Bollettino dell’Ordine Martinista n. 55conseguimento progressivo di un contatto con la Divinità....

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Bollettino dell’Ordine Martinista n. 55 Solstizio d’Inverno 2014 La presente pubblicazione non è in vendita ed è riservata ai soli membri dell’Ordine Martinista Stampato in proprio

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  • Bollettino dell’Ordine Martinista n. 55 Solstizio d’Inverno 2014

    La presente pubblicazione non è in vendita ed è riservata ai soli membri dell’Ordine Martinista

    Stampato in proprio

  • ORDINE MARTINISTAORDINE MARTINISTA

    2Redazione

    Direttore Responsabile: Renato Salvadeo - via Bacchiglione 20 - 48100 Ravenna

    SOMMARIOSOMMARIO

    ARTURUS - S:::I:::I::: S:::G:::M::: - BREVI ACCENNI RIGUARDANTI IL NOSTRO METODO - pag.3

    JOHANNES - S:::I:::I::: - L’UMILTA’, VIRTU’ DEL MARTINISTA - pag.7

    APIS - S:::I:::I::: - GHIMATRIAH DELL'ESSERE UMANO E FORMULA PENTACRAMMATICA - pag.10

    ALDEBARAN - S:::I:::I::: - CENNI SU ALCUNE TECNICHE DELLA VIA CARDIACA - pag.13

  • Brevi accenni riguardanti il nostro metodo

    ARTURUS S:::I:::I:::S:::G:::M:::

    Ho già avuto occasione di disquisire riguardo alleopere ed alle metodologie di ricerca, evidenziandobrevemente, più di una volta, un argomento che haprovocato e provoca ancora oggi non pochi problemid’incomprensione come quello delle “diversità” trala via “cardiaca” e la via "teurgica". Sovente, poi, tali rappresentazioni culturali, vengonoassociate forse impropriamente a concetti di via"umida" e di via "secca". Più di un Maestro ha espresso nel passato delle per-plessità riguardo a queste ripartizioni, dal momentoche entrambe le due ipotetiche vie Martiniste sonoriferite più propriamente ad un ambito di preghiera,tramite cui si “implora” la Grazia Divina, e non certodirette a “forzare ” l’accesso di luoghi “illuminati odoscuri” per ottenere egoisticamente facoltà straordi-narie, finalizzate a realizzare scopi probabilmentegenerati da cupide passioni ben rappresentate, adesempio, nel programma delle meditazioni struttura-te. Mi sono permesso queste precisazioni solo per cerca-re di fugare ogni possibile equivoco riguardo la dire-zione verso cui tende il cammino della nostra via (supossibili diverse direzioni di altri, non desidero entra-re nel merito).Ho anche rimarcato che, a mio avviso (maanche di illustri fratelli che ci hanno precedu-to), si potrebbe trattare di aspetti intrecciati diun unico percorso avente come obiettivo ilconseguimento progressivo di un contattocon la Divinità.

    Proviamo a soffermarci qualche istante adanalizzare di che si potrebbe trattare.Si comprenderà agevolmente che riuscendo a

    seguire la via interiore e la preghiera diretta, le invo-cazioni hanno la possibilità di salire verso le dimen-sioni più elevate, ovvero verso la Sorgente Divina.Ciò potrebbe accadere perché sarebbe l’essenza stes-sa, l’anima dell'individuo che, sempre più rigenerata,si proietterebbe verso tali direzioni.Seguendo un percorso più esterno, constatiamo che leinvocazioni, in teoria, si servirebbero di “intermedia-ri” tra il postulante e la divinità. Nell’ambito delnostro Ordine, anche al fine di non autosuggestionar-si, quando si tenta di realizzare tali pratiche, si chiededi ricevere un segno della presenza di chi si è “chia-mato”. Qualcuno potrebbe obiettare che non si speci-fica con quali strumenti percettivi si debba effettuaretale verifica, ma personalmente credo che sperimen-tando con progressiva buona riuscita quanto vieneindicato, i dubbi potranno essere ragionevolmentefugati, da parte di ognuno.Ad ogni modo, l’entrare nel merito delle modalitàesecutive e della valutazione di possibilità di succes-so riferite ad entrambe tali procedure, è come semprecompito di ogni Iniziatore; quindi, mi limiterò a por-tare cautamente l’attenzione su alcuni suggerimentiche si possono dedurre tranquillamente anche daivademecum operativi. Comprendo però, che per osservare la programma-zione “formativa” ed il suo sviluppo nei diversi gradi,sia necessario aver avuto accesso almeno ai tre previ-sti. Per chi non avesse avuto ancora questa possibili-tà di “sperimentazione”, è ovvio che dovrà conceder-mi un pochino di credito, in attesa di poter verificarepoi tutto personalmente.Inizierò ribadendo un mio convincimento, mutuato daesperienze personali.La ricerca di determinati contatti vanno previsti rigo-

    rosamente in successione, tenendo presenteche se non si ha la capacità di “salire”,almeno un poco, magari a seguito di unmutamento della personalità, sempre piùlibera dalle scorie, ogni tentativo di “attira-re l’attenzione” non ha grandi possibilità di

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  • riuscire (…. Dio agisce mediante la forzasovra intellettuale e super cosciente che noichiamiamo Provvidenza, che può accoppiarsicon la volontà umana ma solo con il libero e assolu-to consenso di quella: è questo un gran mistero, unmistero che noi desideriamo risolvere ….).In condizione di stato dell’essere offuscato e conta-minato da caratteristiche affatto luminose, unite alleimperiose esigenze della materia, potremmo trovaregià straordinariamente difficoltoso anche solo imma-ginare in che cosa possa consistere una rigenerazionedella condizione spirituale della propria anima.Probabilmente, poi, un’ipotesi di reintegrazione indi-viduale nello "stato primordiale" contemplato nell’i-potesi di realizzazione dei Piccoli Misteri, legaticomunque alle cose del mondo, di cui tanti Maestrihanno dissertato, non vibra ancora minimamentenelle nostre corde di consapevolezza.Sarà però bene tenerlo presente, almeno culturalmen-te, come pure la possibilità di una ReintegrazioneUniversale (in questo caso dovrei accennare anche adun’arte sacerdotale finalizzata alla realizzazione deiGrandi Misteri, ma credo che, in quest’occasione,non potrei produrre altro che una sollecitazione versofantasie, più o meno, incontrollate). Mi limiterò a suggerire l’ipotesi che solo dopo che iPiccoli Misteri possano aver trovato compimento,quindi, solo giungendo alla vetta dei Piccoli Misteri sipotrebbe probabilmente essere in grado di tentare dimettere in campo tutto quello che è necessario per l'e-sercizio di qualunque funzione successiva.Va conseguentemente intuito che in tale evenienza ilmondo visibile e materiale che siamo abituati adavere come riferimento, passerebbe in secondo piano,venendo sostituito da un punto di vista generato dauna percezione/intuizione dell’esistenza, progressiva-mente diversa, tesa al superamento della condizione“divisa” per una riconquista dell’Unità.Infatti, se ci si pensa un attimo, il ritorno dello Spiritoal suo Creatore, potrebbe passare attraverso la modi-fica o addirittura l’annientamento di tutto ciò che cisembra di conoscere. Quindi, in tale circostanza, nonsarebbe più solo un “punto di vista”.Ritornando all’analisi della progressione for-

    mativa, credo che possa risultare interessan-te, focalizzare gli attori coinvolti.Il protagonista principale è (lo rimarrà sem-

    pre) il postulante. Questi appena iniziato al grado diAssociato, avrà subito a disposizione per un amore-vole aiuto, sia l’esclusivo Maestro “materiale” (il suoIniziatore), che i Maestri “egregorici”. Col primointeragirà ogni qual volta ne sentirà la necessità,oppure come reazione agli stimoli che questi, in asso-luta autonomia decisionale, riterrà opportuno elargir-gli. Gli scambi in ambito egregorico saranno al con-trario, continui, e poi con picchi particolari, ognivolta che, a seguito degli esercizi previsti, sarà anchedisegnato il simbolo e fatta risuonare la batteria. Sarà cura dell’Associato (anche affinando le suecapacità di concentrazione) cominciare ad individua-re i canali e le modalità (simili ma non per tutti ugua-li) attraverso cui i messaggi fluiscono per lui.Ciò diverrà più semplice mano a mano che tramiteuna sorta di esperienza riconducibile al concetto di“nigredo” alchemica, favorita dalla pratica dellemeditazioni strutturate, cominceranno a cadere i veliche impediscono la conoscenza di se stessi ed il con-tatto sempre più consapevole con la propria anima.Nel tempo, uscendo dall’ambito, di solito definitoexoterico dell’Associato (auspicabilmente di duratatemporale non eccessiva, se il desiderio di conoscen-za è e si mantiene genuino), ed entrando in quello piùesoterico dei gradi successivi, si potrebbe essere nellecondizioni ottimali per tentare un primo contatto conun “intermediario”. In tale situazione, ci si ritrove-rebbe a continuare il lavoro per migliorare la rigene-razione interiore della propria anima, a favorire l’e-mersione progressiva del Sé, avendo sempre a fiancoil Maestro “materiale”, quelli “egregorici” e forse un“intermediario” richiamato dalla personale genuinavolontà di procedere su questa via.Comprendo che da ora in avanti la mia dissertazionesi muoverebbe in un terreno delicatissimo, per cui mipermetterò solo di suggerire sempre più “prudenza”da questa fase in poi. Infatti, occorre valutare attentamente che mentre iMaestri possono essere considerati “vicini” alla

    nostra mentalità umana (ovviamente, quello

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  • “fisico” lo è sicuramente) così condizionatadalla materialità (ma non solo), gli interme-diari saranno progressivamente sempre piùdistanti da questo punto di vista, mano a mano che illoro “rango” sarà elevato.Così, qualsiasi pensiero qualsiasi formulazione ver-bale, qualsiasi atto ad essi rivolto, funzionale al con-seguimento di un particolare obiettivo, potrebbe forseessere accolto ed interpretato in modo “diverso” dalnostro e le risposte potrebbero “stupirci” (i famosi“riscontri concreti” di cui qualcuno mi ha sentito oletto più volte fare cenno).Colgo l’occasione per evidenziare come gli esercizidi concentrazione e di focalizzazione della nostraforma di pensiero, suggeriti sin dai primi momentidopo la nostra Iniziazione, e poi caldeggiati comeallenamento continuo ed ininterrotto dal proprioIniziatore, divengano ancora una volta utilissimi peraiutarci anche in queste occasioni, ad avere pienaconsapevolezza dei nostri pensieri e delle nostre azio-ni.Concludo questo mio breve inciso su questioni moltoimportanti della nostra via, cercando di evidenziarecome il nostro metodo poco si interessi di specula-zioni culturali, ma bensì sia prevalentemente orienta-to verso quell’operatività comune a tutti ipercorsi Iniziatici Tradizionali che vedono laricerca interiore, la conoscenza sferica di sestessi, la rigenerazione della propria anima,

    l’emersione del Sé, come elementi indispen-sabili per poter aspirare ad una reintegrazio-ne nella condizione spirituale, originale.

    Per tali motivi, con buona pace di altre modalità orga-nizzative, noi privilegiamo non tanto la ricerca di unasterile aggregazione quantitativa, corroborata da unapseudo cultura di nicchia da esibire, ma bensì la sem-plice, umile, trasparente, volontà di ritornare a Dio eper riuscirci, cerchiamo di meritare ed ottenere “l’al-leanza con la Provvidenza”.

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  • L’Umiltà, virtù delMartinista

    JOHANNES S:::I:::I:::

    Un asceta meditava in una caverna, quando untopolino lo chiamò: “Maestro, ho fame, ti pregodammi qualcosa da mangiare.” L’asceta, preso dallameditazione, non ripose neppure. E il topolino dinuovo: “ Maestro, ti prego, …”, “ Maestro, ti prego,…” finché l’asceta infastidito, esclamò: “smettila diseccarmi, non vedi che sto realizzando l’unione conDio, come posso occuparmi di Te ?” ed allora il topo-lino disse “Come puoi unirti alla divinità se non seiunito neanche ad una cosa umile come un topoli-no?”.Sorelle e Fratelli carissimi, ho voluto iniziare il dis-corso con un piccolo racconto che ci deve far riflette-re. Ognuno di noi dovrebbe domandarsi se, per caso,rincorrendo i più grandi obbiettivi non abbia perdutodi vista quelli più piccoli, le cosiddette cose umili. Attenzione, però, che l’aggettivo umile ha un che didispregiativo, in quanto ha, nel mondo profano, unavalenza più negativa che positiva: l’umiltà ben lungidall’essere considerata una virtù nella comune acce-zione, pare sia addirittura un difetto, in quanto richia-ma alla mente cose piccole, situazioni di non coman-do, posizioni di non privilegio.Esaminiamo, quindi, il temine umiltà sotto l’aspetto:biblico, teologico, storico e linguistico. Umiltà indica l’intenzione del servizio, il coraggio diservire. Come concetto morale-religioso è la traduzione dihumilitas.Secondo il suo significato fondamentale, tale concet-to esprime l’intenzione del servizio che si vuol rende-re a Dio e agli uomini.

    Humilis, deriva da humus e significa ‘appar-tenente alla terra’, ‘vicino alla terra’, ‘basso’,‘sottomesso’, ‘spregevole’.

    Humilitas contiene il concetto di afflictio, infirmitas,intesi come debolezza, assenza di gloria, e anchemodestia.Nel cristianesimo humilìs e humilitas servono adesprimere umiltà e bassezza; dalla radice huom deri-vano homo, humanus e humilis. Se l’uomo (homo), preso dalla terra (humus), vivesecondo la natura del suo essere, egli è humilis. Certo è che l’antichità, non ha conosciuto l’umiltàquale essa rifulge nell’esempio di Cristo Ciò non esclude che il non cristiano nella sua dedi-zione alla divinità e nel suo servizio al prossimopossa anche esser umile. L’antichità pagana conosceva una certa umiltà creatu-rale, temeva i malvagi eccessi dell’arroganza ed esi-geva la virtù quale temperanza, modestia nei propriconfronti, in quanto conoscenza del limite. Socrate insegnava la «lealtà con se stessi» e si atte-neva al motto dell’oracolo di Delfo: «Riconosci chesei un uomo e non Dio!». In generale però l’antichità esalta la superba autono-mia dell’uomo, che conquista da se stesso la virtù e siritiene degno di grandi cose.Nell’Antico Testamento si trova l’umiltà della creatu-ra; Essa è essenzialmente un’umiltà davanti a Dio.Jahweh si preoccupa proprio dei poveri e deglioppressi. Con l’interiorizzarsi della fede diviene sempre piùforte l’esigenza di avere umili sentimenti davanti aDio, specialmente nei Profeti, nei salmi e nei librisapienziali.«Cercate Jahweh, voi tutti umili della terra... Cercate la giustizia... l’umiltà».Questi ‘umili della terra’ sono i ‘pii’Di loro Dio ha misericordia, su di loro rivolge il suosguardo, a loro invia il suo Unto con la lieta novella,a loro dona Grazia e sapienza. Gli ‘umili della terra’ divengono portatori della spe-ranza della salvezza, aspirano al diritto e allaGiustizia nei confronti degli altri, al servizio e alla

    riverenza verso Dio.

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  • All’opposto vien condannato l’orgoglio.Jahweh rovescia i superbi ed eleva gli umili;si fa beffe di coloro che si fan beffe e conce-de la grazia agli umili. La superbia è allontanamento da Dio e principio delpeccato; gli humiles spiritu però ottengono laSalvezza. Ciò che fa dell’umiltà una virtù cristiana è l’esempiodi Cristo. L’umiltà è richiesta secondo l’esempio diCristo. Ad imitazione di lui essa si attua non solo nei con-fronti di Dio, ma anche nei confronti del prossimo.Questa umiltà ‘sociale’ mancava all’antichità profa-na, ma anche largamente all’Antico Testamento. In parole e opere Cristo insegnava l’umiltà.Egli esige la disposizione d’animo semplice, ingenuae sincera del fanciullo come condizione per apparte-nere al Regno di Dio, l’esser poveri in ispirito. Non l’atteggiamento del fariseo, compiaciuto di sè, èvalido davanti a Dio, ma l’umile confessione del pec-catore; non la brama di distinguersi, non la ricerca deiprimi posti da parte degli apostoli, ma il servire nellacarità. Gesù: afferma: «Uno solo, infatti, è il vostro maestro, e tutti voisiete fratelli» e «Io sono in mezzo a voi come coluiche serve». Così il più grande deve essere il servitore di tutti,secondo l’esempio del maestro: «Il Figlio dell’uomo, infatti, non è venuto per farsiservire, ma per servire e dare la sua vita in riscat-to per molti».Anche i suoi discepoli devono rendersi scambievol-mente il servizio dell’«umile lavanda dei piedi»; perseguirlo. Essi devono liberarsi da tutti i desideri egoi-stici, rinnegare se stessi e adempiere in tutto la volon-tà di Dio.Anche Paolo ha ravvisato in Cristo il modello dell’u-miltà. Chi si pone alla sequela del Signore deve rea-lizzare le esortazioni del discorso della montagna.L’apostolo esige un animo voglioso di concordia, chenon miri a ciò che è alto e superbo

    Oltre che sull’umiltà davanti a Dio, Paolo

    pone l’accento anche sul suo aspetto sociale:ognuno deve lasciare che l’altro faccia stra-da, deve ricercarne l’interesse e ritenerlo

    superiore a sé.Così Paolo caratterizza un’umiltà che fa sì che ci sisottometta vicendevolmente e che è un necessarioatteggiamento sociale: prevenirsi vicendevolmentenel rispetto e sopportarsi l’un l’altro.Se la superbia è la radice di ogni male, l’umiltà è capoe madre di tutte le virtù. Essa è ancella di tutte levirtù. Anche tra le virtù del monaco, l’umiltà sta al primoposto.Essa è necessaria come l’aria per respirare, l’armadecisiva nella lotta contro i demoni, porta apertaverso Dio.Per i Padri latini, in Tertulliano notiamo ancora lastretta connessione tra umiltà, digiuno, atti di peni-tenza e atteggiamento orante, essenziale per SaintMartin. Nel Medioevo e nell’età moderna, assurge a partico-

    lare importanza Bernardo di Chiaravalle. Per questiCristo è la via humilitatis, che conduce alla verità.Umiltà è la “virtus, qua bomo verissima sui agnitio-ne sibi ipsi vilescit.”Bernardo percorre a ritroso la via dei dodici gradi diS. Benedetto e vi aggiunge i tre gradi della verità.Nella schola humilitatis l’anima giunge alla gloria delPadre. Francesco d’Assisi vuol servire il Signore in povertàed umiltà. Al suo seguito Bonaventura considera l’umiltàsumma totius christianae perfectionis, i suoi attiesterni e interni come vivificatio sui.Tomaso d’Aquino tenta la sintesi con la magnanimi-tas aristotelica e inquadra l’humilitas nella virtù car-dinale della temperanza. Essa trattiene l’uomo daltendere in alto in maniera smodata. Per quanto riguarda l’Etica moderna e teologia mora-le, Kant nega il carattere sociale dell’umiltà e la defi-nisce «coscienza e sentimento della limitata capaci-tà del proprio valore morale rispetto alla legge»;L’umiltà è invece radicalmente rifiutata da Nietzsche,

    per il quale essa fa parte della ‘morale degli

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  • schiavi’. Il cristianesimo è per Nietsche «una solleva-zione di tutto ciò che striscia a terra controciò che è elevato: il Vangelo dei ‘piccoli’ rende pic-coli». L’umiltà sarebbe semplicemente un atteggia-mento interessato.A questo sviamento dell’umiltà – virtù cristiana – sioppone M. Scheler; per lui l’umiltà è «un incessanteimpulso interiore di disponibilità spirituale a servi-zio di tutte le cose».Da quanto esposto risulta che appartiene all’essenzadell’umiltà la gioiosa donazione nel servizio disinte-ressato a Dio e agli uomini. Dalla conoscenza di séproviene la modestia verso se stessi e la coerenza a sestessi, il coraggio della verità.Perciò contraddice ad essa ogni falsa umiltà. Si vede la debolezza e peccaminosità dell’uomo, nonsi chiudono però gli occhi di fronte alle sue preroga-tive. L’opposto dell’umiltà e la superbia, «amore dellapropria distinzione» e piena incentrazione sull’Io.Essa è il peccato d’origine, il voler essere come Dio. Ritornando a noi, Louis Claude de Saint Martin, dopoessere stato iniziato nel 1765, incontrerà un po’ piùtardi Jean Baptiste Willermoz, il Massone Cristiano,e lentamente dalla via teurgica si avvierà alla ricercaspirituale. Scopre e traduce Jacob Bohme, mistico tedesco, edopo l’incontro con Martinez De Pasqually e del suo“Trattato della Reintegrazione”, si convince chel’uomo di desiderio debba reintegrare il suo PrincipioCreatore. Riconosce la necessità di ricorrere a tutte le virtù e diservirsi della potenza di Cristo, ovviamente, tramitela meditazione, la preghiera e l’umiltà. La preghiera per Louis Claude de Saint Martin è esal-tata come il mezzo più importante per raggiungere laPotenza di Dio; egli ritiene che la via della Verità puòaprirsi a tutti gli uomini Cristiani proprio con la medi-tazione e la preghiera.Pertanto i Martinisti cercano nell’umiltà, inseritanella storia del Cristo il mezzo per giungere allaReintegrazione.Il Martinista, quale pellegrino alla ricerca

    della Città Santa, dovrà indossare il suoMantello non solo per sottrarsi alla vista deiprofani dei curiosi, dei malvagi e per metter-

    si al sicuro dalle lordure della vita terrestre, ma ancheper essere veramente Saggio Questo gesto simbolico, nel farlo rientrare in sé stes-so, vuole indicare, nello stesso tempo, la separazionedal Mondo e dalle sue tentazioni profane; significaavere optato per il Servizio con vera Umiltà, conUmiltà Cosciente, quella che supera le vane pretesedella personalità umana; quella che si identifica conl’Anima e ne assume lo stesso valore e fornisce laChiave delle più alte conquiste e per l’EsistereUniversalmente.La Rettitudine,

    la Sincerità, la Semplicità,

    la Comprensione praticate come si conviene, con canonicità, in unSilenzio profondo, faranno realizzare la vera UmiltàIniziatica, qualità principale e fondamentale delMartinista, perché costituisce il suo vero e unicoMantello dalla doppia funzione e cioè: di graduare laLuce da irradiare nel suo intorno, adattandola ad ogni“Livello”, oppure di coprirla totalmente per salva-guardarla dalla umana incomprensione.Sorelle e Fratelli carissimi, ringraziandoVi dell’at-tenzione che mi avete rivolto, concludo che ognunodi noi, come l’asceta del racconto, nel continuo sfor-zo di unirsi a Dio, con lo sguardo rivolto al cielo, nonperda di vista neanche un attimo l’esistenza di un pic-colo topolino.

    JOHANNES S:::I:::I:::

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  • GHIMATRIAH dell'Essere Umano e Formula

    Pentacrammatica

    APIS S:::I:::I:::

    La premessa della ghimatriah (o gematria) è unapeculiarità dell'alfabeto ebraico, il quale veniva nor-malmente utilizzato sia per rappresentare le parole,sia come sistema di numerazione di tipo additivo. Adogni parola espressa nell'alfabeto ebraico può quindiessere associato un numero, ottenuto sommando ivalori numerici di ogni singola lettera. La ghimatriahviene applicata per decrittare significati nascostiall'interno della Bibbia ebraica tramite il loro valorenumerico. Esistono diversi metodi di ghimatriah, cheavvengono solitamente secondo livelli di esegesiebraica omiletica ma, come ogni aspetto della Torah,sono applicati anche nell'approccio interpretativodella Cabala, il Sod.Alcuni studiosi identificano due forme di ghimatriah:la forma "rivelata", che è prevalente in molti metodiermeneutici riscontrati in tutta la letteratura rabbinica,e la forma "mistica", pratica prevalentemente cabali-stica.Anche se la ghimatriah è più spesso utilizzata per cal-colare i valori di singole parole, psukim (versettibiblici), aforismi talmudici, frasi dalle preghiereebraiche, nomi di persone, di angeli e di Dio e altromateriale religioso significativo, i cabalisti li usanospesso per frasi arbitrarie e, occasionalmente, pervarie lingue. Alcuni casi di ghimatriah in arabo, spagnolo e greco,compitati con le lettere ebraiche, sono menzionatinelle opere di Rabbi Abramo Abulafia; anche

    certi rabbini chassidici la usano, sebbeneraramente, per lo yiddish.Tuttavia la lingua primaria per i calcoli

    gematrici è sempre stata e rimane l'ebraico e, in formaminore, l'aramaico.Un commentario biblico classico che incorpora laghimatriah è il Arba'ah Turim di Rabbi Yaakov benAsher.Gematria è spesso usata dal Maharal di Praga e dacommentatori chassidici della Torah (come "SefathEmmeth" di Gur).La ghimatriah potrebbe essere stata introdotta nellacultura ebraica come sviluppo dell'isopsefia, che è lostudio numerologico delle parole scritte in grecobasato sul sistema di numerazione greco. Inizialmente questo metodo fu usato da scrittori anti-chi come tecnica di crittografia, soprattutto pernascondere nomi di persona. Dalla ghimatriah e dal-l'isopsefia si è sviluppata l'aritmomanzia, che è l'ana-lisi numerologica delle parole basata sull'alfabetolatino.Uno dei fondamentali postulati di ogni Teurgia è chel'uomo è l'esatta immagine in miniatura dell'univer-so,considerando entrambi da un punto di vista ogget-tivo, e che cio' che l'uomo percepisce come esistentedall'esterno sia anche in qualche modo rappresentatoall'interno. Cio' rende conto del celebre incipit della“Tagbula Smeraldina” : “Ciò che è in alto è come ciòche è in basso”.Gli Insegnamenti Misterici ci dicono dunque che l'uo-mo si è formato con il concorso delle gerarchie cele-sti, ciascuna delle quali discese e si incarno' nellanatura umana, onde nel Libro dei Morti degli antichiegizi troviamo numerosi accenni alla correlazionedelle varie parti costituenti l'essere umano ad Entita'Universali, tenendo presente che, sopratutto la teolo-gia Memfitica, suole richiamarsi al principio emana-zionistico, ove dalla Primigenia Divinita' creatrice(Ptah) si originano per emanazione le successive divi-nita': analogo principio lo riscontriamo nella dottrinacabalistica a conferma dell'evidente influsso che l'an-tico Egitto (Mitzraim in ebraico) ha avuto sulla miste-riosofia ebraica negli oltre 300 anni vissuti dal popo-

    lo d'Israele in terra egiziana.

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  • Osserviamo ora l'incipit della Genesi:“Bereshit bara Eloim et ashamain vet harets”il cui significato letterario è: “IN PRINCI-PIO LUI GLI DEI CREARONO IL CIELO E LATERRA”. Infatti l'articolo singolare EL viene anteposto al plu-rale OIM percio' la esatta traduzione è quella cheabbiamo ora riportato. Cio' ci indica con chiarezzache la Divinita' è plurale essendo in essa insita la plu-ralita' delle manifestazioni da Essa generata per suc-cessive emanazioni: cosi' da Ain Sof viene genera-ta,per successiva emanazione Kether, che a sua voltagenera per emanazione Chokmah, da cui viene gene-rata Binah,eccetera, fino a giungere a Malkuth, ovve-ro fino ad arrivare al piano del manifestato,del visibi-le.Tornando al primo versetto della Genesi vediamocome esso, e di conseguenza l'intera Bibbia, essendola Genesi la sua prima parte, inizia con la lettera Beth,a cui viene attribuito il valore numerico 2 e la parola“casa”. Dunque la Genesi incomincia con qualcosa ingrado di “contenere” ossia, appunto, la casa.La prima casa dell'uomo è la madre e in anatomia“Dura Madre” e “pia Madre” sono i nomi delle duemembrane che contengono l'encefalo: la prima paro-la con cui inizia la Bibbia è, come abbiamo visto,“BERESHIT”, ovvero “IN PRINCIPIO” ma, nellaparola bereshit, la B, prima lettera, contiene la RESHil cui significato è “testa”. Inoltre il summenzionatoversetto si compone di 7 parole ed il numero totaledelle lettere che le formano è di 28, numero che siriferisce al mese lunare,intimamente connesso con iritmi dell'essere umano: non a caso nel MartinismoNoi operiamo secondo i ritmi dei mesi lunari, adesempio con le 14 meditazioni dei “Pensieri Seme” diSedir (Ivonne Le Loup, successore di Papus allaguida del Nostro Ven.Ordine) ciascuna delle qualiviene eseguita dall'Operatore per due giorni con unciclo,dunque di 28 giorni ed il previsto “silenzio” nelgiorno di Novilunio interamente dedicato alla purifi-cazione. Inoltre dice la Genesi che Dio fece l'uomo aSua immagine e somiglianza. Il nome di Dio è com-posto dalle lettere IOD-HE-VAU-HE il cui valorenumerico è:10+5+6+5=26. Dunque il numero dellaDivinita' è 26 e tale numero è davvero inti-

    mamente connesso al corpo umano: infatti ilpeso medio di un neonato è 2 chili e 6etti,ovvero 26 etti; ventisei miliardi di cellu-

    le costituiscono anche il suo piccolo organismo pie-namente sviluppato. Lo scheletro di un piede è for-mato da 26 ossa e la reflessologia plantare ci insegnache il piede è la sintesi di tutto il corpo. Lo scheletroumano è formato da 206 ossa e nuovamente com-paiono il 2 ed il 6. Ma parimenti sappiamo che l'uo-mo è un microcosmo,dunque esiste un rapporto trauomo e cosmo: tale rapporto è espresso dal numerodegli atti respiratori mediamente compiuti da unuomo adulto nel corso delle 24 ore: tale numero è paria 25.920; tale è anche il numero degli anni che ilpunto di primavera percorre per attraversare un inte-ro cerchio zodiacale (precessione degli equinozi),per-tanto 25.920 anni costituiscono l'anno platonico oanno cosmico e l'astronomia arrotonda questa cifra a26.000, percio' ogni 26.000 anni l'equinozio di pri-mavera cadra' nel segno astrologico precedente: daigemelli al toro,all'ariete (attuale equinozio), quindi aipesci. Nuovamente dunque, ricompare il numero 26,ovvero il numero di Dio. Accanto al sistema numeri-co classico, la Cabala' utilizza altri sistemi ghimatricipiu' complessi, il piu' noto dei quali è il sistema geo-metrico: esso si basa sul fatto che ,essendo 22 le let-tere dell'alfabeto ebraico, è possibile inscrivere in uncechio 22 poligoni regolari e mediante i loro lati que-ste 22 figure geometriche dividono i 360° dell'angologiro del cerchio e cominciando dal triangolo equilate-ro (alef) che,con i suoi tre lati, corrisponde al valorenumerico di 1 ed al valore geometrico di 3 (ovvero 3°del cerchio), si passa al quadrato che con i suoi 4 laticorrisponde al valore numerico di 2 ed al valore geo-metrico di 4 (ovvero 4° del cerchio) , poi al pentago-no che coi suoi 5 lati corrisponde al valore numericodi 3 ed al valore geometrico di 5 ( 5° del cerchio) ecosi' via,fino alla ventiduesima lettera tau a cui corri-spondera' il valore numerico di 400 ed il valore geo-metrico di 360, ovvero 360° del cerchio. Ora, parten-do dal valore geometrico delle lettere dell'alfabetoebraico esaminiamo il valore del nome del Riparatoreovvero “JOSHUA”, formato dalle lettere IOD-HE-

    VAU-SCHIN-HAIN ai cui valori geometri-

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  • Nel 260 il 26, valore complessivo numericodel nome divino, è posto ad un livello supe-

    riore, quello delle decine. Se a questo punto conside-riamo la Formula Pentacrammatica Martinista, ovve-ro l'inserimento della lettera SCHIN nel NomeIneffabile della Divinita' (IOD-HE-VAU-HE) som-mando i valori geometrici delle singole lettere 18(iod), 8 (he), 9 (vau), 8 (he), 180 (schin) otteniamo ilnumero 223 che, per riduzione teosofica (2+2+3)avra' valore di 7.Cosi' si esprime il Nostro Maestro, Guida edIspiratore, Louis Claude de Saint-Martin, il FilosofoIncognito, a proposito del numero sette: “esso è ilnumero perfettissimo che il Creatore impiego' per l'e-mancipazione d'ogni spirito fuori dell'immensita'divina...il suo valore indubbio sta nel fatto di nonpoterlo dividere in parti uguali senza distruggerlo osnaturarlo, dunque la sua impossibilita' di dividerloper due,numero di confusione, è il segno della suaperfezione......E' il segno degli Spiriti Superiori chedovevano servire da primo agente e da causa

    sicura,per contribuire ad operare ogni speciedi movimento nelle forme create nel cerchiouniversale”. Si badi che la dottrina dei nume-

    ri elaborata dal Filosofo Incognito si basa essenzial-mente sugli insegnamenti che Egli ricevette da Coluiche, ancora alla fine della Sua vita, L.C.de S.Martindefiniva “Il Mio Amato e mai dimenticato Maestro”ovvero Don Martinez de Pasqually, ebreo sefardita eprofondissimo conoscitore dei misteri ghimatriaci.Inoltre sette corrisponde all'ultimo giorno (o fase)della creazione ove la Divinita' “si riposa” contem-plando la manifestazione della propria opera. Dunquel'agire ed il consacrare in nome di IOD-HE-SCHIN-VAU-HE- vuole significare l'agire teurgicamente permezzo del sette, con tutto cio' che segue onde, comescrive Martinez de Pasqually nel “Manoscritto diAlgeri” “si badi bene, se non si vuole finire nellefauci degli spiriti prevaricatori, ad essere puri e senzamacchia quando si vuole operare in nome e per contodella Divinita' Creatrice o dei Suoi Spiriti Superiori”.

    APIS S:::I:::I:::

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  • Cenni su alcune tecnichedella

    VIA CARDIACA

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    Parliamo della preghiera del cuore e delle tecnicheche le sono associate. L’utilità di quanto andiamo aesporre è nella sua messa in pratica; la preghiera èvecchia come il mondo e la sua efficacia è indiscuti-bile. “Gli egiziani raffigurano il cielo, che non può invec-chiare poiché è eterno, con un cuore posato su unbraciere la cui fiamma alimenta il suo ardore....”Plutarco: Iside e Osiride. L’oriente cristiano, comel’induismo, possiede il proprio yoga, una tecnicamistica di unione al Verbo Divino attraverso la pre-ghiera, preghiera perpetuamente ininterrotta, come ilrespiro o il ritmo cardiaco. — Viene chiamata la “Preghiera del cuore” ed è lavera “Via Cardiaca”. Non è una semplice e banalesensibilità ma, al contrario, esige una padronanzaspeciale, una tecnica della preghiera, una scienza spi-rituale alla quale i monaci si consacrano completa-mente. Il metodo della preghiera interiore o spiritua-le conosciuta sotto il nome di “Esicasmo” (dal nomedi San Esichio del Sinai del VIII secolo) appartienealla tradizione ascetica della Chiesa d’Oriente e risa-le all’antichità. Si trasmette oralmente da maestro adiscepolo, con l’esempio e la direzione spirituale,come in india o in Tibet. Questa disciplina fu messaper iscritto all’inizio del secolo XI ma si trovano trac-ce di essa presso i grandi mistici del III secolo e inalcuni testi dove certi attributi del Cristo sono legatialla teoria dei Nomi Divini o Nomi di Potere/Potenzadella Cabala. Già San Giovanni Crisostomo ci dice che: “Perché ilNome del nostro Signore Gesù Cristo discenda nelprofondo del tuo cuore, e perché vi vinca il

    dragone che vi devasta i pascoli, e inoltresalvi l’anima e la vivifichi, aggrappati senzacessa al Nome del Signore Gesù affinché il

    tuo cuore beva il Signore e il Signore il tuo cuore, eche così i due divengano una cosa sola....” Come possiamo osservare, nell’Esicasmo, per realiz-zare l’unione divina luminosa, collaborano indissolu-bilmente la Grazia essenziale di Dio e la tecnica psi-cologica umana. Vediamo le regole generali di questatecnica. L’Esicasta pratica questo tipo di operazioneall’ora del tramonto (ora canonica dei Vespri) dalleore 18 alle ore 21 solari, nella sua cella silenziosa eoscura. Alcuni testi dicono di pregare seduti. E la tra-dizione cristiana orientale indica invariabilmente l’o-rante rivolto a Est dove deve essere tracciata, sulmuro una croce Non si fa cenno a fumigazioni effet-tuate nella cella, ma si ritiene che queste possano aiu-tare lo sviluppo del misticismo, a condizione che l’in-censo sia stato sacralizzato. Nella tradizionedell’Oriente cristiano, le Icone riflettono il principiodell’Incarnazione delle “Sante Immagini” dall’altonel nostro mondo imperfetto. Sono insomma gliArchetipi Divini che vengono materializzate seguen-do un metodo estremamente occulto oltre che eleva-to. Innanzitutto, l’Icona deve riflettere solo immaginidi pace e di luce: la Madonna e il Bambino, laNatività, l’Ascensione, i Grandi Arcangeli (Michael,Gabriele, Raffaele) o i Santi. L’Icona non deve maimaterializzare (ho usato di proposito il verbo mate-rializzare e non rappresentare) immagini di sofferen-za, di dolore o di punizione. I monaci ai quali è affidato il compito di realizzarle,devono lavorare a digiuno, in stato di grazia, in ginoc-chio e a certe ore canoniche. Le dipingono su pannel-li di legno ponendo successivamente degli strati dipittura speciale, le cui formulazioni risalgono ai primisecoli, contenente elementi minerali, vegetali ed ani-mali. Il monaco associa dunque i tre regni a questaincarnazione salvatrice, del divino. Associa a questaascesa purificatrice la natura intera, decaduta percolpa del primo uomo. Una volta stesi gli strati di pit-tura, dipinge il soggetto dell’icona, inserendovi quan-to più oro possibile. L’icona deve essere di forma sca-

    vata affinché “la terra rifletta l’impronta del

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  • Cielo” secondo la tradizione. L’icona vienepoi benedetta con una formula speciale, confumigazioni abbondanti e frequenti di incen-so, ponendo attorno ad essa o davanti ad essa, dellepiccole luci: lumini a olio (rossi) o ceri di cera di api.La “Preghiera del cuore” deve, in effetti, essere una“adorazione” e non una domanda, secondo la regolasecolare. Viene poi la recita del mantra. Per l’esicastaconsiste nel pronunciare interiormente la seguenteimmutabile formula:“KYRIE ISSU CHRISTE IE THEU ELEISONIMAS AMARTANON” cioè “SIGNORE GESÙ CRISTO, FIGLIO DI DIO,ABBI PIETÀ DI ME PECCATORE” Le liturgie orientali e latine fanno uso frequente dellaformula: “Kyrie eleison ... Christe Eleison” e levibrazioni sonore sono vicinissime le une alle altrenella formula cristiana. Prima di cominciare, l’esica-sta dovrà meditare sulla morte, l’umiliazione di sé, lavisione (naturalmente esoterica) del Giudizio finalecon il quale ha termine la creazione presente e allaquale seguirà l’Eone futuro. Mediterà sulla “ricom-pensa”, che è la fissazione delle anime attraverso ilFuoco- Principio, Fuoco che in qualche modo leimmerge. Fissazione che può essere buona o malva-gia, che deriva dal giudizio di tutte le creature, uomi-ni o Angeli. Dovrà prendere coscienza di essere il piùcorrotto di tutti gli uomini, più malvagio degli stessispiriti malvagi e, di conseguenza, di meritare il riget-to finale. Da questo stato d’animo interiore devononascere la contrizione, la tristezza e le lacrime. Sequesto stato di “trasmutazione” dell’essere interiore,analogo alla “putrefazione” alchemica, è raggiunto,l’esicasta deve rimanervi fino a quando questo statoscompare naturalmente. Ma se l’anima è rimastainsensibile a questa preparazione, la tradizione dell’e-sicasmo consiglia di pregare per ottenerlo, come unagrazia. Faccio notare che non si tratta affatto di faredell’esicasta un pessimista, un disperato. Al contrario,la regola afferma che deve vivere allegro, di buonu-more e felice di sentirsi sulla buona via. Ma questa “putrefazione” deve essere raggiunta findal momento in cui si comincia gli esercizi. Il

    rosario serve a ritmare, a verificare il nume-ro e lo svolgimento delle litanie del mantra.È consigliato un rosario composto da otto

    serie di otto grani (in ricordo delle otto beatitudini)separate ognuna da un grano più grosso, per un totalequindi di 72 grani (in ricordo dei 72 nomi divini dellaShemamphorash). Per ognuno dei 64 grani ordinari sipotrà usare la formula breve: KYRIE ISSU CHRISTE IE THEU ELEISON epronunciare per gli otto grani che separano le serie, laformula lunga:KYRIE ISSU CHRISTE IE THEU ELEISONIMAS AMARTANON. La respirazione deve essere regolare, ritmata dallaformula che deve essere pronunciata durante la aspi-razione, aspirazione effettuata unicamente attraversoil naso, e la recitazione è puramente interiore, maiverbale. L’esicasta respinge ogni desiderio di prodi-gio, fugge i poteri psichici, come mezzi usati dalleentità inferiori per distoglierlo dal suo cammino spi-rituale. Riporto quanto diceva un esicasta dei primisecoli:«Volendo contemplare la faccia del Padre Celeste,non sforzarti di vedere durante la tua preghiera qual-che immagine o figura ... Fuggi il desiderio di vederesotto una forma sensibile gli Angeli, le Potenze o ilCristo. Altrimenti rischi di sprofondare nella follia, diprendere il lupo per il pastore e di adorare i demonial posto di Dio ... L ‘inizio dell’errore è nel desideriodello spirito di percepire la Divinità in una immagineo in una figura”. Questa tecnica è spesso concomitante con grandi ten-tazioni, infestazioni, ossessioni e apparizioni demo-niache. Colui che nel corso delle evocazione magichesarà riuscito a vedere il mondo demoniaco e, senzaesserne posseduto, sarà rimasto padrone di sé stesso,avrà la propria fede confermata per sempre. Abbiamovisto che la litania, il mantra, comporta otto parole ingreco (formula completa) e sei parole solo nella for-mula abbreviata. La formula è pronunciata, lo ripeto,interiormente, durante la aspirazione visualizzando laformula, come veicolata con l’aria ispirata, discende-re nel nostro cuore con l’immagine del Cristo. Se fac-

    ciamo il raffronto con lo yoga tantrico,

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  • dove si parla di un “Loto del cuore”, vediamoquanto esicasmo e yoga siano vicini. I raridocumenti dell’esicasmo non fanno cennoalcuno alle fumigazioni: queste fanno parte delleistruzioni orali passate da maestro a novizio. È infat-ti evidente che l’aria elementare, quella che noi respi-riamo, è molto impura. Sappiamo dalla tradizione cri-stiana (San Paolo, Lettera agli Efesini) che l’atmosfe-ra è l’habitat del mondo demoniaco. Ecco quindi lanecessità di purificarla con una fumigazione, la cuiformula di sacralizzazione sia un corto ma efficaceesorcismo. Sul risveglio di quello che il tantrismochiama la Kundalini, una specie di energia psichica dinatura ignea e che tutti i trattati affermano essere peri-colosa da maneggiare, anzi addirittura mortale se nonsi è guidati da un vero maestro, le scritture giudeo-cristiane affermano: “L’eterno tuo Dio è un fuocodivorante” Deuteronomio IV, 24 “La mia parola ècome un fuoco” Geremia XXIII, 29“Farò uscire dalle tue viscere un fuoco che ti divore-rà ... Tutti voi avete, acceso in voi, un fuoco che vibrucia, voi siete avvolti da fiamme. Camminate nellaluce di questo fuoco che avete preparato, nelle fiam-me che avete acceso... “ Isaia L, 2 “Il fuoco che escedall‘uomo che contempla, lo divora” HekhalotRabbati III,4 Vi è in effetti un duplice aspetto di que-sto Fuoco. Sappiamo che il Tempio di Salomone,replica del Tabernacolo, fu realizzato da Salomonesecondo i disegni ricevuti attraverso David, suopadre, dalle mani del profeta Nathan, depositano dell’esoterismo di Israele. Sappiamo che il Tempio fu costruito aimmagine di Dio, dell’uomo e dell’universoe che studiano significa studiare l’uno e l’al-

    tro. Vi erano due Altari sui quali bruciavanodue fuochi differenti: uno era l’Altare deiProfumi, sul quale, all’alba, a mezzogiorno e

    alla sera, veniva offerto a Dio dell’incenso di adora-zione e di lodi. L’altro Altare, era l’Altare deiSacrifici, sul quale i sacrificanti offrivano le vittimeconsacrate. L’Altare dei Profumi è l’immagine delnostro cuore, delle nostre buone azioni. L’Altare deiSacrifici è la immagine del nostro cervello e del sacri-ficio che dobbiamo fare delle nostre passioni, rappre-sentate dagli animali.Ognuno dei cinque oggetti consacrati: l’Arcadell’Alleanza, il Candeliere a sette braccia, l’Altaredei Profumi, l’Altare dei Sacrifici e il Mare di Rame,corrisponde a uno dei nostri centri psichici essenzialinel tempio interiore che portiamo in noi. Da qui leparole del rosacrociano Robert Fludd: “Quando ilTempio sarà consacrato, le sue pietre morte ritorne-ranno viventi, il metallo impuro sarà trasmutato inoro e l’uomo riscoprirà il suo stato primitivo”.

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  • Alla gloria di Grande Architetto dell’Universo

    e sotto gli auspici del Filosofo Incognito nostro Venerato Maestro

    Proprietà riservata dell’Ordine Martinista

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