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Fratellanza Martinista n. 3 Ottobre 2015

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Stampato in proprio

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FRATELLANZA MARTINISTA FRATELLANZA MARTINISTA

Redazione

Direttore Responsabile: Renato Salvadeo - via Bacchiglione 20 - 48121 Ravenna

Condirettori scientifici:Agostino Giacomazzo, Fabrizio Fiorini

SOMMARIOSOMMARIOLUCIS OCCULTOS - S:::I:::G:::I::: Sovrano Gran Maestro - ORDRE MARTINISTE INTÉRIEUR - SALUTI E AUGURI - pag.4

MIRIAM - S:::I:::G:::I::: - ORDRE MARTINISTE DES CHEVALIERS DU CHRIST - SALUTO DEL Gran MaestroE RELAZIONE - pag.6

NICOLAUS - S:::I:::I::: Sovrano Gran Maestro - ORDINE MARTINISTA UNIVERSALE - SALUTI E AUGURI - pag.8

RAPHAEL - S:::I:::G:::I::: Sovrano Gran Maestro - UNIUNEA ORDINELOR MARTINISTE DIN ROMÂNIA - SALUTI E AUGURI - pag.9

APIS - S:::I:::G:::I::: Sovrano Gran Maestro - ORDINE MARTINISTA EGIZIO ISIACO OSIRIDEO - RELAZIONE INTRODUTTIVA AL CONVENTO - pag.11

ARTURUS - S:::I:::I::: Sovrano Gran Maestro - ORDINE MARTINISTA - APPUNTI - pag.14

HORPHEUS - S:::I:::I::: Sovrano Gran Maestro - ORDINE MARTINISTA MEDITERRANEO - LA MAGIA DEL VERBO - pag.18

HORUS ALEPH - S:::I:::I::: Sovrano Gran Maestro - ORDINE MARTINISTA SPARTACUS - PER UN CORRETTO ACCESSO DELL’ASSOCIATO ALLA VIA INIZIATICA - pag.22

MIKA-EL - S:::I:::I::: Gran Maestro Aggiunto- ORDINE MARTINISTA MEDITERRANEO- STRUMENTI E METODI DELL’A:::I::: - pag.27

ADONHIRAM - A:::I::: - ORDINE MARTINISTA EGIZIO ISIACO OSIRIDEO - BREVE RIFLESSIONE SUL TEMA DEL CONVENTO - pag.30

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AKASHA - A:::I::: - ORDINE MARTINISTA - IL NOSTRO OPPOSTO - pag.32

ANTARES - S:::I::: - ORDINE MARTINISTA EGIZIO ISIACO OSIRIDEO - RIFLESSIONI ED OSSERVAZIONI EPISTEMIOLOGICHE - pag.36

ASPASIA - A:::I::: - ORDINE MARTINISTA EGIZIO ISIACO OSIRIDEO - LA RELAZIONE INIZIATICA - pag.39

HATHOR GO-REX - A:::I::: - ORDINE MARTINISTA EGIZIO ISIACO OSIRIDEO - I PENSIERI SEME - pag.45

HAZIEL - A:::I::: - ORDINE MARTINISTA EGIZIO ISIACO OSIRIDEO - L’ESPERIENZA PERSONALE NELLA PRATICA - pag.45

MAATHOR - I:::I::: - ORDINE MARTINISTA EGIZIO ISIACO OSIRIDEO - IL DIGIUNO COME STRUMENTO - pag.47

MIRIAM - I:::I::: - ORDINE MARTINISTA - UNO SCOPO NEL NOSTRO PERCORSO - pag.52

MIZAR - S:::I::: - ORDINE MARTINISTA EGIZIO ISIACO OSIRIDEO - IL MANTELLO - pag.55

OBEN - S:::I::: - ORDINE MARTINISTA- STRUMENTI E METODI - pag.57

SERAPHITA - A:::I::: - ORDINE MARTINISTA EGIZIO ISIACO OSIRIDEO - PRESA DI COSCIENZA - pag.63

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Saluti ed Auguri

LUCIS OCCULTOS - S:::I:::G:::I:::ORDRE MARTINISTE INTÉRIEUR

Sovrano Gran Maestro

Il 4° giorno del nono mese dell’anno 2015.

In Francia, Provincia O.M.I. Dauphiné-Savoie, in unluogo a noi soli noto. Illustrissimi, Rispettabilissimi, e benamati Sorelle eFratelli Martinisti d’Italia,Alla Gloria di IESHOUAH, Nostro Signore e sottogli auspici del Filosofo Incognito Nostro VeneratoMaestro, quale Sovrano Gran Maestro dell’ORDREMARTINISTE INTERIEUR io vi saluto davanti aifuochi martinisti!Vi scrivo dalla Francia con l’intento di trasmettervi imiei più fraterni pensieri di pace e di concordia.« Amatevi secondo un’amicizia fraterna » ci inse-gna il Cristo.Illustrissimi, Rispettabilissimi, e benamati Sorelle eFratelli, voi che operate secondo i disegni dei vostririspettivi Ordini, invitandomi quest’anno a partecipa-re al vostro Convento annuale, avete desiderato tesse-re dei nuovi invisibili legami fra le vostre Comunioniitaliane e quella che io rappresento in Francia; legamiintimi che non domandano altro che rinforzarsi lungoil tempo per permettere una crescita dell’irraggia-mento della nostra catena di unione martinista “interra come in cielo”; una catena che, non debbo inse-gnarvelo io, non conosce frontiera alcuna. Invitandome, credo, è l’intero l’Ordre Martiniste Intérieur cheavete desiderato invitare. Voi avete dimostrato,secondo l’espressione tradizionale, quali uomini edonne di buona volontà, ciò che si attendonoda noi gli Esseri che sono responsabili dell’e-voluzione della nostra umanità.« Non è alla lettera che si debbono interpre-

tare le scritture »

Ci insegna il nostro Venerato Maestro, ilFilosofo Incognito.Illustrissimi, Rispettabilissimi e benamati

Sorelle e Fratelli martinisti d’Italia, anche se nonposso essere con voi quest’anno, siate sicuri che laFraternità è in cammino e che compete a ciascuno dinoi renderla ancor di più effettiva per il futuro. E’ perquesto che è nostro compito imparare a conoscere noistessi. Permettetemi poi qualche parola in merito alla storiarecente dell’Ordre Martiniste Intérieur: il nostroOrdine deriva dall’Ordine Martinista storico, Filia-zione Papus. Dopo aver ricevuto le iniziazione marti-niste della Filiazione Chaboseau, poi una filiazionecavalleresca dopo aver lavorato per circa 25 anninella via martinista operativa dell’Ordre desChevaliers Martinistes diretta dal suo IllustrissimoSovrano Gran Maestro Feu Pierre Crimetz (1932-2012) già Grande Archivista Principale dell’OrdreMartiniste Traditionnel (filiation Chaboseau); io sonoentrato nell’Ordine Martinista (filiazione Papus-Philippe Encausse) nel 1995. Il Gran Maestro di questo Ordine, Emilio Lorenzo,mi ha trasmesso il Grado di Superiore IncognitoIniziatore nel 2004. Io presiedetti da allora unCollegio sino al 2008. In seguito, per circa sei anni,ho lavorato in maniera discreta al progetto di apertu-ra di un Ordine Martinista Cavalleresco e Sovrano:alla sua struttura, alla sua organizzazione ed ai suoiinsegnamenti.Nell’Ottobre del 2013 un custode della tradizioneMartinista, Filiazione Papus, già Gran MaestroAggiunto dell’Ordine Martinista storico, mi ha tra-smesso nel corso di una cerimonia e davanti a testi-moni, l’iniziazione particolare che mi autorizzava afondare una nuova comunione tradizionale. Ho riuni-to alcuni Superiori Incogniti Iniziatori dellaFiliazione Papus il 22 Marzo 2014, nell’ambito di unprimo mini-convento che ha avuto luogo in Francia,

nella regione dell’Alsazia. L’Ordre MartinisteIntérieur inizia ad operare con la costituzionedi un primo Direttorio Fondatore. Altri marti-nisti di filiazioni differenti hanno raggiuntol’Ordine nell’estate del medesimo anno.

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Tutto questo in Francia è considerato come unfatto normalissimo, a condizione che coloroche danno vita a nuovi Ordini o che li risve-glino possiedano REGOLARE e TRACCIABILEFiliazione. L’Ordre Martiniste Intérieur persegue il suo sviluppoprincipalmente in Francia, lentamente, dato che ilnumero ci interessa poco. Benché si sia di FiliazionePapus, noi vogliamo essere, nei gradi superiori, e piùprecisamente in un’altra struttura più cavalleresca,una prosecuzione dell’opera che iniziarono, attorno al1980, Pierre Crimetz e sua moglie Andrée. Io vi pre-ciso che l’Ordre des Chevaliers Martinistes e le suealtre ramificazioni si sono estinte con il suo fondato-re nel 2012. Sappiate parimenti che intrattengo eccel-lenti relazioni ed un forte legame con gli appartenen-ti all’Ordine Martinista, legame che dovrebbe vieppiùrinforzarsi per l’avvenire.Gli Ordini Martinisti sono numerosi nel mondo, leloro caratteristiche diverse ed è ciò che fa la ricchez-za della nostra tradizione. Noi tuttavia vegliamo sulrispetto dei suoi fondamenti tradizionali e consideria-mo che tutti gli Ordini Martinistri lavorano per lariconciliazione del genere umano sotto i medesimicieli alla sola condizione che essi applichino le rego-le tradizionali. I cuori dei marinisti sono animati daun medesimo desiderio e sono uniti da una medesimacatena invisibile ed al tempo stesso raggiante.Così, attraverso i nostri lavori rituali, i nostri scambie testimonianze, noi lavoriamo di concerto per l’uma-nità nel suo insieme, perché i cuori si purifichino, per-ché le coscienze si aprano allo Spirito, perché tutto innoi partecipi al nostro risveglio, perché tutto in noipartecipi al risveglio delle nostre sorelle e dei nostrifratelli.Mi dispiace di non poter rispondere positivamentequest’anno al vostro invito. Tengo tuttavia ad indiriz-zare, a ciascuno di voi, un forte e fraterno abbraccio,l’assicurazione del mio sostegno alle vostreComunioni che chiedo di poter meglio cono-scere, e tutti i miei auguri di riuscita del vostrosecondo Conventum Nazionale.Non è che un arrivederci… io farò il possibileper raggiungervi in occasione di un prossimo

conventum che organizzerete… se mi invite-rete ancora. Forse, in quell’occasione, potreiportare la mia pietra all’edificio che state

costruendo collegialmente, sempre che lo desideriate.

Che i nostri Maestri Passati vi guidino e vi ispirino,per il bene degli Ordini Martinisti Italiani, dei suoiFratelli e Sorelle in particolare e per il Martinismotradizionale in generale. Un fraterno abbracciodavanti alle Luci Martiniste.

LUCIS OCCULTOS - S:::I:::G:::I:::ORDRE MARTINISTE INTÉRIEUR

Sovrano Gran Maestro

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Saluto del Gran Maestro

dell’O.M. dei Cavalieri

di Cristo

e Relazione per il Convento

MIRIAM - S:::I:::G:::I::: ORDRE MARTINISTE

DES CHEVALIERS DU CHRIST

Carissimi ringrazio tutti per il caloroso invito rivol-

to alla nostra rispettabile Loggia Ora et Laboradell’O. M. D. C. D. C.Vi porto i saluti fraterni del G.M. Remi Boyer che hadovuto declinare l’invito in quanto già da tempoaveva fissato un impegno a livello internazionale conaltri Fratelli, pertanto mi ha pregato di salutarvi edaugura a tutti noi un lieto e sereno svolgimento deilavori di questo Convento.Personalmente insieme alle Sorelle e ai Fratelli sonofelice di essere qui con voi, ma soprattutto mi rivolgoagli Associati in quanto il tema dei lavori vi riguarda.Questo è il vostro Convento. Voi siete la pietra miliare sulla quale si basa la strut-tura piramidale dell’Ordine qualunque sia la suasigla, dunque cari Fratelli e Sorelle, voi siete molto,molto, importanti per tutti noi. Vi confesso che anche se e’ trascorso quasi un tren-tennio dal giorno della mia iniziazione, quando con-sacro l’Alba di un Associato mi emoziono al puntoche il mio cuore incomincia a battere forte, quel cor-done nero sul bianco immacolato dell’Alba mi diceche un altro Uomo o Donna di Desiderio si e’ posto incammino e che liberamente ha scelto questo difficilepercorso che ognuno di noi sta percorrendo. E’ vero, verissimo, che è arduo procedere spe-cialmente in questa epoca dove il quotidianoti travolge come un treno in corsa e che già ilrestare saldi nel proprio proposito e’ una gran-de prova.

L’Ordine Martinista però ci fornisce tutti glistrumenti per non perdersi strada facendo e ciaiuta la grande saggezza dei nostri grandi

Maestri Passati, avendo prima di noi sperimentato ledifficoltà che inevitabilmente si incontrano sulla viainiziatica, tracciandone con la tradizione, lo studioapprofondito della simbologia e la rituaria il percor-so. Non tutti però, riescono ad afferrarne appieno gliinsegnamenti fondamentali per la nostra evoluzione.Per incominciare occorre leggere e rileggere il ritualedi iniziazione e quello dei lavori di Loggia fino alpunto di essere una cosa sola; e se si saprà leggere trale righe si compirà un primo importante passo.La simbologia della Maschera, il Mantello, ilTritume, i Tappetini, il Cordone, ma soprattutto ilnostro pentacolo saranno delle vere fonti di invito allaricerca. E che dire della meditazione dei 28 Giorni?Mai strumento mi e’ stato, e mi e’ piu’ utile di questo!Provate solo a pensare se non ci fossero. Come potremmo capire dove stiamo andando? A chepunto siamo? E di anno in anno, ho compiuto deipassi in avanti? E la purificazione? E il rito giornalie-ro, dove ognuno di noi attraverso la parola, il gesto ela batteria, può unirsi con tutti i Fratelli e Sorellesparsi per il mondo anche al di là della morte. Non e’meraviglioso?Riflettete quindi sulla figura del vostro Iniziatore, chesi e’ assunto l’onere di esservi accanto nel vostro pro-cedere verso la Luce, certo c’è chi è piu’ rigido chipiu’ dolce, piu’ mistico o operativo, ma in ogni casosiate pur certi che mai e poi mai vi lasceranno soli,anche se a volte potrebbe non darvi le risposte checercate. Lo fanno per il vostro bene. Quando non riuscivo a trovare risposte, per decennimi sono sentita ripetere; continua a cercare e quandosarai pronta le risposte arriveranno e conoscerai! E se anche in quei momenti lo sconforto mi assaliva,

capivo che seppure in INCOGNITO il mioIniziatore era sempre accanto a me, come ilvostro è con voi. Amatelo come lui vi ama eabbiate fiducia perche’ se e’ un vero Iniziatoreil vostro legame non terminerà mai, neppure

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con la morte.Per concludere vi esorto a non desistere mai,continuate ad essere curiosi perchè la nostraricompensa sarà proporzionale agli sforzi compiuti.E’ scritto: “il regno dei cieli deve subire violenza ecolui che resisterà sino alla fine riceverà la Corona”.

MIRIAM - S:::I:::G:::I::: ORDRE MARTINISTE

DES CHEVALIERS DU CHRIST

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Saluti ed Auguri

NICOLAUS - S:::I:::I:::ORDINE MARTINISTA UNIVERSALE

Sovrano Gran Maestro

Carissimo Fratello Fabrizio

al termine del nostro tradizionale Congresso di autun-no, ho acquisito la certezza di non essere in grado dipartecipare personalmente al vostro Convento diPadova perché, in prima ipotesi, d'accordo con Carlo,avevamo pensato di farvi una sorpresa prolungandola nostra permanenza a Roma e poi proseguire perPadova dove avremmo, con piacere, fatto una brevesosta per essere presenti al vostro avvio dei lavori equindi fare ritorno a Taranto.

Purtroppo questo programma è rimasto sulla carta,perché Carlo ha avuto, nella mattinata di domenica,una seria crisi influenzale per cui, accompagnato daaltri Fratelli di Taranto, è stato ricondotto a casa doveè ancora sotto effetto influenzale.

Mio caro, questo è stato il mio tredicesimo Congressoautunnale da Gran Maestro e ti posso confermare chealla età di 88 anni è diventato pesante tanto che riflet-to seriamente sulla opportunità di rimettere il mioSacro Mandato a chi, più giovane, possa meglio ali-mentare l'Ordine con le sue energie anche perché tantisono i movimenti esoterici in corso anche nel nostromondo martinista e tanto il rischio di confusionedestabilizzante.

Troppe polemiche, troppe chiacchiere, troppadivulgazione dei nostri Sacri Riferimenti,anche rituali, pochi sono gli Iniziati disponibi-

li a lavorare in silenzio, nella solitudine checaratterizza il vero lavoro spirituale che nelcuore di ciascuno può sviluppare la risposta a

tutte le domande che affollano la mente dell'uomomoderno.

Ed il Nostro Venerato Maestro L. C. de St Martin benlo sapeva, tanto da lasciare a ciascuno di noi il SuoTestamento Spirituale:

Silenzio e Cuore

Scusami per questo sfogo, ma ti sento vivino alle mieriflessioni e mi sono permesso di aprirmi.

Sperando nella possibilità di incontrarci, vi auguro unEccellente Lavoro Magistrale per il vostro Conventoe scusami ancora per non avere avuto la possibilità diesservi vicino.

Un Quadruplice Fraterno Abbraccio innanzi alleNostre Sacre Luci

NICOLAUS - S:::I:::I:::ORDINE MARTINISTA UNIVERSALE

Sovrano Gran Maestro

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Saluti ed Auguri

RAPHAEL - S:::I:::G:::I:::UNIUNEA ORDINELOR MARTINISTE DIN

ROMÂNIA Sovrano Gran Maestro

Il 22 Ottobre 2015, Bucarest, Romania

Carissimi Fratelli e Sorelle Martinisti Italiani,+ In cruce salus !Mi fa un immenso piacere di inviarvi questo messag-gio di pace, armonia e unita' fraterna da parte di tuttinostri membri dell’Unione degli Ordini Martinisti diRomania, nell'occasione del vostro Secondo Con-vegno Nazionale della Fratellanza Martinista Italiana,che raggruppa i più importanti Ordini Martinistid’Italia.

Come sapete forse già, noi portiamo avanti la fiam-ma del Trilume Martinista nella terra di Romania,lavorando secondo i rituali trasmessi da i nostri ini-ziatori dei vari Ordini Martinisti, fra quali ci sonostati anche notevoli Maestri Italiani. Da un certo punto di vista, per noi e' più facile lavo-rare come Martinisti, visto che il popolo romeno e perla maggior parte ortodosso, e' anche praticante dellasua religione. Infatti, qui si costruiscono ogni annocentinaia di nuove chiese in tutto il paese, ed il senti-mento religioso va crescendo sempre di più, facendoparte dalla coltura e della civiltà del nostro Popolo.La via Cardiaca del nostro Venerato Maestro LouisClaude de Saint-Martin e' molto vicina per taluniaspetti all' Esicasmo Ortodosso, con la sua Preghieradel Cuore, quindi e' facile per i nostri Fratelli eSorelle Martinisti di capire la filosofia e la teurgia deiMaestri Passati.Nello stesso tempo, per noi e' molto difficilelavorare come Martinisti, proprio per la stessaragione : essendo i Romeni un popolo moltoreligioso, e' difficile spiegargli la ragione di

venire con noi sulla via Martinista, una viache purtroppo e' totalmente sconosciuta nellastoria e nella cultura recente della Romania.

Infatti, i primi Martinisti romeni sono stati creati nellafine del 19mo secolo, quando Papus costituì insiemea Chaboseau ed ai Compagni della Ierofania il PrimoOrdine Martinista in Francia.In quelli anni, il Fratello I.T.Ulic, già facente partedall’Ordine Kabbalista Rosa+Croce di Stanislas diGuaita e di Papus, aveva ricevuto l’ordinazioneMartinista e creo' le prime Logge Martiniste inRomania.Purtroppo, dopo la fine della Prima Guerra Mondiale,con la scomparsa di Papus e con i problemidell’Ordine Martinista in Francia, le Logge rumenenon furono mai riaperte.Esse hanno spento le loro luci, assieme al RitoEgiziano di Memphis-Misraim, cosa che ci fu impo-sta dal Grande Oriente di Francia e dalla Massoneria« Regolare » di GLUA e dai Riti scozzesi Americani,come condizione per riconoscere l’unita' politica delpaese con i nuovi territori che sono stati aggiuntidopo la guerra alla Romania : Transilvania, Moldaviadell’Est, Bucovina, ecc.La seconda guerra mondiale ed il comunismo chearrivo' dopo, hanno cancellato ogni tentativo di tene-re viva la fiamma della spiritualità, anche i FratelliMassoni e quelli Martinisti finirono in prigione ofurono costretti a partire per altri paesi liberi.Dopo la caduta del comunismo, alla fine del 1989,siamo stati i primi a riaprire una prima LoggiaMartinista a Bucarest, nell' anno 2007. Poi, fra 2007 e 2014 abbiamo consolidato il nostrolavoro ed abbiamo ricevuto quasi tutte le lineeMartiniste importante da Fratelli Iniziatori venutidalla Francia, dall’Italia, dall’Inghilterra, Stati Uniti,ecc.Così siamo ora i depositari delle linee Martiniste chearrivano da Papus, sia attraverso l’ordine Martinista

di Lyon, sia attraversa quello Sinarchico, oquello Tradizionale, ma anche dalle linee delMartinismo russo e di quello degli ElettiCohen nella versione ricreata da RobertAmbelain o in quella di Jean Bricaud e Con-

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stant Chevillon.Ci fa piacere a trasmettere queste linee a tutticoloro che si meritano di riceverle, ed uno deipochi Fratelli che hanno già ricevuto le nostre lineeiniziatiche, e' il nostro carissimo Apis, il SovranoGran Maestro dell'Ordine Martinista Egizio, con ilQuale l'Unione degli Ordini Martinisti di Romaniaintrattiene Fraterno Trattato di Amicizia, e SuperioreIncognito Grande Iniziatore, uno degli ultimiMartinisti che sono stati iniziati da PhilippeEncausse, il figlio di Papus.Dicendo questo, sono sicuro che il Convento dellaFratellanza Martinista Italiana di questo anno sarà unvero successo e vi auguro che i vostri lavori sianoguidati dai Maestri Passati, nella Gloria del SublimoArtefice dei Mondi e sotto il segno dell’Eone Kristos,il vero Riparatore per tutta l’umanita'.

Con il mio Q:::F:::A:::

RAPHAEL - S:::I:::G:::I:::UNIUNEA ORDINELOR MARTINISTE DIN

ROMÂNIA Sovrano Gran Maestro

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Relazione introduttiva

al Convento

APIS - S:::I:::G:::I:::ORDINE MARTINISTA EGIZIO

ISIACO OSIRIDEOSovrano Gran Maestro

Illustrissimi e Potentissimi Gran Maestri e Delegati

degli Ordini accreditati, Carissime Sorelle eCarissimi Fratelli,

In questo periodo,tradizionalmente, diversi OrdiniMartinisti svolgono i propri annuali Conventi e purnella apparente separazione tutti i Martinisti sono inrealtà indissolubilmente legati tra Loro dai SacriSimboli,comuni alla Nostra Tradizione e dalla comu-ne Nostra origine sancita, nell'epoca moderna, dallacostituzione dell'Ordre Martiniste da parte degliIllustrissimi Fratelli Gerard Encausse e AugustinChaboseau. Oltre il velo delle diversità legate a pos-sibili differenti interpretazioni o applicazioni dellaDottrina Martinista, tutti Noi siamo,volenti o nolenti,anelli di una stessa catena e tutti noi, volenti o nolen-ti dovremo,prima o poi, rendere conto delle nostreazioni all'Essere Supremo ed ai Maestri Passati. Iocredo,carissime Sorelle e Carissimi Fratelli, che inquesto momento di gravissima crisi morale,politica,spirituale, del mondo Occidentale e del Nostro amatoPaese in particolare, che io non mi vergogno di defi-nire con il Suo nobile nome di PATRIA, ilMartinismo molto avrebbe da offrire alla società civi-le attraverso i propri fondanti valori ed il pro-prio intrinseco senso di identità Cristiana cheè cosa ben diversa dal Cattolicesimo dellaChiesa di Roma. Ma affinchè ciò possa esserepossibile occorre che noi tutti ci interroghia-

mo, costantemente e quotidianamente nelmodo suggerito dal grande Pitagora: “In checosa ho mancato?Cosa ho fatto? Quale è il

dovere che non ho compiuto”? Io ritengo che questosia l'unico modo per interrompere quelle sequele dipiccole meschinità di bottega, di inimicizie, rancori,sospetti e chiacchiere da comari, che assai spessohanno funestato, sopratutto negli ultimi quarant'anni,il mondo martinista italiano. Il Martinismo è fatto dauomini e questo è il limite Suo ed in generale di tuttigli Ordini Iniziatici: tuttavia se tali uomini avranno laforza, il coraggio,l a perseveranza e l'intelligenza, diavere sempre presente che il loro obiettivo è laReintegrazione e non l'affermazione delle proprieegoiche pulsioni nel mondo del quaternario, alloraquelli ideali di Fraternanza, Libertà, ElevazioneMorale e Spirituale dell'Umanità che Louis Claude deSaint-Martin e Coloro che a Lui si sono ispirati,hanno tentato,con tutte le loro forze di far penetrarenel mondo, potranno finalmente manifestarsi in tuttala loro originaria e rivoluzionaria potenza. Dobbiamodunque sempre, anche nei momenti più difficili, averebene presente che tutti Noi siamo FRATELLI ed averchiaro il senso interiore ed occulto di tale termine.Dunque questo Convento,il secondo svolto sotto l'e-gida della Fratellanza Martinista Italiana si apre, perquanto mi riguarda, all'insegna della più assoluta ecristallina manifestazione di Fraternità nei confrontidi tutti i Martinisti e di tutti gli Ordini martinisti ivicompresi coloro, o meglio ancora SOPRATUTTOcoloro,perchè più bisognosi di amore fraterno daparte nostra,che continuano a ricercare nella polemi-ca e nella divisione un volano per l'affermazione delleproprie personali e profane aspirazioni.Noi siamodecisi a procedere per la Nostra Strada, Strada che ciè stata indicata chiaramente dai Maestri Passati esiamo fermamente convinti che a certe affermazionisi può rispondere unicamente con il silenzio e con lacompassione perchè è scritto:”Non vi è peggior cieco

di colui che non può vedere e peggior sordo dicolui che non vuole ascoltare”.Ma veniamo altema che è stato prescelto per questoConvento ovvero “ Per una corretta interpre-tazione del Martinismo: Strumenti e metodi

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dell'Associato Incognito”. Io sono convintoche una pianta,per crescere e svilupparsi ade-guatamente deve essere correttamente curatafin dal momento in cui viene inserita nel terreno, per-chè se la pianta viene annaffiata poco o male o nondispone di sufficiente luce essa si svilupperà male, espesso darà luogo ad un albero storto o malato e,fran-camente, nel nostro ambiente di “alberi” storti omalati io ne vedo molti.Del resto è noto a tutti che unedificio non può essere costruito senza l' adeguatacreazione delle indispensabili fondamenta e dunquepossiamo,per analogia, concludere che un Martinistache viene messo nelle condizioni di lavorare adegua-tamente e correttamente nel grado di AssociatoIncognito diventerà, con molta probabilità,un buonMartinista; ma se egli non viene correttamente“impostato” e “plasmato”, essendo materia vergine almomento della sua Associazione, dal proprioIniziatore, costui, inevitabilmente, si porterà sempredietro quelle scorie egoiche, quelle zavorre istintuali,quei fardelli temperamentali che il lavoro in grado diAssociato dovrebbe ridurre per poi eliminare definiti-vamente nei gradi successivi.Ma quale deve essere illavoro dell'Associato ?A questa domanda risponde il Ritale dei Lavori diLoggia in grado di Associato Incognito adottato damolti Ordini Martinisti dopo la riforma degli anni '50operata dal Figlio di Papus: “IL MIO COMPITOE'PURIFICARE LA LUNA”. Si badi che tali Ritualisono stati costruiti in massima parte semplicementeaggiungendo quanto era già presente nei c.d.“Vademecum dei gradi” la cui compilazione è stata asuo tempo effettuata dal Nostro Fondatore Papus ilquale nel primo bollettino dell'Ordre Martiniste ciinforma anche che lo scopo del lavoro in grado diAssociato è quello di procedere ad una corretta edu-cazione del pensiero.Ciò ci porta a concludere che illavoro Associativo martinista deve basarsi essenzial-mente sul fornire strumenti operativi atti a purificare“l'astralità”del nuovo martinista modificando-ne la struttura profonda o nucleo centrale,ovvero “l'Io”in modo da eliminare quelliimpulsi disordinati e coattivi che sono propridell'uomo ordinario o “uomo dei cinque

sensi”.Ciò si compie in primo luogo con l'u-tilizzazione di quell'eccellente strumento diauto-osservazione meditativa costituito dalle

meditazioni di Sedir, strumento che viene messo adisposizione del nuovo martinista addirittura PRIMAdella sua Associazione! Alle meditazioni di Sedirvengono aggiunti,DOPO l'Associazione altri stru-menti di lavoro: le c.d.”Pratiche Accessorie”, ilRituale Giornaliero di Catena e il Rito diPurificazione del Novilunio. Con tali strumenti ilnuovo Associato viene lentamente trasformato da“soggetto passivo” a “soggetto attivo”ed inizia perciòa compiere quel percorso “Operativo” che dovrà poicompletare e perfezionare nei due gradisuccessivi,Iniziato e Superiore Incognito, dato che ilSuperiore Incognito Iniziatore non è, come abbiamoavuto molte volte modo di dire, un grado bensì unaQUALIFICA che nulla aggiunge (ma molto toglie) allavoro individuale del S:::I::: Comprenderete chequalsiasi “Operatività” non può essere svolta senzauna preventiva rettificazione del Pensiero (liberazio-ne del Pensiero dai sensi): in caso contrario si rischie-rebbe di giungere al lavoro Teurgico previsto neigradi successivi con il medesimo “modus pensandi”(e dunque anche “modus agendi”) caratteristico delpiano profano dell'esistenza e ciò, a mio modo di pen-sare, è la principale causa di scissione della persona-lità che con facilità è riscontrabile in molti “esponen-ti” delle Scuole Iniziatiche contemporanee. In parolepovere senza una propedeutica educazionedell'Anima non è possibile agire sullo Spirito.In ter-mini occulti,infatti,Anima e Spirito sono due Articostitutivi assolutamente diversi tra loro e una dellemaggiori confusioni di questi tempi è certo quella diconfondere queste due parti superiori dell'EssereUmano. La antica Dottrina Gnostica dalla Quale,secondo Papus, deriva tutto l'Occultismo Occidentalemoderno, aveva invece ben chiara tale distinzione dalmomento che si distingueva un Individuo “Psichico”

nel quale le forze dell'Anima erano ancoraprevalenti su quelle dello Spirito,da unIndividuo “Pneumatico” nel quale le forzedello Spirito-Io erano pienamente manifesta-te.

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Ma non si diviene Pneumatici per caso:occorre prima dallo stato Ilico, ovvero dalpiano della bruta profanità passare a quelloPsichico per poi finalmente conquistare lo stato diPneumaticità. La parola chiave del lavoro diAssociato (ma che non dovrà mai venire meno anchenei gradi successivi) è dunque AUTO-OSSERVA-ZIONE. Da ciò l'importanza del diario e delle perio-diche relazioni che l'Associato deve sottoporre al pro-prio Iniziatore affinchè egli si possa rendere contodelle difficoltà e dei progressi dei propri “figlioletti”.Val bene ricordare, Carissime Sorelle e CarissimiFratelli, che l'Iniziatore non è una sorta di “Guru”:con tutto il dovuto rispetto e la stima che è doverosonutrire per le Vie Orientali (stima condivisa da Papusche,non a caso nelle Lettere-Patenti e nei Bollettinidell'Ordine inseriva anche il nome della Divinità incaratteri sanscriti) è bene ricordare che il Martinismo,come ogni Via Iniziatica d'Occidente, è una Viasapienziale, auto-realizzativa e gnostico-conoscitiva(queste le parole di Teder, Nostro secondo e comuneGran Maestro) e come tale essa deve agire in funzio-ne di stimolare l'indipendenza e la libertà dell'Iniziatoda ogni possibile “stampella”esteriore o interiore chesia.Val bene anche ricordare sempre che Papus affer-ma a chiare lettere che l'Associazione martinista nonpuò, in linea di massima essere negata a chi la richie-de ma che il grado di Associato dovrebbe, corretta-mente,essere considerato nella realtà come una sortadi “pre-grado”poichè l'Associato non è ancora com-pletamente collegato all'Eggregoro dell'Ordine. Ciòimpone all'Iniziatore una grande prudenza ed unalunga osservazione in termini di tempo dell'Associatoonde non commettere il tragico errore di collegareeggregoricamente un individuo inadeguato ed impre-parato.Perciò io rimango veramente sconcertato nelconstatare che,sopratutto in Italia, esistono struttureche propongono ai loro affiliati delle vere e proprie“carriere veloci”con i risultati che possiamo immagi-nare.Chi davvero vuole bene ai propriAssociati evita accuratamente di danneggiarliconsentendo loro una adeguata sedimentazio-ne ed assimilazione dei metodi di lavoro chegli fornisce.

L'Iniziatore che voglia operare secondo icanoni corretti del Martinismo vi dirà inoltre:“Non assumete il mio pensiero facendolo

vostro in modo passivo (poiché altrimenti esso sareb-be un “pensato” e non un pensiero) ma VERIFICATEINDIVIDUALMENTE tutto ciò che vi dico. BuonIniziatore,dal mio punto di vista, è colui che si limitaa mostrarvi la strada fornendovi il metodo,metodoche ha a sua volta ricevuto da chi è venuto prima,senza aggiungere a tale metodo fantasie fuorvianti oelementi provenienti da dottrine e tradizioni diverseda quelle martiniste, magari si tratta di dottrine o tra-dizioni nobilissime,efficaci quanto quelle martinistema in tal caso, allora, perchè usare il termine MAR-TINISTA per caratterizzare ciò che martinista non èpiù? Il Figlio di Papus, che non finirò mai di benedi-re per avermi Egli, LETTERALMENTE salvato lavita, amava ripetere:”Carissimi,il Martinismo è sem-plice, quasi elementare, potremmo definirlo anchecon il termine di sistema minimale, e non necessita diuna particolare intelligenza, né di genio, nè di creati-vità; tuttavia Esso è un percorso in sé completo cherichiede UNICAMENTE TRE COSE: VOLONTA',CUORE,DISCERNIMENTO”. Seguendo tali sempli-ci regole io ho conservato per il Martinismo, lo stes-so amore e la stessa passione che ho provato nelmomento del mio incontro con Esso, avvenuto ben 36anni fa: il mio augurio è che ciò possa avvenire ancheper voi.Con il Mio Q:::F:::A::

APIS - S:::I:::G:::I:::ORDINE MARTINISTA EGIZIO

ISIACO OSIRIDEOSovrano Gran Maestro

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Appunti

ARTURUS - S:::I:::I:::ORDINE MARTINISTA

Sovrano Gran Maestro

Dico alle Sorelle ed ai Fratelli: Pace, Salute e

Serenità.Sono rimasto indeciso per parecchio tempo su cosapreparare per questo Convento; in prima istanzaper le possibili differenze formative ed organizzati-ve che caratterizzano le diverse strutture presentied aderenti alla Fratellanza e poi, perchè essendosolamente “primo tra pari” nell’Ordine Martinistache rappresento, devo inevitabilmente essere pru-dente con le mie esternazioni, dal momento che,tra noi, sono i Filosofi Incogniti di ogni nostraCollina, i “proprietari” dei loro Gruppi fino allaloro morte od alla personale rinuncia. Quindi sonoanche gli indiscussi applicatori del nostro metodocon i propri figlioletti, verso i quali esercitano un’e-sclusiva ed insindacabile scelta di modalità comu-nicativa e relazionale, in funzione delle diverse par-ticolarità dei singoli. Per tale motivo, non devo,non posso, non voglio, intromettermi nel loro ope-rato formativo (se non in caso di violazioni delmetodo prescritto e/o dello statuto), ma bensì devocercare, con molta discrezione, di limitarmi ad aiu-tare ed a rafforzare ciò che viene già insegnato. E’sempre stata una convinta scelta, soprattutto di chimi ha preceduto, sin dal 1923 (ma inevitabilmenteanche prima), divenuta ormai un’istintiva consue-tudine che, in quest’occasione, estendo rispettosa-mente, anche ai fratelli di altre strutture.Mi limiterò, conseguentemente, ad osserva-re con leggerezza gli strumenti formativi acui sono abituato. Immagino, quindi, che mi

scuserete se la necessaria sintesi espositiva,potrà portare ad una dissertazione moltosemplice e quindi per alcuni passaggi, ine-

vitabilmente grossolana.Nei confronti di un Associato Incognito, abbiamol’abitudine di presentarci, prima di entrare nelmerito degli atti costitutivi di Papus e degli altristraordinari fondatori del 1891, come un OrdineMartinista che trae la sua filiazione iniziatica e l’i-spirazione filosofica da Louis Claude de SaintMartin, tenendo conto della trasmissione, degliinsegnamenti a lui rivolti da Martines de Pasquallye delle illuminanti ispirazioni influenzate dalle dot-trine, dalle “visioni”, di Jacob Bohme. Tutto ciòcon lo scopo di consentire ad ognuno di riuscire adoperare su sé stesso, al fine di reintegrarsi in quellefacoltà ed in quegli stati di coscienza che sono pro-pri d’ogni cammino iniziatico, indirizzato alla rige-nerazione spirituale, alla reintegrazione personaleed universale nella Sorgente Divina.

Si può comprendere facilmente che con una similepremessa, sollecitiamo qualsiasi uomo/donna di“desiderio” che ci abbia incontrato, a concederciun preventivo atto di fiducia (che però non dovràdurare per troppo tempo, evitando così il rischio diadagiarsi in una condizione “comodamente passi-va”), soprattutto quando poi lo invitiamo a leggeregli scritti di questi personaggi.Penso che sia nella consapevolezza di tutti averscoperto facilmente che un Associato, come qual-siasi uomo comune, con lo sguardo quasi comple-tamente rivolto verso l’esterno, ben difficilmentepotrebbe fare altro, di fronte alle visioni di coloroche, al contrario, le hanno tratte guardando verso lapersonale più profonda e luminosa interiorità.Fino a quando non si avrà trasformato il propriopunto di vista, conseguente al progressivo muta-

mento della personalità, non si potrà farediversamente, in quanto i riscontri concreti,“dentro e fuori sé stessi”, che sollecitiamocomunque di osservare sin dai primi istanti

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dopo l’accoglimento, saranno difficilioppure solo prematuri.Similmente, accadrà nell’occasione di ten-tare di trasmettere i primi insegnamenti riguardantisimboli come il Trilume, la situazione dei Lumisopra ai colori, la maschera ed il Mantello, unita-mente all’illustrazione di un’esistenza egregorica,particolare, esclusiva, di cui si fa parte, sin dalmomento dell’Iniziazione ed a cui si suggerisce dirivolgersi, con le chiavi d’accesso rappresentatetramite il segno, il gesto ritmato nel contatto, laconcentrazione mentale ed altro, per provocare edottenere i primi riscontri concreti, in alternativaall’atto di fede iniziale.

Poiché molti ricercatori che ci hanno preceduto neisecoli, con finalità convergenti alle nostre, hannolasciato scritti ed indicazioni di ogni tipo, la mate-ria d’istruzione culturale che fa capo al Martinismoinveste, ad esempio, secondo i fondamenti delNostro Venerabile Ordine, tre settori principali:1) Il simbolismo e il misticismo ebreo-cristiano;2) L’ascesi gnostica con particolare riguardo allateoria ellenica dell’eterno ritorno;3) Le teorie e le pratiche ermetico-kabbalistiche.

Per affrontare con probabilità di successo dottrinedel genere è necessario possedere una base cultu-rale che abbracci (almeno genericamente) cono-scenze linguistiche, storico filosofiche, astronomi-che e astrologiche, matematiche, geografiche, arti-stiche, metafisiche e misteriosofiche, che consentaallo studioso di orientarsi in una materia natural-mente ostica e quasi sempre oscura, e che facil-mente si presta, a causa del suo poliedrico simbo-lismo, e dei numerosissimi testi, spesso in contrad-dizione, a molteplici interpretazioni.Lo studio deve quindi essere affrontato con pazien-za e diligenza e per settori. Ogni martinistadovrà interessarsi – a scanso di nocive con-fusioni – della materia assegnata al gradoda lui rivestito nell’Ordine, appoggiandosi

al suo Iniziatore che gli sarà largo delleindicazioni necessarie. Egli non develasciarsi vincere dalla tentazione di affron-

tare – senza la necessaria preparazione – argo-menti e testi che possono indirizzare verso la con-troiniziazione, o far dirottare la sua attenzione suproblemi e dottrine, spesso antitradizionali, che colMartinismo nulla hanno a che fare. Ovviamentequesti suggerimenti non significano ch’egli nonpossa, se n’è in grado, leggere o tentare d’appren-dere anche materia che esula dai tre settori indica-ti (ma che analogicamente rientra in essi perché laTradizione è Una) tenendo però presente che il suostudio e il metodo di studio è quello indicatodall’Ordine.Tutto ciò può rivelarsi molto impegnativo, sipotrebbe pensare non alla portata di tutti e poi,secondo il mio punto di vista, abbastanza inutile senon si tiene conto che, di solito, in un percorsoTradizionale, di una qualsiasi scuola, in qualunqueparte del mondo, si suggerisce, da sempre, di anda-re ben oltre al semplice studio teorico e quindi ditentare di praticare (quindi sperimentare, esercitar-si, mettere in essere) diverse tecniche, varie disci-pline, ovviamente, supportate per lo più da principifilosofici e/o religiosi, tipici di ogni particolaredocetica, apparentemente diversi ma per lo più ana-loghi e convergenti.Credo che però almeno tre suggerimenti “tecnici”siano per tutti essenzialmente ineludibili, quindianche nell’ambito martinista.Si tratta (non solo per gli Associati) di essere ingrado di mettere in pratica, in questa rigida sequen-za formativa e temporale: la concentrazione, lameditazione, la contemplazione.Non mi dilungherò in dissertazioni particolari. I vademecum suggeriscono esercizi semplici, mamolto efficaci, tramite i quali si può verificare subi-

to che non si è affatto allenati, ma anchecome si può iniziare a migliorare. Ad ognimodo, per intuire cosa possa essere la con-centrazione, oltre alla consueta definizione,

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mi limiterò a suggerire, ad esempio, diinterrogarsi sulla definizione centrale delcuore, sulla sua “intelligenza autonoma”,sulla via cardiaca che introdurrebbe a piani diversida quello materiale; quindi sull’etimologia dellaparola concentrare: derivazione di centro, dal latinocentrum, centro: nocciolo, fulcro, succo, cuore,essenza, sostanza, e questo dal greco κέντρον ossiaanalogicamente: aculeo, punta di compasso, “pun-golo”.Conseguentemente questo nostro obiettivo (con-centrazione) sarà raggiunto più efficacemente se lavolontà di farlo, sorgerà anche dal desiderio di uncuore “puro”, anziché solo dalla mente.In merito alla meditazione, il primo riferimentoesplicito che sia giunto fino a noi, è indicato con iltermine sanscrito dhyāna (ध्यान) e non va confusocon la concentrazione e la contemplazione (sipotrebbe dire grossolanamente che è nel mezzo). Sitratta, in generale, di una pratica che si utilizza perraggiungere una maggiore padronanza delle attivi-tà della mente, in modo che essa smetta il suo usua-le, “rumoroso” chiacchierio di sottofondo e diven-ga assolutamente acquietata, pacifica, silenziosa,“consapevole senza pensieri”, senza limiti nel diri-gersi ove sarà necessario. Ovviamente, non credo che sia realizzabile, seprima non si è padroni delle tecniche di concentra-zione.Tramite i suggerimenti di quattordici argomentistrutturati, o meglio dei pensieri seme, desunti dallepubblicazioni del Sedir, l’Associato (ma non sololui) ha la possibilità di rivivere, sino a dove lo assi-ste la memoria, all’interno di una sequenza operati-va, temporale, predefinita organizzativamente daicicli lunari, le situazioni che gli hanno provocatoforti emozioni (piacevoli o spiacevoli) e quindid’interrogarsi come uno spettatore che osserva mache non esprime giudizi, che non trova giu-stificazioni, sul perché degli avvenimenti,delle personali passioni, delle reazioni emo-tive, ecc. in cui è stato protagonista attivo o

passivo.Passo dopo passo, se il desiderio di cono-scenza continuerà ad essere supportato

dalla volontà, le sfaccettature della personalità ver-ranno disvelate e se lo si sceglierà, anche mutate.Magari, non è escluso anche qualche intervento deiMaestri egregorici che potranno ritenere opportunofar provare dal vivo, “stretti all’angolo”, se le scel-te dichiarate a se stessi erano solo buone intenzionimescolate a “buonismo”, o cambiamenti definitivi.Contemporaneamente, per tale motivo, favorirannola comprensione (per coloro che saranno disponibi-li ad arrendersi sinceramente alla coscienza) dellenaturali predisposizioni a commettere purtroppocontinuamente errori, non di rado favoriti, stimola-ti, dalla cupidità delle personali passioni. Infatti, sipotrebbe giungere alla conclusione che faccia partedel nostro modo di apprendere, allorchè il persona-le patrimonio intellettivo, magari anche scarso diinformazioni necessarie, rispetto ciò che si deveaffrontare in determinati frangenti, non riesca asupportarci.Da ciò, la convinzione comune che una personasaggia non sia quella che fa meno errori, ma bensìquella che impara di più dagli errori. Va da sériuscire conseguentemente a comprendere la dram-maticità di una situazione in cui si persista a com-mettere errori senza imparare nulla, continuamentecondizionati da emozioni ed emotività incontrolla-te. Errare, anche se apparrebbe in qualche modoinevitabile, è ovviamente una modalità rischiosa,perché ha comunque sempre dei costi. Non di radoanche molto elevati.La correzione di un errore, però, non esclude oriduce automaticamente il suo costo (non è semprechiaro a coloro che sono coinvolti, chi paga e/o inquanti si dovrebbe pagare); anzi, in qualche casopotrebbe addirittura aumentare (per lo meno si

avrebbe un costo sicuramente personale).Per tale motivo (quello di non voler pagarei costi), possiamo assistere al fenomenodelle persone che diventano cieche davanti

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ai propri errori, ma mai mute per gli errorialtrui.Suppongo sia opportuno rendersi conto che,in generale, un errore è sempre perdonabile, rara-mente scusabile e comunque sempre inaccettabile.I Maestri egregorici aiuteranno sicuramente a farintuire, prima o poi, che esistono delle regole, vale-voli su più piani della creazione e conseguente-mente, che la loro violazione implica un’applica-zione di giustizia.Non a caso, tutte le scuole Tradizionali (anchequelle religiose), ne parlano da quando esiste l’uo-mo, in ogni luogo.Certamente, è sempre contemplata anche la possi-bilità di rimediare, ma esiste un giusto costo, lega-to all’atto, all’azione, al compito riparatorio(comunque obbligatorio) per auspicare una conse-guenza “salvifica”, in funzione di tali regole.Ottemperando correttamente e sinceramente a tuttociò (magari con un atteggiamento che si sposti dauna condizione prevalentemente egoistica ad unaprogressivamente sempre più amorevole), sembre-rebbe che non sia esclusa anche la possibilità di unintervento diretto della Caritas divina, indirizzato amitigare la durezza dell’onere da sopportare; que-sta, come quella riguardante la giustizia, è una delleipotesi che ognuno potrà verificare concretamentenella personale esperienza di vita ed auspicabil-mente, trarne le opportune conseguenze.Così, settore per settore, avvenimento dopo avveni-mento, ricordato, osservato, analizzato, il silenziointeriore derivato dalla progressiva conoscenza dise stessi, conquisterà sempre più spazio e la consa-pevolezza complessiva dello stato dell’essere, ten-derà a trascendere le normali percezioni spazio-temporali, in una sorta di condizione di tempo pre-sente, dilatato simultaneamente nel passato e nelfuturo, ma concentrato in un istante.In tal modo, il SE’ ormai emerso, potràriequilibrare, un poco alla volta, i rapporticon l’IO.La contemplazione (per lo più conseguente

alla meditazione), di solito indica il fissarelo sguardo e soprattutto il pensiero su qual-cosa che suscita ammirazione, stupore,

meraviglia. Quindi, anche osservare qualche cosadi straordinario in uno spazio circoscritto, come, adesempio accadeva per il templum latino, ovvero lospazio consacrato, magari tracciato in aria dall'au-gure, con uno speciale bastone, il lituo, con il qualeveniva ricavata una porzione sacra di cielo.Questa (la contemplazione di ciò che si osservanell’interiorità ed ovviamente per chi ci riesce) èuna pratica di esplorazione che oserei definire pro-pedeutica per ciò che attende il martinista, allorchèscelga di camminare oltre alla preparazioned’Associato, in modo da inserirsi nel percorso sem-pre più attivo ed operativo dell’Iniziato. Ricapitolando, il suggerimento per un Associato,potrebbe essere quello di: rivolgere lo sguardoverso la propria interiorità, raccogliendo tutte leenergie, individuando la via centrale, tramite cuistimolare l’accesso alla dimensione dell’anima,dello spirito; quindi procedere con l’azione media-na di meditazione che consente di acquietare pro-gressivamente la mente, tramite la scoperta e laconoscenza di se stessi e la purificazione progressi-va della personale essenza. Infine, mantenere perquanto si riesce, la contemplazione di dove si èriusciti a giungere e di cosa si può percepire (nuovaconoscenza).Tutto ciò immagino possa risultare interessante,intrigante…. ma giusto per non essere frainteso ….non pensiamo neanche per un istante che sia facileda conseguire…. e soprattutto se non lo si desideraveramente.

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Sovrano Gran Maestro

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La magia del Verbo

HORPHEUS - S:::I:::I:::ORDINE MARTINISTA MEDITERRANEO

Sovrano Gran Maestro

Il primo versetto del vangelo di Giovanni ci dà la

definizione di Verbo nei seguenti termini: “In princi-pio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbostesso era Dio. Questi era in principio presso Dio.Tutto per di Lui fu fatto”.

Sorgono spontanee due domande:1) Qual’è il concetto di Dio prima del Verbo? 2) Qual’è il concetto di Dio dopo il Verbo?

Il catechismo cristiano-cattolico definisce Dio:“L’Essere Perfettissimo, Creatore, Signore del cieloe della terra”. Questa definizione, però, ci dà l’immagine di Dio nonpiù unico nella sua assoluta perfezione ma sotto il tri-plice aspetto di: 1) Perfettissimo, immobile non ancora manifestato.2) Creatore, manifestato nella sua stessa natura dicreatore.3) Signore del Cielo e della Terra, operante nellacreazione.

Questo “Principio”, che ritroviamo nel Bereshit(Genesi), è il “Verbo” (Logos) o “Parola”, primomovimento della Volontà Divina e, come tale, fonda-mento su cui poggia l’intera struttura della Creazione.Il Verbo è dunque l’espansione della “DivinaCoscienza” causa prima di tutto ciò che é.(Voglio ricordare che questa teoria la ritrovia-mo concettualmente uguale, anche se diversanella termologia, in tutte le altre grandi

Tradizioni: dall’antico Egitto all’Induismo,dai miti della Grecia classica al Celtismo.)

LA VIBRAZIONE PRIMARIA

Kant dice: “Quando io penso al pensato del pensa-bile, finisce di essere tale perché diventa pensieropensante”.

Tutto ciò che è “Pensabile” rimane immobile in Ain-Soph; ma nel momento in cui questo EssereIndifferenziato “pensa”, la sua “Unicità” diventa“Molteplicità” tendente verso l’esterno di Se diffe-renziando, sempre più, il “Pensabile” dal “Pensato”e dal “Pensiero Pensante”.Il rapporto che passa tra il Verbo e l’idea del“Pensabile”, nella Genesi (Bereshit), si riduce, dun-que, ad un movimento e, di conseguenza”, a unavibrazione che a differenti livelli ritmici- ondulatoridà origine a tutto ciò che é manifestato.L’energia vitale ed evolutiva, (“Kundalini” per gliInduisti; “Pneuma-Agion” per gli Gnostici; “Rua-Eloim” per i Kabalisti; “Spirito Santo” per iCristiani), altri non è, che il primo movimento pen-sante dell’Ain-Soph, la sua prima emanazione, chedetermina, attraverso “Keter” (Corona d’eternità), ilpassaggio dall’Unicità alla Molteplicità e quindi dallaperfezione assoluta del tutto non ancora manifestato,all’imperfezione della creazione manifestata

La Trinità Sonora

E’ bene ricordare che le frequenze sonore sono ilrisultato della periodicità ritmica-ondulatoria di unavibrazione in rapporto con l’aria. Da ciò, si potrebbe pensare alla Creazione come ilrisultato di una serie di frequenze ritmiche-ondulato-rie, forse calcolabili.In fisica acustica un suono contiene, oltre alla fre-

quenza ritmica-ondulatoria di sè stesso, igermi di altre due frequenze perfettamenteconsonanti fra loro. Tali frequenze si propa-gano per intervalli di terza. Cosa vuol dire?Iniziando da un suono qualsiasi, che per con-

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venzione chiameremo LA, avremo comerisultato la frequenza DO come primo inter-vallo di terza (La, Si, Do) e la frequenza MIcome secondo intervallo di terza (Do, Re, Mi).Considerando che la vibrazione sul piano del“Pensabile” è l’aspetto iniziale di un suono unico(non ancora scisso), per deduzione, il primo movi-mento emanato da questo suono (Aum, origine di tuttii Mantram preposti alla Creazione) è il primo passoverso la manifestazione, di conseguenza la vibrazio-ne successiva sarà il “Pensabile” in movimento cioè,il “Pensato”.La vibrazione del “Pensato”, pur essendo un’immagi-ne simile a quella del “Pensabile”, rispecchia laCreazione nella sua forma sovrasensibile percepibilesoltanto dall’armonia delle sfere interiori che ci fannovisualizzare l’idea nella sostanza ma non nella forma.La terza vibrazione ci fa percepire, sia nella forma sianella sostanza, tutto ciò che ricade nella sfera dei cin-que sensi. Questa terza vibrazione-suono, procedentedal suono unico iniziale filtrato attraverso il secondosuono, mette in relazione ritmica-ondulatoria unaquantità pressoché infinita di frequenze facendo inte-ragire il piano del “Pensabile” con quello del“Pensato” dando origine alla manifestazione sensibi-le o “Pensiero Pensante”.Il suono, dunque, si manifesta uno nella sostanza e

trino nella forma. E’ il Verbo nelle seguenti formevibratorie:1) La sua prima forma vibratoria (AUM) è immobilenel mondo del “Pensabile”.2) La sua seconda forma vibratoria, (OM), costruisceil mondo sovrasensibile del “Pensato”; emanazionedell’Uno sotto forma di idea della sostanza.3) La sua terza forma vibratoria, ( MANTRAM),costituisce il mondo della forma materiale.

Questa è la triplice natura del Verbo di Dio; dal tuttoindiviso all’idea del diviso fino alla materializzazionedell’idea. Non bisogna, però, commettere l’errore dipensare che questi diversi aspetti vibratorisiano tre momenti separati. Tutto partedall’Uno e tutto è sostanza dell’Uno.

Prima di diventare forma materiale, il tutto èsempre esistito in Ain-Soph e continuerà adesistere. Tutto ciò che rientra nella nostra

percezione sensoriale è manifestazione dell’idea divi-na. Nell’idea originaria esistono già la forma e la sostan-za, la loro separazione é soltanto convenzionale eserve a seguire la logica della ragione che, come si sa,pur non essendo perfetta ci consente di filosofareall’interno dei diversi livelli spirituali.Il Verbo, nella sua continuità vibratoria, é allo stessotempo causa ed effetto di tutta la realtà che ci circon-da. Egli assegna a ogni cosa la giusta frequenza che,unita alla parola, imprime la sostanza alla cosa stessa.I diversi ritmi ondulatori, in un mutuo rapporto frasuono reale e articolazione dell’alfabeto, creano unarelatività indissolubile tra la forma, la sostanza e ilsuono a essi assegnato.

I NUMERI ED IL SUONO

Abbiamo visto, come dal suono unico, che racchiudein se la gamma infinita di frequenze creatrici, parta laprima vibrazione. Questo primo suono diventa causaemanate di altri due suoni (i primi due aspetti dellacreazione) che, a loro volta, diventeranno concauseper l’emanazione di suoni successivi (i diversi aspet-ti della creazione).Facciamo un esempio di aritmosofia. Partendo dalsuono iniziale 1, si arriva al suono 3 ed al 5. Il suono 3, prima emanazione, diventa concausa delsuono 1 dando origine al suono 5 e 7. Il suono 5, concausa dell’1e del 3, da origine al 7 e al9. Seguendo la logica di tale funzione, la sequenza dellevibrazioni successive rimarrà inalterata.Il suono 7 origina il 9 e l’11. Il suono 9 origina l’11 ed il 13. Il suono 11, origina il 13 ed il 15.

Si otterranno così otto vibrazioni, procedentiper intervalli di terza, con questa sequenza: 1,3, 5, 7, 9, 11, 13, 15. Se assegneremo al n° 1 la nota La come toni-ca (causa prima) della sequenza, avremo

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come risultato queste otto note: La, Do, Mi,Sol, Si, Re, Fa, La. Se avviciniamo le singolefrequenze di ognuna di queste note, otterremouna scala tonale diatonica (procedente per singolitoni): La, Si, Do, Re, Mi, Fa, Sol, La. In pratica, se isuoni 1, 3, 5, 7, appartengono all’ottava n°1, perdeduzione, i suoni 9, 11, 13, 15 rientrano nell’ottavan°2. Come si fa a rientrare il tutto in una sola ottava? Quidobbiamo necessariamente servirci dell’Aritmosofia(scienza esoterica dei numeri).Consideriamo il n°2, che rappresenta la seconda otta-va, come l’elemento costante che aggiunto ai singoliintervalli a essa appartenenti e cioè: 9, 11, 13, 15.9 + 2 = 11 = 1 + 1 = 2 (seconda nota della 1^ ottava)11 + 2 = 13 = 1 + 3 = 4 (quarta nota della 1^ ottava)13 + 2 = 15 = 1 + 5 = 6 (sesta nota della 1^ ottava)15 + 2 = 17 = 1 + 7 = 8 (ottava nota della 1^ ottava)

Il risultato di questo secondo gruppo numerico inte-grato con il primo dà origine alla scala diatonica ecioè: 1(La), 2(Si), 3(Do), 4(Re), 5(Mi), 6(Fa), 7(Sol),8(La).

LE SEPHIROT SONORE

Ogni singolo suono ottenuto, diverrà la tonica(Causa) che partorirà, sempre a intervalli di terza,altri due suoni, e così all’infinito.L’Aum, che è il suono indifferenziato prerogativadell’Ain-Soph, attraversando Keter dà origine allaprima differenziazione.Questo primo suono, che per convenzione chiamere-

mo La, lo assegneremo a Metatron Serpanium“Fattore” intelligente del primo Coro Angelico, cioègli Haioth Hakodesc (Serafini), procedente da Keter(Keteriel).Gli otto suoni emanati dal “Fattore” intelligente alquale abbiamo dato per convenzione la nota LA, pro-cedendo sempre ad intervalli di terza (Do, Mi,Sol, Si, Re, Fa, La, Do), verranno assegnaticome suoni puri agli otto Haioth Hakodesh(Serafini).

I suoni articolati delle singole lettere deinomi angelici, fondendosi con il suono puroa essi assegnato, eseguono, in consonanza, la

sinfonia creatrice tipica del ruolo di questo primoCoro Angelico (Serafini).Tale procedimento vale, ugualmente, per i rimanentiotto Cori Angelici emanati da ogni singola Sephira,così che:Hokmah con il suo “Fattore” Jophiel-Ratziel prendela vibrazione DO, ultima nota degli HaiothHakodesc. Da qui nasceranno gli Ophanim(Cherubini) con i propri singoli suoni puri (Mi, Sol,Si, Re, Fa, La, Do, Mi).Binah, terza sephira, ha il suo “Fattore” Zaphkiel cheprende la vibrazione Mi dall’ottavo Ophanim. Da quinasceranno gli Aralim (Troni) che prenderanno i sin-goli suoni puri (Sol, Si, Re, Fa, La, Do, Mi, Sol).Questo principio si ripete per ogni singola Sephirah,la quale, attraverso il suo “Fattore” intelligente, allatesta del proprio Coro Angelico, riceve dal suono ori-ginario la facoltà di operare in seno al movimentovibratorio strettamente legato alla propria sinfoniacreatrice.

La musica, concepita spiritualmente è un veicolo pri-vilegiato che conduce l’uomo di desiderio all’espan-sione graduale della propria coscienza.Essa è una serie infinita di cause e concause vibrato-rie che danno origine alla creazione.Attraverso vie di risonanza (Cineroth) mantiene sem-pre attivo il principio vibratorio dell’Aum originario,fino all’integrazione dell’uomo all’interno del qualegiace come vibrazione Divina. E’ l’energia vitale (Kundalini) assopita, pronta a esse-re risvegliata per consentire all’uomo l’auto-realizza-zione del se attraverso il processo di reintegrazioneche è l’unico scopo dell’esistenza.

Cornelio Agrippa dice: “L’armonia musicale non èorbata dei doni siderali, poiché è una poten-tissima imitatrice di tutte le cose. Seguendoopportunamente i corpi celesti, provoca miri-ficamente il celeste influsso agendo, sullepassioni, gli atteggiamenti, i gesti, i movi-

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menti, le azioni e i costumi e disponendo l’a-nima secondo le sue proprietà, gioia o tri-stezza, audacia o tranquillità e simili”.Agrippa, quando parla dell’armonia e dei doni sidera-li, si riferisce non soltanto ai suoni emessi dai corpicelesti ma soprattutto alle sfere interiori dell’uomoche sono in stretta consonanza con la musica dellesfere celesti. Queste sfere interiori, Centri di Coscienza, Chakra oSefirot, sono veri e propri plessi energetici psico-fisi-ci disposti su livelli diversi all’interno della più pro-fonda spiritualità dell’uomo, sono l’interfacciamicrocosmica dell’armonia delle sfere siderali a cuicorrispondono e dove l’Aum è la primaria vibrazionesu cui poggia il concetto metafisico del Verbo.

Dice Curt Sachs (storico e musicologo fra i più accre-ditati): l’evento psicologico musicale interviene,nella sua espressione sociale, attraverso una fasemagica e soprannaturale, fra ritmo e suono, chesono i veicoli che consentono all’uomo di evolversispiritualmente.

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Sovrano Gran Maestro

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Per un corretto accesso

dell’associato alla via iniziatica

HORUS ALEPH - S:::I:::I:::ORDINE MARTINISTA SPARTACUS

Sovrano Gran Maestro

Il tema del Convento imporrebbe una trattazione

sulle pratiche proprie dell’Associato martinista, tipo“rito giornaliero”, “meditazione dei ventotto gior-ni”, “rito di purificazione del novilunio”, ecc., mapoiché su questo tema gli interventi non mancheran-no, affronterò una diversa problematica, comunqueinerente all’oggetto, precisamente il tema della for-mazione della personalità iniziatica del neofita cheinizia il suo viaggio verso la dimensione del “subli-me”.Partirò dalla constatazione che il Martinismo, in par-ticolar modo quello italiano, è connotato da lacera-zioni interne, scissioni a catena e “veleni” che nondovrebbero esservi là dove <<si innalzano templialle virtù e si scavano oscure e profonde prigioni alvizio>>, secondo una nota espressione in gergo.Possiamo attribuire questo fenomeno a cause esterne,ad esempio chiamando in causa la qualità dei tempiattuali, certamente oscuri, nei quali assistiamo alladesacralizzazione in grande e ai suoi contraccolpi(ateismo da un lato, fanatismo dall’altro) e all’ince-dere della civiltà di massa, che non porta Luce almondo, ma la peggiore forma di promiscuità, e potreicontinuare sulla illustrazione della interminabile listadei morbi del nostro tempo, ma alla fine direi cosescontate che tutti noi ben conosciamo.Ma senza scomodare il Kali Yuga e l’oscuramentodella Tradizione in atto, credo che sia più utiletrattare della principale causa interna produtti-va dei mali che affliggono il Martinismo e cheoggi è comune ad ogni istituzione iniziatica:almeno questo possiamo dirlo anche se non ci

dà conforto.Sto parlando della “inesistente” formazionepreventiva della personalità iniziatica, inten-

dendo col termine “personalità” il complesso di atteg-giamenti interiori ed esteriori che siamo soliti defini-re “carattere”, “temperamento”, “indole”, “formamentis” ecc.Orbene, nella pratica accade che al neofita che vieneaccolto nel Tempio si danno subito quaderni e istru-zioni operative e lo si immette in un percorso che cer-tamente lo porterà negli anni naturalmente all’acqui-sizione di conoscenze ed esperienze e alla crescita delgrado. Ma questo percorso, da solo, senza una tra-smutazione della propria personalità condurrà al veroadeptato? Uno strumento musicale prima dell’usodev’essere accordato se no emetterà suoni stonati : lapersona dell’iniziato, prima che esso inizi il suo viag-gio verso “interiora terrae” non deve essere “accorda-ta” ? In altre parole, basteranno i riti periodici, le catene, icontatti e tutto ciò che noi definiamo “operatività” perfare di un individuo un santo ? Francamente lo escludo. E questo è il punto. La provadell’insuccesso iniziatico della maggior parte di noi èdavanti agli occhi di tutti e ci addolora constatarecome i massimi guai vengano da martinisti “stagio-nati”, ossia da individui in alba bianca, avanti neglianni, i quali avrebbero dovuto raggiungere quantomeno la saggezza e la virtù, se non la “reintegrazio-ne”.Se questo è il quadro desolante, allora qual è il rime-dio ?C’è un rimedio ?Francamente non lo so, ma di certo se qualcosa sideve fare, va fatto all’inizio del percorso iniziatico,dunque prima ancora che il neofita entri nel Tempio oquando è appena entrato. Ed è dunque nel grado diassociato che si dovrebbe procedere ad una destruttu-razione dell’IO e alla sua ricostruzione : questo, pre-

cisamente è il senso della palingenesi iniziati-ca.Si dirà che compiti del genere sono riservati ai professionisti della psiche e che un comuneiniziatore non è uno psicanalista, e ciò forse

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è vero.Ma all’interno dei templi antichi l’iniziazionefunzionò, prescindendo da Freud e Jung, sem-plicemente perché il neofita venne formato nellarinunzia, nella privazione, nella fatica, nella paura enel dolore, e inoltre perché nell’iniziazione si tra-smetteva una “forza” sottile e un deposito spiritualeche oggi è impossibile conferire, in un ambiente satu-ro di veleni.Ma allora cosa vi è da fare ? La risposta è che, per incominciare, dovremmo primadi tutto formare i formatori, se mai ciò sia possibile,e in ogni caso dovremmo concentrare i nostri sforzinella guida ad una sistematica spoliazione dell’asso-ciato di tutti i suoi “metalli”, in un lungo e impegna-tivo iter formativo, prima di dargli i rituali.Se esiste un modello di riferimento per l’attuazione diun programma tanto impegnativo e difficile, inOccidente dobbiamo cercarlo nelle Religioni deiMisteri antichi e nel Pitagorismo, da cui derivano leattuali forme di iniziazione.Ma soprattutto possono tornarci utili in tale direzionegli scritti di Platone (Atene V° e IV° secolo A.C.), aiquali ho dedicato negli ultimi tempi un attento studio,scoprendovi perle sparse.Tutta l’opera di Platone può essere letta come unaguida all’iniziazione: basterà sostituire al termine“filosofo” quello di “Iniziato” e al termine “polis”(la città) quello di “Loggia”.Negli atenei si discute sulle dottrine non scritte diPlatone; ma io sostengo che nelle sue opere Platone,che fu iniziato all’Orfismo e frequentò assiduamentei pitagorici, ha rivelato diverse conoscenze iniziatiche(tranne i rituali) facendolo in modo molto accorto.Esso, infatti, si esprime solo per cenni e distribuiscetali conoscenze in modo assai frammentario, spesso“fuori posto”, fermo restando che l’Accademia daesso fondata, e che durò quasi mille anni, fu una verae propria nuova scuola pitagorica, caratterizzata da unesoterismo endoaccademico.Per non dilungarmi sui miei studi, allego lastampa delle slide preparate per un ciclo diconferenze da me tenute sull’argomento.Per rendere gradevole ed efficace l’esposizio-

ne dei concetti ho utilizzato gli ArcaniMaggiori dei Tarocchi.Mi rendo conto che può apparire assurdo

spiegare Platone per mezzo dei tarocchi, ma sin quiquesta forma di esposizione ha incontrato i consensidi ogni auditorio, e ciò mi spinge a continuare contale suggestiva illustrazione. Dunque buona lettura.

DISCIPLINA DEL SILENZIO

Le DOTTRINE “NON SCRITTE” DI PLATONE

<<Questo, però, posso dire ……….Su queste cosenon c’è un mio scritto, né ci sarà mai.<<Se invece credessi che si debba scriverle e divul-garle in modo adeguato, che cosa avrei potuto farenella mia vita di più bello che mettere per iscritto unadottrina a tal punto utile agli uomini e portare allaluce per tutti la natura delle cose ??>>(Lettera VII^, 341 C, 1820)

<<Dato che non è possibile che una cosa scritta nonabbia divulgazione, la migliore garanzia contro que-sto rischio resta quella di non affidare nulla allascrittura, ma allo studio mnemonico.Ecco il motivo per cui io non ho mai scritto su taliargomenti, né c’è e neppure ci sarà alcuna operascritta di Platone intorno a essi; quello che ora gli siattribuisce sono i pensieri di Socrate quando erabello e giovane>>. (Lettera 2^, 314 B-C, 1799)

IL SILENZIO ANNUNZIATO

<<…. il fattore e il padre di questo universo, è moltodifficile trovarlo e, trovatolo, è impossibile parlarnea tutti>> (Timeo, 28 C, 1361)<<poi, se uno volesse esporre minutamente tuttoquanto, essendo (ciò) argomento collaterale ci com-porterebbe più lavoro che non quello a motivo del

quale viene fatto. Ma su questo forse si potràfare una degna esposizione, avendo tempo adisposizione più tardi>>(Timeo, 38 D-E, 1367)<<Del principio di tutte le cose …. non biso-

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gna ora parlarne … perché con il presentemetodo di indagine è difficile esporre lenostre convinzioni. Pertanto non crediate che io debba dirvelo…>>(Timeo, 48 C, 1375)<<Quanto poi alle danze di questi astri, ai loroincontri reciproci e ai percorrimenti dei loro cerchi,… i calcoli mandino paure i segni delle cose che inseguito dovranno accadere : ebbene, il discorrere diqueste cose senza avere sotto gli occhi immagini diesse, sarebbe una vana fatica>> (Timeo, 40 C, 1369)

SEGRETI RIVELATI IN MODO CRIPTICO

<<Ma essendovi ancora una quinta combinazione, ilDio si servì di essa per decorare il mondo>>(Timeo, 55 C, 1381)

REGOLE DI “PRUDENZA INIZIATICA

<<Volgi gli occhi intorno e guarda bene che non cistia ascoltando qualcuno che non è iniziato>>(Teeteto)

“CONFESSIONE” ……. DI PLATONE

<<E si dà il caso che non siano uomini da poco colo-ro che istituirono i misteri : e in verità già dai tempiantichi ci hanno rivelato per enigmi che colui chearriva all’Ade senza essersi iniziato ai misteri esenza essersi purificato giacerà in mezzo al fango;invece colui che è iniziato e si è purificato giungendocolà abiterà con gli dei. Infatti gli interpreti deimisteri dicono che i portatori di tirso sono molti ma ibacchi sono pochi. E costoro io penso non sono senon coloro che praticano la filosofia. E io per esse-re tra questi……>> (Fedone, 68 C, 80)

LA RIVELAZIONE DI ARISTOTELE:

<<filosofia è sinonimo di iniziazione>>

<<… l’intuizione … la quale lampeggiaattraverso l’anima come un fulmine, permisein un certo tempo di “toccare” e di “contem-plare”, per una volta sola. Perciò sia Platonesia Aristotele chiamano questa parte della

filosofia l’”INIZIAZIONE SUPREMA”, inquanto costoro … che hanno toccato diretta-mente la verità suprema, riguardo all’ogget-

to, ritengono di possedere il termine ultimo dellafilosofia, come in un’Iniziazione…..>> (Aristotele, Eudemo, fr. 10: da Orfismo e tradizione

iniziatica di Raphael)

RITRATTO DEL “FILOSOFO” SECONDO

PLATONE

(REPUBBLICA , VI°, 484 A e segg.)

Ossia l’”INIZIATO PERFETTO”

-VIRTU’

SINCERITA’ - GIUSTIZIA

FORTEZZA – TEMPERANZA

SAGGEZZA

-CAPACITA’ MENTALI :

INTELLIGENZA-PERSPICACIA

ACUTEZZA – BUONA MEMORIA

MENTE EQUILIBRATA

-ATTITUDINI NOETICHE:

DESIDERIO DI CONOSCENZA

DISPOSIZIONE ALL’APPRENDIMENTO

PREDISPOSIZIONE ALL’ESPERIENZA

MISTICA ESTATICO-CONTEMPLATIVA

-TRATTI CARATTERIALI:

SOCIEVOLEZZA – AUTOCONTROLLO

APERTURA MENTALE

-CONDOTTA

RESISTENZA ALLA FATICA E ALLA

PAURA

STILE DI VITA TRANQUILLO E RIFLESSIVO

INTEGRITA’ DI COSTUMI

REPULSIONE DELLA MESCHINITA’

INDIFFERENZA VERSO I BENI

MATERIALI

FEDELTA’ ALLA PATRIA

ANCORA SUL FILOSOFO “INIZIATO”

<<I veri filosofi fin da giovani non conosco-

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no la strada che porta alla piazza, né dove sitrovi il Tribunale o il palazzo del Consiglio oqualche altra sede di riunioni pubbliche dellacittà. Intrighi ed eterie per cariche pubbliche e con-vegni e pranzi e festini con suonatrici di flauto nep-pure per sogno viene in mente loro di fare; (…) nonsi astiene da quelle cose con lo scopo di crearsi unafama ma perché in realtà è solo il suo corpo che sitrova nella città e vi risiede mentre la sua mente, giu-dicando tutte queste cose di scarso valore anzi di nes-sun valore, non le stima per niente>> (Teeteto 172 B – 173E, 222-223)

SULLE VIRTU’ DEL FILOSOFO “INIZIATO”

<<Fra i beni divini si trova al primo posto la “sag-gezza”, al secondo l’ “intelligenza” e l’ “atteggia-mento temperante” dell’anima. Al terzo posto vienela “giustizia” che nasce dalla mescolanza di questevirtù col coraggio. Al quarto posto, infine, mettiamoil “coraggio”>>(Leggi, I°, 631-C, 1465-1466)<<A proposito dell’anima … dev’essere buona,ossia giusta, temperante, coraggiosa e anche sulfatto che dev’essere sapiente>>(Epinomide 979 D, 1775)<<L’uomo che durante la sua vita rinunciò ai piace-ri… e invece si curò delle gioie dell’apprendere …avendo ornato la sua anima di ornamenti che sono alei propri, cioè: “giustizia”, fortezza”, “temperan-za”, “libertà” e “verità”, aspetta l’ora del suo viag-gio nell’Ade>> (Fedone, 115 E - 116°, 120)

CAPACITA’ SUPERIORI DEL FILOSOFO

“INIZIATO”

- Uscire indenne dalle umane debolezze <<come

oro purificato dal fuoco>>- Possedere una mente nella quale albergano : • <<la possibilità straordinaria di “vedere tutto il

tempo e tutto l’Essere”

• <<la capacità di “attingere alle realtà che

sono sempre allo stesso modo, identiche a se

stesse”>>

PROVE INIZIATICHE PER L’ACCES-

SO AI “MISTERI”

<<Ma non credi che gente di tal fatta (aspi-ranti filosofi-iniziati) sia piuttosto rara ? Come no.Allora andranno “saggiati” con le prove di cui si ègià detto – quella della fatica, della paura e del pia-cere - e poi a un’altra prova che ora aggiungiamo;intendo dire l’esercizio nelle molteplici discipline distudio, controllando se la loro natura sarà all’altez-za delle conoscenze massime o se invece si scoraggidavanti ad esse …. Certo – ammise lui – è un esamenecessario questo che tu proponi, ma cosa intendi perconoscenza massima ? Ti ricordi….. della giustizia,della temperanza, della fortezza e della saggezza inche cosa consiste ciascuna ? >> (Repubb. VI°, 503 D, 504 A, 1230)<<… per la via più lunga costui dovrà andare edovrà faticare nell’apprendimento non meno chenegli esercizi ginnici; se no non verrà mai a capo diquella conoscenza massima che a lui conviene ingrado supremo (l’Idea del bene n.d.r.)>>(Repubb. 504 C-D, 1231)<<Quello che Orfeo ha insegnato per mezzo di pro-fetiche allegorie, Pitagora lo insegnò dopo esserestato iniziato ai Misteri orfici e Platone mediante iMisteri Orfici e gli stessi scritti pitagorici>> (Proclo 410-485 d.c. )

LA MORTE INIZIATICA

PALINGENESI : “MORTE – RINASCITA”

VIVI O …. MORTI?

<<.. Io non mi meraviglierei se Euripide affermasseil vero là dove dice : “Chi può sapere se il vivere non sia morire e se ilmorire non sia vivere ? >>

L’ARTE DI MORIRE

<<Anche noi in realtà, forse siamo morti. Io ho giàsentito dire, infatti, anche da sapienti, che noi ora

siamo morti e che il corpo per noi è unatomba. (Gorgia, 493 A-C, 902)

<< Tutti coloro che praticano la filosofia inmodo retto, rischiano che passi inosservato

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agli altri che la loro autentica occupazionenon è altra se non quella di morire. E se que-sto è vero, sarebbe veramente assurdo pertutta la vita non curarsi d’altro che della morte>> (Fedone, 64°, 76)<<Però non pare che la gente se ne sia davveroaccorta. Infatti non si è accorta in che senso i filoso-fi sono dei moribondi, e in che senso siano degni dimorte e di quale morte>> (Fedone, 64-B, 76)

IL MAGISTERO INIZIATICO

SEPARARE L’ANIMA DAL CORPO

<< E precisamente questo è il compito dei filosofi :sciogliere e separare l’anima dal corpo>> (Fedone, 67-D, 79)<<Ma risulta veramente chiaro che se mai vogliamovedere qualcosa nella sua purezza dobbiamo staccar-ci dal corpo e guardare con la sola anima le cose inse medesime. E allora soltanto, come sembra, ci sarà dato di rag-giungere ciò che vivamente desideriamo e di cui cidiciamo amanti, vale a dire la saggezza>> (Fedone, 78)

LA PURIFICAZIONE

<<E la purificazione, com’è detto in un’antica dot-trina, non sta forse nel separare il più possibile l’ani-ma dal corpo e nell’abituarla a raccogliersi e restaresola in se medesima, sciolta dai vincoli del corpo e arimanere nel tempo presente e in quello futuro sola inse medesima ?>>(Fedone, 67 C-D, 79)<< E così pure, liberati dalla stoltezza che ci vienedal corpo attraverso la purificazione, com’è verosi-mile, ci troveremo con “esseri puri” come noi, econosceremo tutto. Infatti a chi è impuro non è lecitoaccostarsi a chi è puro>>(Fedone, 67 A-B, 78)

ESTASI PLATONICA

<<… la bellezza si vedeva nel suo splendore, in uncoro felice avevamo una “beata visione” e“contemplazione” …. E ci iniziavamo a quel-la iniziazione che è giusto dire la più beata, …contemplando nell’iniziazione misterica visio-ni integre, immutabili e beate, in una pura

luce…>> (Fedro, 250 B-C, 559)

DESCRIZIONE DELL’ESTASI DI

SOCRATE

<<Un altro servo entrò annunciando : il nostroSocrate si è appartato ed è fermo nel vestibolo dellacasa dei vicini; malgrado lo abbia chiamato non èvoluto entrare.Dici una cosa proprio strana – rispose Agatone –chiamalo di nuovo e non lasciarlo.E Aristodemo raccontava di avere detto “non fateassolutamente niente, ma lasciatelo stare. Infatti que-sta è una sua abitudine : talvolta si tira da parte,dove capita, e sta fermo là>>.Socrate non giungeva e Agatone più volte insistevache si andasse a chiamarlo. Ma lui (Aristodemo) nonlo permise>>(Simposio, 175 A-D, 488)

ALTRA ESTASI DI SOCRATE

<<Preso da qualche pensiero era rimasto in piedifermo al medesimo posto a meditare fino all’alba….Era oramai mezzogiorno e gli uomini se n’eranoaccorti e, stupiti, dicevano l’uno all’altro che Socratese ne stava lì fin dall’alba in piedi a pensare a qual-cosa.Alla fine, alcuni soldati ionici, quando era venuta lasera, dopo che avevano cenato, poiché era estate,portarono fuori il loro letto da campo e, mentre ripo-savano al fresco, lo sorvegliavano per vedere serestasse là in piedi tutta la notte.E lui rimase veramente in piedi finchè venne l’alba esi levò il sole. E poi, rivolta una preghiera al sole, simosse e se ne andò>> (Simposio 220 C-D, 525)

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Strumenti e Metodi

dell’Associato Incognito

Martinista

MIKA-EL S:::I:::I:::ORDINE MARTINISTA MEDITERRANEO

Gran Maestro Aggiunto

L’Associato incognito Martinista al quale l’esorta-

zione “Conosci Te Stesso” è indirizzata e che percor-re la Via della Reintegrazione Individuale, in unprimo momento, e Universale poi, sa che, scopo dellasua esistenza terrena è la Conoscenza; non quellaordinaria come la percezione sensoriale, l’apprendi-mento attraverso la ragione, l’acculturamento, maquella che ottiene andando oltre questa conoscenzaper pervenire alla Conoscenza Divina. Conoscere ilDivino fa sì che l’uomo, in conformità al dettatoevangelico, “sia in questo mondo ma non di questomondo”. Questa è la Via indicata da Saint-Martin quando dice:“L’unico sistema è penetrare sempre più profonda-mente negli abissi del nostro essere, fino a localizza-re la radice viva e vivificante e ricondurla alla luce”.La Via alla Conoscenza, indicataci da Martinez dePasqually e da Louis Claude de Saint-Martin, non è,come succitato, una via di erudizione e di ragione,bensì una via che, attraverso la purificazione delnostro corpo, dei nostri sentimenti, dei nostri pensie-ri, giunge ad uno stato che trascende il corpo, i senti-menti e i pensieri per raggiungere “il riposo assoluto”del nostro essere per, poi, procedere, come UominiNuovi verso Dio. Con l’Iniziazione, il neofita, percorrendo ilsentiero che lo conduce dal mondo del mani-festo, del sensibile, al mondo dell’immanife-

sto, dell’occulto, comincia ad avere unanuova visione di sé stesso, assurge a NuovaVita, si risveglia dal lungo sonno che lo

accompagna durante la sua esistenza e, come propu-gnato dall’Iniziatore, durante il rito, egli “riceve lafiamma ardente che gli consentirà di vincere le poten-ze delle tenebre”.Da questo momento in poi, i simboli, gli stimoli e gliinsegnamenti ricevuti nel corso dell’Iniziazione e,successivamente, durante le tornate di Loggia, costi-tuiscono, nell’inconscio dell’Associato, tracce dinotevole suggestività, capaci di produrre, a livellosubliminale, se, effettivamente praticate con puraintenzione, efficaci risonanze interiori. Varcati iPortali del Nostro Venerabile Ordine, ricevuta quellafiamma ardente consegnata per il tramite del-l’Iniziatore, alla presenza dei Maestri Passati che nesono garanti e testimoni, il cammino che si prospettaper l’A.I., come per ogni Martinista che vuole entra-re nella dimensione del Sacro,viene facilitato da unsupporto dialettico e da un supporto operativo. Il supporto dialettico è costituito dallo studio deiTesti Sacri, dalla lettura degli scritti di Saint-Martin,dall’istruzione del proprio S.I.I., dall’apprendimentoe dalla profonda riflessione.Diventando Associato Incognito, il neofita ha giàricevuto un immenso privilegio: accedere, nel silen-zio, agli insegnamenti del Nostro Ordine in quanto,soltanto, colui che ascolta veramente, può ben senti-re, cioè capire. In questo I°grado è importante chel’A.I. non valuti l’austerità dei nostri insegnamenticon il solo intelletto, poiché, con tale visione potreb-bero apparirgli inutili e insignificanti. Occorre, quin-di, che esso si aiuti con la Maschera la quale rappre-senta la maschera dell’impersonalità. Occorre, in altri termini, cominciare a padroneggiarel’ego. Molto spesso, come nella caverna, il neofitaprende la forma che danza tra le fiamme del fuoco perla Realtà.

Ecco perché, per evitare di restare sul fondodell’antro, si consiglia di cominciare ad agiresu sé stesso molto di più che su gli altri, inquanto i propri impulsi non sono, ancora,abbastanza puri. Essendo, ancora, presenti

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troppe passioni, è importante cominciare adoperare una cernita delle abitudini psichiche,mentali ed emozionali, cercare di percepirequali errori sono stati commessi per poi deciderequale direzione prendere. E’ il momento della purifi-cazione dell’Associato che,quale manifestazionedell’Adamo decaduto, è facile preda degli spiritiprevaricatori; pertanto, egli deve vigilare a che i pro-pri pensieri, le proprie parole e le proprie azioni flui-scano dalla sorgente pura dell’essere e, a tal uopo, gliOrdini Martinisti utilizzano un supporto operativocostituito da un eserciziario scandito dalle fasi lunari.Purificare la Luna, in altre parole, significa lavoraresu sé stessi, con un atto di volontà, per scartare tuttociò che è temporaneo e illusorio e che appartiene allapersonalità inferiore. Tutto ciò comporta una veraimpresa di alchimia spirituale tramite la quale tutte leemozioni negative e gli aspetti inferiori della perso-nalità devono essere trasmutate in emozioni superio-ri: cioè il veleno psichico deve diventare farmaco spi-rituale. Quindi, l’A.I., su istruzione del proprio S.I.I.,inizia ad esercitarsi con le cosiddette meditazioni dei28 giorni che si susseguono per 28 giorni consecuti-vi dal giorno successivo a quello del Novilunio. Tali meditazioni costituiscono, nella Via IniziaticaMartinista, lo strumento che serve a restituire al neo-fita la sua dignità, liberandolo dalle impurità cheinsozzano la sua anima e che, invero, sono state allabase della sua caduta. Esse sono atti di purificazioneche l’A.I. deve compiere sui corpi sottili: pensieri-seme, essenziali per il suo sviluppo psichico-magi-co. Le meditazioni servono a rimuovere gli ostacoliinteriori che si oppongono ad una conoscenza nonnuova ma preesistente ed innata e della quale bisognadiventare consapevoli. In questa operazione, il rapporto tra S.I.I. e A.I, oltreche di influsso spirituale, diventa, anche, di maieuti-ca. La purificazione, comunque, si presenta comeun’operazione interiore complessa e delicata e, comedisse Giordano Bruno, prima di “disporsi nelCielo che intellettualmente è dentro di noi ènecessario purgare la nostra abitazione”,in modo da evitare di essere immondi.Questo supporto operativo, su cui deve fare

riferimento l’A.I., serve, d’altronde, a risve-gliare, attraverso pratiche devozionali e teur-giche, quella facoltà di intuizione intellet-

tuale capace di innalzarsi dal piano delle forme aipiani più alti ove poter osservare “il celeste abitanteche dimora in noi”, così come Saint-Martin chiamail Sé, precedendo di oltre un secolo le scoperte diJung.Lungo il cammino della Conoscenza che cresce,l’A.I., pertanto, deve trasformarsi, divenire più con-sapevole per comprendere sempre più chiaramente ilsuo vero compito e la sua meta. Meta rivolta, prima-riamente, a carpire al cosmo il mistero della propriaorigine al fine di potere capire meglio sé stessi inarmonia alle leggi celesti. Per sentire questa fusionecon l’Universo e, contemporaneamente, tendereall’Unica Verità, cioè, all’unione con Dio, la Uniomystica o Nozze alchemiche, l’A.I. ha a disposizione,oltre alla tecnica delle meditazioni, anche uno stru-mento molto efficace: la Santa Preghiera.La Preghiera, la devozione in genere, ma anche ViaInteriore o Cardiaca suggerita da Saint-Martin avvia-no verso una reintegrazione di tipo passivo, propriadei mistici e dei Santi. E’ una Via emozionale, se nondi fede, nella quale l’orante si offre completamentealla Divinità, alla Sua Grazia, alla Sua Provvidenza ealla Sua Clemenza. Bisogna comprendere che chiprega, in realtà, desidera, pensa e vuole. Questa tri-plice attività, desiderare, pensare e volere, conduce aduna creazione: il nostro appello magico sale come unaforza sorretta dalla sua medesima vibrazione verso leregioni astrali corrispondenti alla natura medesimadell’appello. La vera invocazione, la vera preghieraobbedisce ad una sola regola: non chiedere mainulla per sé stesso, nella certezza di essere divina-mente guidato. L’essere di intelletto, o di desiderio, saprà benissimointuire chi è Dio, chi la Natura e comprendere, comeattraverso la Preghiera, nei fatti violentiamo un ordi-

ne che vuole l’uomo elemento passivo e suc-cube degli eventi. Per superare tale stato dicose bisogna imporre a Dio, con irruenza, lanostra natura divina, e l’unico mezzo è la pre-ghiera.

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La preghiera è un ponte, più o meno perfetto,che congiunge il pensatore alla Cosa pensata. Atto concreto di fluidificazione della volontà:formulare l’idea e desiderarne, al contempo, la realiz-zazione è preghiera; preghiera che, per tutto ciò, vasempre fatta con il cuore e con le parole. Chi comin-cia bene non tarda ad avere barlumi della Luce divi-na, non perché gli Angeli scendono dal cielo e pren-dono di peso l’Iniziato e lo trasportano fuori la cor-rente della Terra, ma perché lo Spirito di Dio che è inlui si sfronda piano, piano, di tutti gli involucri terre-ni fino a farsi veggente. Le preghiere, le cerimonie, iriti di qualsivoglia culto, anche se ritenuti dai più ste-rile ripetizione di fatti attinenti ad un passato super-stizioso, hanno la insostituibile funzione di fare vibra-re i Centri Magnetici dell’uomo per purificarli e ren-derli idonei, a mezzo del suono, la forza del Logos.Concludendo, quindi, possiamo affermare che l’A.I.,attraverso la Preghiera quotidiana ritmata sul respiro,acquisisce la consapevolezza ed il dominio sul corpoe sulla mente. Rinunciando ai vincoli che lo leganoalla sua natura inferiore, egli ricercherà la comunica-zione con Dio e con le Potenze,utilizzando, a tal fine,ogni forma-pensiero energetica di cui sarà in grado ditrovare traccia nei meandri della sua dormiente edoscura psiche.

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Breve riflessione

sul tema del Convento

ADONHIRAM - A:::I:::ORDINE MARTINISTA EGIZIO

ISIACO OSIRIDEO

A mio avviso e sulla base della mia personale espe-

rienza, pur limitata nel tempo, ma legata agli effettidella iniziazione ad Associato Incognito, si impone alrecipiendario una seria riflessione su un aggettivofacente parte integrante di questa Via, quello di “inco-gnito”.In una società, costantemente volta a caratterizzaresecondo parametri di affermazione personale la rela-zione dell’Io con l’Altro, in un costante quanto diu-turno scontro finalizzato all’affermazione spessoincurante degli effetti che ciò possa in concreto com-portare, all’Uomo o Donna del Terzo Millennio chevoglia intraprendere la Via del Nostro VenerabileOrdine seguendo gli insegnamenti del FilosofoIncognito, Louis Claude de Saint Martin, quello chebalza agli occhi è la prevalenza, per non dire la asso-luta preminenza ed importanza dell’aggettivo “inco-gnito”.Quello dell’essere incognito – o per meglio dire diaspirare a divenire tale- è al contempo pre-condizio-ne e punto di arrivo, a mio avviso, di chi voglia per-seguire la Via Martinista tradizionale.Nello Interrogarsi su quali strumenti e metodi utiliz-zare, ci si deve, pertanto, domandare come pervenireallo status di incognito e ciò comporta innan-zitutto la necessità di imparare ad usareMaschera e Mantello, che sono oggetti nellaVita profana e straordinari e potentissimi stru-menti nella Via Martinista.

Infatti, nonostante la evidente fisicità profanadi tali due oggetti, sia spesso riconducibile aldi fuori della Via a situazioni oscure e

comunque poco chiare, l'utilizzo di questi oggettiviene in questo ambito, ad assumere caratteristichetotalmente diverse da quelle profane.La Maschera, infatti, consente di spersonalizzare ilproprio Io e rende possibile a colui che la indossa dipotersi sentire al sicuro dalle lusinghe del successo odella affermazione personale, astraendo i risultatiottenuti dalla sfera di un "proprio" successo e reindi-rizzando il martinista verso l’autentico scopo dellapropria Via; il Mantello invece, una volta indossatorende possibile di confondersi nella folla della Vitariuscendo a restare estraneo a tentazioni che rischie-rebbero di far deviare il praticante martinista dal sen-tiero che conduce verso la concreta Reintegrazione.Il Ritorno all'Uno, quale cifra totalizzante della ViaMartinista, è infatti possibile soltanto laddove gliinganni dell'io vengano concretamente allontanati edil recipiendario si renda conto che il passaggio suquesto piano di realtà costituisce effettivamente unautentico percorso di consapevolezza della propriaEssenza che non è di questo mondo, ma appartieneall'Uno di cui noi siamo al contempo parte ed emana-zione.Alla luce di queste considerazioni, lo stato di "inco-gnito" si disgela quale unica condizione per poteraspirare ad elevare il proprio livello coscienziale,avendo come concreto obbiettivo la Reintegrazione alPrincipio Primo.Diversamente da altre Vie, quella martinista si carat-terizza per avere tra i propri fondamenti quello dellanecessità di svolgere una ritualità quotidiana che con-cretamente distacchi profondamente il praticantemartinista dalle cure e preoccupazioni quotidiane.In effetti questa rituaria, oltre a constare di una faseconcretamente operativa, ed anche Teurgia, trovaestrinsecazione nell'approfondimento della pratica

meditativa, seguendo concrete metodologie diesecuzione.Inoltre, attraverso i pensieri seme dell'illu-strissimo e venerabilissimo Fr. Sedir, che ispi-rano e fanno riflettere il praticante sui più

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diversi concetti e percorsi che la propriaanima, nello status profano in cui in prece-denza si trovava, vengono suggerite letture edinterpretazioni assolutamente inusuali e profondecapaci di modificare concretamente l'atteggiamentodel praticante martinista di fronte alla quotidianità.Particolarmente interessante per me che sono appenaentrato a far parte di questa Catena, è l'idea che quel-li che il profano considera qualità dell'animo, già dalgrado (o meglio, pre-grado) di Associato, ilMartinista li coltiva come fossero strumenti o permeglio dire Organi del proprio essere.Mi riferisco, a mero titolo di esempio, al Coraggio,che chiude il ciclo delle Meditazioni ed impedisce,dopo averlo rafforzato e reso più potente, attraversoun costante utilizzo e, per così dire "allenamento" ,che l'uomo che abbia intrapreso la Via verso laReintegrazione possa abbandonarsi alla disperazionecui potenzialmente il Cammino della Vita espone l'a-nimo umano.In ogni caso la lettura delle Meditazioni impone alpraticante martinista una analisi schietta e spietata deipassi effettuati nella propria vita.Tutto è volto a recuperare quiete e calma, in un aneli-to costante quanto incessante di Desiderio, verso lospossessarsi della materialità per pervenire concreta-mente alla Essenza del proprio Spirito, nella crescen-te consapevolezza che il supremo passaggio dellaMorte corporale non sia altro che un cambiamento distato ed al contempo, il recupero della propria dimen-sione divina, da cui, come detto sopra, siamo di certoemanati ed a cui aneliamo a tornare.Quello descritto sopra, in specie con riferimento allaMeditazione costituisce un autentico lavoro.Il Silenzio costituisce di certo il "luogo" non fisico incui tale lavoro viene svolto.Il praticante martinista, se avrà ben compreso il sensoe lo scopo di quanto ho cercato di esprimere sopra,porterà con sé quale metodo di Conoscenza anchenella Vita profana , riuscendo ad astrarsi con-cretamente e con profitto dai rumori della quo-tidianità e da tutto ciò che appesantisce la pro-pria anima.Sicuramente non sarà fuori luogo in questa

sede e quale appartenente al NostroVenerabile Ordine Martinista Egizio IsiacoOsirideo il ricordare a me stesso come sia

straordinariamente esplicativa del ragionamento sino-ra accennato la notissima immagine del giudizio diOsiride dal quale emerge chiaramente come potrà sal-vare la propria anima dopo la morte solo colui il cuicuore su uno dei piatti della bilancia peserà esatta-mente come quello di una piuma sull'altro piatto, ces-sando ovviamente il cuore di avere, su quella bilan-cia, un peso fisico e portando in sé soltanto i pesi deipropri comportamenti nella Vita appena trascorsa.In conclusione e per accennare soltanto ad un com-pletamento di queste brevi riflessioni, noi dobbiamoavere, quale concreto obbiettivo, quello di ottenere, altermine della nostra esperienza fisica, un cuore chepesi come una piuma, liberato dalle miserie e daimetalli della quotidianità, dalle cattiverie e le bruttu-re che affliggono la nostra Luce, e ciò sarà possibilesolo seguendo il metodo e gli insegnamenti della ViaMartinista che, astraendoci dal qui ed ora, saprà ripor-tare ad essenza la nostra Vita.

ADONHIRAM - A:::I:::ORDINE MARTINISTA EGIZIO

ISIACO OSIRIDEO

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Il nostro opposto

AKASHA - A:::I:::ORDINE MARTINISTA

ILLE

Attraverso l’aiuto di un’immagine Faccio appello al mio proprio opposto, convoco

tuttoQuello di cui mi sono occupato di meno, a cui ho

fatto meno attenzione.HIC

E troverò me stesso e non un immagine.(William Butler Yeats; “Per Amica Silentia Lunae”)

“Conosci te stesso” la massima scritta sul frontonedel tempio di Apollo a Delfi, nella sua semplicità sidimostra poi come il lavoro più difficile che dobbia-mo affrontare nel nostro cammino. Tenterò, tramite questo scritto, di accennare breve-mente ad alcune mie meditazioni riguardanti il modocon cui forse potrei affrontare questa ardua impresanell’ambito del percorso Martinista, su cui, è peròbene tenerne conto, sto ancora muovendo solo i primipassi.Osservando la simbologia presente durante unariunione, vediamo che sul tavolo iniziatico, comebase su cui poggia il trilume, si trovano, in una sortadi piramide a base quadrata, tre tappeti di colore:nero, bianco e rosso, di grandezza decrescente, postiuno sull’altro. Il nero forma la base sul quale siappoggiano gli altri due tappeti. Il riquadro più gran-de è costituito dal tappetino nero. Questo rimarràsempre alla base, avendo al vertice il quadrato rosso,similmente a come accade, esempio, per unpercorso alchemico con il passaggio dei colo-ri proiettati dalla nigredo verso l’esperienzadella rubedo. Il rosso è quindi il colore di

appoggio da cui si elevano le tre luci.Cosa si potrebbe dire di questo tappetinonero di base sul quale si poggiano gli altri

due tappetini e poi al vertice, il trilume? Potrei tentare di collegare questo nero al concetto diaspetto della personalità, sconosciuto, oscuro, oppurealla nostra ombra che come tale, più aumenta la lucepiù diventa forte, più diventa presente, visibile. Lanostra ombra sembra che non possa essere staccata danoi o scappare come succede nella favola Peter Pan;è semplicemente legata a noi. Però, meno la cono-sciamo, più potrebbe essere un nostro ostacolo. In che modo abbiamo la possibilità di studiare lanostra ombra che sembra attendere che la riconoscia-mo, quali sono gli strumenti che abbiamo a disposi-zione per studiarla?Forse uno dei mezzi da imparare ad utilizzare, è sug-gerito dal simbolo della maschera. Questa non è cer-tamente un’esclusiva della nostra docetica; infatti, èutilizzata in diverse culture per molteplici scopi, dalsacro al profano. L’origine etimologica che la identi-fica non è certa, ma una delle ipotesi è quella di unaprovenienza preindoeuropea, identificabile con il ter-mine masca che vuol dire “fuliggine, fantasma nero”.Di cui la parola fantasma trova l’aggancioetimologico nel greco φάντασμα, phàntasma, “appa-rizione". In un dizionario come lo Zingarelli troviamo ladescrizione di maschera: “Un finto volto….che vieneportato per alterare i lineamenti o per non farsi rico-noscere.” Abbiamo così individuato un’associazione del nero aquella maschera di cui usufruiamo nel modo di pre-sentarci quotidianamente al mondo esterno. La fulig-gine ci potrebbe far pensare, sia a qualche cosa che èstato bruciato, distrutto, che allo sporco dei sedimen-ti. Nell’ambito del mimetismo, è evidente che, nell’o-scurità, non saremmo molto riconoscibili se ci spor-cassimo il viso di fuliggine; alla luce, sarebbe al con-

trario visibile il tentativo di alterare il nostrovero aspetto. Quel nero caliginoso potrebbequindi rappresentare anche le incrostazioniche sporcano lo stato del nostro essere, dellanostra anima e del nostro spirito, avviluppato,

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coperto sotto strati di quella materia che però,tramite una delle possibili interpretazionidella simbologia esistenziale ascritta al trilu-me, potrebbe rivelarsi in una delle fiamme. La materia, può essere vista anche come un appanna-mento, oppure quel nero da indagare alla base dell’e-splorazione, senza la quale non possiamo cominciareil nostro lavoro. La fuliggine sul nostro guscio, sulviso, che dobbiamo togliere per riconoscerci, può aiu-tare a renderci conto che per farlo, dobbiamo proteg-gerci mettendo consapevolmente e premeditatamenteun’ulteriore maschera. Leggendo alcuni scritti del poeta William ButlerYeats, ho notato alcuni accenni per me interessanti. Iversi iniziali di questa mia dissertazione, tratti da unasua poesia, riportano la sua riflessione, che potrebbeessere riassunta sinteticamente come di seguito; lamaschera è: 1. L'essere sociale che si distingue da quello intimo.Una specie di opposizione tra il conscio e il subcon-scio, il carattere dalla personalità.2. Tutte le differenze tra l'immagine che l'individuoha di se stesso e quella che ha la società di questoindividuo attraverso le sue azioni.3. Un’armatura difensiva che copre la vera personali-tà ed evita così che sia ferita.4. Un’arma offensiva perché gli altri credono la per-sonalità costituita dalla maschera come la sua vera epermette di usarla a suo vantaggio nel rapporto congli altri.5. Un ideale eroico, magico, ecc. che l'individuovuole raggiungere. Abituandosi però ad esso diventauna sua natura, così il confine tra maschera e realtà sidissolve.

Oltre a questa prima riflessione, possiamo trovarevari aforismi che si riferiscono alla verità verso laquale ci può condurre la maschera. Ad esempio:“L’uomo è meno se stesso quando parla in primapersona. Dategli una maschera, e vi dirà laverità,” di Oscar Wilde, in “Il critico comeartista.” Ma quale è questa verità che appare dietro lamaschera? Od anche, per chi è questa verità?

Fin dall’infanzia si impara inconsciamente ilgioco della maschera, non quella materiale,ma di quelle maschere di cui parla Jung

quando analizza il concetto della maschera che l'indi-viduo indossa e che lo inquadra in un ruolo sociale.Tutte queste maschere inconsce che s’indossanodurante sua vita, forse fanno parte di questa ombra, diquell’opposto che sembrerebbe esserci così scono-sciuto, ma più probabilmente si limitano a nasconde-re la nostra ombra, quella che dobbiamo trovare, pro-prio svelando a noi stessi le nostre maschere. Arriviamo così ai suggerimenti ricevuti nel nostroOrdine, in merito alle cose da mettere in pratica:“Mediante la maschera la tua personalità mondanascompare. Tu diventi uno sconosciuto fra altri scono-sciuti”.E’ un’indicazione semplice, ma molto efficace, serealizzata; infatti, non dovendo mostrare l’intimovolto agli altri, rimane la possibilità di concentrarsisolo su quello vero che dovremmo riuscire a disvela-re a noi stessi, se si desidera veramente conoscerci. Si può facilmente intuire che un’azione tesa a provo-care la conoscenza di ciò che per tanto tempo è rima-sto nascosto, potrebbe portare a molteplici reazioni.Ad esempio, una potrebbe essere di tipo “liberatorio”,in tal modo tutto quello che è stato apparentemente“addomesticato” viene alla superficie e cerca di tro-vare la sua vera espressione. Potrebbe però parago-narsi alla condizione dell’acqua bollente in una pen-tola ad alta pressione; infatti, l’acqua non si raffreddalasciando il fuoco acceso e la pentola chiusa. Così,appena aperta, trova uno sfogo violento. Ho utilizza-to questa immagine per evidenziare il pericolo nelpensare, come troppo spesso si suppone, di poter averdominato facilmente le proprie passioni, la proprioombra, mentre in realtà il tutto, quasi sempre, è statochiuso semplicemente in una pentola ad alta pressio-ne, con il fuoco acceso.Ad ogni modo, ci viene anche detto:

“E’ da te stesso, nel più completo isolamento,che devi trarre i principi del tuo avanzamentoiniziatico….impara ad essere TE STESSO”. La maschera ci isola in noi stessi, e di quantoaccade in noi non dobbiamo dare conto a nes-

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suno. L’unica guida sono la nostra voce inte-riore, la nostra coscienza ed i nostri pensieri.Le maschere che portiamo nei confronti dellacoscienza, sono probabilmente quelle più difficili dariconoscere. Proprio per questo fatto, il mettersi unamaschera artificiale, da utilizzare verso i “disturbiesterni”, potrebbe aiutare a studiare quelle che si tro-vano sotto. Diventando consci del fatto che “nessunovede facilmente il vero viso”, magari consente di farnascere la domanda: cos’è questo mio viso? Cosavuol dire “impara ad essere TE STESSO”?

Abbiamo comunque a disposizione anche altri sugge-rimenti ed altri strumenti, come ad esempio quello delmantello del Martinista. Questo, forse, si realizza di-venendo pienamente efficace, solo in modo propor-zionale alla conoscenza di se stessi. Quanto possa essere difficile ripiegare intorno a se ilmantello misterioso se non si ha conoscenza di sè edel nero che potrebbe sempre venire alla superficie,sarà nostra cura scoprirlo. Inoltre, credo che sarebbenecessario non dimenticare il rischio che potrebbeessere proprio la nostra parte oscura a volerlo utiliz-zare per prima, quella parte che non si conosce e checome tale potrebbe tentare di continuare ad utilizzareogni cosa, soprattutto se straordinaria, a suo vantag-gio. Non va neanche dimenticata la possibilità che lenostre cupide passioni possano forse divenire chiavid’accesso e quindi siano opportunamente “stimolate”da energie/ entità, dentro e fuori noi, che non ci sonoamiche e che non vogliono la nostra rigenerazione. Esiste una citazione che ritroviamo in vari ambiti diricerca: “Demon est Deus inversus” - il demone è ilDio invertito; potrebbe anche indicare che noi possia-mo trovare attraverso la nostra ombra, studiandola,riconoscendola, dominandola e trasformandola, la viaper favorire l’emersione della nostra luce.Ogni ombra ha la sua luce nel suo opposto. Se pen-siamo all’inciso alchemico “come in alto cosìin basso” quest’assunto dovrebbe valereanche per noi e per la nostra personalità; pertale motivo, se non affrontiamo l’indagine diquesto opposto, certe aspetti della nostra luce

forse non riusciranno mai ad emergere. Ci viene anche suggerito:“L’uomo dopo essersi isolato nello studio di

se stesso, perviene mediante la meditazione a crearela propria personalità”.Credo che la creazione della propria vera e contem-poraneamente nuova personalità, conseguente alladecisione di quello che vogliamo veramente essere(quindi non più un forse casuale prodotto di predi-sposizioni, in un determinato tempo astrologico cheinfluenzi l’andamento della nostra vita) possa risulta-re molto lontana, senza riuscire ad esaudire concreta-mente l’imperativo: “Conosci te stesso”. In alternativa, c’è il rischio di limitarsi a creare soloun’altra maschera artificiale, fabbricando una sorta dicassaforte dalla quale diventerà sempre più difficileuscire.Uno dei mezzi operativi che ci vengono indicati, siidentifica con la conquista del silenzio interiore, con-seguente alla pratica della meditazione. Possiamo infatti notare che il nostro opposto, il nostroessere sconosciuto, in realtà fa proprio quello che fal’ombra di Peter Pan; ovvero, ci sfugge nasconden-dosi dentro i rumori del nostro essere. Per poterciriconoscere, dovremmo trovare il silenzio interiore,solo così potremmo confrontarci con il nostro volto estudiarne i lineamenti, sia oscuri, che luminosi. Nella favola, è l’elemento femminile che ricuce l’om-bra insieme a Peter Pan; così ho ipotizzato chepotrebbe essere l’intuizione e la sensibilità femmini-le, presente in ognuno, a guidarci nel tentare di pren-dere contatto. Ma prima di procedere nella meditazione e nel tenta-tivo di conquista del silenzio, c’è la necessità di met-tere in campo la concentrazione, capendo bene chenon si tratta di mettere in moto solo la mente, maanche il cuore e la volontà che da esso scaturisce. Nelrumore che ci circonda interiormente, è nascosto ilnostro sé. Solo un desiderio genuino, luminoso, un

lavoro costante ci possono guidare attraversoil nostro centro per trovare anche un possibileaiuto per tentare di realizzare ciò che abbiamointrapreso.Questo pensiero mi è scaturito nel meditare

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sull’indicazione:“Medita con tutta la forza del tuo cuore e laProvvidenza ti aiuterà”.Concludendo questa sintesi, posso tentare di ricorda-re simboli come l’acronimo V.I.T.R.I.O.L. e laNigredo degli alchimisti. In questa oscurità del nostro essere dovremmocominciare a mettere in moto il cammino; infatti, èquesto lavoro iniziale che appare essere la base dellanostra ricerca. Tutto ciò sembra riportarci alla visione del tavolo ini-ziatico, con i tre tappetini: guarda, in basso c’è il tap-petino nero, lui è l’inizio, ma lui è anche la base, sullaquale costruisci. Può essere la salvezza, ma anche ladistruzione. E’ la maschera e anche il mantello, ognipezzo di nero non compreso e non trasformato è lanostra debolezza che rende debole il mantello, traspa-rente la nostra maschera. Infine, un ultimo accenno:“Egli può allora affrontare senza tema gli altri uomi-ni, ma deve sempre stare in guardia. Tutte le forzefatali, ch’egli avrà dominato una alla volta lo attac-cheranno in massa tentando di abbatterlo”.Credo che per questa fase, sulla quale non farò alcuncommento, ognuno dovrà cercare di non farsi trovareimpreparato.

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Riflessioni ed osservazioni

epistemiologiche

ANTARES - S:::I:::ORDINE MARTINISTA EGIZIO

ISIACO OSIRIDEO

E’facile, per chi non ha dimestichezza con la ter-

minologia scientifica, fare confusione tra strumenti,metodi e scopi. Vi prego, dunque, di seguirmi.

Facciamo un esempio: allo SCOPO di seguire l'anda-mento di una malattia (il Diabete, ad es.) un medicodovrà valutare alcuni parametri, che, seppur attinentialla stessa patologia, hanno valenza diversa, come laglicemia, l'emoglobina glicata, l'insulinemia, e cosìvia. Il METODO per ottenerli richiede di inserire, inuno STRUMENTO di laboratorio, una goccia di san-gue prelevata dall'organismo.

Cambiamo campo: Il Neofita che desidera la Luce(scopo), al suo primo entrare in contatto con unOrdine Iniziatico (Martinismo compreso), viene disolito sottoposto alla Purificazione rituale dei 4 ele-menti (strumento), in un momento topico che coin-volge tutti i suoi strati vitali (metodo).Dando, ora, per assunto che Trilume, Maschera,Mantello e Pantacolo sono simboli, ed escludendolidunque da questa argomentazione, a tutti vengonosubito forniti gli strumenti (le operatività rituali) peril lavoro che ogni Martinista (a qualunque classeappartenga) incessantemente compie, per sè, e pertutti i membri dell'Ordine (ritualità fisse=strumentifissi), ed altre ritualità ad personam (strumen-ti mobili).

Andiamo avanti. "Il tuo compito è purificare

la Luna". Qui potremmo entrare nel domi-nio dell'equivoco, se lasciassimo questa puri-ficazione nel semplice campo strumentale.

Purificare la luna dev'essere inteso come metodo, cosìcome l'ossigenazione del fluido circolante è il meto-do adottato su questo pianeta perchè ogni cellulapossa respirare, e quindi, perchè organi ed apparatipossano ben funzionare.

Della Purificazione potremmo dire - senza allonta-narci dal vero - che essa rappresenta il metodo-baseper assicurare un certo tipo di vitalità materiale e sot-tile necessaria per accedere agli stati superiori psico-animici, mentali, spirituali.L.C. de Saint-Martin lo dice in modo chiaro e diretto:"Quale uomo oserebbe mettersi in cammino, senzaessersi prima purificato?"Fare il solito copia-incolla di tutto quanto è statoscritto - in maniera più o meno illuminante da chi ciha preceduto - è assolutamente insignificante, finchènon sia stata acquisita autentica consapevolezza dicosa comporti questo metodo, sino a giungere ad unpunto tale da desiderare ardentemente di usare queglistrumenti che la tradizione dell'Ordine mette a dispo-sizione dei suoi membri.

Noi siamo le singole parti di un Ordine Spirituale, ilcui scopo va al di là della semplice Riconciliazioned'una coscienza psico-animica con se stessa, cioè diuno stato di Aponìa nirvanica tipica delle scuole diderivazione Epicurea o Cinica. Il nostro scopo è specificato in modo estremamentechiaro - non può essere diversamente - negli stru-menti indicati dai metodi descritti, non solo daPitagora, da Dante, da Don Martinez, dal de Saint-Martin, ma da tanti altri ancora.

Senza scendere nei particolari, ad esempio, i VersiAurei esplicitano una gerarchia di metodi (prepara-

zione, purificazione, perfezione) e di stru-menti (scegli, combatti, rispetta, taci, ecc) e loscopo (La Reintegrazione dell'essere).Tornando alla purificazione, dovrebbe esserinutile ricordare che spetta solo all'Iniziatore

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- proprio per la sua Scienza - individuarequale dei corpi dell'Associato (dallo psicofisi-co allo spirituale) necessita del maggior sup-porto strumentale. Questo, ovviamente non si limitaall'Associato.

Noi, per sopperire ai bisogni del corpo fisico, man-giamo ogni giorno, e per vivere nel mondo ci nutria-mo ogni giorno, per tutta la nostra esistenza terrena,anche - e soprattutto - di elementi più sottili. E dob-biamo farlo, ci piaccia o meno. Sentiamo dunque lanecessità di liberare il corpo, esonerando i residui tos-sici o inutilizzati della materia, e contemporaneamen-te sentiamo il bisogno di liberarci dai residui tossicisottili, usando le pratiche che più ci gratificano. Nonpossiamo dire come questo realmente accade, perchèil processo non cade sotto i nostri sensi, però ci ren-diamo conto che abbiamo raggiunto un diverso statointeriore.

La prima cosa che desideriamo fare al mattino èlavarci il viso, e gli organi dei nostri sensi (tatto, vista,olfatto, udito, gusto). Questo gesto rimane nel quater-nario fisico, oppure questo lavacro è uno strumentoper purificare qualcosa di più sottile?

Ma, visto che agiamo, ed interagiamo, con noi e colfuori di noi, dovremmo lavarci ogni momento - dire-te voi - e son solo al mattino, oppure una volta almese, o prima di entrare nel tempio... dovremmolavarli in ogni istante, i nostri pensieri e queste nostreparti sottili, e non solo per quei tre mesi, in cui - anco-ra poco consapevoli - utilizziamo (in modo stirac-chiato, diciamolo pure) quello strumento di spolia-zione noto come "14 Pensieri di Sédir".

Osserviamo cosa accade quando digiuniamo.Trent'anni di pratica, più o meno rigida, più o menoprolungata, mi possono far testimoniare cosa accade:mentre l'organo fisico elimina scorie ed incro-stazioni, con evidentissimi effetti collaterali,mano a mano che passano i giorni, si acquistaenergia e la mente diviene più lucida, più sve-glia. Da dove provengono queste energie?

Ovviamente non potremmo chiederlo a chiconsidera la scienza dello spirito come unabaggianata, e quindi ignorano totalmente di

cosa argomentiamo, visto che non hanno qualifica-zioni per accostarsi ad una qualsiasi organizzazioneiniziatica. Chi, invece, ne ha una - benchè minima - consapevo-lezza, conosce - e da subito - la risposta: dai corpi sot-tili. E sentiremo quanto questi organi, nel corso dipurificazione, avranno da comunicarci: "finalmente cimetti nella condizione di svolgere il nostro compito,senza dover rimediare continuamente alle porcheriecon cui ci nutri, e ai danni che fai con la tua menteconfusa". Questo è il loro messaggio. Chiaro e forte.

Questa digressione, per un motivo ben preciso: riba-dire che il corpo fisico deve essere in grado di mani-festare le qualità dello Spirito ! O lo si comprende, oppure... pazienza!

Poi, dopo esserci impegnati nel quaternario, passere-mo ad altre purificazioni, o meglio, ad altri metodi dipurificazione: e quindi, giunti alla Purificazione dellaLuna, si innescherà (e se ne avrà la certezza!) il mec-canismo che la farà agire a doppio senso. Dal bassoall'alto e dall'alto in basso. Cambieranno ovviamente le Tecniche (strumenti),ma il metodo resta, e non cambia nome: pu-ri-fi-ca-zio-ne!

Non sta a me indicarle nello specifico, ciascuno ha ilproprio Iniziatore.

Io posso solo fornirvi un esempio a testimonianza:vogliamo vedere cosa succede con i pensieri seme diSédir? Espandiamolo, questo strumento, espandia-molo nel tempo; giorno dopo giorno ci allargherà ilmentale, agirà sullo psico-comportamentale; espan-

diamolo, andiamo all'opera completa da cuisono estratti: diventerà il nostro quotidianocompagno per le 52 settimane dell'anno. E quando approfondiremo la ricerca verso l'o-rigine di questo stupefacente strumento, e sco-

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priremo che ciò che ci mette a disposizioneproviene da fonti che agiscono su un pianoche solo l'anima può cogliere - da Boehme eSilesio, in particolare - e sarà un bel pellegrinaggio.E, se ancor di più andremo nel profondo, questi e altriMaestri del passato incontrati lungo la via, ci darannochiavi di accesso all'Anfiteatro della nostra Scuola,nel quale Enrico Kuhnrat ci accompagnerà, quasi sot-tovoce e in punta di piedi, fino all'Origine.

Concludo con una brevissima considerazione, che èanche una precauzione da osservare. Senza averechiarezza su cosa sia il metodo, e cosa sia lo stru-mento, è facile incorrere in un errore fatale: trasfor-mare lo strumento - seppur nella sua quotidiana ecostante validità - in un superstizioso talismano.

Sono Metodi, per mezzo degli Strumenti, che ci por-tano ad essere uni-formati allo Scopo...

"... Affinché, innalzandoti nell'Etere Radioso, nel Seno degli Immortali, tu pure sia un Dio! "

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ISIACO OSIRIDEO

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La relazione iniziatica

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ISIACO OSIRIDEO

Vorrei iniziare il mio lavoro sugli strumenti e i

metodi dell’Associato Incognito, partendo da quelloche ritengo essere lo strumento di base: la relazioneiniziatica.Per relazione iniziatica intendo tutto ciò che riguardasia i legami tra i fratelli, sia la relazione esclusiva chesi crea tra iniziatore ed iniziato. Questi legami rispondono ad un’etica superiore carat-teristica di una via particolare da essere definiti ini-ziatici.Lo stesso atto iniziatico del Superiore IncognitoIniziatore è libero, nel senso che egli non agiscesecondariamente ad un potere delegatogli da un’as-semblea di suoi pari, o per un puro e teorico avanza-mento di grado, ma perchè esercita pienamente unpotere che coincide con il libero arbitrio della propriapersona.Tale potere è senz'altro frutto di un lavoro e di unapratica giornaliera e personale, che gli ha consentitodi raggiungere l’evoluzione nel suo percorso di retti-ficazione verso la reintegrazione.E’ con questo spirito che la relazione iniziatica tramaestro e discepolo si connota e, se il maestro è taleperché sa servire e sacrificarsi per la comunità frater-na, il discepolo lo recepisce, gli è grato e, come lui,testimonia ciò che ha ricevuto sia a se stesso che aglialtri fratelli.L’autenticità del maestro in una relazione iniziatica sipercepisce anche dai propri discepoli; per que-sto si ritiene particolarmente importante nonbadare al numero, alla quantità, ma essenzial-mente a quello che L.C. De Saint-Martin defi-

nisce “Uomo di Desiderio”. La saggezza aiu-terà il maestro in tale scelta.Si sa, l’uomo comunica con qualsiasi perso-

na e in qualsiasi circostanza secondo una modalità -insieme - conscia e inconscia, permettendo il passag-gio di tutto il materiale della mente comprese le con-flittualità e le frustrazioni personali.Quando la relazione interpersonale soggettiva è uti-lizzata per mettere in moto un processo di crescitaspirituale, essa si trasforma assumendo le qualità diuna autentica relazione iniziatica.Come in ogni relazione che meriti rispetto, i ruolidebbono essere ben definiti, per questo motivo è diprimaria importanza non confondere i rapporti chepossono nascere, o essere coltivati tra membri del-l’ordine, con quelli tra iniziato e iniziatore.Un ulteriore motivo che mi dà ragione di sostenereche la relazione iniziatica rappresenti uno strumentoprioritario, è che sa farci diventare “osservatori” dinoi stessi, e ci permette di analizzare se siamo ingrado di porci autenticamente verso l’altro, evitandodannose quanto facili de-responsabilizzazioni.Ogni altro strumento, compresa l'operatività rituale,gli stessi simboli (mantello, maschera, pantacolo), lostesso scopo (raggiungere la Luce), sono vivificati dalsignificato e dalla valenza che noi diamo al rapportorelazionale con noi stessi e con gli altri.Anche la “Purificazione” a cui dobbiamo aspirare peraccedere ai vari stati dell’essere, assume un valorepiuttosto che un altro, a seconda di come viviamoquesta relazione iniziatica.Proprio attraverso la relazione prendono forma ecorpo gli stessi pensieri seme di Sedir; e non è forsela relazione tra i membri dell'Ordine, e tra l’iniziato el’iniziatore che garantisce di procedere nel percorsodi purificazione verso qualcosa di più sottile? E’ sempre nella relazione iniziatica che sperimentia-mo, lottiamo e - si spera - impariamo a superare leconflittualità, le invidie, le sopraffazioni che costan-

temente, ed inevitabilmente, si presentano inmaniera vieppiù subdola.Abbiamo imparato ad usare il termine “fratel-lanza”, ma è nostro dovere fare in modo chetale termine non resti “puro nominalismo”,

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per questo dobbiamo avere ben chiara la dif-ferenza che esiste tra il desiderio di prenderci“cura” di un fratello, e la cura della relazionesussistente all’interno dell’Ordine, ossia su un pianoiniziatico.Questa prassi, può sembrare banale se esercitata confinalità profane, mentre è un'estrema difficoltà inambito iniziatico.Penso anche che ciò che rende speciale tale relazionesia la capacità di vederla e viverla come un “dono”. Non sono forse le meditazioni di Sedir che ci metto-no in guardia dall’egoismo, e ci suggeriscono unnuovo approccio verso di noi e verso l’altro? Desideri di potenza, pigrizia, spreco, vendetta, dispe-razione, maldicenza, non sono connotati che inquina-no la relazione impedendole di ritenersi “iniziatica”?Si dice che l’amore trasformi. Ecco, mi sento di soste-nere, con forza, che la relazione iniziatica sia una verae propria “fucina” dove avvengono le trasmutazioniverso l’alto. Strumento, quindi.Più di una volta mi è stato fatto notare che a nulla val-gono le letture dei grandi testi, se abbiamo l’animopieno di rancore, se l’enfatizzazione posta sul nostroego impedisce di tendere la mano a chi ha veramentebisogno di noi.Da iniziati, tuttavia, dobbiamo evitare di cadere ininutili atteggiamenti caritatevoli, solo di facciata, opeggio in deliri di onnipotenza, che danno al bene unavalenza meramente auto-celebrativa.La storia dell’uomo è la storia della sua "redenzione",ma essa non può esulare dal ruolo dell’anima, prima,perchè antecedente all’incontro con lo spirito. Dopo.Lo stesso Saint-Martin afferma che nell’essereumano esistono delle facoltà superiori a quelle degliorgani sensoriali, ed è da queste che nascono l’idea digiustizia, di unità, di saggezza, ed è proprio a questefacoltà che dobbiamo fare appello nei momenti in cuici sembra che ci sfugga di mano la padronanza di noistessi e il senso di vicinanza all’altro.Questo per me è solo un gradino lungo il cam-mino della “cristificazione”, e questo è indi-pendente dal tipo di religione, ed è concesso atutti. Ma nella vera fratellanza, dev'esseregarantito che si esplichi la vera libertà, per-

mettendo al fratello di compiere il propriodestino, anche se ciò è doloroso sul pianopersonale.

Ogni uomo ha la possibilità di comunicare con ilpiano divino, non esistono intermediari. Esiste solochi ti “inizia”.Un giorno mi è stato detto: "Ogni iniziato ha l’inizia-tore che si merita, ma è vero anche il contrario". Questa frase mi ha fatto riflettere sul vero significatodi questo legame e inevitabilmente ho concluso chetra i due si debba creare un rapporto d’amore. Il ter-mine è già completo.Solo entrando nell’amore, si può uscire dal ristagnodel proprio ego, è una relazione che necessita di inti-mità; di qui il bisogno e l’importanza del ri-trovarsiper verificare il procedere del cammino spirituale. Amare è anche scomparire a se stessi, per accettare lari-nascita, ed è in tal senso che parlo di ri-trovamen-to.Nella relazione con il proprio iniziatore siamo liberi,ma nello stesso tempo legati. Liberi, ma visto chesiamo stati noi a richiedere l’iniziazione e ad accet-tarla, da quel momento in poi non siamo più liberi disfuggire da questa responsabilità.E’ dalla ri-generazione dell’uno che dipende la ri-generazione dell’altro. E’ solo capendo tale concettoche accettiamo di fare “legame”, legame che nonlimita, ma ci arricchisce. In una relazione iniziatica si è fratelli ma accadeanche che non ci si conosca personalmente, purfacendo parte dello stesso ordine.Kipling, nella sua poesia “Loggia Madre”, comunicacome la caratteristica di un certo spirito di grupposarà più o meno positiva o negativa, a seconda deipensieri e dei desideri degli interagenti.A fare “legame” sono le energie spirituali, vitali,emozionali che si creano. Esse diventano cibo perl’Eggregore e la vigilanza sulla catena costituisce lasua potenza.

Tutto ciò che ci dà il fratello in termini verti-cali può assumere un valore iniziatico, inquanto restituito dall’Eggregore; mentre ciòche passa in termini orizzontali, resterà sulpiano profano.

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La relazione diventa costruttivamente specu-lativa: allora, se lo specchio è pulito vediamobene anche la nostra immagine, ci ri-cono-sciano. Viceversa se lo specchio è sporco, inquinato, non ciriconosciamo più e non vediamo più l’altro. Diventacosì facilmente attaccabile sia la relazione, sia il cam-mino…Da ciò nasce il desiderio di purificazione che, comeafferma M. Scaligero, passa attraverso le tre formedel pensare, sentire, volere.Mi avvio alla conclusione, con il proposito di raffor-zare quanto sopra espresso, cioè l’importanza di porrel’accento sul significato prioritario di relazione ini-ziatica, prendendo spunto da ciò che scrive L.C. DeSaint-Martin nel “Ministero dell’uomo-spirito”: “Lo scopo finale del mistero delle cose divine e spiri-tuali, che è legato con il mistero dell’essere, non èvedere gli spiriti, ma di commuoverci e di esercitarein noi il sentimento dell’ammirazione, della tenerez-za, dell’amore e della riconoscenza”.

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I pensieri Seme

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La meditazione è uno strumento basilare in un lavo-

ro di rettificazione interiore e l’esercizio sui temi pro-posti dal fratello Sedir un’efficace riflessione che aiu-terà a trarre dalle difficoltà quotidiane una chiave dimiglioramento spirituale. Purificare la Luna è ilprimo compito dell’associato martinista, una fase pre-paratoria di estrema importanza, da eseguire conmetodo e rigore e che getterà le basi di tutto il nostropercorso. Meditare con perseveranza sul contenutodei pensieri seme sarà un aiuto prezioso per finalizza-re correttamente il nostro pensare, sentire e volere atrarre il giusto insegnamento dalle esperienze che lavita ci offre e dalle emozioni che esse suscitano innoi, affrontando così con ritrovata serenità, le prove acui siamo destinati; la disciplina costante di mente,corpo e morale, oltre a rafforzare la volontà, riveleràla natura illusoria della nostra personalità che comin-ceremo a vedere per quello che è: un automatismo, uninsieme di reazioni psichiche a stimoli corporei, mec-canismi di cui dovremo pian piano liberarci e sradi-care così un ego in cui siamo completamente identifi-cati. I temi proposti nelle quattordici meditazioni abbrac-ciano ogni aspetto dell’individuo dandoci un aiutoconcreto a trasmutare l’essere in modo completo earmonioso, tuttavia, in questa sede, vorrei soffermar-mi su due di esse: quella contro la paura e quella con-tro la disperazione.

23° e 24° giorno dopo il novilunio- Contro

la paura

L’inquietudine, il timore, fanno impazzire

l’intelligenza, accecano l’intuizione, provo-cano la disgrazia. Neppure il presentimentodi una catastrofe deve turbare il Saggio

quando il dovere lo chiama, perché la DIVINAGIUSTIZIA non è ne premio ne punizione ma laLEGGE CHE GOVERNA L’EQUILIBRIO UNI-VERSALE DELLE FORZE, egli nulla dovrà teme-re quando saprà di non aver turbato tale equilibrio.

“Io ho cercato l’Eterno, ed egli m’ha risposto em’ha liberato da tutti i miei spaventi”. Salmi 34:4

Nei tempi antichi l’iniziazione veniva concessa solodopo aver dimostrato il proprio coraggio attraversoterribili prove, vincere la paura testimoniava neldiscepolo adeguata forza di volontà, desiderio e suffi-ciente maturazione animica per intraprendere il per-corso iniziatico, superare tale stato d’animo è quindidi fondamentale importanza per chiunque vogliaimboccare questo cammino.Cos’è la paura innanzitutto: è un’emozione che con-fonde, acceca, annientando tutti i pensieri di bellezzae verità rendendoci miseri, disperati, avventati; è l’al-lerta di un pericolo, la reazione ad uno stimolo cherievoca un doloroso ricordo, il dramma interiore vis-suto nel trovarci in situazioni ignote, spesso fuori delnostro controllo. Gli antichi egizi la rappresentavanocon l’immagine di un oca morta, come un animalequindi privo degli elementi di movimento; la pauracontrae i centri nervosi provocando un irrigidimentoche può bloccarci disorganizzando o alterando i prin-cipi vitali tuttavia non va vista sempre come un’e-mozione negativa, talvolta è necessaria per scuoterci,farci agire o aprire gli occhi su ciò che non volevamovedere. Paradossalmente più cerchiamo di costruirciuna vita sicura e priva di rischi più la paura sembraprosperare, questo naturale insegnamento serve afarci capire che è nell’esperienza e non nel ristagno laforza necessaria alla nostra evoluzione. Inoltre, pro-

prio attraverso la paura, avremo modo di svi-luppare qualità preziose quali coraggio,pazienza, tenacia. Aristotele definiva il corag-gio come cognitiva valutazione dei rischi gra-zie alla quale decidere come agire, l’uomo

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saggio quindi non è quello privo di timore mal’individuo capace di mantenersi in equilibriotra codardia e presunzione, anche l’atto eroi-co senza la paura perderebbe il suo significato dive-nendo un’azione incosciente e scevra del sacrificioche lo rende tale. Se ci fermiamo a riflettere sull’ap-parente casualità degli eventi, avendo la consapevo-lezza che tutto accade per un motivo, che il male altronon è se non il frutto delle nostre azioni, cosadovremmo temere se non solo noi stessi? La paurarivela infatti all’uomo che il suo vero nemico non sitrova fuori ma dentro di sé, “ogni paura è “irrealtà”che vuole farsi credere realtà” diceva un grande mae-stro quale è stato Massino Scaligero, essa è una mani-festazione della dimensione spirituale dell’uomo ed èsoprattutto in tale sede che va affrontata.

“Un giorno la paura bussò alla porta. Il coraggioandò ad aprire e non trovò nessuno”.(Martin Luther King Jr)

Nell’amore non c’è paura; anzi, l’amor perfettocaccia via la paura; perché la paura implicaapprensione di castigo; e chi ha paura non è perfet-to nell’amore. - 1 Giovanni 4:18

27°e 28° giorno dopo il novilunio Contro la disperazione.

Ciò che appesantisce le mie catene è che io non lecredo giuste: e più mi arrovello per liberarmene piùesse mi diventano pesanti. Qualunque piccola con-trarietà è sufficiente per scoraggiare l’uomo chenon ha la forza della rassegnazione e quella piùpotente della fede e della speranza. Se mi dispero è perché non ho saputo volere, quan-do ciò era necessario, e non ho trovato la forza difarlo per mancanza di Fede e di Speranza. Devoquindi volere e sperare.

Nella calma e nella fiducia starà la vostraforza; ma voi non l’avete voluto! - Isaia30:15b

Quante volte la situazione in cui ci troviamoci appare ingiusta, insostenibile e senza viad’uscita? E quante volte ne subiamo il mono-

tono prolungarsi o il ripetersi sistematico della stessadolorosa vicenda cadendo in preda alla disperazione?Schiacciati da tale sconforto e soggiogati spesso daun’immaginazione fuori controllo capace di ingigan-tire gli eventi, perdiamo l’obbiettività di una giustaprospettiva. Innanzitutto dobbiamo lottare per nonlasciarci sopraffare da questo stato d’animo, ricorda-re che la divina Provvidenza non carica MAI l’indivi-duo di un peso che non sia in grado di sopportare eche le dure prove della vita non sono altro che chiavidi evoluzione interiore. Se ci lasciamo indebolire eaccecare dalla disperazione rischiamo di agire inmodo convulso, erroneo, privo di lucidità, dimentichiche è proprio nel dramma il momento in cui dovrem-mo fermarci a riflettere più a fondo. Gli eventi sonol’ineluttabile parte di un tracciato in cui nulla è casua-le, predisposto in modo da farci affrontare, compren-dere e superare gli errori del passato, ribellarvisi nonfarà altro che farli perpetuare nel tempo, come uncane che si morde la coda.La violenza del dramma non è una punizione ma unmodo per scuoterci dagli abitudinari meccanismi psi-chici che ci fanno crogiolare nell’inerzia. Rifacendocial concetto nietzschiano “Ciò che non ci spezza cirende piú forti” anche la disperazione diviene quindiuno strumento, una spinta che, indirizzata nel modogiusto, invece di abbatterci ci farà superare il proble-ma. Il ribellarci resistendo al fato creerà un dolore chepuò essere visto quindi in due modi: come un ostaco-lo o come uno stimolo a superare la situazione, sta anoi scegliere e trovare nel dramma una via di cono-scenza. Sopportando il dolore l’Io potenzia la suavolontà e richiama nella lotta forze superiori, risve-gliandole dal torpore in cui una vita monotona e privadi scosse le terrebbe. Attraverso la riflessione impare-remo a scorgere negli eventi presenti le nostre azioni

passate e quindi l’errore commesso, superan-dolo. Consapevoli delle proprie responsabilitàe agendo quindi con rinnovata saggezzadiverremo cooperatori e artefici del nostrodestino.

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Combattere la disperazione attraverso forzadi volontà, fede e speranza ci aiuterà a scor-gere il senso dell’esistenza terrestre e supera-re i momenti difficili con serenità, consci che proprioil sacrificio è la strada che conduce alla beatitudine.

Nell’alterno giuoco della parvenza, nella granderecitazione, chi è libero guarda con Amore tutto,come un meraviglioso racconto. Questa visione libe-ratrice oltre la maya scioglie l’oscurità dell’appari-re tragico dell’umano.Dietro non c’è che la Luce originaria da rivivere, dasentir rifluire nel cuore.[Massimo Scaligero]

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L’esperienza personale

nella pratica

HAZIEL - A:::I:::ORDINE MARTINISTA EGIZIO

ISIACO OSIRIDEO

Ritengo che ciascuno di noi possa parlare solo della

propria esperienza personale nella pratica rituaria diAssociato Incognito con la speranza di poter portareutili contributi all’evoluzione in primis della propriaconsapevolezza e, in virtù della comune umanità,all’evoluzione coscienziale dei Fratelli e delleSorelle.

Relativamente alla mia breve esperienza di praticaMartinista, la Rituaria quotidiana, sistematicamentesvolta tutti i giorni, ha portato chiaramente in eviden-za come il mio grande problema sia la distrazione intutte le sue varianti. Ed in questo anche la meditazio-ne sui Pensieri-Seme consente di porre in luce alcuniaspetti critici. La paura – che è spesso di origine razionale – è ancheessa fonte di distrazione.Ma non è solo la paura.Io sono sempre stato definito nei miei studi profani uneclettico. La verità è che sono stato spesso dispersivo.Per molti, troppi anni ho divagato rispetto agli obiet-tivi concreti.Devo dire che sono debitore al metodo liberomurato-rio di una prima focalizzazione. E non è un caso chedopo l’iniziazione liberomuratoria ad un certo puntodi quel percorso io sia riuscito a sbloccaredelle situazioni stagnanti da oltre due decadi.Cosa era cambiato in me?Una cosa tanto semplice, eppure difficilissi-ma. Avevo interiorizzato il concetto di percor-

so graduale e la profonda inutilità – per nondire il pericolo – del desiderio di “bruciare letappe”. E, accanto a questo, era sorto l’em-

brione della capacità di immaginare il cambiamento,primo atto indispensabile per qualsiasi percorso evo-lutivo.Tuttavia, se è vero che la pratica massonica mi haconsentito una focalizzazione sugli obiettivi concretie sul seguire un percorso basato su livelli senza ansie,tale pratica, però, non ha risolto (ed in fondo nemme-no evidenziato a livello cosciente) il problema delladistrazione. Ma del resto la pratica massonica è deci-samente sul piano mentale. Solo quando provi ameditare, il problema della distrazione erompe intutta la sua deflagrante invadenza.La meditazione “scaligeriana”, connessa alla rituariaquotidiana martinista mi ha permesso di constatarecome la sensazione di “sicurezza” sia, ad esempio,per me molto difficile da immaginare. Io mi sentosicuro solo in poche situazioni. In fondo, io sono sicu-ro solo nella mia attività professionale e in alcuniaspetti della mia pratica rituale massonica.Noi viviamo immersi in una dimensione profananella quale la paura e la distrazione vengono sistema-ticamente inoculate mediante tecniche scientificheatte a renderci non Uomini (o quantomeno cittadini)autonomi e consapevoli, ma consumatori nevrotici ecompulsivi. Un uomo distratto da mille e mille comu-nicazioni mirate ad attivare meccanismi psicologicidi base diviene docile ed accetta sia l’eterodirezionepolitica che quella dei suoi gusti nei consumi.Qualsiasi forma di esigenza spirituale al di fuori deglischemi essoterici banalizzati e banalizzanti vienedeviata verso forme “new age” anche esse facilmenteinglobate nella macchina del consumo.Ma l’esigenza del Sacro è in agguato.La Scintilla Divina, il Frammento del Principio, gri-dano in ciascuno di noi per erompere dalla prigionedelle sedimentazioni che educazione, famiglia, scuo-

la e società hanno accumulato.Il meccanismo della distrazione indotta sibasa in larga parte sul concetto di desideriomimetico. Nel 1961, l’antropologo franceseRené Girard pubblica il volumetto di saggi

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“Menzogna romantica e verità romanzesca”nel quale espone una intuizione dalle impor-tanti conseguenze: il desiderio umano è sem-pre “triangolare”, è sempre mimesis (imitazione): trail soggetto desiderante e l'oggetto desiderato esiste unmediatore che indica gli oggetti da desiderare. Il desi-derio genera desiderio e questo genera violenza.Questo desiderio è il “desiderio centrifugo”.Ebbene, gli strumenti rituali del Martinista, laMaschera e il Mantello, consentono di neutralizzare ildesiderio mimetico “centrifugo” fonte primaria didistrazione e spreco.La Maschera, infatti, ci rende uno sconosciuto inmezzo ad altri sconosciuti e, quindi, l’oggetto mime-tico del desiderio triangolare viene meno per consen-tire di approfondire una ben diversa concezione delDesiderio.Possiamo, ora, concentrarci sul Desiderio “interno”,interiore, sul Fuoco Segreto, il Desiderio “centripe-to”.Il Mantello ci protegge e ci isola dalle correnti istinti-ve esaltando prudenza e discrezione.Relativamente alla distrazione e allo spreco è oppor-tuna una considerazione sui “nuovi strumenti di inte-razione informatica”. I Social Network possono rap-presentare una eccellente occasione di condivisionedi conoscenza e consentono a Fratelli e Sorelle lonta-ni nello spazio geografico una quotidiana interazione.Tuttavia i medesimi strumenti possono dar luogo adinamiche di “citazionismo compulsivo” e a tenden-ze alla esternazione. Oltre a ciò si impone il caveat –valido per tutto il ciberspazio – della spesso non faci-le verificabilità delle fonti del materiale condiviso ereperito e della non remota possibilità di imbattersi inidentità fittizie se non in vere e proprie forme di peri-coloso adescamento da parte di personaggi non lim-pidi. Come l’Associato Incognito – nel corso del suo per-corso di purificazione – deve porsi di fronte a talidinamiche? Quale è il trade-off tra rischi eopportunità? Penso che i concetti guida siano il non frain-tendere mai il mezzo con il fine e di avere unsano equilibrio nella valutazione della quanti-

tà di tempo da impiegarsi nelle attività di“messa in rete” rispetto ai concetti diMaschera e Mantello.

L’Iniziato deve essere prudente. L’Eremitadell’Arcano IX si muove a lenti passi illuminandol’oscurità con la lampada e sondando il terreno con ilbastone: prudenza e senno. La pratica della Rituaria quotidiana, della meditazio-ne sui pensieri-seme e la pratica delle tecniche di con-centrazione “scaligeriane” apre la porta ad una nuovavisione della realtà: una visione necessariamente kar-mica.Non possiamo più guardare al nostro sistema relazio-nale e percettivo come facevamo prima dell’inizio diquesto percorso.Ciascuno di noi sta facendo delle scoperte. Alcune lostanno mettendo a confronto con degli aspetti dellapropria personalità dei quali, forse, non aveva consa-pevolezza. Ed in questo Lavoro non semplice la RituariaMartinista è un insostituibile momento quotidiano diconcentrazione e di rasserenamento.

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IL DIGIUNO

come strumentoDigiunare dalla propria immagine di sè

MAATHOR - I:::I:::ORDINE MARTINISTA EGIZIO

ISIACO OSIRIDEO

Ormai è noto che l’incremento eccessivo dei mezzi

audio-visivi nei paesi ricchi non sempre giova allosviluppo dell’intelligenza, particolarmente nei bam-bini; al contrario, contribuisce a frenarne lo sviluppo.Il bambino vive di sensazioni, ne cerca di sempre piùnuove ed in tal modo diventa, senza rendersene conto,schiavo di questa passione contemporanea.Saziandosi di sensazioni audio-visive, rimane intel-lettualmente passivo; l’intelletto non si apre allaricerca della verità; la volontà resta vincolata dall’a-bitudine, alla quale non sa opporsi.Da ciò risulta che soprattutto l’uomo che percorre

una via di espansione della coscienza deve periodi-camente digiunare, cioè non solo asternersi dal cibofisico, ma da tutto ciò che agita o blocca il suo mondoanimico (1).«Digiunare», in senso mistico, significa attuare unapurificazione totale della coscienza rinunciandovolontariamente al male e al peccato (Delictum meumcognitum tibi feci; et iniustitiam meam non abscondi.Dixi: «Confitebor adversum me iniustitiam meamDomino». Et tu remisisti impietatem peccati mei. PS31). Questa privazione/sacrificio/distacco ci dà ildiritto di inserirci nella via iniziatica per contemplaree attrarre nel nostro cuore - divenuto puro - la Veritàche ci farà liberi e che ci farà diventare degli Adepti.«Digiunare», in senso iniziatico, significa esercitareun atto di volontaria carità, simbolizzato dalpellicano che nutre i suoi piccoli con il propriosangue, offrendo gli alimenti grevi in sacrifi-cio secondo il sacerdozio eterno diMelchisedek.

Mangiare è nutrirsi. Il cibo è ciò che occorreper mantenere la Vita, è tutto ciò che alimen-ta. Perciò si deve necessariamente includere

sia una parte strettamente fisica (sopravvivenza) cheogni parte mentale “dipendente”. Digiunare, in primalettura, è uscire dalla gabbia dell’ossessione - talvol-ta folle - del cibo che si assume normalmente, siaquello per il corpo che quello analogico per la parteanimica. La sua provenienza è soprattutto dall’ester-no all’interno.Che cosa succede quando si riempie di cibo lo stoma-co? Le sostanze alimentari verranno assimilate, dimo-strando così che non è il cibo a dare la vita, ma che èla forza vitale intelligente racchiusa nel corpo che tra-sforma gli alimenti in energia. È proprio questa cheè stata resa schiava dalla nostra identificazione con ilcorpo stesso. Il digiuno è uno dei modiin cui è possi-bile sviluppare l’autonomia dell’energia interiore.

(1) - Così sopra, così sotto; così dentro, così fuori. Il fine deldigiuno è di risvegliare la consapevolezza del mondo interio-re, con i suoi chiaro-scuri fisici e spirituali. Dunque ottenereuna maggior consapevolezza del sé. Le due fasi del processocreativo-rivelativo della luce divina corrispondono alle duefasi principali del procedimento evolutivo della vita umana,che gli alchimisti chiamarono solve et coagula, ossia la viasvelata dal Riparatore, caratterizzata dalla rinascita da acquae da spirito: «In verità, in verità ti dico, se uno non nasce daacqua e da Spirito non può entrare nel Regno di Dio» (Giov.3:5).Ogni azione, positiva o negativa che sia, crea delle vibrazio-ni. L’uomo è un “sistema energetico aperto” che mantiene unflusso continuo di scambio di informazioni con l’ambiente.Dunque è un sistema in stato di equilibrio dinamico ed è dota-to di flessibilità e di processi interni autoregolativi finalizzatiall’omeostasi, cioè l’attitudine propria degli organismi viven-ti (siano essi cellule, individui singoli o comunità) a mante-nere in stato di equilibrio le proprie caratteristiche al variaredelle condizioni esterne. Questo è possibile attraverso mecca-nismi automatici che regolano il flusso continuo di materialied energia attraverso il sistema stesso: ricordo per esempio lacapacità propria dei mammiferi di mantenere la temperatura

corporea ottimale al variare della temperatura ester-na e della quantità di calore prodotto nei processi delmetabolismo. Dunque l’uomo è un sistema in gradodi autoregolarsi, autoripararsi e rigenerarsi. E nonsolo sul piano fisico.

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Il nostro corpo è simile a una carrozza tiratada cinque cavalli: i sensi. Noi, ossia il Corpo,siamo il proprietario e il cocchiere di questacarrozza. Se non usiamo le redini dell’intelligenza perdominare i cavalli, perderemo il controllo della car-rozza ed essa precipiterà nell’abisso delle malattie,delle sofferenze, dell’ignoranza, della morte.La disciplina del digiuno (2) favorisce il contenimen-to dell’emozione, nel suo significato etimologico di“ex-movere”, cioè muovere dall’interno all’esterno.L’assenza di assimilazione dall’esterno, permette direndere il corpo-mente umano in condizione di auto-sufficienza per un certo periodo. Se la mente dell’uo-mo può essere considerato un universo a sé, nel digiu-no ci si ritrova a lottare e continuare a contrastare ilproprio ego, che è la parte ingorda, lussuriosa ed asse-tata di potere della propria persona.Dunque digiuno e astinenza sono strumenti per rinvi-gorire lo spirito, rendendolo capace di esaltare, nelsincero dono di sé, la propria essenza autentica.Attraverso i Salmi Penitenziali l’operatore è coinvol-to nella sua totalità di corpo e di spirito: l’uomo chesi appropria e si nutre delle cose viene sostituito dal-l’uomo che fa dono di esse.Tuttavia anche nelle pratiche di digiuno, come in ogniespressione della ricerca della spiritualità, si possonoannidare molte insidie: l’autocompiacimento, la pre-tesa di rivendicare diritti di fronte a Dio, l’illusione diesimersi con un dovere cultuale dai più stringentidoveri verso il prossimo. Per questo Isaia denuncia lafalsità del formalismo e predica il vero digiuno che ilSignore vuole: «Sciogliere le catene inique, togliere ilegami del giogo, rimandare liberi gli oppressi espezzare ogni giogo... Dividere il pane con l’affama-to, introdurre in casa i miseri, senza tetto, vestire unoche vedi nudo» (Is 58,6-7).Il digiuno fisico ed animico è dunque una professionedi fede con il corpo, consistendo in una privazio-ne/dono/autosacrificio, e anche in questo senso impo-ne una più radicale moderazione non solo delcibo, ma anche di tutto ciò che può essere diqualche ostacolo ad una vita spirituale prontaal rapporto con i Mondi Superiori, spingendoil martinista non solo a coltivare una più gran-

de sobrietà di vita, ma anche ad attuare unpiù lucido e coraggioso discernimento neiconfronti delle scelte da fare.

Attraverso questa pratica l’anima dell’uomo vieneliberata dalle catene delle sue voglie/abitudini/pregiu-dizi corporali, svincolata dalle tentazioni e più idoneaa volare verso l’Altissimo, purificata da tutto quelloche di corrotto esiste nel mondo.

(2) - L’intenso processo di purificazione è possibile a partiredal risparmio energetico dovuto alla particolare condizione diriposo fisiologico e al fenomeno dell’autolisi, processo attra-verso il quale il corpo si nutre delle proprie riserve alimenta-ri, determinando la liberazione delle tossine dai depositi chesono stati assorbiti dall’organismo.Durante la non-assunzione di alimenti esterni si è più in con-tatto con il proprio mondo interiore.Questo effetto viene potenziato grandemente, moltiplicatodall’uso della preghiera da inviare all’Altissimo dentro di noidopo il bagno di purificazione che chiude il digiuno.Non va mai dimenticata la forza di questo strumento per l’e-voluzione spirituale. Occorre dire che pregare ti fa capire dinon aver nulla. Quando si prega, si chiede qualcosa per sestessi o, meglio, per gli altri, magari per coloro che non sannopiù chiedere, per coloro ai quali l’orgoglio ha inaridito ilcuore, perfino per chi ha scordato come il Padre abbia orec-chie che sentono per Lui. Occorre pregare chiedendo come unvagabondo che implora l’elemosina per risolvere un suo biso-gno, perchè la preghiera appartiene alla condizione di coluiche è in viaggio e vede che la sua meta non è ancora rag-giunta. La preghiera è la confessione della propria debolezza,infatti è la propria povertà che implora soccorso, chiede forzaed invoca i doni del cielo e della terra.È evidente che la preghiera non è mai disinteressata, ma diquesto non bisogna farsene un cruccio: la “preghiera chechiede” è ancora lontana dalla spiritualità e si sostiene nel suomancato esaudimento. La nostra forza sta nel continuare apregare, anzichè farsi paralizzare dalla sua apparente ineffi-cacia. Emergerà in se stessi la consapevolezza di quanto rozzae vergognosa miseria avvolga il postulante, e dovremo com-battere il pericolo insidioso di pregare “come se...”, facendo-ne un gesto metaforico, quasi senza credere che Qualcunopossa ascoltarci. La Benedizione bisogna strapparla,all’Angelo, chiedergliela, richiedergliela, implorala spoglian-

dosi per cercarla, imponendo su di sé il silenzio, non-ostante si sappia ormai bene che si può solo tenderead esso.Ed occorre pregare con desiderio sempre più arden-te, con volontà sempre più incrollabile.

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Il raggiungimento di una cosciente consape-volezza di aver ceduto alle forze che allonta-nano dalla virtù, definita in altri contesticome la Forza di Fare il Bene, comprende in sé neces-sariamente il dolore e il pentimento, il desiderio di ri-conversione e l’espiazione («Amplius di lava me abiniquitate mea et uno peccato meo munda me.Quoniam iniquitatem meam ego cognosco, et pecca-tum meum contra me est semper» PS 50).Perchè purificarsi?Perchè i pensieri scorrono e occorre non diventarnesuccubi, ma divenire un testimone obiettivo.Generalmente non è così, ci si identifica sempre coni propri pensieri. Se c’è rabbia, si diventa rabbia. Seun pensiero ci tocca, noi non siamo un testimone, madiventiamo tutt’uno, ci incarniamo con quel pensiero,ci muoviamo con esso, ne assumiamo la forma.Quando c’è sesso, diventiamo sesso, quando c’è avi-dità, siamo avidità. Ci identifichiamo sempre conogni pensiero che ci tocca. Non mantieniamo maialcuna distanza tra noi e il pensiero.Ci dice invece la scienza sacra che in una via spiri-tuale, attraverso le sue progressive discipline, diventapossibile oggettivizzare il pensiero. Se lo si riesce afare, quando c’è rabbia la si potrà vedere come unoggetto e quindi non ci si sentirà più arrabbiati... ci sisentità circondati dalla rabbia solo come una nubesorta intorno a noi. Ma noi non siamo la rabbia e, senon lo siamo, la rabbia diventa impotente, non puòinfluenzarci, non ne veniamo intaccati. La rabbiaverrà e se ne andrà, e noi rimarremo centrati in noistessi ed in questa maniera non ci identificheremo piùcon i sentimenti negativi.Creare uno stato di “vuoto” che il cibo in qualchemaniera riempie e soffoca. Una sorta di rinascita del-l’identità perchè, ogni volta che si digiuna, l’animaacquisisce conoscenza.Mentre noi ci affanniamo a risolvere un problema(fisico o animico) le risorse che mettiamo in campofunzionano meglio se non interferiamo con ilpensiero: noi siamo prigionieri del sapereconosciuto, ragioniamo e ci nutriamo conquello.Perciò il digiuno serve soprattutto a portare il

cervello ad essere libero, leggero, facilitandol’avere contatti con il nostro intimo. Puliziainteriore ed emersione di forze innate e laten-

ti (o soffocare dalle grevità del cibo).Non si digiuna solo astenendosi dal cibo, ma da tuttequelle cose che creano in noi una dipendenza, perchèè un vero e proprio combattimento contro lo spiritodel male. Da un primo punto di vista, quindi, il digiu-no è un momento del più generale fenomeno dell’a-scesi.Per il Corpo il non introdurre il cibo equivale ad unapiccola morte. Nella rinuncia al cibo come assenza dibisogni - e quello di cibo è un bisogno istintivo fon-damentale - si pone le premesse per l’instaurare quel-la libertà interiore che è all’origine delle creazionispirituali dell’uomo.Il lavarsi per purificarsi implica anche che siamonascosti, posseduti da un camuffamento diabolico checi copre tanto fortemente che non ci rendiamo neppu-re conto della sua esistenza. Questa forza non-beni-gna, la forza della personalità, è quella che cerca dimantenere in tutti i modi lo status quo profano. QuelIO egoico deve essere lavato via, il Corpo mondatoper ritrovare l’immacolato SÉ che era stato imprigio-nato sotto.L’umiliazione dell’anima esprime in questo momentol’apertura alla grazia.L’astinenza dal cibo acquista allora una funzione sub-lime ed edificante, in quanto serve come preparazio-ne a uno slancio dell’anima ispirata.Nel digiuno l’intelletto trattiene le facoltà fisiche delcorpo e le facoltà interne dell’anima in questo si astie-ne (da qualsiasi cosa: nel pensiero, nella parola, neldesiderio, nelle immagini, o nell’azione). Controllarese stessi con amorevole austerità; tenere se stessi lon-tano da cattive qualità, dalle azioni malvagie e dagliatti diabolici, in modo che lo specchio del nostrocuore possa lucidarsi gradualmente, come direbbe unarabo.

Il digiuno della testa significa curare la pro-pria testa con la stessa umiltà, scacciandodalla propria testa il desiderio angoscioso disuperiorità, la sete di grandezza, la necessitàdel potere e il freno ossessivo dell’orgoglio.

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Il digiuno degli occhi significa che ci si devetenere lontani dal desiderare immagini edidoli.Quello dell’orecchio implica che ci si dovrebbe aste-nere dall’ascoltare ogni suono che non parli diSpirito.Il digiuno della lingua significa potenziare il silenzioed usarlo come strumento, ed inoltre che quest’orga-no deve essere tenuto a freno dal proferire menzogne,anche quelle inconsapevoli dette dalla persona.Il digiuno del cuore significa mantenere il cuore libe-ro dal dubbio ed orientarlo sempre di più verso laLuce. Il digiuno della mano è quello di mantenereanalogicamente gli arti lontani dal tradimento inmodo che essi non possano fare del male.Il digiuno, proprio in questo senso, diventa il primopasso per percepire l’essenza delle cose.A livello fisiologico l’astensione dagli alimenti portaa utilizzare sostanze di riserva dell’organismo (insequenza: grassi, proteine dei connettivi e dei musco-li, proteine del fegato e del sangue). L’Iniziato hafame del Divino, necessario, indispensabile per la suaEsistenza presente e futura. Viene detto che chi riem-pie lo stomaco, non lascia posto per altro alimento:dove trovare ancora un posticino per altri cibi come lapoesia, la musica, l’amore, la meditazione, la ricercadel sacro?E’ impossibile aprire i sensi interiori alle percezionedelle realtà spirituali se quelli esteriori sono occupatisino all’intasamento (3) sia da realtà materiali sia,peggio ancora ed in maniera più sottile, immaginati-ve. Dunque è indispensabile avere i sensi purificati erisvegliati, per cui nutrirsi significa integrare le ener-gie proveniti dalla Sorgente Unitaria.Riassumendo quanto fino ad ora detto, digiunaresignifica sperimentare la morte e la resurrezionecome mistero di trasformazione, perchè il digiuno - inquanto privazione di un alimento che ci mantiene invita - è paragonabile ad una morte simbolica. È dun-que un fatto salvifico e dispone lo spirito allasperanza nella dimensione trascendente che èoltre la realtà di questo mondo.È un incontro con la propria interiorità. Sitende a realizzare uno stacco dai legami e

dalla routine quotidiana per porre il corpo inunacondizione originaria, dove il sangue econ esso il sistema immunitario non vengano

disturbati dall’introduzione del cibo.

(3) - Con l’aiuto del Fratello Antares, posso dire che, sulladimensione della fisiologia occulta, il digiuno fisico coinvol-ge:1)- Lo Stomaco, che è Officina della Carne in quanto l’uomocomune fatto di materia ha fame di alimenti necessari per lasua sopravvivenza fisica.2)- Va intesa la Carne come corpo nel suo complesso psicofi-sico concreto. Il Pancreas è l’organo deputato alla realizza-zione e alla trasformazione della Carne così intesa. Mentre loStomaco è germinazione, il Pancreas è trasformazione/tra-smutazione da una sostanza in un’altra.Quando il potenziale della Carne è portato all’esterno è causadi tutte le corruzioni e di tutti i mali; quando è riportato all’in-terno è fonte interiore di sapienza. I Miti della TradizioneMediterranea, da Osiride in poi, svelano che quando la carnemuore alla superficialità e si fonda sull’interiorità dell’essere,l’Uomo è destinato a risorgere come Corpo di Gloria. In que-sta accezione il Pancreas svolge una funzione regolativaaffinché tutte le Energie si realizzino, permettendo il passag-gio dalla potenza all’atto, dall’irrealizzato al realizzato.Il digiuno, anche qui, pulisce i canali si erogazione dell’ener-gia.3)- Il Fegato, nella Tradizione, è l’Organo dell’Onore e deirelativi Oneri ed è associato alla Cistifellea e agli Occhi (altroorgano da purificare dalle immagini che trasmette all’inter-no). Nel Fegato il significato di Giusto Peso si connette conmolteplici elaborazioni spirituali che aumentano l’intensitàpersonale della consapevolezza.Il Valore Numerico di Kaved (il Fegato) è composto da Ket(20) + Bet (2) + Daleth (4), cioè 26, il Valore Numerico piùimportante della Cabbalà - IHVH, HAVAYAH (Esistenza),CHIUV (Positività), KIBED (Onore, Rispetto), BATAH-BA(Fede in Lui), KAVED (Fegato, Peso, Misura) -. Il 26esimonumero primo è 97: BEN ADAM: Figlio dell’Uomo. Alladomanda “EIZEHU CHAKHAM?” (Chi è saggio? = 97) sirisponde “KAVED”, cioè chi ha reso Puro il Fegato.Il digiuno riguarda specificatamente il Fegato.Digiuno, sia del cibo fisico, sia della parola, che deve essereaccompagnato dall’elevazione spirituale della preghiera, per-ché Kaved non sia invaso da forze spirituali inferiori, finchè

esso non sia totalmente realizzato.Il Fegato in equilibrio consente l’apertura degli occhie la giusta visione L’uomo apre gli occhi perdiventare consapevole della realtà, e quindi del pesodella propria coscienza.

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In questo stato di separazione dal collettivopossiamo tentare di riprendere contatto con ilnostro mondo energetico, al di là dei continuicondizionamenti di qualsiasi natura, cioè del potereche possiede ogni motore che avvia i nostri pensieriordinari. Ecco cosa dobbiamo cercare di disgregare(solve) e, poi, fissare questa nuova realtà purificata(coagula).Astenersi dalla parola, sperimentare la forza rigenera-trice del silenzio chiudendo le vie di comunicazionecon il mondo esterno per aprire quelle più sottili e benpiù importanti del mondo interiore è una forma didigiuno.Eliminare le azioni superflue è una forma di digiuno.Individuare una consuetudine e abbandonarla è unaforma di digiuno.Identificare ed isolare la propria maschera subcreata etoglierle il potere su di noi: questa è prima meta. Ilrichiamare alla mente ogni aspetto che allontana dallavirtù e “lavarlo via” si deve unire al proposito di nonassumere più in futuro quel cibo malefico.Ciò corrisponde all’impegno di far proseguire ildigiuno in ogni altro giorno, anche se non assistitodalla forze cosmiche, ma dalla propria volontà: e,mentre assumo o non assumo il Cibo, cercare chenessun altro secondo pensiero sposti l’attenzione. Èun segnale del nostro rifiuto da tutto ciò che allonta-na. Dice Agostino: “Il digiuno veramente grande,quello che impegna, è l’astinenza dalle iniquità, daipeccati e dai piaceri illeciti del mondo, …”.In sintesi, la mortificazione del corpo (“mortificare”vuol dire dominare il corpo) è segno della conversio-ne dello spirito grazie anche alla disciplina del digiu-no.

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Uno scopo

nel nostro percorso

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stiamo vivendo un periodo storico in cui nascono

numerosi gruppi, associazioni, sette, e chi più ne piùne metta, per non parlare della caotica ma superficia-le New Age che, secondo me, è forse la meno nociva.Anche nel mondo cristiano, cattolico, si sono svilup-pati molti movimenti e associazioni. Se chiediamo a questi soggetti quale sia lo scopo delloro impegno, molti risponderanno descrivendo laricerca di un benessere psico-fisico che si limitacomunque al mondo di Malkut, al regno in cui non èpossibile trovare facilmente un simile equilibrio,essendo questo il luogo dell’esperienza dell’anima incui, prima o poi, dobbiamo sperimentare anche idolori, i sacrifici per poter crescere.Altrettanto dicasi per i movimenti religiosi in cui allaprecedente domanda qualcuno risponderà giustamen-te che pensa di andare in Paradiso, ma il problema èche magari crede di riuscirci con un minimo di vitaborghese, decorosa, con limitati sacrifici; questoovviamente secondo il pensiero dominante. E’ ancorapiù assurda l’illusione di ottenere tutto ciò mantenen-do la propria personalità terrena (ovviamente, secon-do il mio punto di vista).Questa, infatti, è costituita dall’io carnale che, cometale, nasce e muore in questa esperienza terrena e checostituisce una zavorra per l’io spirituale, diretto araggiungere i regni superiori.Infatti la personalità ed il carattere funzionalialla sopravvivenza materiale sono adatti allavita pratica ma sono impermanenti.A volte, qualche Maestro ricorda ai propri

figlioletti, quando porta la loro attenzionesulla dimensione onirica, che è opportunoverificare (ognuno tramite la personale sensi-

bilità percettiva ed interpretativa) la possibilità dicomunicazioni con altri piani che questa può rappre-sentare; infatti e per fortuna, nessuno che abbia subi-to un’iniziazione, almeno ai livelli inferiori, ha il con-trollo sui propri sogni ed è proprio durante il sonno,quando la personalità tace, che forse si manifesta l’a-nima (alcuni la definiscono come la personalità astra-le) ed i suoi probabili contatti con ambienti diversi daquelli materiali. Anche nella Bibbia si riconosce l’importanza deisogni, sia rivelatori che profetici; nel libro di Gioele(15), che è incentrato sull’avvento dello SpiritoSanto, si dice che a questo scopo “manderò ai vostrivecchi dei sogni e ai vostri giovani delle visioni”. Pernon parlare, poi, di Giuseppe che interpretava i sognidel Faraone ecc. E’ stato scientificamente provato che i sogni, cosìcome le visioni in stato di veglia, avvengono in unafase particolare dell’attività del nostro cervello che sipotrebbe banalmente definire di distacco dal mondopratico e concreto che ci circonda; quindi, l’ipotesi èche in tale situazione si possa finalmente lasciare spa-zio ed ascoltare l’io spirituale Questo potrebbe far parte della Super coscienza jun-ghiana, oppure è una parte del tutto che promana dalPadre, l’Adam Kadmon dei cabalisti, il Melkhisedekdegli esseni, ecc.Nella II lettera ai tessalonicesi (3.23) San Paolo dice:“…tutto ciò che vi appartiene anima corpo e spiritodevono essere mantenuti puri…”. I proto cristiani benconoscevano questa verità, così come i padri deldeserto dei primi secoli dopo Cristo.Secondo gli insegnamenti Tradizionali, l’anima èstrettamente legata al corpo fisico a cui dà vita ilRuach dei cabalisti: il “soffio vitale”.Conseguentemente, l’anima seguirebbe la materia

nella sua caduta nel regno fisico; anche lo spi-rito segue l’anima, ma forse la sua altissimavibrazione lo ferma al livello del “corpo astra-le” dei teosofi.E’ possibile che da tutte queste premesse, sia

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possibile cominciare a delineare un probabilescopo del nostro percorso di Associati.Credo che la nostra anima debba lavoraremolto assiduamente per ripulirsi, affrancarsi dai con-dizionamenti del mondo materiale, acquistando sem-pre più energia e una più alta vibrazione funzionale alritrovamento di una maggiore armonia con l’io spiri-tuale.Purtroppo, secondo una delle ipotesi esistenziali, nel“Regno” dominerebbero le forze antagoniste che siopporrebbero alla nostra crescita, che vorrebberotenerci legati alle energie emozionali che servirebbe-ro ai cosiddetti Arconti, ma non a noi.Si dice anche nelle Sacre Scritture, che chi in questavita avrà cercato unicamente la materia, solo questaotterrà. Così quando l’anima, a seguito della mortedel corpo, sarebbe libera dalla materia, verrebbe peròbloccata dagli Arconti e rimandata sulla terra (dinuovo nella materia), non avendo l’energia vibrazio-nale sufficiente per seguire lo Spirito nel Regno diLuce.Il percorso Martinista nel primo approcciod’Associato, potrebbe apparire erroneamente all’oc-chio distratto, per molti versi ancora profano, di tipoexoterico. Infatti, in questa fase si potrebbe esseremaggiormente attratti dai molti libri proposti (tra que-sti anche i tarocchi, su cui sarà poi opportuno fare undiscorso a parte), anziché dagli esercizi psicofisicifinalizzati a potenziare la concentrazione, la volontà,e dalle meditazioni strutturate, unite ai rituali operati-vi, giornalieri. Inoltre, non sempre si comprende chei libri devono essere Studiati e non semplicementeletti. Lo studio che non deve rimanere uno semplicesforzo mnemonico o culturale, è importante perchéconsente di decodificare le indicazioni analogiche econvergenti dei molti fratelli (i quali ci hanno prece-duto, in ogni tempo ed in ogni luogo); queste sonocelate dai simbolismi sparsi apparentemente con noncuranza nelle descrizioni più superficiali e descrit-tive di ogni testo. Intuendo quanto ci sarà pos-sibile, e trovandone i riscontri concreti, dentroe fuori da noi, si potrà poi interiorizzare la pro-gressiva conseguente conoscenza. E’ pur veroche l’elaborazione di quanto appreso varia per

ciascuno, perché deve confrontarsi e amalga-marsi secondo un termine alchemico, conquanto già abbiamo di innato o di sperimen-

tato nella nostra vita.La pratica relativa alla ciclica esperienza di medita-zione strutturata (usufruendo dei pensieri seme deri-vati dalle pubblicazioni del Sedir) ovviamente èmolto importante perché ci consente di mettere “afuoco” i nostri difetti, alimentati dalle cupide passio-ni, le manifestazioni della personalità che ci leganoalla materia contribuendo così a conoscerci in ogninostra sfaccettatura. Ciò potrebbe consentirci di ope-rare poi delle scelte di cambiamento. La loro concre-ta messa in pratica potrebbe rendere più “pura” lanostra anima. Per la mia esperienza, spesso la meditazione mi hafatto percepire quale e quanto sia il peso che esercitala materia sullo Spirito.Vorrei concludere, tenendo comunque conto degliinevitabili limiti conseguenti alla mia ancora breveappartenenza all’Ordine, esprimendo la convinzioneche il Martinismo possa rappresentare, come altre vieTradizionali, un percorso di consapevolezza progres-sivamente globale dell’animo umano; quindi, unapossibilità concreta di rigenerazione personale edauspicabilmente universale dell’Io Spirituale. Ineffetti, riuscendoci, una tale impresa sarebbe ben piùstraordinaria di quella “sapienza” chiesta daSalomone a Dio. Secondo la mia esperienza, l’Associato dovrebbeimpegnarsi profondamente con meditazione e rifles-sioni, ad indagare costantemente sui simboli delnostro Ordine: i lumi, la maschera e il mantello. Lo studio dei lumi mi affascina particolarmente. Si dice nel vademecum che dal trilume deve emerge-re, deve essere percepita un’unica luce. Al principio mi sembrava una cosa molto difficilecomprendere di che potesse trattarsi, in quanto nonintuivo cosa potesse essere indicato oltre alla comu-

nicazione letterale. Poi, col tempo, con le scoperte derivate dallemeditazioni, unitamente ai suggerimenti delmio Maestro, sono riuscita a modificare lamodalità d’osservazione, ad interiorizzare

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questa luce ed è stata una rivelazione che miha dato serenità. Credo di aver intuito che: al di là della molte-plicità c’è l’unità, da molti colori nasce la luce bian-ca, dalle mille preoccupazioni ed affanni della nostraquotidianità nasce un’unica verità, quella del nostroio più profondo, contemporaneamente esistente supiù piani, che con tanta fatica dobbiamo rendere piùlimpido ed operante. La maschera mi ha creato molti problemi all’inizio;mi dava sempre l’impressione che fosse solo un bana-le modo di nascondersi. Ovviamente mi sbagliavo; in fondo la maschera è perla nostra immagine quello che il silenzio è per ilsuono. Protetti nell’anonimato, si può tentare di far tacerequelle emozioni pesanti che ci attanagliano alla mate-ria e non solo ad essa: desiderio di potere, di superio-rità e non ultima la paura. Vorrei accennare qualche cosa su quest’ultima; nonparlo della paura di fronte ad un aggressore armato odi altre situazioni di pericolo in cui questa è utile,indispensabile, per la sopravvivenza. Mi riferisco alla paura di cambiare, di abbandonarevecchi inutili e dannosi schemi mentali che in realtàci impediscono di trovare la felicità che non può tro-varsi nelle cose mondane, come tutti, forse, abbiamo,più o meno, sperimentato nella vita.Nè va trascurato il mantello che ci isola dal mondo.Come ho già accennato più sopra: le forze negative(dentro e fuori da noi) non ci vogliono liberi e soprat-tutto in pace, perché si nutrono delle nostre emozionipiù basse e queste purtroppo sono intorno a noi pron-te a riportarci al vecchio modo di vivere. Per questo è importante avvolgerci nel mantelloquando siamo in mezzo ad altri uomini o coinvoltinelle interazioni della necessaria quotidianità, maforse è opportuno non dimenticare di farlo anche osoprattutto quando siamo soli con noi stessi e tentia-mo di conoscerci veramente.Ho potuto constatare che il vademecum è,come dire, “un pozzo senza fondo”; quandopensi di essere arrivato ad un buon punto distudio e di comprensione, in realtà hai solo

aperto la prima di molte porte e per quantoriguarda il nostro percorso, hai solo tolto leprime scorie dello strato superficiale.

MIRIAM - I:::I:::ORDINE MARTINISTA

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Il Mantello

MIZAR - S:::I:::ORDINE MARTINISTA EGIZIO

ISIACO OSIRIDEO

Il Mantello è uno degli strumenti, nonché simbolo e

segno, tra i più significativi nell’ambito delMartinismo.Il termine deriva etimologicamente dal latinomantĕllu(m) “velo”, da cui molti ricavano, dopo l’e-voluzione medievistica “mantello”; per altri diminu-tivo di mantum “coperta” dal persiano mandyas,riporta immediatamente a qualcosa che copre, vela eforse per alcuni aspetti cela e nasconde, tutte funzio-ni che correntemente vengono spesso interpretate conun’accezione che implica un giudizio di valore perlo-più negativo o detrimenti.La persona, l’individuo e la società devono infatti, peri comunemente accettati parametri sociali correnti,essere “aperti”, comunicativi, “esposti” e quindiimplicitamente, per proprietà transitiva, accessibili.Ma accessibili a cosa?Forse a tutte le sollecitazioni che per vari fini ci lega-no ad una realtà sempre più massificante e conformi-stica nei confronti dei predominanti valori della glo-balizzazione socio-economica?Ove non piuttosto a tutti quegli atteggiamenti e con-vincimenti che rendono l’individuo coerente con lemode culturali ed epistemologiche del contesto socia-le di riferimento?Ebbene, nel simbolo e significato del Mantello, che difatto copre, nasconde, tutela, divide e per così diresepara e impermeabilizza è riposto uno dei significa-ti più importanti, non solo per il Martinismo, maanche per tutte le forme di conoscenza che sivogliono definire esoteriche, quand’anche nonIniziatiche.Lascio a Voi stabilire e discernere quale sianogli elementi e i componenti allogeni alla vera

dimensione umana, in quest’epoca di quanti-tà le radici qualitative sono celate, in soffe-renza delle spinte del démos, del volgo indi-

stinto e pericolosamente declinato secondo valenzeegualitarie e massificanti.Il Mantello, per converso è anche il simbolo dellaseparazione tra i diversi stati d’essere e coscienzaumani, cui corrispondono i Piani di EsistenzaCosmica, quindi non è un ente che divida in assoluto,bensì un tramite che ordina un insieme complesso dianaloghe corrispondenze.

“…Come in Basso così in Alto, come in Alto così in Basso…”

La parte iniziale della Tavola di Smeraldo ri-vela que-sto concetto.La Nostra componente somatica, immanente edimmersa nel quaternario ci rende fisicamente effi-cienti nonché potenzialmente efficaci ma ci limitaove non si apra il cuore, mediante il desiderio, alleenergie vibrazionali più elevate.Il conseguimento della consapevolezza che la materiain quanto tale è solo una forma di manifestazione,come anche il nostro Corpo Fisico, permette di per-cepire quest’ultimo proprio come un mantello, unvelame, quindi una struttura costringente sebbeneimprescindibile, necessaria quindi alla nostra condi-zione evolutiva da incarnati e utile all’esercizio dellefacoltà caritative spirituali.Nel Degli Errori e della Verità il Filosofo Incognitospecifica: “La materia non sia vera. Si deve passareattraverso di essa per entrare nel reale”Ma la nostra esistenza materiale in questo PianoFisico non è che una immagine, un eidolon, che celal’Unico Reale che può essere raggiunto ed esperitocon una continua e persistente azione rettificatriceveicolo di Reintegrazione.Ecco il Mantello non solo simbolo e icona dell’isola-mento interiore necessario a lavorare secondo deter-minati Offici Meditativi, ma anche un velo che in

quanto tale separando mette in comunicazio-ne, mediante l’adiacenza e sussistenza mede-sima di due facce o lati di un unico mezzo, latibeninteso, che possono anche essere di diver-so colore.

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L’Essere Umano completo e rettificato è rap-presentato dall’ultima lettera dell’alfabetoebraico, la ת, Tav, valore ghematrico 400, acui viene tradizionalmente fatto corrispondere ilMantello.Attenzione, per alcuni versi, l’ultima rettifica, nonchétrasmutazione, avviene quando le parti energetiche esottili si distaccano dall’involucro fisico, il corpo,ossia con il fenomeno profanamente conosciuto comeMorte.Ecco che il Mantello è anche identificabile con un“cancello”, una “soglia”, insomma, non vi è necessi-tà di una cortina ove non si debba velare un varco.L’ultimo tragitto da incarnati ci porta ad affacciarcialle realtà incorporee; a quale corrente verremo assi-milati dipende apparentemente solo da noi, forse è giàtutto determinato ma il Mantello Cosmico, il Velo diMaya ci rende presuntuosamente ignoranti e quindirelativamente liberi.Nel tentativo di penetrare e rivelare questa illusioneauspico che la Prudenza guidi i Nostri LavoriInteriori, in quanto tali, invisibili alla percezione pro-fana!

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ISIACO OSIRIDEO

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Strumenti e metodi

OBEN - S:::I:::ORDINE MARTINISTA

Vuoi tu conoscere e attendere ?

Così l’iniziatore si rivolge all’aspirante Associato,che dovrebbe già essere (o rivelarsi comunque poi nelpercorso) un c.d. « uomo di desiderio » ossia un uomoo una donna che ha intuito la natura divina insita nellaforma umana e vuole studiare le vie per renderecosciente tale intuizione intraprendendo il progressi-vo sentiero della reintegrazione per liberarsi dal con-dizionamento e dal determinismo della realtà umana(come recita il nostro vademecum).Da questa prima enunciazione già si può comprende-re che gli strumenti e i metodi dell’AssociatoMartinista di cui si tratterà nel prosieguo ed oggettodi questo Convento sono sostanzialmente forgiati eparticolarmente adatti nella nostra tradizione peruomini e donne aventi determinate caratteristiche: • maggiore età, per la maturità anche animica, gradodi istruzione media o comunque una cultura suffi-ciente ad affrontare le dottrine esoteriche e i problemimetafisici, siano persone sostanzialmente libere e chenon dipendano da associazioni che richiedono giura-menti restrittivi o da partiti politici che li obblighinoa fare propaganda o adattarsi ad essere informatori,siano tendenzialmente leali e credano nell’esistenzadi un ente superiore e nella possibile immortalità del-l’anima. Soprattutto credo sia importante che abbiano anche lavolontà e la costanza nel conseguimento degli obbiet-tivi che si prefiggono, unite al forte desiderio di cono-scenza, in primis di sè stessi, quale microco-smi in un macrocosmo. Credo sia importantesottolineare a cosa l’associato deve poterepotenzialmente tendere per potere poi cammi-

nare negli ulteriori gradi. Ritengo di sottoli-neare che il modello (archetipo) con cuiviene generalmente rappresentato il poten-

ziale iniziato nei Tarocchi è il « Bagatto ». Penso che il meditare sul numero e simbologia del I°dei 22 arcani maggiori possa contribuire a chiarire aciascuno le caratteristiche che è necessario (almenoin qualche misura acquisire) per accingersi a iniziare,passando dalla sezione exoterica a quella esotericadell’Ordine, un percorso iniziatico tradizionale.L’aspirante Martinista dovrebbe avere il desiderio, lapossibilità e volontà di elevarsi (almeno un po’) soprale esigenze della materia e di penetrare i mondi sotti-li. Condizione questa ultima necessaria per potereacquisire almeno quel minimo di conoscenza e liber-tà per potere effettuare sempre più consapevolmentele possibili scelte che si presenteranno nel prosieguodel percorso. Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi(Giovanni 8, 32). Ritengo che queste parole contenu-te nel Vangelo di Giovanni intercettino in modoimmediato l’anelito più profondo che caratterizza ilcuore dell’uomo e « la sua via cristica del cuore ».Nella storia del resto tra verità e libertà c’è stata sem-pre una tensione che ha delineato alla base i diversipercorsi verso la divinità (religiosi di fede dogmaticada una parte e iniziatici di ricerca personale dellaverità dall’altra). Nei percorsi di fede alcune veritàgeneralmente si offrono come assolute, totalizzanti ;la libertà, conquista della verità, d’altra parte, nonaccetta poi coercizioni. Nei percorsi iniziatici tradi-zionali, quale quello Martinista si parte da verità chesi sentono vere, anche se non si conoscono perfetta-mente in ogni aspetto, quali ad esempio la nostranatura divina e si cerca di svelare, illuminare quantoancora risulta in ombra o coperto alla nostra com-prensione. Sostanzialmente si parte da questo seme diverità presente in noi e lo si nutre cercando e lascian-do spazio a nuove verità, rami, frutti che potranno

manifestarsi.Per ciò che ho potuto constatare secondo la

mia esperienza il percorso Martinista è un per-corso che già dal grado di Associato si rivelaoperativo.

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L’Associato se vuole camminare deve esseredisposto a operare con costanza e determina-zione su se stesso per cambiare. Del restocredo che se fossimo già come spesso ci raccontiamo,puliti, senza errori, buoni, giusti e perfetti non avrem-mo bisogno di nessun percorso o ricerca e la verità ela capacità di vedere che cerchiamo sicuramente l’a-vremmo già, e forse non saremmo neppure qui.Un percorso tradizionale, almeno per quanto di miaconoscenza, non è mai fatto di rose e fiori, ma di duroe costante lavoro per la costruzione della corazza edelle spine a protezione del fiore. Senza spine non si protegge il fiore e senza fiore oqualcosa da proteggere non credo servano le spine.Tra gli obbiettivi per non distruggere il fiore, ma nep-pure le spine affinchè si servano a vicenda, ritengo videbba essere quello dell’aspirante Associato e poiIniziato Martinista di raggiungere la conoscenza epossibilmente un adeguato dominio di sè stessi. Perfare ciò ritengo si debba essere disposti a rivedere erettificare il proprio essere psichico, morale, intellet-tuale. Tale rettifica non credo sia possibile se nonmediante il simultaneo esercizio della volontà, del-l’intuizione e del raziocinio. Ho peraltro sempre pen-sato che con la loro completa concordanza l’uomopotesse evolvere le proprie facoltà sino a limiti incal-colabili. Mediante studi adeguati e costante applica-zione ritengo quindi si possa arrivare a mettersi inrapporto cosciente con le forze divine dell'universo,fino a raggiungere, la diretta percezione spirituale. Circa il concetto di studi adeguati che ho appenaespresso vorrei precisare che non tutto è conoscibiledall’esterno e dai libri, ma una parte importante èlasciato alle risposte interiori o alla tradizione orale. Non tutto è nei libri. Anche nella “Torah” si può nota-re che mentre effettivamente non ci sono vocali scrit-te, non è completamente esatto dire che la Torah nonha vocali. Alcune consonanti si prestano alla letturacon le vocali. Comunque le vocali, o “nequdot”, nonsono mai state realmente segnate nella Toràstessa, ma le “nequdot areof”, sono ritenutenella tradizione ebraica importantissime e diorigine divina proprio come le lettere conso-nanti.

Generalmente secondo i rabbini è proprio ilfatto che le vocali non sono state scritte neltesto vero e proprio che permette di ricavare

più livelli di significato e interpretazione dal medesi-mo testo o parole. Ad esempio, cambiando il modo incui una parola ebraica è in realtà vocalizzata con altripossibili modi, si deducono leggi della Torah e ordi-nando le vocali, nuove dimensioni di lettura si posso-no sempre rivelare.Le lettere possono anche essere paragonate al corpo ela nequdot all’anima. Come il corpo, le lettere sonotangibili e fisiche, le vocali-nequdot, sono general-mente nascoste, ma sono ciò che dà loro vita.Cabalisticamente c’è chi ritiene, che siano proprio le9 vocali (fra lunghe, medie e brevi) del sistema voca-lico della lingua ebraica a rendere espressivo il lin-guaggio penetrando nelle sue potenze e qualità inte-riori rendendolo espressione creativa. Pur ritenendo interessante già dal grado di Associatol’approfondimento delle caratteristiche di ogni singo-la lettera e vocale ebraica in questa sede mi limito acitarne una sola, di seguito riportata in segno graficosotto la consonante Alef: ֶא. Trattasi nella fattispecie della vocale “Segol, corri-spondete al suono “E”. Segol sono tre punti sotto unalettera che crea una forma di triangolo. Questi trepunti aggiungono il suono "E" come in "eco" allaconsonante. Per esempio, aggiungerla alla Bet darebbe il suono"beh". SegoL, simbolicamente è vista anche come ilpunto che compare per riconciliare gli opposti. La suapresenza allude sempre ad una espressione di Verità,che si traduce “Emet” (תמא) e che contiene di fattodue “segol”. Segol significa anche “adatto”, punto disintesi e richiama graficamente il numero tre, ossial’importanza del ternario e della sua sintesi nella veri-tà. Concetto quest’ultimo che ritengo sicuramenteben noto a tutti noi Martinisti. L’Ordine Martinista, filiazione di Louis Claude de

Saint Martin sugli insegnamenti e sulla tra-smissione iniziatica di Martinez de Pasquallye sulle dottrine di Jacob Bohme, si prefiggeinfatti essenzialmente lo scopo di reintegrarel’individuo in quegli stati di conoscenza che

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sono propri dei cammini iniziatici.Innanzitutto quindi suggerirei a chi si avvici-na al percorso Martinista di cercare di cono-scere il prima possibile il pensiero e l’opera di questigrandi iniziati (ovviamente per quanto è possibile,considerato che i loro scritti si comprendono con lospirito e non solo con la mente). Importante è ancheintraprendere lo studio della simbologia e di tutto ciòche ha una valenza simbolica ad iniziare dalle lamedei tarocchi e dalle lettere dell’ alfabeto ebraico, sinoad arrivare a scoprire che tutto dentro e fuori di noi èin qualche modo simbolo ed è riconducibile ad arche-tipi universali. Per potere comprendere, occorre iniziare a vedere eper fare luce occorre una propedeutica opera di anali-si e pulizia interiore di tutto ciò che non ci appartie-ne, che è vizio, errore e/o frutto di condizionamento osemplicemente che non ci piace di noi. Attività quest’ultima che viene anche definita la c.d.« spogliazione » dell’Associato. Essa viene favoritadal supporto di specifiche meditazioni da ripetersi per28 giorni ogni mese a partire dal giorno successivo alnovilunio secondo una sequenza ben dettagliata nel «vademecum del grado » che viene consegnato ad ogniAssociato.Le meditazioni unite al costante esercizio della con-sapevolezza di tutto cio’ che comporta il pensare eagire, sono sicuramente un valido mezzo per aiutarcia raggiungere gli obbiettivi del percorso in grado diAssociato. Realizzato questo, con il tempo credodivenga del tutto naturale porre la massima cura, sianell’esprimersi verbalmente che nell’agire, per evita-re (per quanto ci è possibile) di arrecare confusione,caos, dolore, danno, agli altri.A questo punto, potremo anche forse cominciare a

tirare su da soli la nostra acqua dal pozzo, senzaaspettarci sempre suggerimenti e risposte, come miha sempre incentivato a fare da sola il mio Iniziatore. Ritengo la sopracitata « spogliazione » dell’Associatocondizione necessaria del percorso Martinistaper tentare progressivamente di ripristinare(con l’aiuto eggregorico e dei nostri maestrivisibili ed invisibili che ci aiuteranno a vedereciò che ci limita, talvolta anche mettendoci

proprio con le spalle al muro) un rapportosempre più armonico e consapevole con lenostre essenze interiori e divine. Tutto ciò

comporta anche il riflettere e meditare su come « fun-zioniamo » ed interagiamo con l’esterno, imparandoad osservarci con distacco emotivo, come se fossimoun terzo che ci guarda (e talvolta anche giudica) men-tre agiamo. Le tecniche di osservazione/meditazione e gli obbiet-tivi vengono suggeriti dall’iniziatore insieme ai testidi libri che è opportuno leggere e conoscere in gradodi Associato. Testi, metodi e suggerimenti possonoanche in qualche misura differire tra un Associato el’altro in funzione delle peculiarità e interessi di cia-scuno, nel cammino di ricerca del proprio sè, tra idedali della propria interiorità. In ogni caso credo chenon si possa prescindere nel percorso del nostroVenerabile Ordine da un metodo comune costituitodal “ritualino” meditativo giornaliero in armonia conle fasi lunari, dallo studio della simbologia e dagliinsegnamenti tratti dalle materie di studio suggeritedal vademecum del grado e dalla comprensione e pro-gressivo consapevole uso dagli strumenti tradizional-mente forniti sin dal grado di Associato dall’OrdineMartinista. Come sappiano credo tutti, lo studio della simbologiaha grande importanza. La piena conoscenza di unsimbolo ci armonizza avvicinandoci alla verità dellecose e ci consente di dialogare interiormente con lanostra triplice natura (spirito, anima, corpo). Avere laconoscenza profonda di un simbolo sul triplice pianoritengo che equivalga a possedere una chiave o cono-scere una frequenza per ulteriori comunicazioni/rice-zioni e intuizioni analogiche. Visti in questa ottica isimboli dell’Ordine Martinista sono ottime chiavi estrumenti di conoscenza.Essendo in questa sede, sicuramente noti a tutti perpeculiarità e caratteristiche i simboli dell’OrdineMartinista, già da me singolarmente affrontati in pre-

cedenti Conventi, vengono qui per completez-za d’esposizione semplicemente elencati :• Il Sigillo dell’ esagramma dell’ordine condue triangoli uno bianco uno nero intrecciati arichiamare tra le altre la legge dell’equilibrio ;

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• Il Numero, Il Segno, la Parola, ilToccamento, necessari a creare il nostro tradi-zionale collegamento a mezzo dell’eggregoreMartinista. • Il Tappetino con i tre colori dell’opera alchemicanero, bianco e rosso; nigredo, albedo, rubedo, a ricor-dare l’alchimia spirituale e i lavori che ci si accinge asvolgere su se stessi. Seguono nell’elenco per ragioni d’ordine espositivo enon certo d’importanza i tre STRUMENTI/SIMBO-LO dell’Ordine Martinista che vengono generalmen-te identificati come gli strumenti del nostroVenerabile Ordine posti a diposizione dei Martinistisin dal grado di Associato : 1. IL TRILUME a ricordare la presenza/importanzadel ternario e delle tre luci presenti in ogni cosa crea-ta, che dovremmo esercitarci a vedere sempre per poifarne un’unica fiamma. 2. LA MASCHERA, strumento indispensabile (tra lealtre cose) per ottenere sin dal grado di Associato ilnecessario isolamento per trarre in silenzio interiore iprincipi per l’avanzamento nella via iniziatica, diven-tando uno sconosciuto fra altri sconosciuti. ;3. IL MANTELLO, lo strumento che personalmenteritengo più importante e profondo e caratterizzante lepeculiarità del nostro Venerabile Ordine Martinista.Mantello che nasconde colui che ne conosce i molte-plici usi agli occhi dei malvagi e dei profani e chedovrebbe sempre coprire l’iniziato con le sue piegheprotettrici. L’Associato pur avendo il Mantello comestrumento a disposizione da subito, ritengo che debbada solo imparare con la costanza del lavoro operativosu se stesso a percepire di cosa si tratta realmente, perpotere iniziare a usarlo consapevolmente ed a perfe-zionarlo e adeguarlo a se stesso, chiudendone e ricu-cendone ogni possibile buco. Buco che può esseresecondo me rappresentato a mero titolo d’esempio enon esaustivo da: ignoranza, fanatismo, ambizione,mancanza di concentrazione e volontà, responsabilitàpregresse da comprendere e fronteggiare,timori, errori o peggio, vizi, percezione di sèdall’esterno e necessità di consenso e, in par-ticolare, dall’eccessiva reattività emotiva chepiù che un buco realizza, a mio modo di vede-

re, un vero e proprio strappo nel mantello.Alcuni di questi buchi corrispondenti a vizida vincere mi ricordano la “via crucis” che si

compie generalmente con un senso orario tipico delmoto solare in direzione delle porte poste alle regioniilluminate dal sole ed il comportamento dei tre assas-sini del maestro Hiram che riprende i concetti di indi-vidualismo e di egoismo che hanno carattere simboli-co di vizi carnefici dell’anima umana e che il maestroHiram Abif, nella simbologia della massoneria di ritoscozzese, rifiuta.Al tempo stesso il numero tre riconduce all’unità, alse stesso che in questo caso rappresenta la “indivi-dualità”, che deve “morire” nei confronti di un’eleva-zione del se stesso cosmico. Solo dopo che avremolottato contro la nostra ignoranza, fanatismo e ambi-zione, la nostra parte migliore arriverà a prevalere suquei «difetti» che, ci impediscono di riconoscere lanostra vera Identità, che si incontra oltre il velo del-l’effimero «io» che ci mantiene prigionieri del «desi-derio dell’esistenza individuale». Se saremo in gradodi fare ciò credo che il nostro mantello non avràbuchi.Al di là di quanto ho appena detto ritengo sia diffici-le, se non impossibile, fare pienamente comprenderea chi non ha mai provato il suo utilizzo che cosa sia,e quale fondamentale importanza abbia il Mantelloper il Martinista. L’ignoranza ed in particolare il nostro « avversario,anche se apparentemente vinto, sarà costantemente inagguato e cercherà di spostarci dal nostro centro perportarci « sempre » sul suo piano, poichè lì si sentepiù forte. Il nostro integro Mantello può in questi casitra le altre cose isolarci e portarci in piani più sottili econgeniali al nostro intero essere sottraendoci al com-battimento o scudandoci se decidiamo di affrontarlo,rivelandosi in tale funzione anche una potentissimaarma di difesa. La provvidenza potrà poi fare il restoe anche la difesa potrà realizzare qualcosa di più

ampio.Una Tale esperienza ritengo sia nell’essenza

incomunicabile a terzi come del resto granparte delle esperienze iniziatiche.Gli Strumenti dell’Ordine Martinista come si

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può notare, sono pochi e semplici rispetto adaltri percorsi, ma sono essenziali e molto utiliper chi ne approfondisce con la meditazione ilsignificato, ne comprende con l’analogia l’archetipoche rappresentano, ne apprende con l’esperienza eutilizzo il funzionamento.Credo che l ’Associato abbia generalmente modo,senza fretta, durante la sua permanenza nel grado,dato che si è impegnato anche ad attendere, di inizia-re a percepire in che cosa consiste il cammino di rein-tegrazione rappresentato dalla via Martinista delnostro Venerabile Ordine. Penso però che ciò gli siapossibile solo se rispetta sostanzialmente il program-ma e le attività previste nel « vademecum » del suogrado. In sostanza, quindi, se impara a rilassarsi, a concen-trarsi fermando la mente a contemplare, meditare edesegue i semplici rituali giornalieri e utilizza progres-sivamente con costanza e volontà cercando di com-prenderne l’essenza i pochi (ma essenziali strumenti)posti a sua disposizione dall’Ordine Martinista. Il fatto che gli strumenti, le meditazioni e i riti di puri-ficazione, propedeutici ad aprire la via del cuore alsentire e comprendere ciò che non è solo materia,siano essenzialmente semplici non vuole dire che ilpercorso sia facile. Personalmente ritengo per espe-rienza che pur non essendo facile valga assolutamen-te la pena intraprenderlo. Penso che quando si decide, in buona fede, di inizia-re un percorso iniziatico tradizionale come quelloMartinista (e perchè possa essere definito tradiziona-le credo sia importante comprendere e verificare conattenzione le filiazioni e discendenze iniziatichedell’Ordine per valutare le possibili influenze eggre-goriche) non bisognerebbe mai temere di scegliere unMaestro/Iniziatore sbagliato o non in immediata sin-tonia con noi. Ho sempre ritenuto che se chi ha il compito di aiutar-ci nel nostro cammino è più grande e più avanti di noinon potrà che fornirci il suo aiuto, e se non lofosse (indipendentemente dal grado consegui-to) e ce lo negasse non potrà sicuramente nep-pure nuocerci. Nonostante il mio desiderio di conoscenza mi

abbia portato a intraprendere nel tempo varie diversi percorsi, in cui mi sono accorta poipercorrendoli, che l’unica cosa che sostan-

zialmente differiva era solo il metodo, il mio percor-so Martinista con la sua via cardiaca e del cuore èquello che sinora ritengo mi abbia dato di più. Senzaparamenti superflui, rituali elaborati, formule com-plesse e particolari da ricordare e recitare, ritengo siapiù facile non avere diversivi, alibi di sorta e vienequasi naturale bussare direttamente alla porta delladivinità per chiamarla in noi. Il resto è incomunicabi-le ed occorre come ci è stato suggerito anche nellesacre scritture solo guardare i frutti. Tutto è semplice, il nostro è un Ordine essenzialmen-te povero, non vi sono capitazioni da pagare, lo spa-zio sacro può essere tracciato ovunque, non occorro-no colonne di marmo, templi in muratura ma solo noicon la nostra anima celeste, il nostro cuore e la nostrafiamma. Il fatto che sia tutto semplice non vuole dire e lo riba-disco che sia anche facile e senza fatica. Se non stia-mo facendo fatica vuole dire con ogni probabilità chesiamo fermi e che non stiamo camminando e tantomeno salendo. Del resto come ho già detto anche inaltre occasioni nessuna cosa di valore e in nessunambito la si acquisisce senza fatica. Fatica che ècomunque ben poca cosa se paragonata alle prove edaddestramenti che dovevano, a quanto possiamo leg-gere nei vecchi testi, affrontare i cavalieri costrettiperaltro a muoversi con le loro pesanti armature e gliaspiranti ai misteri nell’antichità. Del resto credo chepiù sano e più elevato del nostro fosse il concetto del-l’uomo sul quale si effettuavano le antiche iniziazio-ni, mentre noi vediamo spesso nei tempi moderni ladissociazione dell’educazione del corpo da quelladell’anima e dello spirito, Le nostre scienze anche seavanzatissime non tengono generalmente conto dellepeculiarietà dell’anima e della sua diffusione nell’u-niverso. Credo che sia utile anche ricordare dove por-

tavano le antiche tradizionali iniziazioni.Queste portavano l’adepto fino a vedersi apri-re le vie dell'al-di-là e ad essere persino ingrado di sapervisi dirigere. Soltanto chi sape-va fare questo poteva dire di aver vinto il

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destino e conquistato da quaggiù la sua liber-tà divina; soltanto allora l’iniziato potevadivenire iniziatore, profeta e teurgo, ossiaveggente e creatore di anime, poiché soltanto coluiche comanda a se stesso può comandare agli altri, sol-tanto colui che è libero può liberare. Ritengo che profonda e molto importante possa esse-re per « l’uomo di desiderio » anche in questi tempimoderni la via iniziatica rappresentata dalla tradizio-ne del nostro Venerabile Ordine e che particolarmen-te utili ed essenziali nel percorso siano gli strumentiposti a disposizione del Martinista sin dal grado anco-ra « exoterico » di Associato sino a consentirgli, forseun giorno, anche di potere alzare lo sguardo allo spa-zio stellato e comprendere da dove viene e dove tornal’uomo. Per contro credo che sia giusto non dimenticare chegrandi erano le prove che nell’antichità si chiedevanoall’anima ritenuta cieca che pare venisse così esorta-ta :« O anima cieca ! Impugna la fiaccola dei Misteri escoprirai nella notte terrena l’altro te stesso luminoso,la tua anima celeste. Segui la tua guida divina e sia es-sa il tuo Genio, poichè possiede la chiave delle tueesistenze passate e future (dal libro dei morti) ».

Esortazione in fondo che personalmente ritengo chepoi non sia altro che ciò che dovremmo fare anche noiMartinisti oggi.

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Presa di coscienza

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ISIACO OSIRIDEO

Le prime righe del libro di Wayne, “Le vostre zone

erronee”, recitano così: “Voltati. Vedrai una compa-gna che ti segue costantemente. In mancanza di unnome migliore, chiamala Morte”.La vera, reale presa di coscienza di ciò dovrebbeimmediatamente cambiarci nel profondo e ridimen-sionare ogni cosa nella nostra vita, ogni impegno,ogni priorità.L'iniziato, infatti, deve imparare sin da subito cheoccorre presenza viva nel proprio quotidiano, attra-verso esercizi di consapevolezza, che pian piano loportano ad essere presente e vigile nella scelta di ogniazione. Inizia ad esercitare la volontà, in piccole eapparentemente futili azioni... e proprio nella lorosemplicità impara la prima e dolorosa lezione, cioèche per la maggior parte della vita lui, in realtà, non èné cosciente né padrone della sua volontà. Il suo quo-tidiano si concretizza in un susseguirsi di accadimen-ti da cui viene trasportato e a volte travolto.La limitatezza del tempo a nostra disposizione ciporta ad accorgerci che gli impegni giornalieri, lefalse priorità di vita sono in realtà i fedeli alleati del-l'ego, che dobbiamo riconoscere e sottomettere, affin-chè il nostro sé possa finalmente emergere. Con l'ini-ziazione, infatti, incomicia la nostra battaglia e ilprimo nemico siamo proprio noi stessi... La società elo stile di vita di oggi non aiutano il peregrino dellospirito. Gli impegni pressanti di lavoro dove l'unicalegge è spesso solo il guadagno, le corse fre-netiche nel traffico pulsante e impaziente, leprevaricazioni, la legge del più forte che lasciain piedi l'anziano e seduto il ragazzo, i pregiu-dizi, l'intolleranza, la superstizione, l'ignoran-

za ci frenano, ci indeboliscono, ci demotiva-no.Certo, questo accade fintanto che noi cer-

chiamo le nostre motivazioni all'esterno. La differen-za, però, sta nel fatto che il Martinista tenta di ri-cen-trare la propria vita e il proprio essere all'interno di sé,non certo come lavoro egoico, ma come presa dicoscienza di sé stessi in questa realtà karmica, chesiamo chiamati a vivere. In tal modo, non guardandopiù all'esterno per attribuire colpe e difficoltà, si valu-ta la vita e i rapporti interpersonali nell'ottica di undisegno da scoprire, di nodi lunari da sciogliere, dioccasioni per evolvere...ecco, in quel momento si faun balzo in avanti e l'intera vita cambia di prospetti-va. E questo cambiamento riguarda anche la perce-zione del nostro tempo di vita: non lo si considera piùin termini, come sopra detto, di quantità, ma di oppor-tunità.. Per usare le parole di Jacob Bohme, “Colui per ilquale il tempo è uguale all'eternità e l'eternità identi-ca al tempo, è libero da ogni dilemma”.

Questa libertà, però, la si conquista con lentezza epazienza. In questo ben ci indirizzano le parole diSaint Martin in “Dello spirito delle cose”, in cui scri-ve che “l'uomo è la spiegazione di tutti gli enigmi”.Il Martinista, infatti, sa che in sè stesso troverà tuttele risposte. Occorre un minuzioso lavoro interiore,occorre riscoprire sè stessi, le proprie cadute, amandoe purificando tutto in noi, attraverso la preghiera, cheegli definisce “il respiro della nostra anima”. Infatti,liberati dai turbamenti del nostro corpo fisico, eterico,astrale, la vera preghiera ci permetterà di entrare incontatto con il nostro sé più profondo, consentendocosì al Divino l'accesso in noi. Saint Martin scrivenell'”Uomo di desiderio” che “Il segreto dell’avan-zamento dell’uomo consiste nella sua preghiera; ilsegreto della sua preghiera nella sua preparazione, ilsegreto della preparazione in una condotta pura; il

segreto di una condotta pura, nel timore diDio; il segreto del timore di Dio nel suoamore, perché l’amore è il principio e il foco-lare di tutti i segreti , di tutte le preghiere e ditutte le virtù “.

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Questo processo di alchimia interiore lo sideve fare in un Atanor ben isolato e buio. IlMartinista, allora, si riveste del suo mantelloe indossa la sua maschera. Per molto tempo ho pen-sato che questi fossero strumenti di difesa dall'ester-no, da tutto quel rumore che disturba e ci distoglie dalnostro lavoro interiore. Ho dato per scontato che ilmantello fosse di un tessuto di per sè stesso resisten-te e impermeabile a tutto. Credo tuttavia, oggi, che ilproprio mantello venga quotidianamente intessuto neltelaio della propria volontà e in misura della propriapurificazione. Esso non è, quindi, né indistruttibile néscontato, né, come si dice, in dotazione. Siamo noi adoverlo generare intrecciando trama e ordito (ossiaverticale e orizzontale, la vita qui e ora e l'infinito)per, poi, indossarlo. Dobbiamo “percepirlo” e capirnela vera funzione, poiché esso non solo ci isola dell'e-sterno, ma anche nasconde noi stessi agli altri. Ci pro-tegge, protegge la nostra identità iniziatica, impeden-do di far uscire, come per l'Eremita, la luce dellanostra lanterna. Sarà solo attraverso un atto di volon-tà personale che faremo trapelare quel lume, e nonattraverso i buchi di una stoffa che abbiamo tessutomale. Allora il Mantello sarà davvero strumento effi-cace, fatto di luce ed energia. Al di sotto di questoMantello, potremo così lavorare all'emersione delnostro sé e alla creazione della nuova personalità,attraverso l'azione consapevole e forte della volontà.Bohme scrive che “così noi possiamo considerarecome se vi fosse nella volontà un fuoco nascosto,dove essa si eleverebbe sempre verso il fuoco, e voles-se risvegliarlo e accenderlo”. Trovando, allora, que-sto fuoco, potremo esercitarla e, attraverso di essa,cambiare allora la percezione del tempo, la qualità el'intensità della nostra preghiera e della nostra purifi-cazione.

Platone, nell'”Apologia di Socrate”, scriveva così“Avverto in me un non so che di divino e di sopran-naturale (…). E' una voce che sento dentro dime fin da fanciullo e tutte le volte che l'avver-to mi distoglie da ciò che sto per fare, ma nonmi sollecita mai a fare qualcosa”. Il Martinista, in conclusione, sa che tutto il suo

lavoro interiore viene provocato da un'intui-zione divina, ma che verrà messo in movi-mento solamente dalla propria volontà.

Nessuno, infatti, ci spingerà mai a fare qualcosa, nes-suno ci renderà la strada facile e spianata, nessunolavorerà per noi. Io credo che sarà solamente alla con-clusione di infiniti (consapevoli, crudeli, costosi, fati-cosi) atti di volontà protetti dal Mantello, come scri-ve Saint Martin nell'”Uomo di desiderio”, che “Tuproverai che l’uomo è incomparabilmente più amatoche odiato. Tu sentirai il tuo corpo acquistare undolce calore, che gli procurerà alla fine l’agilità e lasalute. Sentirai la tua intelligenza svilupparsi e por-tare la tua vista a distanze così prodigiose che saraipreso d’ammirazione per l’autore di tante meraviglie.Sentirai il tuo cuore schiudersi a gioie così incante-voli, che scoppierebbe se esse si prolungassero mag-giormente nel tempo. I felici frutti che risulteranno daqueste divine emozioni, dopo averti così vivificato, tirenderanno atto a vivificare i tuoi simili a lorovolta.”.

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