C come magazine n.18

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18 ANNO 3 - NUMERO 18 - Aprile/Maggio 2011 FREEPRESS di ENOGASTRONOMIA ABRUZZESE C COME SPECIALE 150 ANNI Così iniziò il processo unitario C COME DOMENICA VAGNARELLI Il cuore nel piatto ad Alba Adriatica C COME FIERE Dal Vinitaly al Saral Food

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E' uscito il nuovo numero di C come magazine, il freepress di enogastronomia e territorio abruzzese.

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Vuoi ricevere la rivista direttamente a casa?Abbonati a C come magazine: 1 Anno 30 euroDesidero abbonarmi alla rivista C come magazine per 1 anno al prezzo di 30,00 euroIl miei dati sono:Nome e cognome_____________________________________________________________________________Indirizzo di spedizione_________________________________________________________________________Cod. Fisc. o Partita Iva_________________________________________ Email__________________________Il pagamento può essere effettuato tramite bollettino postale al c/c 96585500 intestato a Modiv Snc e deve essere spedito insieme al presente coupon a: Modiv s.n.c. Viale Matrino 36,65013 Città Sant’Angelo (Pe).Per informazioni www.ccomemagazine.it oppure [email protected]

Per questo numero hanno corso, assaggiato, testato, be-vuto, scoperto, riferito insieme a noi: Monica Andreucci, Roberto Ardizzi, Licio Di Biase, Marco Di Edoardo, Maura Di Marco, Ludovica Persichitti, Massimo Rabottini, Anita Righetti, e i cuochi Domenico Florindi, Nicola Fossaceca, Vito Giansante, Lorenzo Pace e Domenica Vagnarelli. Per i confetti della copertina si ringraziano Ekk Abruzzo in sintesi e il consorzio DiSulmona.

>> Ufficio fotograficoUfficio fotografico: Mario Sabatini, Modiv. Hanno col-laborato: Valerio Simeone, Ivano Di Benedetto.

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Maurizio Di Battista (ex atleta) per Teramo e provincia

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>> Editore: Modiv s.n.c.Viale Matrino 36, 65013 Marina di Città Sant’Angelo (Pe)Tel/fax 085.959746 - cell. 388.7960830www.modiv.it - [email protected]

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13 >> C come Informazione26 >> C come Food Design

28 >> C come Domenica Vagnarelli60 >> C come Ricette

64 >> C come News66 >> C come Controeditoriale

C come SPECIALE 150 ANNI32 >> C come “Abruzzi”36 >> C come Iniziative40 >> C come Borboni

C come ABRUZZO24 >> C come Novità44 >> C come Tipico

53 >> C come Export54 >> C come Galantina56 >> C come Tradizione

C come REPORTAGE14 >> C come Festival

16 >> C come Fiere46 >> C come Vinitaly

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Foto copertina: Mario Sabatini

C COME SOMMARIO

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C COME EDITORIALE

Una volta mi hanno chiesto di commentare in 30 secondi il 150enario della proclamazione del Regno d’Italia. Che poi, tutti l’abbiamo chiamata “Festa dell’Italia unita”, ma sappia-mo benissimo che per unire l’Italia con tutte le sue contrad-dizioni, le sue precarietà, i suoi imbrogli, le sue italianità, le sue incertezze, di anni non ne basteranno altri 150. Io dei 30 secondi naturalmente ne ho impiegati circa 20 per pensare, poi mi sono sorpresa a riflettere a voce alta che quelli che hanno combattuto in quegli anni, fosse per un Re-gno o per l’altro, dopotutto lo facevano perché credevano in qualcosa, in ideali che non solo li faceva alzare la mattina, ma guidava la loro intera vita. E mi sono sorpresa un po’ ad invidiarli.Certi giorni mi sembra che sarebbe bello anche per noi cre-dere ancora fortemente in qualcosa, anche una cosa sola; sapere che tutto andrà bene; poter essere certi che di quella persona ci si può fidare. Invece siamo circondati da fram-mentazione e da gelosie da così tanto tempo, che a volte pare impossibile sentirsi in un’Italia unita; e non è una fram-mentazione in termini di razze, di religioni o di culture – è facile parlare di quello che è lontano – ma una disgregazione che comincia dal nostro condominio, dal nostro quartiere, a volte dalla nostra famiglia. A volte da dentro di noi. C’è che l’Italia unita è solo da noi che può cominciare. Anzi, è già cominciata, ma siamo troppo concentrati sulla nostra quotidianità per accorgercene. C’è che appartenere a qual-cosa comporta anche la responsabilità di mandarla avanti. Tutte le storie d’amore sono buone ad iniziare, il duro è farle crescere. Noi l’Italia unita la dobbiamo costruire sempre, non basta che sia stata fatta una volta. Per due fidanzati è forse suffi-ciente il primo bacio?

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di Cristina Mosca, direttore responsabile C come magazine

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C COME FOTOEVENTIdi Daniele Di Vittorio - Foto: Modiv

L’Abruzzo incontra il BrasileSi è svolta giovedì 24 marzo negli spazi del country house Borgo Spoltino di Mosciano Sant’Angelo l’iniziativa “L’Abruzzo incontra il Brasile – Abpo, gli allevatori rispettosi dell’ambiente”. Alla presentazione della comunità di allevatori brasiliani è seguita una cena dedicata alla carne biologica del Pantanal. L’evento è stato organizzato da Slow Food Abruzzo e WWF Abruzzo, in collaborazione con l’associazione brasiliana dei bovini di carne biologica e l’Istituto Zooprofilattico di Teramo, e con il sostegno della Camera di Commercio di Teramo, del gruppo Gabrielli, delle Cantine San Lorenzo e Marramiero e dell’azienda Ursini.

Qualità Abruzzo cresceTre nuovi ingressi e un nuovo sito web (www.qualitaabruzzo.it). Queste sono le ultime novità presentate dall’associazione di ristoratori e pasticceri durante la serata che si è tenuta al ristorante Elodia a Camarda all’inizio di aprile, in occasione della quale è stata consegnata la targa QA a Daniele Zunica, Sandro Ferretti e Nicola Di Renzo. Nel corso della serata, Andrea Beccaceci, presidente di Qualità Abruzzo, ha aperto la strada verso future collaborazioni tra le associazioni di categoria presenti sul territorio e le istituzioni per create sinergie vincenti che portino sempre a una maggiore valorizzazione del nostro territorio. In cucina i giovani della ristorazione abruzzese, da Arcangelo Tinari a Mattia Spadone passando per Sabatino Lattanzi e Luca Di Felice, coadiuvati da Domenica Vagnarelli.

Inaugurato “Ekk - Abruzzo in sintesi”Ai piedi di Città Sant’Angelo “Ekk – Abruzzo in sintesi” ha aperto le porte al pubblico. Una emozionata famiglia Febo, a partire dai coniugi Mario Febo e Cristina Calista, che da 60 anni sono nel settore florovivaistico, per passare ai loro tre figli Enzo, Antonella e Umberto Febo, e per finire ai nipotini, lo scorso 10 marzo ha tagliato il nastro tricolore di fronte all’ingresso di Febo Garden, core business della struttura nata dal recupero della Cantina Santangelo. Erano presenti l’assessore regionale all’agricoltura Mauro Febbo; l’assessore regionale alla valorizzazione del territorio Gianfranco Giuliante; l’assessore regionale alle attività sportive Carlo Masci; il presidente della provincia di Pescara Guerino Testa; il presidente del consiglio provinciale di Pescara Giorgio De Luca; il sindaco di Città Sant’Angelo Gabriele Florindi; il sindaco di Montesilvano Pasquale Cordoma; il sindaco di Chieti Umberto Di Primio; il presidente del consiglio comunale di Pescara Licio Di Biase e il presidente della Camera di Commercio di Pescara Daniele Becci. Hanno inoltre preso parte alla cerimonia inaugurale Paolo Passamonti, questore di Pescara; Giuseppe Polci, comandante del corpo forestale della provincia di Pescara; il colonnello Marcello Galanzi, comandante dei carabinieri della provincia di Pescara; e rappresentanti della Guardia di Finanza della provincia di Pescara, delle associazioni di categoria, delle amministrazioni regionale e provinciale, e di alcune amministrazioni comunali limitrofe. (Foto: Valerio Simeone)

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Territori a confronto alla Conca D’OroCos’hanno in comune contadini, pastori e pescatori? Di sicuro la passione per il mangiar bene, passione che svalica con disinvoltura le montagne dell’Abruzzo interno, congiungendole con un abbraccio ideale alla costa. È stato questo l’argomento della cena marzolina di “Territori a confronto” il progetto ideato da Franco Santini e Franco Franciosi, che ha visto l’adesione convinta dei fratelli Mauro e Fabio Orfanelli della Conca d’Oro ad Avezzano. Sono stati gli stessi operatori a spiegare le caratteristiche di pietanze, vini e olii. Solo un paio di portate per rendere l’idea: cecaluccioli con pomodorini arrosto e lardo mantecati al pecorino e hamburger di salsiccia fatta in casa con ketchup allo zafferano e giardiniera di cipolla. Applauditi protagonisti della serata: Cristiana Galasso (Feudo D’Ugni) di San Valentino, Ottaviano Pasquale (Praesidium) di Prezza, Natalia Nurzia (Fratelli Nurzia) e Marcello Blasetti (Frantoio Blasetti), presidente della coop La Monicella della Valle Roveto.

Cantina Frentana: ecco la D.O.C. Abruzzo con “Costa del Mulino”Centocinquanta persone tra ristoratori, enotecari, sommelier, giornalisti e autorità hanno partecipato il 14 marzo all’evento organizzato dalla Cantina Frentana di Rocca San Giovanni (Chieti) per la presentazione della nuova linea di vini Abruzzo DOC “Costa del Mulino”. Alla serata, allietata dal cabaret di Ivaldo Rulli e dal buffet di Casa D’Angelo, erano presenti il presidente della Provincia di Chieti Enrico Di Giuseppantonio, l’assessore regionale all’agricoltura Mauro Febbo e il prefetto di Chieti Vincenzo Greco. Non poteva mancare tutta l’affiatata squadra della cantina, una “famiglia”, come l’ha definita il direttore commerciale Felice Di Biase. La festa è stata ospitata nel nuovo capannone in legno lamellare, costruito per soddisfare le esigenze di spazio per il prodotto imbottigliato generate dal crescente successo dei vini della Frentana sul mercato nazionale ed estero.

De nobilitate suis: la “maialata” di Peppino Tinari.Diciamolo: un conto è “non buttare via niente del maiale”, un conto è restituirgli la nobiltà della terra e dell’educazione. Sì, perché a Guardiagrele, al ristorante Villa Majella, fresco fresco di prima stella Michelin, i maiali sono “abruzzesamente” educati: dal patron Peppino Tinari, dai suoi figli Arcangelo e Pascal, dalla frutta, dall’acqua, dal cielo. La dimostrazione, la sera di domenica 20 febbraio, era nei piatti degli amici scelti per la terza edizione di una serata libera da formalismi e convenevoli, nel segno del maiale nero che viene lavorato a quattro mani da Angela, moglie di Peppino, e dallo chef Vittorio Fusari, direttamente dal cuore della Franciacorta. «Questo non è un mestiere, ma una scelta di vita – hanno spiegato gli chef finalmente usciti dalle cucine – che fonda tutto sulla qualità di un territorio che dovremmo impegnarci a difendere un po’ di più. Ma ha un segreto: un linguaggio universale che prescinde dalle tecniche di lavoro». (www.lucianopignataro.it)

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LEGGE 231: DA COSA PROTEGGE?

C COME INFORMAZIONE

Un caso aziendale di contraffazione “attiva”

di Roberto Ardizzi, consulente SGQ

Nei primi anni di vigenza la legge 231/01 è passata sotto silenzio nonostante l’alto potenziale afflittivo posseduto: ancora oggi, a dieci anni dalla sua entrata in vigore, vi è la diffusa sensazione di una insufficiente conoscenza della normativa, in particolar modo da parte delle piccole e medie imprese nonostante i numerosi provvedimenti dell’autorità giudiziaria penale. La normativa si applica ad una vasta gamma di reati che è tuttora in continua espansione: ad esempio lesioni ed omicidio colposo dovuto a violazione delle norme relative alla sicurezza sul lavoro; reati societari; delitti contro la P.A.; delitti contro il patrimonio mediante frode; market abuse; ricettazione; riciclaggio; reimpiego; reati transazionali. Sono reati commessi nell’interesse o a vantaggio dell’ente da persone a vario titoli collegate ad esso, come amministratori, direttori, dipendenti. Un caso aziendale riguarda i famosi dolci noti come “Amaretti di Saronno” che, come tutti sanno, fanno capo alla Lazzaroni. Oggi però questa proprietà si è scissa in due entità autonome dando vita ad una società che, per distinguerla dalla originaria azienda “Lazzaroni”, chiameremo “Lazzaroni B”. La “Lazzaroni B” ha acquisito il diritto all’uso del marchio “Amaretti di Saronno – Lazzaroni”, ma in un secondo momento ha mutato proprietario. Qual è il problema ora? Che le due aziende si contendono l’uso del nome “Lazzaroni”, associato alla generica denominazione

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“Amaretti di Saronno”. La prima, in quanto parte della propria denominazione sociale, la seconda perché oggetto anche di uno specifico marchio di proprietà.In seguito alla delocalizzazione degli impianti produttivi della “Lazzaroni-B” nel Mezzogiorno, la società Lazzaroni decide di continuare l’antica tradizione locale e produrre gli stessi dolci avvalendosi della denominazione originaria (Amaretti di Saronno – Lazzaroni). Questa scelta, però, produce confusione sul mercato, in quanto i prodotti in questo modo risultano difficilmente distinguibili. Da qui ad arrivare alla citazione in giudizio, il passo è breve. Il giudice riconosce alla Lazzaroni-B il diritto ad utilizzare il marchio, mentre alla società Lazzaroni viene vietato di adoperarlo. Ma c’è di più. Siccome i reati di contraffazione dei marchi (come in questo caso) sono inclusi tra quelli che fanno scattare anche la responsabilità dell’impresa, anche l’azienda citata è condannata dal Tribunale di Busto Arsizio per responsabilità 231, con la previsione, inoltre, di un commissario che amministri l’ente per un anno.Secondo quanto stabilito dal tribunale la dicitura “Amaretti di Saronno – Lazzaroni”, in quanto marchio registrato dalla Lazzaroni-B, è di sua esclusiva proprietà. Di conseguenza l’uso della stessa da parte dell’altra Lazzaroni rientra nei casi di contraffazione “attiva”, ossia viola i diritti industriali di altre compagnie, e costituisce un reato sanzionato penalmente.

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Comunicazione istituzionale

LA CARICA DEI CAMPIONIIl Giro d’Italia da Mokambo

«Se pensiamo che fino a 10 anni fa in un bar si trovava solo la carta dei cocktail – commenta un orgoglioso Enzo Di Nisio, patron del Mokambo Festival – constatare che ora la carta delle specialità caffè è quasi immancabile e riflettere sulla parte determinante che la nostra iniziativa deve aver giocato in questa evoluzione, non può che riempirci di soddisfazione. L’unica cosa che vogliamo garantire è un’alta qualità di livello». Anche la dodicesima edizione del Mokambo Festival ha fatto parlare di sé: svoltasi all’interno del Saral Food di Silvi Marina, la kermesse ha visto sfidarsi a suon di bontà barman professionisti, allievi degli I.p.s.s.a.r. abruzzesi e, per la prima volta quest’anno, gli otto migliori baristi dello Stivale che hanno vinto le selezioni regionali del Festival nelle tappe del Giro d’Italia, che la Mokambo ha sponsorizzato nel 2010 offrendo caffè a vip, sportivi e appassionati. «Contiamo di essere di sprone per i concorrenti – proseguono, per la Caffè Mokambo, Nicola Di Nisio e Donato De Luca, promotori della manifestazione organizzata con la direzione tecnica del Club Maestri dell’Espresso in collaborazione con l’Accademia del Buon Gusto – affinché puntino ad acquisire una tecnica invidiabile e una buona dose di creatività. Abbiamo visto nascere oltre 400 cocktail a base di caffè!»

Ecco i migliori baristi abruzzesi del Mokambo Festival 2011: il primo classificato è stato Loris Di Nardo da Chieti con “Fantasia d’amore abruzzese”; il secondo, Mauro Masciangelo con “Pescara e Provincia”; la terza, Annamaria Grasso con “Coffee Rose”.La categoria Giro d’Italia è stata vinta da Andrea Balleri di Oristano, con “Choco Nuts Caffè Jet”; al secondo posto si è posizionato Gionata Repetti da Piacenza con “Sara”; mentre al terzo posto Andrea Fidora da Ferrara con “Rosemary Break”.La categoria Junior, riservata agli allievi delle scuole alberghiere che si sono cimentati nella preparazione di caffè e cappuccino, è stata vinta da Salvatore Verbena, studente dell’I.p.s.s.a.r. di Roccaraso (AQ); il secondo posto è stato assegnato a Mattia Contini dell’I.p.s.s.a.r. di Pescara e al terzo si è classificata Martina Bozzelli, dell’i.p.s.s.a.r. di Villa Santa Maria (CH). Altri premi sono stati assegnati a: Luca Pelaccia da Pescara con “Red Berry”per il miglior talento (Trofeo Hotel Guerra); Gionata Repetti per la miglior decorazione (Trofeo Coperlat); e a Stefano Galligioni da Venezia per la miglior tecnica (Trofeo Hotel Miramare). L’evento è stato ripreso dalle telecamere di Glamour TV, canale 909 di Sky .

C COME FESTIVAL

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L’importante è esserci, l’importante è non fermarsi: che il pubblico arrivi dove non arriva il privato, e viceversa. Per-ciò continuiamo e continueremo a seguire da vicino chi esporta l’Abruzzo fuori dai confini regionali e nazionali, promuo-vendone l’immagine attraverso le bontà e le professionalità del territorio. Siamo partiti dalla Bit di Milano, dove la Regione quest’anno non è riuscita ad affittare lo stand ma è stata degnamente rappresentata dal Comune di Città Sant’An-gelo e dal corteo della Padronanza, e siamo passati per “Pastatrend” di Bologna e per “Sapore” di Rimini, per finire col “Taste” di Firenze, dove sono state le aziende a mobilitarsi per parlare dell’Abruzzo. Ricordiamoci, l’unione fa la forza!

“Sapore” di business a Rimini fieraLa messa a segno di grandi affari ha caratterizzato l´edizione 2011 della manifestazione; 79.823 visitatori (+5% sul 2010) per l´appuntamento leader nel settore food & beverage extradomestico. La kermesse ha occupato 10 padiglioni di Rimini Fiera, per complessivi 60.000 mq. In mostra prodotti per il catering, prodotti surgelati, prodotti biologici, specialità regionali italiane ed estere, seafood, pasta fresca, olio extravergine di oliva, bevande, birre speciali e artigianali, vini, spumanti e champagne. Tra gli espositori erano presenti anche 9 aziende abruzzesi; in particolare 2 della provincia di chieti, il birrificio Maiella di casoli e Gelasko Ice Cream srl di Torino di Sangro; 4 della provincia di pescara: Almond ‘22 di Spoltore, birrificio Desmond di Pescara, Fox Italia srl di Città Sant’Angelo e il pastificio Mugnaia di Elice, e 3 della provincia di Teramo: birrificio San Giovanni srl di Roseto degli Abruzzi, microbirrificio Operbacco di Notaresco e Universo srl di Martinsicuro.

Bit MilanoAnche se la regione Abruzzo alla Bit non c’era, a “pezzi” ha partecipato comunque! Infatti, nel giorno di venerdì è stato protagonista il Comune di Città Sant’Angelo all’interno dello stand dei Borghi più belli d’Italia, e il corteo della Perdonanza si è fatto notare durante il fine settimana. Il Comune angolano, rappresentato in primis dal sindaco Gabriele Florindi, ha approfittato dell’evento per ospitare parte dello staff di Ekk, che ha illustrato agli operatori e alla stampa del settore la genesi e la filosofia di questa struttura prendendoli per… la gola. Lo chef Gabriele Marrangoni, del ristorante “Cantina

Santangelo”, durante la manifestazione ha offerto tacchino alla canzanese con verdure agrodolci, torte rustiche con ricotta e verdure selvatiche, timballini, insalata di baccalà con peperoni arrostiti, oli, vini, salumi, formaggi, sott’oli, fiadoni, confetture, marmellate, mieli, dolci secchi….

C COME FIEREdi Maura Di Marco - Foto: Modiìv

Lo chef GabrieleMarrangoni

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Taste a FirenzeIl Taste si è concluso con numeri e un bilancio da grande successo. Nei tre giorni del salone (12-14 marzo 2011) sono state in totale 12.000 circa le presenze registrate alla Stazione Leopolda di Firenze, con un aumento del 20% rispetto all’ultima edizione (erano stati 10.000 i visitatori totali nel marzo 2010). Il salone, nato dalla collaborazione di Pitti Immagine con il gastronauta Davide Paolini, è diventato sempre di più il salotto del gusto nel panorama italiano, dove si danno appuntamento i migliori operatori nostrani e internazionali dell’alta gastronomia, ma anche come il fulcro d’attrazione per il sempre più esigente pubblico dei cultori del cibo di qualità.

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Francesca e Gaetano Verrigni

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Pastatrend a Bologna: i numeriVentuno i Paesi stranieri presenti a PastaTrend: da segnalare la Cina, l’Arabia e anche la Turchia, tanto che il sito ufficiale del Gran Salone è stato disponibile in 7 lingue. Oltre 200 gli espositori, ottanta gli eventi organizzati durante i quattro giorni, dal puro divertimento alle dimostrazioni degli chef più noti; trenta il convegni e i corsi organizzati durante i quattro giorni e oltre 40.000 i piatti di pasta.Per l’Abruzzo erano presenti il pastificio Maiella, il pastificio Del Verde nell’area dedicate alle paste fresche e il pastificio De Cecco. E proprio quest’ultimo è stato uno dei protagonisti dei quattro giorni bolognesi: De Cecco ha scelto Pastatrend per dare il via ai festeggiamenti per i 125 anni della sua storia e l’ha fatto con l’ausilio di un grande chef, da sempre innamorato della pasta abruzzese: Heinz Beck. Il cuoco tedesco ma italiano d’adozione ha deliziato i visitatori della fiera in visita la domenica, mentre il giorno successivo, insieme a Gerardo Dalbon, tecnico della De Cecco, ha tenuto un laboratorio gustativo sulla pasta rivolto a giornalisti ed esperti del settore, per imparare a distinguere la semola granulosa da quella liscia, toccare e capire le differenze tra le paste lavorate al bronzo o al teflon e annusare una semola fresca per distinguerla da una “stantia”. Il laboratorio si è concluso con tre piatti a base di tre formati diversi del pastificio abruzzese: uno spaghetto cacio e pepe con gambero al lime; orecchiette broccoli e baccalà con una spolverata di pan grattato; e la rivisitazione della norma siciliana con dei sedanini al sugo, accompagnati da un purè di melanzana, pomodoro e marmellata di arancia.

Heinz Beck e Gerardo Dalbon

I nostri più affezionati clienti.

Dal 1981 la SAGeM produce e fornisce mangime di prima qualità per i propri clienti, senza trascurare le necessarie garanzie per i nostri produttori. Il ciclo di produzione, denominato Natura Ciclo Completo, avviene con un controllo attento e costante delle fasi di semina e raccolto. Qualità e rispetto dei naturali processi di nutrimento sono i principi che guidano il nostro lavoro. L’accurata selezione delle materie prime rende il nostro mangime di qualità superiore.

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20 anni di Saral FoodSi è svolta dal 20 al 24 marzo presso la Fiera Adriatica di Silvi Marina il Saral Food 2011, Salone dedicato al settore dell’alimentazione, la ristorazione, la gelateria, la pasticceria, la panetteria, le birre, i vini e i distillati. Un appuntamento che si svolge nell’imponente struttura del PalaUniverso di Silvi Marina ormai da 20 anni.Per festeggiare la cifra tonda, l’organizzazione ha creati un nuovo e ridisegnato layout espositivo, finalizzato a ottimizzare i percorsi di visita (10 mila metri quadrati di superficie espositiva) quasi 200 espositori provenienti da tutta Italia.Sono state cinque giornate intense, nel corso dei quali il Saral Food 2011 si è confermata una vetrina del centro Italia per le aziende del settore. La manifestazione fieristica ogni anno, dal 1991, accende i riflettori sul mondo dell´alimentazione e dei consumi di qualità del mangiare “fuori casa”.

Marcello Vitellone

Luciano Di Sabatino

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C COME NOVITÀComunicazione istituzionale

Come può un solo stand attirare sia l’attenzione dei nostalgici sia l’acume di chi si tiene sempre aggiornato? Al Saral Food di Silvi è successo questo proprio da Faber – Fabbrica arredi sedie & tavoli: uno spazio di oltre 60 metri quadri in cui si sono soffermati curiosi, operatori del settore e anche giovani. Il motivo è presto detto: alle linee eleganti a cui Faber ha abituato i suoi clienti, quest’anno ha affiancato due chicche di modernità e di originalità, come sempre di sua ideazione e fabbricazione.Vi ricordate il bar “Arnold’s”, frequentato da Richie Cunningham e dai suoi amici in “Happy Days”? La prima perla lanciata quest’anno da Faber non passa inosservata agli amanti del revival: le coppie di poltroncine a due posti della linea Ponza, in struttura realizzata in multistrato di faggio e rivestite con gomma poliuretanica ad alta densità, con tanto di tavolino, permettono a qualsiasi locale di immergersi nell’atmosfera degli anni ’50. Sono pronti i prototipi anche degli sgabelli e delle sedie, producibili su misura come tutto il resto.La seconda novità è dedicata a chi crede nell’ecosostenibile: il modello ecologico Arzachena presenta infatti un programma di sedie, poltroncine, tavoli e divano da esterni in struttura di metallo zincato, verniciati con polveri epossidiche

che non danneggiano l’ambiente, e con doghe in wpc (wood plastic composite). Questi prodotti sono, insomma, completamente riciclabili: sono ottenuti con un processo di produzione per il quale non sono stati abbattuti alberi, perché vengono utilizzati i residui di lavorazione del legno e della plastica riciclati. «Di non secondaria importanza – spiega Luciano Di Sabatino, che nel giro di pochi anni ha lanciato l’azienda sul mercato europeo – è la resistenza di questi prodotti agli agenti atmosferici, ai funghi, agli insetti, all’umidità, alla rottura… Abbiamo voluto che non si scheggiassero, non marcissero e che non necessitassero di manutenzione, con oli o agenti immunizzanti e si adatteranno a tutti gli spazi perchè come sempre li produciamo su misura». Ha suscitato molto interesse in fiera anche la parete imbottita Genius, che la fabbrica Faber crea nelle dimensioni e nel colore che si preferisce. Usabile anche come parete divisoria o, negli alberghi, come testata di letto, Genius è pensata per gli spazi soft come locali o reception. Quest’anno in Abruzzo Faber ha dimostrato la sua versatilità e il suo stile anche a Città Sant’Angelo, curando l’arredamento di “Ekk – Abruzzo in sintesi”, dal Ristorante al Cafè, fino agli uffici e parte dell’Hotel; e a Pescara per il bar “Berardo”, di imminente riapertura.

TRA IL REVIVAL E L’ULTIMO GRIDOLe nuove linee di tavoli e sedute Faber

La linea Ponza

La linea Arzachena

La parete imbottita Genius

FaberVia Lungofino 15565013 Città Sant’Angelo (Pe)Tel. 085.95201 - 085.9500288www.fabercsa.com

Sedie e tavoli di Ekk Ristorante

Faber al bar EKK

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C COME FOOD DESIGNdi Ludovica Persichitti - [email protected]

È entrato in vigore l’1 gennaio 2011 il divieto di commercializzare sacchetti di plastica usa e getta, e adesso a noi consumatori non resta che vagliare le tante proposte alternative. Sotto il mirino dei fashion designers da un po’ di tempo le borse della spesa sono diventate un vero accessorio di tendenza. Il noto marchio di moda Fiorucci nella Home Collection propone una linea dedicata allo shopping: dal classico carrellino, così vintage nei nostri ricordi, rivisto in maniera più giovane e sportiva, alla busta di tela resistente ideata per contenere sei bottiglie, o la capiente shopping bag da spalla nella versione rigida e in quella ripiegabile in una piccola pochette (www.fioruccihome.it).La linea di borse e valigie funzionali Reisenthel, nella collezione shopping, ha idee originalissime! Tra le tante, il cestello che a fine spesa si aggancia alla bici o la profonda borsa da spalla con un’inusuale maniglia applicata verso il fondo. Questo piccolo manico serve da appiglio ai bambini che resteranno così sempre vicini alle proprie mamme mentre si destreggiano tra gli scaffali del Super (www.reisenthel.com).

E se, invece, si volesse ricorrere al classico sacchetto di carta? Ovviamente riciclata e riciclabile!La designer olandese Ilvy Jacobs ha ideato un modello di busta di carta che prende vita da un origami, pensando che un prodotto più raffinato e originale possa invogliare al riutilizzo dello stesso invece di essere semplicemente buttato via (www.ilvyjacobs.nl).D’accordo con questo concetto di recupero e riuso, il noto brand di abbigliamento Lee, in collaborazione con l’agenzia Happy Creative Services, ha messo a disposizione nei suoi stores nuove buste sostenibili ed ecologiche. Sono interamente in carta riciclata e soprattutto, come dice il nome “Lee never wasted”, di queste non si butta via niente! Infatti bastano un paio di forbici e, ritagliando la busta secondo le indicazioni sulla stessa, si ottengono originali portamatite, calendari, giochi da tavolo, portaschede e segnalibri. Se alla fine avanzeranno i manici della busta non resterà che infilarli negli occhielli delle proprie scarpe da tennis ed un pratico ed ecologico ricambio dei lacci sarà pronto pronto a disposizione (www.thinkhappy.biz).

LA SPESA ORA SI FAIN MODO SOSTENIBILE

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La linea Reisenthel

La linea Ilvy Jacobs

“Lee never wasted”

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IL CUORE NEL PIATTOUna chef ad Alba Adriatica

di Cristina Mosca – Foto: Ivano Di Benedetto

Perché la cucina di un uomo è diversa da quella di una donna? Perché si dice che un uomo fa lo chef e che invece una donna fa la cuoca? La differenza sta nel cuore di mamma: «C’è la tensione verso i gusti del destinatario, con quell’amorevolezza che solo il pensiero di un figlio sa dare – rivela Domenica Vagnarelli, chef del ristorante Mediterraneo di Alba Adriatica, con il fare diretto che la contraddistingue – In fondo non ci inventiamo nulla: quelli che si fanno in cucina sono gesti di sempre, solo che le nostre mamme a volte non ne sanno spiegare il perché. Oggi molti di questi perché li spieghiamo scientificamente: una volta conosciuta la tecnica, il cuore di mamma fa il resto». D’altra parte, l’asso nella manica bianca di Domenica è sempre stata la capacità di capire come funzionano le cose: ecco come, da un passato da ragioniera e con un talento per l’organizzazione, si trova da più di venti anni ai fornelli di Mediterraneo. «Dopo una pausa di un anno, tra il 2004 e il 2005, con la prospettiva di aprire un locale a Teramo, che poi è sfumata – spiega suo marito e socio Giuseppe Lobello – abbiamo dovuto fare una scelta: lasciare l’Abruzzo o restare ad Alba

Adriatica? Poi abbiamo deciso di fare crescere nostra figlia qui, e abbiamo deciso che “Mediterraneo” avrebbe dovuto conoscere una svolta, una profonda innovazione». Unendo così l’esperienza enogastronomica abruzzo-marchigiana di Domenica alle origini pugliesi di Giuseppe, aggiungendo stage formativi in luoghi di eccellenza e emulsionando il tutto con la buona volontà e una passione incondizionata per la tecnologia, il progetto “Mediterraneo” non solo ha ripreso vita ma si è proiettato verso l’alta cucina: «Quando uno ha la disposizione ad imparare a fare, si può fare tutto» spiega Domenica con poche, ma incisive parole: le sue esperienze di specializzazione fuori regione e soprattutto il suo rapporto con Carmine Calò, chef executive de “Il Salviatino” di Firenze, le hanno lasciato infatti i giusti input per creare piccole meraviglie tanto buone quanto semplici. La sua filosofia di vita si basa sull’apprendimento costante: «I giovani dovrebbero ascoltare chi ha più esperienza di loro. Cosa gli consiglierei? Un piatto non deve avere fronzoli: lo devi vedere e lo devi capire». Così come le persone che ispirano più fiducia.

C COME DOMENICA VAGNARELLI

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Preparazione:Mettete i pomodorini in una pirofila con olio a copertura dei pomodorini sale, zucchero di canna e timo, fate candire in forno a 80° per tutta la notte. Fate delle zucchine una julienne sottile usando l’apposito attrezzo. Scaldate una padella antiaderente e spolve-ratela di sale di Cervia fine. Adagiate i tranci di ricciola dalla parte della pelle e fate cuocere a bassa temperatura. Fate dorare la pelle e girare dall’altra parte. Continuate la cottura su tutti i lati, avendo cura di non far alzare la temperatura della padella. Fate asciugare su un foglio di carta assorbente. In un’altra padella antiaderente scaldate poco olio extravergine e saltate la julienne di zucchine lasciandole croccanti. In un piatto adagiate un nido di zucchine, appoggiate il trancio di ricciola e accompagnate con i

pomodorini canditi e l’olio della canditura. Prediligo le basse temperatura, di solito uso il roner (bagno termostato) con una cottu-ra in sottovuoto. In questo caso ho cercato di avere lo stesso risultato con un sistema di cottura diretta.

Ingredienti per 4 persone: 4 tranci di ricciola da 200 gr cadauno; 4 zucchine; 20 pomodorini perini gialli o datterini; olio extravergine di oliva; timo; sale di Cervia; zucchero di canna.

Preparazione:Sbianchite i pomodori in acqua bollente per 30 secondi e raffreddateli in acqua e ghiaccio; recuperate la pelle e mettetela ad essic-care in forno ad 70 gradi per due ore con ventola spenta. Pulite le seppie, facendo attenzione al sacchetto del nero, poi tagliatele a julienne. Cuocete le patate per 20 minuti a tocchetti in acqua, con uno spicchio d’aglio, sale e olio. Quando sono tenere e ancora

bollenti, frullatele velocemente con un mixer, dopo aver tolto lo spicchio d’aglio, e formate una crema. In una padella scaldate dell’olio con uno spicchio d’aglio. Aggiungete la crema di patate e il nero di seppia. Tenete al caldo. Cuocete gli spaghettoni in

abbondante acqua salata per 9 minuti. In una ciotola capiente mettete l’olio e un pizzico di sale, ed emulsionate per bene con un mestolo di acqua di cottura degli spaghetti. Scolate la pasta e conditela con l’olio emulsionato. Saltate in padella la julienne di

seppia con il finocchietto, salate e pepate. Versate della crema al nero di seppia in un piatto piano. Appoggiate sopra una porzione di spaghettoni. Condite con la julienne di seppia e finocchietto. Completate con una spolverata di petali di pomodoro essicato. Un

modo nuovo di presentare il nero di seppia non invasivo visibilmente.

Ingredienti per 4 persone: 320 gr di Superspaghettone Verrigni; 2 seppie da 200 gr cadauna; due sacche di nero di seppia fresco in mancanza due bustine; due patate a pasta gialla; 120

ml di olio extravergine d’oliva; sale di Cervia; 2 pomodori ramati; 20 g di finocchietto

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Ricciola con zucchine e pomodori perini gialli canditi

Superspaghettone Verrignisu crema al nero di seppia, la stessa saltata al finocchietto e crumble di pomodoro

all’olio d’oliva

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C COME “ABRUZZI”di Licio Di Biase - Foto: archivio Di Biase

ANDANDO VERSO TEANOQuando Vittorio Emanuele II attraversò le nostre terre

Era la mattina del 17 ottobre del 1860 quando Vittorio Emanuele II entrò con il suo cavallo dentro la Piazzaforte di Pescara. Un atto simbolicamente molto forte, nel percorso del re Sabaudo verso Sud, verso Giuseppe Garibaldi che dal 7 settembre si era impadronito di Napoli, capitale del Regno delle Due Sicilie.Un atto simbolico, ma importante nella sostanza. Il Re era entrato da due giorni negli “Abruzzi”, come si chiamava la nostra Regione a quel tempo diviso tra l’Abruzzo Citeriore, ormai provincia di Chieti, l’Abruzzo Ulteriore I° (provincia di Teramo) e l’Abruzzo Ulteriore II° (provincia dell’Aquila).Un atto, come ha sottolineato ripetutamente la propaganda post unitaria, che ormai le popolazioni aspettavano da tempo.Ma è vero, che le popolazioni aspettavano da tempo l’annessione degli “Abruzzi” al Regno di Sardegna?Ma è vero che tutti erano al

e altro variegato personale, tra cui la contessa di Mirafiori, con cui si dice il Sovrano amasse trascorrere i momenti di riposo, si apprestava ad entrare nella Porta che immetteva nella Piazzaforte, forse la più importante del Regno, dal lato Nord, nell’area chiamata Rampigna. Questo “pezzo” della Piazzaforte era in territorio di Castellamare, in quanto il fiume determinava il confine tra questa cittadina e Pescara. E qui accadde un fatto particolare. I castellamaresi volevano scortare loro il Re in quanto sostenevano che quella porta della Piazza stava nel loro territorio, mentre i pescaresi sostenevano che la scorta competeva a loro. Ci fu un aspro

diverbio tra le due delegazioni, tanto che il Re, scocciato da quella stucchevole discussione, entrò da solo, attraversò il traballante ponte di barche, salì sul Bastione S. Cristoforo (chiamato anche del Telegrafo) e pronunciò la frase: «Oh che bel sito per una città commerciale! Buttiamo giù queste mura, costruiamo

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Nella nostra regione convivevano filo

garibaldini e pro Sabaudi

lavoro per l’Unità dello Stivale, per allargare le libertà e per avviare il processo di democratizzazione del Paese?Torniamo alle ore 10 del 17 ottobre.Dopo aver trascorso la notte a Castellamare, nel villino Coppa-Zuccari (poi Villa Sabucchi e poi buttata giù perché leggermente lesionata duranti i bombardamenti della seconda guerra mondiale), il re con Ministri, collaboratori

un porto su questo fiume e in men di un secolo Pescara sarà la più grande città degli Abruzzi».E lì, tutti ad applaudire. Sì, ad applaudire perché i pescaresi non ce la facevano più a vivere rinchiusi da tre secoli nelle mura della Piazzaforte.Dopo una decina di giorni Vittorio Emanuele II incontrò Giuseppe Garibaldi a Teano, si strinsero la mano e fecero

“Provincia di Abruzzo Ulteriore primo”

Speciale 150 anni

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Speciale 150 anniPaese. Le condizioni socio-economiche mutavano. Ma la massa popolare dei contadini rimase ai margini di questo processo, rimanendo fedele ai Borboni. E qui trovò terreno fertile il brigantaggio, in un mix di miseria, di reazione alle truppe piemontesi considerate di occupazione e di riscatti violenti ai tanti soprusi diffusi sul territorio.La nostra regione, a quel tempo, era come l’aveva descritta il

che i duri scendessero in campo. E Pianell, che era stato mandato nel settembre del 1859 a comandare militarmente l’Abruzzo, riuscì talmente a rafforzare le strutture fortificate abruzzesi (Civitella del Tronto, Pescara e L’Aquila) che sicuramente influì sulla scelta di Garibaldi di non scendere lungo la costa Adriatica per entrare nel Regno dei Borboni. Il ruolo di dissuasione principale venne, comunque, svolto da Cavour.E scrisse Pianell in una sua lettera, da Chieti, il 2 gennaio 1860: «Mi occupo assai di strade. Spero si faranno. Oggi spedisco i disegni per le casette di ricovero da costruirsi sul Piano delle Cinquemiglia. Se avrò il tempo e gli avvenimenti non ci costringeranno troppo, spero di poter lasciare il nome mio in queste popolazioni, col contribuire al loro bene». E ancora, in un’altra lettera: «La Provvidenza mi aiuta in mezzo

a fatiche e pensieri, cure di ogni genere. Quale responsabilità mi pesa sulle spalle, ho la convinzione che nessun uffiziale dell’esercito napoletano avrebbe potuto fare quanto ho fatto io finora. Quelli che mi circondano non credono a quello che veggono… Mi conforto, pensando che ho potuto dare in tre mesi un po’ di vita ad una regione intrattabile per natura; laddove tutto è coperto per mesi da dodici palmi di neve

e sonvi turbini tremendi, frane spaventevoli, ho dato un po’ di risorsa e di moto…ho eretto una ottima casa di legno per rifugio…e questo sulla piana delle cinque miglia…e ancora…ho dato viveri, provvisioni, ricoveri…»Ecco, Pianell cercò di mitigare

le pene di una regione abbandonata e questo abbandono fu uno dei motivi che alimentò ulteriormente l’azione dirompente di una parte dei briganti, di coloro che strumentalizzarono le iniziative degli spiriti che, potremmo definire, erano legati al progetto di resistenza. D’altronde come non poteva alimentarsi il brigantaggio in regioni che fecero esprimere queste parole al nordista Ministro Farini che, dopo l’incontro di Teano, inviò il seguente telegramma al Presidente Cavour, il 27 settembre 1860? «Ma, amico mio, che paesi sono mai questi, il Molise e la Terra di Lavoro? Che barbarie! Altro che Italia! Questa è Africa: i beduini, a riscontro di questi caffoni, son fior di virtù civile. E quali e quanti misfatti…anche le donne caffone ammazzano…». Sì, “caffoni”, proprio con due effe. Bisogna capire se la responsabilità dell’errore fu del Ministro Farini o di qualche “caffone” telegrafista.

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Il brigantaggio trovò terreno fertile tra i

contadini emarginati dal processo di cambiamento

Boccaccio e sono eloquenti le parole del Generale borbonico Pianell, uomo illuminato, grande stratega, tanto capace che Francesco II, ultimo sovrano delle Due Sicilie, lo nominò Ministro della Guerra nella metà del 1860, quando occorrevano

l’Italia. Evviva!!! Questo è quanto la propaganda e la pubblicistica ci hanno propinato per decenni.Ma le cose stavano veramente così?I castellamaresi e i pescaresi che si disputarono la scorta al Re, non lo fecero solo per quella rivalità di cui dopo qualche anno scriverà Gabriele d’Annunzio nella Guerra del Ponte, ma anche per un altro motivo. Castellamare era in mano ai personaggi legati ai Sabaudi, mentre in quei giorni sindaco di Pescara era Antonio D’Annunzio, amico di quel Clemente De Caesaris, uomo di fiducia di Garibaldi. Quindi, quella discussione era anche frutto della frattura esistente

Tronto: Vincenzo Irelli, Sindaco di Teramo, Antonio Brunetti, deputato speciale della Città di Chieti, Emidio Coppa, Sindaco di Città S.Angelo e molti esponenti della Guardia Nazionale che si stava costituendo.Dopo che il suo esercito aveva già occupato la fascia costiera abruzzese, il 15 ottobre il Re superò il Tronto e si fermò a Giulianova, primo Comune del Regno delle Due Sicilie a essere formalmente annesso al Regno di Sardegna. Popolazioni festanti acclamarono questo passaggio. Vittorio Emanuele II quando attraversò il Tronto inviò un telegramma a Napoleone III: «Dolente di non averne dato annuncio

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L’Abruzzo fu il primo territorio ad essere

annesso alla nuova Italia

nel movimento unitario, tra i monarchici e la nuova borghesia emergente, e i sostenitori di Vittorio Emanuele II (leggasi: Cavour) da una parte, e i sostenitori di Giuseppe Garibaldi e di Mazzini dall’altra.La nostra regione a quel tempo era, quindi, pervasa dai due movimenti che si contendevano aspramente la guida del movimento unitario: una parte, quella filo garibaldina, guidata da Clemente De Caesaris, appartenente ad una delle famiglie che in Abruzzo nel corso dell’Ottocento aveva partecipato a tutti i moti (del 1814, 1821, 1837, 1848…) e dall’altra a vari uomini legati direttamente o indirettamente ai Sabaudi. Tra questi vanno ricordati alcuni personaggi che guidarono il 5 ottobre del 1860 la delegazione di abruzzesi (42 tra teramani e chietini. Pescara era rappresentata da cinque esponenti, Castellamare invece non ne inviò) che si recò ad Ancona per invitare il Re ad attraversare il fiume

preventivo alla M.S. mi reco a Napoli per impedire la proclamazione della Repubblica».E così, l’Abruzzo, terra di frontiera, percepito da tutti come luogo isolato, distante (aveva scritto Boccaccio nel Decamerone, “gli è più lontani che Abruzzi”) fu il primo

territorio ad essere annesso alla nuova Italia che si stava a fatica costruendo.Ma fu adesione convinta o semplice annessione?Certamente erano in molti a volere la costruzione dell’Italia e questa è testimoniata dall’ampia partecipazione ai vari moti dell’Ottocento con i tanti caduti, dai martiri pennesi a quelli angolani. E allora perché, dopo l’unificazione, in Abruzzo si diffuse il brigantaggio?Per capire il brigantaggio, che esisteva già da secoli nella nostra Regione, bisogna comprendere che il movimento risorgimentale fu stimolato dalle nuove classi emergenti nel

“Carta XXVI Guida in Molise ed AbruzziStrada da Chieti a Teramo”

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L’UNIONE SI FA A TAVOLA

C COME INIZIATIVEdi Monica Andreucci – Foto: Mario Sabatini

Se Garibaldi ha combattuto sul campo di battaglia per comporre il puzzle del Regno unito, e Manzoni in letteratura ha dato un idioma condivisibile da tutti, non si nega all’autore di quella ch’è ritenuta la “Bibbia” della cucina domestica il ruolo di unificatore d’Italia nel modo (forse, di fatto) più “efficace” e... convincente: parliamo del gastronomo Pellegrino Artusi di Forlimpopoli (in provincia di Forlì-Cesena), di cui quest’anno il 30 marzo è ricorso il centenario della morte.Le pagine del suo “Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene”, il primo e più autorevole ricettario italiano che compie anch’esso, giusto nel 2011, un anniversario a cifra tonda, il 120° dall’esordio, in occasione del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia hanno ispirato i menù delle decine di convivi allestiti lo scorso 16 marzo in oltre 30 città italiane piccole e grandi - da Bormio a Sciacca - in assoluta contemporanea. Pure l’Abruzzo ha partecipato alla cena più numerosa mai vista, con un tributo all’Unità d’Italia che solo la fantasia e lo slancio romagnoli potevano inventarsi. Un qualificato comitato che mette insieme Enti locali, pubblici e privati, associazioni, Fondazioni ed Istituzioni di ricerca da Forlimpopoli a Firenze (rispettivamente dove nacque e morì Artusi), ha dato vita così

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ad un evento su scala nazionale, la cui organizzazione e il cui coordinamento sono stati curati dall’Ordine professionale dei maestri di cucina ed executive chef, attraverso il segretario nazionale Carlo Romito, in collaborazione con Scuole alberghiere, Istituti di ristorazione e cuochi meritevoli.Cosa c’entra in tutto questo l’Abruzzo? Unico luogo selezionato per l’evento è stato il ristorante “Cantina Santangelo” di Ekk Abruzzo in sintesi, in virtù della vicinanza con l’unico Ipssar della provincia di Pescara. La sede di Città S.Angelo, quindi, si è trovata alla pari delle capitali storiche Torino, Firenze e Roma. Condizione essenziale per l’allestimento delle varie cene è stata una lista delle vivande fatta con ricette prese dal manuale di Artusi, e preparate seguendo il dettato canonico: “Locale, Sano, di Stagione”, riferito alle materie prime da utilizzare ed alle modalità di preparazione rispettose dei sapori originari.Così tutto il mondo della cucina tipica ha reso omaggio al suo padre fondatore, quel Pellegrino Artusi che col suo buonsenso – perché giusto da quello, filtrato da grande intelligenza, si fece ispirare – definì una volta per tutte il concetto di “enogastronomia italiana”. Questo personaggio

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Speciale 150 anni

Le celebrazioni degli abruzzesi

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unico solo da pensionato scoprì la buona tavola: solo con la sua apertura mentale riuscì a creare dal nulla qualcosa di rivoluzionario, a dispetto della cultura imperante al momento (si poteva disquisire di cucina solo parlando francese) e rischiando di tasca propria, visto che le prime edizioni del

suo libro, dal 1891 ormai oltre il centinaio e tradotte in tutto il mondo, letteralmente se le pagò da solo. La curiosità? Non sapeva assolutamente cucinare: le 790 ricette che raccolse erano sperimentate facendo mettere ‘le mani in pasta’ ai suoi cuochi, non a lui….

IL CANTUCCIO TRICOLORE E VINI SPECIALINotti bianche, parate, celebrazioni, cene istituzionali, assemblee scolastiche, concorsi di idee… Tutto l’Abruzzo, in linea con il resto d’Italia, dall’inizio dell’anno spende l’amor patrio in iniziative mirate a celebrare la nascita dell’Italia. Tutte stan-no conoscendo una grande partecipazione e una grande risonanza mediatica. L’apoteosi del tricolore, nei giorni del 16 e del 17 marzo, ci ha messo molto di buonumore. Noi, che preferiamo i dettagli, ci limitiamo a raccontarvi le piccole idee che hanno avuto i produttori della regione per ricordare quest’anno speciale.Un’iniziativa abruzzese che si è fatta notare anche fuori regione è il cantuccio d’Abruzzo in veste tricolore. Questa edi-zione speciale è stata inviata dalla Dolciaria Falcone di Moscufo al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, al premier Silvio Berlusconi ed è stata degustabile a bordo degli aerei della compagnia italiana Blue Panorama, che già da tempo lo offre sia come dessert del dopo pasto e per il coffee break. Un’altra importante iniziativa è quella del Pastificio Verrigni che in occasione del 150° dell’Unità d’Italia ha creato la pasta 100% italiana prodotta da loro e fatta col grano varietà San Carlo coltivato in Italia dall’Az.Agr. Valentini (già nota per i suoi vini). Altre idee colorate da esposizione che ci sono state raccontate provengono dalla azienda Sergio Del Casale, con una carrellata di bottiglie con la coccarda, e un trio di liquori Di Cicco. (Foto: Modiv)

N. 534: Arrosto Morto di Vitellone di razza Marchigiana Lardellato, con Patate della Secca

«Prendete, mettiamo, un pezzo corto e grosso di magro, di vitella o di manzo, nella coscia o nel culaccio, ben frollo e del peso di un chilogrammo all’incirca; steccatelo con grammi 30 di prosciutto grasso e magro tagliato a fettine. Legatelo collo spago per tenerlo raccolto e mettetelo in una casseruola con grammi 30 di burro, un quarto di una cipolla diviso in due pezzi, tre o quattro costole di sedano lunghe meno di un dito ed altrettante strisce di carota. Condite con sale e pepe e quando la carne avrà preso colore, voltandola spesso, annaf-fiatela con due piccoli ramaioli d’acqua e tiratela a cottura con fuoco lento, lasciandole prosciugare molta parte dell’umido, ma badate non vi si risecchi e diventi nera. Quando la man-date in tavola passate il poco succo rimasto e versatelo sulla carne che potrete contornar di patate a spicchi, rosolati nel burro o nell’olio.Potete anche metter l’arrosto morto al fuoco col solo burro e tirarlo a cottura con la casseruola coperta da una scodella piena d’acqua.»

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L’ALTRA PARTE DELL’UNITÀ

C COME BORBONIdi Cristina Mosca – Foto: Modiv

Gli ultimi giorni del regno di Francesco II

La resa della Fortezza di Civitella del Tronto, in provincia di Teramo, è la prima vincita dell’esercito italiano o l’ultima sconfitta di quello borbonico? Su questo argomento si resta divisi anche nell’anno dei festeggiamenti del 150esimo anniversario della proclamazione in Parlamento, a Torino, del Regno d’Italia. Certo è che con i suoi 25mila metri quadri di superficie e gli oltre 500 metri di estensione lineare, la Fortezza, che ancora oggi è uno dei luoghi più maestosi del nostro territorio, ha rappresentato per secoli un baluardo di confine, a Settentrione del Regno delle due Sicilie.«I viaggiatori che giungevano a Napoli nel Settecento e nell’Ottocento

inviata il 22 giugno 1657 a Padre Filippo da Secinara quale resoconto delle feste centenarie di Civitella tenutesi il mese precedente, perché segnala il meglio di quella cultura gastronomica meridionale del Settecento italiano che influenzò l’affermarsi non solo della cucina napoletana in generale e di quella Borbonica in particolare, ma anche, attraverso contaminazioni da quella francese, di una cucina

sopranazionale che fu spesso presente nei pranzi ufficiali di corte. Due esempi fra tutti? Il timballo di zite ed i ravioli fritti con burro». Lo stesso timballo di zite, tuttora cavallo di battaglia del ristorante Zunica, che è stato preparato anche in occasione della serata del 19 marzo, organizzata per ricordare il 150esimo

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A Civitella del Tronto il 17 marzo 1861 si combatteva

ancora in nome del Re delle due Sicilie

restavano incantati anche dalla grande tradizione culinaria – racconta Daniele Zunica, erede dell’hotel più antico di Civitella del Tronto – I sorbetti, i gelati ed i dolci napoletani, insieme a quelli siciliani, non avevano pari in Europa. In tema di gastronomia partenopea non si può, quindi, non far riferimento alla cucina borbonica. Tra le fonti documentarie è molto interessante la lettera di padre Antonio da Nereto,

anniversario dell’ultimo giorno borbonico della Fortezza. Al termine di un lunghissimo assedio, iniziato nell’ottobre 1860 dai partigiani teramani e ascolani, rafforzato subito dopo dalla legione sannita proveniente da Penne, e definitivamente corroborato, nel gennaio del 1861, dall’esercito sardo-piemontese, la “fedelissima” infatti si arrese all’esercito piemontese per ultima: talmente per ultima che il Regno

Civitella del Tronto

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d’Italia era stato già proclamato, e si era arrivati al 20 marzo 1861. A febbraio re Francesco II delle due Sicilie aveva consegnato Gaeta, rifugiandosi a Roma. Da lì quel giorno, il 16 febbraio, il Ministro di Guerra Francesco Antonio Casella spiegò a nome di re Francesco II, che «l’ostilità inglese, il non intervento prescritto da Francia, l’inazione di Europa, il

Messinelli per ordinargli di consegnare anche la Fortezza… ma Messinelli non credette all’autenticità del messaggio e lo stato di assedio, continuò: un lungo combattimento al quale la guarnigione borbonica (poco più di 800 uomini, ridotto a scarsi 300 quando re Francesco lasciò Gaeta) potè rispondere solo con 17 pezzi da guerra, di cui 13 cannoni funzionanti sui 20 a disposizione, contro i 24 cannoni piemontesi.Il 12 marzo cadde anche l’ultima Fortezza del Sud, quella di Caltanissetta, perciò la Grande Macchina Unitaria si mosse per prepararsi alla proclamazione del 17 marzo. Le potenze europee non avrebbero però riconosciuto lo Stato italiano se prima non fosse caduto anche quell’ultimo baluardo borbonico, perciò dal 14 marzo il fuoco dei cannoni piemontesi si accanì su Civitella: si ritiene che sia stata bombardata con 8500 colpi. Non avrebbero dovuto dire gatto senza averlo nel sacco: a Civitella del Tronto, la città-fortezza, quel 17 marzo 1861 si combatteva ancora in nome del Re, anche se di un re che aveva già consegnato il suo regno, conquistandosi il soprannome di Franceschiello. «Non c’è da vergognarsi del proprio passato – commenta l’esperto civitellese Bruno Martelli – e i piemontesi non erano più… democratici dei Borboni. Sapete da dove viene il termine “buzzurro”? Dalle divise dei piemontesi, blu-azzurre. Non erano decisamente i benvenuti…»Solo alle 9 del 20 marzo 1861 la Fortezza issò bandiera bianca, e alle 11 ci fu la presa d’atto della capitolazione: borbonici (per mano di Raffaele Tiscar, nelle veci del maggiore Luigi Ascione) e piemontesi (per mano del colonnello Pallavicini, nelle veci del generale Mezzacapo) firmarono la resa. Dell’Unità di Italia era stato sancito l’inizio: adesso si poteva procedere per annettere (o conquistare?) tutto il resto, dallo

Stato pontificio, con Roma e il Lazio, per finire, svariati anni dopo, con Trento e Trieste.«Paradossalmente, la Fortezza è sempre stata protetta dalle case e dal reticolato di ruette che costituivano il borgo alla sua base – spiega Bruno Martelli – e che non solo ne rendevano impervio l’accesso, ma alla fine la salvarono dalla completa demolizione: esattamente come accaduto per la

fortezza di Pescara, infatti, lo smantellamento ebbe subito inizio, ma dovette cessare a causa dei danni al borgo». Per questo, specie dopo il restauro ad opera della Sovrintendenza dell’Aquila terminato nel 1985, oggi la possiamo ancora ammirare in

tutta la sua imponenza, e immaginarne le parti più antiche come il palazzo del governatore.«Si assistette ad un gesto oltre che delittuoso, illogico – spiega Dalmazio Di Dalmazio, presidente del comitato “Civitella 150” – il Forte era già entrato a far parte del territorio del Regno, però c’erano i briganti e fu smantellato! Come se un proprietario, per paura di ladri, distruggesse la propria casa. Pazzia pura o vendetta spietata? (…) La “civitas” (era) assolutamente priva di mezzi, di risorse, gravata da numerosi problemi, fra cui quello della rimozione delle macerie, della ricostruzione. Soprattutto flagellata dal brigantaggio (…), quello delinquenziale e banditesco (…). Il clima era difficile, l’atmosfera irrespirabile: vigevano restrizioni, si registravano crudeltà, vendette; soprattutto l’ingratitudine, il silenzio, le mancate risposte da parte del neonato Regno crearono uno stato di frustrazione e di impotenza. Per fortuna trionfò lo spirito e la fierezza d’animo degli antichi padri che, seppur fiaccati e frustrati, non furono mai annientati e sepolti: essi soli, senza alcun sostegno governativo, furono l’anima delle nuove generazioni impegnate in un’opera di rinascita». Una rinascita talmente vigorosa che tuttora, nell’ambito degli “Incontri tradizionalisti di Civitella del Tronto”, a ricordo dei caduti dell’assedio del 1860-61 viene deposta una corona d’alloro.

(Bibliografia: Dalmazio Di Dalmazio, Piergiorgio Tiscar sul catalogo della mostra “Civitella 1861: ultimo atto per l’Unità d’Italia”; Giuseppe Catenacci e Francesco Maurizio Di Giovine, “La gloriosa fine di un regno”, associazione nazionale ex allievi Nunziatella, sezione Abruzzo Molise e Marche)

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Solo nell’ultima settimana la Fortezza fu crivellata con oltre 8mila colpi di

cannone

bombardamento, il tifo, gli scoppii (cui non è estraneo il tradimento) spinsero il re a cessare». Era al trono da soli due anni, cioè dalla morte del padre Ferdinando II di Borbone. Aveva scritto perciò al suo sergente a Civitella Domenico

Filetto alla moda borbonica in salsa Madera

La leggenda vuole che il filetto alla moda borbonica fu fatto mangiare a re Ferdinando II nel luglio 1832, quando fu ospite della famiglia Franchi, funzionari del re. Parla di un Abruzzo rurale, fatto di agricoltori, pastori e pescatori

Ingredienti per 1 persona: 1 filetto di vitellone bianco I.G.P da 250 gr. circa; mezza mozzarella tagliata dal verso della lunghezza; 20 gr. di cicoria lessa; 1 alice sotto sale di ottima qualità; 1 bicchiere di Madera; un cucchiaio di olio extraver-gine di oliva; una fetta di pane casereccio; 1 spicchio di aglio; sale e pepe q.b.Preparazione: versare un filo di olio su una padella, portarlo a temperatura e scottare il filetto da ambo le parti, adagiarlo su una piccola placca da forno condire con sale e pepe, ada-giare la mozzarella sul filetto ed infornare per 5 minuti alla temperatura di 180°, nel frattempo tostare il pane, saltare la cicoria con un filo di olio e lo spicchio d’aglio. Versare il vino Madera nella padella dove è stato cotto il filetto ( avendo tolto in precedenza il liquido formatosi dopo la cottura), facendolo sfiammare e ridurre per 3 min. circa. A questo punto disporre il crostone sul piatto, porre sopra la cicoria saltata, ancora sopra il filetto cotto in forno , creare sopra la mozzarella una croce con le alici diliscate e dissalate in precedenza ed irrora-re il tutto con la salsa al Madera.

Speciale 150 anni

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«LE VIRTÙ TERAMANE?SI FANNO COSÌ»

Un comitato di esperti e ristoratori oggi le tutela

C COME TIPICOComunicazione istituzionale

Fave e piselli per i legumi freschi; fagioli e lenticchie tra i legumi secchi; verdure fresche di stagione come bietola, indivia, lattuga, borragine, cicoria e spinaci; carne di manzo macinata, pasta mista di grano duro; ed erbe aromatiche. Sono i principali ingredienti di questo piatto, che per tradizione si prepara nella città di Teramo il I maggio, stabiliti da un disciplinare sottoscritto dal neo costituito Comitato “Le Virtù teramane”. Dodici esperti del settore hanno stilato un rigido elenco di ingredienti e di modalità di ricerca e preparazione, che attualmente è al vaglio della Regione per la sua registrazione nell’Atlante dei prodotti tradizionali Abruzzo, in modo da ottenere una unica linea guida, imprescindibile e insindacabile, per le “vere Virtù teramane”.Il comitato è formato da antropologi, ricercatori storici ed esperti della cucina antica teramana (Alessandra Gasparroni, Daniela Di Ferdinando e Rosita Di Antonio) e capisaldi della ristorazione tradizionale (lo stesso Marcello Schillaci ed Elio e Paolo Pompa), così come rappresentanti della Camera di Commercio (Alfiero Barnabei) e dell’A.r.s.s.a. (Marco Cipolletti e Gabriele Costantini) di Teramo, della stampa (Roberto Pelillo), e degli organi di controllo (il difensore civico

regionale Giuliano Grossi e il dirigente del Servizio igiene degli Alimenti e della nutrizione della Asl di Teramo Tommaso Migale). Sulla base di questo disciplinare, gli oltre venti ristoratori che da oggi si fregiano del marchio “Qui si fanno le vere Virtù della tradizione teramana” si impegnano, per la prima volta, a proporre nel loro locale, in ogni fine settimana del prossimo mese di maggio, questo piatto storico. È consigliata la prenotazione.«Dopo varie ricerche, sia personali sia del Comitato – racconta Marcello Schillaci, già presidente dell’Associazione Ristoratori Teramani dentro le mura (Art) e promotore del Comitato – abbiamo stabilito che l’origine di questa ricetta non solo è strettamente teramana, ma addirittura cittadina, per via della diffusione a Teramo degli orti di famiglia. L’unica pasta un po’ diversa dalle altre era quella verde, perché impastata con gli spinaci. Tortellini ed agnolotti, oggi usati in alcune “varianti sul tema”, non hanno a che vedere con il piatto originale, e tantomeno il parmigiano».Alla luce di studi più accurati e di esame di altre fonti, il comitato ha inoltre confermato che nell’antica Roma, proprio il 1° maggio, i Romani usavano consumare le loro “Virtutes”.

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INSIEME SI È PIÙ FORTI!I produttori abruzzesi fanno rete

C COME VINITALYdi Daniele Di Vittorio – Foto: Modiv

Quattromila espositori da 23 Paesi per la 45esima edizione del Vinitaly, l’evento fieristico che, insieme al Sol, rappresenta il più importante appuntamento mondiale dedicato al vino e all’olio di qualità. L’Abruzzo è stato presente con 80 aziende vitivinicole e 27 olearie coordinate da assessorato all’agricoltura, Arssa e Centro Interno delle Camere di Commercio d’Abruzzo, in collaborazione con l’Enoteca regionale. Anche quest’anno c’è stata la consueta pioggia di

premi per le aziende vinicole e olearie abruzzesi, ottenuti nei due concorsi organizzati dall’Ente Fiera. Ai 3720 vini in gara, di 1000 aziende da 30 Paesi sono state attribuite dal concorso enologico internazionale 16 Gran Medaglie d’oro, 17 Medaglie d’oro, 19 Medaglie d’argento e 18 Medaglie di bronzo: l’Abruzzo ha conquistato ben 9 Medaglie (2 Gran Medaglie d’oro, 3 d’oro, 2 d’argento e 2 di bronzo) e 100 Gran Menzioni; mentre al Concorso Sol d’oro

L’assessore Febbo con il MinistroFrancesco Saverio Romano

Una degustazione di Adua Villa

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le aziende olearie abruzzesi hanno riportato 4 Gran Menzioni. Nel dettaglio, l’Abruzzo del vino è stato premiato in tutte le tipologie: nei vini bianchi, con 1 Medaglia d’oro e 27 Gran Menzioni; nei rossi, con una Gran Medaglia d’oro, una d’oro, una d’argento e una di bronzo in diverse categorie e 52 Gran Menzioni; e nei rosati, tipologia che ancora una volta conquista l’en plein di tutte le medaglie a disposizione (Gran d’oro, d’oro, d’argento e di bronzo) e 21 Gran Menzioni. Nel calcolo tra Medaglie e Gran Menzioni la palma della migliore performance tra le aziende regionali va alla cantina cooperativa di Orsogna, alla quale è stato assegnato il Premio Speciale Gran Vinitaly per l’Abruzzo. Anche l’olio abruzzese, dopo il premio nazionale Sirena d’oro, ha continuato la sua scalata: tra gli oltre 200 oli in concorso al Sol, sono arrivate 3 Gran Menzioni nella categoria “Fruttato Leggero” e 1 nella categoria “Fruttato Intenso”. A questo proposito registriamo una moderata soddisfazione da parte dei produttori abruzzesi partecipanti al Sol, che denota come l’olio abruzzese stia crescendo di livello e aumenti la propria importanza a livello nazionale.Durante i cinque giorni della manifestazione sono state molte le attività organizzate dalla Regione: dalle degustazioni

condotte dalla giornalista sommelier specializzata nel settore vinicolo e “abruzzese Doc” Adua Villa, all’incontro con i Buyer stranieri, fino al progetto “Provincia sicura al 100%” dedicato alla sensibilizzazione al consumo responsabile e consapevole dell’alcool, avviato dalla Provincia dell’Aquila. Presente anche un angolo dedicato a “Wine&Tie”, un’iniziativa che intende offrire alle imprese interessate un servizio capace di sostenere e migliorare i processi di commercializzare dei propri prodotti, sia sul mercato nazionale che su quelli esteri. C’è stata anche un’originale operazione di Cantina Tollo che per presentare i nuovi vini Passerina e Cococciola, ha commissionato al pasticcere Nicola Fiasconaro una creazione da Guinness: la Colomba Pasquale più grande del mondo!Il padiglione abruzzese è stato visitato anche dal neo Ministro per l’agricoltura Francesco Saverio Romano, che si è intrattenuto per alcuni minuti nell’area dell’enoteca regionale. Ma la partecipazione di quest’anno ha avuto qualcosa di diverso: i produttori si sono dovuti unire due società consortili (una per l’olio, “Olio Nostro Sol”, e una per il vino, “Divino Abruzzo in fiera”), scongiurando di fatto l’ipotesi che l’Abruzzo fosse costretto a rinunciare alla più importante manifestazione mondiale del settore a causa della razionalizzazione dei fondi

La colomba da Guinnes di Cantina Tollo

Andrea Di Fabio di Tullum

Antonio e CristianaTiberio

Danilo Giampaolocon Evangelista Liquori

Sabatino Di Properzio de La Valentina

L’Angolo Wine&Tie

Chiara CIavolichFederica Morricone e Niko Romito

Concetta D’Innocenzo per Arnaldo Caprai

Staff Cantina Frentana

Paola Del Casale

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regionali operata nell’ambito della manovra finanziaria, come è successo per la Bit di Milano. Difatti la soluzione è stata individuata attraverso l’accesso agli appositi fondi riservati alle “Attività di informazione e di promozione” previste dal Piano di Sviluppo Rurale 2007-2013 Successivamente la Regione e l’Arssa hanno poi coordinato tutta la manifestazione. Questo fatto è più che significativo, dato che in un periodo di ristrettezze unire le proprio forze è necessario per avere risultati. Ma non è finita qui: all’interno di questo consorzio altre cantine hanno deciso di unirsi per creare delle sinergie. Per la prima volta l’associazione Vignaioli in Abruzzo si è presentata al Vinitaly unita negli intenti, con arredi e design coordinati anche se in spazi divisi, per confrontarsi e crescere reciprocamente. Si tratta di: Tenuta I Fauri, azienda Marramiero, San Lorenzo Vini, e le aziende agricole Ciccio Zaccagnini, Bosco Nestore, Dora Sarchese Dora, Torre Zambra e Contesa.Un’altra unione di Cantine è stata quella messa in piedi da Vittorio Festa, enologo abruzzese che ha preso per mano sette realtà vinicole del territorio e le ha portate al Vinitaly sotto uno spazio comune: in uno stand moderno caratterizzato da un lungo banco per degustazioni c’erano la Cantina Sangro, l’azienda Jasci, l’azienda agricola Terzini, la Marchesi De Cordano, Cantina Ciampoli, Fattorie Teatine e Tenute Santarelli. Si è trattato di un esperimento ambizioso ma allo stesso tempo lungimirante, perché dimostra che ha cominciato a radicarsi anche in Abruzzo il significato profondo dell’espressione “L’unione fa la forza”.

Il gruppo Festa

L’associazione Vignaioli d’Abruzzo

Max “L’uomo di ferro”

Peppe Ursini

Claudio Pracilio

Tommaso Masciantonio e Nicola Tieri con Marino Giorgetti (Arssa)

Premiazione degli oliSala Mantegna

Daniele Erasmi e i suoi cioccolatini all’olio Dop

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PIÙ LO MANDANO GIÙ,PIÙ CI TIRIAMO SU

In salita i dati di esportazione del vino abruzzese

C COME EXPORTdi Maura Di Marco

Il vino abruzzese è tra i più bevuti al mondo: lo confermano i dati diffusi dal Centro Estero delle Camere di Commercio d’Abruzzo relativi ai primi nove mesi del 2010. È stato registrato, infatti, un incremento dell’export pari al 16%, quasi tre volte superiore al 2009, anno nero delle esportazioni che ha però visto l’Abruzzo rifiorire nel campo dell’agroalimentare, con un aumento del 5.8% delle esportazioni di bevande (di cui il vino rappresenta la quota parte maggiore). Secondo quanto ci riferisce lo stesso Centro Estero, le ragioni di una crescita così repentina potrebbero essere due: il buon rapporto qualità prezzo dei vini abruzzesi e le nuove capacità di marketing e comunicazione acquisite dagli operatori economici.Il primo motivo è confermato dalla contrazione delle quote di mercato di Toscana, Veneto e Piemonte, regioni dalle radici eccellenti ma al momento un po’ troppo care; il secondo, dal passaggio generazionale che sta interessando le nostre terre, accompagnato dalle nuove competenze linguistiche ed economiche degli imprenditori agricoli.C’è un altro dato interessante che rosseggia nel panorama

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vitivinicolo mondiale: la Germania, che nell’ultimo triennio svettava nella classifica degli importatori di vini abruzzesi con una percentuale di mercato del 22.84%, si è vista superare dagli Stati Uniti che, nei primi 9 mesi del 2010, detengono il 21.46% del mercato contro il 20.44 della Germania. Al terzo posto mantiene una posizione più che stabile il Canada con una quota di mercato del 14.72%: il Nord America assorbe, in questo modo, poco meno della metà dell’export (Stati Uniti e Canada si attestano insieme al 41.04%) ed i numeri sono destinati ad aumentare nel giro di pochissimi anni. Troviamo al quarto e quinto posto, invece, il Belgio e la Francia con un incremento delle esportazioni, nel caso francese, dal 2009 al 2010, del ben 114.63%. Il sapore del successo si affievolisce, però, nel Regno Unito, prima tra i maggiori acquirenti che oggi registra un abbassamento della domanda del 12.77%, simile a quello della Norvegia e della Danimarca. Altri mercati che fanno ben sperare sono l’Olanda e la Spagna per cui, amici viticoltori, cosa aspettate? Il successo va bevuto adesso.

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LA “GALLOTTA”Riscopriamo un piatto storico

C COME GALANTINATesti e foto di Marco Di Edoardo

Molti piatti tradizionali italiani acquisiscono, localmente, delle varianti regionali che rispecchiano la cultura enogastronomica del territorio. È il caso della galantina, di gallina o di pollo: in Abruzzo la “gallotta” (la chiamano così nel Teramano) è un piatto che si usava preparare nelle ricorrenze importanti, soprattutto nei matrimoni in casa o nei pranzi pasquali e natalizi. «Essendo da preparare almeno un giorno prima del consumo – spiega la giuliese Irma Martinelli, classe 1926, che tra in ambiente contadino ci è nata e cresciuta – questo piatto si presta molto a pranzi numerosi perché può essere servito freddo e appunto essere elaborato con tutta calma. Come molte pietanze tradizionali, anche questo durante il corso degli anni ha subito delle modifiche: innanzitutto, la vera e propria galantina abruzzese è fatta con la gallina (da qui il termine “gallotta”) e non con il pollo, come invece si usa fare attualmente.La galantina ha delle radici povere e nasce dall’esigenza di rendere più appetitosa la gallina che non ha carni molto

grasse e molto saporite: proprio per questo veniva riempita di uova, carote, carne macinata, sedano e olive. Le ossa, invece, una volta separate dalle carni, venivano utilizzate per preparare il brodo, piatto che veniva servito rigorosamente prima della “gallotta”». Attualmente, infatti, le galline vengono utilizzate prettamente per produrre uova e per questo motivo vengono rese più fertili con del mangime particolare, che permette loro di produrre uova addirittura anche per 4 anni consecutivi.Questa alimentazione però rende la carne della gallina ancora più secca e se “gallina vecchia fa buon brodo” sicuramente non fa una buona galantina. Il pollo, invece, d’altra parte, ha il vantaggio di avere un allevamento molto diffuso e più votato alla fruizione della carne stessa. In alcune regioni la galantina viene spesso arricchita con tartufo, pistacchi, prosciutto a pezzetti, mortadella o addirittura preparata con pesce: come sempre, in cucina è la fantasia a giocare un ruolo fondamentale.

Speciale Terra

LA GALANTINA FATTA IN CASARicetta della signora Irma Martinelli, preparata dalla figlia Loriana Gentile

Ingredienti: 1 gallina, 600 gr di carne macinata, sale, noce moscata, 6 uova, olive spezzettate, sedano, carote, parmigiano grattugiato q.b.Disossare la gallina con un coltello aprendola dalla parte della schiena, preparare il ripieno con il macinato, la noce mo-scata, il sale, il parmigiano e 3 uova. Stendere il ripieno sul tagliere e disporre al centro 3 uova sode e lateralmente carote e sedano a listelle. Avvolgere il ripieno formando un polpettone e disporlo all’interno della gallina. Cucire con ago e filo, avvolgere con spago e mettere a cuocere in una pirofila con olio, sedano, carote, vino bianco, una noce di burro, una scorza di limone e acqua q.b. a fuoco moderato fin quando il liquido non si è ristretto. Lasciar riposare per una notte, tagliare a fette la “gallotta” e servire.

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PUNTO PRIMO, L’ARMONIAImparare la stagionalità dei prodotti

C COME TRADIZIONEdi Anita Righetto - Foto: Modiv

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L’uomo è ciò che mangia?Oppure:L’uomo mangia ciò che è?Si discute se attenersi alla scrittura o alla pronuncia del vitatissimo pensiero formulato da Ludwig Feuerbach per avvalorare una traduzione o l’altra. La differenza tra i due pensieri è evidente in misura palese. È molto interessante per noi invece considerare cosa accade nell’uno o nell’altro caso. Dato l’assunto dei bisogni ancestrali di fame/sazietà, che per fortuna oggi non è più così necessario nel quotidiano occidentale corrente per il facile accesso ai cibi, l’argomento si sposta sul piano della scelta. Come scegliamo cosa mangiare?L’alternanza razionale/irrazionale applicabile alla preparazione del pasto e al colpo di fame in realtà è presente in ogni caso.

in termini di benessere e anche di risparmio. Riflettiamo: mangiamo patatine fritte, in busta o al ristorante, per immettere zuccheri lenti, o mangiamo patate bollite o una fetta di pane con l’olio o anche solo sgranocchiamo pane raffermo, evitando così anche l’alito cattivo? La pannocchia di granturco arrosto o bollita è anche meglio del popcorn che è una varietà di mais tostato. Sì, lo so, il granturco si trova solo per pochi giorno l’anno e il popcorn invece sempre! Ecco, questo è un argomento su cui riflettere.I prodotti e le loro stagioni non sono in relazione solo alla

temperatura e alle abitudini, ma anche alle esigenze del corpo umano. Questa stretta connessione tra cibo, stagione e corpo umano costituisce un equilibrio solidissimo che va ben aldilà della ratio, comunque applicata.Quante volte abbiamo detto “oggi mi va di mangiare questo”? L’armonia naturale

“”

I prodotti della stagione sono in relazione alle esigenze del corpo

umano

E allora? Allora solo conoscendo gli ingredienti, la loro preparazione, le stagioni e anche il perché di quel pasto si può coniugare il razionale all’irrazionale, sottraendoli all’alternanza, e riuscire a mangiare quello che si vuole davvero, cioè mangiare quello che si è veramente. Ciò che è opportuno comprendere è quanto un piccolo impegno di attenzione produca benefici di notevole portata,

tra il cibo e le esigenze del corpo ci consegnano una sensazione di benessere che oggi suscita quasi stupore. Considerare la catena alimentare come un appassionante gioco di ruoli può aggiungere alle nostre giornate notevoli quantità di soddisfazione.Del resto ce lo hanno insegnato già le nostre nonne, ed è vero fino ad un certo punto che “sì però i tempi cambiano”. Loro

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avevano sicuramente prodotti naturali a disposizione, ed avevano certo anche tanto tempo per prepararli. Dobbiamo quindi ripensare la loro cucina con i tempi e i prodotti di oggi. Sicuramente non aiuta il banco del supermercato, dove l’indifferenziato inteso come stagionalità non ci permette di operare scelte legate alla stagionalità senza tentazioni. Vivere consapevolmente la preparazione del cibo è una conquista quotidiana affidata alla disciplina di voler offrire un pizzico di salute in più a noi stessi e ai nostri cari. Ci sono prodotti che attraversano le stagioni perché vengono seminati e piantati più volte nell’arco dell’anno, come il prezzemolo e alcune insalate. Ci sono ortaggi e frutta però che durano pochi giorni, come la pannocchia di granturco che vale la pena di tenere a mente e ricordarsi quando è il periodo giusto per cercarla, perché non è solo tradizione ma è soprattutto gusto.Gusto e salute stanno bene insieme, anche perché la stagione permette all’ortaggio o alla frutta di consegnare tutte le sue qualità in termini di sapore aroma e profumo. Per gli ortaggi, le eccellenze meravigliose possono essere: a gennaio le cime di rape; a febbraio i porri; a marzo il cavolo cappuccio; ad aprile il carciofo; a maggio le carote; a giugno l’aglio rosso; a luglio il pomodoro; ad agosto i peperoni rossi da seccare; a settembre i peperoncini piccanti, sempre da seccare; a ottobre i fagioli da sgranare; a novembre il cavolfiore; a dicembre il cardone.Per la frutta le eccellenze meravigliose possono essere a gennaio gli agrumi, volendo anche locali; a febbraio i limoni locali, piccoli e profumati; a marzo le ultime arance; ad aprile le prime fragole locali; a maggio le prime ciliegie; a giugno le ciliegie dell’entroterra; a luglio le amarene; ad agosto le mandorle; a settembre l’uva dolce e zuccherina, una miniera per la salute; a ottobre i melograni; a novembre le castagne; a dicembre i marroni.Regalarsi un attimo di riflessione su che stagione stiamo vivendo, su che ortaggi o frutta troviamo sui banchi del mercato, su che piatto potremmo preparare velocemente, significa anche ascoltare il proprio corpo nelle sue esigenze e rispondere in maniera opportuna. La tradizione ha codificato con intelligenza ed estrema praticità tutto quanto, tant’è che ci propone di tutto, dai piatti semplici dei giorni feriali ai complessi piatti dei giorni della festa. Basta riflettere un attimo e attingere dal patrimonio di ciascuno. L’armonia in fondo ha anche un prezzo modico.

Vuoi scambiare un parere? Anita Maria Righetti condurrà una conversazione sulla stagionalità dei prodotti il 25 maggio 2011 alle 17,30, presso la libreria Feltrinelli di Pescara. Ingresso libero.

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C COME RICETTE

LU CARRATURE D’ORE:MATCH TRA VINCENTI

a cura delle associazioni cuochi della FIC

Per la 21esima edizione in gara solo campioni

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Un’edizione speciale, quella de “Lu carrature d’oro” 2011, con una giuria speciale: a sfidarsi sono stati i vincitori dei venti anni precedenti, e a giudicarli sono stati chiamati giurati d’eccezione: insieme al presidente Massimo Di Cintio c’erano infatti i tre stellati d’Abruzzo Niko Romito, Peppino Tinari e Antonio Strammiello e il giornalista enogastronomo Luigi Cremona. Gli chef professionisti premiati“Lu Carrature d’Ore dell’Innovazione”: Vito Giansante per “Interpretazione del capretto”.“Lu Carrature d’Ore delle Tipicità”: Nicola Fossaceca per i “Ravioli di cipolla in brodo di ventricina dell’alto Vastese”.“Lu Carrature d’Ore della Tradizione”: Domenico Florindi per “Lu Rentrocele”.“Lu Buccunotte d’Ore”: Lorenzo Pace con il dolce “Bavarese al Montepulciano d’Abruzzo con biscotto al pecorino di Farindola e salsa ai confetti di Sulmona”. Premi specialiTrofeo “Unione regionale cuochi abruzzesi” al miglior piatto creativo: Mario Rabottini per “Variazioni biologiche sull’ovino abruzzese: pane e ricotta, castrato al succo d’uva e gelato di coratella all’essenza di arancia”. Trofeo “Consorzio tutela

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vini d’Abruzzo” al miglior abbinamento vino/cibo: Lucio D’Angelo con i “Cubetti di agnello scottati su crema di carciofi e lamelle di pecorino, torrone tenero di fegato al profumo di mosto cotto e grissino di pane di patate e mais” abbinato al “Moscatello di Castiglione a Casauria”. Trofeo “De Victoriis-Medori” al piatto storico della cucina abruzzese: Isolina Petrini con “La pascte a lu sparone”. Premi agli studenti IpssarPrimi piatti: Antonio Maccallini dell’istituto alberghiero de L’Aquila, con i “Cannoncini al baccalà mantecato con zafferano dell’Aquila su vellutata al pecorino di Farindola e dadolata arlecchino”. Secondi piatti: Jiri Dvoraku dell’istituto alberghiero di Giulianova, con la “Ghirlanda di trota Iridea con zafferano di Navelli e tortino di cicoria”. Dolci: Paolo Della Valle, dell’istituto alberghiero di Giulianova, con la “Cassata di ‘mscuett con sensazione di Centerba Toro farcita di ricotta di pecora e torrone bianco classico dell’Aquila e salsa al latte di mandorla”. Trofeo Centerba Toro: Francesco D’Alessandro dell’istituto alberghiero dell’Aquila, con “Piramidina e praline alla Centerba Toro con ganache al miele”.

I giurati de “Lu Carrature d’ore” 2011

I vincitori de “Lu Carrature d’ore” 2011

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RAVIOLI DI CIPOLLA IN BRODO DI VEN-TRICNADELL’ALTO VASTESE

di Nicola Fossaceca

LU RENTRÒCELE

di Domenico Florindi

INTEPRETAZIONE DEL CAPRETTO

di Vito Giansante

BAVARESE AL MONTEPULCIANO D’ABRUZZO CON BISCOT-TO DI PECORINO DI FARINDOLA E SALSA DI CONFETTI DI

SULMONA

di Lorenzo Pace

Ingredienti per 6 persone. Per il brodo di Ventricina: 600 g Ventricina dell’alto Vastese, 1,5 lt d’acqua; per la sfoglia: 200g farina 00, 20 g farina grano Solina, 2 uova, sale q.b; per il ripieno di cipolle: 700 g di cipolle piccole biologiche, 15 g succo di limone, sale q.b.

Procedimento. Per il brodo di Ventricina:versare l’acqua fredda in una pen-tola e aggiungere la ventricina sgranata a pezzi. Porre sul fornello e portare sobbollire per 15 min. Filtrare e raffreddare in abbattitore. Una volta freddo, eliminare il grasso di superficie e filtrare con un panno di lino. Per il ripieno: mettere in un foglio di alluminio le cipolle intere con tutta la buccia, cucina-re in forno a 180° per circa 40 min, farle raffreddare e sbucciarle. Metterle in una ciotola con il succo di limone e il sale, frullare e lasciare riposare per circa 1 ora in frigo. Per la sfoglia: impastare le farine con le uova e il sale. Fare riposare l’impasto 1 ora in frigo. Stendere la pasta molto sottile, con un tagliapasta del diametro di 8 cm ricavare dei dischi, spennellarli con dell’acqua, con un sac à poche mettere al centro dei mucchietti di cipolla e chiudere a forma di tortelli. Scaldare il brodo e aggiustare di sale. Cuocere i ravioli in abbondante acqua bollente e salata per 1 minuto. Scolare i ravioli, metterli nei piatti fondi e irrorarli con il brodo bollente.

Ingredienti per 6 persone. Per la pasta: 400 g di farina di grano duro, 2 al-bumi d’uovo, 100 g d’acqua, sale q.b.; per il condimento: 100 g di polpa di maiale, 100 g di polpa di vitello, 100 g di polpa di agnello, 80 g di pancetta di maiale, 60 g di cipolla, 50 g di sedano, 80 g di carota, 1 dl di Trebbiano d’Abruzzo, 80 g di olio extravergine d’oliva, 50 gr di pecorino stagionato.

Procedimento. Per la pasta: mettere sulla spianatoia la farina a fontana, spol-verare di sale, creare un foro, aggiungere gli albumi e l’acqua, impastare, la-vorare per 20’ e lasciarla riposare per circa 1 ora. Stendere con il mattarello una sfoglia dello spessore di ½ cm, tagliare dei rettangoli delle dimensioni uguali a “lu carrature”, mettere la sfoglia dalla parte dove i fili sono più larghi, fare pressione sulla sfoglia con il matterello e realizzare, così, “lu rentrocele”. Per il condimento: mettere a soffriggere in un tegame con l’olio i vegetali, unire la pancetta a cubetti e lasciare dorare. Unire le carni tagliate grossolanamente, rosolarle, bagnare con il vino, lasciare evaporare e con-tinuare la cottura a fuoco lento per circa 1 ora. Cuocere “lu rentrocele” in abbondante acqua bollente e salata, per qualche minuto, scolarla e condirla con il ragù. Mettere la pasta nei piatti creando dei nidi e completare con dei trucioli di pecorino.

Ingredienti per 6 persone. Per la bavarese: 350 g di Montepulciano d’A-bruzzo, 55 g di tuorli d’uova, 150 g di zucchero semolato, 100 g di panna, 6,5 g di gelatina in fogli. Per la salsa: 150 g di confetti di Sulmona, 150 g di latte. Per il biscotto: 60 g di pecorino di Farindola stagionato, 60 g di zucchero semolato, 100 g di farina di grano tenero 00, 80 g di burro. Per la guarnizione: 1 g di polvere di purtehalle (arancia) della costa dei Traboc-chi, 6 ciuffi di menta.

Preparazione. Per il biscotto: miscelare la farina, il pecorino e lo zucche-ro e impastare con il burro morbido. Avvolgere il panetto nella pellicola e lasciare in frigorifero per 2 ore. Stendere l’impasto tra due fogli di carta da forno allo spessore di 2 mm e cuocere in forno a 170° per 15’. Appena sfornato ricavare 6 rombi e lasciare raffreddare. Per la salsa: tritare i confet-ti, unirli al latte e frullare. Cuocere per 2’ dal bollore, passare allo chinois e abbattere a +3°C. Per la bavarese: mettere in ammollo la gelatina per 10’. Dealcolizzare il vino, montare i tuorli con lo zucchero, diluire con il vino e portare a 85°C. Sciogliere all’interno del composto la gelatina strizzata, portare a 30°C, unire la panna semimontata e portare a 20°C. Coprire un vassoio con la pellicola, sistemare sopra 6 cerchi d’acciaio del diametro di 8 cm, dividere all’interno la bavarese e lasciare in frigorifero per 4 ore. Con un coppapasta del diametro di 3 cm ricavare, in ogni bavarese, un foro leg-germente decentrato e eliminare i cerchi. Presentazione: mettere le bavaresi al centro dei piati, colare nei fori la salsa di confetti e su di essa mettere i ciuffi di menta. Al lato opposto sistemare i biscotti e guarnire attorno con la polvere d’arancia.

Ingredienti per 6 persone. Per la tartara: 120 g di filetto di capretto, 5 g di olive nere denocciolate, 1 g di menta piperita, 2 g di succo limone, 20 g d’olio extravergine d’oliva, pepe e sale q.b.. Per hamburger: 180 g di polpa di coscia di capretto, 6 panini al latte e sesamo da 20 g, 60 g di pomodoro, 30 g di lattuga, erba pepe e sale q.b. Per la maionese allo zafferano dop dell’Aquila: 1 tuorlo d’uovo, 20 g di aceto bianco, 15 g di succo limone, 0, 080 g di pistilli di zafferano dop dell’aquila, 80 g d’olio di mais. Per il carrè: 240 g di carrè di capretto, 60 g di pane cassetta, 30 g di granella di mandorle tostate, 20 g di albume d’uovo, 5 g di timo e alloro, 200 g di burro chiarificato, sale q.b. Per la polpetta: 180 g di polpa di spalla di capra, 150 g carciofi di Cupello, 80 g di patate del fucino, 100 g di Trebbiano d’Abruz-zo, 2 g di rosmarino, 4 g d’aglio rosso di Sulmona, 1 uovo, 50 g di farina 00, 100 g di pangrattato, 300 g d’olio extravergine d’oliva, sale q.b. Per la riduzione: 200 g di vino cotto, 50 g di zucchero.

Preparazione. Per la tartara: tagliare finemente a coltello la carne di filetto, fare un battuto di olive e menta, insaporire con il succo di limone, il sale e il pepe, amalgamare e porre in frigorifero. Per la maionese: sciogliere i pistilli di zafferano nel succo di limone al microonde, far raffreddare, unire il tuor-lo, il sale, con un mixer emulsionare con l’olio, terminare con l’aceto e ot-tenere una maionese. Per hamburger: macinare la carne e condire con sale e erba pepe, formare 6 medaglioni del diametro di 4 cm, e cuocere 5 minuti in padella da entrambi i lati. Tagliare il pomodoro a rondelle e le foglie di lat-tuga del diametro del panino, farcire il panino con: lattuga, carne, pomodoro e salsa maionese. Per il carrè: scalzare e parare il carrè, lasciando per ogni porzione due costolette. Frullare il pane con le mandorle, il timo e l’alloro. Condire i lombetti con il sale, spennellarli con l’albume e panarli. Friggerli nel burro chiarificato pochi istanti per permettere che aderisca la panatura, terminare la cottura in forno a 180° per 8’. Per la polpetta: macinare la pol-pa, condire con sale, rosmarino e formare dei medaglioni dello spessore di

2 cm. Mondate i carciofi, affettarli a spicchi e stufarli a lungo con olio, aglio, rosmarino e vino, ridurre in poltiglia e passarli al setaccio. Lessare la patata con la buccia, sbucciarle e passarla al passaverdure, incorporare alla purea di car-ciofi e inserite in un sac a’ poche. Coprire i medaglioni con uno strato di purea e abbattere (fase negativa) per 15 minuti. Quando saranno ben congelati, passarli prima nella farina, poi nell’uovo sbattuto e infine nel pangrattato. Scongelarli in frigorifero a 2° C e friggerli a 160°. Per la riduzione: in un pentolino bollire il vino cotto con lo zucchero, ridurre 2/3 e raffreddare. Presentazione: disporre su un piatto rettangolare la tartara con una foglia di menta e delle gocce d’olio extravergine d’oliva, l’hamburger con al lato una lacrima di maionese e alcuni pistilli di zafferano, il carrè con di fianco due gocce di riduzione di vino e in ultimo sistemare la polpetta.

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Il primo campionato italiano di pizza allo zafferano, organizzato dall’asso-ciazione Pizz’abruzzo Doc durante il Saral Food di Silvi a marzo, ha avuto esiti soddisfacenti. Lo ha vinto Rossa-no Rossella, della pizzeria “Il cenacolo” di Pietrelcina, in provincia di Beneven-to: la sua ricetta vincente è la pizza “La Strega di Benevento”, con fior di latte, patate, asparagi, mazzancolle sfuma-te al liquore Strega, zafferano D.o.p. dell’Aquila, (per cui si è aggiudicato anche il premio speciale per la migliore pizza realizzata con lo zafferano D.o.p. dell’Aquila), all’uscita ricottina e prez-zemolo. Al secondo posto Ramona Iezzi di Roma, della pizzeria “Angelo e Simonetta”, con la pizza a base di crema di zafferano e tartufo, carciofi, formaggio Castelmagno, mozzarella, salame Brinzetta, scaglie di tartufo. È un abruzzese invece il terzo classifica-to: Valerio D’Arcangelo della pizzeria “La Taverna di Pop’s” di Casalincontra-da (CH), con la pizza “Transumanza”, a base di crema di Pecorino, fior di latte, porcini, salsiccia, zafferano D.o.p. di Civitaretenga (AQ), prezzemolo.

C’è stato un po’ d’Abruzzo, lo scorso febbraio, nel festival Montreal En Lu-mière in Qebec, l’evento enogastro-nomico tra i più importanti del Nord America, che per la sua dodicesima edizione ha celebrato il talento femmi-nile. La Cantina Ciavolich di Miglianico, rappresentata dalla titolare Chiara, e la chef Cinzia Mancini del ristorante Bottega Culinaria Biologica di Sant’A-pollinare hanno proposto e promosso il vino e la cucina abruzzesi insieme a più di 50 chef e produttrici provenienti da tutto il mondo. Ha capitanato l’e-vento Anne Sofie Pic, l’unica donna di Francia ad avere tre stelle Michelin.A marzo Chiara Ciavolich ha anche preso in consegna un riconoscimento, nell’ambito della manifestazione “150°: Voler bene all’Italia per affrontare il fu-turo” promossa da Symbola in colla-borazione con Coldiretti, per la quali-tà che dal 1853 accompagna il lavoro della sua azienda vitivinicola. Chiara ha rappresentato per l’azienda la svolta generazionale. Rilevata l’azienda nel 2004, all’età di 26 anni, ha portato in poco tempo le linee di prodotto da tre a nove.

Ciavolich tra le stelle Il campionato della pizza

Scade il 14 maggio il termine di pre-sentazione del Premio racconto breve “Giammario Sgattoni”, indetto dall’as-sociazione Pro Loco di Garrufo di Sant’Omero. Un premio speciale della giuria è la pubblicazione su C come magazine! Il tema di quest’anno è “Il cibo dei riti, il cibo delle feste”, la parte-cipazione è gratuita e i testi non devo-no superare le 16mila battute. Il primo premio è un pernottamento in camera matrimoniale con colazione e una cena per due persone, con degustazione di vini delle colline teramane, presso l’Ho-tel Ristorante “Zunica 1880”, a Civitel-la del Tronto (Te); il secondo e il terzo classificato ricevono prodotti tipici. La premiazione avrà luogo nel corso del-la III Rassegna umoristica “Sorridi con gusto”, nell’ambito della manifestazio-ne enogastronomica “Garrufo con Gu-sto” che si svolge nella prima settima-na di agosto a Garrufo. I dattiloscritti devono essere presentati in n. 5 copie non firmate e in busta chiusa anonima: i dati vanno messi in busta a parte. Il plico va mandato a Premio racconto breve” c/o Pro Loco di Garrufo, Piazza XXV Aprile, 64027 Garrufo di Sant’O-mero (Te)

Pubblica il tuo racconto!

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C COME NEWS C COME NEWS

Classifica d’eccellenza per due cuochi della Val Vibrata: la lady chef Adriana Ferretti, del ristorante La perla dell’ho-tel Concorde a Sant’Egidio alla Vibrata, e il pizzaiolo Antonio Di Antonio della pizzeria La piazza di Garrufo di Sant’O-mero hanno vinto la finalissima a Parigi del campionato italiano di pizza a due. La competizione si svolge a coppie e vuole portare la pizza nell’alta ristora-zione.Il pizzaiolo prepara il miglior impasto possibile, lo chef pensa agli ingredienti per farcire la pizza.Insieme inventano così, con la fantasia e l’estro del grande chef, ricette sem-pre più adatte alle nuove esigenze della clientela, senza uscire troppo dai binari della tradizione.Dopo un percorso di selezioni svolte nelle fiere di Rimini, Riva del Garda, Montecatini e Massa Carrara, la finale si è svolta alla fine di marzo a Parigi: qui si sono classificati al primo posto, con 1035 punti.

Due abruzzesi a Parigi

La famiglia di Ezio Centini, il noto cioc-colatiere di Bisenti (Te), ha aperto il suo primo locale a Teramo, al piano terra di Casa Capuani, edificio che risale al XIV secolo, quando sull’asse viario dell’attuale via Veneto si affacciavano case porticate, case torri e orti-giardini. La gestione è affidata ai figli Giovanni, Lisa e Virginia Centini, che non propor-ranno solo cioccolatini, composizioni e invenzioni di cioccolato sul filone cre-ativo del capofamiglia (un esempio su tutti: i Tatù, una variante di panpepato senza mosto né lievito, da lui inventati negli anni ’90 e oggi dolci tipici di Bi-senti), ma sarà anche punto bar e cen-tro nevralgico di informazione e cultura gastronomica, secondo i principi della biodinamica, che il “mercante di sogni” propone abitualmente. Ad incontri “ga-strosofici” a tema, dedicati ad appas-sionati e a passanti, si affiancheranno iniziative di valorizzazione del cacao come espressione del territorio, ed eventi a scopo benefico per i bambi-ni del Bangladesh. Attualmente solo i locali della Cioccolateria Centini sono stati restaurati.

In occasione del 5° congresso regio-nale dell’Unione cuochi abruzzesi che si è svolto a Villa S. Maria i delegati in rappresentanza di circa mille iscritti hanno eletto presidente dell’Unione re-gionale cuochi lo chef Andrea Di Felice. Presidente onorario è Leo Giacomucci, vice presidente è Antonio De Sanctis, segretario Enea D’Amico e tesoriere Sergio Savaglia. Sono stati altresì stati eletti consiglieri gli chef Lucio D’Ange-lo, Domenico Di Nucci, Lorenzo Fer-retti, Francesca Fiordigilio, Giuseppe Finamore, Lorenzo Pace e Mario Ra-bottini. Il neo presidente Di Felice nel suo inter-vento programmatico, tra i diversi temi analizzati ha sottolineato che «l’Unione Cuochi, oltre ad occuparsi della cre-scita professionale dei suoi associati, lavorerà con tutte le realtà dell’asso-ciazionismo gastronomico, ristorative e di produttori delle eccellenze agroa-limentari regionali per creare un siste-ma di sinergie che porti la gastronomia abruzzese ad essere protagonista nel panorama culinario nazionale e inter-nazionale».

Centini arriva a Teramo Nuovo presidente dei cuochi

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C COME CONTROEDITORIALEdi Carlo Massimo Rabottini, valutatore Panel

QUANTI PERICOLIPER L’OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA?

La frode dell’olio extravergine di oliva è vecchia come il mondo, e in Italia l’aggiunta fraudolenta di olio di semi all’olio di oliva è una truffa di grande respiro per quattro motivi: la semplicità dell’operazione, i grandi guadagni, l’assenza di problemi per la salute - trattandosi di oli commestibili e l’assenza di rischi seri - e la mancanza di metodi analitici ufficiali. Per rendersi conto della situazione, basti ricordare che alcune aziende imbottigliavano direttamente olio di semi di cartamo, etichettandolo come olio di oliva. Negli anni ‘80-’90 è arrivato l’olio di nocciole, reso famoso dal sequestro nel 1991; pochi anni fa si miscelava all’olio di oliva l’olio di semi di girasole (Trisun o alto oleico). Anche l’olio di semi di palma trifrazionato, l’olio di sansa manipolato e l’olio di vinacciolo rientravano nel gruppo degli ingredienti preferiti dai contraffattori. Miscelando solo il 10-15% di questi oli all’olio extravergine di oliva, si rende quasi impossibile il riconoscimento rispetto alla capacità analitiche dei vari laboratori. I problemi e le lacune degli organi di controllo sono conosciute dai Grandi Furbi delle Grandi Marche Italiane che per anni hanno seguito politiche commerciali ambigue. Ad oggi, nei porti italiani, continuano arrivare i carichi di oli “vari” destinati a diventare extravergine. E dagli stessi porti partono i sedicenti extravergine che finiranno all’export, ancora una volta col rischio di essere spacciati come Made in Italy. Nell’impossibilità di verificare che tutta la merce sia in regola, i controlli nei porti vengono effettuati inizialmente a

campione, poi, in base a segnalazioni, basandosi sul profilo di rischio relativo a ogni carico, le partite più delicate. Sappiamo che l’olio extravergine d’oliva è cosa ben diversa dall’olio di oliva. Per legge, infatti, quest’ultimo è costituito da una miscela di olio di oliva rettificato (cioè ripulito chimicamente attraverso solventi) e di oli di oliva vergini diversi dall’olio lampante, allo scopo di ripristinare, parzialmente, le caratteristiche organolettiche che l’olio raffinato ha perso durante i processi di rettifica chimica. L’acidità libera dell’olio di oliva, espressa in acido oleico, non può eccedere 1,5g per 100g. L’ultima furberia è la deodorazione dell’olio di oliva, vietata dalla legge, ma di fatto adottata su vasta scala non essendo, fino a poco tempo fa, rilevabile con le analisi convenzionali. La deodorazione è un’operazione di rettifica per trasformare olio di oliva non commestibile di scarsa qualità in oli di oliva extra-vergine. Questa pratica illecita si usa quando tra la raccolta dell’oliva e la spremitura trascorre molto tempo e insorgono fermentazioni che danneggiano la qualità del prodotto. Un indice dell’avvenuta frode è la presenza nell’olio di un elevato valore di alchil esteri. In questi giorni l’Unione Europea ha stabilito un limite per la concentrazione degli alchil esteri, stabilendo delle soglie massime superate le quali un olio non può essere etichettato come extra-vergine. Dal 01 aprile 2011 il Reg. UE n. 61/2001 definisce il nuovo metodo di analisi sugli alchil esteri nell’olio d’oliva fissando la soglia massima in 150 mg/kg. Questo è un passo importante per la tutela dell’olio extravergine.

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Pasta integrale De Cecco:per un piatto sempre gustoso ed equilibrato.

LINEA INTEGRALEFatta della stessa pasta.

Fatta con la pregiata semola integrale a grana grossa ottenuta dalla semplicemacinazione dei migliori grani duri del nostro Molino. Impastata solo conacqua pura della sorgente De Cecco® ed essiccata lentamente a bassa temperatura, per darvi un prodotto dal sapore autentico e naturalmente riccodi fibre. Per un primo capace di soddisfare anche i palati più esigenti.