Bisogni Primari e Potere Schemi

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I BISOGNI PRIMARI

Questi bisogni sembrano essere universali e comuni a tutti gli individui, sebbene in alcuni siano piùmarcati e in altri meno. Una persona in buona salute mentale è capace di trovare delle strategiefunzionali al soddisfacimento dei propri bisogni primari.

L’interazione tra il temperamento innato del bambino e l’ambiente in cui cresce può portare allafrustrazione, piuttosto che alla soddisfazione, dei suoi bisogni primari.

I PROCESSI DEGLI SCHEMI

Gli schemi possono dar vita a due processi: il mantenimento e la correzione. Qualsiasi pensiero,sentimento, esperienza e comportamento che abbia a che fare con uno schema può concorrere alsuo mantenimento ( quando lo arricchisce e lo rinforza ) o alla sua correzione ( quando loindebolisce ).

IL MANTENIMENTO DEGLI SCHEMI

Tutte le azioni (volontarie o involontarie) che attivano lo schema costituiscono il processo dimantenimento; in esso sono coinvolti i pensieri, i sentimenti ed i comportamenti che finiscono perrinforzare piuttosto che ridimensionare lo schema. Sono tre principali meccanismi attraverso iquali si mantengono gli schemi: le distorsioni cognitive, gli stili di vita autodistruttivi e gli stili dicoping.

Il presupposto su cui ci si basa o è che gli schemi derivino dalla frustrazione, durante l’infanzia, dialmeno uno dei cinque bisogni primari dell’essere umano:

Legami stabili con i genitori ( bisogno di protezione, stabilità, cura eaccettazione); Autonomia, senso di competenza ed d’identità; Libertà di esprimere i bisogni e le emozioni fondamentali; Spontaneità e gioco; Limiti realistici e autocontrollo.

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Le distorsioni cognitive generano nella persona una percezione alterata selle situazioni, chevengono interpretate in modo da rinforzare lo schema; questo avviene selezionando leinformazioni che convalidano lo schema e sminuendo o negando quelle che, al contrario, loinvaliderebbero. Il soggetto tende, inoltre, a bloccare le emozioni associate allo schema, diconseguenza esso non raggiunge il livello di consapevolezza e la persona non riesce a modificarlo oa correggerlo. Il soggetto, infine, instaura stili di vita autodistruttivi: senza rendersene conto,sceglie e promuove le circostanze e le relazioni interpersonali che innescano e mantengono loschema, evitando, invece, quelle che potrebbero invalidarlo. Nel contesto dei rapportiinterpersonali, le modalità di relazione che il soggetto utilizza sono tali da suscitare negli altrireazioni negative che rinforzano lo schema.

L’obiettivo ultimo è trasformare uno schema maladattivo in uno schema può funzionale,operando, in questo senso, una correzione di esso. Poiché uno schema consiste in un insieme diricordi, di emozioni, di sensazioni somatiche e di pensieri, il processo di correzione consiste nelridurre la pervasività dei ricordi ad esso associati, l’intensità delle emozioni e delle sensazionisomatiche che ne derivano e la quantità dei pensieri disfunzionali. Ma non solo. Perché il processopossa dirsi completo, è necessario anche un cambiamento comportamentale, che avvieneattraverso l’apprendimento, da parte del paziente, di strategie adattive nuove e alternative aglistili di coping disfunzionali. Per questo motivo, il trattamento prevede un intervento su più livelli:cognitivo, emotivo e comportamentale. Attraverso questo processo di trasformazione lo schemagradualmente si indebolisce e si attiva con una frequenza e un’intensità sempre minori,procurando al soggetto esperienze molto più facili da gestire e superare.

Il processo di correzione è dunque molto complesso e, nella maggior parte dei casi, il pazienteincontra difficoltà nel portarlo a termine. Gli schemi, infatti, sono convinzioni che il soggettosviluppa riguardo a se stesso e al mondo nelle primissime fasi della vita e , pertanto, sonoprofondamente radicati; spesso, essi costituiscono l’unico metro di valutazione che l’individuo ha adisposizione e, a prescindere dal loro potenziale distruttivo, riescono a comunicare a chi li vivesicurezza e familiarità. Gli schemi sono perciò strutture centrali per il senso d’identità del pazientee, per questa ragione, tende a rimanervi legato e a rinunciarvi con difficoltà. Abbandonare unoschema è un’esperienza destabilizzante, perché implica uno stravolgimento della visione che si hadi sé, del mondo e degli altri. In quest’ottica, la resistenza alla terapia può essere interpretatacome una forma di autoconservazione, un tentativo di mantenere un senso di controllo, dicoerenza interiore e di equilibrio.

Dunque, per operare una correzione degli schemi, il paziente deve essere pronto ad affrontarli econtrastarli con la necessaria determinazione. Per correggere uno schema occorre infatti moltacostanza: il paziente deve osservare lo schema in modo sistematico e lavorare quotidianamenteper modificarlo, perché altrimenti esso continuerà ad attivarsi. In quest’ottica, la terapia puòessere considerata una “dichiarazione di guerra” che il paziente e il terapeuta, alleati, muovonoallo schema, con un unico obiettivo: ”sconfiggerlo e annientarlo”. Tuttavia, questo obiettivorimane un ideale irrealizzabile nella maggior parte dei casi, dato che gli schemi non scompaionomai del tutto, essendo impossibile sradicare i ricordi ad essi associati.

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Se non è impossibile eliminare gli schemi completamente, è tuttavia possibile correggerli e far sìche si attivino più sporadicamente e con effetti meno intensi e meno duraturi per il paziente.Quando questo avviene, il paziente impara a rispondere all’attivazione degli schemi con modalitàpiù funzionali, sceglie partner e amici più premurosi e sviluppa una visione di sé più positiva.