BIOETICA

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www.religioweb.it Liceo classico “A. Oriani” - Corato Appunti I.R.C. prof. Antonio de Palma Il fascicolo intende fornire dati fondamentali su temi etici per riflessioni individuali e dibattiti in gruppo. . BIOETICA IL SENSO della VITA LA BIOETICA LA FECONDAZIONE assistita MANIPOLAZIONI GENETICHE L’ABORTO IL TRAPIANTO L’EUTANASIA IL SUICIDIO

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SCHEDE di laboratorio didattico

Transcript of BIOETICA

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Liceo classico “A. Oriani” - Corato

Appunti I.R.C.

prof. Antonio de Palma

Il fascicolo intende fornire dati fondamentali su temi etici

per riflessioni individuali e dibattiti in gruppo.

.

BIOETICA

IL SENSO della VITA

LA BIOETICA

LA FECONDAZIONE assistita

MANIPOLAZIONI GENETICHE

L’ABORTO

IL TRAPIANTO

L’EUTANASIA

IL SUICIDIO

IL SENSO DELLA VITA

Fin dai tempi più remoti l’uomo si è interrogato sul significato della vita. Chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo sono le questioni fondamentali dell’indagine religiosa, filosofica e scientifica, attorno alle quali si sono strutturate le differenti visioni del mondo e dell’esistenza. Rispondere a queste domande, infatti, significa definire i contenuti della vita umana, costruire un sistema di pensiero e di valori che ispira e regola l’agire umano. Possiamo ricondurre a due concezioni fondamentali le principali teorie sul senso della vita: quella religiosa e quella laico-scientifica.

La religione individua nella relazione con la divinità il senso della vita umana: l’uomo è parte di un progetto che non si esaurisce nella vita terrena. La vita è sacra nel senso che deriva il suo valore dall’essere un dono di Dio. Come tale non appartiene all’uomo, che non può dunque disporne a suo piacimento.

La scienza invece ritiene che la spiegazione di quanto accade nel mondo vada cercata nel mondo stesso: la vita non è creata ma nasce casualmente e casualmente evolve di specie in specie attraverso meccanismi di adattamento. La casualità esclude la presenza di un fine, di uno scopo, e fa sì che il valore della vita non sia assoluto, ma determinato dalla qualità del vivere.

PROBLEMI ETICI La risposta alla domanda relativa al senso della vita si struttura dunque in una particolare visione del mondo e di conseguenza in un particolare sistema etico.

Riferendoci alla distinzione appena fatta possiamo individuare due modelli etici corrispondenti rispettivamente alla concezione religiosa e

a quella laico -scientifica:

►l’etica della sacralità della vita di matrice religiosa attribuisce un valore assoluto alla vita e

afferma l’obbligo di salvaguardarla sempre e comunque e il divieto di interferire con il suo corso naturale Secondo questa prospettiva la vita appartiene a Dio che l’ha creata e affidata all’uomo, secondo un progetto al cui sviluppo l’uomo stesso è chiamato a collaborare. Perché l’uomo possa conoscerlo e sapere come comportarsi per realizzarlo, Dio ha trascritto il suo progetto nella natura, stabilendo una volta per tutte che cosa è bene e che cosa è male. Da qui l’esistenza di una legge naturale universale da cui si traggono le norme morali valide per tutti (universali) e per sempre (immutabili). Significa che un’azione è moralmente buona se si adegua all’ordine naturale delle cose, moralmente cattiva quando è contraria a quell’ordine.

►l’etica della qualità della vita, di matrice laica, ritiene che il valore della vita sia relativo alle

condizioni di benessere fisico e mentale e che ogni uomo abbia il diritto di decidere autonomamente rispetto a essa. Secondo quest’ultima prospettiva la vita appartiene all’uomo, e il suo valore non è determinato dall’essere creata da Dio, ma sulla base di caratteristiche fisiche e mentali che la rendono degna di essere vissuta. Negando una fonte esterna dei valori (non è Dio, o la natura che ne rispecchia la volontà, che stabilisce regole di condotta universalmente valide), la bioetica laica afferma che le norme morali sono interamente stabilite dall’uomo. Nel decidere della bontà di un’azione, l’uomo è influenzato innanzitutto dal contesto culturale in cui vive. Questo significa che non esistono azioni giuste o sbagliate in assoluto, e che ogni uomo ha il diritto di scegliere e di decidere in piena autonomia. Non si possono immaginare delle norme che vadano bene per tutti, in ogni luogo e in ogni tempo, ma vanno invece rispettate la libertà e l’autodeterminazione degli individui. Pluralismo etico significa che ogni uomo ha il diritto di scegliere senza che nessuno gli dica cosa o come e che ciascuno ha il dovere di difendere la libertà di scelta degli altri.

In definitiva, il primo modello etico afferma ciò che il secondo nega, e cioè:

esiste un ordine naturale, un progetto divino per il mondo

le azioni giuste sono quelle conformi a questo ordine natu-rale (la vita e inviolabile e non disponibile)

l’esistenza di divieti assoluti non permette al singolo di decidere autonomamente, anche in merito alle questioni più con-troverse.

Vedremo più avanti che queste due concezioni etiche polarizzano il complicato dibattito nella bioetica contemporanea.

Quando si parla di VITA nel dibattito scientifico e filosofico si distingue tra VITA BIOLOGICA (comune

a tutti gli organismi viventi,

piante comprese) e VITA UMANA (nella persona le

funzioni intellettive e spirituali si aggiungono a

quelle biologiche).

In etica quando si parla della VITA si fa riferimento alla ricerca di senso non tanto rispetto alla vita universale, quanto piuttosto all’esistenza umana. Di qui in avanti utilizzeremo proprio in questo senso il termine vita.

CHE COSA DICE LA LEGGE Tutti i sistemi legislativi tutelano e salvaguardano la vita fisica della persona come bene assoluto Il rispetto della vita fisica delle persone e alla base di tutti i sistemi legislativi che riconoscono fra i loro principi ispiratori I esistenza di diritti umani irrinunciabili (liberta salute cibo istruzione ecc) rispetto alla realizzazione dei quali la vita fisica e la condizione fondamentale. Ecco che cosa dice la Costituzione europea Articolo 11-62 Diritto alla vita

1° Ogni persona ha diritto alla vita

Posizione delle DIVERSE religioni

Nell’induismo lo scopo della vita è la liberazione dal ciclo delle nascite e rinascite. Da

secoli questo principio ha guidato un profondo rispetto verso ogni forma di vita animale

(per cui si organizza anche una dieta vegetariana) e umana.

Nel buddhismo tutta la vita, dalla nascita alla morte, è pensata come illusione e dolore, quindi sofferenza. Poiché il dolore nasce dal desiderio, dall’attaccamento alla vita, occor-

re liberarsi dai desideri, conducendo una vita che permetta di interrompere il ciclo delle

rinascite e raggiungere il nirvana (vedi p 323) Per fare questo il Buddha ha insegnato le

Quattro Nobili Verità (vedi p 323) che permettono di superare il dolore e di rendere la vita equilibrata rispetto ai propri desideri e al proprio corpo

Nel confucianesimo il senso della vita è legato alla pratica della virtù per la realizzazione

di una convivenza sociale armonica. L’intera vita morale dell’uomo e dello stato deve essere dominata da principi rigorosi, presenti nel codice del retto comportamento (ti p

325) 1 ordine e 1 armonia della persona e dell’universo si realizzano attraverso

l’osservanza di questi principi.

Poiché nell’islam ogni realtà proviene da Dio, il concetto di vita fa parte degli attributi di

Dio Nella surah 3 del Corano è scritto Allah è Allah Non c’è alcun Dio fuori di Lui. Egli è il

Vivente, che di sé vive... “. Secondo il Corano la vita umana dipende totalmente da Dio, a cui l’uomo deve rimettersi completamente.

Nel libro sacro ebraico la Bibbia (vedi p 306) il racconto delle origini della vita e narrato

nei primi tre capitoli del Genesi. Gli interventi di Dio sono tre: 1. nel primo intervento la materia è tratta dal nulla all’esistenza attraverso l’iniziativa

di Dio (Gn 1,1);

2. nel secondo intervento vengono poste in essere la vita vegetativa e quella animale cui Dio aggiunge il principio vitale;

3. nel terzo intervento Dio usa la materia preesistente per creare l’uomo, essere

privilegiato sul creato. In quanto dotato di intelligenza e libertà l’uomo è immagine

di Dio (Gn 1,27) e domina le altre specie animali (Gn 2,19-20). Ogni forma di vita deriva da un atto creativo di Dio, per questo motivo ogni cosa che

esiste deve essere ritenuta sacra e appartiene al creatore. È Dio a dare o togliere l’esi-

stenza, non è un atto concesso all’uomo, se non nel caso degli animali e solo per la propria sussistenza.

Non diversamente dall’ebraismo, con il quale condivide l’Antico Testamento, il

cristianesimo considera la vita derivata da un atto creativo e volontario di Dio; l’uomo

la riceve da Dio e come tale la ritiene inviolabile.”La vita umana è sacra perché fin dal suo inizio comporta l’azione creatrice di Dio e rimane per sempre in una relazione

speciale con il Creatore, suo unico fine. Solo Dio è il Signore della vita dal suo inizio alla

sua fine [...]“(Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Donum Vitae, intr. 5, 70-102).

L’uomo riceve la vita in usufrutto, non gli appartiene e non può farne ciò che vuole. Nel

Vangelo si trova l’invito a vivere la propria vita seguendo il progetto divino, ovvero dando alla propria esistenza un significato e una direzione che deriva direttamente da

questo principio di fondo: se la vita che si ha è data da Dio, allora essa deve essere

rispettata e vissuta secondo quanto Egli ha insegnato. Per questo l’etica cristiana relativa alla vita si riferisce ai discorsi,alle parabole, alle similitudini e alle metafore

contenute nel Vangelo, usate dal Cristo per illustrare il senso del messaggio evangelico.

Gesù esprime il concetto di usufrutto, ricordando che la vita appartiene solo a Dio, nella parabola dell’avaro:”Stolto! Questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che

avrai preparato di chi sarà ?“ (Lc 12,20). E afferma la necessità di una vita vissuta

secondo il progetto divino: “E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non

hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo [...J .“ (Mt 10,28).

LA BIOETICA ETICA e SCIENZE BIOLOGICHE

Gli straordinari progressi delle scienze biologiche e tecnologiche hanno trasformato in realtà cose che fino a pochi anni fa sembravano possibili solo nei romanzi di fantascienza. È soprattutto la medicina a partecipare di queste possibilità biotecnologiche al punto tale che sembra essere cambiato il principio di fondo di questa disciplina. Fin dalle origini,infatti,iI compito della scienza medica è stato quello di assistere con una terapia il naturale processo di autorisanamento del corpo; oggi, invece, con l’aumento delle conoscenze e dei mezzi messi a sua disposizione, la medicina non si limita più a cooperare con la natura, ma è in grado di modificarla e di deviarne il corso. Un potere straordinario dunque, che suscita un grande entusiasmo, ma insieme anche una grande preoccupazione relativa alle conseguenze e alla legittimità ditali interventi: tutto ciò che è tecnicamente possibile è anche eticamente lecito? Rispondere a questa domanda è proprio il compito della bioetica. Bisogna precisare però che interrogarsi sulla liceità di alcune azioni, (per esempio l’aborto o la donazione, di cui parleremo nelle pagine seguenti), sul problema dell’al-locazione delle risorse sanitarie o dell’eutanasia, richiede capacità e conoscenze che un’unica disciplina non può avere. La necessità di contributi provenienti da discipline

diverse, biologia, medicina, ingegneria,filosofia,teologia, psicologia, sociologia, economia, diritto, determina il carattere multidisciplinare della bioetica. La collaborazione e il confronto, lo scambio di informazioni, di interrogativi e di esperienze, consente alla bioetica di analizzare e comprendere le questioni su cui è chiamata a esprimersi e di riflettere sul loro significato morale. Peraltro, la bioetica non è solo questione di moralisti o di tecnici della vita, perché in molti casi è già stata richiesta l’espressione dell’opinione pubblica o della volontà politica delle persone (tramite referendum) a riguardo di qualche suo particolare aspetto. Quindi, di fronte a problemi come quelli sollevati dal progresso scientifico e tecnologico, ciascuno di noi deve assumersi la responsabilità di scelte e di decisioni.

PROBLEMI ETICI Come abbiamo visto nella sezione introduttiva riflettere su un problema di carattere morale vuol dire considerare quel problema secondo le categorie di bene-male, giusto-sbagliato e sappiamo che abbiamo bisogno di verificare se una cosa è giusta o sbagliata per decidere se abbiamo il diritto di farla. Questo è esattamente il modo di procedere della bioetica e ciò che ne fa una disciplina pratica, cioè utile a orientare l’agire umano in tutti quei casi in cui si deve valutare la legittimità delle pratiche rese possibili dal progresso scientifico. Situazioni vissute da uomini reali, sono all’origine delle questioni morali di cui si occupa la bioetica, situazioni concrete che attendono soluzioni concrete e uomini reali che chiedono indicazioni e norme di comportamento per affrontare i problemi sollevati da quelle situazioni. Ma come fa la bioetica a stabilire se una cosa è giusta o sbagliata? Poiché il valore di un’azione può essere definito solo in riferimento a un sistema etico, quando esprime un giudizio, la bioetica si muove sulla base di una particolare visione del mondo e dell’etica che da quella visione deriva. Questo significa che, non essendoci un’unica etica, ci sono tante bioetiche quante sono le etiche. Possiamo tuttavia ricondurre le differenze a due grandi modelli teorici, che si ispirano rispettivamente a una visione religiosa e a una visione laica del mondo (vedi p. 3): la bioetica cattolica e la bioetica laica.

►La bioetica cattolica è incentrata sul concetto di sacralità della vita.

I concetti fondamentali sui quali insiste sono:

l’indisponibilità e l’inviolabilità della vita umana;

l’esistenza di un ordine naturale, di un progetto divino per l’uomo;

l’esistenza di divieti assoluti che riguardano tutte le azioni contrarie all’ordine naturale.

►La bioetica laica si fonda sul principio della qualità della vita.

I punti sui quali insiste sono:

la disponibilità della vita;

l’indipendenza e la libertà di decisione rispetto a qualsiasi ordine naturale o sovrannaturale;

l’assenza di divieti assoluti.

Il confronto e il dialogo fra la bioetica cattolica e la bioetica laica, per quanto difficile, essendo le due prospettive su molti punti inconciliabili, è necessario e inevitabile, vista l’urgenza di decisioni che tutti noi siamo chiamati a prendere sul nostro futuro; inoltre è ormai chiaro alla comunità scientifica che solo attraverso la bioetica si possono valutare le conoscenze più recenti che intervengono sulle basi biologiche della vita umana.

Quanto può essere ampio il campo d’indagine della bioetica? Attualmente il dibattito della bioetica si svolge soprattutto in quattro particolari ambiti tematici:

quello del modo con cui si affronta la dimensione etica della medicina, che coinvolge direttamente l’individuo: non si può più accettare,

infatti, l’atteggiamento paternalistico della scienza che decide a nome dei singoli individui.In questa direzione va, per esempio, tutta l’attuale linea d’azione del consenso informato in molte pratiche mediche, ma anche la richiesta della personale opinione dei cittadini sull’orientamento delle leggi in ambito scientifico;

quello delle applicazioni della ricerca biotecnologica che è volta al benessere umano individuale e sociale; in questo campo sono in gioco

da un lato i valori della libertà di ricerca rispetto alle aspettative umane di riduzione della sofferenza e della cura (o prevenzione) delle malattie; dall’altro la valutazione dei rischi e dei benefici che tale ricerca comporta. Ad esempio, si può accettare o permettere che un’im-portante scoperta scientifica sia stata testata su materiale umano o animale prima di arrivare a essere efficace? Si può accettare che per la salvezza di un individuo vengano usati embrioni umani? O organi provenienti da un altro individuo o da un animale?;

quello del dibattito tra scienza e tradizione o tra scienza e religione, che pone a confronto le diverse visioni del mondo con le scoperte

biotecnologiche, tentando di ridurre 1~ scandalismo e di avviare su terreno reale una discussione equilibrata;

quello della giustizia della distribuzione delle risorse, per cui le popolazioni del mondo e i diversi strati sociali possano ricevere le stesse

possibilità di cura e riduzione della sofferenza, che la scienza ha individuato. In questo senso si deve anche valutare che quanto si è scoperto in modo assoluto, sia distribuito secondo quello che di volta in volta è da ritenere il bene per ciascuna parte del mondo o della società, in modo che tutti abbiano la parte maggiore di ciò che è bene e la parte minore di ciò che è male. Non sempre, infatti, le scoperte scientifiche che sono volte al benessere umano sono svincolate da controparti negative.

La BIOETICA (dal greco bios, vita e ethos, modo di vivere) è una disciplina che si occupa dei dilemmi morali sollevati dalla crescente capacità della scienza e della tecnologia di modificare la vita umana e l’ambiente.

La complessità e l’ampiezza del dibattito interno alla bioetica abbraccia tutte queste diverse sfumature di discorso e implica pei ciò una particolare attenzione da parte di tutti nel presente così come nell’immediato futuro: ogni singola questione è in grado di portare alla ridefinizione del concetto di scienza, di individuo, di salute e di malattia, di benessere o di eguaglianza sociale.

Posizione delle DIVERSE religioni

Nell’induismo tutte le scelte etiche, e dunque anche quelle relative alla bioetica, devono essere consone al KARMA individuale, cioè alla via che conduce alla liberazione dal ciclo delle rinascite. Non esistendo una direttiva generale, ciascun uomo sceglierà solo quelle pratiche che non facciano recedere l’anima nel ciclo karmico.

In un articolo apparso sul quotidiano “la Repubblica” il 14 novembre 2005, a proposito della bioetica il Dalai

Lama affermava : “Io credo che noi dobbiamo trovare il modo di far sì’ che le considerazioni etiche

abbiano la loro influenza sulla direzione che deve prendere il progresso scientifico, specialmente le

scienze naturali. Facendo appello a principi etici fondamentali non intendo promuovere una fusione di etica religiosa e indagine scientifica. Intendo piuttosto riferirmi a quella che io definisco etica

laica, che abbraccia i principi che noi condividiamo in quanto esseri umani: compassione, tolleranza,

rispetto per gli altri, uso responsabile del potere e del sapere. Questi principi trascendono le barriere che si frappongono tra chi crede e chi non crede in una

religione: si tratta di principi che non appartengono a un ‘unica fede, ma a tutte.”

Per il confucianesimo la dimensione fondamentale dell’uomo è quella sociale. Così lo Stato giusto è quello che garantisce il benessere dei cittadini. Sulla base di questa concezione il governo cinese, favorisce la ricerca e la pratica biomedica, con una politica di particolare attenzione alla ricerca scientifica sulle staminali embrionali e al conseguimento dell’obiettivo di “produrre” cinesi sani fin dal concepimento, evitando così gli aborti (all’ordine del giorno nella Cina popolare a causa della severa politica di controllo demografico) e i numerosi

controlli statali sullo stato di salute del cittadino.

In generale la ricerca scientifica è considerata positivamente, purché non vada contro la SHARIA la legge islamica contenuta nel CORANO. Dal momento, però, che esistono interpretazioni molto diverse nell’applicazione della legge coranica, nel mondo islamico esistono posizioni molto diverse anche in relazione ai differenti problemi di bioetica.

Secondo l’ebraismo la vita umana deriva il suo valore dal fatto di essere stata creata da Dio ed è perciò inviolabile. Bisogna però precisare che benché tutte le autorità rabbiniche riconoscano come base della giurisdizione ebraica la TORAH, il TALMUD e le altre grandi opere della legge ebraica, quando si tratta di decidere su problemi che non hanno chiari precedenti, le controversie diventano notevoli.

Il principio della sacralità della via umana è alla base anche della bioetica cristiana, che è strutturata sul model-lo personalista. In particolare la bioetica cattolica insiste su questo concetto, non concedendo nessuna aper-tura alla cultura laica, a differenza di ciò che fanno, per esempio, luterani e valdesi rispetto a problemi come l’eutanasia o la fecondazione assistita. Vediamo quali sono i principi fondamentali della bioetica cattolica:

la vita umana va difesa, dal concepimento e in ogni istante del suo sviluppo fino alla morte. La vita va salvaguardata in ogni sua forma, anche animale e vegetale, che sebbene subordinate a quella umana, meritano rispetto;

la libertà è sacrosanta ma viene dopo la vita: non si può anteporre la libertà di scelta alla vita umana. Questa considerazione sembra banale, ma entra in crisi di fronte alla decisione di rifiutare una cura che prolunga la vita o praticare un aborto nel caso di un feto che presenti malformazioni;

l’autoconservazione, e dunque la totalità dell’organismo umano, sono lo scopo della medicina. La sacralità della vita umana significa anche sacralità del corpo e delle due finalità di base che sono l’autoconservazione e la riproduzione. Ogni intervento medico che modifica una di queste finalità è da considerarsi illecito. Non si può intervenire su una parte del corpo se non per salvare tutta la persona, la vita stessa. Si può tagliare una gamba che va in cancrena ma non praticare l’eutanasia o l’aborto, e tutti quegli interventi che contraddicono lo scopo per cui la vita è stata creata;

il principio di socialità afferma che la vita è un bene della persona ma anche della società, per questo la società si impegna a promuovere la vita e la salute di ogni persona. La vita di uno è dunque legata a quella di ciascun altro;

il principio di sussidiarietà sostiene l’obbligo da parte dello Stato di intervenire in aiuto di chi è in stato di necessità.”Non faccia lo Stato ciò che i cittadini possono fare da soli; {. . .} lo Stato deve intervenire solo quando i singoli e i gruppi che compongono la società non sono in grado di farcela da soli”.

Beneficialità – autonomia - giustizia sono collegate in ordine gerarchico. Il loro significato rispettivamente è: occorre promuovere il bene e cercare di prevenire il male; il medico e il paziente devono essere alleati nel cercare strategie di diagnosi e cura, con mutuo rispetto e consenso; le cure devono essere uguali per tutti e lo Stato se ne deve fare carico distribuendo equamente i suoi servizi ai cittadini da curare.

Senza negare l’importanza e il valore del progresso tecnologico e scientifico, la bioetica cattolica insiste sulla priorità della persona umana.”La scienza e la tecnica sono preziose risorse quando vengono messe al servizio dell’uomo e ne promuovono lo sviluppo integrale a beneficio di tutti; non possono tuttavia, da sole, indicare il senso dell’esistenza e del progresso umano. La scienza e la tecnica sono ordinate all’uomo, dal quale traggono origine e sviluppo; esse, quindi, trovano nella persona e nei suoi valori morali l’indicazione de/loro fine e la coscienza dei loro limiti.” (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2293).

La FECONDAZIONE assistita

Tecniche per combattere I'infertilità

La capacita di riprodursi e fondamentale per gli esseri umani: dal punto di vista della specie, che sopravvive solo se i singoli individui si riproducono;

dal punto di vista della società, che adesso come in passato, in alcuni contesti soprattutto rurali, ha considerato la presenza di figli numerosi una fonte di ricchezza;

dal punto di vista della psicologia, che individua tra i più profondi desideri umani quello della riproduzione e dell’accudimento dei figli.

Si comprende dunque perchè gli uomini abbiano da sempre tentato di combattere I'infertilità, utilizzando qualsiasi espediente, formule e riti magici, offerte propiziatorie e preghiere religiose, fino a che i progressi della ricerca medico-scientifica non hanno consentito la messa a punto dei moderni trattamenti. Vediamo più da vicino come funzionano queste tecniche. Possiamo distinguere:

la fecondazione assistita intra-corporea (o in vivo), in cui l'intervento tecnico sostituisce solo l'atto sessuale, poichè il seme viene introdotto nel corpo della donna prima di essere fecondato;

la fecondazione assistita extra-corporea (o in vitro), in cui oltre all'atto sessuale si rimpiazza anche l'unione dei gameti (la cellula uovo femminile e lo spermatozoo maschile), poiché il seme viene fecondato in "provetta" e solo successivamente trasferito nel corpo della donna.

Ciascuna di queste due forme viene poi definita omologa, se entrambe i gameti provengono dalla coppia che richiede l'intervento, eterologa, quando almeno un gamete proviene da una persona esterna alla coppia, cioè un donatore.

Abbiamo ora gli elementi necessari per comprendere i problemi morali sollevati dall'utilizzo di queste tecniche.

PROBLEMI ETICI In tutte le culture avere un figlio e considerato un evento felice e positive Potremmo dun-que immaginare che anche le tecniche mediche che favoriscono la nascita di un bambino siano considerate altrettanto favorevolmente. In realtà sono numerosi gli interrogativi relativi alla liceità della fecondazione assistita.

La riserva fondamentale, che riguarda sia la fecondazione omologa che quella eterologa, e posta sulla base dell'etica della sacralità della vita. Se la vita e un dono di Dio e come tale e sacra, cioè intoccabile, l'uomo non ha il diritto di appropriarsi del processo riproduttivo. Inoltre secondo la dottrina cattolica, che nel matrimonio considera inscindibili l'atto sessuale e la procreazione, la fecondazione assistita spezza questa unità, svuotando l'atto coniugale del suo significato procreativo. Si noti che la stessa obiezione vale per la contraccezione: la fecondazione assistita consente di avere figli senza avere rapporti sessuali, la contraccezione consente di avere rapporti sessuali senza avere figli.

Chi invece sostiene l'etica della qualità della vita, ritiene che il controllo del processo riproduttivo è lecito e rappresenta un progresso per la società. Affermare che un figlio è un dono e che bisogna rassegnarsi se non arriva. significa accettare passivamente ciò che viene dalla natura, che invece non sempre è buono e deve poter essere modificato. Un ulteriore punto di distanza delle due prospettive etiche, riguarda la produzione in eccesso di embrioni (necessaria al funzionamento della fecondazione eterologa) che sono destinati a morire e che potrebbero essere utilizzati nella ricerca Come si può intuire il vero problema è stabilire se l'embrione è un essere umano: secondo il pensiero religioso lo è, non ancora secondo quello laico che pone la formazione dell'individuo in uno stadio successivo a quello embrionale.

Un altro problema risulta essere l'attribuzione della paternità. All'obiezione che nel caso della fecondazione assistita il padre biologico non corrisponde a quello giuridico, si può rispondere che il vero padre è sempre colui che si assume la responsabilità del figlio, cioè il padre giuridico.

Infine suscita non poche perplessità la tecnica della gravidanza surrogata, la pratica per cui una donna sostiene la gravidanza al posto di un'altra. In questo caso le preoccupazioni riguardano i possibili danni psicologici sia nel bambino che nelle due"madri".

Da tutti questi casi emerge che il problema etico più significativo è posto a partire dal fatto che si moltiplicano i casi e le situazioni che allontanano la riproduzione assistita dal modo naturale di riproduzione della specie umana. Sia la legislazione in diversi stati del mondo, sia i credo religiosi si stanno confrontando perciò proprio sui limiti e sull'accettabilità di una diversa possibilità di concepimento e di gestazione di un essere umano.

Si parla di fecondazione assistita quando si utilizzano tecniche capaci di sostituire parte del processo riproduttivo, per ottenere un concepimento impossibile naturalmente.

Che cosa dice La legislazione italiana

II 10 marzo 2004 il Parlamento italiano ha prodotto, dopo un annoso vuoto legislativo, la legge n. 40 sulla "Fecondazione assi-stita". La legge consente I'utilizzo della tecnica alle coppie sterili, vietando pero molte procedure come la crioconservazione degli embrioni, la diagnosi genetica preimpianto, la donazione di gameti, la ricerca sugli embrioni umani destinati comunque alla distruzione, la creazione di embrioni con il trapianto nucleare per sviluppare la donazione terapeutica. Criticata da buona parte del pensiero laico e scientifico italiano, e stata sottoposta a referendum abrogativo il 12 giugno 2005, senza che si raggiungesse il quorum necessario perchè il referendum fosse valido. La legge non vieta il ricorso alle pratiche di fecondazione artificiale ma le vuole regolamentare, nel tentativo di armonizzare i diritti di ogni soggetto coinvolto, compreso il più debole e indifeso: I'embrione.

Posizione delle DIVERSE religioni

Nell’induismo la fecondazione artificiale e condannata perche non è lecito manipolare la natura, e creare disordine nella creazione di Dio.

Sia nel Buddismo che nel Confucianesimo non esistono indicazioni a riguardo: la decisione viene lasciata ai singoli individui.

islam

eterologa e in vitro è vietata come norma generale omologa , in vitro o post mortem è accettata Utero in prestito, in affitto, dono dello sperma o dell’ovulo.. VIETATO

ebraismo

eterologa e in vitro è vietata come norma generale omologa e in vitro è accettata, se è provata la necessità medica, post mortem è sconsigliata Utero in prestito, in affitto, dono dello sperma o dell’ovulo.. VIETATO

La Chiesa cattolica, anche in questo caso, fa proprio il principio secondo il quale non tutto ciò che è tecnicamen- te possibile è utile, e moralmente lecito. Le buone intenzioni non bastano da sole per giustificare la bontà di un atto morale. In questo caso, l'intenzione di curare una sterilità non giustifica l'uso di qualsiasi procedimento per ottenere un concepimento. Cos! si esprime il Magistero in vari documenti, come la Gaudium et Spes, n. 51 e il Compendio al Catechismo della Chiesa cattolica, n. 499. Una prima ragione per cui la Chiesa condanna la fecondazione assistita è che, permettendo una procreazione che non è frutto dell'atto coniugale, questa tecnica nega il fine procreativo del matrimonio.

"Praticate in seno alla coppia, tali tecniche (inseminazione e fecondazione artificiali omologhe) sono, forse, meno pregiudizievoli, ma rimangono moralmente inaccettabili. Dissociano I'atto sessuale dall'atto procreatore. L'atto che fonda I'esistenza del figlio non è piu un atto con il quale due persone si donano I'una all'altra, bensi un atto che affida la vita e l’identita dell’'embrione al potere dei medici e del biologi e instaura un dominio della tecnica sull'origine e sul destino della persona umana. Una siffatta relazione di dominio è in se contraria alia dignità e all'uguaglianza che dev'essere comune a genitori e figli'" (Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Donum Vitae, intr. 2] Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2377).

La seconda ragione per cui la fecondazione assistita viene condannata è che l'uomo, sostituendosi a Dio nel processo riproduttivo, viola il principio della sacralita della vita. «Il figlio non è qualcosa di dovuto, ma un dono. II "dono più grande del matrimonio" è una persona umana. Il figlio non può essere considerato come oggetto di proprietà: a ciò condurrebbe il riconoscimento di un preteso 'diritto al figlio"» (Congregazione per la Dottrina della Fede,Istruzione Donum Vitae, II, 8) Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2378).

MANIPOLAZIONI GENETICHE MANIPOLARE LA NATURA

La strategia che gli esseri umani usano per sopravvivere è diversa da quella degli altri esseri viventi. Mentre gli animali si modificano per adattarsi ai cambiamenti ambientali, l’uomo progetta il cambiamento dell’ambiente, usando strategie e strumenti che costituiscono le cosiddette tecnologie. Fino a 50 anni fa si trattava solo di strumenti progettati e costruiti utilizzando la materia inanimata. Con il progredire della ricerca genetica e delle biotecnologie, si è cominciato invece a utilizzare gli esseri viventi, uomini compresi, come strumenti per modificare l’ambiente. Intervenendo sul patrimonio genetico di un organismo, si rende l’organismo stesso capace di fare ciò che prima richiedeva l’uso di uno strumento esterno. Se un tempo per proteggere un ortaggio dai parassiti si usavano i pesticidi, oggi si modifica un gene che lo rende resistente agli attacchi degli insetti stessi. I malati di diabete si curavano con l’insulina estratta dai suini, più costosa e meno tollerata, oggi l’insulina viene fabbricata in laboratorio, isolando il gene responsabile della sua produzione. A prima vista l’uso delle biotecnologie pare essere molto vantaggioso: piante e animali più forti permetterebbero di produrre più cibo e di affrontare, per esempio, il problema della fame nei paesi poveri; numerose sarebbero le applicazioni in campo medico, dalla prevenzione delle malattie, alla produzione di

farmaci,fino ai trapianti. Numerose sono però le riserve relative sia alla manipolazione genetica in sé, sia ai suoi possibili utilizzi.

PROBLEMI ETICI La scienza stessa invita alla cautela nell’utilizzo di queste tecniche, da un lato perché non si è ancora in grado di prevederne le conseguenze sull’ambiente, sulla società, sugli stessi esseri umani, dall’altro perché i problemi etici che sorgono sono di non poco conto.

Già la possibilità di conoscere il patrimonio genetico di un essere umano solleva una questione morale Se e vero infatti che queste informazioni potrebbero favorire un individuo per esempio nella prevenzione di una malattia e altrettanto vero che potrebbero danneggiarlo se fossero usate, per esempio, o da un datore di lavoro nel decidere di un’assunzione, o da un assicuratore nel definire il valore di una polizza .

Inoltre intervenire sul DNA e modificarlo per selezionare le caratteristiche che rendono una specie più desiderabile o “migliore”, può portare a un impoverimento della diversità: una volta selezionata la specie di pomodori più conveniente rispetto alla resistenza ai parassiti e alla resa economica, si tenderà a produrre solo quella. Per non parlare della tentazione, che più volte si è affacciata nella storia, di selezionare individui umani “perfetti”, naturalmente secondo criteri simili a quelli usati per scegliere il colore di una parete o acquistare un paio di scarpe, cioè del tutto personali, relativi e opinabili.

Le tecniche di manipolazione genetica pongono poi una serie di problemi che emergono chiaramente quando se ne considerano le diverse finalità di utilizzo in campo medico.

Questo significa, fra l’altro, che, come ogni strumento, anche la maggior parte di queste tecniche di per sé non è né buona né cattiva, ma che è piuttosto l’uso che se ne fa a renderle o buone o cattive. Vediamo dunque le diverse finalità.

Finalità diagnostiche: sono proprie delle tecniche che attraverso la “lettura” del DNA indivi-

duano possibili malattie e malformazioni. Tre sono le principali: i test di identità genetica, utiliz-zati, ad esempio, per l’attribuzione di paternità o nelle indagini di polizia; la diagnosi genetica prematrimoniale e preconfezionale, che serve, nel caso di malattie ereditarie, a stabilire eventuali rischi legati alla procreazione; diagnosi prenatali, cioè tutte le tecniche usate per verificare lo stato di salute del feto. Se riflettiamo ci rendiamo conto che la liceità di tutte queste tecniche dipende solo dallo scopo per il quale sono utilizzate. Nel caso delle diagnosi prenatali, per esempio, i problemi morali sono relativi non alla possibilità di sapere se un feto è sano, ma alla legittimità di usare questa conoscenza per decidere di sopprimere un feto non perfettamente normale o malato.

Finalità terapeutiche: il giudizio sulle tecniche utilizzate per produrre ormoni come l’insulina e l’interferone, utili nella cura di varie

malattie, fra le quali il diabete, è sicuramente positivo. I problemi sorgono quando si utilizzano cellule staminali che provengono da embrioni umani (vedi p. 31): se riconosciamo che l’embrione è un essere umano fin dal concepimento non possiamo accettare che si causi la morte di un essere umano (l’embrione) per salvarne un altro (vedi p.32 e p.49).

Finalità migliorative: si tratta di

manipolazioni del patrimonio genetico non per fini diagnostici o curativi ma di miglioramento dell’umanità o di una particolare popolazione umana. L’eugenetica è una tentazione pericolosa che nasconde una volontà di dominio sulla base della discriminazione razziale. A coloro che difendono la bontà di un miglioramento genetico non può non essere ricordata l’aberrazione della Shoà avvenuta ai danni della popolazione ebraica durante la Seconda guerra mondiale. Il giudizio è pertanto negativo perché si arriverebbe al dominio biologico e alla disuguaglianza razzista.

Quando parliamo di MANIPOLAZIONI GENETICHE ci riferiamo all’operare dell’ingegneria genetica e della biotecnologia, e cioè alle tecniche di analisi e modificazione del patrimonio genetico di un organismo per ragioni di utilità tecnica, scientifica e clinica.

PAROLE CHIAVE

Gene

Unità ereditaria presente nel

cromosoma. Nei geni sono scritte le informazioni che

stanno alla base dei processi

vitali.

Cromosoma

Struttura costituita da DNA

(vedi p. 14) e proteine, che contiene l’informazione

genetica. È presente nel nucleo di tutte le cellule, in numero

caratteristico per ciascuna

specie.

Patrimonio genetico L’insieme dei geni presente nel

corredo cromosomico completo di una cellula. Le cellule umane

contengono 23 coppie di

cromosomi, ognuno dei quali contiene migliaia e migliaia di

geni che contengono le

istruzioni per la formazione e lo sviluppo di un organismo. È

anche detto genoma.

Posizione delle DIVERSE religioni

L’induismo non ha assunto una posizione uniforme nei confronti della manipolazione genetica. In generale le biotecnologie sono considerate positivamente, purché non infrangano i principi morali e spirituali che sono alla base della vita umana.

PAROLE CHIAVE

Genetica

Ramo della biologia che studia

l’ereditarietà e la variabilità degli organismi viventi. L’eredità biologica è

il complesso di informazioni genetiche trasmesse dai genitori ai figli.

Genomica

Usato come sinonimo di genetica, ha

tuttavia un significato più ampio perché indica non solo i problemi

genetici riguardanti la trasmissione dei caratteri ereditari, ma anche quelli

riguardanti la vita di una persona

adulta.

Genotipo e fenotipo Il genotipo è l’insieme dei geni che

ogni individuo eredita dai genitori. Il genotipo si esprime nella morfologia e

nella fisiologia dell’organismo, cioè nel

fenotipo. Il fenotipo è dunque determinato dal genotipo, ma subisce

anche l’effetto dell’ambiente in cui

l’organismo vive.

Ingegneria genetica

Insieme delle metodologie che

consentono di modificare il patrimonio genetico di un essere vivente.

Sinonimo di manipolazione

genetica.

Terapia genica

Trattamento di una malattia genetica

mediante l’introduzione di copie corrette del gene difettoso.

Eugenetica (o eugenica)

Disciplina che si propone il miglioramento genetico della specie

umana.

Progetto genoma

Progetto internazionale di ricerca che ha come obiettivo la mappatura del

patrimonio genetico umano (genoma), ovvero la descrizione della struttura,

della posizione e della funzione dei

100000 geni che caratterizzano la specie umana. Lo studio del genoma

implica il sequenziamento del DNA, cioè l’identificazione dell’esatta

sequenza dei 3 miliardi di coppie di

basi azotate che ne compongono la molecola e la mappatura, ovvero la

determinazione della posizione

occupata da ciascun gene rispetto agli altri. La comprensione della funzione

del gene e di quali malattie possano derivare da sue alterazioni costituisce

l’obiettivo finale del progetto. Il

Progetto Genoma Umano fu avviato nel 1990 con il coinvolgimento di istituti di

ricerca pubblici coordinati dai National lnstitutes of Health (NIH), e dal

Dipartimento dell’energia (DOE), degli

Stati Uniti. La sua conclusione, prevista inizialmente nel 2005, fu in seguito

anticipata al 2003, Tra gli stati

partecipanti vi sono la Francia, la Germania, il Giappone, l’Italia, la Gran

Bretagna e altri membri dell’Unione Europea.

Insulina

Ormone prodotto dal pancreas che

regola il tasso di zuccheri nel sangue.

Il mondo buddhista non ha espresso un’opinione uniforme riguardo le biotecnologie, preferendo rimandare la decisione ai singoli casi e alle coscienze individuali.

Il confucianesimo si astiene da giudizi diretti sulle biotecnologie Possiamo pero osservare che il richiamo alla realizzazione di una vita armonica, personale e sociale, attraverso azioni giuste, rispettose e conformi all’ordine universale, valga come indicazione anche per le questioni relative alla scienza.

L’atteggiamento dell’islam nei confronti delle biotecnologie è generalmente positivo, se pur con qualche riserva. Le tecniche di manipolazione genetica sono considerate lecite, ma solo se non causano danni né di carattere fisico, né di carattere morale.

La comunità ebraica, e in particolare i rabbini, hanno posizioni discordanti in merito alle biotecnologie. Alcuni affermano l’assoluta legittimità delle manipolazioni genetiche sulla base del brano biblico che recita:”Dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra” (Gn 1,28). Altri ritengono che vadano operate delle distinzioni fra le diverse tecniche e i diversi scopi, altri ancora le condannano tutte..

La posizione delle chiese cristiane è tutt’altro che uniforme. Le Chiese protestanti hanno un atteggiamento di maggior apertura nei confronti delle biotecnologie. Il loro utilizzo è consentito a patto che non sia messa in pericolo la vita degli uomini. Mentre le riflessioni della Chiesa protestante sono fatte sulla base di considerazioni puramente umane, la Chiesa ortodossa, adottando una prospettiva religiosa, condanna le biotecnologie perché interferiscono con l’opera creatrice di Dio. Anche la Chiesa cattolica rivendica il primato dell’azione creatrice di Dio e afferma la sacralità della vita umana (vedi p. 4).”L’uomo è chiamato a una pienezza di vita che va ben oltre le dimensioni della sua esistenza terrena, poiché consiste nella partecipazione alla vita stessa di Dio. L’altezza di questa vocazione soprannaturale rivela la grandezza e la preziosità della vita umana anche nella sua fase temporale. La vita nel tempo, infatti, è condi-zione basilare, momento iniziale e parte integrante dell’intero e unitario processo dell’esistenza umana [...1. Nello stesso tempo, proprio questa chiamata soprannaturale sottolinea la relatività della vita terrena dell’uomo e della donna. Essa, in verità, non è realtà ultima, ma penultima; è comunque realtà sacra che ci viene affidata perché la custodiamo con senso di responsabilità {...]“ (Giovanni Paolo Il, Evangelium Vitae, 2). Sulla base di questi principi la Chiesa oppone un chiaro rifiuto a tutte quelle tecniche che non solo offendono la dignità dell’uomo, ma che celano anche la presunzione di sostituirsi a Dio, modificando ciò che in realtà rivela il progetto divino. “È illusorio rivendicare la neutralità morale della ricerca scientifica e delle sue applicazioni. D’altra parte, i criteri orientativi non possono essere dedotti né dalla semplice efficacia tecnica, né, peggio ancora, dalle ideologie dominanti. La scienza e la tecnica richiedono, per il loro stesso significato intrinseco, l’incondizionato rispetto dei criteri fondamentali della moralità; devono essere al servizio della persona umana, dei suoi inalienabili diritti, del suo bene vero e integrale, in conformità al progetto e alla volontà di Dio.” (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2294).

ABORTO In passato l’atteggiamento nei confronti dell’aborto rivelava in realtà la presenza di una doppia morale: considerato immorale e condannato dalla legge, veniva però largamente praticato in modo clandestino. A partire dagli anni Sessanta del secolo scorso si cominciò a parlare apertamente della legittimità dell’aborto, fino a giungere, in molti paesi, alla sua legalizzazione. Ma le discussioni relative alla sua liceità sono ancora oggi più che mai vive. Discutere di aborto significa porre la questione fondamentale dell’inizio della vita umana. L’embrione, parola greca che significa “crescere dentro” è un essere umano? In quale momento lo diventa? Comprendere quando inizia la vita dell’embrione, tuttavia, non esaurisce la questione dell’inizio della vita umana, perché alcune prospettive scientifiche individuano l’inizio della vita con la possibilità di considerare l’embrione come una persona umana. Dunque il problema etico si pone non solo intorno all’inizio della vita, ma anche intorno al concetto di persona: non è sufficiente sapere quando inizia la vita dell’embrione, ma piuttosto quando l’embrione diventa una persona Va da sé che la scienza non può stabilire se e quando la vita o la persona possono essere definite tali; questo sarà il compito dell’etica, della psicologia e del diritto. Al di là o al di qua di queste condizioni si porrà la possibilità o meno di praticare l’aborto, che sarà o meno interruzione della vita (o dell’esistenza di una persona)

PAROLE CHIAVE

Embrione Nell’uomo è un organismo vivente dal momento del suo

annidamento nell’utero: dopo due mesi di vita intrauterina viene definito feto. Da parte cattolica si utilizza il termine a partire

dalla fecondazione, non riconoscendo quindi la nozione scientifica

di pre-embrione.

Pre-embrione Definizione scientifica della prima fase dello sviluppo

dell’organismo, dalla fecondazione fino al completamento del suo

annidamento nell’utero (ovvero, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, fino all’incirca al quattordicesimo giorno,

quando inizia la differenziazione cellulare e dei tessuti, e il pre-embrione non è più divisibile).

È stata introdotta per sottolineare l’imprevedibilità del processo

riproduttivo e la mancanza di individualità che la caratterizza.

Molti scienziati concordano nell’individuare l’inizio dell’esistenza umana intorno al 14°-16° giorno, quando, con la formazione dell’asse cranico, l’embrione diventa un’entità distinta. Tuttavia esistono diversi punti di vista scientifici:

1. non esiste un momento in cui la vita ha inizio, i gameti sono vivi come qualunque altro organismo;

2. con la fecondazione, quando i patrimoni genetici dei due genitori si fondono;

3. dopo 14 giorni; si definisce fase pre-embrionale il periodo precedente, perché fino a che non si impianta nell’utero, non si sa che cosa ne sarà dell’embrione, se per esempio darà vita a due o più gemelli;

4. dopo 27 settimane, col manifestarsi dell’attività cerebrale; 5. dopo 25 settimane, quando il feto può vivere separato dalla

madre; 6. al momento della nascita, quando subentra la capacità di

riconoscere il sé dal non sé.

PROBLEMI ETICI La discussione sulla definizione di persona è fondamentale per decidere della liceità dell’aborto. Il termine persona ci fa pensare a una qualità la cui presenza differenzia l’uomo dagli altri esseri viventi. Perché un uomo è una persona mentre una pianta o un animale no? La risposta è che nell’uomo alle funzioni vegetative e sensitive, si aggiungono quelle intellettive, cioè la razionalità.

Si possono distinguere due concezioni di persona: 1. la concezione funzionalista, secondo la quale una persona esiste solo se

manifesta certe qualità o funzioni, come il pensiero e l’autocoscienza, che possiamo chiamare razionalità o anima. In questo caso l’embrione, almeno fino a gravidanza avanzata, non è una persona. La concezione funzionalista è alla base della posizione, condivisa da molti laici, che considera il processo riproduttivo come un progetto che si realizza per gradi finalizzato al la creazione di un individuo. A ogni tappa troviamo un organismo con nuove caratteristiche. Solo quando si sviluppano le strutture cerebrali (4-6 mesi) e appaiono nuove funzioni come sensibilità e capacità di movimento, il feto diventa una persona, non prima;

2. la concezione sostanzialista (o personalismo ontologico), secondo la quale una persona è tale anche se non esercita queste funzioni. Lo è per “natura”, perché l’anima o la razionalità sono presenti nella sua sostanza anche quando non si manifestano. Dunque anche l’embrione è una persona. La prospettiva adottata dal pensiero cristiano è quella sostanzialista: al momento del concepimento si forma un organismo umano che è composto di anima e corpo, cioè una persona. Alcuni teologi sostengono inoltre che l’embrione va rispettato come una persona e non perché è una persona. Non è necessario stabilire se l’embrione è una persona perché “ba-sta che questa presenza dell’anima sia probabile (e non si proverà mai il contrario) perché togliergli la vita significhi mettersi ne/pericolo di uccidere un uomo” (De abortu procurato, n. 19). Come si vede anche nel caso dell’aborto il disaccordo circa la sua liceità rimanda alla controversia fra l’etica della sacralità della vita e l’etica della qualità della vita. Riconoscendo l’opera creatrice di Dio si può affermare che l’embrione è una persona fin dal concepimento, mentre in una prospettiva evoluzionista, che individua cioè uno sviluppo graduale, ci sarà un momento in cui l’embrione non è ancora una persona e un momento successivo in cui lo diventa.

Quando parliamo di ABORTO, intendiamo riferirci all’interruzione di gravidanza.

L’aborto è sempre una questione drammatica e controversa, che storicamente ha dato origine a molte discussioni di bioetica.

A queste riflessioni va aggiunta un’altra considerazione che potremmo definire di carattere “giuridico” (nel senso che riguarda i diritti di chi ancora non è nato): l’aborto viene praticato in base a una decisione presa sul feto da altri. La madre, il padre, entrambe i genitori, le famiglie, ecc. La vita del feto, in questo senso, dipende dalla volontà altrui. L’aborto solleva così un altro problema, che è quello della decisione volontaria di un individuo rispetto al feto. Quale deve essere il criterio che guida la scelta? Gli interessi del nascituro o dei genitori? E come si possono stabilire gli interessi di un essere che non ha potere di espressione? Le condizioni della scelta cambiano a seconda della posizione che si ha nei confronti dell’embrione (se sia o no una persona e da quale momento).

Posizione delle DIVERSE religioni

E una colpa grave, poiché il feto è considerato una persona dotata di coscienza. E’ messo solo quello terapeutico

Nel buddhismo l’aborto è condannato come un omicidio. Per i buddhisti tibetani, chi abortisce è destinato a rinascere 500 volte come un feto che verrà a sua volta abortito. L’unico caso in cui è consentito abortire è quando sono in pericolo la vita della madre e del bambino. Nel caso la nascita del figlio comportasse la morte della madre, la decisione di partorire garantirà alla madre una reincarnazione felice.

L’aborto è proibito e condannato come colpa grave nei confronti dello spirito del nascituro, lo T’ai-shen.

In generale l’islam scoraggia l’aborto, perché avere molti figli è un obbligo morale. È tuttavia consentito quando è in grave pericolo la salute della madre e quando una donna è stata stuprata ed esistono gravi danni psicologici e fisici. Può essere praticato entro 120 giorni dal concepimento, perché secondo il è quello il momento in cui l’embrione riceve l’anima. Prima quindi non è da considerarsi una persona.

La legge ebraica, Halacha, permette l’aborto solo se esiste una diretta minaccia alla vita della madre sia nel portare a termine la gravidanza sia nel momento del parto. In questo caso il figlio è considerato come un rodef, cioè come colui che attenta alla vita della madre. Va comunque praticato entro le prime set­timane di gravidanza, poiché fino al 40° giorno l’embrione non è una persona. Dopo è il rabbino che, valutata la gravità della situazione, può autorizzare l’aborto.

La Chiesa ortodossa condanna l’aborto come peccato mortale e lo ammette solo nel caso sia in pericolo la vita della madre. Le altre Chiese protestanti invece, pur non favorendolo, ammettono l’aborto. La religione cattolica si riallaccia al quinto comandamento ebraico di Esodo 29,13 “Non uccidere” e rifiuta l’aborto volonta-rio sia come fine che come mezzo. L’essere umano infatti è persona fin dal suo concepimento e va rispettato e protetto in modo assoluto nella sua integrità. “La vita umana deve essere rispettata e protetta in modo assoluto fin dal momento del concepimento. Dal primo istante della sua esistenza, l’essere umano deve vedersi riconosciuti i diritti della persona, tra i quali il diritto inviolabile di ogni essere innocente alla vita” (Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Donum Vitae, I, 1). Secondo la Chiesa cattolica la questione dell’origine della vita umana non appartiene alla biologia, ma va com-presa nel misterioso disegno che Dio ha per ogni sua creatura e che comincia con il dono della la vita.

IL TRAPIANTO UNA CONQUISTA DELLA MEDICINA

Ci sono diversi tipi di trapianto:

il trapianto autologo (o autotrapianto) consiste nello spostamento di un tessuto o un organo da una parte

all’altra dello stesso corpo. È ciò che si fa, per esempio, quando si prende la pelle da una zona del corpo per riparame un’altra danneggiata. Questo genere di trapianto non solleva alcun problema morale;

il trapianto omologo (o omotrapianto) consiste nel trasferimento di un organo o un tessuto da un

organismo a un altro della stessa specie. In questo caso il prelievo può essere effettuato da un vivente o da un cadavere. Le questioni morali che affronteremo sono quelle sollevate da questo tipo di trapianto;

il trapianto eterologo (o xenotrapianto) consiste nel passaggio di un organo o un tessuto da un organismo

a un altro di specie diversa, per esempio da un animale all’uomo. Dal momento che questo tipo di trapianto è ancora in fase sperimentale, il dubbio è se sia lecito sottoporre le persone a un rischio così alto. Inoltre molti ritengono che sia moralmente ingiusto uccidere gli animali per la sopravvivenza umana.

I trapianti costituiscono una delle conquiste più straordinarie della medicina. Grazie alla possibilità di sostituire il “pezzo” che non funziona, molte persone affette da patologie inguaribili possono riacquistare la salute. Nello stesso tempo però la pratica del trapianto pone numerosi e importanti problemi: psicologici (relativi sia alla scelta di donare, sia alla possibilità di convivere con un organo non proprio), morali (chi deve dare il consenso all’espianto, la persona prima di morire o i familiari o nessuno),sociali e giuridici (con quali criteri si decide di dare un organo a una persona piuttosto che a un’altra).

PROBLEMI ETICI Consideriamo alcuni dei principali problemi morali causati dal trapianto omologo.

Se il donatore è non vivente, il primo problema che si pone è quello della sua morte. Poiché il prelievo di un organo è consentito solo se il donatore è morto, bisogna stabilire un criterio che consenta di dire quando un uomo cessa di vivere. In passato si dichiarava morta una persona quando il suo cuore cessava di battere (morte cardiaca). Da qualche decennio il criterio adottato è invece quello della morte cerebrale, dichiarata quando le funzioni del cervello cessano in modo irreversibile, anche se il cuore batte ancora e il respiro è mantenuto artificialmente. La nozione di morte cerebrale suscita qualche perpiessità: molte persone temono che non sia abbastanza sicura o che permetta di dichiarare in anticipo la morte di un donatore per consentire il prelievo degli organi. Un secondo problema è relativo al consenso dell’espianto: chi deve darlo perché sia valido? Alcuni sostengono che sono i familiari a dover autorizzare il trapianto, ma certo non è una decisione facile per chi ha appena perso una persona cara. Inoltre non è detto che la volontà del defunto coincida con quella dei familiari. Altri ritengono che è solo la persona, mentre è ancora in vita, che deve esprimere la sua volontà, redigendo un testamento biologico, in cui dichiara le sue intenzioni riguardo al trapianto. Altri ancora affermano la necessità di stabilire una regola del silenzio-assenso: siccome il mancato consenso spesso dipende più dall’emotività o dalla pigrizia, che non da una reale volontà di negarlo, basta invertire la modalità e chiedere una dichiarazione solo se si intende rifiutarlo.

Se il donatore è vivente, il problema è come garantire che il suo gesto sia veramente informato e soprattutto libero, perché pressioni familiari o promesse di ricompense potrebbero spingerlo al consenso.

C’è anche un’ulteriore questione: considerando la scarsa disponibilità di organi da trapiantare, bisogna stabilire delle regole per l’assegnazione. Escludendo il criterio del miglior offerente — pensiamo agli orrori del traffico d’organi — secondo quale principio sarebbe più giusto dare un organo: tirando a sorte, a chi arriva per primo, a seconda della gravità della malattia, o a seconda dei meriti sociali (a chi fa volontariato o a chi è a sua volta donatore)?

Infine è bene sottolineare lo stretto legame che c’è fra trapianto e donazione: il primo non è possibile

senza la seconda. Se, come sostengono alcuni, il criterio dell’altruismo non permette alle donazioni di crescere, perché si basa su di una presunta quanto illusoria benevolenza del genere umano, bisogna allora fare appello alla coscienza morale di ciascuna persona.

Poiché nel trapianto è insita l’idea del dono, nonostante lo sforzo (legalmente corretto) di rendere anonima tutta la catena che collega donatore e ricevente non lo si può equiparare a un farmaco o a un qualsiasi trattamento medico cui un cittadino ha diritto. Tuttavia, se è vero che molte persone possono essere salvate dalla disponibilità d’organi, la decisione di prelevare al momento della propria morte organi utili può essere ritenuto un atto degno di approvazione se accade (ma non è detto che ciò succeda), o dovrebbe essere considerato un dovere?

IL TRAPIANTO consiste nel prelievo e nel trasferimento di parti del corpo: organi come rene, cuore, fegato, oppure semplicemente tessuti come pelle o sangue.

CHE COSA DICE LA LEGGE Punti di riferimento della Legislazione italiana

CHI occorre avere 18 anni; se minorenni, entrambi i genitori devono dare il proprio con-senso in forma scritta; i nascituri e gli orfani minorenni sono esclusi.

COSA ogni organo di cui la scienza medica è capace di effettuare il trapianto, a esclusione della testa e delle gonadi.

QUANDO dopo che il collegio medico ha accertato la cessazione irreversibile di ogni attività cerebrale secondo la legge 578 del 1992.

PRIVACY ogni informazione, sia su chi dona, sia su chi riceve l’organo tra-piantato, deve rimanere assolutamente anonima.

SANZIONI - arresto e maximulta per i trafficanti di organi, interdizione permanente all’esercizio della professione per i medici (è interessante leg-gere gli Otto punti della “Mozione del Comitato Nazionale per la Bioetica sulla compravendita di organi a fini di trapianto” del 18 giugno 2004).

Posizione delle DIVERSE religioni

Non prendono posizione in merito ai trapianti,

demandando la decisione ai singoli individui,

perché ritengono che la donazione sia un atto del tutto personale, la cui scelta spetta

esclusivamente all’individuo.

PAROLE CHIAVE

Organo

Struttura differenziata costituita da più cellule o più tessuti, che assolve una o più

funzioni all’interno di un organismo e ha una

forma definita. Sono organi l’occhio, il rene, ecc.

Tessuto

Insieme di cellule con caratteristiche e

funzioni correlate, tali cioè da costituire un insieme omogeneo, specifico e diverso da

altri, I tessuti costituiscono gli organi: il tessuto nervoso forma i muscoli, il tessuto

epiteliale la pelle, e così via.

Consenso informato

Accettazione da parte di un paziente di una

pratica medica (sperimentazione, cura, intervento), personalmente e in piena

libertà, dopo essere stato informato, con una spiegazione dettagliata e onesta, sugli

scopi o i risultati di tale pratica.

Consenso presunto

Estensione del concetto di donazione dopo la morte quando il soggetto non abbia

manifestato in vita il proprio dissenso alla

donazione degli organi, e se non vi è un’opposizione esplicita da parte dei

familiari.

Morte cardiaca

Morte determinata dall’arresto del cuore. Per la legge italiana la morte cardiaca è

accertata dopo almeno 20 minuti di tracciato elettrocardiografico piatto e

assenza di respirazione spontanea, dopo 2

minuti di arresto di quella artificiale.

Morte cerebrale

Morte definita con l’arresto di ogni attività cerebrale. La legge italiana prevede che

venga accertata dopo 12 ore di coma profondo associato ad assenza di riflessi,

atonia (assenza di contrazione) muscolare e

elettroencefalogramma piatto.

La religione islamica approva la donazione se avviene

da persone che hanno dato in anticipo

il loro consenso per iscritto, a patto che gli organi non vengano conservati ma trapiantati subito.

Non esistono obiezioni al trapianto d’organi e al

prelievo di tessuti da cadaveri, ma ad alcune condizioni: che lo scopo sia salvare una vita, che la

morte del donatore sia certa, e che il vantaggio per chi

riceve l’organo sia superiore ai rischi che corre.

La Chiesa protestante incoraggia e sostiene la

donazione degli organi, e lo stesso fa la Chiesa

ortodossa, che però esprime delle riserve alla donazione dell’intero corpo per la sperimentazione o la

ricerca.

La Chiesa cattolica accetta i trapianti sempre nel

rispetto del donatore e calcolando gli effettivi benefici

del destinatario La donazione degli organi è comunque incoraggiata in quanto atto di carità: la donazione è

citata nel Catechismo come esempio di comportamento

solidale e caritatevole

Il trapianto di organi è conforme alla legge morale se i

danni e i rischi fisici e psichici in cui incorre il

donatore sono proporzionati al bene che si cerca per il

destinata rio La donazione degli organi dopo la morte

è un atto nobile e meritorio ed è da incoraggiare come manifestazione di generosa solidarietà Non è

moralmente accettabile se il donatore o i suoi aventi

diritto non vi hanno dato il loro esplicito consenso È

inoltre moralmente inammissibile provocare direttamente la mutilazione invalidante o la morte di

un essere umano sia pure per ritardare il decesso di

altre persone” (Catechismo della Chiesa cattolica n

2296)

L’EUTANASIA

IL DIRITTO di MORIRE ? In passato la morte era considerata la naturale conclusione di ogni processo di vita, a cui nessuno pensava di sottrarsi, ma il progresso scientifico ha radicalmente cambiato il nostro atteggiamento nei confronti della morte: oggi, fra bisturi e farmaci miracolosi, coltiviamo l’illusione dell’immortalità, sostenuti nei nostri sogni dai progressi sempre più straordinari della medicina. Le nuove tecnologie mediche sembrano aprire le porte alla possibilità di curare ogni malattia, di correggere ogni “errore” della natura, di prolungare sempre di più la vita umana.

Tuttavia sono soprattutto le condizioni del morire a essere profondamente mutate:

a differenza del passato, la durata della vita media è assai più alta;

l’aumentata capacità di fare diagnosi ha diminuito il numero di morti impreviste;

grazie ai progressi della medicina si può allungare la vita anche in caso di malattie gravi;

di conseguenza anche l’agonia può prolungarsi;

la maggior parte dei malati muoiono in ospedale, mentre un tempo si moriva in casa, circondati dalla famiglia.

Queste sono le condizioni in cui può trovarsi una persona di 70-75 anni, malata di cancro in fase avanzata, consapevole di una diagnosi che non lascia speranze, ricoverata in ospedale e sottoposta a terapie che, essendo una guarigione impossibile, hanno come unico risultato il prolungamento della sua agonia. Possiamo immaginare che in un caso simile il male più grande non sia morire, ma come morire. Questa è la situazione che sta a monte del dibattito sull’eutanasia. La capacità della medicina di intervenire e modificare il processo del morire, prolungando artificialmente la vita anche quando non c’è più nessuna speranza di guarire, pone la questione morale del diritto del malato a sottrarsi alle terapie che allungano l’agonia e della liceità dell’eutanasia.

PROBLEMI ETICI L’idea che ha guidato la pratica medica fino ai giorni nostri, è che si deve fare tutto il possibile per prolungare la vita di una persona. In passato, quando i mezzi della medicina erano scarsi e si poteva morire per un raffreddore o una polmonite, lo sforzo di allontanare il momento della morte era sicuramente desiderabile. Oggi, invece, visto che le capacità di intervento sono enormemente cresciute, prolungare la vita di un malato, e con essa anche la sofferenza senza speranze di guarigione, non solo non è più desiderabile, ma può diventare un atto di crudeltà. È opinione condivisa che bisognerebbe evitare ogni forma di accanimento terapeutico, interrompendo tutte le terapie che non siano quelle necessarie a controllare il dolore e assistere il malato per consentirgli una buona morte, dignitosa e serena. Che fare, però, se il malato stesso chiede non solo di sospendere le cure, ma di porre fine alla sua esistenza? È lecita l’eutanasia? Dobbiamo innanzi tutto distinguere tra:

l’eutanasia passiva, cioè la morte naturale ottenuta attraverso l’omissione di un atto o la sospensione di una terapia, quando cioè viene

sospeso l’uso dei mezzi indispensabili a mantenere in vita il malato terminale, senza contrastare le leggi di natura (si lascia morire);

l’eutanasia attiva, che è la morte anticipata procurata attraverso un’azione, ad opera di una terza persona su richiesta del malato

terminale per diminuire le sue sofferenze (si “uccide”)

il suicidio assistito , che è una pratica legata all’eutanasia attiva; avviene quando un malato terminale viene messo in grado di porre fine

alla propria esistenza in modo agevole.

Nessuna forma di eutanasia è considerata ammissibile da coloro che ritengono che l’uomo non possa decidere della propria morte. Alla base di questa posizione ritroviamo l’etica della sacralità della vita: poiché l’uomo non può disporre della vita a suo piacimento, non potrà nemmeno decidere di interromperla. L’unica pratica consentita è l’interruzione di terapie sproporzionate rispetto ai risultati (curare la polmonite, o altre patologie che possono insorgere nelle fasi terminali di una malattia, serve solo ad allungare l’agonia), per permettere alla natura di fare il suo corso. Una posizione di questo tipo coincide, di fatto, con quella che abbiamo definito eutanasia passiva.

All’etica della qualità della vita si richiamano invece coloro per i quali sia l’eutanasia che il suicidio assistito sono ammissibili. Di fronte al dolore fisico, alla mancanza di indipendenza, all’impossibilità di avere relazioni e alla perdita di dignità, ciascuno ha il diritto di decidere, in piena autonomia, se vivere o morire. Il testamento biologico, in cui si può indicare se e fino a che punto si vuole ricorrere a terapie straordinarie, risolve i casi di coma.

IL termine eutanasia, che deriva dal greco eu (bene) e thanatos (morte) e significa letteralmente buona morte, indica un’azione o un’omissione intenzionale, che provoca la morte di una persona gravemente malata.

CHE COSA DICE LA LEGGE

L’eutanasia in Europa e praticata legalmente sol tanto in Olanda e in Belgio. In Italia non c’e nessuna norma sull’eutanasia attiva per cui questa è comparabile all’omicidio volontario secondo I’articolo 575 del Codice Penale. Ciò vale anche per il suicidio assistito che la legge considera reato ai sensi dell’articolo 580. L’eutanasia passiva purchè consensuale è considerata lecita e oggi comunemente ammessa. Nel 1984 il parlamentare Loris Fortuna, già estensore della legge sul divorzio presentò una Legge per disciplinare I’interruzione delle terapie ai malati terminali. D allora sono state numerose le iniziative parlamentari per legalizzare I’eutanasia: il 13 luglio 2000 lo stesso ministro per la Sanità Umberto Veronesi affermò che I’eutanasia non è un tabù e che una soluzione al problema deve essere trovata in tempi brevi

Posizione delle DIVERSE religioni

L’induismo è in genere contrario all’eutanasia, per il grande rispetto che ha della vita umana. Tuttavia lascia a

ciascun individuo piena libertà di coscienza.

Centro dell’insegnamento del Buddha è l’impermanenza dell’essere e la realtà della morte. Pertanto è inutile

allungare la vita oltre il suo corso naturale con i mezzi e le tecniche che la scienza medica può offrire. Usare

cure eccessive non serve ad altro che a rimandare la morte inevitabile. Di recente il Dalai Lama ha dichiarato lecita l’eutanasia: “Una mente pacifica al momento della morte è essenziale e quindi, prima che il dolore

divenga intollerabile, l’eutanasia è giustificabile”.

Secondo Confucio vita e morte sono al di là del governo umano. L’uomo deve adeguarsi alle leggi della natura,

alle quali non può in nessun caso sottrarsi, tantomeno anticipando il momento della morte.

L’eutanasia nell’islam è vietata perché la vita è sacra, come dice il CORANO “Non prendere alcuna vita che

Dio ha reso sacra, tranne che per giustizia”. Inoltre l’eutanasia va contro il principio di non maleficenza: “Nessun male deve essere fatto o contraccambiato nell’Islam”. L’islam condanna anche l’accanimento

terapeutico: il medico deve preservare il processo della vita, non quello della morte.

Per il Talmud è meglio soffrire sette anni che morire di colpo. Le tradizioni ebraiche più ascetiche vedono il dolore come benedizione: l’ebreo non deve andare incontro alla morte con paura e terrore.

L’unica paura è quella di andare incontro alla morte senza essere debitamente preparati. La Mishnah consiglia di

convertirsi un giorno prima della morte cioè ogni giorno. Così come è proibito accelerare la morte, è proibito

anche ritardarla con mezzi artificiali. L’indisponibilità per l’uomo della propria esistenza è dunque un concetto fondamentale anche nella visione ebraica. Come ricorda il rabbino Riccardo Di Segni “La vita non ci

appartiene ed è nostro dovere tutelarla. Abbiamo un diritto-dovere di sottoporci alle cure con lo scopo di

alleviare la sofferenza ma non di estendere innaturalmente la vita”. Nel diritto ebraico, il suicidio assistito è

chiaramente proibito tuttavia “in casi particolari è consentito rimuovere ciò che prolunga artificialmente l’agonia”.

La Chiesa ortodossa condanna l’eutanasia come peccato mortale. Le Chiese protestanti e in particolare i valdesi, condannano l’omicidio e quindi l’eutanasia, ma nello stesso tempo si pongono il problema della sofferenza e del diritto individuale alla morte, diritto che deve essere riconosciuto. In particolare il documento del Sinodo Valdese (1998) ammette la domanda di suicidio assistito secondo il principio che la sua accoglienza “può essere assunta da un accompagnamento pastorale che tiene aperta la dimensione di conflittualità che tale decisione implica”. La Chiesa cattolica condanna sia l’accanimento terapeutico sia l’eutanasia. È ottimo impegnarsi in favore della salute e della vita senza mai tralasciare alcuna possibilità, soprattutto oggi che la scienza medica raggiunge obiettivi un tempo ritenuti impossibili. Ma, quando ogni cura è inutile, sono da condannare interventi fortemente invasivi e umilianti, che prolungano inutili agonie. “L’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all’accanimento terapeutico’. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente” (Catechismo della Chiesa cattolica n. 2278). Per il cattolicesimo la vita è un dono di cui solo Dio può disporre: per questo l’eutanasia è un vero e proprio omicidio.” Qualunque ne siano i motivi e i mezzi, l’eutanasia diretta con-siste nel mettere fine alla vita di persone handicappate, ammalate o prossime alla morte. Essa è moralmente inaccettabile. Così un ‘azione oppure un ‘omissione che da sé o intenzionalmente, provoca la morte allo scopo di porre fine al dolore, costituisce un ‘uccisione gravemente contraria alla dignità della persona umana e al rispetto del Dio vivente, suo Creatore. L’errore di giudizio nel quale si può essere incorsi in buona fede, non muta la natura di quest’atto omicida, sempre da condannare e da escludere” (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2277).

PAROLE CHIAVE

Accanimento terapeutico

Applicazione, in casi molto gravi, di terapie e tecnologie per prolungare

artificialmente la vita.

Coma

Stato caratterizzato da perdita della

coscienza e dell’attività relazionale, in cui permangono solo le funzioni vegetative.

Cure palliative

Metodi di cura che limitano la

sofferenza, senza la speranza di ottenere la guarigione

IL SUICIDIO

LA SCELTA di MORIRE Nel mondo antico la morte volontaria poteva fare capo all’impossibilità di accettare la perdita irrimediabile della propria dignità e del proprio onore. A fronte di un suicidio scelto come unica via per ristabilire la propria onorabilità nella memoria dei vivi, si ha anche il suicidio disonorevole, quello che invece si compie per codardia, per sottrarsi alla propria responsabilità individuale, atto in sé paragonabile alla fuga. Più alla prima che alla seconda prassi va ricondotto il suicidio ammesso da alcune correnti filosofiche, nelle quali, a diverso titolo, la morte volontaria trovava una sua ragione d’essere per affermare aspetti

particolari della libertà individuale. Anche nel cristianesimo delle origini alcune sette nordafricane teorizzarono (e praticarono) il suicidio come forma particolare di martirio: uccidendosi ci si ricongiungeva a Dio. Proprio per reagire a tali eccessi, sant’Agostino e in seguito altri vescovi cristiani condannarono il suicidio come un doppio crimine: chi si dà la morte infrange il divieto divino di non uccidere e nega il valore sacro della vita. Successivamente sulla base della riflessione filosofica e delle istanze cristiane, il suicidio,spogliato del suo valore eroico,venne compreso pienamente nella sua dimensione esistenziale. Chi si suicida infatti non è un eroe o un folle, indotto a quel gesto solo da circostanze esterne. Chi si suicida è un essere umano con una storia personale fatta di incontri, relazioni, desideri, gioie, delusioni, esperienze che lo hanno portato a essere ciò che è e che pesano sulla sua scelta di abbandonare la vita. Scelta che ha sempre un significato personale: un lutto, un insuccesso, una difficoltà, per la maggior parte di noi sono superabili, ma per alcuni significano la disperazione da cui non si può uscire se non con la morte. Prima ancora che sulla legittimità del suicidio co-me affermazione estrema della libertà dell’uo-mo, dobbiamo chiederci se sia sempre libertà vera quella che si esercita quando si sceglie di morire.

PROBLEMI ETICI Secondo il sociologo francese Emile Durkheim ci sono tre tipi di suicidio, che sono spesso correlati fra di loro.

Il suicidio egoistico è motivato da un eccesso di individualismo: la persona si estrania dalla società civile e si isola da

ogni realtà a lei esterna. Perde progressivamente il senso del reale e non riesce più a dare il giusto valore a ciò che le accade, fino a che non gli resta altro che la triste via del suicidio.

Il suicidio altruistico che è invece motivato da un eccesso di integrazione: l’individuo si annulla all’interno del

gruppo e per la causa comune arriva a immolarsi. Si pensi, per esempio, ai suicidi collettivi o agli attentati suicidi.

Il suicidio anomico, tipico della persona aggressiva. È l’uomo che ha subito una forte perdita e non riesce ad

accettare la situazione: entra così in uno stato acuto di esasperazione e di odio verso la causa remota di tutto, cioè se stesso, e si suicida. In nessuno di questi casi risulta che chi si suicida voglia davvero morire. È come se con questo gesto una persona protestasse non contro la vita, ma contro ciò che, nella vita, non è andato come avrebbe dovuto. In molti casi il suicidio è un messaggio: si vuol gridare al mondo la propria rabbia, si vuol dimostrare di che cosa si è capaci, si vuole punire, si vuole semplicemente uscire da una situazione insopportabile. Di solito la discussione etica relativa al suicidio affronta il problema della sua liceità. Il suicidio è condannato dai fautori dell’etica della sacralità della vita, in base al principio dell’indisponibilità della vita. La vita è un dono di Dio e solo Dio può toglierla. I sostenitori dell’etica della qualità della vita invece rivendicano la legittimità del suicidio. Quando le condizioni di vita, sia fisiche che psicologiche, non sono più tollerabili o desiderabili, un uomo ha il diritto di scegliere di morire. Il suicidio chiama in causa la libertà e l’autonomia dell’essere umano. L’etica quindi si interessa del suicidio inizialmente in relazione al problema della volontà di morire; tuttavia, se l’atto del suicidio rimanda alla richiesta estrema di aiuto rispetto alla propria condizione esistenziale o sociale, il problema etico di fondo non riguarda solo più la liceità dell’atto di togliersi la vita, ma anche la creazione delle condizioni umane e terapeutiche per evitare l’atto estremo, riducendo la sofferenza dell’individuo. Si può discutere, infatti, della libertà dell’atto, solo quando esso è compiuto in una condizione di piena consapevolezza, e non quando è determinato da un particolare dolore psicologico. Si può ancora ricordare che il problema di dare a se stessi volontariamente la morte è stato anche un problema filosofico di notevole importanza; più di un sistema filosofico, dallo stoicismo classico fino all’esistenzialismo del Novecento, lo ha introdotto come scelta possibile e matura in relazione a condizioni esterne (ad esempio di tipo politico) o interne all’individuo, quando questo condivide in modo profondo e responsabile un intero sistema ideale di riferimento (ideale filosofico). In questo caso l’atto della morte volontaria risponde a una precisa volontà ed è inteso come un atto pienamente autonomo e riconducibile a un sistema etico che lo riconosce come un atto lecito e dovuto alla propria dignità personale.

Il termine suicidio dal francese suicide (uccidere se stesso) indica l’azione volontaria con la quale una persona causa la propria morte.

Posizione delle DIVERSE religioni

L’induismo esprime una condanna assoluta nei confronti del suicidio. Il suicidio infatti aumenta il karma (azioni,

opere compiute) negativo individuale, diventando un impedimento alla liberazione finale.

Per il buddhismo il suicidio è un atto irrazionale. Chi sceglie la morte come soluzione del problema della

sofferenza è ignorante, nel senso che non sa che il dolore si elimina staccandosi dalla vita e dai desideri che

generano sofferenza, fino al raggiungimento del nirvana, lo stato supremo di beatitudine. Tuttavia il suicidio è ammesso purché non sia motivato da odio verso se stesso o gli altri.

Nel confucianesimo antico, che sopravvive ancora oggi nel profondo della cultura cinese, il suicidio era

considerato un atto estremo, una protesta nei confronti di una grave offesa subita. Chi riceveva l’offesa si

suicidava e il suo suicidio procurava pubblica vergogna e disonore per colui che aveva causato l’offesa.

L’islam condanna il suicidio perché, come recita il Corano,” Chiunque uccida una persona è come se avesse

ucciso tutta l’umanità, e chiunque salvi una persona è come se avesse salvato tutta l’umanità”. Tuttavia per i fondamentalisti islamici, morire mentre si combatte per Allah, è un gesto che procura onore e felicità nell’aldilà.

L’ebraismo considera il suicidio un peccato contro Dio.

La vita è un dono di cui l’uomo deve avere cura ed essere grato a Dio.

Mentre la Chiesa ortodossa considera il suicidio un peccato mortale, le Chiese protestanti non lo condannano formalmente. Per la Chiesa cattolica il suicidio è un atto contrario alla sacralità della vita e alla dignità della persona e in quanto tale da condannare. È un atto che rifiuta la verità ed esprime valori incapaci di esprimere la libertà. Il suicidio viene affrontato nella parte III sezione II del Catechismo della Chiesa cattolica ai numeri 2280-2283. In particolare al n. 2280 si afferma: “Ciascuno è responsabile della propria vita davanti a Dio che gliel’ha donata. Egli ne rimane il sovrano Padrone. Noi siamo tenuti a riceverla con riconoscenza e a preservarla per il suo onore e per la salvezza delle nostre anime. Siamo gli amministratori, non i proprietari della vita che Dio ci ha affidato. Non ne disponiamo”. Ma si parla anche di attenuazione della responsabilità del suicida in presenza di gravi disturbi psichici o di angoscia davanti a torture e sofferenze. Interessante è la conclusione al n. 2283: “Non si deve disperare della salvezza eterna delle persone che si sono date la morte. Dio, attraverso le vie che solo Lui conosce, può loro preparare l’occasione di un salutare pentimento. La Chiesa prega per le persone che hanno attentato alla loro vita”.

PAROLE CHIAVE

Dimensione esistenziale La vita intesa come insieme di valori, aspettative,

emozioni, relazioni e ogni altro aspetto dell’esistenza

che va oltre la dimensione biologica.

Individualismo

Prospettiva psicologica o filosofica che antepone gli interessi e i valori dell’individuo a quelli collettivi.

Integrazione

Assimilazione di un individuo o di un gruppo a un

contesto sociale di cui prima non faceva parte.

Stoicismo Scuola filosofica fondata ad Atene nel IV secolo a.C.

Gli stoici affermavano la legittimità del suicidio: di

fronte all’impossibilità di adempire il proprio dovere, il saggio può decidere di rinunciare alla vita

Esistenzialismo

Corrente filosofica nata intorno al 1930 e svi-

luppatasi soprattutto in Francia a partire dalla seconda guerra mondiale. Il suicidio è considerato

dagli esistenzialisti come una possibilità ultima che

deve sempre essere tenuta presente quando si tratta di affrontare una situazione in cui non ci siano

alternative accettabili per l’individuo.