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Il Risorgimento è il
periodo della storia d'I-
talia in cui la nostra
nazione conseguì l'uni-
tà nazionale, riunendo
in un solo nuovo Stato -
il Regno d'Italia - tutti
i precedenti Stati preu-
nitari. Nel cosiddetto
biennio delle riforme
(1846-1848), dopo il
fallimento dei moti rivo-
luzionari mazzinia-
ni,nascono i progetti
politici dei liberali come
Massimo d'Azeglio e
Vincenzo Gioberti. Gli
anni 1847-1848, definiti
la "Primavera dei po-
poli", videro lo sviluppo
di vari movimenti ri-
voluzionari. In Italia fu
decisiva la decisione del
Regno di Sardegna di
farsi promotore dell'uni-
tà italiana. Nominato
presidente del Consiglio
dei ministri nel 1852,
Cavour poté mettere
mano alla realizzazione
del suo progetto politico
per l'indipendenza
italiana. Egli sosteneva
che solo il Piemonte
poteva realizzarla, per-
ché non era sottomesso
all' Austria (come inve-
ce erano i Borboni di
Napoli, il granduca di
Toscana, i duchi di Mo-
dena e di Parma); solo
il Piemonte, inoltre, po-
teva garantire alle mo-
narchie europee che
l'Italia non si sarebbe
spinta troppo in là,
verso ideologie de-
mocratiche e radicali.
Qualche anno più tardi
l'elemento decisivo
verso l'unità fu la Spe-
dizione dei Mille gari-
baldina. Mille volontari,
soprattutto delle regio-
ni settentrionali e cen-
trali d'Italia, che parti-
rono da Quarto, in Li-
guria, sbarcando in
Sicilia, presso Marsa-
la, e conquistando il
Regno delle Due Si-
cilie, permettendone
l'annessione al nascen-
La lunga strada Italiana verso il 1861 1-4
Eroine del risorgimento calabrese 2-3
Centocinquantavolte ITALIANI 4
Dal salotto alla stampa: le donne colte nel periodo risorgimentale italiano 4-5-6
Dal matrimonio al Convento, percorsi femminili nella Calabria unitaria 6-7
Il Dono del Sangue 8
Le stampe popolari del Risorgimento Italiano 8-9-10
Le prime guardie d’onore a Reggio Calabria 10-11-12
Le tappe più significative dell’Unità d’Italia 13
Il Risorgimento in Calabria 14-15
La musica nel Risorgimento Italiano 18-19
Il Brigantaggio nel Risorgimento Italiano 20-21
La lingua Italiana al momento della proclamazione dell’Unità d’Italia 22
Filatelia:emissioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia 23
Sommario: Pagg.Sommario: Pagg.
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AVIS - 150 anni e
l’unità d’Italia
AVISAVIS
La lunga strada Italiana verso il 1861La lunga strada Italiana verso il 1861
Cont. Pag 4
In tempi recenti l’impegno
politico per la lotta alla mala-
vita organizzata in Calabria
ha visto sviluppare una serie
d’iniziative mirate a rivaluta-
re il ruolo della donna nella
società calabrese. Al tempo
stesso sono state avviate
diverse ricerche storiche sul-
la condizione delle donne
nella Calabria tra Settecento
e Ottocento che consentono
di guardare in modo diverso
alla loro storia e al ruolo che
esse hanno avuto nel Risor-
gimento italiano. D’altronde,
sia da madri, mogli o figlie,
le donne hanno sempre fatto
la storia. L’hanno fatta trop-
po spesso escluse dal mondo
esterno, riparate dalle mura
domestiche, entro le quali al
termine di lunghe ed este-
nuanti giornate di lavoro,
duro e non riconosciuto,
hanno raccolto le forze per
dare un’educazione alle ge-
nerazioni future. La loro e-
mancipazione avrebbe dovu-
to essere l’obiettivo di tutti,
perché ieri, come oggi, essa
rappresenta il punto di par-
tenza e la base per il cam-
biamento. La lunga marcia
dell’emancipazione femmini-
le in Calabria è stata partico-
larmente dura e difficile; ma,
a costo di disagi e sofferen-
ze, forza e determinazione
che sono proprie delle donne
calabresi, hanno dimostrato
di poter superare
qualsiasi volontà
di emarginazione.
Lo scarso livello
culturale genera-
lizzato, la presen-
za di grandi pro-
prietari terrieri particolar-
mente retrogradi e nemici
d’ogni cambiamento, un si-
stema di conduzione della
terra attraverso figure che
non esitavano a ricorrere a
forme di violenza per battere
ogni tentativo di migliorare
le condizioni dei braccianti.
La sopravvivenza di pregiu-
dizi morali, di costume e reli-
giosi sono oggi considerati le
cause principali di arretra-
tezza e sottomissione nel
territorio calabrese. All’epoca
la mentalità della gente era
ancora, in larga misura,
chiusa e limitata; ma in Ca-
labria la situazione delle
donne era aggravata dalle
particolari condizioni
d’arretratezza, che impedi-
vano loro di svolgere qualsi-
asi professione e, soprattut-
to, l’accesso all’istruzione.
Non sorprende quindi che
nella Calabria ottocentesca
emergono poche figure fem-
minili che abbiano avuto una
parte attiva nelle vicende
storico-politiche di quel peri-
odo; tuttavia, bisogna rico-
noscere che, pur tra tante
difficoltà alcune donne cala-
bresi collaborarono al fianco
del proprio uomo alla lotta
per l’unità italiana. Svolsero
un ruolo non molto appari-
scente e certamente mode-
sto rispetto a quello di più
ben note eroine risorgimen-
tali, ma non per questo me-
no importante. Nel periodo
risorgimentale, infatti, anche
le madri, le mogli, e le sorel-
le dei patrioti calabresi si
Pagina 2
Eroine del risorgimento calabrese Eroine del risorgimento calabrese cont. Pag 3cont. Pag 3
AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA
Una bella immagine di Dama di fine 800
AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA
trovarono coinvolte in azioni
cospirative, svolgendo con
alto senso di coraggio com-
piti di messaggere, procac-
ciatrici di cibo, armi e muni-
zioni, ed adoperandosi anche
per il reclutamento di volon-
tari. Esse assicuravano un
sicuro nascondiglio ai loro
congiunti ricercati dai Borbo-
ni e per quelli prigionieri e
condannati a commutazione
della pena, dovevano soste-
nere enormi spese, vendeva-
no l’intero patrimonio fami-
liare. Molte patirono pure il
carcere, a seguito di dure
condanne per cospirazione e
favoreggiamento. La parteci-
pazione delle donne al Risor-
gimento, tranne pochi casi di
donne illustri, non emerge
certamente dai libri di scuola
ed affermare oggi che i moti
risorgimentali coinvolsero in
Calabria decine di donne o
meglio eroine può sembrare
senza fondamento, poiché
nessuno sa della loro esi-
stenza e il nome di Caterina
Plutino in Griso o Giu-
seppina Nicotera Musoli-
no ai più non dice nulla.
Le fonti d’informazione
sulla loro vita e sul loro
ruolo d’altronde sono
molto ristrette. Solo
poche tracce di loro re-
stano nelle memorie e
rappresentazioni degli
eventi di quegli anni,
poiché negli apparati
istituzionali le donne
erano escluse e le nor-
me giuridiche e culturali
dell’epoca imponevano
che, anche se forti e
influenti, esse restasse-
ro celate dietro il sog-
getto maschile che le
rappresentava sulla scena
pubblica. Le incontriamo pe-
rò nella memoria dei familia-
ri e di tutti quelli che le han-
no conosciute. Sia Mazzini
sia Garibaldi non esitarono a
riconoscere il loro multiforme
contributo alla lotta per la
causa nazionale, definendole
come madri dei patrioti. Ini-
ziamo
allora,
traccian-
do un
ammire-
vole ri-
tratto di
Vincenza
Morabito
Romeo,
definen-
dola una
santa
donna,
che del
marito
Stefano
Romeo
conobbe i palpiti, i dolori, le
condanne a morte, l’esilio.
Alla luce di tali considerazio-
ni è evidente, quindi, che il
nome di Vincenza Morabito è
stato strettamente legato
alla memoria del marito Ste-
fano Romeo (1819-1869)
che più volte condannato a
morte dai giudici borbonici,
sacrificò la giovinezza ed i
suoi averi per la causa della
libertà. Un discendente ne
ha voluto persino ricostruire
la storia, affinché il ruolo
importante che essa svolse
nel risorgimento non fosse
dimenticato. Un’altra figura
di donna legata alla storia
del risorgimento in Calabria
è rappresentata da
Caterina Plutino in
Griso, nata a Reg-
gio Calabria nel
1806 da Fabrizio
Plutino e Caterina
Nesci. Rimasta or-
fana all’età di quin-
Pagina 3
Da pag. 2 Da pag. 2 Eroine del risorgimento calabreseEroine del risorgimento calabrese Cont. Pag. 4Cont. Pag. 4
Soldati durante un assalto con il tricolore in mano
dici anni, la giovane Caterina
si dedicò tutta alla casa ed ai
fratelli Antonio e Agostino
nelle loro battaglie anti-
borboniche. Dopo un breve
periodo d’esilio a Malta, nel
1848 i fratelli Antonio e Ago-
stino Plutino rientrarono in
Calabria, ma furono arrestati
e condannati a morte. Cateri-
na fece il possibile per farli
tutti scagionare, ma riuscì
soltanto a salvare la vita al
proprio marito e al padre. In
ogni occasione assistette, aiu-
tò, confortò i suoi fratelli co-
me fece con molti altri perse-
guitati politici che in casa sua
trovarono asilo sicuro; tenne
riunioni segrete. Arruolò vo-
lontari e li fornì di armi. Cate-
rina Cavasso De Lieto nacque
a Reggio Calabria nel 1813.
Durante la rivolta antiborboni-
ca del 1847 il marito che vi
aveva preso parte attiva fu
arrestato il 13 settembre, per
Pagina 4 AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA
essere giu-
dicato in
direttissima
il giorno
seguente
dalla com-
missione
militare,
dopo la fu-
cilazione dei
ribelli che
erano stati
prima arre-
stati e pro-
cessati. La
città di Reg-
gio era in
stato
d’assedio, e
perciò dopo
l’imbrunire
era vietata
la circola-
zione per le strade; cionono-
stante, per nulla sgomenta,
Caterina Cavasso uscì quella
notte per andare ad implorare
al Re la grazia per il marito,
facendo commutare la pena di
morte a trent’anni di carcere
ai ferri. Marco Carnà 5AM
Da pag. 3 Da pag. 3 Eroine del risorgimento calabreseEroine del risorgimento calabrese
Da pag. 1 Da pag. 1 La lunga strada Italiana verso il 1861La lunga strada Italiana verso il 1861
te stato italiano. Garibaldi,
procedendo di vittoria in vitto-
ria, (Palermo, Milazzo, Reggio
Calabria), entra trionfalmente
a Napoli, (7 settembre). Vitto-
rio Emanuele II, sconfigge
l’esercito pontificio a Castelfi-
dardo e, il 26 ottobre 1860,
s'incontra a Teano con Gari-
baldi. Il 17 marzo 1861 vie-
ne proclamato il
regno d'Italia. Il
primo atto del
nuovo parla-
mento italiano
(17 marzo 1861)
fu la proclama-
zione del regno d'Italia con
capitale a Torino. Per comple-
tare l'unità del paese manca-
vano soltanto Roma e il Ve-
neto.
2011
AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA Pagina 5
Il 17 marzo 2011 è la data
che spinge tutti gli italiani a
riflettere su ciò che è stata
la storia del nostro Paese.
La logica ci porta a pensare
a un Popolo unito da senti-
menti comuni, quegli stessi
sentimenti che hanno ani-
mato moti, rivoluzioni e
guerre per inseguire l’ideale
di un’Italia unita. Gli uomini
che hanno fatto la storia del
nostro paese, non sono ri-
cordati però tutti allo stesso
modo, certo non possono
essere riconosciuti eroi na-
zionali come Garibaldi Ca-
vour o Mazzini ma, nel loro
piccolo sono anch’essi degli
eroi; sto parlando di: Raffa-
ele Piria, i fratelli Plutino, il
tenente Panella molto vicino
a noi poiché, ancora studen-
te partecipò alla quarta
guerra d’indipendenza, ma
potrei citarne tanti altri, in-
somma sto parlando di pa-
trioti meridionali. Ogni zona
d’Italia ha i propri patrioti,
perché tutti nel proprio pic-
colo hanno partecipato
all’indipendenza e all’unione
di questo Popolo (se popolo
si può chiamare!). “Fatta
l ’ I t a l i a
b i s o g n a
fare gli
I ta l ian i ”
d i s s e
q u e s t a
massima
Massimo
D’Azeglio
che, an-
cora oggi
t r o v a
f o n d a -
m e n t o
nel pen-
siero di
m o l t i .
L ’ I t a l i a
c o m e
p o p o l o
non è
mai stato
unito poiché differenze cul-
turali, economiche, sociali e
politiche ci hanno sempre
diviso. C’è da domandarsi
c o m e m a i d o p o
centocinquant’anni non si è
ancora raggiunta l’unione. Il
nostro è il Paese della criti-
ca, ognuno di noi ha da cri-
ticare qualcuno e tante volte
si aggrappa a discriminazio-
ni infondate che una popola-
zione “unita” dovrebbe evi-
t a r e .
Anche i
no s t r i
giorna-
li non
pubbli-
cano di
m e -
g l i o ,
pur di
“ f a r e
n o t i -
z i a ”
gonfiano a dismisura i pro-
blemi del nostro paese, ci
mostrano agli altri sotto una
prospettiva spesso tragi-
comica, e non va bene! “Noi
fummo da secoli calpesti
derisi, perché non siam po-
poli, perché siam divisi”
scrisse Mameli… e tutt’oggi
non facciamo altro che
“essere derisi” da tutte
quelle popolazioni che ci
invidiano sì una bella nazio-
ne come la nostra, ma che
ringraziano Dio di essere
nati nella loro. Che
quest’anniversario illumini le
menti di tutti noi, che ci aiu-
ti a mettere da parte i pre-
g i u d i z i p e r
un’Italia migliore
in ricordo anche
di tutti i martiri
del risorgimento.
Francesco Iaria Francesco Iaria
4BM4BM
Centocinquantavolte ITALIANICentocinquantavolte ITALIANI
Giuseppe Garibaldi
Pagina 6 AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA
Dal salotto alla stampa: Dal salotto alla stampa: Cont pag 5Cont pag 5
Durante il Risorgimento, il
giornalismo gioca un ruolo
fondamentale nella divulga-
zione degli ideali mazziniani
e la stampa internazionale,
insieme con quella italiana,
partecipa a uno straordinario
movimento d’idee che supe-
ra i confini della tradizione
letteraria e dell’intero siste-
ma culturale. L’importanza
che svolge la stampa
nell’ambito della rivoluzione
italiana ha messo in luce il
ruolo dello scrittore-
giornalista. La figura dello
scrittore/letterato in questa
contingenza si trasforma,
infatti, in scrittore/scienziato
sociale che negli articoli che
scrive per i giornali mostra
un’apertura verso soggetti
nuovi. La questione meridio-
nale, il pauperismo, la con-
dizione dell’infanzia e una
sensibilizzazione più forte
nei confronti di particolari
problematiche, come la con-
dizione delle donne,
l’istruzione popolare, il siste-
ma penitenziario.
Nell’ambito di questa nuova
categoria di scrittore-
giornalista si muovono alcu-
ne figure femminili fonda-
mentali, come per esempio
Cristina Trivulzio di Belgioio-
so (1808-1871), Maria Tere-
sa Serego Alighieri Gozzadini
(1812-1881)
e la più gio-
vane Jessy
White Mario
(1832-
1906). Le
prime due
furono don-
ne abituate
a vivere sin
da giovani
sotto
l’influsso
d’intellettuali
e patrioti
carbonari, e
giunsero al
giornalismo
da adulte,
sospinte dal
loro patriot-
tismo militare; mentre la
terza era già una giornalista
quando giunse in Italia, in-
viata come corrispondente
del “Daily News” e durante il
suo soggiorno italiano, co-
nobbe molti patrioti, tra cui
Carlo Pisacane, Agostino
Bertani e Alberto Mario che
lo entusiasmarono per la
causa italiana. Dalla biogra-
fia di Cristina Trivulzio di
Belgioioso si evince quanto
fu lungo e faticoso il percor-
so che la portò a diventare
una giornalista e letterata.
Nel 1845 fondò a Parigi due
periodici d’orientamento li-
berale “la Gazzetta Italiana”
e
“L’Ausonio”, ove accanto a
scritti del Manzoni e del Vico
diffuse notizie sulla realtà
sociale della Lombardia. Nel
febbraio 1848, mentre si
trovava a Napoli tra la folla
che festeggiava la pubblica-
zione della Costituzione, le
giunse la notizia che Carlo
Alberto aveva concesso lo
Statuto, e dopo aver raccol-
to un gruppo di volontari,
partì alla volta di Milano,
dove sostenne anche attra-
verso la stampa, la causa
della fusione col Piemonte.
Maria Teresa Serego Alighie-
ri detta Nina affrontò nella
sua vita un forte momento
di sconforto, ma fu proprio
in questo periodo che inizia-
rono a germogliare in lei le
prime idee del patriottismo
militare. Entrò in amicizia
con Livio Zambeccari, uno
dei componenti della
“Giovine Italia” bolognese, e
ne fece parte impegnandosi
La Contessa di Castiglione
per assisterlo personalmen-
te, ma durante i combatti-
menti non ebbe più notizie
del fratello. Molte altre però
furono le donne colte italia-
ne che, mantenendo una
fitta corrispondenza o pub-
blicando altri scritti, non solo
contribuirono alla causa ita-
liana, ma lasciarono
un’importante testimonianza
della so-
cietà e
degli av-
venimenti
del loro
tempo.
Oltre alle
già citate
donne
illustri, va
ricordata
Lauretta
Cipriani
Parra
(1795-
1869) che
per quasi
un tren-
tennio, dal
1833 al
1862, eb-
AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA Pagina 7
Da pag 4 Da pag 4 le donne “colte” nel periodo risorgimentale italianole donne “colte” nel periodo risorgimentale italiano
attivamente nel
gruppo. Quando le
1843, ci furono le
prime rivolte a Bo-
logna, Maria Tere-
sa si legò alla città,
giurando che non
l’avrebbe più ab-
bandonata e fu
anche l’ideatrice di
una nuova forma
di lotta politica che
prevedeva lo scio-
pero di tutta la
popolazione. Dopo
il rientro di Gari-
baldi dall’Uruguay, Nina in-
cominciò a raccogliere fondi
e a spronare i giovani alla
lotta, raccogliendo volontari
nella propria casa sfaman-
doli ed equipaggiandoli. Pur-
troppo la disfatta di Novara
le tolse ogni speranza. Sa-
puto del ferimento di Massi-
mo d’Azeglio, si adoperava a
farlo ricoverare a Bologna
be una fitta corrispondenza
col marito Giuseppe Monta-
nelli. Dalle quattrocento let-
tere rimaste emerge il per-
corso biografico dei coniugi
Montanelli, intersecato dalla
partecipazione al progetto
unitario perché in queste
lettere essi riferiscono, com-
mentano, propongono, ri-
flettono su tutti gli avveni-
menti contemporanei, evi-
denziando le emozioni e le
esperienze fatte, dalla vita
nei salotti pisani all’attività
cospirativa, dalle guerre
d’indipendenza ai progetti
istituzionali per la Toscana.
In particolare, però, dalle
lettere di Lauretta Cipriani
Parra traspare il ritratto di
una donna attiva ad appas-
sionata, sincera e anticon-
formista, sempre disposta a
lottare per le
proprie idee e
per quelle del
marito, cui fu
sempre accan-
to. Romeo Giu-Romeo Giu-
seppe classe seppe classe
4AM4AM
Un’immagine del municipio di Trieste illuminato con tricolore
Pagina 8 AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA
Dal matrimonio al Convento, percorsi Dal matrimonio al Convento, percorsi
femminili nella Calabria unitaria. femminili nella Calabria unitaria. Cont pag 9Cont pag 9
Recenti studi hanno eviden-
ziato che nella rappresenta-
zione della famiglia meridio-
nale la donna ha sempre
occupato un posto molto
ambiguo e pieno di sfaccet-
tature; oppressa come mo-
glie, è stata invece sempre
sacralizzata come madre. In
un sistema patriarcale essa
abita nella casa del padre o
del marito solo a titolo vitali-
zio, perché questa non le
appartiene mai veramente;
eppure nei confronti dei figli,
prima, e dei nipoti, poi, essa
gode nell’ambito familiare di
una posizione di gran presti-
gio. Fin da piccole i destini
delle donne, ed in particolare
di quelle calabresi, erano
segnati; la loro stessa edu-
cazione ed istruzione erano
finalizzate a quello che dove-
va rappresentare poi il fulcro
della loro vita: il matrimonio.
All’infuori del vincolo matri-
moniale vi era la clausura
nel convento o un’intera esi-
stenza al servizio di fratelli e
nipoti. La
maternità era
notevolmen-
te valorizza-
ta, poiché la
madre era
esempio e
insegnamen-
to per i figli.
Per la mag-
gior parte
della popola-
zione femmi-
nile calabre-
se
d’estrazione
contadina,
però, restava il problema di
accumulare durante
l’adolescenza una somma
destinata al matrimonio o
d’imparare un mestiere con
cui tirare avanti. Le donne di
campagna e di città che si
offrivano sul mercato non
erano state mai cosi nume-
rose quanto nel XIX secolo,
tuttavia poche riuscivano ad
assicurarsi da sole
l’autosufficienza o
l’indipendenza economica a
lungo termine. La loro spe-
ranza era il matrimonio con
un uomo che le avrebbe aiu-
tate a mettere su una fami-
glia, assicurandone cosi il
sostentamento nella vecchia-
ia. Numerose ragazze prove-
nienti da famiglie aristocrati-
che ma anche borghesi, con-
senzienti o meno, entravano
in convento intorno ai quat-
tordici anni, per trascorrervi
una vita intera
dedicata alla me-
ditazione e alla
preghiera. Desti-
nare una figlia al
convento rispon-
deva, infatti, ad
un sistema di pia-
nificazione fami-
liare diffuso anche
in Calabria, per-
ché serviva ad
impedire la di-
spersione di un
patrimonio desti-
nato in genere al
primogenito. Gli Alcune donne nel convento
AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA Pagina 9
istituti d’assistenza
soccorrevano i mala-
ti, gli orfani, gli an-
ziani, gli abbandona-
ti, ma non davano
alcun aiuto a chi era
sano e forte al di
fuori della struttura
familiare. La famiglia
non garantiva di cer-
to la sicurezza, ma il
restarne senza, met-
teva le donne a ri-
schio, per questo
nell’Ottocento, come
già nel secolo prece-
dente, le vedove e le
donne sole ai livelli inferiori
della scala sociale dipende-
vano dall’assistenza pubbli-
ca. Un tempo, la donna cala-
brese conduceva vita ritirata
ed usciva accompagnata dai
familiari per recarsi in Chiesa
ad ascoltare la Messa; e in
tale circostanza l’era conces-
so di sfoggiare i suoi abiti
migliori, e di ornarsi il petto
e le orecchie con collane e
pendenti d’oro. La donna dei
ceti popolari si accontentava
di poco e, anche se povera,
mostrava orgoglio della pro-
pria condizione sociale; oltre
che per recarsi in Chiesa,
Da pag 8 Da pag 8 Dal matrimonio al Convento, percorsi Dal matrimonio al Convento, percorsi
femminili nella Calabria unitaria.femminili nella Calabria unitaria.
usciva da casa per andare a
lavare il bucato nel fiume o
per fare provvista d’acqua
potabile alla pubblica fonta-
na. Sin dall’infanzia, secondo
la posizione sociale della sua
famiglia, era indirizzata ad
apprendere il lavoro dome-
stico o quello dei campi, do-
ve finiva col sostituire spesso
l’uomo quando questo era
costretto a emigrare per lon-
tani paesi, spinto dalla spe-
ranza di una fortuna migliore
e dal desiderio di fornire una
più conveniente comodità di
vita alla propria famiglia.
Sottoposta all’autorità ma-
schile, la donna era dunque
sottratta di solito alla scuola,
non essendo per altro
l’istruzione femminile ap-
prezzata, ma piuttosto consi-
derata un mezzo di corruzio-
ne morale, o quanto meno,
un inutile apprendimento di
cultura. La dote era ritenuta
un bene indispensabile, sen-
za il quale la donna non po-
teva aspirare al matrimonio,
tant’è che per le ragazze
povere intervenivano gli isti-
tuti caritatevoli che avevano
il compito di costituire doti e
far si che anche a loro fosse
data l’opportunità di maritar-
si. La donna non poteva con-
trarre, né compiere alcun
atto della vita civile senza il
consenso del padre e poi del
marito. Ad una vita trascorsa
tra le pareti domestiche, co-
me mogli, madre e figlie, le
donne avevano solo il con-
vento come dignitosa possi-
bilità alternativa. Tutte le
città italiane avevano visto
sorgere numerosi conventi
femminili, che accoglievano
giovani donne nobili ma an-
che d’estrazione sociale più
modesta, pagando una dote
molto inferiore a
quella necessaria
per fare un buon
matrimonio.
Il popolo per le strade durante le manifestazioni
Pagina 10 AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA
Donare…. dovremmo riflet-
tere molto su questa sempli-
ce parola. Donare per noi
cristiani dovrebbe essere un
principio cardine: Cristo ha
donato per noi il suo corpo
ed il suo sangue. Eppure
nella società di oggi assistia-
mo sempre ad eventi di in-
Il dono del sangueIl dono del sangue
differenza e cattiveria estre-
ma. Oggi viviamo in un mon-
do in cui il merito non è qua-
si mai gratificato e va aventi
solo chi scende a compro-
messi. Ancora nel 2010 la
nostra è una realtà in cui il
dono del sangue, che è un
gesto semplice e gratuito
d’amore per l’altro, vie-
ne visto da molte per-
sone come qualcosa di
poco importante o peg-
gio non suscita
nient’altro che indiffe-
renza. Fin da bambino
sento parlare dell’AVIS
(associazione per la
donazione del sangue),
ed ho assistito anche a
molte sue encomiabili
iniziative. Mi accorgo
spesso che ancora sono
troppo poche le perso-
ne coinvolte in questo
gesto d’amore. Il vero
problema è che do-
vremmo svegliarci dal
torpore della vita quoti-
diana. Dovremmo ren-
derci conto che tutti
siamo chiamati a fare questo
o altri gesti, perché ci sono
persone che hanno bisogno
della nostra solidarietà, se è
verità che nel povero,
nell’ammalato, nel bisognoso
c’è Gesù, è proprio a Lui che
dobbiamo dimostrare qual-
cosa. Tutti siamo liberi citta-
dini e possiamo credere libe-
ramente a ciò che riteniamo
più giusto. Come cittadini,
però tutti abbiamo diritti e
doveri e quindi come po-
tremmo chiedere aiuto in
caso di necessità, se noi per
primi non ne dessimo! Quin-
di è un nostro dovere sotto
ogni aspetto e soprattutto è
un atto che arricchisce noi
stessi di umana pietà. Forse
il modo per stabilire la pace
per non vivere nell’ipocrisia è
proprio questo. Così sulla
base di valide scelte, la no-
stra vita non sarebbe carat-
terizzata da inutili banalità,
ma riusciremo ad arricchire
di autentico significato la
nostra esistenza. Articolo a
cura di Caridi Matteo 4CT Caridi Matteo 4CT
Le stampe popolari nel risorgimento Italiano Le stampe popolari nel risorgimento Italiano cont pag 11cont pag 11
Noi oggi viviamo in una
società in cui predomina
l’immagine televisiva e ci-
nematografica. Le notizie,
ed i resoconti ci arrivano
attraverso la televisione.
Questo mezzo si è diffuso
ovunque e ci porta diretta-
mente in casa immagini da
tutto il mondo. Nell’800
non era così. I fatti e le
idee si apprendevano attra-
verso la stampa e le illu-
strazioni. La tiratura dei
giornali del tempo, nei ro-
manzi, nelle stampe e nei
calendari, nella satira poli-
tica, nelle figurine popolari
era enorme, in una dimen-
sione oggi dimenticata. O-
gni giornale pubblicava a
puntate una piccola appen-
dice costituita da un ro-
manzo ricco di fatti, di av-
venture. Di amori. Esso
veniva seguito dai lettori
con lo stesso entusiasmo
che oggi risentono le tele-
novele. Le illustrazioni a
colori o in bianco e nero, le
stampe satiriche e politi-
che, i ritratti dei personaggi
o degli avvenimenti del Ri-
AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA Pagina 11
sorgimento ebbero altret-
tanta fortuna. Tutte le fa-
miglie borghesi, ma molte
anche del popolo, ebbero le
proprie stampe patriottiche
incorniciate e appese al
muro: Garibaldi, Cavour,
Mazzini, Vittorio Emanuele
II, Carlo Alberto in esilio,
episodi delle cinque giorna-
te di Milano, o delle insur-
rezioni di Brescia, Roma,
Venezia. Garibaldi fu il più
raffigurato in assoluto e la
sua immagine, in circa 10
anni, venne diffusa in altre
due milioni di stampe. Il
giornale satirico piemonte-
se “Il
Fischiet-
to”, ap-
parso
per la
prima
volta nel
1848, fu
uno tra i
più ani-
mati del
suo tem-
po e le
vivaci
Da pag 10 Da pag 10 Le stampe popolari Le stampe popolari cont pag 12cont pag 12
polemi-
che che
da esso
scaturi-
rono ma
tardaro-
no a
raggiun-
gere un
vasto
pubblico.
I giovani
spesso
lo colpi-
rono se-
veramente e i caricaturisti
divennero, però,
famosi ma meno
dei giornalisti ri-
nomati dalla firma
prestigiosa. Tra i
più vitali giornali
satirici dell’epoca
sono da ricordare
”L’ Arlecchino” di
Napoli, “Lo spirito
Folletto” di Mila-
no,”Il Lampione”
d Firenze, che
ebbe tra i suoi
collaboratori Carlo
Lorenzini (il vero
nome di Collodi
L’autore di
“Pinocchio”) In queste pa-
gine si possono vedere al-
cuni esempi di stampe po-
polari del risorgimento.
Nella figura N.1 un garibal-
dino e un bersagliere cer-
cano di sfilare ad un solda-
to austriaco il Veneto e il
Tirolo. La stampa N.2 è
una allusione alle glorie
della Grecia che la raffigura
libera, in atteggiamento
fiero. Bellissima è la foto-
grafia a colori che allude ad
un episodio delle 5 giornate
di Milano (figura 3). Essa
raffigura una barricata di
Milano, con uomini e donne
che combattono intorno al
Tricolore italiano. Le figure
(4 e 5 pagine 10) fanno
parte di due stampe satiri-
che contro i soldati austria-
1
3
Pagina 12 AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA
ci raffigurati come un maiale
e un tacchino. Nella figura
(6) è rappresentato un bel-
lissimo calendario del 1860
con alcune scene curiose. In
basso a sinistra, Vittorio E-
manuele è festeggiato dalle
regioni italiane annesse al
nuovo regno d’Italia, che
danzano intorno al Re e al
Tricolore. A destra,
invece, bersaglieri e
soldati francesi ba-
stonano un soldato
austriaco.
Da pag 11 Da pag 11 Le stampe popolari nel risorgimento Le stampe popolari nel risorgimento
Le prime guardie d’onore a Reggio Calabria Le prime guardie d’onore a Reggio Calabria cont pag 13cont pag 13
Reggio Risorgimentale Reggio Risorgimentale
Alla morte di Francesco I succede al trono di Napoli il figlio Ferdinando II. Il giovane Monarca,
sorretto dall’entusiasmo della sua giovane età, mostrò subito di voler dare un’impronta moderna
alle Istituzioni. Incominciò, cosi, a riformare e consolidare le finanze, riorganizzare e potenziare
l’esercito rendendo più efficienti le forze armate del suo regno non solo per garantire maggiore
sicurezza interna allo Stato, ma anche per allontanare le ingerenze straniere. Queste prime inizia-
AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA Pagina 13
tive accesero le speranze del-
le povere popolazioni meridio-
nali emarginate, che attesero
fiduciose l’inizio di tempi mi-
gliori e guardarono al giovane
Sovrano come al modello ri-
formatore, il quale si mostrò
propenso ad emanare provve-
dimenti di perdono a favore
dei condannati e degli esuli
politici. Nell’intento di rendersi
conto personalmente della
reale situazione della Cala-
bria, il Re intraprendeva il suo
primo viaggio ed il 31 Luglio
1831 giungeva a Reggio Cala-
bria. L’eccezionale evento è
stato scritto da uno storico del
tempo, Guarna Logoteta che
ha sottolineato come tutti gli
abitanti accorsero a festeggia-
re il Re, il quale visitò anche il
Castello ed altri pubblici luo-
ghi. In occasione della sua
venuta, fu solennemente ac-
colto dalle autorità locali rap-
presentate dal Sindaco,
dall’Intendente, dal Coman-
dante del Presidio Militare,
con accanto ventidue Guardie
a cavallo, formate da giovani
appartenenti alle famiglie ari-
stocratiche reggine come i
Musitano, i Laboccetta, i Ne-
sci, I Molinaro, i Plutino ed
altri, che, volontariamente,
avevano chiesto di essere gli
autorizzati ad indossare una
divisa per fare la guardia del
corpo al nuovo Monarca du-
rante la sua permanenza in
città. L’uniforme era di colore
blu con le mostrine rosse, il
cappello fregiato con ricami
d’argento, e faceva parte del
corredo anche una coccarda,
la spada o la sciabola.
L’iniziativa per questa nuova
formazione militare, atipica
per quei tempi, era accolta
favorevolmente negli ambienti
aristocratici reggini tanto è
vero che qualche mese dopo
fu trasmessa una petizione al
Sovrano affinché gli stessi
componenti della “Guardia”,
fossero autorizzati ad indos-
sare la divisa nelle solenni
ricorrenze e nelle feste di ga-
la. La domanda veniva accolta
dal Ministero della Guerra e
cosi la stessa Guardia d’onore
farà bella mostra di sé ancora
una volta, due anni dopo
(1833) quando Ferdinando II
ritornerà a Reggio. Un altro
schieramento di cavalieri mol-
to più numeroso rese gli onori
a Ferdinando II in occasione
della sua terza visita a Reg-
gio. Accolto da grandiosi fe-
steggiamenti, il suo corteo fu
fatto passare sotto diversi
archi di Trionfo
addobbati so-
prattutto nel
Rione Santa
Caterina e
sull’Annunziata.
Il Sovrano, vo-
lendo premiare
lo zelo dei suoi
sudditi che a
Reggio gli ave-
vano tributato
tale forma di
omaggio, ema-
nava un Decreto
con il quale san-
civa la forma-
zione degli
“Squadroni Pro-
vinciali di Guar-
die D’onore”.
Venivano, cosi,
istituiti ufficial-
mente otto Squa-
droni Provinciali di Guardie
D’onore, più uno per la Capi-
tale. Ogni singolo Squadrone
era composto da: un capo
squadra, quattro capi plotone,
un primo sergente, un foriere,
dodici caporali, centoventi
guardie. Essi dipendevano dal
Ministero della Guerra ed era-
no diretti da un Comandante
superiore, ed il primo a rico-
prire tale incarico fu il Gene-
rale Giuseppe Ruffo. Secondo
la Legge potevano accedere al
“Corpo”, gli aspiranti che a-
vessero compiuto i 17 anni
d’età e non superato i 40. I
volontari dovevano essere
nelle condizioni di potersi
mantenere un buon cavallo da
sella e di provvedere a pro-
prie spese alla confezione del-
le uniformi. Solo più tardi il
Sovrano estese tale privilegio
Da pag 12 Da pag 12 Le prime guardie d’onore a Reggio CaLe prime guardie d’onore a Reggio Calabria labria
Cont pag 14 Cont pag 14
Pagina 14 AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA
anche ai funzio-
nari dello Stato
ed ai ricchi mercanti. Le prime
domande di arruolamento
giunsero dalla provincia di
Reggio tanto che Ferdinando
II sentirà il dovere di decreta-
re una lode alla Calabria Ultra‐
Prima (cosi si chiamava Reg-
gio a quei tempi) per il mas-
siccio arruolamento. A Reg-
gio, nella casa di De Lieto,
facoltoso esportatore di agru-
mi ed essenze, all’inizio del
1847 si incontravano frequen-
temente i maggiori attivisti
liberali come Antonio Cimino,
Federico Genovese, Domenico
Murata, Paolo Pellicano, Ago-
stino Plutino, Andrea Romeo.
Era una cospicua schiera di
uomini appartenenti a fami-
glie del patriziato, della bor-
ghesia agraria, del ceto pro-
fessionale e artigianale. Tra
costoro emergevano alcuni
studenti che frequentavano l’
Università di Napoli, Messina
e Palermo: giovani pieni di
idee nuove e desiderosi di
radicale mutamento della si-
tuazione politica. In città, in-
tanto affioravano le prime
voci che gli eventi erano dav-
vero maturati per abbattere il
regime oppressivo, mentre in
molti si accendeva
l’entusiasmo e la speranza di
un’era nuova di progresso e
riscatto. Il 21 Luglio del 1847
l’intendente della Calabria
Ultra Pri-
ma, tra-
smetteva
un primo
rapporto
al Mini-
stro della
Polizia nel quale si
affermava
sull’esistenza di riu-
nioni segrete e sulla
preparazione di piani
per sovvertire l’ordine
pubblico. Romeo era il
massimo esponente
del progetto rivoluzio-
nario perché Reggio e
Messina erano già
scese in campo. Ma il
disegno rivoluzionario
presto falliva e Rome-
o, catturato, veniva decapita-
to e la sua testa esposta per
due giorni nel cortile del car-
cere reggino. Frattanto la ri-
volta si estendeva nella pro-
vincia reggina ma il Comando
delle Armi di Reggio comuni-
cava che alcuni individui do-
vevano essere radiati dal ser-
vizio di Guardia d’Onore per-
ché avevano preso parte
all’insurrezione del 1847. Essi
erano: Agostino
Plutino, Mantica, De
Blasio ecc … Sono i
primi reggini che
con devozione o
fanatismo avevano
servito la causa del-
la dinastia borboni-
ca dalla quale ave-
vano operato nella
realizzazione di uno
Stato moderno e
costituzionale; in
seguito, delusi, ave-
vano reagito, tra-
mando contro un
regime rivelatosi
poliziesco e tiranno,
aderendo perciò alla
causa liberale. Tra
costoro si distinse
Agostino Plutino,
capo della rivolta reggina.
Fallito il movimento rivoluzio-
nario, Plutino fu costretto a
riparare a Malta e a Marsiglia,
da dove passò poi a Torino.
Dalla città piemontese prepa-
rò, con l’aiuto della famiglia
Nesci l’arrivo di Garibaldi in
Calabria. Insieme ai fratelli
Plutino collaborarono i Melis-
sari, Domenico Genovese Zer-
bi con i fratelli Nesci.
Le prime guardie d’onore a Reggio Calabria Le prime guardie d’onore a Reggio Calabria
Da pag 13Da pag 13
AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA Pagina 15
commercianti, imprenditori,
professionisti, intellettuali),
con i loro interessi di sviluppo
economico, si sentirono più
rappresentati e ne indirizzaro-
no le scelte. Questi ceti bor-
ghesi sostennero il Risorgi-
mento perché interessati alla
ripresa economica e alla liber-
tà commerciale; essi deside-
ravano l’abolizione delle bar-
riere doganali, mal sopportan-
do le pesanti imposizioni fi-
scali dei governanti. Solo in
alcuni momenti, come nel
1848 a Venezia e a Milano,
artigiani e operai presero par-
te attiva alla lotta. Proprio per
lo scarso coinvolgimento po-
polare, le insurrezioni non
diedero perciò i frutti sperati.
In questo contesto s’inserì
nella vicenda storico-politica
lo stato piemontese, retto
dalla monarchia dei Savoia.
Esso seppe interpretare le
aspirazioni degli italiani
all’indipendenza e, dichiaran-
do guerra all’Austria in due
occasioni, nel ’48 e nel ’59
(prima e seconda Guerra
d’Indipendenza), divenne, di
fatto, la guida del movimento
risorgimentale, che si
terminò con l’impresa
dei Mille di Garibaldi nel
1860/61 e la conquista
del Regno delle due
Sicilie. A questo punto
l’Unità d’Italia può dirsi
compiuta; Cavour e il
re Piemontese Vittorio
Emanuele II sono di-
ventati le guide del mo-
vimento che portò alla
proclamazione del Re-
gno d’Italia a Torino,
nel 1861.
Le tappe più significative dell’Unificazione d’Italia Le tappe più significative dell’Unificazione d’Italia
Dopo il congresso di Vienna,
anche le dinastie italiane re-
staurate, temendo fermenti
rivoluzionari imposero pesanti
regimi polizieschi e un ferreo
controllo sulla vita culturale e
artistica. Intanto, però si era
fatta sempre più matura, nei
ceti borghesi e intellettuali, la
richiesta d’indipendenza e di
unità nazionale, dopo secoli di
dominazione straniera. Il ter-
mine stesso di Risorgimento,
che indica il periodo storico
compreso tra il 1820 e il
1870, durante il quale l’Italia
conquistò la sua unità e la sua
indipendenza, definisce il pro-
cesso di rinascita culturale,
civile e politica della nazione
italiana, e di riscatto da una
condizione di decadenza mo-
rale e di servitù. Diversi movi-
menti d’ispirazione liberale
cominciarono ad organizzarsi
nella clandestinità e a lottare;
particolarmente sentito, era
anche l’obiettivo, comune a
tutti gli altri popoli europei, di
ottenere la libertà costituzio-
nale. Per esse lottarono asso-
ciazioni culturali e politiche
che guidarono i movimenti
insurrezionali, come la
“Giovane Italia” fondata da
Giuseppe Mazzini. Nel Risorgi-
mento italiano due furono le
linee di pensiero a confronto:
la prima, che faceva riferi-
mento a Mazzini, s’ispirava a
ideali democratici e repubbli-
cani e puntava sulla parteci-
pazione del popolo e sulle in-
surrezioni per instaurare una
repubblica ad ampia base de-
mocratica; la seconda, mode-
rata e in parte legata agli am-
bienti cattolici, rappresentata
dal torinese Vincenzo Giober-
ti, faceva appello alle autorità
come il Papa o il re piemonte-
se, per ottenere più diploma-
ticamente l’allontanamento
degli stranieri e la nascita di
un regime liberale. E’ oppor-
tuno far presente che la stra-
grande maggioranza della
popolazione italiana non fu
coinvolta in questi moti, a
causa della propria arretratez-
za economica e culturale: gli
operai, e ancor di più i conta-
dini, ebbero scarsa voce nella
vicenda risorgimentale, nei
quali invece i ceti borghesi
(quali proprietari fondiari,
Pagina 16 AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA
Il Risorgimento fu il periodo
della storia d'Italia durante il
quale la nazione Italiana -
stanziata a sud dello spartiac-
que alpino e occupante anche
le isole di Sardegna, Sicilia e
gli arcipelaghi minori, conse-
guì la propria unità nazionale.
La storia ufficiale del Risorgi-
mento è nota; sono celebri le
battaglie, le azioni politiche, il
grido di dolore, ma s’ignorano
le vicende personali degli eroi
e delle eroine, in particolare le
loro sofferenze, le gioie, le
esaltazioni, gli abbattimenti. Il
Risorgimento fu un fenomeno
tipico dell'Ottocento e fu rap-
presentato da una vasta com-
plessità di caratteri, nobili e
meschini, vividi e smorti, col-
lettivi e individuali. La terra di
Calabria, occorre ricordare
che già da decenni essa era in
cima alle graduatorie della più
grave criminalità comune del
Regno e che essa, sotto il
profilo politico, andava legitti-
mando la sua immagine di
regione difficile. Quando nel
Settecento il mezzogiorno
passa sotto i Borboni, la Cala-
bria è ancora dominata da
grandi casate feudali, come i
Filomarino, i Pignatelli, i San
Severino, i Ruffo, a cui gran
parte del territorio calabrese
apparteneva, dato che le terre
regie erano solo quattordici. Il
grande baronaggio è uscito,
però, forte-
mente inde-
bolito dalla
crisi profon-
da del seco-
lo prece-
dente: molti
grandi feudi
sono passati da una mano
all'altra e tutto il sistema è
colpito in punti essenziali; e
nelle fratture sempre più gra-
vi si è inserito il nuovo ceto
borghese di derivazione ter-
riera o professionale, dando
origine così ad un nuovo pro-
cesso che, sboccherà nel più
vasto processo unitario della
nazione. Le plebi cittadine e
campagnole sopportano il pe-
so maggiore della lunga crisi
economica, e anzi sono le pri-
me vittime delle pur lente tra-
sformazioni che la nuova bor-
ghesia introduce nel commer-
cio e nella vita agricola; tutta-
via, guardando la sociètà ca-
labrese nel suo complesso, si
avverte un respiro più ampio,
a cominciare dalla vita ammi-
nistrativa e delle lotte interne
ad essa connesse. Questo
accade alla fine del XVIII se-
colo, quando Ferdinando IV,
prendendo le mosse dal terri-
bile terremoto del 1783 che
distrusse buona parte della
Calabria meridionale, delibera
la confisca dei beni ecclesia-
stici e forma la Cassa Sacra. Il
ritorno al potere di Ferdinan-
do di Borbone nel Mezzogior-
no continentale portò ad una
seconda Restaurazione. Al
ripristino della dinastia borbo-
nica e alle tendenze assoluti-
stiche di Ferdinando IV si op-
pose in Calabria, un gruppo
d’intellettuali, provenienti da
famiglie della borghesia agra-
ria, che aderirono alla Carbo-
neria e organizzarono nel
1820 i moti che indussero il
sovrano a concedere la Costi-
tuzione. Nello stesso tempo, il
risveglio culturale è notevole,
poiché aumenta il numero dei
giovani calabresi che studiano
a Napoli e fanno ritorno in
Calabria con le idee acquisite
nel corso dei propri studi e
dalle lezioni di filosofia ed e-
conomia politica tenute da
Antonio Genovese. Idee illu-
ministiche che tendono a dif-
fondere un nuovo orienta-
mento sul modo di gestire
non solo la vita politica ma
anche la proprietà terriera.
Molti sono i proprietari che
vogliono mettere al riparo le
loro conquiste; in pochi giorni,
tranne i centri catanzaresi e il
litorale reggino, tutta la regio-
ne alza la bandiera Repubbli-
cana. Le plebi restano, però,
fedeli al sovrano, poiché non
intendono né possono inten-
Il Risorgimento in Calabria Il Risorgimento in Calabria cont. Pag 17cont. Pag 17
AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA Pagina 17
dere le ultime parole; esse
vedono trionfare i nuovi ricchi
e, al richiamo delle suggestive
parole del cardinale Fabrizio
Ruffo, danno vita a quell'Ar-
mata Cristiana cha spazza via
con la rapidità del vento, l'ar-
dimentoso progetto della di-
struzione della dinastia borbo-
nica. Nel Mezzogiorno e in
Sicilia, si assisteva a un peg-
gioramento delle condizioni
esistenziali di quelle popola-
zioni rurali (piccoli proprietari,
coloni, mezzadri impropri)
ridotte spesso al limite della
sussistenza. Il malessere era
accresciuto sia dall’espansione
demografica, e anche dalla
vendita dei demani. Nel 1811
nasce la Carboneria, ed è pro-
prio in Calabria che la Carbo-
neria compie la sua prima
prova: nel 1813 Vincenzo Fe-
derico repubblicano moderato
del 1799 e capitano della le-
gione, finisce sulla forca dopo
un moto insurrezionale.
Nell'ambito della Carboneria
calabra si assiste, però ad una
rottura, tanto che alla vigilia
dei moti del 1820 essa si divi-
de in due settori opposti, da
un lato i borbonici (Calderai)
al seguito del principe di Ca-
nosa, dall'altro i
(Repubblicani) con Gaspare
Andreotti capo della Carbone-
ria cosentina. Dopo il 1815
tutto in Calabria sembra tor-
nare nell’ordine e nel 1816 si
costituisce una provincia
“Calabria ultra prima” l’attuale
Reggio Calabria. In seguito
seguono due decenni politica-
mente tranquilli. Il grande
momento della storia Calabre-
se del Risorgimento, il 1848,
non è lontano. Le autorità
borboniche riesumano le vec-
chie questioni demaniali. Si
rinnova la vita culturale per
l'influsso delle idee romanti-
che e diventano più numerosi
i gruppi che sostengono la
necessità di un profondo rin-
novamento della vita politica
e sociale. Proprio in quegli
anni escono le riviste Il Viag-
giatore, il Calabrese, e La Fa-
ta Morgana pubblicati e scritti
tra Reggio Calabria e Cosen-
za. Ed è a Reggio Calabria che
si tiene il processo contro Be-
nedetto Musolino, fondatore
nel 1834 della setta (Figli del-
la Giovane Italia), e i pochi
altri congiurati che ne aveva-
no accettate le regole. La Ca-
labria dunque è già in movi-
mento, dunque, quando Fer-
dinando II concede la Costitu-
zione e fissa i comizi elettorali
nel suo regno. Dalle urne e-
scono vincitori i più qualificati
esponenti del movimento libe-
rale. A differenza del 1799
questa volta i contadini si
muovono, perché vogliono le
terre ed intendono colpire i
proprietari usurpatori. I pro-
prietari resistono, mentre il
governo rivoluzionario affer-
ma il rispetto dell'ordine, della
tranquillità, della proprietà;
ma ciò fa attenuare la prima
fiammata rivoluzionaria e su-
scita dissidi interni tra i capi
rivoluzionari. Il moto fallisce
nella terza decade di Giugno.
Nemmeno l'aiu-
to dei Siciliani
era servito a
qualcosa. La
rivoluzione del
'48 fa emergere
però in modo
definitivo la fu-
tura nuova clas-
se dirigente del-
la Calabria: al-
cuni prendono
la via dell'esilio,
per poi ritornare
nel 1860 al se-
guito di Garibal-
di; altri, dopo il
carcere e il con-
Da pag 16 Da pag 16 Il Risorgimento in CalabriaIl Risorgimento in Calabria cont pag 18cont pag 18
Pagina 18 AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA
fino, continuano ad operare il
senso liberale e dirigono il
movimento interno prima e
dopo Garibaldi. L’atto sovrano
del 25 giugno 1860, che con-
cede la Costituzione, costitui-
sce il primo passo verso la
liberazione, poiché gli espo-
nenti del partito borbonico in
Calabria si sentono abbando-
nati dal sovrano e non hanno
alcun mezzo per resistere
all'avanzata del ceto liberale.
Il 21 agosto 1860 Garibaldi
vince la battaglia di Reggio e
dopo dieci giorni con le sue
truppe è già al confine con la
Basilicata. La liberazione può
dirsi compiuta, ed il governo
della regione passa nelle mani
Il Risorgimento in CalabriaIl Risorgimento in Calabria
dei governatori
garibaldini.
Trionfano, però i
moderati e tale
trionfo trova con-
ferma nelle ele-
zioni politiche del
Gennaio-
Febbraio 1861.
La Calabria è ora
parte di un più
vasto regno, ma
non per questo i
suoi secolari pro-
blemi giungono a
soluzione. Lo
stesso fatto
dell'Unità coinvolge solo la
parte più colta e più agiata
della regione, mentre gli strati
più umili della popolazione
restano ancora una volta,
all'opposizione.
La musica nel Risorgimento ItalianoLa musica nel Risorgimento Italiano
La musica italiana durante l’
Ottocento conobbe una fiori-
tura straordinaria e un altret-
tanto eccezionale successo in
tutt’ Europa. Furono italiani
molti musicisti di grande ta-
lento, ma anche cantanti, im-
presari, direttori di teatri nelle
maggiori capitali europee; Il
genere che ebbe più seguito
in quel periodo fu senza dub-
bio l’opera lirica, quella di ca-
rico meno drammatico o
“melodramma”. Oggi la musi-
ca riveste un ruolo diverso,
perché la mag-
gior parte della
gente si limita a
un ascolto passi-
vo; nell’ ottocen-
to, invece, e non
solo nelle classi
più evolute: mol-
tissime erano le persone in
grado suonare uno o due
strumenti e
innumerevoli
i cotanti dilet-
tanti. Inoltre
la rappresen-
tazione di un’
opera era
allora un e-
vento di ec-
cezionale im-
portanza:
anche per il
suo stesso
impegno or-
ganizzativo,
che mette
insieme lo
spettacolo
scenico e la
musica, e un
intreccio u-
manistico spesso commoven-
te. Essa costituiva
AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA Pagina 19
La musica nel Risorgimento ItalianoLa musica nel Risorgimento Italiano
un’occasione
particolarissi-
ma capace di
suscitare vero
entusiasmo in
un’epoca in
cui le possibi-
lità di intratte-
nimento non
erano molte.
Musicisti cele-
berrimi furo-
no, in Italia,
Gioacchino
Rossini, Vin-
cenzo Bellini e
soprattutto
Giuseppe Ver-
di. Quest’ ulti-
mo divenne
l’araldo più
noto del Ri-
sorgimento per la passione
libertaria che seppe dare ad
alcuni motivi (specialmente al
coro) subito accolti e diffusi in
tutta la penisola . Con lo
“slogan” W V.E.R.D.l. i patrioti
nell’ 800 esprimevano, oltre
all’’ amore per il compositore
arche in autentico messaggio
in codice: intendevano infatti
dire “W Vittorio Emanuele re
d’Italia”. Già Mazzini in un
seggio del 1836, aveva spera-
to, Il sorgere di una nuova
musica, non più aristocratica,
ma popolare, che si sapesse
esprimere con un linguaggio
immediato e con i più nobili
sentimenti della nazione e
l’amore per l’ Italia. Il
“magico” potere della musica,
capace di commuovere e di
incitare all’ azione le messe
popolari, era ben noto anche
ai regimi conservatori, e per-
ciò la Temevano. Ogni nuova
rappresentazione veniva
guardata con sospetto dalla
censura aristocratica e da
quella dei vari strati italiani,
tanto che vennero presi prov-
vedimenti restrittivi per motivi
di ordine pubblico e nei teatri
la platea fu divisa in due par-
ti: nelle prime file prende po-
sto la milizia aristocratica,
mentre ai normali spettatori
era riservato il fondo della
sala ma, ugualmente, non
mancavano gli incidenti, così
quando a Milano , nel 1859
venne cantato il coro della
“Norma” di Bellini (egli era un
musicista siciliano, nativo di
Catania che volse il suo inte-
resse soprattutto al melo-
dramma i suoi capolavori più
importanti furono: La Norma
e i Puritani) dove si inneggia-
va alla guerra, scoppiò il fini-
mondo: il pubblico italiano si
levò in piedi applaudendo,
mentre gli ufficiali austriaci
urlavano contro. Da allora il
comando austriaco proibì che
il coro venisse cantato. Uguali
entusiasmi suscitavano altre
arie di Bellini Ma i coi più di
Tutta la storia Italiana restano
Certamente quelli di Verdi, del
quale ricordiamo “Viva Italia”,
“O signore dal tetto natio” e
soprattutto “Va pensiero sull’
ali dorate” del Nabucco. Egli
fu senza dubbio il più celebre
compositore italiano dell' 800
e gode ancora oggi di grande
popolarità con alcune delle
sue opere, ricordiamo tra le
più famose: Nabucco, Rigolet-
to Il trovatore, Aida ecc. Verdi
contribuì sen-
sibilmente alla
diffusione de-
gli ideali di
libertà del
risorgimento
Italiano.
Pagina 20 AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA
Il Brigantaggio nel Risorgimento ItalianoIl Brigantaggio nel Risorgimento Italiano
Il brigantaggio fu uno dei più
gravi problemi che lo stato
italiano si trovò ad affrontare
subito dopo l’Unità d’Italia e si
diffuse in maniera particolare
in Calabria. L’ampia diffusione
del fenomeno spinse il parla-
mento nel 1862 a promuovere
un’inchiesta per studiare le
cause e fu Massari che indivi-
duò nelle misere condizioni
sociali del Mezzogiorno, i mo-
tivi della ribellione. La Cala-
bria era in gran parte mon-
tuosa, priva di efficienti colle-
gamenti stradali, non aveva
usufruito di quello sviluppo
comunale e cittadino caratte-
ristico dell’Italia centro-
settentrionale e non vi si era-
no mai formati gruppi sociali
di borghesi attivi capaci di
sviluppare l’industria o il com-
mercio. Gran parte della vita
economica era legata alla
grande proprietà terriera, ri-
masta in genere nelle mani
della nobiltà, che faceva colti-
vare i propri latifondi a mi-
gliaia di poverissimi braccianti
senza mai impiegare denaro
per miglio-
rare le col-
ture. Subito
dopo l’Unità
d’Italia mol-
ti contadini
poveri spe-
rarono di
poter otte-
nere una
più equa
distribuzio-
ne delle
terre, che
invece non
ebbe luogo.
Delusi della
politica del
governo e
colpiti da
una tassa-
zione alla
quale non
erano abituati, offesi e dan-
neggiati dall’introduzione del
servizio militare obbligatorio,
che prima non conoscevano,
molti di loro si ribellarono. Si
espandé, di fatto, il cosiddetto
“brigantaggio” le bande di
briganti di campagna furono
sostenute da una parte della
popolazione: era una forma
contro i piemontesi e contro il
nuovo Stato che aveva porta-
to recenti pesanti obblighi.
Era davvero una rivoluzione,
che a quel tempo era meglio
definita dalla popolazione ca-
labrese come “disordine so-
ciale”. E le rivolte divamparo-
no ancora di più dopo la mor-
te di Cavour, coinvolgendo
borghi e villaggi, città e cam-
pagne. L’Aspromonte divenne
il centro, mentre a decine i
comuni calabresi issarono il
bianco vessillo gigliato dei
Borbone.Tantissime bande
operavano nel cosentino e nel
reggino; di solito erano perso-
ne di umilissime origini, anche
AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA Pagina 21
se tra loro ci furo-
no un medico e
un notaio. La re-
pressione di que-
ste bande fu spie-
tata e la lotta ai
briganti fu con-
dotta da un eser-
cito regolare che
fu impiegato in
vere e proprie
azioni di guerra.
Ma la rivolta era
non solo contro il
nuovo ordine ma
anche contro le
classi sociali che con l’Unità
cominciavano ad imporsi. Un
brigante che operò in Calabria
fu il leggendario Carmine
Crocco che giustificò il suo
essere contro la legge asse-
rendo che tutti i sacrifici di un
contadino non fruttano nulla
perché il prodotto della terra,
lavorato con il sudore non
potrà dare benessere e pro-
sperità perché non sarà mai
suo, cosicché il poveretto si
vede condannato a eterna
miseria, pensando sempre
alla vendetta contro chi vuole
questa situazione. L’occasione
presto si presenta e il contadi-
no si fa brigante. In tal modo,
il brigantaggio diventa la pro-
testa selvaggia contro secolari
ingiustizie. Il brigantaggio
calabrese ebbe grande con-
senso popolare, soffuso anche
di leggenda. E calabrese fu la
più famosa brigantessa. Si
chiamava Marianna Olivare
conosciuta col nome di
“Ciccilla” e guidò per qualche
tempo la banda di un certo
Pietro Monaco. Arrestata,
venne quasi subito giustiziata.
La Calabria rimase per lunghi
anni nel terrore e la popola-
zione era segnata da arresti,
scontri, rapine, uccisioni. Nel
1863 vi furono delle leggi ec-
cezionali, che esclusero però
la provincia di Reggio: Queste
leggi non riuscirono a frenare
lo sviluppo del banditismo che
si diffuse anche nei comuni
limitrofi. Solo dal 1865 la
situazione si andò normaliz-
z a n d o e l ’ i m p i e g o
dell’esercito venne sempre
più ridotto: in ogni caso la
repressione del brigantaggio
causò molte vittime inno-
centi e lasciò a lungo uno
strascico di polemiche sia
nelle regio-
ni meridio-
nali che in
quelle set-
tentrionali.
S c o r d o
G i u se ppe
3AM
Il Brigantaggio nel Risorgimento ItalianoIl Brigantaggio nel Risorgimento Italiano
Pagina 22 AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA
La lingua italiana al momento della La lingua italiana al momento della proclamazione dell’Unità d’Italiaproclamazione dell’Unità d’Italia
Gli studiosi di storia della lin-
gua italiana si sono spesso
domandati quanti parlassero
realmente la nostra lingua al
momento della proclamazione
d e l l ’U n i t à . È que s ta
un’indagine molto difficile,
perché non esisteva nessuno,
in quei tempi, che raccoglies-
s e u n t a l e g e n e r e
d’informazioni. Calcoli appros-
simativi ci dicono che in molte
regioni solo una percentuale
fra il 5% e il 15% dei cittadini
parlava italiano o almeno era
in grado di farlo. La maggior
parte delle persone preferiva
comunque esprimersi in dia-
letto. Del resto, alla corte del
regno di Sardegna si era par-
lato fino a poco tempo prima
in Francese e lo stesso Vitto-
rio Emanuele II, nelle occasio-
ni non ufficiali, parlava in dia-
letto piemontese. Così pure
nelle fabbri-
che del Nord
per tutto
l’Ottocento e
per qualche
decennio del
Novecen to,
dirigenti e
capi reparto
comunicava-
no abitual-
mente gli
ordini ai lavo-
ratori in dia-
letto e non in
italiano. In
presenza di
una tale si-
tuazione e
soprattutto di un analfabeti-
smo che coinvolgeva gran
parte degli italiani, lo sforzo
che fece il governo in quegli
anni fu davvero notevole. Nei
primi dieci anni la spesa per
la Pubblica I-
struzione am-
montò di oltre
sei volte. La leg-
ge piemontese,
che istituiva e
regolava le
scuole pubbli-
che, fu estesa a
tutta l’Italia, e
così pure la
scuola elemen-
tare obbligatoria
divenne gratui-
ta. Ven-
ne an-
che po-
tenziata
la rete
d e l l e
Univer-
sità che
vantava sedi famose come
quelle di Padova, Torino, Pa-
via, Pisa, Roma e anche sedi
minori ma ricche di tradizioni
come Messina e Palermo. Fu-
rono creati Istituti Tecnici Pro-
fessionali di buon livello, dai
quali uscirono migliaia di tec-
nici e operai specializzati,
mentre i Licei classici e quelli
scientifici furono via via aperti
in ogni provincia. Ma occorre-
va anche reclutare migliaia
d’insegnanti spesso di valore,
infatti, nelle scuole del tempo,
insegnarono grandi maestri
come i poeti Giosuè Carducci
e Giovanni Pascoli, ecc. art a
cura di Scordo Giuseppe 3AM
Giosuè Carducci
Giovanni Pascoli
AVI S - 150 ANNI E L’UNITÀ D’ITALIA Pagina 23
La nostra patria unita compie
in questo 2011 i suoi primi
150 anni. Con i tempi che cor-
rono, festeggiare un’unione
duratura non è certo cosa da
poco e, naturalmente, anche
il nostro amato mondo filateli-
co si è rimboccato le maniche.
Già nel 2010 le Poste Italiane
ci avevano dato un anticipo
con il foglietto commemorati-
vo della spedizione dei Mille.
Le vignette dei quattro fran-
cobolli riproducono le opere
pittoriche che narrano in sin-
tesi: le tappe della
“Spedizione dei Mille “,
”l’imbarco di Giuseppe Gari-
baldi a Quarto“, opera di V.
Azzola conservata nelle colle-
zioni del Museo Nazionale del
Risorgimento Italiano di Tori-
no, “Lo sbarco a Marsala l’11
maggio 1860”, conservato nel
Museo storico di Bergamo, “La
battaglia di Calatafimi”, dipin-
to di Remigio Legat esposto al
Museo del Risorgimento,
“L’incontro di Teano tra Giu-
seppe Garibaldi e Vittorio E-
manuele II°”, opera di Pietro
Aldi custodita nel Palazzo
Pubblico di Siena, i Protagoni-
sti del Risorgimento, I Proget-
ti del 150°, ben dieci tra car-
toline e buste postali. In con-
clusione si emetteranno dei
libretti della mostra che si
terrà a Montecitorio: “Quel
magnifico biennio 1859-
1861”e comprenderà dieci
valori. L’amministrazione po-
stale, sta proponendo una
serie di francobolli, che di si-
curo faranno la storia di
quest’anniversario. Infatti, si
è iniziato a Gennaio, tramite
la prima emissione avvenuta
a Reg-
gio E-
milia
alla
presen-
za del
Capo
dello
Stato,
Giorgio
Napoli-
tano,
con un
franco-
bollo
ed un foglietto dedicati al Tri-
colore, accompagnati da un
bollettino illustrativo. Le nuo-
ve emissioni, in circolazione
dal 7 gennaio, sono dedicate
al Tricolore, simbolo d’identità
nazionale. La vignetta del
francobollo riproduce su cam-
po bianco il logo ufficiale delle
celebrazioni del 150°
dell’unità d’Italia, mentre il
foglietto raffigura il tricolore
della bandiera italiana attra-
versato idealmente da due
nastri ondeggianti di colore
verde e rosso che proseguono
anche fuori dalla vignetta sia
in alto sia in basso. La tiratura
sarà di quattro milioni e due-
centomila esemplari per il
francobollo e di due milioni di
esemplari per il foglietto.
Davvero numerose poi le e-
missioni che seguiranno nel
corso dei mesi per onorare
questo 150° anniversario
dell’Unità d’Italia: a Marzo un
francobollo per la Proclama-
zione del Regno, a settembre
per l’istituzione della Marina
Militare, a Novembre alcuni
valori per ricordare i fatti
d’Arme e infine emissioni de-
dicate ai luoghi della Memo-
ria. Collegati all’emissione,
sono stati realizzati anche i
seguenti prodotti: una busta
personalizzata con il logo dei
150 anni dell’Unità d’Italia e
due Folder. Il primo, con il
foglietto, conterrà anche una
bandiera italiana in seta, il
secondo con il francobollo,
avrà al suo interno una
pochette in seta blu con dise-
gnate piccole bandiere italia-
ne. Anche lo Sport farà la sua
parte e ricorderà i 150 anni
con un trofeo intitolato
all’anniversario dell’Unità
d’Italia. Uno Stato “straniero”
ha voluto rendere omaggio
alla festa del 2011: è la città
del Vaticano che, con
un’apposita emissione, ha
testimoniato la propria amici-
zia allo Stato Italiano. Tutti
noi uniti, non abbiamo davve-
ro nessun Timore a dire quan-
to siamo orgogliosi di appar-
tenere a questa
bellissima na-
zione, perciò:
buon Tricolore a
Tutti!!! Pietro
Fiorino 4AM
Filatelia: emissioni per i 150 anni dell’Unità d’ItaliaFilatelia: emissioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia
Itis Panella Via E. Cuzzocrea 22Itis Panella Via E. Cuzzocrea 22Itis Panella Via E. Cuzzocrea 22 891288912889128 --- Reggio CalabriaReggio CalabriaReggio Calabria
tel.0965/27147tel.0965/27147tel.0965/27147 Fax. 0965/339945Fax. 0965/339945Fax. 0965/339945
EEE---mail [email protected] [email protected] [email protected] [email protected]@[email protected]
Alla realizzazione del giornalino per la Commemo-
razione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, hanno par-
tecipato i seguenti alunni Nicolò Demetrio, Carnà
Giuseppe, Caridi Matteo, Battaglia Mario, Romeo
Giuseppe, Mordà Giuseppe, Marino Antonio, Marra-
ra Fabrizio, Scordo Giuseppe, Iaria Francesco e
Fiorino Pietro. Hanno inoltre collaborato le classi
3CT, 4CT, 5CT, 3AM, 4AM, 5AM, 4BM, 3BH e 5BM. I
docenti che hanno curato il gruppo di lavoro per le
attività scolastiche del Concorso “Fratelli d’Italia
sono: le prof.sse Angela Laurendi, Giuseppa Man-
narella, ed il prof. Luigi Giordano, Responsabile
della testata giornalistica e della squadra di calcio
a 5 per la fase sportiva del Concorso.
Il nostro motto per l’AVISIl nostro motto per l’AVISIl nostro motto per l’AVIS
ITIS A. Panella
Itispanella.it
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