Fratellanza Martinista n. 2 Giugno 2015 · - Francesco Bandarin (MANAS) - Gastone Ventura...

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Fratellanza Martinista n. 2 Giugno 2015 La presente pubblicazione non è in vendita ed è riservata ai soli membri della Fratellanza Martinista Stampato in proprio

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Fratellanza Martinista n. 2 Giugno 2015

La presente pubblicazione non è in vendita ed è riservata ai soli membri della Fratellanza Martinista

Stampato in proprio

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FRATELLANZA MARTINISTA FRATELLANZA MARTINISTA

Redazione

Direttore Responsabile: Renato Salvadeo - via Bacchiglione 20 - 48100 Ravenna

Codirettori scientifici:Agostino Giacomazzo, Fabrizio Fiorini

SOMMARIOSOMMARIO

Prologo - pag.3

ARTURUS - S:::G:::M::: - APPUNTI SUI DIVERSI ARGOMENTI DEL CONVENTO 2015 - pag.4

APIS - S:::G:::M::: - O:::M:::E:::I:::O:::-FRATERNO SALUTO AL CONVENTO DI RIMINI - pag.9

AKASHA - IL TRILUME E LA VERITA’ - pag.13

ANTARES - L’ INTERVENTO DELLA PROVVIDENZA - pag.16

DEVI - SUL TRILUME, IL TUTTO E L’UNO - pag.18

GIOVANNA - LA MASCHERA - pag.21

HASIDD - TRILUME - pag.23

HATHOR GO-REX - SUGLI INSEGNAMENTI DELLA PROVVIDENZA - pag.24

JOHANNES - LA RICERCA DELLA VERITA’ SECONDO IL VENERABILE ORDINE MARTINISTA - pag.26

MIRIAM - IL TRILUME - pag.28

MORGON - IL MANTELLO - pag.30

OBEN - IL MANTELLO - pag.31

PROMETEUS - IL TRILUME E LA PROVVIDENZA - pag.38

RE-PRA - REALIZZAZIONE DELL’UOMO - pag.41

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Prologo

Nei giorni 5,6 e 7 giugno si è celebrato a Rimini il

Convento dell'Ordine Martinista, lo storico primoOrdine italiano nato nel 1910 con la creazione dellaprima Loggia Martinista, a Roma, in virtù di unaPatente concessa da Papus a Dunstano Cancelleri.Nella ininterrotta Filiazione dell'Ordine Martinista, sisono, da quella data ad oggi, succeduti i seguentiGrandi Maestri: Dunstano Cancelleri (che era in real-tà Delegato per l'Italia del G.M.Papus) - AlessandroSacchi (SINESIUS) - Marco Egidio Allegri (FLA-MELICUS) - Ottavio Ulderico Zasio (ARTHEPIUS)- Francesco Bandarin (MANAS) - Gastone Ventura(ALDEBARAN) - Sebastiano Caracciolo (VERGI-LIUS) - R.R.P.S. (ARTURUS) attuale G.M.

Ci è sembrato importante riportare in questa nostrapubblicazione scaricabile anche dal sito:http://www.fratellanzamartinista.org/rivista-2/ le re-lazioni delle Sorelle e dei Fratelli che hanno ritenutodi offrire amorevolmente, la sintesi delle personalimeditazioni, in merito agli argomenti previsti:

1. Come una sola ed unica luce emana da tre lumi dif-ferenti, così pure una sola e unica verità emana dasorgenti diverse e apparentemente opposte.

2. Dio agisce mediante la forza sovra intellettuale esuper cosciente che noi chiamiamo Provvidenza, chepuò accoppiarsi con la volontà umana ma solo con illibero e assoluto consenso di quella; è questo un granmistero, un mistero che noi desideriamo risolvere.

3. Soltanto tu sei responsabile delle tue proprie azio-ni davanti a te stesso e non devi né potrai incolparnealtri; la tua coscienza sarà il maestro temuto dalquale prenderai sempre consiglio, il giudicesevero e inflessibile al quale dovrai renderconto delle tue azioni. La maschera che ti isola dal resto dei tuoisimili, ti mostrerà il valore che devi ascrivere

alla propria libertà che, per mezzo dellavolontà, è potentissima di fronte al destino ealla Provvidenza.

4.L’uomo dopo essersi isolato nello studio di se stes-so, perviene mediante la meditazione a creare la pro-pria personalità. Egli può allora affrontare senzatema gli altri uomini, ma deve sempre stare in guar-dia. Tutte le forze fatali, ch’egli avrà dominate unaalla volta lo attaccheranno in massa tentando diabbatterlo. Ch’egli sappia allora ripiegare intorno asé il mantello misterioso che rende insensibili agliattacchi dell’ignoranza.

Crediamo che dalla lettura dei diversi punti di vista,ognuno potrà ricavare interessanti stimoli per le per-sonali meditazioni.

Buona Lettura

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n.2

Giugno

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Appunti

sui diversi argomenti

del Convento 2015

ARTURUS S:::I:::I:::S:::G:::M:::

Carissimi Fratelli coglierò l’occasione dei diversi

argomenti di quest’anno per provare a riportare i mieiragionamenti su alcuni punti che credo rappresentinola base del metodo che può consentire l’incederelungo il nostro percorso. Sarà come soffermarsi qual-che istante assieme, limitandosi a guardare dentro sèstessi ancora per un poco.Soprattutto quelli più anziani tra noi, si saranno tro-vati, più volte, a fare i conti con se stessi ed a doman-darsi se e cosa avessero avuto modo di intuire di com-prendere, riguardo alle domande perenni che possonoessere sintetizzate in: “chi siamo, da dove veniamo edove andiamo”.Simili quesiti, stimolati psicologicamente da unacerta urgenza conseguente al ridursi del periodo diaspettativa di vita, possono costringerci a riguardareed a valutare tutto ciò che abbiamo pensato, detto,compiuto sino ad oggi (in gioventù, al contrario, ci sisente spesso come se tale aspettativa fosse proiettataverso un tempo illimitato e magari si tende ad esseremeno attenti). In particolare, le domande possonoindurci a valutare con estrema sincerità cosa siamoriusciti a scoprire veramente di noi e cosa possa esse-re ciò che abbiamo ipotizzato manifestarsi in proba-bili piani diversi da quello materiale che è percepibi-le da tutti, almeno tramite i cinque sensi.Credo che per coloro che abbiano mosso alcuni passisulla via iniziatica, qualche elemento nella loro per-sonalità sia mutato: magari solo pochissimo,ma anche solo così, possono aver constatato inmodo soggettivo, di riuscire a guardare ognicosa diversamente da come erano predisposti

a fare tanti anni addietro.Così, alcuni argomenti non sono rimasti piùsolo acquisizioni ipotetiche su incerte basi

fideistiche, ma attraverso progressivi piccoli riscon-tri, che non di rado, seppur nella loro limitatezza, lihanno lasciati attoniti per la potenza che sembrerà diaver percepito nella semplicità della loro manifesta-zione, sono divenute esperienze vissute.Similmente, credo che non pochi, possano avere sco-perto di esistere in una sorta d’identità probabilmentecomposita; ovviamente unica ma con settori distinti epurtroppo non sempre armonici tra loro, o per lomeno non apparentemente sempre tali.Magari ci si è identificati in un’unica sorgente vitalealimentata da altre, provenienti da sorgenti diverse,ma che a loro volta, è parso di percepire fossero ali-mentate da un’unica fonte.Come ho anticipato, può essersi trattato di percezioni,intuizioni, esclusivamente soggettive, quindi quasimai condivisibili; però, il solo accennarlo dovrebbeconsentire ad ognuno di rivisitare il ricordo di ciò cheha sperimentato durante la personale ricerca. Infondo, per ciascuno, quello che conta veramente e chesi può ritenere opportuno trasmettere, non è certo unoo più dogmi a cui rivolgersi con perenni atti di fede,ma bensì esclusivamente un metodo per conquistare,da soli, progressiva conoscenza di ciò che può esserela condizione umana nella sua completezza (quindi,anche su più piani), supportato da qualche guizzo diconsapevolezza sperimentata, possibilmente più volteanche nella concretezza della quotidianità. Tale metodo (che comunque è bene non dimenticarlocontempla anche la necessità ineludibile di studiare didocumentarsi secondo quanto ci viene suggerito daivademecum) dovrebbe poter aiutare chiunque pertentare di andare ad esplorare lucidamente anche ciòche non è umano e che non si limita solo al pianomateriale.In tal modo, sperimentando, non è escluso che alcuni

possano aver preso qualche coscienza di ciòche chiamiamo Provvidenza e che ovviamen-te potrebbe non essere più identificata soloattraverso un atto di fede, ma bensì attraversol’esperienza di fatti apparentemente casuali,

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ma in realtà ordinati secondo i piani misterio-si di Dio, il cui scopo ultimo è il bene.Quest'ordine nascosto, tuttavia, non è facil-mente dimostrabile secondo ragione, ma può esserericonosciuto tramite le personali intuizioni, soprattut-to allorché, essendo mutato almeno un poco lo statodell’essere, ed avendo spostato il personale punto divista da una condizione egocentrica ad una maggior-mente altruistica, si sceglie di mettersi al servizio diquei piani di cui si intuisce la bontà per tutto ciò cheesiste.In tal modo, coordinando sempre più i pensieri, laparole e le azioni, si possono riscontrare, qualchevolta, delle risposte, quasi come conseguenza di unasorta di alleanza tra questa emanazione luminosa e lavolontà umana che, in quelle determinate circostanze,sembrerebbe assumere la qualità e la direzione giusta,affinché si compia quello che si è intuito come neces-sario.A chi è accaduto di vivere simili esperienze, è possi-bile aver acquisito una piccolissima scintilla di com-prensione del mistero che sta dietro a tutto ciò, maga-ri unitamente ad uno straordinario, momentaneo,coinvolgimento emotivo (alcune rivelazioni interiori,conducono in varie occasioni, a ritrovarsi a piangeredi gioia, mentre il cuore sembra non avere più spaziosufficiente per essere contenuto nel petto; parimenticiò che si era studiato e che poteva essere apparso,sino ad allora, come una serie di opache descrizioniculturali od una serie di evocazioni più o meno fanta-siose, potrebbe iniziare ad acquistare una trasparenzadel tutto nuova, magari propedeutica per acquisizioniancora più impegnative). Non è difficile immaginareche, a questo punto, anche il modo di intendere e diesprimersi attraverso la forma pensiero che comune-mente viene definita “preghiera” non è più comeprima. Forse diviene finalmente un modo per tentaredi rispondere a chi ci stava parlando da sempre, mache non riuscivamo a sentire.Questi fratelli o sorelle potranno, più di altri,aiutare tutti i martinisti a comprendere meglioil nostro metodo, affinché chi sarà disponibilea raccogliere il testimone generazionale, possaandare ben oltre a dove noi siamo giunti e

riesca a risolvere qualche altro frammentodel misterioso piano divino di cui facciamoparte forse in modo particolare, ma unita-

mente a tutto ciò che esiste. Ne consegue che ognuno sarà più volte portato aprendere sempre maggiore comprensione delle pro-prie azioni ed a rivedere le conseguenti assunzioni diresponsabilità, tutte le volte che interagirà con altriche a differenza di quanto sovente accade, nonpotranno essere più incolpati anche di quanto è colle-gato non solo al pronunciamento delle nostre paroleed all’esecuzione delle nostre azioni, ma anche alcondensarsi emotivo e magari ancora passionale deinostri pensieri. Molto semplicemente, si dovrà permettere allacoscienza di non avere più impedimenti nel potercirendicontare con sempre maggiore chiarezza quantoci si evidenzierà in merito a ciò di cui siamo ineludi-bilmente responsabili.Le trasparenze conquistate verso se stessi sono, perchiunque le abbia sperimentate sempre più sincera-mente, d’impatto a volte pesantissimo; non di rado, sipresentano al limite della personale sopportazionepsicologica, derivata (esplorando tutta una vita, sinoa dove la memoria lo avrà consentito) dall’illuminan-te presa di coscienza delle tante conseguenze procu-rate ad altri dalle parole e dalle azioni di cui ci si èserviti per vivere con una determinata personalità. Seppure siano prove difficili da affrontare, in caso disuccesso le conseguenze saranno straordinariamenteliberatorie; chi ne ha fatto esperienza, comprenderàbene a cosa mi sto riferendo.Così, in modo nuovo, sarà comprensibile cosa possaaccadere, allorché la libertà dalle passioni cominci aconquistare spazio nell’intima personalità e si prendacontezza di non essere più come prima; infatti, ancheil rapporto cosciente, interiore, verso tutto ciò che èattorno, si sarà modificato, in modo progressivamen-te irreversibile.

Tale trasformazione non sarà quasi mai perce-pibile da parte di chi (dall’esterno) continueràad osservare in modo superficiale; pertanto,coloro che avranno beneficiato del cambia-mento, si ritroveranno a vivere una nuova vita

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normalmente protetta dalla maschera esterio-re della vecchia personalità, abitualmentenota ai più con cui si interagisce.Da quella postazione privilegiata potranno esplorareil mondo con una nuova forma percettiva che la liber-tà dalle passioni consente, godendo di una concentra-zione interiore che si caratterizza per particolare effi-cacia nell’esercizio di una volontà, scevra da condi-zionamenti e distrazioni. Magari potranno addiritturautilizzare, senza essere sottoposti a curiosità indesi-derate, anche quei carismi che potrebbero essersimanifestati o potenziati se già esistenti, e che non dirado si evidenziano collateralmente ad un avanzarecorretto nella direzione luminosa.In tali situazioni, si potrebbe ipotizzare di trovarsi difronte alla nascita di nuovi soggetti che proprio per-ché tali, avrebbero caratteristiche progressivamentediverse da quelle iniziali. Insomma, si tratterebbe diun concatenamento di micro rinascite, in ambito spi-rituale, con probabili variazioni rispetto al progettoiniziale che li aveva visti transitare in questa materia-lità a cui si è normalmente asserviti. Si aprirebbe cosìuna diversa possibilità d’interazione anche o soprat-tutto con ciò che di solito definiamo come Fato.Si potrebbe anche immaginare che di fronte a talimanifestazioni di rigenerazione interiore, di volontàdi ritorno alla fonte originale, unite all’umile amoro-sa disponibilità di rendersi “servitori” di un progettodivino, quella Provvidenza di cui ho già fatto cenno,possa essere armoniosamente coinvolta per aiutare arealizzare un felice incedere sulla strada intrapresa. Sipotrebbe riscontrare ancora una volta, che quando siopera seppur nel piano inferiore, in armonia con iprogetti divini, si produce una luminosa conseguenzain quelli superiori. Parrebbe che come ulteriore effet-to, si sia portati, un poco alla volta, come ad essere“riconosciuti” e quindi ad un rapporto interattivo,fecondo, tra la volontà umana e la Provvidenza.Da quanto appena accennato, si avrebbe l’impressio-ne di avere la necessità d’isolarsi dalla grandequantità di rumore provocato dall’emotivitàpassionale che normalmente ci coinvolgecostantemente dentro e fuori. Obiettivo affattofacile da conseguire con successo, a causa

delle caratteristiche formative a cui si è statiassoggettati (come tutti sanno o dovrebberosapere) che ci fanno trovare, in prima istan-

za, scarsamente attrezzati per esercitare la concentra-zione e la volontà senza supporto emotivo. Infatti,non a caso, il metodo del nostro Ordine chiede agliAssociati (ma non solo a loro) di cominciare ad alle-narsi, prima di intraprendere qualsiasi altra attività,compreso e soprattutto quelle meditative, in modo daessere dotati degli strumenti mentali sufficientementeefficaci ed idonei per il lavoro da svolgere.Successivamente alla preparazione psicofisica, appa-re quindi indispensabile conquistare una sorta di pro-gressivo silenzio interiore che si rivela come una con-dizione propedeutica per mettere poi in campo impor-tanti azioni che necessitano di consapevolezza nelfare le scelte opportune e senza condizionamenti pas-sionali.A tal fine, il nostro metodo suggerisce una serie dimomenti meditativi, codificati per argomenti e caden-zati in successione ben precisa. Si tratta di qualchecosa che trae ispirazione da quanto già immaginato,in buona parte, dal Fratello Sedir, il quale, a suotempo, aveva pubblicato una sequenza di molteplicimeditazioni strutturate, giornaliere.Riteniamo che se le indicazioni vengono messe inpratica con una opportuna diligenza (non dimenti-chiamo mai l’allenamento per il potenziamento dellaconcentrazione e della volontà sempre più sgombrada stimoli emotivi), le nostre meditazioni (con quellasequenza) possano rivelarsi un strumento estrema-mente efficace per riuscire a conoscersi, per ridurreprogressivamente la dipendenza dalle passioni (chenon di rado possono trasformarsi felicemente in cor-rispondenti virtù) e conseguentemente per modifica-re, un poco alla volta, la vecchia personalità, consen-tendo al Sé di emergere dalle profondità del nostroessere, recuperando la sempre più completa dominan-za della nuova consapevolezza.

Credo possa essere intuibile per tutti che, tro-vandosi in queste nuovi condizioni ed avendoun nuovo più facile accesso alla comprensio-ne di se stessi, divenga maggiormente sempli-ce riconoscere le proprie caratteristiche o le

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differenze anche negli altri. Questa situazioneha però anche un risvolto negativo chepotrebbe generare un nuovo elemento didebolezza; infatti non dobbiamo mai dimenticarci chela conoscenza di se stessi è lenta e progressiva e cheben poco sappiamo di noi, soprattutto, proiettandoci(se ci si riesce) oltre il piano materiale, di come e cosasiamo.In questa fragile situazione, in cui il nuovo essere èpallidamente illuminato dalla luce nascente dell’albadi una rinascita e trova ancora decisamente difficolto-so muoversi verso la desiderata sorgente illuminante,non è affatto raro che tutto ciò che ci lega alle forzefatali che dominano la nostra esistenza sin dallanascita fisica nel tempo materiale in cui esistiamo,possa manifestarsi, ricordando che qualsiasi sia ildesiderio che ci spinge, stiamo tentando di esercitarela nostra volontà nel loro regno.Quando ciò accade in simili condizioni, credo che siabbiano ben poche possibilità di contrasto alla pari(in effetti, personalmente non credo che ce ne siano).Si può altresì procedere ad una straordinaria forma didifesa. Infatti, se si è ben operato sino a quel momen-to, si intuirà la forza, la qualità della potenza affattoluminosa che ci sta sovrastando ed il pericolo a cui siè sottoposti, anche sul piano fisico.Così, seguendo gli insegnamenti, ci si predisporrà ariguardare ancora una volta dentro se stessi, con umil-tà e sincerità, anche con nuovo modo di pregare con-seguente alle intuizioni acquisite, mettendosi a dispo-sizione di quella giustizia spirituale che sola può con-sentire alla Provvidenza di continuare a vegliare su dinoi, rendendoci progressivamente insensibili agliattacchi oscuri che caratterizzano anche l’ignoranzaumana.Si scoprirà in tal modo, sperimentandolo, che il sim-bolo del mantello non è affatto qualche cosa di astru-so, od una fantasia esotica, ma bensì uno strumentoconcreto e potente, direttamente riverberante lo statodell’essere, quindi connesso alla forza ed allaluminosità spirituale di ognuno, in aggiunta odanche in collegamento con quella dell’egrego-ra dell’Ordine, sotto l’occhio attento, benevo-lente della Provvidenza. Infatti con quella pro-

tezione e schermati dalla maschera verso cuiinsisteranno ad accanirsi eventuali aggresso-ri che per lo più ignoreranno chi siamo vera-

mente, si avrà la possibilità di osservare i punti diforza e di debolezza di chi vuole soggiogarci, mani-polarci oppure confliggere con noi. Non dovremoperò mai dimenticare le nostre debolezze ed i puntiancora non pienamente illuminati della nostra interio-rità che, proprio perché tali, se sottovalutati, potreb-bero portarci alla rovina in qualsiasi momento.Come ripeto da sempre, quando disserto su particola-ri argomenti ed accenno a tutto quanto sopra esposto,non intendo certo creare i presupposti di fiducia in talimie affermazioni, ma semplicemente sollecito chiun-que ne abbia desiderio, a prendere in considerazionela possibilità di sperimentare e possibilmente di anda-re ben oltre a quel poco dove io stesso posso esseregiunto.Tutto ciò, senza però dimenticare che mentre si inda-ga interiormente con tutta la forza del personale desi-derio, è anche necessario studiare e come raccoman-dava Aldebaran, ancora studiare, e poi nuovamentestudiare. Ovviamente non supponendo mai che solocon questo, con la sola cultura, ci si possa permetteredi risolvere il problema del buio interiore che caratte-rizza tutti e che spesso porta ad ergersi orgogliosa-mente ma stupidamente sopra gli altri, giudicandolicon quell’esaltazione superba e non di rado rabbiosa,che è frutto dell’ignoranza di Sé stessi.Se non si studiasse in modo virtuoso, evitando anchedi cadere inevitabilmente solo negli atti di fede in ciòche altri hanno scritto, ci si ritroverebbe magari adutilizzare lingue che non conosciamo (che forseanche per un pizzico d’ignavia non abbiamo volutostudiare nelle forme più elementari), ma di cui, avolte, tendiamo a ripetere più o meno maldestramen-te, parole od intere frasi (formule invocatorie ed evo-catorie), spesso senza sapere cosa pronunciamo e per-ché.

Si comprenderà che quella sorta di misticismounito all’ignoranza che porta alle fantasie piùbizzarre, non è la nostra via, come non lo èneanche quella delle apparentemente faciliscorciatoie luccicanti, presenti nel mare ma-

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gnum dell’occulto, spesso ricercate sfortuna-tamente non solo dai neofiti, per soddisfare lenecessità squisitamente materiali, sollecitateda cupide passioni, che purtroppo non si è riusciti atrasformare in virtù; ma questo dobbiamo compren-derlo bene e cominciare ad agire di conseguenza, aprescindere da qualsiasi cosa luminosa, oppure no,abbiamo fatto sino ad oggi.Forse potrà esserci d’aiuto ricordare anche cosa chie-deva Louis Claude de Saint Martin rivolgendosi aMartinez de Pasqually che per un certo periodo fu ilsuo maestro; ovvero se fossero proprio necessari tuttiquei rituali, tutte quelle operazioni magico-teurgicheda lui utilizzate, per riuscire ad avvicinarsi a Dio.Tramite Papus che aveva esplorato, sperimentatomolto ed in molteplici direzioni, nell’ambito dellericerche esoteriche, ci è stata indicata, da poco più diun secolo, una via di ricerca ispirata principalmente aSaint Martin, ma non solo a lui; è l’indicazione di unpercorso che per noi, in Italia, si è concretizzato edriorganizzato autonomamente, sin dal 1923,nell’Ordine di cui facciamo parte e di cui conosciamoil programma formativo.A tal proposito, ricordo, ancora una volta, chel’Ordine come qualsiasi altra organizzazione umana,è indubbiamente qualche cosa che soddisfa le neces-sità sul piano materiale secondo le logiche socialidelle nazioni che lo ospitano. Quindi, seppur voglia-mo auspicare che sia influenzato dalla spiritualità piùluminosa e sia sotto la protezione della Provvidenza,rimane comunque un’associazione di uomini che sisono dati regole e norme utili per vivere in questomondo e per formarsi secondo la docetica proposta;questa struttura è a disposizione di coloro che riten-gono di averne necessità o che, in funzione di quanto,al momento, abbiano “conosciuto”, non siano anco-ra in grado di viaggiare interiormente ed esteriormen-te, ben oltre tali ambiti. E’ comunque qualche cosache rimane a disposizione anche di chi potrebbe averconseguito una dignitosa realizzazione di sestesso, ma che ritiene di poterne/doverne usu-fruire per aiutare amorevolmente altri che ten-tano di muovere qualche passo nella direzioneauspicata, all’interno di un ambito fraterno e

vivo.Se crediamo di aver fatto la scelta giusta, sesentiamo senza dubbi o ripensamenti che

questa sia la nostra casa, credo sia indispensabilerompere ogni indugio, rinunciare al canto di qualsia-si sirena, per quanto possa apparire seducente e quin-di, nell’auspicio di una rigenerazione e di una reinte-grazione spirituale indirizzata verso la sorgente divi-na, contribuire a dare vita a ciò che è necessario, ognigiorno, per quanto possiamo con le nostre forze, peril nostro bene, per quello dei nostri figlioletti, perquello dell’Ordine e per quello di tutta l’umanità.Carissimi Fratelli, auguro a tutti noi: Buon lavoro.

ARTURUS S:::I:::I:::S:::G:::M:::

Ordine Martinista

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Riportiamo integralmente, la relazione pre-

sentata durante il Convento, dal Sovrano GranMaestro dell'Ordine Martinista Egizio:

Apis S:::I:::I:::

Fraterno saluto

al Convento di Rimini

Carissime Sorelle e Carissimi Fratelli Associati,

Iniziati, Superiori Incognitii ed Iniziatori, Illustrissimoe Potentissimo Sovrano Gran Maestro Arturus, la miapresenza in questo Convento avviene in una dupliceveste: quella di Gran Maestro dell'Ordine MartinistaEgizio, Ordine legato all'Ordine Martinista da unTrattato di Amicizia Fraterna e di ReciprocoRiconoscimento, ma quella, per me non meno impor-tante di Membro del Collegio dei S:::I:::I::: dell'OrdineMartinista stesso. L'Ordine Martinista Egizio è nato inFrancia nel 1935 quando Constant Chevillon, che erasucceduto alcuni anni prima a Bricaud nella carica diGran Maestro dell'Ordine Martinista detto di Lione,per distinguerlo dalle numerose diaspore avvenutedopo la morte di Papus in Francia, unendo ciò che erarimasto integro del Deposito dell'Ordine MartinistaSinarchico di Victor Blanchard, con il Deposito rice-vuto da Bricaud e con l'aggiunta di alcune Colline (inFrancia si definiscono Logge) dell'Ordre MartinisteTraditionnel di Jean Chaboseau, diede vita all'OrdineMartinista Martinezista. Il Suo Successore, HenriCharles Dupont trasmise tale Linea Iniziatica al Figliodi Papus, Philippe Encausse, nel 1959. Essi decisero,di comune accordo che il nome di tale Ordine mutassein Ordine Martinista Egizio e che Esso confluisse inquel Grande Ordine, l'Ordre Martiniste Universel,sorto nel 1951 ad Orleans nel quadro dellaRiunificazione delle Famiglie Martiniste voluta dalFiglio del Fondatore dell'Ordine Martinista,Gerard Encausse, Papus, Nostro ComunePrimo Gran Maestro da cui deriva lo stessoOrdine Martinista in Italia per effetto dellapatente da egli concessa nel 1910 a Dunstano

Cancelleri per la creazione della Prima LoggiaMartinista in Italia che sorse a Roma. QuandoPhilippe Encausse, che la buona sorte mi

accordò come Iniziatore, nonostante l'allora mia giova-nissima età, passò nella Montagna Eterna, l'OrdreMartiniste Universel, contava, pensate, ben 33.000Fratelli e Sorelle sparsi nel mondo! Consapevole delfatto che solo Lui, in quanto Figlio di Papus ed inquanto dotato di caratteristiche ben difficilmente ripro-ducibili tutte in una stessa persona, poteva essere ingrado di tenere in vita un Ordine gigantesco comequello, Jean (questo era il Suo nome Iniziatico) dispo-se che l'Ordine gemmasse in quattro Ordini distinti aciascuno dei quali egli affidò il relativo DepositoIniziatico che gli competeva. Infatti, nel 1951, conquella opportune ed efficace teatralità che aveva eredi-tato dal Padre, egli, facendo l'appello dei Delegati deinumerosi Ordini Martinisti presenti, esibì, ad uno aduno le Patenti di Filosofo Incognito da Lui ricevute daognuno di quegli Ordini! L'Ordine Martinista Egiziovenne affidato al Fratello Jean-Marie d'Aquino deVallois che nel 1989 mi chiamò a farne parte, conce-dendomi il IV grado; a Lui sono succeduto il 12 mag-gio del 2012. Perdonatemi questo preambolo ma misono state insegnate, nella mia formazione martinista,due cose essenziali: la prima è quella di presentarsi acoloro che non ci conoscono (e molti tra voi, sopratut-to coloro che non sono Iniziatori non mi conoscono), laseconda è che la storia delle nostre origini e dellenostre Filiazioni è, non importante, bensì FONDA-MENTALE. Il principale motivo del caos che esistenel mondo martinista italiano, caos che io el'Illustrissimo Fratello Arturus - Renato Salvadeo ab-biamo toccato con mano, è proprio questo, carissimeSorelle e carissimi Fratelli: la storia del Martinismo iMartinisti italiani non la conoscono! Ora, carissimi,per una fortunata coincidenza questo Convento vienesvolto a distanza di mezzo secolo esatto da quel memo-rabile Convento di Venezia, celebrato, appunto, nel

giugno del 1965, in cui il mio Maestro, PhilippeEncausse ed Ottavio Ulderico Zasio, firmaronoquel solenne Trattato di Fraterna Amicizia che,di fatto, metteva fine alla dolorosa separazionedel 1923 allorchè il vostro Ven. Ordine si dis-

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taccò, rendendosi autonomo dall'OrdineMartinista Francese del G.M. Johanny Bricaud,successore di Papus e di Teder. Da allora i suc-cessori di quei due Grandi Maestri hanno voluto sem-pre rinnovare quella Fraterna Amicizia, garanzia, comeè scritto nella lettera di Gastone Ventura ad Encaussedel 7 novembre 1976” DELLA PIU RIGOROSAREGOLARITA'MARTINISTA DI CUI, ILLUSTRIS-SIMO FRATELLO JEAN, I NOSTRI DUE ORDINISI RENDONO GARANTI DAVANTI ALL'UMANI-TA”. Queste cose Aldebaran le ripetè anche nelConvento di Nizza del giugno 1979 in cui io, giovaneAssociato dell'Ordre Martiniste Universel, ebbi l'onoredi essergli presentato. Il mio legame profondo conl'Ordine Martinista Italiano iniziò proprio quel giornoin quanto Gastone Ventura, chiedendomi da dove pro-venivo ed avendo saputo che ero originario della pro-vincia di Frosinone, si illuminò spiegandomi che inquel piccolo lembo di terra (allora Frosinone contavanon più di 30.00 abitanti) erano attivi un numerosoGruppo Martinista (che era stato affidato al FratelloS.O. dato che la moglie di questi era appunto diFrosinone) oltre che la Loggia del Rito di Mizraim eMemphis il cui titolo distintivo era “Ottavio UldericoZasio”. Scoprii quindi, subito dopo, che membri di taliGruppi erano due medici (marito e moglie) amici inti-mi dei miei genitori e dunque presi l'abitudine, quandotornavo a casa dei miei per le vacanze, di recarmi alavorare con quei Fratelli. Proprio in virtù dei legamicon l'Ordine Martinista volli recarmi, subito dopo lamia nomina a Gran Maestro, a visitare in Corsica, ilFratello Vergilius, Sebastiano Caracciolo, che avevoconosciuto anni prima a Rovigo in casa di un comuneamico, che fu assai prodigo di consigli e di raccoman-dazioni. Sebastiano riteneva che la mia giovane età ela mia discendenza diretta dal Figlio di Papus mi des-sero l'imperativo compito di tentare, assieme al SuoSuccessore, di operare una Rettificazione del Martini-smo Italiano. “Io non ho più né l'età né l'energia, né ildesiderio di provarci”mi disse Vergilius ma tuDEVI provarci, fallo per il Tuo Maestro cheprovò in tutti i modi a convincere Brunelli eFurlotti di non fare la scissione del 1971”.Vifaccio notare, tanto per mettere in chiaro alcune

cose, e per confutare talune leggende metropo-litane messe in circolazione sull'argomento,che io gli chiesi DIRETTAMENTE di indicar-

mi chi fosse il Suo Successore designato. Sebastianorispose, sorridendo: “bene, allora da buon poliziotto(come sapete Sebastiano aveva fatto il Questore diPolizia) ti dico: ” A.D.R. (A domanda risponde):“NON SOLO NON HO NOMINATO NESSUN SUC-CESSORE MA NON HO NESSUNA INTENZIONEDI FARLO IN QUANTO, CARO APIS, NOI CON ITESTAMENTI ABBIAMO UNA CATTIVA TRADI-ZIONE, PERCIO' QUANDO MORIRO' CHE SISGRUGNINO (testuale) TRA LORO. IL SUPREMOARTEFICE DEI MONDI CI PENSERA'!”Tutto questo, carissime Sorelle e Carissimi Fratelli, iolo ho non solo detto ma lo ho anche scritto nel Librosui Riti Egizi che la Mimesis ha pubblicato; capiscoche a qualcuno possa non fare piacere, ma è esatta-mente così che è andata! Il sodalizio con Arturus ci haportati a ritenere che, per il bene della TradizioneMartinista fosse indispensabile, non solo che rinnovas-simo il Trattato di Amicizia stipulato dai NostriPredecessori ma che ciascuno dei due, ricevendo, conregolare Iniziazione la Linea dall'altro, entrasse anchea far parte del Collegio degli Iniziatori dell'OrdineAffratellato. La nostra decisione di dare vita allaFratellanza Martinista Italiana, è stata, conseguente-mente presa allo scopo di poter operare una rettifica-zione del variegato e confuso mondo martinista del“Bel Paese”. E'stata una decisione, credetemi, non faci-le in quanto ne abbiamo veramente viste di tutti i colo-ri, e per persone come noi, vissute in veri e propri“Enclavi Martiniste”, anche piuttosto rigide, vista lanotevole severità dei nostri vecchi Maestri, è stato a dirpoco shoccante osservare come, con vera nonchalance,alcuni “Capi” di pseudo-Ordini Martinisti, afferminotranquillamente di essersi “autonominati” tali o di avergirato 4-5 Ordini diversi; in uno prendendo il Grado diAssociato, nell'altro quello di Iniziato, etc. Questi per-

sonaggi, degni più di una commedia all'italianadel tipo “Amici miei” di Monicelli, che non difigurare in un panorama iniziatico, affermano,peraltro con disinvoltura di aver “RISCRITTODI PROPRIO PUGNO” (sic!) i Rituali “perchè

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desueti”e di aver aggiunto alle PraticheRituarie anche elementi provenienti, che so,dalla Gnosi Samaeliana o da Gurdjieff, o daCastaneda! Io sono universalmente conosciuto comeuna persona molto dura; un po' è il mio carattere, unpo' è la Scuola che ho avuto, nel Martinismo e nel RitoEgizio di Mizraim, perciò ho preso tutte queste occa-sioni di confronto come una occasione per mitigare lamia durezza. Tuttavia non posso, come non puòArturus-Renato, derogare alla nostra Tradizione, allenostre regole, ai nostri costumi: “il Martinismo, dice-va il mio Maestro, carissimi Fratelli, è molto sempli-ce, direi elementare: mio Padre ha scritto tutto,coadiuvato dai “Compagni della Jerofania” (così ven-gono designati i Primi Membri del Supremo Consigliodell'O.M. Ovvero Chaboseau, Haven, De Guaita,Teder, Sedir) e seguendo i suggerimenti del SuoMaestro spirituale:Maitre Philippe. Io non ho scrittouna virgola; mi sono limitato a mettere in ordine lecarte che mi ha lasciato in eredità”. In realtà fu unimpresa titanica perchè dovete sapere che Papus eraquasi un grafomane; scriveva dappertutto, anche sulretro dei biglietti da visita! Tutto quello che noi abbia-mo proviene da Lui; ad esempio i Rituali che noi uti-lizziamo sono apparentemente differenti dai vostri mase si guarda attentamente si vede che, semplicemente,nei nostri Rituali, sono stati aggiunti periodi che si tro-vano nei Vademecum e nei Quaderni, scritti tutti daPapus stesso!Le Rituarie Individuali, praticate neidiversi Gradi, risalgono, analogamente, al tempo diPapus; alcune di esse provengono dalla scuola diEliphas Levi della quale il Nostro Fondatore avevafatto parte. Lo stesso problema delle Sorelle Inizia-trici è, in realtà, un falso problema; a Papus pervenne-ro due Linee Iniziatiche provenienti da Louis Claudede Saint-Martin: in una era presente una donna,Amalie de Boisse de Montmortre, zia di AugustinChaboseau, nell'Altra no; perciò, iniziaticamenteentrambe le cose sono possibili. Ad un vero Iniziatonon importa assolutamente nulla se un Ordineconcede o meno i Poteri Iniziatici alle Sorelle.Volete una prova? Nella foto (che avete neivostri archivi) scattata durante l'Agape conclu-siva del Convento di Venezia, è visibile, a

fianco di Philippe Encausse, una eleganteSignora; ebbene costei era la SorellaJacqueline Basse, Iniziatrice e Filosofa

Incognita del Gruppo Papus di Parigi nel quale venniaccolto,14 anni dopo l'epoca di quella foto. ComeResponsabile del Gruppo Papus, sarebbe stato logicoche mi iniziasse Lei ma così non fu; fu Philippe afarlo. Dopo la morte del Nostro Maestro, ancheJacqueline era Sua “Figlioletta”, le domandai perchènon era stata lei, all'epoca, ad iniziarmi. “Ma chedomande! Mi rispose; ovvio, sei italiano, volevi che timandassimo nel tuo Paese con un Diploma firmato dauna donna?” Tenete conto che da giovane, “Jacquj”era stata uno dei massimi esponenti del movimentoper le pari opportunità per le donne, cosa su cuiPhilippe, gollista convinto, ironizzava non poco, manella foto non traspare alcun disagio nel suo trovarsiseduta tra Fratelli che non concedono i Poteri Iniziaticialle Sorelle, né sembra per nulla a disagio Zasio neltrovarsi vicina di tavola una Iniziatrice! La RegolaritàMartinista, carissimi, è fatta unicamente dalle seguen-ti cose:1) Linearità della Filiazione Iniziatica posseduta, laquale deve provenire da Papus (perciò, per i motivichiaramente spiegati da Ventura in “Tutti gli uominidel Martinismo”, anche da L.C.de S.Martin) e ciòdeve essere, ovviamente dimostrabile.2) Uniformità e rispondenza del Corpus Rituale eDocetico con la Tradizione Martinista così come co-dificato da Papus e dai suoi Legittimi Successori senzaalcuna commistione con dottrine estranee alMartinismo3) Riferimento al Filosofo Incognito quale Ispiratore eProtettore dell'Ordine.4) Corretto uso dei simboli: Trilume, Maschera, Man-tello, Formula Pentacrammatica, Cordone, Pantacolo,Tappeto.5) Corretta progessione dei gradi, secondo quantoindicato nel Vademecum dell'Iniziatore (che il Mio

Maestro definiva “La Sacra Bibbia dei FilosofiIncogniti”, ovvero, quando qualcuno che avevaconseguito il IV gli domandava qualche cosa,l'immancabile risposta era: “Guarda che è spie-gato tutto nel Vademecum”.

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Ora qualcuno può definire tutto ciò come unasorta di “ragioneria dell'occultismo”, comealcuni critici del Martinismo Papussianosostengono; a costoro rispondo che, certamente, è pos-sibile percorrere Cammini Spirituali ove non vi siabisogno di regole, statuti, costituzioni, rituali, quader-ni vademecum. Aggiungo che tali Cammini condur-ranno certamente alla più completa Illuminazione dellamente ed alla totale Reintegrazione, ma nelMartinismo le regole del gioco sono queste; se non siaccettano, si cambi gioco perchè è del tutto evidenteche non si può giocare a volley applicando le regoledel calcio o viceversa! La mia esperienza personale,maturata nei ben trentasei anni trascorsi dall'epocadella mia Associazione, mi porta a dire che ilMartinismo è in sé un sistema perfetto e non necessi-tante di nulla altro, per consentire all'Uomo di compie-re quel Cammino di Rigenerazione e di Reintegrazioneche, in ultima analisi, rappresenta il fine ultimo delnostro transito terrestre. “E quando avrai lasciato que-sto corpo di carne e ti sarai involato, libero, verso l'e-tere, ti accorgerai che non sei più un mortale, ma undio, un immortale anche tu”! Così terminano i “VersiAurei” del grande Pitagora, uno dei massimi Maestridell'umanità ed è questo il senso profondo di qualun-que Via Iniziatica e Spirituale che ci venga dato per-correre. Il termine di “Yoga d'Occidente” coniato daalcuni autori per definire il Martinismo è, certamente,corretto. Il Martinismo è, infatti, l'Unico DepositoIniziatico dell'Occidente che imponga ai Suoi seguaciun quotidiano e costante Lavoro operativo e spiritualesu sé stessi; anche nel Martinismo, inoltre, come nelleVie Sapienziali dell'Oriente, il rapportoMaestro/Discepolo assume un ruolo centrale: il rap-porto con l'Iniziatore è, per ogni Martinista, il fulcrodel suo proprio Cammino Interiore e quanta importan-za egli ha avuto per noi, lo comprendiamo, compiuta-mente, solo dopo la sua scomparsa terrena, allorquan-do constateremo che, immancabilmente, egli ci halasciato in dono una considerevole parte del suoEssere! Le suggestioni magistiche NON appar-tengono, anzi, sono in aperto contrasto con ilCammino Martinista! Papus ha scritto nellaCarta di Fondazione dell'Ordine Martinista: “I

Martinisti non praticano la magia, né bianca nénera, ma studiano, pregano e perdonano, neilimiti possibili, le offese”. Ricordiamoci sem-

pre, peraltro, che la PRIMA delle 14 meditazioni c.d.dei “pensieri seme” del Sedir è, guarda caso, quella cheha come titolo: “Contro il desiderio di potenza”.L'umiltà e la bontà, la meditazione e la preghiera, sono,diceva Philippe Encausee, “Le Quattro Nobili Veritàdel Martinismo”. L'operatività martinista, infine, caris-sime Sorelle e carissimi Fratelli, si attua anche nellostudio che siamo chiamati a compiere fin dall'epocadella nostra Associazione al primo grado.Fondamentale, senza alcun dubbio, è lo studiodell'Opera di Saint-Martin e del Suo Ispiratore, JacobBhome, ma i loro testi possono essere correttamenteintesi solo ricorrendo ad una lettura meditativa, ovveropercependo quella luminosa trama di pensiero che con-sentiva a quei due Grandi Iniziati di attingere, diretta-mente dai mondi superiori, ciò che, in forma di con-cetti, essi hanno voluto donarci. Io credo che mai comein quest'epoca così tormentata, ci sia veramente biso-gno di gente che mediti, di gente che sia in grado di tra-sferire nel mondo del manifestato, ovvero nel piano delQuaternario, quei profondi Valori etici e spirituali dicui il Martinismo è depositario. Dunque noi tutti abbia-mo ricevuto in sorte una tremenda responsabilità: quel-la di testimoniare, con il Nostro positivo esempio, lagrandezza della Via che abbiamo scelto.Vi lascio,carissimi, con le luminose parole del Riparatore: “Nelmondo avrete paura, ma fatevi animo: io ho vinto ilmondo”! Facciamoci dunque animo, Sorelle e Fratellimiei ed affrontiamo, nel Nome del Riparatore e conl'ausilio dei Maestri Passati, con coraggio le prove chequest'epoca difficile ci riserva!Vi Abbraccio Quattro Volte Innanzi alle Nostre SacreLuci!

APISS:::G:::M:::

O:::M:::E:::I:::O:::

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Il Trilume e la Verità

AKASHA

Come una sola ed unica luce emana da tre lumi dif-

ferenti, così pure una sola e unica verità emana dasorgenti diverse e apparentemente opposte.

La verità per l’essere umano, secondo me, è comenella parabola buddhista dei ciechi e dell’elefante,dove i primi devono definire un elefante toccandoognuno una parte diversa del corpo dell’animale.Naturalmente, ognuno darà una diversa descrizionedell’elefante. Nonostante le differenze, non di rado completamenteopposte una dall’altra, ogni versione sarà soggettiva-mente corretta, dando la descrizione della parte chesarà stata percepita e descritta. Ogni versione rimarrà così limitata e non corrispon-derà alla verità ultima, assoluta. Diverse culture, durante la storia, hanno evidenziatoqualcosa di simile, provando a dare una forma od unvolto a quello che erano state capaci di percepirecome divino. Voler dare un’immagine al divino, dare una formaalla verità, fa parte delle necessità della naturaumana; ad esempio, ritroviamo questo tentativo nelleleggende, nelle varie storie del mondo e nello svilup-po delle religioni. L’uomo è comunque limitato dallasua natura, dallo spazio e dal tempo in cui vive. Untentativo che immagino, per intuire tutto ciò, è quellodi il voler provare a descrivere un mosaico di infinitagrandezza, di cui non saremo mai capaci di osservarel’insieme completo e che continua a mutare, dato cheè vivente. Il mosaico è composto da singolipezzi che splendono nella loro particolarità;ogni pezzo singolo è completo e unico, perfet-to, ma inserito nella complessità infinita e sco-nosciuta della totalità delle tessere. In tale illi-

mitatezza, le singole entità possono apparireanche opposte ed antagoniste tra loro. Ma èsolo un limitato punto di vista di chi guarda

qualche cosa che per sua natura, come ci viene tra-mandato, è giusta e perfetta. L’intelligenza umana è stata capace di percepire solodei singoli pezzi di questo mosaico. Tutti i pantheon conosciuti dalle diverse civiltàrispecchiano quello che si è manifestato nella mentedi poche persone particolarmente sensibili ed evoluteche l’hanno poi trasmesso al mondo, seppur con lelimitazioni della percezione soggettiva. Cercare dirappresentare un’unica immagine del divino, conte-nente tutti i suoi singoli aspetti, è un’ipotesi moltoriduttiva ed automaticamente priva della moltitudineinfinita che è celata, anche quando qualche cosa sirivela. Tramite le rappresentazioni dei molteplici pantheon,si può osservare come già, anche in un uno solo, tro-viamo degli elementi in opposizione che, osservatiattentamente, mostrano possibili necessità, funziona-li ad un ordine divino di livello ancora superiore.Se si prendono esempi Induisti, come le tre divinitàmaschili Brahma, Vishnu e Shiva, si può grossolana-mente notare che Brahma è una divinità creatrice,Vishnu è una divinità conservatrice e Shiva che è unadivinità distruttrice. Queste tre divinità maschili tro-vano un parallelo nelle tre divinità femminili comeSaraswati che è la creatrice, Lakshmi che è la conser-vatrice e Kali che è la distruttrice. Creazione e distru-zione sono opposti e sembrano mettere il tutto inapparente contrapposizione. Entrambi, poi, sembranoin contrasto con la conservazione. Ecco però profilar-si l’ipotesi di far morire ciò che è vecchio per far spa-zio al nuovo ma anche di conservare per consentiresolide basi su cui costruire il nuovo. Accennavoprima, di aver dato una rappresentazione grossolana;infatti, le caratteristiche di queste divinità sono tal-mente complesse da attribuire ad un Shiva oltre alla

distruzione anche quelle di benefattore e diportare fortuna. Quindi, dove si trova la veri-tà? Quante versioni di questa fanno parte dell’infinito mosaico dove ogni pezzo ha il suoposto?

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Ad esempio, anche nel pantheon germanico sitrovano dei contrasti. Si narra di una divinitàcome Odino, il creatore del mondo e di tuttele cose, il dio della poesia, della guerra e della magia.Questi si trova di fronte una divinità come Loki chesi serve della menzogna e con furbizia crea ovunquequel disequilibrio che sembra procurargli un immen-so piacere. Sembrerebbe evidenziarsi ancora la neces-sità della distruzione, del caos, di un’alterazione del-l’armonia, per dare spazio a qualche cosa di nuovo,ad un nuovo ordine e magari per portare alla luce altreverità fino a quel momento nascoste. E’ comunque istintivo per tutti trovare difficile e forseanche doloroso, accettare la possibilità, apparente-mente contraddittoria del male che alla fine possarisultare utile, al servizio del bene, come nel caso diLoki. Qualche cosa di simile, nel rapporto bene-malelo possiamo trovare anche nel vecchio testamentonella storia di Giobbe. Qui addirittura, Satana primadi mettere alla prova Giobbe, chiede il permesso aDio. Infatti, nonostante tutto è una creatura di Dio,sottomesso alla sua volontà; si deve tentare d’intuirecome possa anche questo far parte di una armonia, diun ordine divino.In altri pantheon troviamo una contraddizione nellastessa singola divinità. Per esempio la divinità fem-minile Ecate, a seconda del periodo di tempo, cam-biava volto. Inizialmente si trattava di una divinitàcaldea della fertilità, invocata da molte donne anchedurante il parto. Viene descritta tra altro anche in que-sto modo: “….dalla sua anca destra esce luce cheanima, esce fuoco, etere, mondi. La sua anca sinistraè la sorgente delle anime, delle virtù. Lei è colei chefa nascere sia demoni che angeli”. Col tempo, da divinità antica caldea trascendente chesi trova la tra il primo padre una volta e il secondopadre due volte, è diventata una divinità di tiponegromante, temuta, Dea delle streghe. Sorgono cosìfacilmente diversi quesiti. La verità è mutevole? E’costante? E’ tessuta nel tempo che esiste comedimensione solo per la mente umana, in unasequenza spazio-temporale come quella indi-cata dalla fisica classica? La verità è invecesopra il tempo? E noi siamo legato al tempo?

La nostra percezione ha dei confini?Sinceramente, non so proprio cosa risponder-mi.

Tornando alla Bibbia, notiamo altre contrapposizionianche molto forti. Ad esempio Naamah, forse lasorella di Tubalcain; lei è una grande tessitrice, il cuinome è così importante che è tra quello delle pochedonne menzionate (rispetto agli uomini) nella bibbia.Però lo stesso nome si trova anche attribuito ad undemone descritto nello Zoar e nella tradizione dellaKabbalah. Forse non sono gli stessi personaggi, ma ilnome tradotto dall’ebraico, suggerisce il concetto di“piacevole”. In effetti non riesce però facile pensaread un demone “piacevole”.Rimanendo in tema di molteplicità, possiamo pensa-re anche alla moltitudine dei nomi di Dio nel vecchiotestamento, per lo più corrispondenti agli attributi chegli vengono associati; questi possono ancora unavolta evidenziarci quanto sia limitata la nostra mente,il nostro linguaggio e la nostra percezione nel tentati-vo di rappresentare una verità infinita. Nella bibbia c’è scritto che l’uomo è stato creatosecondo l’immagine di Dio. Se ci osserviamo, tro-viamo anche in noi una moltitudine di aspetti dellanostra personalità, che nella letteratura viene definitacome frammentazione dell’Io. Cambiando scenario, possiamo osservare in ambitoteatrale, come le variabili percettive rispetto ad unasituazione, siano straordinariamente rappresentanteda Pirandello nella sua opera: “Uno, nessuno eCentomila". In questa narrazione, suggerisce conti-nuamente che la verità non è semplicemente una sola,e che non è solo la nostra; neanche noi siamo quelloche pensiamo, ma siamo tra tanti aspetti anche quelloche gli altri percepiscono. Dentro di noi ci sono unamoltitudine di aspetti. Dietro la maschera non c’èun’unica identità, ma un fluire indistinto di stati incontinua trasformazione.Mentre nel divino questa moltitudine vive in armonia

ed ogni elemento ha la sua ragione di esistereesattamente in quel modo, in noi questa mol-titudine è per lo più disarmonica e crea deiconflitti violenti; per lo meno fino quando nontentiamo di conoscerci e poi, magari sceglia-

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mo di realizzare la nostra opera su noi stessi.Rimanendo nell’ambito di una simbologiaconsueta, possiamo osservare la trinità di spi-rito, anima e materia. Si potrebbe supporre, in primaistanza, che la materia rappresenti il carcere, sia del-l’anima, che dello spirito; perciò è identificata comeun male. Nonostante l’ipotesi del carcere, è magaripossibile che sia il regalo più prezioso che abbiamo,visto che attraverso l’esistenza in essa potrebbe esser-ci la nostra possibilità per evolverci spiritualmente. In una interpretazione della tavola Smeraldina trovia-mo: “Sale dalla terra al cielo e ritorna poi alla terraperché possa raccogliere la forza dei supremi e degliinfimi. Così tu possederai la luce del mondo intero ele tenebre fuggiranno da te”.Forse è spiritualizzando la materia, e corporizzandolo spirito che riusciremo a compiere la nostra opera. Credo che sia necessario comprendere gli opposti,accettarli, non combatterli, altrimenti li rafforziamo esiamo ancora meno capaci di capirli fino in fondo. Guardando l’opposizione delle grandi dualità comeper esempio il maschile e il femminile, il bene e ilmale, si può intuire che questi opposti hanno la pos-sibilità di compenetrarsi all’infinito per diventare unacomposizione come quella che il Caduceo ci mostra.E’ una rappresentazione di come da due opposizionipossa nascere un terzo nuovo elemento. Tutto fa partedella complessa grande verità. Soprattutto il trilume con le sue tre luci, ci puòmostrare come possano nascere diverse possibilità diinterpretazione che tra di loro evidenziano la vastitàdi quello che definiamo verità. Si potrebbero intrav-vedere nel trilume i concetti di spirito, anima e corpoe dedurre che il corpo veste l’anima, l’anima veste lospirito e tutti i tre nella loro distinzione fanno parte diun unica entità che lavora per la realizzazione dellavolontà divina. Così, il trilume può mostrare anchel’opera alchemica con i suoi tre stati di Nigredo,Albedo e Rubedo (come i colori dei tappetini, nor-malmente posti sotto di esso). Osservando i trestati singolarmente, si nota che anche quimorte e nascita sono collegati, nonostante sipresentino come degli opposti. Fanno parte diun’unica grande opera e solo passando attra-

verso tutti e tre stati, l’opera sarà compiuta. Come possano essere legati tutti questi oppo-sti a un principio supremo, può essere ipotiz-

zato anche osservando un possibile collegamento delTrilume con il triangolo superiore cabalistico. Qui ilprincipio supremo divino è forse individuato inKether, poi il grande principio maschile è probabil-mente in Chokmah ed il grande principio femminile èin Binah. Come suggerito prima nella descrizionedelle opposizioni della grande dualità, in questa rap-presentazione si potrebbe vedere come questa derivida un’unica fonte superiore che poi penetra tutti leSephirot che seguono. Un’unica luce che penetratutto il creato cominciando ad attraversare queste dueSephirot. Ciò che emana da Kether si trova in tutto, lasua luce divina da origine alla moltitudine. Tre luciche splendono con un’unica luce.Ritornando al mosaico infinito, ricordo, concludendo,che anche se possiamo ammirare dei pezzi, questi nonsono mai il suo totale. Non siamo attrezzati per riuscire a vedere la sua tota-lità. Per tale motivo, anche tutte le religioni delmondo sono un limitato suggerimento per tentare dipercorrere una via che possa consentire, almeno inminima parte, una percezione del divino, ed una rive-lazione dal divino. Non conosciamo tutta la storia dell’umanità e tantisegreti sono andati perduti o forse solo nascosti; altridevono ancora manifestarsi, però la vastità che vedia-mo in tutti i pantheon, rappresenta un molteplice sce-nario di una parte della grande unica verità. Nonostante le nostre così evidenti limitazioni, è pos-sibile che la Tradizione continui a metterci a disposi-zione, secolo dopo secolo, una infinità di strumentiadatti al tempo ed al luogo, per poter attingere qual-che scintilla di verità da quella grande luce che si dif-fonde perennemente, attraverso lo Spirito.

AKASHA

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L’intervento della

ProvvidenzaANTARES

Potentissimi Sovrani Grandi Maestri, Sorelle e Fra-

telli di ogni Grado, Vi saluto.

Vi è un assunto a cui, credo, tutti prestiamo fede:senza quell'oscura predeterminazione che gli antichichiamavano Fato, senza quel Desiderio, nessuno dinoi sarebbe giunto alle porte del Tempio, ma senzal'intervento della Provvidenza, non potremmo aspira-re all'Eterna Beatitudine cui aneliamo.

Per me, questo è più che verisimile, e viene costante-mente richiamato dalle quotidiane avversità da affron-tare con Forze interiori (alcune di esse insospettate)per tendere a quel massimo di perfezione, che il Fatoha impresso quale limite individuale.

Quotidiane avversità che, se nel mondo profano siidentificano con la materialità spicciola o al più nel-l'ambito del sentire, in quello iniziatico assumono verie propri aspetti di forze terribili e fatali.

Forze inferiori, che (mi si permetta di essere spregiu-dicato) immagino come una forma speculare e sim-metrica del Trilume, che punta verso il basso, sotto ilTavolino del Filosofo.

Sono le grandi e potenti Forze del FANATISMO, dellaSUPERSTIZIONE, dell'IGNORANZA.

Il Fanatismo acceca, la Superstizione assorda,l'Ignoranza le partorisce. Il loro scopo è consegnare la nostra Anima alla sor-gente da cui sono emerse: il BUIO SPIRI-TUALE.

Ma quando vedo, o immagino, il Filosofo

accendere il Trilume, la tenebra del fanatismocomincia a sfaldarsi, la visione più chiaracombatte la Superstizione e la conoscenza

annienta l'Ignoranza. So che la LUCE SPIRITUALE si è innestata sulTrilume.

Giorno dopo giorno, dalla nascita sino alla sua morte,con un processo ritenuto inarrestabile, l'uomo costrui-sce la propria immagine, assumendo attributi che nongli appartengono, per necessità, per vanità, per ambi-zione, giungendo all'idolatria di se stesso, perchéaffanni, irrequietezze, insoddisfazioni, rancori, desi-deri prendono il posto della scienza di sé.

Maligni fantasmi che sono il seme di un fanatico ten-tativo di mostrare a se stessi una realtà irreale, proie-zione della sua ombra reale nell'invisibile.

Maligni fantasmi con cui ci rapportiamo nel quotidia-no mondano, che ci avvolge con l'ignoranza, la super-stizione, il fanatismo.

Maligni fantasmi che ci portano ad isolarci nello stu-dio di noi stessi, con il pericolo di rinchiuderci nelnostro cuore, sotto la sicura protezione di un mantel-lo, che può diventare una cieca e coriacea tana di pavi-dità, o, peggio ancora, renderci invisibili, per prevari-care gli innocenti nella notte buia.

Ogni deroga alla verità ed alla sua quotidiana ricerca,sprofonda la coscienza in un antro sempre più buio eprofondo, dove ombre e apparenze prendono il postodella realtà.

Le nostre maschere! Dietro cui celiamo parvenze dipersone che non siamo, o che siamo solo in modo par-ziale, interagendo persino con ritmi naturali biologici.La fisiologia occulta dei cabalisti, ed in modo più

esplicito il pensiero orientale, quello cinese inparticolare, sono molto espliciti in merito; inmodo discreto lo è Jung e, più eclatante ed exo-terica, la scienza di Princeton.

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Però, le pure ed intempestive acquisizioniteoriche, potrebbero anche costituire ostacoliall'autentica conoscenza del SE'.Il mio EGO, altro non è manifestazione del mio IO,che lo contiene, certo, ma non è il mio Ego, così comenel rapporto che esiste tra l'Io ed il SE', che ha la suaOrigine nell'Occulto.

Sì !, anche L'ORIGINE DELL'ORDINE E' NEL-L'OCCULTO.

Considerate, vi prego, queste mie parole soltantocome il frutto di personali considerazioni, che posso-no, o meno, trovare condivisione.Ve l'ho offerto soltanto come spunto di riflessione.

Noi cerchiamo di assicurarci, mondando e purifican-do periodicamente e quotidianamente, cogli strumen-ti operativi a nostra disposizione, che la Maschera checi isola dai nostri simili non assurga al rango di unanuova personalità (sovrapposta a quella folla di per-sone che brulica e pullula nella nostra personalitàmondana) accecando questa ricerca del Sé, facendociconfondere un risultato intermedio con il consegui-mento dello Scopo Finale.

Maschera e Mantello, strumenti che dallo stato dipassività, passano allo stato attivo attraverso l'eserci-zio costante di Umiltà, Bontà, Meditazione ePreghiera.

Questo è l'insegnamento di J. Boehme che il NostroMaestro L.C. de Saint Martin prese come punto diriferimento.

Esistono ancora altre questioni, e tra queste non ulti-ma, quella dell'uomo che ritiene di esser riuscito adominare gli aspetti inferiori ed interiori del proprioessere, e che si acquieta su questa sicurezza, in realtàsolo apparente.

Ci narrano di molti pregevoli Maestri caduti inquesto tranello, e lo possiamo testimoniare,per averne avuto esperienza e sofferenza.

Ed allora mi chiedo: perché non potrebbeaccadere a me? Forse perché appena all'ini-zio del Cammino e, dunque, non meritevole

di certe pesanti ed "indesiderabili" attenzioni?

Non m'illudo, perché so che sempre fanno capolinotemi ritenuti annientati. E sempre nel modo più inno-cente e subdolo, perché questa scoperta del Sé è anco-ra lontana.

Ma ben vengano! E' una sfida che allena ad essereogni volta più affinati nell'acume e nell'attenzione,scorgendo, sempre prima, quei germi pronti a mani-festarsi, in modo inatteso e subdolo, perché la libertàgenera la volontà, la volontà adotta il pensiero, buonoo cattivo, che lo ha concepito; e non appena esso haottenuto il frutto, il minore ritorna in se stesso e,meditando sul prodotto della sua operazione, lui stes-so diventa giudice del bene e del male che ha fatto .

E' come se un sistema di amplificazione acustico,visivo, sempre più sensibile, mettesse nelle con-dizioni di udire il gemito, di vedere la fissurazione dacui il germoglio tenta di erompere dal seme, o l'inset-to, o il pulcino dal suo uovo.

Sicuramente, fraternamente mi perdonerete questeimmagini attinte a specie di scale biologiche che ciappaiono a noi inferiori, ma il mio metodo di ricercacomprende il verificare se ciò che ha esistenza nelmicroscopico abbia valore anche per il macroscopicoed il fenomenologico. Dal micro al macrocosmo.Dall'inferiore al superiore.

Tento così di vincere le credenze, le superstizioni.Forse come, ho detto, in modo un pò spregiudicato.

Vi ringrazio per la Vostra ospitale attenzione, e Viavvolgo nel calore del mio Quadruplice e Fraterno

Abbraccio.ANTARES

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SUL TRILUME

IL TUTTO E L’UNO

DEVI

Proprio uno dei molteplici significati di questo sim-

bolo universale è l’elevazione del pensiero da moltiad uno; così, le tre luci altro non sono che convoglia-te verso una sola fiamma che si espande all’infinito.Le luci quindi rappresentano la diversità nell’appa-renza, e la totalità di una verità che si erge al di sopradi queste, unica nella sua essenza che si rivela forse acoloro che la cercano, ma che viene comunque perce-pita in molteplici modi, come molteplici sono gli statidell’essere e le purezza spirituale di tutti coloro che ciriescono almeno in parte. Sulle sommità delle montagne e nelle profondità del-l’oceano, nell’astro più lontano della volta celeste eall’interno di noi stessi, la luce divina permea tutto ilcreato, essa è contenitrice di ogni cosa e da ogni cosacontenuta. Fin da tempi immemori l’uomo si è posto domandeche tuttora si ripropongono, poiché contemplano igrandi ed i piccoli misteri, trovando un riscontro nellarealtà trascendente la materia, cercando un contattocon qualcosa che lo superi fino ad arrivare ad un’es-senza spirituale non quantificabile o qualificabile. Gliocchi di chi sa vedere oltre non faticano a scorgereche l’universo intero è un unico, immenso organismopulsante. Ogni essere ne fa parte, tra gli uomini tutti sono allaricerca di un qualcosa, ma non tutti riescono a saperidentificare questo bisogno. E peggio di tutto, moltilo mal identificano, cadendo nelle complicate vie sot-tilmente impercettibili delle dottrine iniziatiche e sci-volando in quella che viene chiamata controi-niziazione. La luce più abbagliante può esserescambiata per tenebra, perché impedisce divedere a chi non la sopporta.Conseguentemente aggiungerei che anche la

tenebra nel suo oscuro accecamento puòessere travisata per luce. L’iniziato prova pena per quelle anime che

credono ciecamente a falsità tanto bislacche e peròfurbamente carismatiche, ma anche per chi, non-ostante la sua conoscenza e intelligenza (poiché sononecessarie per insinuarsi e scavalcare gli insegna-menti delle vie iniziatiche) decide coscientemente diintraprendere la direzione opposta, trascinando oltre-tutto con sé gli sventurati più indifesi da questi sub-doli giochi mentali.Persino Lucifero era innamorato di Dio, ma il suoamore aveva assunto una forma distorta. Tentando diattaccarsi ancora di più a Lui, tentando di diventareLui e di prenderne il posto, si è soltanto allontanatodal suo desiderio, non più puro ma sporco di orgoglio,superbia, gelosia. Dio separò la luce dalle tenebre, le tenebre non l’ac-colsero. Ma anche le tenebre fanno parte del creato edell’uomo, sta a quest’ultimo scegliere la strada dapercorrere per potersi ricongiungere all’unità che tra-scende la molteplicità del mondo e per conseguenza,la mente razionale.Tutti i popoli e tutte le epoche hanno avuto religioni,filosofie, stili di vita, vie iniziatiche atti ad unire e tra-mandare. Unire il passato, il presente, il futuro e legenti in ogni parte del mondo attraverso la Tradizioneche conduce ad una rivelazione intima, personale, main comunione con tutti i Fratelli. L’ispirazione, deri-vante da una sorgente unica che si dirama in infinitiraggi, crea una rete luminosa che percorre il tempo elo spazio. Dal medio oriente, fino al più estremo; dall’Americadel sud a quella dei nativi americani; dall’Africa nerae dal nostro più vicino occidente, troviamo rivelazio-ni e verità che sembrano un dialogo continuo edarmonico. Non a caso viene detto che laReintegrazione deve essere di tutta l’umanità, ovvia-mente prima passando attraverso uno stato individua-

le di coscienza opportuno.Ecco dunque che nascono le varie dottrine ini-ziatiche, gli insegnamenti trasmessi da mae-stro a discepolo, per poter conseguire un’u-nione non solo sul piano orizzontale, ma per

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elevarsi fino all’unione con il divino. C’è quindi ovunque un bisogno di trasforma-re la propria condizione, andare oltre ciò chesi vede nella materia per poter accedere a quello statodell’essere dove non c’è più distinzione.Capita a volte di sentire considerazioni o verità cherisuonano all’interno di noi stessi. Sono echi remotied arcani, eppure non solo paiono stati detti appostaper noi, ma soprattutto hanno il sapore di un ricordo,come un pensiero che è già dentro di noi, dimentica-to in attesa della voce di qualcun altro che lo dicesseanche per nostro conto.Tuttavia solo chi davvero lavora per la gloria di Dionon lascerà che le belle parole rimangano tali, ma siapplicherà affinché riecheggino per tutta la duratadella sua vita, trasmettendo amorevoli vibrazioni almondo intorno a lui.Persino le simbologie trovano riscontri e somiglianzefra di loro. Si parte dal presupposto che, qualora unanuova religione scalzi quella precedente, i simboli ele festività (analizzate sempre nel loro significato piùprofondo) vengono mantenuti. Questo succede nonper plagio, ma perché le forme sacre mantengono leloro risonanze archetipe adattandosi a qualsiasi viaspirituale; il loro patrimonio è divino, perciò la lorovalenza immutabile. La natura è scandita da un unico,infinito ciclo i cui ritmi sono semplicemente chiama-ti in modo diverso.Lo stesso accade fra culture che si trovano ai latiopposti del pianeta e che seguono correnti comple-tamente diverse, nutrendosi però degli stessi archeti-pi, arrivando infine allo stesso centro del mandala odella rosa, allo stesso ramo verticale dell’albero odella croce, allo stesso gradino della scala, allo stessoUno cui vorticano intorno tutti gli esseri. Si parla ovviamente di una priorità sacrale, ben lonta-na dalla volgarizzazione e dalla mondanizzazioneavvenute a più riprese nel corso della storia delle reli-gioni e delle filosofie, che hanno contribuito allospaccamento della ricerca di conoscenza. Se si guarda al di là di orientamenti puramen-te materialistici invece, non solo si trovanosimilitudini fra religioni e filosofie di tutto ilmondo, ma anche nel continuo progresso

scientifico, il quale sotto plurimi aspetti con-ferma sempre più spesso antiche intuizioni.Non credo sia un caso che si ipotizzino teorie

che trascendono la comprensione puramente logicacome il gatto di Schrödinger, vivo e morto al contem-po mentre non si vede; oppure le particelle di Einsten,le quali si influenzano l’un l’altra a seconda dell’alte-razione di una delle due, anche se si trovano ai latiopposti del pianeta solo per il fatto di essere stateintrecciate per un certo periodo; o ancora il Dna chericorda la forma dell’Alef; o infine il frattale, chespiega l’universo attraverso la sua forma che si ripro-duce all’infinito, la sua parte più infinitesimale ugua-le alla sua più immensa.Si osserva quindi anche nel mondo profano come sialimitante pensare che la realtà si fermi soltanto a quel-la che ci appare più immediata. Sono forse questi sti-moli e necessità di comprensione che provengonoproprio dalla parte spirituale.Termini come Padre e Madre si trovano in qualsiasitesto sacro, altro non fanno che ricordare un esserepiù grande di noi, da cui tutto dipende. Il bambinoappena nato è un essere che non sopravvivrebbesenza i genitori che provvedono a lui e per lui essisono un Dio che riempie il suo mondoIl Signore ha sempre detto a tutti i suoi figli, di qual-siasi razza, religione o credo, di cercarlo ovunque, intutte le cose create: nel sole, nella terra, nel mare,sotto un sasso, nel profumo di un fiore, nel respirodell’uomo. Nell’uomo si trova la chiave per carpiretutti i segreti dell’universo, poiché dentro di lui è ognirisposta. Egli fu fatto a immagine e somiglianza diDio, studiare sé stessi quindi significa studiarel’Universo. Esistono quindi convergenze sulla concezione di que-st’ultimo, sfocianti tutte nella molteplicità del mondomateriale, di cui si deve prendere coscienza e succes-sivamente distaccarsene per potersi elevare alla tota-lità dell’emanazione divina che è la divinità stessa.

Se, grazie all’illuminazione proveniente dal-l’alto, si riuscirà a diventare luminosi, siriusciranno ad intuire le radici e le ali di que-sta essenza divina. Non essendo più Lui, perché esiste altro che è

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all’infuori di Lui eppure in tutto Lui, perché sitrova in ogni parte di questo altro. n questo fluttuare fra l’essere e il non essere,il conoscibile e l’inconoscibile, l’immanente e il tra-scendente, il tutto è l’uno.Incredibile come nelle lingue antiche e nelle mentali-tà estremamente lontane dalla nostra, esistesse giàquesto legame con tutto. Così in un’unica parola visono i significati del particolare e dell’universale, ilnome di una persona e al contempo di una città. Ilpoco diventa molto e si collega e si mescola a tutta larealtà.Forse, al di là di tutte le passioni e le pulsioni nell’a-nimo umano, al di là di tutte le fratture e le infinitecrepe in questo meraviglioso arazzo, ciò che unisce èpiù forte di ciò che divide.

DEVI

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La Maschera

GIOVANNA

“Soltanto tu sei responsabile delle tue proprie

azioni davanti a te stesso e non devi né potrai incol-parne altri; la tua coscienza sarà il maestro temuto dalquale prenderai sempre consiglio, il giudice severo einflessibile al quale dovrai render conto delle tueazioni. La maschera che ti isola dal resto dei tuoi simili, timostrerà il valore che devi ascrivere alla proprialibertà che, per mezzo della volontà, è potentissima difronte al destino e alla Provvidenza.”

Ecco la fonte del Sublimeecco perché gli uomini non possono definirloperché è il frutto di un albero più grande di loro.

Ecco perché tutti coloro che non credono a questegrandi relazioni producono così poco di sublime! Sono dei rami che si staccano da soli da questo gran-de albero da cui volete tenervi separati.Un altro essere ci offre tutti i generi del sublime:il sublime dell'intelligenza e del discernimentoil sublime della dolcezza e dell'amore;il sublime dell'eroismo e del coraggio ;il sublime dell'eloquenza e della logica ;il sublime della santità e della preghiera ;il sublime della forza e della potenza ;il sublime della carità e della dedizione.Occhio dell'uomo, ti supplico, non rigettare più que-sta fonte vivificante di tutto ciò che è sublime, e cercadi riscaldarti al cospetto dei suoi doni e delle suevirtù.(Louis Claude de Saint-Martin L'Homme duDesir)

La maschera è il mio silenzio; nel roteare, avolte convulso, di accadimenti, emozioni,impulsi che distolgono la coscienza dalla

capacità di creare in ogni momento la consapevolez-za, indosso la maschera e lascio fuori l’ego, a volteassordante, per prendere contatto con l’interiore.Per essere nella Verità… devo amarmi così tanto danon avere pietà (giustificazioni) per me stessa, per ilmio ego. Niente alibi, nessuno a parte me mi vede. Nessun altro sa… Nel distacco, trovo in me lentamente, nella Coscienzache diventa maestra, la volontà-capacità per rettifica-re la mia Luna; imparo ad essere sempre me stessa;imparo ad essere creatrice e giudice severa ed unica acui rendere conto; imparo ad essere responsabiledelle mie azioni davanti ad essa.La Maschera diventa cura del sé, dell’intimo recupe-rato ogni giorno di più, attraverso i Rituali e le medi-tazioni. Dietro la Maschera trovo la Libertà dell’essere, ilsilenzio dalle dimostrazioni, vanità, convenienzedella personalità profana. Conquisto la mancanza del bisogno di esteriorità.

Uomini di pace, uomini di desiderio, tale è lo splen-dore del Tempio in cui un giorno avrete il diritto diprendere posto.Un simile privilegio non deve stupirvi, tanto più chepotete cominciare a costruirlo quaggiù, e poteteanche ornarlo in tutti gli istanti della vostra esisten-za... Ricordatevi che, secondo l’insegnamento dei saggi,le cose che sono in alto sono simili a quelle che sonoin basso e sappiate che potete concorrere voi stessi aquesta somiglianza, facendo in modo che le cose chesono in basso siano come quelle che sono in alto»(Louis Claude de Saint-Martin - L'Homme du Desir)

L’Uomo di Desiderio mi indica la mia desti-nazione possibile, una trasformazione pro-messa di rinascita interiore. Io, donna Nuova, dopo essere nata dalla Vec-

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chia, potrò passare attraverso tutti gli stadidell’evoluzione, fino a raggiungere la miacompleta maturità. Diventata «Donna-Spirito», potrò compiere il mioDesiderio. In questa missione la maschera mi aiuta giornalmen-te a raggiungere il mio essere puro, fino ad adempie-re quella che doveva essere la mia missione propria,cioè rappresentante attiva tra Dio e l’Universo. Nella intelligenza del cuore, l’uso della maschera puòunire l’alto e il basso, fino a che “ io - l’essere umano-l’umanità ” potrò partecipare alla reintegrazione delTutto nell’Uno, ed io essere stabilmente Tempio diDio

GIOVANNA

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TRILUME

HASIDD

La nostra vita si compie in unico modo, cioè nel

mentale.La mente (Mens, intelligenza), nel suo meccanismoumano, non può prescindere dal sensibile. Se noi pen-siamo e perché sentiamo, tocchiamo, vediamo,gustiamo e odoriamo.È chiaro che la mente non può tenere conto che dellesensazioni. Non esiste pensiero che direttamente oindirettamente non si riferisca a ricordi sensitivi. Ma tra la mente e le sensazioni, vi è qualcosa cheselezione e distingue, e questo è l'intelletto che fa datramite, tra Mente e corpo fisico. Tre elementi: corpo fisico, intelletto e mente sono tal-mente compenetrate da formare un unicum, cosìcome in un bicchiere, idrogeno ed ossigeno formanol'acqua e tra essi non è possibile trovare la linea diconfine, talmente sono amalgamati.Mente, corpo fisico e intelletto tre in uno, mi ricorda-no le tre Luci del nostro V::: O::: che ci rammenta cheda tre luci bisogna percepire una sola ed unica luce,così come una sola ed unica verità può emanare dasorgenti diverse. Il Nostro V::: O::: M::: è animato da tre simboli:Trilume, Maschera e Mantello. Da subito mi sonochiesto perché tre lumi e non due o quattro. Il Tre èun simbolo pari alla creazione dell'uomo (MenteAnima Corpo); tre.In uno, così come da tre lumi deve emanare una solaed unica luce. Il tre è un numero che si ripete indiverse circostanze; infatti: Tre volte Gesùchiede al Padre di allontanare da lui "il caliceamaro"; tre giorni trascorre Giona nel ventredella balena; Tre giorni trascorre il Cristo nella

tomba di Lazzaro, Tre volte Pietro rinnega ilMaestro, Tre volte Gesù si manifesta dopo laresurrezione è ancora Tre sono le virtù

Teologali, Tre le lingue Sacre, Tre i gradi della perfe-zione, Tre le epoche della storia umana ( prima,durante e dopo la legge). Tre i simboli del nostrovenerabile ordine, Maschera, Mantello, e Trilume. Aggiungo che Tre è "la regola Aurea" che presiedettealla costruzione dell'Arca, costruita su tre livelli. Trefurono gli angeli che visitarono Abramo e Tre ilnumero della Trinità ed è la Trinità che ci riporta all'unità, ricordandoci che Tutto è Uno e Uno è Tutto. Gli elementi così compenetrati stabiliscono la leggedell'essere. Tutto è il risultato di un Attivo, di unPassivo e di un Prodotto, legge che regola tutte lecombinazioni chimiche. Nella combinazione deglielementi non si coglie dicotomia così comenell'Uomo (fisico, mente, intelletto) e nel Trilume chediventa una ed un unica Luce.

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Sugli insegnamenti

della Provvidenza

HATHOR GO-REX

Con il termine Provvidenza si intende l’insieme di

azioni, apparentemente casuali, operate dall’Intel-ligenza Divina aventi lo scopo di aiutare l’uomo arealizzare il proprio destino. Rette da un ordinamen-to necessario al mantenimento dell’equilibrio univer-sale, sono esperienze da cui ognuno può trarre uninsegnamento e far fiorire in sé le virtù se mossi dasincera Volontà e desiderio di rettificazione. Come un genitore provvede all’educazione di unfiglio, così il Creatore pone le condizioni necessariealla nostra crescita interiore, aiutandoci nel percorsodi maturazione nei tempi e nei modi più adatti in baseall’individuale livello evolutivo raggiunto. La libertàdi scelta (o libero arbitrio) è una prerogativa dell’uo-mo, l’unico tra gli esseri viventi a esserne dotato, èquindi un dono che lascia determinare a ciascunocome agire di fronte alle situazioni. Attraverso leesperienze a cui siamo destinati e traendo il giustoinsegnamento dai nostri stessi errori, avremo modo dimodificare la personalità mondandola pian piano daegoismo e ignoranza. Abbandonando i desideri indi-vidualistici e lasciando che il volere Divino agiscaattraverso di noi, forti di sincera fede e speranza, virtùe serenità germoglieranno nei nostri cuori. Aiutati dastudio, intuizione e contemplazione, vedremo nellaProvvidenza non più una punizione ma semplicemen-te l’insieme di leggi che regolano l’universo e con cuidobbiamo imparare ad armonizzarci e collaborare.Ritroviamo un chiaro e significativo riferimento allaProvvidenza come metodo di insegnamentofin dall’antichità, nelle sacre scritture, nellamitologia, nelle arti e nella letteratura e inmolti altri campi. Tra gli innumerevoli possi-bili esempi a riguardo, ho scelto alcuni precet-

ti della scuola pitagorica sui quali vorreiporre l’attenzione.

“Almeno se lo puoi: perché una legge severa

Lega la Potenza alla Necessità…”

… dice uno degli Aurei Detti dove chiaro è il riferi-mento alle due nature a cui sottostà l’uomo, l’unaobbligata, ossia il Fato o Provvidenza, necessità sca-turita da cause passate, e l’altra libera, ossia laPotenza o Volontà individuale.Il legame tra i due principi evidenzia come l’unopossa modificare l’altro sgretolando così il fatalismodegli stoici che ritengono il destino immutabile. E’bene ricordare che nelle situazioni che ci troviamo adaffrontare non vi è mai un Male o un Bene assolutoperché esse sono solo un effetto, sottomesso e dovu-to a una ben più ampia causa universale, originatequindi da una necessità che non ha in sé nulla di mali-gno. Un altro interessante precetto pitagorico dice:

“E quanto ai mali che il destino porta con se,

Giudicali per quello che sono: sopportali; e cerca,

Per quanto ti sia possibile, di addolcirne i tratti:

Gli Dei non hanno mai abbandonato i saggi ai

dolori più crudeli”

Anche questo verso spiega come l’uomo sia soggettoa due differenti nature, l’una necessaria, l’altra liberae agente sull’avvenire. Ci insegna quindi, essendo ilpresente risultato di azioni passate, a prenderci lenostre responsabilità e a non incolpare gli altri deimali di cui noi stessi siamo la causa. Dobbiamo impa-rare quindi ad accogliere la sofferenza che ne deriva,con serenità e fiducia, traendo da essa un’esperienzadi crescita interiore. E’ importante accettare la realtàper quello che è, osservarla con animo calmo in mododa lasciare che ogni debito karmico segua il suo corso

fino a esaurirsi, ribellarsi la farebbe perpetua-re in una nuova spirale di causa-effetto, rifiu-tarla creerebbe un contrasto, un conflitto, ine-vitabile seme di ulteriore dolore. “Il destino guida chi lo segue di sua volontà,

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chi si ribella, lo trascina” diceva Seneca.Per compire questo cammino evolutivo l’uo-mo è stato dotato di mezzi adeguati, ossia ditre forze connesse alla sua Volontà: l’istinto, propriodel corpo; la virtù, attribuita all’anima; la saggezzaappartenente all’intelletto e che vengono stimolateproprio dalle cause provvidenziali. Queste tre facoltàse agiscono in concomitanza le une con le altre,rischiano di ottenebrarsi a vicenda creando confusio-ne; compito dell’individuo è imparare a scinderle inun pensare, sentire e volere separati, ponderati edominati, operanti così un’azione pura e non assog-gettata dai sensi. Il discernimento è l’arma che abbiamo a disposizioneper eludere gli inganni dell’ignoranza e, applicato alleesperienze, ci può far riflettere sull’origine dei mali,conseguenze di errori passati, trovando la chiave persuperarli. Sopportando i dolori con rassegnazione, ciappariranno più lievi; ricordiamoci sempre che man-tenere serenità e quiete in ogni situazione può alleg-gerire anche il macigno più pesante e che la volontà,esaltata dalla fede, talvolta può compiere miracoli.

Un altro precetto pitagorico riguardante laProvvidenza dice:

“Analizza, decidi, e scegli liberamente.

Lascia che i folli agiscano, senza meta e senza

ragioni.

Tu devi nel presente contemplare l’avvenire.”

Anche qui viene ribadita l’importanza del connubiolibero arbitrio e attenta riflessione, esortando all’ana-lisi costante delle circostanze che il Fato ci imponeL’attenta ponderazione delle nostre azioni, esulequindi da emotiva impulsività, le renderà costruttivee non distruttive, perché è l’agire con cognizione dicausa e non il reagire avventato che ci farà evolvere,superando la situazione e impedendole di perpetuarenel tempo.Fare tesoro delle esperienze che il Destino ciimpone di affrontare è importante per nonricadere negli stessi errori, per comprenderel’effetto delle nostre azioni e imparare ad agire

con saggezza. Reagendo in maniera differen-te rispetto al passato alle situazioni ridondan-ti che spesso caratterizzano le nostre vite,

avremo la possibilità di gettare nuovi semi per il futu-ro. La saggezza acquisita ci insegnerà ad agire con pon-derazione e a scorgere in ogni difficoltà il dono diun’esperienza evolutiva.

HATHOR GO-REX

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La ricerca della Verita’

secondo il Venerabile Ordine

Martinista

JOHANNES

Ritengo rilevante iniziare il mio lavoro partendo

dal concetto generale di verità.Infatti la nozione di verità è confusa ed oscura; se neparla tanto come entità ovvia, ben conosciuta e risa-puta da tutti, con il risultato desolante che se ne capi-sce poco. Manca la consapevolezza di che cosa siaesattamente. Sembra un’aspirazione utopistica edirraggiungibile. La verità sfugge ad ogni dimostrazione teoretica e aogni definizione; non potendola trarre né dall’espe-rienza empirica, né dalla natura, viene il sospetto chedebba sorgere da qualcosa di super naturale fuori daargomentazioni logiche.Bisognerà cominciare col “liberarci” di queste sotti-gliezze, le quali aprono la via ad una molteplicità diverità distinte (in psicologia, in etica, in diritto, inpolitica, in economia, in sociologia. ecc...) buone pertutti i gusti e che portano, alla fine, allo sminuzza-mento della enigmatica verità in tanti minuti fram-menti. Si presume che la verità non debba avere né moven-ti, interni o esterni che siano, né scopi, che la condi-zionerebbero e la solleciterebbero verso direzionipredeterminate e non sarebbe, quindi, più verità; ma,così, sfuggirebbe pure al principio di causalità, che, asua volta discutibile, resta necessario ed è tuttorageneralmente accettato nel mondo dell’esperienza. I1 problema va affrontato da un punto di vista piùalto, dal quale, allargandosi l'orizzonte, saràfacilitato, con la vista interiore, il vedere e losvelare il senso esoterico delle parole di S.Giovanni: “La verità vi farà liberi.”

Con quali sue intrinseche possibilità, conquali mezzi la verità potrà farsi a autricedella nostra libertà?

Se accettiamo che la parola autorità derivi da autore,dobbiamo ritenere che la verità sia un'autorità intran-sigente, ma, come ogni autentica autorità, non emanaleggi di sua iniziativa, limitandosi a confermare, agarantire la retta interpretazione e l'applicazione dileggi preesistenti, che ebbero origine, in un passatoremotissimo, da un Principio, da un Dio, da un'Unitàtrascendente, o magari da un Eroe archetipo; in ognicaso, però, il Principio, il Dio, l'Origine delle leggisono sempre posti di sopra della autorità della veritàstessa; separati, fuori di questo mondo, nel regno deicieli.La verità, quindi è autorità solo in quanto funziona damedium, da tramite, da continuum del Principio,garantendolo come genuino, a “VERO”, senza travi-sarlo, agli uomini, che a quel Principio devono infor-marsi e uniformarsi. Questo impegno, questo compito autoritario dellaverità ne fa la guardiana della super umanità dellaLegge. Risulta evidente che, in una società tradizionale, gliuomini saranno disposti ad uniformarsi e a seguireleggi e norme che la verità garantisce sacre, perchéconformi ai disegni del Creatore e non dettate da par-ticolari interessi di legislatori profani.Come sovente viene sottolineato, scopo del Marti-nismo è la reintegrazione, cioè il conseguimento daparte dell'uomo, della primitiva purezza, la riacquisi-zione delle proprietà spirituali che Adamo perse nellacaduta.Il risveglio, infine, del Divino che è in noi. Ciò porterà il reintegrato a padroneggiare il suo “me”sensibile esteriore, la sua personalità legata al quater-nario.Sarà così in grado di giungere al suo Io superiore, diunirsi tramite di esso all'Assoluto.

Ma se quanto detto portasse a credere ilMartinismo, un ordine di mistici contemplati-vi, ebbene ciò non risponderebbe a verità.Perché, se il Martinista non deve vivere per ilmondo, deve però vivere nel mondo.

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Ora, essere uomo di desiderio significa tende-re alla conoscenza della verità, che per noiMartinisti vuol dire non apprendimento, macoscienza.Non abbastanza viene ripetuto che "conoscere" esote-ricamente significa “essere". Quindi viene escluso l’i-solamento egoistico. La massima. "non fare agli altri ciò che non vuoi siafatto a te" va completata martinisticamente "fai aglialtri ciò che vorresti fosse fatto a te".Il Martinismo, infatti, è azione; lo potremmo definireun’ORDINE COMBATTENTE DI MONACI

LAICI.La sua appartenenza comporta una etica di verità econoscenza che, sotto il profilo profano, potremmoriassumere nel motto:

“Bonum facere

Neminem laedere

Recte vivere

Suum cuique tribuere"

In modo che di un Martinista si possa con “Cicerone”dire : “Verum, verissima fronte, dicere”(Porta scritta infronte la Verità)

Per Martinismo dobbiamo intendere quella condizio-ne umana esistenziale che nella sua insoddisfazionericerca la via alla reintegrazione." Da qui traspare illato igneo, solare dell'iter martinista, verso laConoscenza cioè verso la Verità.L'Ordine non è una confraternita formata da uomini edonne dediti ad una adorazione dell'Assoluto; è inve-ce una comunità di sforzi, un continuo ed instancabi-le lavoro teso a veramente comprendere l’Assoluto eda congiungersi con Lui, per quanto, ovviamente, pos-sibile.Come detto l'Ordine Martinista esclude l'isolamentoproprio dell’anacoreta. La legge d'amore che regge l'universo è armo-nia e quindi equilibrio; se è verità che l'equili-brio interiore del singolo è il primo, indispen-sabile conseguimento, necessita altresì contri-buire all'equilibrio generale.

La frase "ama il tuo prossimo come te stesso"costituisce un principio basilare di tutte lecorrenti spiritualistiche e religiose.

Esotericamente la dizione più esatta è: "ama nel tuoprossimo te stesso"; questo perché tu ed il tuo prossi-mo siete aspetti diversi di una unica realtà, siete ema-nazioni, nel mondo del particolare, della realtà una.Logico quindi che il Martinismo chieda non di fare

opera di proselitismo ma di essere esempio (nessunaforza, infatti, è trascinatrice come l'esempio).Louis Claude de Saint Martin nel suo volume “Deglierrori e della verità” ovvero “Gli uomini richiamati alPrincipio universale della scienza”, indica la stradache l’uomo avrebbe dovuto seguire per acquistare l’e-videnza fisica sull’origine: - sull’origine del bene e del male,

- su l’uomo,

- sulla natura materiale,

- sulla natura immateriale e sacra

- sulla giustizia civile e penale,

- sulle scienze, le lingue e le arti.

Dice Saint Martin: “…sebbene la luce sia fatta pertutti gli occhi, e ancora più certo che tutti gli occhinon sono fatti per vederla nel suo splendore” ed inol-tre ammonisce gli aspiranti alla luce “…sondarespesso il Vostro essere, per assicurarvi che esso nonrespiri che per il Regno della Verità e non per ilVostro Regno.”

JOHANNES

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Il Trilume

MIRIAM

“Come una sola ed unica luce emana da tre luci

differenti, così pure una sola ed unica verità emanada sorgenti diverse e apparentemente opposte”.Secondo la Kaballah, da un punto di vista fisico, latriade superiore dell’albero della vita KeterChockman e Binah rappresenta la testa con i due emi-sferi destro e sinistro; tutti costituiscono un insiemeun unico. I due emisferi hanno funzioni diverse, pergrandi linee, uno eminentemente pratico deputato allavita di tutti i giorni, l’altro invece specializzato nel-l’ambito emotivo intuitivo. Ma entrambi sono colle-gati tra loro e in determinate circostanze, come nelcaso della perdita di sostanza grigia, un emisfero puòessere sostituito funzionalmente dall’altro.Ovviamente entrambi sono collegati con Keter.Questo mi porta a pensare che già dalla nostra primacostituzione siamo stati creati come un unicum diffe-renziato ma interdipendente.Chi come me è stato per lunghi anni “innamorata”della scienza (non per niente ho scelto lo scientifico),sa come gli scienziati sono stati per secoli alla ricercadi una forza unificatrice delle varie energie dell’uni-verso che, man mano, venivano scoprendo gravitàelettromagnetica ecc.. Questa ricerca è sempre statavana ed anzi la meta si allontana sempre di più; bastapensare che oggi non si parla più di universo ma dimulti verso.La scienza non può portarci a soddisfare quel deside-rio di conoscenza e di unità nel diverso, che animaognuno di noi, seppure a volte senza consapevolezza.Questa ricerca passa attraverso reintegrazione del Sésingolo e universale.Del resto, una caratteristica della scienza uffi-ciale è l’arroganza e la presunzione di veritàassolute, infatti basta pensare alla definizionedi spazzatura biologica per tutta quella parte diDNA non ancora tradotta.

A questo punto non credevo più al valoreassoluto della cosiddetta scienza. Come sem-pre succede, quando siamo pronti arrivano i

segnali e le indicazioni che dobbiamo cogliere. Nelmio caso fu l’incontro con una amica molto addentroad un movimento cattolico. Frequentai con lei quelliche vengono definiti ritiri spirituali, in uno in partico-lar modo si doveva osservare il più rigoroso silenzioanche durante i pasti. Devo dire che il silenzio este-riore porta dopo un po’ al silenzio interiore; è unesperienza che non dimenticherò perché io incredulaho scoperto un altro “io”, un sé che proprio non cono-scevo. Questo sé ascoltava quanto dicevano gli orato-ri e si meditava su padre figlio e spirito santo divisima uniti in un’unica persona. Concetto molto diffici-le se non impossibile da capire con l’emisfero razio-nale ma a cui si può arrivare solo con l’aiuto anchedell’altro emisfero o meglio con la meditazione e laconseguente intuizione. L’uomo è costituito di treparti: fisica, animica e spirituale. Negli anni mi sonospesso chiesta se la parte più importante di noi è quel-la spirituale, l’anima, perché il Creatore non ci hafatto dei puri spiriti; quanta fatica in meno! Ma laparte materiale è altrettanto importante delle altredue; è attraverso la fisicità che riusciamo a far svilup-pare ed evolvere la parte spirituale. Ovviamente perfare questo dobbiamo essere sempre in guardia pernon cadere nella controiniziazioneI maestri del passato del Martinismo conoscevanobene l’importanza simbolica Tradizionale del trilume.Abbiamo tre luci poste alla stessa altezza e le tre partisono ugualmente importanti così come sono rilevantii tre colori, collocati su piani diversi del tappetino sucui è posto il trilume; ad esempio: dio, uomo, natura,tutti e tre apparentemente diversi, sono però riunitinell’Unità. Nelle religioni pagane mi sembra di averletto che gli idoli erano posti in alto al di sopra dell’uomo per sottolinearne l’inferiorità. In tal modocredo, non c’era più un’unica luce dalle tre ma la dua-

lità. Siamo portati a ritenere la materia, il creato incui viviamo, come inferiore, e forse normal-mente è così poiché in questa vita materialenoi esprimiamo la nostra combattività il nos-

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tro desiderio di sopraffazione, di essere i piùforti. Basta però che per una volta, guardandoil mondo, gli alberi, gli animali, attorno a noinon più come qualcosa di altro, di separato, ma bensìpartecipi della nostra stessa vita, per sentire la pre-senza della scintilla divina in tutto; così come sisostiene, ad esempio, nella mistica cristiana e nella lacabala.Secondo la cabala ebraica, infatti, la creazione (attod’amore) è avvenuta tramite un progressivo addensa-mento di materia sempre più densa che dal puro EnSof arriva a Malkut, il mondo come lo conosciamo.Ma è importante ricordare che in tutti questi successi-vi passaggi dello Tzimtzum, rimane sempre la scintil-la divina Per i cristiani, non molto diversamente, il creato èsempre un atto d’amore del Signore, in cui Lui è sem-pre immanente. Sono convinta che molti ebrei orto-dossi non sono certo d’accordo con me, ma non possonon pensare a Pico della Mirandola o a GiordanoBruno che ritenevano la cabala cristiana come possi-bile unificazione delle due religioni nell’unica Verità.Oggi c’è ancora dualità tra le religioni, tesi, antitesi,ma non ancora sintesi (cito Hengel) La sintesi divie-ne poi nuova tesi ad un livello più alto.Questo processo mi ricorda il percorso che deve com-piere l’uomo di desiderio che vuole risalire da Malkutlungo l’albero sefirotico verso Keter spogliandosi, viavia, di materia grezza e del pesante piombo.Prima di parlare più in particolare della mia esperien-za personale, vorrei fare una premessa. Per affrontarequesti difficili argomenti di consapevolezza, anche sesolo da un punto di vista concettuale, è necessario,anzi direi è indispensabile, averli sperimentati.Normalmente si tratta di rapidi flashs che però sonoindimenticabili. Per quanto mi riguarda, recentemente alcune circo-stanze non casuali e le relative meditazioni, mi hannorivelato un aspetto del mio egotico io che non cono-scevo. L’intimo riconoscimento che certi latidel mio ego erano (o forse ancora sono) larisposta inconscia ad eventi estranei alla miavolontà; questo non è stato sufficiente a dimi-nuire il dolore e il senso di inutilità provato.

Con la consapevolezza che questo lato delmio “io” è solo piombo che deve essere eli-minato, o meglio trasformato, ho cominciato

a capire che questo annullamento dell’io in realtà è unevento positivo direi provvidenziale. Del resto innatura, la degradazione del vulcanico uranio determi-na il saturnino piombo che pur pesante non deve esse-re totalmente denigrato; basta pensare al tarocco del-l’eremita. Ritengo perciò che dal fuoco di uranio allaterra di Saturno, attraverso questi si arriva all’acquache da sempre rappresenta l’inconscio il nostro Séche dobbiamo riuscire a far emergere con la reinte-grazione.

MIRIAM

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Il Mantello

MORGON

Il Mantello indicato come simbolo più profondo

dell’Ordine mi ha sempre colpito per le due virtù, indue mezzi che il Vademecum indica come necessarialla sua formazione: la prudenza e l’isolamento nellacalma della propria Coscienza. Il silenzio interiore,anticamera del Se è uno stato di coscienza molto dif-ficile da ottenere e difficilissimo da mantenere, ciònondimeno, la sensazione che si prova raggiungendo-lo, anche solo per brevi istanti, è profondamentearmonica, come sedersi in uno scranno all’interno diun ciclone; ciclone che simboleggia gli impulsi mate-riali, le brame della sopravvivenza, i pensieri volti,quasi con ossessione, alla risoluzione di problemati-che profane, legate ai molteplici aspetti della quoti-dianità. In questo centro, in questo scranno, il ricer-catore interiore può finalmente porsi delle domandesu temi metafisici, spirituali e umilmente permettersidi attenderne la risposta. Credo che la formazione delMantello avvenga lentamente, filatura dopo filaturain questi preziosi istanti. Come se, ogni volta che si conquista il Silenzio, laCoscienza, qualche scintilla di quelle vibrazioni pre-gne di armonia, rimanga in contatto stabile con noi;queste scintille saranno poi il tessuto del Mantelloche, grazie alla prudenza ed alla centratura quotidia-na potrà essere filato.Mantello che sicuramente difenderà dall’esterno,dalla caoticità esteriore, ma soprattutto proteggeràl’interiorità della Coscienza dalla mole di pensieri edemozioni disturbanti, che, in un modo o nell’altro ciallontanano da noi stessi o peggio, rendono la nostravita difficoltosa, se non impossibile.Mantello che proteggerà quello stesso scran-

no dove ci sediamo quando, faticosamente,riusciamo ad entrare nel Tempio interiore.Altro aspetto indicato dai maestri martinisti èla capacità di “nascondere l’iniziato agli occhi

dei malvagi”.Questi “malvagi” potrebbero essere forzesottili dei cosiddetti piani intermedi, energie

spirituali non luminose con le quali l’iniziato, magarisbagliando un Rito od operando senza centratura,rischia di entrare in contatto. Il Mantello, grazie allevibrazioni luminose delle quali è prodotto, potrebbenon solo difendere, ma persino nascondere il martini-sta durante i suoi viaggi interiori; ovviamente se esolo se, questo stesso ricercatore, grazie alla pruden-za consigliata dal Vademecum, non desidera esserevisto. Prudenza che dovrebbe mettere in guardia perl’appunto, da curiosità o da strani desideri legati aimondi intermedi. Risulterebbe anche possibile che,l’essere invisibile a forze potenzialmente ostili neimondi dietro le apparenze comporti l’essere inosser-vato da correnti ostili anche nel mondo delle appa-renze, ovvero il mondo profano. In sintesi, il Mantello potrebbe simboleggiare il Cer-chio oppure un’altra forma geometrica, che nellaquasi totalità delle operazioni esoteriche viene forma-to all’inizio dei lavori col fine di proteggere il prati-cante od i praticanti dalle influenze nocive esterne,con l’essenziale differenza che, in quanto Mantellointeriore, non dovrebbe mai abbandonare il martini-sta, perché espressione del Se. Con ogni probabilità,più il contatto tra la nostra consapevolezza e lacoscienza, la vera Coscienza, è pulito, o meglio, puri-ficato continuamente dal lavoro iniziatico, più la luceprotettiva del Mantello è in grado di difendere e dicelare il ricercatore da molte avversità.

MORGON

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Il Mantello

OBEN

“L’uomo dopo essersi isolato nello studio di se

stesso, perviene mediante la meditazione a creare lapropria personalità. Egli può allora affrontare senzatema gli altri uomini, ma deve sempre stare in guar-dia. Tutte le forze fatali, ch’egli avrà dominate unaalla volta lo attaccheranno in massa tentando diabbatterlo. Ch’egli sappia allora ripiegare intorno asé il mantello misterioso che rende insensibili agliattacchi dell’ignoranza”.

Ho ritenuto d’iniziare con la mia relazione, soffer-mandomi a riflettere sul tema appena enunciato,anche se per esperienza so che sicuramente gli aspet-ti e pensieri che ritengo ascrivibili al percorso opera-tivo sinora fatto e che cercherò di rappresentare, toc-cheranno in qualche modo tutti i temi del Convento.Temi che per me nettamente delineano e caratterizza-no, tutti insieme, un percorso: il PERCORSO

MARTINISTA. Percorso che ritengo essere, almenosecondo la mia esperienza, non tra i più facili. Del resto, ciò è normale, poiché in nessun ambito laconquista di possibili validi risultati è cosa facile, nécosa da dare mai per scontata, anche se si è iniziato ilcammino con il piede giusto.

Spero, affinché questo non sia un lavoro sterile, dipotere riuscire per chi mi ascolta, ad essere un buoninterprete, ed a concentrare comprensibilmente inun’unica interpretazione, concetti ed esperienze qualeMartinista, provenienti talvolta anche da ricerche edesperienze fatte in ambiti, organizzazioni e contestidiversi, anche apparentemente completamente oppo-sti. In sostanza, poi, dopo una prima difficoltà rap-presentata dal fatto di dover conciliare in ogniambito dottrine e regole che avevo scelto diseguire e di sentirmi, ovunque andassi, semprediversa dallo standard generale, mi sonoaccorta, che la diversità era sempre solo nel

metodo, e che tutto proveniva indubbiamen-te dalla medesima fonte.Il fatto poi di fare di quanto appreso in con-

testi diversi e apparentemente opposti, un'unicaconoscenza e luce, credo mi abbia, in qualche modo,particolarmente illuminato, avvicinandomi, come maiprima, alla sorgente immortale divina, lasciandomiforse anche intravederne e comprenderne alcuni infi-nitesimi aspetti.

Considerato che ho appena enunciato il mio obbietti-vo, ossia che vorrei “poter riuscire” a rappresentare inun’unica interpretazione la mia esperienza, sottolineoa tale proposito che proprio recentemente mi è capi-tato di osservare, che la parola ebraica POTER signi-fica proprio INTERPRETE. POTER poi condivi-de pressoché le stesse consonanti di TOFER,

SARTO, ossia colui che cuce pezzi di stoffa per fareun vestito, a somiglianza dell'interprete stesso, checuce varie parti di qualcosa, per fare un pezzo unico.Un'altra possibile permutazione in ebraico diPOTER poi e' PORAT, che significa FERTILE,

PRODUTTIVO.

Ciò premesso circa l’obbiettivo prefissato, nell’espri-mere il mio pensiero mi soffermerò sui singoli aspet-ti caratterizzanti il tema, che provvederò di seguitoad affrontare:

1. Isolamento nello studio. Noi Martinisti siamo par-ticolarmente aiutati, rispetto ad altri percorsi, ad otte-nere un buon isolamento dalla visibilità esterna, e alimitare attacchi ed ingerenze nei nostri lavori, dallacomprensione, creazione e corretta applicazione dellostrumento della Maschera. Sull’importanza fondamentale della Maschera nelpercorso Martinista, argomento che peraltro è statooggetto di miei specifici lavori in Conventi tenutisi inanni precedenti, credo in questa sede non ci sia altro

da aggiungere, se non che questa ha anche afunzione di consentirci di fatto di mantenereun isolamento dall’esterno. Ritengo di sotto-lineare in ogni caso che per costruire una verae valida Maschera che ci isoli realmente dal-

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l’osservazione esterna, rendendoci uno tramille, dobbiamo prima sapere realmente chisiamo e cosa dobbiamo mascherare, onde evi-tare ogni giudizio dell’ignoranza e conseguente attac-co.

2. Conoscenza di noi stessi. Senza peraltro un pre-ventivo “reale” isolamento nello studio di se stessi,necessario per sapere chi siamo ed avere quindi lapossibilità di crearci una maschera adatta ad interagi-re con l’esterno, non credo si possano limitare glielementi di disturbo e distrazione che ci allontanodalla possibile conoscenza della nostra essenza inte-riore. Elementi determinati nella migliore delle ipotesi, dalrumore emozionale molto elevato, inevitabilmentesuscitato dal rapporto con l’esterno e dalle influenzeambientali. Senza questo isolamento si continueràcon ogni probabilità a cercare (erroneamente) all’e-sterno (anche perché appare più veloce e facile) solu-zioni, colpe e responsabilità, cause ed effetti, possibi-li scelte e persino riscontri su cosa siamo e pensiamodi poter diventare. Invece, come ritengo ognuno dinoi sappia, la risposta a ciascuno di questi quesiti, nonpuò che essere celata nelle profondità della nostraanima e nel suo rapporto con lo spirito universale, loSpirito Santo dei cristiani, la Provvidenza secondo imistici. Per cercare di vedere più in profondità, nella miainteriorità, sentendomi talvolta un po’ come “Alicenel paese delle meraviglie”, che voleva sapere quan-to era profonda la tana del “bianconiglio”, comeMartinista ho proceduto un po’ alla volta, mese permese con l’aiuto anche delle meditazioni guidate edelle relative esperienze operative che mi trovavosempre più chiaramente e consapevolmente a vivere. Ho iniziato a rivedere i miei tempi e le mie priorità,dando precedenza alla ricerca interiore piuttosto chead attività ludiche e conviviali sia pur promosse daOrganizzazioni con obbiettivi statutari lodevo-li circa l’aspetto del servizio sociale. Mi sono accorta così di avere inizialmenteacquisito una sorta di isolamento e disinteres-se, rispetto all’esterno, organizzazioni, perso-

ne e distrazioni che fossero, il che mi con-sentiva di concentrarmi su ciò che cercavo.In sostanza chi ero e da dove venivo .

Successivamente ho capito di avere di fatto così trac-ciato simbolicamente attorno a me un recinto protet-tivo (come quello simboleggiato da tappeto di linobianco dei nostri lavori operativi) a protezione dellaricerca effettuata che mi faceva progressivamentepercepire l’esistenza di ulteriori atavici valori, diver-si rispetto a quelli rappresentati dalle attuali conven-zioni sociali e dalle leggi degli uomini. ComeAvvocato avevo studiato alla ricerca della perfezionedella legge, per perseguire i fini della giustizia, comeun tempo il nostro giuramento recitava.Giustizia quella contenuta nei “Codici degli uomini”che anche quando va bene, si rivela essere solo unpatetico scimmiottamento di leggi universali da sem-pre vigenti.Inizialmente mi facevo solo qualche domanda in più,sino poi ad arrivare progressivamente a dialogaresistematicamente con la mia coscienza, e a ricono-scervi il mio giudice. In altri percorsi, precedenti aquello Martinista, mi ricordo che avevo cercato eroi-camente di fare (senza alcun isolamento) un po’ lastessa cosa, simbolicamente, a colpi di piccone perarrivare a sgrossare la pietra grezza e renderla leviga-ta e adatta alla costruzione di un tempio (anche se nonsapevo bene quale tempio) e per cercare di capire chiero e dove volevo andare. Sapevo (anche senza che lo“stregatto” me lo avesse detto come ad Alice nellafavola) che per chi non sa dove può e vuole andare,una strada vale l’altra e conseguentemente non puòchiedere, né aspettarsi nessun aiuto circa la giustadirezione da prendere.Personalmente non posso indicare quanto debba opossa durare l’effettivo isolamento e la ricerca neidedali della nostra interiorità, per renderci idonei a

vedere, comprendere ed affrontare qualcosa che

non sia solo materia. Ritengo però che senza questaprima tappa fondamentale, che rappresentaanche una cartina di tornasole sul fatto che siainiziato (o meno) un percorso o se lo si siasolo immaginato di fare, sia pressoché impos-sibile operare le scelte necessarie alla forma-

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zione della nostra reale e completa personali-tà. Occorre non dimenticare che non siamosolo un corpo, ma anche anima e spirito; ele-menti che dobbiamo arrivare a conoscere, muoven-doci un po’ più consapevolmente, percependoli, neirispettivi ambiti e non solo il quello della materia.Fatto ciò, potremo iniziare a costruire la nostra veraPersonalità che potrà portarci un giorno consapevol-mente a sapere chi siamo e anche a poter dire : “Iosono colui che è”, o “Io sono il figlio di DIO”.In ogni caso credo che ci voglia nella normalità deicasi sicuramente un periodo ben più lungo dei 40giorni di isolamento di Gesù nel deserto. Anche sesinceramente penso che chi sceglie non solo di inizia-re il cammino, ma di essere un Martinista, sia già aldi fuori della normalità dei casi. Questo, se non altro,per il c.d. desiderio di “reintegrazione” in ciò che erain origine, desiderio che ogni Martinista, credo sentaper lo “stato dell’essere” perduto e che desidera riac-quisire. Operando poi con volontà e desiderio in que-sta ricerca, l’uomo, con l’aiuto dei maestri visibili edinvisibili, trova o dovrebbe trovare la soglia dell’ini-ziazione che potrà decidere di varcare se lo vorrà.Ritengo che la via Martinista, pur non essendo sicu-ramente l’unica, conduca a tale soglia e credo siacompito primario di tutti noi che l’abbiamo percorsao la stiamo percorrendo, mantenerla sempre viva, perfornire, così’, a chi saprà meritarlo, un aiuto per tor-nare integro a casa.

3. CHI SIAMO. Come faccio metodicamente sem-pre, rifletterò di seguito, su qualche semplice parolain ebraico che credo possa essere d’aiuto, a compren-dere qualche aspetto del “progetto generale di crea-zione” ed il possibile valore di chi siamo nel progettodivino.In merito al valore di ciò che possiamo essere, da unpunto di vista creativo, credo basti riflettere sul fattoche in ebraico la parola ADAM (אדם - uomo) nonsolo ha lo stesso valore ghimantrico (45) diODEM ma si scrive ,(Pietra preziosa - אדם)proprio graficamente in maniera uguale. E’interessante osservare che Il valore ghimantri-co (45) appartiene anche alla parola GHEIU-

LAH (גאילה - redenzione). Secondo quanto riportato da studiosi cabali-sti (vedi ad es: Nadav Crivelli in Manuale di

Ghematria e Numerologia Cabalistica) poi (45) è unnumero importantissimo nella cabalà in quanto oltreche il 44° dei nomi di Dio YUD-LAMED-HEY è unodei modi principali di “riempire” il nome di Dio(Tetragrammaton) Il modo riportato è poi il seguente: Yud-Vav-Dalet(20) Hey –Alef(6) Vav-Alef-Vav(13) Hey – Alef (6).Tale nome è anche chiamato il nome della lucenuova, ed è l’elemento tipico del mondo dellaRettificazione. Quindi non ha caso equivale adADAM, l’essere umano, l’artefice scelto per portareavanti la rettificazione del cosmo. Quanto sopra mi favenire in mente che nel Nuovo Testamento, in Luca(19, 1,10), Gesù rivela il compito del figlio dell’uo-mo, dicendo espressamente che questi è “ venutoproprio a cercare e a salvare ciò che era perduto”.La parola ADAM, poi contiene le stesse lettere ed halo stesso valore di MEOD (מאד – molto). Molto, chein cabalà è un termine indicante l’aumentare finoall’infinito. Con quanto sopra esposto, ho cercato, in qualchemisura, di rappresentare ciò che credo di avere com-preso. Ossia che nel progetto divino, la vera perso-nalità di ogni prezioso ADAM (creato) non può pre-scindere dall’attitudine e capacità dello stesso di porsiinteriormente delle domande, e poi verificare e appro-fondire le risposte. Non a caso nella tradizione ebraica, ed anche per tuttinoi Martinisti credo che valga molto di più una buonadomanda, che una buona risposta. Credo che per la ricerca della sua essenza, ilMartinista, ponendosi sempre domande, dialogandocon la propria interiorità, cercando la conoscenza etrovando anche la propria via del cuore, non limitan-dosi e non appoggiandosi mai a soli atti di fede incose appena percepite, pensate o sentite (che all’ini-

zio possono anche in qualche misura forseservire), ma verificando sempre tutto inmaniera operativa, possa, attraverso la rettifi-ca, effettuare spiritualmente un processoalchemico al termine del quale asserire, prima

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di essere simbolicamente fissato al centrodella croce (in equilibrio tra cielo e terra, giu-stizia e carità):- sono il Sale cubico che deriva dall’unione dello

Zolfo e del Mercurio.

A questo punto del resto, da studiosa della mistica cri-stiana, non posso fare a meno di notare la similitudi-ne di tale stato con quanto indicato anche nel Nuovotestamento per definire i “discepoli” e la loro missio-ne. In Matteo (Mt 5,13) leggiamo infatti : - Voi sieteil sale della terra.. .Aspetti quelli dell’esoterismo e della Mistica Cristia-na molto affascinanti, in cui credo che il nostro filo-sofo incognito Louis-Claude de Saint-Martin rappre-senti, anche se ciò spesso viene ignorato, una pietramiliare. Ciò credo emerga molto chiaramente Inquello che ritengo essere uno dei suoi lavori più signi-ficativi, “ L'uomo di desiderio”, iniziato nel 1780 marivisitato più volte alla luce della dottrina di Böhme(altro Cristiano –Mistico che lo ispirò in maniera par-ticolare). In quest'opera, summa del pensiero di L.C,de Saint Martin, composta di 301 canti in forma disalmi, l'anima umana tende alla conquista dello statoprimigenio, perduto con la caduta originaria, al qualesolo lo spirito, può ricondurre. La dottrina della“Reintegrazione” nell’Adam originario trova cosìcompimento.

4. CREAZIONE DELLA PERSONALITA’. Unavolta che il Martinista ha svolto “nell’Athanor” inte-riore progressivamente le 3 fasi dell’opera (ossia lac.d. Nigredo, Albedo, Rubedo) simboleggiate anchedai 3 colori della maschera e del tappetino posto sottoil Trilume, credo che possa arrivare a percepire la suareale Personalità. Ritengo, in sostanza, che la perso-nalità di ogni uomo al termine del necessario“Isolamento”, dovrebbe essere pertanto il Frutto,degli approfondimenti sopra esposti e delle scelteoperate per affrontare senza tema gli altriuomini. Così facendo, potremo accorgerci diesserci progressivamente costruiti anche lanostra giusta Maschera e di dover però anchesempre stare in guardia. Come ho cercato di

rappresentare anche con l’ausilio delle paro-le ebraiche, credo che per crearsi una propriapersonalità occorra fare un lavoro di rettifica

su se stessi, cercare ed approfondire, scendere e risa-lire per comprendere ciò che si è e cosa si può essere. Occorre isolarsi dall’esterno per trarre la nostraessenza , attraverso la riconciliazione armoniosa (delcorpo, dell’anima e dello spirito) per essere integral-mente noi stessi e per poi potere scegliere di rimuo-vere tutto quello che non ci appartiene e che non cipiace, o non ci piace essere. In altre parole occorretrovare la c.d “occultam lapidem” del V.I.T.R.I.O.L.massonico o meglio V.I.T.R.I.O.L.U.M., dove le let-tere U. e M. sono le iniziali che caratterizzano e defi-niscono il percorso di verifica e rettifica interiorecome l’Unica vera Medicina oltre che per il Corpo,per l’ Anima e per lo Spirito. Il migliore modo che conosco per esprime simbolica-mente una tale creazione ed unificazione di essenza èla rappresentazione della lettera SHIN (ש), che miricorda che “come una sola ed unica luce dallo stes-so ceppo, emana da tre lumi differenti ed apparen-temente opposti”, così pure un solo ed unico essereemana da sorgenti diverse e apparentemente oppo-ste”. Il Martinista in equilibrio tra cielo e terra e dalsuo collocamento al centro della croce, credo possaanche contemplare scintille del progetto divino, arri-vare a condividerle e porsi consapevolmente e volon-tariamente al servizio di quella che abbiamo intuito (edefinito nei lavori del nostro Convento) essere laProvvidenza. Provvidenza che sappiamo può ancheaccoppiarsi con la volontà umana, ma solo con il

libero e assoluto consenso di questa . Mistero questo ultimo che credo possa essere piùagevolmente risolto se nell’operare le progressivescelte e nel porci volontariamente e consapevolmenteal servizio della Provvidenza, teniamo conto anchedelle attitudini e peculiarità, non solo individuali, maanche della nostra stirpe.

In questo aspetto credo possa aiutare, almenosecondo la mia esperienza, studiare e medita-re (meglio ancora se si conosce un po’ diebraico) sulla storia, costituita dal raccontobiblico dei 3 patriarchi: Abramo, Isacco, Gia-

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cobbe.Personalmente ho intrapreso lo studio e l’ap-profondimento di Parashat (porzioni) dellaTorah e lo studio di “Midrash” ebraiche. Midrash deriva dall’ebraico Darash (דרׁש) che signifi-ca soprattutto ricercare, scrutare, esaminare, studiare,ma anche “racconto”. Da ciò ho avuto modo di vede-re come nel racconto, i tre patriarchi possano forserappresentare 3 tendenze diverse che ben si associanoad alcune sephirà della Cabalà e precisamente: Abramo (Avraham – Chesed, benevolenza) – Isacco(Yitzhak –Ghevurà, giustizia) – Giacobbe (Ya’akov-Tifered, Emet, la verità). E’ interessante poi notare come nei racconti biblici,tutti i patriarchi debbano fare i conti con il contrariodella loro tendenza naturale. La prova è quindi sempre sul contrario di ciò che essiin realtà sono, e forse anche per noi potrebbe verifi-carsi, nel cammino di risalita, la stessa cosa. Io credosia proprio così.Altrettanto interessante è poi la storia delle Tribù diIsraele, ma non potendo in questa sede dilungarmioltre, spero di avere, secondo la mia esperienza, datospunti e occasioni di riflessione che chiunque, sevorrà, potrà approfondire.Ritengo che per creare la nostra vera personalità siaanche importante ritrovare prima le nostre radici e perme questa modalità di studio e ricerca è stata d’aiuto. Trovate le nostre radici credo che sicuramente potre-mo meglio la possibile partecipazione, nella diversi-tà, di tutti allo stesso divino progetto. Del resto allastessa considerazione finale di poter essere nelladiversità tutti armonicamente partecipi di uno stessoprogetto, si può più semplicemente arrivare meditan-do sulla storia di Artù e dei Cavalieri della tavolarotonda.Ciò che credo sia necessario sottolineare, e ricordarea questo punto, almeno per quanto sinora ho potutoconstatare, è che secondo l’archetipo divino(in ogni ambito) il maggiore serve sempre ilminore.Nella genesi (25:23) leggiamo che il Signoredisse a Rebecca (Rivkà) moglie di Isacco

(Yitzhak): “due nazioni sono nel tuo gremboe due popoli usciranno dal tuo seno. Uno deidue sarà più forte dell’altro ed il maggiore

servirà il minore”.Nella Sacra scrittura la coppia di gemelli per eccel-lenza sono Giacobbe (Yaakov) ed Esau (Esav). La stessa TORAH scritta riporta che Esau (Esav),quando si credette imbrogliato, decise di volere ucci-dere il fratello, che dovette fuggire in esilio per più diventi anni. Ho riportato quanto sopra, poiché credo che ciascunodi noi possa durante il Suo percorso interiore arrivarea riconoscere in se stesso, oltre alla propria anima, lapresenza di questi due gemelli (che i templari rappre-sentavano anche simbolicamente come due uominisullo stesso cavallo). Per me questi due gemelli nonsono altro che l’archetipo rappresentato da Esau(Esav) e Giacobbe (Yaakov), personaggi dell’anticotestamento, figli di Isacco e Rebecca le cui vicendesono narrate nella Bibbia nel libro della genesi. Unoforte nella materia (Esav) ed uno nello spirito(Yaakov), avrebbero dovuto, credo, secondo il pro-getto originario servirsi a vicenda (il più forte, il piùdebole, nei rispettivi ambiti), beneficiando in talemodo ciascuno delle benedizioni che gli erano desti-nate (leggere le benedizioni patriarcali da loro ricevu-te nella bibbia, può rivelarsi interessante), ma cosìnon fu. I due gemelli furono inizialmente opposti, percerti aspetti nemici. Giacobbe per fare quello che rite-neva giusto non solo per se stesso, ma per il suopopolo, dovette anche ingannare suo fratello. Perquesto inganno, pagò poi anche secondo giustizia. LaBibbia ci racconta infatti che fu a sua volta ingannatoda Labano, da Lea e persino da Rachele, anche sequella di Rachele è una storia diversa, in quanto leSue azioni furono, con ogni probabilità, consideratele circostanze, mosse da spirito di sacrificio e non asuo beneficio. Dopo avere lottato una intera notte conl’angelo (che taluni identificano con Samael, l’ange-

lo di Esaù) e riuscito all’alba a vincerlo,Giacobbe ebbe il suo nome mutato inISRAEL , “ colui che contende con Dio”, poi-ché aveva combattuto anche con esseri divinied era riuscito a vincere.

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In sostanza, credo che questi fratelli diversi, ma forti abbastanza per essere capaci di fron-teggiarsi, debbano essere riconciliati, in cia-scuno di noi. In questo modo ciascuno dei gemelli,potrà meritarsi, desiderare e riacquisire progressiva-mente le benedizioni e carismi divini che gli eranooriginariamente destinati e penso che così possa, inparte, anche arrivare a risolvere il “mistero” costi-tuito dall’alleanza con la Provvidenza.

5. EGLI DEVE SEMPRE STARE IN GUARDIA.

L’uomo anche quando abbia fatto tutto quanto dovu-to e fosse pervenuto alla costruzione di una propriapersonalità (e adeguata maschera) per affrontaresenza tema gli altri uomini, dovrà sempre stare inguardia, poiché Tutte le forze fatali, dominate unaalla volta (come Martinista, anche grazie alle medi-tazioni strutturate e relativi effetti) lo attaccheranno inmassa tentando di abbatterlo.Credo che chiunque abbia intravisto qualcosa oltre lamateria sappia che la c.d. Matrix non è amica, chiun-que in Matrix può essere un potenziale guardianodella prigione rappresentata anche dalla realtà virtua-le costituita. Ricordando che come aveva visto edescritto anche l’apostolo Paolo nella sua lettera agliEfesini (6, 11-20):- La battaglia, da affrontare, non è contro creaturefatte di carne e di sangue... Credo che sino al raggiungimento di un livello e diuna condizione permanente di stabilità ed equilibriodell’essere, ogni passo di risalita che viene mosso(verso il riparatore, come lo definisce L.C. de SaintMartin, il cui nome costituito dalle lettere YOD HE

SHIN VAU HE a noi Martinisti è ben noto) com-porta lo scatenarsi di forti venti ossia di forze fatali ,che, a volte, possono anche (falsamente) apparirevinte o acquietate. Quanto sopra è a mio avviso ben espresso anche nelNuovo Testamento in Matteo (14, 29 30). In cui que-sto fatale scatenarsi di forze ed eventi è benrappresentato circa gli effetti che si verificanonon appena si tenta, come fece l’apostoloPietro, di camminare sulle acque.

6. Ch’egli sappia allora ripiegare intorno a

sé il mantello misterioso che rende insensi-

bili agli attacchi dell’ignoranza.

Per gli Ebrei, la TORAH è vista come una sorta dimantello a protezione della comunità. La TORAH èscritta in colonne (AMUD) ed ognuna inizia con unaWAV; essa, essendo un rotolo, può essere simbolica-mente distesa attorno alla congregazione a somiglian-za dei teli del tempio. Se si è opera come previsto dal nostro percorsoMartinista, potremo riuscire a rivestirci della nostraarmatura di conoscenza, che è essa stessa un mantel-lo, costituita da:- Verità su cosa siamo, nostri punti forza e debolez-za. Ricordando che ogni debolezza (o peggio vizio)non affrontato e risolto si concretizza come un buconel mantello; buco da proteggere in modo particolaredai potenziali attacchi.- Comprensione di quella che definiamo essere lagiustizia, avendo visto, compreso e sofferto per lenostre responsabilità.- Carità per i nostri fratelli minori e per ogni creatu-ra del creato ed in particolare per quelle che stannocondividendo la nostra esperienza nella materia.Carità possibile solo dopo l’apertura della nostra viadel cuore.- Esercizio operativo ed allenamento a non spostarciemotivamente al primo soffio di vento, dal nostrocentro .Credo che se avremo fatto quanto sopra, il mantelloda ripiegare su noi stessi per resistere agli attacchi,possa, con il tempo, non essere più uno strumentomisterioso, ma che progressivamente ci potremo sor-prendere di avere capito, provato, che cosa è, e comefunziona e sapremo anche quali sono i punti dellostesso da ricucire, onde evitare colpi ed intrusioni checi possano fare male.Fatto ciò, si potrà constatare quale potente scudo siail mantello, che ci può non solo proteggere, ma ren-

dere vincenti agli attacchi dell’ignoranza..A questo punto potremo anche sorprenderciancora nel riscontrare che il mantello puòessere sostenuto e rivestito anche della forzadella Provvidenza divenuta nostra alleata.

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E come Martinisti avremo così risolto, alme-no in piccola parte, un gran mistero.

Se una tale condizione sarà raggiunta credo potremoforse anche accorgerci un giorno di essere sostanzial-mente diventati la rappresentazione vivente delnostro simbolo: DUE TRIANGOLI INTRECCIA-

TI IN EQUILIBRIO UNO BIANCO VERSO

L’ALTO, L’ALTRO NERO VERSO IL BASSO,

PERCORSI AL CENTRO DA UNA CROCE E

DELIMITATI E PROTETTI ALL’ESTERNO DA

UNA CIRCONFERENZA .

OBEN

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IL TRILUME

E LA PROVVIDENZA

PROMETEUS

Cari Fratelli, care Sorelle, per prima cosa vorrei

scusarmi se le mie personali riflessioni sugli argo-menti che mi accingo a trattare sono ancora moltosuperficiali. Credo che il significato di questi simboliaffiori progressivamente mano a mano che ci si calasempre più all’interno della profondità umana. I sim-boli, in effetti, ci parlano continuamente; siamo noiche dovremmo essere in grado di tradurne interior-mente il prezioso significato.Tra i vari argomenti di questo Convento, il simbolodel Trilume, in particolare, è stato oggetto delle mierecenti meditazioni. Inizialmente avevo escluso diaffrontare questa tematica e mi ero orientato su altro,anche perché temevo di non riuscire ad esprimere conparole quello che percepivo. Tuttavia, ho decisougualmente di dedicarmici quasi come se si trattassedi una sfida personale, un modo per riuscire ad inte-riorizzare maggiormente quello che potrebbe essere ilsignificato intrinseco di questo profondo simbolo.Meditando sull’argomento, mi sono tornate subitoalla mente le parole del mio iniziatore: “Fratello,avrai osservato che qui ci sono degli oggetti specialidisposti in un particolare ordine che assumono uncerto aspetto, essi sono destinati a farti comprenderel’esistenza del simbolismo. I simboli costituiscono labase del nostro insegnamento e fra essi alcuni sonoassolutamente indispensabili: come in questo caso itre lumi, la maschera, ed il mantello”. Quando li vidiper la prima volta, questi tre oggetti erano privi divalore simbolico, perché i miei occhi ed il miospirito non erano ancora stati caricati di signi-ficato spirituale, e così è stato per tanto tempodopo la mia iniziazione. Ma poi, frequentandole riunioni con gli altri Fratelli e le altre

Sorelle, sono stato quasi chiamato dalla miacoscienza a meditare, fra le altre cose, sul-l’accensione delle tre luci da parte del

Filosofo Incognito mentre pronuncia ad alta voce leseguenti parole: “Queste luci rappresentano ilTernario”. Ma che cos’è questo essenziale simbolo?Uno dei pochi, ma nello stesso tempo profondissimi,che sono presenti nel nostro Ordine?Nel Vademecum di Associato compare la seguentefrase: “Come una sola ed unica luce emana da tre dif-ferenti, così pure una sola e unica verità emana dasorgenti differenti ed apparentemente opposte”. Apartire da questa affermazione potremmo fare tantis-sime considerazioni. Una di queste è proprio diriuscire a trovare le analogie tra le differenti religioni,i differenti culti che rivelano la Verità. Ricordiamociperò che non esiste che una sola religione, come nonc’è che una sola Verità; e, come ho avuto modo dimeditare più volte sulle frasi del nostro Vademecum,nessun culto può attribuirsi il monopolio del suo pos-sesso, escludendo tutti gli altri culti. Uno dei tanticompiti dei Marinisti, dovrebbe essere anche quellodi cercare di collegare tutte le credenze nell’Unitàmagnifica e nella rivelazione dell’Uno, andando cosìoltre, in qualche modo, le differenze religiose, perchétutte cercano di collegarsi con la Sorgente, tuttevogliono esprimere il concetto di redenzione e diritorno al Padre. Non c’è differenza, se non per icostumi o culture dei diversi popoli. Questa consape-volezza del fatto che esistano molte vie che portanoad un unico Padre, potrebbe portare l’Umanità adintraprendere un vero cammino verso la perfezione.Le luci del Tritume, quindi, simboleggiano l’unitànella diversità. Ecco forse il significato della miste-riosa disposizione delle tre luci, che si sommano, siuniscono, nell’immissione di un’unica ed identicaluce: la luce del Padre, la luce dell’Uno. Il Vademecum ci dona un’altra fondamentale rifles-sione, ovvero che se dalle luci che si dirigono sulla

nostra nudità spirituale noi non ci sentiremocolpiti da un’unica fiamma, somma e sintesidelle tre che provengono dal Tritume, e se nonavremo la forza di attendere che la Luce com-penetri la nostra nudità fino a rivestirla, allo-

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ra noi non potremmo mai aspirare ad entrarenel tempio della Verità per diventare autenti-ci sconosciuti. Ma se, invece, dal Tritumesentiamo fluire verso di noi una sola corrente di luceemanante un unico impulso che annienta le passionie sublima il nostro desiderio di Conoscenza, allorapotremmo essere pronti per l’attesa che ci permette-rà di affrontare le prove future che contraddistinguo-no un percorso di ricerca. Meditando ulteriormente su questo prezioso simbolo, credo che una delle tante interpretazioni possibili siapoter vedere l’essenza stessa dell’uomo. Questo per-ché al momento della nascita, ovvero al momento diun originale distacco dal grembo divino, ci siamodimenticati chi eravamo. Dall’Assoluto, dall’Uno,noi decidemmo di distaccarci e discendere per venirenella materia, dividendoci così in tre componenti:corpo – anima – spirito. Dal momento della caduta,ovvero dal distacco, per chi lo desidera ardentemen-te, si percorre un cammino di ricerca per poter fareritorno alla nostra vera casa. Noi, come Marinisti, ciauguriamo che un giorno, forse, percorrendo assidua-mente un sentiero di purificazione, potremmo fareritorno al Padre, tornando quindi a risplendere inun’unica Luce.Al Trilume, inoltre, è legato indissolubilmente il con-cetto del ternario. Il ternario è l’elemento che mette inequilibrio la relazione tra due opposti, due contrari,cioè il binario. Il ternario è quindi l’armonia divinache concilia le forze inconciliabili. Forse senza il ter-nario noi non potremmo comprendere il binario enemmeno il mistero dell’Unità. Come ci insegnavaanche Vergilius, la legge del ternario è la legge cheregola tutta la manifestazione. Infatti la tradizioneriporta al numero tre il significato del Verbo, dellaperfezione, della pienezza, della fecondità, della natu-ra e della generazione. Il numero tre inoltre può esse-re associato alla trinità universale: divina, spirituale efisica. Noi Marinisti esprimiamo questo concetto coni termini: Dio – uomo - natura. Nell’Ordine Marinista questa legge delTernario è sintetizzata proprio nel Tritume; eci ricorda inoltre quando si fa il segno dellamano sul cuore, quasi come per indicare i tre

gradi (o meglio i tre stati di coscienza) checontraddistinguono il nostro Ordine. Non acaso dobbiamo anche ricordarci della situa-

zione dei lumi, posti sopra piani di differente colore(nero, bianco, rosso). Da questa situazione, comeprima cosa, ci deve essere chiaro il principio dellagerarchia che deve trovarsi all’origine di qualsiasiorganizzazione. La gerarchia termina con il pianodella luce ed il colore, più si scende in basso, diven-ta, grado dopo grado, meno luminoso. Proprio perquesto motivo viene spontaneo collegare questo dis-corso a ciò che ci hanno tramandato gli alchimisti,cioè che ognuno di noi dovrebbe fare un percorsodalla nigredo all’albedo, ovvero trovando un sensodelle cose, coagulandone alcune e dissolvendonealtre, ma la parte più difficile sarà poi arrivare alnostro splendore, cioè alla rubedo alchemica. Chiriuscirà ad arrivare in questa ultima fase, avrà la pos-sibilità, credo, di percepire il proprio cuore invaso dalfuoco dello Spirito. Questo è il fuoco del Divino chediscende dentro l’animo umano, viene a far visita alsuo universo interiore e lo potrà dirigere verso gli altriper essere a sua volta una lanterna, un centro di luce,di attrazione nei confronti delle altre creature chedesiderano intraprendere un percorso di reintegrazio-ne. Quel fuoco alchemico si potrebbe percepire anchein momenti di profonda meditazione e di preghiera.Questi sono brevi, ma reali, istanti in cui si percepi-sce, seppur minimamente, l’armonia divina. E pro-prio in quegli istanti, di fronte alla nostra interioritàpiena d’amore, noi non potremmo fare altro che dire:“Eccomi Signore”.Alla luce di questo credo che tutti noi dovremmo

considerarci degli strumenti di Dio, diventa quindifondamentale ricercare Dio dentro di noi e per fareciò, occorre che l’uomo sappia ripulire il nero dellapropria interiorità, che è costituito, soprattutto, dalproprio egocentrismo, egoismo e desiderio di potere.Il desiderio genuino, invece, spinge l’uomo verso la

vera conoscenza e lo innalza verso tutto ciòche è divino. Quindi, il vero “uomo di deside-rio” è colui che ricerca e desidera la Luceunica che emana dal Trilume. Saint Martin nel suo libro L’uomo di desiderio

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dice: “Uomo, se tu amassi la luce quanto ti difen-deresti contro la materia che ti circonda! Setu non ti lasci oscurare da essa, vedrai dopo la tuamorte tutto quello che sarà avvenuto, e tutto quelloche avverrà nei due mondi. Senza ciò non farai che sentirlo, non vedrai nulla;tutte le facoltà che ti resteranno, saranno esercitatesolamente per il tuo supplizio”. Ricordiamoci, quindi, che tutti noi siamo chiamati afraternizzare con Dio e a lavorare sempre in comu-nione con Lui. Ricerchiamo Dio dentro noi stessi e rinnoviamo l’at-taccamento con Lui attraverso la preghiera del cuore.Soltanto così, forse, l’uomo potrà rigenerarsi e reinte-grarsi in un'unica Luce.Concludo la mia riflessione ricordando a me stesso ilperché sono qui oggi, che probabilmente è anche ilmotivo che accomuna tutti quanti noi: io credo nel-l’esistenza di un Ente Supremo e nell’immortalitàdell’anima. Ma, come spesso ho avuto la fortuna dileggere degli scritti di Vergilius, non basta riconosce-re di essere figli di Dio. Bisogna sentire Dio dentro di noi, bisogna cercarlocon pazienza ed amore, bisogna essere convinti chetale ricerca è l’unica via che potrà portarci alla Veritàe che potrà condurci alla comprensione dell’unicaLuce e dell’unico Verbo, il quale interagisce con noimediante la forza sovrannaturale e super coscienteche chiamiamo Provvidenza. Ricordiamoci infine che questa forza può allearsi conla volontà umana, ma solo con il Suo libero ed asso-luto consenso. Tutto questo sappiamo essere vera-mente un gran mistero. Dobbiamo cercare, quindi, diessere puri ed umili e di pregare costantemente permantenere vivo quel desiderio interiore che ci ha por-tato a chiedere di far parte dell’Ordine e, soprattutto,che ci ha portato a continuare a percorrere questo sen-tiero. Solo allora, forse, potremmo essere degni del-l’attenzione degli altri piani e sperare che inqualche modo la Provvidenza si allei con noi,in modo che possa iniziare a suggerirci qualisono le azioni della nostra vita che dobbiamo

compiere per poter anche noi lavorare allarealizzazione del disegno divino.

PROMETEUS

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n.2

Giugno

2015

Atti del Covento

dell’Ordine Martinista

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REALIZZAZIONE

DELL’UOMO

RE-PRA

I temi di questo convento convergono tutti su un

principio essenziale della via iniziatica .Ovvero, la necessità di un lavoro interiore per purifi-care il nostro IO e risvegliare il nostro SE .Questo lavoro si può riassumere in una mia poesiache scrissi all’inizio del mio cammino:

Non è difficile e lungo Realizzare l’uomo

Basta un solo attimo

Lunga e Difficile Invece la Preparazione

A Causa di Noi Nostri Nemici

Nel cammino Iniziatico, il primo nemico che incon-triamo, siamo noi stessi.Nella vita profana, l’uomo comune, tende a guardareil prossimo come il nemico da combattere, come ilnemico che ci ruba la felicità, che è più bravo di noi,che ci supera nel lavoro etc. L’Iniziato capovolge queste falsità ed inizia a guarda-re questi Draghi che si annidano nella propria animae inizia il capovolgimento dei lumi, iniziando in talmodo, un lavoro di rettificazione e di riconoscimentodel proprio IO inferiore.In un precedente convento, il nostro Venerabile GranMaestro Vergilius (convento del 1988), invitava acomprendere la distinzione dell’IO dal SE’.Ricordandoci che il ns. Venerabile Ordine, indica nelSE’ la presenza impersonale della divinità in ogniessere, e indica nell’IO la personalità , cioè l’involu-cro materiale, psichico, mentale e intellettuale entrocui il SE’ si annida.L’invito è a risvegliare il SE’ e a dividerlodall’IO.L’uomo allontanandosi dal centro divino, si èscisso in due : una personalità contenente il

SE’ ed una personalità contenente l’IO .L’uomo allontanandosi dal centro divino si èidentificato nella personalità dell’IO (sino a

materializzarlo, ecco il male che vediamo nella vitareale), ovvero ha creato un centro illusorio fatto dimateria. La materia è composta da diversi stati dienergia .L’invito del Gran Maestro e del nostro VenerabileOrdine è quindi di operare attraverso un capovolgi-mento di “VALORI” e di trasmutazione dall’IO alSE’, attraverso l’iniziazione. Questo è un lavoro ditrasmutazione lungo, occorre salire una lunga scala;tale scala è tanto più lunga quanto più l’IO si è mate-rializzato, ovvero ha creato tanti gradini corrispon-denti a diversi strati di materia / coscienza del mondocreato dall’IO. Il ns. Venerabile Ordine ci indica cheil primo lavoro preparatorio è l’autocreazione dellapersonalità ed infatti nel corso dell’Iniziazione algrado di associato, l’Iniziatore, accennando al simbo-lo della maschera, ci dice che esso rappresenta l’au-tocreazione della personalità ( iniziatica e non profa-na ) .Proseguendo oltre, la tradizione ammette che due per-sonalità, una profana e una Iniziatica possono convi-vere nello stesso corpo, ed è attraverso l’operativitàritualistica che creiamo e purifichiamo la personalitàprofana al fine di conseguire un’unione con la perso-nalità iniziatica, sino alla dilatazione della coscienzae all’incontro con il SE’; questo lavoro ci indica chela personalità profana spogliatasi di tutte le forzeendogene (che ha la sua genesi e si sviluppa all'inter-no di noi ) ed esogene (che ha la sua genesi e si svi-luppa all'esterno di noi) è pronta ad un lavoro più sot-tile in comunione con la personalità iniziatica. Giunto a questa dimensione, l’anima dell’iniziato siporge una domanda :• durante questo lavoro di trasmutazione e autocrea-zione di una nuova personalità profana, la personali-tà iniziatica che compito ha ?

Il lavoro della personalità iniziatica, in appa-renza passiva, cresce e si vivifica, man manoche la personalità profana va scomparendo oattenua il proprio IO.La personalità iniziatica, si eleva verso il cen-

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tro divino, verso il SE’ interiore, trasforman-dosi non più in energia passiva dormiente, main energia attiva e costruttrice. autocreando erimodellenado la personalità profana.Un lavoro che viene accompagnato, gradino per gra-dino, dai Draghi che non vogliono lasciare e abban-donare la personalità profana . L’uomo di desiderio reso forte dal lavoro rituale,potrà vincere questi Draghi solamente con la propriavolontà. Altrimenti rischierà di cadere nella controi-niziazione che lo porterà ancor di più nel mondo pro-fano.Solamente gli stolti possono pensare che basti unainiziazione per raggiungere una rettificazione dellapropria personalità .Il nostro Venerabile Ordine indica questo lavoro ditrasmutazione e di rovesciamento dei piani d’azionecon semplici simboli .• Il Trilume che rappresenta il principio del ternariodell’unità ma anche della inversione delle luci cheimprovvisamente si presenta all’iniziato. • La maschera che ci indica l’autocreazione di unaterza personalità, nascosta non solamente agli occhidei profani, ma anche impercettibile alle due perso-nalità (profana ed iniziatica).• Il mantello che mette in guardia l’uomo di deside-rio; i draghi che lui sta cercando di dominare, saran-no sempre pronti a scagliarsi contro di lui, in tantimodi. Ci indica la necessità di comprendere che ilnemico è dentro di noi e non fuori .Il lavoro di trasmutazione della personalità profana inpersonalità iniziatica, se svolta secondo gli insegna-menti tradizionali con l’attenzione, con umiltà, e convolontà, ci indirizza quindi alla creazione della perso-nalità Divina che è dentro di noi, ovvero al risveglioe rinascita della Luce Divina. Ho scritto rinascita,perché la luce divina presente in ogni essere non siAutocrea in quanto è già esistente, dormiente.Allorchè è risvegliata, è pronta ad accogliere in se ledue personalità: iniziatica e profana unite dallavoro rituale. Ciò è meglio raffigurato daltriangolo e dai tre puntini che non sono unitida nessuna retta e che rappresentano le tre per-sonalità .

Personalità Luce divina

Personalità Iniziatica Personalità Profana

Dio che non nega a nessuno un raggio della PropriaLuce, sveglia la personalità ProfanaPersonalità Luce divina

Personalità Profana

La Personalità Profana svegliandosi dal “ letargo “crea una personalità iniziatica :

Personalità Iniziatica Personalità Profana

Infine la Personalità Iniziatica, spoglia della persona-lità profana, può unirsi alla personalità Divina –LUCE DIVINA .

Personalità Luce divina

Personalità Iniziatica Personalità Profana

Il lavoro che viene svolto attraverso il corpo materia-le deve essere fatto con prudenza, in quanto le forzeesogene ed endogene che hanno condizionato la per-sonalità profana sono sempre pronte a ribellarsi allapersonalità iniziatica e se questo accade, non si potràrisvegliare la Luce divina; è quindi necessario coprir-si con il mantello del silenzio, della prudenza, dellasolitudine pur vivendo nella moltitudine, ovvero

ESSERE e non apparire ……..per giungereall’essenza ……

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