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  • ARTE TARDOANTICA E PALEOCRISTIANA

    ROMA DA CAPITALE DELL'IMPERO A CAPITALE DEL MONDO CRISTIANO

    L'ARTE IMPERIALE DAI SEVERI A COSTANTINO-Ritratti imperialiDiocleziano, Costantino e Teodosio segnarono profondamente la vita dell'ultima fase della storia del mondo antico. Per lungo tempo gli storici definirono questo come un periodo di decadenza morale, politica, sociale e anche artistica. La storia dell'arte infatti vedeva in questo periodo una decadenza della concezione classica, una rottura con la forma organica, razionale e naturalistica dell'arte greca. Tendenze antigreche certamente non erano una novit, poich parallelamente alla tendenza greco-ellenistica si contrapponeva una plebea. Con Riegel si incominci a rivalutare questo periodo, che oggi viene considerato estremamente interessante, in quanto momento di congiunzione tra mondo antico e medioevo. Si trattava di una situazione in rapida evoluzione, all'esterno, l'impero sosteneva continue lotte sui confini non pacificati, all'interno, Roma perse per il suo ruole centrale di potere. Con l'editto di Caracalla, caddero i privilegi riservati da tempo solo ai cittadini romani. L'elemento pi caratterizzante per fu quello religioso. Tra i diversi culti ebbe il sopravvento quello cristiano, diffuso inizialmente tra le classi pi povere. Quando nel 313 Costantino dichiar libero il culto, l'impero era gi in gran parte cristiano. I sintomi di questa evoluzione storica si vedono soprattutto nei ritratti degli imperatori. Gia la testa colossale di Gordiano III indica un passaggio verso un diverso tipo di ritratto rispetto a quello della tradizione romana. Il volto caratterizzato da uno sguardo intenso che attrae l'attenzione di chi guarda, particolare sottolineato dalle spesse sopracciglie. I capelli sono resi con tagli nel marmo, cos come i baffetti da adolescente. L'immagine che ne viene fuori quella di un fanciullo pensoso e gli occhi suggeriscono l'abitudine alla meditazione e alla ricerca spirituale. Questi processo di idealizzazione si trova anche nella testa di Costantino o nel supposto ritratto Costanzo II, dove il volto ha una forma pi semplice, capelli, barba, baffi e sopracciglie sono resi con tagli nel marmo e si presentano in modo curatissimo e innaturale. Gli occhi spesso grandi sono il punto centrale del ritratto e lo sguardo sembra fissare la realt da una dimensione extraterrena. Questi stessi elementi si possono trovare nei ritratti monetali come per esempio nel profilo di Valente II. Ci che importa adesso non pi la rappresentazione fisica e fisionomica del personaggio. L'imperatore esprime con il proprio volto idealizzato il concetto della santit e del potere.

    -Monumenti imperialiNel III secolo Roma di arricchiva delle costruzioni volute dagli imperatori Severi, una tra le pi importati l'arco di Settimio Severo, nel campidoglio eretto tra il 202 e il 203. E' a tre fornici come la maggior parte degli archi di trionfo. Fu costruito per onorare le vittorie di Settimio Severo contro i Parti, narrate sui quattro pannelli posti sugli archi minori. Gli episodi succedono in ordine cronologico e vanno letti dal basso verso l'alto. Il quarto pannello presenta la raffigurazione della presa della citt di Ctesifonte. Il maestro he esegu questo rilievo fece largo uso del trapano, creando nel marmo zone di ombra che si alternano a zone di luce, ottenendo un effetto coloristico. La figura umana non pi rappresentata in modo isolato ma in massa. Sempre nel quarto pannello vi rappresentato Settimio Severo, circondato dai suoi generali, impegnato nella adlocutio dopo la vittoria, la giuria sovrasta la massa quasi come un'apparizione divina.

  • Un elemento fondamentale in questo periodo per comprendere lo sviluppo di Roma la costruzione della cinta muraria di Aureliano, costruita tra il 271 e 275, che delimitava i confini raggiunti dalla citt in quel periodo e trasformava Roma in una citt chiusa.

    Nel 315 venne terminata la costruzione dell'Arco di Costantino eretto vicino al colosseo il festeggiare il decennale dell'impero. Il monumento ornato da sculture che appartengono a periodi differenti, vi sono statue e rilievi del periodo di Traiano, altri ancora dell'et Adriano e Marco Aurelio, nei quali i ritratti degli imperatori sono stati sostituiti dall'immagine di Costantino. Anche alcuni particolari della struttura architettoniche provengono da edifici precedenti. probabile che la sceta dei rilievi utilizzati non sia casuale, infatti gli imperatori utilizzati erano tra i pi amati e Costantino voleva porsi come loro erede diretto. Al IV secolo risale il fregio posto sotto i tondi adrianei, in cui vi narrata la conquista del potere da parte di Costantino, dalla partenza da Milano alle vittorie di Verona e di ponte Milvio. Nel rilievo con la adlocutio la figura dell'imperatore, acefala, si trova al centro della tribuna ed pi alta rispetto alle altre e in posizione frontale, come una divinit che si mostra ai fedeli. Si tratta dell'unico personaggio raffigurato in questa posizione, insieme alle due statue ai lati del palco, raffiguranti Adriano (destra) e Marco Aurelio (sinistra). La rappresentazione viene organizzata quindi tenendo conto delle proporzioni gerarchiche, la figura umana assume dimensioni diverse a seconda dell'importanza, del rango e del grado di sacralit. Lo sfondo costutuisce in un'importane testimonianza dei monumenti del Foro romano, la basilica Giulia, l'arco di Tiberio, il monumento ai Tetrarchi, l'arco di Settimio Severo, tutti monumenti che nella realt si trovavano distanti tra loro. Anche i due gruppi di popolo che in realt dovrebbero trovarsi nella tribuna, sono posti ai lati e girati. Quindi viene usata la prospettiva ribaltata, elemento tipico della rappresentazione provinciale e plebea. Il rilievo eseguito con l'uso del trapano, creando profondi solchi d'ombra. Il risultato una cmposizione che si allontana sempre pi dall'arte greca, a favore di una rappresenazione meno colta, nella quale risulta comunque immediata la comprensione.

    Roma nel IV secolo vide anche la costruzione dei primi edifici cristiani, realizzati per onorare i martiri e per rendere la citt un'importante sede episcopale. Basiliche, battisteri, mausolei e martyria vennero edificati all'interno e all'esterno delle mura cittadine, portando anche alla trasformazione della struttura urbana. Un primo segno pu riconoscersi nella costruzione delle porticus maximae, che percorrevano il tratto tra il Campo Marzio e il ponte Neroniano. Vennero erette inoltre le due chiese dei SS.Cosma e Damiano e di S.Maria Antiqua nel foro romano, che era stato centro della potenza di Roma, la citt non era pi capitale imperiale.

    LA PRIMA ARTE CRISTIANA-I luoghi di sepolturaPrima dell'editto di Costantino, le dottrine cristiane, trovavano diffusione solo in modo clandestino. Il messaggio cristiano si era diffuso all'interno e tramite la minoranza giudaica inizialmente tra gli appartenenti alle classi pi povere, e progressivamente si diffuse tra i ricchi, i quali mettevano le loro abitazioni a disposizione dei fedeli come luogo clandestino di culto, le domus ecclesia. Si formarono cos nelle citt centri di irradiamento della nuova fede, i tituli, simili alle moderne parrochie. Spesso l'area sulla quale sorgevano veniva poi coperta dalla costruzione di basiliche. La fede della resurrezione del corpo, port i cristiani all'abbandono della cremazione, in favore dell'inumazione in luoghi di sepoltura sotterranei. Esistono due tipi di sepolcreti, le catacombe in uso dalla met del II secolo al V secolo, a cui

  • si affiancano i cimiteri in superficie, collocati lungo le vie di accesso alla citt. Il termine catacomba, significa presso le grotte, in riferimento a un luogo di sepoltura nel quale il terreno declina rapidamente verso un pendio. Le catacombe rimasero luogo di pellegrinaggio dove visitare i corpi dei santi fino al IX secolo. L'uso dell'inumazione sotterranea non era solo cristiana, lo documenta la presenza di ipogei giudaici e pagani come quello di via Latina a Roma (met IV secolo), si tratta di un mausoleo privato, costituito da camere funerarie in cui sono sepolti insieme cristiani e pagani, come testimoniano le pitture sia a sfondo biblico che mitologico. Questa sepoltura era adottata dove la consistenza del terreno permetteva un'agevole escavazione. Nel III secolo la chiesa divide la citt di Roma in sette regioni sovraintese da sette diaconi, ad ognuna di queste regioni corrisponde una zona catacombale. Le catacombe potevano prendere sia il nome del proprietario del terreno sia quello dei martiri sepolti. Le gallerie oggi sono dette ambulacri in antico venivano chiamate criptae. Ai lati delle gallerie si aprono le camere sepolcrali, i cubicoli, di forma poligonale, dove sono inumati i cristiani pi facoltosi queste tombe urne chiuse sormontate da un arco spesso decorato a fresco. I sepolcri sovrapposti sono detti loculi, mentre la pila la sezione verticale della parete che li contiene. La produzione artistica consiste soprattutto in immagini di carattere funerario. Tra gli oggetti legati al culto dei morti abbiamo anche i vetri dipinti, detti fondi d'oro perch ottenuti dai fondi di bicchieri o di coppe, decorati con una lamina d'oro incisa con oggetti religiosi e ricoperta da un vetro trasparente. Tali vetri venivano infissi nella calce all'esterno dei loculi catacombali come elemento decorativo e probabile segno di riconoscimento dei defunti che venivano sepolti.

    -Le persistenze: arte cristiana e arte pagana/arte cristiana e arte giudaicaLe pitture cristiane delle catacombe sono ispirate maggiormente al Vecchio Testamento, vengono in genere rappresentati episodi di salvazione dei giusti, che prefigurano simbolicamente la salvazione degli uomini ad opera di Cristo, come nella resurrezione di Lazzaro. Ma possiamo trovarvi anche scene di origine pagana, in cui l'eroe rappresentato come un salvatore, per esempio Ercole che fa uscire Alesti dagli inferi. Il rapporto con la tradizione greco-romana visibile da un lato appunto per i temi mitologici, dall'altro per il carattere stilistico. Con la editto di Caracalla si intensificarono gli apporti di altre culture locali, nuove inquietanti dottrine improntate sull'irrazionalismo filosofico religioso provenienti di matrice orientale. L'arte cos si allontana sempre di pi dall'et classica in favore di una lettura pi simbolica e allusiva. L'altra corrente che confluisce nell'arte cristiana costituita dalla matrice giudaico-orientale del Vecchio Testamento. In area orientale vi era una rarit delle immagini figurative, spiegabile con l'aniconismo che fino al III secolo aveva rallentato lo sviluppo dell'arte secondo i canoni del divieto biblico. Nel rispetto di tale divieto diventa necessario trovare immagini, che senza riprodurre la divinit, alludano a essa. La diffusione del cristianesimo nel III-IV secolo incoraggia la maggior tolleranza ebraica verso l'uso delle immagini che illustrino fatti biblici, senza mai rappresentare la divinit. Tali opere rappresentano la rinuncia alla caratterizzazione fisionomica della figura umana in favore della stilizzazione formale.

    -Simbolismo e narrazioneNei secoli che precedono l'ufficializzazione del culto prevalgono quindi queste immagini simboliche, con ripetute allusioni al destino dell'uomo dopo la morte. L'arte ha perci, prevalentemente, intento escatologico. La forma narrativa inece si sviluppa maggiormente a partire dall'editto di Costantino. In et tardoantica la spiritualit pagana andava perdendo vitalit, mentre quella cristiana apportava una nuova tensione verso l'infinito, attraverso il

  • simbolo atto a cogliere una realt metafisica. Il ricorso al simbolo inoltre motivato dal legame che l'arte cristiana primitica mantiene con l'arte giudaica e con il relativo divieto di rappresentare la divinit. Il simbolo rimanda sempre ad un oggetto diverso da se, l'agnello sacrificato metafora del sacrificio di Cristo. Successivamente ai simboli si affiancano le raffigurazioni dirette della sua persona. La ragione dell'aquisita libert insita nella natura di Cristo, divina e insieme umana. Cristo si incarnato ed entrato nella storia. All'agnello e al buon pastore, si affiancano mosaici che raffigurano Cristo con le insegne ragali, che riprendono l'iconografia imperiale romana della traditio legis.

    -Dipinti e rilievi cristiani tra III e IV secoloI primi documenti dell'arte cristiana primitiva risalgono al III secolo, quindi a circa duecento anni dalla scomparsa di Cristo. La quasi totale mancanza di testimonianza figurativa dei primi secoli dovuta al divieto giudaico. Le testimonianze pi consistenti di pittura parietale sono conservate nei luoghi di sepoltura. Solo a partire dal IV secolo la decorazione parietale comincia a diffondersi nelle basiliche. Nella loro fase inziale, le pitture conservano il ricordo del naturalismo di origine greco-romana, quelle della Catacomba di Pretestato ne offrono un valido esempio, dove gli uccelli pur mantendo la freschezza delle pittura pagane di quelli della basilica di San Sebastiano, mostrano un tratto pittorico pi rapido schemi compositivi pi rigidi. Questa rapidit molto evidente nell'episodio della Samaritana in San Callisto della prima met del III secolo, dove il tratto appare schizzato, quasi impressionistico, con pennellate rapide senza passaggi di tonalit intermedie. La frequente ispirazione dell'arte cristiana a motivi romani confermata nella Catacomba dei SS. Pietro e Marcellino dal Banchetto eucaristico, l'agap della tradizione pagana diventa l'ultima cena della tradizione cristiana. Anche qui la resa sintetica e la fluidit di movimento intervengono in modo originale sulla tradizione classica. Lo stesso avviene nel Sarcofago di Baebia Hertofila, nel quale rappresentata la moltiplicazione dei pani e dei pesci che richiama l'ultima cena. Nel rilievo il segno rapido, pi attento alla resa espressiva che alle proporzioni anatomiche dei personaggi. Nei sarcofagi del III e IV secolo notiamo il progressivo passaggio dalla narrazione a stile continuo dei rilievi romani, e dalle condensazione di pi episodi in un unico contesto, alla presentazione dei singoli episodi. Un esempio di sintesi di diversi episodi del Vecchio Testamento nel Sarcofago del Museo Laterano, da sinistra leggiamo il peccato originale, il miracolo del vino, quello del cieco guarito e quello del morto resuscitato. L'immagine di Cristo ripetuta tre volte in posizioni quasi identiche. Le figure sono compresse in uno spazio ristretto e si sovrappongono fisicamente le une alle altre. Questa composizione molto diversa da quella del Sarcofago di Giunio Basso (seconda met del IV secolo), in cui la narrazione continua lascia il posto a uno schema rigoroso che separa per mezzo di colonnine le varie scene del Vecchio e del Nuovo Testamento, ordinate su due registri. L'opera presenta dei nessi con la classicit, sia nella partizione delle spazio, sia nella resa volumetrica delle figure. Tali nessi sono motivati dall'estrazione sociale del committente (un ex console romano). Nella narrazione continua anche in mancanza di colonnine che separano le vicende vi comunque narrata una storia in successione temporale, mentre nel Sarcofago del Museo Laterano non vi una narrazione vera e propria, ma sono degli episodi isolati e conclusi. Anche l'eliminazione del paesaggio dalla sfondo favorisce l'essenzialit della rappresentazione. La stessa cosa avviene anche nella pittura ad esempio nella Guarigione del paralitico della Domus ecclesia (met del III secolo), dove l'accadimento miracoloso enfatizzato dal brusco passaggio dalla posizione statica sul lettino, al dinamismo dell'azione successiva, che mira a creare effetti di suggestione pi che a svolgere un'autentica narrazione storica. Intorno al IV secolo la

  • tecnica impressionistica giunge a maturazione, nel Mos che percuote la roccia della Catacomba dei SS. Pietro e Marcellino, notiamo che sul volto il colore steso a macchie chiare contrapposte a tocchi pi scuri, e l'abbreviazione del tratto sposta l'attenzione dalla descrizione dei dati fisionomici all'espressione del personaggio. Elementi simili si trovano nella Guarigione dell'emorrissa in cui i volti persono l'evidenza dei contorni, e i personaggi appaiono isolati sullo sfondo privo di elementi naturalistici. Se confrontiamo la figura dell'Orante della fine del III secolo con quella della met del IV secolo, notiamo che la seconda rispetto alla prima ha una posizione pi frontale maggiore accentuazione degli occhi. In essa la nobilt delle vesti testimonia l'avvenuta penetrazione del messaggio cristiano nelle classi pi abbienti. La critica novecentesca ha introdotto nell'arte cristiana antica anche il termine espressionismo, per indicare un modo di rappresentazione che si allontana dalla forma naturalistica, che attribuisci maggior rilievo all'espressione del mondo soggettivo dell'artista, rafforzando il valore evocativo. Dopo la pace di Costantino la sobriet figurativa sembra di nuovo cedere il passo a composizioni pi complesse. Dalla fine dell'et costantiniana fino al V secolo si delinea un ritorno al classicismo, si ha una rinascenza. Nel corso dei secoli possibile individuare diverse rinascenze, che non si configurano come fenomeni artisici autonomi, ma facenti parte di una vasta temperie culturale, motivato dal bisogno di trovare stabilit nel passato. L'imperatore Giuliano l'Apostata, restaurando il paganesimo fautore di un'arte classicheggiante, tesa al recupero del passato.

    ICONOGRAFIA DELLA PRIMA ARTE CRISTIANA L'iconogafia cristiana utilizza due tipi di immagini: le immagini-segno e le immagini-narrative. Le prime si distinguono dalle seconde per la brevit del messaggio trasmesse, e sono quelle pi frequenti negli affreschi catacombali e sui sarcofagi e risultano immediatemente intellegibili a chi le osserva, esse non descrivono gli avvenimenti ma li suggeriscono, secondo un processo di semplificazione. Queste immagini illustrano concetti inerenti alla fede cristiana, per esempio la nozione di pietas manifestata dall'immagine-segno dell'orante e quella della filantropia dal buon pastore. L'iconografia cristiana dei primi secoli, adotta un linguaggio visivo noto, condiviso alla cultura del tempo. Il vasto repertorio di immagini permette di rintracciare diversi punti di contatto con l'arte pagana e quella ebraica. Per esempio se osserviamo il Sarcofago di Selene e Endimione, Endimione l'eroe di cui Selene s'innamora, giace addormentato al suolo, in una posizione uguale a quella che l'iconografia cristiana attribuisce a Giona ritratto sotto il ricino. Il tema di Giona molto frequente nell'arte funeraria cristiana primitiva. Ricevuto l'ordine di predicare nella citt di Ninive, Giona preferisce imbarcarsi suscitando l'ira del Signore che scatena una tempesta. Ritenuto la causa del naufragio, Giona viene gettato in mare dall'equipaggio, e viene ingoiato da un serpente marino. Dopo tre giorni l'intervento divino lo salva ed egli decide di tornare a Ninive, redenta la citt, Giona si riposa in campagna sdraiato sotto un ricino, che Dio ha fatto germogliare per lui. L'iconografia cristiana rappresenta in genere Giona gettato in mare, nella fauci del serpente e disteso sotto il ricino. Dietro queste immagini si celano dei contenuti, da un lato la morte apparente di Giona, che prefigura la morte e la resurrezione di Cristo, dall'altro l'intervento di Dio in favore del fedele. Giona pu essere considerato un paradigma di salvezza. In et costantiniana le immagini-segno si modificano, il confine tra contenuto religioso e politico, si fa sempre pi labile. L'uso della forma allegorica nella rappresentazione di Cristo si riduce in tre nuove tipologie. Il tipo del

  • Cristo filosofo, che incarna il concetto di testimonianza della tradizione pagana. Questa immagine traduce il senso della realt al quale si abbandona l'uomo dei primi secoli della nostra era, incapace di trovare sollievo dal proprio tormento esistenziale. Il tipo del Cristo mistico, di et costantiniana, che il Cristo giovinetto, protagonista degli episodi del Nuovo Testamento. Nel Sarcofago dei due fratelli la narrazione della via di Cristo tende a prevalere sulle immagini simboliche e allegoriche, illustrata come esempio cui il buon cristiano si deve uniformare. In essa vediamo la premessa dei grandi cicli cristologici medievali. Infine il tipo del Cristo storico, di et teodosiana, che evoca il significato salvico della Passione e della Resurrezione, esalta la maest divina e anticipa la severit del Cristo giudice. Si accentuano cosi le affinit fra il Cristo in maest e l'imperatore in trono.

    LA BASILICA CRISTIANA Con la pace cristiana il culto si estese a un numero molto pi alto di fedeli, che dovevano poter assistere alla messa in luoghi molto vasti. Non vi fu la creazione di edifici nuovi e completamente diversi rispetto a quelli pagani, anzi il riferimento a costruzioni gia in uso appare molto chiaro, in particolare la basilica sembra sia ispiratrice della chiesa cristiana. La basilica era uno degli edifici pi antichi dell'architettura romana, poteva fungere da luogo dove amministrare la giustizia, poteva ospitare anche incontri d'affari. Un esempio di basilica romana molto vicina alla costruzione cristiana la Basilica di Massenzio a Roma. Massenzio fu imperatore fra il 306 e il 312, in questi anni inizi la costruzione che poi venne continuata da Costantino. L'edificio serviva per l'amministazione della giustizia, a pianta tripartita, divisa in tre navate, che per non sono separate da colonne secondo lo schema tradizionale. Le navate minori sono infatti costiuite da tre nicchioni, coperte da volte a botte cassettonate. La grande navata centrale era ricoperta da tre enormi volte e crociera. L'ingresso era su uno dei lati brevi, preceduto da un porticato e ad esso corrispondeva un'abside. Le basiliche potevano avere anche funzione religiosa come quella di Porta Maggiore a Roma, costituita da una sala rettangolare, divisa in tre navate e illuminata da un lucernario risalente al I secolo d.C. Probabilmente riservata alle riunioni di una setta religiosa pitagorica. La parola basilica pi che definire un edificio, stava ad indicare la riunione in un determinato luogo, di numerose persone, per svariati motivi. impossibile trovare nelle prime testimonianze di architettura cristiana caratteri comuni. Un valido aiuto per pu essere fornito dalla liturgia, in questo caso importante il confronto tra un antico scritto fatto risalire a Clemente I (vissuto nel I secolo) e la basilica di San Giovanni in Laterano, costruita nell'epoca di Costantino, quando l'imperatore fece dono di uno dei suoi palazzi, il Laterano, alla chiesa, perch divenisse residenza del vescovo. Dal brano ricaviamo due dati: innanzi tutto la forma della chiesa viene definita oblunga, ovvero rattangolare, come quella di San Giovanni in Laterano, il secondo dato ricavabile dal testo che la costruzione era orienata verso est, proprio come in San Giovanni in Laterano. Tale orienamento ha valore simbolico. L'oriente il luogo dove Cristo, dove il Paradiso e da dove Cristo torner alla fine dei tempi. Inoltre i partecipanti alle liturgia appaiono divisi secondo un preciso ordine gererchico, in modo che ognuno occupi zone diverse della chiesa. Osservando la pianta di San Giovanni in Laterano si pu vedere che il vescovo, seduto su un seggio pi alto, occupava con gli altri sacerdoti la parte terminale della basilica, dove era collocato l'altare. Questa zona si trovava davanti l'abisde. I laici trovavano invece posto nel corpo longitudinale dell'edificio, diviso in cinque navate da file di colonne. I fedeli venivano divisi a seconda che fossero uomini o donne. Questo port

  • in alcuni edifici alla crezione di spazi appositi riservati alle donne, i matronei. Transetto e navate erano generalmente separate da un grande arco trionfale. Un altro particolare del rito era il battesimo. I catecumeni, cio quelli che dovevano ricevere ancora il battesimo, potevano partecipare alla prima parte della messa, durante la quale venivano letti e commentati i testi sacri, ma prima della celebrazione eucaristica dovevano uscire. Perci a loro era riservato uno spazio apposito, potevano attendere nell'atrium, oppure in locali adiacenti alla chiesa a loro riservati. Il lato minore dove vi erano le porte d'accesso, poteva presentare anche un porticato, all'interno e all'esterno della chiesa detto nartece. I colonnati suddividevano le navate, tra le quali quelle centrali pi alte delle laterali, coperta da un soffitto ligneo a capriate. Soffitti pi bassi coprivano le navate laterali determinando l'aspetto della facciata a salienti. Importante era l'illuminazione, assicurata dalle finestre che si aprivano nella parte superiore delle pareti della navata centrale, oppure anche da aparture nell'abside. La luce si rifletteva sull'arredo interno costituito da soffitti dorati e argentati, da colonne e capitelli di marmo dei pi svariati colori e da mosaici policromi. Nelle celebrazioni notturne quando la chiesa era illuminata da centinaia di candele e lampade ad olio, l'effetto era quasi soprannaturale, e manifestava il carattere sacro del luogo. Una categoria a parte costituita dalle chiese che custodivano le reliquie, come per esempio la Basilica Vaticana che sorgena sulla tomba di San Pietro. La reliquia era segnalata da un baldacchino, sostenuto da colonne tortili, posto nel transetto di fronte all'abside.

    LE NUOVE CAPITALI DELL'IMPERO

    COSTANTINOPOLIL'8 novembre del 324 ebbe luogo la cerimonia della consecratio della nuova capitale, l'imperatore stesso impugnando una lancia, tracci seguendo un antico costume romano, il perimetro delle mura della citt. Costantino si sentiva sempre pi investito dalla missione divina di diffondere la fede in un impero pacificato e unito sotto un'unica capitale. La nuova Roma non doveva in nessun modo identificarsi con quella antica. La scelta della posizione cadde infine su di un promontorio sulla riva settentrionale del Mar Marmara, sulla cui estremit orientale sorgeva Bisanzio. La nuova capitale venne progettata fin dall'inizio su scala grandiosa, venne subito cominciata la costruzione di un nuovo porto e dell'ippodromo. Bench alla morte di Costantino i lavori erano molto lontani dal termine, gia tre anni prima erano in funzione le strutture essenziali, oltre alle mure, l'acquedotto, il palazzo imperiale, le sedi degli uffici amministrativi e la rete stradale. Il palazzo e le sedi del governo vennero situati nella parte romana dell'antica citt. L'ippodromo, considerato l'elemento essenziale di ogni residenza imperiale, aveva una struttura imponente e monumentale. Dalla tribuna dell'imppodromo il dio-imperatore che presiedeva ai giochi e si mostrava al popolo. Tra la zona della residenza imperiale e i quartieri residenziali vi era il foro, a pianta circolare, racchiuso da colonnati a doppio ordine, aveva al centro una colonna con alla sommit la staua bronzea di Costantino. Ma il culto dell'imperatore doveva raggiungere il culmine in una costruzione religiosa, una delle chiese da lui fatte erigere nella citt. Iniziata intorno al 326 e completata nel 360, la chiesa di Santa Sofia fondata da Cosantino, venne interamente ricostruita da Giustiniano, si trattava di un edificio splendido e grandioso, a cinque navate. L'unica chiesa iniziata e conclusa da Costantino nella sua nuova capitale, fu quella dei Santi Apostoli concepita come suo mausoleo nel punto pi alto della citt. Era una vasta e splendida costruzione a croce greca, che sorgeva in un cortile con portici colonnati, esedre e fontane, connessi edifici termali e una vera e propria residenza imperiale. All'interno era la

  • tomba dell'imperatore, sopra la quale Costantino stesso aveva disposto che venisse celebrato quotidianamente il sacrificio eucarisico. Il era recinto preparato per accogliere la folla, le terme erano destinate al ristoro di chi giungesse da lontano, il palazzo per le visite dei futuri imperatori, tutto era concepito per trasformare il suo luogo di sepoltura in un luogo di pellegrinaggio. Alla morte di Costantino fu coniata una medaglia che celebrasse la sua consecratio, la sua assunzione tra gli dei, mentre solitamente l'imperatore defunto era rappresentato sul carro del sole, Costantino era rapprentato su una quadriga diretta verso il cielo da cui si tende verso di lui la mano di Dio. Per lungo tempo la capitale non fu in grado di competere con Roma, ma la sua crescita prosegu anche dopo la morte di Costantino e con il continuo declino di Roma, la citt si avvi a divenire la pi grande citt di tutto il mondo mediterraneo. Lo splendore delle imprese architettoniche era concepito da Giustiniano come instrumentum imperii, manifestazione primaria della sacralit. L'architetura religiosa di Giustiniano conduce alla decisa affermazione di strutture a impianto centrale, dominate da una vasta cupola, indipendentemente dalla struttura della pianta. In Santa Sofia la cupola sovrasta lo spazio rettangolare della navata. Con gli edifici giustinianei la struttura a pianta centrale venne portata a scala monumentale, e le grandiose dimensioni insieme allo splendore dei materiali e delle decorazioni, conducevano all'affermazione di un nuovo tipo di costruzione religiosa. Gli orientamenti stilistici prevalenti dell'arte tardo-antica, trovano pieno riscontro nell'attivit degli artisti di Costantinopoli tra il IV e il VI secolo, da un lato vi era la predilezione, nelle immagini di carattere ufficiale, per una frontalit astratte e di carattere sacrale, dal'altro i fenomeni di renovatio, le continua riprese di impulsi naturalistici di ascendenza classica ed ellenistica. Nei rilievi della base dell'obelisco, collocato sulla spina dell'ippodromo, l'imperatore Teodosio raffigurato in atto di assistere ai giochi da un palco. Alla rigida frontalita delle immagini ufficiali, in contrasto con il movimento degli attori e delle danzatrici, si accompagna il venir meno dei rapporti prospettico-spaziali, in favore di una rappresentazione gerarchica, che impone dimensione maggiori per il gruppo imperiale che dovrebbero trovarsi fisicamente pi lontani rispetto agli attori e alle danzatrici. Nel dittico dell'arcangelo Michele rappresenta una forte attenzione alla resa volumetrica del corpo e delle cadute del panneggio come alla profondit della cornice architettonica, o nella raffigurazione dell'imperatore Giustiniani come trionfatore si barbari nell'Avorio Barberini che presenta una modellazione accentuatamente plastica e inconsueta cura nella definizione dei particolari e anche di rapporti spaziali e di movimenti complessi.

    MILANOAl centro della pianura padana Milano sorgeva all'incrocio strategico di tutte le strade che portavano ai centri pi importanti dell'Italia e dell'Europa. La citt fu fondata dai Galli, ma l'aspetto urbano pi conosciuto comunque quello romano. Milano aveva il suo foro nella zona odierna della piazza San Sepolcro e le strade erano organizzate secondo uno schema a scacchiera sul quale pi tardi si sovrappose l'odierno sistema a ragnatela. Con la tetrarchia, la citt divenne capitale imperiale. Con l'editto di Milano la citt cominci a subire profonde e radicali trasformazioni. Venne costruita la basilica dedicata al Salvatore, poi conosciuta come Santa Tecla a cinque navate, con divisione tra corpo longitudinale e pesbiterio, chiusa sul fondo da un'abside. La basilica di San Lorenzo presenta un quadriportico di accesso realizzato con colonne di riuso, appertenute probabilmete ai templi. La pianta centrale, quadrata con gli angoli rinforzati da torri. Su ogni lato della costruzione si apre un'esedra, che da accesso a un mausoleo. Per quanto riguada la funzione di questo edificio, si pensa si trattasse di una basilica palatina collegata al palazzo dell'imperatore, sebbene si trovasse al

  • di fuori delle mure cittadine.

    RAVENNAAlla morte di Teodosio l'impero vnne diviso in due parti, l'oriente con capitale Costantinopoli goverbato da Arcadio e l'occidente tocc ad Onorio, a causa della minaccia di Alarico re dei Visigoti, la capitale venne spostata da Milano a Ravenna, che oltre ad essere pi collegata sia con l'oriente che con le altre parti della penisola, si trovava in una zona circondata da lagune, divenute paludi, la rendeva sicura dall'attacco dei barbari. Per i primi anni del V secolo Ravenna fu una capitale di ripiego. Era strettamente unit al porto di Classe, un importante centro di diffusione del cristianesimo, tanto che vi fu trasferita la sede arcivescovile. Nel IV secolo la cattedra vescovile fu trasferita a Ravenna ed il vescovo Urso dot la citt di edifici religiosi nuovi. La cattedrale ursiana era dedicata alla santa resurrezione, di questa oggi resta quasi nulla, ma possiamo riconoscerne la pianta a cinque navate priva di transetto, tipica struttura ravennate. In questa fase venen costruito anche il Battistero degli Ortodossi, annesso alla cattedrale, di forma ottagonale, con l'esterno in laterzio e le pareti scandite da lesene. Il soffitto originariamente piano, venne sostituito intorno al 458, da una cupola con all'interno tubi fittili che la alleggerivano. Anche i mosaici risalgono al V secolo. Nella decorazione del battistero si affermano le tendenze che saranno tipiche delle primi fasi del mosaico ravennate. Le immagine presentano ancora una certa consistenza plastica dovuta ai rapporti con l'ambiente romano. Nella fascia pi esterna appare il motivo simbolico dell'etimasia, riferimento apocalittico alla fine del mondo. Morto Onorio nel 423, Ravenna visse un momento di splendore artistico sotto Galla Placidia, venne intrapresa cos la trasformazione della citt, sopratutto per conferirle l'aspetto di una citt cristiana. Una delle maggiori difficilt stabilire dove si trovasse il palazzo imperiale. Secondo alcune ipotesi si trovava nella zona sud-est della citt, vicino al palazzo di Teodorico. Nelle vicinanza Galla Placidia fece costruire dopo il 426, la chiesa di San Giovanni Evangelista. Riferibile sempre al V secolo il cosiddetto Musoleo di Galla Placidia. La tradizione vuole che il mausole fosse riservato a Galla Placidia, ma forse era dedicato a San Lorenzo, come indicherebbe un mosaico all'interno. La pianta a croce latina, l'esterno in semplice laterizio, contrastato con lo sfarzoso interno ornato da mosaici. La decorazione presenta sfavillanti colori ed dominata da una grande croce circondata da stelle della cupola sovrastante quattro lunette con figure di santi e apostoli. Ognuno dei bracci della croce termina con una lunetta decorata a mosaico, cos come le volte a botte sei soffitti. Le due lunette a sud e a nord presentano celebri raffigurazioni di San Lorenzo e del Buon Pastor, Cristo raffigurato, seduto su una roccia mentre tutte le pecore si rivolgono verso di lui. La rappresentazine manifesta decisi rapporti con la tradizione naturalistica dell'arte antica, nell'esecuzione che rende plasticamente consistenti i corpi, nel movimento delle figure e nell'ambientazioni definita, dall'altra parte elementi di valore simbolico come i cervi, le colombe e i simboli degli Evangelisti indicano il nuovo modo artistico nato dalla cultura cristiana. Il colore dominate l'azzurro. Nel 476 Odoacre depone l'imperatore Romolo Augustolo, questa data segna convenzionalmente l'et antica dal medioevo. La parentesi del regno di Odoacre fu interrotto dal'arrivo di Teodorico, re dei Goti. Teodorico trascorse la prima parte della sua vita come ostaggio alla corte di Bisanzio, dove complet la propria educazione di impronta classica, ma era di religione ariana. Inviato in Italia dall'imperatore d'oriente per combattere Odoacre, nel 493 assunse il potere sui territori italiani con il titolo di Patrizio d'oriente. Comp opere di bonifica vicino Ravenna e avvelendosi di uomini di grande cultura organizz il suo regno in modo diverso dagli altri regni barbarici. A Ravenna venne creato un nuovo quartiere per i Goti, con al centro il

  • palazzo ampliato, in modo da poter ospitare una corte pi splendida delle precendenti. Per quanto riguarda gli edifici religiosi Teodorico ne fece costruire alcuni riservati al culto ariano. Furono edificati la basilica dedicata al Santo Spirito e il Battistero degli Ariani, collacati vicino al quartiere dei Goti. Accanto al palazzo Teodorico fece realizzare la basilica di Sant'Apollinare Nuovo, concepita probabilmente come chiesa palatina. La costruzione a tre navate, presenta un'abside poligonale all'esterno, come avviene di frequente nelle chiese ravennati, che riprendono gli elementi di origine orientale. L'illuminazione diffusa non solo dalle finestre nella parte superiore della navata centrale, ma anche da finestre nelle pareti delle navatelle, anche queste secondo uno schema orientale. Le colonne sono in marmo con capitelli corinzi provenienti da Bisanzio, che presentano tra capitello e attacco dell'arco, il pulvino, elemento architettonico di derivazione bizantina, costituito da un tronco di piramide rovesciata. I mosaici nella chiesa sono divisi in tre fasce, quelli nella fascia pi alta raffigurano episodi della vita di Cristo, intervallati da immagini allegoriche, costituite da un padiglione con due colombe. Nel mosaico raffigurante Cristo che divide le pecore dai capretti, gli animali si dispongono su diversi piani, ma l'immagine risulta fortemente ieretica. Sono presenti anche riferimenti a motivi della tradizione italica, come nella raffigurazione dell'Ultima cena ch ricorda alcuni rilievi funerai della corrente romana-provinciale. Un altro elemento caratteristico costituito dalle proporzioni gerarchiche, proprie della tradizione dell'arte plebea. Su tutto domina lo sfarzoso sfondo dorato che rende l'ambientazione non naturale. Nella fascia intermedia, intervallate da finestre, compaiono figure di profeti o santi. L'ultima fascia invece presenta una ricca decorazione che ha subito per molti mutamenti. Alla fase teodorica vanno assegnate le rappresentazioni del Porto di Classe e del Palazzo di Teodorico. Il porto appare visto a volo d'uccello, in modo da metterne in risalto l'ampiezza, anche nel palazzo le regole di rappresentazione naturalistica appaiono superate dalla volont di mostrare le varie parti dell'edificio. Tra gli intercolunni dell'atrio, comparivano figure che in seguito furono sostituite da tende, probabilmete queste immagini raffiguravano Teodorico e la sua corte. Lo stesso destino ebbero i mosaici delle parti rimanenti di queste due fasce, legati al culto ariano. Dopo la morte di Teodorico e l'avvento di Giustiniano, la chiesa venne riconciliata al culto cattolico, con la dedica a San Martino di Tours, e solo nel IX secolo a Sant'Apollinare, protovescovo di Ravenna. A Ravenna Teodorico fece costruire il proprio mausoleo, nella necropoli riservata ai Goti. Si tratta dell'unica costruzione ravennate realizzata non in mattoni ma in pietra d'Istria. L'edificio a due ordini. Il primo ordine presenta una forma esternamente ottagonale, con nicchie rettangolari e all'interno cruciforme. Il secondo pi piccolo di quello sottostante, in modo da lasciare lo spazio per l'ambulacro. L'esterno decagonale, mentre l'interno circolare, dove forse venne sepolto Teodorico. Il soffitto costituito da un'unica grande pietra monolita trasportata via mare. Particolarmente ineteressante la fascia di decorazione che circonda la cupola, con un motivo a tenaglia che non compare nel mondo decorativo tardoantico, ma nell'oreficeria del goti. Il mausoleo si presenta come un insieme di motivi artistici provenienti da culture diverse. Con la sua morte si apri un periodo politicamente travagliato, che si concluse con la vittoria di Giustiniano. Che conferm Ravenna come capitale. Divenne necessario cancellare il ricordo del periodo goto nella citt, con il vescovo Agnello che riconcili al culto cattolico tutti gli edifici religiosi. La grande espressione dell'arte di questa fase costituita dalla chiesa di San Vitale, edificata vicino al complesso monumentale che comprendeva il mausoleo di Galla Placidia. Probabilmete iniziata nel periodo goto, la costruzione fu conclusa da Massimiano. La chisa mostra nella pianta e nell'alzato profonde differenze rispetto alle precedenti costruzioni. La pianta centrale e ottagonale preceduta da un nartece con due torri laterali. L'interno presentava un nucleo

  • centrale, separato dal deambulatorio da pilastri e colonne su due ordini. La cupola, impostata su un tamburo, si elevava con un'altezza maggiore rispetto agli esempi orienali. Grande risalto dato dal presbiterio, che conduce all'abside, fiancheggiata da due vani i quali a loro volta danno accesso a due ambienti cicolari. L'interno arricchito oltre che da mosaici, da marmi preziosi e capitelli troncoconici. I mosaici presentano una stretta connessione con il mondo orientale: i due famosi riquadri raffiguranti Giustiniano e Trodora con i loro seguiti presentano le figure frontali probabilmente seguendo uno schema rigido rituale di corte. Le immagini risultano bidimensionali, la coppia imperiale nonostante una certa ricerca fisionomica dei volti, riflette il ruolo semidivino di chi stao scelto da Dio per governare il mondo. La stessa tendenza all'astrazione riconoscibile nel mosaico del catino absidale si Sant'Apollinare in Classe (IV secolo). Legata al nome del vescovo Massimiano

    I MOSAICI Il mosaico incontra grande favore nel mondo cristiano-bizantino a partire dai primi secoli fino al medioevo, come rivestimento di superfici architettoniche nei luoghi di culto, anche se le sue orgini risalgono alla cultura greco-romana. Nella basiliche della prima et cristiana il mosaico parietale acquista sempre maggior rilievo, rispetto a quello pavimentale, che perdura invece negli edifici imperiali. Il mosaico preferito alla struttura perch pi duraturo, riveste la zona absidale e le volte, cos da indurre il fedele ad uno sguardo di contemplazione. La struttura dell'immagine risulta frazionata in piccole tessere colorate sulle quali si infrange la luce. L'irregolarit della loro forma, accentuata dalla disposizione manuale, crea sulla muratura giochi di riflessi di luce. Lo spazio fisico cos diventa spazio spirituale, in quanto luogo suggestivo di contemplazione, esso appare soprattutto nelle basiliche ravennati del V-VI secolo, il Battistero Neoniano e San Vitale, dove la decorazione si estende a quasi tutta la superficie muraria. Roma, Ravenna e in misura minore Milano, testimoniano le fasi salienti dell'evoluzione stilistica del mosaico tra i primi secoli della cristianit e l'et giustinianea. I dodici pannelli a riquadri simmetrici della volta di Santa Costanza a Roma, ripropongono i brani del realismo della tradizione pagana che ritroviamo in Santa Prudenzia alla fine del IV secolo, e nella prima met del V secolo nella vivacit narrativa dei mosaici di Santa Maria Maggiore. I mosaici della lunetta del Buon Pastore nel mausoleo di Galla Placidia sono ancora rispettosi dell'antico naturalismo come quelli della lunetta di San Lorenzo. Tra VI e VII secolo, verifichiamo la costante perdita d'interesse per le soluzioni tridimensionali come nel Cristo e nei SS. Cosma e Damiano nell'omonima basilica romana, cos come anche nei mosaici della basilica di San Vitale che celebrano l'imperatore Giustiniano e la moglie Teodora.

  • ARTE AL TEMPO DELLE INVASIONI BARBARICHE

    IL TEMPO DEI BARBARI

    Il concetto di medio evo elaborato dagli umanisti per defnire il periodo intercorrente tra il tramonto della civit antica e la rinascita di cui si sentiva essi stessi protagonisti, implicava un giudizio negativo di tale et, considerata oscura e inquietante, un'epoca di profonda desolazione, di rovine e distruzioni, di decadenza della cultura e di ogni forma civile, come il tempo dei barbari. I barbari erano le popolazioni germaniche che vivevano oltre i confini dell'impero e che, nella seconda met del III secolo, spinte dalla pressioni di altre popolazioni, incominciarono a varcare i confini e a stabilirsi sui territori dell'impero. Le migrazioni assunsero via via carattere sempre pi violento con saccheggie e distruzioni, le invasioni appunto che tra IV e V secolo accelerarono la rovina dell'impero d'occidente e condussero alla formazione di regni romano-barbarici. Si trattava in molti casi di popolazioni romaninazzate o che avevano mantenuto rapporti a lungo tempo con la civilt romana. Con rare eccezioni, come nel caso del regno di Teodorico, gli sconvolgimenti politici e sociali, portarono al quasi totale declino, almeno in una prima fase, di alcune forme artistice, cominciando dall'architettura, dalla scultura monumentale e dalla pittura parietale. Forte sviluppo assunsero invece altre tecniche, la lavorazione del legno, dei metalli e delle pelli, e l'oreficeria che si afferma come tecnica-guida della produzione artistica, con risultati di grande originalit. Non vennero mai meno in questo periodo i contatti con l'oriente e soprattutto con l'arte bizantina, attraverso la circolazione di stoffe, manoscritti e stoffe. Fin dal tempo dell'invasione degli Unni si afferma nell'oreficeria germanica lo stile policromo. Pietre levigate, soprattutto di colore rosso, vengono incastonate in oro. Nelle Gallie l'arte dell'incastonatura raggiunge effetti di grande splendore all'epoca di Childerico, nella seconda met del V secolo. Allo stesso periodo risale la diffusione in Italia ad opera degli Ostrogoti, e in Spagna introdotto dai Visigoti. Ai bronzi con incisioni a tacche e ornati zoomorfi stilizzati, si ricollega lo stile animalistico dell'oreficeria barbarica che trova ampio sviluppo nella penisola scandinava.

    I LONGOBARDI IN ITALIAGuidati dal re Alboino, i Longobardi penetrarono in Italia nel 568, scesero dal Friuli e conquistarono rapidamente ampie zone della penisola. Rimasero esclusi i possedimenti bizantini e le terre pontificie. Nel 774 sconfiggendo le truppe del re Desiderio, Carlo Magno porr fine alla dominazione longobarda. I longobardi sono ricordati per la prima volta come gens nomade attestata presso le foci dell'Elba. Com' tipico delle popolazioni nomade, le espressioni artistiche prima della arrivo in Italia sono concentrate sull'oreficeria. L'incontro tra la tradizione germanica e quella tardo-romana si manifesta nella produzione delle caratteristiche crocette sbalzate in lamina d'oro. Forse inizialmente ornamenti ricamati sui vestiti, le crocette presentano una decorazione naturalistica affidata a figure di animali stilizzati e elementi vegetali. Assodati dall'imperatore bizantino nella guerra gotica, i primi longobardi arrivano in Italia nel 526. nel 568 Alboino guida una vera spedizione approfittando dell'indebolimento delle difese della penisola. Le citt si arrendono, i membri della classe senatoria fuggono a Ravenna, a Roma o a Bisanzio. Milano cade e Pavia diventa la capitale del regno. I longobardi si abbandonano ad un sistematico saccheggio fino al 591, quando sale al trono Agilulfo. Il dominio longobardo viene sancito dall'Editto di Rotari, con la quale la legge longobarda si sostituisce a quella romana. Il popolo stenta ad integrarsi con gli abitanti delle citt e delle campagne. Le testimonianze artistiche risalenti ai primi

  • decenni sono scarsissime. L'abbandono delle citt romane da parte della classe dominante segna il declino dell'arte tardo-antica, mentre il nuovo stile barbarico, rifiutando la tradizione, introduce un lunguaggio del tutto nuovo. L'oreficeria continua ad essere l'arte-guida. Frequenti sono le crocette, pi rari esempi di monetazione e anelli-sigillo. Il vasellame ceramico mosra forme alquanto rozze e modeste decorazioni. Accanto alle corcette vengono prodotti croci gemmate, probabilmente derivate da prototipi palestinesi portati in Italia dai pellegrini, che riprendono il motivo del crocifisso presente gi nella tradizione paleocristiana. In tal senso significativa la Croce di Adaloaldo (conservata a Monza) in cui il crocifisso compare a figura intera. Queste croci rappresentano un capitolo importante per l'oreficeria longobarda. Le pietre che le decorano sono inserite a freddo in trafori appositamente preparati. Un ottimo esempio la copertura di evangelario donata da papa Gregorio Magno a Teodolinda, nel 603, realizzata forse da un orafo di Roma. Pi raffinata la tecnica che prevede una fitta rete di alveoli in cui le pietre e gli smalti vengono inserite a caldo come nella fibula a disco di Parma. In una posizione mediana tra l'oreficeria e la cultura materiale si trova la produzione di armi. Le impugnature presentano una decorazione ottenuta con la tecnica dell'ageminatura, sottili strisce d'argento martellae all'interno di solchi di ferro. Le lame sono sottoposte invece al trattamento della demaschinatura per risultare pi flessibili e resistenti alla torsione, il ferro viene battuto in modo da assumere una struttura a fasce intrecciate. Il prodotto pi spettacolare sono gli scudi da parata, dischi di legno ricoperti dii cuoio su cui vengono applicate piccole figure decorative di bronzo. Probabilmene riferibile a un sontuoso elmo da parata, la lamina sbalzata in cui si celebra il trionfo di Agilulfo (Museo del Bargello di Firenze). Per la rude espressivit, appare a prima vista un prodotto dell'oreficeria barbarica, mentre lo schema compositivo e le due Vittorie alate di fianco al trono del re, rappresentano lo sforzo di operare una difficile contaminazione tra l'arte longobarda e i modelli classici. La disfatta di Desiderio ad opera dei Carolingi, stata a lungo salutata come la liberazione dai barbari, mentre una lettura pi attenta porta a considerare molto meno brusca e repentina questa svolta culturale. Presso la corte di Carlo Magno, operavano infatti maestri visigoti, sassoni e anche longobardi. Un segno di questa continit l'attribuzione tanto ad architetti longobardi quanto a maestri carolingi della chiesa del monastero di San Salvatore a Brescia, fondato da Desiderio. Un ciclo di affreschi molto importante quello nelle absidi laterali di Santa Sofia di Benevento. Fondata da Arechi nel 760, la chiesa la pi importanti delle costruzioni dei ducati longobardi meridionali. A pianta centrale ha una complessa struttura stellare con tre absidi. L'espressiva frammentariet dell'interno suggerisce un'imprevedibile variet di scorci e un ininterrotto dinamismo architettonico.

    I LONGOBARDI A CIVIDALE La citt di Cividale rivestiva una notevole importanza commerciale e strategica. La discesa dei Longobardi in Ialia prese avvio proprio dalla sua conquista. Fu concessa dal re Alboino al nipote Gisulfo, e divenne sede del primo ducato longobardo. Cividale si distinse per la conservazione di numerose opere di oreficeria, scultura, architettura e decorazione. Le testimonianze sono scarse nel VII secolo, ma molto pi ricca la produzione del periodo successivo. All'inizio dell'VIII secolo, tutto il regno appare caratterizzato dalla rinascenza liutprandea. In questa fase l'arte longobarda raggiunge un alto livello inventivo e tecnico, pur senza seguire le tendenze comuni. Una delle importanti sculture dell'VIII secolo l'altare di Ratchis, che presenta una marcata deformazione anatomica delle figure, un disegni piatto e bidimensionale che fa apparire la scultura come una sorta di monumentale cofanetto

  • d'avorio. La lavorazione delicata e lineare della superficie lapidea giunge a effetti quasi astratti nei volti, bloccati in una sintetica schematizzazione che li rende tutti simili tra loro. Questa forzatura espressiva si inserisce in una linea di rilettura barbarica di modelli antichi. Il battistero di Callisto una composizione di forte caratterizzazione architettonica, che non genere l'effetto di un preziono oggetto di oreficeria. La decorazione a traforo segue e caratterizza la complessa struttura ottagonale della vasca. Nei capitelli e sugli archivolti, si svolge una sequenza continua di immagini simboliche (pavoni e grifoni alla fonte, leone che guardano gli agnelli) allusive al sacramento battesimale. Nel basamento sono state murate due lastre a bassorilievo: quella meglio conservata voluta dal vescovo Sigualdo, riferibile alla stessa bottega dell'autore di Ratchis. Il monumento pi importante lasciato dai Longobardi a Cividale il coseddetto Tempietto. L'edificio sorge nella parte meglio difesa della citt, la Gastaldia. Nato nella met dell'VIII secolo come cappella palatina, ha assunto poi la dedicazione a Santa Maria in Valle in occasione della trasformazione della Gastaldia in monastero. La sua architettura, una semplice aula quadrata con presviterio diviso in tre campanate, non ha subito particolari variazioni. Le ricche cornici decorative sulla paete presentano intrecci di tralci di vite e gappoli d'uva e inquadrano sei statue si sante, alte circa due metri e collocate in uno spazio indefinito. Al di sotto si trovano, dipinte ad affresco, una lunetta con Cristo tra gli arcancgeli Michele e Gabriele e le figure di alcuni martiri. Le cornici di stucco segnano il punto d'incontro tra il volgare longobardo e la rielettua dei modelli classici. La riproposta dei modelli classici indica una strada di continuit aulica della cultura imperiale. Il problema dell'ascrizione del Tempietto alla produzione artistica longobarda o alla subentrata dinastia carolingia reso dall affinit di decorazione e di tecnica costruttiva con il monastero di San Salvatore a Brescia, fondato dal re Desiderio, ma radicalmente trasformato nel secolo successivo.

    PERSISTENZA DI MODELLI CLASSICI NELL'ARTE ROMANA (VI-IX SECOLO)Teodorico affida l'amministrazione del potere al cancelliere romano Cassiodoro che risiede a Ravenna. Si accentua cos il degrando di Roma. Davanti a questo sfaldamento nasce il mito nostalgico dell'antica Roma, tanto che Teodorico si fa inviare a Ravenna, colonne e marmi provenienti da edifici imperiali ormai fatiscenti, per fare costruire il suo palazzo. Papa Felice IV, utilizzando parti di edifici preesistenti fonda all'interno del foro romano, la chiesa dei SS. Cosma e Damiano. Si tratta del primo intervento di cristianizzazione del centro di Roma. La continuit tra tradizione classica e cristianesimo sottolineata dal grande mosaico che decora l'abside. La scena rappresentata ha un precedente iconografico nel mosaico di Santa Prudenzia. Il Cristo dei SS. Cosma e Damiano appare librato nell'azzurro cupo del cielo nuvoloso, carico di una potente suggestione simbolica. I personaggi sono disposti secondo un rigido schema riangolare a intervalli scanditi. Il mosaico ha un grande senzo spaziale e narrativo, ma la riduzione del numero delle figure e la loro frontalit lasciano intravere riflessi dell'arte bizantina.

  • LA RINASCENZA CAROLINGIA

    LARENOVATIO DELL'IMPERO

    RINASCENZA CAROLINGIATra l'VIII e il IX secolo la dinastia carolingia unific quasi tutto il mondo occidentale cristiano. La renovatio lo strumento usato da Carlo Magno e dai suoi successori per dare forma unitaria e omogenea ad un insieme di aree e di gruppi etnici diversi tra loro. Il modello non poteva che essere l'impero romano, in particolare quello cristianizzato di Costantino. Il sovrano carolingio si assunse il compito di restaurare l'impero affermando davanti ai suoi sudditi, la validit di un potere unico e universale fondata sulla legge romana e quella cristiana insieme, e mostrando di fronte a Bisanzio il diritto di ereditare una sovranit che era stata romana e occidentale. Decisiva diviene allora l'allenaza con la chiesa, perch a essa affidata la conservazione della cultura antica. La dinastia carolingia lega a se, politicamente e culturalmente l'ordine benedettino. La renovatio caroingia si distingue da quelle precedenti. Il grande sforzo di organizzazione della struttura economica si esplica ad esempio nella coniazione di monete in cui il prfilo dell'imperatore fedelmente ripreso da modelli tardo antichi. Vengono istituite scuole presso il palazzo e presso i conventi e si rimodella la scrittura su esempi classici. Vi inoltre l'introduzione della liturgia romana, in sostituzione alle tradizioni locali. Il principale successo della renovatio carlongia, consiste proprio nella qualit dei risultati culturali a artistici raggiunti. Una volta disgregatasi la struttura dell'impero, i risultati raggiunti persero il loro valore.

    -L'attivit architettonicaImportante era pesso la corte imperiale lo studio dell'architettura romana. Era infatti un campo privilegiato, tanto che Carlo Magno costruiva ad regni decorem et commoditatem pertinentia, cio tanto per rappresentare la dignit imperiale, quando per rispondere alla necessit di edifici adatti alla vita della corte e all'ammanistrazione dello stato.le ingenti risorse concentrate nelle mani dell'imperatore permisero la fondazione di fabbriche grandiose. Nei quarantasei anni di regno furono iniziati e in gran parte compiuti settantacinque palazzi, sette cattedrali e duecentotrentadue monasteri. Gli edifici antichi pi frequentemente presi a modello sono quelli della Roma costantiniana. Tuttora conservata la cappella palatina di Aquisgrana, a pianta centrale, di forma poligonale e copera da una cupola. L'ingresso, preceduto da un quadriportico, forma un corpo sporgente chiuso tra due torri scalari e scavato esternamente da un nicchione che inquadra una tribuna al di sopra del portale. Qui l'imperratore si presentava ai sudditi per l'acclamazione, in corrispondenza alla tribuna all'interno, era collocato il trono. La struttura della chiesa derivata da modelli tardoantichi orientali, lo spazio centrale ad ottagono delimitato da pilastri cruciformi che sorreggono la cupola ed circoandato da un deambulatorio a due piani. Le grandi aperture della galleria sono articoalte da due ordini di colonne corinzie, che scandiscono lo spazio in un ritmo rotatorio e ascensionale risolto nella grande cupola. L'interno aricchito da marmi colorati, che Carlo Magno aveva fatto portare da Roma e da Ravenna, mentre un grande mosaico raffigurante Cristo in trono, in vesi purpuree e circondato dai Vegliardi dell'Apocalisse, decorava la cupola e manifestava l'analogia, gia utilizzata alla corte costantinopoliana tra il Salvatore e l'imperatore, sua figura in terra. Ispirate all'antico sono anche le porte e le transenne bronzee, dove si tende a ridurre a elementi lineari i motivi plastici degli acanti e dei girali vegetali e a sopraffare col il gusto dell'intreccio la chiara sintassi geomentrica e il tracciato sintetico dei modelli. All'arco di Costantino di riferiscela porta di Lorsch. La fabbrica eretta tra il 760 e il 790, ha, nonostante le picocle dimensioni, carattere monumentale. Nella parte inferiore si apre una loggia a tre fornici, mentre nel piano superiore vi un'aula che serviva all'imperatore come sala del trono e spazio per le complesse cerimonie della liturgia imperiale. La due facciate sono decorata da semicolonne accostate ai pilastri degli archi, con capitelli compositi e, al di sopra della fascia marcapiano, da pareste ioniche scanalate che reggono una cornice piegata ad angolo. Un paramento di pietre rosse e bianche

  • disposte a comporre motivi geometrici copre le murature. La sala interna affrescata con un finto partito architettonico, simile a quello esterno. Il modello romano per stato contaminato con altri elementi di altri edifici.

    -Pittura e miniaturaLa pittura monumentale andata perduta nella quasi sua totalit. Sono pochissimi gli esempi superstiti, come gli affreschi della cripta della cattedrale di Saint Germain d'Auxerre databili tra l'841 e l'857. Lo spazio della cripta esaltato da un'intelaiatura di finti elementi architettonici, classicheggianti e molto decorati, dentro i quali sono iquadrati gli episodi narrativi. L'attenzione del lettore si ferma sulla dinamica della scena, mirando all'esatta definizione del movimento dei personaggi. Contrariamente alla pittura antica, si adotta per una visione sintetica dello spazio. Nella lapidazione di santo Stafano lo sfondo indeterminato e la citt e i personaggi sono avvicinati nonostante appaiano incongruenti, tanto per le dimensione che per il punto di vista. La chiesa di San Giovanni a Mustair, fu completamente decorata intorno agli anni trenta del IX secolo con storie dell'antico e del nuovo Testamento, scelte e disposte secondo una sequenza non cronologica, ma tipologica, volta cio a mostrare la corrispondenza tra le due serie. Purtroppo il ciclo ha subito molti danni. I riquadri narrativi sono incorniciati da ase con ghirlande e nastri conclusi al di sopra di un cornicione in finta architettura. Il racconto ha un ritmo grandioso, le figure sono spesso inquadrate da fondi architettonici complessi e la disposizione dei personaggi segue una struttura equilibrata e simmetrica. La stesura pittorica rapida, utilizza pochi colori. A lavorare nell'abbazia in epoca carolingia furono chiamate delle maestranze che avevano una approfondita conoscenza della pittura lombarda. Nello stesso ambito vanno inscritti gli affreschi di San Benedetto a Malles, di uno stile pi aulico e ben conservati nonostante la perdita delle incorniciature di stucco dipinto, che presentano due preziosi ritratti idealizzati dei fondatori della chiesa. A testimonianza della variet culturale dell'area vengono infine gli affreschi di Naturno che sono caratterizzati da un linearismo esasperato e da un'estrema sintesi degli elementi figurativi. L'attivit dei miniatori raggiunge sotto i sovrani carolingi risultati di straordinaria qualit, legata alla cultura scritta di cui gli imperatori sostenevano lo sviluppo, quindi rispondeva perfettamente alle esigenze culturali della corte. Il prestigio di cui il libro gode durante questa dinastia, manifesta inoltre l'intento di emancipare l'autorit dalle radici germaniche. Lo stile decorativo legato alla committenza imperiale rappresenta una svolta rispetto a quello pratico durante l'VIII secolo negli scriptoria monastici. Nel grande scriptorium di Corbie, Carlo Magno, reclut i decoratori del primo codice da lui ordinato, un evangelario preparato entro il 583 sotto la direzione di Godescalco, se i modelli iconografici e figurativi delle grandi miniature a piena pagina, gli evangelisti, le tavole canoniche, l'immagine della fonte della vita, sono tutti bizantini e ravennati, il forte linearismo, certi movimenti decorativi a intreccio, nonch le grandi iniziali di gusto insulare, tradiscono la presenza di maestri educati a Corbie. La nuova cultura figurativa imperiale giunge a esprimersi pienamente, nei primi anni del IX secolo, in un gruppo di evangelari, tra i quali quello di Ada, quello di Saint Medard di Soisson, e quello di Lorsch. Nelle miniature che illustrano questi manoscritti lo stile bizantineggiante, aulico e prezioso delle figure, si coniuga con un'impaginazione che ricorre a fondali architettonici ripresi dall'antico e a incorniciature di archi su colonne, tipici elementi di origine italiana. Nelle parti decorative ricorrono motivi derivati da cammei, moneti, oreficerie e stoffe antiche, da tutti gli oggetti che provenivano dai saccheggi di Roma e Bisanzio. Questo entusiamo archeologico raggiunge il suo culmine nella Fonte della vita dove la vasca della fontana coronata da un esile baldacchino conico ce sembra ripreso da un affresco o da uno stucco romano del I secolo, mentre gli animali sembravo venire dal mosaico di un pavimento tardo-antico. Si devono a Ludovico il Pio un secondo gruppo di manoscritti, gli evangeli dell'Incoronazione che imitano i modi pittorici ellenistici sopravvissuti in oriente e provenienti da Bisanzio. Le figure degli evangelisti, plastiche, sono attegiate come filosofi antichi e siedono su troni classicheggianti entro un ampio paesaggio. Gli elementi ornamentali sono tratti da un repertorio antico e strettamente riservato alle cornici, spesso in finto rilievo. Un altro gruppo di codici sono i vangeli di Ebbone, consigliere di Ludovico il Pio. I vangeli sono la creazione pi straordinaria di tutta l'arte carolingia.

  • Le tavole si popolano di figurette di letterari, cacciatori, scalpellini, nei pi vari atteggiamenti, desunti ma miniature e avori orientali, di animali simbolici, di piante, di una sorta di commento al testo di genere comico. Nel Salterio di Utrecht la narrazione figurata, un'illustrazione ai salmi complementare al testo perch spesso ispirata all'originale ebraico anzich alla versione gallica riportata dal codice, si distingue in in composizioni complesse che possiedono un respiro da pittura monumentale, ma sono sempre leggibili al primo sguardo con grande chiarezza. Le scene ambientate in ampi spazi sono popolate da minuscoli personaggi in costante movimento e definiti con decisione attraverso una vasta gamma di gesti e atteggiamenti. Prende a corte la tradizione decorativa insulare, tendenzialmente aniconica: la seconda Bibbia di Carlo il Calvo composta per l'imperatore negli anni settanta del IX secolo ed ornata solo da grandi iniziali conteste di intrecci, che nonostante la grande perizia aronica, proporzionale e grafica, continuano a ricalare modelli del secolo precedente.

    -Scultura e oreficeriaLa coperta dell'evangelario di Lorsch, con le immagini di Cristo in gloria tra due arcangeli, la storia dei Magi in basso e la croce nimbata retta da angeli Vittore in alto corrisponde al momento culturale delle illustrazioni, ricalcando con abilit prototipi revennati del VI secolo. Un gusto molto pi classicheggiante e aulico pervade la decorazione su temi virgiliani dalle Egloghe, del Flabello di Tournus, un grande ventaglio liturgico eseguito verso la seconda met del IX secolo e che ben si colloca nelle officine delle grandi Bibbie.

    -L'Italia in et carolingiaAl loro arrivo in Italia i sovrani franchi trovarono le corti fortemente latinizzate e grecizzate, ma ance un diffuso interesse per i modelli dell'antichit, come dichiaravano le iscrizione del palazzo di Liutprando, fornito di terme marmoree e splendente di marmi. La politica culturale degli imperatori carolingi accentrata intorno alle iniziative e al gusto del sovrano e dei suoi intellettuali, arriv a progettare una rinascita dell'antico, che i ducato longobardi non avevano mai raggiunto. Mentre gli edifici dell'VIII secolo di rivestivano di un'apparenza classicheggiante attraverso il riuso dei marmi romani e il ricordo dei modelli tardo-antichi e orientali, non raggiunsero mai la cosciente ripresa di quelli carolingi, come il palazzo di Aquisgrana. L'esempio meglio conservato nell'Italia nel nord il sacello di San Satiro, a Milano, costruito nell'876 dal vescovo Ansperto e riprende con fedelt il tipo bizantino del martyrium a pianta centrale con cupola su quattro colonne, la costruzione arricchita dall'articolarsi continuo delle masse murarie in nicchie grandi e piccole, e da elementi dell'architettura termale tardo-antica. Nel restauro di San Salvatore a Spoleto, viene raggiunto un risultato di straordinaria coerenza classicista, sia dal punto di vista della struttura architettonica, con il grande ordine corinzio a colonne e semicolonne del presbiterio, sia come imitazione dei motivi decorativi romani.

    GLI AFFRESCHI DI SANTA MARIA FORIS PORTAS A CASTELSERPIO Su di un'altura a Castelserpio (Varese) sorge la chiesa di Santa Maria Foris Portas. Proprio per la posizione extraurbana, il luogo era difeso da un fossato. L'edificio l'unico sopravvissuto dopo la distruzione e l'abbandono dell'antica citt lombarda perch pi a lungo utilizzato come luogo di cutlo. Ha la struttura di un tricono: da una breve navata rettangolare tre arconi immettono nelle grandi absidi illuminate da finestre e rafforzate all'esterno da contrafforti. Precede la chiesa un atrio. L'iconografia della fabbrica deriva da modelli orientali e tardo-antichi, mentre molti particolari costruttivi, come le forme dei contrafforti, il sistema delle capriate lignee e la particolare tecnica muraria si ritrovano nella tradizione delle basiliche milanesi e ravennate. La datazione dell'edificio stata fissata con l'aiuto di esami fisici e chimici di alcuni elementi costruttivi, intorno al secondo quarto del IX secolo. La chiesa doveva avere un aspetto sontuoso poich, oltre ad essere tutta intonacata e decorata da affreschi, aveva un rico pavimento di intarsi marmorei, simile a quello usato nelle basiliche milanesi. Sulle pareti dell'abside principale si dispiega uno dei cicli di affreschi pi

  • importanti dell'alto medioevo. La narrazione degli episodi dell'infanzia di Cristo si svolge su due registri, in riquadri separati da sottili bande. Partendo dall'alto e da sinistra troviamo l'Annunciazione, la Visitazione, la Prova delle acque amare, il Sogno di Giuseppe, l'Andata a Betlemme. Nell'ordine inferiore partendo da destra di susseguono, l'Adorazione dei Magi, la Nativit con l'Annuncio ai pastori, la Presentazione al tempio e alcune scene, probabilmente tre o quattro, andate perdute e di difficile interpretazione. Sulla controfacciata dell'arco trionfale due angeli in volo con in mano lo scettro e il globo adorano, avvolta da un cerchio di luce l'Etimasia (il trono su cui poggiano croce e corona, simboli della realt cristologica). Sopra le finestre sono collocati tre tondi, di cui rimane integro quello centrale con l'icona di Cristo benedicente. Al di sotto, corre uno zoccolo decorato a finte nicchie. Nel vano centrale, privo di tenda, collocato un trono con al di sopra un libro chiuso. Gli avvenimenti sacri di questo ciclo derivano sia da vangeli canonici, sia da quelli apocrifi, soprattutto il protovangelo di Giacomo e il vangelo del pseudo Matteo. Alcuni episodi dertivati dagli apocrifi, sono abbastanza inconsueti, e a volte vengono inseriti nei cicli paleocristiani e orientali dell'infanzia di Cristo, come la Prova delle acque amare, con la quale la Vergine testimonia nel tempio l'innocenza del concepimento. Gli affreschi, da punto di vista compositivo e stilistico, sono di qualit eccezionalmente alta. Ogni azione ha luogo in ambianti tridimensionali unitari, ma articolati da un insieme complesso di elementi paesistici e architettonici. All'interno di questi spazi troviamo i personaggi e gli oggetti, definiti da una linea di contorno altemente espressiva, che ne sintetizza la consistenza plastica. I gesti, le espressioni, le pose, esprimono il contenuto drammatico della scena. Il movimento delle figure, allude a un ininterroto svolgersi della narrazione. Una volta constatato che i dipinti sono anteriori al 948, grazie a un'iscrizione su di essi, tre sono le ipotesi. Una prima ipotesi colloca gli affreschi tra il VII e l'VIII secolo, in un momento anteriore all'iconoclastia. Una seconda ipotesi li sposta radicalmente in avanti, ponendoli alla rinascenza macedone, in un momento in cui la capitale percorsa da un grande fervore classicista, tra la fine del IX e il V secolo. Entrambe queste ipotesi per non danno ragione della presenza a Castelserpio di elementi iconografici occidentali, riscontrabili anche nella tradizione carolingia. Questi dati orientano la datazione tra l'VIII e il IX secolo, in un periodo di tregua della lotta iconoslastica al tempo dell'imperatrice Irene. In queste figurazioni si trova il gusto neoellenistico per la naturalezza del movimento e per l'espressione dei volti. Questo stile si diffonde nell'Italia settentrionale tramite l'area adriatica. Con Santa Maria Foris Portas, siamo gia all'esaurimento di questa fase e alle soglie di un nuovo periodo. Una volta individuato il periodo, si possono avanzare delle ipotesi circa le ragioni del tema dottrinale e la committenza del complesso. All'inizio del IX secolo era ancora viva a Milano la polemica contro gli ariani che non accettavano il dogma dell'inacarnazione e della natura di Cristo. Fu certo il committente a volere espressa la sua posizione antiariana, committente che viene identificato con Seprio Giovanni, figlio del conte di Milano Leone.

    L'ALTARE DI SANT'AMBROGIO L'altare aureo il fulcro della ristrutturazione che il vescovo Angilberto compie di San'Ambrogio a Milano. Fin dal 785 il vescovo Pietro aveva istituito presso la chiesa, un'abbazia santificata dalla tomba di Sant'Ambrogio, che i monaci dovevano pregare per la prosperit dei sovrani e di tutto l'impero. Alla fabbrica del IV e V secolo viene aggiunta una grande abside centrale preceduta da un'ambiente voltato a botte, adatto allo svolgersi delle funzioni liturgiche. Altre due absidi pi piccole sono edificate in corrispondenza delle navate minori. Il catino dell'abside maggiore decorato da un grande mosaico che rappresenta il Redentore in trono, tra i martiri milanesi Protasio e Gervasio e con ai lati gli arcangeli Michele e Gabriele. Vi sono inoltre raffigurati due episodi della vita di Sant'Ambrogio: il santo di addorementa a Milano mentre dice messa (a destra) e viene trasportato dagli angeli a Torus per celebrare i funerali di San Martino (a sinistra). Il ciborio completato da quattro fastigi timpanati che dovevano essere affrescati e docorati da stoffe, prima del rivestimento in stucco del X secolo, ancora conservato. Al centro di questo grande spazio si colloca l'Altare d'oro, vistoso segno delle reliquie del Santo

  • e di quelle dei martiri. L'altare contrariamente a quelli contemporanei ha la forma di una grande cassa, quasi un sarcofago antico. Esso comunque non fu progettato per contenere i resti del santo, il vero sarcofago si poteva vedere al di sotto dell'altare da una finestrella nel lato posteriore della cassa. La faccia anteriore, cio quella rivolta verso l'assemblea divisa in tre parti. In quella centrale inscritta una grande croce con al centro il Pantocratore in trono con i quattro simboli degli evangelisti, negli spazi angolari i dodici apostoli si raggruppano a tre a tre per adorare la teofania. I due pannelli laterali sono divisi ciascuno in sei riquadri, e contengono le storie di Cristo, si leggono dal basso verso l'alto e dell'esterno verso l'interno, prima sul lato sinistro poi sul destro. In questo modo lo sguardo dell'osservatore di concentra sempre su centro dell'altare. Nel pannello sinistro sono raffigurati: l'Annunciazione, l'Adorazione dei pastori, la Presentazione al tempio, le Nozze di Cana, la Guarigione del figlio di Giairo, la Trasfigurazione, nel pannello destro la Cacciata dei mercanti, la Guarigione del cieco, la Crocifissione, la Pentecoste, la Resurrezione e l'Incredulit di Tommanso. La faccia posteriore, quella cio volta verso il clero, riprende la stessa tripartizione ma lo spazio centrale chiuso da degli sportelli che chiudono la finestrella della confessio. I quattro tondi che li decorano raffigurano gli arcangeli Michele e Gabriele e due scene di omaggio Ambrogio incorona Angilberto che gli presenta l'altare e Ambrogio incorona Vuolvino che lo venera. I pannelli laterali contengono le storie di Sant'Ambrogio. Una lunga iscrizione corre lungo le incorniciature della parte dell'altare con l'abside, chi legge avvertito di non lasciarsi abbagliare dalle gemme e dal loro, ma di ammirare il vero splendore delle sante reliquie. Ci nonostante il vescovo Angilberto chiede al patrono di guardare un dono cos ricco e di ricambiarlo con la propria protezione. I lati dell'altare sono spartiti da un'intelaiatura geometrica e contengono al centro una grande croce gemmata circonadata da angeli adoranti e santi prosternati davanti alla croce. La concezione dell'altare unitaria, ma non la sua esecuzione, cui presero parte diversi artisti. I maestri delle storie cristologiche hanno attinto da molte fonti, il modo di organizzare le scene rimanda a modelli tardo-antichi, al nuovo stile carolingio vanno avvicinati gli elementi paesistici, con le citt viste a volo di uccello, certi elementi, come le fisionomie stravolte dei mercanti, sono difficilmente spiegabili senza la conoscenza della miniatura costantinopoliana del IX secolo. La compresenza di tutte queste componenti induce a credere che questi artisti erano o operavano lombardia. Diverso lo stile della parte spettante a Vuolvino. Egli sceglie un linguaggio figurativo austero ed essenziale e riprende gli avori ravennati del VI secolo. I personaggi delle scene sono quelli indispensabili al racconto, ma affermano con decisione la propria presenza plastica contro lo sfondo neutro. Il ritmo narrativo fluisce di scena in scena come uno splendente e avvincente racconto.

  • LA RINASCENZA OTTONIANA

    Il periodo di tempo che va dal declino della dinastia carolingia alla svolta dell'anno Mille, visto dagli storici come periodo di crisi, travagliato da nuove invasioni barbariche. Le grandi famiglie di stirpe imperiale si combattono tra loro per raccogliere i resti del dominio carolingio, dell'aristocrazia romana e per controllare il seggio papale. Tutto questo sullo sfondo di terribili carestie. Eppure nonostante le difficolt proprio nel X secolo affondano le radici della ripresa dell'XI e del XII secolo. Emerge una fitta rete di poteri locali che riorganizzano il territorio. Inizia cos a consolidarsi il sistema feudale. In questo contesto le fondazioni monastiche affermano la loro funzione economica e culturale fino a diventare dei potentati sovraregionali, con enormi possedimenti fondiare e tesori che comprendono le grandi donazioni fatte dall'imperatore e dai feudatari. Un esempio l'abbazia di Cluny, che alla met del X secolo venne ricostruita pi ampia e splendida, nonostante era stata terminata da poco pi di trent'anni. La pianta del monastero, con la nuova basilica, i chiostri, gli edifici monastici e le masserie superava per imponenza le costruzioni precedenti. Gli abati delle grandi fondazioni monastiche erano inoltre gli uomini pi colti e pi influenti del secolo. Questo fervore edilizio che spesso viene messo in relazione con le paure millenaristiche, va visto come il risultato di una lenta ripresa economico-demografica. Ottone I, re di Germania, nel 962 si fece incoranare imperatore a Roma, affermando la volont di rifondare il potere di Carlo Magno. Ma i modelli del nuovo impero non potevano essere quelli tramandati dal vecchio.

    -Le grandi formazioni imperiali e feudaliL'attivit edilizia era l'interesse primario degli imperatori come delle grandi aristocrazie. Il capolavoro dell'architettura ottoniana in Sassonia la chiesa abbaziale di San Michele a Hildesheim, la pianta tracciata entro uno schema geomentrico di tre quadrati uguali, ognuno dei quali a sua volta tripartito secondo uno schema trinitario. Esso fu probabilmente suggerito dal committente, l'arcivescovo Bernoardo. Il corpo centrale a tre navate termina a oriente in un transetto a tre absidi e a occidente in un analogo transetto con profonda abside che si eleva su di una cripta circondata da deambulatorio. Nell'alzato le altezze sono fissate secondo rapporti armonici, reciproci o proporzionali alla pianta. Le navate sono scandite da pilastri che determinano in ritmo ripetuto di tre arcate mentre nelle legge alle estremit dei bracci dei transetti, dette Cori degli angeli, le aperture crescono in numero da due a sei in progressione matematica, mentre decrescono in altezza secondo rapporti armonici ricavati dalla teoria musicale. I capitelli, di sezione quadrata e con gli angoli inferiori smussati, sono attenuti dall'unione di forme geomeriche perfette, un cubo con una semisfera. La cripta coperta a volte. L'esterno si presenta come un cristallino incastro di solidi geometrici, definiti da murature lisce e compatte. Per San Michele furono fuse due enormi battenti bronzei con riquadri narrativi raffiguranti episodi dell'antico e del nuovo Testamento. La porta (montata nel 1015) raffronta sui due battenti la storia della caduta, a sinistra, con quella della salvazione, a destra. Sulla superficie affiorano elementi architettonici e paesistica bassissimo rilievo. Le figure al contrario sono ad alto rilievo, emegono dal piano fino ad avere la testa e il busto a tutto tondo, proiettando delle ombre nette. La stessa monumentalit si ritrova nella Vergine in trono, ordinata dallo stesso vescovo. La colonna bronzea ci mostra con quale disinvoltura si elaborassero modelli antichi, essa fu eseguita qualche anno prima della porta. Lo schema romano vuole celebrare il trionfo di Cristo, le scene narrative si svolgono lentamente dal battesimo fino alla crocifissione, che conclude la colonna, la narrazione in stile solenne e attenta al risalto plastico.La cattedrale di Spira, nel Palatinato, un edificio immenso, sulla cui edificazione si concentrano gli interessi di Corrado II (1024). Consacrata nel 1061, si compone di un lungo corpo longitudinale a tre navate, si cui le minori coperte a colta e quella maggiore con soffitto piano, di un grande transetto con profonda abside, sotto i quali si estende una vasta cripta e di un Westwerrk fiancheggiato da torri. Nella cripta le semicolonne accostate ai pilastri conferiscono grande chiarezza strutturale alle volte, mentre nella navata, lo stesso elemento, serviva a scandire ritmicamente lo spazio, attraverso l'ordine gigante. Le semicolonne si allungano oltre le arcate e le

  • finestre del cleristorio fino a reggere una sequenza di archi, che si trovano subito sotto l'imposta del soffitto. Questo motivo era derivato da modelli antichi. Nella tradizione delle chiese paleocristiane, infatti, il muro era concepito come una superficie adatta ad accogliere grandi cicli narrativi ad affresco o a mosaico, a Spira invece la parete diviene un elemento plastico che tutti gli elementi strutturali dell'edificio, pilastri, arcature, semicolonne, concorrono a formare.

    -Cicli di affreschi e codici miniatiGli affreschi che il pittore italiano GIOVANNI esegu per Ottone III ad Aquisgrana sono stati tutti ricoperti da intonaco nell'800, per molto significativo che il sovrano chiamasse un artista italiano per decorare uno dei luoghi simbolicamente pi rilevanti per la mitologia imperiale. Si consederava la penisola come depositaria di una tradizione figurativa fin dalla tarda antichit. L'arcivescovo di Treviri Egberto, commission ad un maestro italiano nel 983, due miniature a piena pagina per un codice contenente una raccolta di epistole di Gregorio Magno, un Registrum Gregorii. L'anonimo maestro del registrum era un artista colto, che conosceva il greco, praticava diverse forme di scrittura e possedeva un vastissimo patrimonio figurativo. Le due miniature rappresentano Ottone II in trono, circondato dalle Province dell'impero e san Gregorio ispirato dalla colomba mentre detta allo scriba. La prima immagine reinterpreta un'iconografia carolingia, ma con un gusto classico. L'assoluta cenralit dell'imperatore e il tono cerimoniale della composizione sono ottenuti mediante la salda intelaiatura geometrica e un rigoroso proporzionamento dei pieni e dei vuoti. Nella seconda miniatura l'architettura incornicia con naturalezza i personaggi e la posizione dello scriba dietro la tenda, separato dal santo, ma insieme partecipe all'episodio. In entrambe le scene la gamma cromatica e l'uso di delicate lumeggiature conferiscono un forte risalto plastico ai personaggi. Lo stile che nell'ultimo ventennio del X secolo caratterizza la produzione monastica trova perfetta espressione nei Vangeli di Ottone III. La rappresentazione dell'imperatore deriva dal modello del Registrum Gregorii, ma il linguaggio figurativo molto diverso. L'unit della scena si divide in due momenti narrativi da leggere in sequenza. L'architettura clasica diventa una paradossale tettoia sorretta da due colonne, dai cui capitelli corinzi spuntano, tra gli acanti classici, piccole teste umane. All'aulica compostezza della scena subentrano le Province in una posizione di riverenza, e la mimica dei dignitari ecclesiastici e laici. Nell'Evangelista Luca al santo seduto in cattedra in atto di scrivre appare l'evangelista entro una mandorla di luce, che si staglia ocntro l'oro abbagliante del fondo. Intorno a lui i cerbiati si abeverano al suo verbo, mentre egli regge una rappresentazione dll'epifania divina che contempla con sguardo estatico: entro ruote di fuoco e raggi di luce gli appare Dio nella gloria dei suoi angeli e dei suoi profeti insieme all'immagine apocalittica del tetramorfo. In questa miniatura presente la tendenza a tradurre l'immaginario religioso in forme simboliche, fondendo un elemento storico, l'evangelista, con una rapresentazione astratta e allegorica. L'iniziale del foglio accanto, impaginata con classica chiarezza, invasa da un rigoglio ornamentale, che unisce motivi a intreccio di antica origine insulare con elementi zoomorfi di origine orientale. Il libro dell'Apocalisse decorato per Enrico II e Cunigonda, subito dopo il Mille, si pu considerare uno dei vertici figurativi dello scriptorium. Nel Drago che minaccia la donna vestita di sole non solo ogni elemento spaziale ridotto a segno grafico, ma la sintassi compositiva del tutto estranea allo schema classico, la superficie diviene un piano da decorare secondo una sottile corrispondenza di traiettorie oblique e linee curve. L'intensa espressivit del volto e dei gesti della donna non diminuita dall'assenza di modellazione plastica, mentre grande rilevanza aquista il geometrismo ornamentale della corona di stelle o delle squame del drago.

    -Oreficeria e avoriLa committenza imperiale predilige oggetti come l'Antepedium di Basilea, eseguito forse a Fulda, nel secondo o terzo decennio dell'XI secolo, dono di Enrico II e Cunegonda a un'importante fondazione benedettina. Entro le arcate di una loggia di limpida architettura, sono rappresentate le figure di Cristo Rex regum et Dominus Dominantium, come recita la scritta sull'arco, adorato dai sovrani in atteggiamento di prochynesis (inchino) di tre arcangeli e di san Benedetto. I corpi emergono con fort risalto dal fondo. La compostezza dell'insieme aulica. Alcuni elementi

  • decorativi derivano dalle oreficerie di Bisanzio, a cui si ispira l'arte imperiale.

    -I centri artistici della penisolaSul piano culturale gli scambi tra l'impero e la penisola coinvolgono soprattutto Milano, dove sono attive numerose e importanti officine artistiche. Gotofredo, protetto di Ottone II, il committente prima del 979 di una Situla d'avorio. Il secchiello liturgico dedicato ad Ottone e veniva usato nelle cerimonie imperiali. Tra una serie di arcate siedono la Vergine col Bambino tra due angeli e i quattro evangelisti, la grandiosa e aulica compostezza delle figure deriva da modelli tardo-antichi paleocristiani. Alla fine del X secolo la stessa cultura artistica si esprime su scala monumentale nei nuovi stucchi che decorano la zona absidale e il ciborio di sant'Ambrogio. La pratica dello stucco era spesso collegata alle officine della arti santuarie, i plasticatori erano legati alle esigenze del cantiere edilizio, operavano sull'edificio finito ed erano liberi di trarre i propri modelli decorativi da pitture e stoffe o oreficerie. Furono ricoperte di stucco le colonne e decorate con foglie d'acanto e fogliami le ghiere degli archi. All'imposta della volta furono anche collocati i simboli degli evangelisti. L'intero spazio destinato al clero ricevette un addobbo trionfale. Le quattro facce del ciborio si arricchirono di grandiose figurazioni a rilievo su di un fondo decorato da fasce colorate sovrapposte. Il lato verso la navata accolse la Traditio legis, quello verso il clero sant'Ambrogio chiamato dall'angelo tra i martiri Gervasio e Protasio adorato da due religiosi. Sui fianchi furono rappresentate la Vergine adorata da due figure femminili e un giovane santo adorato da due figure maschili. Esso sottonlinea l'origine divina dell'autorit episcopale e in particolare di quella di Ambrogio chiamato da Dio stesso alla sua missione. Si tratta di una dichiarazione di autonomia nei confronti del potere imperiale, che spesso tendeva e prevaricare sull'autorit dei vescovi.Ben inserita nella tradizione locale ma apeta a contatti con il settentrione ottoniano appare la pittura monumetale il Lombardia a cavallo del mille. L'abside della chiesa di San Vincenzo a Galliano, fu affrescata tra il 1007 e il 1018 per volont di Ariberto di Inimiano. Nel catino raffigurato Cristo in mandorla, l'arcangelo Michele e Geremia a sinistra, e l'arcangelo Gabriele ed Ezechiele a destra che intercedono per i fedeli. Nel ciclo sono tre episodi della vita si san Vincenzo, nonch san Adeodato e Ariberto che offre al Salvatore il modellino dell'edificio.Verso la fine dell'XI secolo la nuova ondata di cultura bizantina inizia anche il Lombardia ad acquistare un peso determinante, imponendosi nei confronti degli idiomi locali. Nel ciclo di San Pietro del Monte a Civate si assiste al progressivo realizzarsi di questa egemonia. La grande e bellissima scena apocalittica in San Pietro impaginata secondo un rigido schema di corrispondenze simmetriche. Il senso plastico si ammorbidito in pi complesse modulazione luminose, mentre la forma dei volti e certe stilemi del panne