Cadario Nerone e Il Potere Delle Immagini 2011

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a cura di M.A, Tomei e R. Rea
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1. Dettaglio dellacorazza della statualoricata di Nerone daCaere. Città delVaticano, MuseiVaticani

significativo, sebbene ridotto, programma decorativo dedicato proprio all’illustrazione dellasottomissione dei Parti. Nella parte superiore della lorica lo stesso Nerone (il cui ritratto riprende iltipo creato nel 64) è alla guida del carro del Sole, ossia nella stessa iconografia del velario del teatrodi Pompeo; nella parte inferiore due Arimaspi in costume orientale venerano una coppia di Grifonioffrendo una patera e inginocchiandosi, replicando così la proskynesis con cui Tiridate avevaaccettato il diadema da Nerone. Nel mito gli Arimaspi erano uomini monocoli che abitavano aiconfini del mondo conosciuto, dove contendevano il possesso dell’oro ai Grifoni, gli animali a lorovolta fantastici e sacri ad Apollo che custodivano le miniere aurifere per conto del dio; nella statuadi Caere, traducendo la complessa allegoria tipica del linguaggio della propaganda giulio-claudia,gli Arimaspi simboleggiavano quindi i Parti che si sottomettevano al potere apollineo di Roma,identificato dai Grifoni, sotto lo sguardo stesso di Nerone/Sol Invictus che sembrava spuntareinsieme alla sua quadriga nella parte superiore della lorica. La submissio dei Parti/Arimaspiavrebbe poi goduto (come Tiridate) della clemenza imperiale (cfr. Seneca, Sulla clemenza, 1, 2).Di per sé l’iconografia non era una novità assoluta, ma l’inserimento del volto dell’imperatoreserviva a riprodurre le circostanze eccezionali dell’investitura di Tiridate replicando l’immagine diNerone realizzata ad hoc per il teatro di Pompeo. La statua aveva così lo scopo di ribadire che quellospettacolo non era stato solo un’indimenticabile performance (il dies aureus) offerta al popoloromano da un istrionico imperatore, ma il frutto di una strategia propagandistica coerente chevoleva presentare l’incoronazione del re vassallo come un atto di clemenza in risposta alla suasottomissione e quindi come un successo politico e militare favorito proprio dalla protezione diApollo/Helios. La rappresentazione della scena in un loricato ribadiva inoltre il ruolo perenne diimperator vittorioso impersonato ormai da Nerone. L’investitura di Tiridate rappresentò forse ilmomento più felice della comunicazione pubblica di Nerone almeno a Roma, visto che subito dopoegli partì per la Grecia e fu poi travolto dalla crisi del suo governo appena rientrato nella capitale.

176 Alla fine del maggio del 66 Roma visse una giornata indimenticabile, in cui Nerone diede provadel suo indubbio talento scenografico allestendo uno spettacolo di rara efficacia: l’incoronazionedel re d’Armenia Tiridate, il fratello del re partico Vologese (Dione Cassio, Storia romana, 63, 2-6;Svetonio, Nerone, 13; Plinio, Storia naturale, 33, 54; Tacito, Annali, 16, 23-24). Essa avvenne inuna cornice eccezionale ed era stata preceduta da costose cerimonie lungo tutto il percorso cheaveva portato il principe arsacide dalla Siria all’Urbe. Tiridate aveva viaggiato a cavallo insieme allamoglie e al suo seguito per nove mesi via terra e aveva incontrato Nerone a Napoli, da dove i due sierano recati a Roma. All’alba il popolo romano li attendeva già schierato lungo le strade e nel Foro,dove aspettavano anche i soldati resi scintillanti dalle armi e dalle corazze da parata. Il primo adarrivare fu Nerone, che, vestito in abito trionfale e attorniato dai pretoriani, prese posto sui rostri,sedendosi sul seggio curule; poco dopo Tiridate lo raggiunse, si prostrò in segno di sottomissione esi disse suo servo e pronto persino ad adorarlo. Nerone gli rispose proclamandolo prima a voce red’Armenia e poi ponendogli sul capo il diadema tra le acclamazioni della folla. La cerimonia sispostò nel Campo Marzio e si ripeté nel magnifico teatro di Pompeo, tutto rivestito d’oro perl’occasione e dotato anche di un nuovo tendone, in cui campeggiava l’immagine dello stessoNerone alla guida della quadriga solare nel cielo stellato. Di sera la festa proseguì in forma privata,ossia con un banchetto in cui Nerone si esibì come citaredo e auriga, vestendo entrambi i costumie rinunciando alla toga da trionfatore indossata di giorno. In seguito egli si assegnò anche unaacclamazione imperatoria, corone d’alloro e il titolo perpetuo di imperator.In questo show lungo un giorno l’imperatore aveva riunito i temi chiave della sua propaganda: lapresentazione al popolo della vittoria sui Parti, il grande nemico orientale dell’impero (in realtà ilconflitto si era concluso con un compromesso); l’accostamento al Sole, da tempo una priorità perNerone, che scandì i tempi stessi della cerimonia per sottolinearlo, facendo coincidere con le primeore della giornata il “rito” forense in cui Tiridate lo equiparò a Mitra (una divinità solare),sfruttando molteplici effetti di luce (le armi e le corazze risplendenti dei soldati, il teatro dorato nelpieno della luce del giorno) e facendosi ritrarre alla guida del carro solare sul telo che proteggeva ilpubblico dai raggi del sole; last but not least la passione per i ludi, esibita dall’imperatore siascegliendo il teatro come seconda location dello spettacolo sia presentandosi come auriga perribadire il suo rapporto con Sole/Helios, il dio auriga per eccellenza.Come accade di rado, una testimonianza concreta della traduzione in un “monumento” di questaspettacolare cerimonia è giunta fino a noi grazie a una statua loricata dello stesso Nerone che fuaggiunta tra il 66 e il 68 a un gruppo dinastico eretto nel teatro di Caere (Cerveteri) (fig. 1). Latesta dell’imperatore fu probabilmente rimossa dopo la sua morte, ma la corazza è decorata con un

M AT T E O C A D A R I ON E R O N E E I L

“ P OT E R E D E L L E I M M A G I N I ”

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come testimoniano una bella testa con indosso la corona civica (?) proveniente forse da Vienne(oggi è a Genf) e altri ritratti in cui il giovane principe mostra tratti meno infantili (Mantova). Ilcambiamento non riguardò tanto l’acconciatura, quindi non si trattò di un vero e proprio nuovotipo ritrattistico, quanto l’età, in modo da conferire al giovane principe un aspetto più adulto eadatto all’erede al trono. Questo intento si nota anche in una statua togata di Detroit, diprovenienza asiatica, che potrebbe raffigurare il giovanissimo Nerone con indosso proprio la togavirile al posto di quella infantile. L’attenzione con cui la propaganda illustrava i delicati equilibriconnessi alla successione dinastica è confermata dal Sebasteion di Afrodisia, il grande santuariodedicato al culto imperiale, la cui costruzione doveva mostrare il legame della città caria con lafamiglia giulio-claudia: in un pannello si trovò quindi il modo di illustrare il primato di Nerone suBritannico raffigurando i due principi insieme e in nudità eroica, ma il solo Nerone stringeva ilglobo terrestre e l’aplustre, segno evidente della sua supremazia.

Figlio dell’optima mater Agrippina MinoreNella cura con cui il ruolo di Nerone fu rafforzato e comunicato si riconosce l’intervento dellamadre Agrippina, la cui onnipresenza al fianco del figlio, già evidente prima dell’ascesa al trono,segnò anche il momento delicato della successione, il 13 ottobre del 54, circostanza che ladonna seppe gestire con grande abilità, guadagnandosi uno spazio pubblico inusitato per ilmondo romano. Il suo ruolo di garante dell’autorità del figlio, che si avvicinava all’esercizioeffettivo del potere, è dimostrato dal gran numero di ritratti esistenti, dall’acclamazione qualeoptima mater (Svetonio, Nerone, 9), dal titolo di Augusta, da oggetti preziosi come il cammeo diColonia, in cui Agrippina/Fortuna incoronava Nerone assimilato a Giove, e dalla monetazioneurbana, dove l’imperatrice era eccezionalmente ritratta insieme al figlio (cfr. gli aurei con le testeaffrontate di madre e figlio e quelli con i capita iugata), proprio così come lo accompagnavanelle occasioni pubbliche, suscitando preoccupazione tra i consiglieri imperiali.Agrippina voleva infatti partecipare agli affari di stato e cercò di intervenire direttamente nella

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2a. Ritratto di Neronebambino (1° tipo).Parigi, Louvre

2b. Ritratto di Neroneda Olbia (2° tipo).Cagliari, MuseoArcheologico Nazionale

2c. Ritratto di Neronedal Palatino (3° tipo).Roma, Museo Palatino

2d. Ritratto di Nerone(4° tipo). Monaco diBaviera, Glyptothek

Da Domizio Enobarbo a Giulio-ClaudioNato nel 37, Nerone entrò nella famiglia imperiale solo nel 50, quando Claudio, dopo avernesposato la madre Agrippina Minore (nel 49), lo adottò. La fretta di comunicare la novitàdell’adozione è dimostrata dall’elaborazione immediata del primo tipo ritrattistico ufficiale delgiovane principe (il tipo “Parma”) (fig. 2a) che, nell’intento di legittimare la sua posizione, lo resesomigliante al padre adottivo nella pettinatura, spartendo la frangia intorno a un analogo motivoa forcella (altri dettagli di acconciatura e fisionomia, come le basette e le sopracciglia marcate,erano invece tratti personali del giovane principe). Seguì l’immediato inserimento di Nerone neicicli statuari che presentavano la famiglia imperiale nei principali edifici pubblici delle cittàromane. Le élites locali onoravano infatti abitualmente i membri della domus Augusta,aggiornando progressivamente i cicli a seconda degli sviluppi della politica dinastica e ilfrequente inserimento di giovani principi e principesse era anche un modo per rassicurare sullacontinuità della famiglia imperiale, un’esigenza che si fece più forte in età claudia, quando iritratti infantili in toga conobbero un vero e proprio boom (cfr. Veio, Rusellae, Luni, Fano eMilano). L’identificazione di Nerone bambino è sicura per due statue togate conservate a Parma eal Louvre e provenienti rispettivamente da Velleia (fig. 3) e da Gabii (o Anzio). In entrambe egliindossa la toga praetexta e la bulla, ossia il tipico costume infantile romano che era sostituitodalla toga virile al momento dell’ingresso nella vita adulta. Come si conveniva all’erede al tronoNerone anticipò i tempi ed ebbe il privilegio di portare la nuova toga già nel 51, ossia a soli 13anni, il che consente di datare le due statue tra il 50 e il 51; esse costituirono dunque un’ecoimmediata dell’adozione di Nerone e una prova della rapidità con cui le élites municipali italichesi adeguavano ai cambiamenti in corso nella famiglia imperiale.La designazione di Nerone quale erede effettivo dell’impero divenne palese tra il 51 e il 52 con ilconferimento degli onori connessi al ruolo di “Cesare” e con la sua frequente raffigurazione nellamonetazione imperiale, da cui invece Britannico, il figlio naturale di Claudio più giovane però diNerone, era escluso. Nel frattempo fu aggiornato anche il ritratto ufficiale del futuro imperatore,

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1814. Pannello delSebasteion di Afrodisiaraffigurante Neroneincoronato dalla madreAgrippina Minore

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3. Nerone togato conbulla da Velleia. Parma,Museo ArcheologicoNazionale

gestione della crisi armena che segnò l’inizio del duro conflitto con i Parti che proseguì dal 54 al63. Nell’occasione ella tentò di ricevere insieme a Nerone gli ambasciatori armeni, ma fu ostacolatada Seneca e da Afranio Burro (Dione Cassio, Storia romana, 61, 3). Un pannello del Sebasteion diAfrodisia descrive molto bene il ruolo dell’imperatrice in quel difficile frangente. Anch’essoraffigura (ma in un edificio pubblico) l’incoronazione di Nerone da parte della madre (fig. 4):Agrippina è sempre assimilata a Fortuna dalla cornucopia, mentre il figlio indossa la corazza persottolineare i successi iniziali nella guerra contro i Parti. La scena era la stessa illustrata dalle statuedi culto del tempio di Roma e di Augusto a Pergamo, in cui Augusto loricato era incoronato a suavolta da una figura femminile, ma il delicato compito di porgergli la corona, che implicava ancheuna preminenza di rango, era toccato in quel caso alla dea Roma, mentre ad Afrodisia, l’élite, beneinformata su quanto accadeva a corte, si affrettò a “fotografare” la situazione affidando proprioall’Augusta il compito di incoronare il figlio, per sottolineare così il suo anomalo ruolo pubblico.L’annuncio della vittoria era poi completato da un secondo pannello in cui lo stesso Nerone eraritratto come l’amorevole soccorritore di uno stato cliente, ossia mentre, come un giovane eroe,risollevava l’Armenia caduta a terra; la scena era volutamente ambigua, perché, alludendo almodello eroico del duello tra Achille (Nerone) e l’amazzone Pentesilea (la personificazionedell’Armenia), mostrava l’imperatore sia come un guerriero vincitore sia come il “salvatore” diun’Armenia prostrata.In entrambi i pannelli il volto dell’imperatore appare cambiato: chi saliva al trono si affrettavainfatti a dotarsi di un nuovo ritratto e così fece anche Nerone almeno dall’inizio del 55, quando ilcosiddetto tipo “Cagliari” comparve per la prima volta sulle monete (fig. 2b). Questo nuovo ritrattoriformulava in senso più realistico (cfr. gli occhi infossati, il labbro superiore prominente e gliorecchi a sventola) l’iconografia del giovane principe giulio-claudio, del quale conservava peròancora la caratteristica frangia compatta e bipartita dal motivo a forcella. I rilievi di Afrodisia sidatano quindi nel corso del 55 e segnano nello stesso tempo l’apice del potere di Agrippina el’inizio del suo declino, nel quale fu decisivo proprio il tentativo di vedere riconosciutoapertamente l’esercizio di una sorta di reggenza/tutela sul figlio. Dopo il 55 ella scomparve infattidalla monetazione e, sebbene conservasse una certa influenza, perse ogni ruolo ufficiale finché noncadde vittima dell’ira imperiale nel 59.

Il modello augusteo e la vittoria particaQuando nell’autunno del 54 Nerone era salito sul trono, nel suo primo discorso (scritto da Seneca),in cui aveva proclamato l’apoteosi di Claudio, aveva dichiarato la sua volontà di governare secondoil modello augusteo (Svetonio, Nerone, 10, 1). A suo modo egli restò fedele a questo intento pertutto il principato, sfruttando la guerra con i Parti per sviluppare il nesso che Augusto avevastabilito per primo tra la vittoria partica, il ritorno dell’età dell’oro (l’aurea aetas) e la protezione diApollo e di Sol/Helios. Proprio l’uso di questi temi fin dall’inizio del regno neroniano fa dubitareche sia possibile scandire l’evoluzione dell’immagine dell’imperatore, individuando date specificheper l’inizio della sua assimilazione ad Apollo (59) e al Sole (64). Nonostante quei due anni abbianosegnato delle svolte, la propaganda neroniana non operò con tanta coerenza, anzi intrecciò spessotra loro i vari temi, come si è visto nell’incoronazione di Tiridate nel 66, restando per giunta alungo nel solco del modello augusteo, per distaccarsene solo negli ultimi anni.Nel 55 la strada dell’imitatio Augusti nella celebrazione della vittoria partica fu sceltadall’entourage di Nerone accettando che una statua (effigies) del giovane sovrano fosse collocatanel tempio di Marte Ultore (Tacito, Annali, 13, 8, 1), dove erano conservate le insegne legionarieche i Parti avevano riconsegnato proprio ad Augusto nel 20 a.C. Il nesso con il dio della guerra fuaccompagnato dall’adozione immediata dell’immagine loricata, testimoniata nel rilievo diAfrodisia e in una statua di Tralleis (fig. 12c), oggi acefala ma identificata con Neronedall’iscrizione e datata ai primi anni di regno. In entrambe le corazze la decorazione è formata dasimboli solari, evidenziando così l’accostamento a Sol/Helios già nel momento delle prime vittoriein Armenia, un legame confermato da un altro pannello del Sebasteion di Afrodisia del quale siconserva solo l’iscrizione da cui si deduce però che Nerone e il dio vi fossero rappresentati insieme.In seguito la vittoria romana sui Parti fu celebrata di nuovo nel 58 nelle forme consuete dellasalutazione imperatoria e della costruzione in Campidoglio di un arco onorario, che fu completatonel 62, ossia prima della conclusione del conflitto nel 63. L’arco fu poi distrutto dopo la morte di

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1837. Denario raffiguranteforse Nerone assimilatoad Apollo citaredo

8. Altare di Eumolpo.Firenze, MuseoArcheologico Nazionale Questa adesione a modelli ellenistici è coerente con le decisioni pervase di filellenismo prese

dall’imperatore in quegli stessi anni, e in particolare con l’istituzione dei primi concorsi musicali eletterari (Iuvenalia nel 59 e i Neronia nel 60). Di per sé l’interesse dell’imperatore per il teatro eper le recitationes non era una novità, visti l’impegno nel restauro di edifici teatrali municipali eanche la frequente presenza di statue di Nerone nei teatri (Bologna, Caere, Vaison) e soprattuttonegli odeia (Cosa, Luni, Vienne), una presenza che si inseriva comunque ancora nel solcodell’esempio augusteo. È significativa del clima culturale dell’epoca anche la contemporaneaaffermazione di una nuova iconografia del cittadino romano come intellettuale/poeta in toga,ottenuta mediante la rappresentazione del gesto di interrompere la lettura (cfr. un togato di etàneroniana dal teatro/odeion di Luni).Nerone si preparava però a fare molto di più, ossia a calcare personalmente la scena come citaredo,attore e pantomimo, coltivando così in pubblico ciò che per un aristocratico romano era stato finoad allora accettato (e raramente) solo in privato. Dal 59 Nerone si impegnò invece moltissimonella sua carriera musicale e teatrale, in cui esibiva le abilità nel canto e nell’uso della cetra,condivise proprio con Apollo. L’esordio sulla scena produsse così anche nuove immagini, estraneealle consuete iconografie imperiali. Svetonio (Nerone, 25, 2) riferisce infatti al momento del ritorno“trionfale” dalla Grecia a Roma la rappresentazione di Nerone in costume da citaredo in alcunestatue e nella monetazione. In effetti diverse emissioni coniate a Lione e in Grecia tra il 64 e il 67,raffigurano sul rovescio un citaredo in azione in cui è stato riconosciuto l’imperatore nelle vesti diApollo (fig. 7). L’identificazione non è evidente, ma è significativo che i romani, e tra costoro ancheSvetonio, abbiano creduto che si trattasse di immagini di Nerone e non del dio. Per quantoAugusto fosse stato a sua volta assimilato ad Apollo sul Palatino e le immagini di Nerone citaredofossero una “logica” conseguenza delle sue vittorie nel tour greco, niente di simile si era visto aRoma tanto che l’imperatore stesso ne limitò la collocazione alla propria residenza privata.Calcare le scene fece inoltre sì che Nerone si immergesse a fondo in quel mondo del mito in cuisceglieva i soggetti delle sue interpretazioni, spesso suggerendo, come ha sostenuto E. Champlin,anche un certo grado di identificazione con i “suoi” personaggi. Una coincidenza interessante siscorge allora nel soggetto di due delle poche sculture verosimilmente attribuibili all’arredoscultoreo di una residenza neroniana. Il debutto professionale di Nerone come citaredo nel 64

182 5. Rilievo con guerrieropartico. Roma, MuseoNazionale Romano

6. Efebo di Subiaco.Roma, Museo NazionaleRomano, Palazzo Massimo alle Terme Nerone, ma siamo informati sul suo aspetto grazie alle monete che lo raffigurano e ad alcuni

frammenti attribuiti da E. La Rocca alla decorazione architettonica e figurata dell’edificio. Ilprogramma decorativo, che per la prima volta occupava ogni spazio disponibile ed era completatosull’attico dalla statua di Nerone sulla quadriga trionfale, doveva riunire il linguaggio simbolicodella propaganda giulio-claudia, riconoscibile per esempio nelle immagini di Vittorie e didanzatrici, con la più concreta rappresentazione delle scene di battaglia. Queste sono a stentoleggibili nelle monete, ma potrebbero essere conservate almeno da un frammento di rilievo delMuseo Nazionale Romano in cui compare un guerriero partico mentre combatte (fig. 5): si trattadi un documento prezioso del rinnovamento formale e di contenuti in corso nel rilievo storicoromano, che aveva iniziato a dare più spazio ai temi bellici, anticipando le conquiste dell’etàtraianea nella composizione di una scena molto ricca di pathos e lontana ormai dai modelliaugustei. Il rilievo consente inoltre di ipotizzare l’esistenza di un repertorio (perduto) di immaginiufficiali raffiguranti le campagne neroniane (cfr. anche i trofei partici citati in Tacito, Annali, 15,18, 1), che è suggerita anche dall’eco in alcune appliques con guerrieri partici e soprattutto in unbronzetto di Venezia, proveniente da Oderzo e raffigurante Nerone mentre, nei primi anni di regno(il ritratto è un tipo “Cagliari”), seduto e loricato, accettava la sottomissione di un nemico.

Il nuovo Apollo citaredoIl primo quinquennio di regno di Nerone fu poi ricordato come un periodo felice e la lietaricorrenza fu sottolineata nel 59 mediante la creazione di un nuovo ritratto imperiale (tipo “Museodelle Terme”), che segnò per la prima volta un distacco netto dalla tradizione giulio-claudia el’adesione a quella del sovrano ellenistico. L’inizio di quella che sarà poi considerata la fase“tirannica” del principato neroniano, inizio segnato anche dall’uccisione di Agrippina, vide cosìNerone mutare letteralmente volto e rinnovare profondamente l’immagine imperiale (cfr.Svetonio, Nerone, 51 sulla pettinatura). Nel nuovo ritratto, testimoniato da una splendida testaproveniente dal Palatino (fig. 2c), il viso si fece più largo, il collo più massiccio, le basette e i capellisi allungarono fino a coprire guance e collo (Seneca, Apocolocyntosis, 4, 30-34) e la frangiacompatta tipica dei giulio-claudi lasciò il posto a un brusco movimento delle ciocche verso latempia destra concluso da un motivo a forcella sull’angolo esterno dell’occhio destro.

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18510. Aureo raffiguranteNerone in toga, stante e radiato

avvenne infatti con l’interpretazione di una Niobe, un tema scelto probabilmente perché la crudelepunizione della donna e dei suoi figli esprimeva al meglio la forza implacabile del potere di Apollo.Lo stesso tema era però illustrato anche nella villa imperiale di Subiaco (Sublaqueum), cometestimoniano la statua di Efebo (fig. 6) e forse anche la cd. fanciulla dormiente attribuite a ungruppo raffigurante i Niobidi. L’illustrazione del potere di Apollo poteva dunque accompagnarel’imperatore sia in scena sia nei momenti di otium.

Tra Sol/Helios e il Divo AugustoDall’assimilazione ad Apollo all’accostamento al Sole il passo era breve, come in parte era giàaccaduto in età augustea, e per Nerone il tema solare è attestato dalla statua di Tralleis, daipannelli Afrodisia e da molti brani encomiastici di poeti e letterati del tempo (Lucano, CalpurnioSiculo, alcuni epigrammi greci, in parte Seneca). In questo caso la novità decisiva fu l’adozionedella corona radiata, che Nerone indossò per la prima volta nel 64, nel momento della creazionedel suo ultimo tipo ritrattistico (il quarto) in occasione dei decennalia di regno. Il volto imperiale(cfr. lo splendido ritratto in bronzo dorato della collezione Alex Guttman, fig. 9, e la testa diMünchen, fig. 2d), come si nota soprattutto nelle immagini monetali, divenne allora più pesante,le basette sostituirono la corta barba precedente e la sistemazione della frangia si fece ancora piùteatrale, perdendo la “forcella” sull’angolo dell’occhio destro. Il ritratto di Nerone doveva ormaiillustrare il potere benefico dell’imperatore, pronto a distribuire ricchezza ai cittadini (come nellescene monetali di congiarium) in piena coerenza con quel ritorno della pace e dell’età dell’orofinalmente realizzato con la conclusione delle ostilità con i Parti nel 63 e con la conseguentechiusura delle porte del tempio di Giano che Nerone stesso ordinò nel 64, avendo come unicoprecedente quello augusteo, anch’esso derivante da una vittoria partica.La scelta della corona radiata, un indubbio attributo solare che caratterizzava però anchel’immagine ufficiale del Divo Augusto, doveva puntare in effetti molto sull’ambiguità di unsimbolo che era ormai considerato (anche) un attributo del princeps divinizzato. Nel rovescio di unaureo coniato dopo il 64, in cui Nerone fu ritratto con indosso la toga, la corona radiata, un ramod’alloro nella destra e un globo niceforo nella sinistra, la nuova immagine “solare” si sposava infatticon la celebrazione della vittoria nel solco del modello augusteo, citato dalla presenza di quellastessa Vittoria sul globo che Augusto aveva fatto porre nella Curia Iulia (fig. 10). Dal punto divista di Nerone la chiusura del tempio di Giano realizzava di fatto l’aurea aetas promessa e gliconsentì di passare dalla semplice imitazione di Augusto alla più impegnativa e inedita emulazionedel Divo Augusto, sfruttando anche il comune accostamento ad Apollo e al Sole. La corona radiatapresentava dunque Nerone come un divo ante litteram, come in un cammeo di Nancy, in cui eraanticipata l’apoteosi stessa dell’imperatore, assimilato a Giove e portato in cielo da un’aquila.Nel ritratto radiato la novità non risiedeva quindi tanto nell’iconografia quanto nella suaestensione all’immagine vivente di un imperatore. Essa fu però solo il punto di partenza per lanascita di nuove immagini in cui l’accostamento al Sole si liberò degli ingombranti precedentiaugustei, e cominciò a confidare direttamente sulle abilità personali dell’imperatore, come lapartecipazione alle corse dei carri. La nuova iconografia di Nerone auriga solare, che fu mostrata alpopolo il giorno dell’incoronazione di Tiridate e riprodotta nella statua loricata cerite, dimostra cheNerone non si “accontentava” della corona radiata, ma cercava di coniugare il ruolo del Sole nelmito (e nel circo) con le sue doti di auriga per costruire un’assimilazione al Sole più stretta edesclusiva, come aveva fatto con Apollo sfruttando la citarodia. In questo filone si inserisce anche ladedica privata di un piccolo altare offerto al Sole e alla Luna da Eumolpo, uno schiavo che lavoravaper la Domus Aurea (fig. 8). La sua decorazione, con al centro l’immagine radiata del Solecaratterizzata però dal volto di Nerone e dal costume d’auriga, dimostra il salto di qualitànell’identificazione tra l’imperatore e il dio, almeno nelle dediche private: l’altare raffigurava infattiil Sole, dando però al dio la fisionomia di Nerone, ragion per cui l’imperatore non si limitava più aindossare la corona radiata ma appariva circonfuso direttamente di radii solari.L’episodio più celebre e controverso dell’assimilazione solare di Nerone fu la decisione di realizzareil Colosso raffigurante il Sole nel vestibolo della Domus Aurea (Plinio il Vecchio, Storia naturale,34, 18, 45; Svetonio, Nerone, 31, 1). La statua fu completata e dedicata come un’immagine del Solenel 75 da Vespasiano (Svetonio, Vespasiano, 18 e Dione Cassio, Storia romana, 65, 15, 1), ma,sebbene si corra il rischio di fare un processo alle intenzioni, visto che è probabile che nel 68

184 9. Ritratto di Nerone,già nella collezione AxelGuttman

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18712a. Statua loricata di Nerone dal teatro diBologna. Bologna, CivicoMuseo Archeologico

12b. Statua loricata di Nerone da Vaison-La-Romaine. Vaison-La-Romaine, MuséeArchéologique ThéoDesplans

12c. Statua loricata diTralleis. Istanbul, MuseoArcheologico

12d. Statua loricata daVelleia. Parma, MuseoArcheologico Nazionale

186 11. Nerone seminudo(opera venduta all’astanegli anni sessanta)

l’opera non fosse stata ancora terminata, il suo aspetto originario e il grado di somiglianza del voltocon Nerone sono da tempo oggetto di discussione.Le fonti letterarie non consentono però di pronunciarsi in maniera definitiva sull’identità previstaper il Colosso. Si può solo dire che l’imperatore amava i ritratti giganti: una sua immagine alta 120piedi era stata dipinta presso gli Horti Maiani (Plinio, Storia naturale, 35, 51; sarà poi distrutta daun fulmine) e anche quella raffigurata nel velario del Teatro di Pompeo doveva essere enorme.Si ha perciò l’impressione che il frequente accostamento di Nerone al Sole e la colossalità dellastatua avrebbero indotto di per sé chiunque a riconoscere il volto imperiale nell’immagine del dio,un po’ come nelle monete con Apollo Citaredo, anche al di là dell’effettiva “somiglianza” fisica eprescindendo dal fatto che il Colosso fosse stato pensato o no come un ritratto di Nerone nel sensopieno del termine.Proprio le statue come Apollo citaredo e le immagini come Sol auriga apparse tra il 66 e il 68segnarono quindi un mutamento nella propaganda neroniana che, dopo aver portato alle estremeconseguenze gli spunti apollinei e “solari” presenti nel modello augusteo, fino a porre l’imperatoresullo stesso piano del Divo Augusto (nel 64), cercava nuove strade, sfruttando le passioni e le“carriere agonistiche” di Nerone come spunto per adottare immagini nuove che ne proclamassero

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