Paolo Zampetti - Aracne editrice · Indiani Cinesi Popolazioni precolombiane dell’America del Sud...

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Storia dell’Odontoiatria Paolo Zampetti

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Storia dell’Odontoiatria

Paolo Zampetti

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via Raffaele Garofalo, 133 A/B00173 Roma

(06) 93781065

ISBN 978–88–548–2378–5

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con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: marzo 2009

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INDICE

PRESENTAZIONE ......................................................................................... 7 PREFAZIONE ............................................................................................... 9 INTRODUZIONE ........................................................................................... 11 CAPITOLO I - LE CIVILTÀ ANTICHE............................................................ 13

Assiro-Babilonesi Egizi Ebrei Indiani Cinesi Popolazioni precolombiane dell’America del Sud Eetruschi

CAPITOLO II - L’ODONTOIATRIA NELLA ANTICA GRECIA ......................... 29

La Scuola Alessandrina

CAPITOLO III - L’ODONTOIATRIA NELLA ROMA ANTICA .......................... 39 CAPITOLO IV - IL MEDIOEVO...................................................................... 53

La Scuola Bizantina La Scuola Salernitana La Scuola Araba L’Odontoiatria secondo altri Autori Medioevali

CAPITOLO V - IL RINASCIMENTO................................................................ 75

L’Odontoiatria secondo i Grandi Anatomici Rinascimentali L’Odontoiatria secondo altri Autori Rinascimentali

CAPITOLO VI - IL SEICENTO........................................................................ 93 CAPITOLO VII - IL SETTECENTO.................................................................. 103

L’Odontoiatria in Francia L’Odontoiatria in Germania L’Odontoiatria in Inghilterra L’Odontoiatria negli Stati Uniti d’America

Indice

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CAPITOLO VIII - L’OTTOCENTO .................................................................. 145 L’Odontoiatria in Francia L’Odontoiatria in Germania e nell’Impero Austro-Ungarico L’Odontoiatria in Inghilterra L’Odontoiatria in Italia L’Odontoiatria statunitense

CAPITOLO IX - IL NOVECENTO.................................................................... 187

Primi sviluppi clinico-scientifici della disciplina La concezione odontoiatrica nella globalità dell’organismo: fisiologia, patologia e terapia La profilassi e la prevenzione Ulteriori sviluppi dell’Odontoiatria Italiana Le società scientifiche Cenni storici sull’evoluzione dell’Odontoiatria nella seconda metà del secolo XX L’evoluzione storica dell’Implantologia nel Novecento L’evoluzione storica dell’Ortognatodonzia e della Gnatologia nel Novecento La Fluoroprofilassi nel Novecento

APPENDICE ................................................................................................. 215

La Scuola Odontoiatrica Pavese La direzione Palazzi La nuova sede Gli anni Quaranta Gli anni Cinquanta La direzione Branchini La direzione De Rysky

BIBLIOGRAFIA ............................................................................................ 231

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PRESENTAZIONE

Con grande piacere e un certo orgoglio personale presento l’opera di Paolo

Zampetti sulla Storia dell’Odontoiatria, frutto di una passione profonda e duratu-ra per la materia alla quale l’Autore ha già dedicato oltre 100 pubblicazioni a stampa e la cui dedizione all’argomento è stata confermata dall’elezione alla pre-sidenza della Società Italiana di Storia dell’Odontoiatria.

Conosco il Prof. Zampetti da diversi anni e la sua passione per la storia, non solo per quella della medicina, ha rappresentato lo stimolo che mi ha spinto già nel 2000 ad istituire il primo insegnamento in Italia di Storia dell’Odontoiatria prima come corso complementare ed oggi come corso elettivo, segnato da un successo continuo presso gli studenti che, contagiati da questa passione, si iscri-vono costantemente ai suoi corsi.

In quest’opera, vasta ed esaustiva, lo studioso ripercorre tutte le epoche e tutti gli autori più illustri, dai più lontani Assiri ed Egizi, ai grandi padri della Medicina come Ippocrate, Galeno e Celso, passando attraverso le esperienze del-la scuola araba del celebre Abulcasis fino agli anatomici rinascimentali che sfida-rono il potere della Chiesa per amore della conoscenza, via via fino ad arrivare ai giorni nostri ed ad una storia che ci tocca da vicino: quella della scuola Pavese.

Ma non si tratta in questo testo solo dell’evoluzione delle conoscenze, si af-fronta una storia più complessa, quelle delle norme che mano a mano hanno re-golato la nostra professione e gli studi che ad essa preparano.

Si tratta di un’opera profonda e appassionata che non mancherà di interessa-re tutti i colleghi e di coinvolgere i più giovani nel lungo cammino che l’uomo ha percorso per domare il dolore di denti e risanare il sorriso.

A quest’opera auguro ogni successo.

Cesare Brusotti Professore Ordinario di Chirurgia Speciale Odontostomatologica

e già presidente del CLOPD - Università degli Studi di Pavia

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PREFAZIONE

«Quest’ultimo praticò un’incisione nella cornea dell’animale da esperimento, un’oca, dopodichè, ultimato il deflusso dalla breccia chirurgica di ogni umore resi-duo, il Borri provvide ad iniettare nel bulbo oculare afflosciato un’acqua medicina-le a suo dire portentosa. Indi l’oca fu lasciata in una stanza con porta sigillata; al-lorché questa fu dissigillata e riaperta il bipide apparve arzillo e con vista reintegra-ta, tale da scansare ogni ostacolo che davanti ad esso fosse posto. La notizia del fe-lice esperimento venne subito portata dal Bertholin al re Federico»

(Cosmacini, Il medico ciarlatano, editori Laterza 2001)

La storia della medicina è indissolubilmente legata agli eventi storici, poli-tici e di costume del momento di cui si tratta poiché la sofferenza e la malattia sono da sempre compagni di viaggio degli uomini, anonimi o potenti che siano.

L’appassionante lotta alla malattia si evolve nell’ambito storico del momen-to con i mezzi tipici delle diverse epoche e si lega ai progressi di ogni altra disci-plina scientifica dalla chimica alla fisica, dall’anatomia alla fisiologia, dalla ma-tematica alla biologia.

La diffusione delle malattie è determinata dai flussi migratori, dalle usanze delle popolazioni, dai livelli igienici concessi dalle usanze del tempo.

Le patologie dei denti e del cavo orale in generale hanno sempre conosciuto vasta diffusione e le cure più disparate, dalle pozioni empiriche dei ciarlatani alle soluzioni incredibilmente avanzate presenti anche nelle medicine più antiche.

La storia dell’odontoiatria, quindi, non rappresenta il mero elenco delle ma-lattie e delle diverse soluzioni adottate nel tempo, ma ci presenta uno spaccato di epoche lontane quando le popolazioni non vivevano abbastanza a lungo da svi-luppare le patologie specifiche del giorno d’oggi, quando la povertà imponeva diete prive di zuccheri e quindi in grado di prevenire le carie, quando il consumo di farine commiste a residui di pietra delle mole determinava una abrasione co-stante delle superfici dentali più efficace di qualunque molaggio selettivo.

In tutte le epoche, in tutte le latitudini, uomini di scienza e comuni empirici si sono prodigati per lenire le sofferenze legate al mal di denti e Santa Apollonia ha vegliato su pazienti e curanti nel corso dei secoli. La storia ci racconta il per-corso compiuto da tali uomini e la conoscenza del passato è imprescindibile pre-messa allo sviluppo del futuro.

Silvana Rizzo Professore Ordinario di Chirurgia Speciale Odontostomatologica

CLSOPD - Università degli Studi di Pavia

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INTRODUZIONE

Percorrere scientificamente opere ed eventi accaduti nel corso della storia

dell’umanità è in generale molto complesso, specie se si prescinde da una rigoro-sa metodologia d’indagine.

Eppure tutto ciò è molto affascinante, anche perchè, «nel nostro passato è scritto il nostro futuro».

Nell’ambito delle discipline mediche lo studio e la ricerca storica possono essere di notevole difficoltà, data l’estrema eterogeneità di Scuole, di correnti fi-losofiche, di concezioni dell’Arte prima e della Scienza poi, dimodoché è possi-bile fornire più interpretazioni davanti a fatti inoppugnabili.

Ancora più complicato risulta essere lo studio della Storia dell’Odon-toiatria, perchè questa disciplina, sino a metà del secolo XIX completo appannag-gio di “cavadenti” e “ciarlatani di piazza” in pressoché tutti i paesi d’Europa, ha acquisito una sua dignità scientifica solamente da tempo (storicamente parlando) molto breve; se consideriamo il caso italiano potremmo addirittura dire nella se-conda decade del secolo appena finito.

Appare quindi evidente come lo studio delle fonti, l’analisi delle metodiche, le ergobiografie degli antichi Autori necessitino una applicazione capillare e or-ganica per permettere di definire campi d’indagine fino ad oggi poco studiati.

Questo testo si propone l’ambizioso compito di fornire un primo strumento per iniziare un metodo atto ad approfondire varie tematiche.

Può infatti rappresentare un modo di approccio non eccessivamente pesante a coloro che si accostano per la prima volta a questa materia, sia per studio sia per curiosità: e ci riferiamo soprattutto agli studenti del Corso di Laurea in Odon-toiatria e Protesi Dentaria e a quelli del Corso di Laurea in Igiene Dentale, ai quali è principalmente rivolta questa opera, e con i quali ogni anno mi confronto con molta soddisfazione.

Nel corso delle lezioni relative all’insegnamento di Storia dell’Odontoiatria, essi mi hanno chiesto più volte di consigliare loro un testo su cui compiere la propria preparazione.

Mi sono pertanto deciso, raccogliendo l’invito loro e di molti altri Colleghi interessati alla materia, compresi gli amici della SISOS (Società Italiana di Storia dell’Odontostomatologia), che ho l’onore di presiedere, a scrivere un manuale che potesse in qualche modo soddisfare differenti esigenze; può essere un modo semplice per entrare in un mondo complesso; può essere, senza pretese, una pia-

Introduzione

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cevole lettura per capire a come si è arrivati alle conquiste odierne; può essere il mezzo per considerare le varie scuole di pensiero che nei secoli si sono succedu-te.

L’opera si presenta leggermente differente da altre del genere. Viene qui data la prevalenza alla descrizione della vita e delle opere dei grandi Autori del passato, sia Medici che Odontoiatri, tralasciando le curiosità spicciole che deri-vano dalle leggende popolari o dalla considerazione che aveva la massa dell’arte dentaria esercitata da cavadenti o da praticoni.

Anche da un punto di vista iconografico si è cercato di evidenziare più gli uomini che hanno fatto la Storia che non le scontate stampe d’epoca dove si vede il classico ciarlatano da strada che pratica un’avulsione ad un povero malcapitato, fra il tripudio generale della gente che quasi pagava un biglietto per assistere ad un turpe spettacolo. È ben più importante che il pubblico conosca il volto di Fau-chard, di Miller o di Vesalio (e, beninteso, i loro scritti) piuttosto che vedere l’odontoiatria da piazza nel Settecento!

Il libro si conclude con un’appendice, dove viene tracciata una breve storia della Scuola Odontoiatrica Pavese, alla quale mi onoro di appartenere, e che fu in un certo senso, in Italia, l’antesignana di una odontoiatria scientifica e razional-mente impostata.

Ai miei Maestri Prof. Cesare Brusotti e Prof.ssa Silvana Rizzo, un affettuo-so e cordiale ringraziamento.

A tutti buona lettura. Particolarmente è rivolto poi l’augurio, a coloro che esercitano o eserciteranno la professione, di amare questa materia; restino sempre infatti ben impresse le parole di Auguste Compte: «Se vuoi imparare una Scienza ne devi conoscere il passato».

l’Autore

CAPITOLO I

LE CIVILTÀ ANTICHE

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Assiro-Babilonesi

Uno dei primi accenni alle malattie dentarie risale a circa 4000 anni fa in

una tavoletta, incisa a caratteri cuneiformi, rinvenuta in Mesopotamia: essa espo-ne la più antica teoria per spiegare l’origine della carie, cioè quella di un verme che, stanco di vivere nel fango, supplicava gli dei di farlo vivere nel dente del-l’uomo.

Dopo che il Dio Amu creò il cielo

il cielo creò la terra, la terra creò i fiumi i fiumi crearono i fossi i fossi crearono il fango e il fango creò il verme.

Ma il verme non aveva nulla da mangiare. «Cosa mi darai da mangiare? Cosa mi darai da bere?»

disse il verme al Dio Amu. «Ti darò fichi e albicocche mature» «Non mi servono» gridò il verme

«Mettimi invece tra i denti dell’uomo, dammi un posto fra le sue mascelle

perché possa bere il sangue dei sui denti, scavarvi cunicoli

e nutrirmi delle radici delle sue mascelle»

Questa credenza del verme roditore di denti ebbe molta fortuna nelle anti-che civiltà, tanto che possiamo ritrovarla un po’ ovunque, dalla Cina all’Egitto, e persino all’America precolombiana1.

La pratica della medicina era affidata a maghi-sacerdoti, detti Ashipu, che basavano il loro intervento sulla forza di incantesimi e rituali, capaci di scacciare i demoni presenti nel malato. La terapia prevedeva anche l’uso di veri e propri farmaci, di cui ci restano alcune ricette, preparati con piante medicinali, sostanze minerali e parti animali. Tra esse ci sono radici, foglie, fiori, bacche, oli (cedro, ginepro, cipresso, mirto, lauro), resine (ambra e mirra), succhi e bucce di frutti (agrumi, mele, melograni), narcotici (oppio, canapa, mandragora), minerali e me-talli (allume, ferro, rame), vino, miele. Gli Ashipu avevano una vasta letteratura a loro disposizione: molti di questi testi sono giunti sino a noi, rinvenuti nella bi-

1 Come è noto tale concezione fu molto radicata anche nel mondo occidentale, dove venne conti-nuamente riproposta, pur con diverse varianti, da molti Autori sino a circa il 1700, quando venne demoli-ta da Pierre Fauchard.

Capitolo I

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blioteca reale a Ninive ed anche ad Assur, Babilonia, Nippur ed Uruk. In essi si evince che le malattie, ovviamente anche quelle dentarie, sono causate dalla ma-no degli dei e vanno curate, come già detto, con rituali che prevedono incantesi-mi da recitare e l’uso di farmaci e droghe.

La figura del medico laico, che si occupava ovviamente anche di malattie dentarie, è accennata nel famoso Codice di Hammurabi, uno dei primi esempi di leggi scritte, redatto attorno al 1900 a.C.: da esso emerge che i Mesopotamici per primi stabilirono la responsabilità civile e penale del medico di fronte al paziente; da ciò si evince che una regolamentazione fosse altamente necessaria, data la grande diffusione della pratica medica.

Nel codice non sono mai nominati gli Ashipu né tantomeno i loro medica-menti, ma solo le operazioni chirurgiche, chiaro esempio della netta distinzione tra medicina non chirurgica, esclusivo appannaggio dei religiosi, e medicina chi-rurgica, in mano ai laici.

Nel periodo paleo-babilonese, e quindi più antico, infatti, nasce paralle-lamente alla categoria degli Ashipu, la figura dell’Asu, medico laico, chirurgo e praticone. I rapporti tra Ashipu e Asu non erano paritari, infatti, i primi go-devano di un alto status sociale poiché sacerdoti, mentre i secondi non gode-vano nè di prestigio nè di ricchezza: non esisteva neppure un dio protettore della categoria, se non Ea, protettore di tutte le arti. Gli Asu per questo perde-

ranno rapidamente importanza fino a scomparire nel periodo medio-babilonese. Parlando di odontoiatria in Mesopotamia, va rilevata la grande importanza

delle tavolette assire della Collezione Kuyunjik, databili tra l’800 e il 700 a.C. Tra esse vi è il consiglio di un medico al proprio re circa l’estrazione di

denti che potrà curare affezioni in altre parti del corpo: «L’infiammazione per la quale la testa, le mani ed i piedi sono infiammati è dovuta ai suoi denti. I suoi denti devono essere estratti: è a causa di essi che egli è infiammato; si ridurrà (l’infiammazione) attraverso i suoi canali interni. Estratti, egli guarirà».

Si nota subito l’abilità di chi, in una età di superstizioni e dogmatismi reli-giosi, arrivò a stabilire una relazione causale tra il dente guasto e la situazione generale del paziente: siamo agli albori della teoria dell’infezione focale svilup-pata, quasi tre millenni più tardi, da William Hunter.

Raffigurazione di un Asu e di alcuni strumenti.

Le Civiltà Antiche

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Stele di Hammurabi e particolare del codice. (Museo del Louvre, Parigi)

Testo medico sumerico (ca. 2200 a.C.) - Nippur. (University Museum, University of Pennsylvania, Philadelphia)

Capitolo I

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Egizi

Le conoscenze dei medici egizi erano note e stimate in tutto il bacino del

Mediterraneo. Lo storico greco Erodoto (V secolo a.C.) scrive nel secondo libro delle Sto-

rie: «La medicina è suddivisa in questo modo, che ognuno è medico per una sola malattia, non per molte; dappertutto è pieno di medici: alcuni sono medici per gli occhi, altri per il capo, per i denti, per il ventre, altri per le malattie invisibili».

Il livello di sviluppo è quindi tale da portare alla figura del medico speciali-sta, ma anche, come testimonia il papiro di Smith, all’uso di una sorta di cartella clinica, contenente la descrizione del caso, la diagnosi, la prognosi e la cura. Questo papiro risale al XXX secolo a.C. e viene ricordato tra i più antichi testi di medicina al mondo: comprende l’esame di 48 casi diversi ordinati secondo suc-cessione logica, dalla testa ai piedi, e completi appunto di diagnosi, prognosi e cura.

Altra importante e nota fonte storica, è il papiro di Ebers, scritto nel 1550 a.C., ma concordemente ritenuto una raccolta di prescrizioni mediche di età pre-cedenti, risalenti addirittura al XXXVII secolo a.C. Tra queste prescrizioni alcune riguardano le affezioni dei denti: non tutte sono tradotte con sicurezza, ma sono identificabili ascessi gengivali dovuti a carie penetranti, ascessi autodrenanti e pulpiti. La terapia prevede ricette composte prevalentemente di sostanze vegetali, oli, argilla, miele, silice e verderame, per creare paste e composti da applicare o frizionare direttamente sul dente malato, oppure da masticare. Una delle ricette combatte la corrosione del sangue nel dente: forse gli egizi non ignoravano la presenza all’interno del dente di tessuto vivo, ma con maggior probabilità si rife-rivano alla fuoriuscita di sangue dalla polpa esposta ed infiammata.

Le ricerche condotte sulle numerose mummie rinvenute negli scavi, hanno permesso di scoprire che generalmente gli Egizi soffrivano delle stesse malattie dentarie di cui soffriamo noi oggi, ma con una diversa incidenza. La carie esiste-va, ma non era particolarmente diffusa, eccetto che fra le classi più agiate, in pre-valenza grazie alla forte masticazione dei cibi che autodetergeva i denti. Manca-no anomalie di posizione poiché i denti decidui conservano il posto fino alla ca-duta fisiologica, lasciando il giusto spazio al dente permanente.

La patologia che invece affliggeva più diffusamente la popolazione era l’usura dentaria, indicando con questo termine il risultato del naturale logorio su-bito dai denti durante la masticazione.

Le Civiltà Antiche

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La sua incidenza era altissima e causava la quasi totalità delle patologie rin-venute sui reperti, tra cui cadute, rotture e cisti apicali: sul teschio di un trenten-ne, ad esempio, si è riscontrato un livello di usura paragonabile a quello di un sessantenne contemporaneo.

Una teoria per spiegare tutto ciò ha ipotizzato la contaminazione del cibo da parte dei granelli di sabbia portati dal vento, ma è comunque illogico che gli Egi-zi mangiassero quei cibi senza prima averli lavati, come farebbe chiunque.

Un importante fonte di inquinamento da parte di sostanze solide è rappre-sentata dal fatto che molte piante alimentari, tra cui il papiro, possono assorbire la silice dal terreno, accumulandola nella membrana e nelle cellule sotto forma di particelle dure chiamate fitoliti.

Ci è noto dal Papiro di Ebers e da Teofrasto che gli Egizi usavano mastica-re il papiro, da cui estraevano il succo e sputavano la fibra: il papiro in questione non era quello che veniva utilizzato per la preparazione della carta, ma una pianta della stessa famiglia, con un alto contenuto di fitoliti che, grazie alla forte pres-sione masticativa dovuta alla sua durezza, avevano un sicuro effetto abrasivo. Al-tra causa che contribuirebbe all’alta diffusione dell’usura dei denti, sembra essere la presenza, nelle farine, di microcristalli quarzosi staccatisi dalle macine a mano, molto comuni tra quella popolazione.

L’abrasione da parte di sostanze solide non è sicuramente la causa principa-le dell’usura, ma va legata alla durata della masticazione ed alla durezza dei cibi: dalle gravi e costanti alterazioni della mandibola, anche in soggetti giovani, ri-scontrate in molti reperti, si deduce, infatti, che la masticazione è frequente e di lunga durata, ovviamente di cibi duri.

Si è inoltre osservato che l’usura dentaria diminuisce col progredire della civiltà egizia, facendo risalire questo fenomeno alla migliore preparazione e cot-tura dei cibi. Una conferma viene dal fatto che le classi più agiate erano general-mente meno soggette all’usura poiché il grado di preparazione del loro cibo era più alto, esponendoli però maggiormente, come precedentemente detto, all’at-tacco della carie.

Le patologie dentarie che emergono dall’osservazione delle mummie, sono sempre senza traccia di alcun intervento chirurgico, nemmeno di una semplice estrazione: persino sulle mummie dei faraoni non vi è la presenza del lavoro del dentista. Probabilmente ciò è dovuto alla necessità di masticare forte ed a lungo, che portava al preferire un pezzo di radice alla nuda gengiva.

Sulle mummie, infine, sono state rinvenute delle vere e proprie protesi, composte legando i denti con un sottile filo d’oro all’altezza del margine gengi-vale, ma anche singoli denti artificiali, d’oro o di legno. Gli studi su questi reperti hanno però stabilito trattarsi di applicazioni “post mortem”, probabilmente per abbellire il cadavere.

Capitolo I

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Molari legati con filo d’oro (ca. 3000-2500 a.C.) rinvenuti a Giza. (Roemer Pelizaeus Museum - Hildeshein, Germania)

Denti egizi

Le Civiltà Antiche

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Papiro di Smith

Papiro di Ebers

Hesi Re: capo dei medici e dei dentisti (ca. 2750 a.C.) (Egyptian Museum, Cairo)

Capitolo I

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Ebrei

Nel testo sacro della religione ebraica, la Bibbia, non vi sono notizie ri-

guardanti la medicina, e di conseguenza neanche l’odontoiatria, ma solo riferi-menti di carattere estetico e simbolico.

Il candore dei denti era infatti tenuto in grande considerazione quale fattore di bellezza, mente la loro rottura era vista come fonte di debolezza ed impotenza. Ne sono una testimonianza le parole di Davide nel III Salmo: «Levati, Signore, salvami o Dio mio; perciocché tu hai percosso la mascella di tutti i miei nemici; tu hai rotto i denti degli empi» (cioè, appunto, li ha resi impotenti).

Nella letteratura di epoca successiva, come il Talmud, i riferimenti alla dentatura sono più frequenti: la pulizia era molto ricercata, anche per scopi ritua-li, ed ottenuta tramite l’uso di stuzzicadenti, preferibilmente di paglia.

Per il generico “mal di denti”, emorragie gengivali ed altre affezioni orali, molti sono i rimedi, basati esclusivamente sull’assunzione di vegetali, crudi o cotti, aceto, miele, olio o sale, nonché di molta superstizione.

L’estrazione dei denti era una pratica abituale, ma veniva sconsigliata dai rabbini come mezzo terapeutico.

Sembra probabile che si conoscessero an-che tecniche di trapanazione come si evince dalla lettura di una norma del Talmud Babilo-nese (B.Q. 15b) nella quale si parla di un medi-co che deve mettere in libertà il suo schiavo se, tentando di curargli un dente con la trapana-zione, glielo ha fatto cadere.

Dalla Mishnà, l’opera giuridica fonda-mentale, si apprende che è proibito portare og-getti estranei in un luogo pubblico durante il sabato: questo vale non solo per gli ornamenti sui vestiti, ma anche per i denti artificiali e d’oro. Le protesi non erano quindi fisse, ma solo appoggiate e quindi facilmente amovibili, come lo erano i denti d’oro, mere coperture di denti malati o di non bell'aspetto.

Talmud di Gerusalemme, Venezia 1523.(Collection, National Library of Canada)

Le Civiltà Antiche

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Indiani

Il primo documento che possediamo dell’odontoiatria indiana è un bassori-

lievo del II sec. a.C. nel quale è raffigurata, in modo caricaturale, l’estrazione di un dente al Budda a mezzo di un forcipe dalle braccia allungate e lievemente in-curvate, tirato da un elefante.

In epoca successiva, il medico Sushruta, vissuto nel IV-V secolo d.C., classifica nel suo libro Sushrutha Samhitha, per consentirne meglio l’identificazione, 67 diverse malattie della bocca, differenziandole in affezioni delle labbra, delle radici dei denti, d'origine cariosa, della lingua, del palato, della gola e dell’intera cavità orale.

Le malattie delle gengive sono presentate in modo molto minuzioso e preciso, seguendo eziopatogenesi, decorso e terapia.

La carie è curata con la cauterizzazione, ottenuta attraverso una sottile sonda incandescente, in quanto si credeva di bruciare

il “verme del dente”, responsabile della malattia: l’operazione si concludeva con il sigillamento della cavità con la cera. Appare qui la prima notizia conosciuta sullo smalto che, con la sua usura, permette al verme di entrare nel dente. Nel li-bro sono anche descritti 101 strumenti ottusi e 20 taglienti, molto probabilmente da utilizzarsi nelle estrazioni dentarie.

A Sushruta si deve la prima descrizione dell’anatomia delle arcate dentarie, indagine con-dotta attraverso la pratica delle dissezioni dei ca-daveri, prima che le leggi buddiste lo proibirono.

L’igiene, di gran lunga più diffusa che nel bacino del mediterraneo, era una componente molto importante della medicina indiana: per ot-tenerla sui denti era consigliabile l’uso di stuzzi-cadenti e frequenti sciacqui d’acqua fresca, ma anche paste a base d’olio, sale, zenzero, cannella e pepe del Bengala.

Sushruta

Bassorilievo del II sec. a.C. proveniente dal tempio di Bharhut.

(Indian Museum, Calcutta)

Capitolo I

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Cinesi

Il testo classico della medicina cinese è il Nei-Ching,

scritto dall’imperatore Huang Ti nel XXVII secolo a.C. sulla base della tradizione medica e delle nuove scoperte. Due suoi capitoli sono interamente dedicati alle malattie della bocca, e-lencate secondo una lunga serie di denominazioni cui corri-sponde un diverso quadro morboso: oggi però queste numero-se distinzioni sono riconducibili a poche manifestazioni pato-logiche, in quanto i diversi medici della tradizione fornirono quadri clinici interpretati soggettivamente, descrivendo quindi con diverse parole la stessa malattia. Nella classificazione dei mali troviamo, oltre alla carie, dolori causati dal caldo o dal freddo, gengiviti sanguinanti associate a piorrea, ulcere e ascessi date da un “corpo estraneo” (probabilmente ci si riferiva al tartaro) intro-dotto nelle gengive. La mobilità del dente veniva ricondotta, oltre che ad una a-nomala condizione locale, alla cattiva salute del paziente, per la quale era consi-gliata una terapia infiammatoria generale. La terapia risulta ricca di trattamenti, per lo più basati sull’impiego di piante come gingseng, melograno, rabarbaro ed aglio, da utilizzare pure, in pillole o impacchi, ma anche di droghe come oppio e arsenico, quest’ultimo inserito nella camera pulpare per devitalizzare il dente. La carie veniva trattata in diversi modi tra cui il già citato arsenico, per uccidere il verme del dente: si dimostra quindi come questa fortunata teoria del verme si sia diffusa fino alla Cina antica.

I libri testimoniano delle prime otturazioni con amalgama ottenuta con un composto di stagno, mercurio e argento. Le estrazioni, sulla cui opportunità la medicina cinese è molto ricca di studi, erano condotte a mani nude, senza l’utilizzo di ferri: il dentista, prima di passare alla pratica clinica, doveva pratica-re un tirocinio allenandosi ad estrarre tappi di sughero pressati in tavole di legno.

Gli ascessi venivano sempre perforati con aghi d’argento. Con le parole di Confucio che «tutte le malattie entrano dalla bocca», viene conferita all’igiene orale importanza non solo estetica, ma anche religiosa: diverse saranno quindi le preparazioni per ottenerla, tra cui decotti e polveri, ma anche, dal VII sec a.C., spazzolini e collutori salini. Sembra che in Cina le protesi in oro o avorio si fos-sero diffuse precocemente, come testimonia Marco Polo ne Il Milione, ma non ne è pervenuto a noi alcun reperto.

Huang Ti

Le Civiltà Antiche

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Popolazioni precolombiane dell’America del Sud

Uno studio sulle patologie dentali dei popoli precolombiani dell’America

dal Sud, può essere svolto, ovviamente, sull’osservazione dei resti ossei rinvenuti negli scavi e sulle poche fonti letterarie, in massima parte riferibili ai cronisti spagnoli, ma anche, caso pressoché unico, osservando quegli amerindi che hanno mantenuto a tutt’oggi usi e costumi dei loro antenati. Da tutto ciò emerge che queste popolazioni soffrirono fondamentalmente delle stesse malattie cui sof-friamo noi oggi. Si è però notata la bassa, o in alcuni casi l’inesistente, incidenza della carie, probabilmente dovuta alla continua masticazione di alcuna piante, come ad esempio il tabacco.

Causa principale delle più diffuse patologie dentarie è invece l’usura, vero flagello, probabilmente causata dalla durezza dei cibi e dai micro frammenti di pietra lasciati nelle farine dalle macine a mano.

Circa le terapie contro le malattie dentarie, quel poco che sappiamo ci viene dai cronisti spagnoli, che descrissero molte formule rituali e largo impiego di er-be e radici, tra cui le foglie di coca. Secondo uno di questi cronisti l’igiene orale era diffusa e praticata con l’uso di stuzzicadenti e la masticazione di una gomma a base di bitume e pomata gialla. Bisogna inoltre segnalare l’usanza di molte di queste popolazioni di limarsi i denti e di incrostarli con pietre e gemme, secondo un fine estetico e rituale: queste operazioni venivano eseguite con lame di ossi-diana o di silice, ma anche con rudimentali trapani ad arco, dei quali si esclude con certezza l’uso terapeutico. Tuttavia, a prescindere da questi importanti rilievi, ciò che distingue le popolazioni precolombiane è il grande merito di aver pratica-to la prima terapia implantologica.

Nel 1931 l’archeologo Wilson Popenoe trovò nel corso di alcuni scavi ar-cheologici compiuti nella Playa de los Muertos, in Honduras, un frammento mandibolare con tre impianti confezionati con valve di conchiglia che sostituiva-no tre incisivi mancanti, databile all’incirca all’VIII secolo d.C.. Nello studiare questo inedito reperto, i membri della spedizione formularono in prima istanza l’ipotesi che gli elementi inseriti potessero essere un trattamento estetico post mortem, forse espressione di qualche complicato rituale funebre o pratica religio-sa; tuttavia, nel 1970 l’odontostomatologo brasiliano di origine italiana Amedeo Bobbio, analizzandolo in modo accurato, fece delle importantissime scoperte. Innanzitutto osservò che i denti naturali non presentavano carie e che il guscio di conchiglia sostituente l’incisivo centrale sinistro era ruotato su sé stesso fino ad

Capitolo I

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un angolo di circa 80°, in modo tale da presentarsi, anziché in adiacenza con i denti contigui, perpendicolare ai medesimi.

Volendo conoscerne la causa, praticò l’esame radiografico su tutti i denti della mandibola; da questo risultò che tutti i denti impiantati presentavano una osteogenesi molto compatta, risultando molto solidi; pertanto essi dovettero esse-re posizionati quando il possessore di tale frammento mandibolare era ancora in vita. Il fatto che l’incisivo laterale fosse ruotato poteva far presupporre che fosse stato ricollocato dopo un primo tentativo non andato a buon fine; inoltre l’esame molto accurato delle faccette di usura indica chiaramente che tali impianti dovet-tero resistere per molto tempo, consentendo una masticazione pressoché normale. Ecco quanto scrisse Bobbio:

Nella mia ricerca in ogni settore del Museo ecco infatti imbattermi all’improvviso in una scoperta tanto importante quanto inaspettata: un frammento esteso e compat-to di mandibola, quasi il corpo completo, più mutilato a destra, con assenza dei processi montanti. Questa la formula dei denti presenti: laterale e canino a destra; canino, premolari, primo e secondo premolare a sinistra. Ma lo straordinario è che i tre incisivi assenti sono sostituiti da altrettanti denti artificiali impiantati e confe-zionati da valve di conchiglia. L’imitazione dei denti naturali è semplicemente por-tentosa, anche se morfologicamente piuttosto appiattiti antero-posteriormente. Nell’insieme la forma, parte radicolare endoossea compresa, suggerisce l’idea di un “triangolo allungato a cuneo”. […] Nel frammento i denti naturali non presentano segni di carie, ma nei denti naturali dell’emiarcata sinistra sono visibili piccole linee di frattura dello smalto, per lo più orizzontali nella faccia vestibolare, e nel canino anche verticali. Gli impianti furono accuratamente caratterizzati sotto il loro bordo incisale, soprattutto del laterale sinistro, con lo scavo di un breve solco trasversale. L’incisivo artificiale centrale sinistro è impiantato in modo anormale, ruotato su se stesso con un angolo di circa 80°, per cui la faccia anteriore, di maggior diametro orizzontale, si presenta invece di lato, perpendicolare agli altri denti. Questo per lo meno è il suo aspetto attuale ben visibile nella mia fotografia, perché la fotografia in possesso del Museo, scattata nel 1935 e leggermente sfuocata, mostra un’anomalia assai meno pronunciata. È probabile che il dente sia nel frattempo caduto e quindi ricollegato a forza in posizione così irregolare. Di questa mandibola non esiste letteratura e poco o nulla si sapeva fino ad oggi. Riscorrendo però ancora una volta la corrispondenza del Peabody Museum, ho tro-vato qualche traccia informativa in una lettera del 2 maggio 1956 dell’allora Diret-tore J.O. Brew all’implantologo britannico Boris Trainin, che aveva chiesto rag-guagli su un “cranio con denti impiantati”. Nella sua risposta Brew segnalò che la mandibola con i tre incisivi impiantati (riferendo l’opinione dei membri della spe-dizione stessa) risaliva all’ottavo secolo dopo Cristo, specificando che i denti furo-no impiantati “post mortem”, forse espressione di un rituale funerario. […] Il mio punto di vista è sostanzialmente diverso. Ho avuto la fortuna di poter eseguire per la prima volta, il 25 giugno 1970, nell’Harward Medical School, l’esame radiogra-fico di tutti i denti della mandibola. Ci siamo trovati in possesso di elementi inop-pugnabili che ci hanno permesso di documentare la presenza di una osteogenesi persino compatta attorno ai denti impiantati, e solidissimi, inseriti molto probabil-mente con una metodologia assai simile alle attuali di Linkow e di Muratori. Dall’immagine radiografica dei denti naturali con apici ancora incompleti e dall’aspetto del corpo mandibolare, relativamente piccolo, parrebbe trattarsi di un frammento muliebre di circa vent’anni. In conclusione ci troveremmo di fronte ai primi autentici impianti endoossei allo-

Le Civiltà Antiche

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plastici giunti fino a noi, praticati in vivo e certamente funzionanti per diversi anni. A questo punto il Bobbio si accontentò di aver individuato nel reperto stu-

diato il primo tentativo di impianto alloplastico umano, non analizzando però come fosse stata possibile la sua attuazione.

Alla luce delle successive ricerche, noi possiamo però formulare una ipotesi interessante.

Sappiamo che uno dei materiali, oltre il titanio, che vengono utilizzati nella terapia implantare osteointegrata è l’idrossiapatite, materiale ricavato dal fosfato di calcio; essa si integra nell’osso con un meccanismo denominato “di anchilosi funzionale”, consistente in un’intima connessione tra la superficie dell’osso e quella del materiale da impianto con l’interposizione di una sottile lamina di gli-coproteine e mucopolisaccaridi dove avvengono i fenomeni di legame elettro-chimico.

Nei gusci di conchiglia, come è noto, vi è una certa quantità di fosfato di calcio e quindi di idrossiapatite; ciò potrebbe spiegare come gli impianti maya sopra descritti potrebbero aver avuto una funzionalità assimilabile a quella della moderna implantologia orale osteointegrata.

Mandibola di Popenoe (Peabody Museum of Archeology and Ethnology - Harvard, Cam-bridge, Massachusetts)

Capitolo I

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Etruschi

Dall’esame dei reperti e degli scheletri rinvenuti negli scavi archeologici,

unico nostro mezzo per ottenere un quadro della patologia dentaria etrusca, emerge che in queste popolazioni l’insorgenza di malattie dentarie come usura, paradontiti, carie, edentazione intravitam, ascessi e granulomi, fosse più frequen-te e grave negli uomini che nelle donne: la causa sta, con ogni probabilità, nella maggiore durata della vita maschile, che si attestava tra i 35 e i 40 anni, contro i 30-32 di quella femminile.

Molto elevata e diffusa è l’usura dentaria, che spesso raggiungeva il com-pleto spianamento delle cuspidi fino alla comparsa della dentina secondaria o all’esposizione della polpa, o addirittura fino a giungere al colletto, causata, co-me già riscontrato in altre popolazioni, dall’alimentazione e dal largo consumo di farinacei macinati con mole di pietra.

La carie era invece meno diffusa, con punte di maggiore incidenza nella cit-tà che nella campagna.

Il grande numero di edentazioni intra vitam, che spesso comportava gravi malocclusioni tali da provocare artrosi dell’articolazione mandibolare, fa pensare che la pratica delle estrazioni fosse molto diffusa in questa popolazione.

Sorse quindi la necessità di sopperire a questi deficit anatomici con protesi in oro, ovviamente per il solo appannaggio dei ceti più ricchi.

Tali protesi erano però molto più valide in senso estetico che in senso fun-zionale di sostituzione dei denti mancanti o di stabilizzazione di quelli mobili: frutto dell’abile lavoro dell’orafo, erano facilmente applicabili e rimovibili, ve-nendo quindi usate solo nei momenti di vita pubblica e quindi non per la masti-cazione. L’orafo-dentista ancorava la protesi ai denti vicini, modellava la bandella in modo da non ledere i tessuti molli e utilizzava elementi dentari sostitutivi, di origine umana o animale, anatomi-camente proporzionati per forma e volume.

Solo uno è il caso di una protesi applicata in situ e con caratteristiche funzionali, cioè atta alla masticazione: è un ponte che aggancia quattro denti per ricostruire l’integrità di una bocca con un solo elemento dentario perduto.

Protesi etrusca (Musée de l'École Dentaire, Parigi)