Archeologia Urbana a Roma - Crypta Balbi

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Presentazione Lo scavo della Crypta Balbi fra i principali interventi previsti e in parte gi attuati nellambito della Legge 23.3.81 n. 92, per i monumenti antichi di Roma: nellambito cio di un programma di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio archeologico romano che non ha confronti, per mole e per qualit nella storia della capitale. Per la prima volta si scelto di intervenire sul suolo di questa citt, stratificatosi nei secoli in forme di estrema complessit, con metodo rigorosamente stratigrafico, dando ad ogni lembo di terra il significato di un documento storico e abolendo le distinzioni di valore fra fasi edilizie e di vita romane, medioevali e moderne. Lo scavo del quale si presentano qui i risultati preliminari si pone quindi come esempio di una indagine archeologica a scala urbana, finalizzata non solo ad un incremento di conoscenza storica, ma anche al recupero di un frammento del centro cittadino, nel quadro pi vasto della strategia per comparti inserita nel programma della Soprintendenza Archeologica di Roma. Linsieme dei dati archeologici che questa impresa, una volta portata a termine ci metter a disposizione, consentir alle amministrazioni pubbliche di impostare correttamente il problema dellutilizzo degli edifici cresciuti a ridosso dellarea monumentale antica, garantendo al contempo il pieno godimento di questa ultima. Va segnalato inoltre come loperazione in corso sia il risultato di una collaborazione positiva stabilita dalla Soprintendenza con lUniversit, e in particolare con la Facolt di Lettere dellUniversit di Siena, che si posta da tempo allavanguardia nella elaborazione e nella diffusione delle pi moderne metodologie di ricerca archeologica ( del 1981 il convegno Come larcheologo opera sul campo patrocinato anche dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali). Le tecniche e le collaborazioni che si vanno sperimentando nello scavo della Crypta Balbi costituiranno infine un prezioso patrimonio da utilizzare allorch, ormai a breve scadenza, si aprir il grande cantiere di via dei Fori Imperiali, nella prospettiva della ricomposizione e del recupero dellintera area archeologica centrale di Roma. [5] Vincenzo Scotti Ministro per i Beni Culturali e Ambientali Roma, ottobre 1982

1. Archeologia urbana a Roma 1.1 A cinquanta anni dal compimento del pi devastante ed emblematico degli sventramenti urbanistico-archeologici subiti dalla citt nella sua storia pi recente lapertura di via dellImpero Roma vive una nuova stagione politica e culturale nella quale i temi della conoscenza storica e dellintervento archeologico giocano un ruolo di primo piano. Vi sono le premesse perch il suolo di Roma divenga nei prossimi anni il laboratorio adatto alla sperimentazione delle nuove metodologie (culturali prima che tecniche) della indagine archeologica classica e post-classica che il dibattito dellultimo decennio sta promovendo. Vi possibilit che larcheologia continuando a liberarsi del complesso isolazionista che tanta parte ha avuto nella creazione dellimmagine della disciplina nelle generazioni passate ritrovi, in pari dignit con le altre scienze del territorio, la funzione di strumento peculiare e originale di riflessione e di intervento sulla citt, di comprensione e di modifica della realt urbana. Larcheologia degli anni 80 si presenta con un volto profondamente diverso rispetto a pochi anni addietro, sia verso lopinione pubblica e la societ civile, sia verso le proprie stesse istituzioni e i propri stessi protagonisti. Il grande tema dellarcheologia urbana per una felice coincidenza della sorte sorge in Italia strettamente connesso con il tema dellarcheologia di Roma, uno tra i pi formidabili e antichi campi di indagine della ricerca storica, topografica, artistica, antiquaria, urbanistica del passato. Le condizioni di questo fortunato intreccio non sono casuali. Roma al centro del dibattito sulla nuova archeologia urbana poich attraverso la Legge speciale 92/81 si sono create le premesse legislative e burocratiche per lintervento archeologico; ma quella legge a sua volta frutto della consapevolezza assai pi matura di un tempo delle esigenze primarie della conservazione e della conoscenza delle testimonianze del passato, e del ruolo trainante che la nuova archeologia urbana deve svolgere in questa dimensione. Il dibattito sulla citt, sulle sue possibilit di riconversione alle esigenze primarie della qualit della vita, trova oggi a sua volta nella metodologia dellintervento archeologico un interlocutore attento e prezioso, perch larcheologia italiana dopo aver posto le premesse per un recupero dei ritardi storici che ne avevano profondamente condizionato la funzione nei decenni trascorsi oggi matura per trasferire sul tema della conoscenza della stratificazione urbana il centro del proprio interesse per il consolidamento delle metodologie che in questi ultimi anni andata acquisendo. 1.2 La legge del 23 marzo 1981, n. 92: Provvedimenti urgenti per la protezione del patrimonio archeologico di Roma fissa gli obiettivi degli interventi archeologici (conservativi e conoscitivi) gi in atto nellambito della citt e d alla Soprintendenza Archeologica di Roma guidata da Adriano La Regina, cui va il merito di aver saputo promuovere e indirizzare il provvedimento gli strumenti per operare (LA REGINA 1981a). [7] Lambito in cui si esercita liniziativa prevista dalla legge evidentemente molto ampio e ruota intorno ad alcuni grandi temi, tra i quali fondamentale per lurbanistica cittadina quello della Zona archeologica monumentale, che ha negli scavi in atto presso via della Consolazione e nella piazza del Colosseo due primi momenti di verifica, e nel progetto di scavo dei Fori Imperiali il proprio obiettivo pi arduo, ma anche pi nuovo e qualificante (LA REGINA 1981b, con bibliografia a p. 103). La riscoperta dellarcheologia romana o meglio del ruolo che essa pu svolgere nel futuro della citt non si limita certamente al progetto della Zona archeologica monumentale: deve coinvolgere aspetti qualificanti dellurbanistica cittadina al centro e in periferia (NICOLINI 1981). [8] Lo scavo dellarea della Crypta Balbi, nellisolato semi abbandonato che costeggia a S la via delle Botteghe Oscure, rappresenta uno dei momenti qualificanti di questa nuova stagione archeologica (App. fig. 50). 1.3 Il caso dellisolato di via delle Botteghe Oscure uno dei pi emblematici nella storia recente del degrado urbano, dello spreco e della speculazione: una indagine condotta da Italia

Nostra negli anni 70 visualizza in pianta (fig. 1) limportanza dellarea nel contesto del centro storico e nellambito delle propriet immobiliari di enti pubblici (Roma sbagliata 1976, p. 112, tavv. B, 7 e 8). Iniziatosi negli anni della seconda guerra mondiale con la demolizione delle strutture del grande Conservatorio cinquecentesco di S. Caterina della Rosa e con la rinuncia ad edificare larea da parte dellente allora proprietario lIstituto Nazionale per i Cambi con lEstero labbandono ed il deperimento di gran parte dellarea edificata e del vasto cortile interno creato dalle demolizioni conosce un momento di accelerazione nel 1966 con labbandono delle case e delle botteghe da parte degli abitanti, dei commercianti e degli artigiani. Quegli stabili, tuttora disabitati e sbarrati, sono oggi cadenti e in condizioni statiche estremamente precarie (fig. 2; e App. figg. 52-53). Pi di una voce qualificata si lev sin dalla fine degli anni 60 per chiedere il riscatto urbanistico dellarea (App. fig. 51), tornata anche al centro dellattenzione degli studiosi dopo le ricerche di Guglielmo Gatti, e per reclamare un intervento pubblico che collegasse il risanamento della zona ad una campagna archeologica nellarea resa disponibile dalle demolizioni e dallabbandono (COARELLI 1968a; INSOLERA-STACCIOLI 1968).Le forze politiche e sociali operanti nel quartiere si mossero ognuna per la sua parte nella stessa direzione, chiedendo lacquisizione pubblica dellarea ed in particolare una iniziativa del Comune di Roma per lacquisto degli stabili abbandonati e la creazione nellisolato di servizi sociali destinati al quartiere (Risoluzione n 14 della I Circoscrizione del Comune di Roma del 27.6.1974). Rimasto sempre vivo allattenzione degli studiosi (archeologi, urbanisti) il caso della Crypta Balbi sembr andar perdendo di attualit nel corso degli anni successivi: la sua inclusione nei programmi della Soprintendenza Archeologica di Roma previsti per lattuazione della legge 92/81 ha impedito che altri anni passassero invano, senza che una soluzione urbanistica soddisfacente venisse ricercata nel concreto e non solo nei buoni propositi. [9] Linizio della indagine archeologica nellisolato costituisce da questo punto di vista un elemento di novit e di incoraggiamento. Nella storia urbanistica di Roma non sono certamente numerosi i casi in cui lintervento archeologico si sia posto come condizione e premessa del recupero urbano di unarea di tali proporzioni e interesse storico, invece di venir surrogato con tardive iniziative burocratico-amministrative, che intervengono a cercare di sanare a lavori gi avanzati situazioni archeologico-urbanistiche ormai compromesse dalliniziale disconoscimento della centralit dellaspetto archeologico nel recupero e nella fase di progettazione non meno che in quella della valorizzazione. Lincontro concorde della Soprintendenza Archeologica di Roma con lIstituto di Archeologia e Storia dellArte, della Musica e dello Spettacolo dellUniversit di Siena consente oggi di affrontare nel centro di Roma uno scavo su vasta area, di lunga durata e dalle implicazioni metodologiche e scientifiche estremamente ricche, secondo i criteri di quella che si definisce archeologia programmata (GARDINI-MILANESE 1979, pp. 129-132): una situazione di privilegio che potr riflettersi positivamente, per il suo carattere sperimentale, su possibili iniziative future. Larcheologia programmata nel centro urbano si presenta al tempo stesso anche come archeologia preventiva, tesa a moderare le indebite attenzioni che larea da pi parti, non sempre limpidamente, riceve, ed a restituire agli organi pubblici competenti unarea urbana archeologicamente compresa e pronta ad essere reinserita, in forme che ovviamente prematuro delineare, nel contesto cittadino. 1.4 Il suolo di Roma, cos straordinariamente ricco di testimonianze monumentali di ogni epoca, tuttora quasi sconosciuto dal punto di vista della moderna indagine archeologica. Nonostante lesistenza consolidata di discipline archeologiche ed antiquarie direttamente operanti sul suolo cittadino ma in ambiti cronologici limitati o secondo metodologie di approccio proprie pi dellarcheologia monumentale che non di quella stratigrafica manca tuttora non solo la pratica ma anche la volont di programmazione di una indagine archeologica intesa come investigazione della successione degli insediamenti, cio della continuit storica. Anche la frammentazione indebita delle discipline stata quindi una delle cause del mancato sviluppo di una archeologia urbana, a Roma come in tutta lItalia (CARANDINI 1981, p. 35; HUDSON 1981, pp. 52-53). Lassenza di una moderna pratica di archeologia urbana nel nostro paese non comporta che il suolo delle nostre citt non sia stato saggiato frequentemente e, il pi delle volte, maldestramente.

Anche Roma stata per secoli, e sino ad oggi, sottoposta ad un continuo sforacchiamento non programmato, casuale, selettivo, di cui oggi valutiamo gli effetti disastrosi sul piano della tutela e, se non inconcludenti, certo estremamente parziali sul piano della ricerca storica. La nuova archeologia urbana si trova dunque a dover prendere posizione non solo in favore di scelte di intervento che prevedano indagini su aree molto estese, campagne di lunga durata, ed quipes numerose ed attrezzate (HUDSON 1981, p. 52), ma anche in favore di una sapiente selezione delle aree da sottoporre ad intervento archeologico integrale, nellambito di una programmazione della tutela e dello sviluppo urbano. Se dieci siti debbono essere distrutti di gran lunga preferibile scavare due di essi interamente [corsivo mio], e limitarsi a scavi di salvataggio negli altri, piuttosto che saggiare, o scavare parzialmente tutti e dieci (BARKER 1981, p. 73). [10] Questo principio va tanto pi tenuto presente nel campo dellarcheologia urbana: larea della Crypta Balbi certamente in questo senso uno dei siti da privilegiare. La scelta dei siti da indagare sar dunque dettata oltre che dalle condizioni oggettive dello sviluppo del territorio urbano dalle domande storiografiche che orientano, senza per irrigidirla, la programmazione della ricerca (CARANDINI 1981, p. 77), e che nel caso di Roma non possono non fare riferimento alla complessit delle sovrapposizioni degli insediamenti succedutisi nel corso dei ventotto secoli di vita della citt. Da questo punto di vista tutto ancora da scoprire e saggiare archeologicamente nel suolo di Roma, che non ha mai visto indagata su ampia scala la stratificazione urbana del suo centro storico. Vi sono tuttavia nel campo dellarcheologia classica settori di indagine pi noti che quasi per abitudine si continua ad indagare e settori assai meno noti, abitualmente tuttora trascurati. Larcheologia italiana ha sempre dimostrato, ad esempio, una immotivata predilezione per i teatri, che ha fatto s che un gran numero di centri archeologici del nostro paese, tuttora sostanzialmente non investigati, ci siano per noti almeno per le strutture caratteristiche del teatro che, insieme con il Foro e lanfiteatro, ha costituito troppo spesso linteresse focale dellarcheologo, del topografo... del turista, come dimostra il lungo elenco di questi monumenti pi o meno noti nei centri archeologici dellItalia romana (FORNI 1962). Paradossalmente dobbiamo quindi rallegrarci che la superficie interessata dallo scavo del monumento di Balbo investa in pieno larea occupata dalla Crypta e lasci invece a margine quella del teatro annesso. Non si intende certo sottovalutare limportanza storica ed architettonica del terzo teatro di Roma antica (App. figg. 21-25), ma non v dubbio che questa prima esperienza di grande scavo stratigrafico urbano, che si inizia a Roma, si presenti di particolare interesse anche per la peculiarit del monumento antico esistente nellarea. La Crypta Balbi rimane tuttora, infatti, un monumento ignoto nella sua tipologia architettonica e non compreso nella sua effettiva funzione nel tessuto urbano circostante. Larea della Crypta Balbi presenta inoltre anche una ricca articolazione di insediamenti medioevali e rinascimentali (Castrum aureum, chiese, monastero, orti, case, Conservatorio) non testimoniata nellarea adiacente, un tempo occupata dal teatro, distrutto ed inglobato nelle imponenti fabbriche cinquecentesche dei palazzi dei Mattei, che hanno interamente compromesso la stratificazione classica e post-classica del sito. 1.5 Innovando profondamente rispetto ad una tradizione di routine amministrativa e di sostanziale incapacit di intervento nella formulazione della politica del territorio, propria degli organi periferici dello Stato preposti alla tutela, la Soprintendenza Archeologica di Roma sta dimostrando di volere e sapere progettare anche sul piano urbanistico. Si rinnova quindi ma con tuttaltro segno quellincontro tra archeologia e urbanistica che, sia pure in termini conflittuali, tanti guasti ha prodotto nei centri storici italiani sia sullo scorcio del XIX secolo che nei decenni compresi tra le due guerre mondiali. Oggi vi sono le condizioni perch questo incontro dia i frutti positivi che la sua potenzialit esprime, riducendo le distanze e gli steccati tra le discipline, consolidati dalle pratiche accademiche, ed esaltando invece il ruolo delle specializzazioni nellambito di un progetto e di un fine comuni: conoscere la citt per viverci meglio. [11] Locchio dellarcheologo, rivolto al terreno, guarda da dentro loggetto del suo studio, teso alla comprensione del movimento stratificato nel suolo ed alla ricostruzione del suo mutevole inserimento nel contesto urbano nel corso dei secoli; locchio dellurbanista, pi dallesterno, mira alla definizione delle forme attraverso cui ricomporre nel

contesto cittadino loggetto indagato dallarcheologo. Ma le due ottiche necessariamente distinte devono integrarsi continuamente nel corso della ricerca; la definizione di un progetto duso in funzione della citt non viene n prima n dopo lacquisizione dei dati conoscitivi, storici prodotti dallindagine: ne necessariamente laltro compito, al cui adempimento archeologo ed urbanista ma certamente non solo loro devono contribuire. Lo scavo urbano pone problemi inediti, almeno per larcheologia italiana, e impone scelte di conservazione o demolizione non solo di strati (terra), ma anche di strutture (muri, pavimenti, strade...). [12] Non disponiamo ancora di una metodologia consolidata che guidi in queste scelte: questa va costruita nel corso stesso dellindagine. Lo scavo stratigrafico distruzione, ma talora solo distruggendo (scavando) si conosce. Una struttura del passato rimessa in luce sterrando il suolo che la coinvolge e abbandonata al sole per noi perduta assai pi di una struttura interpretata stratigraficamente nelle sue relazioni con il terreno, e quindi smontata. Ma fatta salva la premessa stratigrafica che cosa smontare e che cosa conservare scelta ardua di cui larcheologo certamente anche se non da solo deve potersi assumere la responsabilit. Lipotesi archeologica su cui lavorare quella della definizione di contesti insediativi omogenei da scavare o da conservare integralmente, una volta che siano stati inseriti nella sequenza stratigrafica. Sul piano urbanistico potremmo pensare parallelamente ad una scelta che privilegi il mantenimento delle forme compiute, comprensibili e reinseribili nel contesto urbano. Questa ottica potrebbe anche tradursi in una scelta editoriale che preveda contro la tradizionale pubblicazione dei saggi archeologici (grandi o piccoli che siano) ledizione dei successivi contesti urbani riconosciuti e definiti nel corso dello scavo. Una profonda sezione verticale, particolarmente significativa, potr essere congelata nel terreno a testimonianza scientifica e didattica eccezionale della stratificazione storica. Analogamente ledizione finale dello scavo potr reinserire i contesti, gi analiticamente presentati, in una sintesi storica diacronica. [13]

2. La problematica storico-archeologica 2. 1 La stratificazione archeologica: i problemi storico-topografici 2.1.1 La identificazione sicura del monumento romano che sorgeva l dove la tradizione erudita localizzava il Circo Flaminio ha sconvolto la ricostruzione della topografia antica del Campo Marzio meridionale ed ha favorito una nuova stagione di studi, che non si ancora esaurita (bibliografia in GATTI 1979, p. 240, nota 7). Lo scavo intrapreso nellarea della Crypta Balbi ha dunque nelle prospettive della ricerca archeologica classica un suo obiettivo preciso: la conoscenza del monumento augusteo e delle forme del suo inserimento nella topografia urbana e lintenzione di contribuire attraverso lo scavo di questo monumento alla discussione sulla natura e funzione dei criptoportici, per la quale occorrono nuovi dati archeologici, non solo monumentali ma stratigrafici, da confrontare con quelli ampiamente esaminati in un convegno di recente data (Cryptoportiques 1973). Ma se lobiettivo di ogni scavo archeologico deve sempre rifuggire da impostazioni di ricerca monotematiche (CARANDINI 1981, p. 36), tanto pi insensata sarebbe una simile impostazione in uno scavo urbano di tale estensione e complessit. La stratificazione pi che bimillenaria creatasi su di un sito che non ha cessato mai di far parte della citt abitata impone non solo di escludere ogni gerarchia negli obiettivi della indagine archeologica, ma di ascoltare con la massima attenzione quelle domande che solo la pratica dello scavo pone quotidianamente in evidenza e che possono ampliare e modificare gli interrogativi e le curiosit scientifiche che larcheologo-storico si pone al momento di avviare la ricerca. Un tentativo di ricostruzione a priori della stratificazione presunta quindi complesso, e certamente parziale; ma certamente utile prospettare in anticipo, nella consapevolezza della loro duttilit, almeno i maggiori problemi di natura storico-topografica che lo scavo propone. Due documenti cartografici eccezionali sigillano la stratificazione secolare avvenuta nella zona: il frammento della Forma Urbis severiana che conserva parte della Crypta Balbi e del quartiere circostante ed il foglio del rione S. Angelo del Catasto Pio-Gregoriano, primo catasto urbano moderno della citt (App. figg. 6 e 44). Le due piante sono perfettamente sovrapponibili: paradossalmente, la Pianta marmorea incisa ci offre, nella parte superstite, una conservazione di dettagli, se non superiore, pari a quella della splendida cartografia catastale della Roma pontificia. Del monumento augusteo, come delle fabbriche cinquecentesche rilevate nel Catasto Pio-Gregoriano, non restano oggi che imponenti rovine ed una massa di documentazione scritta (fonti letterarie, fonti archivistiche) e iconografica (fonti cartografiche, vedute, stampe) che consente allo storico di riassumere gli eventi e di ricostruire le grandi fasi dellinsediamento, ma non di valutare le selezioni avvenute nel sistema di fonti che oggi a nostra disposizione. Questo compito spetta allindagine archeologica stratigrafica. 2.1.2 Ci sembra di poter distinguere al momento sei grandi fasi di occupazione urbana del sito: [14] 1) la fase di et repubblicana, precedente alla costruzione del monumento di Balbo; 2) la fase di et imperiale, che ha inizio con lerezione del Teatro e della Crypta di Balbo (13 a.C.) e fine con labbandono di quelle strutture e linizio della loro rovina (V secolo d.C.?); 3) la fase di et alto-medioevale, che vede la trasformazione del monumento e dellambiente in cui esso inserito, sino alla comparsa di una nuova struttura (Castrum aureum) e di nuovi edifici (chiese) nel suo ambito (X secolo); 4) la fase di vita del complesso castrum-chiese-monastero e la ricomposizione intorno e dentro di esso del tessuto urbano abitativo (case, torri) e produttivo (botteghe) sino al XVI secolo; 5) la fase di grande ristrutturazione urbanistica che investe tutta larea e che vede la demolizione delle strutture antiche medioevali superstiti, insieme con la cancellazione degli aspetti medioevali dalla iconografia urbana del quartiere,

concomitante con lerezione dei diversi palazzi della famiglia Mattei e del grande complesso del Conservatorio e della Chiesa di S. Caterina dei Funari, destinato ad una vita plurisecolare (XVI-XX secolo); 6) la fase della demolizione delle strutture del Conservatorio e del loro distacco dalla Chiesa di S. Caterina, con il conseguente pluridecennale abbandono dellarea. Evidenziamo qui di seguito alcuni dei problemi di natura storica e topografica che guidano la programmazione della ricerca archeologica. 2.1.3 Prima fase. 2.1.3.1 ipotesi diffusa e plausibile che gli edifici di Balbo sorgessero su terreni se non appartenenti, gi un tempo appartenuti alla Villa Publica (COARELLI 1968b, pp. 367-369; WISEMAN 1974, p. 19; COARELLI 1981, pp. 32-34). Due noti passi di Varrone (RR, III, 2, 1; III, 17, 10) situano lestensione della villa nellarea compresa tra il Campidoglio e il Diribitorium (App. fig. 4): problematica e al momento impossibile una definizione pi esatta dei limiti del terreno occupato dalla villa, che dovettero andare sicuramente restringendosi nel corso del tempo. Se verisimile che la Porticus Minucia frumentaria sorgesse, in et claudia, in parte a spese del suolo della Villa Publica (COARELLI 1981, pp. 34 ss., 46), la situazione urbanistica dei terreni che si stendevano verso meridione appare pi incerta: abbiamo infatti motivo di credere che le nuove fabbriche di Balbo andassero a modificare un tessuto urbano pi articolato e in parte almeno gi edificato. Un passo di Orosio (5, 18, 27) ricorda la vendita di suolo pubblico, posseduto dai collegi sacerdotali intorno al Campidoglio, al tempo della guerra sociale: cum penitus exhaustum esset aerarium [...] l o ca publica, quae in circuitu Capitoli pontificibus, auguribus, decemviris et faminibus in possessionem tradita erant, cogente inopia vendita sunt (CASTAGNOLI 1947, p. 114). Non possiamo identificare quei terreni, ma la notizia ci aiuta a supporre che larea urbana circondante il Campidoglio, e rivolta verso il Tevere e la pianura del Campo Marzio, e quindi anche il lotto destinato alla costruzione della Crypta e del Teatro di Balbo, fossero in parte occupati da edifici privati almeno dallinizio del I secolo a. C. superfluo ricordare che lo stesso Teatro di Marcello, contemporaneo a quello di Balbo, verr edificato da Augusto su terreni acquistati in gran parte da privati: theatrum ad aedem Apollinis in solo magna ex parte a privatis empto feci (Res Gestae 21, 22 Malc.). [15] La Forma Urbis indica con estrema chiarezza una porzione del quartiere che in et imperiale si stendeva immediatamente ad E della Crypta Balbi (fig. 4): la cronologia di questo quartiere ipoteticamente ritenuto di et imperiale problematica (COARELLI 1968b, p. 367). Abbiamo buone ragioni per ritenere che lepoca della sua formazione vada rialzata e che quelle insula e siano da considerare precedenti allintervento augusteo. Colpisce, infatti, ad un esame della loro planimetria (GATTI 1979, fig. 10) la incongruenza della forma degli ambienti che dovrebbero essersi addossati allesedra di Balbo, che mal si addice allipotesi che li vorrebbe successivi al monumento augusteo e, se non necessariamente orientati con esso, certo ad esso collegati pi razionalmente. Lincongruenza appare ancora pi evidente sul piano urbanistico, non solo per la morfologia e lorientamento delle insulae, ma per lo stesso disegno del tracciato stradale, che prevede nella situazione documentata dalla Pianta marmorea due grandi vie cieche (anche se quella pi settentrionale poteva forse dare accesso al corridoio che immetteva nella Crypta). [16] In realt tutto assai meglio si spiega considerando lintervento di Balbo come avvenuto su di unarea (almeno in quella zona pi orientale del monumento) completamente edificata, cui conducevano le due strade convergenti testimoniate dalla Forma Urbis, resecate prima della loro confluenza, che doveva situarsi approssimativamente al centro dellarea libera del monumento augusteo, in prossimit delledificio ad esso eventualmente preesistente, di cui si ha ipotetica testimonianza nel frammento 634. Una possibile conferma di quanto abbiamo osservato deriva dalla conoscenza di strutture in tufo, che ben si addicono ad una eventuale cronologia tardo-repubblicana, intraviste nellambito di altre insulae circostanti, in particolare in quella identificata al di sotto del palazzo attuale sede della Direzione del PCI in via delle Botteghe Oscure (GATTI 1979, fig. 10 q).

Lurbanizzazione dellarea sembra confermata anche dalla esistenza di un complesso e in parte antico sistema di fognature, una delle quali percorre il tracciato poi ripreso dalla via delle Botteghe Oscure, lungo il lato settentrionale della Crypta di Balbo (MARCHETTI LONGHI 1922, p. 761): il nuovo edificio, se successivo alla costruzione di questo collettore, potrebbe aver trovato nella sua stessa esistenza un limite alla propria espansione. 2.1.3.2 Appare certo che il monumento augusteo fosse costeggiato a N da una strada, ridotta a dimensioni di vicolo dalla costruzione del muro meridionale della Porticus Minucia frumentaria. Questa strada, che fiancheggia pi a O anche la Minucia vetus (COARELLI 1981, p. 12), rispettata dagli edifici di et augustea e claudia, costituisce probabilmente un tracciato molto antico. Se in et pi remota questo tracciato attraversava verisimilmente larea della Villa Publica, nella tarda et repubblicana esso va probabilmente identificato con la prosecuzione verso occidente e il Campo Marzio del Vicus Pallacinae, che le pochissime fonti di et romana e la toponomastica medioevale situano nellarea compresa tra la chiesa di S. Marco, le Botteghe oscure e lodierna piazza del Ges. Il quartiere attraversato dal Vicus Pallacinae ( il cui tratto iniziale cade in una area la cui topografia ci tuttora in gran parte ignota e si pu forse riconnettere con la Porticus extra Portam Fontinalem che sin dal 193 a.C. conduceva ad Martis aram, qua in campum iter esset: LIV., XXXV, 10, 12) ospitava gi nell80 a.C. due generazioni prima delle attivit edilizie di Balbo taverne e bagni. Se non possiamo situare con precisione le balneae Pallacinae presso le quali, rediens a cena, fu ucciso Sex. Roscius (CIC., pro Rosc. Amer., 18, cfr. anche 32; JORDAN 1867; PLATNERASHBY 1929, pp. 381-382; WELIN 1949) dobbiamo per ritenere che quei bagni, e quindi quel tratto di citt, sorgessero non lontani da unarea che collochiamo approssimativamente tra lattuale piazza Venezia e i luoghi dove sorsero sotto Augusto e Claudio la Crypta Balbi e la Porticus Minucia frumentaria. Una tessera di piombo con lindicazione PALLACIN (ROSTOWZEW 1903, p. 61, n. 500) se riferibile alla gestione di quei bagni costituisce una conferma del passo ciceroniano (fig. 5). Se vogliamo invece considerarla, con il Rostowzew, una tessera frumentaria (contra VAN BERCHEM 1939, p. 84 ss.) avremmo unaltra e pi stringente testimonianza topografica, che, mettendo in connessione il toponimo Pallacinae con la Porticus frumentaria, consentirebbe di meglio definire la posizione del primo, immediatamente ad E delledificio claudio, l dove le fonti medioevali collocano appunto la chiesa di S. Andrea in Pallacina (HUELSEN 1927, p. 189; ARMELLINI-CECCHELLI 1942, 1, p. 563), mentre la basilica eretta da papa Marco nel 336, pi a oriente, detta iuxta Pallacinis (HUELSEN 1927, p. 308; ARMELLINI-CECCHELLI 1942, p. 559 ss.). [17] Il toponimo Pallacin(ae) riprodotto sulla tessera frumentaria indicherebbe in tal caso laccesso orientale alla Minucia, opposto al grande porticato a pilastri con semicolonne che divideva la Frumentaria dalla Vetus (COARELLI 1981). Ci sembra, in sintesi, di poter concludere che tutta larea ad E della Crypta Balbi come della Minucia frumentaria risultava parzialmente edificata prima degli interventi di Augusto e di Claudio. Le stesse aree dove sorgeranno luno accanto allaltro i due monumenti non dovevano essere libere: larea della Crypta probabilmente ancor meno di quella della Frumentaria. La costruzione dei grandi edifici veniva dunque a restituire integralmente alluso pubblico suoli che un tempo appartenuti in buona parte alla Villa Publica avevano visto via via affermarsi le propriet dei privati, in concomitanza con la restrizione del parco che pur tuttavia, nellet di Varrone, continuava a mantenere una sua considerevole consistenza. 2.1.4 Seconda fase. 2.1.4.1 La costruzione del monumento di Balbo si inserisce nel quadro delle attivit urbanistiche promosse da Augusto e da Agrippa in quella zona del Campo Marzio e nelle aree circostanti, dal Pantheon alle Terme di Agrippa, dalla Basilica Neptuni al Portico degli Argonauti, dai Saepta al restauro del Teatro di Pompeo, alle grandi iniziative che coinvolgono gli edifici adiacenti al Circo Flaminio (App. fig. 5). Le fonti letterarie sono assai avare per il Teatro di Balbo e addirittura mute per la Crypta. Sappiamo tuttavia che il monumento fu costruito nellambito del rinnovamento edilizio augusteo da parte di L. Cornelio Balbo, trionfatore nel

19 a.C. sui Garamanti (PLIN., NH, V, 36-37); che ledificio fu inaugurato nel 13 a.C. nel corso di una inondazione del Tevere; che la sua scena era adorna di colonne di onice; che ledificio fu tra quelli distrutti nell80 d.C. dal grande incendio divampato nel Campo Marzio; che il Teatro e la Crypta che viene solo allora nominata per la prima ed unica volta erano ancora esistenti nel IV secolo (GATTI 1979, p. 241 ss.). Elenchiamo qui di seguito le fonti a nostra disposizione: SUET., Aug., 29: Sed et ceteros principes viros saepe hortatus est, ut pro facultate quisque monumentis vel novis vel refectis et excultis, urbem adornarent. Multaque a multis extructa sunt: sic a Marcio Philippo aedes Herculis Musarum, a L. Cornificio aedes Dianae, ab Asinio Pollione Atrium Libertatis, a Munatio Planco aedes Saturni, a Cornelio Balbo theatrum, a Statilio Tauro amphiteatrum, a M. vero Agrippa complura et egregia. TAC., Ann., III, 72: Isdem diebus Lepidus ab Senatu petivit ut basilicam Pauli, Aemilia monumenta, propria pecunia firmaret ornaretque. Erat tum in more publica munificentia; nec Augustus arcuerat Taurum, Philippum, Balbum hostiles exuvias aut exundantis opes ornatum ad urbis et posterum gloriam conferre. CASS. DIO, LIV, 25, 2:

PLIN., NH, XXXVI, 60: Variatum in hoc lapide et postea est, namque pro miraculo insigni quattuor modicas in theatro suo Cornelius Balbus posuit; nos ampliores XXX vidimus in cenatione, quam Callistus Caesaris Claudi libertorum, potentia notus, sibi exaedificaverat. CASS.DIO, LXVI, 24, 1-2:

AUSON., Lud. Septem Sap., II, 35-41: postquam potentes nec verentes sumptuum / nomen perenne crediderunt, si semel / constructa moles saxeo fundamine / in omne tempus conderet ludis locum: / cuneata crevit haec theatri inmanitas: / Pompeius hanc et Balbus et Caesar dedit / Octavianus concertantes sumptibus. Curiosum Urbis Romae reg. XIIII (VALENTINI-ZUCCHETTI 1940-, p. 122): Regio VIIII. Circus Flaminius. Continet [...] Minuciam_Veterem et Frumentariam. Cryptam Balbi. Theatra III. In primis Balbi qui capet loca XI.DX [...] Notitia Urbis Romae reg. XIIII (VALENTINI-ZUCCHETTI 1940-, p. 176): Regio VIIII. Circus Flaminius. Continet [...] Minucias duas, Veterem et Frumentariam, Cryptam Balbi. Theatra III. In primis Balbi qui capit loca XI.DX[...] Descrizione interpolata (VALENTINI-ZUCCHETTI 1940-, p. 231): Regio IX. Circus

Flaminius. [...] Mimitia Vetus, Mimitia Frumentaria, Porticus Cn. Octavii, quae prima duplex fuit, Cripta Balbi, Theatrum Balbi capit loca XXXLXXXVIII. Si aggiunge a queste testimonianze letterarie lunica altra documentazione epigrafica che, insieme con il frammento della Pianta marmorea, ricorda il teatro di Balbo: si tratta di una iscrizione funeraria, databile intorno al terzo quarto del I secolo d.C., proveniente da un sepolcro recentemente rinvenuto sulla via Flaminia (App. fig. 20). Lepigrafe cita un corinthiarius de theatro Balbi e dimostra che nellarea circostante al monumento augusteo fiorivano nella prima et imperiale attivit artigianali, anche di alto livello (PANCIERA 1975): L. Aufidius Aprilis / c[or]inthiarius / [de thea]tro Balbi / [sibi] et / [...]ae Secundae / [...]ri sanctissimae et / [Gar]giliae Sp.f. Venustae / M. Antoni M.f. Pap(iria) / Flacci liberti Felicis / uxori piissimae et / M. Antonio Felici. 2.1.4.2 Lincendio ricordato da Cassio Dione (cfr. anche LUGLI 1952, pp. 58-61) fu allorigine dei restauri domizianei che come nella vicina Porticus Minucia vetus et frumentaria (COZZA 1968, pp. 16-17; COARELLI 1968b, p. 373, nota 26; COARELLI 1981, pa ssi m) si ritenuto di riconoscere nelle strutture della Crypta, sia nelle murature laterizie elevate a foderatura delle nicchie lungo il muro settentrionale delledificio che nel grande muro diametrale, anchesso in laterizio, dellesedra (GATTI 1979, p. 272 ss.). Potrebbero appartenere allintervento domizianeo i tre pilastri laterizi (gli altri tre sono affiorati nel corso delle prime due campagne di scavo effettuate nellautunno 1981 e nella primavera 1982 (fig. 6) messi in luce dai sondaggi effettuati nellarea dellesedra nel 1961 (GATTI 1979, p. 290, fig. 36). [19] Questo dato di fatto contrasta con la testimonianza della Forma Urbis, che indica al loro posto sei colonne (App. fig. 6). Al momento attuale non potendo ancora stabilire n i livelli pavimentali dellesedra n il piano cui si riferisce la sezione riportata nella planimetria della Pianta marmorea prematuro fornire una spiegazione di tale incongruenza. Possiamo considerare tuttavia tra le ipotesi possibili che lindicazione delle colonne sia relativa ad una fase pre-domizianea del monumento e che essa ci offra pertanto una ulteriore testimonianza di una ipotetica pi antica redazione (augustea? flavia?) della Forma Urbis, non aggiornata allatto della elaborazione della planimetria severiana, di cui non mancano altri possibili indizi anche nellarea della vicina Porticus Minucia Vetus (CRESSEDI 1949/50). Occorre tenere presente, daltronde, che la cronologia dei pilastri ancora assai incerta e che le indagini in corso stanno dimostrando una possibile cronologia tarda delle strutture in laterizio, alla luce della quale andr anche valutato il rapporto tra colonne e pilastri sinora irrisolto. 2.1.4.3 Il riconoscimento della appartenenza al complesso della Crypta Balbi del piccolo frammento 634 della Forma Urbis (GATTI 1979, p. 244, fig. 2; cfr. RODRIGUEZ ALMEIDA 1981, p. 111, tav. XXII, frammento 30c) solleva un importante interrogativo sulla natura delledificio che vi rappresentato, del quale sopravvive solo lindicazione dellangolo sudorientale. La cautela espressa dal Gatti (tempio, edicola, fontana?: GATTI 1979, p. 288) dobbligo, considerato lo stato della documentazione. Lipotesi del tempio (COZZA 1968, p. 20; COARELLI 1973, p. 266) certamente suggestiva, sia per la frequente connessione dei santuari con i criptoportici pubblici, sia per gli immediati paralleli che i grandi porticati presenti in questa parte del Campo Marzio propongono. Sia Fausto Zevi che, pi esplicitamente, Filippo Coarelli (ZEVI 1976, p. 1059; COARELLI 1980, p. 288) avanzano lipotesi del tempio di Vulcano, uno dei pochi santuari in Circo Flaminio e verisimilmente assai prossimi al Campo Marzio (CASTAGNOLI 1947, p. 161 ss.) per i quali manchi ancora in unarea dalla topografia ormai ben conosciuta una proposta di localizzazione soddisfacente. La provenienza dal Palazzo Mattei di una iscrizione con dedica a Vulcano, di et traianea (CIL, VI, 798), d evidentemente credito a questa ipotesi (App. fig. 19). [20] In attesa dei risultati dello scavo possibile, sulla base della ricostruzione planimetrica in scala 1:1000 redatta dal Gatti (GATTI 1979, p. 260, fig. 10), avanzare alcune supposizioni che potranno essere di guida nellindagine (fig. 7). Langolo superstite del frammento della Forma Urbis appare evidentemente centrato nellarea della Crypta Balbi: lo stesso non accade, ad esempio, nel rapporto tra il presunto tempio delle Ninfe e la Porticus Minucia frumentaria, che venne eretta successivamente al tempio, anche se con il suo stesso orientamento, che comune, daltronde, a tutti gli edifici di questo settore del Campo Marzio (COZZA 1968, p. 10, fig. 2; COARELLI 1981,

tav. XXVI). Nel caso delledificio interno alla Crypta Balbi notiamo invece una perfetta corrispondenza delle misure (per quanto consente la base planimetrica, in parte ricostruibile ed in parte ipotetica), che ci permette di tentare una definizione delle dimensioni delledificio basata su di una sua eventuale equidistanza dalle strutture perimetrali della Crypta. Il lato S delledificio dista infatti circa 40 metri (135 piedi) dal muro che limita la Crypta verso S e circa 26.5 metri (90 piedi) dallallineamento interno del criptoportico; se ribaltiamo queste misure sul lato N otteniamo la possibile larghezza delledificio, cio quasi 12 metri (40 piedi). Analogo procedimento possiamo svolgere nei confronti del muro perimetrale E (muro diametrale dellesedra), dal quale il muro E delledificio centrale disterebbe qualcosa pi di 26 metri (90 piedi), e dellallineamento interno del criptoportico, la cui distanza sarebbe di poco pi di 13 metri (45 piedi). Il calcolo del limite O delledificio pi complesso, poich mancano riferimenti monumentali: se assumiamo il limite della frons scaenae ipotizzato dal Gatti e calcoliamo 90 piedi verso E otteniamo una soluzione interessante. Il limite occidentale delledificio verrebbe infatti a coincidere approssimativamente con lallineamento dellodierna via Caetani, il che farebbe supporre che il tracciato della via, ampliata nel XVI secolo (PROIA-ROMANO 1935, p. 18; GNOLI 1939, p. 117), corresse effettivamente tra le strutture del retro della scena del teatro (realisticamente ipotizzate dal Gatti in allineamento con il Palazzo Mattei-Caetani) e le strutture di un secondo monumento sul lato orientale. [21] Questo monumento dimostra daltronde di occupare il sito in cui lunica pianta che ce ne d testimonianza colloca apparentemente lantica chiesa medioevale di S. Maria Dominae Rosae (BUFALINI 1551 in FRUTAZ 1962, tav. 202) che sarebbe sorta appunto sulle strutture delledificio preesistente (App. fig. 32). degno di nota che ledificio cos ricostruito verrebbe ad avere una lunghezza di circa 35.50 metri, pari a 120 piedi, cio esattamente ad un actus: una concordanza degna della massima attenzione. Il limite O proposto dal Gatti del tutto ipotetico; la lunghezza delledificio centrale risultante da queste osservazioni sembra per confortata da altre due considerazioni: 1) larea interna della Crypta non doveva presentare molto spazio libero nel settore O, come dimostra la didascalia THEATRVM BALBI collocata nellestremo margine E del complesso Teatro-Crypta; 2) lesedra esistente sul lato E non costituita da un semicerchio completo: il suo diametro, pari a circa 24 metri (GATTI 1979, p. 292), indica che il centro dellesedra va situato a O del muro diametrale (che dunque una corda) e che il cerchio cos costruito perfettamente tangente allallineamento interno del criptoportico; lipotetico limite O delledificio centrale risulta distante dallesedra esattamente la somma di tre diametri. I moduli cos riconoscibili in pianta inducono a ritenere o che lintero complesso di Balbo (Crypta e Teatro) sia stato edificato avendo come punto di riferimento la struttura (templare?) preesistente, oppure che la costruzione delledificio centrale sia stata contestuale a quella del complesso, con cui perfettamente si accorda: e in tal caso lipotesi di una fontana o di analogo edificio appare evidentemente preferibile. La larghezza presunta delledificio centrale (circa 12 metri) ben si addice alla fronte di un tempietto tetrastilo, quale potrebbe essere stato il tempio di Vulcano, esistente gi nel III secolo a.C. (LIV., XXIV, 10, 9; PLATNER-ASHBY 1929, p. 584) se in quello va riconosciuta la raffigurazione che compare, alla met del III secolo d.C., su monete di Valeriano e Gallieno (DAREMBERG SAGLIO 1877-, V, p. 1002, fig. 7579 [L. Constans]; cfr., ad esempio, lesemplare in ROBERTSON 1978, p. 8, nn. 56-57, tav. 3). Ma con questa larghezza non sembra concordare la eventuale lunghezza delledificio ipoteticamente ricostruita. Dovremmo in tal caso presupporre un altro edificio, o area, annessi al tempio. 2.1.4.4 I Cataloghi Regionari attestano, intorno alla met del IV secolo, la Crypta ed il Teatro di Balbo: pertanto verisimile che i due edifici fossero a quel tempo ancora in funzione (App. fig. 26). La topografia della zona non sembra mutare considerevolmente nella tarda antichit, ma le funzioni degli edifici dimostrano invece una certa evoluzione. Siamo meglio informati sotto questo profilo su quanto accade nelladiacente Porticus Minucia. Alla Frumentaria va forse attribuita una iscrizione (CIL, VI, 816) relativa al restauro di una schola da parte dei viatores quaestorii nel 238 d.C.: lunico testimone, nel XVI secolo, la segnala alle Botteghe Oscure. La connessione tra questa categoria di apparitores e le frumentazioni non appare evidente, a meno che non si debba scorgere in questa presenza estranea un primo indizio di quella trasformazione delledificio in sede per ludi che

solo ad un secolo di distanza il Calendario Filocaliano attesta nel 354 (DEGRASSI 1963, p. 249): ma la Minucia viene usata per la sua funzione originaria sino allet costantiniana (CHASTAGNOL 1960, pp. 56-57; COARELLI 1981, p. 44, nota 4). [22] Tracce di interventi tardo-antichi nellarea della Minucia Frumentaria sono state viste nel secolo scorso (COZZA 1968, p. 17, nota 15), a testimonianza di una vitalit delledificio, che due iscrizioni (fig. 8) provenienti dalla zona ci consentono di documentare nel corso del V secolo (CIL, VI, 1676: riproduzione dellapografo del Pighius in LANCIANI 1897, p. 454, fig. 177 e in MARCHETTI LONGHI 1922, p. 657, fig. 9, e dellapografo dello Smetius infra, App. fig. 27; IGVR, 69). Sappiamo infatti che fra il 421 e il 423 Anicius Acilius Glabrio Faustus, praefectus Urbi, restaur una costruzione fatali casu subversam (che con buoni argomenti Margherita Guarducci ha ritenuto di poter identificare con la stessa schola nota nel III secolo) e che in quegli stessi anni dette vita nella stessa area ad un albergo, forse lo Xenodochium Aniciorum che conosciamo al tempo di Gregorio Magno (GREG., Epist., IX, 8 del 598 d.C.; GUARDUCCI 1949/50, p. 63, nota 2; 1954; 1969/70; COARELLI 1965/67, p. 47 ss.) (App. fig. 28). Alla met del secolo altri restauri sono attestati nellambito della Minucia dallepistilio che reca liscrizione di Synesius Gennadius Paulus praefectus urbi (Area Sacra 1981, pp. 116-117, n. 29, tav. XLII). Nulla possiamo invece attribuire alla Crypta di Balbo. Se il restauro della presunta schola stato posto in relazione con il terremoto che colp Roma nel 408 (GUARDUCCI 1969/70, p. 228 ss.; COARELLI 1981, pp. 25 e 48), il restauro testimoniato dalliscrizione di Synesius Gennadius Paulus pu forse essere collegato con i terremoti che nuovamente investirono la citt nel 423 e nel 447. Nella lacuna totale di notizie ci sembra possibile che negli anni che videro i ripetuti disastri naturali e le devastazioni causate dal sacco di Alarico (410) e poi da quello dei Vandali (455) vada individuato il periodo in cui il complesso di Balbo cadde in rovina definitiva (LUGLI 1952, p. 67 ss.). Non abbiamo nessun motivo di credere infatti che i restauri effettuati tra il 507 e il 511 da Teoderico al Teatro di Pompeo (CASSIOD., Variar., 1V, 51; PLATNER-ASHBY 1929, p. 517) potessero avere interessato anche gli altri due teatri di Roma, ormai abbandonati. 2.1.5 Terza fase 2.1.5.1 La fine del monumento antico non significa certamente labbandono dellarea, che continu sempre a far parte dellabitato, anche quando la restrizione della parte urbanizzata della citt medioevale tocc il suo culmine (KRAUTHEIMER 1980, p. 245, fig. 193a), e ad esser lambita dalle arterie principali che collegavano il Vaticano al Campidoglio e al Laterano (LANCIANI 1891; KRAUTHEIMER 1980, p. 237 ss., in part. p. 248). [23] Il lastrone che reca inciso lalfabeto e la copia della iscrizione onoraria dellarco di Tito (CIL, VI, 29849a), rinvenuto nel secolo scorso in via delle Botteghe Oscure, testimonia la vocazione antica dellarea ad ospitare attivit artigianali, in questo caso botteghe di lapicidi e scalpellini (App. fig. 29). La paleografia delle lettere e la premessa della croce a capo del testo ne hanno consigliato una datazione tra la fine del V ed il VI secolo (DE ROSSI 1880, pp. 137-138; cfr. Area Sacra 1981, p. 160). Lo scavo potr forse dire se gi da quel tempo lantico edificio fosse andato lentamente trasformandosi in luogo destinato ad attivit produttive; lodierna via delle Botteghe Oscure insiste tutta allinterno dellarea gi occupata dalla Porticus Minucia Frumentaria, dove preferibilmente dovremmo immaginare il sorgere della apothecae medioevali. comunque verisimile che anche le strutture relative al monumento augusteo offrissero, specie nei criptoportici semi-interrati, ambienti adatti allinstallazione di nuove attivit. 2.1.5.2 Il volto della zona dovette andar ulteriormente mutando per il susseguirsi delle disastrose inondazioni tiberine (App. fig. 30), che raggiungevano facilmente questarea pianeggiante sia dalla sponda a monte dellisola Tiberina che, in particolare, rompendo allaltezza di Ponte Milvio e percorrendo la citt attraverso il tracciato rettilineo della via Lata (DONOFRIO 1980, p. 302 ss.). Le fonti ricordano numerose inondazioni in questo periodo, tra cui quelle degli anni 589, 685, 716, 725, 778, 792, 847, 856, 860 (CAPOGROSSI

GUARNA 1871, pp. 261-264; DI MARTINO-BELATI 1980, p. 35 ss.). Quelle dellVIII e IX secolo, testimoniate con descrizioni stereotipe ma efficaci dal Liber Pontificalis (DUCHESNE 1886-, p. 411, nota 14), furono certamente di portata eccezionale ed interessarono senza dubbio anche larea che ci riguarda. Delle grandi alluvioni dell856 e dell860 conosciamo bene il percorso (LANCIANI 1971, pp. 133-134; HOMO 1956, pp. 64-65). II fiume, entrato nel rettifilo della via Lata, attravers la citt fino allodierna piazza Venezia: ...exinde regammans ingressus est per porticum qui est positus ante ecclesiam santi Marci [...] inde impetum faciens caepit decorrere in cloaca quae est iuxta monasterium santi Silvestri et santi Laurentii martyris qui vocatur Pallacini[...] (DUCHESNE 1886-, II, p. 145, cfr. anche pp. 153-154). Lantico vicus Pallacinae costituiva quindi la via di sfogo per le acque in piena, che le riconduceva nellalveo pi a valle. Alle macerie non rimosse dei terremoti e degli incendi ed agli accumuli delle inondazioni ripetute dobbiamo pertanto attribuire il primo considerevole rialzamento del livello della zona, con la conseguente obliterazione dei piani stradali e dei pavimenti antichi. 2.1.5.3 Possiamo supporre che a partire dal V secolo si sia verificato un lento processo di smembramento del contesto monumentale antico, collegato al declino della funzione originaria del complesso di Balbo. Nel X secolo, tuttavia, con la testimonianza dellesistenza negli stessi luoghi del Castellum aureum abbiamo indizio della ricostituzione di un nuovo contesto unitario, sorto sulle rovine delle antiche murature e sugli accumuli che allinterno del perimetro erano andati innalzando i livelli originari. problema topografico centrale la definizione dellarea effettivamente occupata dal Castrum aureum. Se evidente che il fortilizio si era insediato solo sulla parte occidentale del presunto Circo Flaminio (MARCHETTI LONGHI 1922, p. 667 ss.), non altrettanto palese se ledificio sorgesse su tutta larea del monumento di Balbo o solamente sul luogo dellantico teatro. [24] La prima ipotesi che sembra in linea teorica preferibile connessa con il problema della localizzazione delle chiese che fin da et remota erano andate sorgendo sullarea o nelle sue immediate vicinanze. La bolla di Celestino III che nel 1192 per prima ci d testimonianza del Castellum aureum (SCHIAPARELLI 1902, pp. 3-4-5 ss.; MARCHETTI LONGHI 1922, loc. cit.) cita le chiese di S. Maria Dominae Rosae e del Beato Lorenzo que posite sunt in Castello aureo (App. fig. 31). Se la localizzazione della chiesa di S. Lorenzo in Castro aureo assolutamente incerta e connessa a quella delle omonime chiese in Pallacinis e in Pensilis (LANCIANI 1891, p. 550; MARCHETTI LONGHI 1922, p. 670 ss.) per S. Maria abbiamo qualche indicazione utile: la pianta di Roma del Bufalini (1551) ne d infatti la posizione e il disegno, a tre navate e con la facciata rivolta verso occidente (App. fig. 32). Pur nella incerta definizione topografica degli isolati delineati dal Bufalini, sembra evidente che la chiesa sorgeva ad E della strada (futura via di S. Caterina dei Funari, odierna via Caetani) che attraversava in senso N S il complesso antico, e che di li a poco sarebbe stata nuovamente ampliata (GNOLI 1939, p. 117), ma che certo segnava un tracciato pi antico, risalente allet medioevale (MARCHETTI LONGHI 1919, p. 424) ed aperto verisimilmente a ridosso del muro della scena del teatro di Balbo. La testimonianza del Bufalini lascerebbe presumere pertanto che la denominazione Castellum aureum riguardasse lintero complesso Teatro-Crypta, e che quindi le grandi mura perimetrali in opera quadrata del criptoportico augusteo, non meno delle alte mura circolari del teatro, avessero costituito la cinta del nuovo fortilizio medioevale, delimitando allinterno probabilmente unarea pi edificata (teatro) ed una pi libera (crypta), occupata da orti e, in seguito, dalle fondazioni ecclesiastiche ricordate dalla bolla di Celestino III. Lipotetica identificazione dellarea del monumento antico con quella del fortilizio medioevale comporta evidentemente lesclusione dalla zona in Castro aureo della chiesa di S. Salvatore in Pensilis (odierna S. Stanislao dei Polacchi (App. figg. 33 e 40)), nota dai documenti a partire dal 1174 (HUELSEN 1927, p. 449; ARMELLINI-CECCHELLI 1942, pp. 696, 1198, 1452-1453; MARCHETTI LONGHI 1922, p. 671, nota 3), e quindi, forse, anche di quella di S. Lorenzo in Pensilis: la chiesa di S. Stanislao sorge infatti immediatamente ad E del perimetro del monumento antico.

Alla luce di queste considerazioni rimane assai incerta la possibilit di identificazione con una delle chiese medioevali ricordate nella zona, e forse proprio con quella di S. Lorenzo in Pensilis, delle strutture laterizie, riferibili probabilmente al XII secolo, venute parzialmente in luce nellarea dellesedra romana (cfr. fig. 6) allinterno quindi del presunto Castrum aureum nel corso dei sondaggi del 1961 (GARN 1979, p. 292). Appare isolata anche lopinione del Grimaldi di identificare nel S. Lorenzo in Palatinis la chiesa, opposta ai Palazzi dei Mattei, demolita nel XVI secolo in occasione della costruzione del nuovo Conservatorio di S. Caterina dei Funari (MARTINELLI 1668, pp. 364-365; MARCHETTI LONGHI 1922, p. 670, nota 2). Se lipotesi del Grimaldi non suffragata da testimonianze dovesse cogliere nel vero, la chiesa delineata dal Bufalini andrebbe pi verisimilmente identificata con quella di S. Lorenzo in Castro aureo che non con quella di S. Maria, anche se appare probabile che i due edifici sorgessero tanto vicini da costituire quasi una sola unit (MARCHETTI LONGHI 1922, loc. cit.). [25] 21.6 Quarta fase 2.1.6.1 Nel corso del basso Medioevo e del primo Rinascimento il contesto unitario del Castellum aureum, con i suoi orti e le sue chiese, subisce un nuovo processo di disarticolazione: i possedimenti pertinenti alla chiesa di S. Maria ed allannesso Monastero vengono a trovarsi al centro di una serie di abitazioni e di luoghi di produzione che ne erodono col tempo la primitiva estensione. Sembra questo fra XIV e XVI secolo il periodo di massima disgregazione dellinsediamento antico (App. fig. 34). Le fonti archivistiche, gi vagliate in buona misura dal Marchetti Longhi (MARCHETTI LONGHI 1922, p. 685 ss.) ci aiutano ad evidenziare alcuni dati toponomastica, topografici ed architettonici che lindagine archeologica potr eventualmente verificare, ma che devono essere tenuti in considerazione sin dal momento della progettazione dello scavo. 2.1.6.2 I cataloghi delle chiese romane di Torino e Parigi testimoniano nel XIII secolo rispettivamente la chiesa di Sancta Maria de Rosa e la chiesa di Sancta Maria dompnae Rosae che habet primicerium et V canonicos (VALENTINI-ZUCCHETTI 1940, III, p. 273, 15, p. 439, 13). Un primicerio della schola cantorum in ecclesia dopnae Rosae de Urbe ricordato anche nel XIV secolo (ARMELLINI-CECCHELLI 1942, II, p. 695). A partire dalla seconda met di questo secolo si infittisce sensibilmente la quantit e la qualit dei documenti disponibili. Citiamo i pi interessanti. 1363 ricordo di un porticalis S. Marie Domane Rose (MARCHETTI LONGHI 1922, p. 716, nota 2); gli orti ecclesie S Marte Domane Rose si stendono a tergo delle case di due sorelle, Simonetta e Lucarella (ibid., p. 691, nota 1); 1372 ricordo della casa Antonia Bellihominis (ibid., p. 699, nota 1); 1376 le mena ecclesie S. Marie Dompne Rose sorgono su di un lato della Penna (o Penda) dei Malabranca (ibid., p. 735; MARCHETTI LONGHI 1919, pp. 507-509); 1380 mutuo tra il Capitolo di S. Maria Dominae Rosae e due fratelli funari, Cola e Gianni di Domenico, per la messa in opera e la fornitura di funi per la nuova campana: oggetto del mutuo quendam ortum seu unum petium orti ipse ecclesie[...] situm retro pariete tribune ditta ecclesie [...] ubi est puteum; vengono anche ricordate le parietes orti et domorum di Antonio Bellomo, la domus habitationis dei Funari e gli orti di altri proprietari vicini, tra cui lortus ditte ecclesie, quem nunc tenet Petrus Saragona (MARCHETTI LONGHI 1922, p. 692, nota 1); 1383 la casa di Iacobus Pandolfucii sorge su di un lato e dietro al reclaustrum ecclesie S. Marie Domane Rose (ibid., p. 696, nota 1); 1388 ricordo di case che confinano a tergo con i possedimenti di Ioh. Saragona e Paulus de Fatte (ibid., p. 697, nota 1); 1392 vendita di una casa che confina con i possedimenti di Antonio Bellomo da un lato e di Vanna Funarius dallaltro, ed ha a tergo gli ortus ecclesie S. Marie Domane Rose (ibid., p. 693, nota 4); 1393 gli stessi orti sono definiti qui fuerunt ecclesie S. Marie Domane Rose (ibid);

1394 ratifica della vendita de quodam orticello, seu de quodam petio ortus siti in proprietate della chiesa di S. Maria Dominae Rosae, compreso fra le propriet di Antonius Bellihominis e Vanna Funarius (ibid., p. 694, nota 1); [26] 1395 controversia tra la parrocchia di S. Valentino e la chiesa Sancte Marie de Rosa Sancti Laurentii, posita intra Castellum Aureum (MARCHETTI LONGHI 1919, p. 503, nota 1); 1417 vendita di una casa confinante su di un lato con le res ecclesie S Marie Domine Rose e sullaltro con larcus in quo est depicta imago gloriose Virginis Marie (MARCHETTI LONGHI 1922, p. 696, nota 2); 1420 vendita di una casa confinante per un lato con lortus heredum quondam Laurentii de Saragonibus (ibid., p. 697, nota 3); 1444 Flavio Biondo attesta lesistenza delle rovine del teatro di Balbo:[...] nam ea in ruinarum et quidem ingentium parte ad quam monasterium nunc est Rosae dictum exteriori muri pinna in girum arcuata quandam theatri speciem exhibet (MARCHETTI LONGHI 1922, p. 626, nota 3); 1455 ricordo di una casa compresa tra due propriet dei Funarii (MARCHETTI LONGHI 1922, p. 694, nota 3); 1473 ricordo della ecclesia et monasterium domine Rose nonch della platea monasterii dompne Rose (MARCHETTI LONGHI 1922, p. 719, nota 6); 1482 ricordo di unum ortum sive reclaustrum, cum tiratoriis actis ad tirandos pannos posto dinnanzi alla platea que vocatur la preta de monastero della Rosa (MARCHETTI LONGHI 1922, p. 690, nota 1); 1483 bolla di papa Sisto IV menzionante una perpetua capellania ad altare Corporis Christi situm in ecclesia Sancti Saturnini, monasterio de la Rosa nuncupata, fondata e dotata da Antonio Funari e conferita al sacerdote Girolamo Saragoni (MONTENOVESI 1942); 1492 Monast(erium) et aedes S Saturnini cog(nomen)to Rosae sono ricordati in un Catalogo delle chiese di Roma (HUELSEN 1927, p. 77, n. 227); 1493 donazione di una casa confinante per un lato con le res capelle corporis Jeshu Christi site in ecclesia S. Saturnini (MARCHETTI LONGHI 1922, p. 716, nota 3); 1494 vendita di una casa presso i filatoria e prope plateam (scii. della chiesa di S. Maria Dominae Rosae) (MARCHETTI LONGHI 1922, p. 719, nota 6); 1495 concessione in enfiteusi in favore di Domenico di Matteo Ludovico de Mattheis della parrocchialis ecclesia B. Marie della Rosa [...] dilapsa [...] et ruino sa[]et domorum prope ipsam positarum et eidem coniunctarum, con menzione di hortus e puteum (MARCHETTI LONGHI 1922, p. 721, nota 1); 1498 ricordo del locum ubi est depicta gloriosissime Virginis Marie Ymago ad monasterium Rose (MARCHETTI LONGHI 1922, p. 702, nota 2); 1500 ricordo di un cappellanus ecclesie S Saturnini de lo monasterio de la Rosa (ibid., p. 716, nota 3); 1503 ricordo della aedes divi Saturnini in regione S Angeli (ibid.); 1516 affitto in favore di Ant. Sasoldino calcharario di, tottum territorium, locchum sive claustrum volgariter appellatum li tiratori iuxta monasterium de la Rosa[...] in quo locho et territorio in presenti tempore sunt tiratorie pannorum (ibid., p. 690, nota 1); 1526 Andrea Fulvio ricorda alcuni segnali di sedili antichi ritenuti del Circo Flaminio, del quale ancora hoggi apparisce la forma, ed in mezzo a cui hoggi la chiesa di S Caterina, ove si fanno le funi, e prima si chiamava il Monasterio di Santa Rosa, cio Castel doro (MARCHETTI LONGHI 1922, p. 737); 1534 Il Marliano riferisce lopinione di Pomponio Leto circa lidentificazione del Circo Flaminio, cuius vestigia quibusdam in locis adhuc extant apud apothecas obscuras, in cuius medio nunc aedes S Caterinae sita est et funes torquentur (ibid., p. 663, nota l); [27] 1548 a proposito del Circo Flaminio Lucio Fauno afferma che in eius autem medio D. Catherinae est fanum, quo loco nostra aetate funes fiebant, aliquando Rosae monasterium [...] (LUCIO FAUNO 1548, p. 113); 1551 La pianta di Roma del Bufalini indica una chiesa a tre navate, rivolta verso

occidente, denominata S. Caterina de monasterio (FRUTAZ 1962,tav. 202). 2.1.6.3 Questa selezione di notizie indica che nellarco di un paio di secoli la situazione topografica della zona and evolvendo notevolmente, da un lato per lespansione delle propriet dei privati nei confronti dei possedimenti della chiesa di S. Maria (1393: orti qui fuerunt ecclesie etc.), dallaltro per i mutamenti che intervennero nella stessa configurazione ed identit della chiesa, la cui denominazione varia nelle diverse epoche. A partire dalla met del XIV secolo un buon numero di documenti ricorda mena e tribuna di S. Maria, un porticalis e un reclaustrum; ritorna spesso la menzione di orti ed anche di un pozzo, o, pi genericamente, delle res ecclesie. Dopo la met del XV secolo abbiamo ancora ricordo della ecclesia domine Rose (1473) e della sua platea, su cui si affacciava probabilmente il portico, ma ormai pi frequente la menzione del solo monasterium. Tra la fine del XV e linizio del XVI appare prevalente la denominazione di ecclesia Sancti Saturnini, monasterio de la Rosa nuncupata, ed fatta speciale menzione di una cappella del Corpo di Cristo, mentre la parrocchialis ecclesia B. Marie della Rosa detta dilapsa et ruinosa (1495). La denominazione di chiesa di S. Caterina compare con qualche decennio di anticipo sulla dedica della nuova chiesa di S. Caterina dei Funari (1564: GIOVANNONI 1912) ed certamente da riferire alledificio precedente, poich pi di un testimone e la stessa pianta del Bufalini associano la nuova denominazione alla posizione dellantica chiesa. Ne fa fede daltronde una bolla di Pio V che nel 1570, ricordando le reliquie conservate nella nuova chiesa di S. Caterina (fra cui quelle di S. Saturnino), fa menzione della precedente ecclesia B. Catherine de Funaris, alias de Rosa de Urbe, ormai completamente demolita (MARCHETTI LONGHI 1922, p. 716, nota 1). 2.1.7 Quinta fase 2.1.7.1 I decenni centrali del XVI secolo vedono una radicale trasformazione urbanistica dellarea, che con la costituzione della Compagnia delle Vergini Miserabili di S. Caterina della Rosa e lerezione del relativo Monastero, accompagnata dalla costruzione della nuova chiesa di S. Caterina dei Funari (bibliografia in ALEANDRI BARLETTA 1978, p. 7, nota 1), assumer laspetto definitivo destinato a conservarsi nelle sue linee fondamentali sino alle demolizioni di questi ultimi anni. Almeno in quella parte considerevole dellisolato su cui sorgeranno chiesa e conservatorio si assiste dunque nel Cinquecento ad una nuova ricomposizione dellarea intorno ad un progetto architettonico complesso ma unitario (App. figg. 35-37). 2.1.7.2 La istituzione della Confraternit di S. Caterina risale agli anni del soggiorno di Ignazio di Loyola a Roma non prima quindi del 1537 (TACCHI VENTURI 1899; ALEANDRI BARLETTA 1978, pp. 12-13), allorch fu eretta con oracolo di viva voce da Paolo III. Ma la sua nascita ufficiale data soltanto al 1558, quando Paolo IV ne riconobbe giuridicamente lesistenza, poi confermata lanno successivo da Pio IV (testo della bolla in TACCHI VENTURI 1910, p. 668 ss., n. 84).[28] La bolla di Pio IV concedeva la chiesa di S. Caterina dei Funari, alias de Rosa de Urbe, alla Confraternita e le toglieva il titolo parrocchiale, per affidarlo alla chiesa di S. Lucia della Tinta alle Botteghe Oscure. Al momento della bolla di erezione la nuova chiesa, opera di Guidetto Guidetti, non era stata ancora costruita: la sua fabbrica, sorta su iniziativa del card. Federico Cesi (figg. 9-10; App. figg. 38-39), durer dal 1560 al 1564 (GIOVANNONI 1912). In questo periodo di transizione, effettivamente mal documentato, gli edifici presenti sul sito dovevano dunque consistere di diversi nuclei. [30] Lungo lodierna via Caetani dove poi sorgeranno la fronte del Conservatorio e il fianco della nuova chiesa doveva ancora esistere la primitiva ecclesia B. Catherine de Funariis, pi volte ricordata dalla bolla di Pio IV e coincidente verisimilmente con ledificio dellantica chiesa medioevale di S. Maria Dominae Rosae (MARCHETTI LONGHI 1922, p. 715 ss.): ne abbiamo precisa testimonianza da un documento del 1559 che ricorda le case da abbattere per aprire la strada che passa da la strada delle botteghe scure alla strada de la tore delli marangolli et passa

innanzi a sancta Catalina delli Funari (GNOLI 1939, p. 117;ALEANDRI BARLETTA 1978, p. 9, nota 3; cfr. RE 1920, p. 74). Accanto alla chiesa era lannessa domus miserabilium puellarum virginum (App. figg. 41-42), che non sappiamo quanto avesse trovato sede fra le antiche mura medioevali del monasterium Rosae, di cui perdiamo notizia. Questa domus aveva visto sorgere liniziativa di Ignazio di Loyola e avrebbe assunto negli anni aspetto monumentale con la trasformazione nel palazzo del Conservatorio, eretto contestualmente alla chiesa del Guidetti e terminato intorno al 1575 (GIOVANNONI 1912, p. 402): ledificio compare ormai terminato, alla fine del secolo, nella veduta del Tempesta e nella Pianta di Roma Ignaziana (FRUTAZ 1962, tavv.265-266, 280; INSOLERA 1980, p. 161) (fig. 11). Alla vigilia dellinizio dei lavori per la nuova chiesa di S. Caterina la bolla di Pio IV ci informa che la nuova domus sorgeva grazie allacquisto gi effettuato e ad altri previsti di alcune case circostanti, nellintenzione di edificare unam prealtis muris circumseptam domum cum claustro, refectorio, dormitorio, infirmaria, horto &c. ad instar monasteriorum monalium (TACCHI VENTURI 1910, p. 670), secondo un progetto in cui si riconosce senzaltro ledificio poi effettivamente eretto, insieme con lindicazione degli spazi edificati e delle aree aperte (claustrum, hortus). Un terzo nucleo era costituito da quelle case pi modeste, prevalentemente abitazioni e laboratori artigiani, che avrebbero presto dovuto cedere il passo come si ora ricordato sia alla nuova domus, sia allallargamento della via dalle Botteghe Oscure alla torre del Melangolo, sia infine alla nuova chiesa di S. Caterina. [31] Questa sorgeva allangolo S E dellisolato e verisimilmente subito a S della chiesa precedente, apparentemente sul sito occupato da alcune case e da unosteria, come sembra si debba ricavare da un documento che menziona la somma di sc. trenta pagati a m nani architetto[...] per lo amatonato ho selziato fato fare denante e la desia sino lanno 1559 quando era ostaria (GIOVANNONI 1912, p. 405, nota 1; MARCHETTI LONGHI 1922, p. 719, nota 2). I recenti lavori condotti dalla Soprintendenza per i Beni architettonici del Lazio sotto il pavimento della chiesa hanno messo in luce, fra laltro, numerose murature rasate dallimpianto del nuovo edificio: tra queste si conserva ancora la piccola facciata semiinterrata di una casa (fig. 12). 2.2 Ricerche e studi precedenti 2.2.1 Francesco Albertina ci ha lasciato, nel 1510, una testimonianza della ipotesi per la verit non molto diffusa che le rovine del teatro di Balbo andassero identificate con quelle al tempo ancora esistenti nellarea dei palazzi Mattei (VALENTINI-ZUCCHETTI 1940 -, IV, p. 474). Ma nel XVI secolo la communis opinio largamente prevalente situava invece lungo tutta larea edificata parallela al lato meridionale della via delle Botteghe Oscure un altro monumento, il Circo Flaminio. Ce ne danno precisa testimonianza, insieme con gli astigrafi (FRUTAZ 1962, II, tavv. 222, 223, 227, 228, 234, 235), anche le affermazioni esplicite di artisti ed eruditi del tempo (LANCIAMI 1897, pp. 452-453; MARCHETTI LONGHI 1922, p. 661 ss.; GATTI 1979, p. 245 ss.). La Crypta Balbi era, e sar ancora per molti secoli, collocata altrove (NASH 1968, I, p. 297 ss. con ampia bibliografia). Non sappiamo su quali basi lAlbertina avanzasse la sua ipotesi, presentata daltronde come ipotesi altrui (nonnulla dicunt illud fuisse Theatrum Balbi). Mi sembra probabile che lidentificazione sorgesse sulla base della stessa evidenza monumentale che aveva indotto nel secolo precedente Flavio Biondo a collocare nello stesso sito le rovine del teatro di Pompeo (Nam ea in ruinarum et quidam ingentium parte ad quam monasterium nunc est Rosae dictum exteriori muri pinna in girum arcuata quandam theatri speciem exhibet MARCHETTI LONGHI 1922, p. 662, nota 3). Quella pinna in girum arcuata ancora visibile nel XV secolo altro non era che il muro circolare del teatro di Balbo sul quale era sorto il trullum Iohannis de Stacio che ancor prima, fra la fine del XII e linizio del XIII secolo, sia la bolla di Celestino III che la Vita Innocenti III ricordavano apud Monasterium Dominae Rosae (MARCHETTI LONGHI 1922, p. 68, nota 1). La confusione consolidata in et umanistica e rinascimentale delle rovine curvilinee del teatro con la testata semicircolare del Circo Flaminio fenomeno comprensibile (App. figg. 13-18): della presunta arena, della spina, delle gradinate del Circo le profonde trasformazioni subite dalla

zona consentivano di giustificare la totale mancanza. Ma per la piena et medioevale, quando la mole del Castellum aureum cum parietibus altis et antiquis in circuitu positis occupava il sito del monumento di Balbo, le espressioni adoperate nella bolla di Celestino III (1192) sembrano ancora rivelare la sussistenza e, verisimilmente, la parziale praticabilit degli antichi criptoportici, non ancora obliterati dalle successive trasformazioni urbanistiche. [32] La conferma di Celestino III in favore della chiesa di S. Maria Dominae Rosae riguarda infatti direttamente anche lorto, qui est iuxta idem castellum cum utilitatibus suis et superioribus criptarum: unespressione che altrimenti non saprei intendere che come la testimonianza pi antica, ed unica, della esistenza di ambienti, o comunque di utilitates, disposti al di sopra delle grotte antiche, cio degli antichi criptoportici (Testo della bolla in SCHIAPARELLI 1902, e MARCHETTI LONGHI 1922, p. 668, nota 1). 2.2.2 Lidentificazione delle rovine antiche con quelle del Circo Flaminio non viene messa in discussione per lungo tempo. Tra XVI e XVII secolo le poche notizie che abbiamo relative ai ritrovamenti di antichit (MARCHETTI LONGHI 1922, p. 733 ss.) confermano la presenza nel sottosuolo delle strutture romane, e in particolare dei grandi blocchi di travertino, che dobbiamo identificare con le strutture portanti del teatro e con il muro perimetrale della Crypta. Sono particolarmente significative le testimonianze di Pirro Ligorio, relative in particolare allarea occupata dal palazzo di Lodovico Mattei (LANCIANI 1902-, II, p. 65), e, nel secolo successivo, quelle del Grimaldi e di Cassiano dal Pozzo. Luno, in una nota del 1622, riferisce del Circo Flaminio e della Chiesa di S. Lucia alle Botteghe Oscure ed afferma: ibique cernuntur magni lapides cinericii quod peperinum dicitur forte e ruinis dicci circi (JORDAN 1867, p. 413); laltro testimonia che nella nuova fabbrica che fece fare il cardinale S. Onofrio a S. Caterina de Funari incontro alla chiesa di S. Lucia furono trovati nel far i fondamenti pezzi di trevertino grandissimi, e molti di essi furon cavati, crederno i pi che fussero vestigii del Circo Flaminio, il luogo preciso dove erano la propria cantonata dove si vede Tarme del cardinale (MARCHETTI LONGHI 1922, p. 738). Entrambe le testimonianze devono fare riferimento alle strutture in travertino del criptoportico, comparse lungo il lato settentrionale del monumento, in occasione dei lavori di restauro ed ampliamento del Conservatorio di S. Caterina condotti dal card. Antonio Barberini. Di questi lavori da verificare sul monumento dal punto di vista archeologico resta testimonianza epigrafica in una iscrizione tuttora conservata nella sacrestia della chiesa di S. Caterina dei Funari (fig. 13): [33] Frater Antonius Barberinus / praesbyter cardinalis III S. Honuphrii / maior poenitentiarius / et Urbani VIII pont. max. germanus / monasterium puellarum / S Catharinae virg.et martyris / instauravit / in ampliorem formam redegit / et novum odeum divinis canendis of cus / extruxit / anno salutis MDCXXXVI. Liscrizione si trovava un tempo sulla porta del Monastero[...] al primo ingresso come testimonia uno scritto anonimo dellet di Leone XII conservato nellArchivio del Conservatorio di S. Caterina della Rosa ed intitolato Memoria delle Religiose del Ven. Monastero di S Caterina della Rosa, detta de Funari dellOrdine di S. Agostino, e delle Giovani Educande sotto la cura delle ridette Religiose in Clausura P a pa l e. 2.2.3 La ricerca decisiva di Guglielmo Gatti seguita dalla sterile polemica suscitata dal Marchetta Longhi e culminata nel recente ampio lavoro corredato di abbondante documentazione grafica (GATTI 1979, con bibl. a p. 239, nota 1) ci esime dal riesaminare in questa sede le argomentazioni addotte dal Gatti per la sua ricostruzione e dalla descrizione dei resti monumentali di cui si ha sul sito del Teatro e della Crypta di Balbo traccia ancora consistente o memoria sicura (App. figg. 7-12). Indagini preliminari condotte in questi ultimi tempi negli ambienti prospicienti la via delle Botteghe Oscure e sondaggi compiuti negli anni scorsi da parte della Soprintendenza per i beni architettonici nel sottosuolo della chiesa di S. Caterina dei Funari (fig. 14) gi consentono di integrare i tratti di muratura in opera quadrata osservati dal Gatti e collocati in pianta (GATTI 1979, fig. 10, m-n). I primi risultati dello scavo archeologico appena iniziato contribuiscono gi ad una migliore definizione e ad un ampliamento della planimetria delle strutture romane affioranti dal

suolo (fig. 15). 2.2.4 N larea occupata dalla Crypta Balbi, n le aree adiacenti sono mai state oggetto di indagini archeologiche sistematiche. [34] La serie casuale e discontinua dei ritrovamenti eseguiti tuttintorno allisolato a partire dagli ultimi decenni del secolo scorso stata illustrata dal Marchetta Longhi ed aggiornata dal Gatti, sulla base del materiale di documentazione esistente presso la X Ripartizione del Comune di Roma (MARCHETTI LONGHI 1922, p. 751 ss.; GATTI 1979, p. 301 ss.; cfr. anche COZZA 1968). Disponiamo ora di una planimetria 1:1000 di tutta larea con la localizzazione delle strutture di et romana venute in luce nel corso del tempo, sepolte o inglobate nelle murature successive (GATTI 1979, fig. 10). I rinvenimenti fortuiti di strutture e di pavimentazioni antiche sembrano indicare con sufficiente chiarezza e costanza lo spessore medio dellinterramento dellarea rispetto al piano descritto dalla Forma Urbis severiana. Questi dati si addensano in particolare lungo il lato settentrionale della Crypta, nellarea della Porticus Minucia frumentaria e del quartiere che ad E di questa e della Crypta Balbi si estendeva verso il Campidoglio. I primi livelli pavimentali si incontrano tra i -4,60 e i -4,80 metri; i pi profondi raggiungono i -6,15 e i -6,30. Il piano odierno sembra dunque essersi rialzato, lungo gli assi di via delle Botteghe Oscure e di via dellAra Coeli, mediamente di 5 o 6 metri. A -7,50/8,00 metri giacciono i piani di scorrimento di alcune fognature di et imperiale; ad oltre 9 metri di profondit si spingono in alcuni casi le fondazioni degli edifici (GATTI 1979, pp. 302-306). [35] Nessuno di questi dati si riferisce tuttavia allarea del Teatro e della Cripta di Balbo, per la quale non disponiamo di alcuna informazione diretta. Resta per la testimonianza indiretta del Marchetta Longhi, relativa a lavori edilizi eseguiti nel Palazzo Mattei sotto larco dingresso dalla via Michelangelo Caetani, che misero in luce un tratto di mosaico a circa 7 metri di profondit (MARCHETTI LONGHI 1922, pp. 757-758). La notizia una preziosa conferma della testimonianza del Ligorio ([...] Il pavimento e suolo del Circo era di calcina e mattoni pesti molto sodo e grosso lavorato di sopra dalcune cose di musaico[..].: PIRRO LIGORIO 1553, p. 17) e del Gamucci ([...] Di questo circo essendo poi stati cavati ne sopraddetti luoghi una gran parte dei suoi fondamenti, s ritrovato, che il suo pavimento essendo stato smaltato con la calcina, et con mattoni haveva di sopra per maggior vaghezza di quellopera, lavori molto belli di Musaico: GAMUCCI 1569, pp. 142-143) ma indicazione parzialmente contraddittoria con quella desunta dai dati altimetrici esterni al monumento, sempre che il mosaico intravisto debba essere riferito (ma mancano gli elementi) al piano stradale del Teatro di Balbo. Concorda perfettamente con le altre informazioni la notizia della presenza del terreno vergine, al di sotto del Palazzo Mattei, ad una quota di circa -10 metri (MARCHETTI LONGHI 1922, p. 753, nota 1). 2.2.5 Il ritrovamento archeologico di maggiore interesse fu effettuato nel 1938 quando, in occasione delle infauste demolizioni previste dal Piano particolareggiato del PRG del 1932 (App. fig. 48), si allarg considerevolmente lantichissimo tracciato della via delle Botteghe Oscure, arretrando verso N il nuovo allineamento degli edifici (fig. 16; e App. fig. 47). I lavori causarono fra laltro la eliminazione della chiesa di S. Lucia delle Botteghe Oscure (HUELSEN 1927, pp. 300-301; ARMELLINI-CECCHELLI 1942, pp. 602-604) e la casuale riscoperta di alcune colonne del tempio che sorgeva al centro della Porticus Minuciafrumentaria (al tempo non ancora identificata), che fu riconosciuto come Tempio di Bellona (App. fig. 49), prima di essere pi recentemente identificato, con migliori argomenti, quale Tempio delle Ninfe (NASH 1968, I, pp. 202-203; Cozzi 1968; COARELLI 1968b, pp. 371-372; COARELLI 1981, p. 46). [36] La ricomparsa del tempio ottastilo e il riconoscimento della precisa collocazione topografica della Minucia frumentaria consentono oggi di osservare che il tracciato dellantico vicus che separava la Porticus dalla Crypta Balbi corre interamente al di sotto degli edifici che costituiscono oggi il lato meridionale della via delle Botteghe Oscure, e che la strada medioevale almeno per come la conosciamo a partire dal tardo XVI secolo tramite gli astigrafi attraversava per tutta la sua lunghezza il doppio porticato della Minucia, aprendosi il cammino tra lordine esterno delle colonne a S e il fianco meridionale della chiesa di S. Lucia a N: la chiesa era sorta evidentemente tutta allinterno dellarea della Minucia.

Sulla base di questi elementi le apothecae obscurae dovrebbero andare riconosciute negli ambienti meridionali del grande porticato, piuttosto che in quelli settentrionali della Crypta Balbi, che nel lato rivolto verso la via (ammesso che il suo tracciato in et medioevale remota fosse spostato pi a S) si presentavano daltronde chiusi dallalto muro in opera quadrata che circondava il monumento. Le apot heca e erano andate sorgendo verisimilmente su entrambi i lati della via: sul lato S le dobbiamo immaginare in stretta relazione con la chiesa di S. Salvatore in pensilis, dove si riuniva periodicamente nel XIV secolo la corporazione dei mercanti di Roma, tanto che nel 1317 la chiesa stessa assume nello Statuto dei mercanti la denominazione di ecclesia Sancti Salvatoris de apotheds mercatorum (GATTI 1885, p. 24). In questa epoca non sembra essersi ancora affermata la denominazione di apothecae obscurae. La disposizione de candelis dello stesso Statuto dei mercanti (GATTI 1885, p. 30) offre tuttavia una informazione interessante, poich in essa si ordina quod VI candele ponantur in mercatantia et conmurent de sero, silicei tres in apothecis superioribus et tres in inferioribus: sembra evidente che le botteghe inferiori dovessero essere state ricavate negli ambienti semisotterranei appartenenti agli edifici antichi sepolti, e forse in via di ipotesi a parte degli stessi criptoportici del monumento di Balbo. 2.2.6 Abbiamo notizia di sicuri interventi nel sottosuolo dellarea della Crypta Balbi durante il 1941 (GATTI 1979, pp. 272-273). Non si tratt di indagini archeologiche, ma di sondaggi effettuati dalla Societ Immobiliare in vista di una ricostruzione degli edifici abbattuti nellisolato in seguito alla vendita del complesso effettuata intorno al 1937 da parte delle suore del Preziosissimo Sangue, succedute alle Agostiniane, che avevano diretto il Conservatorio sin dal XVI secolo (fig. 17). Le operazioni avvennero nella massima clandestinit, allinsaputa della Soprintendenza alle Antichit e degli Uffici del Governatorato. Ne abbiamo notizia da una nota di Antonio Mutnoz, Ispettore Generale delle AA.BB.AA. del Governatorato allallora soprintendente Pietrogrande, in data 28 giugno 1941:Nel superiore interesse della tutela dei resti monumentali di Roma, e in particolare di quelli pochissimo noti del Circo Flaminio, si comunica per competenza a codesta R. Soprintendenza quanto, da notizie pervenute a questo Ufficio e da informazioni successivamente assunte, risulterebbe essere avvenuto nella zona di quellinsigne monumento: = Circa sei mesi fa la Soc. Immobiliare, avendo acquistato vari stabili in via delle Botteghe Oscure, dallangolo con la via Michelangelo Caetani fin verso la Chiesa dei Polacchi, effettu alcuni tasti nel sottosuolo, quasi certamente allo scopo di accertare la eventuale presenza di resti archeologici e di compilare, in conseguenza, i progetti di ricostruzione nelle aree acquistate. Con certezza si pu comunicare che tali tasti furono eseguiti almeno in via Michelangelo Caetani, e precisamente nel cortile dietro la Chiesa di S. Caterina dei Funari, e in una cantina in via delle Botteghe Oscure n. 24; in ambedue le localit furono incontrati resti di antiche costruzioni. [37] Non sembra che di tali scoperte che possono avere notevole importanza per la conoscenza delle strutture del Circo Flaminio sia stata fatta denuncia dalla predetta Societ; consta invece a questo Ufficio che soprattutto nella cantina di via delle Botteghe Oscure n. 24, i lavori furono condotti con la massima segretezza, e non fu permesso ad alcuno di accedere nella cantina stessa, sia mentre si lavorava, che quando le indagini venivano sospese. Detta cantina tuttora chiusa. Si comunica quanto sopra affinch codesta R. Soprintendenza, sulla base delle informazioni trasmesse, e dopo gli opportuni accertamenti, possa procedere allapplicazione della legge, trattandosi, in sostanza, di scavi abusivi condotti in propriet privata e nella zona di uno dei monumenti pi importanti e meno noti dellantico Campo Marzio.

Al sollecito del Governatorato fa riscontro la relazione stesa il 6 agosto successivo da parte di un operaio, delegato dal Soprintendente allaccertamento dei fatti:In seguito allavvertimento dato dal Governatorato di Roma Ripartizione X AA.BB..AA., che circa sei mesi or sono la Societ Immobiliare, domiciliata in via Depretis 45 Roma, aveva eseguito dei lavori di sterro nelle cantine del fabbricato in via delle Botteghe Oscure n. 24 e nel cortile di S. Caterina angolo Via Michelangelo Caetani, avvertivano che nelle dette localit furono trovate resti di antiche costruzioni. Come da ordine ricevuto dal Dott. Pietrogrande mi sono recato sul posto accompagnato dallIng. Natili e risulta quanto appresso.

La Societ Immobiliare dovendo cedere il fabbricato al Ministero Cambi e Valute con lEstero hanno praticato alcuni tasti per accertamento del sottosuolo, durante tali lavori in un solo punto venuto in luce dei resti di costruzione con blocchi parallelepipedi con misti di tufaceo e di travertino. [38] In seguito a tali lavori sono venuti a conoscenza che i blocchi di tufo una buona parte erano sfarinati, poich nello stesso tratto vi era appoggiato un pilone centrale del fabbricato avendo avuto bisogno di consolidarlo, chiesero un sopraluogo della R. Soprintendenza dei Monumenti, nel frattempo si rec personalmente il Comm. Terenzio dove consigli la detta Societ di eseguire il consolidamento del pilone con materiale laterizio, come infatti risult dai lavori eseguiti. Si fa presente che tale costruzione sono gi accennate la parte superiore della pianta dellUrbes di Roma del Lanciavi sul foglio n. 21 pertanto la suddetta Societ non ha fatto preavviso alla nostra Soprintendenza. Salariato Testa Odoardo.

Al rapporto del Testa, piuttosto addomesticato, non fece seguito alcuna iniziativa amministrativa; sembra comunque che i sondaggi furono sospesi. Se i restauri laterizi suggeriti dallarch. Terenzio sono stati chiaramente riconosciuti dal Gatti (GATTI 1979, p. 273, nota 49, p. 281, fig. 29), la localizzazione dei luoghi interessati dai sondaggi della Immobiliare invece molto difficile, in assenza di qualunque indicazione planimetrica. Appare tuttavia possibile e lo scavo in corso gi offre qualche indicazione in proposito che in quella occasione i citati tasti eseguiti nel cortile dietro la chiesa di S. Caterina furono praticati anche nellarea dellorto, presso il muro dellesedra (fig. 18). [39] Risale a quel periodo la demolizione pressoch integrale del Conservatorio, effettuata in vista di una riedificazione dellarea da parte dellIstituto Nazionale Cambi con lEstero. Le demolizioni furono portate indisturbate a compimento, nonostante latto di notifica comunicato in base alla legge n. 364/1909 sin dal 20 agosto 1938 alla Societ Generale Immobiliare, allora proprietaria del terreno e dei fabbricati. Gli eventi bellici impedirono invece lesecuzione del progetto di ricostruzione. 2.2.7 Sondaggi a fini archeologici furono effettuati invece come noto solo venti anni pi tardi, quando larea versava ormai da tempo in stato di completo abbandono. Allorigine dello scavo fu la polemica suscitata dagli studi del Gatti, che avevano condotto alla nuova identificazione della Crypta Balbi nellarea un tempo ritenuta occupata dal Circo Flaminio (GATTI 1979, pp. 238-239, note 2-3). Animatore delliniziativa condotta dalla Soprintendenza alle Antichit di Roma fu Giuseppe Marchetta Longhi, cui dobbiamo anche un breve, ed unico resoconto di quegli scavi, eseguiti in due riprese nel luglio 1961 e nel giugno 1962 e quindi sospesi per mancanza di fondi (MARCHETTI LONGHI 1963; GATTI 1979, p. 240). [40] Le indagini misero presto in luce una serie di strutture antiche non meglio definite sia nellarea dellesedra che pare nel centro del cortile: tanto bast per fornire una ulteriore prova archeologica della esattezza della tesi del Gatti. La notizia stesa dal Marchetti Longhi d conto solo in minima parte delle indagini effettivamente condotte nellarea, che dovettero essere piuttosto estese e, in alcuni casi, considerevolmente approfondite nel suolo. Purtroppo di quelle ricerche non venne redatta alcuna documentazione grafica: mancano negli archivi della Soprintendenza Archeologica di Roma sia sezioni di scavo che planimetrie, sia pure a scala ridotta (MARCHETTI LONGHI 1963, p. 169). Non risulta che siano stati raccolti e conservati materiali di scavo. Disponiamo in sostanza solamente di due schizzi non in scala, stesi per calcolare la cubatura del terreno asportato nel corso dei sondaggi (figg. 19-20), e di un ristretto numero di fotografie, per lo pi non utilizzabili (GATTI 1979, p. 289). Alcune di queste fotografie sono gi state pubblicate, sia dal Marchetta Longhi (1963, p. 171) che correda il suo articolo anche con fotografie del proprio archivio personale sia dal Gatti (1979, p. 291, fig. 37). Gli schizzi planimetrici bench privi di validit scientifica indicano con sufficiente chiarezza le aree che furono interessate dai sondaggi. Si oper sia nellorto che allinterno del perimetro del Conservatorio demolito. [41] Nellorto si pratic un saggio presso lesedra antica, sbancando il terreno nei settori centrale e meridionale e lasciando invece quasi intatto il settore settentrionale (fig. 21). Lo schizzo indica che lo scavo raggiunse in alcuni punti quota -1 metro, in altri -2,40 e -3,50 e in due settori, lungo il muro diametrale laterizio, fu portato fino a quota 5,30: si scese in quelloccasione ben al disotto delle fondazioni delle murature medioevali che

occupano trasversalmente larea dellesedra (GATTI 1979, p. 292) (figg. 22-23). Nella parte pi meridionale dellorto lo scavo raggiunse il livello di calpestio precedente alle demolizioni e fu spinto mediamente ad una quota compresa tra -1,20 e -1,90 metri, ad eccezione di due sondaggi stretti e molto profondi portati sino a quota -2,70, presso langolo S dellesedra, e a quota -2,85, a ridosso della vasca presente al centro dellorto. Una fotografia del tempo ci testimonia lo sbancamento effettuato intorno a questa vasca ed il piano di camminamento rimesso in luce, coincidente con la superficie di un chiusino (fig. 24). Questo chiusino non stato rinvenuto negli scavi praticati nel 1981: il sondaggio del 1961 dovette evidentemente essere ancora approfondito dopo lo scatto della fotografia che ce ne lascia testimonianza. Due ampi sondaggi a scalino furono effettuati allinterno delledificio demolito, lungo il lato meridionale, raggiungendo in un caso solo i 60 cm di profon dit, nellaltro progressivamente -1,50, -2,75 e -3,60 metri. Nella stessa area vennero anche condotti due stretti sondaggi di m1,40 x 0,90 e profondi sino a 3 metri. [42] Due ulteriori approfondimenti, luno a quota 2,60, laltro a quota -3,00 furono infine praticati nel centro del cortile, il primo probabilmente nellarea dellorto, il secondo in quella del cortile porticato. La loro ricollocazione in pianta labile, poich mancan