Storiografia medievale

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00. «MEDIOEVO». STRUMENTI E PERCORSO STORIOGRAFICO IL PROBLEMA E LE FONTI. CONCETTO STORIOGRAFICO E COORDINATE SPAZIO-TEMPORALI. LA STORIOGRAFIA GRECA E ROMANA. LA STORIOGRAFIA MEDIEVALE. LA STORIOGRAFIA TRA UMANESIMO E RINASCIMENTO. IL SEICENTO: LA STORIOGRAFIA ERUDITA. LA STORIOGRAFIA ILLUMINISTICA. LA STORIOGRAFIA DEL PRIMO OTTOCENTO: IL ROMANTICISMO. LA STORIOGRAFIA DEL SECONDO OTTOCENTO: IL POSITIVISMO. LA STORIOGRAFIA CONTEMPORANEA. SCHEDA 1: IL PROBLEMA E LE FONTI La disciplina di cui ci occupiamo, storia medievale, prospetta una serie di ostacoli che occorre superare subito, prima ancora di poter avviare qualsiasi tipo di impostazione metodologica. Innanzi tutto, è opportuno ricordare che la storiografia è una scienza astratta, non esistendo un concreto oggetto di studio che si ponga dinnanzi o nelle mani del ricercatore: le fonti, in questo senso (siano esse documenti o reperti archeologici, iconografie o tradizioni folkloriche), assumono piuttosto la funzione di strumenti, necessari senza dubbio al lavoro dello storico, ma spesso sostanzialmente poliedrici, adoperabili con finalità soggettive e utilizzate con esiti talvolta non univoci. A proposito delle fonti, occorre sottolineare come ogni storico operi innanzi tutto una selezione in base alla natura ed agli scopi della propria ricerca; sicché, per lo studio degli stanziamenti barbarici, ad esempio, un’attenzione particolare sarà rivolta alle fonti archeologiche; per condurre un’indagine su aspetti della politica papale, invece, saranno fondamentali le fonti 1

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Storiografia medievale fino al '900

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00. MEDIOEVO. STRUMENTI E PERCORSO STORIOGRAFICOIL PROBLEMA E LE FONTI. CONCETTO STORIOGRAFICO E COORDINATE SPAZIO-TEMPORALI. LA STORIOGRAFIA GRECA E ROMANA. LA STORIOGRAFIA MEDIEVALE. LA STORIOGRAFIA TRA UMANESIMO E RINASCIMENTO. IL SEICENTO: LA STORIOGRAFIA ERUDITA. LA STORIOGRAFIA ILLUMINISTICA. LA STORIOGRAFIA DEL PRIMO OTTOCENTO: IL ROMANTICISMO. LA STORIOGRAFIA DEL SECONDO OTTOCENTO: IL POSITIVISMO. LA STORIOGRAFIA CONTEMPORANEA.

SCHEDA

1: IL PROBLEMA E LE FONTI

La disciplina di cui ci occupiamo, storia medievale, prospetta una serie di ostacoli che occorre superare subito, prima ancora di poter avviare qualsiasi tipo di impostazione metodologica. Innanzi tutto, opportuno ricordare che la storiografia una scienza astratta, non esistendo un concreto oggetto di studio che si ponga dinnanzi o nelle mani del ricercatore: le fonti, in questo senso (siano esse documenti o reperti archeologici, iconografie o tradizioni folkloriche), assumono piuttosto la funzione di strumenti, necessari senza dubbio al lavoro dello storico, ma spesso sostanzialmente poliedrici, adoperabili con finalit soggettive e utilizzate con esiti talvolta non univoci. A proposito delle fonti, occorre sottolineare come ogni storico operi innanzi tutto una selezione in base alla natura ed agli scopi della propria ricerca; sicch, per lo studio degli stanziamenti barbarici, ad esempio, unattenzione particolare sar rivolta alle fonti archeologiche; per condurre unindagine su aspetti della politica papale, invece, saranno fondamentali le fonti documentarie canoniche; e cos via. Daltra parte, lasciando da parte i falsi storici (comunque utili strumenti in mano al ricercatore), molteplici possono essere le chiavi di lettura di una stessa fonte, tanto da offrire visioni e giudizi talvolta in aperto contrasto (si veda lesempio della Pace di Costanza del 1183 tra il Barbarossa ed i comuni). La natura stessa delle fonti, peraltro, impone una classificazione che tenga conto anzitutto della consapevolezza della loro tradizione: ci troveremo quindi di fronte ad avanzi (o reliquie) nel caso in cui si tratti di tracce lasciate dalluomo in modo inconsapevole, sono invece definite testimonianze quelle tracce tramandate coscientemente. Le testimonianze sono genericamente distinte in mute (feste, costumi, riti, ecc.), orali (racconti, canti popolari, filastrocche, ecc.) e scritte.

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Ma una classificazione delle fonti pi attenta alla esclusivit della loro natura quella che le distingue in narrative (che Marc Bloch defin testimonianze volontarie), documentarie (che definiremmo quindi involontarie), artistiche o iconografiche, folkloriche, linguistiche e tecniche. Lampliamento della differenziazione ha tra laltro messo in risalto la grande importanza delle cosiddette discipline ausiliarie, prime fra tutte larchivistica, la paleografia e la diplomatica (che consentono una corretta valutazione delle fonti scritte), ma anche lantropologia culturale, lo studio dellarte, la demografia, la linguistica, la sociologia, la cronologia, la geografia, la climatologia, la numismatica e cos via, sino a discipline specialistiche e settoriali come le molteplici applicazioni della chimica/fisica, la dendroclimatologia e cos via.

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SCHEDA

2: CONCETTO STORIOGRAFICO E COORDINATE SPAZIO-TEMPORALI

Il concetto di Medioevo una convenzione cronologica, entrata pienamente in uso solo in et moderna, originata dalla riflessione umanistica del Quattro e Cinquecento, che tendeva a stabilire lavvio di unera di rinascimento culturale e sociale ed a sottolineare una netta cesura con il passato recente, quei secoli appunto che si frapponevano tra umanesimo e classicismo. Gli Umanisti furono condizionati, tra laltro, dalla naturale tendenza prospettica delluomo, che nel guardare al passato portato a vedere prima ci che a lui pi vicino, qualificando il tempo precedente come del tutto simile a questo passato recente. Nellet dellUmanesimo lintero arco medievale venne immaginato come dominato dalle pestilenze e carestie della seconda met del Trecento. Un esempio chiaro di questa deformazione prospettica del passato costituito dal concetto di feudalesimo e dallabuso che di esso se ne fa a partire dagli anni dellIlluminismo: il modello sociale, come appariva nel Settecento, era ben diverso dallistituto feudale classico dei secoli VIII-XII, snaturato da sovrapposizioni che si erano prodotte nel corso dei secoli successivi per effetto di forme di dominio signorile pi o meno diffuse. Cos, ad esempio, vennero impropriamente definiti feudali abusi signorili praticati nella Francia del Seicento, come certe forme di imposizione in denaro o in natura. Nel 1698 venne definitivamente consacrato il termine Medioevo grazie alla pubblicazione di una Historia Medii Aevi ad opera di Christoph Keller (Cellarius, 16381707), uno storico tedesco che si rifaceva ad una periodizzazione gi indicata dagli umanisti (dai quali erano stati coniati termini come media aetas, media tempora, media tempestas), ed alla tripartizione in et antica, medievale e moderna adoperata dallo storico dellarte Giorgio Vasari (1511-1574). Il primo storico del Medioevo, comunque, pu essere considerato lumanista Flavio Biondo (1392-1463), che nei 32 libri delle Historiarum decades racconta le vicende del mondo occidentale dal saccheggio visigoto di Roma (410) al 1442. Flavio Biondo utilizza solo fonti primarie e accertate e introduce il concetto di Medioevo come periodo compreso tra la caduta dell'impero romano e la met del XV secolo. Altra sua opera storiograficamente rilevante lItalia illustrata, un testo di geografia basato sui viaggi personali dell'autore e, allo stesso tempo, una esposizione storica delle allora diciotto province italiane dalla caduta dellimpero di Roma al declino di quello carolingio.

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Ai giorni nostri il termine medioevo appare largamente strumentalizzato e distorto, utilizzato come un altrove (negativo o positivo) o come premessa dei secoli successivi al XV: il capitalismo, il nazionalismo, lascesa della borghesia, la definizione di identit etniche, e cos via. Si venuto in tale modo a creare un medioevo contrapposto a quello degli storici, un medioevo inventato della cultura diffusa, che risponde ad esigenze della psicologia collettiva e che, grazie alluso dei mass-media, resiste tenacemente alle revisioni dettate dalla pi recente ricerca storica. Un Medioevo distorto che ha comportato forzature concettuali (i secoli bui, la crudelt dei Longobardi, lideale crociato, i moti comunali), ed impropriet linguistiche (luso di indicare il secolo con il suo primo anno: 1300 per Trecento). I limiti cronologici assegnati dalla tradizione manualistica al Medioevo sono il 476 (deposizione di Romolo Augustolo) e il 1492 (scoperta dellAmerica), ma siamo di fronte ad una convenzione cronologica al cui fianco si pongono altri criteri di periodizzazione, peraltro pi coerenti, come il 410 (sacco di Roma da parte dei Visigoti) ed il 1453 (conquista turca di Costantinopoli), o il 313 (editto di Costantino) ed il 1378 (inizio del Grande scisma dOccidente). In sostanza, ogni indagine adotta una partizione cronologica funzionale ai propri obiettivi specifici, tenendo conto del generale inquadramento cronologico dellet medievale nel periodo compreso tra V e XV secolo. Allinterno del millennio medievale, inoltre, in uso unulteriore periodizzazione che varia da cultura a cultura: in Italia si distingue lAlto Medioevo (secoli V-XI) dal Basso Medioevo (dal Mille al XV secolo); la periodizzazione tedesca prevede un Frhmittelalter (secoli V-VIII), un Hochmittelalter (secoli attorno al Mille) ed uno Sptmittelalter (secoli XII-XV). A proposito delle coordinate spaziali, occorre osservare che la proiezione del Medioevo andrebbe estesa molto oltre il bacino del Mediterraneo, sino a comprendere lintera fascia di clima temperato-caldo dellemisfero settentrionale, sede di strutture sociali imponenti che espressero culture non meno rilevanti di quelle del mondo occidentale. Tali organismi erano dotati di ordinamenti politici e sociali assai agili, di cui risaltano alcune significative analogie con lImpero Romano, soprattutto in merito a trasformazioni etniche e orientamenti politici.

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Mentre in Occidente si avviava la complessa trasformazione del mondo tardoantico, in Persia, in India e in Cina si erano costituiti grandi organismi politici caratterizzati da rigide gerarchie sociali, che erano a immediato contatto con popolazioni seminomadi, sulle quali a loro volta premevano quelle stesse popolazioni nomadi, gli Unni, che in direzione dellEuropa occidentale spingevano intanto un mosaico di etnie barbariche. La Persia, in lotta contro Roma gi sotto il dominio dei Parti, con lascesa al trono della dinastia dei Sasanidi, nel 224, sarebbe diventata un potente impero a contatto con la parte orientale dellimpero romano e suo aggressivo antagonista. LIndia, con la dinastia Gupta realizz un impero che comprendeva lintera penisola sino ad oltre le fonti dellIndo e del Gange, configurandosi come una grande civilt agricola, nata dalla fusione tra popolazioni indigene ed il popolo indoeuropeo degli Ariani, prima di subire verso il 470 linvasione degli Unni Eftalidi. Anche nella Cina degli ultimi due millenni prima di Cristo, si era formata unaltra grande civilt agricola ed a formazioni politiche costantemente in lotta tra di loro (periodo dei regni combattenti) segu, nel 246 a.C., la creazione di un vasto impero ad opera di Shih Hwang-ti, detto il Cesare cinese. Contro le razzie degli Unni che provenivano dallattuale Mongolia, limperatore fece costruire tra il 229 e il 221 a.C. la Grande Muraglia, opera ben pi vasta del Vallo di Adriano, costruito in Britannia tra il 122 ed il 127 d.C., ma dettata da analoghe esigenze difensive. Risultano soprattutto interessanti le analogie con lImpero Romano nel ricorso dei sovrani cinesi agli insediamenti di contadini-soldati lungo i confini (limitanei e foederati romani), la crisi interna determinata dalle pressioni esterne, lo sviluppo di forme di deroga del potere imperiale, la formazione di regni barbarici sopra un sostrato etnico e culturale indigeno. Ma, chiariti i meccanismi che hanno determinato linquadramento cronologico del Medioevo e dopo le opportune osservazioni sulla natura di entit geografiche coeve e omologhe, occorre ripercorrere sinteticamente alcune tappe importanti nellevoluzione del concetto di Storiografia, a partire dalle prime espressioni consapevoli di una tradizione propriamente storiografica, individuabile nella cultura greca e romana, sino ai pi recenti orientamenti sostenuti nel dibattito storiografico contemporaneo.

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3: LA STORIOGRAFIA GRECA E ROMANA

Tradizionalmente si fa coincidere la nascita della Storiografia con lo sviluppo della civilt ellenica, distinta in epoca alessandrina (dalla morte di Alessandro Magno, nel 323 a.C., alla conquista romana della Grecia nel 146 a.C.) ed epoca ellenistico-romana, sino alla chiusura dellAccademia di Atene ordinata da Giustiniano nel 529. Lepoca alessandrina, soprattutto, fu contrassegnata da una concezione storiografica legata strettamente alla cosmologia ed alla teogonia, che imponeva pertanto una narrazione delle vicende intrecciata con eventi mitici e fantastici propri dei poemi omerici ed esiodei. Ma una coscienza storiografica sicuramente presente gi nellopera di Erodoto (484440 circa), nelle cui Storie, dove sono descritte le guerre greco-persiane, sebbene la narrazione sia legata al mito, trovano spazio descrizioni di vita materiale e di quadri ambientali molto interessanti sotto il profilo antropologico. Con Tucidite (460ca.-412ca.), autore di una Storia del Peloponneso compilata con giudizio critico e ben documentata, e con Senofonte (439ca.-355ca.) la storiografia greca raggiunse una certa maturit (Anabasi, Ciropedia, Elleniche, Agesilao, Costituzione di Sparta). A cavallo delle due epoche elleniche si colloca Polibio (200ca.-120), che per le sue Storie in cui narra le vicende dello scontro tra Roma e Cartagine pu essere definito lo storico greco del mondo mediterraneo. Egli affina la metodologia storica ricercando le cause degli avvenimenti narrati ed esprime il concetto di storia come magistra vitae. Con Polibio, che visse a cavallo delle due epoche ellenistiche, possiamo dire si apra unepoca storiografica nuova, sul cui percorso si colloca anche lopera di Plutarco (50d.C.-125ca.), che perfezion il genere biografico con le Vite parallele, mentre nei Moralia egli spazia dalla filosofia alla storia, dalla religione alle scienze naturali, dallarte alla critica letteraria. In Occidente, dopo una sterile produzione annalistica, si giunse ad una matura espressione storiografica con i Commentarii (De bello gallico e De bello civili) di Giulio Cesare (100-44), che esprimono certo una storiografia di tendenza, ma rispondente a criteri di chiarezza espositiva degli eventi.

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Sallustio (86-36ca.), testimone del passaggio dalla repubblica al principato, nei suoi scritti storiografici (De Catilinae coniuratione; Bellum Iugurthinum; Historiae) valuta la problematica sociale e la crisi istituzionale. Tito Livio (59 a.C.-17 d.C.), invece, nella sua Storia di Roma ab urbe condita, interprete dellideologia del principato e portavoce della gloriosa Roma di Ottaviano. Tacito (56-116ca.) testimone delle prime crisi dellimpero romano e nei suoi scritti prevalgono da un lato gli interessi politici (Historiae; Annales), dallaltro quelli demografici ed etnoantropologici (De origine et situ Germanorum o Germania). Tutte le espressioni della storiografia greca e romana, comunque, presentano tratti comuni, come il senso pessimistico e la dimensione tragica, il fine letterario della narrazione storica e il suo scopo educativo, il ruolo determinante assegnato alla cieca volont degli dei, la concezione della storia ciclica e priva di progresso. In definitiva, nellet antica la storiografia non ancora una disciplina autonoma e si adegua ai dettami della morale o della retorica, di cui definita ancilla. Inoltre, da Claudio Tolomeo (100ca.-175ca.), matematico, astronomo e geografo alessandrino (Geografia; Ottica; Almagesto; sistema tolemaico, ricorso a longitudine e latitudine, ecc.), le vicende dellumanit vennero inquadrate entro il cosiddetto schema delle quattro monarchie (assiro-babilonese, medo-persiana, greca e romana), sulla base della convinzione che la storia dellumanit fosse scandita dal passaggio della supremazia universale da un popolo allaltro e che allultima monarchia, quella romana, sarebbe succeduto il Regno di Dio.

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4: LA STORIOGRAFIA MEDIEVALE

Con linterpretazione, ad opera di San Gerolamo (347-420), del Libro di Daniele [Bibbia, sec. IV-II a.C.] (Vulgata; De viris illustribus) nellet tardoantica si diffuse la convinzione che le quattro monarchie fossero destinate ad essere travolte dal cristianesimo e si rafforz lidea che sarebbe presto giunto il giorno del Giudizio. Questa interpretazione pessimistica venne elaborata da SantAgostino (354-430), che nel De civitate Dei divide idealmente la storia dallumanit in sei giornate, come le et delluomo (infantia, pueritia, adulescentia, juventus, aetas senior, senectus), seguite dal settimo giorno, che sarebbe coinciso con lavvento del regno di Dio. Il pensiero agostiniano, sostenendo come lultima et fosse gi iniziata con lavvento di Cristo e coincidesse pertanto con lImpero che aveva consentito lespansione del Cristianesimo, fece nascere il mito delleternit di Roma e dellImpero. Gli uomini del Medioevo, quindi, non avvertirono il trapasso dallet romana alla loro e, di fronte allo sfacelo dellImpero Romano, nacque il mito dellimminente fine del mondo. La produzione storiografica, di conseguenza, dominata dal pessimismo e ricerca negli avvenimenti la premonizione della fine del mondo terreno, come ad esempio si pu osservare nei Chronica di Isidoro di Siviglia (560-636) o nella cronaca di Beda il Venerabile (672-735). La convinzione di vivere nel crepuscolo della storia umana, daltra parte, trovava alimento nei secoli del tardoantico in molti segni: invasioni barbariche, pestilenze, carestie, decadenza della Chiesa, imperatori ribelli, e cos via. E tale convinzione avrebbe resistito anche al superamento dellanno Mille, circolando fino ai secoli XIIXIII (mitigata solo in parte dalla teorizzazione trinitaria di Gioacchino da Fiore), durante i quali vicende come la lotta per le investiture, i conflitti tra impero e comuni o lapparire di una figura cos inconsueta come quella di Federico II, sarebbero state trasfigurate, da parte di interpreti inquieti come Ottone di Frisinga, in ulteriori segni dellincombente Apocalisse. Caratteristico dellet medievale, quindi, rimane limpegno di collegarsi al passato, non di distinguersi da esso, con uno sforzo di autoconservazione che rispondeva pure alla necessit di giustificare il fatto che la storia umana, nonostante tutto, ancora continuasse.

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Si giunse cos a formulare il principio della translatio imperii da Occidente a Oriente e viceversa, ed a collegare cos lImpero Carolingio e poi quello Ottoniano allImpero Romano, interrotto nel 476 dalla deposizione di Romolo Augustolo. Daltra parte, con la diffusione del Cristianesimo si affermava la storia ecclesiastica e si poneva in primo piano la storia universale, si superava il concetto dei corsi e ricorsi storici e si affermava il concetto di progresso verso una felicit ultraterrena (come sostiene Agostino, fede e ragione, avendo entrambe lo stesso fine, convergono), quella indicata appunto dalla settima et agostiniana, il cui inizio non era comunque precisato. Accanto alla storiografia teologica fiorisce, nei primi secoli del Medioevo, il genere cronistico, nel cui ambito si situa lopera dei cronisti dei singoli regni barbarici: Jordanes (Getica, 551) e Ennodio (Panegirico, 515ca.) per Teodorico e gli Ostrogoti, Gregorio di Tour per i Franchi (Historia Francorum, 580 ca.), Isidoro di Siviglia (560636) per i Visigoti (Chronica Majora; Historia de regibus Gothorum, Wandalorum, et Suevorum; Etymologiae) il venerabile Beda (672-735) per gli Angli (Historia ecclesiastica gentis Anglorum), Paolo Diacono (Historia Langobardorum, 790 ca.), Andrea di Bergamo ed Erchemperto (Storia dei Longobardi meridionali), IX sec.) per i Longobardi, Widukindo di Corvey (Res gestae Saxonicae, 968) per i Sassoni, Vittore di Vita per i Vandali (Storia della persecuzione vandalica in Africa), e cos via. I generi cronistico e biografico proseguono in et carolingia, con la Vita et gesta Caroli Magni (Vita Karoli) di Eginardo (775ca.-840), in quella ottoniana con lopera di Liutprando da Cremona (Liber de rebus gestis Ottonis imperatoris) e, successivamente, nellet gregoriana, con le opere di cronisti e polemisti intellettualmente impegnati in opere di propaganda papale, imperiale o comunale nel corso della lotta per le investiture. Fonte molto importante per gli storici della Chiesa la ricca raccolta di biografie papali nota come Liber pontificalis, ma non meno interessanti si rivelano le numerose cronache a dimensione locale, volute spesso da signori ecclesiastici e laici, nelle quali si riflette un forte particolarismo feudale. Tra XII e XIII secolo la vitalit papale e comunale favorirono la diffusione del pensiero di Gioacchino da Fiore (1130-1202).

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In base alla elaborazione gioachimita, nelle vicende umane si riflette il dogma trinitario, e queste vanno quindi inquadrate in tre et: quella del Padre (fino alla nascita di Cristo), quella del Figlio (sino al 1200) e let dello Spirito Santo (dal 1200 in poi). Con tale nuova concezione, quindi, si affermava la non vecchiezza del mondo e si tende a superare la convinzione della fine dei tempi con il recupero della settima et agostiniana. Il gioachimismo, peraltro, incrementa un tipo di storiografia cittadina, propriamente comunale, sorta in Lombardia come opposizione a Federico Barbarossa, ma presto diffusa nellintera penisola e divisa, in senso ampio, tra posizioni filoguelfe e filoghibelline. Tra i maggiori esponenti di tale corrente impegnata si situano Salimbene de Adam da Parma (1221-1288; Chronica), Caffaro di Rustico da Caschifellone (10801164; Annali), Giovanni, Matteo e Filippo Villani (Nova Cronica), Saba Malaspina (Rerum Sicularum 1250-1276), Nicol di Jamsilla (Historia) e, ancora, Bartolomeo di Neocastro, Nicol Speciale, Ugo Falcando, Riccardo di San Germano. Dalla met del XIV secolo, la crisi dellordinamento comunale ed il passaggio alla signoria offrirono spunto alla diffusione di storie cortigiane, concepite per esaltare potenti signori locali, ma anche a resoconti annalisti e scritti polemici addentrati con partecipe slancio nel vivo delle lotte per il potere.

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5: LA STORIOGRAFIA TRA UMANESIMO E RINASCIMENTO.

A partire dal XIV secolo, con lUmanesimo, il periodo medievale fu visto come intermedio tra due epoche che si volevano profondamente legate sotto il profilo sociale e culturale: Giorgio Vasari lo svaluta persino sotto il profilo artistico, mortificando il Gotico di fronte alla rinnovata misura classica dellarchitettura rinascimentale. Un limite della concezione umanistica, pertanto, fu quello di volere negare validit culturale al Medioevo, definito epoca di oscurantismo, e non valutato, ad esempio, per la paziente e preziosa opera degli amanuensi, per limpegno e loriginalit di cronisti e agiografi, senza voler considerare lintenso lavorio intellettuale che in quei secoli era stato dedicato alla conciliazione fra la verit filosofica e quella della fede, tra cultura classica e cultura cristiana. Per quanto riguarda la produzione storiografica, si assiste ad una secolarizzazione che porta avanti unesposizione di fatti politici senza pi riferimento a parametri ultraterreni o allo schema delle quattro monarchie. Con Francesco Petrarca (1304-1374), e successivamente grazie a Nicola Cusano (1401-1464) e Lorenzo Valla (1405-1457; De falso credita et ementita Constantini donatione, 1439), si afferm una vera e propria scuola filologica, che avrebbe tra laltro consentito laccertamento dei falsi (come la donazione di Costantino). Con Flavio Biondo (1392-1463; Italia illustrata, 1455; Historiarum, 1442) si accentua il ricorso agli atti di cancelleria, allarcheologia, alla numismatica e, nellItalia illustrata, egli pone in relazione la cultura con il territorio, superando la prospettiva storiografica annalistica. Nellet dellUmanesimo, la storiografia italiana si regionalizza e si d risalto alle vicende di grandi signori o di ristretti gruppi oligarchici, con un prevalente interesse per le vicende politiche ed una decisa chiusura a problematiche di ordine sociale ed economico: un esempio in tal senso costituito da Leonardo Bruni (1370-1444), autore delle Historiarum Florentini populi.

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Con Niccol Machiavelli (1469-1527) e Francesco Guicciardini (1483-1540) la storiografia diventa eminentemente politica, vero e proprio veicolo di propaganda ideologica, come gli scritti del Panormita (Antonio Beccadelli, 1394-1471; De dictis et factis Alphonsi regis Aragonum) o di Bartolomeo Facio (1400-1457), che sostengono Alfonso il Magnanimo e suo figlio Ferrante. Ma, nello stesso tempo, si pone per la prima volta il problema della storia vista come disciplina autonoma, non pi ancella dalla morale o dalla teologia, e cominciano ad apparire i primi trattati sulla storia, come lActius (1507) di Giovanni Pontano (14291503), il Della Historia (1560) di Francesco Patrizi (1529-1597) e il Methodus ad facilem historiarum cognitionem (1566) di Jean Bodin (1530-1596), lo storico francese che afferm come la geografia e la cronologia siano i due occhi della storia. Inoltre, la forte tensione classicistica degli umanisti, indusse gli storici a confrontarsi pi sul piano letterario e stilistico che su quello dellinformazione e si pose il problema del rapporto tra storia e poesia ed il giudizio degli umanisti oscill tra le posizione di Guarino Veronese (1374-1460), secondo cui lars historica deve avere caratteri di verit, rigore e utilitas, e quelle di Giovanni Pontano, per il quale la storia prossima alla poesia. Le crisi religiose del Quattro e Cinquecento, che portarono alla Riforma luterana (1517), alimentarono un filone storiografico, guidato dai Centuriatori di Magdeburgo, che tendeva alla condanna in campo religioso, politico e morale, del Medioevo, indicato come let della maggiore corruzione e involuzione della Chiesa cattolica e di massima espansione del potere temporale del papato (si veda anche la Storia del concilio di Trento di Paolo Sarpi, 1552-1623). A tale attacco risposero i sostenitori cattolici della Controriforma (1563), come Cesare Baronio (1538-1607), allievo di San Filippo Neri, che nei 12 libri degli Annales Ecclesiastici espose le vicende della Chiesa dalle origini al 1198, in modo a volte tendenzioso ma sulla scorta di un tale numero di documenti che il suo lavoro ancora oggi un punto di riferimento importante per lo storico.

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6: IL SEICENTO: LA STORIOGRAFIA ERUDITA

Nel corso del Seicento e sino alla met del secolo successivo, si ebbe un tipo di storiografia cosiddetta erudita, preparata in parte dai trattatisti impegnati nei precedenti decenni nella raccolta di documenti e materiale archivistico per il confronto religioso. Con lo sviluppo della nuova scienza, portata avanti da Galileo Galilei (1564-1642), Isacco Newton (1642-1727), Nicol Copernico (1473-1543) e Ren Descartes (Cartesio, 1596-1650), anche in campo storiografico si tende alla conoscenza obiettiva della realt attraverso il principio del dubbio metodico, e la storiografia del XVII secolo diede quindi un notevole impulso alledizione di testi accurati ed alla realizzazione di ricchi repertori documentari. La patria della nuova erudizione fu la Francia, dove i frati Maurini (congregazione benedettina di San Mauro presso Saint Germain de Prs a Parigi, 1618-1792) promossero la ricerca erudita per fini apologetici e, dopo il 1660, realizzarono gli Acta Sanctorum Ordinis Sancti Benedicti avvalendosi di nuovi criteri metodologici, sui quali si sarebbe poi basata la storiografia moderna: - interpretazione filologica dei testi; distinzione del vero dal falso; - ricorso alle scienze ausiliarie; - rottura con la tradizione retorica ed estetizzante della storiografia umanistica. Altra opera erudita molto utile fu quella dei cosiddetti Bollandisti (da Jean Bolland), frati gesuiti impegnati nella compilazione degli Acta Sanctorum (1643 sgg.), una raccolta critica di documenti e dati relativi ai santi compilata in ordine ai giorni dellanno. Il filosofo e scienziato tedesco Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1716), che raccolse linsegnamento dei benedettini di San Mauro e dei gesuiti bollandisti, con ledizione degli Annales Imperii Occidentis diede un notevole impulso al progresso del metodo storico. In quegli stessi anni, in Italia, Ferdinando Ughelli (1595-1670) nella Italia Sacra (1644-1648) raccolse materiale relativo alle diocesi ed ai singoli vescovi della penisola. Ma il maggiore erede settecentesco dellet barocca fu Ludovico Antonio Muratori (1672-1750), che non a torto viene indicato come il padre della Storiografia italiana. I suoi lavori fondamentali, costituiti dai 28 volumi dei Rerum Italicarum Scriptores (RIS 1723-1738), in cui sono raccolte le fonti narrative italiane dal 500 al 1500, dalle

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Antiquitates Italicae Medii Aevi (AIMA 1738-1743) e dagli Annali dItalia (AI 17431749), costituiscono strumenti di ricerca storica sempre indispensabili.

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7: LA STORIOGRAFIA ILLUMINISTICA.

Lintenso lavorio della storiografia erudita aveva posto le basi della moderna metodologia, assegnando peraltro dignit scientifica a discipline quali la paleografia, la diplomatica, la cronologia, larcheologia, ecc. Ma tale lavoro fu quasi esclusivamente di catalogazione, ed allIlluminismo spett il compito di analizzare le fonti e giudicarne i contenuti. In Francia la corrente illuministica, guidata in campo storiografico da Voltaire (Franois-Marie Arouet, 1694-1778), gener unimmagine oscura di Medioevo, indicato come let della gerarchia fondata sul privilegio di nascita, epoca di fanatismo religioso e mortificazione della ragione. Ma, se da una parte gli illuministi esagerarono nel considerare il passato come una sequela di errori, dallaltra ebbero il merito di interiorizzare la storiografia, dando pi spazio al giudizio dello storico, e di allargare lindagine allesprit des Nations, allesprit des temps e, quindi, alla Storia della Civilt. Tuttavia, si tratta di un tipo di storiografia che attinge dalla histoire vnementielle, anteponendo ad unorganica analisi della documentazione nella sua interezza il ricorso al procedimento logico ed al singolo avvenimento. In Francia Voltaire fu punto di riferimento anche per pensatori quali Denis Diderot e Jean-Baptiste DAlembert, autori della Encyclopdie (1751-1772), Montesquieu (Charles-Louis de Secondat barone de La Brde e de Montesquieu, 1689-1755; Esprit des lois, 1748) e Jean-Jacques Rousseau (1712-1778). In Inghilterra sentirono linfluenza voltairiana storici quali William Robertson e Edward Gibbon. In Germania il pi rappresentativo esponente della corrente fu Johann Joachim Winckelmann (17171768) che, attraverso il Neoclassicismo incipiente, diede rilievo e impulso agli studi archeologici (Heinrich Schliemann, 1822-1890). In Italia operarono storici quali Pietro Giannone, Girolamo Tiraboschi e Rosario Gregorio, ma pi innovativi concetti storiografici emergono dallopera di Giovambattista Vico (1668-1774), che nella Scienza Nuova (1725) precorre lidealismo crociano ed il pensiero di Giovanni Gentile.

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8: LA STORIOGRAFIA DEL PRIMO OTTOCENTO: IL ROMANTICISMO

NellOttocento si opera un pieno recupero delle tradizioni e del passato, considerato adesso non pi come espressione di errori umani, ma piuttosto come scorta di elementi per ricostruire le identit dei popoli e delle nazioni. Prende cos avvio una rivalutazione dellet medievale, indicata come lepoca in cui avrebbe avuto origine il primo sentimento nazionale (questa la chiave di lettura, ad esempio, delle lotte comunali), let durante la quale si sarebbero manifestati i grandi ideali del Cristianesimo. La rivalutazione del Cristianesimo, peraltro, port al riconoscimento del concetto di Europa ed il recuperato valore della tradizione storica venne in un certo senso sostenuto dalla Restaurazione sancita nel Congresso di Vienna (1814), in seguito alla quale vennero aperti gli archivi agli storici ossequiosi del passato da parte dei governi reazionari, che spesso ne finanziarono anche gli studi. Nel corso del primo Romanticismo, quindi, si fece strada il concetto di storia come svolgimento, che concepiva la vicenda umana come un susseguirsi di valori ideali, una lenta e continua trasformazione e non pi un brusco passaggio da unepoca ad unaltra. Da queste posizioni si giunse alla speculazione dellIdealismo, il cui rappresentante pi impegnato fu Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831), che vedeva la storia come uno svolgimento di valori ideali, una storia di valori. Questa concezione ebbe i suoi limiti nel disinteresse per gli aspetti non spirituali della storia e quindi nel voler sottovalutare dinamiche determinanti, come quelle economiche e sociali, che non possono essere escluse dalla ricostruzione di qualsiasi quadro storico. Tuttavia, con il Romanticismo gli orizzonti dello storico si allargarono, sia per lingresso nel mondo della scienza di nuove discipline, come le filologie nazionali e gli studi sul folklore, sia perch lo studioso dellOttocento cumulava in s lerudito e luomo di pensiero, prima divisi nelle posizioni di ricercatore attento ma asettico da una parte e pensatore sprezzante delle fonti dallaltra. Nello stesso tempo nasce in Inghilterra, con Walter Scott e si diffonde rapidamente nel resto dellEuropa un nuovo genere letterario, quello del romanzo storico, che in Italia raggiunge vette molto alte con lopera di Massimo dAzeglio, Tommaso Grossi e, soprattutto, Alessandro Manzoni.

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I maggiori storici francesi dellOttocento sono Franois Guizot (1787-1874) e Adolphe Thiers (1797-1874), che portarono avanti un tipo di storiografia di tendenza liberale, e soprattutto Jules Michelet (1798-1874), che assume posizioni anticlericali e democratico-radicali (Storia di Francia; Storia della Rivoluzione Francese). In Inghilterra fu attivo tra gli altri Thomas Carlyle (1795-1881), che sostanzialmente concepisce la storia come opera di grandi personalit eroiche (Storia di Francia; Storia di Federico il Grande); in Italia, accanto alle opere storiche di Alessandro Manzoni (1785-1873), Tommaso Grossi (1790-1853) e Massimo DAzeglio (1798-1866), sono da segnalare gli scritti di Giuseppe Ferrari (1811-1876), che individua la linea portante della storia dItalia nella lotta tra guelfi e ghibellini, Carlo Cattaneo (1801-1869), che scrive un saggio che significativamente si intitola La citt come principio ideale delle storie dItalia, Giuseppe La Farina (1815-1863), Luigi Tosti (1811-1897), ecc. La storiografia, come anche la scienza filologica, raggiunse alti livelli in Germania, dove la fusione tra erudito e spirito critico si realizz con pi pienezza. Karl Lachmann (1793-1851), Johann Gustav Droysen (1808-1884), Georg Heinrich Pertz (1795-1876), Georg Waitz (1813-1886), Wilhelm Wattenbach (1819-1897) e altri promossero la pubblicazione dei Monumenta Germaniae Historica, grandiosa raccolta di fonti documentarie e narrative; Heinrich von Sybel (1817-1895) e Julius von Ficker (18261902) portarono avanti una disputa in merito alla missione dello stato germanico che produsse la formazione di due avversi schieramenti, che rispettivamente sostenevano la validit del programma imperiale dei cosiddetti Grandi tedeschi, e di quello nazionale dei Piccoli tedeschi. Come sostenne anche Benedetto Croce, tale ultima tendenza avrebbe avuto ripercussioni molto forti tra XIX e XX secolo, avendo in parte veicolato, con il germanesimo, una linea di pensiero che poi sarebbe diventato espressione dello spirito ario ed avendo plasmato lidea di un popolo eletto che avrebbe rifatto un giorno il viaggio verso Oriente: erano le basi ideologiche del nazismo, pi propriamente dellhitlerismo.

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9: LA STORIOGRAFIA DEL SECONDO OTTOCENTO: IL POSITIVISMO

Con levoluzione degli equilibri europei, che produsse uno spostamento della lotta politica dal piano ideale a quello sociale, si mostrarono i limiti della storiografia romantica: la predilezione dello storico romantico a collocare linterpretazione dei fatti storici sul piano filosofico, senza il dovuto interesse per la dinamica economica e sociale. Una tematica, quella socio-economica, che si impose invece con il Positivismo, di cui Benedetto Croce avrebbe indicato come filoni principali quello storico (ricostruzioni delle storie nazionali con molte informazioni e con prudenza di giudizio), quello filologico (pubblicazioni di fonti, impegno ad illuminare con la testimonianza del materiale erudito) ed il filone filosofico, detto anche dei sociologi. Questultimo filone storiografico fu rappresentato da Auguste Comte (1798-1857), il teorico del Positivismo, che, spostando lindagine sulla condizione delleconomia e della societ, sostitu al concetto romantico di svolgimento quello di evoluzione: con questa tendenza le masse ed i loro concreti problemi, dopo una prima rivalutazione in et romantica, fanno il loro ingresso nella storiografia. In questa direzione si svilupp il pensiero di Karl Marx (1818-1883) e Friedrich Engels (1820-1895), enunciato nel Manifesto del partito comunista (1848) e nel Capitale (1867 sgg.), che avrebbe dato un forte impulso al processo di riscatto delle masse lavoratrici ed assegnato spazio alle loro problematiche socio-economiche. In un passo del Manifesto (1848) si legge che, cambiando le condizioni sociali degli uomini, inevitabilmente cambia anche il loro modo di vedere, le loro idee, la loro coscienza. Pertanto, la produzione spirituale si trasforma insieme a quella materiale: in sostanza, gli uomini entrano in rapporti di produzione variamente collocati in una scala evolutiva, e linsieme di questi rapporti costituisce la struttura economica della societ. Sopra tale base si eleva una sovrastruttura giuridica e politica caratterizzata da varie forme di coscienza sociale espresse da lites, ed ogni trasformazione allinterno della struttura, di riflesso, produce un mutamento della sovrastruttura. Ma le trasformazioni, e quindi le evoluzioni storiche, secondo Marx sono determinate dalla lotta di classe, e qui emergono i limiti della sua concezione: innanzi tutto, date queste premesse, si dovrebbe considerare la storia come procedente per catastrofi, non tenendo conto del fatto che una classe non ha mai distrutto quella che la opprimeva, ma se ne lentamente amalgamata.

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In secondo luogo, si offre cos una visione stratificata e statica delle masse, che pertanto non avrebbero nessuna altra possibilit di riscatto al di fuori della rivoluzione. In terzo luogo, ridurre il processo evolutivo alla semplice dialettica tra struttura e sovrastruttura significa negare validit a quella porzione dellesperienza umana che si esprime nellarte, nella letteratura, in altre manifestazioni dello spirito. Tuttavia, i meriti di tale corrente sono notevoli, perch vennero inseriti nel dibattito storiografico le questioni economiche, i problemi delle civilt industriali e lo studio della dinamica sociale. E la sete di sociale espressa dal marxismo produsse numerosi epigoni, come la scuola di Gaetano Mosca (1858-1941), che elabor la teoria delle lites, o il pensiero di Vilfredo Pareto (1848-1923), che nel Trattato di sociologia generale (1916) indic nelle lites e nel popolo i due elementi costitutivi della societ. Il Positivismo si diffuse largamente in tutta Europa: in Inghilterra con Thomas Hill Green (1836-1882), legato allidealismo hegeliano; in Francia con Alexis de Tocqueville (1805-1859) e Fustel de Coulanges (1830-1889), in Italia con Michele Amari (1806-1889), Alessandro DAncona (1835-1914), Francesco De Sanctis (18171883), Giuseppe De Blasiis (1832-1914). Ma, soprattutto, la medievistica tedesca si impegn nella rigorosa ricostruzione del passato attraverso i documenti: accanto a Leopold von Ranke (1795-1886) e Johann Gustav Droysen, che aderirono rispettivamente alle due tendenze degli storici e dei filologi, operarono Theodor Mommsen (1817-1903), Ferdinand Gregorovius (1821-1891), lo svizzero Jakob Burckhardt (1818-1897). Non bisogna comunque dare eccessivo riconoscimento alloggettivit arrogata dalla scuola storica e filologica tedesca: latmosfera politica e ideologica della Germania di fine Ottocento, che come abbiamo visto aliment la polemica tra Piccoli e Grandi tedeschi, port molti studiosi a leggere il Medioevo tedesco come la storia della corruzione progressivamente subita dai Germani a causa del contatto con i popoli mediterranei, e quindi ad ipotizzare un comunismo primitivo germanico corrotto dalla civilt romana ed a voler ricercare lo spirito originario del germanesimo da contrapporre a quello latino. Si giunge cos a teorizzare, con unequazione quantomeno suggestiva, il ruolo primario del germanesimo nella formazione della cultura europea, cio: lEuropa si forma progressivamente durante il Medioevo, il Medioevo essenzialmente germanico, lEuropa quindi una costruzione germanica.

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Oggi gli orientamenti della comunit scientifica danno rilievo, piuttosto, alla pariteticit dellincontro latino-germanico e tendono a scorgere nella lenta costituzione dellEuropa una piena sintesi tra le due culture.

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10: LA STORIOGRAFIA CONTEMPORANEA

Se con il Positivismo la storia assurse a regina delle scienze umane, con il XX secolo linterpretazione marxista venne ridimensionata, grazie allo sviluppo di discipline quali lantropologia culturale. Ci si rese conto che la storia etico-politica, con lasserzione ci che stato doveva essere portava a giustificare atti di barbarie quali la crociata contro gli albigesi o lo stesso olocausto nazista, con uninterpretazione troppo spesso oscillante tra fatalismo e razionalismo; e inoltre, il modello proposto dal positivismo poteva essere utile allo studio del medioevo occidentale, ma non a quello di altre realt coeve. Tuttavia, la scuola storiografica italiana visse sicuramente unet florida nellultimo decennio dellOttocento, quando si posero le basi della storia della storiografia contemporanea. Dopo il 1880, per la scienza storica italiana lo studio del passato cess di essere inteso come puro pretesto per polemiche contemporanee e si afferm, con Gaetano Salvemini (1873-1957) e Gioacchino Volpe (1876-1971), la cosiddetta tendenza economico-giuridica. I rappresentanti di questa scuola storiografica, di stampo socialista e strettamente legati alla dottrina marxista del materialismo storico, alla critica sociale di Filippo Turati (1857-1932) ed al pensiero di Antonio Labriola (1843-1904; La concezione materialistica della storia), anticiparono per certi aspetti i propositi delle Annales, l dove la storia venne intesa come ricostruzione di interi quadri piuttosto che descrizione di singole personalit ed eventi. Ma in Italia, tra il 1915 ed il 1925, la particolare situazione politica fa s che si imponga la scuola storicistica di Benedetto Croce (1866-1952), ancorata allidealismo e poco attenta alle concrete realt sociali. La concezione idealistica della storia, infatti, per usare la classificazione proposta da Soranzo (Avviamento agli studi storici, 1950), pu cos riassumersi: 1) la storia la storia dello storico (cio quella che il suo io pensante crea); 2) la storia la conoscenza delleterno presente (cio si attua insieme al pensiero che la crea in quel momento); 3) la storia la storia dello spirito dellIo (cio le due realt coincidono); 4) la storia filosofia (perch fatta di idee). Pertanto, tale tipo di concezione storiografica, rappresentata in Germania da Friedrich Meinecke (18621954), escluse dalla sua indagine quel mondo sociale che larga parte aveva avuto nellindagine positivistica.

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Lindagine storicistica, quindi, non intende pi proporre lo studio della societ come struttura complessa nella quale agiscono varie forze, ma si concentra piuttosto sui ceti dirigenti. Superata la repressione fascista, emersero i pi capaci allievi di Croce, tra cui Carlo Morandi (1905-1950), Federico Chabod (1901-1960) e, nel Dopoguerra, Giuseppe Galasso (1929-), i quali, arricchendo lo storicismo idealista con temi sociali ed economici, ne andavano oltre, senza per superare posizione pseudostoricistiche. Nei primi anni del Novecento, quindi, soprattutto sulla base dellinterpretazione della storiografia idealista proposta dallo storicismo crociano, fare storia significava periodizzarla. Questo, per, non deve essere inteso come una necessit di rintracciare costanti nel mondo della storia, la qual cosa negherebbe possibilit di sviluppo alluomo, ma come necessit per il ricercatore di individuare particolari momenti storici, rintracciandone per sempre le origini e cogliendone i germi di dissoluzione o di sviluppo. Da tale premessa derivano le complesse definizioni di Medioevo proposte da Giorgio Falco (1888-1966), che in esso vede un momento della storia europea occidentale (La Santa romana repubblica, 1942), insistendo sulla continuit tra mondo classico ed et di mezzo, legati dal mito delleternit dellImpero romano e dallaspirazione degli imperatori germanici alla sua renovatio. Ma per Falco il Medioevo anche let della fondazione dellEuropa su basi cattoliche e la sua essenza pu essere individuata nella dialettica papato-impero; una teoria che appare per riduttiva, non solo in quanto tenderebbe a considerare troppo marginali una serie di manifestazioni sociali, economiche, culturali, ma anche perch escluderebbe arbitrariamente dal mondo medievale la realt islamica e quella bizantina. La affermazioni di Falco e della medievistica crociana hanno certo offerto una concezione salda del Medioevo, inteso come creazione cristiana, ma hanno ritardato in Italia lo sviluppo di un tipo di storiografia orientata verso una histoire part entire. Mentre in Italia si restava su posizioni sterili, nel resto dEuropa si giungeva infatti ad una concezione pi moderna della storia, per influsso soprattutto delle Annales, la celebre rivista nemica dello storicismo fondata in Francia nel 1929 da Marc Bloch (1886-1944) e Lucien Febvre (1878-1956).

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Il principio fondamentale delle Annales che la storia deve tendere alla ricostruzione di tutti gli aspetti di unepoca, dallagricoltura alla mentalit, avvalendosi di tutte le discipline che studiano luomo e, quindi, con unattenzione maggiore nei confronti della vita fisica degli uomini e non solo degli aspetti spirituali e culturali della sua vicenda. In questo senso, un ulteriore allargamento degli orizzonti (intesi anche fisicamente) si avuto grazie agli studi di Roberto Sabatino Lopez (La nascita dellEuropa. Secoli VIXIV, 1962), ed in tale direzione si orienta, ad esempio, lopera di Jacques Le Goff (La civilt dellOccidente medievale, 1964) che, attraverso lesame di schemi non solo culturali e spirituali ma anche sociali ed economici, e sulla base dello strutturalismo enunciato da Braudel, tende ad una storia globale dellevo medio avvalendosi delle nuove chiavi interpretative offerte dallarcheologia, sociologia, antropologia culturale, psicoanalisi, e di tutte le altre discipline che studiano luomo. Una considerazione a parte merita il pensiero di Antonio Gramsci (1891-1937), i cui Quaderni dal carcere cominciarono ad essere pubblicati nel 1945. Gramsci, affermando che la storia delluomo determinata dal rapporto dialettico strutturasovrastruttura, negava la concezione marxista della sovrastruttura come emanazione della struttura (non si sarebbe cos spiegato, ad esempio, il fatto che non tutti gli adepti dei movimenti ereticali del Medioevo erano degli emarginati). Gramsci interessato maggiormente al problema politico nella storia e stabil due punti di partenza della nuova storiografia: 1) il rapporto citt-campagna; 2) il significato storico e culturale dellUmanesimo e del Rinascimento. La concezione gramsciana di storia come storia globale si ricollega naturalmente alla concezione profusa nelle Annales e, inoltre, favor la diffusione dello Strutturalismo teorizzato da Fernand Braudel (1902-1985), che indica come chiavi interpretative dello storico i tempi lunghi e la struttura, intesa come una realt che il tempo stenta a logorare. Egli, partendo dalle histoires vnementielles (racconti di breve respiro) e rapportandole tra loro nel tempo, afferma che lo storico deve scomporre la realt nei suoi elementi, in base ad un preciso modello di lavoro che deve essere strumento di controllo della struttura stessa, per giungere ad una sintesi organica dellinsieme di tutte le epoche.

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Gli strumenti dello Strutturalismo hanno improntato, quindi, tanto gli studi di Le Goff, che quelli di Georges Duby e di Emanuel Le Roy Ladurie, interpreti nei loro numerosissimi studi dei molti aspetti della vita agraria e sociale del Medioevo (le loro attente e documentate ricerche, peraltro, hanno arricchito anche il campo della climatologia storica). Le riflessioni braudeliane da una parte si rifanno alle Annales, nellurgenza di esaminare la parabola storica in tutte le sue manifestazioni, dallaltra introducono elementi mutuati da altre discipline, come lantropologia culturale, che ha avuto il merito di aver messo in crisi letnocentrismo ma che, dal secondo dopoguerra, tende a fagocitare la storiografia. Se lantropologia rilevante per lidentificazione dei processi di lunga durata, non pu certo sostituirsi allindagine storica, rigenerata proprio dalla metodologia di ispirazione braudeliana. Tuttavia, il limite dello Strutturalismo risiede nel fatto che si tende a cancellare lindividuo, ritenuto come un vnement da non sopravvalutare, ma pi recenti esponenti della scuola delle Annales (ad esempio Le Roy Ladurie) hanno inserito luomo come personaggio dal ruolo determinante nella loro ricostruzione dei quadri ambientali. Su tali basi, quindi, lo Strutturalismo non cancella la narrazione di singoli avvenimenti o personaggi, ma suggerisce un loro inquadramento entro schemi pi ampi grazie anche al supporto delle cosiddette discipline ausiliarie: si fa cos strada, ad esempio, la storia della mentalit. Un esempio di ricorso alla psicologia collettiva per fini storiografici ci stato offerto, tra gli altri, da uno dei fondatori delle Annales, Lucien Febvre, che nel suo studio sullateismo del XVI secolo e sulla religiosit di Franois Rabelais (1942), ci mostra come ricostruire, con i nuovi strumenti di ricerca, la vita affettiva di un tempo, utile spia per definire i quadri mentali di unepoca. Lattento esame della storia della mentalit o della storia della sensibilit non deve per portarci a pericolose generalizzazioni: errato, ad esempio, parlare di uomo del Medioevo, pi corretto invece trattare del mercante fiorentino del Trecento, dei contadini toscani del trecento, e cos via. La storia della mentalit consente, quindi, di compiere un passo avanti nellindagine storiografica.

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Ma a questo punto si pone dinnanzi allo storico la questione del corretto impiego delle fonti: di un certo rilievo appaiono le fonti linguistiche (per es. la connotazione latina del termine rivalitas), quelle delliconografia artistica (che mostra diversit nella sensibilit religiosa), quelle letterarie (ad esempio il modo di pensare dei ceti feudali francesi dellXI e XII secolo attraverso lesame della Chanson de Roland). Ma interessanti si mostrano, per tale tipo di indagine, soprattutto le fonti documentarie (atti, testamenti, ecc.) che, oltre a dare testimonianza di fatti obiettivi (evoluzione di forme di propriet, formule, ecc.), tra le righe possono offrire chiara indicazione dello status sociale e della formazione culturale di chi li ha redatti, indicazioni che sono elementi fondamentali della storia della mentalit. Altro interessante aspetto delle nuove tendenze storiografiche, infine, risiede nel fatto che, allinterno di un tipo di interpretazione globale della vicenda storica, hanno assunto rilievo indagini limitate a precisi e ristretti ambiti geografici, dei microcosmi intesi come spie di processi di pi ampio respiro: il caso, ad esempio, del saggio di Le Roy Ladurie dal titolo Storia di un paese: Montaillou, che, attraverso lesame di una inquisizione condotta da Jacques Fournier (papa Benedetto XII) in un villaggio occitano nel 1320, realizza un affresco completo della realt catara e occitanica del XIV secolo. Lesempio offerto dalla scuola storiografica siciliana conferma il concetto che la storia locale non pu e non deve essere considerata come marginale rispetto alla cosiddetta grande storia. Acquistano cos valore le indagini sulle condizioni economiche e sociali del mezzogiorno dItalia offerte da Vincenzo DAlessandro, Francesco Giunta, Enrico Pispisa, Salvatore Tramontana, o quelle pi specifiche sulla realt agraria del regno meridionale offerte, tra gli altri, da Illuminato Peri. Nella storiografia contemporanea, quindi, alla macrostoria si affianca la microstoria che, avvalendosi dellindagine condotta su segmenti limitati di spazio e di tempo ed assegnando il giusto rilievo alle fonti ed allapporto delle discipline ausiliarie, fornisce spie di processi pi ampi e distoglie da forvianti ed arbitrarie generalizzazioni.

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