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74 CAPITOLO 4 LE RESINE A SCAMBIO IONICO Nell’impianto di decontaminazione elettrocinetica realizzato nell’ambito del progetto SEKRET presso il porto di Livorno, il problema della gestione degli elettroliti esausti in uscita dall’impianto è stato risolto implementando un’unità di trattamento ad osmosi inversa che nel caso in esame è risultata la strategia ottimale e ha consentito di produrre in uscita dei volumi di acqua depurata con contenuto residuo di sali molto basso. Se le concentrazioni rilevate negli elettroliti fossero risultate diverse però, in particolare se fossero state riscontrate elevate concentrazioni di metalli pesanti, un’opzione alternativa molto promettente per trattare i fluidi di processo di un impianto EKR sarebbe potuta essere l’impiego di colonne di resina a scambio ionico. In presenza di una elevata concentrazione di metalli pesanti disciolti negli elettroliti diventa infatti necessario un trattamento esclusivamente dedicato alla loro rimozione, sia nel caso in cui a valle del trattamento gli elettroliti verranno scaricati a mare (per cui non occorre implementare un ulteriore processo per desalinizzarli), sia nel caso in cui in serie alla rimozione dei metalli si voglia eseguire la desalinizzazione mediante osmosi inversa (e allora la rimozione preventiva dei metalli pesanti è necessaria per non causare il fouling della membrana). Constatata la mancanza in letteratura tecnica di esperienze relative al trattamento di elettroliti da impianto elettrocinetico contaminati da metalli pesanti mediante resine a scambio ionico, nell’ambito del progetto SEKRET si è voluto indagare sulle prestazioni che si potrebbero ottenere con questo tipo di processo eseguendo in laboratorio una serie di test in scala sugli elettroliti provenienti dall’impianto dopo i primi mesi di funzionamento. 4.1: Processi di scambio ionico Lo scambio ionico è un processo in cui ioni di varie specie disciolti in una soluzione da trattare vengono sostituiti da altri ioni di specie differente presenti sulla superficie di un materiale di scambio non solubile. Rientra tra i processi di depurazione di tipo chimico dato che, ammesso di consentire

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CAPITOLO 4

LE RESINE A SCAMBIO IONICO

Nell’impianto di decontaminazione elettrocinetica realizzato nell’ambito del progetto

SEKRET presso il porto di Livorno, il problema della gestione degli elettroliti esausti in uscita

dall’impianto è stato risolto implementando un’unità di trattamento ad osmosi inversa che nel caso

in esame è risultata la strategia ottimale e ha consentito di produrre in uscita dei volumi di acqua

depurata con contenuto residuo di sali molto basso.

Se le concentrazioni rilevate negli elettroliti fossero risultate diverse però, in particolare se fossero

state riscontrate elevate concentrazioni di metalli pesanti, un’opzione alternativa molto

promettente per trattare i fluidi di processo di un impianto EKR sarebbe potuta essere l’impiego di

colonne di resina a scambio ionico. In presenza di una elevata concentrazione di metalli pesanti

disciolti negli elettroliti diventa infatti necessario un trattamento esclusivamente dedicato alla loro

rimozione, sia nel caso in cui a valle del trattamento gli elettroliti verranno scaricati a mare (per cui

non occorre implementare un ulteriore processo per desalinizzarli), sia nel caso in cui in serie alla

rimozione dei metalli si voglia eseguire la desalinizzazione mediante osmosi inversa (e allora la

rimozione preventiva dei metalli pesanti è necessaria per non causare il fouling della membrana).

Constatata la mancanza in letteratura tecnica di esperienze relative al trattamento di elettroliti da

impianto elettrocinetico contaminati da metalli pesanti mediante resine a scambio ionico,

nell’ambito del progetto SEKRET si è voluto indagare sulle prestazioni che si potrebbero ottenere

con questo tipo di processo eseguendo in laboratorio una serie di test in scala sugli elettroliti

provenienti dall’impianto dopo i primi mesi di funzionamento.

4.1: Processi di scambio ionico

Lo scambio ionico è un processo in cui ioni di varie specie disciolti in una soluzione da trattare

vengono sostituiti da altri ioni di specie differente presenti sulla superficie di un materiale di scambio

non solubile. Rientra tra i processi di depurazione di tipo chimico dato che, ammesso di consentire

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un tempo di contatto sufficientemente lungo tra il substrato di scambio e il fluido da trattare, lo

scambio di ioni tra le due fasi è regolato da reazioni di equilibrio chimico. Alla fine della reazione,

una determinata specie ionica inizialmente presente in soluzione si ritroverà adsorbita al substrato

scambiatore in percentuale tanto più elevata quanto più alta è la costante di equilibrio chimico (K)

che il substrato di scambio esibisce nei suoi confronti nelle particolari condizioni operative in cui il

processo si svolge.

Nelle applicazioni pratiche di processi a scambio ionico, il substrato di scambio è costituito da resine

artificiali appositamente prodotte.

Generalmente nelle soluzioni da trattare sono presenti contemporaneamente diverse specie

chimiche in soluzione, ciascuna delle quali con diversi valori di concentrazione. Molto spesso però

solo per alcune delle specie chimiche presenti si vuole ottenere la rimozione dal fluido trattato (ad

esempio nel caso del trattamento degli elettroliti da impianto EKR in cui si vogliono rimuovere i

metalli pesanti disciolti, ma non è altrettanto necessario abbattere la salinità legata alla presenza di

cloruri, nitrati e solfuri).

In questi casi, è di fondamentale importanza il concetto di selettività dello scambio ionico, che è

fortemente legato alle differenze relative tra i valori delle costanti di equilibrio chimico che le resine

hanno nei confronti delle diverse specie ioniche in soluzione. La selettività indica il fatto che i siti

attivi del substrato di scambio vadano a legarsi con uno ione presente in soluzione piuttosto che con

un altro e sostanzialmente equivale a dire che la costante di equilibrio verso quello ione è più alta

che verso gli altri ioni presenti. Se, ad esempio, si utilizza una resina che esibisce la seguente scala

di selettività: Li+ < Na+ < Mg2+, si dirà che la resina è più selettiva nei riguardi del Mg che del Na e al

tempo stesso che lo è di più verso il Na rispetto al Li e, quindi, se trattiamo su questa resina una

soluzione contenente ioni di magnesio, sodio e litio in uguale concentrazione iniziale, la resina

tratterrà maggiormente gli ioni verso i quali è più selettiva e all’effluente troveremo una minore

concentrazione residua di magnesio (Mg) piuttosto che di sodio (Na), a sua volta inferiore alla

concentrazione residua di litio (Li).

4.1.1: Descrizione e tipologie di resine a scambio ionico

Le resine a scambio ionico sono un prodotto dell’industria chimica e vengono generalmente

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prodotte sotto forma di particelle sferoidali di piccole dimensioni (submillimetriche). La forma

sferica consente una vita utile di utilizzo delle resine maggiore in quanto conferisce una migliore

resistenza nei confronti degli stress di natura meccanica.

La dimensione delle singole particelle di resina è variabile, ma il loro diametro è tipicamente

compreso nel range di 0,2-0,8 mm. Tendenzialmente al diminuire delle dimensioni delle particelle

di resina è possibile ottenere una migliore resa nel trattenimento delle specie disciolte in soluzione,

ma al prezzo della riduzione delle portate di fluido trattabili. In commercio sono disponibili resine

che abbracciano un ampio range di diametro medio delle particelle che saranno più o meno adatte

a seconda dell’obiettivo di utilizzo e del campo di applicazione: per gli impieghi di chimica analitica

in laboratorio, ad esempio, in cui generalmente si trattano volumi ridotti ma si vuole ottenere un

recupero pressoché totale, vengono impiegate anche resine speciali di diametro nell’ordine di

0.05mm, mentre nelle applicazioni pratiche dei processi industriali e commerciali raramente si

scende al di sotto degli 0.3mm.

Le particelle di resina sono costituite da una matrice polimerica reticolata sulla quale vengono

aggiunti per copolimerizzazione i gruppi funzionali di scambio mediante legami covalenti

(Sherrington, 1998). La matrice polimerica è in genere composta da polistirene reticolato con

divinilbenzene (contenuto di DVB del 3-16%) e ha lo scopo di conferire stabilità alle resine, che infatti

risultano resistenti alle alte temperature, completamente insolubili nella quasi totalità delle

soluzioni acquose e organiche, resistenti alla degradazione ad opera degli agenti ossidanti e in grado

di resistere agli stress fisici e idrodinamici indotti dalle condizioni di esercizio. I gruppi funzionali di

scambio sono invece i gruppi chimici presenti sulla superficie della resina che contengono i cationi

o gli anioni che durante le fasi di esercizio si dissociano dalla resina e fungono da contro-ioni di

scambio che vengono rilasciati in soluzione e sostituiti rispettivamente dai cationi o anioni in

soluzione nei fluidi trattati.

Le prime generazioni di resine artificiali prodotte, erano caratterizzate da una struttura gelulare

porosa ed uno dei principali problemi nel loro impiego pratico era la loro relativa fragilità: i carichi

meccanici indotti dai processi di trattamento causavano la rottura delle resine dopo breve tempo.

Con il progresso delle tecniche di polimerizzazione dell’ingegneria chimica, per superare questo tipo

di problema sono state introdotte resine caratterizzate da una matrice dotata di macropori artificiali

sotto forma di canali di circa 150nm di larghezza (figura 4.1). Questo resine, oggi ampiamente

diffuse, sono definite “macroreticolari” e la loro caratteristica struttura spugnosa, oltre a garantire

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una longevità superiore permette anche un più efficace trattenimento delle molecole e degli ioni

dalla soluzione trattata ed una più efficiente fase di desorbimento ed eluizione.

Figura 4.1: confronto tra strutture gelulare e macroporosa (sinistra); scansione SEM di resina macroporosa (destra).

(Tratto da Hubicki and Kołodyńska, 2012)

A seconda del tipo di gruppo funzionale presente, le resine a scambio ionico possono essere distinte

in cinque tipologie:

1) Resine cationiche forti;

2) Resine cationiche deboli;

3) Resine anioniche forti;

4) Resine anioniche deboli;

5) Resine selettive chelanti.

Si dicono resine cationiche, quelle che scambiano un idrogenione H+ (o, a volte, uno ione sodio Na+)

presente sul gruppo funzionale con i cationi presenti in soluzione (Na+, K+, Ca++, Mg++, Cu++, etc.).

Alla fine della reazione la soluzione trattata risulterà quindi impoverita dei propri cationi e arricchita

di ioni idrogeno (o ioni sodio) rilasciati dalla resina. Le resine cationiche forti presentano il gruppo

funzionale solfonico in forma acida (R-SO3H) o salina (R-SO3Na): poiché il gruppo funzionale è il

radicale di un acido forte, esso viene fortemente ionizzato in un ampio spettro di valori di pH

scambiando con tutti i cationi presenti in soluzione. Le resine cationiche deboli in genere

presentano il gruppo funzionale carbossilico R-COOH: è il radicale di un acido debole, pertanto ha

un basso grado di dissociazione ed è dotato di una forte affinità solo nei confronti dei cationi legati

a bicarbonato.

Due esempi di reazioni di scambio ionico per le resine cationiche sono le seguenti:

R-SO3H + K+ ↔ R-SO3K + H+

R-COOH + Na+ ↔ R-COONa + H+

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Viceversa, si dicono resine anioniche, quelle che scambiano ossidrilioni, cioè ioni OH- presenti sui

loro gruppi funzionali con anioni di diversa specie presenti in soluzione (Cl-, SO42-, HCO3-, etc.). La

soluzione trattata perde quindi i propri anioni ma risulta alcalinizzata. Le resine anioniche forti

presentano il gruppo funzionale ammonico quaternario R-N(CH3)3OH, che essendo il radicale di una

base forte scambia ioni idrossido con tutti gli anioni in soluzione. Le resine anioniche deboli invece

hanno il gruppo di scambio amminico R-NH3OH: è il radicale di una base debole e come tale presenta

forte affinità di scambio solo con gli anioni degli acidi forti, tipicamente Cl- e SO42-.

Le scale di selettività, talvolta anche dette di affinità di scambio, delle resine cationiche e anioniche

risultano essere abbastanza standard e sono tipicamente le seguenti:

Li+ < H+ < Na+ < NH4+ < K+ < Rb+ < Ag+ < Mg2+ < Zn 2+ < Co 2+ < Cu2+ < Ca 2+ < Ba 2+ (r. cationiche)

OH- << F- < HCO- < Cl- < Br- < NO3- < ClO4

- (r. anioniche)

A proposito delle scale di selettività va comunque evidenziato che, presa in considerazione

un certo tipo di resina, la selettività non è sempre costante ma risulta variabile in funzione di alcuni

parametri in cui il processo di scambio ionico viene a verificarsi. Fra questi il più influente è il pH: il

processo di scambio ionico dipende dalla capacità dei contro-ioni di scambio e degli ioni in soluzione

di dissociarsi ed essere sostituiti vicendevolmente ed, essendo i meccanismi di dissociazione

sensibili alle variazioni di pH, anche il processo di scambio ionico ne risulta fortemente influenzato.

La selettività delle resine può anche risentire della contemporanea presenza di diverse specie

ioniche in soluzione che, se dotate di valenza ionica simile, possono agire come specie concorrenti

e, in minor misura, anche la combinazione di diverse concentrazioni in cui le varie specie ioniche

sono presenti possono avere un influenza sull’effettiva scala di selettività nelle condizioni di

esercizio. Infine, l’efficienza e la selettività delle resine a scambio ionico è influenzata dalla

temperatura, ma solo nominalmente: l’influenza della temperatura su questi processi è stata

ampiamente studiata osservando che, benché teoricamente tale influenza esista, è talmente

modesta che entro il range di temperature in cui possono svolgersi i processi a scambio ionico gli

effetti pratici sono del tutto trascurabili (Ivanov et al., 1996).

Uno svantaggio tipico delle resine cationiche è la scarsa selettività che esse possiedono nei confronti

dei cationi di metalli pesanti di transizione e dei metalli alcalino terrosi, rispetto a quella che hanno

nei confronti dei metalli alcalini. Eppure, sono proprio i metalli pesanti quelli per i quali più spesso

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si vogliono ottenere recuperi quantitativamente vicini al 100%, vista la loro tossicità. Per superare

questa difficoltà, è possibile ricorrere all’impiego di resine chelanti selettive.

Le resine chelanti si presentano come resine cationiche forti, ma presentano gruppi funzionali di

scambio che solitamente includono atomi di ossigeno, azoto o zolfo e che sono in grado di formare

anelli chelanti creando legami molto forti proprio con i metalli pesanti, nei confronti dei quali sono

quindi molto selettive. Tra i gruppi funzionali maggiormente impiegati per le resine chelanti vi sono

l’EDTA [-C10H16N2O8], l’acido iminodiacetico [-HN(CH2CO2H)2] e il gruppo fenolico [-C6H4OH]. La scala

di selettività delle resine chelanti varia da tipo a tipo in quanto dipende fortemente dal gruppo

funzionale di scambio, ma anche dalla posizione relativa tra i gruppi di scambio, dalla loro

configurazione spaziale e dagli effetti sterici, oltre che dai parametri già visti per le altre tipologie di

resine (pH, combinazione di ioni e relative concentrazioni). Tra le varie resine chelanti esistenti in

commercio è quindi possibile individuare quella più adatte alle esigenze di processo a seconda delle

caratteristiche delle soluzioni da trattare e degli obiettivi di recupero che si vogliono ottenere.

L’utilizzo delle resine chelanti selettive risulta estremamente utile quando si devono decontaminare

da metalli pesanti soluzioni in cui la concentrazione di tali elementi è molto bassa, o quando il valore

dei metalli trattenuti sia molto alto (ad esempio nel caso di elementi rari o metalli nobili impiegati

nell’industria elettronica o in altri processi produttivi) (Hubicki and Kołodyńska, 2012).

Tra le varie resine chelanti selettive per i metalli pesanti, in questo studio risultano di particolare

interesse quelle che presentano come gruppo funzionale di scambio l’acido iminodiacetico, dato

che la resina impiegata per i testi condotti in laboratorio sugli elettroliti dell’impianto SEKRET

appartiene proprio a questa categoria (l’attività sperimentale svolta è descritta nel capitolo 5).

La formula chimica dell’acido iminodiacetico è HN(CH2CO2H)2 e si tratta di un acido dicarbossilico

amminico, cioè di un composto organico derivato dall’ammoniaca per sostituzione formale di due

atomi di idrogeno con due gruppi funzionali carbossilici. La forma generale di questo gruppo di

scambio è quindi del tipo HO2C-R-CO2H. Interagendo con la soluzione in cui si trova immersa la

resina, il gruppo iminodiacetico si dissocia rilasciando in soluzione gli ioni H+ e diventando in grado

di formare con i cationi in soluzione dei legami tridentati con due anelli chelanti, che risultano essere

legami molto stabili in particolare con gli ioni di valenza 2+, cioè proprio verso i metalli di transizione

e quelli alcalino-terrosi verso i quali risulta pertanto molto selettivo (figura 4.2).

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Figura 4.2: struttura del gruppo IDA non dissociato (sinistra); legame chelante formato con catione metallico (destra).

(Tratto da: https://en.wikipedia.org/wiki/Iminodiacetic_acid)

In funzione del valore del pH della soluzione trattata, il gruppo iminodiacetico può trovarsi

in una delle forme indicate in figura 4.3 (Zainol e Nicol, 2009a). In particolare, nel range di valori

intermedi di pH, il gruppo iminodiacetico fornisce due elettroni di valenza per effetto dei quali la

forza di legame con i metalli alcalino terrosi e di transizione è circa 5000 volte superiore alle forza di

legame chimico che può formare con i metalli alcalini.

Figura 4.3: possibili strutture chimiche alternative del gruppo IDA in funzione del pH. (Tratto da: Zainol e Nicol, 2009a)

In definitiva, la scala di affinità esibita dalle resine chelanti con gruppo iminodiacetico risulta essere:

Hg2+ > Cu2+ > Pb2+ > Ni2+ > Cd2+ > Zn2+ > Co2+ > Fe2+ > Mn2+ > Ba2+ > Sr2+ >> Li+ > Na+ > K+

Un altro parametro fondamentale che caratterizza e differenzia le diverse tipologie di resine è la

Capacità di Scambio. La capacità di scambio rappresenta la quantità di ioni di scambio che la resina

può fornire per unità di volume o unità di peso, espressa in eq/L o eq/kg.

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Più alto è il valore della capacità di scambio di una resina, maggiore sarà il quantitativo di ioni in

soluzione che essa, a parità di quantità di resina impiegata, sarà in grado di adsorbire prima di

saturare tutti i suoi gruppi di scambio.

È possibile distinguere tra la capacità di scambio totale e quella operativa:

- la capacità di scambio totale viene indicata nelle schede tecniche dai produttori delle resine

e rappresenta la capacità di scambio che la resina possiede quando il 100% dei suoi gruppi

funzionali è carico e risulta quindi direttamente proporzionale alla concentrazione di siti

attivi di scambio per unità di misura;

- la capacità operativa di scambio invece, è la quantità di ioni che una determinata resina può

scambiare nelle specifiche condizioni di esercizio in cui è utilizzata e può risultare minore o

al più uguale a quella totale.

4.1.2: Caratteristiche operative dei processi a scambio ionico

Le applicazioni a scambio ionico possono essere condotte sia con modalità in colonna che

con tecnica batch. Nelle applicazioni in colonna, la resina scambiatrice viene collocata in un

recipiente cilindrico allungato in modo da formare un letto di scambio di spessore considerevole (in

genere non meno di 50 cm), dopodiché la soluzione da trattare viene fatta fluire attraverso la

colonna di resina, solitamente con flusso discendente, ad un tasso di portata adeguato a permettere

un tempo di contatto sufficiente. Nei processi in modalità batch invece, vengono collocate in un

medesimo contenitore un certo quantitativo di resina scambiatrice e la soluzione da trattare e le si

mantiene lentamente in miscelazione fino a quando la reazione di scambio raggiunge l’equilibrio.

I trattamenti in colonna sono in genere preferiti perché permettono di raggiungere valori di

trattenimento delle specie in soluzione decisamente migliori, in quanto la colonna può essere

immaginata come una successione in serie di strati sottilissimi di resina in ciascuno dei quali si

raggiunge l’equilibrio: man mano che la soluzione fluisce verso il basso attraverso la colonna, è come

se nei nuovi strati entrasse una soluzione con concentrazioni iniziali di ioni disciolti via via più basse

e quindi la reazione procede in modo da avere percentuali di ioni scambiati dalla resina e sottratti

alla soluzione sempre più elevate.

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I processi di scambio ionico sono governati da reazioni chimiche di equilibrio e, come tali,

sono reversibili. Questo significa che il ciclo di lavoro di una resina a scambio ionico si compone di

due fasi alternate:

- La fase di esercizio o esaurimento: durante questa fase viene inviata nel letto di resina la

soluzione da trattare, che ha inizialmente i siti di scambio opportunamente caricati. Gli

ioni in soluzione progressivamente vengono scambiati con i contro-ioni e si legano ai

gruppi funzionali della resina, fino a quando viene raggiunta la saturazione di tutti i gruppi

funzionali. Per consentire un tempo di contatto opportuno fra il letto di resina e la

soluzione, durante questa fase la portata di esercizio è limitata a valori nell’ordine di 5-

40 volumi di resina/ora;

- La fase di rigenerazione: durante questa fase la reazione di scambio viene fatta procedere

nel senso inverso per ricaricare i gruppi funzionali di scambio della resina con gli ioni

originari. Per ottenere ciò, durante la rigenerazione si fanno passare nei letti di resina

delle soluzioni rigeneranti che sono:

a) Soluzioni acide, tipicamente acidi forti diluiti (HCl, H2SO4), nel caso di resine

cationiche o chelanti per i metalli. In questo modo i gruppi funzionali delle

resine si ricaricano con gli ioni H+;

b) Soluzioni basiche, tipicamente soluzioni basiche diluite come NaOH, nel caso

di resine anioniche. In questo caso i gruppi funzionali delle resine vengono

ricaricati con gli ioni OH-.

L’elevata concentrazione di ioni H+ e OH- presente nelle soluzioni rigeneranti provoca la

rigenerazione degli ioni di scambio originari sui gruppi funzionali delle resine e il conseguente

rilascio in soluzione degli ioni che nella precedente fase di esercizio erano stati scambiati dalle

resine. Si ottiene così un eluato generalmente composto da cloruri di vari metalli nelle resine

cationiche (nel caso si usi HCl come rigenerante, lo ione H+ ricarica la resina mentre lo ione Cl- si lega

ai cationi rilasciati dalla resina) e da sali di sodio vari nelle resine anioniche (analogamente, usando

NaOH come rigenerante, lo ione OH- ricarica la resina mentre allo ione Na+ si legano gli anioni liberati

dalla resina).

La fase di rigenerazione delle colonne di resine si suddivide a sua volta in tre sottofasi:

- 1) Lavaggio in controcorrente (backwash): consiste nell’inviare nella colonna di resina

una portata di acqua con flusso ascensionale ad una velocità sufficiente a provocare

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l’espansione del letto di resina (10-15 m/h). Il backwashing serve ad eliminare eventuali

percorsi preferenziali formatisi durante la fase di esercizio e a rimuovere le eventuali

impurità e particelle colloidali che si fossero eventualmente formate nella resina.

- Rigenerazione vera e propria: nella colonna di resina vengono fatte fluire le soluzioni

rigeneranti, in quantitativi stechiometricamente sufficienti a conseguire il livello di

rigenerazione desiderato dei gruppi di scambio (funzione del tipo e della concentrazione

di rigenerante utilizzato e della capacità di scambio caratterizzante la resina). La portata

utilizzata nella fase di rigenerazione è molto bassa, in genere circa 0.1-0.2 volte la portata

di esercizio;

- Lavaggio finale: eseguito con flusso discendente inviando acqua nel letto di resina per

allontanare completamente dalla colonna di resina le soluzioni rigenerative. Il volume

complessivo di acqua utilizzata è pari a circa 5 volumi di resina e durante questa fase

viene impiegato lo stesso valore di portata utilizzato nella fase di esercizio.

Nel complesso la fase rigenerativa costituita dalle tre sotto-fasi descritte dura circa 3-4 ore.

L’evoluzione nel settore e lo sviluppo di specifici brevetti ha portato all’introduzione di tecniche di

rigenerazione che riducono questi tempi fino a circa 60 minuti per l’intero ciclo rigenerativo. Le unità

di trattamento a scambio ionico sono comunque dotate in genere di almeno due colonne

funzionanti in parallelo, in modo da non dovere interrompere il trattamento per eseguire la

rigenerazione utilizzando alternativamente una colonna per la fase di esercizio mentre nelle altre si

esegue la rigenerazione o vengono mantenute in stand-by.

4.1.3: Applicazioni comuni di unità a scambio ionico Le resine a scambio ionico sono molto impiegate in particolare in alcuni tipi di processi

comuni nei quali si fanno apprezzare per le prestazioni che si riescono ad ottenere e anche per il

fatto che le unità di trattamento a scambio ionico hanno un ingombro modesto e necessitano di un

consumo energetico per il loro funzionamento molto basso.

Si è già detto dell’utilizzo delle resine chelanti selettive per la rimozione dei metalli pesanti: lo

scambio ionico è in assoluto uno dei sistemi più utilizzati ed efficaci per la rimozione dei metalli

pesanti dalle acque di scarico, dato che spesso queste sostanze sono presenti nelle acque da trattare

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in concentrazioni basse rispetto alle altre specie chimiche in soluzione, ma per via della loro tossicità

su di esse sono imposti limiti di concentrazione negli efflussi estremamente bassi. Resine chelanti

selettive vengono anche impiegate per recuperare metalli rari o preziosi presenti nelle acque di

processo di varie applicazioni (ad es. idrometallurgia, produzione di antibiotici, processi di

purificazione e separazione dei radioisotopi). In questi casi può risultare economicamente

conveniente procedere al recupero di tali metalli preziosi dopo averli assorbiti sulle resine chelanti.

Il loro recupero avviene per incenerimento della resina o mediante tecniche di estrazione con

particolari solventi.

Tra le altre applicazioni comuni delle resine a scambio ionico si ricordano ad esempio i trattamenti

delle soluzioni acquose per ottenerne l’addolcimento o la demineralizzazione completa.

Per il trattamento delle acque minerali vengono generalmente impiegate le resine cationiche

in ciclo sodico. Si tratta di resine cationiche dotate di gruppo funzionale solfonico nelle quali, tramite

un lavaggio con salamoia, lo ione di scambio caricato sui gruppi funzionali non è l’idrogeno H+ ma il

sodio Na+. Una volta portate nella forma sodica, queste resine sono dotate di gruppo funzionale

R-SO3Na che conferisce loro una particolare affinità di scambio con gli ioni Ca++ e Mg++, secondo le

reazioni:

2R-Na + Ca++ ↔ R2=Ca + 2Na+

2R-Na + Mg++ ↔ R2=Mg + 2Na+

Questo tipo di resine viene comunemente impiegato per ottenere l’addolcimento delle acque

minerali di acquedotto. L’addolcimento può essere considerato come una demineralizzazione

parziale, limitata alla rimozione degli ioni di calcio e

magnesio che sono fra le principali cause di

incrostazioni delle tubature (figura 4.4).

Figura 4.4: unità di addolcimento di grandi dimensioni a servizio di un intero stabile, prodotto dall’azienda Italplant

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La demineralizzazione completa invece, consente di ottenere acqua pura a partire da soluzioni

acquose arricchite di vari ioni disciolti. Lo schema applicativo di questo processo prevede la

sequenza di una colonna di resina cationica forte, una torre di strippaggio dell’anidride carbonica

ed infine una colonna di resina anionica forte.

Nella prima colonna riempita di una resina cationica forte, vengono scambiati i cationi presenti in

soluzione con idrogenioni H+, ottenendo in uscita un’acqua acidificata e la formazione di anidride

carbonica per interazione dell’idrogeno introdotto in soluzione con i bicarbonati presenti. L’anidride

carbonica che eventualmente si forma viene quindi rimossa nella torre di strippaggio per degasarla

e infine l’acqua passa attraverso la colonna di resina anionica forte dove gli anioni disciolti vengono

sostituiti da ioni idrossido OH- che si legano agli ioni H+ presenti formando molecole d’acqua e

ultimando la demineralizzazione completa dell’acqua (figura 4.5).

La reazione complessiva di demineralizzazione completa è del tipo:

R-H + MgCl2 → R-Mg + 2HCl …… R-OH + HCl → R-Cl + H2O

Figura 4.5: schema di processo di demineralizzazione completa

I trattamenti di demineralizzazione sono impiegati per diversi scopi. Sono ad esempio applicati

talvolta alle acque delle caldaie per impedire incrostazioni e corrosioni delle tubature; molte

industrie necessitano per le loro lavorazioni di acque prive di durezza e sali minerali (industria

tessile, cartiera, alimentare e conserviera, etc.). Un esempio tipico di applicazione in campo

industriale di demineralizzazione mediante resine riguarda il trattamento delle acque dell’industria

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galvanica, allo scopo di rimuovere sali, metalli pesanti e cianuri di cui si arricchiscono le acque di

processo.

Si tenga comunque conto del fatto che lo schema di processo schematizzato in figura 4.5 non è

rigido, ma può variare in funzione di particolari esigenze, ad esempio in assenza di bicarbonati nelle

acque di alimentazione non è necessaria la torre di strippaggio e in alcuni casi al posto delle due

colonne cationica/anionica in serie è possibile impiegare un’unica colonna a letto misto, contenente

sia una resina cationica forte che una resina anionica forte.