�1

Osservazione.

Supponiamo di avere una regione ��� che é tutta di analiticità eccetto alcuni punti. Lasua particolarità è di avere un numero m finito di singolarità anche sul bordo le qualichiameremo zi . Osserviamo che la presenza di singolarità sulla curva di integrazionerende l'integrale di linea un integrale improprio e non è più sufficiente cercare diparametrizzare le curve per dargli un significato. Bisogna cercare di interpretarlo in unmodo opportuno che prende il nome di valor principale secondo Cauchy (v.p.).

Questa situazione modifica la formula del teorema dei residui nel seguente modo

�f � z �d z�2� j�k�1

n

R f � z �� z k ��12i�1

m

R f � z �� z i�� z k�� z i��

possiamo osservare che il contributo dei residui sul bordo viene dimezzato.

Residui - Pag.81

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Calcolo pratico dei residui inpoli del 1° ordine

Abbiamo visto che nel caso di poli del primo ordine la funzione può essere così riscritta

f � z ��h� z �z�z0

con h� z � analitica e h � z0��0

abbiamo immediatamente

R f � z0��h� z0� � limz� z0

� z�z0� f � z � (si prende la parte analitica calcolata in z0 )

se invece la funzione si presenta nel seguente modo

f � z ��n � z �d � z �

con n � z0��0 la singolarità polare dipende dal fatto che il denominatore si annulla conuno zero del primo ordine, si può osservare che il calcolo pratico del residuo è dato dallaseguente espressione

R f � z0��n� z0�

d ' � z0�(si fa la derivata del denominatore)

Facciamo degli esempi.

f � z ���2 z�1�z2�z�2

Vogliamo calcolare i residui nelle sue singolarità, che sono evidentemente, essendo unafunzione razionale, i punti in cui si annulla il denominatore, verificato che non si annullinello stesso punto anche il numeratore.

Risolviamo dunque l'equazione

z2�z�2�0

il denominatore si annulla in

z1�2

z2��1

Risolviamo l'esercizio utilizzando entrambe le regole

� Applichiamo la 1° regola.

Riscriviamo f � z � evidenziando le singolarità

f � z ���2 z�1�

� z�2�� z�1�

osserviamo che quando noi vogliamo calcolare il residuo nel punto z1�2 avremo

Calcolo pratico dei residui in poli del 1° ordine - Pag.82

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f � z ��

�2 z�1�� z�1�

�h� z �

� z�2�

da calcolare appunto in z1�2 ed otteniamo

R f �2����2 z�1�� z�1� �

2�

53

se invece vogliamo calcolare il residuo nel punto z2��1 avremo

f � z ��

�2 z�1�� z�2�

�h� z �

� z�1�

da calcolare appunto in z2��1 ed otteniamo

R f ��1����2 z�1�� z�2� �

2�

13

� Applichiamo la seconda regola

f � z ��n� z �d � z �

��2 z�1�z2�z�2

R f � z k ��n� z k �

d 1� z k ��

�2 z�1��2 z�1�

per cui nel punto z1�2 avremo

R f � z1��n � z1�

d 1� z1��

�2 z1�1��2 z1�1�

�53

e nel punto z2��1 avremo

R f � z2��n� z2�

d 1� z2��

�2 z2�1��2 z2�1�

�13

Calcolo pratico dei residui inpoli di ordine N>=1

Questo è un caso più generale del precedente, che ne è compreso.

Se la nostra funzione ha un polo di ordine N avrà il seguente sviluppo di Laurent

f � z �� n��

n��

cn� z�z0�n�... +

c�n

� z�z0�n + ... +

c�1

� z�z0��c0�c1� z�z0�+ ... + cn� z�z0�

n + ...

è abbastanza semplice osservare che se moltiplichiamo f � z ��� z�z0�n otteniamo

f � z ��� z�z0�n�c�n�c�n�1� z�z0�+ ... + c�1� z�z0�

n�1�c0� z�z0�n�c1� z�z0�

n�1 + ...

Calcolo pratico dei residui in poli di ordine N>=1 - Pag.83

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ed osserviamo subito che abbiamo f � z ��� z�z0�n�h� z � che non è altro che la parte

analitica della funzione. Possiamo quindi riscrivere la funzione come

f � z ��f � z �� z�z0�

n

� z�z0�n �

h� z �� z�z0�

n

Facciamo però attenzione adesso, perché l'indice che ci interessa per avere il residuo èquello indicato sotto

f � z ��� z�z0�n�c�n�c�n�1� z�z0�+ ... + c

�1� z�z0�

n�1�c0� z�z0�n�c1� z�z0�

n�1 + ...

se però noi ricordiamo che i coefficienti dello sviluppo di Taylor ci vengono forniti dalladerivata n-sima, possiamo ritenere che h�n�1�� z0���n�1�! c�1 per cui il calcolo pratico è

c�1�h�n�1�� z0�

�n�1�!

L'espressione del residuo è dunque la seguente

R f � z0��1

�n�1�!h�n�1�� z0� � R f � z0��

1�n�1�!

�limz� z0

d �n�1�

dz�n�1� �� z�z0�n f � z ��

osserviamo che per n�1 ci si ritrova esattamente la stessa definizione data per i poli di1° ordine, mentre non abbiamo una regola pratica per quanto riguarda funzioni espressein forma frazionaria, che è un'esclusività dei poli di 1° ordine.

Facciamo qualche esempio.

f � z ��� z�1�2

� z�1�2

la funzione non è analitica in z0�1 dove vi è un polo del 2° ordine.

vediamo che la funzione analitica è

h � z ��� z�1�2

ed essendo n�2 dobbiamo farne la derivata prima calcolata nella singolarità ovvero nelpunto 1.

h�1��1���2� z�1��z�1�4

quindi il residuo della funzione nel punto 1 è uguale a 4.

f � z ��sen z

z3

la funzione è singolare nel punto z0�0 e se facciamo lo sviluppo di Laurent ciaccorgiamo che è un polo del 2° ordine.

Calcolo pratico dei residui in poli di ordine N>=1 - Pag.84

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Dobbiamo quindi pensare che sen z

zsia analitica (in zero infatti il suo limite è 1, è un

limite fondamentale) e riscrivere la funzione nel seguente modo

f � z ��

sen zzz2

per cui si ha che il residuo vale

R f �0��� ddz

sen zz �

z�0�� z cos z�sen z

z2 �z�0

non dobbiamo dimenticarci mai che dobbiamo vedere questa funzione sempre come un

limite, che in questo caso, svolgendo i calcoli risulterebbe indeterminato �00� . Per

capire quanto vale possiamo provare a fare lo sviluppo di Taylor a numeratore

R f �0��� cos z�sen zz2 �

z�0

���1� z2

2 !+ ... �z�z�

z3

3 !+ ...

z2 �z�0

�0

Sommando i termini del numeratore si vede che lo sviluppo di Taylor parte da unapotenza cubica, quindi di ordine maggiore e predominante sul denominatore. In questocaso il residuo è zero, bisogna dunque stare attenti a non pensare che siccome il residuoè nullo la funzione sia analitica, perché è un polo del 2° ordine ed in z�0 abbiamo unasingolarità.

f � z ��e z

� z�1�2

si vede che z�1 è un polo del 2° ordine e che h� z ��e z , per cui

R f �1��h�1��1���e z �z�1�e

Integrali impropri col metodo deiresidui

Cominciamo con il caso in cui la funzione integranda è razionale del tipo

f � x ��P �x �Q � x�

con grado di P � x��2�grado di Q � x�

siamo nel caso in cui l'integrale improprio

��

f �x �dx

è convergente, sempre nel caso che Q(x) non abbia zeri sull'asse reale. Estendendo lavariabile x al piano complesso dove Re z = x, il calcolo dell'integrale può essere fatto col

Integrali impropri col metodo dei residui - Pag.85

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metodo dei residui:

siano gli z k poli di f � z � con Im z k!0, 1�k�n (nella regione) e

siano gli z i poli semplici di f � z � con Im z i�0, 1�i�m (nel bordo della regione)

allora abbiamo

��

f �x �dx�2� j�k�1

n

R f � z �� z k ��12i�1

m

R f � z �� z i��Facciamo un cenno di dimostrazione.

Se noi scriviamo l'integrale di linea di f � z � dove la linea è l'asse reale, che inizialmentesupponiamo privo di singolarità, abbiamo

��

f � x�dx�integrale improprio

���� ,��f � z �dz�

integrale di linea su"

� limR��

��R

�Rf � z �dz

�integrale improprio pensatocome limite

� limR��

���R ,�R�f � z �dz

�integrale di linea su#

Adesso chiudiamo il cammino con una semicirconferenza �R di raggio R centratanell'origine e cerchiamo di capire quanto vale l'integrale di quest'ultima per R che tendead infinito

���f � z �dz����

� f � z �dz����� f � z ���dz��k��� 1

z2��dz��

essendoil grado di P �x��2�grado di Q � x�

se osserviamo che stiamo integrando su di una semicirconferenza possiamo porre

z�R e j� 0����

Integrali impropri col metodo dei residui - Pag.86

�R

-R+R

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dz�R e j� j d � �dz��R d �

per cui l'integrale diventa

���f � z �dz��k��� 1

z2��dz���o

� 1R2 R d ��

R�

R�0

è dunque lecito sommare zero ad un'uguaglianza nel seguente modo

��

f �x �dx� limR��

���R ,�R�f � z �dz� lim

R����R

f � z �dz� ��R , R���R

f � z �dz

ma con R sufficientemente grande da racchiudere tutte le singolarità nel semipianopositivo, possiamo osservare che ci ritroviamo di fronte ad un integrale di linea su di unacurva chiusa con delle singolarità al suo interno, possiamo quindi applicare il teorema deiresidui. Si ha dunque

��

f �x �dx�2� jk�1

n

R f � z �� zk �

Se siamo invece nel caso in cui si hanno delle singolarità sull'asse reale essecontribuiranno per la metà della loro sommatoria; giungeremo così alla formulainizialmente enunciata

��

f �x �dx�2� j�k�1

n

R f � z �� z k ��12i�1

m

R f � z �� z i�� .

Vediamo qualche esempio.

��

� 11�x2 dx

La prima osservazione che possiamo fare è che noi questo integrale improprio losapevamo già calcolare. Quello che vogliamo fare infatti è introdurre un metodo nuovo edalternativo per il calcolo degli integrali impropri, che si dimostra comunque più rapido edefficace di quello tradizionale.

Il primo passo da fare è dunque pensare all'integrale come cammino sull'asse reale delpiano complesso di una funzione complessa nel seguente modo.

��

� 11�x2 dx���� ,��

11�z2 dz

Le singolarità sono nel punto j e nel punto -j, nel semipiano positivo c'è la sola singolaritàj, possiamo dunque subito dire che

��

� 11�x2 dx�2� j R 1

1�x2

� j ��2� j� 12 z �z� j

��

��

� x2

�1�x2�2 dx���� ,��

z2

�1�z2�2 dz

Integrali impropri col metodo dei residui - Pag.87

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Anche in questo caso le singolarità sono nel punto j e nel punto -j, nel semipiano positivoc'è la sola singolarità j, ma adesso sono poli doppi.

Calcoliamo il residuo

R z2

�1�z2�2

�� ddz

z2

� j�z �2 �z� j

�2 z � j�z �2�z2 2� j�z �

� j�z �4 �z� j

�2 j � j� j�2� j2 2� j� j�

� j� j�4 =

=2 j �2 j �2� j2 2�2 j �

�2 j �4 ��8 j�4 j

16�

�4 j16

�� j4

L'integrale vale dunque

��

� x2

�1�x2�2 dx�2� j�� j4

��

2

Per persuaderci sull'efficacia del metodo dei residui lasciamo allo studente il calcolodell'integrale secondo il metodo tradizionale (è molto più complesso)

��

� x2

�1�x4�dx���� ,��

z2

�1�z4�dz

Vediamo che le singolarità sono le radici quarte di z=-1

4$�1�4$e j��2 k � j�e

j�

4�k

2�

4j

Vediamo che nel semipiano superiore abbiamo

ej�

4 , ej

3�

4 .

Abbiamo quindi

��

� x2

�1�x4�dx���� ,��

z2

�1�z4�dz�2� j�� z2

4 z3 �e

j�

4

�� z2

4 z3 �e

3 j�

4�=

= 2� j� 14

e� j

4 �14

e�3 j

4 ��2� j14

e� j 2

4 �ej�

4 �e� j

4 ���

2j e

� j�

2 �2 cos�

4 �=

=�

2j �� j��2 cos

4 ���

2 �2cos�

4 ��� $22

Lemma di Jordan (per camminiparalleli all'asse reale)

Si ha da calcolare il seguente integrale improprio

��

� P �t �Q �t �

e j a t dt a�" , t�" , t�0 e grado di P �t ��grado di Q �t �

Lemma di Jordan (per cammini paralleli all'asse reale) - Pag.88

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essendo a e t reali, abbiamo una combinazione di seni e coseni complessi. Le singolaritàdipendono tutte dal termine frazionario.

NOTA: Il calcolo dell'integrale è diverso a seconda che il modulo dell'esponenziale tendaa zero sul semipiano positivo o sul semipiano negativo.

Calcoliamo il modulo dell'esponenziale, ma prima portiamo t nel piano complessopassando ad una variabile complessa

s�t� j%

�e j a s���e j a t� j a�j %���e j a t��e�a%��e�a%

passaggio che abbiamo potuto fare ricordando che il modulo di un esponenziale conargomento un immaginario puro è uguale ad uno. Quindi il comportamentodell'esponenziale dipende dal valore di a.

� a!0 , il modulo dell'esponenziale tende a zero quando %�� ; semipianosuperiore

� a�0 , il modulo dell'esponenziale tende a zero quando %�� ; semipianoinferiore

Per cui

��

� P �s�Q �s�

e j a s ds��a!0�2� j�

k�1

n

R f �s�� z k ��12i�1

n

R f �s�� z i���singolarità sul semipiano positivo per gli zk che hanno parte immaginaria!0

a�0��2� j�h�1

n

R f �s�� zh��12i�1

n

R f �s�� z i���singolarità sul semipiano negativo per gli zh che hanno parte immaginaria�0

con f � s��P � s�Q � s�

e j a s

Questo perché, se ricordiamo che percalcolare gli integrali impropri attraverso iresidui era necessario chiudere il percorsodi integrazione con una curva che avevaintegrale nullo, adesso, essendovi lacomplicazione dell'esponenziale, questacurva tende a zero nel semipiano superiorese a è positivo, ed in quello inferiore se a ènegativo.

Inoltre nel semipiano negativo cambia ilsegno perché si inverte il cammino diintegrazione (vedi figura)

Vediamo un esempio.

Lemma di Jordan (per cammini paralleli all'asse reale) - Pag.89

�R

R +R

�1 R

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��

� e j a t

�1�t2�dt

Dobbiamo dunque distinguere due casi

a!0�2� j�k�1

n

R e j a t

�1�t2�

� j ���2� je�a

�2 j ���e�a

a�0�2� j�k�1

n

R e j a t

�1�t2�

�� j ���2� jea

��2 j ����ea

Lemma di Jordan (per camminiparalleli all'asse immaginario)

Si ha da calcolare il seguente integrale improprio

�&0� j

&0� j P � s�Q �s�

es t ds t�" e grado di P �s��grado di Q �s�

Questo tipo di integrali rivesteun'estrema importanza nel proseguodi questo corso (calcolo delleantitrasformate di Laplace).

La situazione è quella descritta infigura: il cammino di integrazione vada &0� j a &0� j .

Anche in questo caso, per risolverel'integrale dobbiamo osservare ilsegno del parametro t, in quanto ci dàlo zero dell'esponenziale.

Infatti abbiamo

�e st���e& t� j% t���e& t �

&��

t!00

e& t �&��

t�00

Possiamo quindi osservare che

Lemma di Jordan (per cammini paralleli all'asse immaginario) - Pag.90

%

&0

&

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�&0� j

&0� j P � s�Q � s�

es t ds�� t!0�2� jk�1

n

R f �s��sk � Re sk�&0

t�0��2� jk�1

n

R f �s�� sk � Re sk!&0

La dimostrazione è di nuovo legata al fatto che quando il cammino di integrazione è unaretta parallela agli assi coordinati, possiamo pensare di nuovo all'integrale come il limite diun integrale tra &0� jR e &0� jR , con R che tende a più infinito e possiamonuovamente chiudere il cammino con delle semicirconferenze. Evidentemente bisognascegliere il semipiano di destra od il semipiano di sinistra a seconda che il modulodell'esponenziale tenda a zero quando &�� o quando &�� . Quindi il ruolodell'esponenziale complesso è quello di indicarci su quale semipiano dobbiamo lavorare.Se t!0 sarà allora il semipiano di sinistra, se t�0 sarà il semipiano di destra.

Vediamo qualche esempio.

12� j�&0� j

&0� j 1s2�1

es t ds dove &0!0

Il lemma di Jordan ci dice che questo integrale è uguale alle seguenti espressioni

12� j�&0� j

&0� j 1s2�1

es t ds�� t!0�1

2� j2� j

k�1

n

R f �s�� sk � Re sk�&0

t�0�1

2� j�2� j

k�1

n

R f �s��sk � Re sk!&0

nel nostro caso i poli sono ' j e si trovano entrambi nel semipiano a sinistra della curvadi integrazione. Quindi nel semipiano di destra la funzione è analitica e l'integrale valedunque zero, mentre nel semipiano di sinistra vale

12� j

2� j �R f �s�� j ��R f �s��� j ��

Quindi non dobbiamo fare altro che calcolare i due residui e sommarli.

R f �s�� j ��� e st

2s�

s� j�

e jt

2j

R f �s��� j ��� est

2s�

s�� j�

e� jt

�2j

L'integrale risulta essere

per t!0 int� e jt

2j�

e� jt

2j�sin t

per t�0 int�0

Si usa scrivere questo risultato come u �t � sint dove u �t � è la funzione gradinounitario, la quale vale uno per t>0 e zero per t<0 e che quindi riassume bene il risultato

Lemma di Jordan (per cammini paralleli all'asse immaginario) - Pag.91

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ottenuto.

12� j�&0� j

&0� j ss2�1

es t ds dove &0!0

Ci troviamo in una situazione analoga a quella dell'esempio precedente. Osserviamo cheil grado del numeratore è uno ed il grado del denominatore è due, quindi l'ipotesinecessaria per poter mettere in pratica il lemma di Jordan, che richiede che il grado deldenominatore sia strettamente maggiore del grado del numeratore è verificata.

Anche in questo caso le singolarità (j e -j) si trovano tutte a sinistra del cammino diintegrazione. Distinguendo i casi abbiamo di nuovo zero per t<0 mentre per t>0

12� j

2� j �R f �s�� j ��R f �s��� j ��

Calcoliamo i due residui:

R f �s�� j��� se st

2 s �s� j�

e jt

2

R f �s��� j ��� se st

2 s �s�� j�

e� jt

2

per cui l'integrale vale

per t!0 int = e jt

2�

e� jt

2�

e jt�e� jt

2�cos t

per t�0 int = 0

Utilizzando la funzione gradino unitario possiamo scrivere

12� j�&0� j

&0� j ss2�1

es t ds = u �t �cos t

12� j�&0� j

&0� j 1s

es t ds dove &0!0

Ci troviamo nelle condizioni di poter applicare il lemma di Jordan. Guardando l'integrandoci accorgiamo che c'è un unico polo semplice nell'origine, abbiamo dunque

per t!0 int =1

2� j2� j R f �s��0�

per t�0 int = 0

Il residuo in zero vale

R f �s��0���e st �s�0�1 L'integrale vale dunque u �t � , la funzione gradino di t.

Lemma di Jordan (per cammini paralleli all'asse immaginario) - Pag.92

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Prendiamo adesso lo stesso integrale, però con &0�0 .

Osserviamo che adesso la regione a sinistra del cammino di integrazione è tutta dianaliticità e l'unica singolarità si trova nella regione di destra. Dunque

per t!0 int = 0

per t�0 int = �1

2� j2� j R f �s��0���1

Scrivendo il risultato in forma sintetica (utilizzando la funzione gradino), possiamo scrivere

int = �u ��t �

Ricordiamo al lettore che gli esempi appena svolti sono molto importanti perché in realtàsono esempi di trasformate di Laplace.

Supponiamo adesso di voler calcolare

��

� sen tt

dt

Questo integrale a prima vista non ha le caratteristiche degli integrali che si risolvono collemma di Jordan perché non c'è l'esponenziale complesso, mentre in realtà noi possiamoosservare che sen t non è altro che la parte immaginaria di un esponenziale complesso,quindi possiamo riscrivere l'integrale nel seguente modo

��

Im e jt

tdt

è chiaro che prendere la parte immaginaria prima dell'integrale, o prenderla dopo, è la

stessa cosa, possiamo dunque scrivere Im��

� e jt

tdt�Im��

� e js

sds

Ci ritroviamo dunque a dover risolvere un integrale con cammino di integrazione paralleloall'asse delle ascisse e possiamo sfruttare il lemma di Jordan, dobbiamo dunque vederedove il modulo dell'esponenziale tende a zero

�e jz��e j&� j j%�e�%

che tende a zero nel semipiano delle %!0 , risulta dunque, facendo attenzione che inquesto caso l'unica singolarità non si trova all'interno della regione, bensì sul camminod'integrazione

Im��

� e js

sds�Im�2� j

12

R f �s��0�� e calcolando il residuo si ha

Im��

� e js

sds�Im�2� j

12�1��Im �� j ���

Facciamo osservare con quale semplicità abbiamo calcolato un integrale che non erainvece integrabile elementarmente. Quindi passare al campo complesso risulta molto utileper il calcolo di integrali difficili od impossibili da risolvere elementarmente.

Lemma di Jordan (per cammini paralleli all'asse immaginario) - Pag.93

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Decomposizione in fratti semplici

Poli sempliciAbbiamo una funzione razionale e la vogliamo scomporre in una somma tra un polinomioed n frazioni, nel seguente modo

F �s��N m� s�Dn�s�

�Qm�n�s��A1

s�s1

�A2

s�s2

+ ... +An

s�sn

con s1, s2 , ... , sn poli semplici e Ak�costante

Dire che questa funzione razionale ha n poli semplici, significa dire che il denominatore siannulla in s1, s2 , ... , sn e che il numeratore è diverso da zero in s1, s2 , ... , sn e che gli zeridel denominatore sono degli zeri semplici.

E' chiaro che il termine Qm�n�s� è presente solo se m�n (ovvero la funzione non è unafunzione razionale propria).

Facciamo la seguente osservazione. Cominciamo col dire che a volte capita di trovarsi difronte ad alcuni casi in cui la soluzione è molto semplice, ed è bene prendere una stradasemplice, in tali casi, mentre si dovranno utilizzare i metodi generali solo per i casi piùcomplessi. Quindi questa prima osservazione che chiameremo metodo immediatosottolinea questo aspetto. Supponiamo di avere

F �s��2

�s�1��s�1�

Non c'è bisogno di fare grossi ragionamenti per questa decomposizione, m=0, n=2, quindinon c'è termine polinomiale nella decomposizione, ed essa risulta essere

F �s��2

� s�1�� s�1��

1�s�1�

�1

�s�1�

La seconda osservazione che vogliamo fare è che in realtà la decomposizione in frattisemplici di una frazione è un argomento che in qualche modo abbiamo già trattato neicorsi precedenti. Quando si deve affrontare il problema di integrare una funzione razionale(beninteso, quando la variabile è una variabile reale, nel nostro caso la variabile ècomplessa: s��� j� ) si introduce proprio la decomposizione del denominatore (nelnostro caso, se s fosse reale, avremmo due logaritmi) e normalmente, quando si effettuauna decomposizione in fratti semplici, lo si fa attraverso un metodo che si chiama metododel sistema algebrico.

Facciamo un esempio per ricordarne l'utilizzo, abbiamo

F �s��2 s2�1

�s�2�� s�1�

la prima cosa da osservare è che essendo numeratore e denominatore di pari gradoavremo sicuramente un polinomio non frazionario nella nostra decomposizione ed essoavrà grado zero, sarà dunque una costante.

Potremo quindi fare la seguente scomposizione

Poli semplici - Pag.94

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Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Decomposizione in fratti semplici

F �s��2 s2�1

�s�2��s�1��q�

A�s�2�

�B

� s�1�

con q, A e B costanti da ricavare.

Il metodo è semplice : è sufficiente rifare i passaggi all'incontrario (effettuando il m.c.d.)

F �s��q�A

�s�2��

B�s�1�

�qs2�qs�2 qs�2 q�As�A�Bs�2 B

�s�2�� s�1�

ordinare il polinomio ottenuto a numeratore

F �s��qs2���q�2 q�A�B� s�2 q�A�2 B

�s�2��s�1�

e ricordarsi che trovandoci di fronte ad un'uguaglianza tra due frazioni,

2 s2�1�s�2��s�1�

�qs2��q�2 q�A�B� s�2 q�A�2 B

�s�2�� s�1�

tali frazioni, essendo i denominatori uguali, sono uguali solo se sono uguali i numeratoriche, essendo due polinomi, sono uguali se hanno uguali i coefficienti dei termini dellostesso grado. E' sufficiente quindi imporre tali uguaglianze in un sistema

q�2q�A�B�0�2 q�A�2 B�1

che da soluzioni

q�2

A��3

B�1

Riassumendo

F �s��2 s2�1

�s�2�� s�1��2� 3

�s�2��

1�s�1�

Questa è una via efficace e funzionante, ma possiamo osservare che se i poli sononumerosi, aumentano le incognite ed il sistema diventa molto pesante.

Parliamo adesso della decomposizione con il metodo dei residui. Consideriamo

F �s��N m� s�Dn�s�

�Qm�n�s��A1

s�s1

�A2

s�s2

+ ... +An

s�sn

con s1, s2,... , sn poli semplici per F �s�

Proviamo a rappresentare questi poli nel piano complesso e poi contorniamo ogni polocon un circoletto, in modo da avere un unico polo per ogni circoletto e diamo il nome alcircoletto che contorna s1 di 1 , e così via.

Poli semplici - Pag.95

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Adesso riprendiamo la nostra funzione, che vogliamo decomporre, ed immaginiamo diintegrarla lungo la circonferenza k .

Otteniamo

F �s���k

N m�s�Dn�s�

ds��k

Qm�n�s�ds��k

A1

s�s1

ds��k

A2

s�s2

ds + ... +�k

Ak

s�sk

ds

Di tutti gli integrali nel terzo membro, grazie al teorema di Cauchy, possiamo vedere che

l'unico diverso da zero è proprio �k

Ak

s�sk

ds . Risulta quindi vero che

�k

F �s���k

Ak

s�sk

ds

Ponendo s�sk��e j con 0� �2�

(sono due diversi modi per descrivere la circonferenza che ruota intorno a sk )

ed ovviamente

ds�� j e j d

si ottiene

�k

Ak

s�sk

ds��0

2�Ak

1�e j � j e j d �2� j Ak

Mentre se prendiamo �k

F �s� , possiamo osservare che non è altro che la definizione diresiduo a meno del fattore 2� j e possiamo quindi riscriverla come

�k

F �s��2� j R f �s�� sk �

Ricomponendo l'uguaglianza otteniamo

2� j R f �s�� sk ��2� j Ak � Ak�R f �s�� sk �

Poli semplici - Pag.96

1 k

3 k

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Facciamo degli esempi.

Riprendiamo la funzione già studiata

F �s��2 s2�1

�s�2��s�1��q�

A�s�2�

�B

� s�1�

Abbiamo due poli semplici

s1��2

s2�1

Osserviamo che numeratore e denominatore hanno lo stesso grado, per cui nelladecomposizione abbiamo un polinomio che è una costante. Essa non è altro che ilrapporto tra i gradi massimi, il suo valore è quindi 2 ( q�2 ).

Riscrivendo la decomposizione secondo il metodo dei residui otteniamo

F �s��2 s2�1

�s�2�� s�1��2�

R f �s���2�� s�2�

�R f �s��1�� s�1�

quindi la decomposizione si riduce effettivamente al calcolo dei due residui

R f �s���2�� 2 s2�1s�1 �

s��2�

9�3

��3

R f �s��1��2 s2�1

s�2 �s�1

�33�1

per cui

F �s��2 s2�1

�s�2�� s�1��2� �3

�s�2��

1�s�1�

Osserviamo che il metodo dei residui ci permette di calcolare i coefficienti in modoarbitrario ed indipendente, senza doverli necessariamente calcolare tutti tramite unsistema.

F �s��15 s4�10 s3�45 s2�16 s�12�s�2��s�1� s �s�1��s�2�

Osserviamo subito che al numeratore abbiamo un polinomio di 4° grado ed aldenominatore di 5°, quindi non ci sono termini polinomiali.

Avremo dunque una decomposizione composta da 5 addendi, a ciascuno dei qualicorrisponde uno dei poli della nostra funzione razionale (osserviamo che il numeratore innessuno di questi poli si annulla, abbiamo quindi effettivamente 5 poli del 1° ordine)

F �s��15 s4�10 s3�45 s2�16 s�12�s�2��s�1� s �s�1��s�2�

�R f �s���2�

s�2�

R f �s���1�s�1

�R f �s��0�

s�

R f �s��1�s�1

�R f �s��2�

s�2

Calcoliamo i residui

Poli semplici - Pag.97

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R f �s���2�� 15 s4�10 s3�45 s2�16 s�12�s�1� s �s�1��s�2� �

s��2=

=15��2�4�10��2�3�45��2�2�16��2��12

���2��1���2����2��1����2��2�=

=15�16��10��8��45�4��16��2��12

��1���2���3���4��

240�80�180�32�1224

�2424

�1

R f �s���2�� 15 s4�10 s3�45 s2�16 s�12�s�2� s � s�1��s�2� �

s��1�2

R f �s��0��15 s4�10 s3�45 s2�16 s�12� s�2��s�1��s�1��s�2� �

s�0�3

R f �s��1��15 s4�10 s3�45 s2�16 s�12

�s�2��s�1� s �s�2� �s�1

�4

R f �s��2��15 s4�10 s3�45 s2�16 s�12

�s�2��s�1� s �s�1� �s�2

�5

Inseriamo i risultati nella decomposizione

F �s��15 s4�10 s3�45 s2�16 s�12�s�2�� s�1� s � s�1�� s�2�

�1

s�2�

2s�1

�3s�

4s�1

�5

s�2

Suggeriamo allo studente di provare ad effettuare la stessa decomposizione con il metododel sistema algebrico, proprio per verificare che effettivamente il calcolo è molto piùcomplesso.

Facciamo un altro esempio rapido (impostiamo solo il metodo)

F �s��25 s5�12

�s2�9��s2�25�

Osserviamo subito che il numeratore è di 5° grado, il denominatore di 4°. Avremo quindiun polinomio nella decomposizione, il cui coefficiente del termine di grado maggiore ci èimmediatamente noto (si divide il coefficiente di grado maggiore del numeratore per ilcoefficiente di grado maggiore del denominatore), mentre gli altri coefficienti si ottengonoiniziando la divisione tra i due polinomi.

Osserviamo anche che abbiamo quattro poli semplici. Si ha

F �s��25 s5�12

�s2�9��s2�25��25 s�b�

R f �s���3��s�3�

�R f �s���3��s�3�

�R f �s���5�� s�5�

�R f �s���5��s�5�

Poli semplici - Pag.98

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Poli multipliSiamo nel caso

F �s��N m� s�Dn�s�

�N m�s�

� s�s0�n�Qm�n�s��

solo se m�n

�An

� s�s0�n�

An�1

�s�s0�n�1 + ... +

A1

� s�s0�1

con s0 polo di ordine n.

Vediamo in che modo riusciamo a descrivere le costanti Ak attraverso i residui.Facciamo la seguente osservazione. Consideriamo il punto s0 , che è l'unica singolarità(anche se molteplice) della nostra funzione, e tracciamo un circoletto che lo racchiuda.Possiamo osservare che

R f �s�� s0��A1

Infatti, ragionando in modo generico si ha

�0

1�s�s0�

k ds�2� j se k�10 se k�1

ponendo infatti s�s0�e j con 0� �2� e ds� j e j d

l'integrale diviene

�0

2� 1e j k j e j d � j�0

2�e j �1�k � d

che per k�1 dà immediatamente 2� j , per k�1 dà la seguente primitiva

jj �1�k �

e j �1�k � �0

2�

�0 (perché è una funzione periodica di periodo 2� )

Questo dimostra anche quanto affermato per i poli semplici.

Vediamo come poter calcolare gli altri coefficienti. Proviamo a moltiplicare per �s�s0� lanostra funzione:

�s�s0�F �s��N m� s�

�s�s0�n�1

analogamente a prima, possiamo affermare che

�0

� s�s0�F �s�ds��0

A2

� s�s0�ds�2� j A2

ne risulta quindi che

R�s�s0� f �s��s0��A2

allo stesso modo si ottengono gli altri termini, fino ad ottenere

R�s�s0�

n�1 f �s��s0��An

Riassumendo i risultati ottenuti, possiamo dire che quando siamo in presenza di un polomultiplo di ordine n la decomposizione si ottiene nel seguente modo

Poli multipli - Pag.99

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F �s��N m�s�Dn�s�

�N m�s�

�s�s0�n�Qm�n�s��

solo se m�n

�R

�s�s0�n�1 f �s��s0�

�s�s0�n �

R�s�s0�

n�2 f �s��s0�

�s�s0�n�1 + ... +

R f �s��s0�

�s�s0�1

Osserviamo che di tutti questi coefficienti, il più semplice da calcolare è An in quanto�s�s0�

n�1 F �s�ha in s0 un polo semplice, tutti gli altri sono poli multipli.

Osserviamo anche, che se avessimo fatto lo sviluppo di Laurent della funzione, cisaremmo trovati come termini dello sviluppo proprio i coefficienti Ak (abbiamo scopertoun ulteriore modo per calcolare i coefficienti dello lo sviluppo di Laurent).

Vediamo qualche esempio

F �s��s5

�s�1�5

s0�1 è un polo del 5°ordine, perché annulla il denominatore con uno zero del 5° ordine,mentre non annulla il numeratore. Osserviamo anche che numeratore e denominatorehanno lo stesso grado, quindi se effettuiamo la divisione dei due polinomi otteniamo unacostante q�1 .

Abbiamo

F �s��s5

�s�1�5�1�

A5

� s�s0�5�

A4

� s�s0�4�

A3

�s�s0�3�

A2

�s�s0�2�

A1

�s�s0�

Osserviamo anche che nel nostro caso s0�1 , possiamo quindi già mettere il valore delpolo

F �s��s5

�s�1�5�1�

A5

�s�1�5�

A4

�s�1�4�

A3

�s�1�3�

A2

�s�1�2�

A1

�s�1�

Abbiamo visto che

An�RF �s��s�so�n�1�s0��

A5�Rs5

�s�1�5�s�1�4

�1��Rs5

�s�1�

�1��� s5�s�1�1

An�1�RF �s��s�so�n�2�s0��

A4�Rs5

�s�1�5�s�1�3

�1��Rs5

�s�1�2�1���d

dss5�

s�1��5 s4�s�1�5

An�2�RF �s��s�so�n�3� s0��

A3�Rs5

�s�1�5�s�1�2

�1��Rs5

�s�1�3�1���12 !

d 2

ds2 s5�s�1

��12 ! 20 s3�s�1

�10

An�3�RF �s��s�so�n�4� s0��

A2�Rs5

�s�1�5�s�1�

�1��Rs5

�s�1�4

�1���13 !d 3

ds3 s5�s�1

��13 ! 60 s2�s�1

�10

Poli multipli - Pag.100

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Infine abbiamo A1 , che è proprio il residuo della funzione calcolato in s0

A1�R s5

�s�1�5�1��� 1

4!

d 4

ds4 s5�s�1

�� 14

! 120 s�s�1

�5

La decomposizione ha dato come risultato

F �s��s5

�s�1�5�1� 1

�s�1�5�

5�s�1�4

�10

�s�1�3�

10�s�1�2

�5

�s�1�

Nel prossimo esempio mettiamo insieme sia un polo multiplo che un polo semplice.

F �s��2 s3�4 s2�3 s�1�s�1�2�s�1�

Osserviamo che la funzione ha in

s1�1 un polo semplice

s2��1 un polo doppio

ed il polinomio a numeratore non si annulla né in 1 né in -1.

Il numeratore è di 3° grado, come il denominatore, quindi prima di tutto nelladecomposizione dovremo tener conto di un polinomio di grado zero frutto della divisionetra di essi (q=2). Si ha

F �s��2 s3�4 s2�3 s�1�s�1�2� s�1�

�2�R f �s��1��s�1��

polo semplice

�R�s�1� f �s���1�

�s�1�2�

R f �s���1��s�1��

polo doppio

Calcoliamo i tre residui

R f �s��1��2 s3�4 s2�3 s�1

� s�1�2 �s�1

�2

R f �s���1��� dds

2 s3�4 s2�3 s�1�s�1� �

s��1�� d

ds�6 s2�8 s�3��s�1��2 s3�4 s2�3 s�1

�s�1�2 �s��1

�0

Non ci dobbiamo stupire che il calcolo di un residuo sia uguale a zero, lo avevamo giàosservato.

R f �s��s�1���1��� 2 s3�4 s2�3 s�1� s�1� �

s��1�1

Riassumendo i risultati ottenuti abbiamo

F �s��2 s3�4 s2�3 s�1�s�1�2�s�1�

�2� 2�s�1�

�1

�s�1�2

Concludiamo facendo un'ultima osservazione.

Poli multipli - Pag.101

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L'uso dei residui è estremamente efficace quando dobbiamo decomporre una funzionerazionale in fratti semplici e questo lo possiamo fare sia quando siamo in presenza di polisemplici, che quando siamo in presenza di poli multipli.

Ma qual'è l'importanza della decomposizione in fratti semplici?

Incontreremo in seguito nel nostro corso la trasformata di Laplace che si presenta spessosotto forma di funzione in variabile complessa razionale e per avere l'antitrasformata, altrooggetto molto importante del nostro corso, è molto utile decomporre la funzione data infratti semplici.

Poli complessi coniugatiI poli complessi coniugati sono anche loro poli semplici o poli multipli, quindi rientranoperfettamente nei casi che abbiamo già trattato, però per i poli complessi coniugati, invista delle applicazioni che ne faremo nei futuri argomenti, si usa dare una presentazionespecifica. In particolar modo vogliamo trattare i poli complessi coniugati semplici.

Abbiamo

F �s��N m�s�

� s���0� j�0��� s���0� j�0��

con �0� j�0 che sono le due soluzioni complesse coniugate. Aggiungiamo anche nelleipotesi che N m�s� sia un polinomio di grado m a coefficienti reali. Osserviamo anche cheil denominatore può essere riscritto come un prodotto notevole

�s���0� j�0��� s���0� j�0����� s��0�� j�0���s��0�� j�0���s��0�2�� j�0�

2 == � s��0�

2��02

che ci dice che in realtà abbiamo un polinomio a coefficienti reali. Stiamo quindi trattandodella decomposizione in fratti semplici di una funzione razionale a coefficienti reali, il cuidenominatore ha soluzioni complesse coniugate. La prima osservazione che facciamo èche possiamo trattare questi poli complessi coniugati come poli semplici, possiamo quindiosservare che

F �s��N m� s�

�s���0� j�0���s���0� j�0���Qm�2�

se m�2

�RF �s���0� j�0�

s���0� j�0��

RF �s���0� j�0�

s���0� j�0�

N.B.:

���� Tutte le volte che siamo in presenza di una funzione razionale a coefficienti reali,se abbiamo un polo complesso c'è anche il complesso coniugato;

���� Il residuo nei poli complessi coniugati dà dei risultati complessi coniugati.

In base a queste ultime osservazioni risulta

RF �s���0� j�0��RF �s�* ��0� j�0�

Possiamo quindi riscrivere

Poli complessi coniugati - Pag.102

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F �s��N m� s�

�s���0� j�0���s���0� j�0���Qm�2�

se m�2

�RF �s���0� j�0�

s���0� j�0��

RF �s�* ��0� j�0�

s���0� j�0�

Per abbreviare un po' le scritture diamo un nome al residuo indicandolo come

RF �s���0� j�0���� j �

Riscriviamo nuovamente

F �s��N m� s�

�s���0� j�0���s���0� j�0���Qm�2�

se m�2

��� j �

s���0� j�0��

�� j �s���0� j�0�

Torniamo adesso al denominatore comune

F �s��Qm�2�se m�2

���� j ���s��0� j�0����� j ��� s��0� j�0�

�s��0�2��0

2

Osserviamo che a numeratore abbiamo un numero complesso moltiplicato per un numerocomplesso, più il complesso coniugato del primo numero moltiplicato per il complessoconiugato del secondo numero. Abbiamo quindi un prodotto che sviluppato si semplificamolto facilmente

F �s��Qm�2�se m�2

�2��s��0��2��0

�s��0�2��0

2

Riscrivendo il risultato finale ottenuto abbiamo

F �s��Qm�2�se m�2

�2��s��0�

�s��0�2��0

2�2��0

�s��0�2��0

2

Come già accennato, abbiamo fatto la fatica di presentare la nostra funzione sotto questaforma sempre in funzione di quello che sarà il calcolo dell'antitrasformata di Laplace.

Vediamo qualche esempio.

F �s��10 s�22

s2�4 s�13

Vogliamo decomporre la funzione in fratti semplici, evidentemente dobbiamo prima vedereche tipo di singolarità polari ha. Il primo passo è quindi sicuramente vedere dove siannulla il denominatore

s��2��4�13��2� j3

Il denominatore ha due zeri complessi coniugati, quindi la nostra frazione ha due policomplessi coniugati (è facile osservare che il denominatore non si annulla in �2� j3 .Osserviamo ancora che il numeratore è di grado inferiore al denominatore (non abbiamoquindi il termine polinomiale). Riprendendo la

F �s��Qm�2�se m�2

�2��s��0�

�s��0�2��0

2�2��0

�s��0�2��0

2

Poli complessi coniugati - Pag.103

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e ricordando che �0� j�0 sono le due soluzioni complesse coniugate

mentre il residuo è così espresso RF �s���0� j�0���� j �

Possiamo scrivere

F �s��2��s�2�

�s�2�2�9�2� 3

� s�2�2�9

Notazione che tra l'altro ci permette di individuare al volo i poli della funzione.

Calcoliamo adesso il residuo nel punto �0� j�0 che nel nostro caso è �2� j3 . A talfine dobbiamo ricordare la formula per il calcolo dei residui in poli del primo ordine. Sericordiamo il metodo più semplice, quando la funzione si presentava in forma frazionariaera prendere il numeratore e la derivata del denominatore. Abbiamo

RF �s���2� j3��� 10 s�222 s�4 �

s��2� j3��20� j30�22�4� j6�4

��42� j30

j6��7� j5

j�5� j7

Risulta

��5

��7

e sostituendo i risultati ottenuti abbiamo

F �s��10�s�2�

�s�2�2�9�14 3

�s�2�2�9

Ricordiamo infine di stare attenti, proprio al fine degli utilizzi futuri, di non semplificareulteriormente (ad esempio moltiplicando -14 e 3)e di lasciare il risultato nella formaottenuta.

F �s��s2

2 s2�2 s�1

Vediamo dove si annulla il denominatore

s��1��1�2

2��12� j

12

Ivi il numeratore non si annulla quindi siamo in presenza di due poli semplici complessiconiugati.

Osserviamo che numeratore e denominatore hanno lo stesso grado quindi q�12

. A

questo punto applichiamo la formula

F �s��12�2�

�s�1�2�� s�1�2�2�1�4

�2� 1�2�s�1�2�2�1�4

Calcoliamo il residuo del polo semplice complesso utilizzando il metodo di fare la derivatadel denominatore

Poli complessi coniugati - Pag.104

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RF �s���12� j

12��� s2

4 s�2 �s��12� j 1

2

14�

14�

j2

�2�2 j�2��

14

Il residuo è un numero reale, sostituendo abbiamo

F �s��12��

12

�s�1�2��s�1�2�2�1�4

Vediamo adesso un esempio che racchiuda tutti gli argomenti che abbiamo trattato circala decomposizione in fratti semplici.

F �s��3 s5�7

2 s3�s2�1�

Vediamo innanzitutto quali sono le singolarità della funzione

s0�0 è uno zero del 3° per il denominatore e non annulla il numeratore: polo del3° ord.

s1,2�� j poli semplici complessi coniugati.

Vediamo qual'é l'espressione della decomposizione.

Prima di tutto osserviamo il grado di numeratore e denominatore: sono di pari grado percui comparirà una costante q�3�2 . Prendiamo adesso in considerazione il polo del 3°ordine nello zero. Effettuare la decomposizione di una frazione avente un polo del 3°ordine significa ritrovarsi 3 addendi

Rs2 F �s��0�

s3 �RsF �s��0�

s2 �RF �s��0�

s

Prendiamo adesso in considerazione i poli semplici complessi coniugati ricordando che

�0�0 �0�1

e riscriviamo la decomposizione per essi

2� ss2�1

�2� 1s2�1

Abbiamo quindi

F �s��3 s5�7

2 s3� s2�1��

32�

Rs2 F �s��0�

s3 �RsF �s��0�

s2 �RF �s��0�

s�2� s

s2�1�2� 1

s2�1

Calcoliamo tutti i residui

Polo semplice, prendiamo la parte analitica

Rs2 F �s��0��R 3 s5�72 s �s2�1�

�0��� 3 s5�72�s2�1��s�0

�72

Poli complessi coniugati - Pag.105

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Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Decomposizione in fratti semplici

Per un polo doppio, deriviamo la parte analitica:

RsF �s��0��R 3 s5�72 s2�s2�1�

�0��� dds

3 s5�72�s2�1��s�0

�� 30 s4�s2�1��4 s �3 s5�7�4� s2�1�2 �

s�0

�0

Per un polo triplo, deriviamo due volte la parte analitica:

RF �s��0��R 3 s5�72 s3�s2�1�

�0��12 � d 2

ds2

3 s5�72� s2�1��s�0

��72

Per un polo semplice, deriviamo il denominatore:

RF �s�� j ��3 s5�7

10 s4�6 s2 �s� j

�3 j�710�6

�74�

34

j

otteniamo, come risultato finale

F �s��3 s5�7

2 s3�s2�1��

32�

72

1s3�

72

1s�

72

ss2�1

�32

1s2�1

Poli complessi coniugati - Pag.106

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Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Distribuzioni

DistribuzioniLe distribuzioni vogliono essere una generalizzazione delle funzioni, cioè si vuole poterpensare le funzioni come sottoinsieme delle distribuzioni le quali, nello stesso tempo,comprendono anche oggetti nuovi. Detto diversamente, si fa in modo che le proprietà cheavevano le funzioni e tutte le operazioni che si potevano fare su di esse, vengonoereditate tali e quali dalle distribuzioni che ne permettono però di nuove.

Le distribuzioni vengono indicate con il simbolo � ' .

Vogliamo studiare le distribuzioni su tre aspetti

� Funzionali

� Limiti

� Derivate

FunzionaliVogliamo prima di ogni cosa pensare ad una funzione come ad un funzionale.Supponiamo di avere la funzione f �t � . Pensarla come un funzionale significa pensarla

inserita nel seguente integrale ���

��

f �t ���t �dt

Ovviamente bisognerà supporre che f �t � abbia determinate caratteristiche, peresempio, tali che l'integrale abbia senso. Lo stesso deve valere per la funzione ��t � cheviene definita funzione di prova, ed appartiene ad un insieme che viene detto insieme

delle funzioni di prova, simboleggiato da una � � Insieme che ha la caratteristica dicontenere solo funzioni infinite volte derivabili e nulle all'infuori di un certo intervallo finito.Funzioni di questo tipo non danno nessun problema di integrazione.La ragione per cui diamo la definizione di funzionale a questo integrale è che ci permettedi associare ad una certa funzione di prova, un numero reale.In questo caso siamo partiti da una funzione f �t � e l'abbiamo pensata come funzionale,ma in realtà ci sono dei funzionali sulle funzioni di prova che non sono descritti danessuna funzione e che sono quindi dei nuovi oggetti. Il più importante è il seguente

���

��

�t ���t �dt��0�L'oggetto �t � non è una funzione, perché non esiste nessuna funzione tale che sefosse sostituita ad esso nell'integrale, quest'ultimo non perderebbe di significato.Questo nuovo oggetto viene definito delta di Dirac.

Limiti (nel senso delledistribuzioni)

Cosa vuol dire che una successione di funzioni f n�t � tende ad una distribuzione f �t �

Limiti (nel senso delle distribuzioni) - Pag.107

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12

�12

n

1

n1

Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Distribuzioni

per n che tende ad infinito, nel senso delle distribuzioni?

f n�t � �� �

n���f �t �

Per dare una giusta interpretazione a questi simboli bisogna pensare a f n�t � come aduna distribuzione, ovvero un funzionale

���

��

f n�t ���t �dtche, come abbiamo scritto sopra, fissata una funzione di prova, dà come risultato unnumero. Quindi la nostra successione di funzioni diventa una successione numerica, dellaquale facciamo il limite per n che tende ad infinito, e questo è il limite nel senso delledistribuzioni.Quello che otteniamo, in qualche caso sarà ancora una funzione, in altri casi sarà unnuovo funzionale f �t � tale che, applicato a ��t � , dia come risultato lo stesso risultatodel limite.

���

��

f n�t ���t �dt �n���

���

��

f �t ���t �dt

Vediamo, con un esempio, cosa succede prendendo una famiglia di funzioni e facendo illimite in questo nuovo senso (è importante prendere delle funzioni che tendano a deinuovi oggetti, in modo da farci capire il significato di questi oggetti per n molto grande).

Consideriamo la seguente famiglia di funzioni

f n�t ��n t �1

2 n

0 t �1

2 n

Rappresentiamo alcune di queste funzioni

Questa è dunque una famiglia di funzioni rappresentata graficamente con dei rettangolidove, all'aumentare di n, la base si restringe e l'altezza aumenta. Possiamo dire chequesto tipo di funzioni è caratterizzato dalle seguenti condizioni:

� la funzione ha il suo massimo quando n tende a più infinito, ed è raggiunto nell'origine

� l'integrale ���

��

f n�t �dt della funzione, altro non è che l'area del rettangolo disegnato

dalla funzione stessa, che ha come base �1

2 n,

12 n

e come altezza n e vale 1.

Limiti (nel senso delle distribuzioni) - Pag.108

nn molto grande

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Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Distribuzioni

� Se noi prendiamo un t0�0 allora limn���

f n�t0�0

Queste tre sono informazioni qualitative su questa famiglia di funzioni, che comevedremo, tende ad una particolare distribuzione, che è la delta di Dirac. Ovvero

f n�t � �� �

n����t �

Dimostrare questo, significa che se noi pensiamo alla funzione come funzionale, il suolimite nel senso delle distribuzioni tende alla delta di Dirac:

���

��

f n�t ���t �dt �n���

���

��

f �t ���t �dt��0�

ovvero

���0 �n0�0 : � n�n0 si abbia ���

��

f n�t ���t �dt���0� ��

Bisogna quindi riuscire a stimare questa differenza, e grazie alle tre informazioniqualitative che abbiamo dato prima, è possibile renderla piccola quanto si vuole, quindiminore di � . Sfruttando la seconda di quelle osservazioni, che diceva che

���

��

f n�t �dt1 , possiamo riscrivere la condizione di validità del limite moltiplicando

��0� per 1, ovvero

���

��

f n�t ���t �dt���0����

��

f n�t �dt ��

possiamo adesso riscrivere il tutto come un solo integrale

���

��

f n�t ����t ����0��dt ��

osservando adesso che f n�t �0 fuori dall'intervallo �1

2 n,

12 n

, l'integrale si riduce ad

un integrale in tale intervallo

��1

2 n

12 n f n�t ����t ����0��dt ��

Noi sappiamo che il valore assoluto di un integrale è minore o uguale all'integrale deivalori assoluti, sappiamo inoltre che la funzione f n�t � in questo intervallo vale n, quindipossiamo scrivere

��1

2 n

12 n f n�t ����t ����0��dt ���

12 n

12n n ��t ����0� dt��

Al crescere di n, la differenza ��t ����0� si fa sempre più piccola (si restringono gliestremi dell'integrale), tendendo a zero per n che tende a più infinito. E' quindi possibiletrovare un n sufficientemente grande da soddisfare la relazione data. Abbiamo quindi una

Limiti (nel senso delle distribuzioni) - Pag.109

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n1

1�

n5n�

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famiglia di funzionali che approssimano la delta di Dirac. Ma questa non è l'unica famigliadi funzioni che lo fa.

Vediamo adesso altri esempi di funzioni il cui limite nel senso delle distribuzioni tende alladelta di Dirac.

Prendiamo

f n�t �1�

n1�n2 t2

Il suo grafico, per n=1, è quello indicato adestra, mentre se facciamo crescere n, ciaccorgiamo che l'andamento del grafico èsempre più allungato, come indicato nellafigura sotto per n=5.

Cerchiamo adesso di vedere le caratteristiche di questa funzione.

� il massimo della funzione è nello zero f n�t � f n�0�n�

�n���

��

� l'integrale ���

�� 1�

n1�n2 t2 dt , pensando ad un cambio di variabile �nt , diventa

1����

�� �

1��2 d �1�

�arctg � ���

��

1� ��2 ����

2 ��1

� Se noi prendiamo un t0�0 allora limn���

f n�t0�0

Tutte queste caratteristiche sono del tutto analoghe a quelle della famiglia di funzionistudiata in precedenza, ed analogamente si dimostra che

���0 �n0�0 : � n�n0 si abbia ���

��

f n�t ���t �dt���0� ��

e questo significa, come già visto, che f n�t � �� �

n����t �

Un altro esempio, tra l'altro molto importante nelle applicazioni, di una famiglia di funzioniche nel senso delle distribuzioni tende alla delta di Dirac, è il seguente

Limiti (nel senso delle distribuzioni) - Pag.110

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n2

n6

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f n�t ��n

��e�nt2 (famiglia delle funzioni gaussiane, nota in statistica ... )

che ha un grafico molto simile alla precedente (anche se quest'ultima decresce piùrapidamente). Lo studio delle caratteristiche di questa famiglia di funzioni ci porta alleseguenti affermazioni

� il massimo della funzione è nello zero f n�t � f n�0�� n�

�n���

��

� l'integrale ���

�� �n

��e�n t2

dt , pensando ad un cambio di variabile ��n t , diventa

1�����

��

e��2

d �1 (non è comunque un integrale calcolabile elementarmente ...)

� Se noi prendiamo un t0�0 allora limn���

f n�t0�0

Prendiamo adesso in considerazione una famiglia di funzioni che ha caratteristicheleggermente diverse dalle precedenti, ma che ha comunque una grande importanza nelleapplicazioni.

f n�t �sen nt� t

Il suo grafico è quello mostrato nelle figure, e possiamo osservare che all'aumentare di n,si infittiscono le oscillazioni.

Studiamone le caratteristiche

� Per quanto riguarda il suo punto di massimo, la prima cosa che bisogna osservare èche nell'origine la funzione, secondo lo studio classico del dominio, non esiste. In realtà

è prolungabile per continuità e vale limt�0

sin nt� t

n�

�n���

��

� l'integrale ���

�� sen ntt

dt1

� In questo caso la proprietà è un po' diversa dalle precedenti e fa intervenire gli integrali

di funzioni di questo tipo, abbiamo limn���

�a

b sen ntt

dt0 con 0�a�b oppure

Limiti (nel senso delle distribuzioni) - Pag.111

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b�a�0

Con queste tre condizioni, analogamente a quanto abbiamo visto negli esempi precedenti,si riesce a dimostrare che

f n�t � �� �

n����t �

Derivate distribuzionaliIntroduciamo una nuova forma di derivata, ovvero quando una funzione è derivabile, saràsempre valido il classico modo di derivare, ma per quando non lo è, questo nuovo modo cipermetterà di derivare giungendo a dei nuovi oggetti, che sono le distribuzioni.

Pensiamo di avere una funzione a cui sia associabile un funzionale, che sia derivabile insenso ordinario

���

��

f n�t ���t �dt

la cui derivata, calcolabile in modo ordinario, è integrabile per parti

���

��

f ' n�t ���t �dt� f n�t ���t ����

������

��

f n�t �� ' �t �dt

ricordando adesso che la funzione di prova ��t � è diversa da zero solo in un certointervallo limitato, risulta � f n�t ���t ����

��0 , quindi

���

��

f ' n�t ���t �dt����

��

f n�t �� ' �t �dt

Questa uguaglianza ci permette di introdurre le derivate distribuzionali. Se consideriamoinfatti il primo membro come derivata di f n�t � , nel caso in cui non sia possibilecalcolarla, perché f n�t � non è derivabile, essendo invece ��t � infinite volte derivabileper definizione, il secondo membro è sempre calcolabile e può essere definito, essendociuguaglianza, come la derivata, nel senso delle distribuzioni, di f n�t � .

Vediamo degli esempi.

Prendiamo la funzione a gradino unitario, con la quale è bene familiarizzare perché moltoutilizzata,

u �t ��1 t�01�2 t00 t�0

(il valore per t=0 non è importantissimo)

Derivate distribuzionali - Pag.112

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1

t

u ' �t �

1

t

u ' �t �

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Essa ha il seguente grafico e si vede subito cheha una discontinuità di tipo salto (1° specie)nell'origine, quindi non è derivabile.

Ci chiediamo allora se è possibile provare afarne proprio la derivata nel senso delledistribuzioni.

Per far questo la prima cosa che dobbiamo fareè pensare ad u ' �t � come funzionale.

Ovvero

���

��

u ' n�t ���t �dt����

��

un�t �� ' �t �dt

In questo modo diventa possibile derivare, nel senso delle distribuzioni, la funzionegradino, perché il secondo membro è perfettamente calcolabile.

Osservando adesso che u �t � è nulla per t�0 e vale 1 per t�0 , possiamo scrivere

���

��

u ' n�t ���t �dt��0

��

� ' �t �dt����t ��0����0����

��

�t ���t �dt

Possiamo quindi concludere che ilcomportamento in ambito distribuzionale di

u ' �t � è uguale a quello della delta di Dirac.

Tutto questo discorso ci porta sempre più apoter maneggiare le distribuzioni come sefossero delle funzioni.

Se vogliamo rappresentare graficamente ladelta di Dirac dobbiamo utilizzare la seguenteconvenzione: si disegna una freccia nel puntodove è centrata, la cui lunghezza è pari al suocoefficiente moltiplicativo. Vedi figura.

Vogliamo adesso fornire alcune regole pratiche per il calcolo delle derivate nel senso delledistribuzioni, che ci saranno d'aiuto nel fare poi gli esercizi. Non le dimostreremo, anchese sono rigorosamente dimostrabili, ci limiteremo ad elencarle. Innanzitutto dobbiamotrovare il modo per distinguere la derivata classica da quella nel senso delle distribuzioni.Indicheremo con

f ' c �t � la derivata classica

f ' D�t � la derivata nel senso delle distribuzioni

se � f ' c �t � allora f ' c�t � f ' D �t � Questa è una delle ragioni per cui pensiamo alledistribuzioni come ad un'estensione delle funzioni, infatti tutto quello che ha senso nellefunzioni, non varia ed ha senso nelle distribuzioni, mentre cose che non hanno sensonelle funzioni classiche, trovano sbocco in nuovi oggetti nel senso delle distribuzioni.

supponiamo che f �t � abbia in t0 un punto angoloso (ricordiamo che un puntoangoloso è un punto dove la funzione è continua ma ha due derivate distinte), quindi laderivata in senso classico non esiste. Esiste invece la derivata nel senso delledistribuzioni ed è una funzione con una discontinuità di tipo salto, la cui ampiezza (del

Derivate distribuzionali - Pag.113

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t

f �t �

t

f ' ' �t �

1

t

f ' �t �

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salto) è data dalla differenza della derivata destra (nel senso classico) di f �t � in t0 ela derivata sinistra (sempre nel senso classico) di f �t � in t0 .

supponiamo che f �t � abbia in t0 una discontinuità di prima specie finita (un salto,ovvero il limite da destra ed il limite da sinistra, esistono entrambi finiti ma sono diversi).Ovviamente non esiste la derivata nel senso classico, ma esiste nel senso delledistribuzioni ed è uguale alla delta di Dirac traslata in t0 e moltiplicata per unacostante k che non è altro che l'ampiezza del salto (differenza dei due limiti).

f ' Dk �t�t0�

Consideriamo la seguente funzione

f �t ��12

t2 t�0

0 t�0

Vogliamo farne la derivata e ci chiediamo seesiste nel senso classico. Andiamo per gradi.Innanzitutto siamo sicuri che per t�0 laderivata esiste e vale 0, mentre per t�0esiste e vale t. Ci chiediamo adesso se c'è laderivata nell'origine. Potremmo verificarlocalcolando il limite del rapporto incrementale,ma esiste un teorema che dice che se il limitedella derivata prima in t0 - ed il limite delladerivata prima in t0 + esistono e sono uguali,allora la derivata prima in t0 esiste e valeesattamente quanto i due limiti, nel nostro casozero. Esistendo la derivata in senso classico,esiste anche la derivata distribuzionale ed èuguale ad essa.

Vogliamo adesso fare la derivata seconda echiederci se esiste. possiamo osservare che

f ' �t � ha nell'origine un punto angoloso che èun punto di continuità ma non di derivabilità. Laprima osservazione che possiamo fare è cheper t�0 la derivata seconda esiste e valezero, per t�0 esiste e vale uno, l'origine,come già detto, è un punto di discontinuità, percui la derivata seconda nell'intero intervallo, nel senso classico, non esiste. Possiamoinvece affermare che esiste nel senso delle distribuzioni e grazie alle tre regole pratiche,possiamo dire quanto vale

f ' ' D �t ��1 t�0abbiamo un salto di ampiezza 1 in t00 t�0

Osserviamo che se proviamo a derivare ancora una volta otteniamo proprio la delta di

Derivate distribuzionali - Pag.114

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Dirac.

Vogliamo adesso imparare a descrivere questo tipo di funzioni (polinomiali a tratti) in unasola riga, attraverso la funzione gradino unitario. Risulta essere

f �t ��12

t2 t�0

0 t�0�12

t2 u �t �

f c ' �t ��t t�00 t�0�t u �t �

f D ' ' �t ��1 t�00 t�0 �u �t �

f D ' ' '�t �

Cerchiamo adesso di giustificare i passaggi che abbiamo fatto, dimostrando che laderivata classica è uguale alla derivata nel senso delle distribuzioni.

���

�� � 12

t2 u �t ��' ��t �dt���

�� 12

t2 u �t �� ' �t �dt�0

�� 12

t2� ' �t �dt

abbiamo tolto la u �t � e ristretto l'intervallo di integrazione, adesso procediamo per parti

�0

�� 12

t 2� ' �t �dt��12

t2��t ��0

��

��0

�� � 12

t 2�' ��t �dt

osservando adesso che ��t � vale zero a più infinito, abbiamo

�0

�� 12

t 2� ' �t �dt��0

�� � 12

t 2�' ��t �dt��0

��

�t��t �dt����

��

�t u �t ���t �dt

Possiamo quindi concludere che � 12

t2 u �t ��'t u �t � , perché come funzionali si

comportano nello stesso modo.

Procedendo nello stesso modo si possono calcolare anche le altre derivate.

Adesso vogliamo osservare che le proprietà di derivazione che conoscevamo edapplicavamo nel senso classico permangono anche nel senso delle distribuzioni.

Proviamo a calcolare la derivata tramite queste proprietà.

Essendo

f �t �12

t2 u �t �

un prodotto possiamo fare

f ' �t �t u �t ��12

t2 u ' �t �t u �t ��12

t2�t �

Derivate distribuzionali - Pag.115

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A questo punto si potrebbe osservare che qualche conto non torna. Infatti la derivatasembrerebbe diversa da quella calcolata precedentemente.

Introduciamo la proprietà di prodotto del delta di Dirac con una funzione continuache, nel senso delle distribuzioni, ci dice che

f �t ��t � f �0��t �

che può essere anche espressa in modo generalizzato per una delta traslata

f �t ��t�t0� f �t0��t�t0�

Intuitivamente possiamo osservare che la delta è nulla ovunque, tranne nel punto in cui ècentrata, se quindi noi moltiplichiamo qualcosa per essa il risultato non può che esserenullo se non nel punto in cui è centrata la delta.

Tornando alla nostra derivata, essendo che la funzione nello zero vale zero, otteniamo

f ' �t �t u �t ��12

t2�t �t u �t �

Se proviamo a fare la derivata seconda otteniamo

f ' ' �t �� t u �t �� 'u �t ��t u ' �t �u �t ��t �t �u �t �

E la derivata terza è

f ' ' ' �t ��u �t �� '�t �

Se adesso provassimo a derivare la delta di Dirac, otterremmo per definizione di derivatanel senso delle distribuzioni

���

��

' �t ���t �dt����

��

�t �� ' �t �dt���0�

Un altro metodo potrebbe essere sostituire la delta con delle funzioni che la approssimano(ad esempio le gaussiane), che sono derivabili e quindi derivare esse.

Quello che ci interessa adesso è mettere in evidenza le proprietà della delta di Dirac.

Abbiamo già visto che

f �t ��t�t0� f �t0��t�t0�

Ci chiediamo adesso quanto vale f �t � ' �t � . Partiamo da � f �t ��t �� ' ed applichiamole proprietà della derivata del prodotto.

� f �t ��t �� ' f ' �t ��t �� f �t � ' �t �

Osserviamo adesso che

f �t ��t � f �0��t � che derivata, essendo f �0� una costante, diventa f �0� ' �t �

f ' �t ��t � f ' �0��t � infatti abbiamo una funzione che moltiplica la delta

otteniamo quindi

f �0� ' �t � f ' �0��t �� f �t � ' �t � � f �t � ' �t � f ' �0��t �� f �0� ' �t �

Derivate distribuzionali - Pag.116

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e �t � y �t �

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L'unica condizione indispensabile è che f �t � abbia derivata prima continua.

Modelli (ingresso - uscita)

Possiamo dire che un modello si presentacome in figura ed è una sorta di funzione, si hainfatti

y �t �� e �t �

Cerchiamo di caratterizzare i modelli attraverso delle proprietà

Un modello è dotato di continuità se risulta � � limn��D '

X n�t ��limn��

� X n�t �

Un modello è dotato di linearità, se risulta � �a x1�t ��b x2�t ��a� x1�t ��b� x2�t �

Se un modello non varia la sua risposta nel tempo, si dice che gode di invarianza pertraslazioni temporali

Un modello è dotato di causalità se risulta x �t �0 t�0 �� x �t �0 t�0 , ovvero, seuna funzione dà risposta nulla prima dell'istante zero, anche il modello ad essaapplicato dà risposta nulla prima dell'istante zero.

Prodotto di convoluzioneAbbiamo visto che

f �t ��t � f �0��t �

ovvero la delta di Dirac moltiplicata ad una funzione seleziona di essa soltanto il valoredella funzione nello zero (o meglio nel punto in cui è centrata la stessa delta).

E' chiaro che traslando la delta di Dirac si ha

f �t ��t�a� f �a��t�a�

Abbiamo anche visto che

f �t � ' �t � f �0� ' �t �� f ' �0��t �

Anche questa proprietà può essere traslata

f �t � ' �t�a� f �a� ' �t�a�� f ' �a ��t�a �

Vediamo qualche altra proprietà del delta di Dirac

��t ��t � (la delta è una distribuzione pari)

Prodotto di convoluzione - Pag.117

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�� t �1 �

�t �

Riassumiamo quindi le proprietà della delta di Dirac che abbiamo fin qui visto

f �t ��t � f �0��t � con f �t � continua

f �t � ' �t � f �0� ' �t �� f ' �0��t � con f ' �t � continua

��t ��t � �t������t � (la delta è una distribuzione pari)

�� t �1 �

�t �

Vediamo una ulteriore proprietà, che per ora chiameremo proprietà *. Supponiamo diavere il seguente integrale

���

��

X ����t���d �

Una prima osservazione che facciamo è che la delta è una distribuzione pari, quindi risultaessere �t������t �

Se poi applichiamo la proprietà del prodotto della delta abbiamo

���

��

X ����t���d ����

��

X �t ��t���d �X �t �

Se interpretiamo al contrario il risultato appena ottenuto, possiamo osservare che unsegnale può essere descritto da un integrale nel seguente modo

X �t ����

��

X ����t���d �

Se adesso noi prendiamo un modello applicato ad un segnale, e descriviamo tale segnalesecondo la forma che ci consente la proprietà * della delta, nel seguente modo

� e �t �� ���

��

e ����t���d �

Supponiamo adesso che � sia continuo e lineare e ricordando che in realtà un integraleè il limite di una sommatoria possiamo scrivere

� e �t �� ���

��

e ����t���d ����

��

e ���� �t���d �

Il modello applicato ad una funzione può dunque essere considerato come il prodotto traquesta funzione ed il modello stesso applicato alla delta. Supponiamo adesso diconoscere le risposte date dal modello applicato alla delta e di avere

� �t���h�t ,��

in tal caso risulta

� e �t ����

��

e ���� �t���d ����

��

e ���h�t ,��d �

Supponiamo adesso che � abbia anche la proprietà di invarianza nel tempo, cioè si ha

� �t �h�t � risulta allora

� e �t ����

��

e ���h�t ,��d ����

��

e ���h�t���d �

Prodotto di convoluzione - Pag.118

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e questo ci fa comprendere che, per studiare la risposta che dà un modello applicato adun segnale, è sufficiente sperimentare una sola volta la risposta che il modello dà,mandandogli in ingresso proprio la delta di Dirac, o una sua approssimazione, in modo daconoscere � �t �h�t � . Fatto questo, non ci resta che risolvere l'integrale

���

��

e ���h�t���d � , che viene definito prodotto di convoluzione che si riscrive anchecome

���

��

e ���h�t���d �e �t ��h�t � (si legge e(t) convoluto con h(t))

Facciamo degli esempi.

Supponiamo di avere un modello che, applicatavi la delta di Dirac come segnaled'ingresso, ha dato come risposta (h(t)) un gradino unitario. Supponiamo di applicarvicome segnale d'ingresso proprio il gradino unitario.

La risposta del modello sarà il seguente prodotto di convoluzione

u �t ��u �t �

che per definizione è uguale a

u �t ��u �t ����

��

u ���u �t���d �

Cerchiamo di capire quanto vale questo integrale studiando l'integrando per t�0 prima et�0 dopo.

t�0

La funzione u ��� vale zero per ��0 ed uno per ��0

La funzione u �t��� vale uno per ��t e zero per ��t , essendo t negativo, valeuno per ��0 e zero per ��0 . Essendo l'integrando il prodotto di queste duefunzioni, esso è sempre nullo.

Utilizzando la funzione gradino unitario possiamo quindi riscrivere l'integrale, perspecificare che per t�0 vale zero, nel seguente modo

u �t ��u �t �u �t ����

��

u ���u �t���d �

t�0

La funzione u ��� vale zero per ��0 ed 1 per ��0

La funzione u �t��� vale uno per ��t e zero per ��t , essendo t positivo, valeuno per ��t e zero per ��t . Avremo quindi un intervallo, ovvero l'intervallo �0, t �in cui il loro prodotto vale 1.

Riassumiamo le possibili situazioni

Prodotto di convoluzione - Pag.119

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u ���

t�0 u �t���

t�0

t

u ���

t�0 u �t���

t�0

t

u �t ��u �t �

t

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Possiamo risolvere l'integrale

���

��

u ���u �t���d �u �t ��0

td �u �t �t

Il grafico di u �t ��u �t � è quindi quelloillustrato a fianco.

Proviamo adesso a calcolare

u �t ��u �t �sin t

Applicando la definizione di prodotto di convoluzione si ha

u �t ��u �t �sin t���

��

u ���u �t���sin �t���d �

integrale che, facendo lo stesso tipo di osservazioni fatte nell'esempio precedente siriduce al seguente

u �t ��0

tsin �t���d �u �t ��cos�t�����0

�tu �t ��cos 0�cos t �u �t ��1�cos t �

Il grafico sarà il seguente

Prodotto di convoluzione - Pag.120

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Vediamo un altro esempio

�u �t�1��u �t�1���e�t

L'integrale vale

�u �t�1��u �t�1���e�t���

��

�u ���1��u ���1��e��t���d �

Possiamo osservare che il fattore �u ���1��u ���1�� vale 1 solo nell'intervallo ��1,1� .Di fattori del genere se ne fa spesso uso e prendono il nome di porta ; si ottengonoappunto facendo la differenza tra due gradini unitari diversamente traslati.

L'integrale si riduce dunque a

���

��

�u ���1��u ���1��e��t���d ���1

�1e��t���d ��e�t��d ���1

�1e�t�1�e�t�1 =

= e�t�e�1e �

Proprietà del prodotto diconvoluzione

Abbiamo un problema di esistenza. Osserviamo infatti che nel prodotto di convoluzioneinterviene un integrale tra meno infinito e più infinito, dunque un integrale improprio. Cisaranno evidentemente dei problemi di convergenza, oppure dei problemi di significatocome distribuzione o come funzionale associato a quel relativo integrale.

In due casi il prodotto di convoluzione x �t ��h�t � è sempre definito:

- se

x �t �0 per t�0

h�t �0 per t�0

Proprietà del prodotto di convoluzione - Pag.121

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Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Distribuzioni

in quanto si riduce ad un integrale tra 0 e t.

(lo abbiamo visto nei primi due esempi del paragrafo precedente)

- se

x �t �0 per t�a t�b

in quanto si riduce ad un integrale tra a e b.

(lo abbiamo visto nel terzo esempio)

[fortunatamente nelle applicazioni spesso ci si trova in uno di questi due casi, nonabbiamo quindi grossi problemi di questo tipo]

Il prodotto di convoluzione è commutativo.

x �t ��h �t �h �t ��x �t �

In alcuni casi il prodotto di convoluzione non è associativo

� x �t ��y �t ��e �t ��x �t ��� y �t �e �t ��

Il prodotto di convoluzione è associativo se tutti i segnali che intervengono sononulli per t<0.

Esiste l'elemento unità: è la delta di Dirac

x �t ���t �x �t �

x �t ���t�a�x �t�a� (se la delta è traslata viene traslato il segnale)

La convoluzione rispetta la causalità, cioè se si hanno

x �t �0 per t�0

y �t �0 per t�a

allora x �t ��y �t �0 per t�a

Per derivare il prodotto di convoluzione si deriva uno dei due fattori.

ddt

� x �t ��y �t ��x ' �t ��y �t �x �t � y ' �t �

Proprietà del prodotto di convoluzione - Pag.122

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1

a�a

Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Trasformata di Fourier

Trasformata di FourierDefiniamo come trasformata di Fourier di un segnale x �t � la seguente

� � x �t �������

x �t �e� j t dt

Ovviamente è necessario che l'integrale abbia senso, ovvero sia convergente ecalcolabile. Il valore rappresenta la frequenza angolare e può anche essere espressocome �2� f . Il risultato dell'integrale è una nuova funzione nella variabile e vienecosì espresso

� � x �t �������

x �t �e� j t dt�X ��

Non solo di funzioni, si fa la trasformata di Fourier, ma anche di distribuzioni, quindi,pensando alle distribuzioni come al limite di una successione di funzioni, abbiamo

� � limn��D '

xn�t ��� limn��D'

� � xn�t ���X ��

Vediamo degli esempi importanti di trasformata di Fourier.

Trasformata della porta

x �t ��u �ta��u �t�a�

La funzione è una porta di ampiezza 2 a epuò essere anche riscritta nel seguenteequivalente modo

x �t ��u �ta��u �t�a�� p2 a �t �

Vogliamo calcolarne la trasformata di Fourier:

� � x �t ���� �u �ta��u �t�a�������

�u �ta��u �t�a ��e� j t dt

il quale è un integrale abbastanza semplice da calcolare, in quanto, ricordando leproprietà della porta, può essere riscritto nel seguente modo

� � x �t �����a

ae� j t dt��� 1

je� j t�

�a

a

��1j

�e� ja�e ja �

Questa è la trasformata di Fourier che cercavamo. Proviamo adesso a scriverla in un'altraforma operando sugli esponenziali

Trasformata della porta - Pag.123

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1

a�a

n�1

n�4n�7n�10

Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Trasformata di Fourier

� � x �t ����1

j�e� ja�e ja �� 1

j��e� jae ja �� 1

j2 j sin �a ��

2sin �a�

Vediamo in un grafico l'andamento di questa funzione, molto importante, detta porta.

Trasformata della campanarazionale

Consideriamo la seguente famiglia di segnali (dipendenti dal parametro n)

xn�t ��1�

n�1n2 t2�

I quali grafici, al variare di n sono i seguenti

Vogliamo farne la trasformata di Fourier per n fissato, ovvero

� � xn�t ������� 1�

n�1n2 t2�

e� j t dt

Questo è un integrale abbastanza complesso da calcolare attraverso il metodotradizionale, ma se ricordiamo il capitolo svolto circa il calcolo degli integrali impropriattraverso il metodo dei residui, ricorderemo senz'altro che è già stato affrontato. Se noipensiamo di estendere la variabile reale t al campo complesso, nel seguente modo

Trasformata della campana razionale - Pag.124

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n�1n�4n�7n�10

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z�t jy , l'integrale improprio si può fare con i residui. Non dimentichiamo comunqueche il risultato dipende dal segno di , dobbiamo distinguere i due casi. Per brevità,riscriviamo l'integrando nel seguente modo

F � z ��1�

n�1n2 z2�

e� j z

Abbiamo

� � xn�t ������� 1�

n�1n2 t 2�

e� j t dt���0 2� j RF � z �� jn�= ... = e

n

�0 �2� j RF � z ��� jn�= ... = e

n

Possiamo riscrivere il risultato ottenuto in maniera più semplice ed efficace nel seguente

modo� � xn�t ���e

���

n �X n��

Vediamo il grafico della trasformata di Fourier

Osserviamo che al crescere di n, ci si avvicina sempre più alla retta y�1 .

Trasformata della delta di DiracVogliamo fare la trasformata di una distribuzione molto importante

X �t ����t �

La prima cosa che va detta è che non è possibile fare la trasformata di una distribuzione.Dobbiamo quindi pensare di approssimare la delta con una successione di funzioni, il cuilimite nel senso delle distribuzioni ci dia proprio la delta di Dirac, così facendo potremotrasformare tali funzioni e poi fare il limite del risultato ottenuto (sempre nel senso delledistribuzioni).

La prima cosa da fare è dunque scegliere una famiglia di funzioni che approssimi la delta.Scegliamo proprio la successione dell'esempio precedente. Possiamo infatti osservare,come abbiamo visto quando abbiamo parlato della delta, che

Trasformata della delta di Dirac - Pag.125

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Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Trasformata di Fourier

limn��D '

1�

n�1n2 t2�

���t �

Fare la trasformata di Fourier della delta di Dirac, è quindi possibile nel seguente modo

� ���t ���� � limn��D '

1�

n�1n2 t2� �� lim

n��D'� � 1�

n�1n2 t2��

Il calcolo di tali trasformate è stato fatto nell'esempio precedente, possiamo quindiutilizzarlo e sostituire

� ���t ��� limn��D '

e���

n

Osservando il grafico di tali trasformate abbiamo visto che al crescere di n ci si avvicinavasempre più alla retta y�1 . Quindi la trasformata di Fourier della delta di Dirac è lafunzione costante uguale ad 1.

� ���t ���1

Trasformata della costante 1x �t ��1

A questo punto bisogna stare molto attenti perché, nonostante ci troviamo di fronte ad unasemplice funzione costante, non è possibile farne la trasformata come funzione, mabisogna necessariamente entrare nell'ambito distribuzionale.

Vediamo cosa succederebbe se provassimo a svolgere l'integrale senza prendere questoaccorgimento. Otterremmo un integrale che non converge, infatti

� � xn�t �������

1e� j t dt��� 1j

e� j t�t���t��

Osserviamo adesso che e� j t è un esponenziale complesso, non un esponenzialedecrescente, e va riscritto come segue

� � xn�t ����� 1j

e� j t�t���t��

��� 1j�cos t�sin t ��t���

t��

Possiamo adesso osservare che il risultato ottenuto non esiste, quindi l'integrale nonconverge. Siamo obbligati ad entrare in ambito distribuzionale, dobbiamo cercare unafamiglia di funzioni che tenda ad uno. Possiamo prendere la seguente famiglia di funzioni.

xn�t ��e��t�n �

D '

n��1

Dovremo quindi calcolare la trasformata di questa famiglia di funzioni e poi passare allimite nel senso delle distribuzioni. Vediamo prima la trasformata:

� �e��t�n �����

e��t�n e� j t dt

E' opportuno spezzare questo integrale in due integrali tra meno infinito e zero e tra zero epiù infinito, così da poter togliere il modulo e semplificare i calcoli, nel seguente modo

Trasformata della costante 1 - Pag.126

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Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Trasformata di Fourier

� �e��t�n �����

0e

tn� j t

dt�0

e�tn� j t

dt����0

et �1� jn�

n dt�0

et ��1� jn�

n dt =

=� n1� jn

et �1� jn�

n ���

0

� n�1� jn

et �1� jn�

n �0

�n

1� jn�

n�1� jn

=

= n1� jn

n

1 jn�

n�1 jn�n�1� jn�

12 n2 �2 n

12 n2

Osserviamo che gli esponenziali, pur essendo complessi, tendono ad uno per t che tendea zero, mentre tendono a zero per t che tende a più o meno infinito in quanto sonomodulati in ampiezza. Abbiamo quindi effettuato il calcolo della trasformata di Fourier cherisulta essere

X n���2 n

12 n2

Se noi adesso la riscriviamo nel seguente modo

X n���2 n

12 n2�2� 1�

n12 n2

possiamo osservare che la parte cerchiata corrisponde alla famiglia delle campanerazionali che per n che tende a più infinito tendono alla delta di Dirac nel senso delledistribuzioni. Concludendo abbiamo

X n���2����

Antitrasformata di FourierSupponiamo di avere la trasformata X �� di un segnale x �t � che però nonconosciamo. Conosciamo appunto solo la una trasformata e vogliamo sapere, di qualefunzione. Passare dalla trasformata alla funzione di cui essa è la trasformata, è possibileattraverso l'operazione di antitrasformazione, ovvero facendo l'antitrasformata di Fourier.Questa si calcola nel seguente modo

x �t ��1

2�����

X ��e j t d

Dobbiamo ovviamente porci nel caso in cui l'integrale converge. Per dimostrare la formuladell'antitrasformata, possiamo riscrivere la trasformata nella sua espressione generale esostituirla nell'espressione dell'antitrasformata, come segue

x �t ��1

2�����

X ��e j t d�1

2����� ����

x �t �e� j t dt�e j t d

a questo punto, la prima cosa a cui dobbiamo stare attenti è che la variabile t èd'integrazione per l'integrale interno, ma non per quello esterno, dove è una costante. Pernon fare confusione possiamo cambiargli nome nell'integrale interno (utilizzeremo t�� )

x �t ��1

2����� ����

x ���e� j�d ��e j t d

Antitrasformata di Fourier - Pag.127

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abbiamo così un integrale che può essere visto come un integrale doppio e così riscritto

x �t ��1

2�����

x ���e� j�e j t d �d�1

2�����

x ���e j�t���d �d=

= 12����

x ��������

e j�t���d�d �A questo punto il calcolo dell'integrale interno risulterebbe complicatissimo (nondimentichiamo che abbiamo a che fare con esponenziali complessi), ma se lo guardiamoin ambito distribuzionale possiamo osservare che altro non è che la trasformata dellafunzione costante uguale ad uno.

����

e j�t���d�2�����t �

Possiamo quindi scrivere

x �t ��1

2�����

x ���2�����t �d ������

x �������t �d ��x �t ����t ��x �t �

Abbiamo ottenuto un prodotto di convoluzione, ma essendo la delta l'elemento unità ditale prodotto, l'uguaglianza è verificata.

Proprietà della trasformata diFourier

Le proprietà della trasformata di Fourier sono molto importanti. Per capirne l'importanzafacciamo un paragone con le derivate: esse sono state introdotte come limite del rapportoincrementale, e dopo averne calcolata qualcuna in questo modo, ne sono state introdottele proprietà (derivata di una somma, derivata di un prodotto, derivata di una funzionecomposta, etc.), utilizzando le quali, insieme alle poche derivate calcolate come limite delrapporto incrementale, siamo stati in grado di operare la derivazione. Analogamentefaremo adesso con le trasformate.

Proprietà di linearità. La trasformata di Fourier è lineare, ovvero risulta

� �a x �t �b y �t ���a� � x �t ��b� � x �t ��

Esempio di trasformata di Fourier calcolata con la proprietà di linearità.

� �5 �u �t1��u �t�1��7�

1�1t 2��

Riconosciamo tra gli addendi funzioni di cui abbiamo già calcolato la trasformata: abbiamouna porta di ampiezza 2 ed una campana razionale. Sfruttando la proprietà di linearitàpossiamo andare a prendere i risultati già ottenuti ed inserirli nel nostro calcolo

� �5 �u �t1��u �t�1��7�

1�1t 2���5� � p2�t ��7� � 1

1�1t 2���5

2sin

7e���

Proprietà della trasformata di Fourier - Pag.128

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Invitiamo il lettore, se non le ricorda, ad andarsi a rivedere le trasformate utilizzate.

Le prossime due proprietà le studieremo in coppia in quanto vi è una certa simmetria traesse.

- Traslare nel dominio dei tempi significa moltiplicare per un esponenziale complessonel dominio delle frequenze

- Traslare nel dominio delle frequenze significa moltiplicare per un esponenzialecomplesso nel dominio dei tempi

Proprietà di traslazione nel tempoSupponiamo che la seguente funzione abbia la seguente trasformata

x �t ���

X ��

Supponiamo adesso di voler fare la trasformata di Fourier di una traslata a destra dellanostra funzione. La proprietà di traslazione nel dominio dei tempi ci dice che essa èuguale a

x �t�t0���

e� j t0 X ��

Esempio di trasformata di Fourier calcolata con la proprietà di traslazione neldominio dei tempi.

� �u �t ��u �t�5���� � p5�t�52��

Abbiamo una porta di ampiezza 5 non centrata rispetto all'asse verticale ma traslata a

destra di52

. Applicando la proprietà di traslazione nel dominio dei tempi possiamo

scrivere

� � p5�t�52���e

�52

j� � p5 �t ��

La trasformata di Fourier della porta è una delle trasformate fondamentali checonosciamo, non ci sono dunque problemi a scrivere

e�52

j� � p5 �t ���e

�52

j2sin 5

2

Che è la nostra trasformata, volendola poi scrivere in maniera più compatta, possiamoriscrivere il seno in forma esponenziale

e�52

j� � p5 �t ���e

�52

j2sin 5

2

�e

�52

j 2�e52

j�e

�52

j�2 j

�1�e� j5

j

Proprietà della trasformata di Fourier - Pag.129

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Proprietà di traslazione in frequenza.Supponiamo invece adesso di avere un segnale che viene moltiplicato da unesponenziale, la sua trasformata risulterà traslata nel dominio delle frequenze, nelseguente modo

� �e j0 t x �t ���X ��0�

Esempio di trasformata di Fourier calcolata con la proprietà di traslazione infrequenza.� ��u �t���u �t����sin t �=

Possiamo scrivere il seno di t come combinazione di esponenziali complessi ottenendo

=� � p2��t �e jt�e� jt

2 j �=applicando la proprietà di linearità abbiamo

= 12 j� � p2��t �e

jt �� 12 j� � p2��t �e

jt �=

possiamo osservare che abbiamo ottenuto due trasformate di porte moltiplicate per unesponenziale, che provocano una traslazione in frequenza. Queste trasformate, graziealla proprietà di traslazione in frequenza delle trasformate, saranno le seguenti (in questocaso 0�1 )

= 12 j

2sin���1���1�

�1

2 j2sin��1��1�

Proprietà di riscalamentoSupponiamo che sia nota la trasformata

x �t ���

X ��

La proprietà di riscalamento ci permette, tramite il parametro a�� , di calcolare(facendo quindi un riscalamento e, nel caso di a negativo, anche una simmetria) latrasformata ottenuta, nel seguente modo

x �at ��� 1�a�

X �a �

Esempio di applicazione della proprietà di riscalamento.

� � 1�

11�3 t �2 �

Ricordiamo che a noi è nota la seguente

� � 1�

11t2 ��e���

Proprietà della trasformata di Fourier - Pag.130

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x �t � x ' �t �

�5 �55

5

1

Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Trasformata di Fourier

ma è stato fatto un riscalamento, al posto di t c'è 3t, quindi applichiamo la proprietà diriscalamento

� � 1�

11�3 t �2 ��1

3e���

3

Le prossime due proprietà sono le più importanti e anche tra loro c'è una certa analogia,sarà dunque bene osservarle con occhio attento, così da comprenderne le simmetrie e ledifferenze. Si tratta di derivata nel tempo e derivata in frequenza.

Salvo un fattore moltiplicativo,

� derivare nel tempo corrisponde a moltiplicare per la variabile in frequenza

� derivare in frequenza corrisponde a moltiplicare per la variabile t nel tempo.

Proprietà di derivata nel dominio dei tempiAbbiamo la seguente uguaglianza

� � x ' �t ��� j X ��

Esempio di applicazione della proprietà di derivata nel tempo.

Proviamo a calcolare la trasformata di Fourier della derivata di una porta

� ��u �t5��u �t�5�� ' �Vediamo innanzitutto come si presenta il grafico della funzione

Abbiamo una doppia delta di Dirac. Riscriviamo la trasformata da calcolare

Proprietà della trasformata di Fourier - Pag.131

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� ��u �t5��u �t�5�� ' ��� � p ' 10�t ��che grazie alla proprietà di derivata nel tempo può essere così riscritta e calcolata

� � p ' 10�t ��� j� � p10�t ��� j2sin 5

�2 j sin 5

Proprietà di derivata nel dominio delle frequenzeAbbiamo la seguente uguaglianza

� �� jt x �t ���X ' ��

Esempio di applicazione.

� �t �u �t ��u �t�3���Abbiamo una porta moltiplicata per una funzione di t. Per prima cosa dobbiamo riscriverela funzione in modo da poter evidenziare un fattore � jt , nel seguente modo

� �t �u �t ��u �t�3����� � j �� j� t � p3�t�3�2���adesso applichiamo la linearità

� � j �� j �t � p3�t�3�2���� j� �� jt � p3�t�3�2���la derivata in frequenza

j� �� jt � p3�t�3�2���� jd

d� � p3�t�3�2��

la traslazione nel tempo

jd

d� � p3�t�3�2��� j

dd�e�

32 j� � p3�t ���� j

dd �e�3

2 j

2sin 32

�possiamo adesso scrivere il seno sotto forma esponenziale

jd

d �e�32 j

2sin 32

�� jd

d �1�e�3 j

j �� dd �1�e�3 j

��3 j e�3 j��1�e�3 j�

2

che è la trasformata di Fourier che si cercava.

Proprietà di simmetriaSupponiamo di avere un segnale di cui ci è nota la trasformata di Fourier, che è unafunzione di variabile reale.

Proprietà della trasformata di Fourier - Pag.132

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x �t ���

X ��

Per comodità cambiamo il nome della variabile della trasformata da a t e ci poniamoil problema di fare la trasformata di X �t � . La proprietà di simmetria ci dice che essasarà

X �t ���

2� x ���

Abbiamo quindi una vera e propria simmetria, fatto salvo un fattore moltiplicativo ed unsegno.

Esempio di applicazione della proprietà di simmetria

Consideriamo il segnale

12�u �t1��u �t�1���

12

p2�t �

Abbiamo già visto che la sua trasformata di Fourier è la seguente

12

p2�t ��� 1

22sin

�sin

Vogliamo adesso, cambiando nome alla variabile della funzione, calcolare la trasformata

di Fourier disin t

t

Grazie alla proprietà di simmetria non è necessario fare questo calcolo in quanto è

sufficiente andare a vedere quale funzione ci ha portato asin t

t, nel seguente modo

sin tt��

2� 12

p2����� p2���

ed essendo la porta una funzione pari

sin tt��

2� 12

p2����� p2����� p2��

La proprietà di simmetria ci ha quindi permesso di calcolare una trasformata che nonsarebbe stata per niente agevole da calcolare nel modo classico.

Proprietà di coniugazioneIl problema che ci poniamo è quello di vedere cosa succede trasformando il coniugato diun segnale. Supponiamo di avere un segnale a valori complessi di cui ci è nota la suatrasformata di Fourier

x �t ���

X ��

La proprietà di coniugazione ci dice che è vera la seguente uguaglianza

x*�t ���

X *���

Proprietà della trasformata di Fourier - Pag.133

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Esempio di applicazione della proprietà di coniugazione.

Ci proponiamo di fare la seguente trasformata

� �cos t� j sin t �

questa può essere vista, grazie alla formula di Eulero, nel seguente modo

� �cos t� j sin t ��� ��e jt�*�

Cerchiamo di ricordarci di cosa è la trasformata di Fourier di e jt , abbiamo la trasformatadi uno traslata in frequenza:

� �e jt ��� �1�e jt ��2����1�

Del risultato che abbiamo ottenuto dobbiamo fare il complesso coniugato e calcolarlo in� . Abbiamo

� �cos t� j sin t ��� ��e jt�*��2�����1�*

adesso ci dobbiamo ricordare della proprietà della delta che dice che è una funzione paried è quindi possibile cambiare il segno del suo argomento. Inoltre essendo di fronte aduna funzione di soli valori reali, il suo coniugato è uguale alla funzione stessa

� �cos t� j sin t ��� ��e jt�*��2�����1�*�2���1�*�2���1�

Proprietà di realtà e paritàSia il segnale x �t � reale e pari.

Un numero complesso è reale quando è uguale al suo complesso coniugato

x �t ��x*�t �

Un segnale è pari se

x �t ��x ��t �

Se adesso facciamo la trasformata di Fourier dei singoli membri di queste uguaglianze,abbiamo

� x �t ��x*�t �x �t ��x ��t � �

� �X ���X *���

X ���1��1�

X � �1� è un riscalamento (di indice -1)

riscriviamo in modo più ordinato

�X ���X *���

X ���X ��� X *����X ���

Quindi possiamo concludere che se il segnale è pari, la sua trasformata è pari, se unsegnale è reale, la sua trasformata è reale.

Esempio.

Proprietà della trasformata di Fourier - Pag.134

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Consideriamo

x �t �� p10�t ��u �t5��u �t�5�

La sua trasformata di Fourier è

� � p10�t ���2sin 5

Il segnale di partenza è un segnale reale e pari, la sua trasformata di Fourier è il rapportotra due funzioni reali dispari, quindi una funzione reale e pari.

Proprietà di disparitàSia il segnale x �t � reale e dispari. Abbiamo

� x �t ��x*�t �x �t ���x ��t � �

� �X ���X *���

X ����1��1�

X � �1�ovvero

� X ���X *���

X ����X ��� X *�����X ���

Si vede che fare l'operazione di coniugazione della trasformata di un segnale disparisignifica farne l'opposto, quindi essa è un immaginario puro.

Per cui se un segnale è reale dispari, la sua trasformata è un immaginario puro dispari.

Esempio.

x �t ��12

t p2�t �

Facciamo la trasformata. La prima cosa che osserviamo è che abbiamo la variabile tcome fattore moltiplicativo. Facciamo comparire un -j così da poter sfruttare la proprietà diderivata in frequenza

� � 12 t p2�t ���12

j� �� jt p2�t ���12

jd

d� � p2�t ���

12

jd

d2sin

� jcos�sin

2

Si vede subito che abbiamo ottenuto una funzione dispari che è immaginario puro (c.v.d.).

Proprietà del prodotto di convoluzioneSe noi abbiamo da trasformare il seguente prodotto di convoluzione

� � x �t ��y �t ���� �����

x ��� y �t���d ��questa proprietà ci dice che altro non è che il prodotto ordinario delle trasformate

Proprietà della trasformata di Fourier - Pag.135

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� � x �t ��y �t ���� �����

x ��� y �t���d ���X ���Y ��

Esempio.

� � p2�t ��p ' 10�t ��La proprietà del prodotto di convoluzione ci dice che tale trasformata è

� � p2�t ��p ' 10�t ���� � p2�t ���� � p ' 10�t ���2sin

j2sin 5

Un'altra via per fare questa trasformata sarebbe stata fare il calcolo del prodotto diconvoluzione e poi trasformare il risultato.

Proprietà del prodotto ordinarioAbbiamo visto che la trasformata di un prodotto di convoluzione è un prodotto ordinario.La trasformata di un prodotto ordinario è, fatto salvo una costante moltiplicativa, unprodotto di convoluzione. Ovvero

x �t � y �t ��� 1

2�X ���Y ��

Esempio.

� � p2�t �sin t

t �� 12�

2sin

�� p2�t �

Altre trasformateFinora abbiamo fatto le trasformate di Fourier della porta, della delta di Dirac, dellacampana razionale e della costante 1. Queste non sono sufficienti come bagaglio, cimanca la trasformata del gradino unitario. Per arrivare ad essa ne faremo un paio diprologo.

Calcoliamo

� � 1t ������ 1

te� j t dt

Se osserviamo il segnale, per t�0 va ad infinito e l'integrale non è calcolabile in unintorno dello zero (con metodi elementari). Per poter calcolare l'integrale siamo costretti apassare in campo complesso, ponendo l'uguaglianza z�t jy con t parte reale di z.

L'integrale diventa

� � 1t ������ ,��

1z

e� j z dz

Altre trasformate - Pag.136

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Vediamo che nello zero l'integrando ha un polo del 1° ordine.

Osserviamo adesso che il polo si trova sul cammino d'integrazione (ricordiamo che siamopassati ad un integrale di linea dove la linea è il cammino d'integrazione e corrispondeall'asse reale). Ricordiamo che quando si trovano delle singolarità di tipo polare sulcammino di integrazione si può dare un significato più allargato all'integrale, che vienedefinito del valor principale secondo Cauchy e le singolarità, che appunto si trovano sulcammino di integrazione contribuiscono all'integrale con mezzo residuo.

Siamo quindi nel caso in cui si può applicare il lemma di Jordan1.

Dobbiamo valutare dove tende a zero l'esponenziale

�e� j z���e� j�t jy����e� j t y��e y

segue che

se �0 l'esponenziale tende a zero per y���

se �0 l'esponenziale tende a zero per y��

Decomponiamo l'integrale in due tratti, uno in cui �0 (ed in questo caso il lemma diJordan ci dice di chiudere il cammino nel semipiano inferiore) ed uno in cui �0 (ed inquesto caso il lemma di Jordan ci dice di chiudere il cammino nel semipiano superiore)

� � 1t ����0 �� j R f � z ��0���� j�0 � j R f � z ��0��� j ���� j sgn

Vogliamo adesso fare la trasformata di Fourier della funzione segno di t.

� � sng t �

trasformata impossibile da calcolare con l'integrale e se non si riesce ad utilizzare qualcheproprietà delle trasformate, si deve passare alle distribuzioni.

Osserviamo però che proprio nell'esempio precedente abbiamo ottenuto

� � 1t ���� j sgn

Possiamo quindi applicare la proprietà di simmetria che ci dice che

� ��� j sgn t ��2� 1�

�� j� � sgn t ��2� 1�

� � sgn t ��2j

Osserviamo anche che la funzione di partenza era reale e dispari e la sua trasformata èimmaginaria pura e dispari (come impongono le proprietà delle trasformate).

Questi esempi sono serviti per introdurre la

1 Spesso in questo tipo di calcoli funzioni come 1�t vengono prefisse dai simboli p.f. (pseudo funzione)che stanno ad indicare proprio che porterebbero ad integrali non convergenti e quindi non calcolabili, i qualivengono prefissi a loro volta dai simboli v.p. (nel senso del valor principale) che indicano proprio che devonoessere interpretati in maniera più allargata.

Altre trasformate - Pag.137

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Trasformata del gradino unitarioCominciamo a pensare che la funzione gradino unitario può essere vista nel seguentemodo

u �t ��12�1sng t �

ovvero traslando verso l'alto la funzione segno di t e dividendola poi per 2. Possiamoquindi, per fare la trasformata di Fourier del gradino unitario, sfruttare la trasformata delsegno e le proprietà di linearità delle trasformate. Otteniamo

� �u �t ���� � 12 �1sng t ���� � 12 �� �� sng t2 ���1

2� �1 �

12� � � sng t ��

Se noi quindi andiamo a riprendere le trasformate che abbiamo già calcolato otteniamo

� �u �t ���12

2����12

2j�����

1j

Osserviamo che la trasformata di Fourier del gradino ha sia una parte reale (che è untermine impulsivo), che una parte immaginaria, infatti il gradino non è né pari né dispari.

Facciamo il seguente esercizio

� �u �t1��u �t�1��

Possiamo osservare che si sta richiedendo la trasformata di una porta, cosa che giàconosciamo, ma lo si vuole risolvere diversamente, proprio per imparare a maneggiare leproprietà delle trasformate. Applichiamo la proprietà di linearità

� �u �t1��u �t�1���� �u �t1���� �u �t�1��

Osserviamo adesso che si vogliono trasformare delle u traslate, applichiamo quindi laproprietà di traslazione nel tempo

� �u �t1��u �t�1���� �u �t1���� �u �t�1���e j� �u �t ���e� j

� �u �t ���� �u �t �� �e j�e� j�=

=� �u �t ��2 j sin������ 1j�2 j sin�2 j�sin���

2sin

Osserviamo che il risultato non sembrerebbe coincidere con quello che ci aspettavamo.Abbiamo infatti un primo addendo di troppo. Ma proviamo ad interpretarlo: se noi ciricordiamo la proprietà della delta di Dirac che dice che

x �t ���t ��x �0���t � (se x �t � è continua) ovvero x ������x �0����

ma nel nostro caso il seno di zero è zero, per cui tutto l'addendo è nullo.

Trasformata del gradino unitario - Pag.138

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Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Trasformata di Fourier

Equazioni nel dominio delledistribuzioni

Vogliamo risolvere l'equazione

j X ���Y ��

NOTA: abbiamo usato la variabile per sottolineare il fatto che opereremo sulleequazioni proprio nel dominio delle frequenze.

Siano

Y �� il termine noto

X �� l'incognita.

Se operassimo nel campo delle sole funzioni, risolvere l'equazione sarebbe semplice:

X ���Y ��

j

ma nel campo delle distribuzioni la soluzione è la seguente

X ���Y ��

jk ���

Verifichiamolo:

j�Y ��jk �����Y �� j k ���

Ricordando che x �t ���t ��x �0���t � si ha

j�Y ��jk �����Y �� j k ����Y �� j�0�k ����Y ��

Si può inoltre facilmente dimostrare che per questa equazione quelle calcolate sono tuttele soluzioni possibili.

Consideriamo adesso un caso più generale

Pn�� X ���Y ��

Se noi avessimo come informazione che l'incognita X �� è una funzione, la soluzionesarebbe

X ���Y ��Pn��

evidentemente nei punti in cui il polinomio si annulla, si avranno delle singolarità o dellesingolarità apparenti. Per rappresentare tutte le soluzioni in ambito distribuzionale invece,dobbiamo cominciare col porci nella seguente ipotesi:

Pn�� ha n soluzioni distinte 1�2�3�...�n

si può allora affermare che tutte le soluzioni in ambito distribuzionale sono date dallasoluzione in ambito funzionale sommata ad n delta di Dirac centrate negli zeri del

Equazioni nel dominio delle distribuzioni - Pag.139

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x �t � x ' �t �

�5 �55

5

1

Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Trasformata di Fourier

polinomio

X ���Y ��Pn��

k 1���1�k 2���2�k 3���3�+ ... +k n���n�

Dimostriamo adesso che quella sopra è sicuramente una soluzione dell'equazione (nondimostreremo invece che è anche tutte le soluzioni possibili, anche se sarebbe moltosemplice farlo). Procediamo inversamente moltiplicando la nostra soluzione con ilpolinomio Pn��

Pn��� Y ��Pn���Pn��k 1���1�Pn��k 2���2�+ ... + Pn��k n���n�

ricordiamo adesso la proprietà della delta x �����0��x �0����0� eapplichiamola

Y ��Pn�1�k 1���1�Pn�2�k 2���2�+ ... + Pn�n�k n���n�

osservando adesso che i termini pn�1� , pn�2� , ... , pn�n� erano gli zeri del polinomio, esi ha

Y ��00 + ... + 0 (c.v.d.)

Se invece ci poniamo nell'ipotesi in cui Pn�� ha degli zeri multipli, compariranno anchedelle derivate, ma questo non ci interessa per il nostro corso.

Facciamo un esempio di applicazione, vogliamo fare la seguente trasformata di Fourier

� �u �t1��u �t�1��

Osserviamo che non è unesercizio nuovo, lo abbiamo giàrisolto in due modi diversi: con ladefinizione di trasformata eattraverso la trasformata della

u �t � . Adesso lo vogliamorisolvere proprio tramite leequazioni in campodistribuzionale. Il grafico dellafunzione è la solita porta che haper derivata una somma di duedelta di Dirac.

Si ha

x ' �t ����t1����t�1�

e possiamo osservare che è molto semplice fare la trasformata di Fourier di x ' �t �perché si tratta di trasformare la somma di due delta

� � x ' �t ���� ���t1���� ���t�1��

essendo che si hanno delle traslazioni nel tempo si procede come segue

Equazioni nel dominio delle distribuzioni - Pag.140

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1

a�a t

x �t �

Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Trasformata di Fourier

� � x ' �t ���e j� ���t ���e� j

� ���t ��

ed essendo la trasformata della delta uguale ad uno

� � x ' �t ���e j�e� j�2 j sin

Abbiamo così ottenuto la trasformata di Fourier della derivata prima della nostra funzione,ma se ricordiamo adesso, la proprietà delle trasformate che dice che

� � x ' �t ��� j X ��

possiamo scrivere

j X ���2 j sin

che è un'equazione in ambito distribuzionale la quale possiamo risolvere con i metodi cheabbiamo visto in questo capitolo, ovvero

X ���2 j sin

jk ����

2sin

k ���

Non ci resta che da determinare il valore di k. Possiamo farlo con il seguenteragionamento: se noi siamo sicuri che la trasformata della funzione non è unadistribuzione, bensì una funzione (e lo siamo perché è calcolabile attraverso l'integraledella trasformata [infatti il segnale è nullo all'esterno di un intervallo limitato, quindil'integrale converge]) allora possiamo dire che k=0.

Esempi di trasformate di FourierEsercizio 1

Si vuole fare la trasformata di Fourier di unsegnale che possiamo chiamare triangolo. Ilsuo grafico è quello riportato in figura e la suatrasformata può essere fatta in molti differentimodi.

Noi sceglieremo una strada che non è forse la più semplice, ma può essere istruttiva.Vogliamo seguire il procedimento di fare le derivate grafiche della funzione. Possiamoosservare che la funzione è continua, con dei punti angolosi.

Esempi di trasformate di Fourier - Pag.141

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1a

a�a t

x ' �t �

�1a

1a

a�a t

x ' ' �t �

�2a

Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Trasformata di Fourier

Facendone la derivata prima avremo quindidelle discontinuità in tali punti, come mostratoin figura, ottenendo una funzione continua atratti.

Possiamo anche pensare di fare la derivataseconda (sempre nel senso delle distribuzioni)e vediamo che si ottiene una somma di tredelta di Dirac centrate nei tre punti didiscontinuità, come mostrato in figura, la cuiequazione è la seguente:

x ' ' �t ��1a��ta ��

2a��t �

1a��t�a �

Diventa allora molto semplice fare la trasformata di Fourier del segnale x ' ' �t � che risulta

essere � � x ' ' �t ���1a� ���ta���

2a� ���t ��

1a� ���t�a��

Ricordando adesso che traslazione nel dominio dei tempi vuol dire moltiplicazione per unesponenziale complesso nel dominio delle frequenze otteniamo

� � x ' ' �t ���1a

e ja� ���t ���

2a� ���t ��

1a

e� ja� ���t ��

ed essendo la trasformata della delta uguale ad 1 :

� � x ' ' �t ���1a

e ja�2a

1a

e� ja�1a�e ja�2e� ja�� 1

a�e j a

2�e� j a

2�2

Osserviamo che nell'ultimo passaggio si sono interpretati i tre termini come il quadrato diun binomio. In definitiva si ha

� � x ' ' �t ���1a�e j a

2�e� j a

2�2

�1a �2 j sin

a2 �

2

Applicando la proprietà delle derivate della trasformata si ha

j� � x ' �t ���� � x ' ' �t ���1a �2 j sin

a2 �

2

ovvero, ritornando alle equazioni in campo distribuzionale

Esempi di trasformate di Fourier - Pag.142

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12

a�a t

x �t �

1

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� � x ' �t ���1a

�2 j sina2 �

2

jk ���

eventuali termini impulsivi

Ma se adesso noi osserviamo l'andamento della funzione x ' �t � vediamo che è nulla al difuori di un certo intervallo finito. Siamo dunque sicuri che la sua trasformata di Fourier sipuò calcolare con l'integrale e che si tratta dunque di una funzione, ovvero non sonopresenti termini impulsivi, per cui k�0 . Proseguendo si ha

j� � x �t ���� � x ' �t ���1a

�2 j sina2 �

2

j

� � x �t ���1a

�2 j sina2 �

2

�2 k ���

Ma anche in questo caso la funzione x �t � vediamo che è nulla al di fuori di un certointervallo finito (-a,a). Siamo dunque sicuri che la sua trasformata di Fourier si puòcalcolare con l'integrale e che si tratta di una funzione, per cui k�0 . Si ha

� � x �t ���1a

�2 j sina2 �

2

�2 �4sin2a

2a2

Esercizio 2Consideriamo il seguente segnale, che è una porta moltiplicata per una retta nel seguentemodo

x �t �� p2 a� 12 a

t12�

Vogliamo calcolarne la trasformata di Fourier.Lo si potrebbe fare in vari modi, applicando leproprietà della trasformata. Noi scegliamo unmetodo un po' diverso, sempre per mostrareallo studente le varie possibilità che ci sonoper risolvere questi esercizi.

Esempi di trasformate di Fourier - Pag.143

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a�a t

x ' �t �

12 a

�1

a

�a t

x ' ' �t �

12 a

�1�

12 a

Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Trasformata di Fourier

Facciamo la derivata prima distribuzionale delsegnale, ed è quella mostrata in figura, condue punti di discontinuità ed una delta diDirac.

Se volessimo rappresentare la derivataseconda, si avrebbero dei problemi perrappresentare graficamente la derivata delladelta, che comunque qualcuno rappresentacon una freccia spezzata.

Il suo grafico è dunque quello rappresentato infigura e la sua equazione la seguente

x ' ' �t ��1

2 a��ta��

12 a��t�a ��� ' �t�a�

Volendo fare la trasformata di Fourier di questo segnale, la prima cosa che facciamo èapplicare la linearità

� � x ' ' �t ���1

2 a� ���ta���

12 a� ���t�a���� �� ' �t�a��

adesso ci dobbiamo ricordare che la trasformata di una delta traslata è la moltiplicazionedi un esponenziale per la trasformata della delta che è 1.

� � x ' ' �t ���1

2 ae ja�

12 a

e� ja� je� ja�1

2 a2 j sina� je� ja

� � x ' ' �t ���j sina

a� je� ja

Abbiamo ottenuto la trasformata di Fourier della derivata seconda del nostro segnale.Risaliamo adesso col solito metodo

j� � x ' �t ���� � x ' ' �t ���j sina

a� je� ja

j� � x ' �t ���j sina

a� je� ja

Anche in questo caso si tratta di una funzione (i termini impulsivi sono nulli), per cuipossiamo scrivere

� � x ' �t ���j sina

ja�e� ja�

sinaa

�e� ja

Risaliamo ancora, ricordandoci ancora che anche in questo caso i termini impulsivi sono

Esempi di trasformate di Fourier - Pag.144

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12

a�a t

x �t �

1

Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Trasformata di Fourier

nulli

j� � x �t ���� � x ' �t ���j sina

ja�e� ja�

sinaa

�e� ja � � x �t ���

sina

j2 a�

e� ja

j

che è la trasformata di Fourier del segnale che ci eravamo proposti.

Esercizio 3Consideriamo il seguente segnale

Possiamo osservare che è un segnale ugualea quello dell'esercizio precedente, al qualedobbiamo però aggiungere una u(t) traslata ina

x �t �� p2 a� 12 a

t12�u �t�a�

La trasformata di Fourier di questo segnalesarà dunque uguale alla somma dellatrasformata ottenuta nell'esercizio precedentee della trasformata di u �t�a � , ovvero

� � x �t ���sina

j2 a�

e� ja

j� �u �t�a���

sina

j2 a�

e� ja

je� ja����� 1

j�=osserviamo che il prodotto dell'esponenziale per la delta fa 1

=sina

j2 a�

e� ja

j����

e� ja

j�

sina

j2 a����

Osserviamo adesso che la trasformata ottenuta non è una funzione, ma una distribuzione.Abbiamo infatti un termine impulsivo che può essere spiegato dal fatto che se noiprendiamo il segnale iniziale, ci accorgiamo che non era trasformabile attraversol'integrale, il quale non converge. Osserviamo adesso che se avessimo invece volutorisolvere l'esercizio seguendo il metodo precedentemente usato, ci saremmo accorti chela derivata prima distribuzionale del segnale è una porta, la cui trasformata è la seguente

� � x ' �t ���sinaa

che porta, attraverso il metodo delle equazioni distribuzionali, alle seguenti

j X ���� � x ' �t ���sinaa

X ���sina

j2 ak ���

Seguendo questa strada però, il problema è che non abbiamo nulla che ci dice quantovale la costante k (in realtà ci sarebbero dei procedimenti che ci permetterebbero di darleun valore, ma noi non li affronteremo).

Esempi di trasformate di Fourier - Pag.145

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Esercizio 4Vogliamo fare la seguente trasformata

� �sin0 t �Mettiamo il seno in forma esponenziale

� �sin0 t ��� � ej0 t�e� j0 t

2 j �e ricordando la proprietà di linearità otteniamo

� �sin0 t ��� � ej0 t�e� j0 t

2 j �� 12 j� �e j0 t �� 1

2 j� �e� j0 t �

ricordando adesso che la moltiplicazione per un esponenziale complesso nel dominio deitempi dà luogo ad una traslazione nel dominio delle frequenze, possiamo osservare chedobbiamo fare delle trasformate di 1 e traslarle di �0 , come segue

� �sin0 t ��1

2 j� �e j0 t �� 1

2 j� �e� j0 t �� 1

2 j2����0��

12 j

2���0�

� �sin0 t �� j� ���0�����0��Osserviamo che il segnale è reale e dispari e la sua trasformata è immaginaria pura edispari, così come dicono le proprietà della trasformata.

Esercizio 5Vogliamo fare la seguente trasformata

� �cos0 t �Mettiamo il coseno in forma esponenziale

� �cos0 t ��� � ej0 te� j0 t

2 �e ricordando la proprietà di linearità otteniamo

� �cos0 t ��� � ej0 te� j0 t

2 ��12� �e j0 t �1

2� �e� j0 t �

� �cos0 t ��12� �e j0 t �1

2� �e� j0 t ��1

22����0�

12

2���0�

� �cos0 t ��� ���0����0��Osserviamo che in questo caso il segnale di partenza è reale e pari così come la suatrasformata.

Esempi di trasformate di Fourier - Pag.146

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Esercizio 6Vogliamo fare la seguente trasformata

� �u �t �sin0 t �Mettiamo il seno in forma esponenziale

� �u �t �sin0 t ��� �u �t � ej0 t�e� j0 t

2 j �e per la proprietà di linearità abbiamo

� �u �t �sin0 t ��� �u �t � ej0 t�e� j0 t

2 j �� 12 j� �u �t �e j0 t �� 1

2 j� �u �t �e� j0 t �

la moltiplicazione per esponenziali complessi dà luogo a traslazione nel dominio dellefrequenze

� �u �t �sin0 t ��1

2 j����0�

12 j ��0�

�1

2 j���0��

12 j �0�

NOTA: Normalmente si usa sommare gli addendi che non contengono termini impulsiviinsieme e gli addendi che contengono termini impulsivi insieme, come segue

� �u �t �sin0 t ��� j2 ���0�����0���

0

�2�02�

Esercizio 7Vogliamo fare la seguente trasformata

� �u �t �cos0 t �Mettiamo il coseno in forma esponenziale

� �u �t �cos0 t ��� �u �t � ej0 te� j0 t

2 �e procedendo come nell'esercizio precedente otteniamo

� �u �t �cos0 t ��12����0�

12 j ��0�

12���0�

12 j �0�

Ovvero

� �u �t �cos0 t ���

2 ���0����0���j

�2�02�

Esempi di trasformate di Fourier - Pag.147

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Re��0u �t �e�Re� t

t

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Esercizi introduttivi alledistribuzioni limitate e a crescita

lentaVogliamo adesso fare alcuni esercizi che ci introducono a qualche riflessione critica sulletrasformate di Fourier e terminare dicendo quando una distribuzione è trasformabilesecondo Fourier e quando no.

Esercizio 8Si vuole trasformare il segnale

u �t �e�� t

Cominciamo col riflettere sul parametro � ,esso è complesso e per fare il grafico delsegnale dobbiamo restringere il campo di taleparametro a diversi casi, supponiamo diprendere la sua parte reale e che essa siamaggiore di zero.

Allora la trasformata di Fourier del segnale è

� �u �t �e�� t ������

u �t �e�� t e� j t dt��0

e��� j� t dt�� 1��� j

e��� j�t�t�0

t��

Adesso dobbiamo vedere come si comporta l'esponenziale per t che tende a più infinito.Una prima riflessione da fare è pensare che ha lo stesso comportamento del propriomodulo (essendo un esponenziale complesso). Possiamo quindi, osservando che la parteimmaginaria perde di significato e che abbiamo fatto l'ipotesi che la parte reale di � èpositiva, scrivere

limt��

�e��� j� t�� limt��

e��Re�� t�0

Tornando alla trasformata possiamo scrivere

� �u �t �e�� t ��� 1��� j

e��� j�t�t�0

t��

�1

j�con Re��0

Vediamo adesso cosa succede se Re��0 .

Il segnale diventa

x �t ��u �t �e��Im�� jt

e la sua trasformata è facilmente calcolabile in quanto è la trasformata di una u �t �traslata, oppure, volendo vedere l'esponenziale come somma di seni e coseni, si avrebbela trasformata di seni e coseni come negli esercizi svolti nel capitolo precedente.

Esercizi introduttivi alle distribuzioni limitate e a crescita lenta - Pag.148

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Re��0u �t �e�Re� t

t

Re��0

u �t �e�Re� t e�Im� j t

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Vediamo cosa succederebbe se Re��0 .

Il grafico risulterebbe quello mostrato infigura, ovvero per t�0 si avrebbe unesponenziale crescente.

Mentre se volessimo completare il grafico,ovvero includere anche la parteimmaginaria, quindi fare il grafico dellafunzione

x �t ��u �t �e�Re� t e�Im� j t

si otterrebbe un'oscillazione modulata inampiezza da un esponenziale crescente e cisi accorgerebbe che la trasformata diFourier nel caso Re��0 non esiste.

Riassumendo le tre possibili situazioni abbiamo

� �u �t �e�� t ���1

j�Re��0

����Im� 1jIm�� Re��0

NON ESISTE Re��0

Verificato che è delicato a volte capire quando una trasformata è calcolabile o no,bisognerebbe però essere in grado di capirlo senza crearsi troppe preoccupazioni,

Esercizio 9Questo esercizio è strettamente legato al precedente. Consideriamo la funzione

x �t ��u �t �e��0 t sin0 t

Esercizi introduttivi alle distribuzioni limitate e a crescita lenta - Pag.149

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x �t � �0�0

t

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Per poter vedere il grafico dobbiamo farequalche ipotesi sulle costanti cheintervengono, prendiamo �0�0�� evediamo che abbiamo un esponenzialedecrescente che modula un seno. Mentre sevogliamo fare la trasformata di Fourier,dobbiamo esprimere il seno comecombinazione di esponenziali complessi, nelseguente modo

x �t ��u �t �e��0 t� e j0 t�e� j0 t

2 j �� 12 j

u �t �e���0�0 j �t�

12 j

u �t �e���00 j � t

Si vede che entrambi gli addendi rientrano nella tipologia dell'esercizio precedente, nelmomento in cui si vuole fare la trasformata di Fourier del segnale, (sempre che�0�0�� ).

Osserviamo adesso che se invece �0�0�� la trasformata esiste, ma non è calcolabileattraverso l'integrale, bensì attraverso le proprietà delle trasformate; mentre se�0�0�� la trasformata non esiste.

Ricapitolando, con la modulazione di ampiezza da parte di un esponenziale, si hanno trecasi,

- se l'ampiezza è decrescente, la trasformata esiste ed è calcolabile con l'integrale,

- se l'ampiezza è costante, la trasformata esiste ma non è calcolabile con l'integrale,

- se l'ampiezza è crescente, la trasformata non esiste.

Esercizio 10Prendiamo il segnale

x �t ��u �t �e��0 t cos0 t

Mettiamoci nel caso in cui �0�0�� . Siamo in una situazione analoga alla precedente.Riscriviamo la funzione

x �t ��u �t �e��0 t� e j0 te� j0 t

2 ��12

u �t �e���0�0 j �t

12

u �t �e���00 j� t

e vediamo che calcolando la trasformata di Fourier si ottiene

� �u �t �e��0 t cos0 t ���j�0

� j�0�20

2 �0�0

Esiste in ambito distribuzionale �0�0NON ESISTE �0�0

Esercizi introduttivi alle distribuzioni limitate e a crescita lenta - Pag.150

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Distribuzioni limitateNoi sappiamo cos'è una funzione limitata, è quella funzione che, in valore assoluto, èminore di una costante, cioè il cui grafico è tutto compreso in una striscia orizzontale delpiano.

Nel caso delle distribuzioni le cose si complicano un po', perché c'è la presenza della deltadi Dirac che è approssimata da funzioni non limitate. Per capire quando una distribuzioneè limitata bisogna utilizzare il seguente metodo: si prende la distribuzione e si fa laconvoluzione con una funzione di prova (ricordiamoci che la funzione di prova deveessere infinite volte derivabile e nulla all'esterno di un certo intervallo finito, perdefinizione)

x �t ����t ������

x �����t���d �

Il risultato di tale prodotto di convoluzione è una funzione infinite volte derivabile. Seadesso diamo un nome al prodotto di convoluzione, ovvero diciamo che h �t ��x �t ����t �allora possiamo sostenere che

se h ���� t ���� è limitata come funzione allora x ���� t ���� è limitata in D'.

Prendiamo come primo esempio la delta di Dirac.

��t ����t ����t �

... ricordando che la delta è l'elemento unità del prodotto di convoluzione.

Il risultato del prodotto di convoluzione è una funzione limitata, dunque anche la delta èuna distribuzione limitata. Osserviamo che anche ogni traslata della delta è unadistribuzione limitata:

��t�a����t ����t�a�

NOTA: Il fatto di rappresentare nei grafici la delta con una freccia di ben precisedimensioni (l'ampiezza del salto) indica bene la limitatezza della delta, nel senso cheabbiamo appena visto.

Distribuzioni a crescita lentaUna distribuzione x ���� t ���� è temperata o a crescita lenta se esiste m tale che

x ���� t ��������1t 2����

m sia una distribuzione limitata.

NOTA: In realtà a denominatore avremmo potuto utilizzare un qualsiasi polinomio, maquello che abbiamo usato è il più comodo perché non annulla mai il denominatore.

Questo significa che la distribuzione ha una crescita di tipo polinomiale.

Abbiamo appena introdotto le distribuzioni temperate che sono proprio il contesto in cui siopera con le trasformate di Fourier e la ragione di ciò ci viene data da un teorema checaratterizza le distribuzioni temperate. Esso dice che

Distribuzioni a crescita lenta - Pag.151

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t

sT �t �

1

T�T 2T

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Una distribuzione x ���� t ���� è temperata se risulta x ���� t ��������Dn ��������1t 2���� y ���� t ���� ����

con y ���� t �������� x ���� t ��������1t 2����m

integrabile in modulo, continuo e limitato.

Se noi infatti vogliamo fare la trasformata di Fourier di un segnale di questo tipo abbiamo

� � x �t ���� �Dn ��1t 2� y �t ���e sapendo che y �t � è integrabile per definizione, quindi sempre trasformabile, poi non ciresta che applicare le proprietà delle trasformate.

� � x �t ���� j�n�1�D2�m Y ��

Quindi una distribuzione di questo tipo è sempre trasformabile.

Treno di impulsiIntroduciamo le trasformate di distribuzioniperiodiche, la più significativa delle quali èproprio il treno di impulsi, che è anche unadistribuzione limitata.

sT �t �� n���

��t�nT �

Questa distribuzione, che è una sommatoria didelta di Dirac traslate, ha due caratteristicheimportanti:

� è periodica ovvero sT �t ��sT �tT � (notareche è valida la stessa definizione di periodicità che si utilizzava per le funzioni; inquesto caso, anziché pensare alle funzioni si pensa ai funzionali)

� è limitata.

Per verificare che effettivamente ci troviamo di fronte ad una distribuzione limitatafacciamo la convoluzione con una funzione di prova

sT �t ����t ��� n���

��t�nT �����t �ricordando che convolvere una sommatoria vuol dire convolvere ciascun addendo dellasommatoria, possiamo scrivere

sT �t ����t �� n���

���t�nT ����t ��

osserviamo adesso che la convoluzione con una delta traslata ci dà la traslata dellafunzione che convolve la delta, ovvero

sT �t ����t �� n���

��t�nT �

Treno di impulsi - Pag.152

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a b

T�aba bT�ab

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Ricordiamoci adesso che ��t � è una funzione infinite volte derivabile e diversa da zeroin un intervallo finito. Noi ne dobbiamo prendere la sommatoria e verificare che non tendamai ad infinito così da poter verificare che è limitata.

Non abbiamo un'informazione precisa sul periodo, ci sono comunque due possibili casi:T��b�a � e T��b�a�

Nel primo caso la sommatoria sarà data da un unico addendo, che sarà quello in cui latraslata, per quel valore della t è diversa da zero. Nel secondo caso ci saranno dellesovrapposizioni, ma non potranno che essere in numero finito, così come è finito il valoredell'intervallo ab. Quindi il risultato della sommatoria non può che non essere il risultato diuna funzione limitata. Vedi grafici.

Cerchiamo adesso di calcolare la trasformata di Fourier del treno di impulsi.

� � sT �t ���� � n����

��t�nT ��essendo la trasformata di Fourier lineare, possiamo scrivere

� � sT �t ���� � n����

��t�nT ��� n����

� ���t�nT ��

ma la trasformata di una traslata è a noi nota

� � sT �t ��� n���

� ���t�nT ��� n���

e�nT j� ���t ��

ed essendo la trasformata della delta uguale ad uno

� � sT �t ��� n���

e�nT j

Vorremmo adesso poter esprimere la sommatoria in una forma più chiara. Per far ciòdobbiamo fare alcune osservazioni:

1 – La trasformata di Fourier del treno di impulsi è periodica di periodo 0�2�T

. Questo

perché ogni termine della sommatoria è periodico di periodo2�nT

. Per verificarlo,

prendiamo un termine sommato al supposto periodo

Treno di impulsi - Pag.153

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Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Trasformata di Fourier

e�nT �

2�nT� j�e��nT 2�� j�e�nT j e2� j�e�nT j�1�e�nT j

abbiamo ottenuto il termine di partenza e verificato la periodicità.

Ma dire che ogni termine è periodico di periodo2�nT

significa dire che è periodico di ogni

multiplo di tale periodo, quindi tutti i termini sono periodici di periodo2�T

.

2 – Nulla ci vieta di riscrivere la trasformata facendo un cambiamento di indice comesegue

� � sT �t ��� n���

e�nT j� n���

e��n1�T j

la quale identità ci porta a poter scrivere

� � sT �t ��� n���

e��n1�T j� n���

e�nT j e�T j�e�T j n���

e�nT j

ovvero

n���

e��n1�T j�e�T j n���

e�nT j e�T j n���

e�nT j� n���

e��n1�T j�0

se adesso mettiamo in evidenza la sommatoria otteniamo

�e�T j�1� n���

e�nT j

!trasf. del treno di impulsi

�0

Si vede quindi che la trasformata del treno di impulsi soddisfa questa equazionedistribuzionale. Quando nei capitoli precedenti abbiamo affrontato le equazionidistribuzionali, abbiamo visto che come fattore moltiplicativo dell'incognita (che adesso èla trasformata del treno di impulsi) c'era un polinomio, mentre adesso abbiamo il termine�e�T j�1� . Ma la cosa interessante di quel polinomio era che aveva degli zeri del primo

ordine. Se noi adesso osserviamo il termine �e�T j�1� ha zeri del primo ordine quandoe�T j�1 ovvero quando �T ��2 k� cioè con

�2 k�

T�k0

Soluzione dell'equazione distribuzionale è dunque

n���

e�nT j�0

�e�T j�1�

k���

Ak��� 2 k�T �

ovvero la trasformata del treno di impulsi è la sommatoria delle delta di Dirac traslate neglizeri del termine �e�T j�1� e moltiplicate per opportuni coefficienti

n���

e�nT j� k���

Ak��� 2 k�T �

Riassumiamo adesso i risultati delle nostre osservazioni

Treno di impulsi - Pag.154

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Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Trasformata di Fourier

- � � sT �t �� è periodica di periodo 0�2�T

- � � sT �t ��� k���

Ak��� 2 k�T � � � sT �t ���

k���

Ak� ��k0�

La prima osservazione ci dice che la funzione è periodica, per cui i termini dellasommatoria della seconda osservazione devono essere tutti uguali, compresi i coefficienti

Ak . Possiamo dunque svincolarli e vederli semplicemente come coefficiente Aottenendo

� � sT �t ���A k���

� ��k0�

Siamo quindi giunti alla conclusione che la trasformata di Fourier di un treno di impulsi è asua volta un treno di impulsi nella variabile che ha come periodo la frequenzaangolare del treno di partenza

� � sT �t ���A s0��

Non ci resta adesso che la determinazione della costante A .

Cerchiamo di farlo partendo da un segnale periodico che già conosciamo. Se prendiamola costante 1 e la pensiamo come un segnale che vale 1 tra -1 e +1 e che ha periodo 2,abbiamo sempre la costante 1 di partenza, ma letta come funzione periodica.

Abbiamo

1� k���

p2�t�2 n�

adesso, grazie alle proprietà del prodotto di convoluzione, la porta traslata può esserevista come una porta non traslata convoluta con la delta traslata, nel seguente modo

1� k���

p2 �t ����t�2 n�

Facciamo le trasformate di Fourier di ambo i membri. La trasformata di 1 la conosciamo,ed è 2���� , mentre la trasformata del secondo membro la possiamo ottenereattraverso le proprietà della trasformata del prodotto di convoluzione ed è

k���

� � p2�t ���� ���t�2 n���� � p2�t �� k���

� ���t�2 n��

ma osserviamo che il termine dato dalla sommatoria altro non è che la trasformata diFourier di un treno di impulsi di periodo T�2 , che per i ragionamenti appena fatti ci dà� � s2 ��A s��� .

L'identità ci porta dunque a

2�����2sin

A s���� k���

� 2sin

A���n��

osserviamo adesso che per le proprietà della delta si ha

Treno di impulsi - Pag.155

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t

x �t �

T2

�T2

t

x0�t �

T2

�T2

Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Trasformata di Fourier

sin

���n���sin n�

n���1 se n�0

0 se n�1(considerando il limite)

in base a queste considerazioni otteniamo

2�����2sin

A s���� k���

� 2sin

A���n���2 A��� 2�����2 A���

A��

Se pensiamo adesso che siamo giunti a questo risultato partendo da un periodo di 2,possiamo concludere che

A���2�2�

2�T�0

Trovato il coefficiente A, possiamo finalmente scrivere in modo completo la trasformata diFourier del treno di impulsi

� � sT �t ���0 s0�� .

Trasformata di Fourier didistribuzioni periodiche

Abbiamo detto che una distribuzione èperiodica se coincide con una sua traslata diun periodo T.

x �t ��x �tT �

E' anche vero che una distribuzione èperiodica se coincide con una sua traslata diun multiplo del periodo T.

x �t ��x �tnT �

Prendiamo adesso un segnale periodico, adesempio l'onda triangolare, con periodo T, maconsideriamo solo un singolo periodo di talesegnale, mettendolo a zero nella suarimanenza.

x0�t ���x �t � �T2"t�

T2

0 t��T2

opp. t#T2

Ricavato questo segnale, proviamo adesso afarne delle traslate. Proviamo ad esempio atraslarla a destra di T . Allo stesso modo si potrebbe traslare a sinistra o diversamente, adesempio traslare di multipli del periodo. Si può visivamente osservare che il segnale di

Trasformata di Fourier di distribuzioni periodiche - Pag.156

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t

x0�t�T �

T2

3 T2

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partenza può essere visto come somma deisegnali traslati sottostanti. Possiamo quindipensare al segnale periodico come ad unsegnale che è possibile decomporre nelseguente modo

x �t �� n���

x0�t�nT �

Questa è un'operazione che può essere fattaper ogni segnale periodico. Ricordiamoadesso la proprietà della convoluzione chedice che un segnale convoluto con una delta traslata altro non è che il segnale stessotraslato allo stesso modo. Ragionando inversamente possiamo quindi sostenere che unsegnale traslato può essere riscritto come segnale non traslato convoluto con una deltatraslata. Ne risulta che un segnale periodico può essere così riscritto

x �t �� n���

x0�t ����t�nT ��x0�t �� n���

��t�nT �

Ma osserviamo che abbiamo ottenuto il segnale x0�t � convoluto proprio con un treno diimpulsi. Possiamo scrivere

x �t ��x0�t ��sT �t �

Possiamo quindi concludere che un segnale periodico si può presentare come laconvoluzione del segnale stesso preso in un solo periodo e nullo all'esterno, conun treno d'impulsi.

Vogliamo adesso fare la trasformata di Fourier di un segnale periodico

� � x �t ���� � x0�t ��sT �t ��se ricordiamo la proprietà delle trasformate, che dice che la trasformata di un prodotto diconvoluzione si traduce in un prodotto ordinario delle trasformate, otteniamo

� � x �t ���� � x0�t ���� � sT �t ��

Possiamo osservare che, avendo noi ben presente quanto vale la trasformata di Fourierdel treno d'impulsi, abbiamo ricondotto il calcolo della trasformata di un segnale periodico,al calcolo della trasformata del segnale in un unico periodo

� � x �t ���� � x0�t ���� � sT �t ���X 0���0 s0��

In altre parole un segnale periodico è una funzione che modula il treno d'impulsi. Facendodue conti possiamo inoltre scrivere

� � x �t ���X 0���0 s0���

n���

X 0��0���n0�� n���

X 0�n0�0���n0�

e dall'ultima formula ricavata comprendiamo che la trasformata di Fourier di un segnaleperiodico è una somma di delta di Dirac centrate nei multipli della frequenza angolare delsegnale periodico, ciascuno di essi moltiplicato per un opportuno coefficiente:0 X 0�n� .

Da ciò nasce anche l'uso comune nel dire che i segnali periodici hanno uno spettro a righe

Trasformata di Fourier di distribuzioni periodiche - Pag.157

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(le rispettive trasformate sono appunto delle somme di delta con degli opportunicoefficienti [centrati nei multipli della frequenza angolare] ).

Consideriamo adesso un segnale che sia una funzione periodica e scriviamolo sia come

serie di Fourier, sia come prodotto di convoluzione e ricordiamo che o�2�T

, poi

facciamone le trasformate

x �t ��x0�t ��sT �t � $ x �t �� n���

cn ej

2�T

nt

� �

X 0��0���n0� n���

cn 2����n2�T �

Riscriviamo la prima trasformata in modo più opportuno

X 0��0���n0�� n���

X 0�n0�0���n0�

E' facile pensare che se siamo partiti da due modi diversi di descrivere lo stesso segnale,le due trasformate di Fourier sono uguali

n���

X 0�n0�0���n0�� n���

cn 2����n2�T �

Osserviamo adesso che abbiamo una sommatoria di delta in entrambi i membri,esattamente centrate in multipli di 0 . Dovranno quindi essere uguali i loro coefficienti

X 0�n0�0�cn 2�

Abbiamo trovato un legame molto stretto tra i coefficienti delle serie di Fourier ed icoefficienti delle delta di Dirac della trasformata di Fourier

cn�0

2�X 0�n0��

1T

X 0�n 2�T �

Se adesso specifichiamo la trasformata da calcolare otteniamo

cn�1T

X 0�n 2�T �� 1

T �����

x0�t �e� j t dt �

�2�n

T

osserviamo adesso che il segnale vale zero al di fuori di un certo intervallo:

x0�t ���x �t � �T2"t�

T2

0 t��T2

opp. t#T2

e riscriviamo gli estremi dell'integrale

Trasformata di Fourier di distribuzioni periodiche - Pag.158

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t

x �t �

T2

�T2

t

x0�t �

T2

�T2

Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Trasformata di Fourier

cn�1T ��T

2

T2 x �t �e

� j2�n

Ttdt

Abbiamo ritrovato esattamente l'espressione del coefficiente di una serie di Fourierpartendo da considerazioni sulle trasformate di Fourier.

Esempi di trasformate di Fourierdi segnali periodici

Vediamo adesso alcuni esempi, che sono esattamente gli stessi esempi che avevamofatto quando si parlò delle serie di Fourier. Si invita dunque il lettore a mettere in paragonei modi diversi di procedere.

Esempio 1Prendiamo in considerazione l'onda triangolare con periodo � ed andiamo aconsiderare il segnale in un unico periodo

Proviamo a descrivere il segnale nei due sotto intervalli (tra ��

2 e zero e tra zero e

2)

x0�t ���2�

t p�2�t�4 � 2

�t p�

2�t��4 �

Vogliamo dunque fare la trasformata di Fourier di questo segnale. Non vogliamo certometterci a calcolare l'integrale, per cui cercheremo di utilizzare una trasformata nota e leproprietà delle trasformate.La trasformata nota in questo caso è quella della porta e le proprietà da utilizzare sonoquella di traslazione nel tempo e di derivata nel dominio delle frequenze.Per far comparire la traslazione dobbiamo però usare la malizia di aggiungere e togliere�

4.

x0�t ���2� �t�4 � p�

2�t�4 �1

2p�

2�t�4 � 2

� �t��4 � p�2�t��4 �1

2p�

2�t��4 �

Proponendoci adesso di fare la trasformata possiamo immediatamente applicare la

Esempi di trasformate di Fourier di segnali periodici - Pag.159

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proprietà di traslazione nel tempo

� � x0�t ����2�

ej�

4

� �t p�2

�t ��12

ej�

4

� � p�2

�t ��2�

e� j�

4

� �t p�2

�t ��12

ej�

4

� � p�2

�t ��Ricordiamo che per avere la derivata in frequenza c'è da considerare un fattore costanteche è � j , ma se noi moltiplichiamo per j e per � j , ricordando che j��� j ��1 ,possiamo scrivere

� � x0�t ����2�

ej�

4

j� �� jt p�2

�t ��12

ej�

4

� � p�2

�t ��2�

e� j�

4

j� �� jt p�2

�t ��12

e� j�

4

� � p�2

�t ��� � x0�t ����� 2

�e

j�

4

j2�

e� j�

4

j�� �� jt p�2

�t ���12

ej�

4

12

e� j�

4�� � p�

2

�t ��� � x0�t ����� 2

�j���e

j�

4

e� j�

4��� �� jt p�

2

�t ��cos��4 �� � p�2

�t ��� � x0�t ����� 2

�j���2 j sin��4 ���� �� jt p�

2

�t ��cos��4 �� � p�2

�t ��

� � x0�t ���� 4�

sin��4 �� dd � 2sin��4 �

�cos��4 �2sin��4 �

Facciamo adesso il calcolo della derivata

� � x0�t ���� 8�

sin��4 ���

4cos��4 ��sin��4 �

2

2sin��4 �cos��4 �

� � x0�t ���� 8�

sin��4 ����

4cos��4 �

sin��4 �2 � 2sin��4 �cos��4 �

� � x0�t ���2sin��4 �cos��4 �

8sin2��4 ��2

2sin��4 �cos��4 �

� � x0�t ���4sin��4 �cos��4 �

8sin2��4 ��2

Ed abbiamo trovato il segnale che modula il treno d'impulsi. E ricordando che nel nostrocaso risulta 0�2 si ha

� � x0�t ���X ���X 0��0 s0���

n���

X 0�2 n�2���2 n�

Per avere i coefficienti della sommatoria dobbiamo adesso calcolare X 0 nei multipli di n,ricordando la formula dei coefficienti

cn�0

2�X 0�n0��

1T

X 0�n 2�T �

Esempi di trasformate di Fourier di segnali periodici - Pag.160

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Il caso che generalmente bisogna fare a parte è quello per n�0 , in quanto si ha unlimite

lim�0

X 0����

2e risulta

c0�2

2��

2�

12

Cerchiamo adesso il valore di X 0 nei multipli di 2n.

X 0�2 n��4sin��2 n�

4 �cos��2 n��

4 ��2 n�

8sin2��2 n��

4 ���2 n�2

X 0�2 n��4sin� n�

2 �cos� n�2 �

�2 n��

8sin2� n�2 �

��2 n�2

Ma osserviamo che nel numeratore del primo termine, quando il seno vale 1 il cosenovale zero, e viceversa, per cui il suo contributo è sempre nullo. Possiamo scrivere

X 0�2 n���8sin2� n�

2 ���2 n�2

Osserviamo che con n pari abbiamo zero, mentre con n dispari abbiamo

X 0�2 n���8

��2 n�2

Possiamo riassumere il tutto con la seguente notazione

X 0�2 n��4�

��1�n�1�2 n�2

e ricordando la formula dei coefficienti si ha

cn�0

2�X 0�n0��

��1�2�1�2 n2

Esempio 2Prendiamo in considerazione l'onda quadra di periodo T�2� e quindi di frequenzaangolare 0�1 e consideriamone un singolo periodo tra �� e �

Esempi di trasformate di Fourier di segnali periodici - Pag.161

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t

x �t �

T2

�T2

1

�1

t

x0�t �

T2

�T2

1

�1

Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Trasformata di Fourier

Vogliamo fare la trasformata di Fourier di x �t � . La strada da percorrere sarà quella difare la trasformata di Fourier di x0�t � .Come ormai è noto, si ha infatti

� � x �t ���� �x0�t �� n���

��t�nT ���X o�� n���

���n0�0

Cerchiamo di dare un significato algebrico al segnale x0�t � . Osserviamo che è datodalla differenza di due porte.

x0�t ���p��t�2 � p��t��2 �e la sua trasformata è

X 0�t ���ej�

2

� � p��t ��e� j�

2

� � p��t ��

X 0�t ����ej�

2

e� j�

2�� � p��t ��

X 0�t ����2 j sin��2 ��2sin��2 �

X 0�t ���4 j sin2��2 �

(e questa è la funzione modulante)

Ricordiamo la formula dei coefficienti

cn�0

2�X 0�n0� ed essendo 0�1 , cn�X 0

�n�2�

si ha

cn�

�4 j sin2��2 n�2�n

Osserviamo adesso che per n�0 vale zero, perché anche se non è definita, èprolungabile per continuità ed il limite tende a zero. Mentre per n�0 si ha

cn�

�4 j sin2��2 n�2�n

�2 j sin2��2 n��n

� j��1�n�1�n

Esempi di trasformate di Fourier di segnali periodici - Pag.162

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t

x �t �

2

2

0 t

x0�t �

T

2

0

Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Trasformata di Fourier

Esempio 3Si vuole considerare l'onda a dente di sega di ampiezza 2 e periodo 2, quindi confrequenza angolare � e consideriamo il periodo compreso tra 0 e 2. Dobbiamonecessariamente osservare che fino ad ora avevamo considerato i singoli periodi tra

�T2

e T2

, mentre adesso (per una maggiore comodità nella descrizione del

segnale) stiamo considerando un periodo tra 0 e T. Questo non è un problema in quantotutte le considerazioni fatte per un periodo simmetrico rispetto all'origine sono valideanche per un periodo traslato rispetto ad essa.

Volendo fare la trasformata di Fourier di x �t � dobbiamo quindi risolvere la seguente

� � x �t ���� �x0�t �� n���

��t�nT ���X o�� n���

���n0�0

che in questo nostro esempio risulta essere

� � x �t ���X o�� n���

���n���

Dobbiamo quindi adesso descrivere e trasformare il segnale nel singolo periodo:x0�t ��t p2�t�1�

Anche in questo caso, come nell'esercizio 1, è utile poter leggere prima una traslazione epoi una derivata.Procediamo

X 0�t ��� ��t�1� p2�t�1� p2�t�1���� �e� j t p2�t �e� j p2�t ���e� j� dd � j

2sin �2sin

�X 0�t ��e� j� j

2cos�2sin

2 2sin ��e� j� 2 j cos

2sin

2 2sin �

Ottenuta la trasformata, lasciamo al lettore il compito di completare l'esercizio,procedendo analogamente agli esercizi precedenti.Si ottiene

c0�1

cn�j�n

e j n� t

Esempi di trasformate di Fourier di segnali periodici - Pag.163

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t

x �t �

10

1

t

x0�t �

0

1

Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Trasformata di Fourier

Esempio 4Consideriamo adesso il segnale che ci fornisce il treno d'impulsi di periodo 1.

x �t ��s1�t �� n���

��t�n�

Si tratta di una distribuzione periodica e nel periodo tra �T2

e T2

abbiamo una sola

delta di Dirac

Abbiamo immediatamente cheX 0�t ��1

e la trasformata di Fourier di tutto il treno d'impulsi risulta essere, essendoT�1 o�2�

X �t ��2� X 0���s2����2� n���

���2�n�

Abbiamo ritrovato le considerazioni che avevamo già fatto: la trasformata di un trenod'impulsi è un altro treno d'impulsi che ha per periodo la frequenza angolare del segnaledi partenza ed il fattore moltiplicativo è la frequenza angolare.

Ciò che vogliamo fare adesso è l'antitrasformata del treno di impulsi che abbiamo appenaottenuto.

��� � X ����2�

n���

� 12�

e�2�njt� n���

e�2�njt

A questo punto qualcuno potrebbe osservare che essendo che abbiamo, attraversol'antitrasformazione, ottenuto il segnale di partenza, il nostro risultato potrebberappresentare la serie di Fourier di un treno d'impulsi, ma in realtà la sommatoria ottenutaè una serie che non converge nel senso delle energie, nel senso puntuale ouniformemente, ma è una serie che converge nel senso delle distribuzioni, il quale èinteso in modo molto più ampio.Dobbiamo comunque farvi delle riflessioni.Osserviamo che i coefficienti della serie sono tutti uguali ad 1, è questa è anche la ragioneper cui la serie non converge, mentre per tutti i segnali che abbiamo visto negli esempiprecedenti il comportamento dei coefficienti era il seguente

Esempio 1: comportamento del tipo cn%1n2

Esempi di trasformate di Fourier di segnali periodici - Pag.164

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Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Trasformata di Fourier

Esempi 2 e 3: comportamento del tipo cn%1n

Si può osservare che più è regolare il segnale e più i coefficienti decrescono rapidamente.Se consideriamo un segnale che non sia soltanto continuo (come lo era l'onda triangolaredell'esempio 1) ma che abbia anche derivata continua, ad esempio

x �t ����t2�2 �2"t"�1�2�t 2� �1"t"�1�t�2�2 1"t"20 altrove

possiamo osservare che i suoi coefficienti si comportano come cn�O� 1n3� (lasciamo al

lettore l'esercizio di fare i calcoli, dando solo il suggerimento di trasformare la derivata delsegnale in quanto è più conveniente).

Riassumendo la decrescita per n che tende ad infinito dei coefficienti è legata allaregolarità del segnale che noi trasformiamo:

se siamo in ambito distribuzionale, cioè se non abbiamo convergenza della serie diFourier nel senso delle energie, si hanno dei coefficienti che possono non decrescere

se si hanno delle discontinuità di prima specie, ci sono decrescite del tipo1n

se si hanno punti angolosi ci sono decrescite del tipo1n2

se si hanno funzioni continue e derivabili ci sono decrescite del tipo1n3 .

Esempi di trasformate di Fourier di segnali periodici - Pag.165

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Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Trasformata di Laplace

Trasformata di LaplaceInizieremo questo argomento parlando ampiamente della trasformata di Laplace bilaterache è quella che ha dei legami più stretti con la trasformata di Fourier. Successivamenteparleremo della trasformata di Laplace unilatera che invece è quella maggiormenteutilizzata nelle applicazioni.

Trasformata di Laplace bilateraSi vuole trasformare il segnale x �t � e si ottiene una funzione nella variabile s che ècomplessa.

Definizione 1: � � x �t ���F �s��F ��� j������

x �t �est dt����

x �t �e� t e j� t dt

Ma se osserviamo la seconda forma possiamo notare che la trasformata di Laplace puòessere vista come la trasformata di Fourier del segnale moltiplicata per e� t

Definizione 2: � � x �t ���� � x �t �e� t �Possiamo concludere che si hanno due definizioni di trasformata di Laplace. La prima èvalida per le funzioni, la seconda è valida anche per le distribuzioni.

Possiamo quindi dire che

���� un segnale x ���� t ���� visto come funzione ha trasformata di Laplace se l'integrale������������

x ���� t ����e���� t è j���� t dt converge;

���� un segnale x ���� t ���� visto come distribuzione ha trasformata di Laplace sex ���� t ����e���� t ha trasformata di Fourier.

Osserviamo adesso che nella definizione 1 l'integrale converge o meno in base al valoredi � , mentre nella definizione 2 la trasformata di Fourier esiste o meno in base al valoredi � (la trasformata di Laplace è dunque legata al suo dominio).

Se adesso ricordiamo che si è detto che una distribuzione ha trasformata di Fourier se esolo se è una distribuzione a crescita lenta, si può concludere che x ���� t ����e���� t hatrasformata di Laplace se è una distribuzione a crescita lenta.

Vediamo adesso come si ottiene il dominio della trasformata di Laplace.

Trasformata di Laplace bilatera - Pag.166

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�1 �2

Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Trasformata di Laplace

Se noi abbiamo un �1 ed un �2 per i qualila trasformata di Laplace sicuramente esiste,allora esiste anche in tutti i �1 � �2 .

Ma cerchiamo di capire perché questo è vero.

Abbiamo detto che per le funzioni x �t �e�1 t

e x �t �e�2 t la trasformata di Laplace esiste.Questo vuol dire che sono entrambe funzionio distribuzioni a crescita lenta.

Noi possiamo scrivere, sommando esottraendo all'esponente

x �t �e� t�e���1�t e�1 t x �t �

Se andiamo a vedere cosa succede per t che tende a più infinito, il secondo termine è acrescita lenta per ipotesi, e viene moltiplicato per un esponenziale che decresce in quanto���1 , quindi il nostro segnale, per t che tende a più infinito, è a crescita lenta.

Ma possiamo anche scrivere

x �t �e� t�e��2�� t e�2 t x �t �

Se andiamo a vedere cosa succede per t che tende a meno infinito, il secondo termine èa crescita lenta per ipotesi, e viene moltiplicato per un esponenziale che decresce inquanto �2�� , quindi il nostro segnale, per t che tende a meno infinito, è a crescitalenta.

Globalmente quindi, il segnale è a crescita lenta e la trasformata di Laplace è definitaall'interno di questa striscia verticale.

Fondamentale è dunque il valore della parte reale ( � ), mentre non incide il valore dellaparte immaginaria ( � ).

Possiamo concludere che la trasformata di Laplace è definita se esiste almeno una rettaverticale per la quale il segnale è a crescita lenta, o meglio, se esistono due valori, unosuperiore ed uno inferiore, della parte reale di s ( � ), per i quali ciò avviene.

A questo punto un problema che ci dobbiamo porre è di capire quali sono questi punti chedefiniscono la massima striscia di esistenza della trasformata di Laplace e che noidefiniamo come dominio della trasformata di Laplace:

dominio�

x �t ���s�� : � ' x�Re s�� ' ' x�

dove

� ' x�inf �1 estremo inferiore del domino (viene definito ascissa di convergenza)

� ' ' x�sup�2 estremo superiore del dominio

Supponiamo adesso che x �t ��0 per t�a (viene definito segnale a supporto destro).

Trasformata di Laplace bilatera - Pag.167

In pratica si ha un insieme formato da strisceverticali.

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t

x �t �

a

�1

1

aa

x �t �

t

Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Trasformata di Laplace

Vogliamo chiederci quando x �t �e� t è acrescita lenta. Osserviamo che la crescitalenta è determinata dal comportamento a piùo meno infinito della funzione. Ma per t�ala funzione è sempre nulla, quindi il suocomportamento non dipende da � .Possiamo concludere che in questo caso

� ' ' x�sup�2���

ovvero il dominio della trasformata di Laplaceè un semipiano destro.

Potremmo chiederci adesso quanto vale �1

, questo dipende da come è fatta la x �t � .Potrebbe anche succedere che �1�� equindi in realtà il semipiano sia tutto un piano.

Nelle applicazioni molto spesso si ha a chefare con segnali che iniziano da un certoistante a e quindi con trasformate di Laplaceche hanno come dominio un semipianodestro.

A livello puramente accademico potremmochiederci cosa succede se x �t ��0 per t�a e le conclusioni che ne trarremmosarebbero perfettamente simmetriche a quelle che abbiamo appena visto.

Vediamo qualche esercizio di esempio.

Esempio 1Vogliamo calcolare la trasformata di Laplacedel seguente segnale x �t �� p2 a �t � .

Vogliamo risolvere questo primo esempioattraverso il calcolo dell'integrale.

Ricordiamo che

� � x �t ������

x �t �èst dt

per cui, inserendo il segnale della porta siottiene

� � x �t ������

p2 a �t �est dt�a

�aest dt�� 1

sest�

t�a

t�a

�esaesa

s�

2sinh �sa �s

Confrontiamo adesso trasformata di Fourier e trasformata di Laplace bilatera della porta

X��t ��

2sin ��a ��

Trasformata di Laplace bilatera - Pag.168

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X��t ��

2sinh �sa �s

Come possiamo osservare le analogie sono molteplici. Ma il legame è ancora più stretto.Se noi prendiamo infatti, della variabile s solo l'asse immaginario, ovvero poniamo

s� j� otteniamo

X��t ��

2sinh � j�a�j�

se adesso ricordiamo i legami che abbiamo trattato tra seno iperbolico e seno circolare,sappiamo che sinh � j�a �� j sin ��a � , possiamo quindi scrivere

X��t ��

2 j sin ��a�j�

�2sin ��a�

e vediamo che la trasformata di Fourier della porta altro non è che la trasformata diLaplace calcolata sull'asse immaginario.

Dobbiamo stare attenti a non generalizzare. Questa è una particolarità che è legata aquesta funzione e a tutte quelle funzioni che come vedremo devono possedere certecaratteristiche. Di queste vogliamo dare un cenno dicendo che è importante il dominiodella trasformata di Laplace. In questo caso il dominio, per le considerazioni fatte, è tutto ilpiano complesso. Questo è uno di quei casi che rientrano nella seguente definizione:

Il seguente legame

X�������� j������������X

����������������

sussiste tutte le volte che l'asse immaginario si trova all'interno del dominio dellatrasformata di Laplace bilatera.

(NOTA: all'interno e non sul confine, perché il dominio della trasformata di Laplace èsempre un insieme aperto)

Esempio 2Vogliamo fare la trasformata di Laplace del gradino unitario. Osserviamo che quandoabbiamo parlato della trasformata di Fourier questo segnale è stato molto faticoso daintrodurre, ed è stato possibile solo dopo alcuni capitoli.

Vogliamo dunque fare la seguente trasformata di Laplace

� �u �t ������

u �t �est dt�0

��

est dt�� 1s

est�t�0

t���

Il prossimo passo è cercare di capire come si comportano gli esponenziali per t che tendea più infinito. Ricordiamoci che

est�e� t e j� t�e� t �cos �� t � j sin �� t ��

quindi a più infinito est tende ad un valore finito se e� t è un'esponenzialedecrescente, quindi

est�

t��� 0, per ��0 (dominio della trasformata, zero è l'ascissa di convergenzadella trasformata bilatera di Laplace)

Trasformata di Laplace bilatera - Pag.169

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che è la condizione necessaria perché l'integrale converga e la trasformata sia calcolabilecome segue

� �u �t ���� 1s

est�t�0

t���

�1s

che è la trasformata di Laplace del gradino unitario.

Osserviamo adesso che in questo esempio l'asse immaginario non è compreso all'internodel dominio della trasformata di Laplace, ma si trova sul confine, non si può quindiutilizzare l'uguaglianza X

�� j���X

���� , che in questo caso non è corretta. Se

ricordiamo quanto valeva la trasformata di Fourier del gradino unitario, ovvero

� �u �t ���������1j�

possiamo osservare che otterremmo solo una parte di essa, perché la trasformata diFourier ha dei termini impulsivi che non otterremmo attraverso questo passaggio semplice

Esempio 3Vediamo un esempio di trasformata di Laplace in ambito distribuzionale. Vogliamotrasformare la delta di Dirac.

Utilizzeremo quindi la seconda definizione

� � x �t ���� � x �t �e� t � ovvero � ���t ���� ���t �e� t �Ricordiamoci che quando la delta moltiplica una funzione continua seleziona di questafunzione il suo valore nell'origine, che in questo caso è 1, per cui si ha

� ���t ���� ���t �e� t ��� ���t ���1

Dobbiamo solo fare attenzione al fatto che in questo caso abbiamo la costante uno di unafunzione complessa, che quindi è situata nel piano complesso e non sull'asse reale.

Vediamo adesso qual'è il dominio della trasformata. Se osserviamo che la delta è nullaall'infuori dello zero comprendiamo subito che è una distribuzione a crescita lenta per ogni� ed il suo dominio è tutto il piano complesso.

In questo caso il passaggio alla trasformata di Fourier secondo l'uguaglianzaX�� j���X

���� è possibile ed addirittura banale, in quanto, essendo una costante, è

sufficiente pensarla uguale ad uno sull'asse immaginario.

Vogliamo concludere il capitolo con la seguente osservazione. Le trasformate cheabbiamo calcolato nei tre esempi sono risultate essere tutte funzioni analitiche (benintesonel loro dominio) e questo discorso è vero in generale ovvero

La trasformata di Laplace X ����s ���� del segnale x ���� t ���� è una funzione analitica nel suodominio.

Trasformata di Laplace bilatera - Pag.170

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Proprietà della trasformata diLaplace

Le proprietà della trasformata di Laplace bilatera sono molto legate alle proprietà dellatrasformata di Fourier, sono circa una decina ed ognuna di esse ha la sua corrispettiva trale proprietà della trasformata di Fourier. E' bene farne un confronto per farsi un'idea piùgenerale.

Proprietà di linearità. � �a x �t ��b y �t ���a� � x �t ���b� � x �t ��

Proprietà di traslazione nel dominio dei tempi. Traslare nel dominio dei tempisignifica moltiplicare per un esponenziale complesso nel dominio della variabilecomplessa s.

x �tt0���

es t0 X �s�

Proprietà di traslazione nel dominio della variabile complessa s. Traslare neldominio delle frequenze significa moltiplicare per un esponenziale complesso neldominio dei tempi

� �es0 t x �t ���X �ss0�

Proprietà di riscalamento. x �at ��� 1�a�

X � sa � con a��

Proprietà di derivata nel dominio dei tempi. Derivare nel tempo corrisponde amoltiplicare per la variabile s nel dominio delle trasformate di Laplace.

� � x ' �t ���s X �s�

Proprietà della derivata della trasformata di Laplace. Derivare nel dominio delletrasformate di Laplace corrisponde a moltiplicare per la variabile -t nel dominio deitempi.

� �t x �t ���dds

X �s�

Quando abbiamo fatto la trasformata di Fourier abbiamo visto che a questo punto c'erala proprietà di simmetria. La trasformata di Fourier porta infatti ad una funzione divariabile reale, che è nuovamente trasformabile. La trasformata di Laplace porta invecead una funzione di variabile complessa, che non è più trasformabile. Questa proprietàquindi manca per la trasformata di Laplace.

Proprietà di coniugazione. Se x �t ���

X �s� allora x*�t ���

X *�s*�

Se il segnale di partenza è un segnale reale la sua trasformata è Hermitiana.

Dobbiamo partire da un segnale reale x �t ��x*�t � . La sua trasformata è la seguente

� � x �t ���X �s�

e per la proprietà di coniugazione si ha � � x*�t ���X *�s*� se ne ricava cheX �s��X *�s*�

Una funzione di variabile complessa che goda di questa proprietà è detta Hermitiana.

Proprietà della trasformata di Laplace - Pag.171

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0

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Ciò equivale a dire che la trasformata di Laplace assume valori reali per valorireali della variabile s.

Proprietà del prodotto di convoluzione. � � x �t ��y �t ���X �s��Y �s�

EsempiProprietà di linearità.

Vogliamo trasformare il segnale

x �t ��3u �t ��5��t �

Si ha

� � x �t ���3� �u �t ���5� ���t ���3 1s�5

Ogni volta che si fa una trasformata diLaplace bisogna però fare sempreattenzione al dominio. La trasformata delgradino unitario è definita per parte reale di smaggiore di zero, la delta è definita invecesu tutto il piano complesso; è chiaro che laloro somma è definita soltanto per partereale di s maggiore di zero.

Proprietà di traslazione nel dominio dei tempi.

Vogliamo calcolare

� �u �t���

la proprietà ci dice che

� �u �t����es�� �u �t ���

es�

s

Il dominio del segnale traslato è lo stesso del segnale non traslato perché la regione diconvergenza non è modificata da una traslazione nel tempo.

Proprietà di traslazione nel dominio della variabile complessa s.

Vogliamo calcolare

� �es0 t u �t ��la proprietà ci dice che

� �es0 t u �t ��� 1ss0

ricordandoci sempre che s è una variabile complessa e come tale va trattata

Proprietà di riscalamento.

Proprietà della trasformata di Laplace - Pag.172

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Vogliamo calcolare

� � p2�� t ��la proprietà ci dice che

� � p2�� t ���1���

2sinh� s��

� s��

Proprietà di derivata nel dominio dei tempi.

Si vuole fare la seguente trasformata

� �Dt p2�t �� NOTA: Dt�ddt

La proprietà ci dice che

� �Dt p2�t ���s2sinh s

s�2sinh s

Possiamo osservare la semplicità di questa proprietà, che è quella che ha in qualchemodo provocato il successo della trasformata di Laplace: il fatto che un operatore diderivazione si trasformi in una variabile, così da trasformare un'equazione differenziale inun'equazione algebrica.

Proprietà della derivata della trasformata di Laplace.

Si vuole fare la seguente trasformata

� �t u �t ��

Utilizziamo prima la proprietà di linearità per far comparire un meno davanti alla t e poiapplichiamo la proprietà

� �t u �t ���� �t u �t ���dds� �u �t ���

dds

1s�

1s2

Osserviamo che il dominio della trasformata è ancora lo stesso dominio del gradino, soloche prima in zero c'era un polo del primo ordine, adesso c'è un polo del secondo ordine.

Proprietà di coniugazione.

Vogliamo fare la seguente trasformata

� ��u �t �e jt �*�

La proprietà ci dice che

� ��u �t �e jt �*��� 1

s* j �*

�� 1� j� j �

*

Proprietà della trasformata di Laplace - Pag.173

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ricordando che fare il coniugato di un quoziente vuol dire coniugare il numeratore ed ildenominatore, per cui si ha

� ��u �t �e jt �*�� 1�� j�� j

�1

s� j

Se il segnale di partenza è un segnale reale la sua trasformata è Hermitiana.

Vogliamo fare la trasformata di un segnale reale

� �� p2�t ����2sinh s

s

La proprietà ci dice che possiamo sostituire s con una variabile reale

� �� p2�t ����2sinh��

e la trasformata è una funzione che dà valori reali.

Proprietà del prodotto di convoluzione.

Si vuole fare la seguente trasformata

� �u �t ��u �t ��

La proprietà ci dice che

� �u �t ��u �t ���� �u �t ���� �u �t ���1s�

1s�

1s2

Osserviamo che quando abbiamo fatto la trasformata di t per il gradino abbiamo ottenutolo stesso risultato.

In effetti se ricordiamo che

u �t ��u �t �����

u ���u �t��d �

osservando che se t�0 è tutto nullo e se t�0 si ha una porta tra zero e t. si ha

u �t ��u �t �����

u ���u �t��d ��u �t �0

td ��t u �t � quindi

u �t ��u �t ��t u �t �

Facciamo adesso la seguente osservazione. In generale si ha a che fare con segnali chesono nulli prima di un certo istante t, ovvero segnali che sono diversi da zero a destra diun certo valore. Avevamo osservato che il dominio di questi segnali è un semipianodestro. Bene, per calcolare il dominio della trasformata, stabilito questo, si puòsemplicemente dire che la trasformata di Laplace ha dominio in un semipiano destro, eduna volta calcolata, si va a vedere dove sono le sue singolarità. Il dominio dellatrasformata sarà dunque il massimo semipiano destro che non contiene delle singolarità.

Nell'ultimo esempio, la singolarità è nell'origine, quindi il dominio è il semipiano destroformato dalle parti reali di s strettamente maggiori di zero.

Proprietà della trasformata di Laplace - Pag.174

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1

t

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Concludiamo il capitolo con un ultimo esercizio che ci consenta di fare ancora qualcheriflessione. Vogliamo fare la seguente trasformata

� �u �t �et �Abbiamo una traslazione

� �u �t �et �� 1s1

Cerchiamo il dominio della trasformata

Osserviamo che la funzione è nulla per t�0, quindi sarà un semipiano destro. Latrasformata è una funzione razionale che haun polo del primo ordine nel punto 1, quindi ilsuo dominio sarà l'insieme dei numericomplessi che hanno parte reale strettamentemaggiore di 1.

Osserviamo che il dominio non comprendel'asse immaginario.

In questi casi si è certi che la trasformata di Fourier del segnale non c'è.

D'altronde se noi andiamo a vedere il grafico del segnale osserviamo che vale zero finoall'origine e poi ha una crescita esponenziale, cioè non è a crescita lenta.

La trasformata di Laplace consente di trasformare anche segnali che hannocrescite esponenziali.

Esercizi su trasformatefondamentali

Esercizio 1Si vuole fare la seguente trasformata

� �u �t �cos ��o t ��Abbiamo dunque da trasformare un segnaleche è nullo fino allo zero e che poi ha un

andamento sinusoidale di periodo T�2��0

.

Questo segnale lo vogliamo trasformareutilizzando le proprietà che abbiamo visto nelcapitolo precedente.

Esercizi su trasformate fondamentali - Pag.175

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Scriviamo innanzitutto il coseno sotto forma di esponenziali complessi

� �u �t �cos ��o t �����u �t � ej�o t�e j�o t

2 �applicando la proprietà di linearità si ha

� �u �t �cos ��o t �����u �t � ej�o t�e j�o t

2 ��12� �u �t �e j�o t ��1

2� �u �t �e j�o t �

ricordiamo adesso che la moltiplicazione per un esponenziale complesso dà luogo nella

variabile s ad una traslazione e ricordando che � �u �t ���1s

si ha

� �u �t �cos ��o t ���12� �u �t �e j�o t ��1

2� �u �t �e j�o t ��1

21

s j�0

�12

1s� j�0

La trasformata di Laplace è terminata ma proviamo a presentarla meglio, facendo il m.c.d.

� �u �t �cos ��o t ���12

1s j�0

�12

1s� j�0

�s

s2��02

Facciamo adesso qualche riflessione suldominio.

Abbiamo un segnale nullo per t�0 , per cuiil suo dominio sarà un semipiano destro e perindividuarlo andiamo a cercare le singolaritàdella trasformata nella variabile s. Osserviamoche essa ha due poli semplici in � j�0 ,allora il massimo semipiano destro possibile èil semipiano con parti reali di s strettamentemaggiori di zero dom

���Re s�0� .

Osserviamo che dunque in questo caso non èpossibile passare alla trasformata di Fourier in modo semplice. Invitiamo il lettore adandare a vedere quella che era la trasformata di Fourier di questo segnale per verificareche vi sono delle delta di Dirac. Osserviamo inoltre che la trasformata di Fourier esisteperché la funzione è a crescita lenta. Il fatto che il dominio della trasformata di Laplaceparta dall'asse immaginario infatti non implica necessariamente che la trasformata diFourier esista (anche se è condizione necessaria che tale asse faccia parte del dominio).

Esercizio 2Si vuole fare la seguente trasformata: � �u �t �sin ��o t ��

Esercizi su trasformate fondamentali - Pag.176

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t

Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Trasformata di Laplace

Abbiamo dunque da trasformare un segnaleche è nullo fino allo zero e che poi ha un

andamento sinusoidale di periodo T�2��0

.

Questo segnale lo vogliamo trasformareutilizzando le proprietà che abbiamo visto nelcapitolo precedente.

Scriviamo il seno in forma esponenziale

� �u �t �sin ��o t �����u �t � ej�o te j�o t

2 j �applichiamo la linearità

� �u �t �sin ��o t ���1

2 j� �u �t �e j�o t � 1

2 j� �u �t �e j�o t �

applichiamo la proprietà delle traslazioni nel dominio della variabile s e ricordando che� �u �t ���

1s

si ha

� �u �t �sin ��o t ���1

2 j1

s j�0

1

2 j1

s� j�0

��0

s2��02

Il dominio della trasformata è un semipiano destro che incontra la prima singolaritànell'origine. Si ha infatti che essa ha due poli semplici in � j�0 , allora il massimosemipiano destro possibile è il semipiano con parti reali di s strettamente maggiori di zero

dom���Re s�0� .

Anche in questo caso non possiamo passare in modo semplice alla trasformata di Fouriere valgono le stesse considerazioni dell'esercizio precedente.

Esercizio 3Si vuole fare la seguente trasformata

� �u �t �e�o t cos ��o t ��Abbiamo dunque da trasformare un segnale che è nullo fino allo zero e che poi ha unandamento esponenziale.

Questo segnale lo vogliamo trasformare utilizzando le proprietà che abbiamo visto nelcapitolo precedente.

Mettiamo al solito il coseno in forma esponenziale ed applichiamo la linearità

� �u �t �e�o t cos ��o t �����u �t �e�o t e j�o t�e j�o t

2 ��12� �u �t �e��o� j�o� t ��1

2� �u �t �e��o j�o�t �

utilizziamo adesso la proprietà di moltiplicazione per un esponenziale nel dominio deitempi che provoca una traslazione nel dominio della variabile s, si ha

Esercizi su trasformate fondamentali - Pag.177

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t

��0

t

��0

Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Trasformata di Laplace

� �u �t �e�o t cos ��o t ���12

1s�0 j�0

�12

1s�0� j�0

evidenziando i denominatori nel seguente modo possiamo raccogliere a fattor comunecome una differenza di quadrati

� �u �t �e�o t cos ��o t ���12

1� s�0� j�0

�12

1�s�0�� j�0

� �u �t �e�o t cos ��o t ����s�0� j�0��s�0�� j�0

2 �� s�0�2��0

2��

2�s�0�

2 ��s�0�2��0

2��

s�0

�s�0�2��0

2

ed abbiamo ottenuto la trasformata di Laplace del nostro segnale.

Abbiamo già visto quando abbiamo parlato della trasformata di Fourier che ogni eserciziopuò essere fatto in più modi differenti.

Questo poteva essere fatto seguendo una via molto rapida. Se noi pensavamo allatrasformata

� �u �t �e�o t cos ��o t ��come alla trasformata di � �u �t �cos ��o t �� traslata nel dominio della variabile s siotteneva subito

� �u �t �e�o t cos ��o t ���s�0

�s�0�2��0

2

(ricordiamo che traslare nel dominio della variabile s significa aggiungere la traslazioneovunque compare la s).

Vogliamo adesso fare alcune importanti considerazioni circa il dominio di questatrasformata di Laplace. Per far questo, dobbiamo riflettere sul grafico del segnale dipartenza. Questo si può presentare in due diversi modi a seconda del segno di �0 .

Se �0�0 l'esponenziale è decrescente quando t tende a più infinito, se invece �0�0l'esponenziale è crescente.

Osserviamo che il segnale è nullo per t�0 per cui la trasformata di Laplace avrà comedominio un semipiano destro. Dobbiamo però cercare di capire come è fatto questosemipiano destro in questi casi. Dobbiamo sempre chiederci dove sono le singolarità dellatrasformata

Esercizi su trasformate fondamentali - Pag.178

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t

�0�0

�0

�0� j�0

�0 j�0

t

�0�0

�0

�0� j�0

�0 j�0

Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Trasformata di Laplace

� �u �t �e�o t cos ��o t ���s�0

� s�0�2��0

è semplice osservare che il denominatore si annulla in �� j�0 , per cui il semipianodestro partirà dalla retta parallela all'asse immaginario passante per �0 . Nei due casiavremo

Dunque il segnale ha sempre trasformata di Laplace, ma a seconda del valore di �0 ilsuo dominio è formato da semipiani che comprendono l'asse immaginario o che non locomprendono (ci sarebbe ancora da discutere il caso di �0�0 ma è esattamente il casodiscusso nel primo esercizio).

Osserviamo quindi che per �0�0 l'asse immaginario è compreso nel dominio, il segnaledi partenza è un segnale a crescita lenta e quindi ha sicuramente trasformata di Fourier.La quale si ottiene semplicemente ponendo al posto di s, j� .

Quando invece �0�0 l'asse immaginario non sta né dentro né sul confine del dominio,quindi siamo certi che il segnale non ha trasformata di Fourier. In questo caso non è infattiun segnale a crescita lenta ma è un segnale a crescita esponenziale crescente.

Esercizio 4Vogliamo fare la trasformata di Laplace del segnale

� �u �t �e�o t sin ��o t ��Abbiamo dunque da trasformare un segnale che è nullo fino allo zero e che poi ha unandamento esponenziale.

Questo segnale lo vogliamo trasformare utilizzando le proprietà che abbiamo visto nelcapitolo precedente.

Vogliamo però in questo caso richiamare quella che era la trasformata � �u �t �sin ��o t �� epensare all'esponenziale come a quell'elemento che ci provoca una traslazione neldominio della variabile s. Abbiamo immediatamente

� �u �t �e�o t sin ��o t ����0

� s�0�2��2

Anche per questo segnale facciamo delle riflessioni analoghe a quelle fatte per l'esercizioprecedente per quanto riguarda il dominio e la possibilità di trasformare secondo Fourier.

Esercizi su trasformate fondamentali - Pag.179

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t

Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Trasformata di Laplace

Esercizio 5Vogliamo fare adesso la trasformata di Laplace della gaussiana.

��et2 1

�� �Osserviamo a titolo informativo che il fattore

moltiplicativo1��

viene inserito nella

gaussiana perché così l'integrale della curvatra meno infinito e più infinito è uguale ad 1.

Il calcolo di quest trasformata consiste nel fareil seguente integrale

��et2 1

�� ����� 1

��et2

est dt�1

�����

et2

est dt

Osserviamo adesso che e t2

est può essere riscritto nel seguente modo

et2

est�e�t� s

2�

2

�s2

4

e possiamo quindi scrivere

��et2 1�� ��

1�����

e�t� s

2�2

�s2

4 dt�1�����

e�t� s

2�

2

es2

4 dt�e

s2

4

�����

e�t� s

2�

2

dt

Poniamo adesso t�s2�u e facendo alcune riflessioni che in questo caso trascuriamo

possiamo scrivere

��et2 1�� ��

es2

4

�����

eu2

du�e

s2

4

�����e

s2

4

Ed abbiamo ottenuto la trasformata di Laplace della gaussiana.

Facciamo adesso qualche considerazione sul dominio.

L'integrale converge per qualsiasi valore di s. perché è si vero che dentro l'integraleabbiamo un esponenziale che o a più infinito o a meno infinito cresce( est ), ma crescemolto meno di quanto decresce l'altro esponenziale presente nell'integrale che invecedecresce sempre ( et 2

). Quindi il dominio di questa trasformata di Laplace è uguale atutto il piano complesso. Ma se contiene tutto il piano complesso contiene anche l'asseimmaginario, per cui possiamo ricavarci anche la trasformata di Fourier con un semplicepassaggio

� �et2 1�� ��e

� j��2

4 �e�2

4

Esercizi su trasformate fondamentali - Pag.180

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Questo è un risultato abbastanza interessante perché possiamo osservare che abbiamofatto la trasformata di Fourier di una gaussiana ed abbiamo ottenuto ancora unagaussiana.

Trasformata di Laplace unilateraQuando si scrive il simbolo di una trasformata di Laplace non si specifica se si tratta diuna trasformata di Laplace bilatera od unilatera, perché sono riconoscibili entrambe, manoi, introducendole separatamente, adotteremo il simbolo �

� per la trasformataunilatera. La sua espressione è la seguente

��� x �t ���0

��

x �t �est dt�0

��

x �t �e� t e j� t dt

Possiamo osservare che la differenza tra i due tipi di trasformate sta esclusivamente negliestremi d'integrazione.

Se la funzione x �t � è nulla per t�0 tra trasformata di Laplace unilatera e bilatera nonc'è nessuna differenza.

Un modo per interpretare la trasformata unilatera attraverso la bilatera è il seguente

��� x �t ����

��

u �t � x �t �est dt

sarà infatti il gradino a restringere gli estremi d'integrazione.

Un po' più impegnativa è la definizione di trasformata di Laplace unilatera quandoabbiamo a che fare con le distribuzioni, perché in tal caso non sempre è definito ilprodotto u �t � x �t � . Cominciamo col dire che il problema di questo prodotto sussiste soloquando la distribuzione è diversa da zero nello zero, ovvero in quei casi in cuimoltiplichiamo per delta di Dirac o sue derivate centrate nello zero. In tali casi si puòcomunque procedere nel seguente modo: si fa prima la trasformata di quelle distribuzioniche sono diverse da zero soltanto nell'origine (delta e derivate), e di queste siamo sicuriche la trasformata unilatera coincide con la trasformata bilatera e poi si moltiplica ciò cherimane del segnale per il gradino e si trasforma (a questo punto senza termini impulsivi).

Ci vogliamo adesso chiedere quali proprietà caratterizzano questo tipo di trasformata. Laproprietà è una sola (le altre sono tutte uguali alla bilatera) ma è talmente importante chegrazie ad essa nelle applicazioni molto spesso si preferisce utilizzare questa trasformata.

Proprietà della derivata.

��� x ' �t ���sX u �s�x �0-�

Per x �0-� si intende il limite da sinistra del segnale nello zero.

Antitrasformata di LaplaceQualche capitolo fa abbiamo definito la trasformata di Laplace nel seguente modo

� � x �t ���� � x �t �e� t ��X � ���

Il pedice nella X � ��� indica la dipendenza del segnale dal parametro � . Avevamo

Antitrasformata di Laplace - Pag.181

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anche osservato che l'insieme dei � per i quali è definita questa funzione è un intervallodell'asse reale. Se noi adesso consideriamo � come la parte reale e � come la parteimmaginaria di un numero complesso s, possiamo scrivere

� � x �t ���� � x �t �e� t ��X � ����X �s� con s��� j�

ed ecco che s così definita, costituisce proprio il dominio (una striscia verticale) dellanostra trasformata di Laplace.

Se ne può concludere che

e� t x �t ���� �X � ���� �

x �t ��e� t�� � X � ���� formula per le distribuzioni

purché � sia preso all'interno del dominio della trasformata di Laplace.

Si può inoltre dimostrare che il valore dell'antitrasformata non dipende dal valore di �(sempre purché stia all'interno del dominio).

Supponiamo adesso che sia possibile calcolare l'antitrasformata con l'integrale e vediamocome diventa l'espressione

x �t ��e� t 12��

��

X � ���ej� t d�

e portando l'esponenziale dentro l'integrale

x �t ��1

2����

X �s�e��� j�� t d�

osserviamo che stiamo integrando lungo una parallela dell'asse immaginario che passaper � .

Riscriviamo adesso l'integrale nel seguente modo

x �t ��1

2� j���

X �s�e��� j�� t j d�

ed osserviamo che j d��d ��� j�� , quindi

x �t ��1

2� j� j�

�� j�X �s�es t ds dove ��dom

che è la formula di inversione della trasformata di Laplace di Riemann Fourier ed èvalida ovviamente se l'integrale è calcolabile.

Esempio di calcolo dell'antitrasformata di Laplace utilizzando la definizione.

Vogliamo fare la seguente antitrasformata di Laplace

��� 1s � dove dom

��Re s�0

Prendiamo dunque un ��0 ed applichiamo la formula

Antitrasformata di Laplace - Pag.182

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t�0�0

t�0 t�0

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��� 1s �� 1

2� j� j�

�� j� 1s

e s t ds

Abbiamo dunque un integrale che viene calcolato lungo un cammino parallelo all'asseimmaginario che può essere risolto attraverso il lemma di Jordan. Come è solito farequando si utilizza il lemma di Jordan è bene riflettere sul modulo dell'esponenziale

�e st��e� t

esponenziale che tende a zero in due casi

�est��e� t �t�0

����0

�est��e� t �t�0

���0

in ciascuno di questi due casi il lemma diJordan ci dice in quale dei due semipianibisogna chiudere il cammino d'integrazioneper applicare il teorema dei residui.

Se t�0 il semipiano è quello per ����per cui chiuderemo il cammino d'integrazione attraverso una semicirconferenza a destra

del cammino d'integrazione. Osserviamo subito che in questa regione la funzione1s

è

analitica, quindi il risultato è zero.

Se t�0 il semipiano è quello per ��� per cui chiuderemo il cammino d'integrazioneattraverso una semicirconferenza a sinistra del cammino d'integrazione. Osserviamosubito che in questo caso la funzione ha un polo del primo ordine per cui, applicando ilteorema dei residui si ha

��� 1s �� 1

2� j� j�

�� j� 1s

e s t ds�1

2� j2� j R1

sest�0��1

Il risultato è quindi un gradino unitario (risultato che già conoscevamo ma che abbiamovoluto raggiungere attraverso la formula di antitrasformazione).

Esercizi di antitrasformazioneNei seguenti esercizi si vogliono calcolare le antitrasfromate, non attraverso l'integrale,bensì riconoscendo delle trasformate note e giungendo all'antitrasformata attraverso leproprietà della trasformata.

Esercizio 1Vogliamo fare l'antitrasformata del seguente segnale

X 1�s��3 s2�6 s3

s2�s2

A prima vista non sembrerebbe di riconoscere nessuna trasformata nota.

Esercizi di antitrasformazione - Pag.183

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Il metodo per poter riconoscere delle trasformate note è quello di decomporre la frazionein fratti semplici (invitiamo il lettore ad andarsi a rileggere i capitoli che ne parlano). Laprima cosa da fare è quindi cercare gli zeri del denominatore. Si ottengono due polisemplici

s1�1

s2�2

e la decomposizione dà il seguente risultato

X 1�s��3 s2�6 s3

s2�s2�3� 2

s1�

1s�2

Osserviamo adesso che i termini dell'ultimo membro sono tutte trasformate note. Si hainfatti

�� �3 ��3��t �

perché si ha la trasformata della delta che è uno moltiplicata per 3;

��� 2

s1 ��2 et u �t �

perché si ha la trasformata del gradino traslata di +1 nella variabile s e moltiplicata per 2;

��� 1

s�2 ��e2 t u �t �

perché si ha la trasformata del gradino traslata di -2 nella variabile s.

In conclusione si ottiene la seguente antitrasformazione

��� 3 s2�6 s3

s2�s2 ��x1�t ��3��t ��2et u �t ��e2 t u �t �

Esercizio 2Vogliamo antitrasformare un segnale che presenta un polo doppio

X 2�s��2 s3�5 s2�2 s�3

s3�s2 �2 s3�5 s2�2 s�3

s2�s�1�

E' una funzione razionale che ha i seguenti poli

s�0 polo doppio

s�1 polo semplice

Si ottiene

X 2�s��2 s3�5 s2�2 s�3

s3�s2 �2� 3s2

1s�

4s�1

Che porta alle antitrasformate note

Esercizi di antitrasformazione - Pag.184

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��� 2 s3�5 s2�2 s�3

s3�s2 ��x2�t ��2��t ��3 t u �t �u �t ��4 et u �t �

Esercizio 3Vogliamo antitrasformare un segnale che presenta poli complessi coniugati

X 3�s��s2�3 s�24

s2�9

I poli sono i complessi coniugati

s�� j3

e la decomposizione in questo caso, se ricordiamo, viene espressa in maniera un po'diversa

X 3�s��s2�3 s�24

s2�9�1�3 s

s2�32�5 3s2�32

risulta quindi

x3�t ����t ��3u �t �cos �3 t ��5 u �t �sin �3 t �

Esercizio 4Vogliamo antitrasformare la funzione

X 4�s��2 s2�11 s�74

s2�4 s�29

I poli sono

s�2� j5

si ha

X 4� s��2 s2�11 s�74

s2�4 s�29�2�2 3

2s�2

� s�2�2�522�1� 5�s�2�2�52

x4�t ��2��t ��3u �t �cos �5 t �e2 t�2 u �t �e2 t sin �5 t �

Esercizio 5Vogliamo adesso fare l'antitrasformata di un polinomio razionale moltiplicato per unesponenziale complesso. Osserviamo che la moltiplicazione per l'esponenziale provocauna traslazione nel tempo (si trasla la variabile t ovunque compare).

X 5�s��2 s2�1

s2�s2e5 s

I poli sono

s�1

s�2

Esercizi di antitrasformazione - Pag.185

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Si ha

X 5�s��2 s2�1

s2�s2e5 s��2� 1

s1

3s�2�e5 s

a questo punto si risolvono le trasformate come al solito tenendo però conto dellatraslazione

x5�t ��2��t5��u �t5�et53u �t5�e2�t5�

Esercizio 6In questo esercizio vogliamo antitrasformare un segnale che presenta esponenzialicomplessi. In questi casi si fa molto uso di seni e coseni circolari e iperbolici, che altro nonsono che combinazioni lineari appunto di esponenziali complessi.

X 6� s��1s

sinh s

Si potrebbe vedere subito che questa è una trasformata nota, ma supponiamo di nonaccorgercene per procedere con metodo. Mettiamo il seno in forma esponenziale eapplichiamo le proprietà di linearità e traslazione

X 6�s��1s

sinh s�1s � eses

2 �x6�t ��

12��� 1s e s�1

2��� 1s es��1

2u �t�1�1

2u �t1��1

2p2�t �

Esercizio 7

X 7� s��1

s��cosh s�

1s�� � es�es

2 ��� � X 6� s���

12��� 1

s��es��1

2��� 1

s��es�

x6�t ��12

u �t�1�e��t�1��12

u �t1�e��t1�

Osserviamo che l'esponenziale è provocato dalla traslazione nel dominio delle s mentre latraslazione nel dominio dei tempi è provocata dal fatto che si ha il prodotto con unesponenziale.

Trasformata di Laplace persegnali periodici per t>=0

Un altro modo per definire questo tipo di segnali è quello di pensare alla trasformataunilatera di Laplace di un segnale periodico.

Trasformata di Laplace per segnali periodici per t>=0 - Pag.186

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Supponiamo di avere un segnale di questo tipo

x0�t ���x �t � 0 t T0 t�0 o t T

E supponiamo che il segnale x �t � sia ottenuto attraverso la somma di traslate di multiplipositivi di T. Ovvero il segnale di cui stiamo parlando è uguale a

x �t ��!k�0

��

x0�tkT �

Supponiamo ad esempio che il segnale sia l'onda triangolare riportata sotto.

E' facile osservare che un altro modo per descrivere la somma di queste traslate (è undiscorso analogo a quello che si faceva quando si è parlato di segnali periodici tra più emeno infinito), è di pensare alla traslata come il prodotto di convoluzione del segnale nontraslato per una delta traslata

x �t ��!k�0

��

x0�tkT ��x0�t ��!k�0

��

��tkT �

Questa è dunque l'espressione dei segnali che vogliamo trasformare. Ma se vogliamo farela trasformata di Laplace di un prodotto di convoluzione, sappiamo che per le sueproprietà è uguale al prodotto ordinario delle trasformate, ovvero

� � x �t ���� � x0�t ����!k�0

��

��tkT ��Vogliamo dunque capire quanto vale

Trasformata di Laplace per segnali periodici per t>=0 - Pag.187

x �t �

t

t

t

t

x0�t �

x0 �t2 a �

x0�t4 a �

a 2 a

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��!k�0

��

��tkT ��in quanto l'altra trasformata che compare è un caso ormai ampiamente trattato.Utilizzando la linearità e la continuità della trasformata di Laplace possiamo scrivere

��!k�0

��

��tkT ���!k�0

��

� ���tkT ��

Essendo la trasformata della delta uguale ad uno, possiamo scrivere, tenendo conto cheuna traslazione nel dominio dei tempi dà luogo ad una moltiplicazione per unesponenziale nel dominio della variabile s, la seguente uguaglianza

��!k�0

��

��tkT ���!k�0

��

� ���tkT ���!k�0

��

ekTs

Osserviamo innanzitutto che il dominio della trasformata di Laplace è un semipianopositivo strettamente maggiore di zero e cerchiamo quindi di capire cosa rappresentaquesta sommatoria andando a vedere come varia il modulo dell'esponenziale�ekTs���ekT � j� kT��ekT � e quindi essendo �kT ���0 (il dominio è il semipiano destro

strettamente positivo) si ha che

�ekTs���ekT � j� kT��ekT ��1

per cui possiamo considerare la sommatoria come una serie geometrica di ragioneeTs�1 . Ne risulta, sapendo calcolare il valore di una serie geometrica, che

��!k�0

��

��tkT ��� 11eTs

per cui la trasformata di Laplace di una distribuzione periodica per t 0 è la seguente

� � x �t ���� � x0�t ��1

1eTs

EsempioVediamo un esempio utilizzando proprio un'onda triangolare di periodo T�2 a edampiezza 1. La prima cosa da fare è la trasformata di Laplace del segnale x0�t � .Lasciamo al lettore il compito di calcolare tale trasformata, noi ci limiteremo a darne ilvalore

X 0�s��4sinh� sa

2 �as2 eas

La trasformata del segnale periodico è dunque la seguente

� � x �t ���4sinh� sa

2 �as2 eas 1

1e2 as

Trasformata di Laplace per segnali periodici per t>=0 - Pag.188

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Il dominio della trasformata di Laplace è il seguente

dom���s : Re s�0�

Infatti il fatto che il segnale di partenza è nullo per t�0 fa si che il dominio siasicuramente un semipiano destro. Se poi osserviamo il termine dato da X 0�s� possiamovedere che in realtà nell'origine abbiamo una singolarità apparente, in quanto sianumeratore che denominatore vi hanno un polo del 2° ordine. Quindi le singolarità dellatrasformata sono date dal secondo termine che ha infiniti poli del 1° ordine sull'asseimmaginario.

Dal dominio possiamo osservare che di questo segnale si poteva fare la trasformata diFourier (che in effetti a suo tempo abbiamo già calcolato), ma che non sarebbe statacalcolabile con l'integrale e che andava fatta nel senso delle distribuzioni in quantocompaiono delle delta di Dirac (l'asse immaginario è al confine del dominio). Per taliragioni si deduce che non è neanche possibile passare dalla trasformata di Laplace aquella di Fourier con un semplice passaggio.

Considerazioni praticheVorremmo adesso fare delle osservazioni che ci permettano di fare delle considerazionisu di un segnale avendone la trasformata, senza dover necessariamente calcolarnel'antitrasformata, cioè semplicemente sulla base di alcune sue caratteristiche.

Supponiamo di avere una trasformata che sia un prodotto di una funzione razionale perdegli esponenziali, ovvero X �s��Y �s�est i con Y �s� razionale e che gli sk siano i poli di

Y �s� . Osserviamo che l'esponenziale è una funzione analitica in tutto il pianocomplesso. E' semplice fare le seguenti considerazioni.

Se la parte reale di tutti i poli è minore di zero allora il segnale, ovverol'antitrasformata, tende esponenzialmente a zero per t che tende a più infinito.

Se invece ci sono anche delle singolarità sull'asse immaginario e se talisingolarità sono poli del 1° ordine, allora l'antitrasformata è limitata per t chetende a più infinito.

Se invece ci sono anche delle singolarità sull'asse immaginario e almeno una diqueste è un polo del 2° ordine, oppure esiste almeno una singolarità con partereale strettamente maggiore di zero, allora l'antitrasformata non è limitata per tche tende a più infinito.

Avere questo tipo di informazioni è estremamente importante nelle applicazioni.

Teorema del valor finaleQualche informazione più precisa sul comportamento del segnale per t che tende a piùinfinito ce la da il teorema del valor finale.

Teorema del valor finale - Pag.189

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Teorema del valor finale

Se X ����s ���� è analitica per Re s 0 eccetto al più un polo del primo ordine sull'asseimmaginario allora

limt������������

x ���� t ��������sX ����s ��������s����0

Teorema del valore inizialeQualche informazione più precisa sul comportamento del segnale per t che tende a 0+

ce la dà invece il teorema del valore iniziale.

Teorema del valore iniziale

Se il comportamento di x ���� t ���� è del tipo kt n per t����0+ ,

e se X ���� s ���� è una somma di funzioni razionali proprie moltiplicate per degli esponenzialinel seguente modo

X ����s ��������!!!!i����1

n

X i ���� s ����et i s con t i 0

allora

limt����0+

x ���� t ��������lims��������

sX ����s ���� con arg s����k��������

2

limt����0+

x ����n���� ���� t ��������lims��������

s����n����1���� X ���� s ���� con arg s����k��������

2

Uso della trasformata di Laplacenei modelli differenziali

Concludiamo il corso con qualche applicazione della trasformata di Laplace ai modellidifferenziali. Prendiamo in considerazione dei modelli che possono essere descritti daequazioni differenziali ordinarie a coefficienti costanti. Per equazione differenzialeordinaria intendiamo la seguente

�and n

dtn�an1d n1

dtn1�...�a1ddt�a0� y �t �

cioè abbiamo un operatore differenziale del tipo descritto applicato ad un segnaleincognito y �t � . A secondo membro possiamo inserire il segnale di ingresso del nostromodello od in termini più matematici il termine noto dell'equazione differenziale ma, nelleapplicazioni, molto spesso non compare il solo termine noto, bensì un operatoredifferenziale che agisce su di esso, nel seguente modo

�and n

dtn�an1d n1

dt n1�...�a1ddt�a0� y �t ���bm

d m

dtm�bm1d m1

dtm1�...�b1ddt�b0�x �t �

Uso della trasformata di Laplace nei modelli differenziali - Pag.190

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Un modello differenziale di questo tipo ha tutte le buone proprietà dei modelli cheabbiamo descritto nell'apposito capitolo (continuità, linearità, invarianza per traslazionitemporali, causalità) e vi si possono quindi applicare tutti i metodi legati anche al prodottodi convoluzione.

Facciamo adesso un esempio un po' più concreto di equazione differenziale. Supponiamodi avere l'equazione

y ' ' �t ��3 y ' �t ��2 y �t ��3 x ' �t �

equazione che può anche essere riscritta nel seguente modo

�D2�3 D�2� y �t ��3 Dx �t �

Cerchiamo adesso di capire cosa succede quando a questo modello applichiamo latrasformata di Laplace. La prima cosa che dobbiamo verificare è che entrambi i membrisiano trasformabili.

Se ci ricordiamo la proprietà di derivazione delle trasformate, questa dice che l'operatoredi derivazione viene trasformato in una moltiplicazione per la variabile s, quindi facendo latrasformata di Laplace nell'equazione generale del modello otteniamo

�an sn�an1 sn1�...�a1 s�a0�Y �s���bm sm�bm1 sm1�...�b1 s�b0� X �s�equazione che in modo più sintetico può essere così riscritta

��� s�Y �s���

��s� X �s�

utilizzando questa forma si può anche riscrivere il modello di partenza

���D� y �t ���

��D� x �t �

Adesso dobbiamo stare attenti al fatto abbiamo applicato la proprietà senza aver tenutoconto delle condizioni iniziali, mentre abbiamo visto che tale proprietà si differenzia fratrasformata di Laplace bilatera ed unilatera per il fatto che in quest'ultima tiene contoanche delle condizioni iniziali. Se noi in questo esempio ci mettiamo nelle condizioni diavere condizioni iniziali nulle, non abbiamo più differenze e possiamo andare avanti senzaproblemi.

Siamo dunque nel caso di segnali che cominciano all'istante zero e vengono applicati adun modello dalle condizioni iniziali nulle.

Detto questo, torniamo alla nostra equazione

���D� y �t ���

��D� x �t � �

���� s�Y �s���

��s� X �s�

Osserviamo che, mentre risolvere un'equazione differenziale è un'operazione piuttostocomplessa, risolvere lo stesso modello trasformato è diventata una normale equazionenella variabile s, la seguente

Y � s���

��s�

���s�

X �s�

e poi, facendo l'antitrasformata

y �t ���� �Y �s��

otterremo la soluzione dell'equazione differenziale.

Tornando al nostro esempio concreto avremo

Uso della trasformata di Laplace nei modelli differenziali - Pag.191

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R

Cv �t � vC �t �

Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Trasformata di Laplace

�D2�3 D�2� y �t ��3 Dx �t � �

�s2�3 s�2�Y � s��3 sX �s� �

Y � s��3 s

� s2�3 s�2�X �s�

A questo punto non ci resta che fare l'antitrasformata per avere la soluzionedell'equazione differenziale.

Applicazione ad un modelloconcreto

Prendiamo in considerazione l'RC passabasso cioè un circuito formato da unaresistenza ed un condensatore, che abbiacome ingresso un generatore di tensione ecome uscita la tensione sul condensatore.

Le leggi costitutive del circuito ci dicono che

�vR�t ��Rii�Cv ' C �t �v �t ��vC �t ��vR�t �

Quindi abbiamo

RCv ' C �t ��vC �t ��v �t �

E questa è l'equazione differenziale del modello concreto che abbiamo ottenuto a partiredalle sue leggi costitutive.

Se indichiamo con

T�RC

y �t ��vC �t �

x �t ��v �t �

l'equazione diviene

Ty ' �t �� y �t ��x �t �

o se vogliamo

�TD�1� y �t ��x �t �

Se adesso facciamo la trasformata di Laplace abbiamo

�Ts�1�Y �t ��X �t �

Non dimentichiamo mai che in questo caso abbiamo fatto la trasformata di Laplacebilatera e quindi ci dobbiamo porre in condizioni iniziali nulle, ovvero con il circuito inquiete.

Applicazione ad un modello concreto - Pag.192

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t

h�t �

1T

Capuzzo Alessandro – www.kapello.it - Trasformata di Laplace

A questo punto si ottiene facilmente

Y �t ��1

�Ts�1�X �t �

e basterà antitrasformare per ottenere il segnale cercato.

Proviamo adesso a prendere come segnale in ingresso una delta di Dirac, cioè unimpulso. Allora, se noi indichiamo con h �t � la risposta all'impulso, l'equazionedifferenziale che descrive il modello RC passa basso diventa

Th' �t ��h �t ����t �

Facciamo la trasformata di Laplace ed abbiamo

TsH � s��H �s��1 �

H �s��1

Ts�1�

1T

s�1T

Essendo H � s� la trasformata di Laplace di un segnale che noi consideriamo nullo fino aquando non inizia la sua risposta alla delta di Dirac, il suo dominio sarà un semipianodestro che si estenderà fino ad incontrare la prima singolarità che in questo caso è in

1T

.

Se adesso facciamo l'antitrasformata otteniamo

h�t ��1T

u �t �e

tT

Segnale che rappresenta moltosemplicemente il condensatore che si scaricadopo essere stato caricato da un impulso cheè stato dato all'istante zero.

Vediamo un altro esempio. Applichiamo le considerazioni fatte ad un circuito che abbiacome ingresso una porta

x �t �� p2 a �ta �

Vogliamo cercare la risposta y �t � . Abbiamo l'equazione

Ty ' �t �� y �t �� p2a �ta�

La trasformata di Laplace di questa equazione è la seguente

Applicazione ad un modello concreto - Pag.193

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t

y �t �

2 a

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�Ts�1�Y �s��2sinh � sa �

seas

pensando poi al seno iperbolico come combinazione di esponenziali complessi

�Ts�1�Y �s��2sinh � sa �

seas�

easeas

seas�

1e2 as

s�

Y � s��1e2 as

s �Ts�1�

che allo scopo di fare l'antitrasformata scriviamo nella forma

Y �s��1

s �Ts�1�

e2 as

s �Ts�1�

otteniamo, dopo la scomposizione in fratti semplici

Y � s��T

Ts�1�

1sT

Ts�1e2 as

1s

e2as

ed antitrasformando si ottiene

y �t ��u �t �e

tT�u �t ��u �t2 a�e

t2 a

T u �t2 a�

Osserviamo che la risposta è uguale allasomma dei primi due termini fino all'istante

2 a , dopodiché si aggiungono gli altri duetermini.

E' di interesse osservare il grafico dellarisposta: il condensatore si carica finoall'istante 2a, che è l'istante in cui il segnaledella porta cessa di esistere, dopodichécomincia a scaricarsi.

Separazione dei termini ditransitorio e di regime

Spesso nei modelli viene inserito un segnale d'ingresso che è periodico per t�0 .

Abbiamo visto come si fa la trasformata di un segnale di questo tipo. Osserveremoadesso che la risposta ad un segnale di questo tipo si può facilmente decomporre in dueaddendi

Separazione dei termini di transitorio e di regime - Pag.194

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Transitorio

Regime

Prendiamo nuovamente in considerazione il circuito RC passa basso e come segnaled'ingresso il treno d'impulsi per t�0 .

x �t ��!n�0

��tn� (abbiamo delle delta centrate negli interi positivi)

Cerchiamo la risposta al segnale

�Ty '� y ��!n�0

��tn�

La trasformata di Laplace è

�Ts�1�Y �s�� 11es

e si ricava

Y � s��1

�Ts�1�1

1es

Fare l'antitrasformata di questo segnale non è una cosa immediata. Possiamo peròadottare il seguente metodo: decomponiamo il primo termine come se fosse un addendoe giungiamo alla seguente

Y �s��RY �s�� 1

T ��1� 1

T ��

Y Regime

1es

dove Y Regime è una funzione incognita che possiamo ottenere, avendo noti tutti gli altritermini. Essendo

RY �s�� 1T ��

1T

�1e1T �

cerchiamo la Y Regime che ha la seguente espressione

Y Regime� s��1

T �s� 1T �

1es

T �1e1T ��s� 1

T �adesso è possibile antitrasformare

yRegime�t ��1T

u �t �e

tT

1

T �1e1T �

u �t �e

tT�

1

T �1e1T �

u �t1�e�t1�

T

Con qualche conto si può osservare che yRegime�t �"0 solo per 0 t�1 (dove,ricordiamo, 1 è il periodo che avevamo dato al treno di impulsi). Tornando quindi alla

Separazione dei termini di transitorio e di regime - Pag.195

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trasformata

Y �s��RY �s�� 1

T ��1� 1

T ��

Y Regime

1es

osserviamo che il secondo addendo è un segnale periodico (il periodo è dato daldenominatore, essendo periodico l'esponenziale).

Il primo addendo è invece il transitorio, che come abbiamo visto, quando vieneantitrasformato porta ad un esponenziale che modifica, in maniera anche abbastanzaconsistente, la risposta al segnale, quando si è vicini allo zero, ma che poi va via viascemando fino ad approssimarsi allo zero in maniera definitiva.

Separazione dei termini di transitorio e di regime - Pag.196