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A.Tonarelli: Sociologia d el Lavoro e Relazioni Ind ustriali - Modulo I lezio ne 3 e 4 a.a. 2010-11 La partecipazione La partecipazione delle donne al mercato delle donne al mercato del lavoro del lavoro •II lezione

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La partecipazione delle donne al La partecipazione delle donne al mercato del lavoromercato del lavoro

•II lezione

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•La sequenza storica: - forte presenza di donne in agricoltura e

industria tessile; - uscita durante industrializzazione fordista; - ritorno: il fenomeno più importante degli

ultimi 40-50 anni.

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•L'intera sequenza si vede solo per Italia e Germania, perché in altri paesi la fase dell'uscita prima del 1960.

•La crescita è forte negli anni Settanta, rallenta negli anni Ottanta e si stabilizza negli anni Novanta. L'Italia ha ridotto poco la distanza

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•Le differenze nel tasso di attività totale dipendono da quelle nella partecipazione al lavoro delle donne da 25 a 50 anni, di regola sposate e con figli. → implicazioni per assetti culturali, sociali ed economici

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•Modelli di partecipazione al lavoro Le curve dei tassi di attività per età possono seguire:

•1. il modello dell'Europa centrosettentrionale (a M);

•2. il modello dell'Europa meridionale (a L rovesciata);

•3. il modello maschile e dei paesi nordici (a campana).

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I recenti mutamenti• Progressiva convergenza verso il modello “a

campana” da entrambi gli altri modelli. L'aumento della partecipazione al lavoro delle donne si concentra nella classe di età da 25 a 50 anni, i cui tassi di attività aumentano molto.

• In Svezia la grande diffusione dei congedi parentali fa sì che in termini di ore lavorate rimanga la curva a M.

• La rappresentazione “fotografica” delle curve dei tassi di attività per età e il succedersi delle generazioni attenzione all’interpretazione dei grafici!

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L'attuale situazione italiana

•Rispetto ai paesi a più elevata partecipazione al lavoro:

- le differenze sono ormai molto ridotte per ventenni e trentenni;

- le differenze rimangono cospicue per quarantenni e cinquantenni.

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Tassi di attività per età 2001 (donne)

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Italia Danimarca Germania Francia Gran Bretagna

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I recenti mutamenti in Italia

- Negli anni Ottanta forti aumenti soprattutto per le donne da 25 a 39 anni.

- Negli anni Novanta forti aumenti soprattutto per le quarantenni (oltre 9 punti percentuali in più, tenendo conto della definizione più ristretta).

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Tassi di occupazione e attività (definizione allargata) per età in Italia (femmine) 1977 - 1992

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Tasso occupazione 1992 Tasso attività 1992

Tasso occupazione 1977 Tasso attività 1977

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Tassi di attività e di occupazione (definizione ristretta) per età in Italia (femmine, 1993 e 2003).

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Tasso occupazione 2003 Tasso attività 2003

Tasso occupazione 1993 Tasso attività 1993

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Le forti differenze territoriali

Nel Centro-Nord: - solo 4-6 punti percentuali meno del tasso di

attività tedesco e francese; - per ventenni e trentenni le differenze sono

ancora minori e in alcune regioni non vi è alcuna differenza;

- la figura della casalinga è quasi scomparsa tra le giovani e sempre più minoritaria tra le adulte;

- fortissima crescita del tasso di attività delle adulte.

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Nel Sud

- il tasso di attività cresciuto più lentamente, soprattutto per le adulte;

- la figura della casalinga è ancora rilevante, anche tra le giovani;

- tutta la maggiore partecipazione al lavoro delle ventenni e delle trentenni si è tradotta in vana ricerca;

- nonostante l'enorme aumento della disoccupazione, un ridotto effetto di scoraggiamento solo da metà anni Novanta.

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Come spiegare la crescente partecipazione al lavoro extra- domestico di donne adulte,

impegnate in famiglia?

•I mutamenti nelle caratteristiche della domanda di lavoro: in tutti i paesi (tranne l'Italia) questo fenomeno è stato accompagnato da una crescente diffusione del lavoro a tempo parziale.

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La questione del lavoro a tempo parziale

•Una discussione “al femminile”: perché per i maschi è trascurabile (paesi Ue non oltre 6%) e riguarda solo giovani “in entrata” e anziani “in uscita”.

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La qualità del part time

•Due modi di definire il part time: - l'auto-classificazione delle lavoratrici - - la soglia delle 30 ore (Oecd).

Netta differenza nei livelli di instabilità: - ove è più diffuso, è quasi sempre

permanente; - ove è meno diffuso, un'alta quota è a tempo

determinato.

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Netta differenza per status giuridico e contrattuale:

Gran Bretagna e Germania: spesso escluso

dall'accesso a prestazioni previdenziali e assicurative;

Paesi nordici e Italia: piena parità con tempo pieno. La discrezionalità dell'impresa nel mutare l'organizzazione dell'orario.

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Le due vie del part time:

- per far lavorare le donne: - attivit stabili e non disagiate (il pubblico

impiego nei paesi nordici);

- per assicurarsi basso costo del lavoro e alta flessibilità:

- attività mal pagate e precarie (la deregolazione inglese).

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Part time e occupazione femminile

•Nei paesi europei in cui è più alto il tasso di occupazione delle donne è anche più alta la quota di donne che lavorano a tempo parziale. Una relazione simile anche considerando la fascia di età in cui maggiore è il carico di lavoro familiare.

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Fig. 2.5 Tasso di occupazione femminile e quota di part time, 2003Tasso di occupazioneQuota di part time

Belgio 51,8 39,1Danimarca 70,5 32,6Germania 58,8 39,2Grecia 43,9 7,6Spagna 46,0 16,8Francia 56,7 29,8Irlanda 55,8 30,8Italia 42,7 17,3Olanda 65,8 74,0Austria 62,8 37,7Portogallo 60,6 17,0Finlandia 65,7 17,7Svezia 71,5 35,5Gran Bretagna 65,3 44,0

Fonte: Eurostat, Labour force surveys .

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Un forte trade-off tra occupazione e part time • Fanno eccezione: • Portogallo: sopravvivenza della famiglia allargata; • Finlandia e paesi dell'Europa orientale: diverso

assetto del sistema sociale, parzialmente ereditato da un'economia non di mercato e di piena occupazione «forzosa».

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Andamento negli anni Settanta e Ottanta: - solo negli Usa l'occupazione full time è cresciuta

più di quella part time; - negli altri paesi (tranne l'Italia), quella part time è

cresciuta molto di più, al punto che in Gran Bretagna posti «pieni» maschili sono stati sostituiti con «mezzi» posti femminili;

Negli anni Novanta: - il contributo del part time alla crescita

dell'occupazione femminile è stato decisivo e, in qualche anno, unico.

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Il caso italiano - per tutti gli anni Settanta e Ottanta l'occupazione

cresce, ma la quota di part time rimane stabile; - nel 1993 si ha una svolta: la quota di part time

comincia a crescere dall'11% al 22% nel 2003; -oltre il 40% della nuova occupazione dal 1995 al

2001 è a tempo parziale.

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L'Italia a confronto con l'Europa

Tenendo conto della minore diffusione del part time, i livellidella partecipazione al lavoro delle donne italiane risultanomeno distanti da quelli dei paesi più avanzati.

• In termini di occupazione a tempo pieno equivalente, il tasso di occupazione da 15 a 64 anni:

• - si riduce di 2 punti percentuali in Italia; • - si riduce di 10 punti in Germania e Svezia, di 15 in Gran

Bretagna e di oltre 20 in Olanda.

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A livello regionale, in termini di occupazione a tempo pieno equivalente, l'Emilia Romagna raggiunge i livelli della Svezia e la Lombardiaquelli di Germania e Francia.

Dove si lavora a part time Nei settori economici • le più alte percentuali sono nel commercio, negli alberghi e

ristoranti e soprattutto nei servizi alla persona, pubblici e privati (ove lavorano 4 part timers su 10)

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Differenze per livello di istruzione: - la proporzione di part time diminuisce con il crescere del

livello di istruzione.

Differenze per livello professionale In tutti i paesi, la quota di part time è: - nettamente più alta per lavori manuali non qualificati e

addette alle vendite; - nettamente più bassa per mansioni manuali qualificate o

specializzate e per quelle dirigenziali; - più bassa per professioni intellettuali e tecniche.

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• In Italia, come nei paesi a scarso part time, le differenze non sono rilevanti.

•Vi è quindi maggiore possibilità di espansione nei lavori non qualificati, sia manuali sia non manuali e per le donne con minori livelli di istruzione.

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Part time volontario e involontario

- nel complesso dei paesi Oecd solo una part timer su cinque è involontaria;

- considerando i paesi europei, dove il part time è più diffuso, è minore la proporzione di part time involontario;

- in Italia, la recente crescita dell'occupazione part time è segnata da un aumento della componente volontaria.

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Figura 2.6. Percentuale di occupazione femminile part time e quota di part time involontario (2002)

Occupate Part time sul totale delle occupate

Part time involontario sul totale delle occupate part time

Belgio 37,7 15,1Danimarca 31,1 18,1Germania 39,2 11,1Grecia 7,7 42,8Spagna 16,9 18,8Francia 29,6 22,3Irlanda 30,2 9,5Italia 16,7 27,4Olanda 72,7 1,9Austria 35,5 8,7Portogallo 13,3 19,9Finlandia 16,9 33,8Svezia 32,3 23Gran Bretagna 43,3 6,2

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Come si possono spiegare questi fenomeni contro-

intuitivi?Con la distinzione tra due popolazioni: • - le emancipate, orientate a un lavoro full time • - le grateful slaves, orientate

principalmente alla famiglia e quindi a un lavoro part time.

• Quando l'occupazione è scarsa e il lavoro part time poco diffuso, per un effetto di auto-selezione, tra le donne che lavorano prevalgono le emancipate, che disdegnano il part time

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• Quando l'occupazione e il part time sono diffusi, è presente sul mercato del lavoro anche la gran massa delle grateful slaves, che desiderano lavorare part time per dedicare tempo alla famiglia.

Poiché un alto livello di istruzione è un fattore diemancipazione, si comprende perché il lavoro part time è più diffuso tra le donne meno istruite e per le attività meno qualificate, senza creare tensioni.

Le critiche: la propensione al part time sarebbe comunque condizionata da un'ideologia patriarcale e dalla carenza di servizi sociali.

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Percentuale di lavoro part time su totale occupazione (donne) dati Eurostat

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2009 2008 2007 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997

EU27EU15BelgiumDenmarkGermanyGreeceSpainFranceItalyNetherlandsAustriaPortugalSwedenUnited Kingdom

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Tasso di occupazione femminile (Eurostat)

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EU27EU15BelgiumDenmarkGermanyIrelandGreeceSpainFranceItalyNetherlandsAustriaPortugalSwedenUnited Kingdom

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La doppia presenza

In Italia, come si concilia la crescente partecipazioneal lavoro retribuito con gli impegni familiari delledonne?

Non con il part time • Non con una più equa divisione del lavoro domestico

In tutti i paesi i maschi sono riluttanti a una più egualitaria distribuzione delle responsabilità familiari. I padri italiani sono quelli che svolgono meno compiti domestici

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Non con migliori servizi sociali per l'infanzia

Disponibilità di asili nido è legata al tasso di occupazione delle donne.

In Italia li usano solo il 6% dei bambini contro oltre il 40% dei paesi scandinavi. E lo stato sociale trasferisce sussidi alle famiglie invece di fornire servizi

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• Sì con ricorso a collaborazioni domestiche

• Forte domanda di colf e quindi di immigrate. • L'emancipazione delle donne italiane dentro la famiglia è consentita dalla condizione servile delle donne immigrate.

• Sì con ricorso a reti di aiuto familiare • - le usano oltre 61% delle famiglie con bambini; • - il sostegno delle giovani nonne che non lavorano; • - ma il rapporto tra generazioni si sta invertendo: le cinquantenni • sempre di più lavorano, e la cura degli anziani sta crescendo di • importanza.

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Sì con la riduzione degli impegni familiari

• La caduta della fertilità • In Italia forte, parallelamente all'aumento della

partecipazione al lavoro: • - da 2,4 figli per donna nel 1970 a 1,1 a fine anni

Novanta

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Relazione tra numero di figli e livelli di

occupazione• Tasso di occupazione delle donne europee da 20 a

49 anni: • - 78% senza figli sino 15 anni; • - 63% con un figlio; • - 56% con due figli; • - 42% con tre figli. • In Italia più forte caduta con primo figlio. • Fanno eccezione le donne istruite: alta

partecipazione anche con più figli.

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Possibilità di conciliare occupazione e

natalità • I paesi a più alta occupazione delle donne sono

quelli a maggiore fertilità.

• Familismo riduce il numero dei figli:

• - frena nascite fuori dal matrimonio; • - ritarda uscita dalla famiglia ed età di matrimonio; • - welfare familista carica la famiglia di troppi

compiti e provoca maggiore disoccupazione per le donne.

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Partecipazione al lavoro e livello di istruzione

• La percentuale di donne attive cresce man mano cresce il livello di istruzione.

•Nel 2003 il tasso di attività è: • - 18% con licenza elementare; • - 39% con licenza media; • - 60% diplomate; • - 80% laureate.

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L'aumento dell'offerta di lavoro femminile si deve alla crescita delle donne

istruite• - le curve dei tassi di attività di laureate e

diplomate crescono di pochissimo per le età più avanzate;

• - la curva delle donne con licenza elementare resta stabile;

• - solo quella delle donne con licenza media si innalza oltre i 30 anni.

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Tassi di attività (definizione allargata) per età e titolo di studio. Femmine. Italia 1977

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Tasso di attività (definizione ristretta) per età e titolo di studio in Italia (femmine, 2003)

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15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69

Elementare Media Qualifica Diploma Laurea

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L'istruzione tra investimento ed emancipazione

• 1. teoria del capitale umano • - istruzione come investimento;

• 2. approccio sociologico • - la scuola diffonde nuovi modelli di vita. • Il punto di vista delle famiglie contro quello delle

giovani.

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Istruzione e partecipazione al lavoro

delle donne adulte• alta istruzione consente occupazione più

qualificata

• occupazione più qualificata provoca più alta retribuzione e maggiore attaccamento al lavoro.

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La crescita dell'istruzione

superioreE’ stata maggiore per le donne, finché a fine anniOttanta vi è stato il sorpasso sui maschi.

Motivi: • - meno figli; • - le ragazze hanno più successo a scuola; • - aspirazioni a mobilità sociale grazie al

matrimonio e a lavoro qualificato.

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Occupazione femminile e crescita dei servizi

• L'aumento dell'occupazione femminile si concentra nel terziario, ormai un settore a prevalenza femminile.

• I paesi a più alta percentuale di occupazione nei servizi sono quelli ove maggiore è quota di donne tra gli occupati

• Terziario = settore adatto a mantenere occupate le

donne in età adulta; • - fin dai primi anni Settanta, la curva dei tassi di

occupazione era «a campana»; • - non più valida l'immagine della discontinuità.

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Come si è femminilizzata la domanda di lavoro

L'occupazione femminile è cresciuta di più:

- commercio, turismo e ristorazione; - credito e assicurazioni; - servizi pubblici e alla persona: sanità, istruzione,

servizi sociali e privati; - anche servizi avanzati alle imprese.

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Il peso dell'area pubblica è un terzo.

Condizioni che consentono di conciliare lavoro e famiglia:

- tempo pieno corto; - lassismo verso assenza brevi.

Ciò spiega la possibilità di alti carichi familiari delle donne istruite.

Ma non sempre vi sono tali condizioni.

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Le attività in cui è più cresciuta l'occupazione femminile:

1. professioni impiegatizie intermedie e anche a elevata specializzazione;

2. mansioni manuali non qualificate (addette alle vendite, lavoro esecutivo di ufficio, lavori di cura, ristorazione).

La fascia 2 ha perso importanza negli anni Novanta.

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Lavori «da donna»?

Perché la nuova domanda di lavoro si rivolge alle donne?

Gran parte dei servizi sociali e personali sono frutto della

esternalizzazione di attività che erano svolte in famiglia dalledonne (lavori di cura).

In Ue il 40% dell'occupazione femminile è nei servizi allefamiglie (ove le donne sono il 67%).

Un circuito virtuoso: l'offerta di lavoro femminile ha creato gran parte della propria domanda.

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Le donne sono ricercate anche per «prendersi cura»degli altri in senso più ampio.

• In Ue il 20% dell'occupazione femminile è nei servizi commerciali (ove le donne sono oltre il 40%).

Lo stereotipo di genere: la donna «gentile» che sa stabilire relazioni personali con il cliente.

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Più occupate, ma più segregate?

La crescente domanda per attività «da donna» ha unrovescio della medaglia:

• le donne si concentrano in occupazioni ove sono dominanti e sono escluse da quelli a predominio maschile.

•Non sempre vero: femminilizzazione di alcune occupazioni (insegnanti).

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Segregazione orizzontale

= concentrazione in settori o occupazioni sullo stesso livello.

indice di dissomiglianza = proporzione di donne che

dovrebbero cambiare settore per avere un'egualedistribuzione.

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Paradosso: più occupazione, più segregazione

•Graf 2.9

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L’Italia è il paese europeo con il valore più basso dell’indice di dissomiglianza

- più segregazione ove maggiore è l'occupazione nel terziario (concentrazione delle donne tra impiegati esecutivi, addettialle vendite e ai servizi);

- più occupazione si accompagna a più part time ma il part time è costruito per occupare donne in particolari settori;

- più segregazione per le donne meno istruite lavorano più spesso part time e sono vittime di stereotipi di genere

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La segregazione verticale

riguarda occupazioni con diverso livello diqualificazione e prestigio. • Il modello europeo: • - le donne sovra-rappresentate tra impiegati

esecutivi, addetti a vendite e servizi, occupazioni elementari;

• - sotto-rappresentate tra mansioni operaie e professioni dirigenziali.

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Il modello italiano e dell'Europa meridionale:

- le donne sono sovra-rappresentate anche nelle attività professionali;

- meno sovra-rappresentate nel lavoro non manuale esecutivo;

- meno sotto-rappresentate nel lavoro operaio.

Ancora poco diffusi i tipici lavori part time nelladistribuzionee nei servizi alle famiglie e prevalgono le avanguardieistruite e con un forte orientamento al lavoro.

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Il «soffitto di cristallo»

Sempre più spesso le donne entrano nell'occupazionein modo paritario: - grazie soprattutto a processi di selezioneformalizzati.

Poi fanno meno carriera: - per minore disponibilità ad alti investimenti di tempo e a

mobilità geografica;

- perché escluse dalle reti informali (old boy networks).