Roverato-L'economia Industriale In Saccisica

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GIORGIO ROVERATO L'ECONOMIA INDUSTRIALE estratto da a cura di Andrea Caracausi Mestrino-Padova, Peruzzo Editoriale & BCC di Piove di Sacco, 2011

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Industrial economy of the region called Saccisica, Italy

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GIORGIO ROVERATO

L'ECONOMIA INDUSTRIALE

estratto da

a cura di Andrea Caracausi

Mestrino-Padova, Peruzzo Editoriale & BCC di Piove di Sacco, 2011

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La zona industriale di Piove di Sacco, collocata tra il Comune capoluogo della Saccisica e Arzergrande

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Quel ricco tessuto manifatturiero, fatto di botteghe, mercanti e attività proto-industriali che tra il XVI secolo e il XVIII aveva inserito la Saccisica – e in particolare Piove di Sacco – in una fitta rete di relazioni con le aree più vivaci del Veneto centrale1, andò rapidamente deteriorandosi in seguito alla dissoluzione della Repubblica veneziana e ai mutamenti delle direttrici dei traffici commerciali indotti dai nuovi assetti istituzionali: marginalmente con il napo-leonico Regno d’Italia, più decisamente con la nascita del Regno Lombardo-Veneto.

Il dominio asburgico segnò infatti, privilegiando la nascente industria lombarda in un disegno di (parziale) integrazione con le altre aree manifatturiere dell’Impero, la progressiva marginalizzazione delle produzioni venete ai soli mercati locali. Al Veneto, il governo di Vienna asse-gnava infatti – pur progressivamente rivitalizzando, ma non oltre il 1859, il porto di Venezia – un qualche ruolo di “granaio” del suo vasto stato multi-etnico2.

Ed anche il retroterra proto-industriale della Saccisica, con le sue variegate produzioni tessili, fu – se non cancel-lato – quanto meno compromesso nella sua evoluzione verso il sistema di fabbrica, con risvolti negativi anche in ciò che stava a monte, ad esempio nella coltivazione di piante tessili come il lino che si era nel corso del XVI secolo ben insediato nelle sue campagne. In sostanza, un’area un tempo vivace, era ripiombata in una preoccupante arretra-tezza, rigettata nella prevalenza di un’agricoltura che – se non di mera sussistenza – appariva comunque lontana da una moderna conduzione di tipo capitalistico.

Fu così che nel giro di pochi decenni parve scomparire buona parte di quella categoria di produttori che aveva-no reso importante il Piovese. Il che troverebbe una con-ferma nell’elenco degli espositori che parteciparono alla Esposizione agricola industriale e di belle arti della Provincia di Padova del 1869, dove la presenza degli operatori eco-

nomici dei dieci comuni del distretto appariva del tutto simbolica. Il che non impedì tuttavia alla Giuria della Sezione VI, quella dedicata ai prodotti manifatturieri, di redigere un giudizio elogiativo per le «tele in cotone qua-drigliate a colori» presentate dalla Ditta Fratelli Bocchini, azienda storica di Piove cui la Serenissima aveva concesso nella seconda metà del Settecento una serie di privilegi ed esenzioni fiscali in virtù della qualità delle sue produ-zioni3.

Nemmeno Alberto Errera, il primo sistematico stu-dioso dell’economia manifatturiera veneta, autore in quell’anno di un corposo lavoro sulle «industrie venete»4, si soffermò su questa landa del padovano, troppo preso dall’attenzione dedicata ai lanifici dell’Alto vicentino e alle variegate (ancorché asfittiche) produzioni del veneziano. Né riferimenti ad imprenditori della Saccisica, o riscontri sulle attività produttive dell’area, compaiono nelle carte di quella ricognizione sullo stato dell’industria nazionale (nota come Inchiesta Industriale 1870-74) che si svilup-pò nell’arco di quattro anni su iniziativa del “Consiglio dell’Industria e del Commercio”, da poco istituito presso il Ministero di Industria Agricoltura e Commercio (MAIC)5. Del resto, dei 146 questionari raccolti dal Comitato dell’In-chiesta nel comprensorio statistico veneto, all’epoca com-prendente anche la provincia di Udine, solo 7 provenivano da ditte del padovano, e nessuna di esse dal Piovese.

La Statistica agricola industriale e commerciale della provincia di Padova6 del 1878 – redatta in occasione della Esposizione universale di Parigi di quell’anno, edizione invero modesta rispetto a quella del 18677 – diede invece sommariamente conto della persistenza nel Piovese di atti-vità tessili. Il fatto che non trovassero poi rappresentazione nello stand italiano, scontava la sostanziale marginalità del padovano nella “rincorsa frenata” del Veneto all’industria-lizzazione8, stante la caratteristica quasi prevalentemente

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Interno del mulino Rossetto di Pontelongo

agricola della sua economia dopo il progressivo affievolirsi in Saccisica, ma anche nel capoluogo euganeo, della mani-fattura proto-industriale. Eppure una rilevazione statisti-ca effettuata ancora nel corso del 1876 dal MAIC dava conto della presenza nel comune di Piove di Sacco di ca. 1.600 telai, prevalentemente adibiti alla tessitura del lino e della canapa e, seppure in misura minore, del cotone9. Si trattava tuttavia di telai disseminati nelle abitazioni pri-vate che, quando non venivano utilizzati per il fabbisogno delle famiglie, ovvero per “autoconsumo”, lavoravano per lo più su commessa di singoli clienti, e in misura ormai limitata per gli organizzatori mercantili della produzione “casalinga”. Ed erano proprio il contrarsi del numero di mercanti-imprenditori, e per converso l’assenza di accen-tramenti produttivi di una qualche consistenza – a parte quelli già realizzati dalla menzionata ditta Bocchini, e dai suoi più diretti concorrenti – a significare come il passag-gio della manifattura tradizionale al sistema di fabbrica fosse ancora di là da venire.

Per avere una prima articolata rappresentazione delle

attività manifatturiere in Saccisica in età unitaria, è neces-sario – con un salto temporale, ma anche di tecniche di rile-vazione – giungere al 1890, quando la Direzione Generale della Statistica del MAIC diede alle stampe, in un fascicolo della Serie IV dei propri “Annali di Statistica”, le Notizie sulle condizioni industriali della provincia di Padova10. Non si trattava di una iniziativa estemporanea, essendo invece parte di un vasto progetto, avviato nel 1883, mirato a una rilevazione sistematica dello stato delle produzioni mani-fatturiere – intese in senso lato – del paese: da cui i tempi lunghi, anche perché la rilevazione non si svolse “per cam-pione” come fu per l’Inchiesta Industriale del 1870-74, o delegandola alle Camere di Commercio, come capitò per le indagini realizzate successivamente all’Inchiesta11, bensì costituì la prima vera indagine sul campo dopo l’Unità. Certo, le Camere ebbero un ruolo nella vicenda: ma esse non furono più la unica fonte documentaria, bensì i dati camerali furono integrati da rilevazioni sul territorio, e in non pochi casi da contatti diretti con i singoli operatori economici, in una sorta di compilazione condivisa di quei questionari cui la platea degli imprenditori dovette abi-tuarsi – a partire dal 1911 – a obbligatoriamente compila-re per i periodici Censimenti industriali. Da quella rileva-zione, che durò sette anni, uscì la prima vera “fotografia” dell’Italia industriale: che indubbiamente confermò molti dati negativi sulla pochezza/arretratezza del nostro appa-rato produttivo, ma anche rilevò aspetti virtuosi prece-dentemente sconosciuti, o comunque poco noti, in una documentazione che accompagnava la mera rilevazione statistica con una insolita ricchezza di elementi qualitativi. Elementi, conviene sottolinearlo, che risultano preziosi per chi si occupa di storia economica territoriale.

Ma entriamo nel merito del panorama che del Piovese ci fornisce la rilevazione del 1890, partendo dalle tabelle che seguono:

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Pagine seguentiVeduta aerea della zona industriale di Piove di Sacco

In basso, oltre i campi, la sede del Centro direzionale della Banca di Credito Cooperativo (foto Meneghetti)

Tab. 1a) – Le attività manifatturiere per classi d’industria nei dieci comuni della Saccisica, 1890

Alimentari Minerarie & fornaci Off. meccaniche Tessili e cordami

ditte addetti ditte addetti ditte addetti ditte addetti

Arzergrande 1 1 - - - - - -Bovolenta - - 2 26 - - - -Brugine - - - - - - - -Codevigo 1 4 - - - - - -Correzzola - - 2 14 1 11 1 20Legnaro 2 4 - - - - 3 5Piove di Sacco 9 14 2 13 1 2 4 32

Polverara - - 1 3 - - 2 22Pontelongo - - - - - - - -Sant’Angelo di Piove 2 7 1 2 - - - -

Fonte: elaboraz. da MAIC, Notizie sulle condizioni industriali della provincia di Padova,

“Annali di statistica”, Serie IV, fasc. XXXVII, Roma, Tip. Eredi Botta, 1890

Tab. 1b) – Le attività manifatturiere per classi d’industria nei dieci comuni della Saccisica, 1890 (segue)

Mobilio & sedie Chimiche Fabbricaz. Carri Diverse

ditte addetti ditte addetti ditte addetti ditte addetti

Arzergrande - - - - - - 14 89

Bovolenta - - - - - - - -

Brugine - - - - - - 2 90

Codevigo - - - - - - - -

Correzzola - - - - - - - -

Legnaro 4 10 - - 6 11 - -

Piove di Sacco - - - - - - 6 27

Polverara - - - - - - - -

Pontelongo - - - - - - - -

Sant’Angelo di Piove - 210 - 2 15

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Tab. 1c) – Le attività manifatturiere per numero di ditte e di addetti nei dieci comuni della Saccisica, e raffronto con il totale provinciale, 1890

TOTALE

ditte addetti

Arzergrande 15 90Bovolenta 2 26Brugine 2 90Codevigo 1 4Correzzola 4 45Legnaro 15 30Piove di Sacco 22 88

Polverara 3 25Pontelongo - .Sant’Angelo di Piove 5 234TOTALE DISTRETTO 69 632

Provincia nel suo complesso 435 4.815

Il quadro (che non ricomprende, comunque, i moli-ni, stante il loro limitato contenuto tecnico e la capillare presenza nel territorio12) non appare entusiasmante. Le aziende considerate “industriali” non superavano nell’area la settantina, per una occupazione complessiva di poco più di 630 unità. Ma questi dati nascondono due anoma-lie, risultando censiti a Piove di Sacco 3 occupati nella lavorazione di trecce di paglia (“Industrie diverse”), e a Sant’Angelo ben 210 lavoratori impegnati nella produzio-ne di sedie rustiche (da noi ricomprese nella classe “Mobili e sedie”), per i quali non appare alcuna ditta di riferi-mento. Il che lascia ipotizzare che si trattasse di lavoratori “indipendenti”, pur se impegnati nelle loro abitazioni in produzioni serializzate, probabilmente veicolate sul mer-cato da qualche intermediatore del luogo. In sostanza, il tessuto manifatturiero (per un popolazione complessiva dell’area di poco superiore ai 36.000 abitanti, l’8,3% di

quella provinciale) appare estremamente frammentato, e complessivamente debole. La sua partecipazione alle attività “industriali” della provincia, risultava comunque superiore alla percentuale della popolazione: poco meno del 16% del totale delle ditte, e poco più del 13% degli addetti.

Eppure la Saccisica, per quanto ridimensionata nel retroterra manifatturiero dei due secoli precedenti, pre-sentava un quadro in movimento, almeno dal punto di vista degli interventi strutturali: dalle opere di bonifica in corso di esecuzione, o già terminate, riguardanti i comuni di Arzergrande, Bovolenta, Brugine, Codevigo, Piove e Pontelongo, e che andavano a porre rimedio ai secolari problemi idraulici del territorio, all’imminente completa-mento della linea tramviaria a vapore che doveva collegare Piove di Sacco a Padova, con i conseguenti vantaggi per i traffici commerciali e la mobilità delle persone13.

Indubbiamente era proprio Piove, capoluogo del distretto, il centro più vivace: lì insistevano 22 delle ditte censite, per un totale di 88 addetti. Il nucleo più impor-tante (4 ditte, 32 occupati) testimoniava della tradizione tessile locale, che sopravviveva anche grazie a 100 dei ca. 600 telai casalinghi ancora attivi in Saccisica, invero poca cosa rispetto ai 1.600 censiti nel 1876 per la sola Piove. La maggiore di queste ditte era la tessitura di cotone di Luigi Billito, con 26 addetti e 16 telai a mano, che tutta-via riusciva a lavorare non più di 200 giorni all’anno. Il dato rileva non solo perché la mancanza dell’intero ciclo annuale era comune, qui come altrove nel Veneto rurale, ad altre categorie merceologiche, ad esempio alle forna-ci o alle lavorazioni alimentari, ma perché testimoniava che la centralizzazione del lavoro in un luogo apposita-mente adibito alla produzione, vale a dire la “fabbrica”, non implicava da sola lo sradicamento del lavoratore dai ritmi delle stagioni agricole, e dalle relative incombenze.

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Lo zuccherificio di Pontelongo oggi

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Vecchie immagini dello zuccherificio di Pontelongo attivo dagli inizi del Novecento

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Era infatti al momento della semina e dei raccolti che la manifattura era costretta a fermarsi, come accadeva anche per i telai casalinghi, dove la produzione era ancora più discontinua, scendendo i giorni lavorati a una media di circa 150/anno14.

Non era tuttavia la stagionalità di talune attività a costi-tuire la vera debolezza del Piovese, e neanche le caratteri-stiche elementari di talune produzioni: quelle alimentari, ad esempio (15 ditte, di cui 9 a Piove, per soli 30 addetti), in gran parte focalizzate sulla lavorazione delle pasta da minestra, o quelle di carri ad uso agricolo, concentrata a Legnaro e a Piove di Sacco, che riesce in realtà arduo considerare come effettivamente “industriali”. La povertà imprenditoriale risalta piuttosto dall’esistenza in zona di sole due officine meccaniche, una delle quali composta unicamente da due dipendenti, e la maggiore (con 11 addetti) prevalentemente indirizzata al servizio della più grande proprietà fondiaria del distretto, l’azienda agri-cola di tipo capitalistico dei Melzi d’Eril a Correzzola. In realtà quella tenuta rappresentava una sorta di “citta-della” manifatturiera, dato che in essa insistevano anche una fornace dedita alla produzione di mattoni, quadrelli, tegole e calce, e una filanda a vapore nella quale, pur ben attrezzata, «non si lavora di continuo ma si fanno soltanto degli assaggi sulla produttività dei bozzoli raccolti nell’an-nata»15. Così almeno era al momento della rilevazione, dato che successivamente, e per un discreto numero di anni, essa fu funzionale alla più complessiva e molteplice attività produttiva dell’azienda, passando dai 40 giorni lavorativi/anno ad una media di 120-150, in linea con quanto avveniva in altre filande della provincia padovana e delle provincie limitrofe.

Può essere utile, concludendo questo breve excursus, menzionare in cosa consistesse la più importante delle attività sviluppate dalle c.d. industrie diverse, che – con

22 ditte, e 206 addetti, quasi un terzo dell’intera mano-dopera censita – risultavano concentrate ad Arzergrande, Brugine e Piove di Sacco. Nei primi due centri si pro-ducevano esclusivamente stuoie e graticci. Pur lavorazio-ne povera, poverissima, e a ciclo stagionale, essa tuttavia era una delle poche del Piovese per le quali il termine “industriale” avesse un significato compiuto. Anche se la produzione era realizzata completamente a mano, i tre imprenditori che egemonizzavano il comparto (le due ditte Antonio e Pietro Xodo a Brugine, e la ditta Vittorio Foggiato e F.lli ad Arzengrande) avevano introdotto una rigorosa divisione delle operazioni tra i vari lavoranti che ne ottimizzava il rendimento e contraeva il costo finale16. Cosa che mancava invece a Piove di Sacco, dove comun-que a tale produzione si affiancava la meno profittevole, in quanto a volume d’affari, lavorazione delle trecce di paglia. A Piove, tra le industrie “diverse”, va ricordata la concia delle pelli, e l’attività tipografica che, pur se esercita in un unico impianto all’epoca privo di motori, assumeva un suo rilievo dato che – anche attraverso questa modesta attività, del tutto assente negli altri comuni – la cittadina rimarcava il suo ruolo di centro del distretto.

L’essere ricorso all’indagine statistica del 189017 per descrivere l’abbrivio della lenta risalita del Piovese alla modernità dopo il declino delle sue manifatture, mi porta però ora a leggere le sue progressive trasformazioni attra-verso i dati di alcuni dei Censimenti industriali che si successero in Italia a partire dal 1911: sono infatti con-vinto che essi siano tutt’altro che aridi, e che consentano di cogliere, almeno in prima approssimazione, la qualità di quasi un secolo di nuovo acclimatamento all’economia manifatturiera.

Qualche nota storica, innanzitutto. Il Censimento industriale del 1911, che si affiancò al periodico censi-mento della popolazione già previsto per quell’anno, fu in

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La Zona industriale di Piove di Sacco, la più importante area produttiva della Saccisica, sorta nel secondo dopoguerra

qualche modo deciso nell’ambito delle celebrazioni per il Cinquantesimo anniversario del compimento dell’unità d’Italia. In quei cinquant’anni la Direzione Generale della Statistica del MAIC era andata affinando, con l’immissione nei ruoli di statistici di vaglia, metodologie di rilevazio-ne sempre più innovative, sperimentandole in numerosi studi di singoli settori industriali. Essa si sentiva ora in grado di tentare una indagine estesa capillarmente a tutto il territorio nazionale, che fornisse una sorta di fotogra-fia del progresso raggiunto dalla penisola dopo l’unità. Si sapeva da quale arretratezza il paese venisse, e si voleva misurare quanto di quel problematico (e relativamente vicino) passato fosse stato superato, e in quale direzione

stesse andando il nostro ancor fragile tessuto produtti-vo. Fu una sfida epocale, culturale innanzitutto, stante la difficoltà di convincere una popolazione (e un ceto industriale) ancor più di oggi ostili alla burocrazia, a dare per iscritto una serie di informazioni “sensibili”; ma fu anche una sfida tecnica e organizzativa, che alla fine fu vinta. L’altissima percentuale dei questionari restituiti, in gran parte compilati in tutti i quesiti che venivano posti, non solo permisero di conoscere la struttura della nostra industria, ma anche di individuarne i punti di debolezza e di scorgerne più di qualche potenzialità. Per certi versi, gli ultimi governi del c.d. periodo giolittiano trassero dalle prime analisi dei dati raccolti indicazioni utili ad elaborare

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interventi di politica economica, poi resi vani dall’insor-gere della Grande Guerra: la quale tuttavia, e più ancora l’intervento italiano, servirono a meglio comprendere che una delle debolezze della nostra economia stava nei ritardi, nell’arretratezza, e – se vogliamo – nella pochezza dell’in-dustria meccanica nazionale.

Era un dato macroeconomico, ovviamente, che tut-tavia era facile riscontrare anche in scala “micro”, come – per tornare al nostro argomento – si può fare ancor oggi guardando i dati censuari di un piccolo territorio quale la Saccisica. Le attività meccaniche, ricomprese in tab. 2a) all’interno della categoria “Industrie che lavorano e utiliz-zano i metalli” sono di scarsissima consistenza: si tratta di 42 ditte che occupavano 148 operai, per una media di 3,5

addetti cadauna, che salivano a 4,5 nell’ipotesi che tutti i titolari delle stesse lavorassero concretamente all’interno della loro officina. Per di più, solo uno di questi impian-ti disponeva di energia motrice, dalla peraltro modesta potenza di 7 cavalli dinamici. Certo, il Piovese era area rurale, e la maggior parte di queste officine era adibita alla riparazione di attrezzi o di macchine elementari ad uso agricolo, ma anche nei medi centri urbani la situazione non era di molto migliore. Erano emerse, stavano emer-gendo grandi imprese meccaniche a Genova, Milano, Torino, ma accanto c’era solo una miriade di piccoli com-primari incapaci di concepire l’innovazione come motore del progresso.

Tab. 2a) – Le attività manifatturiere per classi d’industria nei dieci comuni della Saccisica, 191118

Industrieche lavorano i prodotti

dell’agricoltura (*)

Industrieche lavorano e

utilizzano imetalli (**)

Industrieche lavorano i minerali

(***)e Costruzioni

Industrieche lavoranoe utilizzano

le fibre tessili

Industriechimiche

a b c a b c a b c a b c a b c

a) numero delle ditte censite b) numero degli addetti c) forza motrice in cav. din.

Arzergrande 10 93 40 2 6 - 1 4 - - - - - - -

Bovolenta 16 61 - 5 12 - 2 98 - 6 32 - - - -

Brugine 8 34 - - - - - - - 3 15 - - - -

Codevigo 2 9 40 - - - 2 9 1015 - - - - - -

Correzzola 9 30 - 7 23 - 1 104 - 4 17 - 1 3 -

Legnaro 7 49 20 2 12 - - - - 3 56 - 1 4 -

Piove di Sacco 38 209 200 22 87 7 4 230 - 5 70 - 5 22 4

Polverara 6 21 30 - - - - - - - - - - - -

Pontelongo 10 74 180 4 8 - - - - - - - 1 550 1725

Sant’Angelo di Piove 1 3 5 - - - 1 78 - - - - - - -

Le prime tre colonne includono: (*) industrie alimentari; (**) industrie meccaniche; (***) le fornaci

Fonte: elaboraz. da MAIC, Censimento degli opifici e delle imprese industriali al 10 giugno 1911, vol. IV, Roma, 1914, p. 154

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Tab. 2b) – Le attività manifatturiereper numero di ditte, di addetti e di forza motricenei dieci comuni della Saccisica,e raffronto con il totale provinciale, 1911

TOTALE

ditte addetti cav. din.

Arzergrande 13 103 40

Bovolenta 29 203 -

Brugine 11 49 -

Codevigo 4 18 1055

Correzzola 22 177 -

Legnaro 13 121 20Piove di Sacco 76 685 213

Polverara 6 21 30

Pontelongo 15 632 1905

Sant’Angelo di Piove 2 81 5

TOTALE DISTRETTO 189 2.023 3.267

Provincia nel complesso 2.720 21.550 9.801

Basti solo questo piccolo esempio per dar conto di ciò che può uscire dalla lettura delle tabelle che qui si ripro-ducono. La chiave interpretativa, per la meccanica ma anche per le altre attività produttive, sta nella dimensione della “ditta”, ovvero nel numero di addetti medi, e nella la presenza o meno di forza motrice. In tabella 2b) si vede un raffronto tra la forza motrice esistente nelle imprese dell’area e quella installata nel complesso delle imprese delle analoghe categorie merceologiche dell’intera pro-vincia. Da esso risalta che la potenza presente nel Piovese è un terzo esatto della potenza esistente nelle analoghe imprese di tutta la provincia; il paradosso è che le imprese dell’area sono poco meno del 7% di tutte le imprese pro-vinciali, e gli addetti non raggiungono il 10%. E incro-ciando le due tabelle ci si accorge che più della metà della potenza motrice piovese (quasi il 18% dell’intera potenza

provinciale) è in capo ad una sola azienda “chimica”, che ha sede a Pontelongo. Se ritorniamo alla tab. 1b), tratta dalle Notizie sulle condizioni industriali della provincia di Padova del 1890, di tale impresa chimica – che nel 1911 occupava 550 persone – non solo non troviamo traccia, ma vediamo anche che nell’area non esisteva all’epoca nes-suna impresa di tale settore. Evidentemente l’impianto di Pontelongo, e che impianto!, era nato successivamente a quella rilevazione. E non si trattava nemmeno di un impianto chimico propriamente detto: era solo successo che i tecnici della Direzione Generale della Statistica ave-vano classificati come “chimici” sia il processo di trasfor-mazione di un vegetale come la barbabietola da zucchero, sia il successivo processo di raffinazione del “sugo” estratto da essa. Un errore di definizione, che venne poi corretto fin dal successivo Censimento del 1927. Lo zuccherificio di Pontelongo, che tanta parte ha nella storia economi-ca e sociale della Saccisica, fu realizzato nel 1910 da una società di proprietà belga, la Société Sucrerie et Raffinerie de Pontelongo, e proiettò la provincia di Padova – allora priva di attività industriali di rilevo – in un settore estrema-mente dinamico e ad alta intensità di capitale, che già nei primi decenni del secolo conobbe rapidi fenomeni di con-centrazione oligopolistica. Ma, assieme all’alta intensità di capitale, quel tipo di produzione aveva bisogno di un elevato utilizzo di energia, ben testimoniato dal valore in cavalli dinamici espresso nella tabella appena esaminata.

Proviamo ora a leggere l’evoluzione novecentesca del tessuto manifatturiero del Piovese attraverso i Censimenti industriali del 1927, 1951 e 1981, anni che meglio evi-denziano la tendenza dei cambiamenti che andarono veri-ficandosi nell’area.

Vediamo innanzitutto la dimensione media delle “ditte”, o meglio delle “unità locali”, vale a dire i siti dove si esercitavano concretamente attività lavorative. Nel

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1911 essa era di 10,7 addetti per unità, contro una media provinciale di 7,9; nel 1927 di 5,8 contro 4,6; nel 1951 di 2,6 contro 4,4 e nel 1981 di 8,9 contro 8,4. Si tratta di dati che sembrerebbero parlarci, salvo che per il 1951, di strutture produttive piccole sì, ma comunque meglio strutturate del complesso dell’insieme delle imprese della provincia. Ma così non è se solo facciamo attenzione all’ar-ticolazione dei settori in cui fino al Censimento del 1951 esse erano impegnate, tutti di tipo tradizionale, e con una scarsa presenza di imprese meccaniche, e comunque con un limitato/limitatissimo utilizzo di energia.

Prendiamo, ad esempio, il 1951, nelle cui tabelle è inserita la potenza installata espressa in HP. Dalla potenza complessiva presente nel distretto, ricaviamo una media di 20,6/HP per unità locale, contro un dato provinciale di 10,8. Solo che l’88,2% di tale potenza era concentra-ta nello Zuccherificio di Pontelongo. Se depuriamo dei 12.424 HP presenti in quel sito sia il dato locale sia quello provinciale, la media scende a 2,4 HP/unità locale per la Saccisica contro i 9,4 HP della provincia. Il che sta a significare che altre aree del padovano, e in particolare il capoluogo, stavano crescendo in comparti più moderni di quelli che, nelle Tabb. 4a, b e c, vediamo qui essere di maggiore consistenza. Buona parte della manodope-ra censita risultava infatti occupata nelle industrie “ali-mentari e affini” (di contenuto tecnologico inesistente, Zuccherificio a parte), nella produzione di abbigliamento (dove le “macchine” erano quelle per cucire, prevalente-mente non elettriche, o i telai a mano per maglieria) e nella lavorazione del legno.

Una osservazione merita la diminuzione del numero medio di addetti registrata, in quella scadenza censuaria, sia nel distretto che nel dato provinciale. Essa può essere da un lato fatta risalire alle difficoltà della ripresa postbellica in una provincia che permaneva prevalentemente agrico-

la, e dall’altro all’emergere – difficoltoso certo, stante la debole domanda di beni – di una nuova propensione alla piccola impresa, o comunque al lavoro in proprio, che polverizzava (con unità produttive piccolissime) i valori medi.

Nel caso del Piovese, tuttavia, la contrazione più accen-tuata nel numero di addetti/unità locale si accompagnava – in raffronto ai dati censuari di ventiquattro anni prima, tanti ne erano passati dal Censimento del 1927 – a un duplice e apparentemente contraddittorio fenomeno. Le imprese erano cresciute del 25% (+136 unità), ma con-temporaneamente l’occupazione era diminuita di quasi il 43%, con una perdita netta di 1.346 addetti, in gran parte attratti – pur a costo di un faticoso pendolarismo – dalle nuove opportunità di lavoro offerte dalle industrie di Porto Marghera e, seppure in misura minore, dal molti calzaturifici sorti in Riviera del Brenta. Numeri più ridotti si indirizzarono su Padova, ma se anche nel capoluogo euganeo i salari erano un po’ più elevati di quelli del distret-to, erano le grandi imprese del polo lagunare a garantire le retribuzioni migliori, e soprattutto, la sicurezza del posto del lavoro.

A questo scenario depresso, accostiamo ora un’altra “fotografia”, quella che appare dal Censimento del 1981. In trent’anni il numero delle imprese era cresciuto del 23%, mentre gli occupati si erano incrementati di quattro volte (+314%). Questo dato era peraltro accompagnato da significative modificazioni nella composizione settoriale della manifattura del distretto, con la marginalizzazione delle attività alimentari, l’emergere di una diversificata industria meccanica in grado di coprire specializzazioni anche di pregio, foriere di successive evoluzioni, la scom-parsa delle arretrate produzioni di abbigliamento rilevate nel 1951, sostituite da imprese di maggior dimensione operanti in una vasta gamma di articoli di abbigliamento

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e di biancheria per la casa. Oltre a ciò erano comparsi due settori interamente nuovi, quello delle calzature, cui molti lavoratori della Saccisica si erano accostati nel pendola-rismo prima ricordato, e quello della lavorazione delle materie plastiche.

L’emergere di questa complessità merceologica nel corso dei tre decenni che separano i due Censimenti qui presi a riferimento, non rileva solo per il significato che essa ha avuto nel risollevare una comunità distrettuale a lungo depressa dopo i fasti d’età moderna, ma anche per aver con quella crescita manifatturiera ridisegnato il terri-torio e, in particolare, per aver delineato nuove gerarchie tra i vari comuni che lo compongono.

Piove di Sacco, anche se manteneva il suo primato di capoluogo, non era più l’unico punto di riferimento, ma si trovava ad essere fortemente insidiato – salvo che nelle funzioni di servizio che manteneva, e che poi anzi raffor-zerà – da Legnaro e da Sant’Angelo, nelle quali si erano insediate ed erano cresciute quelle che diventeranno poi, in poco più di un decennio, le imprese attraverso le quali il

comprensorio è oggi spesso conosciuto e/o identificato al suo esterno. Va peraltro ricordato come la modernizzazio-ne della Saccisica, qui in pochi tratti richiamata, avvenga parallelamente alla crescita di Padova come città indu-striale, e alla rapida industrializzazione di buona parte del suo interland e dell’Alta. Non si tratta cioè di un processo isolato, ma è parte del più complessivo inserimento della provincia in quel tessuto dell’industrializzazione veneta dal quale essa era stata a lungo esclusa, o dal quale le scelte dei suoi ceti dirigenti e delle élites economiche mercantile o di origine fondiaria l’avevano esclusa.

Oggi, è noto, il padovano è la seconda provincia indu-striale veneta, e a questo risultato ha concorso a partire dagli anni Settanta anche la crescita manifatturiera del Piovese. Ed è il motivo per cui ho posto come punto di riferimen-to conclusivo di questa ricostruzione il Censimento del 1981, che di quel decennio è la “certificazione”, segnando anche simbolicamente un momento di svolta (o, se voglia-mo, una tappa) nel lungo percorso della Saccisica come una comunità laboriosa.

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La Carel, azienda di Brugine attiva nel settore della climatizzazione

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Il nastrificio Victor in zona industriale a Piove di Sacco

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Tab. 3a) – Le attività manifatturiere per classi d’industria nei dieci comuni della Saccisica, 192718

Industrie del legnoe affini

Industriealimentari

IndustrieMeccaniche

Lavoraz. mineralinon metalliferi

Ditte addetti ditte addetti ditte Addetti ditte addetti

Arzergrande 59 191 7 19 3 5 2 3

Bovolenta 7 13 4 8 8 9 - -

Brugine 16 34 6 19 4 5 - -

Codevigo 8 12 5 13 4 5 - -

Correzzola 19 30 12 27 17 25 1 2

Legnaro 12 16 4 13 8 9 - -

Piove di Sacco 32 113 27 122 35 82 6 60

Polverara 11 19 2 5 2 4 - -

Pontelongo 3 25 8 1806 7 19 - -

Sant’Angelo di Piove 34 74 4 5 7 7 - -

Fonte: elaboraz. da ISTAT, Censimento industriale 1927, voll. II, VI e VIII, Roma, 1928-32

Tab. 3b) – Le attività manifatturiere per classi d’industria nei dieci comuni della Saccisica, 1927 (segue)

Industrietessili

Vestiarioe arredamento

Industriechimiche

Industriediverse

Ditte addetti ditte addetti ditte addetti ditte addetti

Arzergrande - - 11 25 - - - -Bovolenta 2 44 10 13 1 2 - -Brugine 1 8 14 28 - - - -Codevigo - - 7 7 - - - -Correzzola 1 1 37 47 - - - -Legnaro 3 4 17 27 - - - -Piove di Sacco 1 1 34 90 1 8 - -

Polverara - - - - - - - -Pontelongo - - 5 24 - - - -Sant’Angelo di Piove 1 2 17 22 - - 1 4

Fonte: elaboraz. da ISTAT, Censimento industriale e commerciale 1927

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La fabbrica di biciclette Olympia in zona industriale a Piove di Sacco

Tab. 3c) – Le attività manifatturiere per numero di ditte e di addetti nei dieci comuni della Saccisica, e raffronto con il totale provinciale, 1927

TOTALE

ditte addetti

Arzergrande 82 243Bovolenta 32 89Brugine 41 94Codevigo 24 37Correzzola 87 132Legnaro 44 69Piove di Sacco 136 476

Polverara 15 28Pontelongo 23 1874Sant’Angelo di Piove 63 110TOTALE DISTRETTO 547 3.152

Provincia nel complesso 6.013 27.543

Tab. 4a) – Le attività manifatturiere per classi d’industria nei dieci comuni della Saccisica, 195120

Alimentarie affini

Industrietessili

Vestiario, abbigliamentoe arredamento

Industriemeccaniche

a b c a b c a b c a b c

a) numero unità locali censite b) numero degli addetti c) forza motrice in HP

Arzergrande 5 21 99 8 15 - 16 31 - 11 13 -Bovolenta 2 7 59 14 180 150 23 30 - 10 15 12Brugine 1 5 29 15 30 - 17 25 - 8 9 -Codevigo 5 17 58 1 2 - 18 22 - 16 19 -Correzzola 8 24 170 1 1 - 30 33 - 21 24 -Legnaro 2 9 58 2 2 - 17 33 7 4 5 7Piove di Sacco 25 151 462 16 34 7 67 139 1 52 101 116

Polverara 1 4 71 3 3 - 8 13 - 3 4 -Pontelongo 4 260 12424 7 10 - 35 52 - 10 14 -Sant’Angelo di Piove 1 3 49 3 4 - 7 11 - 12 25 10

Fonte: elaboraz. da ISTAT, 3° Censimento generale dell’industria e del commercio: 5 novembre 1951, voll. I e XVII, Ro ma, 1957

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Il capannone addossato alla vecchia casa: una tipologia frequente in Saccisica

Tab. 4b) – Le attività manifatturiere per classi d’industria nei dieci comuni della Saccisica, 1951 (segue)

Industriadel legno

Trasformazioneminerali

non metalliferi

Industriechimiche

Manifatturierevarie

a b c a b c a b c a b ca) numero unità locali censite b) numero degli addetti c) forza motrice in HP

Arzergrande 32 87 7 3 4 2 - - - - - -

Bovolenta 10 13 11 - - - 1 2 3 1 4 3

Brugine 10 16 2 - - - - - - - - -

Codevigo 16 43 10 - - - - - - - - -

Correzzola 13 22 21 1 1 - - - - - - -

Legnaro 8 14 3 - - - - - - - - -

Piove di Sacco 38 78 52 5 49 109 1 3 - 1 6 19

Polverara 3 3 1 - - - - - - - - -

Pontelongo 9 15 23 - - - - - - - - -

Sant’Angelo di Piove 22 47 35 - - - - - - - - -

Tab. 4c) – Le attività manifatturiere per numero di unità locali, di addetti e di forza motrice nei dieci comuni della Saccisica, e raffronto con il totale provinciale, 1951

TOTALE

Unità locali addetti HP

Arzergrande 75 171 108

Bovolenta 61 251 238

Brugine 51 85 31

Codevigo 56 103 68

Correzzola 74 105 191

Legnaro 33 63 75

Piove di Sacco 205 561 766

Polverara 18 27 72

Pontelongo 65 350 12447

Sant’Angelo di Piove 45 90 94

TOTALE DISTRETTO 683 1.806 14.090

Provincia nel complesso 8.308 37.571 90.189

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La Blue Box, azienda attiva nella climatizzazione, nata nel 1986, con sede produttiva, fino a poco tempo or sono,in zona industriale di Piove di Sacco

Tab. 5a) – Le attività manifatturiere per classi d’industria nei dieci comuni della Saccisica, 198121

Alimentarizucchero e affini

Industrietessili

Calzature,abbigliamento

e biancheria per la casa

Industrie del legnoe del mobile

unità locali

addettiunità locali

addettiunità locali

addettiunità locali

addetti

Arzergrande 1 2 3 3 29 283 16 66Bovolenta 2 7 2 26 - - - -Brugine 5 20 6 21 18 233 13 36Codevigo 1 1 3 4 15 213 6 9Correzzola 4 6 - - 24 227 11 19Legnaro 3 47 3 5 24 290 27 88Piove di Sacco 26 86 18 82 59 615 44 114

Polverara 1 2 14 68 13 51 6 19Pontelongo 6 501 11 72 5 68 8 59Sant’Angelo di Piove 10 127 6 48 34 450 26 250

Fonte: elaboraz. da ISTAT, 6° Censimento dell’industria, del commercio, dei servizi e dell’artigianato: 26 ottobre 1981, vol. Veneto, Ro ma, 1987

Tab. 5b) – Le attività manifatturiere per classi d’industria nei dieci comuni della Saccisica, 1981 (segue)

Industriemeccaniche

Industriechimiche

Industrie della gommae della plastica

Industriediverse

unità locali

addettiunità locali

addettiunità locali

addettiunità locali

addetti

Arzergrande 17 104 1 2 - - - -

Bovolenta 2 5 - - - - - -

Brugine 18 52 - - - - 2 6

Codevigo - - - - - - - -

Correzzola 10 27 - - 1 10 1 1

Legnaro 67 681 4 27 15 345 - -Piove di Sacco 48 666 1 4 13 53 5 16

Polverara 8 25 - - 2 5 - -

Pontelongo 9 141 - - 1 3 - -

Sant’Angelo di Piove 41 302 1 20 6 30 2 3

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Immagine del mulino di Pontelongo, qualche decennio fa, quando il trasporto del prodotto avveniva ancora per via fluviale

Tab. 5c) – Le attività manifatturiere per numero di ditte e di addetti nei dieci comuni della Saccisica, e raffronto con il totale provinciale, 1981

TOTALE

ditte addetti

Arzergrande 67 460Bovolenta 6 38Brugine 60 362Codevigo 25 227Correzzola 65 279Legnaro 57 1484Piove di Sacco 214 1636

Polverara 44 170Pontelongo 43 844Sant’Angelo di Piove 129 1230TOTALE DISTRETTO 710 6.730

Provincia nel complesso 10.890 91.526

NOTE

1 A. CARACAUSI, Botteghe, mercanti e attività proto industriali, in Contadini mercanti e artigiani in Saccisica tra XV e XVIII secolo, a cura di A. CARACAUSI, Mestrino, Banca di Credito Cooperativo di Piove di Sacco, 2010, pp. 167-173 e 191-204.2 Cfr. per qualche spunto, L. VALIANI, La dissoluzione dell’Au-stria-Ungheria, Milano, Il Saggiatore, 1966 (I ediz.).3 A. CARACAUSI, Botteghe, mercanti e…, cit., passim.4 A. ERRERA, Storia e statistica delle industrie venete e accenni al loro avvenire, Venezia, Antonelli, 1870. In realtà l’opera era stata presentata nel 1869 dall’autore, allora professore a Venezia di Economia industriale e diritto presso l’Istituto Tecnico e di Marina, al concorso (da lui poi vinto) indetto dal R. Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti per uno studio sulla storia e sullo stato dell’industria manifatturiera regionale. Il testo com-prende anche una appendice (Tabelle statistiche e documenti per la storia e statistica delle industrie venete e accenni al loro avvenire, Venezia, Antonelli, 1870), interamente dedicata alle provin-ce di Vicenza, Verona e Venezia e, limitatamente al problema dell’emigrazione, di Belluno.5 Gli Atti dell’Inchiesta furono pubblicati in fascicoli, man mano che tra il 1871 e il 1874 veniva completata la raccol-ta della documentazione sulle varie categorie merceologiche, o sulle aree geografiche nelle quali il territorio nazionale era stato suddiviso, e poi riediti in volume (1874-75). Al loro non semplice facile reperimento, ha lodevolmente supplito alcu-ni decenni or sono una ristampa anastatica: Atti del Comitato dell’Inchiesta Industriale (1870-1874), Bologna, Analisi Trend, 3 voll., 1984.6 Statistica agricola industriale e commerciale della provincia di Padova pubblicata a cura della Camera di commercio ed arti in occasione della Esposizione universale di Parigi, Padova, Penada, 1878.7 All’esposizione del 1867 partecipò per la prima volta anche il giovane Regno d’Italia, le cui produzioni apparivano forza-tamente modeste, e non solo se comparate con quelle dei mag-giori paesi industriali dell’epoca. Da ciò trasse spunto il laniere

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Il mulino Rossetto di Pontelongo, visto dalla destra del Bacchiglione

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Un’immagine emblematica della zona industriale di Piove di Sacco:una vecchia abitazione rurale (sulla destra) e i capannoni sorti proprio là dove vi erano i campi

scledense Alessandro Rossi, membro della delegazione italiana, per spronare in alcuni suoi interventi gli industriali italiani alle innovazioni di processo e di prodotto: cfr., in particolare, A. ROSSI, Appello agli industriali italiani, “La Nazione”, 8 giugno 1867, n. 159, e ID., Dell’arte della lana in Italia e all’estero, giudicata all’Esposizione di Parigi. Note, Firenze, Tipografia di G. Barbera, 1869 [edizione a cura dell’Associazione Laniera Italiana: Biella, Editoriale laniera, 1983].8 Ho estrapolato il concetto di “rincorsa frenata” da L. CAFAGNA, Dualismo e sviluppo nella storia d’Italia, Venezia, Marsilio, 1989, che tuttavia la riferiva all’intero paese nel raffronto con le nazio-ni di prima industrializzazione. Sul processo industrializzante del Veneto, rinvio al mio L’industria nel Veneto: storia economica di un “caso” regionale, Padova, Esedra editrice, 1996, e al saggio Il lungo processo dell’industrializzazione, in Il “modello veneto” fra storia e futuro, a cura di O. Longo, F. Favotto e G. Roverato, Padova, Il Poligrafo/Accademia Galileiana, 2008; cfr. anche G. ZALIN, Dalla bottega alla fabbrica. La fenomenologia indu-striale nelle province venete tra ‘500 e ‘900, Verona, Libreria Universitaria Editrice, 1987 [ultima ediz.: 2005]. Sul tardi-vo approdo padovano all’industrializzazione: G. ROVERATO, L’industrializzazione diffusa. Storia dell’economia padovana 1923-2003, Padova, Esedra editrice/Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, 2005; ID., Il tempo dell’impresa. Cento anni di industria tra storia e futuro, Padova, Confindustria Padova, 2010.9 Cfr. anche MAIC (Direzione Generale della Statistica), Notizie statistiche sopra alcune industrie, Roma, Tip. Eredi Botta, 1878, nonché ID., Notizie sulle condizioni industriali della provincia di Padova, “Annali di statistica”, Serie IV, fasc. XXXVII [n. 22 della Statistica industriale], Roma, Tip. Eredi Botta, 1890, p. 59.10 Ibidem. Conviene ricordare come la “Direzione Generale della Statistica” del MAIC, che nel tempo acquisì metodologie e competenze di rilievo, fu la progenitrice dell’ISTAT, ente costi-tuito nel 1926 allo scopo di essere il principale produttore di statistica ufficiale a supporto della pubblica amministrazione e dei decisori politici. 11 Fu il caso di diverse indagini settoriali, ad esempio quelle

sull’industria mineralurgica e metallurgica (1880), sulle offi-cine meccaniche (1880), sulle attività di estrazione mineraria (1882), sull’industria molitoria (1883).12 La provincia contava, capoluogo compreso, 370 molini: il che equivaleva a una media di 3,5 impianti per ognuno dei suoi 103 comuni, con un’occupazione che superava di poco i due addetti cadauno. 13 La tramvia era opera della Società Veneta per Imprese e Costruzioni pubbliche, la maggiore impresa di Padova, nonché uno dei tre grandi gruppi finanziari del paese. Ad essa, e al suo fondatore Vincenzo Stefano Breda, si deve anche la realizza-zione della prima acciaieria italiana, la Società degli Altiforni Acciaierie e Fonderie di Terni. Cfr. F. BONELLI, Lo sviluppo di una grande impre sa in Italia. La Terni dal 1884 al 1962, Torino, Einaudi, 1975; A. VENTURA, Padova, Roma-Bari, Laterza, 1989, pp. 142-171; G. ROVERATO, L’industria nel Veneto…, cit., pp. 95-103; E. NOVELLO, Breda, Vincenzo Stefano, voce per il vol. I del “Dizionario biografico degli imprenditori ita-liani” dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana, mai pubblicato, ora leggibile alla pagina “www.storiaeconomica.org/TESTI/Novello-voceBreda.pdf”.14 Tale media, in realtà, variava da zona a zona, andando dai 50 giorni/anno di Bovolenta, ai 90 di Correzzola, Pontelongo e Sant’Angelo, ai 160 di Legnaro, ai 270 di Polverara, mentre i 100 telai casalinghi di Piove si attestavano sui 250 giorni di attività, e quindi con tempi lavorativi superiori a quelli della ditta Billito. Non erano comunque solo i cicli agricoli a deter-minare tali tempi, dipendendo anche dalla diversa tipologia di tessuto cui i vari telai erano adibiti, e dalla naturale fluttuazione della domanda e/o dalla stagionalità della stessa. A proposito dei telai casalinghi di Polverara, va detto che la loro maggiore attività dipendeva probabilmente dal fatto che essi erano ali-mentati, e “organizzati” secondo le metodologie classiche del mercante-imprenditore, da Pietro Giacometti, che lì aveva una torcitura di cotone (12 operai) e un impianto per la tintura e stampa dei tessuti, con ciò realizzando una sorta di virtuoso ciclo integrato. 15 MAIC, Notizie sulle condizioni industriali della provincia di

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Padova, cit., p. 53.16 A proposito di stagionalità, ciò era maggiormente vero per Brugine, dove si lavorava per poco più di 100 giorni/anno, mentre ad Arzengrande ci si era stabilizzati su una media di 300. Gli Xodo potevano contare rispettivamente su 55 e 35 lavoranti, mentre Foggiato ne aveva poco più di una venti-na, e in realtà la sua produzione, pur con un ciclo di lavoro quasi annuale, risultava inferiore alle potenzialità di Brugine, non applicando completamente il principio della divisione del lavoro, essenziale soprattutto nella preparazione della materia prima da lavorare.17 In realtà il 1890 è l’anno di pubblicazione dell’indagine, mentre i dati ultimi risalgono al 30 giugno del 1889, quando la rilevazione su campo fu effettivamente conclusa.18 I dati delle tabb. 2a) e 2b) non comprendono né le “Industrie estrattive del sottosuolo”, né le “Industrie e servizi corrispon-

denti ai bisogni collettivi e generali”, in quanto esulano dal contesto manifatturiero di cui qui si parla.19 Anche in questo caso sono state escluse dalle tabelle settori non significativi per l’area in esame, come ad esempio “Miniere e cave”, “Industria della carta” e “Industrie siderurgiche e metal-lurgiche”.20 In tabb. 4a) e 4b), una diversa disaggregazione dei compar-ti produttivi del Censimento 1951 ha comportato maggiori esclusioni, ma sempre riferite a categorie merceologiche nel Piovese non significative, quando non assenti.21 Le tabb. 5a) e 5b) presentano esclusioni già precedente-mente motivate, ma anche alcune aggregazioni, come quella produzione di zucchero all’industria alimentare, nonostante nel Censimento 1981 questa venga ricompresa in un ramo d’industria a se stante assieme alle bevande e al tabacco.