Aracne

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ARACNE Ovidio: “Metamorfosi” libro sesto Aracne, fanciulla bellissima, era figlia di Idmone di Colofone che conosceva l’arte di tingere la lana. La madre, anch’ella di origini plebee come il marito, era morta giovane; sebbene di umilissime origini, Aracne era diventata famosa in tutta la Lidia per l’arte della tessitura e del ricamo, infatti accorrevano da ogni parte per ammirare i ricami stupendi e le meraviglie che Aracne sapeva comporre. Ne accorrevano per ammirare unicamente

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ARACNEOvidio: “Metamorfosi” libro sestoAracne, fanciulla bellissima, era figlia di Idmone di Colofone che conosceva l’arte di tingere la lana. La madre, anch’ella di origini plebee come il marito, era morta giovane; sebbene di umilissime origini, Aracne era diventata famosa in tutta la Lidia per l’arte della tessitura e del ricamo, infatti accorrevano da ogni parte per ammirare i ricami stupendi e le meraviglie che Aracne sapeva comporre. Ne accorrevano per ammirare unicamente i suoi ricami, ma anche per ammirarla mentre con orgogliosa grazia ricamava.

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Era talmente perfetta e precisa nell’eseguire le varie fasi del lavoro che sembrava istruita da Atena. Ma Aracne molto presuntuosa ed orgogliosa negava che avesse avuto come insegnante la divina Pallade. Atena, sdegnata e furiosa per questa offesa, all’inizio pensò di trasformarsi in una vecchia debole che a stento si reggeva in piedi per far cercare di ravvedere Aracne; infatti si presenta alla fanciulla esortandole a chiedere a Minerva, ma Aracne risponde che non intende assolutamente sottomettersi alla dea e anzi sfida Minerva ad una gara di ricamo.

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La gara Pallade riprese le sue sembianze, accetta la sfida

ed ognuna di esse inizia il proprio lavoro. Minerva ricama il colle di Marte, con i dodici numi del cielo con al centro Giove. Ognuno di essi siede su alti seggi con un atteggiamento divino autorevole: Giove con lo scettro dei fulmini, Nettuno con il lungo tridente ed essa stessa con lo scudo, l’asta e l’elmo. Sono ritratti agli angoli della tela alcune imprese di Giunone mentre gareggia e vince la regina Pigmea o Antigone ecc.. Infine viene ricamato l’albero dell’ulivo a lei consacrato.

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Essa Aracne invece ricama sulla tela gli inganni e le debolezze degli dei, soprattutto di Giove, che per sedurre bellissime vergini si trasforma di volta in volta in toro per avere la vergine Europa o Fuoco o Serpente. Quando Minerva vide l’opera di Aracne si sdegnò e strappò la trapunta che scopre le colpe degli dei e colpì con la spola più volte la fronte di Aracne, poi spruzzò su di lei magiche erbe: subito il suo corpo si trasformò, rimpicciolendosi assunse la forma di un ragno destinato per l’eternità a vivere penzoloni tessendo una tela.

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Aracne in un’incisione di Gustave Doré

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Letteratura

Aracne è citata da Virgilio nelle Georgiche, da Ovidio nelle Metamorfosi, da Dante nel Purgatorio, da Boccaccio nel De claris mulieribus e da Giambattista Marino nella poesia Donna che cuce. Da qui si capisce il motivo per il quale alcune persone dicono di non uccidere i ragni essendo che Aracne ha subito in vita un’ingiustizia e la sua bravura venne sminuita da Atena, paradossalmente proprio divinità della Giustizia.

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Le raffigurazioni antiche del mito di Aracne scarseggiano:

Affresco “Trionfo di Minerva” di Francesco del Cossa, Ferrara

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Il mito di Aracne in una tela di Velázquez