Archeologia subacqueainAlbania(campagna2009)

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XVI, 1. Gennaio - Aprile 20 l O L'ARCHEOLOGO ~SUBAC~O 5 SPECIALE Progetto Libuma Archeologia subacquea in Albania (campagna 2009) L T" a terza missione del Progetto Libur- na. Archeologia subacquea in Alba- nia, diretta da G. Volpe e coordinata da D. Leone e M. Turchiano del Diparti- mento di Scienze Umane dell'Università de- gli Studi di Foggia insieme a A. Anastasi e A. Hoti dell'Istituto di Archeologia del Cen- tro Studi Albanologici di Tirana, si è svolta tra il 25 luglio e il lO agosto 2009. TI progetto, avviato nel 2007, si avvale di numerosi partner ed enti promotori, suppor- tato dal punto di vista tecnico-scientifico del- l'Associazione A.S.S.O di Roma (M. Maz- zoli, B. Rocchi, M. Vitelli), da un collaboratore esterno (G. Disantarosa, asse- gnista di ricerca presso l'Università di Bari) e dall'impegno e partecipazione di dottori di ricerca (A. De Stefano, N. Mangialardi), tec- nici-amministrativi (E. Ancona), tecnici-su- bacquei CM. La Viola) e studenti (A. Pasto- rino;M.Lo Muzio) dell'Uni- versità di Foggia. La documen- tazione vi- deo-foto- grafica è stata effet- tuata da G. Ciavarella, G. Cislaghi e M. Vi- telli. TI pro- getto ha vi- sto nel corso degli anni l'ade- sionedi nu- merose isti- tuzioni italiane e Carta generale dell' Albania e albanesi tra particolare del Golfo di Valona. cui la Re- Équipe albanese e italiana della campagna 2009. gione Puglia-Assessorato al Mediterraneo, il Ministero per gli Affari Esteri (che lo ha in- serito tra i Progetti di Rilevante Interesse Scientifico) e il Ministero della Cultura alba- nese, l'Agenzia per il Patrimonio Culturale Euromediterraneo di Lecce e la Guardia di Fi- nanza-Nucleo Frontiera Marittima di Du- razzo (Col. C. Serra, Cap. R. Galiardi, Lgt. S. Berrè, Mam. L. Marrocco). Decisivo il ruolo dell' Ambasciata Italiana, in particolare del- l'addetto alla cooperazione scientifica A. Ciani, per la soluzione di numerosi problemi logistici legati alla missione. La fase operativa è stata defrnitivamente av- viata a maggio-giugno con una serie di in- contri bilaterali svoltisi in Italia e in Albania, nel corso dei quali si è cercato di definire l'area di intervento e programmare al meglio le future azioni e le attività scientifiche. Dopo le ricerche condotte nel 2007, nel corso delle quali è stata indagata l'ampia Baia di Porto Palermo, nel territorio di Borsh, a circa 40 Km a Nord da Saranda, naturale punto di sosta e di rifugio per le navi che praticavano il cabotaggio e sede del castello di Ali Pasha di Tepelene (1741-1822), a partire dal 2008, le indagini archeologiche si sono concentrate nella Baia di Valona, l'antica Aulona, e in particolare presso l'area di Orikum, teatro di una famosa battaglia combattuta dalle flotte di Cesare e Pompeo durante la Guerra Civile (vd. L'Archeologo subacqueo, 41-42, 2008, pp. 2-15). Le ricerche della seconda campa- gna hanno inoltre riguardato un sito parzial- mente sommerso a Nord di Valona, in località Capo Triporti, dove sono state docu- mentate numerose strutture (mura, ambienti, una strada, ecc.) e a circa 1 km dalla costa, è stato intrapreso lo scavo di una piccola por- zione del relitto Triporti 1. TI campionamento del legno e le analisi al Cl4 per deterrniname la cronologia (in assenza, al momento, di traccia del carico o di materiale ad esso as- sociato), effettuate dai laboratori CED AD di Lecce, hanno fornito una datazione compresa tra il1400±1650. Negli stessi laboratori lec- cesi sono stati sottoposti ad analisi anche i resti di una struttura lignea riferibile ad un probabile relitto individuato nei fondali di Baia dell' Orso, documentati in un' area da cui provengono una serie di contenitori medie- vali, alcuni dei quali prodotti nelle fornaci di Otranto. Le analisi hanno fornito una data- zione con un range compreso tra l400±1600,

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XVI, 1. Gennaio - Aprile 20 l OL'ARCHEOLOGO

~SUBAC~O5

SPECIALE

Progetto LibumaArcheologia subacquea in Albania (campagna 2009)

LT"a terza missione del Progetto Libur-na. Archeologia subacquea in Alba-nia, diretta da G. Volpe e coordinata

da D. Leone e M. Turchiano del Diparti-mento di Scienze Umane dell'Università de-gli Studi di Foggia insieme a A. Anastasi eA. Hoti dell'Istituto di Archeologia del Cen-tro Studi Albanologici di Tirana, si è svoltatra il 25 luglio e il lO agosto 2009.TI progetto, avviato nel 2007, si avvale dinumerosi partner ed enti promotori, suppor-tato dal punto di vista tecnico-scientifico del-l'Associazione A.S.S.O di Roma (M. Maz-zoli, B. Rocchi, M. Vitelli), da uncollaboratore esterno (G. Disantarosa, asse-gnista di ricerca presso l'Università di Bari)e dall'impegno e partecipazione di dottori diricerca (A. De Stefano, N. Mangialardi), tec-nici-amministrativi (E. Ancona), tecnici-su-bacquei CM. La Viola) e studenti (A. Pasto-

rino;M.LoMuzio)dell'Uni-versità diFoggia. Ladocumen-tazione vi-deo-foto-grafica èstata effet-tuata da G.Ciavarella,G. Cislaghie M. Vi-telli. TI pro-getto ha vi-sto nelcorso deglianni l'ade-sionedi nu-merose isti-tuzioniitaliane e

Carta generale dell' Albania e albanesi traparticolare del Golfo di Valona. cui la Re-

Équipe albanese e italiana della campagna 2009.

gione Puglia-Assessorato al Mediterraneo, ilMinistero per gli Affari Esteri (che lo ha in-serito tra i Progetti di Rilevante InteresseScientifico) e il Ministero della Cultura alba-nese, l'Agenzia per il Patrimonio CulturaleEuromediterraneo di Lecce e la Guardia di Fi-nanza-Nucleo Frontiera Marittima di Du-razzo (Col. C. Serra, Cap. R. Galiardi, Lgt. S.Berrè, Mam. L. Marrocco). Decisivo il ruolodell' Ambasciata Italiana, in particolare del-l'addetto alla cooperazione scientifica A.Ciani, per la soluzione di numerosi problemilogistici legati alla missione.La fase operativa è stata defrnitivamente av-viata a maggio-giugno con una serie di in-contri bilaterali svoltisi in Italia e in Albania,nel corso dei quali si è cercato di definirel'area di intervento e programmare al megliole future azioni e le attività scientifiche.Dopo le ricerche condotte nel 2007, nel corsodelle quali è stata indagata l'ampia Baia diPorto Palermo, nel territorio di Borsh, a circa40 Km a Nord da Saranda, naturale punto disosta e di rifugio per le navi che praticavanoil cabotaggio e sede del castello di Ali Pashadi Tepelene (1741-1822), a partire dal 2008,le indagini archeologiche si sono concentrate

nella Baia di Valona, l'antica Aulona, e inparticolare presso l'area di Orikum, teatro diuna famosa battaglia combattuta dalle flottedi Cesare e Pompeo durante la Guerra Civile(vd. L'Archeologo subacqueo, 41-42, 2008,pp. 2-15). Le ricerche della seconda campa-gna hanno inoltre riguardato un sito parzial-mente sommerso a Nord di Valona, inlocalità Capo Triporti, dove sono state docu-mentate numerose strutture (mura, ambienti,una strada, ecc.) e a circa 1 km dalla costa, èstato intrapreso lo scavo di una piccola por-zione del relitto Triporti 1. TI campionamentodel legno e le analisi al Cl4per deterrninamela cronologia (in assenza, al momento, ditraccia del carico o di materiale ad esso as-sociato), effettuate dai laboratori CED AD diLecce, hanno fornito una datazione compresatra il1400±1650. Negli stessi laboratori lec-cesi sono stati sottoposti ad analisi anche iresti di una struttura lignea riferibile ad unprobabile relitto individuato nei fondali diBaia dell' Orso, documentati in un' area da cuiprovengono una serie di contenitori medie-vali, alcuni dei quali prodotti nelle fornaci diOtranto. Le analisi hanno fornito una data-zione con un range compreso tra l400±1600,

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L'ARCHEOWGO~_~SUBACQJ)EO

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~.

TRIPORTI

BAIA DI G MA

• 25

SITO TOPONIMO

Baia di S.GiovanniBaia dell'OrsoMERMER\Cave di MarmoBaia di GramaPunta RagusaBaia a SUD di Punta RagusaCosta NORD di Punta RagusaCosta NORD di Punta RagusaGolfo di OrikumBaia di S. VasilioBaia di DafioeLago di Paleo Kastro

161718'9202'222324252627

10 km

Penisola di Karaburun e Golfo di Valona - Pianta dei siti.

Anfora corinzio-corcirese B' (UTS 16D). Pitale di età moderna (UTS 16D).

separando in questo modo i dati della crono-logia dei reperti da quelli riferibili alle strut-ture lignee.

Nel corso delle campagne 2008 e 2009 è stataavviata una mappatura preliminare a cam-pione, da Nord (Triport) a Sud (Karaburun)

della stessa baia, con l'intento di raccogliereinformazioni quanto più esaustive sulle ca-ratteristiche morfologiche e batimetriche deifondali e sulla tipologia delle testimonianzearcheologiche subacquee. Con l'ausilio dipiccoli mezzi da diporto e di una motovedettadella Guardia di Finanza sono stati effettuaticampionamenti e foto-videoriprese mediantestrumentazione subacquea, coprendo una fa-scia batimetrica compresa tra -2 e-50 m. Inumerosi dati raccolti hanno consentito inparticolare di pianificare la terza campagnadi ricerca, nel corso della quale è stata inda-gata dettagliatamente la fascia costiera delpromontorio Karaburun.

G.V.,A.A.

Le ricerche del 2009: metodo, strumenti,obiettivi

Attraverso 100 immersioni, per una duratacomplessiva di circa 150 ore di attività su-bacquea, condotte a profondità comprese tra-2/-3 e -40/-45 m, è stato possibile racco-gliere una serie di informazioni sulle fre-quentazioni preromane e romane, medievalie di età moderna del tratto di litorale albaneseche comprende la costa occidentale e orien-tale del promontorio di Karaburun e la Baiadi Valona. Le uniche indagini riguardantiquesto comparto costiero risalgono agli anni'70 - '80 del secolo scorso; queste ultime, tut-tavia, forniscono una mappatura non esau-stiva dei depositi subacquei e delle relativetipologie.I siti sono stati identificati geograficamentetramite un ricevitore G.P.S. GARMlN men-tre i contenuti descrittivi delle singole unitàtopografiche sono stati registrati in un primomomento su schede cartacee, redatte diretta-mente sulle imbarcazioni e, successivamente,presso il laboratorio sono state riversati in undatabase generale. La gestione finale dei datiraccolti è stata effettuata mediante il sistemaG.I.S. che ha permesso una corretta georefe-renziazione dei siti ed una valutazione quan-titativa della distribuzione dei ritrovamenti.L'elemento minimo scelto su cui definire lagriglia di raccolta e la normalizzazione delleinformazioni è l'UTS (unità topografica su-bacquea) e l'UTC (unità topografica costiera)intese come singole cellule topografiche col-legabili al fondale e al territorio tramite unacoppia di coordinate, rappresentate da un se-dimento, da una dispersione di reperti, da unrelitto o da elementi strutturali e distinte at-traverso l'attribuzione di un numero accom-pagnato da una lettera. Una singola UTS opiù formano un Sito che solitamente può es-sere rappresentato da più insediamenti di-versi per funzione e cronologia. Questascomposizione dei paesaggi costieri ha con-sentito di analizzare con maggiore dettaglio e

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L'ARCHEOLOGOQSUBACQlJEOXVI, 1. Gennaio - Aprile 2010

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r SITO 25 La penisola di Karaburun~ ..V:àY La penisola di Karaburun è posizionata lungola fascia costiera centro-meridionale dell' Al-bania e delimita a Sud-Ovest il Golfo di Va-lona. Lo sviluppo morfologico della peni-sola (lunga 16 km, larga 3,5 km e alta 800 ms.l.m., con una superficie di 62 krn-) assumela forma di una lingua di terra con andamentolievemente curvilineo protesa in direzioneNord-Est. La natura prevalentemente carsicadella roccia, l'assenza di una fascia pianeg-giante costiera e la presenza di risorgive di ac-qua dolce con forte potere erosivo hanno per-messo la formazione di cavità, grotte ecaverne che si aprono sopra e sotto il livellodel mare. La costa Nord-Ovest e quellaesterna al Golfo di Valona risultano mag-giormente esposte all'impeto delle mareg-giate, fenomeno che nel tempo ha contribuitoa modificare la morfologia, attraverso frane ecrolli. A Nord della penisola, dove lo strettola divide dall'isola di Sazan, si segnala lagrotta marina di Haxhi Alise, la più grandedella regione (lunga 30 m, alta 10-15 m elarga 9,5 m), creata dall'azione corrosivadelle onde del mare.L'osservazione della linea di costa dell'interapenisola permette di definire selle e incavicostieri, baie in corrispondenza di solchi ero-sivi e piccole spiagge costituite da ciottoli.Le attività di prospezione subacquea del2009 lungo questa penisola hanno permessodi individuare 12 siti e 29 unità topografichesubacquee.Risalendo la costa orientale del promontoriodi Karaburun verso Nord, lasciandosi allespalle il paesaggio costiero caratterizzato daun maggior numero di insenature affiancateposte in corrispondenza dell'ansa Sud-occi-dentale del Golfo di Valona, il braccio dellapenisola assume un andamento curvilineo

42 A ,.,.43

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52

Baia di San Vasilio

2km

- t ANCORA • ;!~~17AlI\ BOZZEllO /"\ COSTRUZIONE D TERRA• UTS f ANfORE • CERAMICA - LATERIZ1 - - METALlO • .,.,.v,~ 'W BRONZEO .l L. PORTUALE

Baia di San Vasilio - Carta delle UTS 25 A-F.

contemporaneamente di capire il rapporto trale evidenze rilevate.Il Progetto Liburna si propone di fornireelementi utili alla ricostruzione dei pae-saggi costieri e insieme censire beni cultu-rali attraverso un approccio 'globale' dellaricerca archeologica. Non minore rilievo èassegnato alle questioni che coinvolgono latutela e la valorizzazione del patrimonio ar-cheologico sommerso, con l'auspicabilecreazione di strutture stabili albanesi di ri-cerca archeologica subacquea, di un nucleodi polizia o guardia costiera addetto alla vi-gilanza del litorale, di un Museo del Maree di parchi archeologici subacquei, ancheper contribuire ad uno sviluppo turistico-culturale e ambientaI e legato all'archeolo-gia subacquea e alle attività scientifichemarittime.Strettamente intrecciati a queste finalitàsono anche gli obiettivi formativi: paralle-lamente al programma di survey è stata pre-vista da parte dell'Università di Foggiaanche l'istituzione di corsi di archeologiasubacquea presso il Museo Archeologico diDurazzo; in tal senso significativa è stata lapartecipazione alla campagna 2009 di al-cuni studenti dell'Università di Tirana (D.Dika, A. Mara, E. Shahini, A. Bita), non di-rettamente coinvolti nelle attività subac-quee poiché al momento sprovvisti dibrevetto, ma con un ruolo di primo pianosoprattutto 'nella gestione del Laboratorioallestito presso lo Yatching Club "Marina

di Orikum". Il loro contributo si è rivelatoproficuo nelle operazioni di conservazione,catalogazione e documentazione grafica deireperti. L'équipe albanese ha contribuito tral'altro alla raccolta dei testi di riferimentoin albanese utili alla ricerca e, già dalloscorso anno, si è maggiormente integratacon il gruppo partecipando agli scavidell'Università di Foggia presso la villa diFaragola (Ascoli Satriano, FG, Italia).

DL.

SITO 16\ UTS ClASSE\Q.TA'

, ..35

45

4143

"m- t ,STATUffiA l1> BOZZSJ.O .lÌ. COSTRUllOHE D TERRA

• UTS f ANFORE • CERAMICA - LATERIZI - - METAUO ANCORA. 8RONZEA W BRONZEO PORTUAlE

Baia di San Giovanni - Carta delle UTS 16A-D.

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L'ARCHEOLOGOGSUBACQ1JEO XVI, 1. Gennaio - Aprile 2010

Anfora orientale Agorà M 274 similis (UTS 26B).

ma più lineare rispetto alla costa. Il trattoposto a Nord di Punta Ragusa II(Sito 22,UTS 22 A) è stato definito da un transetto re-golare impiantato parallelamente alla costaed esplorato a partire da una profondità di -2,5 fino a toccare i -40 m, attraverso squadrecomposte da 5 archeologici affiancati ad unadistanza di ca. 8-10 m l'uno dall'altro. Il fon-dale, roccioso sotto costa, con una leggerapendenza fino a -15 m, che diventa scarpataripida intorno ai -30 m, presenta un depositolimo-sabbioso che ha reso non facile l'indivi-duazione delle evidenze, nonostante risultinodel tutto assenti banchi di posidonia e di ve-getazione; la torbidità dell' acqua, a causadella continua sospensione, sembra essereuna costante dell'area. Nel corso della rico-gnizione sono state individuate due anforeframmentarie isolate vicine (UTS 22A), unaattribuibile al periodo ellenistico e l'altra aquello tardo antico .La linearità della costa è interrotta in corri-spondenza della Baia di San Vasilio (Sito25, UTS 25 A-F), un'ampia insenatura dipoco rientrante. Le ricerche in questo com-parto si sono concentrate all'interno dellabaia stessa e lungo la costa posta immediata-mente a Sud e a Nord della stessa. Sono stateimpostati 6 transetti contigui, 3 a settentrionee i restanti a meridione, risparmiando unasola piccola porzione non indagata.Il sito è stato individuato grazie alle notizieedite e alla segnalazione di un pescatore cheaveva avvistato reperti archeologici ad unaprofondità compresa tra -20 e -40 m. e in par-ticolare, di anfore (intorno ai -40 m) che po-teva suggerire la presenza di un relitto.L'estensione della baia e della costa ha ri-chiesto numerose immersioni di squadre disubacquei che hanno battuto i fondali dispo-nendosi a profondità diversificate seguendole batimetriche comprese tra -5 e -18/-20 e lafascia tra -30 e -35 m. Fino a 5 m ca.la costaè stata pesantemente alterata dall'attività dei

Rinvenimento del romano in bronzo.

pescatori di datteri indiziata dalla presenza didepositi di roccia spaccata in piccoli pezzi.La concentrazione di materiale archeologicosi è rivelata essere alquanto scarsa, ad ecce-zione di una piccola insenatura ubicata a Suddella Baia di San Vasilio, dove sono stati ri-trovati, a circa -6 m di profondità, frammentidi ceramica rustica tradizionale (Xvlll -XXsec. d.C.) e pareti di ceramica comuneacroma e da fuoco medievale (UTS 25 D-E).Isolata resta un'anfora tardorepubblicana diprobabile produzione italica, recuperata quasiintegra, su un fondale caratterizzato da ap-porti litici in prossimità della costa, a circa -lO m di profondità (UTS 25 F).Nel tratto settentrionale della baia, ispezio-nato fino a -30/-35 m di profondità anche conl'impiego di scooter subacquei, il fon-dale si presentava uniformemente di-gradante con sabbia e ciottoli e, a partireda -20 m circa, si è registrata la pre-senza di accumuli di fanghiglia. Incorrispondenza del capo settentrio-nale della Baia di San Vasilio sonostate rinvenute anfore frammenta-rie di età medievale (UTS 25 A), dietà tardoantica insieme a ceramicaacroma comune (UTS 25 B), cera-mica di età contemporanea (UTS25 C).L'esito problematico del-le ricerche in quest'areaè senza dubbio legata al-la natura dei fondali sco-scesi, caratterizzati dauna notevole pendenza eprivi di 'barriere' roccioseintermedie che possano averintrappolato materiali di varianatura scivolati verso il fondo. Le stratifica-

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Romano di stadera con le sembianzedi Minerva.

zioni di fanghiglia e i corposi depo-siti di ciottoli rendono ulteriormentedifficoltosa la lettura dei fondali, ce-landa l'eventuale presenza di relitti

che appare altamente probabile alla lu-ce della conformazione della costa.

In tale contesto sarebbero au-spicabili prospezioni di tipostrumentale.Più a Nord, in corrispondenza

del capo orientale della peni-sola, noto come Capo Gallove-

cit, si colloca la Baia di SanGiovanni (Sito 16) definita da una

linea di costa ad 'angolo retto', con il latooccidentale più lungo, orientato in senso

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XVI, 1. Gennaio - Aprile 2010L'ARCHEOLOGO

~iSUBACQJ)EO

Puleggia di bronzo (UTS 26 B).

Nord-OvestlSud-Est che, proprio per la suaconformazione permette un naturaleriparo dai venti dei quadrantiNord-occidentali. Le potenzia-lità archeologiche dell' areasono state verificate attraversol'impianto di tre transetti: ilprimo ubicato lungo la costameridionale della baia e gli altridue immediatamente a Nord-Este a Nord-Ovest di Capo Gallove-cit, tratti dei quali non è stato pos-sibile registrare tracce difrequentazione antropica sui fondali for-temente scoscesi e melmosi.Le indagini in corrispondenza delprimo transetto sono state concentrate intor-no ad uno scoglio affiorante posto a Nord-Est di un piccolo braccio naturale di terrache si stacca dalla costa meridionale, proba-bile ostacolo naturale alla navigazione e alriparo delle imbarcazioni in caso di tempe-ste (UTS 16 C-D). Il fondale nell'area orien-tale si presenta scosceso, a tratti melmoso,con praterie rade di posidonia e la presenzadi massi calcarei di medie e grandi dimen-sioni, soprattutto sottocosta e in corrispon-denza delle foci della fiumara. La parte adOvest, invece, presenta un fondale sabbiosocon ampie zone di posidonia e radi affiora-menti rocciosi (per circa 20 cm, a partire dal-la superficie dell'acqua), in corrispondenzadella zona centrale dell'ansa.Le ricognizioni subacquee hanno evidenzia-to una sporadica presenza di reperti archeo-logici, dovuta, verosimilmente, al consisten-te strato litico precipitato dai monti a ridos-so della costa che ricopre buona parte dellasuperficie dei fondali marini insieme a sedi-menti melmosi.

L'episodica attestazione di evidenze ar-cheologiche testimonia una fre-

quentazione di difficiledefinizione sulla base deidati attualmente dispono-bili, rappresentata da ma-teriale ceramico,rinvenuto ad una pro-fondità compresa fra i -7e c 11 m e sparso, senza

particolari concentra-zioni, caratterizzati da cro-

nologie distanti fra loro,riferibili all'età ellenistica, aquella medievale fino al XVII-XVIII sec. Non si può esclu-

dere, infine, una frequentazione di etàromana primo-imperiale, confermata per lapresenza di reperti frammentari posti ad unaprofondità maggiore (-20/-25 m).La costa occidentale del promontorio di Ka-raburun, a Sud di Punta Linguetta, risultavaessere già stata parzialmente indagata nellacampagna del 2008. Il litorale , caratterizzatoda conformazioni rocciose a strapiombo e dafondali profondi (-45/-50 m circa), è apparsoprivo, per un ampio tratto di insenature na-turali e di piccole baie naturali. Laprima possibilità di attracco èrappresentata dalla Baia di Da-fine (Sito 26), una piccola in-senatura caratterizzata daun'ampia apertura orientataad Est e da un'ansa che rien-tra verso Nord-Est, termi-nando in una piccola spiaggia.Il nome 'Dafine' deriverebbedalla presenza di alberi di allorosulla terraferma. Moneta dell'imperatoreIl fondale, in prossimità della Gallieno (253-268 d.C.).

Moneta di Gallieno (UTS 26 B).

La puleggia.

spiaggia, si presentava ricoperto da ciottoli eda detriti, accumulatisi in relazione all'atti-vità di trasporto da parte dell'acqua piovanache, soprattutto nei mesi autunnali e inver-nali, con regime torrentizio scorre verso ilmare, raccogliendosi in fiumare, all'internodi solchi carsici. Allontanandosi dalla costa ifondali sono caratterizzati dalla presenza diconsistenti depositi di sabbia con pietrame divarie dimensioni, intervallati da banchi di ra-dici morte di Posidonia Oceanica e da vege-tazione marina. La visibilità è risultata essereottima in relazione alla qualità dell' acqua ebuona in rapporto alla tipologia di vegeta-zione.Ad una preliminare attività di prospezioni su-bacquee, condotte seguendo le batimetrichecomprese tra -8 e -20 m all'interno della baiae la fascia dei -30/-40 m verso l'apertura del-l'insenatura e i tratti costieri esterni, si è af-fiancato un breve sondaggio di scavoarcheologico impiantato ad una profondità dicirca -lO m. Tale scelta è stata dettata dal-l'individuazione, nell'ambito delle attività diricognizione, di materiali metallici di un certopregio e di manufatti ceramici attestati su unampio areale di distribuzione (UTS 26 A-B).Tra questi estremamente interessante risultala scoperta di un romano di stadera in bronzo,dalle sembianze di Minerva, di una puleggiain bronzo, di una placchetta in metallo (?) edi una moneta dell'imperatore Gallieno (253-268 d.C.).Per questo sito l'indagine, finalizzata esclu-sivamente a valutare le potenzialità archeo- \logiche del contesto, si è svolta attraverso 38immersioni, per una durata complessiva dicirca 40 ore di attività subacquea. Una partedel giacimento subacqueo era ricoperta dalleradici di Posidonia Oceanica che avevanoformato un manto estremamente compatto,spesso circa 1-1,5 m.Illimitato tempo a disposizione, la tipologiadelle evidenze archeologiche alquanto etero-genee (ceramica comune da mensa e di-spensa' da fuoco, anfore inquadrabili tra il msec. a.C. e il X-XI sec. d.C.) e le caratteristi-che del fondale ha orientato la scelta di adot-tare una quadrettatura 'flessibile' (4 x 4 m),realizzata con picchetti piantati sul fondale,

collegati fra loro da retini elastici. Per leattività si scavo sono state utilizzate

due sorbone ad acqua, collegatea motopompe sistemate susupporti movibili poste lungola linea di costa della baia.Il saggio di scavo (UTS 26 C

- Saggio I), le cui attività di in-dagine sono state interrotte bru-

scamente dal peggiorare dellecondizioni meteorologiche, non

consentendo di completare leindagini, ha portato all'indi-viduazione di una significa-

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lO

L'ARCHEOLOGO~SUBACQJ;EO

400 m

SITO 26

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Baia di Dafine-, .

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• ves 'ANFORE • CERAMICA. _ LATEfUZI _-_ MSTAl.LO t ANCORA ,., ~~A ffi :~ .fl ~~HE •••• OSSIANIWJJ DBaia di Dafine - Pianta delle UTS 26 A-B e del Saggio l.

Baia di Dafine (Sito 26).

tiva quantità di anfore e di ceranriche comunida cucina e da mensa. Sono stati rinvenuti,inoltre pochi frammenti di recipienti in vetroe alcune ossa animali (suini, bovini e ovica-prini) e di frammenti cerami ci (US l).L'estrema fragilità delle ceramiche che sem-bravano, in alcuni casi, quasi 'bruciate', po-trebbe suggerire la presenza di un incendiodivampato a bordo prima dell'affondamento,piuttosto che essere legata a particolari carat-teristiche del fondale o a problematiche con-dizioni di giacitura. È importante segnalarela presenza, tra i materiali rinvenuti, di cera-miche da cucina con tracce di fumigazionein corrispondenza dei fondi e degli orli, iden-tificabili come stoviglie utilizzate a bordo.

La Baia di Dafine apparentemente rappre-senta per le imbarcazioni un luogo idealedove effettuare una sosta temporanea, trovareriparo, praticare riparazioni soprattutto con-siderando 1'assenza di insenature per unlungo tratto di costa dopo Capo Linguetta. Inrealtà non si tratta di una baia chiusa e benprotetta dai venti, ma di una insenatura natu-rale con una grande apertura che non offrivareali possibilità di riparo a causa dell'orien-tamento, esposta alle correnti ventose setten-trionali, occidentali e parzialmente a quellemeridionali .Èprobabile che le imbarcazioni, dopo il pas-saggio difficile di Capo Linguetta, caratteriz-zato dalla presenza di opposte correnti,

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Reperti vitrei (UTS 26 B).

navigando sottocosta verso Sud, in condi-zioni di maltempo, abbiano individuato laBaia di Dafine come un riparo apparente-mente sicuro per una sosta, in attesa del mi-glioramento delle condizioni meteorologicheche avrebbero consentito di riprendere la na-vigazione di cabotaggio verosimilmenteverso Sud (passando ad esempio dalla Baiadi Grama) o verso Ovest (verso l'oppostasponda dell' Adriatico). Non si può escludereuna navigazione verso Nord, in direzionedella Baia di Valona.La Baia di Dafine, pur non assicurando pos-sibilità di reale riparo in caso di burrasca, po-teva, però, garantire buone condizioni diancoraggio in attesa di venti favorevoli allaripresa della navigazione. È verosimile chele imbarcazioni ancorassero in prossimitàdell'ingresso alla baia dove i fondali presen-tano profondità maggiori (intorno ai -30/-50m circa), preferendo restare ad una certa di-stanza dalla costa per avere la possibilità ditogliere gli ormeggi rapidamente per evitaredi essere sbattute contro gli scogli in caso divento violento improvviso o per il cedimentodelle ancore.È difficile, infatti, proporre interpretazioniconvincenti in merito alla natura del giaci-mento subacqueo, se i materiali rinvenutipossano essere identificati come elementi delcarico o come materiale di bordo di una o piùimbarcazioni naufragate, oppure debbano es-sere collegati all'attività di getto a mare danavi in sosta temporanea in questa insena-tura.Il ritrovamento di ceramiche ascrivibili aduna ampio arco cronologico (V-IX sec. d.C.),potrebbe suggerire la presenza di più relitti odi ancoraggi di epoche differenti, comespesso accade per alcune zone particolar-mente frequentate e pericolose per la naviga-zione. I materiali nel tempo potrebberoessersi mescolati per fenomeni idrodinamici.La prossimità del giacimento archeologicosottomarino alla spiaggia può aver ulterior-mente favorito processi di contaminazionedei materiali, per l'elevata possibilità di nau-fragi e per la notevole frequentazione antro-piea.L'identificazione dei resti con uno o più relittiappare estremamente problematica e com-plessa e analogamente risultano difficilmente

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-XVI, 1. Gennaio - Aprile 2010

L'ARCHEOLOGO~SUBACQJ;EO

Impianto della sorbona per lo scavo nella Baia di Dafine (UTS 26 C).

ricostruibili le eventuali dinamiche di forma-zione del giacimento subacqueo. Nell'ipo-tesi, formulata solo a livello di suggestione,della presenza di relitti, è possibile supporreche le imbarcazioni si siano infrante violen-temente contro gli scogli nel corso di unatempesta, dopo il tentativo di trovare riparonella baia. I materiali potrebbero essersi de-positati ai piedi delle pareti rocciose e suc-cessivamente dispersi su una superficierelativamente ampia a causa del moto ondosoe delle basse profondità. La natura sabbiosadel fondale potrebbe giustificare anche lapresenza di spezzoni di legno, ipoteticamenteidentificabili con elementi delle imbarca-zioni, rapidamente coperti e protetti dallegrandi quantità di sedimenti accumulatisi.Lo spessore e la compattezza della vegeta-zione hanno infatti consentito lo scavo esclu-sivamente di una porzione delle radici mortedi posidonia. L'irregolare presenza del mantovegetativo, distribuito a 'macchia di leo-pardo', sembrerebbe riflettere l'esito diazioni di disturbo e alterazione del fondalecollegate presumibilmente ad attività antro-piche moderna (pesca, ancoraggi, ecc.),anche se non si può escludere l'attività di re-cupero non autorizzato o addirittura 'clande-stino' dei materiali archeologici, alla lucedelle basse profondità.Nell'ipotesi, invece, dell'identificazione deiresti come l'esito delle azioni legate ad an-coraggi, è possibile congetturare che si trattidi materiali gettati in mare nel tentativo di al-leggerire l'imbarcazione in pericolo e di riac-quistame il governo, oppure nell'ambitodelle operazioni di pulizia delle navi nelcorso di soste durante il viaggio. In quest'ul-timo caso dovrebbe trattarsi di oggetti nonpiù utilizzabili, sia tra i materiali di bordo sia

tra le attrezzature, o di merci avariate o di re-sidui di pasto (nel caso delle ossa animali).Alcune tipologie di materiali rinvenuti, qualiil romano di stadera in bronzo, la moneta, glioggetti in vetro e la puleggia, non sembre-rebbero far propendere per questa ipotesi.Sebbene non siano rari i casi di elementi delleattrezzature delle navi anche funzionali allemanovre veliche gettati in mare perché nonpiù funzionanti, appare difficile pensare cheabbiano voluto sbarazzarsi di materiale me-tallico che avrebbe potuto essere riutilizzato.Colpisce in ogni caso l'attestazione di unarara puleggia in bronzo: sia pur documentatein alcuni relitti, queste rotelle scannellate sucui si avvolgevano le funi per tendere le velee guidare le manovre, comunemente eranorealizzate in legni duri. La deperibilità delmateriale ha consentito in pochissimi casi laconservazione di questi dispositivi relativi al-l'armamento delle vele.Ancora più complicato, nell'ipotesi di un an-coraggio, tentare di giustificare la presenza,tra i materiali archeologici, di un romano(aequipondium) in bronzo di statera a for-ma di busto di divinità (Minerva). il rinve-nimento di uno strumento per la pesatura po-trebbe essere collegabile ad operazioni dicommercio di mercanzie o all'acquisto diderrate da caricare a bordo delle navi o dinormali vettovagliamenti per il sostenta-mento dell'equipaggio.

Le baie tra Punta Ragusa I e II

Lungo la costa Sud-occidentale della peni-sola di Karaburun risulta evidente la Punta

M.T.

Ragusa II, un braccio di terra proteso a mareconformato a gomito e ripiegato verso Sud-Est. A meridione un ulteriore braccio, laPunta Ragusa I, con un orientamento simi-lare ma meno esteso rispetto al primo, defi-nisce una baia che risulta essere la più ampialungo questo comprensorio costiero.La linea interna della costa di questa baia,nella parte mediana, è interrotta da una spor-genza in direzione Est-Sud-Est, elemento chesepara fisicamente l'insenatura in due settori:il primo definito dall'ansa Nord e il secondoda quella Sud.Le ricerche sono state concentrate maggior-mente in corrispondenza dell' ansa settentrio-nale a causa dell'interdizione alle attivitàsubacquee dovuta principalmente alla pre-senza di una vasca circolare, munita di retiche raggiungevano il fondale e destinata al-l'allevamento del pesce, posizionata nell'areacentrale. Altri fattori hanno condizionato eorientato la scelta delle aree da campionarecome la percorrenza quotidiana da parte dipescatori locali, con chiatte industriali e im-barcazioni di piccola stazza, della fascia dimare compresa tra la vasca e la costa prospi-ciente un gruppo di abitazioni poste su unpiccolo altopiano insieme alla presenza di ungruppo di navi-cisterna e militari, alcune par-zialmente spiaggiati altre attraccate ad unmolo in cementizio, posizionate nei pressi delsettore Sud-Ovest della baia. il paesaggiomarino si caratterizzava anche per la pre-senza di una boa oceanica di forma esago-nale costituita da tubi metallici e collocataall'ingresso dell'insenatura.Le punte Ragusa I e II protese a mare costi-tuisco gli elementi naturali che dall'antichi-tà fino ad oggi hanno assicurato riparo alleimbarcazioni soprattutto dai venti settentrio-nali e orientali e, in maniera parziale, daquelli di Sud-Est. L'intera area quindi, per laconformazione e per la posizione, si presen-tava ad alto potenziale archeologico, adattaalla frequentazione, all'ancoraggio e allosvolgimento di attività marinare e commer-ciali. A conferma di questa adattabilità du-rata nel tempo è stato possibile registrare lapresenza di moli di età contemporanea rea-lizzati in cemento armato: il primo posizio-nato nella porzione Sud, in corrispondenzadelle navi-cisterna spiaggiati e gli altri duelungo l'ansa Nord. Quello con dimensioniminori risultava ubicato nella parte centraledel ridosso, agganciato ad un gradino di roc-cia, costituito essenzialmente da una piatta-forma rettangolare munito di una bitta in fer-ro posta nell'angolo Sud-Est; il secondo,conservatosi in maniera parziale, era postoin maniera perpendicolare rispetto alla costae occupava la postazione più interna dellabaia. La parte terminale si presentava com-pletamente crollata ed erano visibili solo ipiloni verticali con alcuni elementi orizzon-

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L'ARCHEOWGOQSUBACQJ;EO XVI, 1. Gennaio - Aprile 20 lO

Baia tra Punta Ragusa I e II (Sito 20).

Punta Ragusa I

SITO 20UTS CLASSE\Q.TA'

•• ••• •

c •••••• ••••••• ••·-G •• •••••••••t••••••••• ••

400 m

Baia tra Punta Ragusa I e II - Carta delle UTS 20 A-l.

tali della banchina. Le verifiche subacqueehanno confermato la presenza di questi ele-menti collassati sul fondale, proprio ai piedidella struttura. I moli hanno costituito perl'équipe vere e proprie basi logistiche adat-te alle operazioni di attracco delle imbarca-zioni attrezzate per le attività di ricerca econtemporaneamente spazi utili per siste-mare in apposite casse i reperti recuperati ol-tre che punti di riferimento per il rilievo e ilfissaggio dei capisaldi galleggianti utili a cir-coscrivere le aree da indagare.

Si è potuto riscontrare come la costa rocciosadella baia digradava lentamente in mare conindici e valori uguali anche sott'acqua; incorrispondenza di batimetriche meno pro-fonde e vicine alla battigia si è registrato ac-cumuli di reperti concentrati all'interno digradini pianeggianti poco estesi. Poche areesi presentavano ricoperte da vegetazione ma-rina rendendo il livello di visibilità buonomentre con l'aumentare della profondità, trai -12 e i -30 m, i fondali si presentavano uni-formemente ricoperti da sedimenti che hanno

reso più difficoltosa la ricerca delle evidenze.I depositi argillosi, infatti, si presentavanocon una consistenza plastica ricoprendo e inalcuni casi costituendo il riempimento delleparti concave degli stessi, producendo un im-mediato sollevarsi delle sospensioni duranteil recupero, impedendo tra l'altro la prosecu-zione delle ricerche in quelle aree.Sono state individuate undici unità topogra-fiche (UTS 20 A-K) definite all'interno di tretransetti regolari.Una concentrazione di anfore e ceramica co-mune da mensa e dispensa, con indici diframmentazione medio-bassi, era posta nel-l'area mediana dell'ansa Nord (UTS 20 A),formatasi in maniera casuale probabilmentein seguito ad azioni di scarto verificatesi du-rante la frequentazione della baia in età tar-doantica.Le UTS 20 B, C e D hanno restituito reperticeramici (anfore, ceramica da fuoco e cera-mica comune acroma) stratificati e dispostisu piccole porzioni di fondale pianeggianteinsieme a numerose pietre e ciottoli di mediee grandi dimensioni. Le rotture riscontrate,sia sul materiale litico sia su quello ceramico,sono connesse alle azioni invasive dei pesca-tori di datteri, dannose nei confronti dell'am-biente costiero e in questo caso anche neiconfronti dei depositi di natura archeologica.La raccolta dei reperti è stata quindi effettuatameticolosamente solo dopo aver numerato inmaniera accurata tutti i frammenti anchequelli con dimensioni minori. L'attenzioneposta durante queste fasi di lavoro in mare siè rivelata utile nelle successive operazionisvolte presso il laboratorio a terra permet-tendo, nel caso di alcuni esemplari, la rico-struzione dell'intero profilo.La cronologia dell'UTS 20 B è fissata tra ilperiodo romano (tarda Repubblica e primaetà imperiale) e quello medievale (XI-XITsec. d.C.); la concentrazione di materiali ri-scontrata nel 20 C si è formata a partire dal nsec. a.C., attraverso una fase primo imperiale,fino ad arrivare all'età medievale. I materiali,infine, riscontrati in 20 D possono essere in-quadrati tra il I sec. a.c. e il VII sec. d.C.Ad una profondità di -15 m, lungo i fondalidell'ansa Nord, sono stati registrati pochiframmenti di ceramica afferenti all'unità to-pografica 20 E. Sono state identificate soloanfore frammentarie attribuibili a diversi pe-riodi, ubicate in contesti distanti tra di loro eposti su una secca di natura rocciosa, distin-guibile per i numerosi anfratti e per un 'saltodi quota' in direzione Sud-Est. Si tratta di re-perti databili tra il n-I sec. a.C. e il periodomedievale e non si esclude abbiano subitospostamenti in periodi successivi così comehanno dimostrato le operazioni di laborato-rio dove è stato riscontrato un attacco tra unframmento documentato in questo settore eil corrispettivo pezzo di orlo recuperato in

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XVI, 1. Gennaio - Aprile 2010L'ARCHEOLOGO

~SUBACQJ)EO

Area con dispersione di reperti ceramici (UTS 20 D).

un'area posizionata ad Ovest, nell'UTS 20 G.Quest'ultima era ubicata alla medesima pro-fondità della precedente ma si differenziavaper la composizione del fondale con sabbia agranulometria fine, pietre di piccole dimen-sioni alternate a zone con piccole concentra-zioni di posidonia. Nei punti dove lavegetazione risultava meno fitta è stato pos-sibile osservare reperti fittili (vernice nera,comune da fuoco e acroma, graffita poli-croma, anfore) prevalentemente frammentari,datati tra la seconda metà del Il sec. a.c. e ilXIV-XVI sec. d.C.Piccole secche di materiale pietro so affian-cate definivano i fondali dell'unità 20 F. In

corrispondenza dei punti sommitali di que-sti accumuli con profilo 'a cappello' e valo-ri delle batimetriche che oscillano tra i -12 ei -5 m e per i più profondi tra i -35 ei -18 m,sono stati documentati pochi materiali:frammenti di anfore, ceramica invetriata,acroma per usi domestici uniti ad un matto-ne in laterizio con tracce di malta su en-trambe le superfici hanno costituito utili ele-menti per interpretare queste concentrazionicome scarichi eterogenei con oggetti di me-tallo e di plastica relativi alle frequentazionipiù recenti.L'unità 20 H è risultata invece maggiormentecoerente dal punto di vista cronologico. Postaad una profondità maggiore, tra -25 e -27 m,

con una visibilità ridotta a causa della pre-senza di forti correnti marine, è stata regi-strata la presenza di un'ancora in ferroconcrezionata del tipo a T rovesciato e a par-tire da questa evidenza, applicando il metododella chiocciola, ad una distanza di 6 m in di-rezione Nord-Ovest, sono stati rinvenutiframmenti di anfore datate tra il V e il VIIsec. d.C. Lo stato attuale della ricerca nonpermette di definire la natura del sito; pro-getti di indagini future potrebbero far com-prendere se l'ancora sia stata abbandonata inquesto punto oppure se è da considerarsi ele-mento pertinente ad un relitto. La sua pre-senza comunque fornisce una prova chequesta zona serviva da ancoraggio.li lavoro di ricerca subacquea condotto in di-rezione Sud, movendo da 20 H, ha consentitodi localizzare, a circa 15 m di distanza daquest'ultima unità e ad una profondità com-presa tra i -28 e i -32 m, l'areale 20 L Anchein questo caso la distribuzione dei reperti èrisultata del tutto casuale, con basse concen-trazioni e definita cronologicamente tra il Il-I sec. a.c. e il XV sec. d.C. (ceramica avernice nera, comune da dispensa, da fuoco,anfore e ceramica "da farmacia", rappresen-tata da un albarello). Dal punto di vista quan-titativo, maggiori risultano i frammenti dianfore Dressel 2-4 che potrebbero ipotetica-mente appartenere allo stesso gruppo diesemplari documentati in 20 B, C e D.All'interno dello specchio d'acqua prospi-ciente Punta Ragusa I sono state effettuateprospezioni direzionate a partire dalla costaimmediatamente a Nord-Ovest dal punto piùestremo del braccio verso l'interno dell'inse-natura. Sono risultate circoscrivibili le aree20 J e K. La prima corrispondeva alla por-zione di fondale (-20/-24 m) posizionato a

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L'ARCHEOLOGO~SUBACQJ;EO XVI, 1. Gennaio - Aprile 2010

Ancora inferro a "T" rovesciato (UTS 20 H). Recupero di un albarello del XV sec. (UTS 20 I).

Sud-Est ed ha restituito pochi frammentisparsi elianfore databili tra il IV-m sec. a.C.e il V-VI sec. d.C.; la 20 K ha permesso uncampionamento più a ridosso della costa(fmo a -10m) con pochi materiali riferibili alperiodo medievale (ceramica acroma da di-spensa).Gli indici di concentrazione e elidistribuzionedei reperti dell'intera baia escludono le zonepiù esterne dei bracci naturali, anche se ri-dossate, a favore eliquelle più interne ritenutepiù adatte e meglio riparate per effettuare de-licate operazioni di attracco o eli scarico-pu-lizia delle merci.La baia a Sud di Punta Ragusa I (Sito 21)presentava un'estensione minore, ed era de-finita a settentrione dalla prima delle punteeliRagusa e a merielione da un ulteriore brac-cio proteso a mare. il profilo della costa eraa forma di piccolo cono con una evidente ra-strematura verso l'interno ed un allargamentoin direzione del più ampio Golfo di Valona.

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Le operazioni di survey hanno interessato untransetto unico che ha incluso la superficiedell'intera baia.il fondale nella fascia batirnetrica compresatra -2,5 e -40 m, ugualmente caratterizzato dastrati limo-sabbiosi con rare tracce di vege-tazione e bassa visibilità, ha restituito esiguetracce di frequentazione pertinenti a fram-menti ceramici (anfore e ceramica comuneacroma) databili a periodi diversificati (dal IIsec. a.c. all'età medievale), connotando lanatura della concentrazione come casuale(UTS 21 A). L'insieme dei reperti era posi-zionato in corrispondenza del limite Est deltransetto in un avvallamento ubicato a pocadistanza di un gradino, attraversato il qualesi passava a valori batimetrici più profondi.La baia a Nord di Punta Ragusa II, cono-sciuta come Gjiri i Arushés/Ravené (Sito 23),costituisce un elemento di continuità per lecaratteristiche geo-morfologiche di questotratto di costa che si può definire sinuoso

prima che il profilo della penisola di Kara-burun, in direzione Nord-Ovest, assuma unaspetto più lineare. Questa baia, infatti, ap-pare come l'ultima rientranza evidente primadi incontrare, molto più a Nord in corrispon-denza della testa del promontorio, la Baia diS. Giovanni (Sito 16).Tale insenatura adatta, come nel caso delleprecedenti, alle soste o a svolgere attività le-gate all' economia marinara, si presentava ri-parata dai venti settentrionali (anche se nonin maniera totale) grazie alla conformazionesporgente della fascia costiera che la definì-sce a Nord-Ovest. È risultata inoltre, dalpunto di vista morfologico, avere forti simi-litudini con la baia compresa tra le due punteRagusa, in particolare per la presenza di unasporgenza rocciosa ubicata nello spazio cen-trale protesa in direzione Nord-Est.Le ricognizioni hanno interessato i fondali al-l'interno di uno spazio che è stato definito aNord-Est da una cima ancorata a due capi-

Andreasi Pierluigi - Cerro Maggiore (Mi)Antonelli Benito - TarantoAuriemma Rita - TriesteBasco Francesco - NapoliBottoni Ugo - RomaColucci Gian Paolo - Martina Franca (fA)Copertari Aimone - Potenza Picena (Me)Corbyons Francesco - RomaCovito Carmen - MilanoD'Atri Valeria - RomaDe Salvo Lietta - Messina ContesseDelbello Carli Alessandro - Trieste

Faccenna Caporilli Lidia - RomaGandelli Lorenzo - Caorso (Pc)Laviola Marco - Lucera (Fg)Lombardi Giorgio - RomaLucano Massimo - TorinoLucherini Ivan - S. Vero Milis (Or)Mazzoli Mario - RomaMigliorati Luisa - RomaPancani Eckhart Luigi - RomaPapò Paolo Emilio - RomaVacirca Ivana - Caltagirone (Ct)Vitelli Marco - Roma

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XVI, 1. Gennaio - Aprile 2010L'ARCHEOLOGO

~SUBACQJ)EO

Costa a Nord diPunta Ragusa 11

400m

Baia e costa a Nord di Punta Ragusa II (Sito 22-23).

saldi, uno fisso su uno scoglio della costa diSud-Est e l'altro al centro della baia, munitadi galleggianti legati a distanza regolare di 2m. La stessa operazione è stata ripetuta in unaseconda battuta mantenendo la direzione eprolungando la cima dallo spazio centraleverso la costa opposta. La corda ha costituitoanche il punto di partenza e di ritorno per lestrisciate subacquee condotte da squadre didue archeologi che a loro volta davano ilcambio ad un secondo gruppo compostodallo stesso numero di operatori, effettuate subatimetriche comprese tra i -2 e i -30 m.ilsettore a Nord-Ovest presentava un fondalecon accumuli di pietre e ciottoli di medie egrandi dimensioni che formavano piccolesecche digradanti. Ipochi materiali archeo-logici rinvenuti sono stati documentati indispersione e caratterizzati da un'alta per-centuale di frammentazione, particolarmenteerosi, con incrostazioni calcaree e in alcunicasi incastrati fra le rocce. Si è ritenuto op-portuno non raccogliere tali elementi perchépoco caratterizzanti dal punto di vista tipo-cronologico oltre che per il loro numero esi-guo; la loro presenza è stata comunquesegnalata nella apposita scheda di sito (UTS23 C).L'ansa a Sud-Est ha restituito invece una di-screta percentuale di reperti insieme alla pre-senza di un relitto ubicato a ridosso dellacosta, ad una profondità di -8 m, orientato insenso Est-Nord-Est/Ovest-Sud-Ovest (UTS23 B), con l'ipotetica prua direzionata versol'interno della baia. L'imbarcazione era visi-bile solo parzialmente a causa dei consistentistrati di sedimentazione; le ordinate spunta-vano ad intervalli regolari dal fondale visibili

SiTO 22UTS ClASSBQ.TA'

A ••

SiTO 23UTS CLASSE\Q.TA'

A •••

· C)••

agli operatori solo quando erano ad una di-stanza minima dal fondale a causa dell'ele-vato numero di sospensioni. Durante questacampagna è stato previsto il posizionamentogenerale del sito e avviata una prima docu-mentazione fotografica; non è stato possibilecomprendere quale sia la percentuale di con-servazione, la tipologia e la cronologia del-l'imbarcazione sommersa che solo un saggiodi scavo potrà chiarire. Posizionata imme-diatamente a Nord, in corrispondenza dellaparte centrale del relitto, è stata documentatauna pentola di età medievale quasi integra lacui connessione con l'imbarcazione riscon-trata dovrà anch'essa essere verificata.A circa 8 m in direzione Nord-Nord-Est daquesti ritrovamenti sono stati posizionatiframmenti di anfore e ceramica comuneacroma, databili tra l'inizio del V e il XlI sec.d.C. (UTS 23 A). Gli indizi forniti dallo statodi giacitura di questi reperti avvalorano l'ipo-tesi di una concentrazione formatasi in unlungo arco temporale in maniera casuale.Essa costituisce comunque un riferimento dibase per una prima ricostruzione dei periodie delle modalità di frequentazione di questosito.

tutta l'altezza del promontorio montuoso perquasi 130 m sul fondale per una profonditàdi alcuni metri, a testimonianza di una pro-gressione marina che ha sommerso areesfruttate durante l'antichità in superficie o diripetuti sprofondamenti tellurici.La ricognizione subacquea ha evidenziato lapresenza, su un fondale limo-sabbioso, di nu-merosi blocchi semi-lavorati, di scarti di la-vorazione e di una presunta colonna in situoGli scarsi rinvenimenti fittili, rappresentati daceramica di età classica-ellenistica e da ma-teriale laterizio sparso (UTS 18 C), non con-sentono una collocazione cronologicapuntuale per l'intero periodo di frequenta-zione dell'area, considerata anche la presenzadi ceramica del XIV sec. d.C. (UTS 18 D). Ireperti sono stati rinvenuti frammentari e in-castrati tra gli elementi litici. Tuttavia, consi-derata l'ampia estensione dell'affioramentosommerso, è probabile che presunte testimo-nianze archeologiche riferibili a frequenta-zioni legate al trasporto e commercio delcalcare, come per esempio una banchina diattracco o un approdo portuale, siano situatea profondità maggiori. La posizione dei ba-cini estrattivi lungo la costa è tipico dellecave sfruttate nell' antichità, più facilmenteaccessibili in rapporto al trasporto via maredella pietra, rispetto al più disagevole tra-sporto via terra che comportava un ingentesforzo umano e animale e un aumento deicosti. In tal modo, il materiale, a differentistadi di lavorazione, poteva essere diretta-mente imbarcato sulle navi e trasportato neicentri di smistamento o a destinazione. Lecave di Karaburun avrebbero approvvigio-nato le città di Orikum e Apollonia (quest'ul-tima almeno a partire dal IV secolo a.c.,come testimonierebbero le mura, realizzatein grossi blocchi squadrati) e forse Dyrra-chium.In particolare tre insenature risultano esserestate sfruttate come cava nell'antichità(UTC/UTS 18 A-D), corrispondenti ad al-trettanti estesi bacini estrattivi; tale attività ètestimoniata anche dai numerosi tagli e segnidi cava visibili in superficie, che illustranoanche la modalità di approvvigionamentodella pietra, cavata a cielo aperto in blocchi.

G.D.

Le cave di Mermeri

A circa lO km a Nord di Orikum è situatal'area di Mermer, conosciuta, già da alcunistudi precedenti condotti da N. Ceka e di M.Zeqo nel 1984 e nel 1987 , per la presenza dicave di calcare, affioranti in superficie lungo

A.D.s.

TI Golfo di Orikum e il Lago di Paleo Ka-strolPorto Interno

I fondali del Golfo di Orikum (Sito 24),lungo la porzione di costa prospiciente l'an-tico abitato e sede degli scontri avvenuti nel48 a.c. tra Cesare e Pompeo (Bell. civo ID,39-40), sono risultati fortemente compro-messi da frequentazioni antropiche di etàcontemporanea. L'area è ben protetta dai

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L'ARCHEOLOGO~SUBACQ1)EO XVI, 1. Gennaio - Aprile 2010

Mermeri - Blocco in pietra calcarea squadrato(UTS 18 B).

venti provenienti da Ovest, grazie al pro-montorio del Karaburun, che definisce aSud-Ovest un'ampia baia. Una porzione deiresti della città antica, verosimilmente l'areapubblica, si estende su una bassa collina incalcare, situata nell' ampia vallata di Dukati,ai piedi del Karaburun e sulla strada cheporta al Passo di Llogara. limolo naturaleinterno, delimitato dalla striscia di terra chelo divide dal Golfo di Valona e un tempo aquesto collegato attraverso un canale, è co-stituito da un'ampia laguna, isolata dal maredel Golfo durante la Guerra Civile su ordinedi Cesare.In seguito alla resa della città questi pensò diricoverare nel porto interno le navi daguerra affidando le operazioni al legatoManlio Acilio Canino, il quale provvide,inoltre, ad affondare una nave da carico al-l'imboccatura del porto (jacibusque portusnavem onerariam subemersam obiecit) che,collegata a una seconda imbarcazione, servìda base per la costruzione di una torre di di-fesa. Spettò a al figlio di Gneo Pompeo iltentativo di rimorchiare la nave turrita,provvedendo a sferrare contemporanea-mente un attacco nei pressi delle mura dellacittà. La descrizione di questa battaglia for-nisce dettagli e particolari importanti, comeper esempio il lancio di numerosi proiettili(multitudine te lorum) che causarono lapresa della nave di Cesare e provocarono laresa dei difensori che "passati su battellifuggirono tutti" (qui omnes scaphis exceptirefugerunt).Stefano di Bisanzio, citando un frammentoperduto di Polibio, descrive Orikos come laprima località posta sulla riva destra, allor-chè si entra nel Mar Adriatico provenendoda Sud; lo stesso autore riporta le definizionidi Ecateo di Mileto (scalo merci) e Erodoto(polis) e associa la fondazione della cittàagli abitanti di Amantia; tuttavia le rare e di-scontinue indagini di scavo non hanno con-sentito di confermare una datazione cosìalta. Interessante è l'indicazione di Straboneche ricorda come Orikos controlli il portoPànormos (attuale Porto Palermo), ottimo

Tracce sommerse dell'esportazione di blocchi (UTS 18 D).

Molo naturale

Gli scavi del1958-1960 diun'équipe alba-nese-sovietica,hanno evidenzia-to strati ascrivi-bili al VI sec.a.C., mentre N.

=-1 _--,--~I Ceka ricorda co-o 500 m me nel corso deiL- Ì- ~ ~

Ricostruzione della posizione delle navi presso Orikum durante il Bellum lavori del 1957Civile. per la realizza-

zione del portomilitare fosse stata individuata, ma distrut-ta, una nave antica ancora conservata sulfondo del mare. Nonostante la difficoltà diaccedere all'area, divenuta negli ultimi an-ni centro militare strategico, recentementei lavori sono ripresi grazie ad un progettosvizzero-albanese, coordinato dall'Univer-sità di Ginevra.Nonostante, dunque, le difficoltà su espostee poiché il tratto di mare in oggetto, postosotto la giurisdizione della base militare diPasha Limani, è interdetto alle imbarcazionicivili, si è riusciti ad indagare un'area cosìimportante grazie ad un'autorizzazione spe-ciale ottenuta dal Comandante della MarinaMilitare Albanese A. Meçollari.La visibilità delle acque si presenta scarsacon valori compresi tra -1 e -2 m a causadegli apporti sedimentari provenienti prin-cipalmente dalle acque del fiume Vjosa (lacui foce è situata a Nord di Valona); questeultime una volta confluite nell' Adriatico,non si disperdono, ma a causa del com-plesso sistema di correnti litoranee sidistribuiscono e depositano in maniera di-somogenea nel Golfo di Valona, concen-trandosi nella parte più meridionale, per poi

BAIA DI ORIeo

Porto interno

(Lago di Paleo Kastro)

approdo situato nel mar Ionio a sud di Hi-mara, lungo la rotta che portava al Golfo diAmbracia e Corinto. Lo scalo è relativa-mente vicino in linea d'aria al centro ur-bano, ma di difficile accesso via terra a causadella presenza del massiccio Acroceraunio edel promontorio di Karaburun, che di fattosepara i due centri (vd. L'Archeologo Su-bacqueo, 41-42, 2008, pp. 3-6). L'apparentecontraddizione straboniana, tuttavia, trovaevidentemente spiegazione nell'uso da partedel geografo dello stesso termine (Pànor-mos, letteralmente di sicuro approdo) perdefinire, in due momenti diversi della suaopera, le grandi baie di Porto Palermo e Ori-kos.Orikos, presente nelle descrizioni di viag-gio del console francese Pouqueville (Tra-vels in Epirus, Albania, Macedonia andThessaly, 1820), visitata dall'archeologoCarl Patsch (Das Sandschak Berat in Alba-nien, 1904) e da N.G.L. Hammond, che se-gnalavano l'esistenza di una banchina (m.1,80 x 30) visibile solo per un tratto super-ficiale, e da L.M. Ugolini nel 1926, solodopo la Seconda Guerra Mondiale è stataoggetto di ricerche da parte di Dh Budina.

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XVI, 1. Gennaio - Aprile 2010L'ARCHEOLOGO

~SUBACQJ;EO

Baia di Orikum e Lago di Paleo Kastro (Sito 27).

uscire dal canale di Saseno. Vanno segna-late, inoltre, le numerose anomalie di ori-gine antropica, come i solchi provocati dallapesca a strascico, o gli ampi avvallamenti,risultato delle attività dei dragamine che, su-bito dopo l'ultima guerra, hanno effettuatouna lunga opera di bonifica dell' area, alte-rando di fatto la natura dei fondali e com-plicandone la leggibilità.Squadre composte da quattro operatori af-fiancati hanno esplorato i fondali fino a ba-timetriche comprese tra i -15 e i -18 m indirezione Nord a partire dalla battigia e ri-petendo l'operazione di ritorno su una fa-scia parallela immediatamente ad Est. Ilcampione scelto per l'indagine non è statodefinito dall'utilizzo di boe galleggianti -come previsto per le altre zone della peni-sola - a causa dei tempi molto ridotti perl'esecuzione delle operazioni. L'area og-getto di studio è stata definita registrato al-cuni punti con il G.P.s., fissati traguardandoevidenze significative della costa (come peresempio l'allineamento in direzione Nordcon l'ingresso dell'antico canale di accessoalla laguna interna, recentemente sbarratoper i lavori di rimodernamento della basemili tare ) .I fondali sabbiosi-argillosi, in cui si regi-strano valori batimetrici bassi (da -1 a -3m)fino a 50 m circa dalla costa, sono caratte-rizzati da ampie distese di posidonia alter-nate ad assenza di vegetazione. Sono statirilevati numerosi cumuli di materiale me-tallico distribuito in maniera sparsa e ca-suale, caratterizzati da oggetti di grandidimensioni di cui non è possibile al mo-mento definire la natura a causa delle incro-stazioni che hanno alterato le superfici. Taliresti potrebbero in maniera ipotetica essereattribuiti ad imbarcazioni di età contempo-ranea di tipo militare, considerata la vici-nanza con la base della Marina.Nessuna evidenza archeologica è stata rile-vata insieme all'assenza totale di dati della

Struttura muraria del Porto Interno (UTCIUTS 27 A).

cultura materiale ricollegabili nello speci-fico agli episodi bellici sopracitati. L'unicoreperto individuato è costituito da un'anforaitalica (UTS 24 A), prodotta e distribuita apartire dal II fino al I a.C., recuperata in ma-niera isolata in un punto distante dalla costa,i cui dati di giacitura (molto probabilmentesecondaria perché quasi completamente li-berata da accumuli argilla si) non aiutano adefinire un contesto di appartenenza né adavanzare qualsiasi altro tipo di interpreta-zione.Considerati i molteplici scarti metallici checostellano i fondali in questo tratto di costa,le prospezioni strumentali potrebbero for-nire, solo dopo un' attenta disamina delleanomalie rilevate che meriteranno comun-que di essere verificate singolarmente, datiutili alla ricostruzione storico-archeologica.La laguna di Orikum ha rappresentatoun'ulteriore area di interesse per le attivitàdi prospezione. Nota dalle fonti antiche (vd.supra) e utilizzata come Porto' Interno(Sito 27) dell'antico insediamento, la geo-morfologia del sito è profondamente mutatanel corso dei secoli: il canale di accesso allalaguna interna, infatti, è stato ostruito artifi-cialmente nel corso della realizzazione dellabase militare Pasha Limani e una quantitàconsiderevole di materiale alluvionale, pro-veniente per lo più dalle fiumare a regimetorrentizio dei rilievi del Karaburun, si è de-positata sul letto di quest'ultimo provocan-done il prosciugamento.Verosimilmente doveva essere presente unsecondo canale di comunicazione con ilmare, posto a Nord-Ovest della laguna, piùbreve e stretto del precedente, che oggi rap-presenta l'unico condotto di ricambio diacqua del bacino. I depositi alluvionalihanno provocato l'innalzamento del livellodei fondali della laguna (la profondità mediasi aggira intorno ai -2,5 m) e un avanza-mento della linea di spiaggia, con il conse-guente parziale interramento di strutture

murarie antiche; inoltre la scarsissima visi-bilità causata dal materiale fangoso in so-spensione e dalla fitta vegetazione, nonfacilitano l'individuazione e la leggibilitàdei resti archeologici. Nonostante, dunque,questi ostacoli oggettivi, ai quali si aggiungeun alto tasso di inquinamento delle acque,si è tentato di documentare i brani murariesposti in cresta e parzialmente sommersi.L'area più proficua per le ricerche è quellaposta nella zona bassa dell'insediamento an-tico a Sud-Est della collina; a ridosso dellariva sono visibili i resti di una struttura mu-raria (UTC/UTS 27 A), che si protende inmaniera regolare verso il centro dello spec-chio d'acqua, in parte ancora conservatasulla battigia, in parte sommersa e insab-biata (un organismo edilizio riconosciutocome molo di un bacino portuale antico ègià presente nelle annotazioni di Patsch eHammond). Dall'analisi della parte emersadel segmento e del breve perimetro semi-sommerso si tratta di un muro, orientato insenso nord-ovest/sud-est, spesso 1,80 m elungo, dalla ipotetica radice, 50 m circa; rea-lizzato in grossi blocchi calcarei e nucleo inpietrame vario, con paramenti costituiti daconci lavorati a faccia vista e da grandi ciot-toli commessi a secco (non è possibile almomento documentare la presenza del le-gante) presenta una struttura compatta, ap-parentemente priva di manomissioni erestauri, ma quasi certamente sottoposta amassicci interventi di spoglio successivi,forse per l'approvvigionamento di materialeda costruzione. Ad alcune decine di metri aOvest della struttura, un deposito di blocchie ciottoli, dotato di un orientamento simileal precedente, potrebbe riferirsi ad un'ana-loga struttura parallela ormai del tutto di-strutta. Un auspicabile saggio di scavo, cheindaghi le fondazioni del tratto di muro su-perstite, potrebbe far acquisire elementi didatazione più precisi: al momento è ipotiz-zabile che la costruzione possa essere ri-

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t

L'ARCHEOLOGOGSUBACQ1.lEO XVI, 1. Gennaio - Aprile 2010

condotta a una banchina portuale per l'at-tracco delle imbarcazioni.

D.L.

Il "paesaggio culturale marittimo"dell' Albania

Nell' ambito delle sinergie che il Progetto Li-burna ha consentito, la A.S .S.o. ha operatoanche in settori legati alla 'cultura del mare'finalizzati alla ricostruzione di un aspettodella storia di questo Paese. Durante la ter-za campagna, in stretta collaborazione conl'Università di Foggia, è stato possibileestendere le indagini della ricerca subacqueacon risultati rilevanti dal punto di vista sto-rico e ambientale, per definire il "paesaggioculturale marittimo". Si presenta in questaoccasione la documentazione filmata e foto-grafica del relitto della nave-ospedale italia-na Po, mentre sul prossimo numero de L'ar-cheologo subacqueo si descriveranno i det-tegli dell' esplorazione speleo-subacqueadella sorgente della grotta di Skotinia in lo-calità Argirocastro.

MM.

L'esplorazione del relitto della nave Po

Il Po, al maschile come si usa denominare ipiroscafi, fu varato nel 1911 presso i CantieriRiuniti dell'Adriatico di Trieste ed allestitoper la seconda volta, nel 1940, come 'nave-ospedale'. Durante la Seconda Guerra Mon-diale fu silurata alle ore 23: 13 del 14 marzodel 1941, ad opera degli Swordfish dell'815°stormo della Fleet Air Arm, gli aerosi1urantibiplani entrati in servizio nel 1936 per la Ma-rina Britannica, al tempo di stanza pressol'aeroporto di Paramythia in Epiro. In unaprima fase sembrò che il siluramento fosseavvenuto perché gli aeroplani non riconob-bero la nave ospedale a causa dell' assenza diluci di segnalazione "alla fonda". Esiste

anche una versione più 'romanzata' che si ri-ferisce ad una ipotetica notizia diffusa daiservizi segreti inglesi che avevano rilevatodurante le intercettazioni il nome di Musso-lini. In realtà a bordo era imbarcata EddaCiano Mussolini, figlia del duce e moglie delMinistro degli Esteri Galeazzo Ciano, alloratrentenne e crocerossina attiva sulla nave. In-vece la verità, confermata successivamentedalla Marina Italiana, riferisce che la nave eraoscurata per non rendere evidenti, al chiaroredella luna, le altre navi italiane vicine e allafonda. Oltre alla nave, gli italiani persero unaventina di marinai e quattro crocerossine.Una prima immersione, effettuata dal teamA.S.S.o. e del Dipartimento di ScienzeUmane dell'Università di Foggia, nell'estatedel 2008 (vd. L'archeologo subacqueo, 41-42,2008 pp. 15-16), ha confermato ilpoten-ziale storico del relitto che si presentava inperfetto assetto di navigazione e con ulterioridanni nella coperta causati dalle bombe deipescatori di frodo. Questa prima ricognizioneha ispirato una esplorazione più dettagliata ededicata, avvenuta l'anno successivo. Il ma-teriale filmato prodotto ha consentito di pre-disporre sia il promo per un documentario -show reel visibile su www.assonet.org ewww.studiobluproduction.org - e i dettaglidell'esplorazione integrale del relitto.La seconda esplorazione, effettuata da 18 al25 aprile 2009, è stata condotta dalla stessaA.S.S.o. supportata dalla Studio Blu Pro-duction (S. Barbaresi, G. Ciavarella, M.D'Alessandro, F. Ferro, P. Macchiarulo, M.Mazzoli, M.T. Pilloni, B. Rocchi, M. Vitelli)in stretta collaborazione con il Servizio Na-vale della Guardia di Finanza-Nucleo diFrontiera Marittima in Albania (Col. C.Serra, Mag. G. Carrieri, Lgt. S. Berrè,App.A. Quaranta), dell'associazione subacqueaBlu Sub di Tirana (A. Gace, 1. Pustina, D.Ziso). Oltre al supporto della Guardia di Fi-nanza, offerto attraverso la disponibilità diUnità Navali e del Nucleo Sommozzatori diBari (G. Ammirabile, G. Di Salvo, S. Pa-gano, A. Pagliara). Sono intervenuti, inoltre,

un team di RAI 2 (M. Baiocchi, U. Piernoli,F. Silani), l'Associazione Effemeridi laCompagnia di Navigazione "Adria Ferrie~" eil 'Gruppo Giorgi' che ha concesso la dispo-nibilità dei locali e delle banchine del porto diMarina di Orikum.Attraverso l'utilizzo di tecniche speleo-su-bacquee e l'impiego di respiratori a circuitochiuso (rebreather) per evitare che in alcunipunti particolarmente insidiosi le bolle deglierogatori classici liberassero il fango dallavolte delle aree chiuse facendolo precipitarepregiudicando ulteriormente la visibilitàl'équipe è potuta penetrare nelle aree più in:teme del relitto. Si è arrivati ad esplorare iponti inferiori, la sala macchine e ad ispezio-nare anche la sala operatoria, l'officina e di-versi altri ambienti di interesse storico edocumentaristico. Il lavoro ha richiesto com-plessivamente 144 immersioni per un totaledi 8.352 minuti, di cui 1.680 con i rebreathere i restanti 6.672 in circuito aperto. Tuttal'esplorazione è stata video-registrata per ot-tenere anche una fonte attraverso cui valutaresuccessivamente i dettagli e ulteriori dati le-gati all'armamento della nave e per forniremateriale necessario a comprendere lo statodi conservazione e degrado dei vari ambienti.Le riprese sono state effettuare in superficiedalla troupe della RAI mentre le riprese su-bacquee sono state effettuare dagli stessicomponenti del team A.S.S.O.lStudio BluProduction. Il servizio è stato poi montato einserito in uno speciale "TG2 Dossier" dedi-cato all'argomento storico delle navi-ospe-dale, andato in onda su RAI 2 (30 maggio e15 agosto 2009). Oltre a questi fini divulga-tivi immediati, il materiale filmato rispondeanche alla necessità di supportare la produ-zione del documentario dal titolo "La trage-dia della nave bianca" di cui è disponibileuna anteprima in rete (www.studioblupro-duction.org). Sono state eseguite riprese inambienti particolarmente angusti ed inospi-tali e ciò è stato possibile anche grazie al-l'impiego di rebreather con configurazionead ingombro limitato. Tale accorgimento tec-nico ha reso possibile estendere di molto itempi di fondo senza problemi legati alla ge-stione della scorta di gas in modo da ottenereuna gran quantità e qualità di "girato". Le mi-scele respirate durante l'immersione risulta-vano iperossigenate, ottenute attraversol'impiego di una stazione di ricarica ad ariamobile trasportata dall'Italia (per via dell'in-disponibilità di un locale centro di ricaricaspecializzato) e di bomboloni di ossigeno.

MM.

Nella seconda parte dello Speciale (L'Ar-cheologo Subacqueo, 47): merci e com-merci, il trattamento dei reperti e leesplorazioni della spedizione Dedalo.