Brasile, IL VIAGGIO NELLA MEDESIMEZZA Modifica

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Brasile, IL VIAGGIO NELLA MEDESIMEZZA Modifica Brasile, IL VIAGGIO NELLA MEDESIMEZZA di Selene Calloni Williams Diario di Viaggio in Brasile dal 21 aprile al 3 maggio 2013 Medesimezza è la Grande Terra dei Buddha del passato, del presente e del futuro, è Shambala, la mitica Terra di Mezzo. Tutti i pellegrinaggi spirituali sono un viaggio a Shambala, ma mai come in Brasile questo fatto è risultato così evidente. Tutto è cominciato là dove il Rio Negro e il Rio Solimões si uniscono. Si uniscono ma non si mescolano, dando la perfetta immagine della a-dualità. Vedo il Rio delle Amazzoni per la prima volta dall’aereo. È così grande che lo prendo per una distesa di nuvole. Poi qualcuno mi dice che è un fiume e rido. Rio delle Amazzoni visto dall’aereo

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Brasile, IL VIAGGIO NELLA

MEDESIMEZZA Modifica

Brasile,

IL VIAGGIO NELLA

MEDESIMEZZA di Selene Calloni Williams

Diario di Viaggio in Brasile dal 21 aprile al 3 maggio 2013

Medesimezza è la Grande Terra dei Buddha del passato, del presente e del futuro, è Shambala, la

mitica Terra di Mezzo. Tutti i pellegrinaggi spirituali sono un viaggio a Shambala, ma mai come in

Brasile questo fatto è risultato così evidente.

Tutto è cominciato là dove il Rio Negro e il Rio Solimões si uniscono. Si uniscono ma non si

mescolano, dando la perfetta immagine della a-dualità.

Vedo il Rio delle Amazzoni per la prima volta dall’aereo. È così grande che lo prendo per una distesa

di nuvole. Poi qualcuno mi dice che è un fiume e rido.

Rio delle Amazzoni visto dall’aereo

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Rio delle Amazzoni visto dall’alto

Poco dopo vedo due strisce sinuose, una scura e una chiara, che corrono l’una a fianco dell’altra fino

a perdersi al mio sguardo. Mi volto verso la persona che mi ha rivolto la parola poc’anzi, è brasiliana,

ma parla un inglese dall’accento americano, le indico ciò che vedo. “Sono il Rio Negro e il

Rio Solimões”, mi spiega, “per molti chilometri corrono uno a fianco dell’altro senza mischiarsi, poi,

quando finalmente si uniscono, formano il Rio della Amazzoni.

Confluenza del Rio Negro e del Rio Solimões

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Così è incominciato il nostro viaggio nell’Amazzonia dalla quale siamo tornati con un cuore

selvaggio in più, un odore di terra umida, e la consapevolezza che la natura e immensamente di più

di quello che normalmente ci si figura che sia. Viviamo in un mondo così …. umano, che non ci

possiamo più neppure immaginare di cosa sia capace la natura. Di quali larve commestibili, dal sapore

dolce e delicato, si nascondano nel guscio di un frutto selvatico, di quali insidie in una foglia, di

quante varietà di fiori, di frutti, di funghi …

Ogni specie dimenticata è una possibilità della nostra fantasia, della nostra creatività perduta. E in

Amazzonia ti rendi conto quanto vasto sia il nostro comune oblio. Per avere un’idea dello spaventoso

numero di specie vegetali che è andato perduto nel nostro cosiddetto mondo civilizzato, sono

sufficienti i primi minuti, i primi sguardi, i primi passi nell’Amazzonia.

La nostra imbarcazione corre silenziosa tra le paludi infuocate da un tramonto eccezionale.

Paludi dell’Amazzonia

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Tramonto infuocato in Amazzonia

Noi cerchiamo la sagoma del bradipo che si arrampica sugli alberi, del coccodrillo che scivola

sull’acqua, del delfino che sale in superficie, aspettiamo di vedere gli uccelli più grandi e colorati.

Ma la magia è nelle piccole foglie, ognuna diversa dall’altra, ognuna unica, molte mai neppure

classificate.

Poi camminiamo nella foresta, la nostra guida, Giuseppe, ci apre la strada tagliando rami. “State

vicini” e non toccate nulla!”, ci intima. Ogni foglia, ogni insetto, ogni tronco, ogni fiore potrebbe

essere potenzialmente pericoloso.

Propongo una pratica del metodo immaginale che mi era stata suggerita dal quel grande visionario

che è stato James Hillman, padre della psicologia archetipica: camminare sentendosi un sogno

dell’anima del mondo. “Siamo sogno nel sogno”. Questo piace moltissimo a Laura, che sembra Alice

nel paese delle meraviglie con i suoi capelli biondissimi e il suo sorriso da bambina.

Perché l’anima del mondo ci sogna? Siamo incubo, siamo desiderio, siamo premio o peccato, o siamo

piacere, puro piacere immaginativo, ed esistiamo in virtù del fatto che le immagini provano piacere

a mostrarsi, danzare e svanire?

L’anima ė la prospettiva, ė la consapevolezza che osserva. Ci addentriamo nell’Amazzonia

guardando da una prospettiva umana, con sospetto, rispetto, timore.

Scorriamo a fianco della natura, un po’ come fanno i due fiumi prima di formare il Rio delle

Amazzoni: siamo distinti ma non separati, con la paura di mischiarci e di perderci. Ci osserviamo,

ciascuno dalla propria prospettiva. La foresta amazzonica è il Rio Negro, noi siamo il Rio Solimões,

scorriamo a fianco di quell’acqua scura e imperscrutabile, quel fiume così diverso da noi, che ha una

marcia più lenta ed è buio come la notte. Fatichiamo a riconoscere che quell’oscurità è fatta della

medesima sostanza di cui noi siamo fatti. Certo ci attrae, ad ogni prossima onda vorremmo tuffare la

nostra acqua chiara dentro a quella oscura, ma neppure ci assaggiamo a vicenda per paura di risultare

reciprocamente velenosi.

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Quanti animali curiosi ci staranno scrutando ora dal folto della foresta, da quel buio imperscrutabile?

Giuseppe li sente: ” ci sono delle scimmie su quell’albero”, ci dice. Noi moriamo dalla voglia di

conoscerle, ma non si può conoscere se c’ė paura. Dobbiamo credere a Giuseppe sulla parola perché

non siamo ancora capaci di vedere. Non sarà sempre così… Il Rio Solimões e il Rio Negro possono

correre a fianco senza mischiarsi per molti e molti chilometri ma, prima o poi, l’amore vince.

Dopo qualche giorno nella foresta la magia si è compiuta. Accettiamo di passare una notte della

foresta anche se minaccia di piovere forte. Dietro le fiamme del nostro fuoco, Almedina ed io

vediamo animali che neppure Giuseppe riesce a percepire e Carlo, mentre dorme sull’amaca, sogna

di dondolare fino a volare, come una delle aquile che hanno accompagnato la nostra attraversata delle

paludi alla luce del tramonto.

Almedina

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Giuseppe

Ma, “Se siamo sogno nel sogno, dove è il sogno?”, si chiede Carlo, che, da quella notte, vediamo

straordinariamente cambiato e ci congratuliamo con lui. Ci appare più “mischiato”, o, come si dice

nel nostro mondo umano, “integrato” non solo con l’ambiente, ma anche con il gruppo e con l’anima

del mondo.

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Nella foresta amazzonica

Abbiamo celebrato un rituale prima di coricarci nelle nostre amache, chiamando il NUMEN, il nome

arcano e segreto di una divinità potente. La natura è dei, spiriti, cioè archetipi nella visione

immaginale.

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Nella foresta amazzonica

Avevamo deciso di fare questo rito vari giorni prima e di dedicarlo a Loredana, affinché gli dei fossero

propizi al suo cammino, ma, mano a mano che le giornate insieme trascorrevano, ci rendevamo conto

che questo era il rito di tutti, perché non si può essere insieme in un simile viaggio senza essere gli

uni un po’ negli altri: un gruppo così non si forma mai per caso.

Nella foresta amazzonica

Il gruppo di “viaggiatori”

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Stiamo tutti traghettandoci dalle acque sicure del fiume chiaro, di cui conosciamo bene temperatura

e velocità, al fiume negro di cui non sappiamo nulla. “Questo è il viaggio della vita” osserva Graziella

che, dopo molti anni spesi a lavorare in qualità di medico legale, ha acquisito dimestichezza con la

morte. Un medico legale accerta il decesso; “si vede quando un corpo è abbandonato, è come una

casa vuota”, ci dice.

Monica, invece, è colpita dalla grandezza e dalla frequenza dei termitai e ricorda che in uno dei suoi

viaggi (Monica ha fatto il giro del mondo ed è già alla sua terza o quarta volta in Amazzonia) la sua

guida le aveva detto di non appoggiarsi e di non sedersi su quei cumuli di terra dall’aspetto così solido

da sembrare pietre. “Certo!”, le dico io – che ho vissuto nella giungla dello Sri Lanka per praticare la

meditazione con i monaci eremiti della tradizione Theravada – “spesso i termitai sono abitati da

serpenti che, dopo aver mangiato le termiti, prendono la loro casa come propria.”

Giuseppe coglie un frutto selvatico, duro come un cocco, lo spezza con il machete, dentro c’è un

cuore bianco che si divide a spicchi succosi, ce li offre: sono buonissimi!

Noi abitiamo le immagini della foresta e simultaneamente ne siamo abitati: divoriamo e siamo

divorati senza sosta, non c’è mai una fine o un principio, c’è solo un aumentare e un diminuire

dell’intensità del piacere con quale gustiamo e siamo gustati.

Una vecchia curandera sciamana di una tribù ci aspetta. “Ma da quanto aspetta?”, si chiede il nostro

Io, quel grande letteralista che prende tutto sul serio,come se fosse vero.

Curandera Brasiliana

.

La nostra Therry osserva i corpi semi nudi dei ragazzi e delle ragazze della tribù e i loro sorrisi: il

senso del peccato è il suo tema, in questi viaggio le è uscito fuori in tutta la sua potenza, come un

sole di luglio che esce dalle nuvole di un temporale. La curandera ci parla degli spiriti della tribù,

delle sue visioni, delle sue guarigioni.

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La tribù

Mi volto verso Therry e non la trovo più, c’è un altro viso sopra al corpo che prima era suo. Sì, è

proprio così: ad ogni istante possiamo morire e rinascere. Un vero viaggio deve condurre lì, a

Shambala, dove è possibile morire e rinascere: lasciarci completamente divorare dall’immagine che

abitiamo e che ci possiede, per poi mutare casa e cambiare ospite. Le immagini provano piacere

nell’apparire e nello svanire. Alla fine la nostra resistenza al cambiamento è la resistenza al piacere.

Terry ha cambiato tema, archetipo: il peccato se ne è andato e lei è pronta per un nuovo viaggio: “Via,

verso nuove avventure!”, le suggerisce Dawio, il suo dolce compagno. Che bello quando trionfa

l’amore!

Dawio ha avuto un’esperienza straordinaria pochi giorni prima ad Alto Paraiso.

Alto Paraiso è incredibile, se vuoi conoscere un mondo davvero “di frontiera” devi andarci almeno

una volta. Sorge in un luogo geologicamente fuori dal comune, dove vi è un elevatissimo

concentrato di cristalli nella terra. A causa di ciò si pensa che questo luogo sia capace di

intensificare emozioni e pensieri.

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Alto Paraiso

Così molte persone dedite alla ricerca interiore hanno deciso di vivere qui, provenendo da ogni parte

del mondo, da ogni ceto sociale e dai più diversi retroterra culturali. Veniamo a sapere che qui abita

una principessa africana e conosciamo Elena, una tappezziera bergamasca che vive qui da molti anni.

Lei ci introduce alla conoscenza della città. È sorprendente il numero di templi e scuole che sorgono

ad Alto Paraiso, dai corsi di Astro Yoga a quelli di Costellazioni Musicali, dai templi buddisti a quelli

delle più incredibili religioni del pianeta.

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Alto Paraiso

Alto Paraiso

Anche molti artisti hanno deciso di vivere qui, tra questi uno sculture e pittore brasiliano, sposato con

una ex modella americana. I due hanno un casa stupenda nella quale celebrano rituali con l’ayawasca,

una bevanda (loro la chiamano sha, cioè tè) totalmente naturale, ricavata da un liana della foresta

amazzonica, che ha il potere di indurre visioni spirituali.

La nostra nuova conoscenza, Elena, è parte di una comunità religiosa che ha fatto della medianità,

cioè della facoltà di essere medium e parlare per voce degli spiriti, la propria fede. Elena ci invita a

una iniziazione nel tempio della sua congregazione. La cerimonia è stupenda, a cominciare dai

costumi che i fedeli indossano a finire con la trance collettiva nella quale tutti si fanno portatori della

voce di uno spirito. La trance collettiva è impressionante. La congregazione religiosa “canalizza”

spiriti di personaggi storici, alcuni davvero molto conosciuti, come la Regina di Saba.

Dopo averci dato l’iniziazione, i medium si offrono di canalizzare per noi i messaggi degli spiriti e di

permetterci di ricevere un trattamento di “guarigione”. L’atmosfera è gioiosa, noi accettiamo.

I messaggi sono tutti molto rassicuranti, Elena ci fa da interprete. La terapia spirituale del tutto

rilassante. Lasciamo il tempio che ormai è notte, felici di avere visto una insolita umanità.

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Alto Paraiso

Abbiamo ancora molte meraviglie da scoprire. Alto Paraiso è circondata da parchi naturali di enorme

bellezza con cascate, torrenti e rocce bianche dalle forme più incredibili: ancora una volta ci perdiamo

in una natura che non solo si mostra, ma persino parla per voce degli dei.

È assoluto il contrasto tra questa natura e le favelas di Rio. Anche visitare una favela ê un’esperienza

che andrebbe fatta almeno una volta nella vita.

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Nella foresta amazzonica, mentre la guida ti mostra le trappole che le tribù usano per catturare i

piccoli animali e ti parla delle liane che soffocano gli alberi (le specie di liane che vivono in

Amazzonia sono praticamente infinite, c’è n’è persino una che cammina!), ti parla della varietà di

veleni, spine e insidie che si nascondono ad ogni passo, ti rendi conto che la natura non muove verso

il “bene”, ma verso il “bello”.

Bene e male sono parametri umani e il sospetto che non siano propriamente conformi alla verità e

alla giustizia naturale è fortissimo nella favelas.

Su cosa si fonda il senso del bene e del male umano?

Grandi filosofi come Hillman non esiterebbero a rispondere che esso è la conseguenza del fatto che

l’uomo vuole il potere. La volontà di potere ha bisogno di esercitarsi in un mondo governabile,

misurabile e prevedibile, così i parametri di bene e male che rendano tutto funzionale al controllo si

rendono indispensabili. Il bene è funzionale al potere. Mirando a questo bene, l’uomo ha creato il

proprio mondo in questo mondo, il proprio incubo personale nel sogno della terra.

“Nessuno è qualcuno, ma un solo uomo immortale è tutti gli uomini!” scriveva Borges, il poeta. Come

chiamarsi al di fuori della genesi dell’incubo? Come non sentire la favela che ci portiamo dentro e

l’Amazzonia che ruggisce nelle nostre viscere?

Ad ogni respiro ci si pone una scelta e ogni attimo è quello giusto per il risveglio. “Il risveglio è qui

ed ora!” asseriva il grande yogin Ramakrisha.

C. G. Jung ci ha insegnato che gli organi sono gli dei e James Hillman ci ha inequivocabilmente

mostrato che gli dei sono divenuti malattie. L’uomo che vuole il potere esce dallo stato di natura

portando con sé un colpa che non può che essere purificata a mezzo di un rito. Quando il rito (il

battesimo) perde la sua forza perché viene istituzionalizzato e quando una certa scienza dogmatica,

ormai strumento del potere, vuole tutto catalogare, tutto gestire, tutto dominare, come un mostro

assetato di controllo, allora gli organi/dei ruggiscono più forte e il rito purificatore diviene la malattia

stessa.

In Amazzonia, al cospetto di una anziana curandera alta un metro e cinquanta, puoi capire che la

malattia è il rito che ha il compito di ristabilire nell’uomo l’ordine universale, l’ordine primevo,

facendogli incontrare il sacro.

Poliziotti dotati di giubbotto antiproiettile e mitra passeggiano per la strada che circonda la favela,

come carcerieri dell’incubo tutto umano dal quale, finché esisterà un solo albero, una sola foglia, ci

sarà sempre per tutti in vita una possibilità di risveglio.

Poi siamo ancora sulla barca in mezzo a intrichi di radici, mangrovie, tappeti di licheni e fiori

acquatici. Le aquile volano sopra le nostre teste e un delfino rosso passa sotto la nostra imbarcazione

dopo averci aggirati e studiati per qualche minuto. “Nella mia prossima vita voglio essere un delfino”,

ci dice Giuseppe.

Il viaggio di ritorno dall’Amazzonia dura due giorni: e due notti: barca, auto, di nuovo barca, di nuovo

auto e poi l’aereo. Prendiamo a bordo una nonna con la nipotina che fanno l’autostop. Laura/Alice

regala il suo cappellino a larghe falde alle bambina.

Poi, sulla barca, vediamo finalmente la Medesimezza da vicino: il Rio Solimões e il Rio Negro che

corrono fianco a fianco: è visibilissima la linea di demarcazione tra le due acque, una chiara e una

scura. Espressioni di meraviglia e di entusiasmo si levano da tutti noi all’unisono. Lo spettacolo è

davvero unico! Giuseppe ci invita a mettere una mano nell’acqua e a tenercela per qualche istante ….

“Ancora un po’”, ci dice, “non ci sono piranha qui, aspettate, ancora ….” Quella massa nera di acqua

che ci aspetta è così scura che ci fa quasi paura, ma Giuseppe insiste e anche i più titubanti intingono

un dito.

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Confluenza del Rio Negro e del Rio Solimões

Straordinario: non appena l’imbarcazione passa il confine tra le acque chiare del Rio Solimões e

quelle scure del Rio Negro, un calore avvolge le nostre mani. Il Rio Negro è sensibilmente più caldo

del Rio Solimões. Anche per questo i due fiumi non si mescolano per molti chilometri. Il calore del

Rio Negro è piacevole, entusiasmante, e pensare che la sua oscurità ci aveva quasi fatto paura!..

Ci guardiamo negli occhi; è stato così bello stare insieme che ormai comunichiamo senza bisogno

delle parole. Alla fine vince sempre l’amore.