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Il Risorgimento è il periodo della storia d'I- talia in cui la nostra nazione conseguì l'uni- tà nazionale, riunendo in un solo nuovo Stato - il Regno d'Italia - tutti i precedenti Stati preu- nitari. Nel cosiddetto biennio delle riforme (1846-1848), dopo il fallimento dei moti rivo- luzionari mazzinia- ni,nascono i progetti politici dei liberali come Massimo d'Azeglio e Vincenzo Gioberti. Gli anni 1847-1848, definiti la "Primavera dei po- poli", videro lo sviluppo di vari movimenti ri- voluzionari. In Italia fu decisiva la decisione del Regno di Sardegna di farsi promotore dell'uni- tà italiana. Nominato presidente del Consiglio dei ministri nel 1852, Cavour poté mettere mano alla realizzazione del suo progetto politico per l'indipendenza italiana. Egli sosteneva che solo il Piemonte poteva realizzarla, per- ché non era sottomesso all' Austria (come inve- ce erano i Borboni di Napoli, il granduca di Toscana, i duchi di Mo- dena e di Parma); solo il Piemonte, inoltre, po- teva garantire alle mo- narchie europee che l'Italia non si sarebbe spinta troppo in là, verso ideologie de- mocratiche e radicali. Qualche anno più tardi l'elemento decisivo verso l'unità fu la Spe- dizione dei Mille gari- baldina. Mille volontari, soprattutto delle regio- ni settentrionali e cen- trali d'Italia, che parti- rono da Quarto, in Li- guria, sbarcando in Sicilia, presso Marsa- la, e conquistando il Regno delle Due Si- cilie, permettendone l'annessione al nascen- La lunga strada Italiana verso il 1861 1-4 Eroine del risorgimento calabrese 2-3 Centocinquantavolte ITALIANI 4 Dal salotto alla stampa: le donne colte nel periodo risorgimentale italiano 4-5-6 Dal matrimonio al Convento, percorsi femminili nella Calabria unitaria 6-7 Il Dono del Sangue 8 Le stampe popolari del Risorgimento Italiano 8-9-10 Le prime guardie d’onore a Reggio Calabria 10-11-12 Le tappe più significative dell’Unità d’Italia 13 Il Risorgimento in Calabria 14-15 La musica nel Risorgimento Italiano 18-19 Il Brigantaggio nel Risorgimento Italiano 20-21 La lingua Italiana al momento della proclamazione dell’Unità d’Italia 22 Filatelia:emissioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia 23 Sommario: Pagg. Sommario: Pagg. AVIS AVIS - - 150 anni e l’unità d’Italia 150 anni e l’unità d’Italia I.T . I . S . - “ANTONINO PANELLA” - RC l’unità d’Italia AVIS AVIS La lunga strada Italiana verso il 1861 La lunga strada Italiana verso il 1861 Cont. Pag 4

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Il Risorgimento è il

periodo della storia d'I-

talia in cui la nostra

nazione conseguì l'uni-

tà nazionale, riunendo

in un solo nuovo Stato -

il Regno d'Italia - tutti

i precedenti Stati preu-

nitari. Nel cosiddetto

biennio delle riforme

(1846-1848), dopo il

fallimento dei moti rivo-

luzionari mazzinia-

ni,nascono i progetti

politici dei liberali come

Massimo d'Azeglio e

Vincenzo Gioberti. Gli

anni 1847-1848, definiti

la "Primavera dei po-

poli", videro lo sviluppo

di vari movimenti ri-

voluzionari. In Italia fu

decisiva la decisione del

Regno di Sardegna di

farsi promotore dell'uni-

tà italiana. Nominato

presidente del Consiglio

dei ministri nel 1852,

Cavour poté mettere

mano alla realizzazione

del suo progetto politico

per l'indipendenza

italiana. Egli sosteneva

che solo il Piemonte

poteva realizzarla, per-

ché non era sottomesso

all' Austria (come inve-

ce erano i Borboni di

Napoli, il granduca di

Toscana, i duchi di Mo-

dena e di Parma); solo

il Piemonte, inoltre, po-

teva garantire alle mo-

narchie europee che

l'Italia non si sarebbe

spinta troppo in là,

verso ideologie de-

mocratiche e radicali.

Qualche anno più tardi

l'elemento decisivo

verso l'unità fu la Spe-

dizione dei Mille gari-

baldina. Mille volontari,

soprattutto delle regio-

ni settentrionali e cen-

trali d'Italia, che parti-

rono da Quarto, in Li-

guria, sbarcando in

Sicilia, presso Marsa-

la, e conquistando il

Regno delle Due Si-

cilie, permettendone

l'annessione al nascen-

La lunga strada Italiana verso il 1861 1-4

Eroine del risorgimento calabrese 2-3

Centocinquantavolte ITALIANI 4

Dal salotto alla stampa: le donne colte nel periodo risorgimentale italiano 4-5-6

Dal matrimonio al Convento, percorsi femminili nella Calabria unitaria 6-7

Il Dono del Sangue 8

Le stampe popolari del Risorgimento Italiano 8-9-10

Le prime guardie d’onore a Reggio Calabria 10-11-12

Le tappe più significative dell’Unità d’Italia 13

Il Risorgimento in Calabria 14-15

La musica nel Risorgimento Italiano 18-19

Il Brigantaggio nel Risorgimento Italiano 20-21

La lingua Italiana al momento della proclamazione dell’Unità d’Italia 22

Filatelia:emissioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia 23

Sommario: Pagg.Sommario: Pagg.

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l’unità d’Italia

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La lunga strada Italiana verso il 1861La lunga strada Italiana verso il 1861

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In tempi recenti l’impegno

politico per la lotta alla mala-

vita organizzata in Calabria

ha visto sviluppare una serie

d’iniziative mirate a rivaluta-

re il ruolo della donna nella

società calabrese. Al tempo

stesso sono state avviate

diverse ricerche storiche sul-

la condizione delle donne

nella Calabria tra Settecento

e Ottocento che consentono

di guardare in modo diverso

alla loro storia e al ruolo che

esse hanno avuto nel Risor-

gimento italiano. D’altronde,

sia da madri, mogli o figlie,

le donne hanno sempre fatto

la storia. L’hanno fatta trop-

po spesso escluse dal mondo

esterno, riparate dalle mura

domestiche, entro le quali al

termine di lunghe ed este-

nuanti giornate di lavoro,

duro e non riconosciuto,

hanno raccolto le forze per

dare un’educazione alle ge-

nerazioni future. La loro e-

mancipazione avrebbe dovu-

to essere l’obiettivo di tutti,

perché ieri, come oggi, essa

rappresenta il punto di par-

tenza e la base per il cam-

biamento. La lunga marcia

dell’emancipazione femmini-

le in Calabria è stata partico-

larmente dura e difficile; ma,

a costo di disagi e sofferen-

ze, forza e determinazione

che sono proprie delle donne

calabresi, hanno dimostrato

di poter superare

qualsiasi volontà

di emarginazione.

Lo scarso livello

culturale genera-

lizzato, la presen-

za di grandi pro-

prietari terrieri particolar-

mente retrogradi e nemici

d’ogni cambiamento, un si-

stema di conduzione della

terra attraverso figure che

non esitavano a ricorrere a

forme di violenza per battere

ogni tentativo di migliorare

le condizioni dei braccianti.

La sopravvivenza di pregiu-

dizi morali, di costume e reli-

giosi sono oggi considerati le

cause principali di arretra-

tezza e sottomissione nel

territorio calabrese. All’epoca

la mentalità della gente era

ancora, in larga misura,

chiusa e limitata; ma in Ca-

labria la situazione delle

donne era aggravata dalle

particolari condizioni

d’arretratezza, che impedi-

vano loro di svolgere qualsi-

asi professione e, soprattut-

to, l’accesso all’istruzione.

Non sorprende quindi che

nella Calabria ottocentesca

emergono poche figure fem-

minili che abbiano avuto una

parte attiva nelle vicende

storico-politiche di quel peri-

odo; tuttavia, bisogna rico-

noscere che, pur tra tante

difficoltà alcune donne cala-

bresi collaborarono al fianco

del proprio uomo alla lotta

per l’unità italiana. Svolsero

un ruolo non molto appari-

scente e certamente mode-

sto rispetto a quello di più

ben note eroine risorgimen-

tali, ma non per questo me-

no importante. Nel periodo

risorgimentale, infatti, anche

le madri, le mogli, e le sorel-

le dei patrioti calabresi si

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Eroine del risorgimento calabrese Eroine del risorgimento calabrese cont. Pag 3cont. Pag 3

AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA

Una bella immagine di Dama di fine 800

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AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA

trovarono coinvolte in azioni

cospirative, svolgendo con

alto senso di coraggio com-

piti di messaggere, procac-

ciatrici di cibo, armi e muni-

zioni, ed adoperandosi anche

per il reclutamento di volon-

tari. Esse assicuravano un

sicuro nascondiglio ai loro

congiunti ricercati dai Borbo-

ni e per quelli prigionieri e

condannati a commutazione

della pena, dovevano soste-

nere enormi spese, vendeva-

no l’intero patrimonio fami-

liare. Molte patirono pure il

carcere, a seguito di dure

condanne per cospirazione e

favoreggiamento. La parteci-

pazione delle donne al Risor-

gimento, tranne pochi casi di

donne illustri, non emerge

certamente dai libri di scuola

ed affermare oggi che i moti

risorgimentali coinvolsero in

Calabria decine di donne o

meglio eroine può sembrare

senza fondamento, poiché

nessuno sa della loro esi-

stenza e il nome di Caterina

Plutino in Griso o Giu-

seppina Nicotera Musoli-

no ai più non dice nulla.

Le fonti d’informazione

sulla loro vita e sul loro

ruolo d’altronde sono

molto ristrette. Solo

poche tracce di loro re-

stano nelle memorie e

rappresentazioni degli

eventi di quegli anni,

poiché negli apparati

istituzionali le donne

erano escluse e le nor-

me giuridiche e culturali

dell’epoca imponevano

che, anche se forti e

influenti, esse restasse-

ro celate dietro il sog-

getto maschile che le

rappresentava sulla scena

pubblica. Le incontriamo pe-

rò nella memoria dei familia-

ri e di tutti quelli che le han-

no conosciute. Sia Mazzini

sia Garibaldi non esitarono a

riconoscere il loro multiforme

contributo alla lotta per la

causa nazionale, definendole

come madri dei patrioti. Ini-

ziamo

allora,

traccian-

do un

ammire-

vole ri-

tratto di

Vincenza

Morabito

Romeo,

definen-

dola una

santa

donna,

che del

marito

Stefano

Romeo

conobbe i palpiti, i dolori, le

condanne a morte, l’esilio.

Alla luce di tali considerazio-

ni è evidente, quindi, che il

nome di Vincenza Morabito è

stato strettamente legato

alla memoria del marito Ste-

fano Romeo (1819-1869)

che più volte condannato a

morte dai giudici borbonici,

sacrificò la giovinezza ed i

suoi averi per la causa della

libertà. Un discendente ne

ha voluto persino ricostruire

la storia, affinché il ruolo

importante che essa svolse

nel risorgimento non fosse

dimenticato. Un’altra figura

di donna legata alla storia

del risorgimento in Calabria

è rappresentata da

Caterina Plutino in

Griso, nata a Reg-

gio Calabria nel

1806 da Fabrizio

Plutino e Caterina

Nesci. Rimasta or-

fana all’età di quin-

Pagina 3

Da pag. 2 Da pag. 2 Eroine del risorgimento calabreseEroine del risorgimento calabrese Cont. Pag. 4Cont. Pag. 4

Soldati durante un assalto con il tricolore in mano

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dici anni, la giovane Caterina

si dedicò tutta alla casa ed ai

fratelli Antonio e Agostino

nelle loro battaglie anti-

borboniche. Dopo un breve

periodo d’esilio a Malta, nel

1848 i fratelli Antonio e Ago-

stino Plutino rientrarono in

Calabria, ma furono arrestati

e condannati a morte. Cateri-

na fece il possibile per farli

tutti scagionare, ma riuscì

soltanto a salvare la vita al

proprio marito e al padre. In

ogni occasione assistette, aiu-

tò, confortò i suoi fratelli co-

me fece con molti altri perse-

guitati politici che in casa sua

trovarono asilo sicuro; tenne

riunioni segrete. Arruolò vo-

lontari e li fornì di armi. Cate-

rina Cavasso De Lieto nacque

a Reggio Calabria nel 1813.

Durante la rivolta antiborboni-

ca del 1847 il marito che vi

aveva preso parte attiva fu

arrestato il 13 settembre, per

Pagina 4 AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA

essere giu-

dicato in

direttissima

il giorno

seguente

dalla com-

missione

militare,

dopo la fu-

cilazione dei

ribelli che

erano stati

prima arre-

stati e pro-

cessati. La

città di Reg-

gio era in

stato

d’assedio, e

perciò dopo

l’imbrunire

era vietata

la circola-

zione per le strade; cionono-

stante, per nulla sgomenta,

Caterina Cavasso uscì quella

notte per andare ad implorare

al Re la grazia per il marito,

facendo commutare la pena di

morte a trent’anni di carcere

ai ferri. Marco Carnà 5AM

Da pag. 3 Da pag. 3 Eroine del risorgimento calabreseEroine del risorgimento calabrese

Da pag. 1 Da pag. 1 La lunga strada Italiana verso il 1861La lunga strada Italiana verso il 1861

te stato italiano. Garibaldi,

procedendo di vittoria in vitto-

ria, (Palermo, Milazzo, Reggio

Calabria), entra trionfalmente

a Napoli, (7 settembre). Vitto-

rio Emanuele II, sconfigge

l’esercito pontificio a Castelfi-

dardo e, il 26 ottobre 1860,

s'incontra a Teano con Gari-

baldi. Il 17 marzo 1861 vie-

ne proclamato il

regno d'Italia. Il

primo atto del

nuovo parla-

mento italiano

(17 marzo 1861)

fu la proclama-

zione del regno d'Italia con

capitale a Torino. Per comple-

tare l'unità del paese manca-

vano soltanto Roma e il Ve-

neto.

2011

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AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA Pagina 5

Il 17 marzo 2011 è la data

che spinge tutti gli italiani a

riflettere su ciò che è stata

la storia del nostro Paese.

La logica ci porta a pensare

a un Popolo unito da senti-

menti comuni, quegli stessi

sentimenti che hanno ani-

mato moti, rivoluzioni e

guerre per inseguire l’ideale

di un’Italia unita. Gli uomini

che hanno fatto la storia del

nostro paese, non sono ri-

cordati però tutti allo stesso

modo, certo non possono

essere riconosciuti eroi na-

zionali come Garibaldi Ca-

vour o Mazzini ma, nel loro

piccolo sono anch’essi degli

eroi; sto parlando di: Raffa-

ele Piria, i fratelli Plutino, il

tenente Panella molto vicino

a noi poiché, ancora studen-

te partecipò alla quarta

guerra d’indipendenza, ma

potrei citarne tanti altri, in-

somma sto parlando di pa-

trioti meridionali. Ogni zona

d’Italia ha i propri patrioti,

perché tutti nel proprio pic-

colo hanno partecipato

all’indipendenza e all’unione

di questo Popolo (se popolo

si può chiamare!). “Fatta

l ’ I t a l i a

b i s o g n a

fare gli

I ta l ian i ”

d i s s e

q u e s t a

massima

Massimo

D’Azeglio

che, an-

cora oggi

t r o v a

f o n d a -

m e n t o

nel pen-

siero di

m o l t i .

L ’ I t a l i a

c o m e

p o p o l o

non è

mai stato

unito poiché differenze cul-

turali, economiche, sociali e

politiche ci hanno sempre

diviso. C’è da domandarsi

c o m e m a i d o p o

centocinquant’anni non si è

ancora raggiunta l’unione. Il

nostro è il Paese della criti-

ca, ognuno di noi ha da cri-

ticare qualcuno e tante volte

si aggrappa a discriminazio-

ni infondate che una popola-

zione “unita” dovrebbe evi-

t a r e .

Anche i

no s t r i

giorna-

li non

pubbli-

cano di

m e -

g l i o ,

pur di

“ f a r e

n o t i -

z i a ”

gonfiano a dismisura i pro-

blemi del nostro paese, ci

mostrano agli altri sotto una

prospettiva spesso tragi-

comica, e non va bene! “Noi

fummo da secoli calpesti

derisi, perché non siam po-

poli, perché siam divisi”

scrisse Mameli… e tutt’oggi

non facciamo altro che

“essere derisi” da tutte

quelle popolazioni che ci

invidiano sì una bella nazio-

ne come la nostra, ma che

ringraziano Dio di essere

nati nella loro. Che

quest’anniversario illumini le

menti di tutti noi, che ci aiu-

ti a mettere da parte i pre-

g i u d i z i p e r

un’Italia migliore

in ricordo anche

di tutti i martiri

del risorgimento.

Francesco Iaria Francesco Iaria

4BM4BM

Centocinquantavolte ITALIANICentocinquantavolte ITALIANI

Giuseppe Garibaldi

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Pagina 6 AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA

Dal salotto alla stampa: Dal salotto alla stampa: Cont pag 5Cont pag 5

Durante il Risorgimento, il

giornalismo gioca un ruolo

fondamentale nella divulga-

zione degli ideali mazziniani

e la stampa internazionale,

insieme con quella italiana,

partecipa a uno straordinario

movimento d’idee che supe-

ra i confini della tradizione

letteraria e dell’intero siste-

ma culturale. L’importanza

che svolge la stampa

nell’ambito della rivoluzione

italiana ha messo in luce il

ruolo dello scrittore-

giornalista. La figura dello

scrittore/letterato in questa

contingenza si trasforma,

infatti, in scrittore/scienziato

sociale che negli articoli che

scrive per i giornali mostra

un’apertura verso soggetti

nuovi. La questione meridio-

nale, il pauperismo, la con-

dizione dell’infanzia e una

sensibilizzazione più forte

nei confronti di particolari

problematiche, come la con-

dizione delle donne,

l’istruzione popolare, il siste-

ma penitenziario.

Nell’ambito di questa nuova

categoria di scrittore-

giornalista si muovono alcu-

ne figure femminili fonda-

mentali, come per esempio

Cristina Trivulzio di Belgioio-

so (1808-1871), Maria Tere-

sa Serego Alighieri Gozzadini

(1812-1881)

e la più gio-

vane Jessy

White Mario

(1832-

1906). Le

prime due

furono don-

ne abituate

a vivere sin

da giovani

sotto

l’influsso

d’intellettuali

e patrioti

carbonari, e

giunsero al

giornalismo

da adulte,

sospinte dal

loro patriot-

tismo militare; mentre la

terza era già una giornalista

quando giunse in Italia, in-

viata come corrispondente

del “Daily News” e durante il

suo soggiorno italiano, co-

nobbe molti patrioti, tra cui

Carlo Pisacane, Agostino

Bertani e Alberto Mario che

lo entusiasmarono per la

causa italiana. Dalla biogra-

fia di Cristina Trivulzio di

Belgioioso si evince quanto

fu lungo e faticoso il percor-

so che la portò a diventare

una giornalista e letterata.

Nel 1845 fondò a Parigi due

periodici d’orientamento li-

berale “la Gazzetta Italiana”

e

“L’Ausonio”, ove accanto a

scritti del Manzoni e del Vico

diffuse notizie sulla realtà

sociale della Lombardia. Nel

febbraio 1848, mentre si

trovava a Napoli tra la folla

che festeggiava la pubblica-

zione della Costituzione, le

giunse la notizia che Carlo

Alberto aveva concesso lo

Statuto, e dopo aver raccol-

to un gruppo di volontari,

partì alla volta di Milano,

dove sostenne anche attra-

verso la stampa, la causa

della fusione col Piemonte.

Maria Teresa Serego Alighie-

ri detta Nina affrontò nella

sua vita un forte momento

di sconforto, ma fu proprio

in questo periodo che inizia-

rono a germogliare in lei le

prime idee del patriottismo

militare. Entrò in amicizia

con Livio Zambeccari, uno

dei componenti della

“Giovine Italia” bolognese, e

ne fece parte impegnandosi

La Contessa di Castiglione

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per assisterlo personalmen-

te, ma durante i combatti-

menti non ebbe più notizie

del fratello. Molte altre però

furono le donne colte italia-

ne che, mantenendo una

fitta corrispondenza o pub-

blicando altri scritti, non solo

contribuirono alla causa ita-

liana, ma lasciarono

un’importante testimonianza

della so-

cietà e

degli av-

venimenti

del loro

tempo.

Oltre alle

già citate

donne

illustri, va

ricordata

Lauretta

Cipriani

Parra

(1795-

1869) che

per quasi

un tren-

tennio, dal

1833 al

1862, eb-

AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA Pagina 7

Da pag 4 Da pag 4 le donne “colte” nel periodo risorgimentale italianole donne “colte” nel periodo risorgimentale italiano

attivamente nel

gruppo. Quando le

1843, ci furono le

prime rivolte a Bo-

logna, Maria Tere-

sa si legò alla città,

giurando che non

l’avrebbe più ab-

bandonata e fu

anche l’ideatrice di

una nuova forma

di lotta politica che

prevedeva lo scio-

pero di tutta la

popolazione. Dopo

il rientro di Gari-

baldi dall’Uruguay, Nina in-

cominciò a raccogliere fondi

e a spronare i giovani alla

lotta, raccogliendo volontari

nella propria casa sfaman-

doli ed equipaggiandoli. Pur-

troppo la disfatta di Novara

le tolse ogni speranza. Sa-

puto del ferimento di Massi-

mo d’Azeglio, si adoperava a

farlo ricoverare a Bologna

be una fitta corrispondenza

col marito Giuseppe Monta-

nelli. Dalle quattrocento let-

tere rimaste emerge il per-

corso biografico dei coniugi

Montanelli, intersecato dalla

partecipazione al progetto

unitario perché in queste

lettere essi riferiscono, com-

mentano, propongono, ri-

flettono su tutti gli avveni-

menti contemporanei, evi-

denziando le emozioni e le

esperienze fatte, dalla vita

nei salotti pisani all’attività

cospirativa, dalle guerre

d’indipendenza ai progetti

istituzionali per la Toscana.

In particolare, però, dalle

lettere di Lauretta Cipriani

Parra traspare il ritratto di

una donna attiva ad appas-

sionata, sincera e anticon-

formista, sempre disposta a

lottare per le

proprie idee e

per quelle del

marito, cui fu

sempre accan-

to. Romeo Giu-Romeo Giu-

seppe classe seppe classe

4AM4AM

Un’immagine del municipio di Trieste illuminato con tricolore

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Pagina 8 AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA

Dal matrimonio al Convento, percorsi Dal matrimonio al Convento, percorsi

femminili nella Calabria unitaria. femminili nella Calabria unitaria. Cont pag 9Cont pag 9

Recenti studi hanno eviden-

ziato che nella rappresenta-

zione della famiglia meridio-

nale la donna ha sempre

occupato un posto molto

ambiguo e pieno di sfaccet-

tature; oppressa come mo-

glie, è stata invece sempre

sacralizzata come madre. In

un sistema patriarcale essa

abita nella casa del padre o

del marito solo a titolo vitali-

zio, perché questa non le

appartiene mai veramente;

eppure nei confronti dei figli,

prima, e dei nipoti, poi, essa

gode nell’ambito familiare di

una posizione di gran presti-

gio. Fin da piccole i destini

delle donne, ed in particolare

di quelle calabresi, erano

segnati; la loro stessa edu-

cazione ed istruzione erano

finalizzate a quello che dove-

va rappresentare poi il fulcro

della loro vita: il matrimonio.

All’infuori del vincolo matri-

moniale vi era la clausura

nel convento o un’intera esi-

stenza al servizio di fratelli e

nipoti. La

maternità era

notevolmen-

te valorizza-

ta, poiché la

madre era

esempio e

insegnamen-

to per i figli.

Per la mag-

gior parte

della popola-

zione femmi-

nile calabre-

se

d’estrazione

contadina,

però, restava il problema di

accumulare durante

l’adolescenza una somma

destinata al matrimonio o

d’imparare un mestiere con

cui tirare avanti. Le donne di

campagna e di città che si

offrivano sul mercato non

erano state mai cosi nume-

rose quanto nel XIX secolo,

tuttavia poche riuscivano ad

assicurarsi da sole

l’autosufficienza o

l’indipendenza economica a

lungo termine. La loro spe-

ranza era il matrimonio con

un uomo che le avrebbe aiu-

tate a mettere su una fami-

glia, assicurandone cosi il

sostentamento nella vecchia-

ia. Numerose ragazze prove-

nienti da famiglie aristocrati-

che ma anche borghesi, con-

senzienti o meno, entravano

in convento intorno ai quat-

tordici anni, per trascorrervi

una vita intera

dedicata alla me-

ditazione e alla

preghiera. Desti-

nare una figlia al

convento rispon-

deva, infatti, ad

un sistema di pia-

nificazione fami-

liare diffuso anche

in Calabria, per-

ché serviva ad

impedire la di-

spersione di un

patrimonio desti-

nato in genere al

primogenito. Gli Alcune donne nel convento

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AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA Pagina 9

istituti d’assistenza

soccorrevano i mala-

ti, gli orfani, gli an-

ziani, gli abbandona-

ti, ma non davano

alcun aiuto a chi era

sano e forte al di

fuori della struttura

familiare. La famiglia

non garantiva di cer-

to la sicurezza, ma il

restarne senza, met-

teva le donne a ri-

schio, per questo

nell’Ottocento, come

già nel secolo prece-

dente, le vedove e le

donne sole ai livelli inferiori

della scala sociale dipende-

vano dall’assistenza pubbli-

ca. Un tempo, la donna cala-

brese conduceva vita ritirata

ed usciva accompagnata dai

familiari per recarsi in Chiesa

ad ascoltare la Messa; e in

tale circostanza l’era conces-

so di sfoggiare i suoi abiti

migliori, e di ornarsi il petto

e le orecchie con collane e

pendenti d’oro. La donna dei

ceti popolari si accontentava

di poco e, anche se povera,

mostrava orgoglio della pro-

pria condizione sociale; oltre

che per recarsi in Chiesa,

Da pag 8 Da pag 8 Dal matrimonio al Convento, percorsi Dal matrimonio al Convento, percorsi

femminili nella Calabria unitaria.femminili nella Calabria unitaria.

usciva da casa per andare a

lavare il bucato nel fiume o

per fare provvista d’acqua

potabile alla pubblica fonta-

na. Sin dall’infanzia, secondo

la posizione sociale della sua

famiglia, era indirizzata ad

apprendere il lavoro dome-

stico o quello dei campi, do-

ve finiva col sostituire spesso

l’uomo quando questo era

costretto a emigrare per lon-

tani paesi, spinto dalla spe-

ranza di una fortuna migliore

e dal desiderio di fornire una

più conveniente comodità di

vita alla propria famiglia.

Sottoposta all’autorità ma-

schile, la donna era dunque

sottratta di solito alla scuola,

non essendo per altro

l’istruzione femminile ap-

prezzata, ma piuttosto consi-

derata un mezzo di corruzio-

ne morale, o quanto meno,

un inutile apprendimento di

cultura. La dote era ritenuta

un bene indispensabile, sen-

za il quale la donna non po-

teva aspirare al matrimonio,

tant’è che per le ragazze

povere intervenivano gli isti-

tuti caritatevoli che avevano

il compito di costituire doti e

far si che anche a loro fosse

data l’opportunità di maritar-

si. La donna non poteva con-

trarre, né compiere alcun

atto della vita civile senza il

consenso del padre e poi del

marito. Ad una vita trascorsa

tra le pareti domestiche, co-

me mogli, madre e figlie, le

donne avevano solo il con-

vento come dignitosa possi-

bilità alternativa. Tutte le

città italiane avevano visto

sorgere numerosi conventi

femminili, che accoglievano

giovani donne nobili ma an-

che d’estrazione sociale più

modesta, pagando una dote

molto inferiore a

quella necessaria

per fare un buon

matrimonio.

Il popolo per le strade durante le manifestazioni

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Pagina 10 AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA

Donare…. dovremmo riflet-

tere molto su questa sempli-

ce parola. Donare per noi

cristiani dovrebbe essere un

principio cardine: Cristo ha

donato per noi il suo corpo

ed il suo sangue. Eppure

nella società di oggi assistia-

mo sempre ad eventi di in-

Il dono del sangueIl dono del sangue

differenza e cattiveria estre-

ma. Oggi viviamo in un mon-

do in cui il merito non è qua-

si mai gratificato e va aventi

solo chi scende a compro-

messi. Ancora nel 2010 la

nostra è una realtà in cui il

dono del sangue, che è un

gesto semplice e gratuito

d’amore per l’altro, vie-

ne visto da molte per-

sone come qualcosa di

poco importante o peg-

gio non suscita

nient’altro che indiffe-

renza. Fin da bambino

sento parlare dell’AVIS

(associazione per la

donazione del sangue),

ed ho assistito anche a

molte sue encomiabili

iniziative. Mi accorgo

spesso che ancora sono

troppo poche le perso-

ne coinvolte in questo

gesto d’amore. Il vero

problema è che do-

vremmo svegliarci dal

torpore della vita quoti-

diana. Dovremmo ren-

derci conto che tutti

siamo chiamati a fare questo

o altri gesti, perché ci sono

persone che hanno bisogno

della nostra solidarietà, se è

verità che nel povero,

nell’ammalato, nel bisognoso

c’è Gesù, è proprio a Lui che

dobbiamo dimostrare qual-

cosa. Tutti siamo liberi citta-

dini e possiamo credere libe-

ramente a ciò che riteniamo

più giusto. Come cittadini,

però tutti abbiamo diritti e

doveri e quindi come po-

tremmo chiedere aiuto in

caso di necessità, se noi per

primi non ne dessimo! Quin-

di è un nostro dovere sotto

ogni aspetto e soprattutto è

un atto che arricchisce noi

stessi di umana pietà. Forse

il modo per stabilire la pace

per non vivere nell’ipocrisia è

proprio questo. Così sulla

base di valide scelte, la no-

stra vita non sarebbe carat-

terizzata da inutili banalità,

ma riusciremo ad arricchire

di autentico significato la

nostra esistenza. Articolo a

cura di Caridi Matteo 4CT Caridi Matteo 4CT

Le stampe popolari nel risorgimento Italiano Le stampe popolari nel risorgimento Italiano cont pag 11cont pag 11

Noi oggi viviamo in una

società in cui predomina

l’immagine televisiva e ci-

nematografica. Le notizie,

ed i resoconti ci arrivano

attraverso la televisione.

Questo mezzo si è diffuso

ovunque e ci porta diretta-

mente in casa immagini da

tutto il mondo. Nell’800

non era così. I fatti e le

idee si apprendevano attra-

verso la stampa e le illu-

strazioni. La tiratura dei

giornali del tempo, nei ro-

manzi, nelle stampe e nei

calendari, nella satira poli-

tica, nelle figurine popolari

era enorme, in una dimen-

sione oggi dimenticata. O-

gni giornale pubblicava a

puntate una piccola appen-

dice costituita da un ro-

manzo ricco di fatti, di av-

venture. Di amori. Esso

veniva seguito dai lettori

con lo stesso entusiasmo

che oggi risentono le tele-

novele. Le illustrazioni a

colori o in bianco e nero, le

stampe satiriche e politi-

che, i ritratti dei personaggi

o degli avvenimenti del Ri-

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AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA Pagina 11

sorgimento ebbero altret-

tanta fortuna. Tutte le fa-

miglie borghesi, ma molte

anche del popolo, ebbero le

proprie stampe patriottiche

incorniciate e appese al

muro: Garibaldi, Cavour,

Mazzini, Vittorio Emanuele

II, Carlo Alberto in esilio,

episodi delle cinque giorna-

te di Milano, o delle insur-

rezioni di Brescia, Roma,

Venezia. Garibaldi fu il più

raffigurato in assoluto e la

sua immagine, in circa 10

anni, venne diffusa in altre

due milioni di stampe. Il

giornale satirico piemonte-

se “Il

Fischiet-

to”, ap-

parso

per la

prima

volta nel

1848, fu

uno tra i

più ani-

mati del

suo tem-

po e le

vivaci

Da pag 10 Da pag 10 Le stampe popolari Le stampe popolari cont pag 12cont pag 12

polemi-

che che

da esso

scaturi-

rono ma

tardaro-

no a

raggiun-

gere un

vasto

pubblico.

I giovani

spesso

lo colpi-

rono se-

veramente e i caricaturisti

divennero, però,

famosi ma meno

dei giornalisti ri-

nomati dalla firma

prestigiosa. Tra i

più vitali giornali

satirici dell’epoca

sono da ricordare

”L’ Arlecchino” di

Napoli, “Lo spirito

Folletto” di Mila-

no,”Il Lampione”

d Firenze, che

ebbe tra i suoi

collaboratori Carlo

Lorenzini (il vero

nome di Collodi

L’autore di

“Pinocchio”) In queste pa-

gine si possono vedere al-

cuni esempi di stampe po-

polari del risorgimento.

Nella figura N.1 un garibal-

dino e un bersagliere cer-

cano di sfilare ad un solda-

to austriaco il Veneto e il

Tirolo. La stampa N.2 è

una allusione alle glorie

della Grecia che la raffigura

libera, in atteggiamento

fiero. Bellissima è la foto-

grafia a colori che allude ad

un episodio delle 5 giornate

di Milano (figura 3). Essa

raffigura una barricata di

Milano, con uomini e donne

che combattono intorno al

Tricolore italiano. Le figure

(4 e 5 pagine 10) fanno

parte di due stampe satiri-

che contro i soldati austria-

1

3

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Pagina 12 AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA

ci raffigurati come un maiale

e un tacchino. Nella figura

(6) è rappresentato un bel-

lissimo calendario del 1860

con alcune scene curiose. In

basso a sinistra, Vittorio E-

manuele è festeggiato dalle

regioni italiane annesse al

nuovo regno d’Italia, che

danzano intorno al Re e al

Tricolore. A destra,

invece, bersaglieri e

soldati francesi ba-

stonano un soldato

austriaco.

Da pag 11 Da pag 11 Le stampe popolari nel risorgimento Le stampe popolari nel risorgimento

Le prime guardie d’onore a Reggio Calabria Le prime guardie d’onore a Reggio Calabria cont pag 13cont pag 13

Reggio Risorgimentale Reggio Risorgimentale

Alla morte di Francesco I succede al trono di Napoli il figlio Ferdinando II. Il giovane Monarca,

sorretto dall’entusiasmo della sua giovane età, mostrò subito di voler dare un’impronta moderna

alle Istituzioni. Incominciò, cosi, a riformare e consolidare le finanze, riorganizzare e potenziare

l’esercito rendendo più efficienti le forze armate del suo regno non solo per garantire maggiore

sicurezza interna allo Stato, ma anche per allontanare le ingerenze straniere. Queste prime inizia-

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AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA Pagina 13

tive accesero le speranze del-

le povere popolazioni meridio-

nali emarginate, che attesero

fiduciose l’inizio di tempi mi-

gliori e guardarono al giovane

Sovrano come al modello ri-

formatore, il quale si mostrò

propenso ad emanare provve-

dimenti di perdono a favore

dei condannati e degli esuli

politici. Nell’intento di rendersi

conto personalmente della

reale situazione della Cala-

bria, il Re intraprendeva il suo

primo viaggio ed il 31 Luglio

1831 giungeva a Reggio Cala-

bria. L’eccezionale evento è

stato scritto da uno storico del

tempo, Guarna Logoteta che

ha sottolineato come tutti gli

abitanti accorsero a festeggia-

re il Re, il quale visitò anche il

Castello ed altri pubblici luo-

ghi. In occasione della sua

venuta, fu solennemente ac-

colto dalle autorità locali rap-

presentate dal Sindaco,

dall’Intendente, dal Coman-

dante del Presidio Militare,

con accanto ventidue Guardie

a cavallo, formate da giovani

appartenenti alle famiglie ari-

stocratiche reggine come i

Musitano, i Laboccetta, i Ne-

sci, I Molinaro, i Plutino ed

altri, che, volontariamente,

avevano chiesto di essere gli

autorizzati ad indossare una

divisa per fare la guardia del

corpo al nuovo Monarca du-

rante la sua permanenza in

città. L’uniforme era di colore

blu con le mostrine rosse, il

cappello fregiato con ricami

d’argento, e faceva parte del

corredo anche una coccarda,

la spada o la sciabola.

L’iniziativa per questa nuova

formazione militare, atipica

per quei tempi, era accolta

favorevolmente negli ambienti

aristocratici reggini tanto è

vero che qualche mese dopo

fu trasmessa una petizione al

Sovrano affinché gli stessi

componenti della “Guardia”,

fossero autorizzati ad indos-

sare la divisa nelle solenni

ricorrenze e nelle feste di ga-

la. La domanda veniva accolta

dal Ministero della Guerra e

cosi la stessa Guardia d’onore

farà bella mostra di sé ancora

una volta, due anni dopo

(1833) quando Ferdinando II

ritornerà a Reggio. Un altro

schieramento di cavalieri mol-

to più numeroso rese gli onori

a Ferdinando II in occasione

della sua terza visita a Reg-

gio. Accolto da grandiosi fe-

steggiamenti, il suo corteo fu

fatto passare sotto diversi

archi di Trionfo

addobbati so-

prattutto nel

Rione Santa

Caterina e

sull’Annunziata.

Il Sovrano, vo-

lendo premiare

lo zelo dei suoi

sudditi che a

Reggio gli ave-

vano tributato

tale forma di

omaggio, ema-

nava un Decreto

con il quale san-

civa la forma-

zione degli

“Squadroni Pro-

vinciali di Guar-

die D’onore”.

Venivano, cosi,

istituiti ufficial-

mente otto Squa-

droni Provinciali di Guardie

D’onore, più uno per la Capi-

tale. Ogni singolo Squadrone

era composto da: un capo

squadra, quattro capi plotone,

un primo sergente, un foriere,

dodici caporali, centoventi

guardie. Essi dipendevano dal

Ministero della Guerra ed era-

no diretti da un Comandante

superiore, ed il primo a rico-

prire tale incarico fu il Gene-

rale Giuseppe Ruffo. Secondo

la Legge potevano accedere al

“Corpo”, gli aspiranti che a-

vessero compiuto i 17 anni

d’età e non superato i 40. I

volontari dovevano essere

nelle condizioni di potersi

mantenere un buon cavallo da

sella e di provvedere a pro-

prie spese alla confezione del-

le uniformi. Solo più tardi il

Sovrano estese tale privilegio

Da pag 12 Da pag 12 Le prime guardie d’onore a Reggio CaLe prime guardie d’onore a Reggio Calabria labria

Cont pag 14 Cont pag 14

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Pagina 14 AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA

anche ai funzio-

nari dello Stato

ed ai ricchi mercanti. Le prime

domande di arruolamento

giunsero dalla provincia di

Reggio tanto che Ferdinando

II sentirà il dovere di decreta-

re una lode alla Calabria Ultra‐

Prima (cosi si chiamava Reg-

gio a quei tempi) per il mas-

siccio arruolamento. A Reg-

gio, nella casa di De Lieto,

facoltoso esportatore di agru-

mi ed essenze, all’inizio del

1847 si incontravano frequen-

temente i maggiori attivisti

liberali come Antonio Cimino,

Federico Genovese, Domenico

Murata, Paolo Pellicano, Ago-

stino Plutino, Andrea Romeo.

Era una cospicua schiera di

uomini appartenenti a fami-

glie del patriziato, della bor-

ghesia agraria, del ceto pro-

fessionale e artigianale. Tra

costoro emergevano alcuni

studenti che frequentavano l’

Università di Napoli, Messina

e Palermo: giovani pieni di

idee nuove e desiderosi di

radicale mutamento della si-

tuazione politica. In città, in-

tanto affioravano le prime

voci che gli eventi erano dav-

vero maturati per abbattere il

regime oppressivo, mentre in

molti si accendeva

l’entusiasmo e la speranza di

un’era nuova di progresso e

riscatto. Il 21 Luglio del 1847

l’intendente della Calabria

Ultra Pri-

ma, tra-

smetteva

un primo

rapporto

al Mini-

stro della

Polizia nel quale si

affermava

sull’esistenza di riu-

nioni segrete e sulla

preparazione di piani

per sovvertire l’ordine

pubblico. Romeo era il

massimo esponente

del progetto rivoluzio-

nario perché Reggio e

Messina erano già

scese in campo. Ma il

disegno rivoluzionario

presto falliva e Rome-

o, catturato, veniva decapita-

to e la sua testa esposta per

due giorni nel cortile del car-

cere reggino. Frattanto la ri-

volta si estendeva nella pro-

vincia reggina ma il Comando

delle Armi di Reggio comuni-

cava che alcuni individui do-

vevano essere radiati dal ser-

vizio di Guardia d’Onore per-

ché avevano preso parte

all’insurrezione del 1847. Essi

erano: Agostino

Plutino, Mantica, De

Blasio ecc … Sono i

primi reggini che

con devozione o

fanatismo avevano

servito la causa del-

la dinastia borboni-

ca dalla quale ave-

vano operato nella

realizzazione di uno

Stato moderno e

costituzionale; in

seguito, delusi, ave-

vano reagito, tra-

mando contro un

regime rivelatosi

poliziesco e tiranno,

aderendo perciò alla

causa liberale. Tra

costoro si distinse

Agostino Plutino,

capo della rivolta reggina.

Fallito il movimento rivoluzio-

nario, Plutino fu costretto a

riparare a Malta e a Marsiglia,

da dove passò poi a Torino.

Dalla città piemontese prepa-

rò, con l’aiuto della famiglia

Nesci l’arrivo di Garibaldi in

Calabria. Insieme ai fratelli

Plutino collaborarono i Melis-

sari, Domenico Genovese Zer-

bi con i fratelli Nesci.

Le prime guardie d’onore a Reggio Calabria Le prime guardie d’onore a Reggio Calabria

Da pag 13Da pag 13

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AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA Pagina 15

commercianti, imprenditori,

professionisti, intellettuali),

con i loro interessi di sviluppo

economico, si sentirono più

rappresentati e ne indirizzaro-

no le scelte. Questi ceti bor-

ghesi sostennero il Risorgi-

mento perché interessati alla

ripresa economica e alla liber-

tà commerciale; essi deside-

ravano l’abolizione delle bar-

riere doganali, mal sopportan-

do le pesanti imposizioni fi-

scali dei governanti. Solo in

alcuni momenti, come nel

1848 a Venezia e a Milano,

artigiani e operai presero par-

te attiva alla lotta. Proprio per

lo scarso coinvolgimento po-

polare, le insurrezioni non

diedero perciò i frutti sperati.

In questo contesto s’inserì

nella vicenda storico-politica

lo stato piemontese, retto

dalla monarchia dei Savoia.

Esso seppe interpretare le

aspirazioni degli italiani

all’indipendenza e, dichiaran-

do guerra all’Austria in due

occasioni, nel ’48 e nel ’59

(prima e seconda Guerra

d’Indipendenza), divenne, di

fatto, la guida del movimento

risorgimentale, che si

terminò con l’impresa

dei Mille di Garibaldi nel

1860/61 e la conquista

del Regno delle due

Sicilie. A questo punto

l’Unità d’Italia può dirsi

compiuta; Cavour e il

re Piemontese Vittorio

Emanuele II sono di-

ventati le guide del mo-

vimento che portò alla

proclamazione del Re-

gno d’Italia a Torino,

nel 1861.

Le tappe più significative dell’Unificazione d’Italia Le tappe più significative dell’Unificazione d’Italia

Dopo il congresso di Vienna,

anche le dinastie italiane re-

staurate, temendo fermenti

rivoluzionari imposero pesanti

regimi polizieschi e un ferreo

controllo sulla vita culturale e

artistica. Intanto, però si era

fatta sempre più matura, nei

ceti borghesi e intellettuali, la

richiesta d’indipendenza e di

unità nazionale, dopo secoli di

dominazione straniera. Il ter-

mine stesso di Risorgimento,

che indica il periodo storico

compreso tra il 1820 e il

1870, durante il quale l’Italia

conquistò la sua unità e la sua

indipendenza, definisce il pro-

cesso di rinascita culturale,

civile e politica della nazione

italiana, e di riscatto da una

condizione di decadenza mo-

rale e di servitù. Diversi movi-

menti d’ispirazione liberale

cominciarono ad organizzarsi

nella clandestinità e a lottare;

particolarmente sentito, era

anche l’obiettivo, comune a

tutti gli altri popoli europei, di

ottenere la libertà costituzio-

nale. Per esse lottarono asso-

ciazioni culturali e politiche

che guidarono i movimenti

insurrezionali, come la

“Giovane Italia” fondata da

Giuseppe Mazzini. Nel Risorgi-

mento italiano due furono le

linee di pensiero a confronto:

la prima, che faceva riferi-

mento a Mazzini, s’ispirava a

ideali democratici e repubbli-

cani e puntava sulla parteci-

pazione del popolo e sulle in-

surrezioni per instaurare una

repubblica ad ampia base de-

mocratica; la seconda, mode-

rata e in parte legata agli am-

bienti cattolici, rappresentata

dal torinese Vincenzo Giober-

ti, faceva appello alle autorità

come il Papa o il re piemonte-

se, per ottenere più diploma-

ticamente l’allontanamento

degli stranieri e la nascita di

un regime liberale. E’ oppor-

tuno far presente che la stra-

grande maggioranza della

popolazione italiana non fu

coinvolta in questi moti, a

causa della propria arretratez-

za economica e culturale: gli

operai, e ancor di più i conta-

dini, ebbero scarsa voce nella

vicenda risorgimentale, nei

quali invece i ceti borghesi

(quali proprietari fondiari,

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Pagina 16 AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA

Il Risorgimento fu il periodo

della storia d'Italia durante il

quale la nazione Italiana -

stanziata a sud dello spartiac-

que alpino e occupante anche

le isole di Sardegna, Sicilia e

gli arcipelaghi minori, conse-

guì la propria unità nazionale.

La storia ufficiale del Risorgi-

mento è nota; sono celebri le

battaglie, le azioni politiche, il

grido di dolore, ma s’ignorano

le vicende personali degli eroi

e delle eroine, in particolare le

loro sofferenze, le gioie, le

esaltazioni, gli abbattimenti. Il

Risorgimento fu un fenomeno

tipico dell'Ottocento e fu rap-

presentato da una vasta com-

plessità di caratteri, nobili e

meschini, vividi e smorti, col-

lettivi e individuali. La terra di

Calabria, occorre ricordare

che già da decenni essa era in

cima alle graduatorie della più

grave criminalità comune del

Regno e che essa, sotto il

profilo politico, andava legitti-

mando la sua immagine di

regione difficile. Quando nel

Settecento il mezzogiorno

passa sotto i Borboni, la Cala-

bria è ancora dominata da

grandi casate feudali, come i

Filomarino, i Pignatelli, i San

Severino, i Ruffo, a cui gran

parte del territorio calabrese

apparteneva, dato che le terre

regie erano solo quattordici. Il

grande baronaggio è uscito,

però, forte-

mente inde-

bolito dalla

crisi profon-

da del seco-

lo prece-

dente: molti

grandi feudi

sono passati da una mano

all'altra e tutto il sistema è

colpito in punti essenziali; e

nelle fratture sempre più gra-

vi si è inserito il nuovo ceto

borghese di derivazione ter-

riera o professionale, dando

origine così ad un nuovo pro-

cesso che, sboccherà nel più

vasto processo unitario della

nazione. Le plebi cittadine e

campagnole sopportano il pe-

so maggiore della lunga crisi

economica, e anzi sono le pri-

me vittime delle pur lente tra-

sformazioni che la nuova bor-

ghesia introduce nel commer-

cio e nella vita agricola; tutta-

via, guardando la sociètà ca-

labrese nel suo complesso, si

avverte un respiro più ampio,

a cominciare dalla vita ammi-

nistrativa e delle lotte interne

ad essa connesse. Questo

accade alla fine del XVIII se-

colo, quando Ferdinando IV,

prendendo le mosse dal terri-

bile terremoto del 1783 che

distrusse buona parte della

Calabria meridionale, delibera

la confisca dei beni ecclesia-

stici e forma la Cassa Sacra. Il

ritorno al potere di Ferdinan-

do di Borbone nel Mezzogior-

no continentale portò ad una

seconda Restaurazione. Al

ripristino della dinastia borbo-

nica e alle tendenze assoluti-

stiche di Ferdinando IV si op-

pose in Calabria, un gruppo

d’intellettuali, provenienti da

famiglie della borghesia agra-

ria, che aderirono alla Carbo-

neria e organizzarono nel

1820 i moti che indussero il

sovrano a concedere la Costi-

tuzione. Nello stesso tempo, il

risveglio culturale è notevole,

poiché aumenta il numero dei

giovani calabresi che studiano

a Napoli e fanno ritorno in

Calabria con le idee acquisite

nel corso dei propri studi e

dalle lezioni di filosofia ed e-

conomia politica tenute da

Antonio Genovese. Idee illu-

ministiche che tendono a dif-

fondere un nuovo orienta-

mento sul modo di gestire

non solo la vita politica ma

anche la proprietà terriera.

Molti sono i proprietari che

vogliono mettere al riparo le

loro conquiste; in pochi giorni,

tranne i centri catanzaresi e il

litorale reggino, tutta la regio-

ne alza la bandiera Repubbli-

cana. Le plebi restano, però,

fedeli al sovrano, poiché non

intendono né possono inten-

Il Risorgimento in Calabria Il Risorgimento in Calabria cont. Pag 17cont. Pag 17

Page 17: AVIS - 150 anni e AVISAVIS l’unità d’Italia AVIS itis panella giordano luigi 2011.pdf · la, e conquistando il Regno delle Due Si-cilie, permettendone l'annessione al nascen-La

AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA Pagina 17

dere le ultime parole; esse

vedono trionfare i nuovi ricchi

e, al richiamo delle suggestive

parole del cardinale Fabrizio

Ruffo, danno vita a quell'Ar-

mata Cristiana cha spazza via

con la rapidità del vento, l'ar-

dimentoso progetto della di-

struzione della dinastia borbo-

nica. Nel Mezzogiorno e in

Sicilia, si assisteva a un peg-

gioramento delle condizioni

esistenziali di quelle popola-

zioni rurali (piccoli proprietari,

coloni, mezzadri impropri)

ridotte spesso al limite della

sussistenza. Il malessere era

accresciuto sia dall’espansione

demografica, e anche dalla

vendita dei demani. Nel 1811

nasce la Carboneria, ed è pro-

prio in Calabria che la Carbo-

neria compie la sua prima

prova: nel 1813 Vincenzo Fe-

derico repubblicano moderato

del 1799 e capitano della le-

gione, finisce sulla forca dopo

un moto insurrezionale.

Nell'ambito della Carboneria

calabra si assiste, però ad una

rottura, tanto che alla vigilia

dei moti del 1820 essa si divi-

de in due settori opposti, da

un lato i borbonici (Calderai)

al seguito del principe di Ca-

nosa, dall'altro i

(Repubblicani) con Gaspare

Andreotti capo della Carbone-

ria cosentina. Dopo il 1815

tutto in Calabria sembra tor-

nare nell’ordine e nel 1816 si

costituisce una provincia

“Calabria ultra prima” l’attuale

Reggio Calabria. In seguito

seguono due decenni politica-

mente tranquilli. Il grande

momento della storia Calabre-

se del Risorgimento, il 1848,

non è lontano. Le autorità

borboniche riesumano le vec-

chie questioni demaniali. Si

rinnova la vita culturale per

l'influsso delle idee romanti-

che e diventano più numerosi

i gruppi che sostengono la

necessità di un profondo rin-

novamento della vita politica

e sociale. Proprio in quegli

anni escono le riviste Il Viag-

giatore, il Calabrese, e La Fa-

ta Morgana pubblicati e scritti

tra Reggio Calabria e Cosen-

za. Ed è a Reggio Calabria che

si tiene il processo contro Be-

nedetto Musolino, fondatore

nel 1834 della setta (Figli del-

la Giovane Italia), e i pochi

altri congiurati che ne aveva-

no accettate le regole. La Ca-

labria dunque è già in movi-

mento, dunque, quando Fer-

dinando II concede la Costitu-

zione e fissa i comizi elettorali

nel suo regno. Dalle urne e-

scono vincitori i più qualificati

esponenti del movimento libe-

rale. A differenza del 1799

questa volta i contadini si

muovono, perché vogliono le

terre ed intendono colpire i

proprietari usurpatori. I pro-

prietari resistono, mentre il

governo rivoluzionario affer-

ma il rispetto dell'ordine, della

tranquillità, della proprietà;

ma ciò fa attenuare la prima

fiammata rivoluzionaria e su-

scita dissidi interni tra i capi

rivoluzionari. Il moto fallisce

nella terza decade di Giugno.

Nemmeno l'aiu-

to dei Siciliani

era servito a

qualcosa. La

rivoluzione del

'48 fa emergere

però in modo

definitivo la fu-

tura nuova clas-

se dirigente del-

la Calabria: al-

cuni prendono

la via dell'esilio,

per poi ritornare

nel 1860 al se-

guito di Garibal-

di; altri, dopo il

carcere e il con-

Da pag 16 Da pag 16 Il Risorgimento in CalabriaIl Risorgimento in Calabria cont pag 18cont pag 18

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Pagina 18 AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA

fino, continuano ad operare il

senso liberale e dirigono il

movimento interno prima e

dopo Garibaldi. L’atto sovrano

del 25 giugno 1860, che con-

cede la Costituzione, costitui-

sce il primo passo verso la

liberazione, poiché gli espo-

nenti del partito borbonico in

Calabria si sentono abbando-

nati dal sovrano e non hanno

alcun mezzo per resistere

all'avanzata del ceto liberale.

Il 21 agosto 1860 Garibaldi

vince la battaglia di Reggio e

dopo dieci giorni con le sue

truppe è già al confine con la

Basilicata. La liberazione può

dirsi compiuta, ed il governo

della regione passa nelle mani

Il Risorgimento in CalabriaIl Risorgimento in Calabria

dei governatori

garibaldini.

Trionfano, però i

moderati e tale

trionfo trova con-

ferma nelle ele-

zioni politiche del

Gennaio-

Febbraio 1861.

La Calabria è ora

parte di un più

vasto regno, ma

non per questo i

suoi secolari pro-

blemi giungono a

soluzione. Lo

stesso fatto

dell'Unità coinvolge solo la

parte più colta e più agiata

della regione, mentre gli strati

più umili della popolazione

restano ancora una volta,

all'opposizione.

La musica nel Risorgimento ItalianoLa musica nel Risorgimento Italiano

La musica italiana durante l’

Ottocento conobbe una fiori-

tura straordinaria e un altret-

tanto eccezionale successo in

tutt’ Europa. Furono italiani

molti musicisti di grande ta-

lento, ma anche cantanti, im-

presari, direttori di teatri nelle

maggiori capitali europee; Il

genere che ebbe più seguito

in quel periodo fu senza dub-

bio l’opera lirica, quella di ca-

rico meno drammatico o

“melodramma”. Oggi la musi-

ca riveste un ruolo diverso,

perché la mag-

gior parte della

gente si limita a

un ascolto passi-

vo; nell’ ottocen-

to, invece, e non

solo nelle classi

più evolute: mol-

tissime erano le persone in

grado suonare uno o due

strumenti e

innumerevoli

i cotanti dilet-

tanti. Inoltre

la rappresen-

tazione di un’

opera era

allora un e-

vento di ec-

cezionale im-

portanza:

anche per il

suo stesso

impegno or-

ganizzativo,

che mette

insieme lo

spettacolo

scenico e la

musica, e un

intreccio u-

manistico spesso commoven-

te. Essa costituiva

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AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA Pagina 19

La musica nel Risorgimento ItalianoLa musica nel Risorgimento Italiano

un’occasione

particolarissi-

ma capace di

suscitare vero

entusiasmo in

un’epoca in

cui le possibi-

lità di intratte-

nimento non

erano molte.

Musicisti cele-

berrimi furo-

no, in Italia,

Gioacchino

Rossini, Vin-

cenzo Bellini e

soprattutto

Giuseppe Ver-

di. Quest’ ulti-

mo divenne

l’araldo più

noto del Ri-

sorgimento per la passione

libertaria che seppe dare ad

alcuni motivi (specialmente al

coro) subito accolti e diffusi in

tutta la penisola . Con lo

“slogan” W V.E.R.D.l. i patrioti

nell’ 800 esprimevano, oltre

all’’ amore per il compositore

arche in autentico messaggio

in codice: intendevano infatti

dire “W Vittorio Emanuele re

d’Italia”. Già Mazzini in un

seggio del 1836, aveva spera-

to, Il sorgere di una nuova

musica, non più aristocratica,

ma popolare, che si sapesse

esprimere con un linguaggio

immediato e con i più nobili

sentimenti della nazione e

l’amore per l’ Italia. Il

“magico” potere della musica,

capace di commuovere e di

incitare all’ azione le messe

popolari, era ben noto anche

ai regimi conservatori, e per-

ciò la Temevano. Ogni nuova

rappresentazione veniva

guardata con sospetto dalla

censura aristocratica e da

quella dei vari strati italiani,

tanto che vennero presi prov-

vedimenti restrittivi per motivi

di ordine pubblico e nei teatri

la platea fu divisa in due par-

ti: nelle prime file prende po-

sto la milizia aristocratica,

mentre ai normali spettatori

era riservato il fondo della

sala ma, ugualmente, non

mancavano gli incidenti, così

quando a Milano , nel 1859

venne cantato il coro della

“Norma” di Bellini (egli era un

musicista siciliano, nativo di

Catania che volse il suo inte-

resse soprattutto al melo-

dramma i suoi capolavori più

importanti furono: La Norma

e i Puritani) dove si inneggia-

va alla guerra, scoppiò il fini-

mondo: il pubblico italiano si

levò in piedi applaudendo,

mentre gli ufficiali austriaci

urlavano contro. Da allora il

comando austriaco proibì che

il coro venisse cantato. Uguali

entusiasmi suscitavano altre

arie di Bellini Ma i coi più di

Tutta la storia Italiana restano

Certamente quelli di Verdi, del

quale ricordiamo “Viva Italia”,

“O signore dal tetto natio” e

soprattutto “Va pensiero sull’

ali dorate” del Nabucco. Egli

fu senza dubbio il più celebre

compositore italiano dell' 800

e gode ancora oggi di grande

popolarità con alcune delle

sue opere, ricordiamo tra le

più famose: Nabucco, Rigolet-

to Il trovatore, Aida ecc. Verdi

contribuì sen-

sibilmente alla

diffusione de-

gli ideali di

libertà del

risorgimento

Italiano.

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Pagina 20 AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA

Il Brigantaggio nel Risorgimento ItalianoIl Brigantaggio nel Risorgimento Italiano

Il brigantaggio fu uno dei più

gravi problemi che lo stato

italiano si trovò ad affrontare

subito dopo l’Unità d’Italia e si

diffuse in maniera particolare

in Calabria. L’ampia diffusione

del fenomeno spinse il parla-

mento nel 1862 a promuovere

un’inchiesta per studiare le

cause e fu Massari che indivi-

duò nelle misere condizioni

sociali del Mezzogiorno, i mo-

tivi della ribellione. La Cala-

bria era in gran parte mon-

tuosa, priva di efficienti colle-

gamenti stradali, non aveva

usufruito di quello sviluppo

comunale e cittadino caratte-

ristico dell’Italia centro-

settentrionale e non vi si era-

no mai formati gruppi sociali

di borghesi attivi capaci di

sviluppare l’industria o il com-

mercio. Gran parte della vita

economica era legata alla

grande proprietà terriera, ri-

masta in genere nelle mani

della nobiltà, che faceva colti-

vare i propri latifondi a mi-

gliaia di poverissimi braccianti

senza mai impiegare denaro

per miglio-

rare le col-

ture. Subito

dopo l’Unità

d’Italia mol-

ti contadini

poveri spe-

rarono di

poter otte-

nere una

più equa

distribuzio-

ne delle

terre, che

invece non

ebbe luogo.

Delusi della

politica del

governo e

colpiti da

una tassa-

zione alla

quale non

erano abituati, offesi e dan-

neggiati dall’introduzione del

servizio militare obbligatorio,

che prima non conoscevano,

molti di loro si ribellarono. Si

espandé, di fatto, il cosiddetto

“brigantaggio” le bande di

briganti di campagna furono

sostenute da una parte della

popolazione: era una forma

contro i piemontesi e contro il

nuovo Stato che aveva porta-

to recenti pesanti obblighi.

Era davvero una rivoluzione,

che a quel tempo era meglio

definita dalla popolazione ca-

labrese come “disordine so-

ciale”. E le rivolte divamparo-

no ancora di più dopo la mor-

te di Cavour, coinvolgendo

borghi e villaggi, città e cam-

pagne. L’Aspromonte divenne

il centro, mentre a decine i

comuni calabresi issarono il

bianco vessillo gigliato dei

Borbone.Tantissime bande

operavano nel cosentino e nel

reggino; di solito erano perso-

ne di umilissime origini, anche

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AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA Pagina 21

se tra loro ci furo-

no un medico e

un notaio. La re-

pressione di que-

ste bande fu spie-

tata e la lotta ai

briganti fu con-

dotta da un eser-

cito regolare che

fu impiegato in

vere e proprie

azioni di guerra.

Ma la rivolta era

non solo contro il

nuovo ordine ma

anche contro le

classi sociali che con l’Unità

cominciavano ad imporsi. Un

brigante che operò in Calabria

fu il leggendario Carmine

Crocco che giustificò il suo

essere contro la legge asse-

rendo che tutti i sacrifici di un

contadino non fruttano nulla

perché il prodotto della terra,

lavorato con il sudore non

potrà dare benessere e pro-

sperità perché non sarà mai

suo, cosicché il poveretto si

vede condannato a eterna

miseria, pensando sempre

alla vendetta contro chi vuole

questa situazione. L’occasione

presto si presenta e il contadi-

no si fa brigante. In tal modo,

il brigantaggio diventa la pro-

testa selvaggia contro secolari

ingiustizie. Il brigantaggio

calabrese ebbe grande con-

senso popolare, soffuso anche

di leggenda. E calabrese fu la

più famosa brigantessa. Si

chiamava Marianna Olivare

conosciuta col nome di

“Ciccilla” e guidò per qualche

tempo la banda di un certo

Pietro Monaco. Arrestata,

venne quasi subito giustiziata.

La Calabria rimase per lunghi

anni nel terrore e la popola-

zione era segnata da arresti,

scontri, rapine, uccisioni. Nel

1863 vi furono delle leggi ec-

cezionali, che esclusero però

la provincia di Reggio: Queste

leggi non riuscirono a frenare

lo sviluppo del banditismo che

si diffuse anche nei comuni

limitrofi. Solo dal 1865 la

situazione si andò normaliz-

z a n d o e l ’ i m p i e g o

dell’esercito venne sempre

più ridotto: in ogni caso la

repressione del brigantaggio

causò molte vittime inno-

centi e lasciò a lungo uno

strascico di polemiche sia

nelle regio-

ni meridio-

nali che in

quelle set-

tentrionali.

S c o r d o

G i u se ppe

3AM

Il Brigantaggio nel Risorgimento ItalianoIl Brigantaggio nel Risorgimento Italiano

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Pagina 22 AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA

La lingua italiana al momento della La lingua italiana al momento della proclamazione dell’Unità d’Italiaproclamazione dell’Unità d’Italia

Gli studiosi di storia della lin-

gua italiana si sono spesso

domandati quanti parlassero

realmente la nostra lingua al

momento della proclamazione

d e l l ’U n i t à . È que s ta

un’indagine molto difficile,

perché non esisteva nessuno,

in quei tempi, che raccoglies-

s e u n t a l e g e n e r e

d’informazioni. Calcoli appros-

simativi ci dicono che in molte

regioni solo una percentuale

fra il 5% e il 15% dei cittadini

parlava italiano o almeno era

in grado di farlo. La maggior

parte delle persone preferiva

comunque esprimersi in dia-

letto. Del resto, alla corte del

regno di Sardegna si era par-

lato fino a poco tempo prima

in Francese e lo stesso Vitto-

rio Emanuele II, nelle occasio-

ni non ufficiali, parlava in dia-

letto piemontese. Così pure

nelle fabbri-

che del Nord

per tutto

l’Ottocento e

per qualche

decennio del

Novecen to,

dirigenti e

capi reparto

comunicava-

no abitual-

mente gli

ordini ai lavo-

ratori in dia-

letto e non in

italiano. In

presenza di

una tale si-

tuazione e

soprattutto di un analfabeti-

smo che coinvolgeva gran

parte degli italiani, lo sforzo

che fece il governo in quegli

anni fu davvero notevole. Nei

primi dieci anni la spesa per

la Pubblica I-

struzione am-

montò di oltre

sei volte. La leg-

ge piemontese,

che istituiva e

regolava le

scuole pubbli-

che, fu estesa a

tutta l’Italia, e

così pure la

scuola elemen-

tare obbligatoria

divenne gratui-

ta. Ven-

ne an-

che po-

tenziata

la rete

d e l l e

Univer-

sità che

vantava sedi famose come

quelle di Padova, Torino, Pa-

via, Pisa, Roma e anche sedi

minori ma ricche di tradizioni

come Messina e Palermo. Fu-

rono creati Istituti Tecnici Pro-

fessionali di buon livello, dai

quali uscirono migliaia di tec-

nici e operai specializzati,

mentre i Licei classici e quelli

scientifici furono via via aperti

in ogni provincia. Ma occorre-

va anche reclutare migliaia

d’insegnanti spesso di valore,

infatti, nelle scuole del tempo,

insegnarono grandi maestri

come i poeti Giosuè Carducci

e Giovanni Pascoli, ecc. art a

cura di Scordo Giuseppe 3AM

Giosuè Carducci

Giovanni Pascoli

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AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA Pagina 23

La nostra patria unita compie

in questo 2011 i suoi primi

150 anni. Con i tempi che cor-

rono, festeggiare un’unione

duratura non è certo cosa da

poco e, naturalmente, anche

il nostro amato mondo filateli-

co si è rimboccato le maniche.

Già nel 2010 le Poste Italiane

ci avevano dato un anticipo

con il foglietto commemorati-

vo della spedizione dei Mille.

Le vignette dei quattro fran-

cobolli riproducono le opere

pittoriche che narrano in sin-

tesi: le tappe della

“Spedizione dei Mille “,

”l’imbarco di Giuseppe Gari-

baldi a Quarto“, opera di V.

Azzola conservata nelle colle-

zioni del Museo Nazionale del

Risorgimento Italiano di Tori-

no, “Lo sbarco a Marsala l’11

maggio 1860”, conservato nel

Museo storico di Bergamo, “La

battaglia di Calatafimi”, dipin-

to di Remigio Legat esposto al

Museo del Risorgimento,

“L’incontro di Teano tra Giu-

seppe Garibaldi e Vittorio E-

manuele II°”, opera di Pietro

Aldi custodita nel Palazzo

Pubblico di Siena, i Protagoni-

sti del Risorgimento, I Proget-

ti del 150°, ben dieci tra car-

toline e buste postali. In con-

clusione si emetteranno dei

libretti della mostra che si

terrà a Montecitorio: “Quel

magnifico biennio 1859-

1861”e comprenderà dieci

valori. L’amministrazione po-

stale, sta proponendo una

serie di francobolli, che di si-

curo faranno la storia di

quest’anniversario. Infatti, si

è iniziato a Gennaio, tramite

la prima emissione avvenuta

a Reg-

gio E-

milia

alla

presen-

za del

Capo

dello

Stato,

Giorgio

Napoli-

tano,

con un

franco-

bollo

ed un foglietto dedicati al Tri-

colore, accompagnati da un

bollettino illustrativo. Le nuo-

ve emissioni, in circolazione

dal 7 gennaio, sono dedicate

al Tricolore, simbolo d’identità

nazionale. La vignetta del

francobollo riproduce su cam-

po bianco il logo ufficiale delle

celebrazioni del 150°

dell’unità d’Italia, mentre il

foglietto raffigura il tricolore

della bandiera italiana attra-

versato idealmente da due

nastri ondeggianti di colore

verde e rosso che proseguono

anche fuori dalla vignetta sia

in alto sia in basso. La tiratura

sarà di quattro milioni e due-

centomila esemplari per il

francobollo e di due milioni di

esemplari per il foglietto.

Davvero numerose poi le e-

missioni che seguiranno nel

corso dei mesi per onorare

questo 150° anniversario

dell’Unità d’Italia: a Marzo un

francobollo per la Proclama-

zione del Regno, a settembre

per l’istituzione della Marina

Militare, a Novembre alcuni

valori per ricordare i fatti

d’Arme e infine emissioni de-

dicate ai luoghi della Memo-

ria. Collegati all’emissione,

sono stati realizzati anche i

seguenti prodotti: una busta

personalizzata con il logo dei

150 anni dell’Unità d’Italia e

due Folder. Il primo, con il

foglietto, conterrà anche una

bandiera italiana in seta, il

secondo con il francobollo,

avrà al suo interno una

pochette in seta blu con dise-

gnate piccole bandiere italia-

ne. Anche lo Sport farà la sua

parte e ricorderà i 150 anni

con un trofeo intitolato

all’anniversario dell’Unità

d’Italia. Uno Stato “straniero”

ha voluto rendere omaggio

alla festa del 2011: è la città

del Vaticano che, con

un’apposita emissione, ha

testimoniato la propria amici-

zia allo Stato Italiano. Tutti

noi uniti, non abbiamo davve-

ro nessun Timore a dire quan-

to siamo orgogliosi di appar-

tenere a questa

bellissima na-

zione, perciò:

buon Tricolore a

Tutti!!! Pietro

Fiorino 4AM

Filatelia: emissioni per i 150 anni dell’Unità d’ItaliaFilatelia: emissioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia

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Itis Panella Via E. Cuzzocrea 22Itis Panella Via E. Cuzzocrea 22Itis Panella Via E. Cuzzocrea 22 891288912889128 --- Reggio CalabriaReggio CalabriaReggio Calabria

tel.0965/27147tel.0965/27147tel.0965/27147 Fax. 0965/339945Fax. 0965/339945Fax. 0965/339945

EEE---mail [email protected] [email protected] [email protected] [email protected]@[email protected]

Alla realizzazione del giornalino per la Commemo-

razione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, hanno par-

tecipato i seguenti alunni Nicolò Demetrio, Carnà

Giuseppe, Caridi Matteo, Battaglia Mario, Romeo

Giuseppe, Mordà Giuseppe, Marino Antonio, Marra-

ra Fabrizio, Scordo Giuseppe, Iaria Francesco e

Fiorino Pietro. Hanno inoltre collaborato le classi

3CT, 4CT, 5CT, 3AM, 4AM, 5AM, 4BM, 3BH e 5BM. I

docenti che hanno curato il gruppo di lavoro per le

attività scolastiche del Concorso “Fratelli d’Italia

sono: le prof.sse Angela Laurendi, Giuseppa Man-

narella, ed il prof. Luigi Giordano, Responsabile

della testata giornalistica e della squadra di calcio

a 5 per la fase sportiva del Concorso.

Il nostro motto per l’AVISIl nostro motto per l’AVISIl nostro motto per l’AVIS

ITIS A. Panella

Itispanella.it

AAAncora VVVerso IIInfinita SSSolidarietà