Archeologia e Storia Del Medioevo Italiano

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Premessa La raccolta di saggi che andiamo a present are ha obiettivi limitati e d estinazioni ben d efinite. Si rivolge infatti ad un pubblico vasto che ha interessi archeologici, ma soprattutto a studenti di archeologia medievale e più in generale a chi lavora nell'ambito della storia medievale, rendendo facile l'accesso ad articoli e contributi dispersi nelle più varie sedi e non di rado di difficile reperimento. I contributi, opera sia di storici che di archeologi, di taglio non sempre specialistico, hanno in comune la caratteristica di giungere ad analisi e a considerazioni di carattere generale per la ricostruzione della società medievale e costituiscono nel loro insieme un territorio di interessi definiti ma allo stesso tempo largamente convergente. Gli archeologi medievali, lavorando in un'area di ricerca ancora molto giovane e per la natura stessa del lavoro archeologico —che catalizza forze fisiche ed intellettuali su aspetti talvolta particolari e comunque generalmente estremamente definiti nello spazio -, hanno teso per lo più a produrre nuove evidenze e ad elaborare i propri strumenti di analisi piuttosto che a stendere sintesi o interpretazioni complessive. Quando sono stati in grado di elaborare contributi di interesse più generale, questi, per la limitatezza del raggio di penetrazione dei loro tradizionali mezzi di comunicazione, sono rimasti sepolti in sedi poco note al grande pubblico o, quando lo hanno raggiunto, non sono sempre stati all'altezza del compito. Con questa raccolta, che pu re seleziona drasticamente, per ovvi motiv i di spazio, si vuole evidenziare, attraverso le parole degli stessi protagonisti della ricerca, il ruolo che può e deve avere l'indagine archeologica per allargare e approfon dire i temi di una storiografia che è sempre più attenta e finalizzata a ricostruzioni della società preindustriale non più selezionando attraverso scale di valori precostituiti. Se è vero che ancora oggi molte delle ricerche archeologiche e molti scavi hanno il carattere dell'occasionalità e la loro distribuzione nelle diverse aree della penisola è indipendente da un quadro di programmazione generale, è altrettanto vero che dietro non poche iniziative di ricerca sul campo si nota un'impostazione strategica a cui le domande storiografiche non sono certo assenti. E comunque i dati acquisiti sono ormai tanti e nuovi. Oggi inizia ad essere possibile immaginarsi di "riscrivere" la storia sulla base anche di quanto prodotto dalla ricerca sul campo e sui materiali conservati nei musei in poco più di venti anni, da quando cioè l'indagine nel settore ha iniziato a procedere con una accelerazione notevole. In alcuni settori della ricerca storica o, per meglio dire, per alcuni periodi definiti il contributo della ricerca archeologica ha sempre rappresentato e costituito un punto di riferimento, basti pensare all'archeologia longobarda e più in generale all'archeologia altomedievale; in altri settori e per altre epoche, come anche per la storia urbana, il contributo della ricerca archeologica viceversa si fermava alle fasi classiche e a quelle che comunque potevano presentare aspetti monumentali. La storia dell'insediamento medievale è stato campo di indagine talvolta estremamente incisivo di soli storici; al proposito il richiamo alle opere di Elio Conti sul contado fiorentino e di Pierre Toubert sul Lazio è d'obbligo, come la stessa ricostruzione della maglia degli scambi commerciali era affidata alle sole fonti scritte; rimanevano ignorati non solo aspetti fondamentali della produzione di beni di consumo come la ceramica, il vetro e tutti i processi tecnologici legati a questi come ad altri aspetti, ma la stessa risorsa di messaggio e la valenza documentaria che questi materiali hanno. I singoli saggi che qui si pubblicano affrontano alcuni dei problemi appena accennati facendo in ogni caso un ricorso organico alla fonte archeologica, superando il limite di una sterile polemica, che fortunatamente pare avere poche radici nell'esperienza italiana, almeno per il Medioevo, polemica che ha visto oziose contrapposizioni fra storici ed archeologi. Gli uni e gli altri infatti sono "produttori" di "evidenze", gli uni non possono fare a meno del "documento" prodotto dagli altri come delle rispettive problematiche: esiste in sostanza, il problema della ricostruzione di una 

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Archeologia e Storia Del Medioevo Italiano, Riccardo Francovich

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  • Premessa

    La raccolta di saggi che andiamo a presentare ha obiettivi limitati e destinazioni ben definite. Sirivolge infatti ad un pubblico vasto che ha interessi archeologici, ma soprattutto a studenti diarcheologia medievale e pi in generale a chi lavora nell'ambito della storia medievale, rendendofacile l'accesso ad articoli e contributi dispersi nelle pi varie sedi e non di rado di difficilereperimento. I contributi, opera sia di storici che di archeologi, di taglio non sempre specialistico,hanno in comune la caratteristica di giungere ad analisi e a considerazioni di carattere generale perla ricostruzione della societ medievale e costituiscono nel loro insieme un territorio di interessidefiniti ma allo stesso tempo largamente convergente.Gli archeologi medievali, lavorando in un'area di ricerca ancora molto giovane e per la natura stessadel lavoro archeologicoche catalizza forze fisiche ed intellettuali su aspetti talvolta particolari ecomunque generalmente estremamente definiti nello spazio -, hanno teso per lo pi a produrrenuove evidenze e ad elaborare i propri strumenti di analisi piuttosto che a stendere sintesi ointerpretazioni complessive. Quando sono stati in grado di elaborare contributi di interesse pigenerale, questi, per la limitatezza del raggio di penetrazione dei loro tradizionali mezzi dicomunicazione, sono rimasti sepolti in sedi poco note al grande pubblico o, quando lo hannoraggiunto, non sono sempre stati all'altezza del compito.Con questa raccolta, che pure seleziona drasticamente, per ovvi motivi di spazio, si vuoleevidenziare, attraverso le parole degli stessi protagonisti della ricerca, il ruolo che pu e deve averel'indagine archeologica per allargare e approfondire i temi di una storiografia che sempre piattenta e finalizzata a ricostruzioni della societ preindustriale non pi selezionando attraverso scaledi valori precostituiti.Se vero che ancora oggi molte delle ricerche archeologiche e molti scavi hanno il caratteredell'occasionalit e la loro distribuzione nelle diverse aree della penisola indipendente da unquadro di programmazione generale, altrettanto vero che dietro non poche iniziative di ricerca sulcampo si nota un'impostazione strategica a cui le domande storiografiche non sono certo assenti. Ecomunque i dati acquisiti sono ormai tanti e nuovi.Oggi inizia ad essere possibile immaginarsi di "riscrivere" la storia sulla base anche di quantoprodotto dalla ricerca sul campo e sui materiali conservati nei musei in poco pi di venti anni, daquando cio l'indagine nel settore ha iniziato a procedere con una accelerazione notevole.In alcuni settori della ricerca storica o, per meglio dire, per alcuni periodi definiti il contributo dellaricerca archeologica ha sempre rappresentato e costituito un punto di riferimento, basti pensareall'archeologia longobarda e pi in generale all'archeologia altomedievale; in altri settori e per altreepoche, come anche per la storia urbana, il contributo della ricerca archeologica viceversa sifermava alle fasi classiche e a quelle che comunque potevano presentare aspetti monumentali. Lastoria dell'insediamento medievale stato campo di indagine talvolta estremamente incisivo di solistorici; al proposito il richiamo alle opere di Elio Conti sul contado fiorentino e di Pierre Toubertsul Lazio d'obbligo, come la stessa ricostruzione della maglia degli scambi commerciali eraaffidata alle sole fonti scritte; rimanevano ignorati non solo aspetti fondamentali della produzionedi beni di consumo come la ceramica, il vetro e tutti i processi tecnologici legati a questi come adaltri aspetti, ma la stessa risorsa di messaggio e la valenza documentaria che questi materiali hanno.I singoli saggi che qui si pubblicano affrontano alcuni dei problemi appena accennati facendo inogni caso un ricorso organico alla fonte archeologica, superando il limite di una sterile polemica,che fortunatamente pare avere poche radici nell'esperienza italiana, almeno per il Medioevo,polemica che ha visto oziose contrapposizioni fra storici ed archeologi. Gli uni e gli altri infattisono "produttori" di "evidenze", gli uni non possono fare a meno del "documento" prodotto daglialtri come delle rispettive problematiche: esiste in sostanza, il problema della ricostruzione di una

  • societ che ha lasciato diversi tipi di testimonianze: si tratta di capire e di cogliere il valore del"campione"documentario - sia esso fonte scritta o materiale - su cui stiamo lavorando, confrontarlo,integrarlo e spiegarlo.Vi sono tendenze oggettive e soggettive alla "riduzione" del lavoro archeologico all'antiquaria ealla mera classificazione descrittivistica, come pub esistere l'attitudine alla semplice "edizione" e"traduzione" del documento scritto: I'interpretazione dei fatti, che costituisce il mezzo per fareavanzare e arricchire le problematiche di ricerca, impegno degli archeologi in un confrontosistematico con la documentazione scritta e la problematica storica, ma altrettantoimprescindibile per gli storici non rinunziare alla risorsa costituita dall'evidenza e dallaproblematica archeologica.In questo senso i saggi raccolti in questo volume, seppure diversi fra loro, sono a mio avvisoesemplari perch vi si coglie generalmente il tentativo di elaborare interpretazioni senzaselezionare tipi di informazioni disponibili e d'altra parte gli autori riescono ad indicare prospettivedi ricerca, ponendo nuove domande e nuovi problemi. L'acquisizione di nuove informazioni e lacostruzione di nuovi "documenti" potr mutare il quadro che in alcuni di essi si iniziato adelineare, ma rimane sostanzialmente fermo, se non altro, il dato fortemente positivo dell'usointrecciato delle diverse tecniche di ricerca.Il dibattito su queste tematiche, iniziato utilmente un quindicennio fa sulle pagine di "QuaderniStorici" e quindi proseguito e per certi aspetti allargato sulle pagine di "Archeologia Medievale",inizia a dare i suoi primi frutti, anche se fra storici, geografi e archeologi non sono mancati e nonmancano momenti di incomprensione e di confronto anche severo, da cui per altro tutti possonouscire arricchiti.I limiti di una selezione di contributi che affronta prevalentemente i problemi accennati sonoevidenti non solo sul tema in questione del rapporto storia-archeologia, ma soprattutto perch sonosostanzialmente elusi tutti i problemi di quel largo spazio costituito dalla specificit metodologicadell'archeologia medievale, che rappresenta un momento non secondario della ricerca, trovando fral'altro vastissimi territori comuni non solo con tutte le altre archeologie (preistorica, classica epostmedievale), ma anche con le scienze naturali, il restauro dei monumenti e in generale con lediscipline che investono lo studio, la valorizzazione e la tutela della sedimentazione storica.Verso gli autori dei saggi il curatore della raccolta ha un debito di riconoscenza particolare, nonsolo perch hanno gentilmente espresso la disponibilit alla ristampa dei loro lavori, apportando avolte modifiche, correzioni e aggiornamenti o "subendo" alcuni ritocchi, ma per la pienacollaborazione data in fase di composizione del volume, che in alcuni casi, come ad esempio neisaggi di 0. von Hessen, di C. La Rocca e P. Hudson e di R. Hodges, li ha spinti a fornire unatraduzione di testi usciti recentemente in altri paesi, offrendo la possibilit di accedere a contributiinediti in Italia.

    stato pi volte ricordato che paragonata alle altre archeologie, I'archeologia medievale appareancora ad uno stato di "infanzia", giacch possiamo far risalire la "fondazione" di questa disciplinacome scienza storica agli inizi degli anni Sessanta. Fu infatti Gian Piero Bognetti che in un articolocomparso nel 1964 su I rapporti pratici tra storia e archeologia pose con forza il problema delrapporto organico fra le due aree di ricerca sottolineando fin dall'apertura del saggio che I'operaredell'archeologo presuppone un corredo talvolta assai raffinato di nozioni storiche e aggiungevache . di per s, un problema "storico" quello che spinge all'indagine archeologica; ed laconsapevolezza storica che fornisce, nella pi parte dei casi, i principali criteri per la valutazione diquanto viene scoperto dall'archeologo. 1 E Bognetti parlava facendo riferimento ad una esperienzache lo aveva visto protagonista: egli infatti, che gi fra le due guerre aveva individuato i resti diCastelseprio (Varese), la cui rilevanza per la conoscenza dell'Altomedioevo divenutaparadigmatica, si era fatto promotore di campagne di scavo nel sito dell'insediamento medievale

    1 In Tecnica e diritto nei problemi dell'odierna archeologia, Roma (CNR) 1964, PP. 169-76.

  • utilizzando una quipe di archeologi dell'"Istituto di Storia della Cultura Materiale" 2 e avevaintrapreso, con lo stesso gruppo di studiosi, le ricerche sulle origini di Venezia impiantando uncantiere a Torcello 3 Contemporaneamente si diffondeva e si allargava il dibattito sull'archeologianell'ambito del "Centro italiano di studi sull'Alto Medioevo" di Spoleto e, sotto i suoi auspici,vennero intrapresi gli scavi sull'insediamento altomedievale di Invillino 4 (Udine) diretti daJoachim Werner, lo studioso che gi da tempo era noto in Italia per essere stato l'editore con ilFuchs5 di materiali prevalentemente longobardi rinvenuti a partire dall'inizio del XIX secolo 6.Sempre alla met degli anni Sessanta datano la prima istituzione di una cattedra di archeologiamedievale nelle universit italiane e la fondazione del "Museo dell'Altomedioevo" a Roma 7, che sicostituiva riunendo i materiali provenienti dagli scavi di fine Ottocento e primi Novecento dellenecropoli longobarde di Nocera Umbra e Castel Trosino e accogliendo viceversa soltanto pochimateriali altomedievali laziali. In sostanza in questi anni si andava legittimando e consolidandol'uso della ricerca archeologica per l'Altomedioevo, seguendo un percorso che saldava in qualchemodo la tradizione archeologica tardo antica e quella della ricerca protostorica mitteleuropea conla storia.Nello stesso tempo, sotto la spinta di una storiografia medievale italiana che si andava rinnovandosoprattutto grazie al ruolo propulsivo della scuola delle "Annales", si impiantavano una serie diindagini sul terreno che travalicavano i confini di una periodizzazione che concludeva il ruolo

    2 M. Dabrowska, L. Leciejewicz, E. Tabaczynska, S. Tabaczynski, Castelseprio: scavi diagnostici 1962-63, "Sibrium",XIV (1978-79), PP.1-138, al quale si rinvia per la bibliografia.3 L. Leciejewicz, E. Tabaczynska, S. Tabaczynski, Torcello. Scavi 1961-62 , Roma (Istituto Nazionale dell'Archeologiae Storia dell'Arte, monografie III) 1977.4 Cfr. G. Fingerlin, J. Garbsh, J. Werner, Gli scavi nel castello longobardo di Ibligo lnvillino(Friuli). Relazione preliminare delle campagne del 1962, 1963 e 1965, "Aquileia nostra", XXXIX(1963), PP.85-135, gli scavi ripresi nel 1972 e 1973 sono stati pubblicati preliminarmente sullastessa rivista nel 1973 da V. Brierbauer, mentre l'edizione definitiva ancora in corso di stampa.5 S. Fuchs, J. Werner, Die longobardische Fibeln aus Italien, Berlin 1950.66 Uno dei maggiori rinvenimenti di materiali fu ottenuto infatti, nel tentativo di individuare l'abitato romano alle portedi Cividale, fra il 1817 e il 1826 quando il religioso Michele della Torre fece emergere una grande necropoli romana frale cui tombe si trovavano anche numerose inumazioni con corredo costituito da oggetti preziosissimi, in oro, bronzodorato, in gioie benissimo conservate e tutte con appiccicagnolo di imperatori greci, le quali usavano partare al collo,che l'erudito riteneva appartenere ad un cimitero costituito al momento di una battaglia fra Goti e Bizantini, mentre sisarebbe scoperto soltanto successivamente che si trattava invece delle tombe dei longobardi della prima generazionegiunta in Italia al seguito di Alboino. Dopo la scoperta di tale celebre necropoli - cfr. fra l'altro M. Brozzi, Il sepolcretolongobardo "Cella": una importante scoperta archeologica di Michele della Torre alla luce dei suoi manoscritti,"Forum lulii", I (1977), PP. 22-62 - nel corso dell'Ottocento, e segnatamente nella seconda met del secolo, siinfittiscono le notizie di rinvenimenti e scavi di necropoli appartenenti all'epoca longobarda. Ma sar soltanto fra il1893 e 1898 che archeologi professionisti (sebbene non medievalisti) scaveranno le due pi note e vaste necropolidell'Italia centrale, quelle di Nocera Umbra e Castel Trosino. Da questo momento i ricchi corredi delle popolazionigermaniche catalizzano l'interesse degli archeologi, un interesse che sar di tipo antiquariale e/o "ideologico" e soltantopi recentemente diverr interesse puramente scientifico in un contesto di rapporto fra "culture" (cfr. Germani eRomani, a cura di V. Brierbrauer e C. G. Mor Bologna 1986). In sostanza con l'edizione delle due necropoli di Nocera eCastel Trosino, rispettivamente nel 1919 e nel 1902, nasce quell'archeologia longobarda, che, all'indomani dellericerche dello svedese Salin (1904), diventeranno ben presto terreno di ricerca privilegiato di studiosi di stirpegermanica quali Aberg, Fuchs, Werner e von Hessen, cui va il merito di una sistemazione complessiva dei materiali chesempre pi numerosi, e disordinatamente in molti casi, entreranno nelle collezioni dei musei italiani (ma anchestranieri, per opera dei clandestini, ed il caso di Chiusi esemplare), dopo essere emersi nel corso di scavi operanti daarcheologi nostrani, i cui studi rimarranno per altro marginali rispetto alla consolidata ed egemone tradizione tedesca:il Galli, editore dei materiali chiusini e vivace operatore nell'ambito fiesolano, ne un tipico esempio. Ma per una storiadegli studi nel campo dell'archeologia longobarda, ancora da definire analiticamente, si rinvia al primo capitolo delvolume di A. Melucco Vaccaro, I longobardi in Italia, Milano 1982.7Per le problematiche inerenti il museo in questione si rinvia agli ampli contributi di A. MeluccoVaccaro e L. Paroli che aprono il X numero di "Archeologia Medievale".

  • dell'archeologia con l'" origine" del romanico8 e l'inizio di una documentazione scrittarelativamente ricca, aprendo la strada per affrontare i temi legati alle vicende dell'insediamento e alrapporto uomo-ambiente, e per studiare i fondamenti materiali delle strutture sociali allargandol'orizzonte della ricerca storica e liberando in una certa misura la storia sociale dalla suadipendenza dalla storia economica9.La dilatazione cronologica dell'indagine archeologica ha posto sul tappeto della ricerca oltre che,come abbiamo appena detto, il problema di un confronto pi serrato con la documentazione scrittae quindi con problematiche storiografiche pi mature e complesse, anche quello del rapporto conuna tradizione antiquaria di radici profonde10 . In particolare si posto il problema del "recupero"della cultura neogotica, che alla fine del secolo scorso e nei primi decenni di questo aveva avuto ungrandissimo peso nello studio dei monumenti medievali e negli stessi centri abitati,11 con ilcollezionismo di origine ottocentesca che, ad opera soprattutto di anglosassoni e tedeschi, avevafornito materiali ceramici e gli "incunaboli" della maiolica italiana ai musei pubblici e privati dimolti paesi europei12, e pi in generale con la tradizione positivistica, le cui acquisizioni, e ci bastipensare alle esperienze di Boni e di Pigorini13 o agli studi storico-archeologici sull'attivit estrattivadella seconda met dell'Ottocento14, potevano essere utilizzate e ricollocate in un quadro diriferimento molto pi maturo e in grado di ridefinirle come documenti di maggior significato.Nel quadro di "allargamento" tematico e cronologico della ricerca archeologica postclassicaassumono un ruolo non secondario anche gli scavi e le indagini di superficie promossi in Italia dallaBritish School di Roma, diretta prima da J. Ward Perkins e quindi da D. Whitehouse, che concentra

    8 Di questa opinione, poi parzialmente rivista, era M. Cagiano de Azevedo, Lo studiodell'archeologia medievale in Italia, in Atti del 11 Congresso Nazionale di Archeologia Cristiana,Matera 25-31 maggio 1969, Roma 1971, PP. 9-17.9 Si veda quanto scriveva G. Duby ( Le societ medievali , Torino 1985, P. 103 S.) a proposito dell'archeologiamedievale agli inizi degli anni Settanta.10Basti fare riferimento al Muratori e ai suoi "continuatori" sparsi in molte delle regioni italiane, e per quanto riguardala Toscana d'obbligo il riferimento ad opere come i Viaggi del Targioni Tozzetti, dove cultura umanistica eosservazione scientifica sono inestricabilmente congiunte, o come il Dizionario storico e topografico, di EmanueleRepetti che sono i pi espliciti esempi di quella cultura, e che a tuttoggi rimangono base documentaria e punto dipartenza di non pochi studi storico topografici ed archeologici.11In questo quadro il gusto "archeologico" ed il desiderio del pittoresco inizi ad investire i monumenti medievali ed inparticolare quelli gotici, sotto la spinta della cultura transalpina, soprattutto nell'Italia settentrionale ed in Piemonte inparticolare, dove l'ispirazione seottiana faceva porre al centro di non poca produzione di romanzi il paesaggio delrudere e del eastello fino dal primo Ottocento, e dove lavorer il d'Andrade, il cui operare originalmente sulle orme diViollet le Duc, influenzer la cultura restaurativa italiana ben oltre Boito. Per un esaustivo quadro del gusto"archeologico" Ottocentesco si vedano le belle pagine introduttive di A. A. Settia, Castelli e villaggi nelItalia padana,Napoli 1984.12 Manca fino ad ora una storia del collezionismo e dell'erudizione antiquaria relativa al materiale medievale quindi impossibile valutare con precisione il ruolo svolto da personaggi quali Fortnum, Wallis, Bode, Langton Douglasaccanto ai nostri Funghini, Argnani, Passeri, Campori, Malagola, Urbani di Gheltof. Numerosi riferimenti a quantoelaborato a cavallo fra Ottocento e Novecento da questa generazione di studiosi, che ha costruito le basi per una storiadella ceramica che generalmente non parte prima della comparsa della maiolica arcaica, sono contenuti nelle pi recentiricerche che si vanno pubblicando sempre pi numerose a livello regionale e locale. Il disinteresse generalmenteconstatabile fino agli inizi degli anni Sessanta verso quelle classi ceramiche che definiamo acrome, verso cio laceramica di uso comune non decorata, ha privato per la ricerca di strumenti di grande utilit per i secoli centrali e perl'Altomedioevo, un'area dove la ceramica ancor oggi difficilmente utilizzabile come "fossile guida".13 Sul problema si veda D. Manacorda, Cento anni di ricerche archeologiche italiane: il dibattito sul metodo ,"Quaderni di Storia", 16 (1982), pp. 85-119.14 Si fa riferimento in particolare ai lavori di L. Simonin sull'attivit estrattiva, il lavoro metallurgico e sugli statutiminerari di Massa Marittima e pi in generale della Toscana pubblicati negli anni 1858-1859 sulle "Annales desMines", temi che troveranno momenti di approfondimento nei lavori dell'Haupt e del Lotti. Tali indagini minerarie chehanno paralleli cultori in varie parti d'Italia, continueranno ad essere fertile terreno di ricerca per gli archeologi ed inparticolare degli etruscologi che sulla rivista "Studi etruschi", daranno, fra la fine degli anni Venti e i primi anniCinquanta, ampio margine all'argomento grazie soprattutto all'interesse di Minto, il quale, per altro, mostra una chiaratendenza ad appiattire sull'epoca preromana ogni forma di attivit estrattiva con caratteristiche preindustriali.

  • la sua attenzione sui villaggi abbandonati del meridione e dell'area laziale15, mentre sempre aricercatori anglosassoni si devono le prime sistemazioni dei materiali ceramici provenienti sia daraccolte che da ricerche sul campo, ricerche che trovano spazio nei papers di quella istituzione16.Ma la "British School at Rome", non opera isolata, seppure costituisce il centro di ricerca stranieroche forse pi profondamente influenza e coopera con istituti e studiosi italiani, infatti l"'EcoleFranaise de Rome" svolge anch'essa un'intensa attivit su insediamenti rurali siciliani17, mentre1'Universit di Salerno, raccogliendo l'eredit di Bognetti, promuove in collaborazione con gliarcheologi dell'"Istituto di storia della cultura materiale" di Varsavia una sistematica indaginesull'area della citt abbandonata di Capaccio vecchia in Campania18. In tutti i casi che abbiamoricordato i cantieri di scavo divengono centri di formazione e di dibattito per storici ed archeologi.Non di minor rilievo per altro ha rivestito quanto si andava contestualmente elaborando all'internodi alcuni gruppi di ricerca regionali: il "Gruppo ligure di ricerca sulle sedi abbandonate chevedeva uniti storici, geografi, archeologi e naturalisti (Massimo Quaini, Diego Moreno, TizianoMannoni)19, affronta il problema della morfologia dell'insediamento con un approcciointerdisciplinare del tutto inedito nel caso italiano ed elabora strumenti di analisi e di datazionenuovi, muovendosi su un'area estesa e per certi versi omogenea. La Liguria infatti la primaregione che si dota di uno strumento come la tipologia delle ceramiche postclassiche epreindustriali, facendo un uso ottimale anche dell'esperienza che si era andata consumando conl'insegnamento di Nino Lamboglia. Tiziano Mannoni elabora la classificazione delle ceramicheliguri, guardando a questo tipo di manufatto con un'ottica che non si limita all'utilizzazione di un"fossile guida", la cui definizione comunque tutt'altro che agevole, ma ad uno strumento di analisidi contesti sociali, di funzioni, di tecnologie produttive e spia di contatti economici fra le diversearee mediterranee 20. 15 I risultati del lavoro pluriennale della scuola britannica sono stati pubblicati da T. W. Potter, The ChangingLandscape of South Etruria, London 1979 (trad. it. Storia del paesaggio dell'Etruria meridionale. Archeologia etrasformazioni del territorio, Roma 1985), a cui si rinvia anche per una sintesi storica delle ricerche e delle metodologieutilizzate, che cos marcatamente segnano la ricerca sul campo in questo settore, tanto da costituire oggi un modello diriferimento alternativo alla consolidata metodologia che sta alla base dei volumi editi nella collana Forma Italiae.16 Non vi infatti alcun dubbio che il saggio di D. Whitehouse, The medieval glazed pottery ofLazio, "Papers of the British School at Rome", XXXV (1967), pp. 40-86, che segue di due anni unbreve saggio dedicato all'argomento sulla rivista "Medieval Archaeology" e di un solo anno un altrosaggio dedicato alla ceramica dell'Italia centrale e meridionale edito nella stessa sede, rappresenta ilpunto di partenza di una ceramologia che si pone come strumento essenziale per una ricercaarcheologica che sta muovendo ancora i primi difficili passi, tanto che, nonostante l'approcciometodologicamente corretto, la datazione imprecisa del cosiddetto "Forum Ware" condizionernegativamente l'interpretazione dei dati che emergevano dalla ricerca di superficie nell'area laziale,dove il problema dell'incastellamento, diveniva tema di confronto concreto fra storici ed archeologi.17 Sull'impostazione di lavoro dei ricercatori legati a questa istituzione si veda AA.VV., Il gruppo di ricerche inantropologia medievale (Parigi): un approccio interdisciplinare del basso medioevo rurale dell'Europa occidentale,"Archeologia Medievale", III (1976), pp. 337-54 e quanto in pi occasioni elaborato da G. Noy. Mentre l'edizionedello scavo Brucato. Histoire et archologie d'un habitat mdival en Sicile, a cura di J. M. Pesez, vol. 2, Roma 1984 un caso felice di pubblicazione integrale di uno scavo condotto, fra non poche difficolt, nei primi anni Settanta dove si coniugato storia ed archeologia sino dall'inizio.18 Si vedano al proposito i due volumi AA.VV., Caputaquis Medievale , I e II, rispettivamenteSalerno 1975 e Napoli 1984.19 Un approccio interdisciplinare allo studio delle sedi abbandonate in Liguria, Genova 1971 che la pi matura risposta italiana, rimasta sostanzialmente isolata, ad una tematica che in Europa avevaprodotto una vasta letteratura ed evidenziato il ruolo dell'archeologia nello studio della dinamicainsediativa.20 T. Mannoni, La ceramica medievale a Genova e nella Liguria, la cui sintesi riportata tra i saggipubblicati nel presente volume, ha fra l'altro evidenziato l'impossibilit di muoversi su scalediverse, per il Medioevo, da quella regionale se non subregionale.

  • In altre regioni il lavoro archeologico si andava catalizzando all'interno di istituti di storiamedievale o intorno a cantieri di scavo dove la correttezza dei direttori permetteva di prestareattenzione ai livelli di vita successivi alle fasi classiche; al proposito si potrebbero indicare gliistituti di storia delle universit di Firenze, Palermo, Pisa, Salerno e Roma e lo scavo di Luni21.Sebbene non in forma omogenea, la ricerca archeologica di ambito postclassico agli inizi degli anniSettanta stava prendendo consistenza con l'apporto e il contributo determinante degli storici: daGina Fasoli a Elio Conti, da Carmelo Trasselli a Nicola Cilento e Paolo Delogu, l'unico,quest'ultimo, che abbia anche scelto la pratica dell'archeologia riuscendo a produrre non solo lineeoriginali di ricerca, ma anche critiche ed incisive pagine sulla storia della disciplina, mentre l'unicodocente di archeologia medievale, Cagiano di Azevedo, pressato dalla spinta "spontaneista" deigruppi di ricerca regionali che gi operavano sul campo con nuove strategie e generalmente conpunti di riferimento extranazionali, non si stancava di compiere opera di collegamento anche congli storici, orientando temi di dibattito soprattutto nell'ambito del centro di studi spoletino.Datano sempre agli inizi degli anni Settanta alcuni episodi che mar22cano in modo sostanzialel'orientamento prevalente dell'archeologia medievale in Italia: i dibattiti suscitati dal n. 24 del 1973dei "Quaderni Storici", dedicato al tema Archeologia e geografia del popolamento, e dal n. 31 del1976 della stessa rivista incentrato sulla cultura materiale23, la comparsa del primo numero dellarivista "Archeologia Medievale" nel 1974, nata sostanzialmente dall'incontro delle esperienzecondotte in Liguria ed in Toscana24,1'organizzazione del Colloquio Internazionale di ArcheologiaMedievale di Palermo-Erice 25 ed infine la Tavola rotonda sull'archeologia medievale , promossadall"'lstituto nazionale di archeologia e storia dell'arte26 segnano definitivamente la fase di

    21 Cfr. Scavi di Luni II . Relazione delle campagne di scavo 1972, 1973, 1974, a cura di A. Frova,Roma 1977, dove compaiono studi sulle indagini relative alle fasi e ai materiali postclassici di B.Ward Perkins, H. Blake e S. Lusuardi Siena.22

    23 In entrambi i numeri della rivista in questione i singoli saggi sono introdotti da un contributo, autori rispettivamenteMassimo Quaini e lo stesso Quaini con Diego Moreno che costituiscono ancor oggi un punto di partenza teoricoimportante per la ricerca archeologica postclassica, nonostante che si sia notato gi da allora come fossero presentispunti di una tendenza a cercare "scorciatoie" nella costruzione del documento archeologico. Si trattava diun'insofferenza giustificata dal faticoso e lungo processo analitico sui materiali che talvolta esaurisce l'energia di chiopera sul campo. Ma il significato pi rilevante dei due contributi sta nell'aver posto le basi per una definizione di unapratica di ricerca, che, nonostante le oggettive specificit archeologiche, si pone come momento di ricomposizione disettorializzazioni disciplinari per una storia delle "culture" postclassiche e preindustriali.24 Al gruppo ligure si deve l'inizio della pubblicazione del "Notiziario di Archeologia Medievale" apartire dal settembre del 1971, che, con il GRAM (Gruppo ricerche archeologia MedievalePalermo) di breve vita (1971-72), ha costituito uno strumento di informazione rapido relativamentea iniziative di scavi, incontri e notizie bibliografiche: un ruolo che continua a svolgere tuttora.Mentre nel gruppo toscano si stava sviluppando proprio in quel periodo un interesse archeologicoverso i problemi dell'insediamento incastellato e si stavano muovendo i primi passi per lacostruzione delle cronologie ceramiche in un rapporto proficuo con la "Soprintendenza all'antichitd'Etruria" diretta da Guglielmo Maetzke.25 Vol. 2, Palermo 1976.26 Roma 1976, in questa sede si trova un saggio di grande respiro dove Toubert ha affrontato conchiarezza il tema dei rapporti fra documentazione scritta e dati archeologici non senza rivendicareun'assoluta separazione fra storici ed archeologi, portando l'esempio dei castelli che rimangonocampo di azione comune quando si tratta di vita materiale abitato ecc. e, viceversa, dei soli storiciquando si parla in termini di "signoria di castello" (p. 31), una posizione che a distanza di circa undecennio, concludendo il convegno cuneese del 1981 sui castelli, Toubert pare aver notevolmenteattenuato, e, viceversa, il prodotto del lavoro archeologico gli appare sempre pi uno strumentointegrato ed essenziale per la ricostruzione storica complessiva (Castelli. Storia e Archeologia, acura di R. Comba e A. A. Settia, Torino 1984, pp. 403-7).

  • un'"autonomia" disciplinare che a livello istituzionale si trasforma in un incremento consistente diinsegnamenti universitari e alla messa in moto del meccanismo che porter all'introduzione, agliinizi degli anni Ottanta, degli ispettori medievisti all'interno degli organi della tutela archeologica,mentre a livello di ricerca sanciscono nel confronto con la storia il terreno privilegiato su cuiimpostare la propria strategia. L'archeologia medievale nasceva e si muoveva quindi libera dalleipoteche che potevano provenire dalla tradizione antiquaria e lontana dalla tradizione storicoartistica e dell'archeologia classica.Ma stato proprio il rapporto stretto fra la domanda storiografica tesa a risolvere i problemi delledinamiche insediative di epoche caratterizzate anche da strutture precarie, che lasciano poche traccesul terreno, e pi in generale delle dinamiche sociali ed economiche a spingere verso elaborazionidi tecniche di indagine che, sul piano del metodo, si sono potute collocare all'avanguardia inparticolare nell'ambito della ricerca sul campo nel contesto delle archeologie, rompendo latradizionale dicotomia fra scienze "umanistiche" e scienze "naturali"27.E in questo senso si parlatodi una "filiazione" e di una vicinanza fra l'archeologia medievale e la preistoria. Le edizioni, ancoranon numerosissime, degli scavi postclassici infatti presentano solitamente sezioni paleoecologiche,dove si evidenzia l'attenzione posta ai problemi delle trasformazioni ambientali attraverso laregistrazione sistematica delle informazioni di carattere naturalistico: pollini, resti osteologici,materiali organici in generale che non sempre erano valutati come possibili indici di assettipregressi, come pure sistematiche analisi mineralogiche di impasti ceramici per l'individuazionedelle aree di provenienza dei materiali da mensa e da trasporto 28.Gli stessi metodi dellarcheologia estensiva hanno avuto, attraverso le indagini di superficiecondotte in Liguria dal Mannoni, momenti di notevole approfondimento29 e la stessa indaginestratigrafica stata generalmente e dall'inizio il minimo comun denominatore degli interventiintensivi, dei cantieri di scavo postclassici, con rare e definite eccezioni. In questo senso ha pesatonon poco, in positivo, il ruolo svolto ancora una volta dalle scuole straniere, ed in particolare daquella inglese, il cui impegno, seppure ancor oggi consistente in ambito postclassico, apparefortemente ridimensionato, ancorch estremamente vitale e stimolante.La funzione trainante dell'archeologia medievale nel qualificare i problemi di metodo nella ricercaha contribuito in modo incisivo ad aprire un fruttuoso dibattito all'interno dell'intera archeologiaitaliana. stato infatti recentemente notato che nel lanciare la sua crociata contro la tradizioneaulica dell'archeologia classica italiana, Andrea Carandini si accorgeva di esser stato preceduto,nella parte propositiva, da quei pochi e ancor poco noti archeologi medievisti che pubblicavano unarivista giunta al secondo numero30. In realt l'esperienza che era andata maturando all'interno dellaricerca di Carandini e della sua quipe aveva una storia notevolmente simile, almeno per l'aspettodell'indagine sul campo (rapporti da un lato con Nino Lamboglia e dall'altro con la missione inglesea Cartagine), a quella dei gruppi regionali dove la ricerca archeologica postclassica, nonostante ilrapporto che abbiamo visto anche con altre tradizioni, aveva attinto a piene mani soprattutto

    27 indicativo al proposito che uno dei primi ed originali interventi sulle analisi stratigrafiche siastato elaborato da T. Mannoni, Sui metodi dello scavo archeologico nella Liguria montana.(Applicazioni di geopedologia e geomorfologia), "Bollettino linguistico", XXII (1970), pp. 51-64.28 E interessante notare come le tecniche di scavo descritte da A. Carandini, Storie della terra.Manuale dello scavo archeologico, Bari 1981, siano in perfetta assonanza con i metodi di indagineadottati dagli archeologi postclassici, come verificabile nelle diverse annate di "ArcheologiaMedievale".29 Cfr. Mannoni L. e T., La ceramica dal Medioevo all'et Moderna nell'archeologia di superficiedella Liguria centrale ed orientale, in Atti dell'VIII Convegno Internazionale della ceramica,Albisola 1975, pp. 121-36.30 Cfr. P. Delogu, Archeologia medievale, un bilancio di venti anni, "Archeologia Medievale", XIII(1986) a cui si rinvia per un'esauriente quadro delle vicende della disciplina e per un quadro dellelinee di ricerca attuali.

  • dall'esperienza anglosassone. Ed proprio da questa nuova prospettiva, che vedeva unificati sulpiano del metodo gli archeologi medievisti e un settore importante dei classici, che si potutoguardare all'archeologia stratigrafica come ad una scienza di analisi del territorio nella lunga durata,dove le problematiche della cultura materiale e delle scienze etnografiche assumevano unacentralit che fino a quel momento non gli era riconosciuta.Inoltre l'unit delle archeologie la base su cui stanno maturando le iniziative di archeologiaurbana che, nel nostro paese, hanno iniziato ad essere impiantate soltanto a partire dagli anniOttanta, ma anticipate da un paio di casi, uno dei quali, quello genovese, risale gi alla met deglianni Sessanta ed ha visto protagonista ancora una volta Tiziano Mannoni, mentre il secondo, quellopavese, ha avuto in un altro archeologo medievale, Peter Hudson, il suo riferimento31.L'archeologia urbana si diffusa come pratica soprattutto nell'Italia centro-settentrionale, vedendoattivi in particolare gli archeologi medievistici (si vedano al proposito i casi di Brescia, Verona,Milano, Pindena ecc.32) e i risultati raggiunti permettono fino ad ora di intravedere un nuovo mododi fare storia della citt, dove continuit e fratture possono essere concretamente valutate al di fuoridi schematismi precostituiti e di letture "formali", mettendo in relazione i processi di stratificazionecon le trasformazioni urbanistiche.Per l'Altomedioevo stanno emergendo informazioni preziose non solo relativamente alla riduzionedegli spazi urbani, rilevabile attraverso la lettura dell'andamento delle cinte murarie, ma ancherelativamente al rialzamento consistente delle quote di uso, talvolta anche di diversi metri. Questofenomeno, i cui tempi non sono forse unitari, ma che inizia gi in epoca tardo antica e si protrae pertutto l'Altomedioevo, si caratterizza per la presenza di spessi "strati neri" a forte componenteantropica, talvolta riferibili ad usi di ampie aree ortive in altri a depositi di rifiuti o a crolli di casedi terra. Comunque in generale si tratta di accumuli causati da una mancata manutenzione delleinfrastrutture. Le indicazioni che vengono raccolte mostrano come la citt tenda generalmente asvilupparsi per isole, alterando zone precedentemente abitate, con vaste aree inedificate e coltivate,e come si sia largamente diffuso l'uso del legno come materiale da costruzione per le case-capanne,che per altro coesistevano con altre tipologie edilizie differenziate, come edifici pubblici in pietrae/o mattone, e con strutture antiche che, quando non erano usate come cave, venivano riutilizzate informa parassitaria. L'evidenza archeologica mostra inoltre che gli edifici in legno non erano unretaggio di culture germaniche, ma appartenevano ad un substrato di conoscenze tecnologicheautoctone.In realt l'archeologia urbana rappresenta uno dei nodi pi rilevanti per la ricerca nei prossimi anni,perch il terreno dove si potr pi concretamente operare quel disegno di ricomposizione dellearcheologie da un lato e dall'altro dell'archeologia medievale con la storia, con la storiadell'architettura e dell'arte e pi in generale con le scienze del sopravvissuto.Insistere sulla rilevanza dell'unit dell'archeologia postclassica con le a tre archeologie e con lostudio del "sopravvissuto", dalla capanna al monumento, che Mannoni definisce archeologiaglobale, vuol dire indicare chiavi di lettura filologicamente corrette delle fonti materiali nel lorocomplesso le quali permettano di superare le artificiose separazioni disciplinari che impediscono dicogliere nel suo insieme ci che stato prodotto da l'uomo nel lungo periodo nelle sue pi

    31 Gli scavi nell'area centrale di Genova, Castello-San Silvestro furono iniziati nel 1967 e sono statisoltanto parzialmente editi: cfr. D. Andrews, D. Pringle, Lo scavo dell'area sud del Convento di S.Silvestro a Genova, "Archeologia Medievale", IV(1977), pp. 47-207; per il caso pavese si veda P.Hudson, Archeologia urbana e programmazione della ricerca: I'esempio di Pavia, Firenze 198132 Cfr., Archeologia urbana in Lombardia , a cura di G. P. Brogiolo, Modena 1985. Per un quadro generale dei problemidi archeologia urbana si rinvia oltre che ad "Archeologia Medievale", VII(1979), dedicato ad Archeologia epianificazione del territorio, al recente saggio di B. D'Agostino, Le strutture antiche del territorio, in Storia d7talia,Annali 8, Insediamenti e territorio, Torino 1985, pp. 5-52. Mentre per un caso di studio privilegiato, la cuiinterpretazione in parte si differenzia da quanto si va scrivendo di seguito, si veda C. La Rocca, "Dark ages" a Verona:edilizia privata, aree aperte e strutture pubbliche in una citt dell'Italia settentrionale, "Archeologia Medievale", XIII(1986).

  • diversificate e complesse attivit. Soprattutto importante nel caso italiano dove la "storica"divisione nell'ambito della ricerca postclassica fra storia e storia dell'arte e architettura ha creatodelle "separazioni", che sono state accentuate nel quadro del dibattito storiografico che haavvicinato vita materia e, quotidianit con la lunga durata e l'analogia e viceversa l'evento con ilmonumento e l'anomalia, radicalizzando in qualche modo l'incomunicabilit33. La necessit delconfronto con i temi privilegiati della storia dell'arte emergono con grande chiarezza da la maturitraggiunta dal metodo di analisi stratigrafico, che non ha mancato di dare contributi imprescindibilianche nella lettura di monumenti significativi34: si in sostanza conclusa la fase in cui l'archeologiapostclassica si interessa di ci che gli storici e gli storici dell'arte e dell'architettura tralasciavano.A distanza quindi di dieci anni dall'incontro-seminario di San Marino di Bentivoglio (Museo dellaCultura Contadina) da titolo Una rifondazione dell'archeologia postclassica: la storia della culturamateriale35, che ha segnato una tappa importante del dibattito epistemologico relativamenteall'archeologia nel suo rapporto con le a tre scienze storiche, gli interrogativi posti a lora alladiscussione sono ancora terreno di dibattito vivo 35 e i temi aOora impostati sono divenuti oggettodi indagini problematiche e non certo una pratica di ricerca discriminatoria dove la cultura dellecollettivit stata contrapposta a quella dell'individua it. Inoltre la ricerca di come l'archeologiacontribuisce a la costrazione della storia e soprattutto del documento storico proceduta ad unlivello assai elevato e sulle cose, i saggi che seguono sono esemplificativi, anche nella loroeterogeneit, di quanto si va elaborando al proposito.

    RICCARDO FRANCOVICH

    33 Al proposito si rinvia al numero monografico di "Restauro & Citt" dedicato ad Archeologiaurbana e restauro ed in particolare al saggio di T. Mannoni, Archeologia globale a Genova pp. 33-47.34 Oltre i casi genovesi di Santa Maria in Passione e dell'ex convento di San Silvestro, cui facontinuamente riferimento Mannoni (Archeologia globale, cit.), si potrebbe ricordare AA.VV., IlPalazzo Corigliano tra archeologia e storia, Napoli 1985, R. Francovich, S. Gelichi, Archeologia estoria di un monumento mediceo, gli scavi nel "cassero" senese della Fortezza di Grosseto, Bari1980 e G. Vannini, L'antico Palazzo dei Vescovi a Pistoia, Firenze 1985.35 Cfr. "Archeologia Medievale", III (1976), pp. 7-24. Per una rassegna critica dell'andamento deldibattito intorno a questi problemi si veda J. M. Poisson, Problemi tendenze e prospettivedell'archeologia medievale in Italia, "Societ e Storia", 4 (1979), pp. 129-50. Pi difficilmenteutilizzabile il breve saggio di H. Blake, Archeologia e Storia, "Quaderni Medievali" 12 (1981), pp.136-52, mentre recentemente M. S. Mazzi, Civilt, cultura o vita materiale?, "ArcheologiaMedievale, XII (1985), pp. 573-92, ha riproposto il problema della cultura materiale fra storia edarcheologia in termini estremamente chiari ed incisivi, riprendendo spunti anche da quantoelaborato nella voce Cultura materiale della Enciclopedia Einaudi, da J. M. Pesez e R. Bucaille, eda J. M. Pesez, Storia della cultura Materiale, in La nuova storia, a cura di J. Le Goff, Milano1980. Ma per la definizione degli" spazi" comuni fra storici ed archeologi oltre al citato saggio diSerena Mazzi si veda anche il contributo di J. M. Pesez, Archologues et Historiens,in Mlangesd'archologie et d'histoire mdivales en l'honneur du Doyen Michel de Bodard, Genve-Paris1982, pp. 295-308.

  • I Longobardi in Italia: insediamenti e cultura materiale

    L'invasione longobarda dell'Italia (568 d.C.), pur non investendo come noto, I'intera penisola, chein parte rest all'Impero, costitu un fatto molto pi traumatico rispetto a quella gotica. Infatti iLongobardi, instaurando una dominazione germanica sulle popolazioni romanze, contrappostaall'Impero romano, che si protrasse in forme diverse per oltre due secoli, segnarono un punto dicesura con il mondo romano anche a livello politico e istituzionale, innescando una serie di processidi trasformazione economico-sociale che determineranno il successivo sviluppo dell'Italiamedievale.Il lungo processo di interrelazioni "culturali" fra Germani ed autoctoni ha assunto nelle diverseparti della penisola connotati talvolta diversi, a seconda della vicinanza cronologica e spaziale dalmomento e dall'area della prima migrazione e dal diverso grado di assimilazione reciproco che siera raggiunto. L'archeologia dell'epoca longobarda ha generalmente privilegiato l'elementogermanico: una grande tradizione di studi dell'Europa centro-settentrionale, a cominciare dall'bergper giungere al Werner e al von Hessen, ha creato gli strumenti di lettura cronologici e haricostruito l'evoluzione del costume nazionale longobardo, soprattutto indagando i resti delle aree diinumazione e dando uno spazio pi limitato al problema degli insediamenti e quindi del rapportofra l'elemento germanico e le popolazioni autoctone (fra i pochi casi indagati si ricordano quelli diCastelseprio e di Invillino del Friuli); soltanto recentemente si cominciato a riflettere in mododiverso a questo proposito.In questa sede offriamo due brani, entrambi inediti in Italia, che evidenziano altrettanti diversiapprocci, l'uno di Otto von Hessen, 1 l'altro di Cristina La Rocca Hudson e Peter J. Hudson 2, alquale si rinvia per la bibliografia sull'argomento3.

    1 Die Longobarden in Pannonien und in Italien , in Sonderdruck aus der Propylen Kunstgeschichte , Berlino 1982, pp.164-8; la traduzione dal tedesco di Nori Zilli.2 Questo contributo stato presentato alla Third Italian Conference, Cambridge 1984, e pubblicato con il titoloLombard immigration and its effects on North Italian rural and urban settlement, in Papershin Italian Archacology IV.The Cambridge Conference IV, a cura di C. Malone e S. Stoddart, Oxford 1985, pp. 225-46. Ndl'occasione di questaedizione italiana gli autori hanno rivisto il testo ed aggiornato la bibliografia.3 Per uno sguardo complessivo ed esauriente al problema delle migrazioni germani che in Italia, comprensivo di unaricca bibliografia rinviamo al recente volume Magistra Barbaritas. Barbari in Italia, Milano 1984 ed in particolare alsaggio di V. Bierbrauer, Aspetti archeologici di Goti, Alemanni e Longobardi, pp. 445-508, mentre una ricostruzionestorica che tiene ampio conto delle evidenze archeologiche in P. Delogu, Storia dei Longobardi, in P. Delogu, A.Guillou, G. Ortalli, Longobardi e Bizantini, in Storia dItalia, a cura di G. Galasso, I, Torino 1980, pp. 3-216.

  • Otto von Hessen

    I Longobardi in Pannonia e in Italia

    Il nome di Longobardi riferito a una stirpe compare per la prima volta negli anniintorno alla nascita di Cristo; gli storici romani fanno menzione di questo popolocome di una stirpe germanica in lotta con Roma. Il praefectus equitum di Tiberio,Velleio Paterculo, ne parla e osserva che sono particolarmente bellicosi, lo stessoriferisce Tacito circa cento anni pi tardi. Come sede di questa stirpe viene indicata lazona del basso corso dell'Elba, i Longobardi da parte loro invece affermano di essereoriginari della Scandinavia, come risulta nell'introduzione all'Editto di Rotari, laOrigo gentis langobardorum, redatta intorno al 643. Queste notizie riportate anchedalla Historia Langobardorum di Paolo Diacono, scritta fra il 770 e il 790 e chevengono ripetute dalle fonti successive, sono state pi volte messe in dubbio e nonhanno trovato fino ad oggi conferma certa dal punto di vista archeologico.Nella zona che gli storici romani indicano come sede dei Longobardi, la regione ciofra le attuali Amburgo e Luneburg, esistono, quali testimonianze archeologiche diquel periodo, delle necropoli talvolta piuttosto grandi con tombe a incinerazione usatesenza interruzione per almeno due o trecento anni che confermerebbero unaprolungata presenza "longobarda". L'insediamento dur fino ai primi secoli dopoCristo, ma verso la met del IV secolo diminu di importanza; il fenomeno potrebbeessere spiegato con l'emigrazione almeno parziale della popolazione. Il nome deiLongobardi ricompare nei testi storici di nuovo nel 166-67 durante la guerra deiMarcomanni. In questo caso vengono citati seimila Longobardi che combattevano afianco dei Marcomanni contro i Romani e che si spinsero in quell'occasione fino allaPannonia. Dopo questo accenno le fonti storiche tacciono per almeno due secoli.Anche dal punto di vista archeologico in tale periodo difficile definire questo popolocome unit a se stante. I Longobardi nelle proprie tradizioni affermano di averabbandonato le antiche sedi per spostarsi prima ad Antahib e poi a Bainhaib. MentreBainhaib viene oggi identificato da parte degli studiosi con la Boemia, non abbiamoper il momento nessuna indicazione valida per identificare Anthaib.La storia vera e propria dei Longobardi ha inizio soltanto nell'anno 487-88. Allora,come risulta dalle fonti storiche, occupavano il territorio dei Rugi, vinti e distrutti daOdoacre, cio l'attuale Bassa Austria. L'occupazione del paese dei Rugi da parte diun nuovo gruppo etnico in questo periodo attestata anche dalla ricerca archeologica.Innanzi tutto compaiono le necropoli con tombe a fila (Reihengrber) che fannochiaramente parte del mondo merovingico orientale e documentano l'immigrazione dinuove popolazioni da nord-ovest. I nuovi venuti inumavano i propri morti secondo ilrito dei Reihengrber in tombe orientate. I doni funebri per le donne consistono ingioielli e accessori dell'abbigliamento per gli uomini soprattutto in armi e oggetti diornamento per l'armatura. In ambedue i casi troviamo inoltre pettini e recipienti diterracotta.I1 corredo funebre nelle tombe femminili della prima generazione di immigrati,corrisponde a quello in uso fra le popolazioni di ambiente merovingico. Insieme allecollane di perle troviamo in genere un paio di piccole fibule a "S" o di fibule a disco eun paio di fibule a staffa relativamente piccole. Mentre le fibule a "S" - diversamente

  • da quelle appartenenti a altre civilt dell'ambito merovingico - presentano un grannumero di varianti, per cui vanno considerate come un elemento a se stante, le fibulea staffa e quella a disco, nel periodo pre-pannonico e all'inizio della fase pannonicadelle migrazioni longobarde, si ricollegano direttamente ai modelli occidentali. I1corredo di armi, nelle tombe maschili di questo primo periodo, comprende innanzitutto una spada (spatha), la lancia con la punta a foglia di salice e lo scudo conumbone a cono schiacciato, al cui vertice si trova spesso un ribattino col gambo.Vorrei qui ricordare le tombe di due orafi, quella di Brnn e quella di Poysdorf, cheoltre al corredo di armi contenevano gli arnesi da orafo e nel caso di Poysdorf,addirittura due modani per la fabbricazione delle fibule, una a "S" e una a staffa conpiastra di testa rettangolare. Quanto alla ceramica nelle tombe longobarde diquest'epoca compaiono due forme principali: da un lato le ciotole scanalatecaratteristiche della zona dell'Elba, dall'altro le ciotole a doppio cono con motivi astralucido tipiche del mondo orientale.Nelle necropoli dei primi decenni del VI secolo, periodo in cui i Longobardi sidiffusero oltre il Danubio in Pannonia, si nota la tendenza ad abbandonare gli oggettidi tipo turingio-boemo, mentre compaiono pi di frequente offerte che fanno pensarea legami con l'ambiente occidentale merovingico e alemannico. Nelle tombefemminili si trovano spesso coppie di fibule a staffa di provenienza occidentale -come i due esemplari di Hegyko - e inoltre anche fibule a rosetta e a disco ornate acloisonn, che sono certamente di origine franca; in generale in questo periodo l'abitodelle donne longobarde segue in tutti i dettagli la moda occidentale.Se consideriamo le fibule a staffa delle tombe longobarde in Pannonia, basandocisulle pubblicazioni disponibili, possiamo notare che il materiale non unitario, macomprende una serie di forme molto diverse fra loro.Accanto ai succitati esemplari di "importazione" che sono di provenienza occidentale,in Pannonia gli orefici longobardi sviluppano nuove forme, che non possiamo picatalogare genericamente come merovingiche, ma che vanno consideratespecificamente longobarde. Questi nuovi tipi di fibule e la loro ornamentazione sonole prime testimonianze di un'arte autonoma prettamente longobarda.Le forme preferite dai Longobardi sono le fibule a staffa dalla piastra di testasemicircolare e il piede ovale terminante con una testa di animale in rilievo. La piastradi testa circondata da protuberanze, che negli esemplari pi semplici erano fuse inun sol pezzo con la fibula, mentre in quelli pi pregiati venivano approntateseparatamente e poi inserite nella piastra. Il loro numero varia a seconda dellagrandezza della fibula. Questa forma classica di fibula longobarda si sviluppa daprototipi occidentali fino ad assumere caratteri propri. Talvolta compare laornamentazione geometrica a Kerbschnitt abituale nelle fibule merovingiche, cheindica la provenienza originaria, ma per lo pi le fibule sono decorate conornamentazione zoomorfa in Stile 1.Una variante dello Stile 1, che compare quasi contemporaneamente, la cosiddettaSchlaufenornamentik; consiste, nella sua forma originaria, di nastri intrecciati edisposti con rigida simmetria, che possono talvolta, ma non sempre, contenere dettaglizoomorfi appena accennati. Questa variante dello stile zoomorfo, nello sviluppo dellaornamentazione longobarda, va posta, secondo H. Roth, fra lo Stile I e lo Stile II.Oltre alle tipiche fibule a staffa con piastra di testa semicircolare compare in Pannoniaun altro tipo, si tratta di fibule con la piastra di testa rettangolare e il piederomboidale, come quelle trovate nella Tomba 18 di Hegyk. Il gruppo, indicato ingenere come tipo Cividale, e che discende dalle Relieffibeln (fibule a rilievo)nordiche, si svilupp per suo conto sotto l'influsso longobardo. Certi ornamenti che

  • gi compaiono in queste fibule- come i tralci a spirale, gruppi di linee, maschere eteste di uccelli assai stilizzate lungo il bordo del piede - rivelano un influsso direttodell'arte ostrogota e fanno pensare che queste fibule siano state approntate per iLongobardi da orafi ostrogoti rimasti in Pannonia. Perci la fibula di tipo Cividaledimostra come nel periodo pannonico della migrazione i Longobardi, sotto l'influssodi elementi provenienti da culture diverse, abbiano creato un nuovo stile, che puessere considerato veramente longobardo.Qualcosa di analogo si pu notare per i reperti provenienti da tombe maschili dellastessa epoca. Accanto a oggetti di alta qualit "importati" da altri ambiti culturali,come la spatha nordica col pomo d'oro di Gyirmod e la placca di cintura franca diSzentendre, si trovano, anche se finora di rado, prodotti di artigiani locali. Vorremmoqui citare le placche delle briglie di Veszkeny, che probabilmente provengono dallatomba distrutta di un principe. Si sono conservati soltanto gli anelli dei filetti conagemina in argento, un pendente di argento dorato e delle falere a forma di croce;queste ultime si possono dividere in due gruppi in base alla loro forma. Il primo ornato da una greca e da un semplice nastro intrecciato, motivi questi che provengonoda forme mediterranee. Nell'altro gruppo le placche emisferiche sono divise da unacroce in rilievo, i cui bracci terminano con teste di animali, in quattro campi nei qualisono rappresentati alternativamente una figura umana accovacciata e due animaliintrecciati fra di loro. Mentre la croce e anche i motivi zoomorfi si rifanno in generaleall'arte pannonico-longobarda, per la figura umana accovacciata ritroviamo dellelontane analogie nell'arte nordica. La decorazione del pendente a mezza luna consistein due animali affrontati in Stile I e una maschera umana fra due teste di uccellirapaci; questi due motivi, che compaiono frequentemente nell'ornamentazionezoomorfa nordica, indicano che il pezzo si rif a un modello di origine nordica.I reperti, provenienti dalle necropoli dell'epoca della venuta in Italia, indicano che iLongobardi nei primi decenni a partire dal 568 continuano a seguire la tradizionepannonica. Lo si nota chiaramente in esemplari trovati nei cimiteri di Cividale delFriuli, Nocera Umbra e Castel Trosino presso Ascoli Piceno. In questi centri, comepure in altri luoghi di scavo d'Italia, s'incontra lo stesso patrimonio di forme che sonocaratteristiche dell'epoca pannonica, il che costituisce un'indubbia prova dellamigrazione del popolo longobardo. Poco tempo dopo si notano tuttavia delleinnovazioni che vanno ricollegate all'influsso della civilt bizantino-mediterranea. Ledonne longobarde dapprima rimangono fedeli all'antico costume con le fibule, maaccanto a questo compaiono elementi ripresi dalla moda bizantina, in particolare gliorecchini d'oro e d'argento ornati di sottile filigrana. Vengono anche usati anelli dimetallo nobile e nelle tombe di donne ricche compaiono pendenti d'oro infilati nellecollane di perle.Le piccole fibule vengono abbandonate poco dopo l'insediamento in Italia; al loroposto compare la fibula a disco, che nei primi tempi ancora ornata a cloisonn. Lefibule a staffa diventano pi grandi e al posto della decorazione in Stile I e in"Schlaufenstil" subentra quella in Stile II sviluppatasi dopo la venuta in Italia.Questa nuova decorazione non viene usata soltanto sulle fibule a staffa, ma compareanche sulle guarnizioni di cintura o su altri oggetti simili e in particolare sullecosiddette crocette in lamina d'oro, tipiche del periodo italo-longobardo. Si tratta dicroci, in genere piuttosto piccole, ritagliate in sottile lamina d'oro e per lo pi decoratecon tecnica a sbalzo; esse erano cucite su un velo che veniva disteso sul volto deidefunti. Data la variet dei motivi usati nella decorazione esse rappresentano uno deidocumenti pi importanti per le arti minori longobarde. Accanto alla ornamentazione

  • a Schlanfenstil, nella fase pi sviluppata troviamo varianti in Stile II, ma ancheelementi non longobardi di provenienza bizantma.La massima fioritura delle arti minori longobarde e dell'oreficeria corrisponde ai primidecenni del VII secolo. I reperti di questo periodo, che sono assai importanti enumerosi ci danno un'immagine di quanto ricca fosse la produzione in oggetti d'oro ed'argento. I doni funebri che di norma venivano deposti nelle tombe femminiliconsistono in orecchini d'oro con ametisti e altre pietre preziose. Le fibule a staffavengono sostituite da una grande fibula a disco in cui sono inserite pietre disposte acroce o guarnizioni in filigrana. Spesso in queste tombe si trova del broccato d'oro,che fa pensare a abiti riccamente decorati e che compare anche nelle tombe maschili.Inoltre vengono usate spathe col pomo d'oro o d'argento, in parte filigranato, in partecon ornamentazione zoomorfa in Stile II. La foggia delle cinture si sviluppa in formeparticolarmente ricche; venivano indossate cinture multiple con guarnizioni d'oro ed'argento, secondo il modello orientale bizantino, i cui ornamenti riportano in partemotivi mediterranei come delfini contrapposti o simili. Altri oggetti di lussoprovenienti da tombe maschili di questa epoca e anch'essi influenzati dallo stilemediterraneo sono le preziose selle e le placche delle briglie. Un genere tipicodell'epoca italo-longobarda rappresentato invece dai cosiddetti scudi da paratalongobardi, ornati con ribattini dorati e, in casi particolarmente preziosi, anche conplacche sagomate a forma di figure. Le scene riprodotte sulla superficie dello scudopossono derivare da modelli tardoantichi, come nel caso dello scudo di Stabio in cui rappresentata una scena di caccia, o derivare dall'iconografia cristiana come nelloscudo di Lucca in cui compare un calice fra due pavoni e un guerriero che porta unacroce in piedi fra due leoni. Talvolta la decorazione consiste solamente di croci, comeper esempio nello scudo di Gisulfo di Cividale o nello scudo di Borgo d'Ale.Ai primi decenni del VII secolo appartiene anche la placca frontale del cosiddettoelmo di Agilulfo trovato in Val di Nievole. Vi rappresentata la tradizionale scenadell'atto di sottomissione: il re siede in trono fra due armati a cui si avvicinano dadestra e da sinistra due gruppi di figure condotti ciascuno da una vittoria alata. Anchese la rappresentazione si rif a modelli antichi, la placca di Agilulfo rappresenta unadelle testimonianze non solo pi interessanti, ma anche pi importanti dell'artelongobarda, perch, ad eccezione di alcuni anelli a sigillo, non conosciamopraticamente nessuna rappresentazione della figura umana.

    I reperti longobardi della met circa del VII secolo hanno caratteri completamentenuovi; diminuisce anche il numero dei reperti stessi. Nelle poche tombe femminilidell'epoca che si sono conservate si trovano solo oggetti che seguono la modamediterranea, come orecchini e fibule a disco e talvolta anelli di metallo nobile. Seconfrontiamo questi reperti con oggetti appartenuti a donne non longobarde trovati intombe della Sicilia e della Sardegna, notiamo una forte somiglianza sia nelle formeche nello stile; ci indica che avvenuta una totale assimilazione degli usi autoctonida parte delle donne longobarde. Di contro, per quanto concerne i doni funebri degliuomini di quest'epoca, si pu constatare che permangono caratteristiche particolariche ci permettono di distinguere chiaramente le sepolture dei Longobardi da quelledegli autoctoni. Continua l'usanza di deporre nelle tombe le armi. Tipiche dellaornamentazione longobarda sono le cinture per sospendere le armi e le guarnizionidegli sproni, che si sviluppano in forme analoghe. Ambedue sono sia di bronzo che diferro. Le guarnizioni di bronzo in genere sono ornate solo da ribattini e hanno i bordicentinati; quelle in ferro, invece, sono ornate da una quantit di motivi eseguiti nellatecnica dell'agemina e della placcatura. In questo campo si nota una evoluzione, che

  • presente anche a nord delle Alpi, per cui sembra giusto pensare a dei rapporti fra iLongobardi e i loro vicini del nord.Gi all'inizio del VII secolo accanto alle guarnizioni di cintura in metallo nobile,compaiono le cinture quintuple con agemina piuttosto grossolana in Stile II.Contemporaneamente si trovano guarnizioni multiple in ferro la cui ageminaturacerca di imitare il motivo bizantino a punto e virgola (ornamentazione a spirale intutte le sue varianti). In un secondo stadio - che in base alle conoscenze attuali si poneall'inizio del secondo trentennio del VII secolo - I'ornamentazione, sia sulleguarnizioni delle cinture quintuple che su quelle multiple, diventa di qualit superiore.Prendono il sopravvento decorazioni eseguite con cura in Stile II che rivestonol'intera superficie. Infine verso la met del VII secolo si abbandonano le guarnizionidi cinture quintuple in ferro, mentre si continuano a usare cinture dello stesso tipo inbronzo. A1 medesimo periodo appartengono anche guarnizioni di cinture multiple inferro dalla placcatura raffinata, che talvolta presentano un ornato mediterraneo atralci, talaltra graziosi motivi in Stile II, per lo pi nastri a "otto". Agli inizi circadell'ultimo trentennio del VII secolo siamo alla fine di questa evoluzione, compaionoallora delle guarnizioni di cinture molto strette e lunghe, sagomate, in bronzo e inferro; queste ultime sono per lo pi ornate di agemina a righe o di placchette in bronzoapplicate e decorate con punzonature. Al momento in cui compaiono tali reperti cessapresso i Longobardi l'uso del corredo funebre e di conseguenza anche la possibilit diricostruire la storia di questo popolo dal punto di vista archeologico.

  • Cristina La Rocca Hudson - Peter J. HudsonRiflessi della migrazione longobarda sull'insediamento rurale e urbano in Italia

    settentrionale *

    1. Problemi dell'insediamento rurale

    Gli effetti della migrazione longobarda sull'insediamento sia rurale sia urbano, sono un tradizionaleargomento di dibattito nella storiografia sia politica, sia giuridica1. Il modo in cui le fontiarcheologiche altomedievali sono state utilizzate nel passato non sembra invece aver fornito datisignificativi per comprendere i rapporti che si instaurarono tra i Longobardi e la popolazioneromanza2. Gli studi riguardanti la classificazione e la datazione dei corredi tombali longobardi sisono infatti per lo pi limitati ad incasellare questi manufatti in categorie tipologiche, definendogenericamente come "Longobardi" gli oggetti databili dalla fine del VI alla fine del VII secolo3, esoltanto di recente per alcuni reperti, quali le fibule zoomorfe, o le fibbie da cintura di bronzomassiccio, si iniziato a prospettare la possibilit che si tratti di oggetti relativi alla popolazionelocale4 .Il quadro che si delinea archeologicamente dell'Italia durante l'et longobarda dunque limitato allasfera della classe dominante, completamente avulsa dal contesto territoriale di insediamento echiusa ad ogni contatto culturale.In questa sede, si vogliono invece illustrare alcuni esempi tratti sia da contesti rurali, sia urbani, perdimostrare non solo che vi furono interferenze reciproche tra Longobardi e popolazione locale, maanche che tali rapporti variarono quantitativamente e qualitativamente a seconda del territorioesaminato e non sono da intendersi soltanto in una direzione, cio dai pi "civili" romani verso i"barbari", ma reciproci, n possono essere limitati ad una rigida divisione tra prodotti bizantini e

    *Il presente lavoro, frutto di una comune ricerca, stato redatto per la parte I da Cristina La Rocca Hudson e per laparte 2 da Peter J. Hudson.Vorremo ringraziare la professoressa Bianca Maria Scarf, soprintendente ai Beni archeologici per il Veneto, per avercipermesso di pubblicare la ceramica proveniente dal cortile del tribunale di Verona, ed anche l'ispettore per la provinciadi Verona, dottoressa Giuliana Cavalieri Manasse, per averci informato dell'esistenza di oggetti di corredoaltomedievali inediti e per averci sostenuto ed incoraggiato durante la ricerca. Infine siamo grati al professor Aldo A.Settia dell'Universit di Torino per le utili discussioni sull'insediamento presso la collina torinese.1 G. Falco, La questione longobarda e la moderna storiografia italiana, in Atti del I Congresso internazionale di studilongobardi, Spoleto 1952, pp. 153-66; E. Sestan, La composizione etnica della societ in rapporto allo svolgimentodella civilt in Italia nel secolo VII in Occidente, in I caratteri del secolo VII in Occidente, Settimana di Studio delCentro Italiano di Studi sull'Alto Medioevo, 23-29 aprile 1957, Spoleto 1958, Il, pp. 64977; G. Fasoli, Aspetti di vitaeconomica e sociale nell'ltalia del secolo VII, in I caratteri del secolo VII in Occidente, cit., I, pp. 103-59; G. Tabacco,Problemi di insediamento e di popolamento nell'altomedioevo, "Rivista Storica Italiana", 76 (1967), pp. 67-110; Id.,Egemonie sociali e strutture del potere nel medioevo italiano, Torino 1979, pp. 94-135; P. Delogu, Il regno longobardo,in P. Delogu, A. Guillou, G. Ortalli, Longobardi e Bizantini in Storia dItalia a cura di G. Galasso, I, Torino 1980, pp.3-216; C. Wickham, Early Medieval Italy. Central Power and Local Society, London 1981, pp. 64-80 (trad. it. L'Italianel primo Medioevo. Potere centrale e societ locale, Milano 1983).2 A. Melucco Vaccaro, I Longobardi in Italia, Milano 1982, p. 7s.3 O. von Hessen, I ritrovamenti barbarici nelle collezioni civiche veronesi del Museo di Castelvecchio, Verona 1968;Id. Die langobardischen Funde aus dem Graberfeld von Testona (Moncalieri-Piedmont), "Memoria dell'Accademiadelle Scienze di Torino. Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche", 4 (1971), pp. IV-120; C. Sturmann CicconeReperti longobardi e del periodo longobardo dalla provincia di Reggio Emilia, Reggio Emilia 1977; S. Cini, M. Ricci, ILongobardi nel territorio vicentino, Vicenza 1979, M. C. Carretta, Reperti autoctoni di et longobarda dal MuseoCivico Archeologico di Bologna ,"Archeologia Medievale", VIII (1981), pp. 646-48.4 O. von Hessen, Il materiale altomedievale dalle collezioni Stibbert di Firenze, Firenze 1983.

  • longobardi, secondo la proposta di berg5. stato d'altronde gi notato che nelle fonti scrittealtomedievali la maggioranza dei nomi propri - anche di schiavi - sono germanici, dimostrandochiaramente la diffusione di questo costume anche tra la popolazione di origine locale6.Per il contesto rurale sono state prese in esame tre aree campione: la collina ad est di Torino, ovenel secolo scorso venne alla luce la necropoli altomedievale di Testona7 e le moderne province diBrescia e Verona, poste sulle sponde opposte del lago di Garda. Mentre per la prima zona, diestensione pi limitata, sono stati presi in esame accanto ai siti tuttora esistenti, anche quelliabbandonati nel corso del Medioevo8, per le altre due aree si sono considerati soltanti gli abitantiattuali, il che costituisce un'indubbia limitazione, ma pu in ogni caso permettere delleconsiderazioni indicative9. La distribuzione dei dati archeologici - in prevalenza sepolture - statarapportata ai dati toponomastici, includendo quegli abitati, attestati nelle fonti scritte altomedievali,con toponimi derivanti sia da nomi personali latini sia germanici. infatti ragionevole ritenere chetoponimi aventi radice in un nome personale germanico e documentati nell'Altomedioevo sianoriconducibili, se non senz'altro alla classe dominante germanica, senza dubbio ad insediamenti sortiex novo presso quelli gi esistenti in et tardoantica. I toponimi derivanti invece da nomi comuninon sono stati considerati, perch la loro adozione nella lingua corrente anche in epoche di moltosuccessive li rende inutilizzabili ai nostri scopi10.In primo luogo occorre chiarire che la presenza di una necropoli longobarda estesa enumericamente consistente non significa necessariamente una presenza germanica pi rilevanterispetto ad altre zone, e neppure cambiamenti nella struttura territoriale tardo romana11. Alcontrario, i siti delle necropoli pi a lungo frequentate, sembrano indicare l'usanza di seppelliresoltanto in cimiteri ufficialmente "autorizzati", che venivano perci usati da pi villaggicirconvincini12. Questo sembra essere il caso delle necropoli maggiori qui esaminate: Testona(Torino) circa 450 tombe, e Calvisano (Brescia), 500 tombe, mentre, ed significativo notarlo,nessuna delle necropoli rinvenute in provincia di Verona supera le 50 sepolture, tranne la distrutta

    5 N. berg, Die Goten und Longobarden in Italien, Uppsala 1923.6 G. Tabacco, Dai possessori dell'et carolingia agli esercitali dell'et longobarda, "StudiMedievali, X (1969), pp. 228-34; Wickham, Early Medieval Italy, cit., p. 68 s.7 C. Calandra, Di una necropoli barbarica scoperta a Testona, "Atti della Societ di Archeologia eBelle Arti per la provincia di Torino", IV (1883), pp. 17-52; von Hessen, Die LangobardischenFunde, cit.; M. Negro Ponzi, Testona: la necropoli di et longobarda, in Testona. Per una storiadella comunit, Torino 1980, pp. 1-12.8 A. A. Settia, Villam circa castrum restringere. Migrazioni e accentramento di abitati sulla collina torinese nel bassomedioevo, "Quaderni storici", 24 (1973), pp. 905-44; Id., Insediamenti abbandonati sulla collina torinese, "ArcheologiaMedievale", 11 (1974) pp. 237-328; M. C. La Rocca Hudson, Le vicende del popolamento in un territorio collinare:Testona e Moncalieri dalla preistoria all'altomedioevo, "Bollettino storico bibliografico subalpino", LXXXII (1984),pp. 1-86.9 D. Oliveri, Dizionario di toponomastica veneta, Venezia 1960, Id., Dizionario di toponomasticalombarda, Milano 1961; Id., Dizionario di toponomastica piemontese, Brescia 1965; E.Gamillscheg, Romania Germanica, 11 Berlin-Leipzig 1936, G. B. Pellegrini Osservazioni sullatoponomastica "barbarica- veronese, in Verona in et gotica e longobarda, Verona 1982, pp. 1-5210 G. Petracco Siccardi, Vico Sahiloni e Silva Arimannorum, ~Archivio Storico per le ProvinceParmensi", XXVI (1977), pp. 133 e 135; Id., Typologie des toponymes Romans d'originegermanique dans l'ltalie du Nord, "Onoma", XXII (1978), pp. 172-86; Pellegrini, Osservazioni sullatoponomastica, cit., pp. 4-6 e 18-22.11 A. Castagnetti, L'organizzazione del territorio rurale nel Medioevo, Torino 1979, pp. 255-61.12 A. A. Settia, Pievi e cappelle nella dinamica del popolamento rurale, in Cristianizzazione ed organizzazioneecclesiastica delle campagne nell'alto medioevo: espansione e resistenze, Settimana di Studio del Centro Italiano diStudi sull'Alto Medioevo, 10-16 aprile 1980, Spoleto 1982, I, pp. 445-89, a pp. 458-60; B. Chapman, Death, cultureand Society, in Anglo-Saxon Cemeterie 1979, a cura di P. Rathz, T. Dickinson,L. Watts Oxford (British ArchaeologicalReporis, British Series 82) 1980, pp. 59-79.

  • necropoli presso Buttapietra-su cui per nulla si pu ormai dire - che si aggirava sulle 100 tombe13.La sovrapposizione delle sepolture, indice di un'area precisamente definita e limitata in cui erapermesso seppellire14, che si accompagna all'assenza, nelle immediate vicinanze, di altri siticimiteriali oppure di tombe isolate sembrerebbe indicare l'esistenza di un'area cimiteriale "ufficiale"(fig. 2 e fig. 4). Inoltre a Testona i catasti del XIV secolo seppur tarda attestazione - menzionano lapresenza di un muracium nell'area ove si rinvenne la necropoli longobarda15, che potrebbe suggerirel'esistenza di un edificio romano in rovina, riutilizzato dai Longobardi16. In ogni caso, l'esistenza diaree autorizzate e delimitate per le sepolture non implica necessariamente che i Longobardiriorganizzarono radicalmente l'assetto territoriale. Sia Testona, sia Calvisano si trovano infatti inzone caratterizzate da toponimi prediali latini, conservatisi fino al XIII secolo (fig. 1 e fig. 3)17.Questo dimostra chiaramente che i Longobardi si sovrapposero semplicemente accanto allapopolazione esistente, ereditando l'organizzazione insediativa romana. Il tipo di alcuni oggetti dicorredo ed i dati antropologici, fornito dallo studio delle ossa umane, provano inoltre che nei pressidi tali nuclei cimiteriali vi furono insediamenti della popolazione locale che si rapportarono inqualche modo con quelli germanici. I manufatti comprendono ceramica di tradizione locale- comegli "otto orciolini ed anfore di terra rossastra" e la pilgrimflask ricoperta da un'invetriatura verde18provenienti da Testona, mentre a Calvisano furono rinvenuti due olpi invetriate19; inoltre i restiantropologici femminili di Testona sono per la maggior parte relativi al tipo alpino-mediterraneo equindi presumibilmente riferibili alla popolazione locale20.

    13 O. von Hessen, La necropoli longobarda delle tombe in fila della zona di Ciringhelli Povigliano,provincia di Verona, "Memorie Storiche Forogiuliensi", XLIX (1969), PP. 93-9.14 Calandra, Di una necropoli barbarica scoperta a Testona, cit., p. 18s; P. Rizzini, Gli oggettibarbarici raccolti nei Civici Musei di Brescia, "Commentari dell'Ateneo di Brescia", 1894, pp. 3-51, a p. 22s.15 Archivio Comunale di Moncalieri, Serie A, Catasti, n 25, anno 1351, cc. 1v-2r.16 A. A. Settia, La toponomastica come fonte per la storia del popolamento rurale, in Medioevorurale. Sulle tracce della civilt contadina, a cura di V. Fumagalli e G. Rossetti, Bologna 1980, pp.35-56, a p. 43; altri esempi in O. von Hessen, Primo contributo all'archeologia longobarda inToscana. La necropoli, Firenze 1971.17 La Rocca Hudson, Le vicende del popolamento in un territorio collinare, cit., tav.VII.18 Calandra, Di una necropoli barbarica scoperta a Testona, cit., tavv. 3 e 29, H. Blake, Ceramicapaleo-italiana, "Faenza", 68 (1980), pp. 20-54, tav. IV: L. Pejrani Baricco, La collezione Calandra,in Testona. Per una storia della comunit, cit., pp.12-39, a p. 39, n.46.19 Blake Ceramica paleo-italiana, cit., tav. 3c; G. Panazza, Note sul materiale barbarico trovato nelbresciano, in Problemi della civilt e dell'economia longobarda. Scritti in onore di G. P. Bognetti,Milano 1964, pp. 137-70, a p. 142.20 L Kiszely, The Anthropology of the Lombards, Oxford (British Arcaeological Reports,International Series 61) 1979, 1, pp. 143-7.

  • .FIGURA 1Provincia di Torino: territorio medievale dei comuni di Chieri e di Moncalieri. Distribuzionedei toponimi romani () e germanici () e delle necropoli longobarde ().

    Come noto, l'abitudine di seppellire in cimiteri "ufficiali" coesistette accanto a quella di creare exnovo delle piccole aree cimiteriali, isolate. Nonostante questo, la seconda possibilit non necessariamente indicatrice di una presenza longobarda pi labile o pi sporadica. Se quest'ultimopu essere il caso della Valpolicella, a nord di Verona, e dell'area nei pressi di Cellore d'Illasi, adest della citt (fig. 5), in cui ad una fitta distribuzione di toponimi latini si accompagna un numeroassai modesto sia di tombe isolate, sia di piccole necropoli21, in altre zone la situazione assaidiversa.

    21 Per Valpolicella cfr. M. C. La Rocca Hudson, S. Anna d'Alfaeo. Armilla bronzea, in A.Castagnetti, La Valpolicella dall'altomedioevo all'et comunale, Verona 1984, p. 25; per Cellored'lllasi cfr. C. Cipolla, Zevio. Tombe barbariche, "Notizie degli Scavi di Antichit", 1880, p. 341s;von Hessen, I ritrovamenti barbarici, cit., pp. 12s e 27s.

  • FIGURA 2Provincia di Torino: territorio medievale dei comui di Chieri e di Moncalieri. Distribuzionedelle necropoli longobarde: sepolture isolate (); gruppi da 2 a dieci tombe (); necropli conpi di 100 sepolture().

    Infatti, in prossimit dei moderni centri di Chieri (Torino) (fig. 1), Povegliano, Zevio e ColognaVeneta, nella pianura veronese (fig. 5), e di Brandico, nella pianura bresciana, nonostante il numerolimitato di ritrovamenti archeologici - per il torinese ed il bresciano, poich nel veronese essi sonoin numero maggiore - i Longobardi sembrano aver avuto un'influenza decisiva nella strutturazionedel territorio medievale.In queste localit, a cavaliere di aree in cui si concentrano fittamente toponimi latini, documentatinell'Altomedioevo come locus et fundus -vale a dire insediamenti con un proprio territorio - sitrovano toponimi contraddistinti dall'unione di un nome quale Mons o Vicus, unito al genitivo dinomi di persona germanici, come Maco, Bemo, Falco22.

    22 E. Gamillscheg, Romania Germanica, Il, Berlin-Leipzig 1913, ad vocem.

  • FIGURA 3Provincia di Brescia:toponimi e necropoli. Distribuzione dei toponimi romani () e germanici() e delle necropoli longobarde().

    Sembra pertanto di trovarsi di fronte a situazioni simili a quella documentata a Cologno Monzese(Milano)23: la creazione ex novo di insediamenti con un proprio territorio, formato attraversol'acquisizione di parte della terra degli insediamenti confinanti. In questo caso, il gruppo germanicosembrerebbe aver imposto la propria autorit, organizzandosi indipendentemente dalla popolazionelocale e creando nuovi centri abitati.Una terza possibilit la formazione di insediamenti longobardi in aree del tutto incolte e disabitatedurante il periodo romano. Se ci non sembra essersi verificato nella provincia di Brescia, tranneforse per le odierne Gambara e Gottolengo24, poste nella pianura lungo il corso del Mella, ricorre 23 G. Rossetti, Societ e istituzioni del contado Lombardo durante il Medioevo. Cologno Monzese,Milano 1968.24 Olivieri, Dizionario di toponomastica piemontese, cit., pp. 244 e 265.

  • invece pi frequentemente nella provincia di Verona, nelle colline sopra Caprino, nell'altaValpolicella25, e nella pianura presso il corso dell'Adige, nei territori delle odierne Bovolone 26,Valeggio27; e Mozzecane 28(fig. 6). Anche nella parte occidentale della collina torinese, zonaformata da ripide vallate e caratterizzata, tra XII e XIII secolo da toponimi che indicano la presenzadi aree incolte, quali Padisium (pagus) forse con significato di pascolo comune29, Arsitie (ardo),area incolta, bruciata e disboscata per permettere la coltivazione, ai reperti archeologici di etlongobarda30 Si affiancano toponimi germanici quali Saxias 31. In questo caso sembra pertanto chegruppi di Longobardi preferirono fondare nuovi insediamenti in zone prima disabitate e incolte, chein un buon numero di casi si trovano in localit occupate nella tarda et del Ferro e poiabbandonate. Quest'ultima, forse casuale, coincidenza si verifica specialmente nella provincia diVerona (Molina, Caprino Rivoli, Tragnago, Peschiera, Colognola ai Colli, Povegliano, Baldaria,Legnano, Gazzo)32. Questo dato del resto provato anche da altre fonti, dato che le analisipedologiche condotte per la pianura romagnola hanno dimostrato che questo territorio venne messoa coltura solo durante l'Altomedioevo mentre durante l'et romana la zona era paludosa33.Esiste, infine, un'ulteriore possibilit, che pi complessa da interpretare e per cui pi difficilescandire cronologicamente le tappe di uso e di abbandono del suolo: si tratta di insediamentioccupati sotto diverse forme durante l'et romana, ed in seguito da una necropoli altomedievale, eche sembrano definitivamente abbandonati fino all'et dei dissodamenti estensivi del XII secolo.Questo processo ipotizzabile in base alla presenza di reperti archeologici romani ed altomedievali,che si accompagnano a toponimi genericamente romanzi. questo il caso della val Trompia a norddi Brescia, in cui gli attuali abitati sono tutti contraddistinti da toponimi indicanti caratteristiche delsuolo, come Villa Carcina, Villa Cogozzo, Concesio34 e dove sono stati rinvenuti piccoli nucleicimiteriali altomedievali. Essi sono formati da una cinquantina di tombe, costruite con lastre dicalcare locale, disposte a file, secondo il costume germanico35; contengono in genere esigui

    25 Breonio e Molina: cfr. La Rocca Hudson, Le vicende del popolamento in un territorio collinare,cit., pp. 23, 31 e 35; Museo di Storia Naturale di Verona s.n.26 Soprintendenza Archeologica di Verona, I.G. 27996.27 von Hessen, I ritrovamenti barbarici, cit., p. 32; R. Zoni, Tomba longobarda scoperta a Nogrardi Valpolicella, "Memorie Storiche Forogiuliensi", XXXIX (1952), p. 112s.28 Cipolla, Zevio. Tombe barbariche, cit.29 Settia, Insediamenti abbandonati sulla collina torinese, cit., p. 263s.30 P. Barocelli, Tracce di necropoli barbarica presso la strada nazionale Torino-Mocalieri,"Notizie degli Scavi di Antichit", 1915, p. 159, A. Angelucci, Catalogo dell'Armeria reale diTorino, Torino 1890, p. 588.31 F. Cognasso, Cartario dell'abbazia di san Solutore di Torino, Pinerolo (Biblioteca della SocietStoria Subalpina 44) 1908, doc. 18, armo 1089, p. 37s.32 A. Aspes et alii, 3000 anni fa a Verona. Dalla fine dell'et del bronzo all'arrivo dei Romani nelterritorio veronese, Verona 1976, tav., IV, p. 76.33 M. Cremaschi, A. Marchesini, Evoluzione di un tratto di Pianara Padana (prov. Reggio eParma) in rapporto agli insediamenti ed alla struttura geologica tra il XV sec. a.C ed il sec. Xl d.C,"Archeologia Medievale", V (19801, pp. 542-70, in particolare pp. 542-5.34 Olivieri, Dizionario di toponomastica lombarda, cit., pp. 143, 184 e 191.35 Villa Carcina: cfr. P. J. Hudson, M. C. La Rocca Hudson, Villa Carcina (BS). Cimiteroaltomedievale, in Soprintendenza Archeologica della Lombardia, Notiziario 1981, Milano 1982, p.142s.; Sarezzo: cfr. A. Breda, Sarezzo (Brescia). Loc. Brede, necropoli altomedievale, inSoprintendenza Archeologica della Lombardia, Notiziario 1982, Milano 1983, p. 103s. Gussago:cfr. P. Rizzini, Supplemento agli oggetti barbarici raccolti nei Civici Musei di Brescia,"Commentari dell'Ateneo di Brescia", 1914, pp. 33-49, a p. 42; Panazza, Note sul materialebarbarico trovato nel bresciano, cit., p. 163; Villa Cogozzo: cfr. Rizzini, Supplemento agli oggetti

  • elementi di corredo,prevalentemente armille dalle estremit ingrossate e pettini d'osso, mentremancano del tutto i tradizionali attributi militari longobardi, quali la spada e le armi in genere.

    FIGURA 4Provincia di Brescia: distribuzione delle necropoli longobarde; Sepolture isolate(); gruppida 2 a 10 tombe(); gruppi da 11 a 50 tombe (); necropoli con pi di 50 sepolture

    barbarici raccolti nei Civici Musei di Brescia, cit., p. 43; Panazza, Note sul materiale barbaricotrovato nel bresciano, cit., p. 165.

  • FIGURA 5Provincia di Verona: toponimi e necropoli. Distribuzione dei toponimi romani () e germanici(); necropoli longobarde(); tesoro di Isola Rizza ().

  • FIGURA 6Provincia di Verona: Distribuzione delle necropoli longobarde. Sepolture isolate (); gruppida 2 a 10 sepolture (); gruppi con pi di 10 sepolture (); tesoro di Isola Rizza().

    Sebbene gli oggetti presenti in queste sepolture appartengano a tipi che compaiono anche in tombelongobarde - come le armille ad estremit ingrossate e decorate da pi file di perle a rilievo, che sirinvennero, ad esempio, nella tomba del cavaliere di via Monte Suello 4 a Verona36 - 1'assenza diarmi e di ceramica tipicamente longobarda, potrebbe indicare sia che ci troviamo di fronte asepolcreti della popolazione locale - come sembrano indicare anche le analisi antropologiche37 -oppure ad un avanzato stadio della coabitazione tra indigeni e Longobardi. La composizione delcorredo varia, va infatti dagli status symbols indicanti l'appartenenza all'esercito ai semplicioggetti personali. Se la presenza di questi oggetti indichi un periodo cronologico pi avanzatooppure una diversa matrice etnica difficile stabilirlo, poich le due possibilit non sononecessariamente contrapposte. Ad esempio a Pettinara-Casale Lozzi38 (Ascoli Piceno), gli oggettidei corredi, attribuiti alla popolazione locale, sono databili alla fine del VII secolo o all'inizio dell'

    36 M. L. Rinaldi, Tombe longobarde di Valdonega , "Bollettino d'Arte", XLIX (1964), p. 402s; Archivio SoprintendenzaArcheologica del Veneto, Padova, ad vocem "via Monte Suello".37 Kiszely, The Antrhopology of the Lombards, cit. p. 157s.38 0, von Hessen, Il cimitero altomedievale di Pettinara - Casale Lozzi (Nocera Umbra), Firenze1978, p. 100s.

  • VIII, mentre le analisi osteologiche indicano un'origine germanica dei sepolti39, mentre a Sovizzo(Vicenza) la stessa necropoli, circoscrivibile nell'ambito del VII secolo, accanto ad un indubbio epurtroppo imprecisato numero di tombe con armi40, presenta circa 120 tombe con i soli pettine ecoltello, recentemente scavate dalla Soprintendenza Archeologica del Veneto. Comunque ilproblema dell'identificazione della razza del sepolto in base al suo corredo funebre sta assumendoconnotati sempre pi problematici, poich via via pi chiaro che non sempre le tombe con armiappartengono a Longobardi41, ne viceversa quelle con misero corredo sono sicuramente indiziodella popolazione locale.

    2. Le citt

    Il comportamento flessibile dei Longobardi nei confronti della struttura insediativa tardoantica evidente anche nel contesto urbano, sebbene i cambiamenti provocati dalla popolazione germanicasiano di altra natura.Vi sono ancora assai pochi dati che possono essere sfruttati per delineare lo sviluppo urbano inItalia settentrionale dalla tarda antichit sino alla fine del periodo longobardo. Le fonti scritte, nellaloro esiguit, forniscono soprattutto elementi sugli edifici ecclesiastici ed in misura assai pi ridottasulle residenze pubbliche del potere regio o ducale42. I dati archeologici si limitano invece, nellamaggioranza delle citt, a sepolture che dimostrano sia la continuit di uso dei cimiteri romani nelsuburbio, sia la presenza di sepolture isolate all'interno della cerchia muraria43. I soli scavi urbaniche abbiano scoperto resti di case altomedievali sono stati intrapresi in siti abbandonati durante ilTardomedioevo, come Luni44 e Castelseprio45.

    39 H. Blake, Sepolture "Archeologia Medievale", X (1983), pp. 175-98, a p. 176.40 Cini, Ricci, I Longobardi nel territorio vicentino, cit.41 Kiszely, The Anthropology of the Lomabrds cit. p. 196.42 D. A. Bullough, Urban change in early Medieval Italy: the example of Pavia, "Papers of theBritish School at Rome", 34, (1966), pp. 82-130, a p. 92.43 Per Verona cfr. von Hessen, I ritrovamenti barbarici, cit., p. 7s; P.1 Hudson, M. C. La RoccaHudson, Verona: Cortile del Tribunale and Via Dante, in Lancaster in Italy, University ofLancaster 1983, pp. 9-21, a p. 17s.44 B. Ward-Perkins, Ricerche su Luni medievale, in Scavi di Luni II. Relazione delle campagne discavo 1972, 1973, 1974, a cura di A. Frova Roma 1977, pp. 633-38; Id. Two byzantine houses atLuni, "Papers of the British School at Rome", 49 (1981), pp. 91-8.45 M. Dabrowska, L. Leciejewicz, E. Tabaczynska, S. Tabaczynski, Castelseprio: scavi diagnostici1962-63, "Sibrium", XIV (1978-79), pp. 1-138.

  • FIGURA 7:Ricostruzione della viabilit roma di Verona: sepolture longobarde (); case di periodolongobardo(); area non edificata ( a tratteggio).

    Fino ad epoca recente non vi erano dati relativi alle citt, tuttora esistenti, che potessero chiarire inquale misura i risultati ottenuti a Luni e Calstelseprio erano estendibili agli insediamenti urbani checontinuarono a sopravvivere oltre l'et romana. Infatti, malgrado l'intensificazione dal 1980 in poidelle ricerche archeologiche urbane nel nord Italia, specialmente nella regione lombarda46, mancanoancora quasi completamente resti di case civili altomedievali (VII-X secolo). L'unica eccezione rappresentata da Milano, dove qualche elemento strutturale fu rinvenuto durante gli scavi per la"linea 3" della metropolitana in piazza del Duomo47 accanto ai dati pi consistenti di Verona, chequi si presentano.

    46 Archeologia urbana in Lombardia, a cura di G. P. Brogiolo, Modena 1984.47 D. Andrews, D. Perring, Gli scavi in piazza del Duomo, in Soprintendenza Archeologica dellaLombardia, Notiziario 1982, cit., pp. 63-5, a p. 64, Id. Piazza Duomo lotto due, SoprintendenzaArcheologica della Lombardia, Notiziario 1983, Milano 1984, p. 91s.

  • FIGURA 8Verona, Via Dante: fronte stradale tardoromano e