CAMERADEIDEPUTATI...2. La green economy nelle strategie inter- nazionali e dell’Unione europea....

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CAMERA DEI DEPUTATI Doc. XVII n. 11 DOCUMENTO APPROVATO DALLE COMMISSIONI RIUNITE VIII (AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI) E X (ATTIVITÀ PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO) nella seduta del 18 settembre 2014 A CONCLUSIONE DELL’INDAGINE CONOSCITIVA deliberata nella seduta del 30 ottobre 2013 SULLA GREEN ECONOMY (Articolo 144, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati) STABILIMENTI TIPOGRAFICI CARLO COLOMBO ATTI PARLAMENTARI XVII LEGISLATURA

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CAMERA DEI DEPUTATI

Doc. XVIIn. 11

DOCUMENTO APPROVATODALLE COMMISSIONI RIUNITE VIII

(AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI)E X (ATTIVITÀ PRODUTTIVE, COMMERCIO

E TURISMO)

nella seduta del 18 settembre 2014

A CONCLUSIONE DELL’INDAGINE CONOSCITIVA

deliberata nella seduta del 30 ottobre 2013

SULLA GREEN ECONOMY

(Articolo 144, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati)

STABILIMENTI TIPOGRAFICI CARLO COLOMBO

ATTI PARLAMENTARI

XVII LEGISLATURA

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PAGINA BIANCA

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S O M M A R I O

1. L’avvio dell’indagine conoscitiva: il programma ............ Pag. 5

2. La green economy nelle strategie internazionali e del-l’Unione europea ................................................................ » 8

3. Sintesi delle audizioni svolte e dei materiali invariati . » 10

3.1 Associazioni di categoria ............................................ » 10

3.2. Sindacati ...................................................................... » 21

3.3. Associazioni ambientaliste ........................................ » 24

3.4. Istituti di ricerca ........................................................ » 28

3.5. Imprese ........................................................................ » 34

3.6. Soggetti istituzionali ................................................... » 44

4. Considerazioni conclusive ................................................. » 59

Atti Parlamentari — 3 — Camera dei Deputati

XVII LEGISLATURA — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI — DOCUMENTI — DOC. XVII N. 11

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« Chi cerca rimedi economici a problemieconomici è su falsa strada; la qualenon può che condurre se non al pre-cipizio. Il problema economico èl’aspetto e la conseguenza di un piùampio problema spirituale e morale ».

Luigi Einaudi, Economia di concorrenzae capitalismo storico. La terza via fra isecoli XVIII e XIX, in « Rivista di storiaeconomica », giugno 1942.

1. L’avvio dell’indagine conoscitiva: il pro-gramma.

Le Commissioni congiunte VIII Am-biente e X Attività produttive hanno deli-berato lo svolgimento dell’indagine cono-scitiva in titolo il 30 ottobre 2013, isti-tuendo per tale finalità un apposito Comi-tato di indagine, composto da unarappresentanza di tutti i gruppi politicipresenti nelle due Commissioni, con loscopo specifico di poter procedere in ma-niera più agile allo svolgimento del ciclodelle audizioni. Si riporta di seguito ilprogramma dell’indagine, approvato dalledue Commissioni.

« L’esigenza delle due Commissioni diprocedere allo svolgimento di un’indagineconoscitiva sulla cosiddetta green economynasce dalla considerazione che, dinanzi auna crisi economica che prosegue senzasoluzione di continuità da cinque anni, eha riportato l’Italia ai livelli di ricchezzadei primi anni duemila, creando emer-genze sociali drammatiche quale l’elevatotasso di disoccupazione giovanile, occorrerivedere i modelli di crescita del Paese. In

questo quadro la green economy può rap-presentare un’importante occasione percontrastare la crisi e per dare slancioall’economia.

Le problematiche ambientali costitui-scono, insieme alla necessità di un utilizzosostenibile delle risorse naturali, un crite-rio guida essenziale per il rinnovamentodei modelli produttivi.

Occorre quindi puntare su una nuovavisione del sistema economico fondata sumaggiore condivisione, che passa necessa-riamente attraverso la sostenibilità dellosviluppo. In questa prospettiva occorreràpuntare su nuove tecnologie, sulle fontirinnovabili, sull’efficienza energetica, sullaricerca e sull’innovazione, sulla tutela esulla promozione del patrimonio naturalee culturale, per riprendere un cammino disviluppo durevole e sostenibile.

Numerosi e autorevoli studi anche in-ternazionali hanno affrontato e analizzatole opportunità di un’economia verde peruscire dalla crisi. Basti pensare sul pianointernazionale al Rapporto UNEP 2011« Towards a Green Economy: Pathways toSustainable development and Poverty Era-dication », al Rapporto OCSE 2012« Towards Green Growth » o alle Comuni-cazione europee « Rio+20: verso un’econo-mia verde e una migliore governance »(COM/2011/363/definitivo) e « Una tabelladi marcia verso un’economia competitiva abasse emissioni di carbonio nel 2050 »(COM/2011/112/definitivo).

I citati documenti nel panorama inter-nazionale hanno fatto riferimento a di-verse definizioni di « economia verde »: apartire dalla definizione di green economydell’UNEP, volta al miglioramento del be-

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nessere sociale, alla riduzione dei rischiambientali e a un uso efficiente delle ri-sorse, fino a quella di « crescita verde »coniata dall’OCSE, che promuove un mo-dello di sviluppo in grado di garantire allenuove generazioni le risorse e i serviziambientali su cui si basa il benessere, e aquelle concernenti lo sviluppo sostenibile el’utilizzo efficiente delle risorse a livellodelle istituzioni europee. Alle diverse de-finizioni internazionali, comunque, corri-sponde ormai una visione centrata sullagreen economy come strategia di sviluppobasata sulla valorizzazione del capitaleeconomico, naturale e sociale. L’impor-tanza di puntare sulla green economy nellestrategie europee di sviluppo è stata, inol-tre, recentemente ribadita dal commissarioeuropeo all’ambiente Janez Potocnik che,secondo quanto riportato da fonti distampa, nel discorso di chiusura dellaGreen Week svoltasi nel mese di giugno2013, ha annunciato che il 2014 sarà l’annodella green economy.

La green economy non è solo il modellodi sviluppo ormai convintamente indicato alivello internazionale ed europeo, ma an-che il modello più aderente alle caratteri-stiche dell’Italia, più in grado di tenereinsieme e di rinvigorire gli elementi fon-damentali dell’identità italiana: la bellezzadel patrimonio storico-naturalistico e laqualità delle produzioni, la creatività el’operosità degli imprenditori e dei lavora-tori, la coesione sociale e il rapporto strettofra economia, territorio e comunità. Suqueste basi programmatiche, le Commis-sioni riunite VIII (Ambiente, territorio elavori pubblici) e X (Attività produttive)della Camera dei deputati ritengono op-portuno procedere allo svolgimento diun’indagine conoscitiva sullo stato e sulleprospettive della green economy nel nostroPaese.

L’indagine è finalizzata a:

1) individuare il perimetro della greeneconomy, e quindi il contributo che a li-vello economico-produttivo e a livello am-bientale può derivare da tale modello disviluppo, analizzando anche le potenzialitàin termini occupazionali (creazione dinuovi posti di lavoro e di nuove compe-

tenze professionali) e di costruzione dinuovi e più elevati percorsi di istruzione edi formazione professionale;

2) delinearne la mappa geografica(presenza nelle diverse aree del Paese) eproduttiva (dimensione nel settore mani-fatturiero, ma anche nell’agricoltura e nelterziario);

3) conoscere i dati sulla green eco-nomy nei maggiori Paesi europei ed ex-traeuropei;

4) valutare l’efficacia delle politichefiscali e industriali attualmente vigenti aifini della loro effettiva capacità di influen-zare lo sviluppo in termini di maggioreeco-sostenibilità, e individuare nuove piùefficaci misure di fiscalità ambientale ca-paci di orientare maggiormente l’economiaverso l’innovazione ecologica;

5) analizzare possibili politiche di so-stegno alla riconversione green di aziendealtamente impattanti;

6) eseguire una ricognizione completadelle misure e degli strumenti di gover-nance dello sviluppo delle tecnologie e delleproduzioni verdi, sia relativamente aglispecifici settori dell’ecoinnovazione, del-l’industria del riciclo, del risparmio e del-l’efficienza energetica (in primo luogo nel-l’edilizia e nei trasporti, ma anche nelleapparecchiature, nell’illuminazione, neiprocessi produttivi, ecc.), delle fonti ener-getiche rinnovabili, delle filiere agricole adalta valenza qualitativa e ambientale, deiservizi ecosistemici (dalla tutela e valoriz-zazione delle aree protette e dei suoliagricoli, alla conservazione e all’uso effi-ciente delle risorse idriche e del patrimo-nio forestale), sia relativamente a profilifiscali e di servizi di credito a sostegno deiprocessi di eco-convergenza dell’economiaitaliana;

7) verificare la sussistenza di even-tuali profili problematici del modello disviluppo green economy, individuandoproposte normative tese a superare gliaspetti distorsivi eventualmente indivi-duati in un’ottica di maggiore efficienzae produttività.

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L’indagine vuole porsi come contributoconcreto alla formazione di una nuovaagenda politica nella quale l’ambiente davincolo possa diventare opportunità eco-nomica immediata e la green economy siaposta come orizzonte strategico delle sceltedi fondo dell’azione del Governo, nellepolitiche di bilancio e in quelle fiscali, nellepolitiche per la ricerca e per l’innovazionee in quelle per l’occupazione e la forma-zione, nelle politiche per la difesa delterritorio e in quelle per la promozioneproduzioni agroalimentari, nelle politicheper la competitività del sistema industrialee in quelle per gli investimenti infrastrut-turali.

L’indagine si articolerà nelle audizionidei seguenti soggetti:

Ministro dell’ambiente e della tuteladel territorio e del mare;

Ministro dello sviluppo economico;

Ministro dell’economia e delle fi-nanze;

altri Ministri titolari di dicasteri concompetenze nel settore della green eco-nomy; quali ad esempio il Ministro dellavoro, il Ministro dell’istruzione, dell’uni-versità e della ricerca e il Ministro del-l’agricoltura.

Conferenza dei Presidenti delle re-gioni;

ANCI;

rappresentanti del mondo imprendi-toriale;

esponenti del mondo universitario,dell’economia e della ricerca;

rappresentanti dell’associazionismosindacale;

rappresentanti delle associazioni am-bientaliste;

rappresentanti di istituzioni e entiaventi competenza nel settore della greeneconomy;

rappresentanti delle associazioni efondazioni operanti nell’ambito dello svi-luppo sostenibile e delle energie rinnova-

bili, nonché esponenti di enti e organismiche hanno effettuato studi in materia digreen economy;

rappresentanti delle istituzioni euro-pee;

rappresentanti delle associazioni dicategoria ».

L’indagine si è articolata in specifichesessioni di lavoro svolte il 21 novembre2013 (audizioni di rappresentanti di Fon-dazione per lo sviluppo sostenibile; coor-dinamento FREE; prof. Riccardo Pietra-bissa, presidente del network per la valo-rizzazione della ricerca universitaria; Enele Fondazione Studi Enel; Enea; AmbienteItalia; Unioncamere e Symbola; Green Bui-lding Council Italia; CNR), il 22 novembre2013 (audizioni di rappresentanti di ANCE;Rete Imprese Italia; Legambiente; CGIL,CISL, UIL e UGL; Assorinnovabili; KyotoClub; Alleanza delle Cooperative Italiane;ANCI; Prof. Riccaboni, Rettore dell’Univer-sità di Siena), il 13 dicembre 2013 (audi-zioni di rappresentanti di Confindustria,Confagricoltura, Coldiretti, CIA, Copagri,Consorzio Remedia, Federambiente, FISEAssoambiente) il 21 marzo 2014 (audizionidi rappresentanti di TESLA Italia mobilitàgreen; Novamont; Gruppo Mossi e Ghisolfi;KiteGen; Finco; Cobase; Anida; Fater Spa).Si sono poi svolte, con singole sedute, leaudizioni del Ministro dell’istruzione, del-l’università e della Ricerca, Stefania Gian-nini (27 maggio 2014), del Viceministrodello sviluppo economico Claudio De Vin-centi (4 giugno 2014), del Ministro dell’am-biente e della tutela del territorio e delmare, Gian Luca Galletti (10 giugno 2014)e del sottosegretario di Stato per le poli-tiche agricole, alimentari e forestali, Giu-seppe Castiglione (11 giugno 2014).

Le Commissioni hanno inoltre acquisitospecifiche memorie da quei soggetti che,pur interpellati ed interessati, non hannopotuto partecipare alle audizioni: si trattadi Greenpeace e ENI.

Di tali audizioni e dei materiali inviatisi troveranno, alla sezione 3 del presentedocumento, le singole sintesi.

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2. La green economy nelle strategie inter-nazionali e dell’Unione europea.

Negli ultimi anni, a livello internazio-nale, sono stati pubblicati documenti estrategie, che hanno affrontato e analiz-zato le opportunità di un’economia verdeper uscire dalla crisi. Di rilevante impor-tanza, in tale contesto, il dibattito che si èsvolto nell’ambito del Programma perl’ambiente delle Nazioni Unite (United Na-tions Environment Programme - UNEP),dell’Organizzazione per la cooperazione elo sviluppo economico (OCSE) e del-l’Unione europea.

Nell’ambito dell’UNEP, e precisamentenel rapporto del 2011 dal titolo « Towardsa Green Economy: Pathways to Sustainabledevelopment and Poverty Eradication », sifa riferimento all’« economia verde », comea un’economia volta al miglioramento delbenessere umano e all’equità sociale, chenel contempo riduce i rischi ambientali ela limitatezza delle risorse a livello ecolo-gico (ecological scarcities). Il concetto digreen economy si basa su un’approfonditaanalisi economica, che si articola in unaserie di settori-chiave in grado di guidareuna transizione verso l’« economia verde »:dal capitale naturale (agricoltura, pesca,acqua, foreste) all’energia e all’efficienzadelle risorse (energie rinnovabili, manifat-tura, rifiuti, edilizia, trasporti, turismo,città). In sostanza, una crescita del redditoe dell’occupazione dovrebbe essere guidatada investimenti finalizzati a ridurre leemissioni di carbone e l’inquinamento, mi-gliorare l’efficienza delle risorse e del-l’energia, nonché prevenire la perdita dellabiodiversità e dei servizi ecosistemici. Se-condo quanto riportato nel rapporto del-l’UNEP, una trasformazione globale del-l’economia verso la green economy richie-derebbe investimenti consistenti nell’or-dine del 2 per cento del prodotto internolordo mondiale dal 2011 al 2050, investi-menti che dovrebbero porre una partico-lare attenzione ai settori dell’energia, del-l’edilizia e dei trasporti.

L’OCSE, nel rapporto del 2012« Towards Green Growth », fa riferimento a

una strategia di « crescita verde », che èbasata su aspetti di politica economica edambientale capaci di integrarsi a vicenda.È una strategia che riconosce il pienovalore del capitale naturale e il ruolochiave dell’innovazione e la cui applica-zione necessita di un mix di strumentinell’ambito di:

interventi volti a rafforzare la crescitaeconomica, nel contempo assicurando laconservazione del capitale naturale, tra iquali misure di politica fiscale e di con-correnza, nonché per l’innovazione;

interventi volti a incentivare l’uso ef-ficiente delle risorse e a rendere più co-stoso l’inquinamento.

Parimenti necessari saranno anche in-terventi per predisporre, tramite azioniprogrammatiche, una rete di infrastruttureadeguata alle tecnologie della prossima ge-nerazione, specialmente nell’ambito dellereti energetiche, idriche, di trasporto e ditelecomunicazione. Considerata l’ampiaportata degli investimenti necessari nellamaggior parte dei Paesi, l’OCSE reputanecessario utilizzare i finanziamenti pub-blici e privati e assicurare il massimocoordinamento possibile tra i ministeri ei diversi livelli amministrativi, nonché coni soggetti esterni interessati. La defini-zione di un pacchetto di strategie diintervento applicabile alle diverse realtàlocali dipende, infatti, dallo sviluppo diuna capacità istituzionale adeguata, chepuò assicurare l’integrazione della « cre-scita verde » nelle principali strategie eco-nomiche e nell’agenda degli altri inter-venti governativi. Far confluire politichedi crescita verde e obiettivi di riduzionedella povertà è, inoltre, un aspetto im-portante del processo di adattamento ditale quadro ai Paesi emergenti e in viadi sviluppo.

L’OCSE ha, inoltre, pubblicato l’annoscorso un « Rapporto sulle performanceambientali dell’Italia », che analizza i pro-gressi compiuti a fronte degli impegni am-bientali assunti a livello nazionale e inter-nazionale e presenta alcune raccomanda-zioni per il miglioramento delle perfor-

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mance. Una parte della valutazioneriguarda proprio i progressi verso la cre-scita verde.

Anche a livello di Unione europea, negliultimi anni, si è svolto un intenso dibattitosulle tematiche dell’« economia verde ». LaCommissione europea ha, infatti, pubbli-cato documenti importanti come la comu-nicazione Rio+20: verso un’economia verdee una migliore governance (COM(2011)363)e l’agenda per l’efficienza delle risorse sta-bilita nell’ambito della strategia Europa2020 sulla crescita intelligente, sostenibilee inclusiva. In particolare, con la tabella dimarcia verso un’Europa efficiente nell’im-piego delle risorse, presentata nel 2011(COM(2011)571), la Commissione ha pro-posto un quadro d’azione e ha sottolineatola necessità di un approccio integrato inmolti settori d’intervento e a più livelli. Intale tabella la transizione verso un « eco-nomia circolare », in cui i rifiuti costitui-scono una risorsa, ha un ruolo centrale.

Nel giugno 2013, il Commissario euro-peo dell’Ambiente aveva dichiarato che il2014 sarebbe stato dedicato alla green eco-nomy, per stimolare la trasformazione del-l’economia europea in un’economia circo-lare, puntando, in particolare, ad un usopiù efficiente delle risorse. L’obiettivo prin-cipale è quello di aiutare la transizioneverso un’economia a basse emissioni diCO2 e resiliente ai cambiamenti climatici.

I citati documenti nelle strategie inter-nazionali fanno riferimento a diverse de-finizioni di « economia verde »: a partiredalla definizione di green economy del-l’UNEP, volta al miglioramento del benes-sere sociale, alla riduzione dei rischi am-bientali e a un uso efficiente delle risorse,fino a quella di « crescita verde » del-l’OCSE, che promuove un modello di svi-luppo in grado di garantire alle nuovegenerazioni le risorse e i servizi ambientalisu cui si basa il benessere, e a quelleconcernenti l’utilizzo efficiente delle ri-sorse a livello delle istituzioni europee. Allediverse definizioni internazionali, comun-que, corrisponde ormai una visione cen-trata sulla green economy come strategia disviluppo basata sulla valorizzazione delcapitale economico, naturale e sociale.

2.1. Le recenti iniziative europee.

Lo scorso 2 luglio la Commissione eu-ropea ha presentato un pacchetto di mi-sure nel quadro della comunicazione« Verso un’economia circolare: un pro-gramma a zero rifiuti per l’Europa »(COM(2014)398), che si basa sul presup-posto che da un uso più efficiente dellerisorse deriveranno nuove opportunità dicrescita e occupazione. La transizioneverso un’economia circolare richiede mo-difiche sostanziali, che implicano l’ado-zione di nuovi modelli di mercato, nuovemodalità di trasformare rifiuti in risorse,nuovi modelli di comportamento dei con-sumatori. Il pacchetto che accompagna lacomunicazione intende creare il contestoche aiuterà a realizzare l’economia circo-lare, con politiche meglio integrate e con ilsostegno delle attività di ricerca e innova-zione. Ciò, ad avviso della Commissione,permetterà di sbloccare gli investimenti eattrarre i finanziamenti, incentivando, nelcontempo, la partecipazione dei consuma-tori e il coinvolgimento delle imprese.

Il pacchetto, oltre alla comunicazionesull’economia circolare, consta delle pro-poste seguenti:

il « Piano d’azione verde per le PMI:aiutare le PMI a trasformare le sfide am-bientali in opportunità di business ». Sitratta di una comunicazione(COM(2014)440) che individua una serie diiniziative, proposte a livello europeo e in-dirizzate alle piccole e medie imprese(PMI), per aiutarle a sfruttare le opportu-nità offerte dal passaggio a un’economiaverde, rendendo più efficiente la gestionedelle risorse, promuovendo l’imprendito-rialità verde, sfruttando le opportunità of-ferte da catene del valore più verdi efacilitando l’accesso al mercato delle PMIverdi;

la comunicazione « Opportunità permigliorare l’efficienza delle risorse nell’edi-lizia » (COM(2014)445), che reca proposteper ridurre l’impatto ambientale degli edi-fici ristrutturati e di nuova costruzione,migliorando l’efficienza delle risorse e au-

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mentando le informazioni disponibili circale prestazioni ambientali degli edifici;

la comunicazione « Iniziativa per fa-vorire l’occupazione verde: sfruttare le po-tenzialità dell’economia verde di creareposti di lavoro » (COM(2014)446), che recaun quadro integrato per consentire allepolitiche del mercato del lavoro di svolgereun ruolo attivo a sostegno della transizioneverso l’economia verde. In particolare, lacomunicazione si concentra sull’impor-tanza di anticipare e definire politichedelle competenze adeguate a sostenere ilavoratori nel far fronte al cambiamentostrutturale, ad assicurare le transizioni nelmercato del lavoro, e a rafforzare la go-vernance e le iniziative basate sul parte-nariato;

la proposta di direttiva(COM(2014)397), che modifica le direttivesui rifiuti (2008/98//CE), sugli imballaggi(94/62/CE), sulle discariche (1999/31/CE),sui veicoli fuori uso (2000/53/CE), sullebatterie ed accumulatori (2006/66/CE) esui rifiuti elettrici ed elettronici (2012/19/CE).

3. Sintesi delle audizioni svolte e dei ma-teriali inviati.

3.1 Associazioni di categoria.

Fondazione per lo sviluppo sostenibile.

La Fondazione per lo sviluppo sosteni-bile ha fatto da supporto tecnico all’orga-nizzazione degli Stati Generali della greeneconomy, processo partecipativo fondatosul modello della Grenelle de l’environne-ment francese, che ha portato all’elabora-zione di una serie di proposte concrete e diuna piattaforma per lo sviluppo della greeneconomy in chiave green new deal, ossia disviluppo e di risanamento e di prospettivadi crescita per l’Italia. La piattaforma cheè stata sviluppata è molto complessa, ma èsintetizzata in dieci proposte principali.

La Fondazione ha, inoltre, illustrato ilmodo in cui si è sviluppato il processo

partecipativo degli Stati Generali promossidal Consiglio nazionale della green eco-nomy. Più in particolare i lavori del Con-siglio sono stati suddivisi in 10 gruppi dilavoro, costituiti da rappresentanti di im-presa, di organizzazioni di imprese, dellasocietà civile, della comunità scientifica,nonché da tutti gli stakeholder coinvolti inquesto processo. I settori coinvolti vannodall’ecoinnovazione al riciclo dei rifiuti,all’efficienza delle materie, fino all’effi-cienza energetica. I gruppi di lavoro hannoprodotto dei documenti istruttori che sonostati poi sottoposti a una consultazionepubblica aperta alla più ampia partecipa-zione. Sulla base dei contributi pervenuti,i dieci gruppi di lavoro hanno quindi co-struito documenti finali.

Dieci sono le misure prioritarie cheformano il pacchetto di green new dealimmediatamente attivabili e a costo zero.La prima proposta è la riforma fiscale inchiave ecologica a saldo netto zero. L’ideaè quella di attivare, anche attraverso unacarbon tax, uno spostamento della fiscalitàin chiave ecologica. La seconda è quella diattivare programmi per un miglior utilizzodelle risorse europee e per sviluppare stru-menti finanziari innovativi per le attivitàdella green economy. La terza proposta èl’attivazione di investimenti che si ripaganocon la riduzione dei costi economici oltreche ambientali: il tema centrale di questaproposta sono gli investimenti in infra-strutture verdi.

La quarta proposta è quella di un pro-gramma nazionale di misure per l’effi-cienza e il risparmio energetico, con unaroad map di obiettivi chiari da qui al 2030:tra le misure proposte, c’è quella di ren-dere permanente e stabile la detrazionefiscale del 65 per cento per la riqualifica-zione energetica degli edifici. La quintaproposta è l’attivazione di misure per svi-luppare le attività di riciclo dei rifiuti. Lasesta proposta è data dalla promozione delrilancio degli investimenti per lo sviluppodelle fonti energetiche rinnovabili: in par-ticolare la Fondazione segnala che even-tuali interventi con effetti retroattivi susistemi di incentivazione esistenti scorag-giano gli investitori e che sarebbe neces-

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sario uscire da un sistema basato sulletariffe, per passare a misure quali le de-trazioni fiscali, che potrebbero costaremolto poco e avere degli impatti moltograndi. Inoltre il rapporto del Greengrowthgroup europeo stima la creazione di6,5 milioni di nuovi posti di lavoro a livelloeuropeo da qui al 2020, lavorando su ef-ficienza energetica e fonti rinnovabili Lasettima proposta è rappresentata dall’at-tuazione di programmi di rigenerazioneurbana, di recupero di edifici esistenti, dibonifiche, fermando il consumo di suolonon urbanizzato. L’ottava proposta èquella di una mobilità sostenibile: secondol’ultimo rapporto dell’Agenzia internazio-nale dell’energia, il 40 per cento del po-tenziale di riduzione delle emissioni di CO2

è nei trasporti. La nona proposta investe iltema dell’agricoltura attraverso un sistemadi detrazioni fiscali e un fondo specificoper sostenere l’agricoltura di qualità e bio-logica. La decima e ultima proposta ri-guarda il tema dell’occupazione giovanilelanciando un piano nazionale per l’occu-pazione giovanile nella green economy, adesempio, attraverso la riduzione per treanni del prelievo fiscale e contributivo perl’impiego dei giovani.

Coordinamento FREE.

Nell’ambito dell’audizione sono stati,innanzitutto, illustrati i dati del SecondoRapporto GreenItaly 2013 precisando chesono quasi 328 mila le imprese che hannoinvestito nel periodo e/o investiranno, en-tro la fine del 2013, in tecnologie green,con effetti positivi sulla competitività (mag-giore export, minori costi, migliore qualitàdei prodotti) e sull’occupazione (il 38 percento delle assunzioni proviene da aziende« verdi »). Per quanto concerne il settoredella mobilità, è stato portato ad esempioil car sharing, come interessante espe-rienza che riduce le spese complessive e ilnumero di auto sulle strade. A tale pro-posito è stato evidenziato che occorrerebbeuna normativa che ne codifichi e sempli-fichi l’uso, che preveda un unico gestorenazionale e una quota rilevante di auto

alimentate a biometano, con biocarburanti,ibride plug-in ed elettriche. Per quantoriguarda la chimica verde, il Coordina-mento FREE sottolinea che il nostro Paesevanta attualmente eccellenze di valoremondiale che stanno consentendo di tra-sformare il vecchio e inquinante petrolchi-mico di Porto Torres in una bioraffineria,ma il settore potrebbe contribuire signifi-cativamente alla ripresa dell’economia, sesi definisse una normativa nazionale cherazionalizzi la realizzazione di nuove bio-raffinerie, ne riconosca le esternalità am-bientali e sociali, e nel contempo pro-muova la conoscenza delle innovazioni al-l’opinione pubblica. Infine per quanto at-tiene alle fonti rinnovabili e all’efficienzaenergetica, il Coordinamento FREE pro-pone:

la sostituzione degli incentivi con unmix di sgravi fiscali e crediti agevolati perle tecnologie FER più mature;

l’utilizzo della restante parte degliincentivi per promuovere le altre tecnolo-gie FER elettriche con una quota rilevantedi costi di esercizio (biomasse e biogas),con diversa maturità tecnologica o un dif-ferente livello di sviluppo industriale (so-lare termodinamico, piccolo eolico, geoter-mia a bassa e media entalpia);

la semplificazione delle attuali pro-cedure per le piccole installazioni;

la detrazione fiscale del 50 per centoper le persone giuridiche che sostituisconocoperture in amianto con il fotovoltaico.

Il Coordinamento FREE auspica lacreazione di un fondo di garanzia, conadeguata dotazione finanziaria, che forni-sca alle banche assicurazioni sufficienti aindurle a fornire crediti al settore: in al-ternativa o in via integrativa, la CassaDepositi e Prestiti potrebbe avviare unfondo chiuso, sia di venture capital che diprivate equity, dedicato all’efficienza ener-getica e alle fonti rinnovabili, come recen-temente fatto in altri comparti.

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Green Building Council Italia.

GBC Italia è acronimo di Green buildingcouncilItalia, un’associazione no profitnata circa 5 anni fa, nel 2008, in Italia eche si basa sulla partecipazione attiva eplurale di attori dell’intera filiera del set-tore costruzioni, sia pubblici sia privati,inclusiva e aperta. Ha quale obiettivoquello di trasformare il mercato, in par-ticolar modo quello del settore delle co-struzioni, cercando di introdurre temati-che di riduzione di impatto ambientale, diqualità degli ambienti interni e di utilizzodi materiali adeguati. I soci a livello in-ternazionale sono circa 500. Green buildingcouncil mira a diffondere un sistema vo-lontario di certificazione delle performancedella sostenibilità degli edifici e dei quar-tieri, che si chiama LEED, acronimo diLeadership in Energy and EnvironmentalDesign, che ha l’obiettivo di cercare diridurre le emissioni del settore degli edifici,che è quello che impatta maggiormentesull’ambiente.

Tale protocollo energetico ambientalenon analizza solo l’aspetto energetico, ben-ché assolutamente preponderante, ma an-che la sostenibilità del sito, la gestionedelle acque, i materiali, la qualità ambien-tale interna, quindi il comportamento idro-termico negli ambienti, acustico e lumi-noso.

A livello quantitativo, vi sono circa200.000 progetti LEED in tutto il mondo, equindi circa 1,5 miliardi di metri quadri diedifici certificati. In Italia, dal 2000 al 2012sono stati certificati e registrati LEED 2milioni di metri quadri di edifici. Si parladi edifici nuovi e anche esistenti.

Con la certificazione, il prodotto finale,comprensivo di involucri e di impianti, hadelle caratteristiche di qualità certificata,che è quella delle direttive europee, dallan. 27 del 2012 sull’efficienza energeticanell’edilizia alla n. 31 del 2010 sulla pre-stazione energetica nell’edilizia e così via.

GBC Italia suggerisce di attivare variorgani quali gruppi parlamentari, intermi-nisteriali, Commissioni parlamentari, Con-ferenza Stato-Regioni, proprio perché il

tema è estremamente complicato e investeuna serie di attori specifici, compresi tuttiquelli della filiera delle costruzioni.

GBC ritiene che l’attivazione di 100ecoquartieri per 100 città, edilizia scola-stica e pubblica come casi esemplari, po-trebbe essere il volano per far ripartirel’economia e i fondi europei potrebberoaiutare in questo perché, comunque, l’in-tera programmazione europea è volta inquesta direzione. Il tema fondamentale èquello di utilizzare in maniera più correttale risorse economiche che l’Unione euro-pea metterà a disposizione, ma che parte-nariati pubblico-privati potrebbero aiutarea portare avanti.

GBC Italia ha istituito al proprio in-terno un comitato tecnico specifico conl’obiettivo di elaborare delle linee guidaper una gestione efficiente di edifici dalpunto di vista energetico con strumentioperativi riconosciuti a livello internazio-nale, con format standardizzati e databasedi archiviazione e analisi dei dati, consumoreale degli edifici validati a livello inter-nazionale.

Sono ritenute importanti una lineaguida specifica sul green procurement, e iltema della qualità ambientale internacome centrale all’interno del settore dellecostruzioni. GBC ritiene che utilizzarestrumenti di questo genere aiuta a essereoperativi subito e in linea con quello che ledirettive europee chiedono, cioè certificarecon qualità, monitorare i risultati e ripor-tare in maniera corretta i dati.

Confindustria.

Secondo Confindustria, per lo sviluppodi una green economy capace di incremen-tare la tutela delle risorse ambientali, lacompetitività delle imprese e i livelli oc-cupazionali, occorre agire su tre fattori:

1. porre l’industria al centro dellepolitiche di sviluppo, al fine di forzare lacapacità del sistema economico italiano diincrementare i processi di innovazione: leimprese della green economy sono infattifortemente integrate con gli altri settori

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industriali (la distinzione tra green e browneconomy è, secondo Confindustria,un’astrazione): green economy non vuoldire abbandonare la tradizionale vocazionemanifatturiera, ma migliorarne la compe-titività ambientale e favorire lo sviluppo dinuovi prodotti. Insomma occorre evitareche il raggiungimento di obiettivi ambien-tali alimenti delocalizzazioni produttive,poiché un impoverimento della base indu-striale si tradurrebbe in minori prospettivedi crescita anche per i settori della greeneconomy fortemente integrati. Occorronoquindi politiche industriali in grado diorientare le risorse pubbliche verso le im-prese più impegnate sulle nuove frontieretecnologiche;

2. puntare sull’efficiente utilizzo dellerisorse, in particolare quelle energetiche,che rappresentano un fattore decisivo perla tutela dell’ambiente e la competitivitàdelle imprese italiane; in proposito Con-findustria sottolinea che la strutturale di-pendenza italiana dalle fonti fossili rag-giungerà il 95 per cento nel 2030, per cuiessere efficienti sul piano energetico è unaquestione di sopravvivenza. Si auspicaquindi, per il settore-chiave manifattu-riero, una riduzione del 30 per cento dellecomponenti parafiscali della bolletta ener-getica, per restringere il differenziale dicosto con i principali Paesi.

È inoltre cruciale puntare sulle tecnolo-gie per l’efficienza energetica, poiché essegiocheranno un ruolo prioritario (addirit-tura più delle rinnovabili) al raggiungi-mento dei target nazionali del pacchettoclima-energia dell’UE. Secondo Confindu-stria in quest’ambito bisogna puntare susmart building (riqualificazione energeticain edilizia, attraverso automazione, sistemidi riscaldamento innovativi ed elettrodome-stici efficienti), urban network (mobilitàelettrica, smartlighting, sistemi per l’inte-grazione delle fonti energetiche rinnovabili,smartgrid) e industrial cluster (motori elet-trici ad alta efficienza, inverter di rifasa-mento, gruppi statici di continuità, tecnolo-gie per teleriscaldamento, teleraffredda-mento e cogenerazione ad alto rendimento)e per farlo occorre un quadro di regole

stabile nel tempo. In proposito Confindu-stria auspica: la proroga al 2020 dell’attualequadro di misure fiscali; il rafforzamentodegli obiettivi incentivanti attraverso mec-canismi di efficienza energetica, con l’allar-gamento a nuovi settori di applicazione; larevisione del sistema tariffario per promuo-vere il vettore elettrico.

Quanto proposto, secondo le simula-zioni svolte, consentirebbe nel solo periodo2014-2020, di ottenere una crescita dellaproduzione industriale italiana di oltre 65miliardi di euro in media annui; un incre-mento del numero di occupati di circa 500mila unità; un risparmio del 10 per centodella bolletta energetica nazionale e dicirca 270 milioni di euro in termini di CO2

evitata);

3. stimolare investimenti produttiviconnessi alla tecnologia per la sostenibilitàe alla riqualificazione, recupero e manu-tenzione dell’esistente, soprattutto perquello che riguarda le risorse ambientaliesauribili e non rinnovabili.

Sotto questo punto di vista, occorrefacilitare i processi di bonifica e reindu-strializzazione dei siti contaminati per as-sicurare sia la tutela dell’ambiente e dellasalute sia il recupero del territorio e ilrilancio delle attività produttive. Per rag-giungere tali obiettivi, è necessario, se-condo Confindustria, agire sul fronte dellasemplificazione e prevedere efficaci mec-canismi di attrazione di investimenti pro-duttivi, anche attraverso l’utilizzo dellaleva fiscale. Il potenziale dell’Italia in que-sto settore è notevole, se si pensa allapossibilità di convertire siti non competitiviin bioraffinerie per la produzione di bio-plastiche o biolubrificanti.

Bisogna inoltre puntare, secondo Con-findustria, sull’utilizzo dei materiali deri-vanti da lavorazioni industriali come sot-toprodotti, anziché avviarli nella gestionedei rifiuti.

Bisognerebbe anche puntare su accordidi filiera integrata per il mercato nazionalee, soprattutto, internazionale, poiché la do-manda dei Paesi emergenti di tecnologiegreen si basa su progetti di ampie dimen-

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sioni, strutturati e integrati, nei quali èdifficile che la singola impresa possa pre-sentarsi da sola.

Secondo Confindustria occorre poi de-finire una politica che promuova l’attivitàdi ricerca e sviluppo per assicurare un altostandard di innovazione, anche attraversola promozione di partenariati tra industrie,istituzioni e centri di ricerca universitari,oltre a favorire il finanziamento di progettidi sviluppo delle filiere industriali partico-larmente interessanti. Viene riconosciutocome valido strumento l’istituzione, daparte della legge di stabilità, di unarisksharingfacility per il finanziamento deigrandi progetti di innovazione e ricerca,per supplire al fatto che le banche nonsono particolarmente propense a finan-ziare tali progetti che, per loro natura,sono ad alto rischio e a redditività moltodifferita nel tempo.

Confindustria auspica inoltre una sem-plificazione del sistema delle autorizza-zioni per lo sviluppo degli impianti e delleinfrastrutture, accompagnata da piani dirazionalizzazione degli interventi sul ter-ritorio.

Poiché la maggior parte delle questionienunciate richiedono consistenti investi-menti pubblici, Confindustria ritiene ne-cessario, a partire dal livello europeo, al-lentare i vincoli di spesa che bloccanomolti investimenti ad alto potenziale at-traverso opportune deroghe ai patti di sta-bilità per gli investimenti in campo ener-getico e ambientale.

Rete Imprese Italia.

Secondo Rete Imprese Italia la greeneconomy, ovvero la parte economica dellosviluppo sostenibile, rappresenta il modellosu cui bisogna orientare l’economia perpoter uscire dalla crisi. In questi anni dicrisi, infatti, i settori considerati più pro-mettenti e più green hanno retto l’econo-mia del Paese.

Al primo posto ci sono l’efficienzaenergetica e le fonti rinnovabili, chehanno prodotto in Italia oltre 500.000impianti, ma hanno mantenuto anche

l’occupazione in oltre 100.000 piccole emicro imprese. Non c’è stato dunque unbeneficio solo sul piano della produzionedi energia da fonti alternative e quindidella sottrazione del nostro Paese dal-l’eccessiva dipendenza dai mercati deiprodotti fossili, ma c’è stato anche unapporto di ricchezza e di occupazionesenza precedenti nel nostro Paese.

Altrettanto si può dire in edilizia, dovein un periodo di profonda crisi le 650.000piccole e medie imprese dell’edilizia hannovisto negli interventi di efficienza e diriqualificazione energetica e di ristruttu-razione degli immobili un polo di sviluppoin controtendenza con la crisi.

Rete Imprese Italia cita poi altri esempirelativi alle manifatture a cominciare dalleattività legate al riciclo dei rifiuti e alrecupero dei materiali. Solo nel settore delrecupero e del riciclo delle materie plasti-che, si registrano oltre 300 piccole e medieimprese, che sommano oltre 2.000 dipen-denti e producono già 700.000 tonnellate diprodotti riciclati, cioè 700.000 tonnellate diprodotti in meno che dovrebbero essereimportati, evitando quindi un’importa-zione, che fino a poco tempo fa aveva adoggetto prodotti riciclati provenienti daiPaesi asiatici non connotati né da garanzieigieniche né da atossicità degli stessi pro-dotti.

Rete Imprese Italia ritiene che questocambiamento si può ottenere solo seaccompagnato da misure di contesto cherientrano nell’azione del Governo e delParlamento che partono dall’esigenza digarantire un ambito di legalità, che è laprima condizione per sviluppare le im-prese nel Paese, per sviluppare l’econo-mia a livello locale e per stimolare anchepossibili investimenti esteri nel nostroPaese. Occorre poi riformare il sistemafiscale italiano in modo che, spostando ilpeso fiscale dal lavoro al patrimonio e alconsumo dei prodotti e dei materiali piùinquinanti, possa riequilibrare in favoredelle attività della green economy la com-petitività delle imprese, ridistribuendo icarichi fiscali, applicando il principio eu-ropeo « chi inquina paga » e spostando ilcarico fiscale per esempio anche sul con-

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sumo del suolo e delle risorse del sot-tosuolo, favorendo, infine, la produzioneda materiali riciclati. Occorre poi inver-tire la tendenza che da oltre un decennioè volta a utilizzare la bolletta elettricacome uno strumento improprio di pre-lievo, per il sostegno di politiche di svi-luppo industriale quali sicuramente lefonti rinnovabili, spostando anche questevoci sulla fiscalità generale. Servono inol-tre investimenti per le infrastrutture ma-teriali e per il recupero e la salvaguardiadel territorio. Rete Imprese Italia reputapoi necessario rilanciare una politica digenerazione diffusa di energia con unsistema di incentivazione che premi l’au-toproduzione soprattutto per i piccoliimpianti e per le piccole imprese sia nelfotovoltaico sia nelle altre forme di pro-duzione di energia (cogenerazione e tri-generazione). Per quanto concerne i ri-fiuti, occorrerebbe favorire l’utilizzo deirifiuti sul territorio nazionale e promuo-vere misure che determinino l’attuazionedel principio comunitario di prossimitàper le attività di gestione degli stessirifiuti.

Assorinnovabili.

Assorinnovabili sottolinea come i datisui disastri naturali mostrino una fortecorrelazione con l’aumento delle emis-sioni di CO2 e che quindi, agendo suifattori di emissione, è possibile interve-nire pesantemente per cambiare la situa-zione. Ma per farlo occorre rimuovereuna serie di ostacoli allo sviluppo dellefonti rinnovabili, peraltro in contrastocon le linee guida europee, quali: l’esten-sione della Tobintax alle aziende chefatturano più di 3 milioni di euro; lamancanza, ormai quinquennale, di ogniregolamentazione sull’autoproduzione,sulle SEU e sulle reti private; la man-canza di qualsiasi incentivo e di qualsiasiidea sulle modalità per inserire l’accu-mulo elettrico negli impianti a fonti rin-novabili, per ridurre l’impatto con larete; l’imposizione di oneri di sbilancia-

mento non discussi dal punto di vistatecnico per misurarne davvero i valori;osserva altresì che sono stati tolti queivantaggi che venivano dati a chi riuscivaa ridurre le perdite della rete consideratoche il vantaggio dato dalla generazionedistribuita è stato ridotto drasticamenteed è praticamente sparito.

Inoltre Assorinnovabili ricorda comecon il « Decreto del Fare » sia stato operatoun taglio retroattivo volontario sugli incen-tivi, siano stati eliminati i prezzi minimigarantiti e sia stata tolta la cartolarizza-zione di una parte della componente A3.

Questi ostacoli sembrano il sintomo diuna concezione secondo cui il prezzo del-l’energia è dovuto prevalentemente all’in-centivazione delle rinnovabili. Assorinno-vabili ritiene che ciò non sia vero storica-mente. Si tratta di un dato confermato dalfatto che dal 2002 ad oggi la componenteenergia è aumentata di 160 euro contro unaumento di 60 euro della quota relativaalle rinnovabili; il fatto che le PMI in Italiapagano di più (rispetto alla Germania) nonè dovuto alle rinnovabili, ma ad una strut-tura del mercato all’ingrosso completa-mente diversa.

Assorinnovabili ritiene essenziale unadeguamento agli obiettivi europei per il2030 e, per sviluppare le fonti rinnovabili,ritiene necessario sviluppare la genera-zione distribuita e arrivare almeno a unmegawatt per lo scambio in loco.

ANCE.

I temi affrontati nel corso dell’audi-zione hanno riguardato il settore dellecostruzioni in quanto, se è vero che lagreen economy riguarda tutti i settori del-l’economia, gli ambiti di intervento prin-cipali per l’edilizia sono quelli riferiti al-l’energia e all’uso dei materiali. Fra i fa-mosi sei lead market individuati ormaiqualche anno fa in ambito europeo, unoera proprio l’edilizia sostenibile, con pe-santi ricadute anche in senso occupazio-nale.

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Per quanto riguarda le potenzialitàper il settore delle costruzioni nell’ambitodella green economy, ANCE ha indivi-duato tre macrosettori: quello delle nuovecostruzioni, quello del patrimonio edilizioesistente e quello della città in senso lato.

Per le nuove costruzioni, per quantoriguarda l’aspetto energia è stata richia-mata la direttiva che prevede edifici aenergia quasi zero dal 2020, di cui siattendono i decreti attuativi, che stabili-ranno le regole tecniche per definire illivello di « energia quasi zero » e quindidare questo riconoscimento ai nuovi edi-fici. Nel contempo, è ritenuto necessario iltema dei materiali, in quanto occorre cer-care di limitare l’uso di materie primenaturali, quindi non solo quelle energeti-che, ma anche i materiali da costruzione,e in questo senso bisognerebbe cercare dispingere politiche incentivanti l’uso di ma-teriali derivanti da riciclo. ANCE fa pre-sente che questo si applica anche nel Greenpublic procurement, gli appalti verdi pub-blici e che già esiste una previsione del 30per cento di materia riciclata negli appaltipubblici di qualsiasi settore, ma nella parteedilizia tale profilo ha caratteristiche di-verse e che occorrerebbero normative spe-cifiche, considerando che non sempre èpossibile utilizzare materiale da riciclo, inquanto non si può importare da grandidistanze e il bacino è a livello provinciale.

Sul patrimonio edilizio esistente ANCEevidenzia gli incentivi fiscali del 55 e oggi65 per cento per la parte energetica, mi-sura che va consolidata e rafforzata nel-l’efficacia, ritardandola in maniera da au-mentare il rapporto costi/benefici rispettoall’investimento, quindi in termini di risul-tati ottenuti come risparmio energetico,visto che in questi anni alcune forme in-centivate da tale misura non hanno datorisultati di altissimo livello in termini ener-getici. È sicuramente l’ambito maggiore diintervento considerato che la nuova edili-zia è comunque una frazione molto mar-ginale rispetto al patrimonio esistente, checonsuma mediamente tre o quattro voltepiù degli edifici che oggi costruiamo. An-drebbero quindi studiate, come peraltroprevede la direttiva, forme per incremen-

tare il numero di edifici a energia quasizero, quindi andrebbe definito un pac-chetto di norme ad hoc per un edificioesistente a energia quasi zero che ovvia-mente non potrà quasi mai avere la pre-stazione di un edificio nuovo.

Il terzo ambito in cui si può inter-venire è quello della città in senso lato,visto che ormai si parla sempre di smartcity, termine che racchiude al propriointerno la parte energetica, che va dagliedifici ai trasporti, ai sistemi di comu-nicazione. Andrebbe posta molta atten-zione su come favorire e sviluppare ilmercato della sostituzione edilizia, perchéci sono singoli edifici e a volte interiquartieri che ormai hanno perso la lorofunzionalità: sono energeticamente sca-denti, non sono sicuri da un punto divista sismico, presentano barriere archi-tettoniche difficilmente eliminabili, chequindi ormai non assolvono più alla fun-zione dell’abitare per come oggi la siintende. Occorre andare quindi sull’in-tervento a più larga scala, e qui noncercare di favorire questi meccanismi disostituzione urbana anche con interventinelle ex aree industriali, che ormai inmolte città sono zone centrali, internealla città e che bisogna cercare di recu-perare. Il tema del recupero di questearee e delle bonifiche conseguenti vavisto nell’ottica di rivedere anche le nor-mative esistenti da applicare, di renderlechiare e univoche, non dando adito ainterpretazioni strane o scorrette, inmodo tale che gli operatori possano pre-ventivare correttamente i costi di questiinterventi e poi realizzarli. Servirebbequindi una nuova legge quadro sul go-verno del territorio da affiancare a unapolitica di riqualificazione urbana con laprevisione di qualche forma premiale in-centivante anche dal punto di vista fi-scale. ANCE enuncia la necessità di in-terventi sul patrimonio scolastico inquanto ci sono edifici scolastici di più dicento anni di vita che necessitano di unradicale intervento. ANCE conclude sot-tolineando l’importanza di preventivareopportunamente i nuovi fondi europei2014-2020, che sono in fase di defini-

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zione, così da dare possibilità alle Re-gioni di utilizzarle per tali finalità.

Alleanza delle cooperative italiane.

Alleanza delle cooperative italiane sot-tolinea di aver posto il tema della greeneconomy (intesa come un modo di ripen-sare in maniera più efficiente e sostenibileil nostro sistema produttivo) tra i settoriprioritari di promozione di nuove impresecooperative, costituendo per il movimentocooperativo la strada privilegiata percreare occupazione e contribuire a unaripresa della crescita. In particolare l’Al-leanza sta puntando (p.es. nell’agricolturatradizionale, aggiungendo la componenteenergetica), in particolar modo, su un usodel territorio che sia non solo sostenibile,ma anche innovativo. In questo senso l’Al-leanza apprezza la direzione intrapresacon il disegno di legge sul consumo disuolo.

Secondo l’Alleanza occorre fare unosforzo grande nel settore dell’efficienzaenergetica, attraverso la razionalizzazionedegli incentivi che esistono, la loro stabi-lizzazione, se possibile, nonché la loro ri-duzione/semplificazione nella direzione diun incentivo unico, misurabile ed esaustivodi tutte le complesse attività che riguar-dano l’efficienza energetica, per esempioutilizzando l’APE come un indicatore inentrata e in uscita a seguito di interventidel punto di efficienza raggiunto sia nel-l’edilizia privata sia nella stessa pubblicaamministrazione. Quest’ultima, secondol’Alleanza, potrebbe dare un grosso con-tributo, innescando un processo significa-tivo da un punto di vista quantitativo, oltreche qualitativo, al proprio interno.

Per quanto riguarda il capitolo dei ri-fiuti, l’Alleanza ritiene che la piattaformacooperativa possa essere uno strumentoutilizzabile nel Paese per invertire la ratiocon cui si è gestito finora il tema dei rifiuti,non solo cioè come servizio pubblico, maanche per alimentare una vera e propriaindustria del riciclo e del recupero.

Occorre quindi sviluppare la piatta-forma collaborativa che il movimento coo-perativo offre, perché il modello coopera-

tivo potrebbe consentire di incrociare ilrinnovamento nei settori dell’ambiente edell’energia e favorire una ripresa econo-mica sostenibile.

L’Alleanza suggerisce, infine, di utiliz-zare il servizio civile giovanile anche nel-l’ambito dei temi dell’efficienza energetica:si potrebbero formare cinquemila giovaniall’anno con una spesa di qualche decinadi milioni di euro, che creerebbero unvolano successivo nel mercato dell’effi-cienza energetica.

Confagricoltura (Confederazione generaleagricoltura italiana), Coldiretti (Confe-derazione nazionale coltivatori diretti),CIA (Confederazione Italiana Agricol-tori) e Copagri (Coordinamento orga-nizzazioni professionali agricole ita-liane).

Confagricoltura concentra la propriaanalisi su quattro punti. Innanzitutto lagaranzia della sicurezza alimentare e l’ac-corciamento della filiera, al fine di garan-tire più reddito all’agricoltore e permet-tendogli di rimanere sul territorio con pro-dotti validi qualitativamente.

Il secondo aspetto è rappresentato dallefiliere di qualità DOP, IGP e, soprattutto, ilbiologico, che rappresenta una delle filierepiù importanti della green economy chedeve essere sviluppata.

Un terzo tema cruciale è quello dellagestione delle risorse: dall’utilizzo dell’ac-qua in agricoltura, uno degli argomenti piùimportanti per la produttività, al consumodel suolo e alla perdita di sostanza orga-nica e, conseguentemente, alla necessità dinuove frontiere sui fertilizzanti moderni.In proposito Confagricoltura ricordal’esempio della filiera del biogas, dove laproduzione di digestato sta cominciando acreare filiere agro-industriali estrema-mente importanti proprio per sostituire ifertilizzanti. Nell’ambito della gestionedelle risorse, Confagricoltura ricorda che sista inoltre lavorando molto sulle aree na-turali, sui servizi eco sistemici, settori incui si sta creando occupazione.

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Il quarto ed ultimo aspetto sottolineatoda Confagricoltura è la sostituzione dellerisorse fossili. Dopo lo sviluppo delle rin-novabili, si stanno aprendo nuove frontieresull’efficienza energetica, da ultimo sulbiometano (per sostituire il gasolio agri-colo, ancora molto utilizzato), ma soprat-tutto con la chimica verde.

Rilevante poi la problematica delle areemarginali e del ruolo dell’agricoltura edella gestione delle foreste (che secondoConfagricoltura sono in buona parte malgestite o abbandonate) nell’assorbimentodel carbonio, che può funzionare da volanoper offrire nuove opportunità alle aziendeagricole.

Secondo la CIA il ruolo per l’ambientedel settore agricolo non è limitato all’agri-coltura sostenibile, che è solo una dellepotenzialità della green economy in agri-coltura: si pensi alla manutenzione delterritorio (utile sia per la prevenzione con-tro il dissesto idrogeologico, che come re-cupero rispetto alla devastazione ecologicache avviene dopo un dissesto) o alla ri-qualificazione fluviale. Serve quindi rico-noscere pari dignità per l’agricoltura ri-spetto alle aree protette: in agricoltura èl’uomo che deve agire per la biodiversitàagraria e non si può lasciare tutto questoal libero arbitrio, occorre una regolamen-tazione.

Coldiretti sottolinea come in questo mo-mento la sostenibilità sia considerata dagliagricoltori, ma anche da tutti i consuma-tori, che accettano di contribuire a questosostentamento con le risorse che la PACriversa sui territori, non più come unlimite, ma come un’opportunità, un valore,da declinare in maniera assolutamente po-sitiva.

Coldiretti ritorna sulla mancata ge-stione delle foreste ed evidenzia altresì leenormi possibilità di ottenere energia an-che prelevando materiali dai boschi, masoprattutto rendendo anche i residui diproduzione delle opportunità. Viene inol-tre criticata l’espansione del fotovoltaico aterra, che ha sottratto terreni fertili.

Importante per Coldiretti è, inoltre, farsì che gli agricoltori abbiano la certezza delconsumo dell’acqua, ma con l’impegno,

nello stesso tempo, di ridurre tale con-sumo.

Coldiretti auspica inoltre, al fine di con-sentire al sistema di produrre eccellenze,una regolazione anche attraverso l’appli-cazione dei decreti attuativi della leggesull’etichettatura (a cui è connesso il temadegli OGM), nonché l’adozione a livellonazionale, sulla falsariga di quanto operatoin Trentino, di principi per il censimentodelle aree agricole e di quelle dismesse oinutilizzate, nonché dell’invarianza delsuolo agricolo.

Copagri parte dal riconoscimento del-l’agricoltura come avanguardia della nuovaeconomia moderna. L’agricoltura non solonon è residuale, ma è in crescita in terminiqualitativi e di valore umano, così comecrescono le facoltà di agraria e i nuoviimprenditori agricoli giovani.

Nella nuova green economy occorreun’agricoltura tecnologicamente avanzata eambientalmente sostenibile in grado di ga-rantire prodotti salubri e di qualità.

Ma la green economy si fa soltantoall’interno di un grande quadro di sceltepolitiche e di investimenti finanziari. Oc-corre insomma una forte governance cheindirizzi e incoraggi questo percorso, peresempio risolvendo il problema dell’ac-cesso al credito, perché non è possibile faregreen economy, cioè cambiamento tecno-logico e modernità, senza credito.

Per Copagri occorre quindi deburocra-tizzare, semplificare, specialmente per ilmondo della piccola impresa agricola ita-liana. Un caso esemplare è quello dellagestione degli scarti in agricoltura, del lororiutilizzo sia a fini energetici sia in altromodo: il riciclo degli scarti e la produzionedi biogas vengono sostenuti da Copagricome priorità energetica (rispetto ad esem-pio al fotovoltaico a terra che sottrae ter-reni) del settore agricolo.

Consorzio Remedia.

Secondo Remedia il tema dei rifiutielettrici ed elettronici (RAEE) può rien-trare tra le attività nell’ambito dello svi-luppo di una economia sostenibile e anche

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della creazione di posti di lavoro in unsettore con grosse potenzialità. Dall’entratain vigore del decreto legislativo 151/2005 ilsettore è infatti in continua espansione siacome numero di imprese e di addetti chein termini di sviluppo tecnologico e, anchealla luce dei nuovi obiettivi imposti dal-l’UE, si attende un ulteriore e crescentesviluppo.

Un corretto riciclo dei RAEE consenti-rebbe inoltre di ottenere buoni risultati daun punto di vista di recupero di materieprime e, quindi, di ridurre le emissioni digas serra e di risparmiare energia rispettoallo scenario in cui le stesse materie primevengono prelevate dalla miniera (tale ri-sparmio è stimabile in 1,5 milioni di ton-nellate equivalenti di CO2 e 500 mila gi-gajoule di energia).

Il settore dei RAEE rappresenta inoltreun’interessante applicazione di « economiacircolare » ed uno strumento verso l’obiet-tivo « rifiuti zero ».

Federambiente e Fise Assoambiente.

Fise Assoambiente parte dalla conside-razione che la green economy rappresentaun’occasione per migliorare la gestione deirifiuti e, soprattutto, per trovare vie d’uscitaalle situazioni emergenziali.

Riprendendo le criticità sollevate dal-l’OCSE, Fise Assoambiente lamenta l’as-senza di un Piano nazionale per la gestionedei rifiuti efficace e la mancanza, nel si-stema autorizzativo, di un quadro norma-tivo certo, stabile ed omogeneo: vi sonoautorizzazioni completamente diverse fraloro; alcuni impianti sono classificati comesmaltimento, altri come impianti di recu-pero.

Dal punto di vista delle risorse Fise As-soambiente sottolinea, quale necessità fon-damentale, che quelle derivanti dal man-cato raggiungimento degli obblighi dellaraccolta differenziata dei comuni venganodestinate al recupero e al riciclo, così comele risorse derivanti dalla tassa sulle discari-che andrebbero destinate a operazioni diincentivo per la raccolta differenziata e pergli impianti di recupero e di riciclo. Servi-

rebbe inoltre agevolare l’accesso al creditoper facilitare gli investimenti negli impiantidi recupero/riciclo necessari, nonché nellebonifiche e nello smaltimento.

Fise Assoambiente critica il disordinecreato dall’introduzione di Tares, IUC ealtro, che hanno danneggiato il settore, cheinvece avrebbe bisogno di chiarezza nor-mativa, di semplificazione e di stabilità.

Secondo Federambiente i rifiuti sonorisorse e non un problema. Serve quindiuna politica di sostegno al riuso dei benirecuperabili e rifunzionalizzabili, anche at-traverso un intervento sulla definizione dirifiuto, che agevoli e permetta di svilup-pare ulteriormente le iniziative per il riusoe la riparazione e rifunzionalizzazione dioggetti che recentemente sono sorte.

Un secondo aspetto sottolineato da Fe-derambiente riguarda la correzione delledistorsioni commerciali nella distribuzionedi generi alimentari e nel consumo deglialimenti e del cibo, che determinano oggienormi sprechi.

Occorre poi declinare e dettagliare ilPiano nazionale di prevenzione dei rifiuti,recentemente approvato dal Ministero del-l’ambiente, al fine di indicare le azioni daincoraggiare e quindi al fine di delineare lecorrezioni legislative da apportare.

Un tema molto importante nell’ambitodella prevenzione è sicuramente quellodelle acque minerali imbottigliate, che an-drebbe regolamentato per limitare la cre-scita esponenziale e incontrollata che haavuto in questi anni: in Italia ogni annovengono usate 9 miliardi di bottiglie diplastica e solo il 50 per cento viene effet-tivamente riciclato, mentre la restanteparte finisce negli inceneritori. SecondoFederambiente non è possibile che ilquinto Paese al mondo per quantità, qua-lità e salubrità delle acque potabili, chepossono essere acquistate dal cittadino atariffe convenienti, nella realtà consumi 9miliardi di litri all’anno di acqua minerale,divenendo così leader mondiale del con-sumo delle acque minerali.

Iniziative per scoraggiare questa ten-denza potrebbero essere la cauzione sulvuoto a rendere che, almeno nell’imbotti-gliamento del vetro, è possibile oppure il

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divieto nelle scuole, negli ospedali e nellecaserme del consumo di acque mineraliimbottigliate nella plastica: ciò sarebbe ilsegno di un’iniziativa che tende a scorag-giare quel tipo di consumi.

Federambiente evidenzia poi un pro-blema legato al trattamento delle plasticheeterogenee rivenienti dalla raccolta diffe-renziata che, non essendo gestibili, ven-gono destinate in grandi quantità (circa600 mila tonnellate all’anno) all’inceneri-mento per recupero di energia. Servirebbequindi incentivare la ricerca sull’uso delleplastiche eterogenee.

Un discorso analogo secondo Federam-biente può essere fatto per gli oli combu-stibili, di recupero, quelli di uso sia do-mestico sia industriale: anche in questocaso servirebbe una politica di sostegno.

Analogamente andrebbe incentivata laraccolta differenziata delle « frazioni or-ganiche » e la successiva produzione dicompost, anche se « fuori specifica » (cioènon riutilizzabile come concime ma solo,ad es., per riempimenti), perché è unaattività che comunque sequestra CO2 dal-l’atmosfera.

Occorre poi, secondo Federambiente,sviluppare l’impiantistica, soprattutto alsud, perché attualmente le regioni sonocostrette a portare negli impianti fuoriregione, con aggravi di costo, le frazioniorganiche raccolte separatamente: si correil rischio che quelle regioni smettano difare la raccolta differenziata per i costiinsostenibili. Un altro punto di criticitàriguarda la chiusura del ciclo dei rifiutinelle grandi città.

Federambiente sottolinea infine duetemi. Uno è la responsabilità estesa delproduttore, secondo la quale chi producerifiuti ne è responsabile fino al momentoin cui quel rifiuto torna a essere un bene.Ebbene in questa prospettiva, secondo Fe-derambiente, il ruolo del Conai non deveessere solo quello di un soggetto che sioccupa di imballaggi, ma di materie recu-perabili e riciclabili. Il contributo ambien-tale Conai deve quindi essere legato nonsoltanto al recupero degli imballaggi. Serveuna politica per il recupero delle materie.Il secondo tema è l’esigenza di correggere

l’attuale squilibrio nel sistema di finanzia-mento del circuito della valorizzazione deirifiuti, che costa moltissimo per i cittadinie non molto per l’industria che produceimballaggi riciclati.

Finco (Federazione industrie prodotti im-pianti servizi ed opere specialistiche perle costruzioni).

Finco ha presentato alle Commissionialcune proposte basate sull’assunto che lagreen economy rappresenta una possibile econcreta via di uscita dalla crisi in cuiversa l’economia italiana; un concetto adampio spettro che supera l’ambito limitatodella bioedilizia.

Alla luce di questa premessa FINCO hasuggerito alcune misure settoriali, volte alrilancio economico del Paese che puntanosulla qualificazione degli operatori, sull’in-novazione tecnologica e sulle opportunitàfornite da un’economia sostenibile.

La prima proposta di FINCO riguardala stabilizzazione del bonus fiscale per lariqualificazione energetica degli edifici al2020. Al termine di tale periodo si po-trebbe distinguere la detrazione a secondadel periodo di ammortamento scelto dalcontribuente: 50 per cento per 3 anni, 55per cento per 5 anni, 60 per cento per 10anni, garantendo comunque il 65 per centodi detrazione laddove la riqualificazioneenergetica sia associata a quella sismica. Inalternativa, si potrebbe ipotizzare una pro-gressiva diminuzione della percentuale disgravio fiscale passando dall’attuale 65 percento al 60 per cento nel 2016, al 55 percento nel 2018, al 50 per cento nel 2020 ada regime. La misura in questione contri-buirebbe, oltre che all’efficientamento emessa in sicurezza del costruito nazionale(residenziale e terziario, inclusi gli immo-bili strumentali), all’emersione del lavoronero, all’abbattimento delle emissioni diCO2, nonché a corroborare una parte vitaledell’industria nazionale e della connessaoccupazione. Avrebbe inoltre positive rica-dute sull’incremento delle entrate delloStato, a copertura della stessa misura, at-traverso l’IVA recuperata, IRAP, IRPEF ed

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IRES aumentate, nonché sull’indotto gene-rato, a prescindere da un evidente impattoanticongiunturale. Da valutare, nel breveperiodo, eventuali modalità di implemen-tazione della misura con meccanismi per-centuali premiali, ma non obbligatori, ri-spetto all’intervento sul pieno edificio, oltreche con l’allargamento ad interventi ulte-riori come l’installazione di schermaturesolari, la copertura e l’isolamento con tettie/o pareti erbose, tuttora esclusi da ognitipo di incentivo.

La seconda proposta di FINCO riguardal’ecoprestito finalizzato alla possibilità diespandere il margine di efficientamentoenergetico considerato che attualmentesolo il 3-4 per cento degli edifici italianiappartiene a classi energetiche superiorialla C. Il finanziamento, rimborsato in 10anni, sarebbe sostenuto dagli istituti ban-cari cui spetterebbe di portare in detra-zione la perdita derivante dal tasso « 0 »erogato. Auspicabile un ruolo della CassaDepositi e Prestiti a copertura di un Fondodi Garanzia per rassicurare gli istituti ban-cari in questa operazione.

Gli interventi ammissibili, secondo laproposta dell’ecoprestito, sarebbero i se-guenti:

incremento dell’efficienza energeticadelle coperture;

incremento dell’efficienza energeticadelle pavimentazioni;

incremento dell’efficienza energeticadei muri perimetrali;

incremento dell’efficienza energeticadelle finestre e infissi anche con installa-zione di schermature solari;

incremento dell’efficienza energeticadelle chiusure esterne;

installazione di apparecchiature e si-stemi per riscaldamento e produzione dienergia elettrica ed acqua calda, utilizzantifonti rinnovabili o assimilate;

interventi di bonifica ambientale tra-mite la sostituzione delle coperture di ce-mento-amianto.

Questi interventi potrebbero generare,oltre che un incremento delle attività im-prenditoriali connesse, anche un aumentooccupazionale con un chiaro ed immediatoeffetto anticiclico, utile per favorire la ri-presa economica.

Un’ulteriore misura sollecitata da Fincoriguarda il fronte delle energie rinnovabilie dei sistemi di distribuzione del calorecentralizzato nel teleriscaldamento. In par-ticolare, sarebbe opportuno valorizzare lefonti rinnovabili termiche (FER Termiche:Biomasse, Cogenerazione, Geotermia econnessa distribuzione tramite Teleriscal-damento) che, pur avendo un enorme po-tenziale, nel panorama delle rinnovabilisono state effettivamente meno sostenutenegli anni (900 milioni/anno per ContoTermico a fronte dei 12,5 miliardi/annoper le FER elettriche).

3.2. Sindacati.

CGIL e UGL.

La CGIL ha affermato, innanzitutto, chetutti gli incentivi rispetto alle infrastrutturee al rilancio industriale devono essere mi-rati e indirizzati verso la green economy,verso l’innovazione diretta alla difesa esoprattutto al mantenimento dell’ambientein condizioni che garantiscano il futurodelle nuove generazioni.

La green economy coinvolge la gestionedelle acque, la difesa e l’indirizzo di im-pegni programmatici di investimenti, lad-dove il referendum del 2011 ha fornitoindicazioni ben precise sulle quali ci sonoenormi ritardi. È importante indirizzare lerisorse esistenti soprattutto alla difesadella salute e dell’incolumità delle persone.Inoltre, la legge n. 394 del 1991 non haavuto piena applicazione, ma viene rimessain discussione sulla questione della biodi-versità.

La CGIL spinge molto sulla questionerelativa alla riduzione dei contributi cheancor più di ieri vengono erogati per le

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risorse fossili al fine di garantire un am-biente più sano, e per un impegno continuosulle bonifiche dei siti inquinati, perchénon è accettabile che dalla legge n. 257 del1992 ad oggi le bonifiche procedono conrilevanti ritardi e non ci sono interventispecifici che possano accelerarne la rea-lizzazione.

Per quanto riguarda l’uso delle risorsefossili, la CGIL è favorevole a una transi-zione seria, indirizzando gli incentivi so-prattutto verso le rinnovabili e la dismis-sione delle centrali vecchie e inquinanti delPaese.

Secondo la CGIL, la proposta di leggesul contenimento del consumo di suolonon prosegue l’iter perché non si riesce acomprendere come si vogliano realizzaregli interventi sul territorio. Sarebbe neces-sario un indirizzo rispetto alla ristruttu-razione e alla riqualificazione urbana. C’è,infine, il problema dei trasporti.

In conclusione, dunque, CGIL consideranecessario fare uno sforzo maggiore per latutela dell’ambiente per uscire dalla crisicreando occupazione, perché un interventodi bonifica di un sito inquinato o di mi-tigazione dei rischi rispetto alla manuten-zione del territorio ha una ricaduta im-mediata sull’occupazione.

L’UGL ha focalizzato l’attenzione sullanecessità di sviluppare un dibattito perindividuare percorsi concreti, finalizzatialla crescita verde secondo il concettoOCSE, effettiva, socialmente equa, incisivanel combattere la povertà globale, maanche quella silente, sempre più emer-gente nel vecchio continente e nella no-stra Italia.

Per intraprendere nuovi cammini, daun lato, serve adeguata conoscenza perliberare la creatività e supportare idee etecnologie, installando un clima di fiduciache faciliti l’intervento dei regolatori e de-gli investitori: regole chiare, tempi certi,incentivi, contribuzioni, che spingano a in-nescare cicli virtuosi, dall’innovazione al-l’occupazione di qualità, quindi alla pro-duttività, ma anche stabilità, equilibro eco-sistemico. Naturalmente il sistema fun-ziona se ognuno esercita pienamente ilproprio ruolo, partendo dal singolo citta-

dino fino ad arrivare a livelli istituzionali,passando per i corpi intermedi come ilsindacato, gli organismi di rappresentanzadel mondo datoriale, il terzo settore, inuna logica di pubblico-privato.

Le proposte dell’UGL sono in sintesi leseguenti:

adozione di nuovi modelli economicie sociali per educare allo sviluppo soste-nibile, anche con il coinvolgimento dellascuola;

rafforzamento della governance dellapolitica energetica comunitaria;

maggiore attenzione alle particolaricategorie di utenti finali, come imprese disettori strategici e famiglie, a iniziare daquelle inserite nelle fasce deboli;

avvio e potenziamento di programmiformativi, per favorire la creazione dinuova, ulteriore occupazione e la riquali-ficazione professionale del personale giàoccupato;

ridefinizione della rete di distribu-zione dell’energia, propedeutica a un pas-saggio a un sistema di una generazionediffusa;

interventi normativi e regolamentariper ridurre gli ostacoli burocratici e persostenere lo sviluppo delle energie rinno-vabili;

incentivazione al recupero di effi-cienza, risparmio energetico in tutti i set-tori;

miglioramento del mix energetico;

coinvolgimento strategico del territo-rio;

avvio di programmi di informazione esensibilizzazione dei cittadini;

sostegno alla ricerca e all’innovazioneanche attraverso incentivi fiscali ed eco-nomici, per stimolare le sinergie fra pub-blico e privato;

recupero della Strategia energeticanazionale (SEN).

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CISL e UIL.

Secondo la CISL la green economy nondeve esaurirsi in un ragionamento di nic-chia, ma deve intendersi come economiaambientalmente e socialmente più orien-tata, dove i parametri ambiente e lavorodevono costituire gli elementi fondanti delnuovo sviluppo e in cui occorre garantiremaggiore partecipazione dei lavoratori edelle rappresentanze sindacali che non èautomatica nella green economy.

Occorre quindi ridurre l’impatto am-bientale dell’industria tradizionale e darespazio alle nuove industrie, all’industriadelle rinnovabili, ad esempio, ma ancheriportare al centro il lavoro. Per questo laCISL ritiene necessaria una legislazione disostegno ai nuovi diritti ambientali deilavoratori e dei rappresentanti dei lavora-tori: un lavoratore non ha diritto soltantoa difendere il suo reddito, ma anche alfatto che la sua impresa non inquini il suoterritorio e la sua comunità. Quel lavora-tore, quella rappresentanza sindacale de-vono avere il diritto al miglioramento am-bientale continuo. Il fondamento dell’im-presa deve essere una responsabilità so-ciale sul territorio che deve combinarsi conil diritto fondamentale del miglioramentoambientale continuo. Analogamente, biso-gna stabilire la non ricattabilità del lavororispetto a criticità ambientali e, quindi,ragionare anche in termini di cassa inte-grazione verde. Queste questioni non sonofantascienza: sono già il risultato di uncontratto importante, il contratto nazio-nale dei chimici.

Occorre inoltre portare la green eco-nomy nella contrattazione, per esempiointroducendo i parametri ambientali comeelemento fisso del premio di produttività.

Secondo la CISL occorre dare forza alloscenario europeo low carbon al 2050. Loscenario energetico dei prossimi anni èquello della produzione distribuita, dellaproduzione di fonti rinnovabili diversifi-cate, perché questo è un Paese che haanche la geotermia, l’eolico, l’acqua,l’idrico, il sole ecc., nonché quello dell’ef-ficienza energetica degli edifici. In merito

a tale ultima tematica la CISL propone dianticipare di 3 anni le scadenze fissatedall’Europa per arrivare ad edifici a con-sumo di energia quasi zero, in maniera taleche tecnologie, prodotti e innovazioni sisviluppino prima, in modo da costituireuna grande opportunità per superare lasituazione stagnante del settore dell’edili-zia.

Lo stesso vale per la cosiddetta « rot-tamazione » dei quartieri. In questo sensova la proposta di legge sul consumo disuolo. In proposito la CISL afferma cheoccorre certo rendere conveniente ed esi-gibile il meccanismo della rottamazione edella riqualificazione del patrimonio edi-lizio esistente, ma in tal modo si rischia diporre vincoli ambientali alla possibilità dinuove costruzioni e di non creare certezzee convenienze sulla riqualificazione del giàcostruito. Su questo tema quindi la CISL èfavorevole, ma con gradualità.

Sulla fiscalità ambientale la CISL è pie-namente d’accordo, nella misura in cui vaad alleggerire la pressione fiscale sul lavoroe sulle imprese, così come è d’accordo sullacarbon tax. Secondo la CISL tale tassa deveraggruppare alcune tasse che già ci sono(per esempio sui combustibili e sui carbu-ranti) e anche sostituire l’ETS che nonfunziona e non ha mai funzionato. Con lacarbon tax inoltre si potrebbe fare undiverso approccio al post-Kyoto perchéquesta imposta potrebbe essere uno stru-mento contro il dumping sociale e ambien-tale.

La UIL sottolinea come ci sia attual-mente un forte interesse delle categorie deilavoratori alle tematiche della green eco-nomy, dagli agricoltori ai lavoratori edili,che senza l’ecobonus avrebbero avuto pro-babilmente una situazione tragica. Cosìcome sta crescendo un po’ dappertuttol’idea che la nostra economia si salva sulpiano dalla qualità, ma non sul piano delprezzo più basso.

La UIL evidenzia altresì il ruolo chiaveche può avere la pubblica amministrazionesia sul piano degli acquisti verdi, sia suquello della revisione degli immobili (ri-mettere a norma gli edifici più vecchi dellaP.A. determinerebbe un risparmio di 92

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milioni all’anno, detraendo i costi dellaristrutturazione).

La UIL sottolinea quindi l’importanzadella green economy, che si è dimostrataessere l’unica performante in una situa-zione di crisi, che deve essere sostenutacon una adeguata semplificazione norma-tiva da una fiscalità di vantaggio e i cuiinvestimenti dovrebbero essere esclusi daivincoli del Patto di stabilità.

3.3. Associazioni ambientaliste.

Greenpeace e Legambiente.

Il rapporto Energy [R]evolution diGreenpeace, nel sottolineare anzitutto leprofonde trasformazioni degli ultimi anniper il settore dell’energia in Italia e inEuropa, pone l’accento sulla necessità difavorire ulteriormente la rivoluzione ener-getica pulita per contrastare sia la crisieconomica che la crisi climatica, invitandopertanto ad un ripensamento delle strate-gie energetiche a livello globale e nazio-nale.

Nel ritenere che i migliori mezzi adisposizione per ridurre le emissioni emigliorare l’indipendenza e la sicurezzaenergetica dell’Italia siano le fonti rinno-vabili e nuove misure di efficienza ener-getica, lo scenario Energy [R]evolution mo-stra che il Paese sarà in grado di conse-guire una riduzione dei gas climalterantinel lungo periodo molto significativa, pas-sando dalle attuali 7 tonnellate di CO2 perabitante a 0,5 tonnellate per abitante nel2050; favorendo altresì la creazione dinuove figure professionali e posti di lavoro.Il Rapporto sottolinea altresì l’importanteopportunità di fare della decarbonizza-zione dell’economia uno dei pilastri prin-cipali per rinnovare il sistema energetico eper rilanciare la ripresa industriale delpaese.

Nel documento si invita pertanto il Go-verno a dare una spinta alle politichenazionali ed europee per affrontare la que-stione climatica in modo da migliorare lacompetitività interna e assicurare una

maggiore indipendenza energetica dal-l’estero, sottolineando altresì che gli obiet-tivi necessari siano il 45 per cento dienergia finale da fonte rinnovabile e unariduzione delle emissioni di gas serra del55 per cento entro il 2030. Si rileva altresìla necessità di semplificare le procedureamministrative, di dare stabilità e certezzaai meccanismi di incentivazione e di faci-litare l’accesso al credito.

Greenpeace condivide con l’industriadelle rinnovabili una serie di richieste prio-ritarie che la politica dovrebbe implemen-tare per incoraggiare la rivoluzione ener-getica:

eliminare tutti i sussidi, diretti e in-diretti, alle fonti fossili e al nucleare;

internalizzare i costi esterni sociali eambientali della produzione di energia dafonti tradizionali;

imporre severi standard per l’effi-cienza energetica in tutte le apparecchia-ture elettriche gli edifici e i veicoli;

stabilire obiettivi legalmente vinco-lanti per lo sviluppo delle fonti rinnovabilie per la cogenerazione;

garantire la priorità di accesso allarete per gli impianti a fonte rinnovabileper la produzione di energia elettrica;

garantire ritorni sicuri e stabili agliinvestitori, per esempio attraverso mecca-nismi di incentivazione con tariffe « feed-in »;

introdurre e migliorare i sistemi dicertificazione e di etichettatura energeticaper fornire maggiori informazioni sugli im-patti ambientali dei prodotti;

aumentare i fondi destinati alla ri-cerca per le fonti rinnovabili e l’efficienzaenergetica.

Nel rilevare altresì la necessità di qua-dri normativi stabili nel tempo, al fine dipianificare gli investimenti nel settoreenergetico, sia in nuovi impianti che perl’ammodernamento delle infrastrutture, ilrapporto di Greenpeace intende fornirequindi un percorso concreto, economico e

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sostenibile verso la riconversione del si-stema energetico in modo da favorire l’in-dipendenza energetica dell’Italia e affron-tare la sfida dei cambiamenti climatici,seguendo quattro principali linee di indi-rizzo:

1. adottare obiettivi legalmente vin-colanti per la riduzione delle emissioni,l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili;

2. rimuovere le barriere che limitanolo sviluppo delle rinnovabili e di misure diefficienza energetica;

3. implementare politiche efficaci perla transizione verso un futuro energeticopulito e sostenibile;

4. assicurare infine i finanziamentiper attuare la rivoluzione energetica.

Secondo Legambiente la green economynon è uno dei filoni su cui può ripartire ilPaese, in parallelo agli altri filoni tradi-zionali delle strutture produttive italiane.Nella crisi globale si conferma che, soloripensando in questa chiave i settori tra-dizionali, l’Italia potrà avere un futuro. Lagreen economy non è un pezzo di chimicache si associa in parallelo alla chimicatradizionale o qualcosa di innovativo nellasiderurgia: è una chiave per ripensare l’in-tera chimica, la siderurgia, l’edilizia, l’agri-coltura. Se infatti non si immaginanonuove politiche, il rischio è che rimangauna nicchia crescente dentro settori cheentreranno sempre più in crisi. Nell’edili-zia e nella chimica sta succedendo proprioquesto: cresce il pezzo della green economymentre muore o si affievolisce quello tra-dizionale.

Per Legambiente vi sono tre punti fon-damentali:

la legalità; basti pensare a quantofatichino le imprese in particolare al Sudper la pervasiva presenza della criminalitàorganizzata e della sistematica violazionedella legalità;

la fiscalità; occorre uscire da unalogica per cui si parla solo di incentivi, maoccorre ripensare complessivamente la fi-scalità nel nostro Paese proprio a partire

dalle questioni ambientali. Inoltre, occorrespostare il peso della fiscalità sui consumienergetici di risorse, perché è così che siapre uno spazio trasparente alla green eco-nomy. Ci sono sistemi di tassazione daintrodurre rispetto al settore energetico.Legambiente considera molto più efficaceuna carbon tax sulle centrali termoelettri-che, riducendo invece la fiscalità sull’ener-gia sull’esempio di quello che si fa al-l’estero per il trasporto pesante delle mercisu gomma, riducendo la fiscalità sugli au-toveicoli. Per quanto riguarda la tassazionedei beni e dei prodotti, occorre fare inmodo che l’insieme delle tasse sui prodottie sui beni (l’IVA, le accise, l’IMU, la TA-RES) premi i comportamenti virtuosi el’uso efficiente delle risorse. In questomodo si premierebbero le fonti rinnovabilinon attraverso incentivi, ma attraverso ilvantaggio che determina il fatto di nonemettere CO2, analogamente a ciò che èstato fatto per gli abbonamenti dei mezzipubblici;

le fonti rinnovabili e l’efficienza ener-getica in edilizia e nei consumi civili. Sipotrebbero legare i due temi e quindiscegliere per le fonti rinnovabili e perl’innovazione negli usi civili il premio del-l’autoproduzione da fonti rinnovabili edella gestione delle reti elettriche e termi-che con la vendita diretta dell’energia.

Secondo Legambiente l’Italia ha enormipotenzialità nei prossimi anni, se sceglieràla strada della green economy, ma bisognafare in modo che ci siano politiche nuove;per esempio, se si vuole dare un futuro alcomparto manifatturiero, compreso quellosiderurgico e quello più pesante, un inve-stimento che andrebbe fatto è quello dicomprare treni. Si tratta di spingere unsettore produttivo d’eccellenza, che con-templa alcune delle fabbriche di treni piùgrandi in Europa (Ansaldo Breda a Pistoiacome in Calabria o in Emilia-Romagna,fabbriche della Bombardier, della Siemense dell’Alstom) con moltissimi posti di la-voro. Il problema è che, se non si decide dicomprare treni e investire sul trasportopendolare, non si darà mai un futuro a

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quelle fabbriche, che quindi verranno de-localizzate, perché altri Paesi in Europa enel mondo stanno investendo in quelladirezione. L’aspetto paradossale è cheun’impresa come l’Ansaldo Breda oggi vivegrazie ai treni che vende a Miami e nel SudEst asiatico, perché in Italia sostanzial-mente non riesce a vendere treni pendolariin quanto nessuno li compra.

Kyoto Club.

Dopo aver rinviato, per il quadro ge-nerale al Rapporto Greenitaly di Symbola-Unioncamere, in grado di dimostrare comel’economia verde possa essere una solu-zione e una strategia per uscire dalla crisieconomica, il direttore del Kyoto Club sisofferma su due questioni.

La prima questione è la bioeconomia,con riferimento specifico alle bioplastiche.In proposito il Kyoto Club propone diutilizzare il disegno di legge « collegatoambientale » per dare un impulso al set-tore delle bioplastiche e a quello connessoalle bioraffinerie, le quali possono rappre-sentare un potenziale di riconversione delcomparto della chimica in direzioni am-bientalmente sostenibili (si pensi alle isoledi plastica nei mari) e utili anche nellalotta ai cambiamenti climatici.

In proposito il Kyoto Club propone diinserire nel collegato ambientale: la pienaimplementazione del decreto italiano suglishopper; l’impegno a promuovere un mi-glioramento continuo del profilo ambien-tale delle bioplastiche biodegradabili; ini-ziative volte a garantire un’adeguata tuteladei mari e del suolo; il riconoscimento delrifiuto organico come risorsa; la promo-zione del riciclo degli imballaggi e deimateriali di scarto come motore dell’eco-nomia locale; lo sviluppo dei territori e lavalorizzazione delle materie prime locali edegli scarti, sostenendo fenomeni di rein-dustrializzazione e riconversione in bioraf-finerie integrate orientate ai prodotti adalto valore aggiunto; incentivi alla ricercadi nuove tecnologie.

La seconda questione è l’efficienzaenergetica, un tema cruciale sia per il

recepimento della nuova direttiva europea,sia perché con la presidenza italiana del-l’Unione europea l’Italia sarà chiamata asvolgere un ruolo sul cosiddetto Pacchettoclima-energia al 2030.

In relazione al recepimento della diret-tiva il Kyoto club ritiene che esso offral’occasione di attuare un Piano nazionaleper l’efficienza energetica che creerebbediverse centinaia di migliaia di posti lavoroe permetterebbe l’ammodernamento del si-stema Italia. Un ruolo importante da con-siderare nel recepimento dovrebbe poi es-sere l’automazione negli edifici sia pubbliciche privati. Il fatto che l’Italia abbia giàuna filiera completa in tale settore con-sentirebbe di tradurre la spinta in talsettore in un’occasione di crescita del madein Italy.

In relazione al « pacchetto europeo peril 2030 » il Kyoto Club auspica l’assunzionedi obiettivi legalmente vincolanti a livellodell’UE non solo per la riduzione delleemissioni di gas serra, ma anche per l’ef-ficienza energetica e per le energie da fontirinnovabili, perché senza obiettivi vinco-lanti anche per l’efficienza energetica di-venta molto complicato raggiungere gli al-tri target. Incentivando l’efficienza energe-tica e le rinnovabili si evitano emissioni,alternativa preferibile a quella di « seque-strarle ».

COBASE.

COBASE è una organizzazione scienti-fica indipendente accreditata a partecipareal lavoro di varie convenzioni internazio-nali.

Nell’introduzione dell’audizione è statorichiamato il principio della bioeconomia,cui si ispira l’attività di ricerca di COBASE,i cui elementi essenziali sono la dinamicità,la diversità, l’asimmetria, la scarsità dellerisorse e la considerazione che i processinon sono ciclici. Queste caratteristiche di-stinguono la bioeconomia dall’economianeoclassica, basata sull’assunto che le ri-sorse sono infinite ed è possibile, di voltain volta, trovare nuovi equilibri e tornarealla situazione precedente la crisi. L’eco-

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nomia neoclassica è statica, fondata sullapossibilità di riprodurre i processi e ditrovare costantemente un equilibrio attra-verso la variazione delle tre variabili fon-damentali, capitale, lavoro e risorse. Labioeconomia si distingue anche dall’econo-mia verde, presentata come un insieme diattività volte genericamente a salvaguar-dare l’ambiente e a produrre nuovi livellidi occupazione. Esiste, secondo COBASE,una profonda discriminante di natura tec-nico-scientifica per distinguere le attivitàeconomiche che possono far parte dell’eco-nomia verde e quelle che, prendendospunto da un approccio bioeconomico fon-dato sui rendimenti del sistema, sono daconsiderarsi operazioni di pura cosmesi, senon vere e proprie mistificazioni. È statoevidenziato che la caratteristica critica del-l’economia verde è la mancanza di effi-cienza, particolarmente evidente nell’uti-lizzo delle energie rinnovabili.

COBASE ha quindi presentato le se-guenti proposte sull’energia:

riduzione certificata dei consumi;

aumento dell’efficienza energeticanell’industria, nell’agricoltura, nelle abita-zioni e nei trasporti;

miglioramento delle prestazioni ener-getiche e ambientali delle centrali termoe-lettriche e idroelettriche esistenti;

miglioramento delle prestazioni ener-getiche ambientali di tutti i combustibilidisponibili per almeno trent’anni;

costruzione di nuove centrali solo dipiccola taglia e solo per uso locale, previoconsenso partecipato dei cittadini coin-volti;

sviluppo della cogenerazione di elet-tricità e calore;

sviluppo del teleriscaldamento e delteleraffreddamento;

sviluppo della ricerca su idrogeno efusione fredda e sulle tecnologie di trasfe-rimento dell’energia;

uso delle energie rinnovabili solo seviene garantito un rendimento netto cer-

tificato non inferiore al 40 per cento pertrent’anni, previa analisi del rischio am-bientale.

È stato quindi rilevato che le tecnologieper la produzione da fonti rinnovabili nonsono mature per il mercato, in quanto illoro rendimento è infinitesimo. Esse nonhanno alcun impatto né sulla problematicaenergetica, né sulla problematica ambien-tale, in particolare per quanto riguarda laproduzione di CO2 peraltro alimentata dalsilicio industriale utilizzato nella costru-zione dei dispositivi per la produzione dienergia da fonti rinnovabili.

Con riferimento al ciclo produttivo in-terrotto, è stato sottolineato che esso vieneinterrotto perché non esistono fabbriche aenergia alternativa che producano dispo-sitivi a energia alternativa. In sostanza, siusa l’energia tradizionale proveniente dallecentrali termoelettriche per produrre di-spositivi che hanno un rendimento moltopiù basso delle centrali termoelettriche chesono state utilizzate.

Con riferimento agli incentivi, è statoevidenziato che coloro che pagano l’energiatradizionale hanno dovuto pagare molto dipiù per finanziare gli incentivi per la co-struzione di dispositivi a energia rinnova-bile, che influisce nel bilancio globale diproduzione dell’energia solo per l’1,8 percento.

Una delle proposte qualificanti di CO-BASE è la città elettrica. Si tratta di pro-gettare insediamenti umani che imitino gliecosistemi naturali, che permetteranno,con lo sviluppo dell’asimmetria delle strut-ture e degli agglomerati urbani, nonchédell’agricoltura tradizionale locale, di ri-pristinare l’equilibrio di sistemi urbani cri-tici. Nella città sarà consentito solo l’uso dienergia elettrica, che è la produzione di piùalta efficienza finora realizzata. L’energiaviene prodotta fuori dalla città con lacogenerazione e trasportata nella città conil teleriscaldamento e il teleraffredda-mento. L’energia entra nella città solo sottoforma di elettricità, di calore e di freddo,dopo che è stata trasformata. Nella cittànon sarà consentita alcuna combustione.Le attività produttive ad alto impatto am-

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bientale ed energetico saranno fuori dallacittà, mentre saranno consentite attivitàproduttive di piccole dimensioni e a bassoimpatto ambientale ed energetico.

I rifiuti industriali dovranno essere ab-battuti dai produttori. Saranno consentiteattività commerciali e servizi a basso im-patto ambientale e ad alta efficienza ener-getica, certificati.

Agricoltura e biodiversità potranno pe-netrare nella città non separando piùl’agricoltura dalla biodiversità e favorendol’utilizzo di orti sociali e delle serre e conla realizzazione di parchi agro-ecologici. Sitratta di rideterminare intorno alle cittàsituazioni agricole strettamente collegate,che abbiano la caratteristica di realizzareprodotti qualificati, tradizionali e locali edi garantire la salvaguardia della biodiver-sità locale (piante e animali) di fronte allaprospettiva che si determini un’appropria-zione globale di cibi globali, a basso costo,che verranno distribuiti nelle situazionigenerali.

Movimento per la decrescita felice (MDF).

Il Movimento per la decrescita felice hainviato due documenti alle Commissioniriunite, più un allegato tecnico concer-nente i risultati di un’indagine effettuatasui consumi degli edifici pubblici e relativepotenzialità degli interventi di efficienzaenergetica.

Il fulcro dell’appello rivolto dal Movi-mento alle Commissioni è in sostanzaquello della necessità, in un momento dicrisi e di cambiamento epocale come l’at-tuale, di rimettere in discussione dei veri epropri dogmi contemporanei, in primisquello della necessità della crescita conti-nua del Prodotto Interno Lordo. La cre-denza diffusa è quella che l’aumento delPIL comporti necessariamente un aumentodell’occupazione e quindi della domanda edel benessere generale; i dati reali dimo-strano invece che tale automatismo nonesiste. Quello della crescita del PIL sembradiventato l’unico parametro per misurareil nostro benessere, e la felicità sembraessere misurata attraverso la quantità di

cose che possono essere comprate e pos-sedute: occorrerebbe una virata decisadalla quantità alla qualità della produ-zione, attraverso un programma di recu-pero ambientale, economico ed energetico.

È necessario quindi cambiare le prio-rità anche nella definizione delle speseproduttive: ad esempio spese finalizzatetramite project bond alla realizzazionedelle grandi opere anzitutto costituireb-bero un debito a carico delle future gene-razione, poi sarebbero foriere di grandidanni ambientali avendo in genere un im-patto di grande rilievo ed infine creereb-bero poca occupazione perché il flussoeconomico si concentrerebbe su poche im-prese. Diverso sarebbe invece indirizzare lerisorse esistenti verso una serie di piccolicantieri operanti nella realizzazione di la-vori quali l’efficientamento energetico, lebonifiche ambientali, la messa in sicurezzadel territorio: questo tipo di investimentogenera molti posti di lavoro in più ed è unaspesa qualitativamente valida. Nel casospecifico dell’efficientamento energetico(come dimostra anche lo studio contenutonell’allegato 1) occorre anche considerareche le spese si ripagherebbero in un nu-mero relativamente basso di anni attra-verso il conseguito risparmio energetico,liberando quindi nuove risorse per nuoviutilizzi.

3.4 Istituti di ricerca.

Enea.

L’ENEA, per la sua missione, per lacapacità di affrontare problemi complessiin maniera integrata e sistemica e per lasua tradizionale collaborazione con ilmondo delle imprese e dei servizi, si pro-pone tra i principali attori in grado diindirizzare il nostro Paese sui percorsivirtuosi per dare piena attuazione ai prin-cipi della green economy. In proposito, irappresentanti dell’ENEA hanno eviden-ziato che il Presidente Zingaretti ha stipu-lato con l’ENEA un protocollo d’intesa perlo sviluppo della green economy, che mette

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l’ENEA al servizio della regione che ospitai due più importanti centri di ricerca del-l’Agenzia.

Gli investimenti mondiali in ricerca esviluppo rivolti alla green economy rappre-sentano ancora una parte relativamentemodesta del totale di investimenti in ri-cerca e sviluppo, da pochi punti percen-tuali a meno del 15 per cento, ma il trenddegli ultimi anni conferma il rapido au-mento degli stessi. Il programma delle Na-zioni Unite per l’ambiente sostiene che il 2per cento del PIL mondiale annuo da in-vestire fino al 2050 nei settori chiave ba-sterebbe per uscire dalla crisi economica eambientale e per favorire la transizioneverso un’economia verde. Un recente stu-dio commissionato dall’Unione europea hastimato il valore del settore europeo delleecoindustrie pari a 319 miliardi di euro,per un totale di 3,5 milioni di addetti. Unanalogo studio britannico ha stimato ilvalore del settore a livello mondiale in3.800 miliardi di euro nel 2010.

Nel nostro Paese, la percentuale di im-prese che investono in tecnologie ambien-tali è fortemente cresciuta, attestandosiintorno al 57 per cento, quasi raddop-piando nel biennio 2010-2011 sia nellepiccole sia nelle medie imprese.

Tali valori sono positivi, anche se lagrande maggioranza degli investimenti ingreen economy, a livello sia internazionalesia nazionale si distribuisce in manierasignificativa soltanto nei settori della co-siddetta industria ambientale e della pro-duzione sostenibile di energia, mentrepochi investimenti ancora si registranonel settore dell’industria manifatturiera edi altri settori industriali. L’industria ma-nifatturiera è responsabile di circa il 35per cento dell’energia globale impiegata,di oltre il 20 per cento delle emissionimondiali di CO2, di più di un quarto diestrazioni di risorse primarie, di circa il10 per cento della domanda globale diacqua, di circa il 17 per cento dell’in-quinamento atmosferico. Per rendereverde questo settore, bisogna estendere lavita utile dei manufatti attraverso unapiù attenta progettazione che consideri ilricondizionamento e il riciclaggio fasi di

una produzione a ciclo chiuso, in un’ot-tica di riduzione drastica dei rifiuti. Ilriciclaggio di materiali come l’alluminio,per esempio, richiede solo il 5 per centodell’energia richiesta per la produzioneprimaria.

Il passaggio alla green economy im-plica la capacità di innovare non solocicli produttivi e consumi, ma anchecultura e stili di vita tramite lo sviluppoe la messa in pratica dell’ecoinnovazione,che tenga conto del profilo economico edelle dimensioni sociali e ambientalicome componenti imprescindibili dellosviluppo sostenibile.

I rappresentanti dell’ENEA hanno poicitato, infine, anche la messa in sicurezzadel territorio, che, secondo stime delMinistero dell’ambiente, richiederebbe 40miliardi di euro in 20 anni, cioè 2miliardi di euro l’anno, con un ritornoannuale di 6 miliardi di euro l’anno tracosti di emergenze evitati e sviluppo eco-nomico. In conclusione, l’ineludibilità diavviare un processo di innovazione percogliere efficacemente l’opportunità dellagreen economy richiama fortemente l’at-tenzione sul ruolo di una politica diricerca pubblica che integri le compe-tenze, non disperda le risorse umane estrumentali, ottimizzi le disponibilità fi-nanziarie e che perciò sia determinanteper gli investimenti privati.

Il nodo principale della promozionedei settori che si possono definire driverdella cosiddetta green economy è legatoanche alla capacità di offerta tecnologica,dove l’Italia sconta la mancanza quasitotale negli anni passati di un approcciocapace di una più efficace visione inte-grata a livello politico dei processi diinnovazione.

Ambiente Italia.

I rappresentanti di Ambiente Italiahanno esordito evidenziando che la greeneconomy, per trovare in questo Paese unadeguato sviluppo, necessita di alcune pre-condizioni, che sono le stesse di ogni at-tività economica, come ad esempio la le-

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galità, la certezza del diritto, la riformadella burocrazia, l’efficacia e la traspa-renza della pubblica amministrazione.

Diventa necessario definire criteri checonsentano di riconoscere un sistema real-mente improntato alla green economy. Se-condo Ambiente Italia, la green economy:

massimizza l’efficienza in tutte le suedeclinazioni, nella trasformazione dellematerie prime, nell’uso dell’energia, nel-l’uso del suolo, nell’impiego di prodotti eservizi, nell’allocazione di risorse scarse,che si tratti di risorse fisiche, ambientali,economiche, sociali o finanziarie;

sposta l’attenzione dal possesso deibeni all’accesso ai servizi; si tratta di in-vertire una tendenza alla sempre più ra-pida obsolescenza dei prodotti di consumoverso una durata maggiore, sostituendo laproduzione di beni con la fornitura diservizi di manutenzione e riparazione econ forme di accesso a beni condivisi;

investe in tutela del territorio, in in-frastrutturazione diffusa più che in pochegrandi opere, in manutenzione ed effi-cienza dell’impiego di capitale fisso socialeesistente più che nella costruzione di nuoveinfrastrutture;

investe risorse umane nella ricercascientifica e nell’innovazione tecnologica,ma anche in cultura, istruzione e forma-zione;

mette in campo strategie e sceltequanto più possibile reversibili (reversibi-lità negli usi del suolo, ad esempio, maanche nei modelli di sfruttamento dellerisorse (dunque progressivo spostamentosu risorse rinnovabili) e nelle politicheterritoriali; reversibilità delle scelte signi-fica anche adattamento, anzitutto al cam-biamento climatico, ma anche alle mutatecondizioni geopolitiche socio-economicheglobali.

Un’altra questione evidenziata è quelladella misurazione, in quanto il PIL è unindicatore inadeguato a restituire le per-formance e a rappresentare lo sviluppo diun sistema economico, e quindi occorre

definire sistemi e strumenti di rendicon-tazione in grado di rappresentare ade-guatamente gli obiettivi di sostenibilitàambientale ai quali la green economy siispira.

Un ulteriore elemento da considerare èquello della sostenibilità economica. Unprocesso di sviluppo non può essere sta-bilmente e continuativamente alimentatoda incentivi e aiuti, i quali servono a farpartire un sistema che, però, deve poialimentarsi con risorse proprie o, comun-que, essere in grado di mantenere lo svi-luppo senza bisogno di essere continua-mente incentivato.

Un ulteriore problema riguarda la nor-mativa di settore e di tutela dell’ambiente,pensata e sviluppata avendo in mentequella che gli economisti definiscono browneconomy, cioè l’economia dei pochi im-pianti di grandi dimensioni inquinanti con-centrati e via discorrendo. Questo sistema,tradotto in un’economia più diffusa, fatta diinterventi più piccoli, magari reversibili,cioè smontabili, asportabili, che non tra-sformano permanentemente il territorio,rischia di tradursi in una forma di « affati-camento » di tutte le procedure di autoriz-zazione e di gestione della localizzazionedelle attività economiche sul territorio.

Infine, occorre ricostruire una politicaindustriale sulla base di criteri di sostenibi-lità e durabilità delle risorse, occorre rio-rientare verso la green economy anche lapolitica infrastrutturale. Esiste infatti unproblema di manutenzione diffusa del ter-ritorio che, insieme a quello delle città,della riqualificazione delle aree urbane,della costruzione di aree urbane in grado dicomportarsi in modo resiliente nei con-fronti di cambiamenti climatici, ormaiparte dallo scenario di breve e medio ter-mine considerato a livello europeo.

Unioncamere e Symbola.

Unioncamere realizza da alcuni anni,insieme alla fondazione Symbola, un rap-porto sul mondo economico, in particolareper analizzare le misure che le impresepongono in essere per cogliere l’opportu-

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nità di un’economia che renda la sosteni-bilità ambientale, sociale ed economicadella loro attività il punto di competizione.

È stata posta l’attenzione sulla que-stione occupazionale. Secondo l’Eurobaro-metro 2012, le imprese italiane si stannomuovendo con particolare impegno peraccrescere il numero dei green job. Dalleindagini emerge che, da qui al 2014, il 51per cento delle piccole e medie impreseitaliane impiegherà nel proprio organicoalmeno una figura professionale definibilecome un green job. La media europea siattesta invece al 39 per cento delle impresee questo significa che c’è, anche in analisicomparative delle imprese in Europa, unposizionamento delle imprese italiane giàmolto solido su questo versante. Analiz-zando i dati ISTAT delle forze di lavoro,Unioncamere e Symbola hanno quantifi-cato in 3.100.000 le figure degli occupatiitaliani che fanno riferimento a questo tipodi economia, e per il 2013 un quarto delladomanda di figure professionali è ascrivi-bile a professioni verdi.

L’altra questione importante è che,pur essendoci delle concentrazioni nellearee metropolitane e in province concaratteristiche distrettuali, la ristruttura-zione in senso green del nostro sistemaimprenditoriale ha assunto una « perva-sività territoriale » che interessa ancheampie aree del Mezzogiorno. La caratte-ristica della green economy per l’Italia èdata dal fatto che interessa i settorimanifatturieri, quindi la metalmeccanica,l’elettronica, oltre a interessare, natural-mente, l’edilizia, la chimica, settori deiservizi come il turismo. Si parla, quindidi chimici ambientali, di geometri am-bientali, di tecnici del risparmio energe-tico, di ingegneri ambientali, ma anchesempre più di un’attenzione al mondo deiconsumi, con esperti di acquisti verdi,tecnici di impianti di illuminazione so-stenibili, installatori e montatori di mac-chinari di impianti industriali a bassoimpatto energetico, tecnici delle energierinnovabili. Le assunzioni di green jobavvengono poi molto più frequentementeche per gli altri tipi di mestieri con

contratti a tempo indeterminato: 6 as-sunzioni su sono a tempo indeterminato.

Per quanto riguarda il numero di im-prese italiane che investono in prodotti oin tecnologie green, esse sono, dal 2008 al2013, 328, cioè quasi 1 su 4. Di queste,290.000 sono imprese con meno di 50dipendenti (naturalmente, la maggiorparte, più della metà delle medie e dellegrandi imprese, fa questo tipo di investi-mento). Non si tratta, peraltro, solo delmercato energetico, quanto prevalente-mente del mercato proprio dei settori delmade in Italy: della meccanica, dell’alimen-tare, del tessile, dell’abbigliamento, dellecalzature.

Per quanto concerne la misurazionedell’ecoefficienza complessiva del sistemaeconomico, la riduzione delle emissionigassose tra il 2007 e il 2012 è superiore al2,4 per cento ed è dell’1,9 per cento quelladi rifiuti solidi; sono altresì diminuiti irifiuti non gestiti dal ciclo produttivo del2,7 per cento ed è diminuita la quota diconsumi energetici di oltre il 6 per cento.L’ecoefficienza di medio e lungo periodo sista, dunque, confermando molto impor-tante. Anche l’agricoltura sta investendomolto in questo versante, e in 3 anni sonostati enormemente ridotti consumi di ener-gia e di acqua per unità di prodotto.

È stato altresì evidenziato che, se sivolesse quantificare quanto PIL rappre-senta l’insieme delle imprese con la carat-teristica di occupati green, si dovrebbe direche pesano per più di 100 miliardi di eurosul valore aggiunto nazionale; il 10 percento, quindi, del prodotto interno lordo,se escludiamo il sommerso, è di greeneconomy già oggi.

La Fondazione Symbola ha rilevato chein Italia tutti i settori imprenditoriali sonospinti da due forze: una è legata a fareefficienza sui costi, quindi sostenibilità edefficienza servono alle aziende per esserepiù competitive; l’altra è la prevalenza del-l’export perché i mercati esteri, infatti,sono molto più attenti al tema della so-stenibilità.

Nel settore ceramico, ad esempio, quasitutte le aziende oggi hanno certificazione

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LEED, legata al fatto che gran parte delleaziende del settore esporta su mercatiamericani. Oltre all’energia consumata perunità di prodotto, è importante anche lariduzione materica. Nel settore della cera-mica, oggi si registra un’immissione di pro-dotti che, a parità di prestazioni, hannouno spessore tre volte più basso. Questosignifica che, attraverso la tecnologia, siriesce ad avere prestazioni uguali con unariduzione materica, generando quindi ef-ficienza, riduzione di costi e sostenibilità.

Altro tema è quello della specificità delsettore. Quando si parla di green economy,non si parla di qualcosa di uguale per tuttii settori. Nel settore della nautica, ad esem-pio, la specificità è ridurre il peso delleimbarcazioni, quindi il tema è l’efficienzadelle carene o lo smaltimento a fine vitadell’imbarcazione nel settore. Nel cera-mico, è la riduzione materica e il reim-piego – tra l’altro, l’Italia in questo è leader– di tutti gli scarti di produzione. Oggi, laceramica riutilizza il 100 per cento discarti di produzione e anche scarti di altricicli produttivi, mentre nel tessile si im-piegano coloranti di origine vegetale o difibre di origine naturale.

In conclusione è stato ricordato che nelsettore della meccanica, che a livello in-ternazionale sta trainando moltissimo, vi èuna forte esigenza di efficienza. Oggi, gliitaliani stanno vendendo tantissimo al-l’estero perché mediamente le produzioniitaliane consumano dal 20 al 30 per centoin meno.

Prof. Riccardo Pietrabissa (Network per lavalorizzazione della ricerca universitaria).

È stata illustrata la visione del sistemadella ricerca sottolineando che gli ambitiapplicativi della green economy, qualil’agricoltura, l’alimentazione, l’ambiente,l’energia, le materie prime e i rifiuti, de-vono essere integrati in un unico progetto.L’altro ambito d’integrazione è quello del-l’università, del sistema pubblico, della ri-cerca e dell’alta formazione. Il terzo, in-fine, riguarda gli investimenti senza i qualinon è possibile alcun progetto.

Fabio Fava, rappresentante italiano nelComitato bioeconomia di Horizon 2020.

Sono state illustrate le tematiche intro-dotte dal professor Pietrabissa. In partico-lare è stata sottolineata l’importanza diattuare politiche nei settori come l’agricol-tura e le foreste, dove si potrebbe aumen-tare la fertilità, utilizzare le aree incolte,inserire tecniche di coltivazione che pos-sano favorire la produzione di biomassaprimaria. Inoltre è stata sottolineata lanecessità di una gestione più razionaledelle risorse idriche garantendo la purezzadell’acqua e la possibilità che siano utiliz-zate per l’acquacoltura e per la produzionedi energia; ancora è stata evidenziata lanecessità di intervenire al fine di mante-nere il mare in salute e al fine di un suoutilizzo per la produzione di energia ed èstato auspicato un potenziamento dell’in-dustria alimentare e delle bioraffinerie.

CNR.

I rappresentanti di CNR hanno eviden-ziato che, nell’impossibilità di esprimereper conto del CNR un parere su tutti isettori che riguardano la green economy, ilparere è concentrato sulla chimica verde, ogreen chemistry.

Le ragioni di tale focalizzazione sonodue. Anzitutto, l’Italia ha una forte tradi-zione nel settore della chimica, ormai ob-soleta. La chimica è messa un po’ al bandoin quanto considerata fortemente impat-tante, inquinante, ma ci sono molti sitiindustriali che ovviamente sono dismessi oin dismissione, che potrebbero essere pro-ficuamente riutilizzati e impiegati nellagreen economy, e in particolare nella greenchemistry. È stato poi evidenziato come inItalia ci siano eccellenze industriali nelsettore della green chemistry, in particolarenel settore delle bioplastiche e in quello deibiocarburanti di seconda e terza genera-zione, che andrebbero opportunamentesfruttate. In particolare, ci sono impreseche si stanno giocando un po’ il futuro suquesto argomento, ad esempio Mossi&Ghisolfi, Novamont, ENI.

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Quanto alla ricerca, il settore cheriguarda più da vicino il CNR, è eviden-ziata una crescita esponenziale in tutto ilmondo di pubblicazioni scientifiche di-rette proprio verso la green economy ingenerale e, in particolare, verso la chi-mica verde o, più correttamente, verso lebiotecnologie bianche, e cioè quellabranca delle biotecnologie che ha portatonegli ultimi anni fortissimi sviluppi nelladegradazione enzimatica della biomassache è poi ciò che serve nei processiproduttivi: ossia la sostituzione delle ma-terie prime per l’industria petrolchimicacon una materia prima rinnovabile, na-turale, che porta quasi a zero il bilanciodi CO2. È crescente, dunque, lo sviluppodi attività scientifica in tutto il mondo, inparticolare nel mondo occidentale. Sitratta, infatti, forse della nostra unicachance per rimanere competitivi nei con-fronti di Paesi che presentano un’ampiacrescita economica che consente unacompetitività nella produzione di prodotticonsolidati nel tempo. Dal punto di vistascientifico, quindi, il fermento è grande,come testimonia l’imponente crescita delnumero delle pubblicazioni in questo set-tore.

In Italia, ci sono già stati investimentiimportanti. È stato citato l’esempio dellancio di un bando interno nel CNR, perpartecipare a un progetto premiale per ilquale ha ricevuto, incredibilmente, più di400 risposte dai ricercatori, i quali hannochiesto di mettere a disposizione le lorocompetenze perché ritenevano che fosserocongrue e ben inquadrate all’interno dellachimica verde, e quindi della green eco-nomy in generale. L’ente occupa altri spazinella green economy, come tutta la partedelle energie alternative, dei pannelli solarie così via.

Occorrerebbe spingere su nuove vieper formare i ragazzi in tale campo, inmodo che possano essere competitivi coni colleghi europei, per i quali certi ambitisono particolarmente sentiti da tempo.Basti pensare al Nord Europa, alla Ger-mania, ma anche alla Francia, che è unbuon competitor rispetto all’Italia in que-sti settori.

Una formazione, dunque, sarebbe im-portante, ma dal punto di vista occupa-zionale la chimica verde, o comunque lagreen economy in generale, non prevedeoccupazione solo di altissimo livello. Biso-gnerebbe riuscire a rilanciare e a ricrearequei poli chimici che erano veramenteimportanti in Italia, riconvertendoli dalpunto di vista « verde », per inquinare dimeno, produrre materiali innovativi, chequindi hanno un alto valore aggiunto, ri-tornando competitivi sul mercato.

Nelle bioplastiche, ad esempio, l’Italia èmolto competitiva. Il fatto che una dellenostre aziende italiane abbia vinto la garaper fornire il catering alle Olimpiadi diLondra con plastiche biodegradabili signi-fica che la competitività esiste, e quindianche dal punto di vista occupazionalepotrebbero esserci vantaggi. Forse non cre-scerà di molto l’occupazione, ma si salveràquella delle maestranze destinate necessa-riamente ad andare a casa perché le in-dustrie chimiche, così come sono oggi, cer-tamente non sono sostenibili. Il CNR staspingendo una parte importante della ri-cerca completamente verso questo tipo diapproccio green, sicuramente per quantoriguarda la chimica, parte della fisica egran parte dell’ingegneria, che ovviamenteha una parte importante anche per i ri-flessi sul settore dell’edilizia, sull’occupa-zione e sul governo del territorio.

Prof. Angelo Riccaboni, Rettore dell’Uni-versità di Siena (Università coordina-trice per il Mediterraneo del progettodelle Nazioni Unite di una rete per lasostenibilità ambientale).

Il professore ha fatto presente che tresono le questioni su cui occorre lavorareper far sì che ci sia veramente una pre-senza della green economy come driver disviluppo.

In primo luogo è stata evidenziata l’im-portanza dell’incentivazione degli impren-ditori, i quali devono trovare il vantaggioper andare nella direzione green, cioè de-vono trarre giovamento dal vantaggio com-

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petitivo che può derivare dai settori tipicidella green economy. Alcuni esempi sono ladeduzione dell’IRAP dello 0,5 per cento daparte della regione Toscana per le aziendecertificate SA 8000, oppure la previsione diottenere un punteggio positivo nei bandiper chi è certificato o il progetto che coin-volge alcuni istituti di credito e che cerca didefinire in Toscana una sorta di rating disostenibilità.

In secondo luogo è stato rilevato comei consumatori, oggi più che mai, stannoattenti al prezzo.

La terza questione è l’esigenza di unintegrated management, cioè una gestionedell’azienda che sia attenta a questi argo-menti green sia in senso orizzontale, cioènella dimensione economica, sociale e am-bientale, sia in senso verticale, allineandoveramente strategie, piani e comporta-menti.

3.5. Imprese.

Enel e Fondazione Centro Studi Enel.

Secondo Enel la produzione di energiada fonte rinnovabile sta vivendo un veroe proprio boom: nell’ultimo decennio,infatti, è aumentato il suo peso sul mixdi generazione europeo di ben 5 volte.Era il 2 per cento nel 2000 e oggi è circal’11 per cento. Inoltre, ben il 70 percento della nuova capacità costruita inEuropa negli ultimi 10 anni è costituitada fonti rinnovabili, in maniera crescenteda impianti di piccola taglia, distribuiticapillarmente su tutto il territorio. Ven-gono segnalate una serie di tecnologieavanzate a cui ENEL è interessata: traesse, un primo prototipo di accoppia-mento della geotermia con il solare perrendere più efficiente e maggiormenteproduttivo l’impianto geotermico e l’uti-lizzo delle maree e del moto ondoso.

Uno studio condotto dalla Fondazionecentro studi Enel segnala le potenzialità disviluppo della filiera nazionale dell’effi-cienza energetica e come questa abbia unpositivo impatto in termini di crescita del

prodotto interno lordo, di occupazione, dicontenimento delle emissioni degli inqui-nanti, di risparmio energetico e anche dirisparmio economico. Lo studio identificauna serie di barriere allo sviluppo dell’ef-ficienza energetica, di tre natura: barriereculturali, barriere economiche, segnata-mente l’entry level, ovvero l’investimentoiniziale per l’adozione della tecnologia, maanche le problematiche connesse al presi-dio di operatori di mercato, alla non im-mediatezza dei ritorni dell’investimento,barriere normative.

Questi i temi rilevanti evidenziati ai finidi un intervento politico: per primo è statosottolineata la necessità di rivedere il temadella progressività della tariffa anche con-siderando i carichi familiari e reddito;quindi, la necessità di abolire il costo le-gato alla potenza degli impianti e di evitarelo stop and go nell’incentivazione perchérappresenta un grande limite allo sviluppodi qualsiasi filiera e disorienta gli stessiconsumatori; ancora, unificare gli iter au-torizzativi; infine, stimolare uno sviluppoindustriale della manifattura legata allecaldaia e alle valvole.

ENI.

Eni, società integrata nell’energia conimportanti attività nella chimica, è laprima società quotata italiana per capita-lizzazione, presente in 90 Paesi con circa78.000 dipendenti: una grande azienda chepone al centro delle proprie strategie lasostenibilità delle proprie attività e la « cre-scita inclusiva » delle comunità in cuiopera, favorendo la coesione sociale e ter-ritoriale.

Per Eni essere sostenibili significacreare valore per gli stakeholder utiliz-zando le risorse in modo equilibrato, sal-vaguardando le esigenze e le opportunitàdelle generazioni future. La sostenibilitàabbraccia, quindi, tutte le dimensioni del-l’agire di impresa: quella ambientale,quella sociale e quella economica.

In questa prospettiva Eni è impegnataanche nella dimensione internazionale,proponendosi a fianco dei Paesi produttori

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per lo sviluppo dei sistemi energetici localinella lotta alla povertà energetica. I risul-tati ottenuti hanno rafforzato la consape-volezza che è possibile coniugare economiaed ecologia anche nel settore energetico,nell’ottica di uno sviluppo economico so-stenibile a livello globale.

ENI rileva che, come afferma l’AgenziaInternazionale dell’Energia (IEA), per vin-cere la sfida contro i cambiamenti clima-tici occorre puntare su quattro direttricistrategiche: efficienza energetica, riduzionedella generazione elettrica a carbone, ri-duzione delle emissioni di metano e di gasa effetto serra nel settore oil&gas, ridu-zione dei sussidi ai combustibili fossili(fenomeno che interessa soprattutto lecompagnie petrolifere del Medio-Oriente).

Eni concorda con l’IEA su ciascunadelle priorità identificate e ritiene che tuttele fonti energetiche e tutti i settori del-l’economia debbano attivamente parteci-pare al percorso di decarbonizzazione. Nelproprio ambito si è attivata da anni suciascuna delle tre opzioni strategiche sucui ha margine di azione: efficienza ener-getica, promozione del gas naturale nelsettore termoelettrico in luogo del carbonee riduzione delle emissioni di metano.

In generale, Eni condivide gli impegnidell’Unione europea e del Governo italianocirca l’abbattimento delle emissioni di gas-serra e il contenimento degli impatti deicambiamenti climatici; al contempo, ri-tiene che tali iniziative debbano limitare almassimo l’insorgenza di differenziali dicompetitività industriale rispetto ai con-correnti globali, evitando che impegni uni-laterali finiscano per premiare i sistemiproduttivi a maggiore impatto ambientale.

Eni crede in un futuro energetico in cuile fonti rinnovabili occuperanno un ruolofondamentale: questo obiettivo richiede,tuttavia, ingenti investimenti per superarequei limiti tecnici (densità energetica, in-termittenza e, in larga misura, stoccaggio)e di costo economico che oggi le rendonoancora poco significative nei consumimondiali di energia.

In questa prospettiva, Eni è favorevolea un quadro regolatorio e normativo, inmateria di clima ed energia, che garantisca

la stabilità degli investimenti e una mag-giore flessibilità nella scelta delle tecnolo-gie più adeguate per l’abbattimento delleemissioni di gas-serra.

Parallelamente agli obiettivi climatici,Eni auspica che il dibattito sulle politicheenergetiche porti una sempre maggiore at-tenzione agli altri temi rilevanti, quali lacompetitività e la sicurezza degli approv-vigionamenti.

L’efficienza energetica, un energy mixadeguato e sostenibile, e forti investimentiin ricerca e innovazione sono, dunque, ipilastri di un’equilibrata ed effettiva tra-sformazione del sistema energetico al ser-vizio di un’economia low carbon.

Eni condivide il principio, ormai rico-nosciuto dai maggiori operatori del settore,secondo cui l’efficienza energetica rappre-senta lo strumento più conveniente ed im-mediatamente disponibile per migliorare lacompetitività, attraverso l’abbattimento deicosti energetici, e per contenere gli impattiambientali derivanti dall’uso delle fontifossili.

In questo quadro il gas naturale è larisorsa energetica più pulita tra le fontifossili; inoltre è conveniente, affidabile eabbondante. In particolare, il gas natu-rale può consentire di raggiungere gliobiettivi europei e globali di conteni-mento delle emissioni in tutti i settoridell’economia.

Rispetto al settore termoelettrico, l’usodel gas naturale consente, a parità di ener-gia prodotta, di emettere la metà delleemissioni di gas-serra rispetto al carbone edi ridurre le emissioni di altri dannosiinquinanti come l’arsenico, le polveri sot-tili, le emissioni di SOx e NOx10.

L’Italia ha una consolidata leadershiprelativamente all’utilizzo del gas naturalecompresso (CNG) per il trasporto sugomma. La diffusione di questa tecnologiamatura, così come lo sviluppo del gasnaturale liquefatto (GNL), può contribuireconcretamente a ridurre le emissioni diCO2 e di SOx, mitigando quindi gli impattisul clima e migliorando la qualità dell’aria.

Oltre al contributo che potrà derivareda un equilibrato mix energetico e dall’usoefficiente delle risorse disponibili, l’evolu-

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zione del sistema economico in senso sem-pre più sostenibile passa attraverso l’inno-vazione dei processi e l’introduzione diprodotti e materiali a sempre più bassoimpatto ambientale.

Altro tema evidenziato riguarda la CCS(cattura e stoccaggio geologico dell’anidridecarbonica) che rappresenta una delle op-zioni per vincere la sfida dei cambiamenticlimatici. Nell’Unione europea (e in Italia)esiste un quadro regolatorio ben definito inmateria ma, al momento, lo sviluppo di taletecnologia su scala commerciale è impeditodai costi ancora elevati di realizzazione, chenon reggono il confronto con gli attualivalori bassi delle quote nel sistema Emis-sion Trading europeo.

L’adozione del Green Procurement con-sente di integrare i criteri ambientali intutte le fasi del processo di acquisto eincoraggia la scelta di prodotti e servizi chehanno il minor impatto possibile sull’am-biente durante l’intero ciclo di vita.

Le iniziative di « ecolabeling » di analisidel ciclo di vita dei prodotti costituisconouno strumento di valutazione secondo cri-teri di sostenibilità ambientale.

Eni, attraverso Versalis, azienda chimicadi cui detiene il controllo, punta sullo svi-luppo della chimica da feedstock rinnovabiliintegrato con la chimica tradizionale, percogliere il grande potenziale della « chimicaverde ». Eni persegue un duplice obiettivodi lungo termine: 1) diversificare, offrendoprodotti a basso impatto ambientale inPaesi in forte crescita, in particolare nelSud-Est Asiatico; 2) sviluppare la chimicada materie prime rinnovabili, anche riqua-lificando siti industriali non più competi-tivi, garantendo così occupazione di qualitàe sviluppo di un nuovo indotto con filiereproduttive integrate con il territorio.

Sul piano delle scelte concrete da porrein essere da parte delle istituzioni pubbli-che, Eni ritiene fondamentale:

1. una visione strategica d’insiemefondata su un equilibrato bilanciamento frai diversi obiettivi di carattere generale (am-biente, sviluppo, occupazione, competiti-vità, modernizzazione, qualità della vita)che consenta lo sviluppo di un modelloindustriale « a sostenibilità reciproca »;

2. un effettivo coordinamento tra laStrategia Energetica Nazionale (SEN), ilProgramma nazionale di politica indu-striale (previsto dal ddl collegato alla leggedi stabilità), la Strategia nazionale per losviluppo sostenibile (prevista dal CodiceAmbientale) e il Piano nazionale di azioneper l’efficienza energetica.

Un equilibrato bilanciamento tra i di-versi obiettivi in gioco sarà possibile soloattraverso scelte metodologiche che preve-dano altresì:

un costante allineamento della legi-slazione nazionale in materia ambientaleal quadro comunitario di riferimento, an-che nel rispetto del divieto di gold platingvigente nel nostro ordinamento, ma troppospesso disatteso;

l’attuazione di una politica energeti-ca/industriale sostenibile, dunque direttivedi governo del territorio chiare che con-sentano di articolare misure di tutela am-bientale razionali e traguardabili nei di-versi settori impattanti;

la riattribuzione allo Stato della com-petenza esclusiva in materia di « energia »,che darebbe un contributo rilevante allaripresa economica del nostro Paese. Comeda più parti riconosciuto, infatti, la sceltadi inserire anche l’energia tra le materie alegislazione concorrente non si è rivelatadel tutto funzionale allo sviluppo di poli-tiche energetiche determinanti per il recu-pero della competitività. La sovrapposi-zione di piani energetici e normative re-gionali non coordinati a un livello supe-riore ha, di fatto, reso difficile definire unaprogrammazione organica di una materiadi rilevante interesse strategico nazionale;

la semplificazione degli iter ammini-strativi, anche nell’ottica di una migliorefinanziabilità dei progetti innovativi. Si ri-tiene, infatti, indispensabile garantire agliinvestitori, sia nazionali che stranieri, ul-teriori semplificazioni procedurali ma, so-prattutto, il rispetto delle norme già vi-genti. Solo in questo modo potranno essereriattivati gli investimenti, innescate impor-

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tanti ricadute occupazionali, migliorate lefinanze pubbliche.

Sotto un profilo più operativo sono,inoltre, giudicate necessarie:

l’adozione di misure che favoriscanole riconversioni industriali, anche preve-dendo procedure agevolate per la valoriz-zazione dei brownfield e incentivando ini-ziative che ottimizzino l’integrazione con ilterritorio;

la promozione di una efficace politicadi ottimizzazione delle risorse, attraversol’utilizzo dei « sottoprodotti » e l’incre-mento delle attività di riuso e riciclo, checonsentirebbe un progressivo allineamentoall’obiettivo comunitario prioritario dellaprevenzione della produzione dei rifiuti. Atal fine, in presenza di un quadro norma-tivo definito ed efficace, è necessario im-plementare un adeguato aggiornamentoformativo degli enti preposti al rilasciodelle autorizzazioni e al controllo dellecomunità locali e, più in generale, di tuttigli attori coinvolti sul territorio;

la razionalizzazione degli schemid’incentivazione delle fonti rinnovabili invigore, con l’introduzione di un sistema diremunerazione della flessibilità degli im-pianti termoelettrici per bilanciare l’inter-mittenza delle rinnovabili stesse e, al con-tempo, lo sviluppo di un piano di incen-tivazione per le tecnologie innovative low-carbon ancora immature, dal punto di vistadella capacità, per sostenersi autonoma-mente sul mercato;

l’individuazione di forme di incenti-vazione allo sviluppo di nuovi prodottirinnovabili. Ogni strumento normativo chemiri a quantificare e certificare il grado dirinnovabilità e di vantaggio per la collet-tività in termini di ciclo vita (life cycleassessment) di tali prodotti è determinanteper consentirne la diffusione e l’equo con-fronto con quelli che, invece, mostranominori vantaggi, anche se compensati daun minor prezzo.

Novamont.

Novamont è una realtà di innovazioneche lavora sull’uso delle materie primerinnovabili con l’utilizzo di tecnologie chi-miche e ha sviluppato il Mater-Bi, il primotipo di prodotto di bioplastiche. L’oggettodell’attività di Novamont è lo sviluppo diprodotti a basso impatto tramite l’utiliz-zazione di siti deindustrializzati, la valo-rizzazione della biodiversità locale, ossiamaterie prime e scarti locali, e di tecno-logie in continuo avanzamento. Lo scopo èquello di creare filiere corte che permet-tano non solo di fare della bioraffineriaintegrata un’area dove si produce mate-riale per le bioplastiche, ma anche, conuna continua integrazione, di far emergerenuovi tipi di applicazioni. Sono statequindi illustrate le tipologie di tecnologiemesse a punto da Novamont: i prodotti abase di amido, i poliesteri, il butandiolo dafonte rinnovabile.

È stata inoltre rimarcata l’importanzadelle disposizioni normative sui rifiuti or-ganici del 2006,che hanno definito unavolta per tutte un compost di qualità, sta-bilendo che il compost non può essere fattoda raccolta indifferenziata, ma da raccoltadifferenziata, e che deve essere raccolto inmodo corretto, senza plastiche tradizionali,eventualmente con carta oppure con pro-dotti biodegradabili. Ha dunque sottoli-neato che da questa legge è nata in Italiauna grande crescita dell’organico (dai 2,6milioni del 2006 ai 5 milioni di oggi).

Una parte significativa dell’audizione èstata incentrata sulle considerazioni in me-rito al rifiuto organico, in particolare nel-l’individuazione degli inquinanti all’internodell’organico stesso, ossia degli shopper, isacchetti di frutta e verdura, che vanno ainquinare un rifiuto che in realtà dagrande risorsa crea costi elevati.

Novamont ha sviluppato un modelloitaliano per la raccolta differenziata che inquesto momento sta giocando un ruoloimportante e si sta confrontando con laGermania. La dott.ssa Bastioli ha ricordatoche la Germania è prima a livello europeonella raccolta differenziata dell’umido, ma

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dove raccoglie in modo differenziato l’or-ganico, ha una percentuale di organico nelresto del rifiuto molto elevata. Il modellodi raccolta differenziata italiana, invece,permette con questo sistema di avere unaqualità dell’organico molto buona, ma an-che di avere nel resto del rifiuto, cioè in ciòche va a discarica, oppure che viene trat-tato in altro modo, una piccola quantità diorganico.

Attraverso la combinazione virtuosa diplastiche biodegradabili, laddove c’è uninquinamento da parte di plastiche tradi-zionali del rifiuto organico, andando aindividuare una serie di applicazioni moltospecifiche, è possibile immaginare di avereun compost di qualità molto migliore, unresto del rifiuto più facilmente riciclabile etrattabile e uno sviluppo virtuoso dibioeconomia. Questa è una tecnologia cheva a risolvere un problema ambientalespecifico, creando una filiera importante dinotevole dimensione.

I vantaggi apportati da questa tecnolo-gia sono così individuati:

circa un miliardo di euro di investi-menti privati in impianti;

tre primi impianti al mondo con tec-nologia interamente italiana in questi set-tori, che hanno ricadute non soltanto nellebioplastiche, ma anche nel campo dei bio-lubrificanti, della cosmesi e in tantissimialtri settori;

filiere agricole dedicate, che stannostudiando e sviluppando localmente, col-legate direttamente alle bioraffinerie inte-grate, attività di sviluppo sul territorio;

fenomeni di reindustrializzazione cheoccupano sei siti, tenendo conto che lachimica tradizionale delle commodity, inItalia, così come in Europa, non ha piùsviluppo;

la partenza di un cluster della chi-mica verde che mette insieme le compe-tenze migliori del Paese e i centri di ricercapiù importanti d’Italia.

Infine è stato evidenziata la criticitàrappresentata dal fatto che oggi il 70 per

cento degli shopper che girano in Italia nonè biodegradabile. Al riguardo è stata au-spicata una presa di posizione chiara sul-l’applicazione delle leggi in materia.

KiteGen.

KiteGen è titolare di una tecnologianuova, che intende sfruttare i venti tropo-sferici. Il progetto base ha svolto quasidieci anni di ricerca e adesso è a un livellodi industrializzazione. Questa tecnologiapromette di abbassare molto il costo del-l’energia: 10 euro a megawattora, contro i200-600 euro a megawattora del fotovol-taico, i 90-160 euro dell’eolico, i 60 euro amegawattora del carbone e i 90 euro amegawattora del nucleare.

KiteGen ha vinto almeno una ventina dibandi italiani, dal FIT (Fondo innovazionetecnologica) per l’energia, al digitale, aiPOR, ai PNR, a Industria 2015, per untotale di progetto di 78 milioni ma, per varimotivi, KiteGen non ha mai potuto goderedi un supporto italiano su questo progetto,che è stato condotto soprattutto con fondieuropei.

Attualmente KiteGen è impegnata conl’Alcoa in Arabia Saudita, dove andrà adinstallare le centrali, anziché in Italia, doveperaltro l’azienda vorrebbe restare.

Il giacimento di energia pulita a bassocosto è sempre esistito e si dispiega su dinoi sotto forma di immense quantità dienergia solare trasformata in nobile ener-gia meccanica mediante il più grande pan-nello solare a nostra disposizione, l’atmo-sfera terrestre, un pannello che può esseredefinito fotocinetico, anziché fotovoltaico,sempre pronto all’uso e manutenuto gra-tuitamente dalla natura. La rivista NatureClimate Change, nel settembre 2012, sti-mava la potenza estraibile dal vento tro-posferico senza apprezzabili modifiche cli-matologiche in valori prossimi a 1.800 te-rawattora, ovvero più di cento volte, intermini di flusso energetico, l’attuale fab-bisogno di energia primaria dell’interaumanità, stimato in circa 16-18 terawatt.Sulla sola Italia fluisce una potenza totaleintorno ai 100 terawatt. Ipotizzando di

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riuscire a estrarre e rendere disponibile incontinuo anche solo lo 0,1 per cento, ov-vero 100 gigawatt, da tale giacimento,l’energia ottenibile corrisponderebbe a ol-tre 800 terawattora all’anno, valore equi-valente a una produzione netta di ric-chezza endogena stimabile in 60 miliardidi euro l’anno, una ricchezza paragonabilealla bolletta energetica italiana.

Il recente sviluppo di tecnologie per losfruttamento del giacimento eolico di altaquota, come i materiali polimerici ultra-resistenti, le tecnologie dei compositi e lariduzione del costo del supercalcolo paral-lelo, ha consentito di sviluppare un ampioinsieme di brevetti sul concetto KiteGeneolico ad alta quota e di avviare lo sviluppoindustriale di questa tecnologia, che con-sentirà di sfruttare l’immenso giacimento,fornendo finalmente l’energia pulita e abasso costo.

KiteGen chiede l’istituzione di unaCommissione tecnica per il riconosci-mento, quale fonte rinnovabile di impor-tanza strategica, del vento troposferico edelle tecnologie completamente italianeche ne abilitano lo sfruttamento, mettendoqueste in condizioni di parità con le altrefonti energetiche rinnovabili.

Tesla Italia Mobilità Green.

L’obiettivo dichiarato di Tesla a livellomondiale è quello di accelerare la transi-zione verso la mobilità elettrica che diverràla maggiore produzione nel settore auto-motive.

La tecnologia che Tesla utilizza è legataall’infrastruttura di ricarica. Nel sottoli-neare l’importanza di fornire al clienteun’infrastruttura di ricarica che permettadi ricaricare la macchina nel minor tempopossibile, ha sottolineato la difficoltà direalizzare tale obiettivo con le strutture diricarica presenti sul territorio italiano; ciòrischia conseguentemente di tradursi nellarinuncia all’acquisto da parte dell’acqui-rente italiano, potenzialmente interessato aquesto veicolo.

Al riguardo Tesla ha iniziato l’installa-zione dei supercharger, che sono dei di-

spositivi importanti anche dal punto divista della potenza disponibile e dal puntodi vista tecnico. Sono dispositivi a 120chilowatt che permettono di ricaricarel’auto Model S, prodotta da Tesla, in circacinquanta minuti.

Con riferimento alle norme in vigorenegli altri Paesi, è stato segnalato che inCalifornia è stato varato un Piano di in-centivazione estremamente importante le-gato allo sviluppo della mobilità sosteni-bile. Lo Stato californiano si è mosso, dauna parte, con un incentivo d’acquisto,variabile da 7.000 a circa 12.000 dollariper l’acquisto dell’auto, dall’altra, con unPiano infrastrutturale estremamente im-portante, che prevede l’installazione dipunti di ricarica praticamente ovunque. InNorvegia, invece, il riferimento principaledal punto di vista dell’incentivazione èrappresentato dalla detassazione dell’autoelettrica.

È stata sottolineata l’opportunità di unariflessione sulla mancanza in Italia di unprogramma specifico di sviluppo e di in-centivazione all’acquisto di veicoli elettrici,di una regolamentazione precisa sulla ge-stione del parco circolante dei veicoli elet-trici e, soprattutto di una rete infrastrut-turale di supporto che permetta anchepsicologicamente al potenziale acquirentedi avvicinarsi a questo tipo di prodotti. Èstato quindi specificato che Tesla vedecome priorità una regolamentazione legataal parco circolante dei veicoli elettrici. Purnon considerando gli incentivi come lachiave di volta dal punto di vista econo-mico, essi sono un segnale molto impor-tante, perché è rassicurante per il poten-ziale acquirente osservare il Governo e leIstituzioni che investono in quella dire-zione.

È stato infine positivamente sottolineatoil fatto che ENEL abbia un Piano moltoambizioso per lo sviluppo di infrastrutturedi ricarica in Italia per quest’anno e per ilprossimo; Tesla formalizzerà una partner-ship con Enel, una collaborazione, attra-verso la quale comunicare al mercato chele strutture Enel sono compatibili con lemacchine Tesla, e viceversa. In conclusioneè stata sottolineata l’importanza della co-

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municazione ed enunciata l’intenzione diimplementare un Piano di comunicazionecon una serie di eventi in giro per l’Italia,per illustrare al mercato che il fornitore dienergia e il produttore di automobili viag-giano nella stessa direzione.

ANIDA.

ANIDA (Associazione nazionale impresedifesa ambiente), ha presentato le attivitàdell’associazione che riunisce le imprese digestione dei servizi ambientali, le impreseche costruiscono e gestiscono impianti ditrattamento, recupero e smaltimento dirifiuti e, infine, le imprese che costruisconoe gestiscono impianti tecnologici per ilciclo integrato delle acque.

È stato, innanzitutto sottolineato comeun’indagine sulla green economy consentadi fornire suggerimenti in merito alle po-litiche fiscali e alle agevolazioni che inte-ressano queste aziende.

La prima considerazione è che nonesiste una società a rifiuti zero: si puòintervenire, soprattutto dal punto di vistatecnologico, per produrne di meno. ANIDAsi dichiara contraria allo smaltimento indiscarica e auspica che possano essereintrodotte nel prossimo futuro misure pe-nalizzanti per tale modalità; si dichiarainvece favorevole alla termovalorizzazionenel rispetto dei limiti più severi alle emis-sioni che esistono in Europa. La termova-lorizzazione dei rifiuti e l’utilizzo del com-bustibile derivato dai rifiuti incontranotuttora forti ostacoli in relazione ai possi-bili e teorici danni per la salute e l’am-biente, prescindendo molto spesso dallegaranzie tecnologiche e di sicurezza cheaccompagnano questi impianti. Ha auspi-cato che la moratoria circa la realizzazionedi inceneritori, prevista all’articolo 19 deldisegno di legge collegato alla legge distabilità 2014 (collegato ambientale), duri ilminore tempo possibile in modo da averequanto prima una rete nazionale integratae adeguata di impianti di incenerimento dirifiuti urbani, contribuendo così allo svi-luppo del settore.

Sono state evidenziate altresì le persi-stenti difficoltà di utilizzo del SISTRI sol-lecitando una semplificazione della nor-mativa secondo i principi basilari delledirettive comunitarie e le norme dei prin-cipali Paesi europei.

Con riferimento alle bonifiche, ha con-diviso l’impostazione decreto DestinazioneItalia (n. 145/2013), che ha previsto la sti-pula di accordi di programma con uno opiù proprietari di aree contaminate o conaltri soggetti interessati. Gli accordi sonofinalizzati ad attuare progetti integrati dimessa in sicurezza (o di bonifica) e diriconversione industriale e sviluppo eco-nomico in siti di interesse nazionale. Siritiene che questa impostazione possa rap-presentare una traccia da sviluppare anchea livello privatistico. In alcune aree gliAccordi di programma potrebbero pre-starsi ed essere utilizzati purché vi sianointeressi e convenienze alla reindustrializ-zazione dell’area bonificata. Ha sottoli-neato infine che in alcune aree si puòricorrere alla procedura semplificata se-condo la quale l’operatore interessato puòeffettuare a proprie spese interventi dibonifica utilizzando poi l’area bonificataper gli usi legittimi.

Fater Spa.

È stata presentata alle commissioni lastrategia di sostenibilità e il profilo azien-dale di Fater Spa, azienda leader in Italianella produzione e commercializzazionedei pannolini per bambini Pampers, degliassorbenti femminili Lines e dei prodottiper l’incontinenza Linidor. Dal 2013l’azienda ha acquisito il business della can-deggina ACE. Fondata nel 1958 dal GruppoAngelini, è dal 1992 una joint ventureparitetica fra il gruppo fondatore e laProcter&Gamble, con sede a Pescara.

Fater ha sviluppato per prima in Italia imercati del pannolino (1963) e degli assor-benti femminili (1965). Impiega diretta-mente 1021 dipendenti e circa 1.000 per-sone nell’indotto. Ha circa 1 miliardo dieuro di fatturato; investe 3,5 milioni di eurol’anno investiti in dati e ricerche sui consu-

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matori; ha quattro stabilimenti di produ-zione: Pescara, Campochiaro (CB), Porto(Portogallo) Mohammedia (Marocco).

Fater Spa ha da alcuni anni orientato lesue attività ad una sostenibilità fondata supilastri tematici: ambientale, sociale, di in-novazione e culturale.

Il pilastro ambientale comprende i pro-cessi logistico-produttivi, iniziative per ot-timizzare l’uso delle risorse, progetti diefficienza energetica, la promozione diforme di mobilità sostenibile.

Negli ultimi sei anni ha ridotto del 6 percento il consumo di metano per unità diprodotto e del 5 per cento il consumo perunità di prodotto di energia elettrica inambito logistico, Fater ha eliminato dallestrade 6.580 camion negli ultimi anni, ri-sparmiando così l’equivalente di 4.500.000km percorsi grazie allo studio di modalitàpiù efficienti di carico dei camion e attra-verso l’utilizzo del trasporto via nave peralcune destinazioni. Ha avviato un progettodi mobilità sostenibile dotandosi di mezzielettrici per coprire i percorsi urbani ef-fettuati dai dipendenti per motivi di lavoro;ha realizzato un impianto di cogenerazionealimentato tramite olio vegetale sostenibileper soddisfare le necessità energetichedello stabilimento produttivo di Pescara.

Nel pilastro sociale confluiscono le at-tività di responsabilità sociale e ambientalee i sistemi di qualità e sicurezza. Fra iprogetti più recenti:

la riqualificazione della Pineta Dan-nunziana a Pescara e il contributo allarealizzazione del Ponte Ciclo-Pedonale permigliorare la fruizione della città;

il finanziamento per la costruzione diun sistema di piste ciclabili a Pescara, incollaborazione con la Provincia;

attività di formazione sui temi am-bientali e della sicurezza sul lavoro versole circa 200 aziende con le quali collabora.

Il pilastro Innovazione comprende leiniziative di prodotto e packaging, il recu-pero dei rifiuti industriali, il ciclo di vitadei prodotti, le attività con il commercio.L’azienda ha ridotto negli ultimi sette anni

il peso dei pannoloni per incontinenza del19 per cento; Pampers negli ultimi 20 anniha ridotto il peso dei pannolini del 45 percento e la dimensione del packaging del 68per cento.

Per quanto riguarda invece la valoriz-zazione dei rifiuti, Fater avvia a recuperoil 100 per cento dei rifiuti industriali dellostabilimento di Pescara. Relativamente allaminimizzazione del post uso dei prodottiassorbenti per la persona, Fater ha ideatoil primo sistema sperimentale in Italia diraccolta e riciclo dei pannolini per bam-bini, assorbenti femminili e prodotti perl’incontinenza usati, di tutte le marche, checonsente di eliminare tali prodotti dallediscariche trasformandoli in nuove materieprime utilizzabili in differenti processiproduttivi.

Il pilastro Culturale opera infine sul-l’incentivazione dei comportamenti soste-nibili e sul monitoraggio e miglioramentocostante delle performance ambientali rag-giunte.

In tal senso, Fater ha avviato una seriedi progetti quali l’implementazione di unsistema di scorecard che coinvolge i singolidipartimenti aziendali ed è esteso anche aipartner di business. L’obiettivo è monito-rare i risultati raggiunti in termini di ef-ficienze ambientali e fornire supporto aifornitori per sviluppare progetti che pos-sano orientare maggiormente alla sosteni-bilità l’intera filiera produttiva, logistica ecommerciale. Parallelamente al progetto difinanziamento delle piste ciclabili, Fater haofferto a tutti i dipendenti la possibilità diacquistare a prezzi vantaggiosi biciclette apedalata assistita per i propri spostamentiin città. Il contributo aziendale copre finoal 70 per cento del costo di acquisto dellebiciclette.

Gruppo Mossi&Ghisolfi.

Nell’audizione è stato affermato che ilfuturo della chimica europea è nella bio-chimica; l’auspicio è un più diffuso uti-lizzo, nell’immediato, di etanolo di secondagenerazione, in miscela con la benzina;successivamente si arriverà alla sostitu-

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zione dei prodotti petrolchimici con i pro-dotti biochimici.

Mossi&Ghisolfi sottolinea che i biocar-buranti, bioetanolo e biodiesel, si sonoaffermati da tempo come unica soluzionecredibile per raggiungere gli obiettivi fissatiper i trasporti. Tuttavia, solo i biocarbu-ranti rispettosi di severi criteri di sosteni-bilità possono essere conteggiati ai fini delrispetto degli obblighi ambientali e talicriteri diventano progressivamente semprepiù stringenti. È per questo che si è cercatonegli ultimi anni di sviluppare i cosiddettibiocarburanti avanzati (o di seconda ge-nerazione), più virtuosi dal punto di vistaambientale e più sostenibili, che non uti-lizzano materie prime in conflitto con lacatena alimentare e che consentono dra-stiche riduzioni delle emissioni di gas cli-malteranti.

I biocarburanti rispondono anche allacrescente esigenza di individuare alterna-tive ai tradizionali carburanti fossili per iltrasporto, ottenuti da materie prime co-stose e necessariamente di importazione,stante la penuria di materie prime fossili inEuropa, compreso il nostro Paese, in cui lacapacità estrattiva è di gran lunga inferiorealla domanda (più di 10 volte).

L’esperienza del Gruppo Mossi Ghisolfi,multinazionale italiana della chimica pre-sente in cinque Paesi nel mondo (Italia,Stati Uniti, Brasile, Cina ed India), graziea poderosi investimenti in Ricerca e Svi-luppo (circa 250 milioni di euro), ha messoa punto una esclusiva piattaforma tecno-logica che consente di ottenere biocarbu-ranti e numerosi intermedi chimici a par-tire da biomasse lignocellulosiche non ali-mentari. La tecnologia si è dimostrata va-lida su scala industriale, con uninvestimento di oltre 150 milioni di euro,nello stabilimento di Crescentino (Vercelli),primo impianto al mondo per la produ-zione di bioetanolo avanzato, con una ca-pacità installata di 50 milioni di litri al-l’anno ed in grado di convertire residuiagricoli e colture non alimentari (ad esem-pio, la canna comune). L’impianto di Cre-scentino riutilizza i sottoprodotti della tra-sformazione per alimentare una caldaia da13 MW in grado di soddisfare le esigenze

energetiche dell’impianto. Il bioetanoloprodotto consente di risparmiare oltre l’85per cento delle emissioni rispetto alla ben-zina, sulla base del bilancio eseguito sututto il ciclo (coltivazione della biomassa,trasporto, processo di produzione del bio-carburante).

Con la stessa tecnologia nel prossimofuturo si sarà in grado di produrre, apartire dalle stesse biomasse, non solobioetanolo ma anche tutta una serie diprodotti (bio)chimici secondo lo schemadella bioraffineria e cioè secondo loschema che prevede di generare una mol-teplicità di prodotti dalla stessa materiaprima. Il tutto in una logica di valorizza-zione dell’intera filiera, che va dal campoal prodotto, e di rispetto per l’ambiente,creando opportunità di reddito integrativoper il mondo agricolo grazie all’utilizzo diresidui o di terreni abbandonati.

La realizzazione delle bioraffinerie fa-vorirà quindi lo sviluppo della cosiddettaChimica Verde, alternativa ma comple-mentare alla tradizionale petrolchimica, ecioè una chimica da biomasse non alimen-tari. Ciò consentirà il rilancio della chimicanazionale, oggi in grave sofferenza, a causasia dei crescenti costi delle materie primeche della maturità delle tecnologie utiliz-zate.

Le ricadute positive sul sistema Paesesono molteplici:

possibilità di affrancarsi anche par-zialmente dall’import di greggio, con unastima di almeno il 25 per cento di ridu-zione della spesa dell’import energetico le-gato ai trasporti entro il 2030;

creazione di una filiera agroindu-striale che possa rilanciare contempora-neamente sia il comparto agricolo chequello industriale nazionale, con l’oppor-tunità di riconvertire poli chimici in crisida anni e con la prospettiva di un mercatoeuropeo del valore stimato al 2020 di oltre200 miliardi di euro all’anno;

creazione di nuova occupazione qua-lificata lungo tutta la filiera su processi eprodotti ad elevato contenuto tecnologico

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ed eco-compatibili (in tal senso, si stimache oltre 1 milione di posti di lavoropossano essere creati in Europa entro il2030);

supporto allo sviluppo rurale attra-verso la valorizzazione di risorse agricolelocali;

opportunità di utilizzare e valorizzareterreni abbandonati o inutilizzabili dal-l’agricoltura tradizionale o anche scartiagroforestali con evidenti molteplici van-taggi legati alla manutenzione delle areeverdi ed alla gestione dello smaltimentodegli stessi scarti;

vantaggi ambientali in termini diemissioni di gas ad effetto serra grazie aprocessi che riducono fino all’85 per centole emissioni di gas clima-alteranti;

grande opportunità di creare sinergiecon la ricerca pubblica, anche attraverso ilnuovo cluster della chimica verde, sullabase di tecnologie di avanguardia a livellomondiale.

Per cogliere queste opportunità il Go-verno Monti aveva siglato il Protocollod’intesa con il Gruppo Mossi Ghisolfi; pur-troppo, alcuni degli impegni presi all’epocanon hanno avuto seguito e si ritiene quindiurgente e necessario adottare adeguate mi-sure a sostegno dello sviluppo delle bio-raffinerie in Italia, quali:

un quadro normativo sui biocarbu-ranti avanzati, coerente con le decisionicomunitarie, costituito da regole chiare ecerte fino al 2030 per offrire un orizzontechiaro ed un contesto stabile ai potenzialiinvestitori;

una traiettoria crescente delle quoteobbligatorie di miscelazione dei biocarbu-ranti in modo da rendere certo lo scenarioalmeno fino al 2020;

obblighi di miscelazione separati perla filiera gasolio e per la filiera benzinacome già avviene nella maggioranza deiPaesi Europei;

snellimento delle procedure ammini-strative relative al rilascio delle autorizza-zioni per la realizzazione delle bioraffine-rie;

una armonizzazione del sistema diaccise gravanti sui biocarburanti che tengaconto dei benefici ambientali legati al lorouso; a tal proposito, si fa osservare come leaccise gravanti sul bioetanolo pesano il 20per cento in più di quelle gravanti sulbiodiesel e 5 volte di più del GPL, senzaalcuna giustificazione;

un chiaro impegno a sostegno dellaricerca e formazione con investimenti mi-rati sulla chimica verde e concentrati sustrutture selezionate, come, ad esempio, ilcluster della chimica verde per consentiresinergie vincenti tra pubblico e privato.

Gruppo FIAT-Chrysler.

La documentazione inviata dal gruppoFIAT-Chrysler in merito allo stato e alleprospettive della green economy evidenziache l’impegno del gruppo si basa sullaconvinzione che non esiste un’unica solu-zione per garantire i bisogni di mobilità nelrispetto dell’ambiente ma che è possibileottenere risultati concreti solo affiancandotecnologie alternative a quelle convenzio-nali.

Nel sottolineare anzitutto l’indispensa-bile esigenza di contenere i consumi e leemissioni dei motori convenzionali (comedimostrano le nuove tecnologie MultiAir eTwinAir per i motori benzina e Multijetper i diesel), per quanto riguarda i com-bustibili e le trazioni alternative, la ricercadel gruppo Fiat spazia dal metano ai bio-combustibili, ricercando anche soluzionielettriche o ibride che siano accessibilieconomicamente e competitive sul mer-cato.

A tale proposito, pur sottolineando l’im-pegno del gruppo nell’attività di ricerca esviluppo di veicoli ibridi, si evidenzia che ilmetano viene giudicato la scelta tecnolo-gica più efficace e disponibile nell’imme-diato per risolvere i problemi di inquina-mento delle aree urbane e per la riduzione

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delle emissioni di CO2. La tecnologia delmetano, sulla quale Fiat investe da oltrequindici anni, risponde infatti perfetta-mente all’approccio del gruppo alla mobi-lità sostenibile che privilegia soluzioni con-crete, disponibili e accessibili a tutti; evi-denti sono d’altronde i benefici del metanoper l’ambiente: dal 2013 al 2014, 500.000autovetture a metano vendute dal gruppoFiat, nell’arco della loro vita, hanno por-tato ad una minore emissione totale di 3,6milioni di tonnellate di CO2.

Il metano, inoltre, ha le potenzialità peressere una fonte rinnovabile attraverso ilbiometano, un combustibile rinnovabileche presenta un elevato potenziale di svi-luppo: si tratta di un gas ottenuto a partireda fonti rinnovabili, avente caratteristichedi utilizzo corrispondenti a quelle del gasmetano e idoneo alla immissione nella retedel gas naturale, ovvero un biogas che hasubito un processo di purificazione e chepuò quindi essere utilizzato come biocom-bustibile nei veicoli a motore al pari delgas naturale.

Nel rilevare altresì che il biometanopresenta per la sua produzione un’ampiadisponibilità di materie prime e può quindicontribuire a ridurre la dipendenza dalpetrolio, si sottolinea che tutti i motori Fiata metano sono compatibili fin da subito alsuo impiego e che in termini di emissionidi CO2 allo scarico il biometano emettecirca il 23 per cento in meno rispetto allabenzina e che, considerato l’intero ciclo divita del combustibile, i veicoli a biometanoproducono pressoché le stesse emissioni diCO2 di un veicolo elettrico alimentato conenergia prodotta da fonti rinnovabili.

In conclusione, nel ribadire che il me-tano per autotrazione rappresenta una so-luzione alla mobilità sostenibile immedia-tamente disponibile e usufruibile a costivantaggiosi per l’utente finale, consideratoaltresì le grandi potenzialità di sviluppodello stesso nell’utilizzo del biometano, sisottolinea infine l’esigenza di interventi ur-genti per la definizione di un quadro nor-mativo a livello nazionale ed europeo ri-guardante la filiera che si è sviluppata intale comparto in Italia e che, ad oggi, vantauna leadership a livello mondiale.

3. 6. Soggetti istituzionali.

ANCI.

L’ANCI sottolinea che i temi dell’ener-gia e delle città intelligenti sono fonda-mentali, ma anche che gli obiettivi europeidel 20-20-20 sono praticabili se, oltre allacoerenza con una strategia, le amministra-zioni hanno a disposizione strumenti erisorse. Occorre quindi, secondo l’ANCI,una modifica al patto di stabilità interno alfine di garantire che una quota (anche solol’1 per cento del bilancio delle singoleamministrazioni) possa essere investitanell’efficientamento energetico degli edifici(p.es. quelli scolastici). Ciò garantirebbeinvestimenti di risorse in conto capitalecon benefici sia sulla spesa corrente siasullo sviluppo economico, dato che i lavoriimpiegherebbero le imprese del territorio.

L’ANCI ha poi sottolineato l’importanzadel tema della mobilità, che i comuni vor-rebbero intelligente, e ricordato che il Go-verno ha ribadito l’importanza di investi-menti di rilievo sul trasporto pubblico lo-cale, che continuano, però, a non esseresufficienti.

L’ANCI ha inoltre evidenziato che icomuni vorrebbero stimolare anche il mer-cato dell’efficienza energetica sul patrimo-nio privato, ma non lo possono fare, per-ché non sono sufficientemente credibili(perché sono i primi ad avere un patri-monio edilizio particolarmente energi-voro). Le ESCO inoltre, dovrebbero esseresoggetti sufficientemente bancabili maquesto, purtroppo, non accade in Italia.Secondo l’ANCI dal punto di vista teoricoil sistema è perfetto e funziona, ma dalpunto di vista concreto è impraticabile.Andrebbe poi introdotto il tema dell’effi-cienza energetica nell’ambito delle dismis-sioni degli immobili pubblici.

ANCI sottolinea che nelle città italianesono molteplici gli sforzi in atto, che sonoil risultato di anni di ingegneria e di crea-tività, per cui sarebbe sufficiente riuscire agarantire alcuni strumenti economici e fi-nanziari per attivare una serie di oppor-

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tunità che sono pronte a essere sviluppatee che rappresenterebbero un utile sup-porto a ipotesi di sviluppo economico deiterritori.

Altri temi importanti per l’ANCI sono:

una revisione dei meccanismi di pro-curement che permetta agli enti locali unpiù agevole utilizzo di strumenti quali gliacquisti pubblici innovativi, il procurementpre-commerciale o il risksharingfacility;

il rafforzamento del ruolo del CIPU(Comitato Interministeriale per le PoliticheUrbane), anche al fine di indirizzare l’uti-lizzo dei fondi strutturali dedicati allo svi-luppo urbano da parte delle Regioni, con-sentendo di moltiplicarne l’effetto;

una revisione degli strumenti di pro-grammazione territoriale con snellimentodell’iter di approvazione, per promuovereuna filiera del recupero e del riciclo epianificare l’impiantistica necessaria;

la definizione di un quadro omogeneoper l’affidamento dei servizi, oltre che l’in-troduzione di ecotasse anche ad altre fi-liere di prodotti, oltre a imballaggi e RAEE,secondo il principio comunitario del « chiinquina paga ».

Ministro dell’istruzione, universitàe ricerca, Stefania Giannini.

L’audizione è stata particolarmente in-teressante e ha evidenziato, in modo quasiesemplare, la crescente consapevolezza,culturale e politica, dell’importanza deitemi legati allo sviluppo della green eco-nomy, come pure alcune incongruenze elacune nell’azione di governo e significativimargini di miglioramento delle politiche asostegno della green economy.

Sotto il primo profilo, a parte la sin-golare coincidenza di alcuni dati sottoli-neati in apertura di seduta sia dal presi-dente Realacci che dalla Ministra Giannini(entrambi, infatti, hanno evidenziato chenel 2013 il 42 per cento delle assunzionidei ragazzi al di sotto dei trent’anni daparte delle aziende italiane si è avuto pro-prio nei settori che fanno investimenti co-

siddetti green e che tale cifra raggiungeaddirittura il 61 per cento, se guardiamo alsettore cosiddetto R&D, cioè al settore chepiù propriamente ricomprende le attivitàdi ricerca e sviluppo delle aziende italiane),l’audizione è stata l’occasione per sottoli-neare da parte della Ministra Giannini ilcarattere non settoriale ma « pervasivo »della green economy e delle politiche fina-lizzate a consentire « il passaggio ad unmodello di sviluppo fondato su un usosostenibile delle risorse naturali ». In par-ticolare, secondo la Ministra, per il rag-giungimento di questo obiettivo necessario« occorre:

1) innovare e riqualificare i processiproduttivi, mirando a ridurre gli impatti ead aumentare l’efficienza nell’impiego dellerisorse, anche al fine di conciliare sviluppoeconomico e aumento dell’occupazione, inparticolare di quella giovanile e qualificata;

2) incentivare il rapporto tra sistemapubblico della ricerca, in particolare neisettori più legati alla green economy (ener-gia, trasporti, ambiente) e sistema produt-tivo privato;

3) promuovere una cultura diffusadella responsabilità, perché un approcciosistematico allo sviluppo sostenibile, oltreche dalla dimensione economica, non puòprescindere dalla dimensione sociale; in talsenso, tutti sono chiamati ad essere attoriresponsabili di una crescita intelligente, so-stenibile, inclusiva: i cittadini, le imprese, leistituzioni e ultimo, ma certo non per im-portanza, il sistema nazionale della ri-cerca. ».

« Noi abbiamo a che fare, in sostanza –ha aggiunto la Ministra – con un capitalenaturale che deve essere messo a buonfrutto sul piano industriale, ... con unaricerca di base che [deve collegarsi] semprepiù intimamente a questo tipo di sviluppo edi produzione industriale e con una diffu-sione culturale che deve permeare la societàa tutti i livelli, anche al di fuori dei settorispecialistici. ».

« Questi – ha concluso la Ministra –sono i tre pilastri su cui lavorare e su cui

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il Ministero dell’istruzione è, direttamente omeno direttamente, coinvolto. ».

Alla luce tali affermazioni, la Ministra èquindi passata ad illustrare lo « stato del-l’arte » delle azioni di competenza del pro-prio dicastero a sostegno della green eco-nomy, con particolare riferimento agliaspetti relativi alla ricerca scientifica etecnologica, per poi svolgere una presen-tazione delle possibili linee di interventodel MIUR, con particolare riguardo al Pro-gramma Nazionale per la Ricerca, al Pro-gramma Quadro per Ricerca Europea Ho-rizon 2020 ed all’impiego dei Fondi Euro-pei Strutturali e d’Investimento (ESIF).

Prima di dare conto sinteticamente de-gli interventi in atto e di quelli program-mati, è peraltro importante dare conto delquadro culturale e politico di riferimentoindicato dalla Ministra, secondo la quale« tradurre il quadro strategico della greeneconomy in strumenti operativi richiedescelte di obiettivi concreti e misurabili chedipendono dal contesto geografico in cui lecomponenti economiche e socio-culturaligiocano un ruolo di primo piano. Tuttavia– ha sottolineato la Ministra Giannini –, anessuno sfugge la necessità impellente eprioritaria di interventi finanziari a soste-gno della ricerca e della innovazione, alfine di implementare nuovi modelli di ge-stione delle risorse e delle filiere di pro-duzione di beni e servizi che, per essereefficaci, devono essere comunicati in modoadeguato, perché la partecipazione dellecomunità rappresenta un momento fonda-mentale tanto quanto la valutazione intermini di efficienza energetica e, più ingenerale, di impatto. ».

Inoltre, ha proseguito la Ministra rife-rendosi ad un tema che, insieme alla greeneconomy, in questa legislatura, è al centrodell’attività dell’VIII Commissione, « per ciòche concerne il capitale naturale è neces-sario comprendere più a fondo le capacitàportanti di molti ecosistemi che fornisconobeni e servizi alla società ». In tal senso, hasottolineando, in particolare, come siaquanto mai opportuno procedere in dire-zione di una piena valorizzazione dei co-siddetti « servizi ecosistemici » e della« messa in campo di politiche di recupero

ambientale finalizzate a riparare i guasti delpassato attraverso interventi attivi di re-stauro degli ecosistemi degradati », le quali– ha aggiunto – « hanno anche il merito dirappresentare opportunità di rilievo percreare occupazione in contesti rurali, conuna serie ricadute economiche, sociali edambientali estremamente positive ».

A conclusione di questa parte generale,di costruzione del quadro concettuale diriferimento delle politiche a sostegno dellagreen economy, la Ministra ha giudicatofondamentale la messa in campo di unacoerente « attività di ricerca e di innova-zione in campo agrario, forestale, ambien-tale, marino, industriale » e la programma-zione « di soluzioni economiche, legislative,tecnologiche e di istruzione pubblica perridurre il consumo d’energia e di risorsenaturali (anche in termini di razionalizza-zione dell’uso di acqua, cibo, combustibili,metalli, ecc.), abbattere le emissioni di in-quinanti e rifiuti (meno spreco e più riciclo)e gli associati danni ambientali, dando cosìattuazione a modelli di sviluppo in cuil’aumento dell’efficienza energetica e l’usoattento delle risorse naturali risultano temicentrali delle attività produttive ».

Passando quindi all’illustrazione delleattività di competenza del MIUR e allapresentazione delle possibili linee di in-tervento del dicastero, la Ministra Gian-nini ha indicato tre campi di interventoprioritari.

Il primo è quello dell’aumento dell’ef-ficienza nell’uso delle risorse naturali(energia, acqua, materie prime), con par-ticolare riferimento, da un lato, al settoreindustriale della produzione di energia,che è responsabile di circa 2/3 delle emis-sioni di gas serra, e nel quale si richiede« uno spostamento degli investimenti dalletecnologie tradizionali, basate sui combu-stibili fossili, alle energie rinnovabili », e,dall’altro, alle politiche per il risparmio eper l’efficienza energetica nell’intero si-stema produttivo nazionale dove si ri-chiede « un complessivo ripensamento diprodotti e processi produttivi, tendere verso“processi verdi” che prevedano un’estensionedella vita utile dei prodotti, focalizzandol’attenzione sulla riparazione, il ricondizio-

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namento e il riciclo, ponendo le basi peruna produzione « a ciclo chiuso », ideal-mente senza consumo di energia/materianon rinnovabile ».

Il secondo settore d’intervento « un set-tore decisivo su cui investire – secondo laMinistra Giannini – è quello delle areeurbane, che ospitano circa il 50 per centodella popolazione mondiale, ma sono re-sponsabili di oltre il 60 per cento dei con-sumi energetici e di circa il 75 per centodelle emissioni di gas serra. In questo am-bito – ha proseguito – occorre intervenirea diversi livelli: riqualificare gli edifici esi-stenti, riducendone i consumi e valoriz-zando il patrimonio storico; investire intecniche di costruzione a basso consumo dirisorse e garantire che i nuovi edifici sianoa “emissioni zero”; ridurre i consumi nelsettore dei trasporti, investendo non solo susistemi di propulsione alternativi ma anchesul trasporto pubblico e non-motorizzatoper le persone e sul trasporto ferroviario emarittimo per le merci ».

Infine, il terzo settore d’intervento in-dicato dalla Ministra è quello della soste-nibilità in agricoltura, dove è necessariopromuovere politiche dirette a « migliorarela qualità degli ambienti e la base dellerisorse naturali su cui l’agricoltura sifonda », nonché a « realizzare le condizionieconomiche (di mercato e di politica) perchéle imprese possano operare ».

Quanto alle azioni concrete che il MIURha sostenuto nel settore cosiddetto dellagreen economy, la Ministra ha anzituttoricordato che tali azioni si collocano nel-l’ambito del Programma operativo nazio-nale Ricerca e Competitività (PONREC),cofinanziato attraverso sia risorse nazio-nali, sia fondi europei. In questo ambito,ha segnalato che nel settennio 2007-2013sono stati finanziati 109 progetti in ambitoenergia, 66 dei quali finanziati diretta-mente e integramente dal MIUR, per unimporto complessivo di poco più di 600milioni di euro.

Proprio riferendo sugli interventi con-creti del MIUR, tuttavia, come già accen-nato all’inizio, è emersa una prima criti-cità, specchio peraltro di una generale in-capacità delle pubbliche amministrazioni

di utilizzare in modo efficace ed efficientele pur scarse risorse disponibili, emblema-ticamente rappresentata dal basso livello(61 per cento) di effettiva erogazione dellerisorse disponibili per l’attuazione delPONREC. Su questo, la Ministra, nel rico-noscere che effettivamente c’è un problemadi « ritardo dei pagamenti da parte delMIUR », ha informato di avere creato unatask force con il MEF « per accelerare, neilimiti del possibile, le procedure a dir pocofarraginose ».

La Ministra ha inoltre riferito che, oltreai finanziamenti del PONREC, il MIUR haanche destinato 266 milioni di euro, attra-verso il Fondo per gli investimenti nellaricerca scientifica e tecnologica (FIRST)destinato a università e ad enti pubblici diricerca, alla realizzazione di 30 progettivincitori dell’avviso pubblico per lo svi-luppo e al potenziamento di 8 cluster tec-nologici nazionali. Si tratta – ha aggiuntola Ministra – di cluster che affrontano,tutti, « temi chiave, cruciali per il settoredell’economia verde (fabbrica intelligente,chimica verde, mezzi e sistemi per la mo-bilità di superficie terrestre e marina, agri-food, tecnologie per le smart community etecnologie per gli ambienti di vita) ».

La Ministra ha altresì precisato che isoggetti coinvolti direttamente in questaparte della clusterizzazione FIRST sono456: 112 appartengono al mondo dellaricerca pubblica e 344 a quello della ri-cerca industriale. Tra questi ultimi, poi,140 sono grandi imprese e 204 piccole emedie imprese, molte delle quali start-up.

Anche in questo caso, come abbiamogià detto con riferimento all’attuazione delPONREC, a testimonianza delle incon-gruenze organizzative e delle lacune insede attuativa, la Ministra ha riferito dellanecessità di porre in essere azioni dirette,da un lato, ad « evitare sprechi » di risorsepubbliche e ancor più a scongiurare ilrischio di « denari non impiegati » e, dal-l’altro, costruire strumenti di coordina-mento tra i cluster, « in modo che ci pos-sano essere addensamenti tematici, appro-fondimenti e, quindi, azioni anche di si-stema che mettano più a capitale comune leiniziative che vengono prese ».

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Quanto alle linee di intervento delMIUR per il prossimo futuro, con parti-colare riguardo all’attuazione del nuovoAccordo di partenariato per l’utilizzo deifondi europei strutturali e d’investimento(per il periodo 2014-2020) e, in particolare,del Programma Quadro per Ricerca Euro-pea Horizon 2020, la Ministra Giannini hasottolineato anzitutto che « nell’ambitodella nuova programmazione dell’UE, latematica trasversale della green economy hauno spazio tutt’altro che irrilevante », se èvero che « il grande ambito della greeneconomy attraversa quasi tutte le grandisfide nei confronti delle quali l’Unione Eu-ropea chiede ai sistemi nazionali della ri-cerca e dell’innovazione di mobilitarsi, chesi tratti di salute e benessere dei cittadini, disicurezza alimentare, di bio-economia equalità delle acque e dei mari, di energiasicura e pulita, di trasporto intelligente, diclima o di innovazione sociale ».

In tal senso, la Ministra Giannini si èsoffermata sui contenuti di alcuni obiettivitematici contenuti nel citato Accordo dipartenariato e in particolare sugli obiettiviOT1 (Rafforzare la ricerca, lo sviluppo tec-nologico e l’innovazione), OT4 (Sostenere latransizione verso un’economia a basse emis-sioni di carbonio in tutti i settori), OT8(Promuovere l’occupazione sostenibile e diqualità e sostenere la mobilità dei lavora-tori) e OT10 (Investire nell’istruzione, for-mazione e formazione professionale, per lecompetenze e l’apprendimento permanente)sottolineando, peraltro, come tale docu-mento « prevede l’integrazione degli aspettiambientali in tutti gli undici obiettivi te-matici che sono stati identificati » e che « inciascuna di queste scelte tematiche settorialisi dovrà esplicitare il possibile riferimentoal macrotema della green economy ».

Infine, l’audizione è stata l’occasioneper approfondire alcuni contenuti del co-siddetto Piano di edilizia scolastica, forte-mente voluto dal presidente del Consigliofin dal suo discorso di fiducia alle Cameredel 24 febbraio 2014. Si tratta, come ènoto, di un piano che coinvolgerà com-plessivamente oltre 20.000 edifici scola-stici, 4 milioni di studenti, che nelle in-tenzioni del Governo porterà, nell’arco del

biennio 2014-2015, ad avere scuole piùbelle, più sicure e più nuove.

Pur nell’ambito di un generale apprez-zamento per questa importante iniziativadel Governo, è emerso, tuttavia, che, al-meno allo stato, nella progettazione deibandi per la realizzazione degli interventinon sembrano essere stati previsti in viaordinaria, se non con riferimento alla co-struzione di nuovi edifici, interventi per lariqualificazione energetica degli edifici eper la loro messa in sicurezza dal rischiosismico.

Su questo punto, che ancora una voltatestimonia della frammentarietà delle po-litiche settoriali e delle incongruenze or-ganizzative che purtroppo segnano negati-vamente l’azione delle pubbliche ammini-strazioni, l’audizione si è chiusa con unarinnovata sottolineatura dell’esigenza (pe-raltro, a più riprese, segnalata dalle Com-missioni VIII e X della Camera, da ultimoin occasione dell’espressione dei prescrittipareri sullo schema di decreto legislativoper l’efficienza energetica) di procederecon urgenza all’individuazione di forme estrumenti di reale coordinamento degli in-terventi di efficientamento energetico (daprogrammare obbligatoriamente in appli-cazione della normativa europea) e dimessa in sicurezza antisismica del patri-monio edilizio pubblico con il complessodelle misure già in via di attuazione, apartire proprio da quelle per la messa insicurezza degli edifici scolastici.

Viceministro dello sviluppo economico,Claudio De Vincenti.

Nell’ambito dell’audizione tenuta in-nanzi alle commissioni riunite il Vicemi-nistro ha affermato innanzitutto come iltema della green economy rappresenti untema trasversale ed integrato e come ilconcetto di green economy debba diventareuna caratteristica dominante del funziona-mento dell’intero sistema economico.

Sul piano definitorio è stato sottolineatocome vi sia abbastanza consenso intornoalla seguente definizione di green economy:è l’economia che genera crescente prospe-

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rità salvaguardando il sistema naturale chela sostiene.

Lo strumento di transizione alla greeneconomy consiste nell’abbandono dell’eco-nomia lineare a favore dell’economia circo-lare: nell’economia lineare, gran parte del-le risorse viene persa nel percorso estrazio-ne-produzione-consumo-rifiuto. Nell’eco-nomia circolare, invece, si utilizzano risorserinnovabili e, inoltre, l’efficienza dei pro-cessi e le tecniche di recupero e riutilizzoconsentono di ridurre al minimo il rifiuto.Dunque, il concetto di green economy pog-gia su alcuni assi portanti, tra i quali usoprioritario di risorse naturali rinnovabili,innovazione tecnologica continua, effi-cienza, recupero.

Le politiche per la green economy do-vrebbero dunque includere misure per fa-vorire la riduzione del contenuto di car-bonio per unità di PIL, la riduzione delconsumo di materie prime non rinnovabilie, più in generale, il miglioramento dellaqualità dell’ambiente e delle condizioni divita e di lavoro, compresa l’accessibilità deiprezzi dei beni fondamentali, inclusal’energia. Si tratta dunque non tanto disingole politiche settoriali ma di un com-plessivo approccio allo sviluppo.

È stato evidenziato altresì come il temavada trattato a livello europeo e, per certitemi, nell’ambito di accordi internazionali:alcune misure potenzialmente utili per lagreen economy non possono infatti prescin-dere dal quadro e dai vincoli europei.

Le misure funzionali a ridurre o pre-venire danni ambientali globali richiede-rebbero uno sforzo globale. L’esempio piùevidente è costituito dalle politiche per leemissioni di gas serra, sulle quali l’Europasta conducendo uno sforzo che potrebbeavere effetti di aumento dei prezzi nel solocontinente, avvantaggiando le imprese diPaesi terzi e favorendo la delocalizzazione.

Per altri versi, ci sono temi sui quali unindirizzo dell’economia in senso green puòessere, entro certi limiti, adottato autono-mamente dal Paese, avendo riguardo allapropria struttura produttiva: è il caso, adesempio, dell’agricoltura e dell’energia.

La grave crisi economica in corso dalungo tempo impone una diversa atten-

zione all’efficienza della spesa: vale per laspesa pubblica in senso stretto, vale per labolletta energetica.

La Strategia energetica nazionale, in unquadro che tenta di contemperare le esi-genze dell’oggi con gli obiettivi energetici eambientali di medio e lungo termine, dàrisposte soddisfacenti, sia perché, in ma-teria di anidride carbonica, efficienzaenergetica e fonti rinnovabili, indica obiet-tivi più ambiziosi di quelli assunti a livellocomunitario, sia perché promuove un fu-turo coerente con la roadmap 2050 pro-spettata a livello europeo.

Si tratta di combinare sostenibilità am-bientale e sostenibilità economica. La Stra-tegia energetica nazionale ruota intorno aqueste due esigenze ed in sostanza ciòsignifica dare priorità alle politiche di ef-ficienza della spesa nel senso dell’effi-cienza nell’uso delle risorse.

Occorre riconoscere, sotto questo pro-filo, che negli ultimi anni sono stati com-messi molti errori, dal Governo, dal Par-lamento e anche da alcune regioni: l’ec-cesso di incentivazione alle fonti rinnova-bili, e in particolare al fotovoltaico, hacausato un repentino aumento degli oneridi sistema per il sostegno a tali fonti,passati da circa 1,5 miliardi di euro l’annonel 2008 a 12 miliardi stimati per que-st’anno, che incidono per oltre il 20 percento sulla bolletta elettrica.

Per un verso quanto accaduto ha acce-lerato il percorso del Paese verso la ridu-zione del tasso di carbonio del ciclo ener-getico, ma certamente la rapidità con laquale il fenomeno si è verificato ha lasciatostrascichi assai negativi, per il settore ener-getico e non solo: difficoltà del termoelet-trico, aumento dei costi di gestione insicurezza del sistema, un processo di dif-fusione sostenuto da sviluppatori e « im-prenditori » spregiudicati, talora arricchi-tisi per la sola capacità di presentare dub-bie pratiche di autorizzazione o di lucraresu prezzi dei componenti e dei serviziartatamente elevati, grazie all’eccesso degliincentivi. Né sono migliorate le condizionidi molte imprese del settore fotovoltaico,alcune delle quali dimensionatesi su tassidi sviluppo del settore assolutamente non

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sostenibili (oltre 9000 MW installati nel2011).

Non sono estranei a questi errori lepolitiche europee in materia di clima edenergia – o, meglio, le modalità con lequali sono attuate – in larga misura intesea promuovere la domanda di prodotti etecnologie. Per quanto riguarda il fotovol-taico in Italia la spesa annua di incenti-vazione è passata da 0,1 miliardi di eurol’anno nel 2008 a 6,5 miliardi di eurol’anno nel 2012. Nello stesso periodo, laquota di mercato di moduli fotovoltaiciprodotti in Europa è rimasta costante,mentre è raddoppiata quella dei moduliprodotti in Paesi extra UE.

Occorre quindi chiedersi se, fermi re-stando gli obiettivi (che tuttavia vanno ri-partiti in modo equo tra gli Stati membri),si possano immaginare strumenti più effi-caci di quelli finora adottati. In particolare,vale la pena interrogarsi sull’opportunitàdi profondere, anche a livello comunitario,maggiori sforzi finanziari a sostegno del-l’innovazione e dell’industria dei compo-nenti (partendo da quella su cui l’Europavanta ancora presidi importanti), anzichépuntare esclusivamente sul sostegno alladomanda dei componenti, visti gli esiti diquesto approccio.

Questi i temi di più stretta attualitàemersi nell’ambito dell’audizione: gli ele-vati prezzi dell’energia elettrica e le poli-tiche di sostegno alle rinnovabili, le misureper l’incremento dell’efficienza energeticae il dibattito europeo sul pacchetto climaenergia al 2030.

Per quanto concerne i prezzi dell’elet-tricità, per le nostre imprese, in particolarele medie e piccole, il prezzo dell’elettricitàè mediamente più elevato del 30 per centorispetto ai prezzi praticati alle imprese inaltri Paesi comunitari. Ciò ha un impattomolto negativo sulla competitività delle no-stre imprese rispetto ai Paesi partner.

Per attenuare questo gap di prezzo sononecessarie diverse misure: alcune agirannosu leve e assetti di mercato e possono darerisultati nel medio termine, altre invecedovranno essere in grado di dare risultatiin tempi brevi. L’emergenza della situa-zione economica e soprattutto occupazio-

nale impone infatti interventi a efficaciaimmediata.

Per la definizione delle misure, il Go-verno ha in corso di definizione interventisu più voci di costo direttamente o indi-rettamente associabili a trattamenti dimaggior « favore » oggi a vantaggio di sin-gole categorie: su queste voci, è possibilerecuperare maggiore efficienza e perse-guire una maggiore equità ridistributivafra chi, in questi anni, ha avuto di più echi, invece, sta soffrendo gli effetti dellacrisi economica.

L’altro tema assai cruciale è quello del-l’efficienza energetica: senza dubbio unodei pilastri della green economy, peraltroprima priorità di intervento della Strategiaenergetica nazionale, in quanto ha il pregiodi essere lo strumento più economico perl’abbattimento delle emissioni, con un ri-torno sugli investimenti positivo per ilPaese, di accrescere la sicurezza energeticae di ridurre il deficit della bilancia com-merciale e, soprattutto, di stimolare ladomanda in un mercato dove sono attivemolte imprese italiane, alcune delle qualiin posizione di leadership nel panoramainternazionale.

L’Italia ha fissato un obiettivo di ridu-zione dei consumi di energia di 15,5 Mtepdi energia finale al 2020 (20 Mtep in ener-gia primaria), tra i più ambiziosi tra quelliprevisti dagli altri Paesi dell’Unione Euro-pea e ha attivato un pacchetto compositodi strumenti di policy di tipo: regolatorio;economico (incentivi, detrazioni fiscali);abilitante (finanza; ricerca e sviluppo, co-municazione).

Riguardo agli strumenti regolatori, sonostati rafforzati gli standard minimi per laprestazione energetica degli edifici (pernuove costruzioni o i rifacimenti impor-tanti), per le emissioni di CO2 dei veicoli(anche in recepimento di normative euro-pee) e per l’insieme dei prodotti rientrantinel campo di azione della direttiva sul-l’Ecodesign.

In merito agli incentivi, il meccanismodei certificati bianchi rappresenta lo stru-mento più efficace per promuovere l’effi-cienza energetica. Con il decreto di fine2012, è stato avviato un percorso di pro-

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gressivo potenziamento di questo stru-mento per renderlo più trasparente eaccessibile alle imprese ed adeguarlo aiprincipi della nuova direttiva n. 27 del2012 sull’efficienza energetica. Attraversoil meccanismo nel periodo 2006-2013sono stati certificati risparmi per com-plessivi 17,6 milioni di tep. Il risparmiodi energia nel 2013 è stato di 2,3 Mtepa fronte di un costo di circa 600 milionidi euro a valere sulle bollette ed unvolume di investimenti stimato in 2 mi-liardi di euro. L’impatto del meccanismosulla green economy è rilevante in quantoha stimolato un mercato di tecnologie adalta efficienza per la sostituzione e/ol’ammodernamento di processi produttivinell’industrie tipicamente energivore (ac-ciaio, cemento, vetro, ceramica, carta,eccetera). Inoltre, ha consentito la nascitadi numerose società per servizi energetici(ESCO) in grado di mettere a disposi-zione delle imprese competenze proget-tuali per individuare e realizzare progettidi efficienza energetica.

Un altro strumento incentivante è co-stituito dalle detrazioni fiscali per la ri-qualificazione energetica del patrimonioedilizio, introdotte nel 2007 e tuttora at-tive. Il totale degli interventi eseguiti (circa1,5 milioni al 31 dicembre 2012), ha con-tribuito a generare un risparmio di energiafinale pari 0,86 Mtep/anno. Gli investi-menti sostenuti nel 2012 sono stati di circa2,8 miliardi di euro di cui 1,58 portati indetrazione.

Il Conto termico, adottato con il decreto28 dicembre 2012, è un nuovo sistema diincentivazione per interventi di incrementodell’efficienza energetica e di produzionedi energia termica da fonti rinnovabili. IlConto termico è operativo dal mese diluglio 2013 e si rivolge a due categorie disoggetti: Amministrazioni pubbliche e sog-getti privati.

Per effetto del decreto di recepimentodella direttiva 2012/27/UE sull’efficienzaenergetica approvato dal Consiglio dei Mi-nistri, il mix degli strumenti messi incampo per il raggiungimento dei target diefficienza energetica 2020, sarà potenziatoed ampliato.

Ulteriore questione trattata riguarda laproposta europea su clima ed energia peril 2030, che sarà un importante dossier nelprossimo semestre, nel quale l’Italia assu-merà la Presidenza. L’Italia intende innan-zitutto lavorare affinché sia data pienaattuazione all’orientamento espresso dalConsiglio dei Capi di Stato e di Governo dimarzo scorso, il quale ha trattato, noncasualmente insieme, il tema competitivitàindustriale e la proposta comunitaria diobiettivi 2030 di riduzione dei gas serra.Nel documento conclusivo, il Consiglio haaffermato che una coerente politica euro-pea su energia e clima deve assicurareprezzi accessibili, competitività industriale,sicurezza delle forniture e raggiungimentodegli obiettivi ambientali.

L’accrescimento della competitività del-l’industria europea, della quale quella ita-liana è un pilastro fondamentale, è alcentro del dibattito europeo, al pari dellepolitiche in materia di clima ed energia.Occorre uno sforzo per assicurare che idue temi siano affrontati con coerenza esinergia.

Il tradizionale approccio comunitario suclima ed energia implica forti politiche disostegno alla domanda di tecnologie a bassocontenuto di carbonio, e confida che taledomanda traini lo sviluppo industriale. Ri-badisce quindi l’opportunità che l’Unionerafforzi l’impegno a sostegno diretto dell’in-novazione di prodotti e processi, anche conprogetti di dimensione europea sulle op-zioni più promettenti, a vantaggio dei labo-ratori e delle industrie che fabbricano com-ponenti per la produzione, la trasforma-zione e il consumo di energia.

Sempre in tema di strumenti, ritieneopportuno che sia stabilito un unico obiet-tivo al 2030, espresso in riduzione delleemissioni di gas serra. Al riguardo va la-sciata agli Stati membri la flessibilità didecidere il mix che, nel proprio contestoeconomico e sociale, potrà ottimizzare ilrapporto tra costi e benefici, anche conuna programmazione nazionale degli in-terventi, nella quale sia ben specificato ilruolo di fonti rinnovabili ed efficienzaenergetica, in funzione delle loro partico-larità geografiche, economiche-produttive,

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delle tecnologie migliori e più efficienti perraggiungere l’obiettivo complessivo della ri-duzione delle emissioni. Ogni Paese mem-bro sarà tenuto a presentare un piano conmisure specifiche sulle rinnovabili, sull’ef-ficienza energetica, che chiariscano le mo-dalità con cui l’obiettivo sulle emissioniverrà conseguito e che saranno sottopostea monitoraggio e verifica da parte dellaCommissione, in base al suo potere distimolare i singoli Paesi membri a conse-guire gli obiettivi comuni.

Ultima questione, non per importanza èquella relativa alla questione di chi paga glioneri della riduzione delle emissioni: ilperseguimento degli ambiziosi obiettivi al2030 comporterà dei costi, che si stannovalutando, per favorire le tecnologie e leopzioni in grado di ridurre il contenuto dicarbonio del sistema energetico.

Correlate ai temi precedenti sono lepolitiche europee per la concorrenza in-terna all’Unione. Recentemente, la Com-missione ha approvato le linee guida per gliaiuti di Stato in materia di ambiente edenergia. Queste linee guida mirano, per unverso, ad assicurare che le misure di so-stegno siano efficaci e sostenibili per iconsumatori, in particolare riconoscendoche alla progressiva maturazione tecnolo-gica delle fonti rinnovabili deve corrispon-dere la loro integrazione nei mercati e lariduzione, fino all’azzeramento, degli in-centivi.

Sarà inoltre uno dei temi centrali postidalla presidenza italiana quello di come lapolitica industriale possa riportare la quotadi PIL dell’industria al 20 per cento senzacompromettere gli obiettivi ambientali, os-sia come gli obiettivi ambientali che i paesimembri dell’Unione europea si sono dati al2030 possano essere raggiunti senza com-promettere l’obiettivo di politica indu-striale.

Ministro dell’ambiente e della tutela e delterritorio e del mare Gian Luca Galletti.

Il Ministro dell’ambiente, Gianluca Gal-letti, nel rilevare che le politiche industrialinon possono prescindere dalle politicheambientali, ha sottolineato la proficua ado-

zione di coraggiose scelte di politiche am-bientali, adottate anche dai precedenti Go-verni, in particolare per quanto attiene allemisure in tema di clima ed energia, chepertanto sono risultate più avanzate ri-spetto ad altri Stati.

Nel considerare inoltre che la tuteladell’ambiente è ormai valore consolidatoper la cittadinanza e per la classe impren-ditoriale, ha altresì sottolineato l’impor-tanza dell’obiettivo di rendere compatibilile politiche ambientali con le politiche in-dustriali.

In relazione alla questione dell’Ilva, ilMinistro ha rilevato la necessità che ci siauno sforzo comune al fine di costruire lamigliore azienda europea dal punto di vistaambientale e dal punto di vista produttivo.

Riguardo alla questione attinente alraggiungimento della riduzione di emis-sioni di CO2, ha precisato che l’obiettivodel Governo è di arrivare alla fine delsemestre italiano di presidenza europeo,alla Conferenza di Lima, prevista per finedicembre, raggiungendo un accordo tratutti i Paesi per una riduzione del 40 percento delle emissioni di CO2, suddivisa trai vari Stati e un target di raggiungimentodell’efficienza energetica pari al 27 percento. Tenuto conto peraltro dell’impattoche tali target hanno sulle strutture indu-striali di ogni Paese, risulta indispensabilel’adozione di politiche economiche di bi-lancio a sostegno del raggiungimento di talitarget.

Relativamente alla normativa in itinere,il Ministro, da un lato, ha auspicato l’im-pegno da parte del Parlamento al fine digiungere ad una rapida approvazione delcollegato ambientale, dall’altro ha sottoli-neato l’importante misura contenuta nel-l’articolo 5 della delega per il riordino delsistema fiscale, che deve rappresentarel’occasione per accorpare tutta la norma-tiva fiscale relativa all’ambiente.

Per quanto attiene alla questione rela-tiva alle perforazioni petrolifere, il Mini-stro ha ribadito il suo impegno nell’appli-care con severità e rigore la normativavigente in materia, posto che, se la valu-tazione di impatto ambientale risulterà po-sitiva, non ci si potrà opporre all’opera di

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trivellazione ove corrisponda ai requisitistabiliti dalla legge.

Ha inoltre precisato in merito al temadelle bonifiche l’impegno da parte del Go-verno all’attuazione di un forte controllosulle stesse, anche nella prospettiva di in-trodurre semplificazioni al riguardo, con-siderato che occorre tener conto degli ef-fetti negativi dal punto di vista economicoe di impatto sociale sui territori interessati,senza comunque dimenticare le aziendedei territori interessati.

Occorre altresì intervenire con efficaciasull’emergenza relativa al dissesto idrogeo-logico, semplificando il sistema in modo dautilizzare le risorse disponibili in materiae mettendo in atto misure di prevenzioneche determinerebbero un importante ri-sparmio, in modo da portare avanti unpiano nazionale di sistemazione del terri-torio finalizzato alla riduzione del rischioidrogeologico.

Sottosegretario per l’economiae le finanze, Legnini.

Per economia verde o green economy,costituisce ormai acquisizione definitivasia su scala nazionale che internazionale,non si deve intendere un settore di nicchiadella politica economica ma piuttosto uncomplesso di attività finalizzate a riorien-tare la politica economica e produttivacomplessiva di ciascun paese.

Tale definizione attinge a definizioni,decisioni ed orientamenti emersi anche insede europea.

Innanzitutto l’UNEP (Programma ONUper l’ambiente) definisce economia verdequella che comporta « il miglioramento delbenessere umano e dell’equità sociale, ri-ducendo in modo significativo i rischi am-bientali ed il consumo di risorse » (UNEP2011).

Alla Conferenza di Rio del 2012 i Go-verni hanno sottolineato l’importanza diconsiderare la green economy come prin-cipio guida delle loro politiche di sviluppo.

Le politiche e gli strumenti di sostegnoe sviluppo della green economy sono pas-sati dall’essere considerati un vincolo al-

l’essere visti come risorsa per un diversomodello di sviluppo, riorientando le sceltesia in ambito internazionale che europeo enazionale.

La strategia « Europa 2020 » riconosceesplicitamente la necessità di creare siner-gia tra obiettivi economici e ambientali, esostiene la transizione verso una « econo-mia verde ». Migliorare l’efficienza dellerisorse è una pietra miliare in questa ini-ziativa, i cui obiettivi concreti si trovanonella « Roadmap verso un’Europa effi-ciente nell’impiego delle risorse ».

Sulla base di quest’approccio sistemico,finalizzato a suscitare un’evoluzione dellepolitiche economiche nella direzione dellasostenibilità, il Governo italiano, conside-rando i contenuti noti della strategia Eu-ropa 2020, si è munito nel corso degli anni,da ultimo con il piano nazionale delleriforme, di una strategia, di una vera epropria agenda verde.

Promuovere un migliore utilizzo del ca-pitale naturale, mediante un mix di poli-tiche in grado di internalizzare le ester-nalità ambientali, consentirebbe di valoriz-zare alcuni settori strategici del nostrosistema produttivo – la filiera agro ali-mentare, il turismo, i servizi a elevatovalore aggiunto e il sistema industriale nelsuo complesso.

L’obiettivo di tale strategia è la pienaaffermazione di un modello di svilupposostenibile e inclusivo in grado di prevenireil degrado ambientale, il depauperamentodel capitale naturale, la perdita di biodi-versità e di utilizzare in modo efficiente lerisorse naturali, creando al tempo stessonuova occupazione. L’uso efficiente dellerisorse risponde alla duplice necessità distimolare la crescita e assicurare che que-sta avvenga in modo sostenibile.

La strategia del Governo, ampiamentedescritte nel Piano nazionale di riformaapprovato dal Governo ad aprile e pro-mosso a Bruxelles all’inizio di questo mese,si muove in linea con il « Collegato am-bientale alla legge di stabilità 2014 »(« Agenda Verde »), tutt’ora all’esame delParlamento, con le azioni di salvaguardiadel territorio e del paesaggio, tra cui inprimis il DDL sul contenimento dell’uso del

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suolo e riuso del suolo edificato, con quellesul risparmio e l’efficienza energetica, checostituisce la prima priorità della StrategiaEnergetica Nazionale, fino al recepimentoda parte del Governo della direttiva effi-cienza energetica.

In questo quadro complessivo per quelche riguarda le competenze proprie delMinistero dell’economia e delle finanze e,più in generale, per la strategia nazionaleall’interno del pacchetto 2020, assume ri-lievo il tema della fiscalità ambientale odella fiscalità energetica.

In Italia, le tasse ambientali coincidonolargamente con le tasse sui prodotti ener-getici, che costituiscono il 2,3 per cento delprodotto interno lordo, dato riferito al2012, e le tasse sui veicoli, che costitui-scono lo 0,7 per cento del PIL, oltre alletasse sull’inquinamento da emissioni, suiconferimenti in discarica, parzialmente ri-ferite a livello locale.

Gli obiettivi per la transizione versoun’economia a basse emissioni di carboniosono stati definiti a livello comunitariomediante il pacchetto clima energia (« Pac-chetto 2020 ») e inglobati nella strategia« Europa 2020 » per rilanciare l’economiadell’Unione.

Nell’aprile 2011 la Commissione euro-pea ha presentato una proposta di modi-fica della direttiva 2003 con il dupliceobiettivo di razionalizzare la tassazione delvalore energetico dei combustibili e, inparticolare, di introdurre una componenteche valorizzi le esternalità negative legatealle emissioni di carbonio, da un lato, e dicoordinare la tassazione energetica con ilsistema EU ETS, dall’altro, in modo che ilivelli di imposizione riflettano uniforme-mente per tutte le diverse fonti di energiasia le emissioni di CO2 sia il potere calo-rifero netto.

In coerenza con le raccomandazionidella Commissione europea, l’articolo 15della delega fiscale (approvata dal parla-mento nel marzo 2014) prevede nuoveforme di prelievo finalizzate a preservare ea garantire l’equilibrio ambientale, assicu-randone la compatibilità con lo svilupposostenibile in linea con la strategia « Eu-ropa 2020 » di riduzione delle emissioni

inquinanti e il coordinamento con i prin-cipi della proposta di modifica della diret-tiva sui prodotti energetici attualmente indiscussione in sede comunitaria.

In linea con questi indirizzi, la delegaprevede nuove forme di fiscalità (greentaxes) che, compatibilmente con i principidi neutralità fiscale, siano finalizzate adincoraggiare comportamenti virtuosi inmateria di tutela ambientale e a penaliz-zare, nel contempo, l’impiego di prodottipiù dannosi.

L’altra misura incentivante che è stataillustrata e definita rilevante ai fini di unapolitica economica e fiscale ecosostenibile èquella che riguarda le misure di efficienzaenergetica degli edifici, il c.d. Ecobonus.

Con la Legge di Stabilità per il 2014 èstato prorogato « l’Ecobonus », aumen-tando l’agevolazione, che consiste in de-trazioni dall’Irpef o dall’Ires, nella misuradel 65 per cento per le spese sostenute dal6 giugno 2013 al 31 dicembre 2014. Ladetrazione è invece pari al 50 per cento perle spese che saranno effettuate nel 2015.Per le parti comuni degli edifici condomi-niali, la detrazione sarà del 65 per centofino al 30 giugno 2015; poi per un annoancora, fino al 30 giugno 2016, si abbasseràal 50 per cento. Dal primo gennaio 2016,invece, per le abitazioni indipendenti (peri condomini dal primo luglio 2016) la de-trazione sarà prevista nella misura del 36per cento.

In prospettiva si pone il tema dellaestensione a regime di tali agevolazioni,compatibilmente con il reperimento dellerisorse finanziarie necessarie, ed in consi-derazione del carattere anticiclico dellamisura stessa sugli investimenti privati nelsettore dell’edilizia.

Per quanto riguarda il tema Europa2020 è stato evidenziato come agli impegniassunti dal nostro Paese con la ratifica delprotocollo di Kyoto e il recepimento nelnostro ordinamento del pacchetto clima-energia nel quadro della strategia Europa2020, hanno fatto seguito interventi urgentiin favore dell’efficienza energetica e dellefonti rinnovabili.

Tali misure, pur avendo permesso so-stanziali miglioramenti del profilo emissivo

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del Paese, necessitano di essere ulterior-mente rafforzati per raggiungere gli obiet-tivi del cosiddetto Pacchetto 20-20-20. Nelcontesto del controllo delle emissioni in-quinanti si inserisce anche il sistema eu-ropeo di scambio dei permessi di inquina-mento negoziabili – l’Emission Trading Sy-stem - uno strumento armonizzato a livelloeuropeo, in prospettiva in grado di conte-nere le emissioni di gas serra del settoretermoelettrico e dei settori industriali, li-mitando le disparità di trattamento traimprese dello stesso settore di paesi di-versi. Si evidenzia che le misure già adot-tate, in corso o previste per aumentare laquota delle fonti di energia rinnovabile e ilrisparmio energetico dovrebbero consen-tire il raggiungimento e in alcuni casi ilsuperamento degli obiettivi nazionali fis-sati per l’Italia.

Sul tema del dissesto idrogeologico edella difesa del suolo il Paese deve inoltrevalorizzare le straordinarie risorse di cuidispone: l’ambiente, il territorio, il patri-monio agroalimentare. Questo significascommettere sulle opportunità offerte dal-l’economia verde e prestare un’attenzionecostante e sempre maggiore alle fragilitàche caratterizzano il territorio, a partiredai rischi prodotti dal dissesto idrogeolo-gico. Perciò il Governo con il PNR 2014 haprogrammato le unità di missione per ac-celerare le procedure relative alla realiz-zazione degli interventi contro il dissestoidrogeologico e la tutela del territorio connuovi stanziamenti per 1,5 miliardi.

Altro snodo cruciale della politica delGoverno italiano riguarda la nuova pro-grammazione dei fondi strutturali 2014-2020 che quella del fondo di sviluppo ecoesione, nell’ambito dei quali vi sono al-meno quattro obiettivi tematici che hannoun’incidenza e un’influenza diretta inquanto finalizzati a conseguire gli obiettividello sviluppo dell’economia verde.

Si tratta in particolare dell’obiettivo deltrasporto urbano sostenibile, di quello delcambiamento climatico, dell’obiettivo rela-tivo alla prevenzione e gestione dei rischi,alla gestione dei rifiuti e all’eliminazionedelle strozzature delle infrastrutture direte, per citare i più rilevanti.

Nel corso dell’audizione è stato, infine,sottolineato come durante l’importante im-pegno della Presidenza di turno del-l’Unione europea, che l’Italia sarà chia-mata a svolgere il nostro Paese avrà adisposizione una preziosa occasione peraffrontare in maniera condivisa e coerentei temi della green economy, incluso quelloe, in particolare, della fiscalità ambientale.Altri temi prioritari della Presidenza ita-liana riguarderanno il pacchetto climaenergia per il post 2020 (con la riforma delsistema europeo di emission trading (ETS)a sostegno della riduzione delle emissionidei gas a effetto serra quale elementoqualificante); la maggiore integrazionedelle priorità ambientali nel semestre eu-ropeo in un’ottica di promuovere le siner-gie con la crescita economica; infine, laprotezione della biodiversità e dei serviziresi dal sistema ecologico che occupa unruolo di primo piano nelle priorità am-bientali della Presidenza italiana.

Sottosegretario di Stato per il lavoroe le politiche sociali Luigi Bobba.

Secondo il Sottosegretario per il lavoroe le politiche sociali la crescita verde co-stituisce ormai un elemento di riferimentoper le strategie di policy della maggiorparte delle economie avanzate; se l’obiet-tivo è quello di continuare a innalzare ilivelli di benessere e salute della popola-zione, infatti, il perseguimento di una cre-scita eco-compatibile rappresenta unascelta ineluttabile.

L’Unione europea ha in tal senso am-piamente inglobato nella sua strategia dicrescita l’attenzione verso l’ambiente, pun-tando verso una crescita a bassa emissionedi CO2, stimolando l’efficienza energetica epromuovendo lo sviluppo delle fonti rin-novabili per l’approvvigionamento di ener-gia elettrica.

Altrettanto evidenti sono gli sforzi com-piuti dal G7 e dalle Nazioni Unite pertrovare un consenso sull’obiettivo del con-tenimento delle emissioni nocive per l’am-biente e la transizione verso un’economiache faccia un uso più attento ed efficiente

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delle risorse. Non a caso, la stessa Unioneeuropea ha affermato che la sfida deglianni futuri è per un’economia che siainsieme intelligente, sostenibile e competi-tiva.

I benefìci di una rapida transizioneverso una green economy sono notevoli.L’OCSE ha stimato in 9 milioni il numerodi decessi che si potrebbero evitare in tuttoil mondo riducendo l’inquinamento del-l’aria, delle falde acquifere, decessi checolpiscono prevalentemente i bambini conmeno di 5 anni. In termini economici, percitare un solo esempio, sono stimati in112.000 miliardi di dollari i risparmi com-plessivi derivanti dal ricorso a fonti dienergia diverse dal carbone.

Occorre promuovere e sviluppare politi-che energetiche in grado di accompagnarela transizione, valutare l’introduzione di in-centivi e disincentivi fiscali in grado di ac-celerare la transizione verso un uso dellerisorse più efficiente e compatibile conl’ambiente e, infine, prevenire i possibilidisagi associati a una trasformazione delmondo e del mercato del lavoro che vedrà amano a mano diventare obsolete determi-nate tipologie di produzione e di compe-tenze per sostituirle con altre e rendere cosìla crescita verde un fenomeno inclusivo.

In tal senso, va parimenti ribaditol’enorme potenziale in termini occupazio-nali di un passaggio verso la green eco-nomy.

Anche se non è semplice quantificarel’evoluzione dei cosiddetti greenjobs, glistudi della Commissione europea sull’ar-gomento hanno evidenziato come duranteil periodo di crisi, gli ultimi 7 anni, l’oc-cupazione nel settore della produzione dibeni e servizi ambientali sia cresciuta del20 per cento, arrivando quasi a 4,5 milionidi posti di lavoro.

Per quanto riguarda l’Italia, dal rap-porto di Green Italy 2013 presentato daUnioncamere e Fondazione Symbola sievince come sia cresciuto negli ultimi anniil numero di imprese che investono intecnologie green destinate a ridurre l’im-patto ambientale e a risparmiare energia ecome da tali imprese nasca una forte do-manda di competenze giovani e innovative.

Dall’inizio della crisi a oggi, più diun’impresa su 5 ha scommesso propriosulla green economy.

Va considerato, inoltre, che attualmentenella nostra economia gli occupati verdi, icosiddetti green jobs, sono più di 3 milioni.Accanto a questi vanno considerate altre 3milioni 700.000 figure attivabili propriodalla green economy, cioè soggetti già re-golarmente occupati che possono essereimpegnati a lavorare in settori e filieregreen.

Dal 2008 a oggi, anche senza tenerconto dell’agricoltura, 328.000 aziende ita-liane dell’industria dei servizi con almenoun dipendente hanno investito o lo farannoquest’anno in tecnologie green per ridurrel’impatto ambientale e risparmiare ener-gia. Si tratta di più del 20 per cento di tuttele imprese nazionali.

Dunque, la green economy rappresentaun terreno sul quale costruire le basi peruna ripresa sia della produttività sia dellacompetitività esterna del nostro Paese, in-dicata come il vero fattore di crescita.Sappiamo, infatti, che l’espressione greenjob non si limita a indicare quei lavoridirettamente collegati alla produzione dibeni e servizi ecocompatibili.

Nella definizione adottata dall’ILO (In-ternational Labour Organization), i lavoriverdi sono tutte quelle occupazioni checontribuiscono a salvaguardare, recupe-rare o migliorare la qualità dell’economia,ovvero tutti quei lavori che contribuisconoa ridurre l’impatto ambientale delle attivitàdi impresa attraverso la riduzione dei con-sumi di energia, materie prime e acqua, lariduzione di emissioni di carbonio e gasserra, la minimizzazione o la riduzione ditutte le forme di inquinamento, la prote-zione o la rigenerazione degli ecosistemi edella biodiversità.

Un caso emblematico di come la greeneconomy possa generare occupazione neisettori tradizionali e imprese di piccoladimensione è quello degli sgravi fiscaliassociati alla riqualificazione energetica ealla ristrutturazione edilizia da parte dellefamiglie.

Questi cambiamenti hanno generato an-che l’emergere di nuove figure professio-

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nali particolarmente innovative e collegateallo sviluppo della green economy.L’ISFOL, l’Istituto di ricerca vigilato e con-trollato dal Ministero del lavoro, ha indi-viduato quelle prioritarie e principali,come l’esperto economico-finanziario diinterventi in campo energetico-ambientale,l’esperto di interventi energetici sostenibilia livello territoriale, il promotore consu-lente di materiali edili a basso impattoambientale, l’esperto di qualificazione incampo energetico e ambientale delle im-prese edili, tutte figure che in qualchemodo dicono come il campo professionalee lavorativo collegato alla green economysia interessato da profonde innovazioni, sianelle competenze sia nelle configurazionidei sentieri professionali delle persone chevi lavorano.

Nell’ambito, ancora, della filiera cortaagroalimentare ed ecosostenibile sonostate individuate, in particolare, tre nuovefigure professionali: l’esperto in program-mazione e pianificazione dei processiproduttivi a filiera corta, il responsabiledella gestione ambientale e qualità, iltecnico dei processi produttivi a filieracorta.

Le politiche fiscali, quelle industriali,quelle energetiche e quelle del lavoro, quiparticolarmente evidenziate, devono avereun’unica direzione, in modo da far sì che gliinvestimenti in tecnologie ecocompatibilipossano, da un lato, disincentivare le atti-vità con forte impatto ambientale e, dall’al-tro, promuovere conoscenze e competenzenuove nelle imprese e tra i lavoratori. Lepolitiche del lavoro hanno, quindi, un pesoparticolare nel gestire la transizione del-l’economia verde, ma la loro efficacia di-pende da come e quanto esse riusciranno aintegrarsi in un disegno strategico più am-pio.

In particolare, le politiche devono es-sere ispirate a tre criteri nel governo delmercato del lavoro: vedere come riusciread anticipare e prevenire i mismatch chepossono generarsi tra domanda e offertadi competenze necessarie proprio dentroquesta transizione; gestire l’inevitabile ri-strutturazione connessa al progressivoabbandono di produzioni ad alto con-

sumo energetico verso forme di produ-zione più efficienti e a bassa emissione diCO2; come facilitare la creazione di nuoviposti di lavoro.

I settori innovativi necessitano di unsufficiente apporto di capitale umano prin-cipalmente, ma non esclusivamente, dotatodi competenze in ambito scientifico, tec-nologico, ingegneristico e matematico. Oc-corre, quindi, colmare in tempi rapidi quelgap che vede l’Italia come uno dei Paesicon la minore incidenza di lavoratori lau-reati anche tra i giovani.

L’ISFOL ha osservato che, in quest’ul-timo decennio, c’è stato uno sviluppo nelcampo della formazione universitaria,quello delle lauree triennali, un particolaresviluppo delle lauree cosiddette verdi, aindirizzo ambientale. Indagini successivehanno verificato una buona potenzialitàoccupazionale dei giovani che hanno sceltoqueste tipologie di lauree, con più dellametà dei giovani che si sono occupati neiprimi 3 anni.

In secondo luogo, questi giovani hannoavuto particolare soddisfazione, ossiahanno trovato una coerenza tra il percorsoformativo e lo sviluppo professionale chehanno poi intrapreso.

In terzo luogo, nel tipo di occupazionee remunerazione, non si tratta di occupa-zioni precarie o incerte, ma fondamental-mente di lavori dipendenti a tempo inde-terminato.

Altro campo sempre riguardante laformazione, si è avuta un’offerta forma-tiva abbastanza ben distribuita sul ter-ritorio anche sul versante di prima for-mazione professionale o di formazioneprofessionale specializzata. Tutto questoha avuto un incremento particolare finoal 2010. Successivamente, invece, c’è statauna riduzione di quest’offerta dovuta aun fattore esogeno, nel senso che buonaparte delle risorse anche derivanti dalfondo sociale europeo in capo alle regioniè stata ridestinata a finanziare gli am-mortizzatori sociali. Non solo questo set-tore della formazione professionale nel-l’area dei mestieri verdi, quindi, ha avutoun andamento decrescente, ma questo siè determinato anche in altri settori.

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In questi ultimi anni, invece, dal 2010 inpoi, la formazione ambientale è andataconcentrandosi prevalentemente su azionidi formazione continua, di breve durata edi risposta alle domande provenienti dalmercato e dalle aziende, volte all’adegua-mento delle normative ambientali vigenti,alla riqualificazione e ricollocazione lavo-rativa e all’esigenza di una riconversionesostenibile e di una diversificazione deiprocessi produttivi e dei servizi green of-ferti.

In buona sostanza, mentre tra il 2001 eil 2010 c’è stata un’offerta formativa pub-blica consistente e variegata, peraltro di-stribuita su tutto il territorio nazionale,negli ultimi anni l’offerta di formazioneambientale si è concentrata su corsi dibreve durata, sostanzialmente originati dadomande delle aziende orientate ad ade-guare le competenze dei propri lavoratorialle normative vigenti.

Infine, la formazione professionale puòessere uno strumento complementare pergestire le ristrutturazioni del tessuto pro-duttivo.

Sottosegretario per le politiche agricole,alimentari e forestali Giuseppe Casti-glione.

Secondo il rappresentante del Ministerodelle politiche agricole e forestali, rientranella green economy la dimensione soste-nibile dell’agricoltura che integra le risorsenaturali locali e i processi biologici perripristinare e migliorare la fertilità delsuolo, favorire un uso più efficiente del-l’acqua, aumentare la biodiversità dellecolture e del patrimonio zootecnico, ri-durre l’uso della chimica per la gestione diparassiti e infestanti e promuovere l’occu-pazione all’interno di aziende agricole dipiccola scala.

L’agricoltura offre quindi importantiopportunità pratiche in termini di greeneconomy, anche legate alla mitigazione de-gli effetti e all’adattamento ai cambiamenticlimatici attraverso azioni di carbon se-questration e l’aumento della resilienza delsuolo che, per la maggior parte, va attri-

buita alla presenza di una maggiore bio-diversità.

In quest’ottica il Ministero delle politi-che agricole ritiene che l’agricoltura dovràessere sempre più orientata a conseguire:riduzione dell’emissione dell’anidride car-bonica nell’aria ed aumento del contenutodi carbonio organico nel suolo, attraversol’adozione di apposite tecniche colturali;diminuzione e razionalizzazione dei fattorinecessari alla produzione agricola (acquaprodotti chimici); razionalizzazione delprocesso produttivo zootecnico e dell’usodelle macchine agricole; preferenza perprocessi produttivi a basso bilancio ener-getico; tutela della biodiversità vegetale edanimale.

Il rappresentante del ministero ha sot-tolineato quindi che la natura sostenibiledell’agricoltura come nuovo modello pro-duttivo ha trovato collocazione anche al-l’interno del primo pilastro della PoliticaAgricola Comune, se si considera che, al-l’interno della nuova strutturazione deipagamenti PAC, trova ampio spazio il pa-gamento per pratiche agricole beneficheper l’ambiente (mantenimento di prati epascoli permanenti, oltre che delle colturearboree, presenza di isole ecologiche (Eco-logical Focus Area – EFA), ovvero di por-zioni di superfici a seminativo sottratte allaproduzione, dove è vietato l’uso di pesticidie fortemente limitato l’utilizzo di fertiliz-zanti) alle quali è destinato il 30 per centodel massimale nazionale dei pagamenti di-retti condizionato al rispetto di talune mi-sure finalizzate alla resilienza ai cambia-menti climatici, al mantenimento della bio-diversità, allo stoccaggio della CO2, allaconservazione del suolo. Anche le politichedel secondo pilastro prestano particolareattenzione alla sostenibilità ambientaledelle attività agricole, visto che il totaledella spesa pubblica, Fondo europeo agri-colo per lo sviluppo rurale (FEASR) più ilcofinanziamento, nel settennio 2014-2020,ammonterà complessivamente a circa 21miliardi di euro, di cui il 38,8 per centodestinato a obiettivi di carattere ambien-tale, in particolare a misure dirette aorientare i comportamenti aziendali versopratiche più sostenibili e con finalità mul-

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tiple, quali la riduzione dell’uso dellerisorse idriche e energetiche, il migliora-mento della qualità dei suoli, il mante-nimento del paesaggio rurale o lo stoc-caggio di carbonio, pratiche che impe-gnano gli operatori agricoli oltre il do-vuto, e che devono, pertanto, esserecompensate.

Il rappresentante del Ministero dellepolitiche agricole ha poi concentrato la suaattenzione su uno dei comparti – emblemadella green economy: le agro energie, equindi la produzione di energia da bio-masse e biogas utilizzando prevalente-mente scarti e residui delle produzioniagricole e agro-alimentari, che hannoavuto un’enorme diffusione negli ultimianni. Infatti più di mille degli impianti abiomasse e a biogas realizzati fino a feb-braio del 2014 risultano di proprietà diimprese agricole, con un contributo al fat-turato del settore pari a circa 2,5 miliardidi euro e con una stima in termini dioccupazione di circa 1.600 occupati sola-mente per gli impianti di biogas, senza poiconsiderare l’intera filiera legno-energiache comprende 80 mila imprese per oltre500 mila lavoratori.

Alla promozione delle agro energie èpoi finalizzato il Decreto biometano del 5dicembre 2013 che offre al settore agricoloopportunità di integrazione del reddito deltutto nuove in un settore fortemente in-novativo.

Il rappresentante del Ministero dellePolitiche Agricole ha evidenziato l’orienta-mento del Ministero a proseguire la pro-mozione in tale settore favorendo la sem-plificazione delle procedure collegate allagestione degli interventi agro energetici,l’effettiva attuazione del Decreto biome-tano, nonché il proseguimento degli inter-venti di efficienza energetica avviati con ildecreto 6 luglio 2012 e con quello « contotermico » (interventi di efficienza energe-tica), anche al fine di evitare la sperequa-zione territoriale che ha accompagnato lacrescita delle fonti rinnovabili in ambitoagricolo, particolarmente concentrate nelNord-Italia, mentre anche le Regioni me-ridionali offrono un notevole potenziale dibiomasse da valorizzare.

In tale prospettiva il Ministero PoliticheAgricole ha attivato il Tavolo di filiera perle bioenergie al quale partecipano tutti gliattori della filiera e delle amministrazionicentrali e locali, con il compito di arrivarea un Piano di settore che prevede comeazioni prioritarie: un ruolo centrale del-l’agricoltura per lo sviluppo delle energierinnovabili, interventi per la ricerca e l’in-novazione, maggior diffusione di attività diformazione e informazione, efficienzaenergetica, sviluppo sostenibile delle ener-gie rinnovabili e bioraffinerie con la pre-visione di attivare un tavolo specifico perla chimica verde.

Il rappresentante del Ministero dellepolitiche agricole ha concluso eviden-ziando come la crescita di produzioni ba-sate sulla chimica verde costituisce lanuova frontiera di sviluppo strettamentecollegata alle produzioni agricole e in par-ticolare alla valorizzazione dei sottopro-dotti e dei residui ma anche di colture chenon contrastino con quelle a finalità ali-mentare, anche grazie alla re-introduzionedi pratiche di avvicendamento colturale. Intale prospettiva occorrerà abbattere gli at-tuali costi eccessivi dei bioprodotti per lebasse rese di processo, valorizzando quinditutti i coprodotti e scarti generati nelledifferenti fasi del ciclo produttivo, inclu-dendo anche una destinazione energeticadei residui finali, senza comunque dimen-ticare la necessità di semplificazione degliiter burocratici/amministrativi per la rea-lizzazione degli impianti, l’esigenza di mag-giore chiarezza normativa che aiuti i con-sumatori e produttori ad orientarsi nelladifficile « lettura » delle loro scelte di con-sumo e il riconoscimento del valore socialeed ambientale dell’innovazione che vieneimmessa sul mercato, senza che questocomporti necessariamente incentivi econo-mici specifici.

4. Considerazioni conclusive.

È ormai opinione largamente condivisache l’attuale crisi non sia soltanto econo-mica e finanziaria ma anche ambientale emolti ritengono che questa in generaleponga la necessità di riconsiderare il tra-dizionale modello economico.

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Quest’ultimo, imperniato sulla cosid-detta « brown economy », si è di fatto ba-sato sullo sfruttamento di risorse naturali,a lungo ritenute infinite, e sulla scarsaattenzione agli impatti delle attività antro-piche su ambiente, società e qualità dellavita.

Al contrario la « green economy » nonsolo riconosce i limiti del pianeta, ma lirimarca come confini all’interno dei qualideve muoversi il nuovo modello economicobasato su un uso sostenibile delle risorseed una riduzione drastica degli impattiambientali e sociali, ai fini di un miglio-ramento generalizzato della qualità dellavita. In questo senso, la green economy siconfigura come un nuovo modello econo-mico tout court e non può e non deveessere considerata semplicemente come laparte « verde » dell’economia.

Nel panorama internazionale, numerosesono le definizioni di green economy e lestrategie e road maps di cui si sono dotati ivari organismi internazionali e sovranazio-nali. Le diverse definizioni concordano so-stanzialmente sul fatto che la green eco-nomy punta a migliorare la qualità dellavita di tutto il genere umano, riducendo ledisuguaglianze nel lungo termine, e nonesponendo le generazioni future ai preoc-cupanti rischi ambientali e a significativescarsità ecologiche. E anche se l’OCSEparla di crescita verde, e non di economiaverde, è opinione sempre più diffusa chequeste definizioni non solo non debbanoessere messe in contrapposizione l’una conl’altra, ma che « crescita verde » e « econo-mia verde » vadano anzi essenzialmentenella stessa direzione. È giusto precisareanche che la definizione di green economy(o green growth) non sostituisce quella disviluppo sostenibile, ma ne diviene un ne-cessario passaggio: la sostenibilità rimaneun fondamentale obiettivo a lungo termine,ma per arrivarci bisogna lavorare versoun’economia verde. In questo senso la greeneconomy è il mezzo e il fine di se stessa,poiché come strumento (e quindi il mezzo)attuativo dello sviluppo sostenibile diventauna « fase di transizione », la via per gestireil cambiamento verso un modello di svi-luppo sostenibile e, allo stesso tempo, con-

duce ad un nuovo modello economico (equindi il fine) stabilmente sostenibile. Percompiere tale transizione, occorre che visiano delle specifiche condizioni quali rego-lamenti nazionali specifici, politiche ad hoc,sovvenzioni e incentivi di sostegno, investi-menti che ridefiniscano in modo profondoil tessuto istituzionale internazionale conuna nuova governance globale.

Un’economia verde riconosce, tutela einveste nel capitale naturale, considerandola biodiversità come il tessuto vivente pro-prio di questo pianeta, che è imprescindi-bile per il benessere umano e fornisce leeconomie di risorse preziose sotto forma diservizi elargiti gratuitamente. Questo co-siddetto « ecosistema di servizi » è rappre-sentato principalmente in natura da benicomuni che sono invisibili economica-mente e, per questo, sottovalutati, mal ge-stiti e a rischio di speculazioni che nonhanno certamente l’obiettivo di conser-varli.

Una giusta economia, in questo casodavvero verde, considera il valore inestima-bile degli ecosistemi e si pone come obiet-tivo il raggiungimento di un equilibrio tra laloro preservazione per le future genera-zioni e lo svolgimento delle attività umane.

Risorse naturali come foreste, laghi,zone umide e bacini fluviali sono compo-nenti essenziali del capitale naturale edassicurano la stabilità del ciclo dell’acquae dei suoi benefici per l’agricoltura e per lefamiglie, il ciclo del carbonio e il suo ruolonella mitigazione del clima, la fertilità delsuolo e il suo valore per la produzionedelle colture, i microclimi locali per glihabitat.

Alcuni paesi hanno raggiunto livelli ele-vati di sviluppo umano, ma spesso a sca-pito del loro capitale naturale e della loroqualità ambientale, pregiudicata moltospesso dalle alte emissioni di gas serra. Lasfida per questi paesi è quella di ridurre laloro impronta ecologica senza compromet-tere il proprio benessere. Altri paesi man-tengono ancora relativamente bassa l’im-pronta ecologica, ma hanno bisogno di mi-gliori livelli di benessere. La loro sfida èquella di riuscirvi senza aumentare dra-sticamente la propria impronta ecologica.

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La definizione di green economy perl’UNEP (il Programma per l’Ambiente delleNazioni Unite) scaturisce da un’approfon-dita analisi, non solo economica, che tienein debito conto tutte le risorse naturali dacui la specie umana trae beneficio senzaalcun compenso corrisposto. L’analisi pra-ticamente si basa su una equa considera-zione economica del capitale naturale nelsuo complesso, unico modo per compen-sare i paesi in difficoltà, che pur ricchi dimaterie prime sono ben lontani dal rag-giungere i livelli di benessere dei paesiindustrializzati. L’UNEP traccia un mani-festo ben preciso per l’attuazione diun’economia verde e lo fa attraverso l’in-dicazione di investimenti verdi sostanzial-mente indirizzati in due ambiti fondamen-tali: l’approvvigionamento e l’utilizzo so-stenibile del capitale naturale e dell’ener-gia.

Questi due ambiti vengono poi declinatiattraverso 11 elementi chiave di un mo-dello di sviluppo sostenibile afferente inparte alla sfera del capitale naturale (fo-reste, acqua, agricoltura e pesca), in partea quella dei settori produttivi (fonti rin-novabili, industria manifatturiera, produ-zione di rifiuti, edilizia, trasporti, turismoe città).

L’OCSE (l’Organizzazione per la Coo-perazione e lo Sviluppo Economico) pro-muove la crescita verde, un modello disviluppo in grado di garantire, anche allegenerazioni future, le risorse e i serviziambientali sui quali il nostro benessere sibasa. La green growth affida un ruoloestremamente importante all’innovazionetecnologica, in grado di disaccoppiare lacrescita dalla dipendenza di capitale na-turale, unico « master driver » della tran-sizione verso una green economy.

La crescita verde porterà nuove idee,nuovi imprenditori e nuovi modelli di bu-siness, contribuendo così alla creazione dinuovi mercati e, infine, alla creazione dinuovi posti di lavoro e di trasformazioneindustriale.

Imprese leader e imprenditori stannoesplorando le opportunità di businessverde, a volte basate sul pensiero sistemicoe su innovazioni radicali, con l’obiettivo di

catturare e creare valore da nuovi modellidi business.

Il concetto di crescita verde ha il po-tenziale per affrontare le sfide economicheed ambientali e per aprire nuovi percorsidi crescita attraverso diversi canali:

produttività: incentivi per una mag-giore efficienza nell’utilizzo delle risorse edei beni naturali che portino ad un mi-glioramento della produttività, riducendo ilconsumo di materia ed energia e rendendole risorse disponibili al più alto valored’uso;

innovazione: opportunità per l’inno-vazione, incentivata da politiche adeguateche consentano nuovi modi di affrontare iproblemi ambientali;

nuovi mercati: creazione di nuovimercati stimolando la domanda di nuovetecnologie, beni e servizi verdi, anche aifini di creazione di nuove opportunità dilavoro;

fiducia: aumentare la fiducia degliinvestitori attraverso una maggiore preve-dibilità riguardo alle modalità con cui igoverni sono chiamati a rispondere alleprincipali questioni ambientali e stabilitàdelle decisioni prese;

stabilità: condizioni macroeconomi-che più equilibrate, che riducano la vola-tilità dei prezzi delle risorse.

In linea con la strategia OCSE sull’in-novazione si pone anche il piano d’azionedell’Unione Europea che considera il mo-dello di business eco-innovativo fondamen-tale per la promozione di un’innovazioneecosostenibile.

L’UE vede la green economy come stru-mento per lo sviluppo sostenibile, e acco-glie e sottolinea la compatibilità delle de-finizioni di green growth e green economy.

Nella road map europea le prime mi-sure sono quelle inerenti le risorse e ilcapitale naturale: l’Unione Europea si staimpegnando a (1) favorire la creazione dipartenariati internazionali per la gestionesostenibile della risorsa idrica e per esten-dere l’accesso all’energia, migliorando la

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sicurezza dell’approvvigionamento energe-tico e promuovendo le fonti rinnovabili el’efficienza energetica; (2) tutelare l’am-biente marino e gli oceani invitando i paesinon ancora firmatari a ratificare la Con-venzione delle Nazioni Unite sul diritto delmare (UNCLOS); (3) promuovere la soste-nibilità dell’agricoltura, dell’uso del suolo edell’approvvigionamento alimentare, costi-tuendo, anche in questo ambito, parterna-riati internazionali; (4) combattere la de-forestazione e promuovere la gestione so-stenibile delle foreste. Inoltre l’UE indivi-dua la cooperazione scientifica etecnologica come unica via per istituire unquadro internazionale di riferimento comesoluzione ai problemi collettivi di portataplanetaria quali i cambiamenti climatici,l’approvvigionamento di energia e materieprime, l’utilizzo di prodotti chimici e so-stanze pericolose.

La strategia europea propone una fi-nanza innovativa, supportata da incentivi,nella quale i nuovi strumenti di finanzia-mento giocano un ruolo innovatore dellepolitiche in settori quali ad esempio cam-biamenti climatici e biodiversità, e un mi-glioramento della governance internazio-nale attraverso un rafforzamento dellestrategie di sviluppo sostenibile, a comin-ciare dalle politiche per l’ambiente.

Accanto a questa visione di respiro glo-bale che si fa carico di ripensare e riscri-vere le compatibilità fra crescita, innova-zione e qualità della vita, l’UE ha realiz-zato, in questi ultimi due decenni, politicheche, al proprio interno, hanno consentitodi raggiungere obiettivi significativi di cre-scita e di rilancio dell’economia e dell’oc-cupazione proprio attraverso la leva dellagreen economy. Così l’Europa può raccon-tare dati e risultati assai importanti checollegano le politiche green con le nuovedinamiche del lavoro.

Ciò è accaduto recentemente (16-17 lu-glio 2014) durante l’incontro informale deiMinistri dell’Ambiente e del Lavoro dell’UEche si è svolto a Milano.

Nell’Unione Europea la crescita an-nuale dell’occupazione verde è stata del 2,7per cento dal 2000 al 2008 ed è passata dai2.400.000 posti di lavoro del 2000 ai

3.400.000 nel 2012. Risulta cioè evidentecome agire per la sostenibilità, oltre atutelare l’ambiente, aiuta l’occupazione.

Secondo l’analisi europea ogni ridu-zione di un punto percentuale nell’usodelle risorse porta dai 100.000 ai 200.000nuovi posti di lavoro e questo potrebbeprodurre 1.400.000-2.800.000 posti di la-voro entro il 2020.

Il Ministro dell’Ambiente italiano, Gal-letti, ha sottolineato che « le potenzialitàoccupazionali offerte dall’economia verdesono indiscutibili e il dato per noi piùsignificativo contenuto nella Comunica-zione europea è che con l’aumento dellaproduttività delle risorse in Europa po-trebbero essere creati più di 20 milioni diposti di lavoro fino al 2030 ». E poi haaggiunto che: « la Comunicazione dellaCommissione Europea sui green jobs, pub-blicata il 2 luglio scorso, conferma che frail 2002 e il 2011 sono stati creati in Europacirca 4 milioni di “lavori verdi” e, di questi,circa un milione è stato creato fra il 2007e il 2011, negli anni più duri della crisieconomica ».

Di fronte a questo quadro d’insieme chedelinea i contorni e i contenuti di unanuova e possibile fase di crescita e disviluppo a livello globale e europeo, l’Italiaè chiamata non semplicemente a fare lapropria parte ma a rilanciare i tratti dellasua originalità proprio assumendo i criterie i principi guida della green economy.

La crisi prolungata che l’Italia sta vi-vendo ha colpito pesantemente il tessutoproduttivo delle PMI e, nello stesso tempo,ha cambiato e sta cambiando in profonditàl’assetto e le proprietà delle grandi aziendee dei principali gruppi industriali. Questoprocesso di trasformazione del sistema im-prenditoriale e industriale richiede unagrande capacità di innovazione e lungimi-ranza nel ridisegnare una nuova missionedel Paese per ciò che riguarda il cosaprodurre e il come produrre con più altilivelli di sostenibilità economica, sociale eambientale, capace di combattere il feno-meno crescente della disoccupazione, inparticolare quella giovanile.

Naturalmente questa sfida non investesoltanto la dimensione dell’iniziativa pri-

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vata ma la stessa capacità delle istituzionidi ripensare e riformare l’insieme dellapubblica amministrazione che oggi nonriesce a fornire servizi almeno pari ai suoicosti di mantenimento e costringe ad ef-fettuare continui risparmi che finisconoper tagliare i servizi offerti ai cittadini.

Appare quindi ineludibile porre mano ariforme strutturali importanti e rapidesenza le quali diventa irrealistica la pos-sibilità di intraprendere una nuova fase dicrescita e di benessere.

Non si tratta soltanto di riaccendere imotori dello sviluppo che si è inceppatoormai sei anni fa.

Occorre pensare e perseguire un nuovomodello che tragga la propria forza pro-prio dalla possibilità di mettere a sistemale straordinarie risorse di cui l’Italia di-spone. Questo significa non solo ridefinirele giuste politiche economiche, ma co-struire le condizioni affinché il Paese rac-colga la sfida di un salto culturale e tec-nologico capace di accompagnare la societàverso la ripresa e, insieme, verso unanuova stagione di progresso.

Uno dei principali punti di forza del-l’Italia è legato alla sua straordinaria ric-chezza territoriale e persino, paradossal-mente, alle sue « divisioni campanilistiche »che affondano le radici in epoca medievalee rinascimentale. Queste diversità hannoottimizzato le culture locali, validamentesupportate dalla varietà climatica presentenel paese, dando luogo a innumerevoliprodotti e « stili di vita ». Ulteriormente lestratificazioni storiche hanno lasciato ineredità un immenso patrimonio archeolo-gico, architettonico ed artistico tra i mag-giori al mondo. Tali peculiarità lascianointravedere la possibilità di applicare unnuovo modello sostenibile che, proprio daesse, trae forza propulsiva.

Si tratta di un modello originale chepunta dritto al cuore della nostra identitàe della nostra storia, perché sa combinarela crescita economica con la tutela dellemigliori risorse del Paese: dalle compe-tenze alla qualità della vita, dalle bellezzenaturali e culturali alle relazioni sociali.

Un modello in grado di valorizzare labiodiversità, la tipicità e i saperi dei ter-

ritori, le cui basi poggiano su quel patri-monio di imprenditorialità diffusa che,dalle imprese familiari al non profit, ha lesue radici nel territorio ma sa guardare almondo.

Il percorso di riconversione in chiavegreen del sistema produttivo italiano devepassare, e sta passando, non solo attra-verso il fattore « capitale », espresso dal-l’impegno delle imprese nell’investire intecnologie green per ridurre l’impatto am-bientale delle produzioni e trasferire un dipiù di competitività ai beni e servizi pro-dotti, ma anche attraverso quello del « la-voro », per mezzo della ricerca di figureprofessionali le cui competenze, se benformate, sono in grado di imprimere al-l’impresa un salto di qualità verso la fron-tiera della green economy.

Di particolare interesse è la fotografiadel Paese che emerge dal Rapporto 2013« Green Italy. Nutrire il futuro » elaboratoda Unioncamere e Fondazione Symbolache ricostruisce la forza e racconta leeccellenze della green economy nazionale.

Ciò che risulta evidente è che la greeneconomy è un nuovo paradigma produttivoche esprime, nel nostro paese, la partepropulsiva dell’economia.

Infatti, dall’inizio della crisi, nonostantela necessità di stringere i cordoni dellaborsa, più di un’impresa su cinque hascommesso sulla green economy. Che,quindi, è stata percepita come una rispostaalla crisi stessa, e non ha deluso le aspet-tative.

Chi investe green è più forte all’estero:il 42 per cento delle imprese manifattu-riere che fanno eco-investimenti esporta ipropri prodotti, contro il 25,4 per cento diquelle che non lo fanno.

Green economy significa innovazione: il30 per cento delle imprese del manifattu-riero che investono in eco-efficienza haeffettuato innovazioni di prodotto o diservizi, contro il 16,8 per cento delle im-prese non investitrici. E significa redditi-vità: il 21,1 per cento delle imprese ma-nifatturiere eco-investitrici ha visto cre-scere il proprio fatturato nel 2012, tra lenon investitrici è successo solo nel 15,2 percento dei casi.

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Dalla green economy nazionale arrivanosegnali positivi anche sul tema dell’occu-pazione giovanile: il 42 per cento del totaledelle assunzioni under 30 programmatenel 2013 dalle imprese dell’industria e deiservizi con almeno un dipendente è statofatto proprio da quel 22 per cento diaziende che hanno realizzato investimentigreen. E anche sul fronte dei diritti, seguardiamo ai green jobs, tra le assunzionia carattere non stagionale, l’incidenza delleassunzioni a tempo indeterminato è del 52per cento, mentre scende al 40,5 per lefigure non connesse al settore green.

Di fronte a questi dati è del tutto evi-dente che la green economy non è unsettore dell’economia, ma un traccianteverde che percorre il sistema produttivoitaliano e che, a ben guardare, delinea ilritratto più fedele del nuovo « Made inItaly ».

Peraltro scorrendo l’elenco dei settoriche investono green con più convinzione sitrovano proprio quelli trainanti del Madein Italy, quelli più tradizionali e quelli dipiù recente acquisizione: il comparto ali-mentare (27,7 per cento contro una mediadel complesso dell’industria e dei servizidel 22 per cento), quello agricolo (49,1 percento), il legno-mobile (30,6 per cento), ilsettore della fabbricazione delle macchineed attrezzature e mezzi di trasporto (30,2per cento), e poi tessile, abbigliamento,calzature e pelli (23 per cento).

In sostanza la green economy è la spintavitale di un’Italia che sa essere più com-petitiva e più equa, perché fondata su unmodello produttivo diverso.

Un modello in cui tradizione e innova-zione, sostenibilità e qualità si incrocianorealizzando una nuova competitività.

L’Italia non può considerarsi una dellevittime della globalizzazione. Piuttosto è unpaese che sta cercando di approfittarne permodificare profondamente la propria spe-cializzazione internazionale, modernizzan-dola, proprio grazie alla green economy.Creando valore aggiunto in settori che, permolti osservatori, erano senza speranze epromuovendo nuove specializzazioni in al-tri settori, in cui oggi siamo leader.

Non è un caso, dunque, se nel 2012siamo stati tra i cinque paesi al mondo(con Cina, Germania, Giappone e Corea delSud) ad avere un saldo con l’estero supe-riore ai 100 miliardi di dollari (per i ma-nufatti non alimentari). Tra ottobre 2008 egiugno 2012 – mentre sul mercato internodomanda e produzione crollavano per lacrisi e l’austerità – il fatturato estero del-l’industria italiana è cresciuto più di quellotedesco e francese.

La green economy, insomma, fa giàparte del presente della nostra economia.E può diventarne il futuro.

Affinché ciò avvenga e si imbocchi de-finitivamente la strada della green eco-nomy, in Italia bisogna immaginare e tra-durre concretamente un vasto programmadi riforme strutturali in grado di riorien-tare risorse, investimenti, comportamenti.

Se questo è vero allora green economysignifica investimenti ingenti su scuola, for-mazione e ricerca; significa ridare impulsoad una politica che sia in grado di pro-grammare e orientare nel medio-lungo pe-riodo; significa cura scrupolosa del terri-torio nelle sue diverse declinazioni: città,ambiente, cultura, agricoltura, paesaggio,infrastrutture.

Così come la Green economy significamassimizzare l’efficienza in tutte le suedeclinazioni: nella trasformazione dellematerie prime, nell’uso di energia, nell’usodel suolo, efficienza nell’impiego di pro-dotti e servizi.

In particolare Green economy spostal’attenzione dal possesso dei beni all’ac-cesso a servizi. Questo significa ripensarela produzione di massa dei beni di con-sumo da un lato, e dall’altro, invertirel’attuale tendenza alla sempre più rapidaobsolescenza dei prodotti di consumo so-stituendo parte della produzione di beni,con la produzione di servizi di manuten-zione e riparazione, nonché con forme diaccesso a beni condivisi.

In questo senso è possibile individuarealcune priorità e urgenze intorno a cuirafforzare, in questi mesi e nei prossimianni, un impegno istituzionale capace diaiutare il Paese a superare alcuni suoi

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limiti e ritardi e imboccare la stradadella crescita:

attuare una riforma fiscale ecologicache sposti il carico fiscale, senza aumen-tarlo, a favore dello sviluppo degli investi-menti e dell’occupazione green.

Per raggiungere questo obiettivo si puòagire su più fronti: a) lavorare per elimi-nare gli incentivi alle attività economicheche hanno impatti negativi sull’ambiente;b) orientare la revisione della spesa pub-blica con particolare attenzione a quellacon impatti negativi per l’ambiente; c)adottare misure di fiscalità ecologica spo-stando il carico fiscale in base al principiodi « chi inquina paga » tassando il consumodi suolo e le risorse del sottosuolo (unagraduale carbon tax, road pricing, ecc.)indirizzando altresì eventuali incentiviverso le fonti rinnovabili dismettendo ivecchi impianti inquinanti del nostropaese; d) incrementare la quota del fondoregionale finanziato dal tributo sulle di-scariche e utilizzare le maggiori entrateottenute con questi provvedimenti per rea-lizzare la deducibilità fiscale degli investi-menti finalizzati all’innovazione ecologicae per ridurre il cuneo fiscale per il lavoro,in particolare nelle attività della green eco-nomy; e) riformare l’attuale sistema fiscalespostando il peso fiscale dal lavoro alpatrimonio e al consumo di prodotti e dimateriali più inquinanti;

incentivare la penetrazione di stru-menti credibili ed oggettivi di quantifica-zione degli impatti ambientali associati alleattività umane, con lo scopo di misurarnela sostenibilità;

attivare programmi per un miglioreutilizzo delle risorse europee e per svilup-pare strumenti finanziari innovativi per leattività della green economy, valutando al-tresì l’opportunità di prevedere deroghe aipatti di stabilità per investimenti in campoambientale ed energetico con particolareattenzione alle start up, favorendone inogni modo l’accesso al credito.

È indispensabile avviare un programmanazionale che punti a supportare un mi-glior utilizzo dei fondi europei, un maggior

ricorso ai Fondi della Banca Europea degliinvestimenti ed una crescita della presenzadei progetti italiani finanziati dalle risorsecomunitarie per le attività della green eco-nomy.

Nello stesso tempo bisogna promuoverela progettazione e la sperimentazione distrumenti finanziari innovativi come iproject bond, i performance bond, i socialimpact bond o altri meccanismi basati suiprincipi di « payment by results » o di « im-pact finance » o di « crowfunding »: con talistrumenti finanziari innovativi e correlatiai risultati, si punta a ridurre il costo deldenaro, a favorire partnership pubblico-privato, stimolando una crescita nella qua-lità, oltre che nella quantità, delle iniziativegreen.

Inoltre è necessario aumentare gli ap-palti pubblici verdi di beni e servizi perrealizzare gli obiettivi del Piano d’AzioneNazionale per la sostenibilità degli acquistidella Pubblica Amministrazione, raffor-zando la governance del sistema, chia-rendo competenze e responsabilità, miglio-rando la trasparenza ed i controlli e for-nendo strumenti adeguati a supporto;

attivare programmi di informazionein merito ai finanziamenti esistenti anchein termini qualitativi e quantitativi;

attivare programmi di semplifica-zione e di trasparenza in merito all’accessoal credito sia nell’ambito degli investimentipubblici che privati;

attivare investimenti che si ripaganocon la riduzione dei costi economici, oltreche ambientali, per le infrastrutture verdi,la difesa del suolo e le acque.

Oltre a ridurre le emissioni di gas serra,occorre investire in misure di attenuazionee di adattamento per ridurre i rischi e icosti della crisi climatica puntando sullosviluppo delle infrastrutture verdi.

Le infrastrutture verdi (costituite nellecittà da interventi come lo sviluppo diparchi, di giardini, di alberature ma anchedi pareti e tetti verdi e, più in generale, dareti di aree naturali e seminaturali) sonoutili non solo per attenuare la crisi clima-tica, ma possono essere progettate e gestite

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in maniera da tutelare la biodiversità efornire un ampio spettro di servizi ecosi-stemici.

La difesa del suolo è certamente unadelle opere pubbliche più significative eurgenti di cui ha bisogno il nostro Paese.Serve una pianificazione delle attività diprevenzione del dissesto idrogeologico e didifesa del suolo, un provvedimento nor-mativo che regolamenti la sicurezza delterritorio e le modalità di acquisizione emonitoraggio dei dati riguardanti i feno-meni idrogeologici, servono finanziamentiadeguati e stabili nel tempo nonché misureper sottrarre gli investimenti per la pre-venzione dai vincoli del patto di stabilità.Occorre migliorare la capacità di spesa deisoggetti attuatori attraverso azioni di coor-dinamento e di snellimento delle proce-dure.

L’acqua è un bene comune sempre piùimportante. Bisogna investire per assicu-rare la sua tutela e per evitare sprechi cosìda assicurarne la qualità e la quantità pergli usi potabili, ambientali, agricoli e in-dustriali. Per queste ragioni sono necessa-rie adeguate pianificazione e gestionedando piena operatività ai distretti idro-grafici così da assicurare le risorse dispo-nibili qualificando a tal fine l’uso dei fondistrutturali 2014-2020. Ciò consentirebbe direndere più efficiente il programma dispesa pubblica sia per migliorare e tutelarela qualità delle acque, sia per ridurre spre-chi e promuovere impieghi efficienti consoluzioni impiantistiche caratterizzate daelevata flessibilità e che abbiano un ridottoimpatto ambientale, assicurando un ele-vato riutilizzo delle acque reflue depurate,associate a tecnologie che riducono lequantità di acqua impiegata per irrigare.

Occorre anche riconoscere il valore eco-nomico dei servizi resi dagli ecosistemiacquatici, introducendo il recupero dei co-sti ambientali e della risorsa nei canoni diconcessione delle acque pubbliche e nelletariffe del servizio idrico integrato chedovrebbe essere dotato di adeguati sistemidi misurazione.

Infine, bisogna valorizzare il risparmioidrico attraverso azioni premiali quali l’in-troduzione dei certificati blu e di incentivi

al riutilizzo delle acque reflue depurate, inparticolare nel settore agricolo. Occorrealtresì affrontare il problema dell’elevataquantità di acque minerali imbottigliate,circa 9 mld di bottiglie, di cui solo il 50 percento viene di fatto riciclato prevedendomagari il divieto di utilizzo di acque im-bottigliate nella plastica nelle scuole;

innovare le procedure previste per ibandi pubblici e le gare d’appalto met-tendo al centro la qualità dei materialiusati, la qualità del prodotto finale, laqualità e la sicurezza del lavoro;

un programma nazionale per l’effi-cienza e il risparmio energetico eliminandole barriere allo sviluppo dell’efficienzaenergetica; barriere culturali, barriere eco-nomiche, barriere normative.

Il volume di affari al 2020 potrebberaggiungere un valore di 350 mld di euro,con un’incidenza di 2 punti all’anno di PILe ricadute occupazionali sul sistema indu-striale fino a 200.000 nuovi occupati.

L’efficienza energetica deve diventareuna priorità strategica, così sarà possibilesviluppare un approccio integrato con ef-fetti moltiplicativi sui benefici che pos-siamo ottenere;

attuare misure per sviluppare le at-tività di riciclo dei rifiuti. Si tratta di unaltro tema di fondamentale importanza. Ilnostro Paese risente di differenti, contra-stanti, stratificate normative di riferi-mento, che hanno determinato una elevataincertezza e una differenziazione territo-riale nei comportamenti adottate dalle au-tonomie locali.

La direttiva europea 2008/98/CE ha in-trodotto previsioni volte ad accompagnarel’Unione verso una « società del riciclag-gio » stabilendo che entro il 2020 la pre-parazione per il riutilizzo e il riciclaggio dirifiuti quali carta, metalli, plastica e vetroarrivi almeno al 50 per cento dei rifiutiurbani prodotti.

In questo senso, la raccolta differen-ziata deve essere finalizzata al riutilizzo,riciclo e recupero dei rifiuti, privilegiandoil recupero dei sottoprodotti come valore enon come rifiuto.

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Occorre ridefinire criteri e regole cheabbiano valore nazionale e che siano ingrado di rimettere ordine e semplificareuna materia estremamente complessa enello stesso tempo decisiva ai fini dellacrescita qualitativa del Paese.

È necessario partire da una tariffazionepuntuale per la gestione dei rifiuti urbani,adottando un meccanismo che assicuri lacopertura dei costi, premiando chi confe-risce i rifiuti in modo differenziato, ela-borando un regolamento tipo per l’ado-zione da parte dei soggetti locali. Bisognaincoraggiare e misurare, oltre alle raccoltedifferenziate, l’effettivo riciclo assicurando,inoltre, la priorità del riciclo rispetto alrecupero energetico e scoraggiando il ri-corso allo smaltimento in discarica. Inquesto senso è opportuno assicurare che iproduttori di tutte le tipologie di benicontribuiscano economicamente in modoadeguato alla raccolta e al riciclo dei rifiutida essi generati e che siano coinvolti nellariciclabilità dei loro prodotti, così comebisogna assicurare i pagamenti da partedelle pubbliche amministrazioni, svilup-pare la ricerca, migliorare le normative,fornire un quadro certo, semplificare leprocedure, comprese quelle del fine rifiuto,in modo da incoraggiare il riciclo dei ri-fiuti, prevedendo, altresì che le risorsederivanti dal mancato raggiungimento de-gli obblighi di raccolta dei comuni sianodestinate al recupero ed al riciclo e che lerisorse derivanti dalla tassa sulle discari-che debbano essere investite per la raccoltadifferenziata ed impianti di recupero ericiclo;

promuovere il rilancio degli investi-menti per lo sviluppo delle fonti energeti-che rinnovabili.

La Strategia Energetica Nazionale, neltentativo di contemperare le esigenze del-l’oggi con gli obiettivi energetici e ambien-tali di medio e lungo termine, dà rispostesoddisfacenti, sia perché indica traguardipiù ambiziosi di quelli assunti a livellocomunitario, sia perché promuove un fu-turo coerente con la road map 2050 pro-spettata a livello europeo.

Ciononostante, in tema di energie rin-novabili, è necessario riflettere sulla strada

seguita in questi anni. Infatti, l’eccesso diincentivazione alle fonti rinnovabili, e inparticolare al fotovoltaico, ha causato unrepentino aumento degli oneri di sistemaper il sostegno a tali fonti, passati da circa1,5 mld di euro l’anno nel 2008 a 12 mldstimati per quest’anno, che incidono peroltre il 20 per cento sulla bolletta elettrica.Dunque, l’equivalenza « incentivi generosi= politiche per la green economy » è nonsolo sbagliata, ma dannosa per gli stessisettori che pur possono contribuire aun’evoluzione in senso ecologico del settoreenergetico. È quindi opportuno, fermi re-stando gli obiettivi, immaginare strumentipiù efficaci di quelli finora adottati. Inparticolare bisognerebbe profondere mag-giori sforzi finanziari a sostegno dell’inno-vazione e dell’industria dei componenti(partendo da quella su cui l’Europa vantaancora presidi importanti), anziché pun-tare esclusivamente sul sostegno alla do-manda dei componenti, visti gli esiti diquesto approccio.

Naturalmente, per arrivare ad un pro-gressivo superamento del sistema attualedi incentivi occorre attivare politiche disostegno degli investimenti nelle rinnova-bili, che nei prossimi anni potrebbero es-sere molto ingenti. Sarebbe opportunoperò avvicinarsi all’auspicata grid parity e,nel contempo, rafforzare la filiera di pro-duzione nazionale, attraverso un nuovosistema di incentivi da modulare gradual-mente al ribasso in relazione alla riduzionedei costi per i progressi dell’evoluzionetecnologica e delle economie di scala. Percontenere il peso degli incentivi sulle bol-lette elettriche, in particolare (ma nonesclusivamente) per gli impianti medio-grandi, si può ricorrere a forme come ladetassazione parziale degli investimenti, ilcredito d’imposta, l’esenzione parziale del-l’Ires sugli utili reinvestiti, una maggioredetrazione IVA sugli investimenti, contri-buti in conto capitale, meccanismi come loscambio sul posto (innalzando la sogliaoltre i 200 kW). Sarebbero molto utilianche specifiche linee di credito con tassiagevolati per le rinnovabili, facendo ricorsoa project bond europei specifici, oppureattingendo dalle entrate connesse con il

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meccanismo europeo dell’ETS o attraversoil gettito derivante dalla carbon tax;

effettuare programmi di rigenera-zione urbana, di recupero di edifici esi-stenti, nonché di eventuale sostituzione diedifici, di bonifica, limitando il consumo disuolo non utilizzato.

È indispensabile puntare, per la ripresadel settore edile e per la disponibilità dialloggi, su programmi di rigenerazione ur-bana e sul recupero, la ristrutturazione, ilrifacimento, il riuso e la riqualificazioneenergetica degli edifici esistenti.

Le bonifiche dei siti contaminati e dellearee industriali dismesse possono divenireun efficace strumento di tutela delle ri-sorse ambientali (suoli e acque sotterra-nee) e di recupero delle aree all’uso pro-duttivo e allo sviluppo di investimenti, ri-ducendo il consumo di nuovo suolo, oltreche costituire un forte volano per l’occu-pazione.

Per favorire tali bonifiche servono sem-plificazioni, modalità di funzionamentodelle conferenze dei servizi e procedurepiù rapide e idonee in particolare per laprotezione delle falde, la riqualificazioneeconomica dei siti, per aggiornare e coor-dinare le analisi di rischio, le procedure dicalcolo e i valori limite. Sono necessariemisure efficaci per fermare il consumoeccessivo di suolo non urbanizzato, pertutelare la produzione agricola e i serviziecosistemici (assetto idrogeologico, biodi-versità, eccetera) che esso fornisce, nonchéper promuovere le attività di recupero delpatrimonio edilizio esistente e il riutilizzodelle aree urbanizzate.

È necessario attivare processi parteci-pativi per lo sviluppo delle città intelligentie sostenibili (Smart City) promuovendo ac-cordi volontari e misure innovative (coin-volgendo Istituzioni, Università e centri diricerca, imprese e cittadini) per la riqua-lificazione in chiave green delle nostrecittà.

In Italia i consumi energetici che pos-sono essere fatti risalire all’edilizia rappre-sentano circa il 36 per cento di quellitotali. Tre sono gli ambiti in cui interve-nire: a) nelle nuove costruzioni; b) nel

patrimonio edilizio esistente; c) nelle cittàin senso lato.

Le istituzioni europee attribuiscono ca-rattere prioritario al tema delle politicheurbane ed in particolare al tema dellarigenerazione urbana, alle quali potreb-bero essere destinati più di 20 mld di euro(3 mld l’anno in 7 anni).

A queste risorse si aggiungono poiquelle del Fondo per lo Sviluppo e laCoesione che possono essere destinati amisure complementari.

C’è necessità di affrontare in modo or-ganico il tema delle città;

rendere stabili le misure di incenti-vazione su ristrutturazioni edilizie, rispar-mio ed efficienza energetica nelle abita-zioni e negli immobili.

Secondo le nuove stime elaborate dalCRESME nel mese di maggio 2014 relativeal valore della produzione delle costru-zioni, nel 2013, su un valore della produ-zione dell’intero settore delle costruzionistimato in 174,6 mld di euro (comprensividegli investimenti in impianti da fontienergetiche rinnovabili – impianti FER, edescluse le spese per i trasferimenti di pro-prietà) la spesa in interventi di manuten-zione straordinaria e ordinaria ammonte-rebbe a 116,8 mld di euro, pari pertanto al66,9 per cento dell’intero fatturato dell’edi-lizia, con un significativo incremento dellerisorse investite rispetto alle previsioni ela-borate nell’autunno del 2013.

Riprendendo i dati degli ultimi anni èpossibile avere un’idea dell’impatto dellemisure di incentivazione e comprendernela portata. Nel 2011 gli investimenti age-volati ammontavano a 17,7 mld di euro.Nel 2012 sono passati a 19,2 mld di euroin conseguenza di un aumento degli inter-venti per il recupero edilizio (16,3 mld dieuro, contro i 14,4 del 2011) e di unariduzione degli interventi finalizzati al ri-sparmio energetico (2,9 mld di euro controi 3,3 del 2011).

Il 2013 è stato caratterizzato da unulteriore ed eccezionale aumento dell’im-porto dei lavori detraibili, visto che laquota degli investimenti è stimata ad unlivello di circa 27,5 mld di euro. La crescitadel valore complessivo è imputabile sia agli

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interventi di recupero (che ammontereb-bero a 23,5 mld di euro), sia agli interventidi efficientamento energetico (4 mld).

L’elevato aumento del 2013 appare ri-conducibile proprio alle evoluzioni delquadro normativo.

Infine per il 2014, si ipotizzerebbe, nelloscenario previsionale, un ulteriore incre-mento del 20 per cento dei lavori attivatinel 2013, sia per il recupero edilizio cheper l’efficienza energetica. E la spesa pre-vista in interventi di riqualificazione in-centivata nel periodo 2011-2014, genere-rebbe un assorbimento occupazionalecomplessivo pari a circa 971.000 occupatidiretti corrispondente a una media annuanel triennio di 242.000 occupati. Conside-rando anche gli occupati indiretti l’occu-pazione attivata nel periodo sarebbe di1.400.000 occupati.

In considerazione del peso sempre piùrilevante che i lavori incentivanti svolgonosul mercato, a valori correnti nel 2013 lacrescita degli investimenti in costruzioni èstimata in 5,1 punti percentuali, e nel 2014in 6,8 punti;

investire nella mobilità sostenibile ur-bana.

Per rendere più sostenibile il sistema dimobilità, e limitarne gli impatti ambientalie sociali negativi, è necessario invertire latendenza dei decenni passati alla espan-sione incontrollata degli agglomerati urbanie al crescente consumo di nuovo suolo.Prima di consumare nuovo suolo è impor-tante dimostrare che non sia possibile riu-tilizzare uno spazio esistente. Una « cittàcompatta » riduce la domanda di trasportoprivato, la lunghezza degli spostamentiquotidiani, e offre allo stesso tempo nuovoimpulso economico tramite lo sviluppo diattività di rigenerazione urbana.

In questo senso bisogna dare prioritàalla mobilità urbana sostenibile. La stra-grande maggioranza delle emissioni inqui-nanti e degli impatti sociali dei trasporti inItalia avviene per gli spostamenti al di sottodei 30 km e quindi relativi alle città. Pun-tare su una mobilità sostenibile urbana si-gnifica potenziare il trasporto pubblico ur-bano (garantendo sedi dedicate, nodi ur-bani efficienti, maggiore velocità e investi-

menti adeguati, finanziabili anche conproventi dei pedaggi e delle tasse di circola-zione); significa incrementare notevol-mente la modalità ciclo-pedonale (pun-tando al 15 per cento degli spostamentiurbani in bicicletta); significa sviluppare ilcar sharing e il car pooling, che in molti casipossono attrarre iniziative economiche pri-vate e partnership pubbliche-private.

Inoltre è indispensabile espandere ladiffusione di veicoli a basse emissioni. Ilparco circolante in Italia (primo in Europacon oltre 600 autoveicoli ogni 1.000 abi-tanti) va reso più sostenibile sia numeri-camente, riducendo il traffico e gli auto-veicoli circolanti in particolare nelle città,sia qualitativamente, attraverso la sostitu-zione dei veicoli più inquinanti con quellia basse emissioni (sotto i 95g. di CO2 perkm) e con quelli a gas, ibridi ed elettrici.Nel 2030 un veicolo circolante su due devefar parte di queste tipologie a basse emis-sioni. Per facilitare questa transizione sa-rebbe utile adottare la Direttiva Eurovi-gnette (che prevede pedaggi differenziati inbase alle emissioni) e forme di incentiva-zione alla sostituzione con veicoli a basseemissioni;

valorizzare le potenzialità di crescitadella nostra agricoltura di qualità.

È necessario promuovere gli investi-menti degli imprenditori agricoli in attivitàche favoriscano produzioni biologiche, diqualità, di filiera corta (anche attraverso idistretti rurali e agroalimentari) e di raf-forzamento in chiave green delle attivitàdel settore che assicurano le maggiori pos-sibilità di successo economico della nostraagricoltura. Devono essere incentivati l’ac-quisto e il consumo di prodotti agroali-mentari di qualità, ottenuti con processisostenibili, di filiera corta anche attraversoazioni mirate tese a rafforzare la venditadiretta (come la messa a disposizione dibeni immobili inutilizzati appartenenti alpatrimonio dello Stato per agevolare gliagricoltori nell’apertura dei mercati ali-mentari. Buoni risultati si possono otte-nere anche dall’inserimento di alimentibiologici e a filiera corta negli acquistiverdi della pubblica amministrazione. Oc-corre favorire, attraverso lo strumento

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della detrazione fiscale, le iniziative privatedirette a valorizzare la dimensione multi-funzionale dell’agricoltura. In particolare,si tratta di integrare lo sviluppo dell’agri-coltura e delle attività tradizionalmentecollegate alla produzione con azioni miratea promuovere la pluriattività, intesa comestrumento di organizzazione, manuten-zione e fruizione del territorio nel suocomplesso.

La nostra agricoltura è una delle piùcompetitive a livello europeo con primatinel valore aggiunto per ettaro (2181 euro/ha, il triplo di quello del Regno Unito, ildoppio della Spagna, quasi il doppio dellaFrancia, 1 volta e mezza di quello tedesco),occupati agricoli ad ettaro (10,1 ogni 100ha, il triplo rispetto alla Francia, Germaniae Spagna, quasi 6 volte quello del RegnoUnito), export nel mondo e sicurezza ali-mentare.

Riguardo a questo ultimo aspetto, bastipensare che il settore agricolo italianovanta il minor numero di prodotti agroali-mentari con residui chimici oltre il limite(0,3 per cento), inferiori di 5 volte a quellidella media europea (1,5 per cento di irre-golarità) e di 26 volte a quelli extracomuni-tari (7,9 per cento). Risultati importanti,raggiunti anche grazie alla scommessa sullaqualità e sulla sostenibilità. Quasi la metà(49,1 per cento) delle imprese con produ-zione prevalentemente agricola con dipen-denti, infatti, negli ultimi tre anni (2010-2012) ha adottato metodi e tecnologie per lariduzione dei consumi di energia e acqua.Si tocca la punta del 63 per cento nel set-tore delle coltivazioni di serra e dei vivai,dove il consumo di acqua ed energia è piut-tosto elevato;

promuovere la valutazione degli ef-fetti occupazionali dei diversi interventi« green »;

attivare un piano nazionale per l’oc-cupazione giovanile per una green eco-nomy.

Si tratta di una delle sfide più impe-gnative e più urgenti per il nostro Paese.L’occupazione, in particolare quella giova-nile, è oggi una straordinaria emergenza echiama direttamente in causa la capacità

dell’Italia di ricostruire una strada verso ilfuturo. Ciò richiede scelte nette e incisiveche, da un lato, ridiano fiato ai consumi e,dall’altro favoriscano investimenti pernuova e buona occupazione e aiutino ilsistema delle imprese.

Occorre promuovere l’occupazione gio-vanile riducendo per almeno tre anni, ilprelievo fiscale e contributivo per l’impiegodi giovani. Occorre varare un piano na-zionale per lo sviluppo dell’occupazionegiovanile, sostenuto con iniziative mirate diformazione e qualificazione, con lo scopodi dare più forza al manifatturiero Made inItaly, associato alla bellezza e alla qualitàecologica, con produzioni pulite e prodottidi elevata qualità ecologica attraverso:

1) una revisione e riallocazione inchiave di green economy e di ecoinnova-zione degli incentivi distribuiti all’industriain vari modo;

2) un rafforzamento in chiave greendelle principali filiere produttive (costru-zioni, agricoltura e agroalimentare, ener-gia, turismo, meccanica, chimica, tessile eabbigliamento, ecc.);

3) un programma di risanamento eriqualificazione ambientale degli impiantie delle produzioni ad elevato impatto pro-muovendo l’innovazione dei processi pro-duttivi e dei prodotti;

4) il lancio di specifiche iniziativenazionali di valorizzazione green del tes-suto produttivo, attraverso la promozionedel Made « green » in Italy di prodotto e diqualificazione in chiave ambientale dellearee industriali anche per aumentare l’at-trattività dei territori;

5) il sostegno alle start-up di impresegiovanili della green economy.

Naturalmente, in materia di green eco-nomy, ciò che vale per l’Italia, ciò che valeper un Paese, deve valere per gli altri. Nelsenso che la green economy è necessaria-mente una sfida globale che deve investireogni singolo paese e ogni area del mondo.Realizzare le condizioni per uno svilupposostenibile non può essere un impegno

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unilaterale, ma richiede una larghissimaconvergenza nella definizione degli obiet-tivi e una straordinaria determinazione nelloro perseguimento.

La sfida è ambiziosa, ma è anche l’unicastrada percorribile se si vogliono salva-guardare le più grandi conquiste della ci-viltà e preservare il patrimonio naturale. Sitratta di ridefinire nuovi equilibri capaci direstituire prospettiva all’umanità supe-rando la contrapposizione anacronisticatra i diritti degli individui, le loro aspira-zioni e la difesa del pianeta.

In questo senso l’Europa può e deveessere all’avanguardia, deve essere concre-tamente un punto di riferimento avanzatosul terreno dell’innovazione e della costru-zione di una nuova sintesi tra le ragionidello sviluppo e della crescita e quelle dellatutela dell’ambiente.

Ci sono tutte le condizioni perché ciòaccada. A dirlo è l’ultimo rapporto del-l’Agenzia europea per l’ambiente (EEA):« la sfida europea parte dalla Green Eco-nomy, per stimolare il lavoro e l’innova-zione ». E ancora: « l’Europa necessita diuna vera e propria sterzata, decisa e siste-matica, verso vere e proprie politiche am-bientali. Per esempio, l’obiettivo propostodi tagliare i gas responsabili dell’effettoserra dell’80-95 per cento rispetto ai livellidel 1990 entro il 2050 non sarà possibilefacendo unicamente affidamento sui mag-giori standard di efficienza. Ciò che serve èl’innovazione alla guida di questo processo.L’innovazione ambientale è la chiave perindirizzare le sfide del 21esimo secolo. Que-sto non vuol dire solo incoraggiare nuoveinvenzioni, ma incoraggiare la nascita e ladiffusione di nuove tecnologie verdi po-trebbe essere ancora più importante ».

E la nuova programmazione comunita-ria 2014-2020 rappresenta senza dubbiouna straordinaria opportunità per farepassi avanti nella giusta direzione.

L’Italia deve cogliere questa occasioneinsieme a tutti gli altri partner europei.Deve farlo in modo particolare in questafase nella quale è chiamata a guidare ilsemestre di Presidenza europea.

È opportuno, in questi mesi, porre alcentro dell’agenda europea alcuni temi e

alcune priorità in grado di sviluppare eaccelerare politiche di promozione dellagreen economy.

1) Misure europee di fiscalità ecologicasia per migliorare l’efficacia delle politicheambientali, sia per alleggerire la pressionefiscale sul lavoro e sulle imprese.

L’Italia su questo terreno ha le carte inregola per portare un contributo impor-tante alle politiche fiscali europee. Il 24febbraio 2014, infatti, il Parlamento ita-liano ha approvato la delega al Governo inmateria fiscale, che prevede un richiamodiretto alla fiscalità energetico-ambientale(articolo 15); nel Collegato Ambientale allaLegge di Stabilità (ancora all’esame delParlamento), sono inoltre previsti, agli ar-ticolo 30 e 31, l’istituzione di un Comitatoper il Capitale Naturale e di un Catalogodei sussidi ambientali dannosi e favorevoli.

È possibile operare per dare attuazionepratica alle ripetute indicazioni, prove-nienti dalla stessa UE, per identificare erimuovere i sussidi pubblici dannosi perl’ambiente attualmente esistenti; dare at-tuazione agli indirizzi di contabilità am-bientale per misurare il valore del capitalenaturale e dei servizi eco-sistemici; varareun programma di riforma della fiscalitàgenerale integrato con quella ambientaleche sia incentrato su uno spostamentosignificativo della tassazione dal lavoro al-l’ambiente; promuovere una valutazionesull’efficacia degli strumenti fiscali e pa-rafiscali attualmente operanti a livello eu-ropeo, a cominciare dall’ETS per i grandiimpianti e dall’Euro-Vignette per i tra-sporti fino ai crediti di carbonio derivantidal compostaggio dei rifiuti organici e la-vorare ad una proposta per un nuovosistema integrato, anche basato su un mec-canismo carbon tax, che sia efficace ai finidel raggiungimento degli obiettivi climaticie ambientali; prestare maggiore attenzioneai criteri ecologici nella revisione in corsodella Direttiva sulla tassazione energetica,con attenzione anche a non ostacolarel’utilizzo dei carburanti gassosi, necessariper ridurre gli impatti ambientali per unafase di transizione.

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2) La crisi climatica si sta aggravandocon conseguenze rilevanti, non solo am-bientali, ma sociali ed economiche.

Superato il periodo di verifica del Pro-tocollo di Kyoto, occorrono nuove misureinternazionali ed europee per fronteggiarequesta vera e propria emergenza. Questemisure possono avere anche positive rica-dute sia economiche, sia occupazionali ri-ducendo i consumi e le importazioni dicombustibili fossili, aumentando investi-menti e occupazione sia nell’efficienzaenergetica, sia nello sviluppo ulteriore dellefonti energetiche rinnovabili.

Entro l’anno in corso l’Unione Europeadefinirà i suoi impegni per il 2030 su climaed energia, mentre è chiamata a contri-buire a definire il nuovo trattato interna-zionale sul clima che verrà approvato inoccasione della Conferenza di Parigi del2015. La proposta della Commissione eu-ropea (COM(2014)15) in discussione puòessere migliorata con:

l’identificazione di tre target distintiper le emissioni di gas serra, le fonti rin-novabili e l’efficienza energetica;

la ripartizione degli impegni fra gliStati membri attraverso un meccanismo diburden sharing che includa anche mecca-nismi periodici di verifica dei risultati as-sociati a sistemi premiali o sanzionatori.

Nell’ambito della trattativa per l’ac-cordo globale sul clima, l’UE sotto la guidaitaliana, potrebbe dare un contributo im-portante per un nuovo accordo (postKyoto) internazionale sul clima, soste-nendo:

una progressiva convergenza versotarget basati sulle emissioni pro capite digas serra, identiche almeno per tutti igrandi paesi, grandi emettitori;

un accordo preliminare fra i grandiPaesi che emettono la gran parte delleemissioni di gas serra che preveda obiettivivincolanti e modalità di controllo.

3) Nell’ambito della nuova PAC occorrepromuovere modelli di agricoltura soste-nibile e di qualità che consentano:

di portare a termine la revisione delregolamento sulla produzione biologica;

di favorire un’etichettatura, di tipoeuropeo, orientata alla trasparenza, allacorretta informazione del consumatore edalle esigenze del sistema delle imprese;

di accelerare la semplificazione delleprocedure relative alle denominazionid’origine, alla applicazione della menzionespecifica « Prodotti di Montagna » ed al-l’analisi di quella relativa ai « Prodotti diFattoria », favorendo le condizioni perché iprodotti di qualità certificati siano tutelatie riconosciuti a livello internazionale;

di intervenire sulle metodologie dicalcolo degli impatti ambientali, renden-doli più semplici, flessibili ed applicabilianche per le piccole e medie imprese agri-cole, e più rispondenti ai concetti di eco-nomia circolare;

di sostenere l’azione del Ministro del-l’Ambiente nella direzione di affermare ilprincipio della sovranità alimentare equindi la libertà dei singoli Stati membri discegliere la propria strategia agro-alimen-tare potendo prevedere l’esclusione del-l’utilizzo degli OGM.

4) Sostenere l’iniziativa europea per ilriutilizzo delle acque reflue per un usoagricolo e industriale per i quali ad ogginon esistono standard comuni relativi alloro impatto ambientale e sanitario. Adesempio, normare sistemi come la Fitode-purazione, consentirebbe a tutta una seriedi insediamenti sparsi di risolvere il pro-blema delle acque reflue in modo naturalee sostenibile, senza dover ricorrere ad ap-parati costosi ed impattanti.

5) Durante il semestre di Presidenzaitaliana dell’UE sarà discussa la Comuni-cazione della Commissione Europea sul-l’uso efficiente delle risorse e i rifiuti.

È l’occasione per affrontare la disci-plina in materia, soprattutto su alcuni nodiancora aperti:

l’attuazione delle linee guida europeeper la prevenzione della produzione deirifiuti;

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il rafforzamento a livello europeo delGPP al fine di rendere effettivo e raggiun-gibile, per le pubbliche amministrazioni,l’obiettivo del 50 per cento di acquistipubblici verdi;

il rafforzamento del principio dellaresponsabilità estesa del produttore, con ilcoinvolgimento anche di quelle filiere doveancora non si applica;

innalzamento degli obiettivi di ricicloe l’elaborazione di un modello europeounitario di calcolo del conseguimento ditali obiettivi, che includa tutti i rifiutiurbani;

la fissazione di obiettivi specifici perla raccolta e il trattamento dei rifiuti or-ganici e l’applicazione delle indicazionidella Sail Strategy laddove si propone dicreare incentivi per ridurre le emissioni dicarbonio e preservare la materia organicadel suolo;

la definire della proposta di Direttivasulla riduzione dei sacchetti di plasticamonouso;

il completamento a livello europeodelle norme tecniche per l’End of Waste egli indirizzi sulla definizione di sottopro-dotti;

il calcolo delle ricadute occupazionaliper ciascuna fase della gestione dei rifiuti;

l’introduzione nel dibattito interna-zionale, a fianco della eco-efficienza, anchedel concetto di eco-sufficienza inteso quale

calcolo delle risorse naturali utilizzate perciascuna attività antropica per disporre diuna misura della pressione globale sull’am-biente.

6) Consolidare e rafforzare a livelloeuropeo le politiche per una green eco-nomy.

Tenendo conto che la Commissione e ilParlamento Europei hanno proposto comepriorità per il 2014, il rilancio della cre-scita e la creazione di nuovi posti di lavoroe che il Governo italiano intende promuo-vere un dibattito approfondito sulla « cre-scita verde » e la « creazione di occupa-zione », in particolare quella giovanile, rea-lizzando un incontro congiunto dei Mini-stri dell’Ambiente e dei Ministri del Lavorodell’Unione Europea, è possibile e auspi-cabile una maggiore incidenza delle tema-tiche della green economy in modo dareinserire, nel ciclo annuale di coordina-mento delle politiche europee, lo svilupposostenibile come principio guida dello svi-luppo dell’Unione.

È infine auspicabile che le conclusionidella Presidenza italiana prevedano, nel-l’ambito dell’analisi annuale della cre-scita, di considerare con particolare at-tenzione le opportunità di nuovo sviluppocreate dalle politiche ambientali e inse-rendo altresì tra le politiche prioritarie inmateria di crescita e occupazione lo svi-luppo di una green economy, consentendol’esclusione degli investimenti in ricerca eecoinnovazione dai vincoli del Patto diStabilità.

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