ASIA L'Economia Mondiale a Una Svolta. Forse a Un Crollo - Asia News

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IL TUO CONTRI 12 Febbraio 2014 Aiuta AsiaNews | Chi siamo | P.I.M.E. | Scrivici | Rss | Newsletter Home | Cina | Islam | India | Dottrina della Chiesa | Economia | Libertà religiosa | Vaticano Aree geografiche Medio Oriente Asia dell'Est Asia del Sud Asia Centrale Asia Sud-Est Asia del Nord Asia Nord-Ovest Dona Il 5 x mille ai missionari del PIME invia ad un amico visualizza per la stampa Tweet 1 0 » 07/02/2014 09:46 ASIA L'economia mondiale a una svolta. Forse a un crollo di Maurizio d'Orlando Gli aiuti della Fed al mercato Usa hanno permesso il salvataggio dei mercati finanziari. La loro riduzione sta creando scossoni monetari in Argentina, Turchia, Venezuela, Thailandia, Ucraina, Sud Africa, Cile, Indonesia, India, Brasile, Taiwan, Malaysia e molti altri Paesi ancora. E' il fallimento dello Stato come motore dell'economia; è il fallimento delle distorsioni politiche di Cina e Usa, ma non solo. Milano (AsiaNews) - Siamo alla vigilia di una nuova svolta. L'affievolimento (tapering) della QE, la "quantitative easing", vale a dire l'accomodamento quantitativo nell'emissione monetaria, sta infatti mettendo in moto una serie di meccanismi che ci porteranno ad un nuovo più grave collasso. Il triennio 2007 - 2009, iniziato con la crisi del mercato immobiliare, proseguito con il collasso finanziario dei mutui non primari e dei contratti derivati, sfociato infine nei salvataggi bancari a carico delle finanze statali per il tramite delle banche centrali, ha avuto il suo momento cruciale con il fallimento della Lehman, nel settembre 2008. Sebbene gli organi di comunicazione istituzionali, la stampa e la televisione a grande diffusione, vogliano convincere del contrario, dalla crisi di quel triennio il mondo in realtà non ne è ancora uscito. Certo, le magie dell'emissione monetaria senza limiti da parte delle banche centrali di tutto il mondo di sicuro hanno prodotto un effetto: un prodigioso recupero delle quotazioni dei valori dei titoli finanziari di borsa, azioni ed obbligazioni. Le voci un po' alternative dicono che si tratta di un'illusione, anzi di un inganno e di una frode, come è evidente dalle manipolazioni dei tassi d'interesse sul LIBOR e delle quotazioni dell'oro. E in effetti, non è solo un'illusione, ma qualcosa di peggio: un regalo avvelenato, dolce in superficie e mortale nel profondo. ASIA L'economia mondiale a una svolta. Forse a un crollo - Asia News http://www.asianews.it/notizie-it/L'economia-mondiale-a-una-svolta.-For... 1 di 7 12/02/2014 09:07

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» 07/02/2014 09:46ASIAL'economia mondiale a una svolta. Forse a un crollodi Maurizio d'OrlandoGli aiuti della Fed al mercato Usa hanno permesso il salvataggio dei mercatifinanziari. La loro riduzione sta creando scossoni monetari in Argentina,Turchia, Venezuela, Thailandia, Ucraina, Sud Africa, Cile, Indonesia, India,Brasile, Taiwan, Malaysia e molti altri Paesi ancora. E' il fallimento delloStato come motore dell'economia; è il fallimento delle distorsioni politiche diCina e Usa, ma non solo.

Milano (AsiaNews) - Siamo alla vigilia di una nuovasvolta. L'affievolimento (tapering) della QE, la"quantitative easing", vale a dire l'accomodamentoquantitativo nell'emissione monetaria, sta infattimettendo in moto una serie di meccanismi che ciporteranno ad un nuovo più grave collasso.

Il triennio 2007 - 2009, iniziato con la crisi del mercato immobiliare,proseguito con il collasso finanziario dei mutui non primari e dei contrattiderivati, sfociato infine nei salvataggi bancari a carico delle finanze statali peril tramite delle banche centrali, ha avuto il suo momento cruciale con ilfallimento della Lehman, nel settembre 2008.

Sebbene gli organi di comunicazione istituzionali, la stampa e la televisione agrande diffusione, vogliano convincere del contrario, dalla crisi di queltriennio il mondo in realtà non ne è ancora uscito. Certo, le magiedell'emissione monetaria senza limiti da parte delle banche centrali di tutto ilmondo di sicuro hanno prodotto un effetto: un prodigioso recupero dellequotazioni dei valori dei titoli finanziari di borsa, azioni ed obbligazioni. Levoci un po' alternative dicono che si tratta di un'illusione, anzi di un inganno edi una frode, come è evidente dalle manipolazioni dei tassi d'interesse sulLIBOR e delle quotazioni dell'oro. E in effetti, non è solo un'illusione, maqualcosa di peggio: un regalo avvelenato, dolce in superficie e mortale nelprofondo.

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Emettere moneta per salvare i mercati finanziari

I segnali della svolta vengono da un certo numero di Paesi emergenti:Argentina, Turchia, Venezuela, Thailandia, Ucraina, ma anche Sud Africa,Cile, Indonesia, India, Brasile, Taiwan, Malaysia e molti altri ancora. La crisiè in primo luogo valutaria e tocca perfino il peso messicano, la cui economiaè stata finora considerata una delle più solide tra i Paesi emergenti. E' ildenaro caldo che si sposta.

Ma prima di lanciarsi nelle solite litanie contro la speculazione e l'aviditàrapace di tanti finanzieri, anche piccoli, è meglio ragionare per evitare disbagliare clamorosamente il bersaglio, come accade spesso ai moralistid'accatto. La speculazione infatti non è sempre e solo frode e macchinazione.Spesso, anzi, non è che la reazione ed il riflesso, quasi meccanico, diproblematiche reali che stanno a monte. Cerchiamo, dunque, di fare un po' dichiarezza perché la caccia alle streghe accende l'odio, ma non serve a niente,anzi acceca e rende tutto più difficile.

La banca centrale americana - un assurdo costituzionale, dato che laCostituzione Usa espressamente la vieta - ha ridotto appena un po'l'immissione di nuova moneta, riducendo l'acquisto di buoni del Tesoroamericano, e subito sono emersi i primi sintomi di "debolezza" nei Paesiemergenti. L'enorme liquidità finanziaria a fronte del nulla emessa in questianni dalle banche centrali ha rigonfiato ad arte i mercati finanziari, riportandole quotazioni ai livelli precedenti il momento "Lehman". Questo era il veroobbiettivo della QE di Bernanke, il mandato affidatogli dai suoi soci, legrandi corporazioni bancarie e finanziarie che l'avevano posto sullo scrannopiù alto della Fed. Dopo aver cavalcato alla grande la bolla montata da AlanGreenspan, il predecessore di Bernanke, dei mutui concessi anche a chi nonavrebbe mai potuto ripagarli, la confraternita bancaria ha preteso ed ottenutodi essere salvata, ovviamente a spese dei bilanci statali il cui deficit è esplosoed al costo di gonfiare di cespiti patrimoniali a dir poco dubbi le banchecentrali che emettono moneta. In pratica il risultato sociale è che il governoObama, ideologicamente di sinistra accesa, con le sue politiche di stimolodella spesa pubblica ha prodotto un forte aumento delle diseguaglianzeeconomiche. Sembra un paradosso, ma è non lo è perché solo una piccolapercentuale della popolazione detiene il proprio patrimonio in titoli quotatisui mercati finanziari.

Al di fuori del settore finanziario è però tutta un'altra storia. A più di cinqueanni dal momento "Lehman" l'economia reale è infatti ancora boccheggiantenon solo in Europa ma anche in America, dove la ripresa di fatto non c'è o almassimo è infinitesimale. Lo stesso vale per il Giappone, dove pure è statotentato da Abe l'esperimento della terapia "nucleare" fatta da spesa pubblicaad oltranza e di deficit a quasi il 12 % del Pil, anche quando il debitopubblico ha raggiunto lo stellare livello del 240 % del Pil. E vale anche per laCina che, in concomitanza con gli USA e a partire dal 2009, ha anch'essaattuato il suo cospicuo pacchetto di stimolo keynesiano alla spesa pubblica.Ovviamente il caso cinese è differente perché il Paese continua a beneficiaredi un "aiutino" ormai ventennale, il traino delle esportazioni che siimpongono nel mondo grazie ad una valuta caparbiamente mantenuta

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sottocosto del 45 % rispetto alla parità del potere di acquisto. La terra tremaperò anche in Cina. Con la bomba della "finanza ombra", con l'opprimentepeso della sovraccapacità produttiva inutilizzata e con la bolla immobiliarecostituita da intere città fantasma, disabitate perché costruite nel deserto -spesso non solo metaforico - e troppo care per ospitare delle comuni famiglie,il momento "Lehman" si sta avvicinando anche per la Cina.

La fine del sogno neo-keynesiano

A fronte degli scarsi risultati per l'economia reale si sarebbe forse dovutointervenire con maggior "coraggio" - leggi: criminale incoscienza - con la levakeynesiana dello stimolo fiscale e della spesa pubblica ? Inizialmente dueintemerati keynesiani, i premi Nobel Paul Krugman e Joseph Stiglitz, proprioquesto hanno seraficamente affermato. Tuttavia i mezzi finanziari messi incampo in questo quinquennio sono stati enormi e letteralmente senzaprecedenti. Tranne forse per qualcuno che non sa nemmeno quel che dice, ascagliare anatemi contro l'austerità non c'è più nessuno, nemmeno gliintrepidi ultra-keynesiani. Al di fuori forse dell'Irlanda, è infatti difficile diredove questa fantomatica austerità sia stata davvero attuata in questi anni. Alpiù si è visto solo qualche granello di semplice buon senso nella revisionedella spesa pubblica. Diversa cosa è il rigore finanziario che avrebbe dovutoessere attuato decenni fa, senza far credere alla gente che le monete d'orocrescano da sole sugli alberi, come nel paese dei Balocchi di Pinocchio.

La "stretta" monetaria che la Fed ha appena iniziato ad attuare, è solo unapausa nella corsa finora senza freni dell'emissione monetaria. È però ancheun'indiretta ammissione: raggiunto l'obbiettivo di ristabilire le quotazioni diborsa ed in generale dei mercati finanziari occidentali, la Fed a questo puntonon sa in realtà che pesci pigliare per far ripartire sul serio l'economia reale.Da questo quinquennio si è potuto almeno trarre un insegnamento: se si parteda elevati livelli di spesa pubblica e di indebitamento pregresso, le manovredi stimolo keynesiano, anche quando se ne somministrino dosi da cavallo,risultano inefficaci. Pochi se ne sono accorti ed ancora meno ne hannodibattuto, ma è una disfatta ideologica di notevole grandezza: è il fallimentodella soluzione fatta di aumento a dismisura della spesa pubblica; è ilnaufragio della ricetta keynesiana, di "sinistra", la sinistra moderna non piùmarxista, ma pur sempre una forma radicale di statalismo dirigista.

Nel 1991, con il crollo dell'URSS, è fallito il modello economico delcomunismo. Nel 2008, con il momento "Lehman", è fallito non il liberismo(come qualche tardo comunista ha erroneamente detto) ma il "mercatismo" ,l'ideologia della scuola di Chicago e della "Quantitative Economics"(economia politica quantitativa), l'idolatria cioè delle aspettative razionali, l'esaltazione iper-razionalista del mercato, in particolare quello finanziario eregolamentato, inteso come espressione suprema e perfetta, sintesi deicomportamenti umani ritenuti possibili da descrivere mediante una serie dicomplicati algoritmi meccanicistici.

Il 2013 marca invece il fallimento del socialismo finanziario neo-keynesiano.Oggi, con l'inizio del "tapering" (affievolimento, cioè graduale riduzione)abbiamo, finalmente, la presa d'atto da parte della Fed del fallimentodell'ideologia deutero-keynesiana in tutte le sue attuali varianti: l'Obama-

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Krugman pensiero, la "Abenomica" del Sol Levante, la"Sozialmarktwirtschaft" renano-germanica (tanto cara a Mario Monti, aMario Draghi ed a tutta l'eurocrazia) ed infine il capital-comunismo cinese insalsa confuciana. La Fed ha dunque deciso una pausa "graduale", ancheperché Bernanke e soci tutto potranno essere, ma non sono scemi. Sannobene che, se continuano a far girare le rotative dell'emissione monetaria,l'iperinflazione di Weimar è appena dietro l'angolo.

Paesi che consumano e Paesi che producono

Questa pausa di riflessione (per mancanza di idee) decisa dalla Fed finisceperò per portare a galla i problemi intrinsechi dei Paesi emergenti di cui si èdetto all'inizio. Finora, in qualche modo, questi Paesi avevano tratto unbeneficio reale dalla squilibrata globalizzazione degli ultimi 20 anni. Per lopiù tale manna proveniva dal traino delle esportazioni di minerali e derrateagricole, in certi casi da quella di manufatti industriali di largo consumo. Ilmeccanismo è stato grosso modo il seguente: i Paesi "sviluppati", cioè diantica industrializzazione, sono andati de-industrializzandosi con la cosiddettade-localizzazione e la perdita di posti di lavoro soprattutto per le "tute blu", illavoro operaio. Ad esempio, oggi negli Usa il settore manifatturieroindustriale costituisce appena il 12% del Pil. A titolo di paragone, negli anni'50 era ancora attorno a un po' meno del 30 %. Anche molti lavori nei serviziprofessionali, non solo ma principalmente legati al manifatturiero, hannofinito per trasmigrare in alcuni Paesi emergenti.

A venire de-localizzati sono stati infatti anche tutti quei servizi che possonofacilmente rientrare nell'interscambio estero: il software, le tecnologieinformatiche (IT), ma anche la ricerca e sviluppo ed il disegno industriale, perfinire con i servizi di centralino. A rimanere nei Paesi "sviluppati" sono statisolo quei servizi strettamente legati al territorio, come la ristorazione, i servizialla persona ed in generale tutti i servizi maggiormente legati ai consumi. Si ècosì prodotta una situazione incongruente ed insostenibile nel lungo termine.Da una parte c'è un'area di consumo, con deficit strutturali e cronicinell'interscambio delle merci; dall'altra un nucleo di Paesi in cui si concentrala produzione. Negli Usa circa il 70 % del Pil è dato dai consumi. In Cina siconcentra in molti settori industriali rilevanti la metà - e a volte anche di più -della produzione mondiale. L'importante però è sottolineare che questasituazione non si è prodotta per un differenziale di efficienza relativa, ma perdue potentissimi fattori di distorsione. Da un lato vi è un monopoliodell'emissione di strumenti di pagamento, il dollaro, come moneta sovranaamericana, ma anche come strumento valutario di gran lunga prevalentenell'interscambio mondiale delle merci. Dall'altro lato, come si è detto, vi è iltasso di cambio cinese mantenuto sottovalutato. Le conseguenze di questoequilibrio artificiale, che in realtà è uno squilibrio, sono in primo luogo che lostato attuale delle cose non è basato su una solidità intrinseca, ma si puòmantenere fintanto che esiste un accordo politico a sostegno di questastruttura dell'interscambio.

Politica ed efficienza tecnologica

Un secondo effetto di questo contesto di distorsione è che ovviamente anchel'attività produttiva e la crescita economica sono determinate da fattori

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politici e non da parametri di maggiore o minore efficienza tecnologicanell'uso delle risorse, ad esempio delle materie prime o del lavoro. Perciò, ilfatto che un'impresa de-localizzata consegua maggiori utili è significativo soloper i suoi azionisti ma non è sinonimo di maggiore efficienza. L'efficienza diuna linea di produzione è infatti un parametro tecnico ed un tipo dilavorazione non è più efficiente solo perché è stata de-localizzata. Anzi, alivello di macro-aggregati si può constatare il contrario. Per quanto riguardala Cina, ad esempio, l'incremento di un punto percentuale di Pil comporta unincremento nel consumo di energia pari a circa tre/quattro punti percentuali.Fintanto che la Cina, uno dei due maggiori fattori distorsivi, ha potutoricorrere e può ricorrere a risorse interne - è il caso del lavoro e di unamateria prima, il carbone - l'espansione economica cinese grazie allaconcentrazione della produzione mondiale nel Paese, ha prodotto un forteinquinamento ma non ci sono state e non ci sono ripercussioni di rilievo suimercati internazionali. Ben diverso è invece il caso di risorse ed in particolarematerie prime estere.

In questo settore la caduta della domanda delle industrie manifatturiere deiPaesi sviluppati è stata più che compensata dall'incremento della domanda dimaterie prime da parte di quelli di nuova industrializzazione ed in particolaredella Cina. Questo spiega sia l'avanzante ed ormai determinante presenzacinese, soprattutto in Africa, in Australia ed in altri Paesi esportatori dimaterie prime, sia la crescita in controtendenza dei Paesi emergenti, gli stessidi cui in questi giorni osserviamo le diverse situazioni di crisi. La ragione èche la valanga di liquidità messa in moto dalla Fed subito dopo il momentoLehman, e cioè dal 1° trimestre 2009 fino ad oggi, dopo essersi riversata sulleborse e sui mercati finanziari ed aver riportato le quotazioni ai livelliprecedenti la crisi, ed anzi verso nuovi massimi, con una corsa che hasuperato il 60% di rivalutazione, ha dovuto e deve fare i conti con la mancataripresa reale delle economie occidentali. Una volta, infatti, raggiunti certilivelli delle quotazioni di borsa, il grado di rischio di un nuovo crollo èdiventato elevatissimo, vista la recente lezione del 2008. Visti inoltre i bassirendimenti finanziari determinati dai bassi tassi d'interesse, il denaro caldo siè perciò posizionato sui titoli dei Paesi emergenti, legati all'esportazione dellematerie prime, facendo finta d'ignorare i rischi istituzionali e strutturali diquesti Paesi.

La manovra di "tapering" della Fed significa che i tassi d'interesse per i titoliprimari, quelli "senza rischio", sono destinati a salire. La conseguenza è chequesto ha reso e rende non più conveniente mantenere il denaro caldo in titolidi mercati ad alto rischio e questo spiega il crollo delle valute dei Paesiemergenti esportatori di materie prime. Questo primo crollo del 2014 segnalaanzitutto un altro fallimento ideologico, quello del "keynesianesimoinvolontario". Si tratta delle dispendiose politiche programmatiche di spesapubblica in costante deficit, attuate sotto varie etichette. Si tratta del social-indigenismo di Chavez/Maduro in Venezuela, del social-peronismo inArgentina di Kirchener/Fernandez, del Conferimento di Potere Economico aiNeri (BEE, Black Economic Empowerment) nel Sud Africa di NelsonMandela e così via nei differenti Paesi. In questi casi la distorsione delladomanda è, diremmo, involontaria perché lo scopo non è il dirigismoeconomico per sé, ma viene messa in atto per alte finalità socio-politiche di

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redistribuzione dei redditi dai settori nazionali - economicamente efficientinell'interscambio internazionale - a settori protetti. Tutte queste alte finalitàpolitiche finiscono poi per andare a beneficio di una specifica fazione politicao gruppo d'interesse e diventano di fatto semplice parassitismo economico. Il"tapering" momentaneamente attuato dalla Fed non è dunque che la causascatenante delle crisi valutarie e dei mercati perché questi crolli hanno tuttiragioni ed origini interne ai Paesi stessi.

Il punto è però che queste crisi dei Paesi emergenti possono scatenare unareazione a catena perché da più di mezzo secolo, dalla presidenza Kennedyagli inizi degli anni '60, il mondo gioca con l'illusione keynesiana, che la spesapubblica possa produrre crescita economica reale, che gli Stati possano fare ameno di ciò cui invece sono tenute le famiglie e le imprese: non vivere al disopra dei propri mezzi e non assumere debiti che non si potranno mairipagare. Il 1959 fu infatti l'ultimo anno in cui l'amministrazione pubblicaamericana attuò una reale politica programmatica di pareggio di bilancio egradatamente tutto il resto del mondo si è adeguato.

Da allora la progressione è stata sempre più veloce; in questi ultimi duedecenni e poi ancor di più in quest'ultimo quinquennio, l'emissione di monetaa copertura dei buchi di bilancio ha avuto incrementi parabolici. Siamo ormaiprossimi allo schianto, siamo al 1914, alla vigilia dell'attentato all'arciducaFrancesco Ferdinando a Sarajevo. A questo punto è però difficile dire se lascintilla scaturirà dal crollo valutario dei Paesi emergenti, dalle conseguentidifficoltà delle grandi banche americane ed europee, o se verrà dal Giapponecome potrebbe sembrare in questi ultimissimi giorni, o ancora se verràdall'implosione del sistema finanziario e bancario cinese, o ancora dal crollodell'euro o da un collasso di Wall Street.

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