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ARCHEOLOGIA TEORICA UNA TEORIA PER LA PRATICA NOZIONE DI ARCHEOLOGIA L’archeologia è la disciplina che studia le civiltà e le culture umane del passato e le loro relazioni con l’ambiente circostante, mediante la raccolta, la documentazione e l'analisi delle tracce materiali che hanno lasciato (architetture, manufatti, resti biologici e umani), ed ha lo scopo di ricostruire la storia attraverso i reperti ritrovati. Nasce con Tucidide nel V sec. Ogni ritrovamento necessita di metodi ben impiegati per poter “far parlare” l’oggetto in questione. Bisogna evitare errori e distrazioni altrimenti il reperto resta muto (se non si riesce a farlo parlare, l’archeologia diventa erroneamente mistero non esistono misteri in archeologia ma solo non conoscenza). Gli archeologi devono riuscire ad analizzare il reperto attribuendogli una datazione, un utilizzo, rifacendosi a fonti storiche; e la ricostruzione storica deve sempre relazionare le osservazioni condotte nel presente con il passato che si cerca (gli archeologi devono, con metodi efficaci, trovare risposte altrettanto efficaci alle domande che si pongono). L’archeologia teorica è un settore dell’archeologia che ha per oggetto lo studio delle teorie archeologiche e delle metodologie di ricerca. CONTRO GLI SPECIALISMI Il più delle volte l’archeologia teorica non viene presa in considerazione o viene comunque sottovalutata per lasciar spazio alla pratica. La teoria rappresenta invece uno strumento utile per la pratica, in quanto indirizza il proprio procedere, i modi e i motivi che inducono ad effettuare delle scelte, delle analisi, delle ricerche. L’archeologia teorica va quindi distinta ma non disgiunta dalla pratica. TEORIA, METODOLOGIA E PRATICA DELLA RICERCA Queste tre componenti sono strettamente collegate, come i piani di un edificio dove ciascun archeologo può scegliere di muoversi liberamente da un piano all’altro o soffermarsi su uno in particolare. In molti lavori si parla di eseguire criteri di classificazione di materiali, di stratificazione, di applicazione tecnologica; sono tutti strumenti che derivano da idee e teorie di archeologi, in cui, ogni archeologo potrà muoversi liberamente scegliendo metodi che ritiene più confacenti al proprio progetto. Ad esempio, nel caso degli archeologi

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ARCHEOLOGIA TEORICAUNA TEORIA PER LA PRATICA

NOZIONE DI ARCHEOLOGIAL’archeologia è la disciplina che studia le civiltà e le culture umane del passato e le loro relazioni con l’ambiente circostante, mediante la raccolta, la documentazione e l'analisi delle tracce materiali che hanno lasciato (architetture, manufatti, resti biologici e umani), ed ha lo scopo di ricostruire la storia attraverso i reperti ritrovati. Nasce con Tucidide nel V sec. Ogni ritrovamento necessita di metodi ben impiegati per poter “far parlare” l’oggetto in questione. Bisogna evitare errori e distrazioni altrimenti il reperto resta muto (se non si riesce a farlo parlare, l’archeologia diventa erroneamente mistero non esistono misteri in archeologia ma solo non conoscenza). Gli archeologi devono riuscire ad analizzare il reperto attribuendogli una datazione, un utilizzo, rifacendosi a fonti storiche; e la ricostruzione storica deve sempre relazionare le osservazioni condotte nel presente con il passato che si cerca (gli archeologi devono, con metodi efficaci, trovare risposte altrettanto efficaci alle domande che si pongono). L’archeologia teorica è un settore dell’archeologia che ha per oggetto lo studio delle teorie archeologiche e delle metodologie di ricerca.

CONTRO GLI SPECIALISMIIl più delle volte l’archeologia teorica non viene presa in considerazione o viene comunque sottovalutata per lasciar spazio alla pratica. La teoria rappresenta invece uno strumento utile per la pratica, in quanto indirizza il proprio procedere, i modi e i motivi che inducono ad effettuare delle scelte, delle analisi, delle ricerche. L’archeologia teorica va quindi distinta ma non disgiunta dalla pratica.

TEORIA, METODOLOGIA E PRATICA DELLA RICERCAQueste tre componenti sono strettamente collegate, come i piani di un edificio dove ciascun archeologo può scegliere di muoversi liberamente da un piano all’altro o soffermarsi su uno in particolare. In molti lavori si parla di eseguire criteri di classificazione di materiali, di stratificazione, di applicazione tecnologica; sono tutti strumenti che derivano da idee e teorie di archeologi, in cui, ogni archeologo potrà muoversi liberamente scegliendo metodi che ritiene più confacenti al proprio progetto. Ad esempio, nel caso degli archeologi di tradizione storico-culturale, il loro è un procedimento di classificazione intuitiva mentre ad es. i New Archaeologists sviluppano tassonomie numeriche. Bisogna ricordare che, indipendentemente dalle idee degli archeologi, ci sono ovviamente metodi migliori di altri che garantiscono una più corretta acquisizione di dati. Nel corso del tempo, attraverso varie ricerche, si è passati dal semplice sterro all’archeologia stratigrafica che mira alla comprensione dei modi di formazione dei depositi, per poter risalire alla storia del territorio e all’ambiente antico e ad una più corretta classificazione dei reperti. Oggi quindi questo metodo è sicuramente quello che offre più dati possibili di ogni altra indagine. Praticamente, essa consente di rimuovere strati di terreno rispettando la successione cronologica e di documentare i materiali che vi sono deposti, collocandoli in una precisa sequenza cronologica relativa.

AL MERCATO DELLE IDEEL’archeologia non è solo riportare antichi ritrovamenti e manufatti, in essa infatti sono subentrate idee maturate anche in altri campi come quello antropologico, storico, economico e anche a seconda dei momenti: religioso, filosofico, sociologico, geografico. Storici ed antropologi spesso si disinteressano del modo in cui l’archeologo costituisce le proprie interpretazioni. Questo perché essi non sanno utilizzare i dati di cultura materiale, mentre agli archeologi è stato applicato lo stereotipo di coloro che si interessano solo dei cocci. Per questo che gli archeologi cercano di costruirsi teorie tutte nuove, ma non possono negare il legame che l’archeologia ha con altre discipline da cui forse essa è indissolubile.

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TEORIA E STORIA DELL’ARCHEOLOGIALe storie delle archeologie di cui si dispone si sono ampiamente utilizzate per cui sono il più delle volte semplici storie delle scoperte in cui poco spazio è lasciato alle idee. Le storie dell’archeologia in tutti i suoi molteplici aspetti, compresi i lavori biografici, la sequenza delle scoperte, le varie innovazioni che si sono susseguite nei metodi, sono lavori importanti per la storia delle idee. A tal fine viene ricordato il paradigma di Thomas Kuhn (1999), storico della scienza, che ci dice che la scienza attraversa ciclicamente alcune fasi a seconda di come essa operi. Il paradigma kuhniano è un insieme di idee, leggi, teorie, metodi e strumenti, accettato dai membri di una data comunità scientifica e che ne orienta la pratica quotidiana di ricerca.Le rivoluzioni scientifiche che segnano i diversi momenti della storia della scienza, non vanno considerate come confutazioni di singole ipotesi ma come mutamenti complessivi degli orientamenti teorici e delle procedure sperimentali di una comunità scientifica. L'insieme di tali orientamenti (idee, leggi, metodi, strumenti) è chiamato paradigma: le rivoluzioni scientifiche sono il passaggio da un paradigma all’altro.La prima fase di Kuhn consiste nell’accettazione, da parte della comunità scientifica, del paradigma, da cui non si torna indietro. Una volta definito il paradigma ha inizio la Fase 2 la scienza normale. In tale fase vengono sviluppati gli strumenti di misura con cui si svolge l'attività sperimentale, vengono prodotti la maggior parte degli articoli scientifici, ed i suoi risultati costituiscono la maggior parte della crescita della conoscenza scientifica. Vista la diversità dei settori della scienza, è possibile che coesistano anche più paradigmi diversi tra loro. Durante la fase di scienza normale si otterranno successi, ma anche anomalie (problemi nel paradigma che non appaiono risolvibili). Fase 3 Lo scienziato normale, da buon risolutore di rompicapo quale è, tenta di risolverle. Il riconoscimento di un'anomalia non è tuttavia sufficiente, di per sé, a provocare una rivoluzione scientifica. Quando il fallimento è particolarmente evidente, può avvenire che l'anomalia metta in dubbio tecniche e credenze consolidate con il paradigma, aprendo così la Fase 4 la crisi del paradigma. Come conseguenza della crisi, in tale periodo, si creeranno paradigmi diversi. Questi non nasceranno quindi dai risultati raggiunti dalla teoria precedente ma, piuttosto, dall'abbandono degli schemi precostituiti del paradigma dominante.Si entra così nella Fase 5 la rivoluzione scientifica: si aprirà una discussione all'interno della comunità scientifica su quali dei nuovi paradigmi accettare. Però non sarà necessariamente il paradigma più “vero” o il più efficiente ad imporsi, ma quello in grado di catturare l'interesse di un numero sufficiente di scienziati e di guadagnarsi la fiducia della comunità scientifica. I paradigmi che partecipano a tale scontro, secondo Kuhn, non condividono nulla, neanche le basi e quindi non sono paragonabili.Viene così nominato il nuovo paradigma che risolverà la crisi, e la scienza sarà riportata a una Fase 1.

TEORIA E PREISTORIA Molti pensano che l’archeologia teorica riguardi solo gli studiosi preistorici anche se è una teoria non condivisa. In tutto il mondo i preistorici studiano spesso contesti tanto complessi che non avrebbero motivo di approfondire questioni teoriche se non ne vedessero l’utilità. Vi sono archeologi text aided che studiano fonti scritte, disponendo di un’ampia tradizione storiografica; gli archeologi text free sono più liberi e spesso non dispongono dell’aiuto delle fonti e devono quindi ragionare sull’interpretazione dei reperti. La distinzione non è tra preistoria e storia ma tra quegli archeologi che studiano periodi per i quali si dispone di ampia documentazione e quelli che non hanno tali informazioni, pur essendo talvolta interessati a fenomeni successivi alla diffusione della scrittura (es. mondo rurale di alto medioevo, dove le fonti sono scarse).

TEORIA E PRESENTEOggi l’archeologo spesso deve confrontare le sue esigenze di ricerca con altre di altre persone; ciò porta a due nette riflessioni:

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1. l’archeologia non è disciplina neutrale rispetto al mondo in cui opera (ognuno si schiera a seconda della propria politica interpretando le ricerche e il passato a proprio modo);

2. l’archeologia teorica si occupa da cari anni anche della corretta conservazione dei beni repertati, alla loro valorizzazione, al loro uso a scopo didattico, culturale ed economico.

L’archeologia teorica non può oggettivamente dimostrare che quel che si fa è importante o è giusto; spesso questi giudizi dipendono da considerazioni di natura sociale e politica.

ARCHEOLOGIA E SCIENZASpesso, l’archeologia viene considerata una scienza (quel procedere in cui l’attenta selezione di dati e metodi consente di svolgere ricerche le cui conclusioni non dipendono dall’opinione del ricercatore), che così come tutte le scienze può essere messa in discussione. In archeologia distinguiamo quattro modi per usare il termine scienza: il primo vuole che una ricerca sia detta scientifica perché condotta con rigore e con metodo (quindi scientifico qui è sinonimo di moderno, più all’avanguardia, che usa metodi e tecniche specifiche). Per molti, l’archeologia è intesa anche come una scienza umana connessa con l’antropologia, la sociologia e la psicologia; per altri è una scienza storica che studia i processi e l’evoluzione del tempo. Ma l’unico vero modo per l’archeologia di essere scienza si ha quando essa procede ad analisi chimico-fisiche dei reperti. L’archeometria viene oggi riconosciuta come componente essenziale di ogni ricerca, è il settore “scientifico” dell’archeologia (si occupa dello studio scientifico con analisi di laboratorio dei materiali e dei contesti naturali in cui essi si sono ritrovati). L’archeologia non può essere mai solo scienza, perché ha sempre bisogno di un’interpretazione umana e storica, che consenta di leggere il reperto in tutte le sue sfaccettature.

PUNTI FERMIViste le varie contraddizioni nell’archeologia, ci sono pochi punti fermi su cui basarsi, di cui non si ha certezza assoluta ma che vengono dati per scontati:1. Vi sono testimonianze materiali di vario genere ed origine per provare che il passato esiste.2. Durata massima della vita umana (per capire i periodi di distanza che intercorrono tra personaggi

storici), effetti della forza di gravità (per la formazione delle stratificazioni), caratteri fisici dei materiali.3. Le difficoltà che si incontrano studiando i reperti del passato. Christopher Hawkes nel 1954 definì la

questione con una scala di ordini riconoscendo difficoltà crescenti. Essa non esclude che studiando settori più facili (aspetti materiali), si possa risalire ad altri (aspetti simbolici e rituali).

Teoria e fantarcheologiaAlcuni studiosi, definiti fantarcheologi, si occupano di cercare prove archeologiche degli alieni sulla Terra. Questi si sentono ostacolati dall’archeologia e sostengono di voler celare le loro scoperte perché sconvolgenti. Invero la fantarcheologia non è altro che disinformazione, accompagnata al ricorso di congetture campate in aria e reperti falsi. Il mistero in archeologia non esiste, è solo non conoscenza che erroneamente viene celata da un alone misterioso.

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LA NASCITA DI UNA DISCIPLINA

LE VERITA’ RIVELATEDal Rinascimento i reperti antichi iniziarono ad essere utilizzati a scopo di ricostruzione storica. La Chiesa, affidandosi alla ricostruzione biblica delle prime vicende umane, tentò di frenare questo tentativo e solo con l’Illuminismo si giunse a riconoscere sia l’eguaglianza degli uomini sia il diritto di fare ricerca contro ogni dogma. Le storie dell’archeologia ci dicono che fin dall’antichità l’uomo ha sentito l’esigenza di raccogliere reperti di epoche a loro precedenti sia per il loro valore, sia per scopo mitico e religioso. Di origine medievale era una visione del mondo e della storia basata sulle letture bibliche; essendo queste verità rivelate, non fu lecito porle in discussione, in quanto in tutti gli eventi vi era l’occhio vigile di Dio e che l’uomo è l’unico essere creato a Sua immagine e somiglianza, pertanto la natura fu creata con scopo preciso e con un significato morale. Con il Rinascimento molti studiosi osservarono fenomeni naturali come l’affiorare in zone di montagna di fossili marini, ossa, punte di selce simili a frecce, e si chiedevano chi fosse stato ad erigere tumuli e megaliti. Importanti furono i primi scavi condotti nel ‘700: quelli di Pompei del 1734, lo scavo scientifico di Jefferson del 1784, quando scavò una trincea attraverso un mound funerario nelle sue proprietà in Virginia, il quale gli permise di riconoscere diversi livelli della trincea e di notare che molte delle ossa umane presenti erano conservate meno bene nei livelli inferiori. Da ciò egli dedusse che il mound era stato riutilizzato come luogo di sepoltura in molti momenti diversi. Nessuno scavo allora fece compiere grandi passi in avanti nella conoscenza del passato più remoto, a causa della Chiesa, che assegnava un breve periodo di tempo alla passata storia dell’uomo. Infatti, fin verso la metà dell’800 la Chiesa, subordinando ragione ed evidenza alla fede, contrastò le idee di alcuni studiosi che avevano maturato in base ad osservazioni geologiche e naturalistiche prima ancora di quelle archeologiche, soprattutto riguardo all’antichità della Terra e della specie umana, per cui scomunicò alcuni scienziati e studiosi (Es. Darwin) e ne obbligarono altri all’abiura. Nel 1656 il nobile francese Isaac Lapeyrère fu processato per aver scritto il trattato “Preadamitae”, in cui si discuteva dell’esistenza di epoche precedenti alla cronologia biblica. Gli uomini della Chiesa si diedero da fare per screditare le prove della contemporanea esistenza di uomini primitivi e di animali estinti perché ciò era in contrasto con la descrizione del Diluvio universale, poiché poteva provare l’esistenza dell’uomo prima del Diluvio e quindi di una preistoria dell’uomo. Intanto i ritrovamenti diventavano sempre più numerosi. Georges Cuvier riconobbe i fossili di specie estinte e individuando molte brusche interruzioni ed estinzioni di massa durante le ere geologiche, capì che oltre al Diluvio vi furono più catastrofi (catastrofismo). Egli accettò così il fatto che la Terra fosse di origine molto antica.

LA PREMESSA ILLUMINISTAA partire dal Rinascimento (XIV sec.) iniziò il progresso e in tale contesto poi si sviluppò l’Illuminismo, movimento innovatore nel campo della ricerca, che giunse ad una nuova visione del mondo. Esso fu soprattutto affermazione di libertà e di ricercare senza pregiudizi in ogni settore, portando nel ‘700 alla nascita delle Sciences de l’homme. Diderot annunciava un’apertura alle innovazioni e il rifiuto dell’autorità. Il progresso è pensato come qualcosa di naturale ed inevitabile per migliorare la vita e controllare la natura. I popoli primitivi erano ritenuti limitati nel loro ambiente e con il loro clima, dopo la Rivoluzione francese i popoli più avanzati ed acculturati cominciarono a disprezzare quelli più arretrati imponendo spesso acculturazioni forzate e commettendo genocidi. Due capisaldi fondamentali per le prime conquiste archeologiche e storiche e per lo studio del passato:1. paradigma delle tre età2. leggi dell’evoluzione naturale

IL PARADIGMA DELLE TRE ETA’Per il pensiero archeologico, l’anno 1797 fu detto annus mirabilis in quanto in una lettera l’inglese John Frere descrisse utensili antichi datandoli ad un periodo precedente all’età storica. Si iniziò da allora a riconoscere sistematicamente utensili

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preistorici e la loro associazione con le specie estinte. Nel 1816 lo studioso danese Christian J. Thomsen, che catalogò i reperti della Reale Commissione danese per la salvaguardia e la collezione di antichità, pose un criterio cronologico che divenne il primo paradigma condiviso da tutti gli archeologi: l’universale successione di tre età caratterizzata dall’uso della pietra, del bronzo e del ferro. Egli così classificò i manufatti distinguendone l’uso e l’importanza, seppe distinguere una sequenza di periodi e collocare in essi anche vari aspetti del rituale funerario. Si stabilì il principio che attraverso lo studio e la classificazione dei manufatti di epoca preistorica si poteva arrivare a dedurre una sequenza cronologica e lo studio sistematico dei reperti portati alla luce. I critici si soffermarono a chiedersi come mai lo studioso non avesse basato le sue ricerche anche sull’età del vetro, del legno o dell’oro ma ciò non toglie che nel volgere di pochi anni il sistema delle tre età fu universalmente riconosciuto come valido. Jens J. Worsaae fece scavi stratigrafici per verificare che le diverse età furono caratterizzate da forma ed ambienti diversi. I due studiosi insieme crearono il primo e affidabile sistema di cronologia relativa che ebbe come conseguenza pratica la possibilità di una storia dell’uomo anche per i periodi antecedenti le forme scritte. Lo scozzese Daniel Wilson, utilizzando lo schema delle tre età, usò il termine preistoria per il periodo e le popolazioni senza nome che riteneva possibile studiare archeologicamente.

LA GEOLOGIA ATTUALISTA E STRATIGRAFICANell’800 l’archeologia divenne una disciplina ben definita anche grazie ai risultati della geologia. Entrambe le discipline, comunque, fino a tale secolo erano condizionate nel loro evolversi da pregiudizi religiosi, soprattutto circa il diluvio. Nel trattato dell’inglese Charles Lyell, “Principi di geologia”, erano segnate le conclusioni a cui lo studioso era giunto: un tentativo di spiegare gli antichi cambiamenti della superficie della Terra facendo riferimento a cause ora in azione. Egli spiegò che i mutamenti geografici e morfologici avvenuti in passato erano la conseguenza di fenomeni simili a quelli osservabili nel presente. Ciò significava rifiutare le concezioni di diluvi perché studiando il presente si può comprendere il passato (condizioni geologiche antiche analoghe a quelle presenti e cambiamenti lenti e costanti uniformitarismo, opposto al catastrofismo di Cuvier).

L’EVOLUZIONE NATURALEFino alla fine del’700 l’uomo, così come gli altri esseri viventi, erano considerati immutabili. Solo a seguito di alcuni rinvenimenti il tema dell’evoluzione degli esseri viventi divenne sempre più importante. Nel 1794 Jean Baptiste de Lamark evocò una teoria evoluzionistica secondo la quale lo sviluppo della vita di alcuni organi poteva trasmettersi ereditariamente alla generazione successiva, i cui caratteri si modificano nel corso del tempo. Charles Darwin descrisse l’evoluzione degli esseri viventi come un effetto di tante casualità nelle trasmissioni dei caratteri ereditari. Il suo principio era basato sul pensiero che a fronte di numerosi casi di variazione, secondo il principio di selezione naturale, sopravvivevano gli individui che si adattavano meglio all’ambiente più degli altri, e in grado di riprodursi con maggior successo, trasmettendo per via ereditaria alla prole i caratteri vantaggiosi, che nel tempo si modificano in misura tale che si origina una nuova specie. Sicché la Chiesa ebbe una reazione a dir poco furiosa e le teorie di Darwin ebbero vita difficile. Si sostenne che lo sviluppo biologico provato da Darwin fosse analogo allo sviluppo culturale ed emotivo (preso a modello come pregiudizio razziale) e ciò dimostrava l’inferiorità dei popoli primitivi attuali additati come miserabili e depravati. Solo gli europei e particolarmente a quelli appartenenti agli alti ceti erano la parte migliore dell’umanità. Tale tesi fu definita darwinismo sociale e fu sostenuta prima di tutti dall’archeologo inglese John Lubbork, l’autore di “Pre-historic times”. Si arrivò a ritenere le attuali popolazioni primitive senza storia e quindi a non ricercarne le testimonianze più antiche, non curandone le cronologie. Comunque il contributo di Darwin (“L’origine della specie”, che non trattava della storia degli uomini), assieme a quello di Lyell, hanno un valore di base solidissimo su cui fondare l’archeologia. Le loro teorie hanno infatti condizionato molti nuovi paradigmi. Nella più recente Evolutionary Archeology si nota l’applicazione del pensiero di Darwin in archeologia, valutando l’adattamento ambientale e considerando l’evoluzione dei comportamenti a seguito della trasmissione di conoscenze da una generazione all’altra, cercando di capire

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quanto questo potesse influire sulle capacità riproduttive. L’evoluzione interessa una popolazione di individui differenziati non solo biologicamente, ma anche per capacità intellettive.

LA STORIA E’ DI CLASSEAnche Karl Marx legò la sua ricerca di carattere storico alla necessità di capire il mondo per trasformarlo, avendo contro molti oppositori che però non hanno ritenuto trascurabili le sue idee, per cui ancora oggi Marx occupa un posto di rilievo nella storia del pensiero moderno e di conseguenza anche nella storia dell’archeologia. Nella sua “Critica dell’economia politica” l’interesse fu orientato verso epoche più recenti, capitalistiche, per le quali si riconosceva un salto qualitativo rispetto al passato, trascurando così le epoche prefeudali. Marx usava poco la distinzione tra la base reale della vita (struttura) e gli aspetti ideologici da essa dipendenti (sovrastruttura). Lo strutturalismo è la base della formazione di una società e diventa nell’800 lo scontro con l’idealismo che imperversava. Storicismo e strutturalismo sono correnti fondamentali per l’archeologia.La struttura si configura come la base nascosta della società ed è definita “storia reale” formata dalle forze produttive che legano risorse materiali e umane alla conoscenza e alla tecnologia, e dai rapporti produttivi ovvero organizzazione della produzione e gli scambi. La sovrastruttura (politica, religione, filosofia, arte, modi di vita) è fondamentale affinché si abbia un certo modo di produzione, ma dipende comunque dalla struttura.Marx sapeva dell’importanza delle scelte degli uomini, anche di quelle irrazionali ed extraeconomiche, ma riteneva che quelle fondamentali fossero quelle razionali, da cui si potessero capire gli altri aspetti della società. Per Marx lo schema evolutivo dei diversi modi di produzione di fondava sulla proprietà e sulla divisione del lavoro: da una primitiva società tribale a quella divisa per classi e differenti modi di produzione. Marx ha quindi ordinato, in sequenze evolutive, i diversi modi di produzione caratteristici di ogni società. Il paradigma marxista relativo alla preminenza della struttura sulla sovrastruttura in archeologia è molto diffuso.

L’EVOLUZIONE SOCIALELo studio delle comunità primitive da parte degli etnografi costituì un’importante fonte per gli archeologi, che cercavano di spiegare i modi di vivere degli uomini primitivi. A partire dal XVIII sec. i primitivi avevano posto grandi problemi agli uomini di scienza, problemi relativi alla creazione dell’uomo, l’origine della società, la sua evoluzione. Nella metà dell’800 si ricorse al metodo comparativo (comparazione delle evidenze e degli oggetti simili.), già usato il precedente secolo per riconoscere l’uso di oggetti antichi e sperimentato in geologia da Lyell. In archeologia fu utilizzato per paragonare alcuni gruppi di interesse etnografico a popoli paleolitici o neolitici i cui resti erano noti da ricerche archeologiche. Fu usato dall’antropologo Lewis H. Morgan per l’elaborazione di uno schema di validità universale basato sulla conoscenza diretta di situazioni etnografiche e di fonti greche e romane; esso distingueva tre periodi etnici caratterizzati da variabili economiche e da specifiche forme organizzative sociali e familiari: dal matrimonio di gruppo alla moderna famiglia nucleare, dalla tribù allo stato; sostenne che le società umane si fossero evolute dallo stato selvaggio, a quello barbarico, alla civiltà. Tale schema generalista fu rifiutato da Franz Boas e da antropologi interessati alla ricerca delle peculiarità distintive di singoli gruppi. Alcuni archeologi, poi, pensano all’evoluzione sociale come conseguenza della ricerca di maggior benessere.

LE SPIEGAZIONI DEL CAMBIAMENTOIl paradigma di Thomsen sulle tre età non riusciva a spiegare perché vi fosse stato il cambiamento tra le tre età. Alcuni studiosi riconobbero che si doveva tener conto di situazioni intermedie, conseguenza di scambi commerciali, alleanze e matrimoni… Interessante fu il lavoro di molti studiosi che effettuarono analisi accurate e seriazioni a livello regionale. Gli studiosi spiegarono la presenza degli stessi elementi culturali in diverse aree geografiche ricostruendo i contatti, le influenze, i movimenti migratori e gli scambi che possono essersi verificati in epoche diverse tra un gruppo e l’altro. Secondo questa impostazione, la storia dei popoli può essere ricostruita ripercorrendo la diffusione, da un paese all’altro,

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delle innovazioni sociali, tecniche, mitologiche, religiose, di sfruttamento delle risorse... Le culture furono considerate come un insieme di elementi derivati da una serie di “prestiti accidentali” tra popoli vicini e lontani. Tale corrente di studio fu chiamata diffusionismo, che iniziò con Boas. Alcuni studiosi videro nell’Egitto e nella Mesopotamia l’origine di ogni civiltà, tesi che ebbe grande successo (ritrovamenti, in altri luoghi, che mostrano caratteristiche derivanti da quelle civiltà). Si sostenne che la crescita della società europea fu la conseguenza di fenomeni di acculturazione dai centri orientali. Altra tesi fu quella del migrazionismo l’ipotesi dello spostamento di intere popolazioni da una parte all’altra del continente europeo già nella preistoria. Diffusionismo e migrazionismo si sono rivelate spiegazioni che non risolvono, ma rimuovono il problema del cambiamento culturale, ma sono comunque teorie che non vanno rifiutate (Es. diffusione di alcuni manufatti in conseguenza allo spostamento di artigiani che così esportano le proprie conoscenze tecniche, e l’Archeologia del contatto studia le interazioni tra indigeni ed europei in seguito alle esplorazioni geografiche).

La prima grande conquistaLa più grande conquista dell’archeologia fu un paradigma sancito da Gabriel de Mortillet nel 1867, quando scrisse: “Legge del progresso dell’umanità, legge dello sviluppo parallelo, alta antichità dell’uomo”. Quest’ultima affermazione pose fine a molti dibattiti in cui l’evidenza archeologica e geologica era stata negata per rispetto alla Bibbia. Egli indicava, come alta antichità dell’uomo, un campo di ricerca nuovo che poteva essere subito spiegato grazie al progresso.

Lombrichi e metodo storicoDarwin studiò gli effetti dell’attività dei lombrichi nel livellare il paesaggio e nel provocare il seppellimento di oggetti, capendo che i cambiamenti, sia del suolo che di una specie o società, siano spesso esito di processi cumulativi di migliaia di individui. Attraverso questo sistema spiegò che osservando il piccolo si può ricostruire una storia ed impostare una metodologia di ricerca.

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CONSOLIDAMENTO E TRADIZIONE

ARCHEOLOGIA E STORIA DELL’ARTE (WINCKELMANN)Per gran parte del ‘900 la storia del pensiero archeologico ruotò intorno a due questioni: l’importanza dell’arte antica e la definizione di ciò che deve intendersi per cultura.L’archeologia del mondo greco e romano viene definita classica e nelle Università italiane tra gli insegnamenti vi è Archeologia e storia dell’arte greca e romana. L’archeologia, intesa come storia dell’arte classica, ha un ruolo importante nella formazione degli archeologi italiani.Personaggio di riferimento per la nascita dell’archeologia classica è Johann Joachim Winckelmann (1717-1769), vissuto nel ‘700, secolo dei lumi e della revisione delle problematiche legate al concetto dell’antico. Egli scrisse “Storia dell’arte antica” (1764, molti studiosi sono concordi nel fissarla come data di nascita della moderna archeologia), studiando l’arte greca in particolare delle statue ricorrendo a fonti scritte e copie romane per stabilire attribuzioni cronologiche, è un libro di estrema importanza per l’introduzione della storia dell’arte come materia di conoscenza (nel libro non si limità a semplici descrizioni di reperti ma ad una storia mitizzata che raccontasse la nascita e l’evoluzione dell’arte classica). Riconobbe la superiorità dell’arte greca e sostenne l’importanza di giungere ad una comunanza emotiva con gli antichi. Da ciò il Neoclassicismo e il credere che lo studio dell’arte sia fondamentale per la comprensione della storia. Egli era un precettore tedesco dei figli di un cardinale e con questi si recò a Roma, divenendo prefetto dell’antichità per conto del Vaticano e ove mise ordine tra alcuni reperti. Winckelmann cercò di trovare ciò che identifica l’essenza dell’arte, ovvero una ricerca dell’estetica, dello stile. Egli adottò il criterio dell’evoluzione degli stili cronologicamente distinguibili. Winckelmann spiegò come nel mondo antico si fosse giunti a canoni di bellezza e perfezione definita “classica”, raggiunta dalla Grecia verso il V secolo nell’imitazione della natura, frutto di una società civile e perfetta. Per cui arte e civiltà erano ritenute legate. Winckelmann sistemò tutto questo materiale e riconobbe stili e periodi:- l’Antico l’arcaico fino a Fidia- il Sublime Fidia – V sec. a.C. (bellezza superiore, ideale, che coinvolge l’animo umano in sensazioni

profonde)- il Bello da Prassitele a Lisippo (bellezza che lega armonia, equilibrio, compostezza; si raggiunge

realizzando una sintesi superiore dei singoli aspetti belli presenti in natura)- la Decadenza arte ellenistica e romana (perché lavora su copie)Il classicismo di Winckelmann ha però dei limiti nel suo concetto di bello e classico. Egli infatti sbagliò nel non considerare l’opera d’arte dal punto di vista storico, ma solo estetico, in quanto non si deve prendere il periodo classico come esemplare nell’arte, perché ogni periodo storico ha prodotto una sua peculiare tipologia artistica, espressione di ideali, cultura, volontà artistica degli uomini di quel dato periodo. Non si possono escludere opere perché sono meno belle, poiché sono comunque espressione di un’era.Winckelmann conosce le fonti antiche in quanto si rispecchia ed elabora ciò che Plinio dice in un suo passo: “l’arte morì dopo un’olimpiade (296 a.C.) per rifiorire con un’altra (156 d.C.)”. Plinio, in tal modo, stabilisce ciò che corrisponde alla fase ellenistica e parla di fine dell’arte dopo Fidia; il concetto classico sviluppato da Winckelmann risale a Plinio.Sempre a Winckelmann si deve la nascita del Neoclassicismo, con la diffusione di ideali di grazia (equilibrio) e armonia, che devono accordarsi con un ideale artistico improntato a quieta grandezza e nobile semplicità (calma olimpica). Winckelmann fu ucciso da uno sconosciuto in circostanze equivoche. Nel corso dell’800, soprattutto grazie studiosi tedeschi, vi fu un approccio più rigoroso con l’arte antica, l’approccio filologico simile al lavoro degli storici che, dal confronto di più versioni medievali di uno stesso testo, risalivano all’originale greco o latino (erudizione, sistematicità nei confronti, rifiuto del dilettantismo). Il paradigma caratterizzante l’archeologia classica dalla sua nascita fino a parte del ‘900 è il ritenere preminente lo studio delle manifestazioni artistiche per comprendere le società antiche. I filologici consideravano antiquario il lavoro degli archeologi che si dedicavano alle stratigrafie e ai siti e si allontanavano dall’arte. Fra gli archeologi legati alla filologia c’è Heinrich Schliemann, che si occupò però anche di stratigrafia per risalire ai tempi più antichi (). Con il tempo l’erudizione filologica giunse a

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ricostruzioni più corrette di quelle di Winckelmann, ma la superiorità dell’arte greca non venne scalfita. L’archeologia classica preferì quasi sempre chiudersi in sé stessa, inoltre si pensava che la Grecia fosse l’ispirazione dell’intero pensiero artistico occidentale e che ogni periodo storico fosse indipendente da un altro, da analizzare nel dettaglio all’interno di uno schema predefinito e basato sulle fonti letterarie. Così facendo l’archeologia classica si precluse le possibilità di confrontarsi con altre correnti archeologiche.Ad accentuare il fenomeno di chiusura in Italia, i Savoia, che nel 1870 crearono una sopraintendenza che tutelava i monumenti per celebrare la grandezza di Roma. Nel ventennio fascista, in campo archeologico, vi furono grandi imprese volte a liberare i monumenti dalle testimonianze di età posteriori.

ARTE E SOCIETA’Lo studioso Ranuccio Bianchi Bandinelli (1900-1975) rifiutò sia l’idea di evoluzione lineare degli stili sia il ricorrere all’equiparazione del classico al bello e all’esemplare, inoltre avviò il suo lavoro studiando le personalità artistiche. Egli lamentava che l’archeologia italiana, superata la filologia, si fosse ridotta alla raccolta di oggetti utili ai collezionisti ma non alla storia. Per lo studioso, la produzione artistica era uno strumento fondamentale per capire un’epoca, ma non per questo l’arte poteva essere separata dal contesto in cui era stata realizzata; è infatti tutto l’insieme a determinare la qualità di un’opera d’arte. In Bandinelli lo studio dell’arte era ricerca storica circa la natura dei rapporti tra arte stessa e ideologia, strutture sociali ed economia. Nel 1967 scrisse “Dialoghi di Archeologia” in cui spiegava le scelte degli archeologi ancora chiuse in sé stesse. Anni dopo fu sostenuta la necessità di un’archeologia classica che approfondisca lo studio delle produzioni quotidiane e del territorio e che non si chiuda in sé stessa.Altro scritto di Bandinelli è “Storicità dell’arte classica”, la storicità vuol dire calare un’opera d’arte antica nel momento (tempo/periodo) e nella società (contesto) in cui è stata prodotta. Il concetto di Winckelmann va quindi in crisi con Bandinelli, secondo cui bisogna aggiungere un’idea nuova al concetto dell’arte che è “l’ambiente d’arte”, che rappresenta il background sociale, economico, politico e geografico che determina la forma dell’arte. Il preambolo è quello di studiare le manifestazioni d’arte non in forma generalista ma calate in determinati periodi e in determinati ambienti. E’ importante il periodo, la società, la forma espressiva e in tal modo si avrà uno sguardo complessivo dell’arte greca per periodi, per ambiente d’arte. Sono quindi le strutture e le sovrastrutture che rappresentano queste forme espressive della società. La decorazione per esempio è una sovrastruttura, le forme architettoniche sono strutture.

IL CONCETTO DI CULTURA ARCHEOLOGICADalla fine dell’800 in poi, gli archeologi ebbero difficoltà a spiegare i cambiamenti culturali, per cui in certe aree, Italia compresa, fino al secondo dopoguerra, l’archeologia finì col chiudersi in sé stessa incapace di trovare strade differenti dall’erudizione descrittiva dei reperti e monumenti o dall’essere disciplina ausiliaria della storia. L’evoluzionismo applicato alla storia non sembrava in grado di spiegare fenomeni brevi, coinvolgenti gruppi ristretti di persone o singole aree. Ciò finché un archeologo inglese, Vere Gordon Childe (1892-1957), che si occupò soprattutto di preistoria europea e condusse comparazioni tra le sequenze preistoriche in Europa (mediante l’identificazione di caratteri simili nelle varie seri di manufatti, venivano poste in correlazione tra loro diverse sequenze), indicò un nuovo strumento di analisi al quale si riconobbe il merito di aver indicato la giusta strada in grado di dare valore ai reperti, alla loro accurata conoscenza, alle cronologie elaborate per confronto tipologico, allo studio del territorio. Childe voleva ordinare i materiali per fornire una risposta a domande tipo: “a quale periodo risalgono questi manufatti?”, “con quali altri manufatti si associano?”. A tal proposito, nel 1929 Childe diede la definizione di cultura maggiormente citata: alcuni tipi di resti (case, utensili, ornamenti) costantemente associati sono definiti gruppi culturali o culture; ovvero un’associazione di materiale costantemente ricorrente può essere intesa come la dotazione materiale di un particolare gruppo di persone. Successivamente Childe, aggiunse agli elementi caratteristici della cultura, l’economia, la struttura sociale e politica e le credenze religiose. La cultura, stabilendo un’equivalenza tra manufatti, territori e popoli, crea un complesso mosaico di culture (le associazioni di Childe furono infatti equiparate a popoli ed etnie, consentendo di tracciare una storia delle culture preistoriche). In tal modo l’archeologia diede nome ai popoli preistorici, si confrontò con la linguistica storica e per quel che riguarda la

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protostoria, con le fonti antiche. Ora era possibile studiare molte storie di popoli identificati attraverso i loro manufatti. Proprio dai manufatti egli valutò il potenziale informativo diverso considerando come indicatore del gusto locale ed etnico la ceramica, gli ornamenti e i riti (resistenti al cambiamento); mentre armi ed utensili erano indizio di scambi commerciali. Childe sosteneva che per dedurre limiti e durata geografica delle culture bisognasse studiare le stratificazioni e le mappe di distribuzione dei manufatti.Quindi si deduce che per il suo essere insieme strumento di organizzazione dei dati e strumento per interpretarli, la definizione di cultura data da Childe divenne uno dei paradigmi più forti tra quelli usati dagli archeologi non classicisti del XX sec. (la cultura è l’espressione materiale durevole di un adattamento all’ambiente, che ha permesso alla società di svilupparsi; tutti gli oggetti e documenti conservati sono connessi tra loro e formano un unico elemento). Inoltre è stato usato dai preistorici europei per tracciare storie grandiose prima impensabili. E’ stato ancora usato dai medievisti per lo studio dell’archeologia barbarica, dagli archeologi americani, dai New Archaeologists che ne accentuavano l’aspetto ambientale adattativo. La cultura di Childe è alla base del contributo che gli archeologi danno offerto al concetto di nazione, essa è intesa come l’insieme della caratteristiche diagnostiche: vasellame, abbigliamento, abitazioni tipiche di un dato gruppo etnico. Con il passare degli anni, il paradigma di Childe è stato ampiamente utilizzato. In sostanza, Childe ha elaborato il suo paradigma per spiegare etnograficamente i modi di vita delle comunità antiche.Bisogna comunque dire che le culture non devono essere considerate come insiemi monolitici e che fra situazioni distanti si collocano quasi sempre mediatori culturali rappresentati da persone (es. viaggiatori) od oggetti.

Definizioni antropologiche di culturaSpesso, parlando di cultura, gli archeologi uniscono il significato pratico (Childe) a quello più generico (antropologia). Esistono invero centinaia di definizioni di essa e in particolare è definita apprendimento, ereditarietà, comportamento di alcuni. Significativa, in archeologia, è la definizione di Edward Taylor, che intende per cultura il complesso di conoscenze scientifiche, religiose, arte, idee, leggi, usanze acquisite dall’uomo in una società. Ciò quindi consente a tutti, anche ai primitivi, di fare cultura; e presuppone l’esistenza di una cultura per ogni società.

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SCETTICISMO E SCOPERTA DEL TEMPO

UN PARADIGMA INESPRESSONel XX sec. in archeologia prevaleva lo scetticismo circa il poter davvero ricostruire il passato, scetticismo dovuto anche alle difficoltà di datare con precisione i resti antichi e all’ossessivo ricorso alle fonti scritte, decretando uno status di subordinazione dell’archeologia alla storia. L’archeologo inglese Glyn Daniel riconobbe l’impotenza di un’archeologia che ricavava poco o nulla dai propri dati e utilizzava le culture di Childe come un trucco utile a collegare manufatti e territori senza datazioni precise. Prima della rivoluzione della New Archaeology vi furono alcuni sviluppi.

NUOVE IDEE MARXISTE ED EVOLUZIONISTENei decenni successivi alla II guerra mondiale, l’archeologia di derivazione marxista adottò gli schemi evoluzionistici basati sulla proprietà dei mezzi di produzione e ne ricercò conferma archeologica. Fu posta grande attenzione allo studio dei manufatti, dal punto di vista però dei cambiamenti interni (tecnologia e ambiente) e non per i contatti interculturali né per diffusioni e migrazioni. In Europa occidentale, verso gli anni ’70 gli archeologi marxisti sostennero una miglior definizione della contrapposizione struttura-sovrastruttura (es. in antichità il rapporto di parentela era anche rapporto di produzione e quindi contemporaneamente struttura e sovrastruttura), in realtà strettamente connesse e fuse in un tutt’uno. Nella logica marxista i cambiamenti riguardavano quindi i rapporti di produzione, in cui però si diede importanza anche a fattori ecologici, demografici, politici, sociali e religiosi; il tutto confrontandosi con altre discipline, particolarmente con la storia, la geografia e l’antropologia. Tra gli archeologi marxisti, che riconobbero la presenza di una sovrastruttura povera accanto a quella dei ricchi, temi ricorrenti furono la schiavitù nel mondo antico, il rapporto città-campagna e la distinzione tra il valore d’uso e il valore di scambio dei vari manufatti. In sostanza si introdussero, nello studio dei modi di produzione, le questioni sociali.Negli anni ’50, ricordiamo un’altra scuola di influenza marxista detta evoluzionismo culturale, tra cui i principali esponenti furono: - Leslie White riteneva importante il ruolo delle costrizioni di carattere tecnologico ed economico nel

concetto di cultura;- Julian Steward al pari di Childe interessato a spiegare i mutamenti culturali, rilevò che le culture

non interagiscono solo tra loro ma anche con l’ambiente circostante e questo può determinare mutamenti culturali (ecologia culturale);

Con il tempo, l’interesse per i temi connessi ad ambiente e territorio è cresciuto, ponendo l’attenzione per gli studi botanici e zoologici e la caratterizzazione dei territori antichi. In tale contesto si sviluppò una sorta di storia economica dei modi di vita preistorica con la scuola di Paleoeconomy.

LA SOSTANZA DEL PASSATOIn opposizione a marxisti vi fu la teoria economica sostantivista, sostenuta dallo studioso Karl Polany (1886-1964), che rifiuta la visione unificante della storia, mentre ritiene necessarie la nuove categorie concettuali appositamente costruite per lo studio dell’antichità e non derivate da quelle in uso della società attuale. La differenza sostanziale tra sostantivisti e marxisti è il ruolo dell’economia nella società: i primi rifiutavano che alla base di ogni società vi fosse l’economia, che doveva essere invece fusa con l’aspetto sociale e culturale, dando di conseguenza importanza anche a quei ceti che forniscono alla società servizi non economici. La scuola sostantivista riteneva lo scambio più importante della produzione; essa rifiutava le logiche di mercato (riduzione di tutto a merce, di modo che la dimensione mercantile diventa predominante, fino a piegare la società alle esigenze dei mercati) e prediligeva:- società in cui vigevano situazioni di reciprocità paritaria (ove lo scambio a lunga distanza precede quello tra vicini) in tali scambi assumono più valore gli individui e soprattutto le relazioni;- forma di redistribuzione si presuppone l’esistenza di un organo centrale da cui dipende un sistema di distribuzione collettiva. Ovvero, si producono beni e servizi che vengono poi trasferiti a questo centro, e successivamente distribuiti alla collettività.

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La loro ipotesi ha offerto agli archeologi uno schema in cui si distinguono prodotti di pregio dai beni di uso quotidiano; all’esistenza di quartieri differenti controllati dall’autorità, alla gerarchia tra siti principali e secondari. Sono quindi risultate molteplici le applicazioni della teoria sostantivista e particolarmente per gli archeologi che si occupano dei periodi di transizione verso le società complesse statali.

LA SCOPERTA DEL TEMPO: IL C14La percezione del tempo si basa su una continuità dal passato al presente e si rifà alla durata della vita. Per gli archeologi è fondamentale datare i resti del passato; il rapido sviluppo di metodi scientifici applicabili all’archeologia portarono ad un progresso fondamentale nel campo della datazione: il fisico Willard Libby (1949) datò resti organici misurandone il contenuto in carbonio 14 o carbonio radioattivo. Il metodo permette di datare materiali di origine organica ed è utilizzabile per materiali di età compresa tra i 50.000 e i 100 anni, senza dover quindi ricorrere a complessi confronti interculturali con aree già datate. E’ utile per datare i reperti costituiti da materia organica, quindi contenenti atomi di carbonio. Tale scoperta rivoluzionò le conoscenze e indicò che le difficoltà imposte dalle questioni cronologiche possono superarsi. Il metodo, che inizialmente faticò ad affermarsi, nel 1960 ebbe la sua riconoscenza: Libby ottenne il Nobel per la chimica; la teoria del diffusionismo come spiegazione dei cambiamenti culturali cessò di aver predominanza.

I TEMPI DELLA STORIALa teoria di Libby ha mutato l’archeologia. Negli anni ’70, oltre al metodo radiocarbonico, vi fu un’importante scoperta ad opera dello storico Francois Braudel: la relatività del tempo storico. Egli ritenne opportuno distinguere tre diversi tempi storici utili sia per organizzare i dati sia per capire la rilevanza dei diversi fenomeni: 1. “lunga durata” rappresenta la storia di fenomeni duraturi (es. evoluzione della specie umana, dei cambiamenti climatici). La lunga durata è quindi la storia di molti processi lenti in cui è difficile o impossibile cogliere un inizio o una fine; scoprire l’esistenza di fenomeni di lunga durata può significare che, in alcuni casi, non sono importanti datazioni di grande precisione;2. “media durata” genericamente dai 5 ai 50 anni, ove vi sono cambiamenti di cui l’uomo a lungo andare ha percezione (es. fatti rilevanti di carattere economico e sociale, effetti di una crisi, guerre); 3. “breve durata” tempo individuale, episodico in cui avvengono fatti che visti da lontano incidono poco sul corso della storia pur avendo grande impatti sulla vita dei singoli. Insieme, le tre durate acquistano maggior senso se collegate in una storia comparata, che unisca al tempo lo spazio e che evidenzi il contemporaneo svolgersi di fenomeni aventi diverse velocità.

Il senso del tempoPer gli occidentali il tempo si rappresenta con un freccia, per le società tradizionali può essere una clessidra: dopo ogni breve durata viene girata e ogni volta che si gira qualche granello può subire piccolissime modifiche. La metafora che meglio rende l’idea è però quella di un fiume, che può restringersi, allargarsi, rallentare il suo corso ma che continua a fluire.

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LA NEW ARCHAEOLOGY

UN’ARCHEOLOGIA OTTIMISTALa New Arhaeology è un movimento nato negli anni ’60 nei campus americani in contrapposizione alla tradizionale archeologia. Il suo maggior esponente è stato Lewis R. Binford, che la avviò nel 1962 con l’articolo “Archaeology as anthropology”. Tale movimento è stato tutt’altro che unitario e i loro componenti hanno spesso cambiato idee ed opinioni tra loro. Esso propose un modo nuovo di far archeologia: interpretativo anziché descrittivo, antropologico e scientifico anziché storico, con l’obiettivo di ricercare leggi universali in grado di descrivere il comportamento culturale indipendentemente dalle situazioni storiche. Binford distingue nella storia dall’archeologia:1. Periodo dei cimeli e dei monumenti (fossili, cronotipologie, distribuzioni geografiche)2. Periodo del manufatto e della collezione (associazione di reperti alla base di culture archeologiche).Ciò fu ritenuto insoddisfacente dagli esponenti della New Archaeology, che con l’avvento del radiocarbonio iniziarono a porsi nuove domande, dato che fu più semplice stilare cronologie, e che attaccavano l’archeologia tradizionale perché ritenuta non in grado di comprendere il funzionamento delle società del passato, ma limitata, nei casi migliori, alla descrizione dei modi di vita; archeologia incapace di valorizzare i dati, senza fondamenti teorici, al servizio della storia e delle fonti scritte; ove inoltre i dati non vengono testati ma selezionati e usati per confermare opinioni ritenute corrette a priori ma non provate. I capisaldi della New Archaeology:- Natura dell’archeologia: esplicativa o descrittiva oltre a ricostruire il passato, lo spiega, rendendosi

esplicita;- Spiegazione: processo culturale o storia della cultura l’archeologia tradizionale era indirizzata alla

formulazione di una spiegazione storica, la New pensa in termini di processo culturale, ossia il modo in cui avvengono e mutamenti dei sistemi economici e sociali, ciò implica l’uso della generalizzazione;

- Ragionamento: deduttivo o induttivo prima si ricostruiva la storia come i pezzi di un puzzle, la New procede per ipotesi e costruisce modelli, traendone poi le conclusioni;

- Convalida: verifica o autorità le ipotesi devono essere verificate e non accettate solo in base all’autorevolezza di chi le propone;

- Punto clou della ricerca: pianificazione del progetto o accumulo di dati le ricerche archeologiche devono essere pianificate per fornire una risposta a specifiche domande e non per accumulare dati:

- Tipo di approccio: quantitativo o qualitativo sui dati quantitativi si può eseguire trattamento statistico, campionamenti (quindi uso di statistica ed informatica);

- Due punti di vista: ottimismo o pessimismo secondo gli archeologi tradizionali, i dati archeologici non si prestavano bene alla ricostruzione dell’organizzazione sociale o dei sistemi cognitivi, secondo la New bisognava cercare di risolvere questi problemi e poi stabilirne la difficoltà.

SCIENZA E LEGGEAnche tra gli storici ancora prima di Binford vi era un malcontento per il modo di ragionare caratteristico dell’archeologia tradizionale. Con la New Archaeology si giunse ad un modo del tutto nuovo ed originale di ragionare in archeologia; nuovo perché nato in un contesto storico nuovo e in un paese fino ad allora considerato marginale per la storia dell’Archeologia (America). Negli anni ’60 non solo si potevano datare manufatti antichi, ma fu un periodo in cui la scienza, applicata all’archeologia, dava certezze fino ad allora inimmaginabili (datazioni radiocarboniche). Crebbe l’entusiasmo di affrontare nuove sfide e la presunzione di averne anche le soluzioni. In tale clima la New Archaeology si diffuse rapidamente nelle università americane. Il paradigma del periodo fu l’ottimismo che pervadeva ogni ambiente scientifico, mentre statistica ed informatica erano strumenti indispensabili per padroneggiare una vastità di dati. Alla base della New Archaeology vi furono dei criteri guida:- Legge del minimo rischio tra tante alternative, scegliere un decisione che limita il rischio; - Legge del minimo sforzo; - Legge di proporzionalità diretta tra tecnologia, organizzazione sociale, pratiche di consumo.Tali leggi però, per la loro apparente ovvietà, furono definite leggi di Topolino.

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CULTURA COME ADATTAMENTOLa New Archaeology è definita anche Archeologia processuale attenta alle dinamiche di cambiamento di più fattori ritenuti importanti per il funzionamento delle società del passato. Essa si basa sul pensiero di una cultura come un sistema di adattamento in cui tutto si tiene in funzione dell’ambiente, inteso quest’ultimo come luogo fisico, attribuendo importanza alle risorse, al clima, ai caratteri del territorio e ai cambiamenti naturali e quelli apportati dall’uomo. L’ambiente condiziona le scelte tecniche ed economiche ma anche l’ideologia, per cui il cambiamento culturale è considerato una reazione ai fattori che disturbano l’equilibrio dell’adattamento. Il processo dunque è una catena di cause ed effetti; di condizioni che perpetuano fino all’insorgere di un problema o di un evento particolare (guerre, migrazioni, invenzioni).

TEORIE DI MEDIO RAGGIOLa New Archaeology si è esercitata in due ambiti di ricerca:1. etnoarcheologia studia la cultura materiale (cioè tutti i prodotti materiali dell’attività umana) e i comportamenti delle popolazioni contemporanee;2. archeologia sperimentale si limita a replicare tecniche e processi antichi, quindi si configura come un esperimento ripetibile condotto su materiali moderni. Binford tenta cioè un ricostruzione dinamica del passato mediante esperienza diretta e procedimenti espliciti e non intuitivi. Queste teorie di medio raggio creano un ponte tra presente e passato, per comprendere testimonianze altrimenti “mute” (tentativo di collegare osservazioni empiriche a teorie generali).L’aspetto negativo di tali teorie è il rischio che ciò che si registra nel presente sia uguale al passato, ciò non può essere vero per alcuni fattori (es. comportamenti umani).

ARCHEOLOGIA DEI SISTEMICon la New Archaeology furono introdotti termini quali: modelli e sistemi. Per i new-archaeologists la cultura è intesa come sistema di adattamento all’ambiente costituito da tanti sottosistemi in relazione tra loro e dove qualsiasi cambiamento ne determina un nuovo equilibrio. Ogni parte di un sistema si può studiare archeologicamente poiché lascia qualche traccia. I sistemi possono essere:- omeostatici prevedono meccanismi autoregolatori e conservativi;- dinamici sono in continuo cambiamento sia per fattori interni che per quelli esterni; inoltre nella

dinamica dei sistemi c’è la possibilità che alcuni sottosistemi cambino nella stessa direzione rafforzandosi (feedback positivo, ss. incremento demografico e sviluppo tecnologico) o contrastarsi (feedback negativo, ss. incremento demografico con conseguente crisi alimentare).

L’archeologia dei sistemi studia quindi le relazioni tra l’ambiente e altri sottosistemi (economia, tecnologia, demografia), creando modelli di società e modificandone le parti per simulare ciò che potrebbe essersi verificato in passato, facendo anche uso di dati etnografici. Il suo punto debole è quello, spesso, di ricadere nel funzionalismo (il sistema è ritenuto credibile solo perché la società funzionava, senza verificare se proprio in quel modo) e della sua inadattabilità nel tenere in giusto conto l’imprevedibilità degli individui, i loro ruoli diversi e i fattori culturali che possono andare contro la logica generale.

ARCHEOLOGIA ANALITICAL’inglese David Clarke (1938-1976) è stato spesso considerato vicino ai new-archaeologists. E’ l’autore di: “Archaeology: the loss of innocence”, in cui rileva la necessità da parte dell’archeologia di acquisire nuovi metodi e idee e quindi maturare, e per far ciò essa deve avere un caratteristico approccio rigoroso e spesso matematico che collochi al giusto posto ogni evidenza e che eviti termini implicanti giudizi di valore. Ideando una gerarchia di definizioni archeologiche, a livello elementare egli pone l’attributo variabile che appare irriducibile essendo parte di un manufatto, da cui si traggono informazioni. A livello più complesso: cultura è un gruppo complesso (politetico) di manufatti di un’area geografica limitata; gruppo culturale è una famiglia di culture collegate; tecnocomplesso è un ampio gruppo di culture che condividono una gamma di manufatti caratteristici di attività svolte nello stesso ambiente, sia economico

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sia tecnologico. Clarke riconosce la possibilità di differenziazioni interne come la coesistenza di sottoculture; per ogni entità, es. la cultura, egli riconosce che non si tratta mai di un insieme manufatti uguali ma un insieme in cui ogni oggetto condivide con altri un certo numero di attributi ma se ne differenzia per altri, dovendo quindi scegliere ciò che si ritiene significativo per l’appartenenza a un dato gruppo. Lo scopo dell’archeologia analitica è quello di individuare regolarità, limitazioni e tendenze nella storia dell’uomo. Attraverso l’ordine che l’uomo porta nel mondo l’archeologo interpreta la cultura materiale delle società antiche. A tal fine sono importanti i metodi di elaborazione statica di dati.

BEHAVIORAL ARCHAEOLOGYL’americano Michael Brian Schiffer, con la sua: “Behavioral Archaeology”, per studiare il passato si è focalizzato sui modi di formazione dei depositi, che egli ritiene siano la conseguenza di alterazioni e trasformazioni dei depositi archeologici per eventi culturali, che egli chiama C-trasnforms, e naturali: N-transforms. Egli ribadisce quanto sia importante studiare i modi di formazione delle stratificazioni e nella loro analisi ritiene importante riconoscere relazioni semplici e certe utilizzabili poi in un modello processuale delle attività che prevede: acquisizione di materiali, manifattura, uso, manutenzione, scarto, riciclo. Per Schiffer l’archeologia è lo studio delle relazioni comportamenti-manufatti, che devono essere spiegate scientificamente; le domande scientifiche prevalgono su quelle storiche; fondamentale è la distinzione tra contesto sistemico (ciò che esisteva) e contesto archeologico (ritrovamenti); bisogna studiare i cicli di vita dei manufatti e capire come siano avvenute le alterazioni del terreno. Schiffer distingue quattro tendenze negli studi di cultura materiale:1. l’esistenza dell’approccio descrittivo nei modi di vivere, per costituire una banca dati;2-3. (Behavioral) la ricerca di leggi di natura particolare o generale sugli esiti materiali dei comportamenti;4. (Behavioral) lo studio del presente come nel caso del garbage project, studio dei rifiuti di una comunità, o in quelle situazioni in cui si possano utilizzare analogie etnografiche in caso di somiglianze culturali con il passato, o con l’approccio storico diretto.L’obiettivo di Schiffer è quello di un’archeologia che sia disciplina coerente, con proprie leggi e teorie non derivate da altre discipline ma costruite studiando i contesti di più periodi; una disciplina che si focalizzi sullo studio dei processi di formazione della stratificazione, considerandolo un mezzo per studiare l’interazione uomo-oggetto.

IL MATERIALISMO CULTURALEL’antropologo americano Marvin Harris è tra coloro che hanno maggiormente contribuito al dibattito sul materialismo culturale. Etichettando i fattori demografici e produttivi come “infrastruttura”, Harris postulò che questi fossero i fattori chiave nel determinare la struttura sociale e la cultura di una società. Sostenne infatti che in situazioni simili si ha un analogo sviluppo dei sistemi di produzione e distribuzione e di conseguenza si determineranno anche analoghi sistemi sociali, di valori ecc.Egli pone alla base del comportamento umano semplici principi: mangiare per vivere, stimoli verso il sesso opposto, operatività delle persone. Questi stimoli condizionano l’evoluzione culturale degli uomini che, secondo Harris, nel soddisfare i bisogni primari creano le prime ineguaglianze sociali pur mantenendo rapporti interpersonali capaci di garantire la riproduzione. Secondo Harris, i vari cambiamenti si sono avuti per i bisogni primari dell’uomo e in relazione alle sue relazioni materiali, sociali, simboliche ed ideologiche. L’essenza dell’approccio materialistico è in sostanza l’idea che le condizioni infrastrutturali siano in ogni caso determinanti nell’evoluzione della cultura.

Processare l’abbandonoL’archeologia processuale ha cambiato alcuni modi di vivere dapprima considerati semplici: costruzione di una casa, frequentazione, abbandono trasformazione graduale, che non è il risultato di guerre, degrado, malattie ed imposizioni, ma qualcosa che va studiato ed organizzato, che passa per varie fasi in cui agiscono numerosi fattori, come le motivazioni che hanno dato il via allo spostamento o la distanza dal nuovo sito in cui si è spostato il gruppo.

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L’ARCHEOLOGIA POSTPROCESSUALE E CONTESTUALE

UN’ARCHEOLOGIA CONTROMolti studiosi, tra cui specialmente Hodder, negli anni ’80 del ‘900 hanno rivolto varie critiche alla New Archaeology, che susseguitesi negli anni hanno preso la forma di un nuovo paradigma autodefinendosi postprocessuale o contesuale. Esso valorizza lo studio di quelle azioni aventi valenza simbolica e comunicativa, ritenute apparentemente irrazionali e prive di scopo pratico ma importanti per il funzionamento della società, ovvero credenze, religione, idee, arte, valori. Se per la New Archaeology l’archeologia è una scienza naturale, per i postprocessuali è scienza sociale. Ai new archaeologists si rimprovera il minimizzare la cultura a semplice tecnica di sopravvivenza e l’uomo ad individuo medio condizionato dalla società. L’archeologia postprocessuale invece considera che il singolo individuo abbia un importante ruolo sociale; essa, accusando la New Archeology di limitare la libertà degli individui, è sempre volta a forzare la dimensione simbolica e sociale dell’evidenza (es. un territorio non è solo una riserva di risorse ma anche un luogo natio ed abituale).

CONTESTO E CULTURA MATERIALELa cultura materiale va letta in relazione al suo contesto, inteso non solo come quello di rinvenimento, che può coincidere con un luogo o uno strato, ma quello in cui i manufatti avevano un senso (riferito quindi alla totalità dell’ambiente rilevante). Per i postprocessuali il contesto per analizzare un oggetto come un vaso non comprende solo materiali e tecniche di produzione, ma intende anche cercare di capire relazioni più ampie, come i significati sociali, soprattutto attraverso il metodo di comparazione confronto tra più oggetti al fine di stabilirne un’unica relazione. Non bisogna quindi fermarsi all’evidenza materiale ma interpretare l’oggetto in questione nel suo contesto. Per Hodder, il contesto è l’insieme di idee, credenze e significati che si interpongono tra gli individui e le cose e risponde ad una serie di regole: esiste dunque una sorta di grammatica della cultura materiale, intesa come la materia inerte trasformata da pratiche sociali in un oggetto culturale. In sostanza non bisogna solo studiare un oggetto per quello che è materialmente, ma anche per il ruolo che aveva nella sua epoca e relazionarlo all’ideologia della gente del periodo in questione. L’approccio postprocessuale si dimostra importante soprattutto quando si tratta di interpretare e di operare scelte nel presente. La soggettività è inevitabile e le decisioni riguardanti il significato sono prese nel presente.Contestualizzare mettere i dati insieme per capirne il significato. Questo è il metodo archeologico ma il contesto interessa tutta la preparazione culturale. Bisogna dare una cornice di riferimento con parametri materiali e analizzare somiglianze e differenze. I parametri sono quattro:1. Tipologia similitudine di oggetti2. Unità (de posizionale muro, casa, teatro, monumento ecc.)3. Spazio il luogo di ritrovamento (dimensione spaziale);4. Tempo cornice cronologica.Con questi parametri si arriva al significato contestuale che restituisce la struttura e il simbolico è la sovrastruttura.

L’INDIVIDUO ATTIVOIn ambito delle teorie postprocessuali, ricordiamo il libro di Holder: “Symbols in action. Ethnoarcheological studies of material culture”. Egli scopre che la cultura materiale è una trasformazione del comportamento umano e propone tre temi fondamentali:1. la cultura materiale è costituita in modo significante,2. l’individuo deve essere parte delle teorie sulla cultura materiale,3. l’archeologia deve essere legata alla storia.Non bisogna soffermarsi solo sul processo fisico, ma sull’insieme in cui le azioni hanno un significato. Quindi è uno studio sugli atteggiamenti, le mentalità, senza ridurre il tutto a comportamenti volti solo a risultati materiali.

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STILE E SIGNIFICATOPer i postprocessuali l’archeologia va studiata guardando in primis lo stile, che non può essere ridotto a mero mezzo per stabilire cronologie e a modo in cui sono fatte le cose, in quando esso è un mezzo per veicolare i messaggi e porta a stabilire determinate relazioni tra le persone: ne favorisce l’integrazione, sottolineando l’appartenenza del singolo ad un gruppo familiare, etnico o sociale, ma può anche evidenziare la disparità, le contraddizioni sociali. Quindi lo stile è strumento di comunicazione e di azione sociale, ma viene sicuramente unito anche alle funzioni materiali (es. lo stile di un abito può esser pensato per adattarsi anche alle condizioni climatiche o alle occasioni in cui vengono indossati).

PRECURSORI ILLUSTRITra i più importanti precursori dell’archeologi postprocessuale vi è il filosofo ed archeologo inglese Robin G. Collingwood, per il quale i dati non esistono e il passato si può rivivere solo nella propria testa immedesimandosi nel modo di sentire degli antichi. Un richiamo al passato, collegandosi all’archeologia storico-culturale, è stato fatto da Hodder citando Childe, che notava come gli uomini non si adattino all’ambiente per quel che è ma per ciò che percepiscono.

GLI SVILUPPI PIU’ RECENTINel corso degli anni, tuttavia, l’archeologia postprocessuale ha parzialmente modificato il proprio orientamento. All’inizio, la metafora della cultura materiale come testo da cui ricavare i diversi significati usati nei vari contesti era stata importantissima, ma successivamente e negli anni ’90, in fase interpretativa, si cerca di leggere il passato recuperando la storicità del dato archeologico riconoscendolo come un insieme oggettivo, soggettivo, materiale ed ideale. La cultura materiale dunque oggi viene rivalutata e risulta costituita oltre che in modo significante, anche pragmaticamente dove un oggetto deve essere idoneo allo scopo per cui è stato prodotto.

GENDER ARCHAEOLOGYNell’archeologia postprocessuale un’importante tendenza è la Gender Archaeology (anni ’80, nel movimento femminista). Essa si configura come lavoro svolto da archeologhe che scrivono di altre donne, siano esse colleghe o donne del passato, per cogliere il loro ruolo nella storia, smascherando il maschilismo degli archeologi nello scrivere di uomini e nel discriminare le donne, legandole ad una posizione di passività e remissività. Oggi, stabilita parità tra i sessi, la Gender si propone di estendere l’indagine a varie questioni, concentrandosi soprattutto sul concetto di gender, che è un concetto culturale e sociale più che biologico. La gender infatti studia gli orientamenti degli individui, nonché altri aspetti caratteristici della vita social: es. lo studio di alcuni oggetti, case, conventi, luoghi di lavoro, può portare a conoscere le diverse configurazioni degli spazi utilizzati da donne e uomini, le strutture familiari, la divisione del lavoro.

LO STRUTTURALISMOAd aver influito sulla storia del pensiero occidentale moderno vi è il postprocessuale Claude Lèvi-Strauss (1908), che dava importanza alle osservazioni sul campo, rifuggiva dalla filosofia e dalle teorie, accettava il primato dell’economia e l’utilità del marxismo per lo studio delle società umane. La sua opera “Il pensiero selvaggio” ha avuto come obiettivo l’analisi integrale dei sistemi sociali, riducendone la complessità mediante lo studio di ciò che è alla loro base: le strutture mentali. Egli, in base a ciò, ha studiato e comparato migliaia di miti, soprattutto americani, in cui ricerca un retroterra comune; per il suo pensiero che dietro le cose complesse c’è sempre la semplicità, e da qui la ricerca di, ricorrenza, somiglianze e differenze nel pensiero simbolico dei diversi popoli. Con tale metodo egli arriva a riconoscere il semplice mediante simboli riducibili a coppie di elementi opposti: cielo e terra, alto e basso ecc. che uniti insieme formano la totalità universale, come un insieme di elementi costitutivi le strutture base del pensiero umano, da qui la parola strutturalismo. In sostanza, rifiuta il concetto di libertà e scelta umana e si concentra invece sul modo in cui l’esperienza e il comportamento umano sono determinati da varie strutture. Lo strutturalismo di Strauss è diverso da quello dell’approccio marxista, in questo caso le

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strutture mentali sono immateriali, prerogativa di ogni uomo che vive in società, nonché conseguenza delle modalità di comunicazione e di scambi tra essi. L’analisi di Strauss non si occupa di cambiamento, ciò che conta sono le strutture invariabili del pensiero, il tempo è ripetizione e riattualizzazione delle opere di antenati. Per l’antropologo, le società che per altri sono senza storia, sono invece fatte per durare perché organizzate per evitare cambiamenti; sono dette “fredde” e differiscono da quelle “calde”: in continuo cambiamento. Complessivamente, la posizione di Strauss è stata ritenuta inaccettabile da molti critici che lo hanno definito antistorico per il suo particolare modo di intendere la “lunga durata” come un immobilismo etnografico dove ogni mutamento è escluso, il tempo è assente, le differenze culturali sono trascurate, ove vi è l’assoluta ignoranza dei caratteri evoluzionistici riscontrati nell’uomo.

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LA RICOMPOSIZIONE DEL CONFLITTO

UN FUTURO PLURIVERSOOggi in archeologia esistono vari paradigmi: storico-culturale, processuale, marxista, postprocessuale. Molti di questi non sono accettati pienamente da tutti gli archeologi. I paradigmi si riducono così spesso a opinioni contrastanti. Con la New Archaeology si pensava alla nascita di un’archeologia matura e adulta, ma anziché alla maturità attesa, si giunse ad uno stato di crisi in quanto si sosteneva che i new archaeologists si fossero occupati solo di teoria, perché non avevano siti importanti da scavare, mentre i postprocessuali avrebbero fatto la stessa scelta quando il I ministro inglese Margaret Thatcher tagliò i fondi destinati alla ricerca sul campo. Bisogna ovviamente riconoscere pregi e difetti ad ogni corrente. Un merito riconoscibile alla New Archaeology è stato il rigore metodologico e quindi la verificabilità delle procedure laddove non sia immediatamente possibile misurare l’attendibilità delle interpretazioni. Importante è riconoscere la centralità del rapporto uomo-ambiente, o uomo-territorio, o uomo-natura per comprendere i modi di formazione delle stratificazioni, quindi designare la cultura come sistema di adattamento ambientale sembra ancora efficace se però non si dimentica che il rapporto uomo-ambiente non si riduce a uomo-risorse, poiché deve comprendere anche aspetti non economici e non razionali. Inoltre bisogna sviluppare, oltre all’approccio sincronico, la ricerca diacronica, accettando come base la cultura storica e ponendo in relazione testimonianze archeologiche con altre fonti, e cercando di valorizzare quanto tradizionalmente ha costruito l’archeologia storico-culturale descrivendo singoli casi e organizzandoli in serie. Il contesto è poi fondamentale, inteso in vari modi, sia come espressione materiale che ideologica; una sequenza logica che si propone per ogni ricerca archeologica.

UOMO, TECNICA, ARTEL’etnologo Andrè Leroi-Gourhan (1911-1986) è stato uno dei più grandi studiosi dell’uomo. Egli ha studiato, mediante scavi stratigrafici, le superfici abitative ai fini della distribuzione spaziale delle attività. Ha volto la sua attenzione alle operazioni tecniche elementari che contraddistinguono l’operare dell’uomo in qualsiasi contesto. L’obiettivo è sempre antropologico, quindi non lo studio delle tecniche umane ma dell’uomo, che pensa e agisce tecnicamente. Egli organizzò migliaia di schede dedicate all’attrezzatura tecnica elementare ed espose il suo pensiero nell’opera: “Evoluzione e tecniche” divisa in due volumi:1. “L’uomo e la materia”2. “Ambiente e tecniche”Gourhan studiò l’arte paleolitica: tecniche di pittura, tempo di esecuzione, distribuzione spaziale dei segni e le relazioni tra essi. L’opera dell’etnologo è un esempio di come sia necessario scegliere quando occorra essere materialisti e quando si possano scegliere altre strade.

ARCHEOLOGIA COGNITIVANegli anni ’80 l’archeologia cognitiva della mente legò aspetti processuali e postprocessuali. Essa studia sia il sapere tecnico dei manufatti, le capacità progettuali, la percezione del territorio, la previsione sull’uso delle risorse, i meccanismi di creazione del prestigio e del potere; sia cerca un modo per testare le ipotesi relative agli aspetti simbolici della cultura materiale riducendo la libertà interpretativa di derivazione idealista. L’archeologia cognitiva studia scienza, tecnica, ideologia, iconografia, cosmologia e religione, affrontando questioni sulla trasmissione del sapere e motivando le scelte dei gruppi sociali, con il rischio che ciò che si pensa nel presente possa essere trasmesso nelle menti del passato. Anteriormente alla comparsa dell’Homo Sapiens, l’archeologia cognitiva valuta il modificarsi dei caratteri antropologici e i condizionamenti fisiologici che obbligano i piccoli ad una lunga permanenza con la madre ed un lento apprendimento che porta a legami duraturi, infatti gli studi sul progressivo incremento del volume cerebrale negli ominidi sono volti alla comprensione dei cambiamenti nel funzionamento della mente e a tale scopo si utilizzano dati archeologici e studi di apprendimento infantile condotti dalle scienze cognitive moderne. Oggi viene ribadita da molti studiosi la necessità di dare

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sostanza allo studio dei rapporti mente-materia cosicché l’archeologia cognitiva possa avvalersi del confronto con altre fonti, studiando sia il sapere tecnico, sia l’ideologia del potere.

CACCIATORI E DETECTIVECarandini (1980) dichiara che chi scava è contemporaneamente cacciatore e scienziato. Cacciatori, detective e archeologi ragionano similmente ed utilizzano contemporaneamente tre diversi modi di organizzare le informazioni:1. metodo induttivo riguarda la raccolta di dati; dal ricorrere di casi singoli a generalizzazioni

probabili (Es. se cento castelli sono sommitali, un dato sito, essendo sommitale, è un castello); metodo degli storico-culturali;

2. metodo ipotetico-deduttivo ritiene un argomento vero se le premesse sono vere (Es. se ci sono mura di difese è un castello); da premesse certe a necessarie conclusioni logiche; metodo della New Archaeology;

3. abduzione modo di ragionare adattato a valorizzare informazioni sparse o casuali; da segnali deboli alla ricapitolazione di eventi razionali.

Il francese Jean Claude Gardin, la cui scuola ha constatato che spesso non è palese il percorso che unisce i dati all’interpretazione, dalla sistematica analisi di molti testi ha ricavato lo schema di un tipico percorso di ricerca e del modo con cui si organizzano i risultati: - dapprima si ha l’identificazione dei manufatti e il riconoscimento di un obiettivo di studio (descrivendo

l’oggetto ed evidenziandone novità o rarità);- poi segue la descrizione dettagliata dell’oggetto e la sua collocazione nell’ambito della disciplina

occupandosi dello stato delle conoscenze (in questa fase la descrizione si concentra sugli elementi più utili all’interpretazione);

- il confronto tra ciò che è noto e ciò che è evidenziato nella descrizione porta ad una reinterpretazione;- in fase di sintesi si rivalutano argomenti prima trascurati e che possono suggerire nuove ipotesi e

ricerche.In tale processo, induzione, deduzione e abduzione giocano un ruolo fondamentale e bisogna saperli distinguere per capire la logica che lega gli oggetti all’interpretazione. Gardin, a tal fine, ritiene indispensabile un linguaggio che si presti a rapide forme di comunicazione facendo schematiche pubblicazioni con nessi logici e tabelle.

LA CULTURA MATERIALECome per l’archeologia teorica, così spesso anche quella materiale può produrre noia e complicazioni. Essa è ciò che ha a che vedere con le condizioni reali di vita delle persone e in particolare i modi di produzione e le attività quotidiane intese come azioni sociali. Per cui, la storia della cultura materiale è lo studio integrale delle relazioni uomini-manufatti; i comportamenti sono ciò che gli uomini fanno e il perché lo fanno con l’opportunità di avere così per obiettivo non solo la descrizione dei singoli casi, ma anche la verifica di osservazioni più generali. Lo studio della cultura materiale può essere rappresentato come un triangolo dove tutte le parti sono collegate e, muovendo dallo studio dei manufatti, si possono distintamente affrontare sia questioni connesse a comportamenti ed utilizzi concreti (es. nel caso di un manufatto, il triangolo si sbilancia su questo lato), sia questioni simboliche (es. nel caso di un oggetto rituale, il triangolo si sbilancia su questo lato).

*Appunto: Cronologia assoluta e relativaUna cronologia può essere assoluta quando si basa su una datazione certa legata ad un evento preciso e ben conosciuto, quindi ci permette di fissare l’età in maniera esatta; o relativa quando individua relazioni e contemporaneità fra eventi di cui però non è nota esattamente la data in cui sono avvenuti: si basa infatti sull’idea che qualcosa sia più antico o più recente di qualcos’altro; l’ordinamento dei manufatti, delle società e degli eventi viene distinto in sequenze, ordinando ciò che viene prima da ciò che viene dopo.